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UNIVERSITA’ DI VERONA Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in TECNICA DELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA A.A. 2011/2012 METODOLOGIE E TECNICHE RIABILITATIVE 2° anno , 1° semestre Dott.ssa Andreoli Mara

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UNIVERSITA’ DI VERONAFacoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in TECNICA DELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICAA.A. 2011/2012

METODOLOGIE E TECNICHE RIABILITATIVE

2° anno , 1° semestre Dott.ssa Andreoli Mara

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I modelli operativi che descrivono l’intervento domiciliare derivano più dalla prassi che da un solido impianto teorico.

Secondo Lastrucci (1989) si possono distinguere 5 diversi tipi di visita domiciliare:

1. La visita domiciliare di tipo sanitario: ha come modello teorico quello medico, ed è paragonata a una VAD che un medico o un infermiere possono svolgere con un malato qualsiasi nell’ambito della medicina generale. Rientrano in questa tipologia le VAD degli infermieri per la somministrazione del Depot.

2. La visita domiciliare assistenziale: sono le VAD degli operatori sociali che hanno come obiettivo l’adattamento del paziente con gli altri.

3. La visita domiciliare istituzionale: è basata sulle funzioni di controllo sociale. In questo gruppo rientrano gli Accertamenti Sanitari Obbligatori.

4. La visita domiciliare relazionale: è caratterizzata dall’intenzione di conoscere le relazioni personali del paziente (relative al gruppo primario) e i rapporti che caratterizzano la sua famiglia e il suo ambiente. Riferimenti teorici dell’intervento sono la teoria dei sistemi e quella psicodinamica.

5. La visita domiciliare riabilitativa: è attenta al recupero delle capacità sociali e da un punto di vista funzionale si occupa di apprendimento e sostegno ambientale; considera essenziale l’aspetto pedagogico della riabilitazione come modalità interessata alla realtà sociale del paziente.

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Attualmente nella prassi operativa per visita domiciliare si intendono tutte le situazioni in cui è

l’operatore a recarsi presso il paziente, nel suo “territorio”, a casa sua, o in un contesto

“neutrale” in cui l’attività riabilitativa viene svolta in luoghi non di pertinenza dell’operatore né

del paziente es. in giro per la città, al bar, al ristorante, nei negozi, al cinema, museo…

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INTERVENTI DOMICILIARIINTERVENTI AL DOMICILIO

• L’intervento si svolge a casa, in giorni ed orari fissi, concordati con il paziente.

• Riflettere costantemente sulle implicazioni conseguenti ogni nostro comportamento e sulla necessità che questo sia autentico ma anche consapevole.

INTERVENTI EXTRAISTITUZIONALI

• La sede degli incontri, in questo caso è extraistituzionale e extradomestica: quindi può svolgersi lungo le vie della città, in piscina, al cinema, in negozio… tutto dipende da quello che si stabilisce di fare.

• Lavorare con il paziente nei luoghi di vita quotidiana è importante perché permette di capire le reali difficoltà che il paziente incontra e consente di sperimentare concretamente nuove modalità di comportamento.

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ALCUNI OBIETTIVI DELLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE NELL’INTERVENTO DOMICILIARE IN AMBITO RIABILITATIVO

1. Conoscere il paziente, le sue problematiche, le sue relazioni familiari, la sua quotidianità nel contesto extraistituzionale;

2. Comprendere il suo disagio psichico, la sua articolazione quotidiana e il suo significato;

3. Facilitare la presa in carico del paziente con scarsa compliance. Ruolo degli accompagnamenti ad es. all’interno delle istituzioni;

4. Migliorare le capacità di rapporto interpersonale e l’acquisizione di competenze specifiche di vita quotidiana (ad es. gestione casa, del denaro, capacità di provvedere adeguatamente alla propria alimentazione…).

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Riflessioni sul valore simbolico e relazionale dell’intervento domiciliare

Le case dicono molto sulle persone: a volte ci sono case accoglienti, luminose, pulite, perfette e profumate oppure, e più spesso, case buie, sporche, fatiscenti, e questo non è detto che corrisponda con le risorse economico-finanziarie delle persona; a volte l’impoverimento dell’ambiente rappresenta l’impoverimento della realtà personale.

Ci sono case in cui si sussurra, case in cui si urla; ci sono case essenziali con spazi ben distinti e case cui tutto è stipato e straripante; ci sono case che si raccontano con le fotografie, con i libri, i quadri, i fiori…

L’abitare è il modo in cui le cose vengono vissute, è impregnato di aspetti psicologici e umani, gli oggetti rappresentano la storia della nostra vita, il modo in cui entriamo in relazione con essa.

Ci sono pazienti che abitano la propria casa, la possiedono, hanno uno spazio e la vivono, altri invece che possono sostarvi ma non abitarvi.

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Abitare… che cosa significa?

L’abitare è implicato nel processo di costruzione dell’identità stessa dell’uomo che proprio attraverso di esso può esistere, è.

Quindi agire nella casa e nel domicilio significa agire nell’area dell’esistenza stessa della persona.

La casa assume le caratteristiche di un linguaggio vero e proprio che utilizza simbologie: la partitura degli spazi: il posto che ogni membro occupa nell’habitat reale in situazioni quotidiane parlano del ruolo, delle aspettative e dei sentimenti che il gruppo nutre nei confronti del suo esponente, vari livelli di rifiuto o accettazione.

Se abitare è espressione del corpo psichico famigliare, entrare in casa significa avere la possibilità di entrare in esso e visionarlo dall’interno nei suoi dinamismi e funzionamenti.

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Ospitare… che cosa significa?

OSPITARE

Scelta

Consapevolezza

Cura

E’ il paziente che da ospitato assume il potere e la responsabilità della scelta di accettare o meno che sia il Servizio ad attivarsi ed a muovere verso di lui.

Forte piano di realtà, non solo per il paziente, ma per tutta la

famiglia.

Quando il paziente ospita, è egli stesso ad agire una forma di cura verso l’operatore, fermo restando l’intento terapeutico della VAD.

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Quando l’operatore entra a domicilio di un paziente, non esiste nulla di prestabilito, e il TeRP tanto quanto i famigliari e il paziente stesso si trovano dentro ad una situazione sconosciuta ed imprevedibile, e al pari degli altri “attori” irrimediabilmente coinvolto.

Il varcare la soglia del domicilio corrisponde dunque a vissuti di profondo spiazzamento anche rispetto alla cornice teorico pratica all’interno della quale l’operatore era solito e sicuro inscrivere i suoi interventi: viene a mancare quella sensazione di sicurezza e giustizia legata al fatto di agire dentro all’Istituzione.

E. Borgna dice:

“Anche suonare il campanello di una casa, anche varcarne la soglia, è un’esperienza

umana e psicologica dilemmatica: non sempre facile. Un’esperienza con la quale non ci

si può confrontare se non nella consapevolezza che sbagliare nei modi di entrare in una

casa, esprimere giudizi sulle cose che vediamo, non cogliere il contenuto affettivo di un

abitare sono cose arrischiate: alle quali non può non conseguire il blocco di ogni

discorso terapeutico e di ogni strategia terapeutica.”

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Atteggiamento dell’operatore

• Avvicinarsi al paziente con profonda disponibilità umana;• Modalità di sincero ascolto e attenzione;• Capire il confine, inteso sia come limite sia come rispetto;• Darsi tempo ed avere pazienza;• Avere uno spazio mentale il più possibile ricettivo, uno spazio mentale che possa

accogliere empaticamente le emozioni e le difficoltà;• E’ importante tener presente tutte le parti della persona, anche quelle malate,

senza disconoscere e sottovalutare le parti sane e senza reputare le prime lontane ed estranee al senso;

• Avvicinarsi con naturalezza ad una persona.

Nelle prime interazioni con il paziente durante la visita a domicilio

Come si può capire quando è il momento di avvicinarci o allontanarci da una persona?

Ce lo può suggerire in alcuni casi l’istinto, in altri il rimanere fermi ad ascoltare ciò che succede, in altri ancora l’attenzione agli spunti e agli indizi che la persona stessa ci offre.

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FASI DI AVVICINAMENTO AL PAZIENTE

Osservazione neutrale

Osservazione partecipante

Possibilità di operare alcuni cambiamenti

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RIFLESSIONI GENERALI RISPETTO ALLA VAD:

1. IL CONTESTO: l’operatore è solo con il paziente e la sua famiglia in un luogo che

non conosce, che non gli appartiene e che al contrario è familiare e rassicurante per

il paziente.

Del Poggetto (1989) riferendosi al fatto che l’incontro con il paziente si svolge al

domicilio sostiene che: ”è in questa sede che l’operatore è più scoperto, deve

conoscere i propri limiti per non oltrepassarli, le proprie capacità di ascolto e di

comunicazione per poterle correttamente utilizzare, le proprie ansie personali per

poterle tenere a bada.”

L’operatore si troverà in difficoltà a controllare le numerose variabili imposte dal

contesto e a dettare le regole necessarie per superare le resistenze del paziente,

della famiglia e le proprie e dovrà utilizzare il proprio spirito di adattamento ed

adeguarsi rapidamente all’imprevisto e alla varietà di situazioni che incontra.

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2. LA DEFINIZIONE E LA GESTIONE DEL SETTING: al domicilio del paziente non è

possibile strutturare un setting come classicamente viene inteso.

È importante quindi osservare chi effettua la scelta del luogo del colloquio, se ad es. lo

spazio viene messo a disposizione della famiglia senza l’approvazione del paziente è

necessario agire con discrezione, trovando soluzioni condivise da tutti, affinchè il

paziente possa incontrare l’operatore nello spazio a lui più gradito.

Nel momento in cui il luogo identificato appare adeguato sia al paziente che all’operatore

, è importante introdurre le prime regole che diano chiarezza agli incontri.

È bene che vengano chiariti e rispettati alcuni aspetti riferibili alla relazione di ruolo:

l’operatore è un professionista che utilizza una metodologia di lavoro ben definita, che

deve diventare prassi abituale negli incontri con i pazienti al di là del luogo in cui essi

vengono svolti.

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3. LA GESTIONE IN TEMPO REALE DELLE DINAMICHE RELAZIONALI: tra il

paziente e i suoi famigliari. In questo caso un corretto utilizzo dell’osservazione, il fare

ricorso all’esperienza e alla capacità di comunicazione, insieme all’uso di strategie

consolidate nel tempo, permette di uscire da situazioni problematiche, di utilizzarle a

proprio vantaggio e di evitare il pericolo di schieramenti.

Ad es. un familiare o lo stesso paziente che rivolge all’operatore domande dirette, che

deve decidere lì per lì se rispondere o meno.

Va valutato il rischio di intrusività e di manipolazione, poiché in ogni caso l’operatore

deve evitare di essere strumentalizzato.

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4. LA GESTIONE DELLE PROPRIE EMOZIONI E DEI PROPRI COMPORTAMENTI.

E’ chiaro che l’operatore al domicilio del paziente debba fare i conti anche con le proprie emozioni e

i propri comportamenti:

- La scorretta gestione delle proprie emozioni può portare a rischi di fusionalità, agiti, manipolazioni,

dipendenza, fuga dalla relazione. L’operatore deve essere in grado di compiere una buona

elaborazione del proprio vissuto sia nella relazione interpersonale con il paziente che in quella

intrapersonale con se stesso. Ad es. deve capire quando si sta sviluppando il rischio di una

relazione fusionale con il paziente; deve saper leggere e interpretare un comportamento per evitare

di essere manipolato; deve evitare di compiere degli agiti quando sente di non riuscire ad avere un

contatto emotivo con il paziente.

- L’operatore deve ricordarsi che è a casa del paziente e quindi esiste la possibilità di intrusività sia

nei confronti del paziente stesso che della sua famiglia. La regola per evitare/arginare questo

rischio è che l’operatore deve rispettare il proprio e l’altrui privato. Saper gestire eventuali

dinamiche espulsive della famiglia o l’idealizzazione del sapere dell’operatore che riuscirà dove loro

(i famigliari) hanno fallito.

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5. LA TUTELA DELLA PRIVACY del paziente e della terapia.

E’ necessario creare un rapporto basato sulla fiducia. Il paziente deve sapere che può

fidarsi di noi e non utilizzeremo in nessuna situazione le sue confidenze a meno che non

sia lui a darci il permesso. Ricordarsi che il paziente può sempre capire se noi siamo

persone affidabili, alle quali potersi appoggiare; se saremo capaci di tutelare i suoi

segreti e la terapia potremo porre basi sicure per un lavoro futuro.

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6. L’OSSERVAZIONE prolungata nel tempo permetterà di capire se, all’interno del

contesto domiciliare, la famiglia mostra la sua immagine naturale, oppure una delle tante

immagini che può mostrare.

In queste occasioni l’operatore corre il rischio di essere spinto dalla famiglia a vedere

solo ciò che la famiglia vuole che si veda, e il rischio di ricevere squalifiche o di essere

invischiato nel sistema famigliare è molto alto.

R.De Bernart (1989) sostiene che noi non osserviamo “la famiglia”, ma quella famiglia

che la nostra presenza stimola nella famiglia stessa. E’ opportuno quindi porre

attenzione sulla relazione che si viene a creare fra quell’operatore e quella famiglia in

quel momento.

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7. LA RELAZIONE DI RUOLO. E’ importante che si instauri una relazione di ruolo: deve

essere molto chiaro che l’operatore è una persona che lavora, seguendo determinate

regole: si presenta e termina l’incontro ad un orario preciso e in un giorno stabilito, non

risponde a domande di competenza di altre figure, mantiene i rapporti in modo

cordialmente formale nel senso che non si presta a favorire confusioni con atteggiamenti

troppo amichevoli o a collusioni con uno o più membri della famiglia.

Il problema del ruolo dell’operatore è determinante soprattutto in quelle situazioni

extraistituzionali in cui il paziente e l’operatore si trovano in un contesto neutrale (bar,

ristorante, biblioteca…), proprio perché sono sullo stesso piano.

In questi casi soprattutto si vede se l’operatore è in grado di costruire una buona

relazione di ruolo, ovvero se operatore e paziente sanno ritrovare in tutte le situazioni

modalità di relazione già sperimentate e collaudate indipendentemente dal contesto in

cui si trovano.

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8. ASPETTI CHE INFLUENZANO POSITIVAMENTE L’ACCETTAZIONE DELL’OPERORE/INTRUSO DA PARTE DELLA FAMIGLIA

- La famiglia accetta l’intruso oltre che per i benefici che questo intervento potrà portare,

anche per la gratificazione narcisistica che deriva da un proprio coinvolgimento diretto

nel percorso di cura;

-La fiducia che la famiglia ha nei confronti dello psichiatra o del medico di riferimento che

ha proposto l’intervento;

- I familiari, identificandosi con l’operatore, possono riconoscere ed attuare modalità più

adeguate, vantaggiose ed utili nell’agire con il paziente.

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9. IL PROGETTO TERAPEUTICO RIABILITATIVO

L’atteggiamento con il quale l’operatore si avvicina al paziente indica profonda

disponibilità, sincero ascolto e attenzione che lo guideranno dopo una fase di

osservazione, verso una formulazione dell’ipotesi progettuale adeguata alla persona che

va conoscendo.

All’inizio dell’intervento sa a cosa deve tendere, sa quali sono genericamente gli obiettivi,

ma potrà capire come realizzarli ed adeguarli solo attraverso l’osservazione e la

relazione con il paziente.

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10. LA SUPERVISIONE

Nell’intervento domiciliare soprattutto è necessario che l’operatore abbia una continua

supervisione che lo aiuti ad essere più consapevole sia del proprio coinvolgimento

emotivo che dei sentimenti suscitati in lui dai diversi componenti familiari o dalla famiglia

nel suo insieme.

Questo lo aiuta a mettere a fuoco le difficoltà, a superare gli ostacoli e a dare alle

osservazioni connotazioni significative e utili per “comprendere”, adeguare e modellare

le proprie strategie di intervento.

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METODOLOGIA OPERATIVA

Valutazione della scelta di effettuare questo tipo di intervento

Valutazione del committente (cioè di colui che chiede che l’intervento venga effettuato)

Presentazione dell’intervento ai familiari e al paziente (per ottenere la collaborazione e

l’autorizzazione degli incontri alla famiglia e per verificare la disponibilità del paziente

all’intervento)

ASPETTI CHE PRECEDONO L’INTERVENTO STESSO

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La richiesta dell’intervento…. LA COMMITTENZA

PAZIENTE FAMIGLIARI ISTITUZIONE

CURANTE

Ciò avviene quando la relazione con il Servizio è ben

consolidata

Avviene più spesso dell’altra. Vanno comprese e valutate molto

bene le motivazioni

Dopo un’attenta valutazione è

l’equipe stessa che ritiene utile ed

efficace un intervento domiciliare

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I DESTINATARI DEGLI INTERVENTI DOMICILIARI:

• Pazienti che non vogliono recarsi in ambulatorio, che si oppongono per diverse ragioni al trattamento, che manifestano una compliance parziale o incompleta;

• Pazienti che hanno difficoltà a lasciare il domicilio per gravi disabilità personali o sociali nei quali prevale una sintomatologia negativa (chiusura e isolamento autistico);

• Pazienti che necessitano di un percorso riabilitativo a domicilio o comunque extraistituzionale;

• Pazienti mediamente giovani;

• Pazienti in cui è alta la frequenza di ricadute

• Situazioni dove si rende necessario un intervento per metabolizzare l’ansia presente nel gruppo famigliare .

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CONTROINDICAZIONI ALL’INTERVENTO DOMICILIARE

Situazioni a rischio di suicidio, ricattorietà e acting-out subentranti

Situazioni “divoranti” in generale, dove il paziente o la committenza chiedono “troppo” e si corre così il rischio di cadere in atteggiamenti fusionali

Casi in cui vi sia un alto grado di cronicizzazione del rapporto.

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Quali domande porsi nella situazione di intervento domiciliare?

Rispondere alle domande dirette dei famigliari?

Come agire quando il paziente non vuole ricevere l’operatore?

Come agire quando il paziente vuole interrompere prima della fine

l’incontro o quando vuole prolungarlo?

Come agire se il paziente ci spinge ad andare via?

Che valore può avere se altri possono sentire quello che avviene tra

operatore e utente?

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A cosa dobbiamo prestare la nostra attenzione nell’intervento a domicilio?

Attenzione al comportamento non verbale e ai suoi diversi modi di manifestarsi.

Indizi utili: l’osservazione dello sguardo, dell’espressione della faccia, del sorriso, dei gesti, delle posture, del contatto corporeo e della vicinanza

spaziale…

Attenzione: quando si osserva il paziente e la famiglia si è a propria volta osservati.

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Quali domande porsi nell’intervento extraistituzionale?

Come si deve comportare l’operatore quando il paziente agisce nel tentativo di

provocare danni?

Cosa fare quando il paziente compie azioni che lo spaventano?

Come deve agire quando il paziente è provocatorio?

Qual è il limite tra la provocazione e la pericolosità?

Come agire in una situazione pubblica?

Come operatori siamo pronti ad accettare pubblicamente pregiudizi, giudizi, critiche,

suggerimenti?

Siamo capaci di contenere le nostre reazione, le nostre rabbie e le nostre paure?

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Alcune indicazioni utili…

Saper agire immediatamente, in tempo reale.

Sapere che non esiste la soluzione giusta, ma soltanto la migliore in quel

momento.

In caso di ideazione persecutoria del paziente nei confronti dei curanti e dei

familiari, l’operatore è auspicabile che non prenda le difese né dell’uno né

dell’altro, dovrà invece dare ascolto al vissuto che in quel momento gli

viene esplicitato.

Il silenzio e l’ascolto, l’assenza di giudizio, ma anche l’atteggiamento

disponibile aiuteranno a stabilire un rapporto di fiducia essenziale per

svolgere il lavoro terapeutico.