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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca
XIX CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN
METODOLOGIE DI BIOMONITORAGGIO DELL’ALTERAZIONE AMBIENTALE
PROPOSTA DI REALIZZAZIONE DI UNA CARTOGRAFIA BIONOMICA
COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E DI GESTIONE DELLA
LAGUNA DI MARANO E GRADO (Settore scientif ico-discipl inare BIO-07)
DOTTORANDA COORDINATORE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI
Romina Zamboni CHIAR.MO PROF. Mauro Tretiach, Università degli Studi di Trieste
RELATORE
CHIAR.MO PROF. Giuliano Orel, Università degli Studi di Trieste
CORRELATORE
DOTT. Rocco Auriemma, Università degli Studi di Trieste
INDICE
CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE
1.1 Popolamenti bentonici e loro dinamismo 1.2 Tutela e gestione delle aree umide 1.3 Organizzazione biologica degli ecosistemi paralici
1.3.1 Diversità morfologiche, geochimiche e sedimentarie 1.3.2 Gli aspetti biologici del dominio paralico
1.3.2.1 Bacini paralici diversi da stagni e lagune 1.3.2.2 Gli ambienti paralici e il ciclo dello zolfo
pag. 5 pag. 9 pag. 16 pag. 16 pag. 22 pag. 37 pag. 40
CAPITOLO 2 - AREA DI STUDIO E MODALITA’ DI
CAMPIONAMENTO 2.1 La Laguna di Marano e Grado
2.1.1 Origini e caratteristiche fisiche della Laguna di Marano e Grado
2.1.2 I popolamenti bentonici della Laguna di Marano e Grado sulla base di precedenti studi
2.2 Modalità di campionamento 2.2.1 Campionamento della fauna bentonica 2.2.2 Parametri ambientali e campionamento
sedimentologico
pag. 43 pag. 43 pag. 49 pag. 51 pag. 51 pag. 57
CAPITOLO 3 - ANALISI ECOLOGICO - QUANTITATIVE
3.1 Metodologie d’indagine 3.1.1 Analisi univariate
3.1.1.1 L’abbondanza e il numero di specie 3.1.1.2 La diversità e le sue componenti
3.1.2 Analisi graficodistributive 3.1.2.1 Le curve di k-dominanza
3.1.3 Analisi multivariate 3.1.3.1 Tecniche di classificazione 3.1.3.2 Tecniche di ordinamento 3.1.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM) 3.1.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)
pag. 60 pag. 60 pag. 61 pag. 62 pag. 64 pag. 64 pag. 65 pag. 66 pag. 68 pag. 71 pag. 73
3.2 Risultati 3.2.1 Analisi univariate
3.2.1.1 L’abbondanza e il numero di specie 3.2.1.2 La diversità e le sue componenti
3.2.2 Analisi graficodistributive 3.2.2.1 Le curve di k-dominanza
3.2.3 Analisi multivariate 3.2.3.1 Tecniche di classificazione 3.2.3.2 Tecniche di ordinamento 3.2.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM) 3.2.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)
pag. 74 pag. 74 pag. 74 pag. 77 pag. 83 pag. 83 pag. 87 pag. 87 pag. 93 pag.101pag.101
CAPITOLO 4 - ANALISI ECOLOGICO - QUALITATIVE 4.1 Metodologie d’indagine
4.1.1 La distribuzione delle specie caratteristiche 4.1.2 L’analisi bionomica 4.1.3 Il Coefficiente Biotico (CB) 4.1.4 La struttura trofica
4.2 Risultati 4.2.1 La distribuzione delle specie caratteristiche 4.2.2 L’analisi bionomica 4.2.3 Il Coefficiente Biotico (CB) 4.2.4 La struttura trofica
pag.105pag.105pag.106pag.108pag.109pag.111pag.111pag.117pag.121pag.124
CAPITOLO 5 – LA CARTOGRAFIA BIONOMICA PER IL
MONITORAGGIO BENTONICO DELLA LAGUNA DI MARANO E GRADO
5.1 Introduzione 5.2 I Sistemi Informativi Geografici
5.2.1 I dati che alimentano un GIS 5.3 GIS applicato alle comunità bentoniche
5.3.1 Perchè mappare gli habitat bentonici 5.3.2 Metodi e strumenti per la mappatura degli habitat
bentonici 5.4 Cartografia bionomica della Laguna di Marano e
Grado 5.4.1 I dati
pag.129 pag.130pag.134pag.137pag.137 pag.138 pag.144pag.144
5.4.2 I processi di elaborazione necessari per l’interoperabilità dei dati
5.4.3 Le elaborazioni spaziali
pag.149pag.152
CAPITOLO 6 – CONCLUSIONI pag.165 BIBLIOGRAFIA pag.172 APPENDICE
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE Gli ambienti di transizione tra terra e continente comprendono un insieme
complesso e diversificato che riveste un ruolo fondamentale sia dal punto di
vista ecologico sia da quello socio-economico.
Si tratta di ecosistemi contraddistinti da peculiari caratteristiche e da una
spiccata sensibilità e fragilità che contribuiscono in modo decisivo al
mantenimento della diversità degli habitat ed alla diversificazione del
paesaggio.
Zone di transizione tra ambiente marino e terrestre, sono inoltre caratterizzate
da un’elevata produttività, svolgono una funzione importante nella protezione
della costa, nel miglioramento della qualità delle acque, come habitat e fonte di
risorse trofiche per numerose specie di uccelli. Spesso questi ambienti sono
caratterizzati da forti e imprevedibili variazioni dei parametri chimico fisici
delle acque e sono sottoposti a numerose minacce sia di origine naturale sia
antropica in grado di influenzare profondamente le componenti biologiche e
di alterare la loro funzionalità (Lardicci et al., 1993, 2001, Gravina et al., 1989,
Giangrande & Fraschetti, 1996, Mistri et al., 2000, Mistri et al. 2001, Arias &
Drake, 1994, Bachelet et al., 2000, Fano et al., 2000, Zajac & Whitlatch, 1982).
Ciononostante queste zone sono poco considerate nell’ambito dei consueti
programmi di monitoraggio. Con l’attuazione delle nuove normative, le acque
di transizione, così come i fiumi, i laghi e le acque costiere, entrano però a
pieno titolo nell’ambito dei piani di bacino che dovranno garantire la loro
tutela, la gestione sostenibile e il raggiungimento dell’obiettivo di un buono
stato ambientale.
2
Anche se in molti casi tali aree sono state oggetto di ricerche ed interventi di
tutela, secondo quanto previsto sia da convenzioni internazionali (prime fra
tutte la Convenzione di Ramsar del 1971), sia da provvedimenti di carattere
nazionale o locale, il biomonitoraggio degli ambienti di transizione è ancora
per lo più insoddisfacente.
Ad esempio, conoscere le caratteristiche sedimentologiche e bionomiche dei
fondali di una laguna è di fondamentale importanza ed utilità qualora si voglia
arrivare ad una corretta gestione ed a pianificare interventi di tutela, di
conservazione e di fruizione naturalistica e produttiva.
La comunità macrobentonica influenza infatti la stabilità ed i processi
biogeochimici dei sedimenti e rappresenta l’anello di congiunzione tra il
plancton, la meiofauna ed i livelli trofici superiori. Nelle zone umide, i
popolamenti bentonici subiscono spesso drastiche variazioni numeriche o
cambiamenti nella composizione specifica in risposta a stress ambientali.
Tuttavia, i meccanismi omeostatici e la durata relativamente breve dei loro
cicli vitali consentono una rapida ricolonizzazione anche dopo drastici
cambiamenti ambientali (Sarà, 1985, Giangrande & Fraschetti, 1996, Marzano
et al., 2003, Carrada, 1990). In questo senso si tratta quindi di ambienti,
relativamente stabili nel lungo periodo, se confrontati con altri ecosistemi,
acquatici o terrestri (Carrada, 1990).
Le comunità bentoniche vengono considerate lo strumento migliore per la
descrizione delle condizioni ecologiche di questi ecosistemi perché in diretto
contatto col sedimento e quindi in grado di cumulare gli effetti delle molteplici
fonti di arricchimento organico (Lardicci et al., 2001). Inoltre, per intrinseche
caratteristiche di scarsa mobilità e diversificata composizione tassonomica,
risulta particolarmente suscettibile agli eventi di disturbo (Pearson &
Rosernberg, 1978). Per questo lo studio della dinamica e della struttura dei
popolamenti bentonici diventa un mezzo fondamentale per la comprensione
3
della funzionalità ecosistemica e per produrre tutte quelle informazioni
necessarie alla conservazione e alla gestione di questi ambienti.
Tali comunità sono in grado di conservare una “memoria biologica” degli
eventi di degrado avvenuti con cadenza temporale continua e/o discreta, per
cui la loro analisi quali-quantitativa è in grado di delineare un quadro ben
preciso della situazione ambientale in cui versano i fondali. Tra le comunità
bentoniche, quella dei Molluschi ed in particolare la componente poco mobile
(molluschi fossori ed attaccati al substrato), rappresenta uno dei principali
descrittori delle comunità bentoniche in quanto fortemente legata alla natura e
alle caratteristiche del sedimento su cui si insedia, fornendo di per sé anche
una misura del grado di pressione dell’uomo sull’ambiente (Gambi et al.,
1982). Infatti, tra gli organismi che popolano i fondali marini, i molluschi
fossori e quelli fissi al substrato, accanto ad altre specie di macroinvertebrati
bentonici, sono particolarmente sensibili alle variazioni di qualità dell’ambiente
acquatico; questi, vivendo a stretto contatto con il substrato ed essendo dotati
di una scarsa mobilità, non hanno la possibilità di sottrarsi ad esempio
all’azione degli inquinanti.
Le modifiche alla composizione della comunità bentonica costituiscono
spesso una traccia leggibile e inequivocabile che può essere individuata anche
in tempi successivi al verificarsi dell’evento impattante e che, di fatto, non
sarebbe rilevabile tramite le consuete analisi chimiche, fisiche o chimico-
fisiche se i relativi prelievi non venissero effettuati durante l’evento.
Il presente lavoro si propone di delineare la struttura e la dinamica dei
popolamenti delle comunità macrozoobentoniche dei fondi mobili della
Laguna di Marano e Grado sulla base di tre campagne di campionamento
(1993, 1994 e 1995) in 53 stazioni. Nonostante la vetustà dei campionamenti
la tematica trattata trova precedenti per la zona solo negli anni 1950/60.
I dati considerati si situano in ogni caso in anni di drastica svolta per le attività
alieutiche della Laguna di Marano e Grado, dove l’introduzione della vongola
4
verace filippina (1986) determina il progressivo abbandono di sistemi di pesca
tradizionali (grasiui) o li mette in secondo piano rispetto ad una febbrile
“corsa all’oro”, stimolata dalla nuova risorsa disponibile. Proprio nel 1993
viene infatti introdotto il “ferro maranese”, una draga al traino che consente
rese tali da spingere la produzione dalle 88 t iniziali, a 222 t nel 1994 ed a 1002
t nel 1995 (Zentilin et al., 2005). Il sistema di pesca introdotto determina
enormi mobilizzazioni (stima per il 1995: 3 X 106 m3) e rideposizioni di
sedimenti con corrispondenti impatti sui popolamenti bentonici.
Il confronto tra i campioni ha permesso di estrapolare raggruppamenti
spaziali/temporali e dedurre la significatività statistica delle loro differenze; il
raffronto tra i parametri biologici e quelli ambientali ha permesso inoltre la
verifica e l'individuazione di quali tra questi ultimi siano in più stretta relazione
con la struttura dei popolamenti bentonici.
Parallelamente allo studio ed alle elaborazioni relative alle comunità
macrozoobentonica è stato realizzato uno specifico sistema informativo
geografico che ha consentito la catalogazione, l’analisi comparativa e spaziale
dei dati biotici e dei dati abiotici in relazione agli attuali e futuri modelli di
utilizzo dell’ambiente lagunare.
La cartografia bionomica ha risposto inoltre a molteplici necessità pratiche,
fornendo non solo un quadro dello stato dei fondali in un determinato
momento ma anche l’inventario e la localizzazione dei popolamenti bentonici
di una specifica area, la stima delle risorse, delle biomasse e, attraverso la
comparazione di carte successive, ha permesso una stima dell’evoluzione dei
popolamenti nei tre anni di monitoraggio (Tunesi et al., 1991).
5
1.1 Popolamenti bentonici e loro dinamismo
Il monitoraggio ambientale costituisce una delle vie per verificare l’evoluzione
di un dato ecosistema e lo studio della biodiversità che lo caratterizza
rappresenta la base di partenza per controllare le possibili trasformazioni nel
tempo.
Quantificare gli effetti delle numerose attività antropiche su organismi ed
ambienti è di estrema importanza per garantire una corretta gestione e
salvaguardia delle risorse naturali (Benedetti-Cecchi et al., 2003). Negli ultimi
decenni la scelta di metodi per la valutazione della qualità ambientale si è
indirizzata specialmente verso lo studio delle componenti biologiche
dell’ecosistema in grado di rispondere, con differente sensibilità, alle
modificazioni dell’ambiente (Occhipinti Ambrogi & Forni, 2003).
In particolare, come si è visto, l’analisi della struttura delle comunità
bentoniche è importantissima nella valutazione della qualità ambientale dei
fondali e delle acque.
Recentemente diverse misure legislative, europee ed italiane, hanno
riconosciuto l’opportunità dell’uso del benthos come indicatore di qualità di
fiumi, laghi, acque costiere ed ambienti di transizione (Direttiva quadro
2000/60/CE, D. lgs. n. 258 del 18/08/2000).
Tali organismi sono esposti inoltre a tutte le variazioni dell'ambiente e
pertanto, attraverso l'osservazione della struttura delle loro comunità, possono
risultare buoni indicatori degli effetti spazio-temporali delle fluttuazioni
naturali o dei disturbi indotti dalle attività umane (Cognetti et al., 1975;
Pearson & Rosenberg, 1978; Bilyard, 1987; Thomson et al., 2003).
Anche le singole specie possono essere in grado di fornire informazioni
relative ad uno o più fattori ecologici di un determinato ambiente in base alla
loro presenza e abbondanza (specie caratteristiche, specie indicatrici, facies).
6
La caratteristica principale che ha quindi reso gli organismi bentonici i più
diffusi bioindicatori della qualità degli ecosistemi marini costieri ed estuariali,
rispetto ai pesci (per problemi di campionamento sia su scala spaziale a causa
dell’elevata variabilità delle popolazioni sia su scala temporale per le migrazioni
stagionali) ed al plancton (soggetto a forti fluttuazioni temporali), è la loro
relativa immobilità e maggiore stabilità nei confronti delle variazioni ambientali
stagionali (Gibson et al., 2000; Satmadjis, 1985; Occhipinti Ambrogi & Forni,
2003).
In particolare, Bilyard (1987), Dauer, (1993), Warwick (1993), Weisberg et al.
(1997) e Paul et al. (2001) riassumono nei punti che seguono i vantaggi
nell’utilizzo degli organismi bentonici negli studi di biomonitoraggio
dell’alterazione ambientale:
1. gli organismi bentonici sono sedentari e quindi riflettono le condizioni
ambientali locali;
2. sono sensibili a diversi tipi di inquinanti che si accumulano proprio a
livelli dei sedimenti;
3. molte specie bentoniche hanno cicli vitali relativamente lunghi e quindi
presentano una risposta integrata nel tempo rispetto alle variazioni della
qualità dell’acqua e dei sedimenti;
4. gli organismi bentonici includono specie che hanno cicli vitali diversi,
con ruoli trofici diversi e con differente grado di tolleranza allo stress;
5. svolgono un ruolo fondamentale nello scambio di nutrienti, altri
composti chimici e materiale organico tra sedimento e la colonna
d’acqua;
6. alcune specie sono importanti da un punto di vista commerciale.
Anche nei programmi relativi al monitoraggio degli ambienti salmastri i
popolamenti bentonici si sono via via rivelati particolarmente utili ad
evidenziare probabili evoluzioni nel tempo. A livello nazionale le comunità
7
macrobentoniche sono state biomonitorate nello stagno costiero di Orbetello
e nelle Valli di Comacchio dagli anni ’70 (Lardicci et al., 1993) fino agli anni ’90
(Lardicci et al., 1997; Lardicci & Rossi, 1998; Crema et al., 2000, Mistri et al.,
2000) e nella Laguna di Venezia già a partire dal 1937 con Aristocle Vatova
(1940, 1949).
Lo studio della struttura spazio-temporale delle comunità bentoniche delle
lagune funziona da “indicatore biologico” della qualità dell’ambiente (o di una
parte di esso), in quanto risposta degli ecosistemi agli agenti di stress. In
presenza di stress dominano i taxa opportunisti che presentano vita breve,
cicli di sviluppo rapidi, piccole dimensioni corporee ed alte densità numeriche.
Al contrario nelle comunità di habitat relativamente stabili dominano i taxa
cosiddetti conservativi che hanno più lunghi periodi di vita, tasso riproduttivo
di gran lunga minore, dimensioni maggiori e abbondanze relativamente basse
ma costanti.
Parametri chimico-fisici dell’ambiente quali salinità, temperatura,
caratteristiche del substrato, profondità, luce, ossigeno, sostanze nutritive,
contenuto in sali minerali, idrodinamismo e latitudine e la loro variabilità (in
genere stagionale) si riflettono in cambiamenti più o meno marcati della
comunità bentonica e viceversa, modificazioni della comunità bentonica
possono indirizzare verso il monitoraggio di uno o l’altro dei fattori ambientali
presumibilmente implicati nell’evoluzione osservata.
Aspetti di diversificazione o addirittura la sostituzione dei popolamenti
bentonici originari, attraverso fasi di regressione e denaturazione, sono infatti
indicatori di uno stato leggermente o fortemente perturbato, ed anche
l’esuberanza quantitativa di determinate specie può suggerire l’alterazione dei
normali equilibri tra popolamenti biologici e fattori ambientali.
Anche le singole specie possono essere indicatrici in grado di fornire
informazioni su uno o più fattori ecologici di un determinato ambiente in base
alla loro presenza e abbondanza. Ogni specie vivente, infatti, riflette le
8
caratteristiche dell’ambiente in cui vive essendo legata ad un particolare
insieme di condizioni ecologiche.
Le acque lagunari sono soggette a forti variazioni nei parametri chimico-fisici,
e le specie che vi si adattano sono quelle che hanno un’alta valenza ecologica,
caratterizzate da un ampio margine di risposta alle alterazioni ambientali.
(Lionello & Sanavio, 2004).
Gli ambienti lagunari, dagli equilibri precari, messi continuamente alla prova
da naturali eccessi termoalini, sedimentari, trofici, ossidativi, ecc…, sono tipici
ambienti ad elevata resilienza, cioè ad elevata capacità di ripresa, di recupero
dopo una perturbazione (Sarà, 1985). In questo senso, le comunità lagunari
mostrano un’elevata stabilità poiché mostrano una grande costanza sia nelle
specie presenti sia nel tipo di relazioni tra esse.
Ogni anno infatti, tratti più o meno ampi delle lagune alto adriatiche
subiscono completi tracolli, ma ricostituiscono le loro dotazioni biocenotiche
in tempi anche inferiori all’anno.
Il ringiovanimento stabile delle popolazioni, determinato dalla frequenza dei
ritorni di fattori di stress può avere effetti di tipo sistemico con feedback
positivi. Infatti, a parità di biomassa, una popolazione giovane, costituita da
molti individui di piccola taglia, ha un metabolismo più elevato ed è perciò
caratterizzata da un consumo di ossigeno maggiore rispetto a quello di una
popolazione di pari biomassa ma con struttura spostata verso le vecchie leve
(costituite da meno individui, di taglia maggiore). Questo continuo “stato
nascente” potrebbe perciò rendere più frequenti fenomeni di anossia a tracolli
biologici soprattutto nelle zone meno ricambiate.
Oltre alle prevedibili variazioni stagionali, vi sono eventi di disturbo, spesso
associati alle attività umane, in grado di provocare profonde variazioni a livello
delle comunità bentoniche. Studiare i tempi ed i modi di risposta delle
biocenosi a cambiamenti delle condizioni chimico - fisiche e biologiche
costituisce un tema obbligato della ricerca ecologica.
9
Data l’enorme influenza delle attività umane sui processi ambientali, a
differente scala spazio temporale, interpretare le cause e gli effetti del
“disturbo” diventa fondamentale nella comprensione dei fenomeni
soprattutto in funzione delle sue applicazioni pratiche nella definizione di
strategie per la tutela, la conservazione e la fruizione degli ecosistemi naturali
(Blasi, 2006).
1.2 Tutela e gestione delle aree umide
Le zone lagunari, gli ambienti estuariali, le foci dei fiumi, costituiscono
ambienti particolari, in corrispondenza dei quali si realizza la transizione tra
terra e mare ed il mescolamento delle acque dolci con quelle salate, dando vita
ad un mosaico di habitat diversi quali canneti, stagni e lagune, isole sabbiose e
barene di estensione più o meno variabile. Tali habitat, soprattutto nelle
regioni temperate, sono popolati da una sorprendente varietà di forme di vita
che li rendono classificabili tra gli ecosistemi che contribuiscono a mantenere
un alto grado di biodiversità.
Il loro assetto attuale è spesso il risultato dell’influenza di centinaia di anni di
evoluzione naturale e di presenza dell’uomo (Gariboldi et al., 1997).
L’incessante sfruttamento a scopi economici di questi territori è stato arginato
in qualche modo dalla Convenzione di Ramsar sulle zone umide il cui testo è
stato concordato nella città iraniana di Ramsar sulle sponde del Mar Caspio
nel 1971.
La Convezione adotta una definizione molto ampia di zone umide,
includendo laghi e paludi, fiumi e aree costiere, acque in movimento o
stagnanti, salate o dolci e si propone di favorire la conservazione e l'utilizzo
razionale delle zone umide, grazie a misure nazionali ed alla collaborazione
10
internazionale, in modo da realizzare uno sviluppo sostenibile in tutto il
mondo secondo le linee che seguono:
• “Le zone umide sono distese d'acqua lagunari, torbiere, o di acque
naturali o artificiali, permanenti o temporanee, dove l'acqua è corrente
o stagnante, dolce, salmastra o salata, comprese le distese d'acqua di
mare la cui profondità nel momento di bassa marea non supera i sei
metri”.
• Le zone umide svolgono funzioni ecologiche vitali: assicurano la
regolazione dei regimi idrologici ed ospitano una grande diversità
biologica.
• Le zone umide hanno un valore economico, culturale, scientifico e
ricreativo immenso, che dobbiamo impegnarci a conservare.
• La progressiva eliminazione delle zone umide costituisce un grave
danno all'ambiente, alle volte irrimediabile, che dev’essere impedito.
• Le zone umide devono essere rimesse in ordine tutte le volte che
questo è possibile.
• L'utilizzo razionale permette di garantire la conservazione delle zone
umide. Il loro utilizzo razionale è definito come “utilizzo durevole in
favore dell'umanità in modo che sia compatibile con il mantenimento
delle caratteristiche naturali dell'ecosistema”. Per utilizzo durevole si
intende “l'utilizzo da parte dell'uomo di una zona umida in modo che le
attuali generazioni abbiano il massimo vantaggio, conservando la
capacità di soddisfare i bisogni e le aspirazioni anche delle generazioni
future”; in questo contesto “utilizzo razionale” può anche voler dire
protezione rigorosa.
11
La Convenzione internazionale di Ramsar, datata 1971 ma recepita nel nostro
Paese nel 1976, ha segnato una svolta decisiva nella gestione delle “mefitiche”
paludi che, per l’occasione, sono state rinominate “wetlands” ovvero “zone
umide”.
Quello di Ramsar inoltre è il primo ed unico trattato globale che ha per
oggetto un ecosistema specifico, in questo costituendo un chiaro indicatore
della consapevolezza a livello internazionale del valore delle zone umide: “The
Ramsar Convention is unique in that it remains the only global convention the objective of
which is to protect and conserve a particular type of ecosystem and the flora and fauna (...)
dependent upon it” (Koester, 1989).
In seguito, l’Unione Europea, al fine di salvaguardare la biodiversità e
combattere l'estinzione di alcune specie animali e vegetali promulga due
interventi legislativi: la Direttiva “Conservazione degli uccelli selvatici”, nota
come Direttiva Uccelli (79/409/CEE) e la Direttiva "Conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche",
comunemente chiamata Direttiva "Habitat" (92/43/CEE).
In base a quest’ultima, la conservazione della natura viene attuata tramite la
realizzazione di un sistema integrato di aree protette denominato Rete Natura
2000 che individua e tutela aree, siti e zone di grande valenza naturalistica
costituite da “Zone a Protezione Speciale” (ZPS) e da Siti di Importanza
Comunitaria (SIC).
In quest’ultimo decennio, con lo sviluppo della normativa di tutela
internazionale ed europea, dalla convenzione sulla biodiversità di Rio de
Janeiro nel 1992 alla Direttiva europea 92/43/CEE e la costituzione della
Rete Natura 2000 per la protezione di habitat e specie maggiormente a rischio,
sempre più è emersa l’importanza e l’efficacia delle analisi in tema di
biodiversità, intesa quale chiave di lettura complessiva dello stato di salute
ambientale del territorio. Tale tematica è diventata quindi un fattore prioritario
nei processi decisionali volti alla sostenibilità ambientale (Poldini et al., 2006).
12
Sino ad oggi i dodici Stati della Regione Mediterranea (Algeria, Egitto, Francia,
Grecia, Italia, Giordania, Malta, Marocco, Portogallo, Spagna, Tunisia ed ex-
Jugoslavia) che hanno firmato tale Convenzione hanno indicato in totale 89
zone umide considerandole come un unico sistema ecologico.
In Italia esistono 50 “Zone Umide di Valore Internazionale” con una
superficie di 57.130 ettari la più grande delle quali, con i suoi 10.000 ettari è il
delta del Po in provincia di Ferrara; 14 zone misurano tra i 1.000 e i 4.000
ettari e le rimanenti sono molto più piccole.
Distribuzione regionale delle zone umide
(Da: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)
Regione Siti Lombardia 6
Veneto 2 Trentino Alto Adige 1
Friuli Venezia Giulia 2 Emilia Romagna 10
Toscana 4 Umbria 1 Lazio 5
Abruzzo 1 Puglia 3
Calabria 1 Sicilia 2
Sardegna 8 Basilicata 2 Campania 2
13
Mappa ed elenco delle zone umide di importanza internazionale in Italia:
Numero DENOMINAZIONE REGIONE 1 Isola Boscone Lombardia 2 Lago di Mezzola - Pian di Spagna Lombardia 3 Palude Brabbia Lombardia 4 Paludi di Ostiglia Lombardia 5 Torbiere d'Iseo Lombardia 6 Valli del Mincio Lombardia 7 Valle Averto Veneto 8 Vincheto di Cellarda Veneto 9 Lago di Tovel Trentino Alto Adige 10 Marano Lagunare - Foci dello Stella Friuli Venezia Giulia 11 Valle Cavanata Friuli Venezia Giulia 12 Ortazzo e Ortazzino Emilia Romagna 13 Piallassa della Baiona Emilia Romagna 14 Sacca di Bellocchio Emilia Romagna 15 Salina di Cervia Emilia Romagna 16 Valli Bertuzzi Emilia Romagna 17 Valle di Gorino Emilia Romagna 18 Valli residue del Comprensorio di Comacchio Emilia Romagna 19 Valle Santa Emilia Romagna 20 Punte Alberete Emilia Romagna 21 Valle Campotto e Bassarone Emilia Romagna 22 Padule Daccia Botrona Toscana
14
23 Lago di Burano Toscana 24 Laguna di Orbetello Toscana 25 Padule di Bolgheri Toscana 26 Palude di Col Fiorito Umbria 27 Lago di Fogliano Lazio 28 Lago di Nazzano Lazio 29 Lago di Sabaudia Lazio 30 Lago dei Monaci Lazio 31 Lago di Caprolace Lazio 32 Lago di Barrea Abruzzo 33 Le Cesine Puglia 34 Saline di Margherita di Savoia Puglia 35 Torre Guaceto Puglia 36 Bacino dell'Angitola Calabria 37 Il Biviere di Gela Sicilia 38 Vendicari Sicilia 39 Stagno di S'Ena Arrubia Sardegna 40 Peschiera di Corru S. - Stagno di S. Giovanni e Marceddi Sardegna 41 Stagno di Cabras Sardegna 42 Stagno di Mistras Sardegna 43 Stagno di Molentargius Sardegna 44 Stagno di Pauli Maiori Sardegna 45 Stagno di Sale e Porcus Sardegna 46 Stagno di Cagliari Sardegna 47 Lago di San Giuliano Basilicata 48 Pantano di Pignola Basilicata 49 Medio Corso del fiume Sele - Serre Persano Campania 50 Paludi Costiere di Variconi - Oasi di Castel Volturno Campania
(Da: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)
La regione Friuli Venezia Giulia, per la sua posizione biogeografica, la
diversità geomorfologica e la storia ecologica e culturale, presenta un alto
grado di diversità specifica ed ambientale (habitat e paesaggio) per unità di
superficie, rispetto sia alla realtà nazionale sia a quella europea. La tutela della
biodiversità in tutti i suoi livelli è un tema centrale nella politica e negli
strumenti per l’attuazione di uno sviluppo sostenibile.
E proprio per tutelare un ambiente naturale così delicato la regione Friuli
Venezia Giulia ha istituito una serie di aree naturali protette fra cui le Riserve
naturali della Valle Cavanata, della Foce dell'Isonzo (esterna al sito oggetto di
studio), della Valle Canal Novo e delle Foci dello Stella.
In particolare, due aree sono state dichiarate zone umide di importanza
internazionale secondo i criteri Ramsar:
15
‘Marano Lagunare-Foci dello Stella’ (1.400 ha)
‘Valle Cavanata’ (248 ha)
Sono state inoltre identificate quattro Riserve Naturali Regionali:
Foce dell’Isonzo-Isola della Cona (2.338 ha)
Valle Cavanata (341 ha)
Foci dello Stella (1.357 ha)
Valle Canal Novo (124 ha)
La Laguna di Marano e Grado è stata riconosciuta come Zona di Protezione
Speciale e Sito di Interesse Comunitario ai sensi delle Direttive comunitarie
“Habitat” e “Uccelli” (Fig. 1.1).
Fig. 1.1 Limiti SIC e ZPS della Laguna di Marano e Grado
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1.3 Organizzazione biologica degli ecosistemi paralici
1.3.1 Diversità morfologiche, geochimiche e sedimentarie
L’idrobiosfera è comunemente divisa in dominio marino e dominio delle
acque continentali ciascuno dei quali con proprie caratteristiche geochimiche,
processi sedimentari e distinti popolamenti. Al confine tra questi due domini
esistono numerosi ambienti apparentemente molto differenti tra loro e
descritti con un’ampia terminologia: area di transizione, zone miste, ambienti
intermedi, aree a salinità variabile, zone al limite della costa, ambienti salmastri
etc. Guelorget e Perthuisot (1983) li definiscono ecosistemi paralici e
l’aggettivo paralico applicato ad un’area, bacino o ad un ecosistema significa
semplicemente che esso ha o ha avuto un rapporto precario con il mare (dal
greco pará “vicino, accanto” e áls “sale, mare”).
La terminologia corrente si avvale quindi di tutta una serie di nomi per
indicare quelle aree litorali che vengono chiamate oggi “zone umide costiere”
(coastal wetlands) e, in effetti, questo termine moderno riporta ad ambienti
molto diversi per genesi, morfologia, caratteristiche idrologiche e
sedimentologiche, ecc…, che presentano tuttavia una notevole affinità
geochimica e biologica.
Grazie allo studio di ambienti paralici sia mediterranei (ad esempio lo Stagno
di Prévost in Francia, lo Stagno d’Urbino in Corsica e la laguna di Bahiret el
Biban in Tunisia) sia di ambienti più settentrionali (Fiordi danesi, Mar Baltico
etc.) da parte dei due ricercatori francesi, è emersa l’estrema varietà quanto a
morfologia, grandezza e genesi determinata dalla diversa evoluzione geologica
di ciascun bacino paralico. Inoltre i parametri fisici e chimici così come i
depositi sedimentari risultano molto variabili a causa delle condizioni
climatiche, idrografiche regionali e delle caratteristiche idrologiche locali.
17
Tali strutture sono quindi descritte con vari nomi: estuario, ria, fiordo, vallone,
laguna, sebka, bahira e stagno costiero. I fiordi danesi, gli stagni costieri
tunisini, il Mar Caspio, il Mar Baltico, gli stagni corsi e gli stagni della costa
mediterranea francese, le lagune altoadriatiche sono tutti esempi di ambienti
paralici naturali; le saline, rade e porti sono invece esempi di ambienti paralici
artificiali.
In Italia, i più importanti sistemi paralici consistono in numerose lagune e
stagni costieri presenti lungo le coste di molte regioni.
Lagune e stagni costieri sono bacini d’acqua salmastri o iperalini, separati dal
mare da cordoni sabbiosi, che si formano in regime trasgressivo, in presenza
di apporti terrigeni e di cospicuo trasporto litoraneo. Questi ambienti sono
situati dietro lidi di sabbia accumulata dalle onde e dalle correnti costiere e
comunicano con il mare aperto attraverso bocche più o meno ampie e
profonde, parametri fissati dall’estensione del bacino cui afferiscono.
Per rimanere in ambito mediterraneo e facendo riferimento soltanto ai
caratteri fisici di questi ambienti, il termine più frequentemente usato a
sproposito è quello di laguna, utilizzato indifferentemente per indicare sia
lagune propriamente dette, sia stagni costieri.
Questi due ambienti hanno genesi molto simile in quanto si formano
generalmente in regime trasgressivo (spostamento verso terra della linea di
costa), in presenza di cospicui apporti terrigeni sabbiosi e significativo
trasporto litoraneo (Brambati, 1988).
Nonostante questa genesi comune, essi si differenziano tuttavia per un fatto
fondamentale: nelle lagune il ricambio è garantito soprattutto dalle maree;
quello degli stagni costieri è garantito invece principalmente dalle mareggiate,
da infiltrazioni freatiche (marine o continentali), dagli apporti meteorici e dal
vento. Più che un’azione di ricambio, questi ultimi fattori esercitano un’azione
di redistribuzione delle sostanze biogene provenienti dal mare. Essi agiscono
anche nelle lagune, diversificando così la loro idrodinamica; ma
18
l’individuazione di una laguna è tuttavia basata essenzialmente sulla presenza o
meno di maree nel sito marino cui si affacciano.
Poiché il Mediterraneo presenta maree di una certa ampiezza soltanto
nell’Alto Adriatico e nel Golfo di Gabes, ne consegue che vere e proprie
lagune si possono formare soltanto in questi distretti ed il termine “laguna”
per indicare i bacini costieri di Orbetello è usato impropriamente in luogo di
“stagno”, come più correttamente i francesi indicano i bacini costieri corsi (ad
es. Etang d’Urbino) o quelli della loro costa mediterranea (ad es. Etang de
Berre, Etang de Thau, …).
La presenza di maree non è un fatto di poco conto in quanto determina tutta
una serie di conseguenze morfologiche e sedimentologiche che sostanziano la
differenza tra lagune e stagni costieri.
Nella formazione di una laguna, gli apporti terrigeni fluviali laterali, trasportati
lungo riva, formano dei cordoni sabbiosi chiamati lidi che, assieme agli apporti
deltizi aggettanti verso mare, concorrono a delimitarne il bacino. Esso si
imposta perciò su una precedente pianura alluvionale, parte del cui reticolo e
delle cui morfologie viene conservata nel bacino stesso, concorrendo a
localizzare le bocche lagunari ed i canali principali (Brambati, cit.).
Secondo altri (Gatto & Marocco, 1992), queste ed altre morfologie devono
invece essere considerate tipicamente lagunari.
In ogni caso, la marea è quantomeno il modellatore delle morfologie interne di
una laguna presenti nell’ambito della sua escursione.
In estrema sintesi, rispetto al livello del mare, in una laguna possono essere
distinte tre zone morfologiche (Brambati, 1969; Marocco, 1989):
1. morfologie poste al di sopra del livello medio delle alte maree;
2. morfologie comprese tra i livelli medi delle alte e basse maree;
3. morfologie poste al di sotto del livello medio delle basse maree;
Nelle attuali lagune, in particolare in quelle altoadriatiche, ciascuna zona
comprende morfologie naturali e morfologie determinate dall’attività umana.
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Al di sopra del livello medio delle alte maree si possono riconoscere le barene,
i cordoni litorali e la costa interna di terraferma.
Secondo Vatova, il termine barena deriva dal sanscrito “bar” che significa alto.
Secondo questa etimologia, il termine barena può perciò essere attribuito a
tutte le isole lagunari, indipendentemente dalla loro genesi.
Tenendo invece presente l’origine di questi rilievi si possono distinguere le
barene p.d. e le pseudobarene. Le prime sono isole legate al regime
sedimentologico proprio delle lagune. In effetti, alla periferia di ciascun
bacino, dove la velocità delle correnti di marea si annulla, si annulla anche la
loro capacità di trasporto e vengono perciò depositate le sospensioni più fini.
Qualora in presenza di acque dolci, in tali zone si instaura Spartina marittima i
cui ciuffi intrappolano materiali trasportati dal vento (polveri, resti di alghe,
ramoscelli, …) contribuendo così all’innalzamento della formazione.
Su di essa si insediano via via Salicornia, Limonium, Juncus ed altre piante alofile
che costituiscono la sua dotazione vegetale. Spesso le barene hanno una forma
tondeggiante e sono depresse al centro dove accolgono dei ristagni d’acqua
che vengono ricambiati in alta marea, attraverso canalicoli tortuosi il cui livello
di base coincide con il livello delle alte maree sizigiali.
Siccome le linee di spartiacque divagano in funzione del maggior o minor
“tiraggio” delle bocche adiacenti, del regime eolico o di interventi antropici, le
barene formano zone più o meno estese a cavallo degli spartiacque. Esse sono
presenti anche lungo tutta la costa lagunare interna dove si ripetono
condizioni di trasporto e sedimentazione analoghe a quelle che caratterizzano
gli spartiacque.
Le pseudobarene sono invece isole rappresentate dai relitti morfologici della
primitiva pianura alluvionale o da rilievi dunali. Alla stessa zona morfologica
appartengono i lidi, o cordoni litorali, spesso dotati di dune, le mote, gli argini
di conterminazione e quelli delle valli, i terrapieni, i moli, le dighe, accumuli da
opere di escavo, …
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Alla seconda zona morfologica appartengono i canali secondari e le piane di
marea, costituenti, queste ultime, le maggiori estensioni dei fondali lagunari.
Caratterizzate da debolissime pendenze, degradano verso i canali principali,
innalzandosi verso la fascia barenicola della costa di terraferma o di
spartiacque da cui drenano con canali secondari meandreggianti, larghi alcuni
metri. Questi hanno livelli di base coincidenti con le medie basse maree di
sizigie e profondità massima corrispondente alle massime sizigiali, profondità
raggiunta al loro sbocco nei canali principali.
La terza zona morfologica comprende i canali principali, larghi fino a 100 m e
profondi 10 m circa, ampiezza e profondità che diminuisce via via che si passa
dalle bocche lagunari alla costa di terraferma. Come si è già detto, essi sono
spesso testimonianze dell’idrografia fluviale pre-trasgressiva, le cui tracce
possono talvolta esse reperite anche in mare (Marocco, 1992). Appartengono
a questa zona anche le paludi, fondali posti ben al di sotto del limite delle
basse maree sizigiali.
I canali principali, quelli secondari ed i ghebbi, rappresentano la rete idraulica
attraverso cui le acque marine, entrate dalle bocche, si distribuiscono nella
laguna.
Durante le massime alte maree, alle bocche lagunari, si possono osservare le
correnti di maggiore intensità (oltre 2m/sec). Nei canali principali (alcuni
dm/sec) e nei secondari (alcuni cm/sec) le velocità massime diminuiscono.
Una brusca diminuzione della velocità delle correnti di marea si ha quando dai
canali le acque si espandono nelle piane di marea. Nel corso del riflusso il
processo si ripete in senso inverso e le acque che defluiscono raggiungono di
nuovo la massima velocità alle bocche lagunari. Questo modello di ricambio
ad albero, a partire da ciascuna bocca, può essere profondamente turbato dal
vento che, spirando in senso trasversale rispetto agli spartiacque, genera
travasi da un bacino all’altro e dalla laguna al mare.
21
Il regime sedimentologico di una laguna è conseguenza del regime idraulico
che la caratterizza: in zone di forte corrente (bocche ed aste iniziali dei canali
principali) verranno sedimentati i materiali più grossolani come le sabbie; in
zone di via via minore energia sedimenteranno poi le sabbie pelitiche, le peliti
molto sabbiose, le peliti sabbiose ed infine le peliti.
Questo schema può esser turbato alla foce di immissari lagunari, dove
possono depositarsi materiali più grossolani. In modo analogo delle sabbie
pelitiche o peliti sabbiose in posizione periferica possono denunciare l’antica
presenza di una foce fluviale.
E’ evidente che il moto ondoso che si esprime lungo i lidi trasporta le sabbie
lungo riva fino alle foci. Qui vengono prese in carico dalle correnti di marea e
trasportate in laguna per qualche chilometro. Da qui le correnti di riflusso le
riportano alla bocca lagunare, dove formano il delta di foce e costituiscono un
serbatoio atto a compensare modificazioni occasionali o cicliche dell’equilibrio
deposizionale della laguna (Marocco, 1992). Salvo quelle provenienti dagli
immissari, anche le peliti provengono dal mare e, attraverso il complesso di
fenomeni definito “settling and scour lag effect”, le loro particelle più fini
tendono a depositarsi in posizione più interna rispetto a quella corrispondente
alla loro granulometria; ciò perché intercorre un certo intervallo di tempo tra il
momento in cui la corrente non è più in grado di trasportare le particelle in
sospensione ed il momento in cui esse raggiungono il fondo (“settling lag
effect”). In seguito allo “scour lag effect”, parte di queste particelle, una volta
depositate, non può essere ripresa in carico dalla stessa massa d’acqua che l’ha
deposta perché per la loro erosione è necessaria una corrente d’intensità
superiore a quella corrispondente al punto di deposizione. E’ così che si
assiste ad un progressivo arricchimento di materiale in sospensione dalle
bocche verso l’interno ed all’aumento di materiale via via più fine nei
sedimenti (Marocco, 1992).
22
Come si è visto, quello lagunare è un sistema estremamente sensibile e
delicato, capace di riassestare continuamente il suo equilibrio sia in relazione ai
forzanti esterni che ne guidano l’evoluzione e che possono essenzialmente
essere ricondotti al clima, sia in relazione ad interventi antropici sulla
morfologia, tanto in termini di liberazione che di eliminazione di gradi di
libertà (sezione delle bocche e loro opere di protezione, ricalibratura e cambio
di direzione dei canali, aumento e diminuzione della profondità, …).
1.3.2 Gli aspetti biologici del dominio paralico
Gli studi effettuati sui popolamenti dei diversi bacini evidenziano l’esistenza di
specie che vivono e si sviluppano solo negli ambienti paralici
indipendentemente dalla salinità. L’esempio più evidente è quello di Ruppia
spiralis, una monocotiledone che si può trovare nello Stagno d’Urbino con
salinità del 33 ‰, nei polders olandesi con salinità compresa tra 1,5 ‰ e 23 ‰
(Den Hartog, 1971), nella Bahiret el Biban dove la salinità supera 80 ‰
(Guelorget et al., 1982) e nella Salin de Giraud (Camargue-Francia) con salinità
tra i 60 ‰ e 80 ‰. D’altra parte è sorprendente come questa monocotiledone
non sia mai stata trovata in mare aperto, sebbene potrebbe trovarsi in
condizioni di salinità compatibili con il suo sviluppo. Tra i Molluschi sono
citate specie come Hydrobia acuta, Pirenella conica o ancora Cerastoderma glaucum
trovato solo in ambienti lagunari o paralagunari sia ipo- che iper-alini. Altri
esempi potrebbero essere estesi dai Protozoi ai Tunicati, dai Cianobatteri ed
altre Monocotiledoni.
Una rilevante proprietà degli ambienti paralici è la loro zonazione biologica.
La distribuzione delle specie negli ambienti paralici è generalmente
longitudinale sia in bacini ipo-, sia in quelli iper-alini.
Tale caratteristica è evidente nella distribuzione della macroflora dove Zostera
noltii prevale nelle zone più vicine al mare; Ruppia spiralis domina le zone
23
centrali, formando comunità miste con Chara sp. nelle zone più interne.
Queste zone sono colonizzate da Cianobatteri o Cloroficee (Ulva sp. ed
Enteromorpha sp.). Interessante è il caso del fiordo Dypsø dove si nota una
zonazione longitudinale della macroflora bentonica a dispetto dell’assenza del
gradiente di salinità, questo mostra come quest’ultimo non influisca nella
distribuzione delle macrofite negli ambienti paralici.
Gli studi sulla macrofauna a invertebrati di un considerevole numero di bacini
paralici testimoniano l’esistenza di una zonazione longitudinale indipendente
dal gradiente di salinità, dove si distingue procedendo dalle comunicazioni con
il mare verso l’interno:
una regione dominata da Molluschi Pelecipodi, con pochi Echinodermi,
cioè con ancora una tendenza “stenobionte” (specie talassiche);
una regione di transizione ancora dominata da Pelecipodi, ma con la
scomparsa degli Echinodermi. In questo caso l’influenza marina è
troppo debole da permettere uno sviluppo ottimale delle specie con
affinità marine, ma ancora forte per favorire pienamente lo sviluppo
delle specie paraliche. Inoltre è in questa zona che troviamo specie
“miste” che sono presenti anche in mare (Paphia aurea, Tapes decussatus,
Scrobicularia plana). Un eventuale inquinamento organico può indurre
delle variazioni locali che si manifestano con una diminuzione numerica
dei Bivalvi a vantaggio di Crostacei e Anellidi detritivori;
una terza regione con la presenza delle specie strettamente paraliche
(Cerastoderma glaucum, Abra segmentum, Hediste diversicolor, Nereis succinea,
Gammarus insensibilis e G. aequicauda, Sphaeroma hookeri, larve di
Chironomidi);
una tipica quarta regione, comune negli ecosistemi iperalini, meno negli
ecosistemi ipoalini (particolarmente nei climi freddi), caratterizzata dalla
presenza di tappeti di Cianoficee o di strutture stromatolitiche, associati
24
ad un piccolo numero di specie animali (Hydobia acuta, Sphaeroma
rugicauda, Pirenella conica).
Per quanto concerne le comunità bentoniche (macrofauna), i parametri
caratteristici (varietà delle specie, densità, biomassa, produttività) formano
gradienti dai collegamenti con il mare verso i margini della laguna
indipendentemente dalla salinità, il confronto tra lo stagno di Prevost e la
bahira El Biban è molto significativo sotto quest’aspetto (Fig. 1.2).
Fig. 1.2 Variazioni quantitative della macrofauna bentonica nello Stagno di Prévost (Francia) a sinistra e nella Bahiret el Biban (Tunisia) a destra. Nella parte superiore del grafico è indicata la densità, espressa come numero di individui per metro quadrato; le aree circolari danno anche una rappresentazione qualitativa dei popolamenti; si noti che l’apporto locale di materia organica (contatto fra acque marine e acque lagunari, zone di biosedimentazione intensa, apporti di affluenti inquinanti, ecc.) stravolge il popolamento sia quantitativamente che qualitativamente (Guelorget & Pertuisot, 1982).
Tuttavia in tutti i casi studiati, ed in accordo con i dati bibliografici, si può
osservare progressivamente dal mare verso l’interno quanto segue:
una significativa diminuzione della diversità di specie;
25
un progressivo aumento di densità dei macroinvertebrati, seguito da un
loro pronunciato decremento presso il polo dulciacquicolo, mentre la
macrofauna bentonica scompare completamente nelle vicinanze del
polo evaporitico;
una progressiva diminuzione della biomassa, dovuto all’incremento
della densità accompagnato da una riduzione nella taglia (nanismo
lagunare);
una drastica diminuzione della produzione globale (calcolata in base alla
malacofauna che è predominante nei sistemi paralici) con un massimo
nelle zone direttamente influenzate dal mare (Guelorget et al., 1982);
comunità fitoplantoniche ed ittiche che presentano analoghi modelli.
Un’altra caratteristica degli ecosistemi paralici è la loro estrema resilienza
ovvero la capacità di recupero quando il sistema è modificato da una
perturbazione (Odum, 1988); caratteristica che risulta evidente quando si
considerano le zone più interne e marginali degli ambienti paralici, le quali
possono essere soggette a considerevoli variazioni stagionali di salinità e
temperatura, causate da precipitazioni piovose e da forti evaporazioni, tali da
cambiare un sistema iperalino in uno altamente desalinizzato. Crisi distrofiche
possono provocare la distruzione di un gran numero d’individui, senza
modificare stabilmente l’ecosistema il quale recupera molto velocemente non
appena la crisi è terminata.
Il quadro sugli ambienti paralici delineato in precedenza mostra che, a fronte
di una diversità morfologica, geochimica e sedimentololgica, essi presentano
un’innegabile unicità biologica: originalità e specificità delle comunità,
gradienti biologici qualitativamente e quantitativamente indipendenti dalla
salinità e stabilità degli ecosistemi. I popolamenti non sono quindi
popolamenti residuali (specie marine o d’acqua dolce tolleranti ampie
variazioni di salinità) ma sono caratterizzati da specie esclusive.
26
Pertanto gli ambienti paralici esistono come autonome entità, distinti dagli
ambienti marini e d’acqua dolce, con proprie strutture e dinamiche. In
accordo con i parametri biologici e geologici, possiamo distinguere due
sottosistemi:
il sottodominio più vicino al mare (paralico vicino) caratterizzato da
una geochimica non molto differente da quella del mare, da grosse
quantità di sedimenti immessi nella fase biogenica (carbonati, materia
organica), da comunità essenzialmente talassoidi e da spiccati gradienti
biologici;
il sottodominio più lontano dal mare (paralico lontano) caratterizzato
da una geochimica radicalmente differente da quella del mare
comprendente due poli che si possono trovare anche nel dominio
continentale: il polo evaporitico e il polo dulciacquicolo. Le fasi
sedimentarie abiogeniche sono dominanti. Le comunità sono esclusive,
originali e i gradienti biologici non sono così evidenti.
Il limite tra questi due sottodomini è approssimato all’area di formazione del
tappeto batterico; questo limite può corrispondere alla scomparsa dei
foraminiferi (Zaninetti, 1982).
Secondo Segerstrale (1959) lo studio biologico delle lagune nasce sulle coste
olandesi dove “l’estensione di acque diluite e la loro ampia gamma di salinità
[…], in combinazione con una buona conoscenza floristica e faunistica offriva
condizioni eccezionalmente favorevoli all’affrontare i problemi delle acque
salmastre”. Da questa citazione appaiono evidenti due fatti:
1. La salinità viene considerata il descrittore fondamentale degli ambienti
umidi costieri.
2. Gli ambienti umidi che per primi hanno suscitato l’interesse dei ricercatori
erano ambienti salmastri.
27
In effetti, già all’inizio del 1900, il metodo Knudsen di dosaggio della salinità
attraverso la clorinità rende agevole la misura di questo parametro in campioni
raccolti in “campagna” e portati in laboratorio e consente l’osservazione di
una certa correlazione tra la salinità e la distribuzione degli organismi
all’interno di una laguna (Carrada & Fresi, 1988). Le prime osservazioni
nordiche non contemplano però la possibilità che la laguna, invece di
caratterizzarsi per la presenza di acque salmastre, e quindi per l’influenza di
immissari di acque dolci, possa invece caratterizzarsi per la presenza di
ambienti evaporitici.
Il fatto è tuttavia che tentativi di descrizione e di zonazione degli ambienti
umidi costieri in funzione della salinità si susseguono fino a metà del 1900 con
l’unica novità di rilievo rappresentata dall’introduzione della categoria delle
acque iperaline (Brunelli, 1933), fatto che costituisce il primo passo verso il
riconoscimento della fondamentale omogeneità biologica degli ambienti umidi
costieri sia che si caratterizzino per gradienti di diluizione, sia di
concentrazione di acque marine, fatto molto più comune in Mediterraneo.
Questo avanzamento viene recepito nel “Simposio sulla classificazione delle
acque salmastre”, tenuto a Venezia nel 1958, in cui viene proposto il “ Sistema
di Venezia per la classificazione delle acque marine in accordo con la salinità”,
sistema che prende in considerazione anche le acque iperaline.
Già dalle prime classificazioni (Redeke, 1922), questo unico riferimento era
apparso però insufficiente e venivano perciò auspicati futuri adattamenti in
base alla conoscenza del ruolo di altri fattori.
Infatti, già con Remane (1934), Vatova (1940) e D’Ancona (1959), si era
arrivati all’osservazione che la flora e la fauna delle acque salmastre erano sì
costituite da specie marine eurialine, capaci di sopportare un certo grado di
diluizione delle acque, e di specie d’acqua dolce capaci di sopportare un certo
grado di salinità, ma anche da un piccolo numero di specie “caratteristiche
delle acque salmastre”. Veniva cioè verificata l’esistenza di un determinato
28
numero di nicchie “esclusive degli ambienti costieri salmastri”, ma non veniva
notato che queste stesse nicchie caratterizzavano anche gli ambienti iperalini.
La codificazione di queste osservazioni è stata fatta da Peres e Picard (1964)
che, a proposito della loro biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE),
constatano che, “il popolamento di queste sabbie fangose o fanghi sabbiosi
resta sensibilmente lo stesso sia quando l’acqua è costantemente meno salata
dell’acqua di mare del largo, sia quando è costantemente più salata, sia ancora
che presenti delle variazioni di salinità molto importanti durante l’anno”. La
biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina rappresenta il termine ultimo di
una serie di biocenosi infralitorali di substrato mobile, distribuite lungo un
gradiente di idrodinamismo che in corrispondenza ad essa presenta la
maggiore attenuazione, consentono una ricca sedimentazione di materiale
fine.
Prima di questo passo, la suddivisione in zone degli stagni costieri e delle
lagune, effettuata in base al parametro della salinità, alle cui variazioni
corrisponde la comparsa o la scomparsa di particolari specie, dette indicatrici,
può essere fatta afferire ad un approccio mesologico-autoecologico: lungo il
gradiente di salinità esistente tra le bocche a mare e il continente, le specie
presenti immigrate dal mare o evolute da specie marine, sono il risultato della
selezione attuata a diverse scale temporali, soprattutto in base alla capacità di
osmoregolazione di ciascuna di esse. Al popolamento che ne risulta non viene
in genere attribuita alcuna originalità cenotica (Carrada & Fresi, 1988) in
quanto viene considerato una specie di condizione residuale di un
popolamento marino sottoposto a stress ambientali via via più intensi, fino ad
essere talvolta cancellato.
L’approccio sinecologico seguito da Peres e Picard (1964) ferma invece la
propria attenzione sull’insieme del popolamento, considerato originale, e cerca
di mettere in evidenza differenze e corrispondenze in modo da risalire al
fattore o ai fattori che guidano la zonazione. Talvolta i fattori relativi ai
29
gradienti osservati non seguono la stessa direzione e interagiscono tra di loro,
di modo che non sono facilmente disaggregabili; si approda allora a fattori
multipli di ardua formalizzazione. È questa la situazione da cui, con un
contributo interpretativo esteso e profondo, si è giunti alla teoria del dominio
paralico (Guelorget & Perthuisot, 1983). Il lavoro dei due ricercatori francesi
parte dalla constatazione che, come precedentemente menzionato, tra il
dominio marino e quello continentale esiste una moltitudine di ambienti di
genesi ed evoluzione differente, indicati volta a volta come stagno costiero,
laguna, palude costiera, polder, estuario, fiordo, sebbka, vallone, ecc…che
sono stati oggetto di numerosi studi anche in quanto zone di elevata
produttività e perciò di notevole interesse economico (Orel et al., 2005).
In opposizione alla estrema diversità e variabilità degli ambienti paralici, le
unità di popolamento sono caratterizzate da specie esclusive di questi ambienti
e organizzate zonalmente in modo relativamente stabile ed indipendente dalla
salinità di ciascun bacino. Il parametro che sembra guidare la distribuzione
degli organismi viene chiamato “confinamento” e corrisponde al tempo di
rinnovo degli elementi biogeni di origine marina in un determinato punto del
bacino. Gli autori veneti hanno generalmente utilizzato termini equivalenti al
reciproco del confinamento, cioè il ricambio o, più raramente, hanno parlato
di “vivificazione marina” (D’Ancona, 1954; Marchesoni, 1954).
Esiste chiaramente un legame di dipendenza tra confinamento (o ricambio) e
distanza dalle bocce a mare, ma questo rapporto non è così semplice come
potrebbe sembrare a prima vista (Solazzi et al., 1991). Due punti che si
trovano a uguale distanza dalle bocche potrebbero essere caratterizzati da
valori di confinamento molto differenti in relazione al percorso più o meno
tortuoso effettuato dall’acqua di mare e quindi del tempo impiegato per
raggiungerli (mentre la salinità potrebbe essere la stessa nei due punti). Un
esempio al riguardo è riportato in Zentilin et al. (2005). Il confinamento di una
zona determinata di un bacino paralico è in effetti la risultante di diversi
30
fattori: l’ampiezza della comunicazione con il mare, le dimensioni dei dislivelli
in gioco (marea), l’entità dell’energia meccanica operante sulla zona, la
morfologia del bacino e del particolare paraggio, gli apporti d’acqua dolce,
ecc…
Il concetto di confinamento viene formalizzato quindi soprattutto in relazione
alla concentrazione di sostanze marine.
La concentrazione in un dato punto lagunare dipende dal confinamento ma
anche dagli apporti di acque dolci e dall'evaporazione.
Se si definisce deficit idrico, ∆h, la differenza algebrica tra evaporazione e
apporti di acqua dolce:
- il bacino è iperalino se il deficit idrico è positivo;
- il bacino è ipoalino se il deficit idrico è negativo.
Se vengono inoltre fatte le seguenti ipotesi:
- gli apporti di acqua dolce del bacino sono costituiti da acque pure (piogge,
apporti continentali) che si distribuiscono immediatamente nell'intero bacino
all'interno del quale l'evaporazione è uniforme;
- lo spessore dello strato d'acqua è costante;
- gli ioni che provengono dal mare sono in rapporto costante;
- le condizioni idrodinamiche del bacino sono stabili nel tempo.
La concentrazione Co di un punto del mare all'istante t
o sarà:
Co = K N/V
o
Se consideriamo che tali N ioni dopo un tempo t si troveranno in punto P del
bacino paralico, la concentrazione in questo punto sarà:
Cp =K N/V
p
31
Se, come ipotizzato, le condizioni idrodinamiche rimangono costanti,
l'intervallo di tempo T = t - to
è una costante del punto P e viene definito
come tempo di rinnovamento dell'ambiente idrico nel punto considerato.
La variazione di volume sarà quindi:
∫ ∫∆−=v
vdthKVdv
T
00
/
e risolvendo gli integrali si ottiene:
Ln V - Ln V o
= -K∆h T
Ln ( V / V o ) = -K∆h T
passando all'esponenziale:
V / V o = e -K∆h T
e quindi:
C = C o
eK∆h T
Se il deficit idrico ∆h o il tempo di confinamento T è nullo, la concentrazione
di sostanze marine del punto P sarà uguale a quella del mare e quindi il punto
P si troverà nel dominio marino.
Si vede inoltre che due punti di uno stesso bacino o di bacini diversi con
uguale tempo di confinamento T hanno lo stessa salinità solo se i ∆h sono
uguali, cioè se si trovano in “climi” identici.
Dal confronto di vari bacini paralici mediterranei è possibile stabilire sei zone
bentoniche di substrato mobile lungo un gradiente di confinamento crescente
(Fig. 1.3).
32
Fig. 1.3 Rappresentazione schematica della scala di confinamento in un modello di
ecosistema paralico mediterraneo in funzione della zonazione biologica (Frisoni et al.,
1984; Guelorget & Perthuisot, 1992).
Procedendo dalle bocche di comunicazione con il mare verso l'interno, si
trovano:
ZONA I - E' la fascia situata nelle immediate vicinanze delle comunicazioni
con il mare e per questo è semplicemente la continuazione del dominio
marino.
La macrofauna consiste di molte specie marine per la maggior parte
appartenenti alla biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) (Peres &
Picard, 1964), una delle biocenosi infralitorali di substrato mobile più diffuse
nel Mediterraneo tra i 2 e i 25 metri di profondità.
In tale zona è possibile la presenza di Posidonia oceanica.
33
ZONA II - E' la zona in cui è effettiva la penetrazione nel dominio paralico.
In essa si riscontrano le specie marine più tolleranti della biocenosi delle
Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) o delle Sabbie Fini Superficiali (SFS) (Peres
& Picard, 1964). Tra i Molluschi si trovano Mactra corallina, Mactra glauca,
Tellina tenuis, Dosinia exoleta, Acanthocardia echinata, Donax semistriatus, Donax
trunculus; i Policheti Audouinia tentaculata, Owenia fusiformis, Phyllodoce mucosa,
Pectinaria koreni; i Crostacei Portunus latipes, gli Echinodermi Asterina gibbosa,
Holoturia polii, Paracentrotus lividus, che tendono a scomparire verso il limite
della zona.
Per quanto riguarda la macroflora si assiste alla scomparsa di Posidonia oceanica
mentre predominano piccole fanerogame come Zostera marina, Zostera noltii,
Cymodocea nodosa, ed alghe come Caulerpa prolifera.
ZONA III - E' caratterizzata dalla totale scomparsa degli Echinodermi; tale
zona è dominata da specie “miste” presenti sia in laguna che in mare quali i
Bivalvi Tapes decussatus, Paphia aurea, Scrobicularia plana, Corbula gibba, Loripes
lacteus, Gastrana fragilis; i Policheti Nephthys hombergii, Glycera convoluta, e il
decapode Upogebia litoralis.
Queste sono specie appartenenti per lo più alla biocenosi delle Sabbie Fangose
di Moda Calma (SFMC) (Peres & Picard, 1964).
ZONA IV - E' caratterizzata dalla scomparsa delle specie marine e dalla
presenza delle specie strettamente paraliche come i Bivalvi Abra segmentum,
Cerastoderma glaucum, Tapes philippinarum, il gasteropode Hydrobia acuta, i
Policheti Hediste diversicolor, Nereis succinea e i Crostacei Gammarus insensibilis,
Gammarus aequicauda, Corophium insidiosum.
La macroflora è distinta dalla presenza di Ruppia spiralis.
34
ZONA V - In tale area inizia la colonizzazione, da parte delle Cianoficee, del
sedimento; questo contiene una notevole quantità di sostanza organica ed è
fortemente ridotto, nero e maleodorante per la presenza di solfuri e acido
solfidrico che si formano nei periodi di distrofia.
La fauna è caratterizzata dalla presenza di Crostacei detritivori quali Sphaeroma
hookeri, Sphaeroma rugicauda, Idotea baltica, da Gasteropodi erbivori Hydrobia
acuta, Pirenella conica, e i Policheti come H. diversicolr, N. succinea e da larve di
Chironomidi.
La comunità vegetale, se presente, è dominata da Potamogeton pectinatus e da
Characeae.
ZONA VI - Rappresenta il passaggio nel paralico lontano, dulciacquicolo o
evaporitico, ed è caratterizzata dalla totale colonizzazione del substrato da
parte dei Cianobatteri, che formano tappeti microbici, e dalla comparsa di
specie appartenenti alla fauna d’acqua dolce (Tricotteri, Oligocheti, Odonati)
negli ecosistemi ipoalini, mentre in ecosistemi iperalini ci sono specie
d’ambienti evaporatici come Artemia salina. Il sistema evaporitico è inoltre
caratterizzato dall’assenza di macrofauna bentonica.
Nel “paralico lontano” il confinamento sembra avere un ruolo minore.
Gli studi biologici delle lagune mediterranee dimostrano che anche le
variazioni quantitative delle comunità fitoplanctoniche e bentoniche sono in
accordo con il gradiente di confinamento.
Infatti la biomassa fitoplanctonica (espressa in mg di clorofilla a per m3)
aumenta regolarmente dalle bocche a mare fino alla zona V, dove ha il suo
massimo valore, per poi decrescere drasticamente.
Il fitoplancton delle zone direttamente influenzate dall'apporto marino (cioè le
zone 1, 2 e 3) si caratterizza in senso tipicamente neritico con diatomee
centriche come Chaetoceros e Rhizosolenia, pennate come Nitzschia seriata ed
35
alcune Peridinee. Verso l'interno dominano i microflagellati assieme a piccole
diatomee pennate come Navicula e Amphora nonchè Scheletonema costatum,
spesso responsabile di fenomeni di acque colorate.
La biomassa della macrofauna bentonica mostra un andamento gaussiano
simile: il massimo della curva però risulta spostato rispetto a quello della
precedente e si trova nella zona III (caratterizzata dalle specie miste) (Fig.
1.4).
Fig. 1.4 Curve della variazione della biomassa bentonica (g di peso secco decalcificato per m2) e fitoplanctonica (mg di clorofilla a per m3) in relazione alla scala di confinamento (Guelorget & Perthuisot, 1992).
E, in accordo con il modello di confinamento, oltre alle comunità
macrozoobentoniche e fitoplanctoniche anche la fauna ittica segue una
particolare zonazione: specie sedentarie (paraliche) come Aphanius fasciatus
(nono), Potamoschistus marmoratus (ghiozzetto), Syngnathus abaster (pesce ago), di
piccola taglia e modesta longevità, che compiono tutto il loro ciclo biologico
all’interno dell’ecosistema paralico; specie migranti, di taglia maggiore, più
longeve e che si riproducono in mare. Questo gruppo è a sua volta distinto in:
migranti regolari (sia come avannotti che come adulti) come Sparus aurata
(orata), Dicentrarchus labrax (spigola), Solea vulgaris (sogliola), Platichthys flesus
(passera), Anguilla anguilla (anguilla) e diversi Mugilidi e migranti occasionali o
36
accidentali come Labridi, Gobidi, Engraulis encrasicolus (acciuga), Mullus barbatus
(triglia di fango), Belone belone (aguglia), etc. Data la mobilità di questi organismi
è individuata una loro tendenza preferenziale per determinate zone di
confinamento in particolar modo per le specie sedentarie.
Nonostante la laguna ospiti molte specie animali e vegetali, poche tra esse
possono essere considerate strettamente lagunari e solo alcune hanno
interesse per la pesca e l’acquicoltura. Tra queste si possono annoverare l’alga
rossa: Gracilaria verrucosa, i policheti: N. succinea e H. diversicolor (vermi da esca), i
bivalvi: C. glaucum (cappatonda), Scrobicularia plana (caparossolo), T.
philippinarum (vongola verace filippina) e Tapes decussatus (vongola verace
nostrana), i crostacei: Carcinus aesturii (granchio-masaneta-moleca), Crangon
crangon (schila), Palaemon sp. (gamberi) e Upogebia sp. (corbole-crostacei da
esca), il pesce Zosterisessor ophiocephalus (gò). Anche Atherina boyeri (anguela) pur
non essendo specie strettamente paralica si riproduce massicciamente anche
all’interno delle lagune; mentre orate, branzini, le 5 specie di cefali, sogliole,
passere, seppie ed anguille si riproducono obbligatoriamente in mare ma
trascorrono fondamentali stadi del loro ciclo biologico nelle lagune. Le lagune
forniscono quindi non solo una produzione di tutto rispetto ma fungono da
nursery areas per quasi tutte le più importanti specie marine di interesse
commerciale e da feeding grounds anche per gli adulti di queste stesse specie. Tali
ruoli sono la conseguenza del fatto che all’inversione primaverile del ciclo
termico le acque lagunari poco profonde si riscaldano prima di quelle marine
antistanti che, divenendo ambienti favorevoli dal punto di vista climatico ed
alimentare, anticipano i cicli produttivi. Per contro, con i primi freddi
autunnali, le lagune si spopolano quasi completamente dando ospitalità a
pochissime specie alieutiche (quali gamberetti e gobidi) (Orel et al., 2000).
La Laguna di Marano e Grado, pur non essendo luogo esclusivo di
riproduzione che per poche specie, è quindi di vitale importanza come asili di
infanzia per individui giovani e forniti ristoranti per gli adulti.
37
1.3.2.1 Bacini paralici diversi da stagni e lagune
Esempi tipici di bacini paralici diversi da lagune e stagni costieri in cui la
distribuzione dei popolamenti può essere interpretata in termini di
confinamento sono rappresentati dal Mar Caspio e dal Mar Baltico (Solazzi et
al., 1991).
Il Mar Caspio è attualmente un esempio singolare di bacino di origine marina,
separato dal mare in epoche geologiche e che presenta ancora i caratteri
qualitativi e quantitativi di un tipico ambiente paralico. Esso occupa una
superficie di 436.000 km2 e un volume di 77.000 km3 e comprende tre bacini
caratterizzati ciascuno da un circuito idrologico proprio. Il bacino
settentrionale, poco profondo, riceve gli apporti del Volga e dell’Ural; il
bacino centrale presenta una profondità di oltre 700 metri ed è dotato di
un'appendice evaporitica: la baia di Kara Bogaz Gol; il bacino meridionale con
una profondità di 900 metri. Gli scambi tra i tre bacini sembrano sostenuti
prevalentemente da correnti litorali. La salinità è minima nel bacino
settentrionale, è di 12-13 g/l dalla superficie al fondo nei bacini centrale e
meridionale e di 200 g/l circa nell'appendice evaporitica orientale.
La macrofauna è composta da circa 400 specie raggruppabili in tre insiemi:
specie dulciacquicole, localizzate soprattutto nel bacino settentrionale
(Abramis, Salmo, Lucioperca, Eriocheir, Astacus); specie paraliche come Rhizosolenia
e Scheletonema per il fitoplancton, Ruppia spiralis e Zoostera noltii per il fitobentos,
C. glaucum e N. succinea per lo zoobenthos e Atherina, Pomatoschistus e Gobius per
quanto riguarda la componente ittica; specie endemiche che costituiscono il
60% della fauna e che sembrano derivare da specie paraliche. A prescindere
dalle specie endemiche, le specie nominate e il fatto che il Caspio è privo di
Echinodermi e di altri gruppi spiccatamente marini permettono di attribuire il
bacino nel suo insieme a condizioni di confinamento pertinenti alle zone da
38
III a VI con un polo dulciacquicolo presso lo sbocco del Volga ed uno
evaporitico nella baia di Kara Bogaz Gol e nell’appendice nord-orientale.
La distribuzione di specie come il Mollusco Bivalve C. glaucum ed il Polichete
N. succinea, localizzate soprattutto nel bacino settentrionale e caratteristiche
delle zone IV e V, permette poi di tracciare un gradiente di confinamento
crescente dal bacino Sud e dal bacino centrale attribuibili, come si è detto, alla
zona III, fino alle zone V e VI del bacino settentrionale e al polo del Volga e
dell’Ural. Il bacino presenta anche un confinamento verticale che al fondo del
bacino centrale e soprattutto meridionale raggiunge il suo massimo con
situazioni di anossia e zone azoiche (Zenkevitch, 1957).
Un altro esempio di ambiente paralico e di gradienti legati al confinamento è
dato dal Mar Baltico. Si tratta di un vecchio bacino glaciale che riceve
attualmente acque continentali da più di 250 fiumi (420.000 km2 di superficie e
495 m di profondità massima). Dal suo bacino centrale si diramano il Golfo
di Botnia e il Golfo di Finlandia dove la salinità è inferiore al 2‰ (8‰ nel
bacino centrale e 10‰ in corrispondenza al Belt). I principali gradienti
ecologici presentano l'andamento tipico degli ambienti paralici. Il numero di
individui per m2 aumenta da 2.000 nel bacino di Arkona a Sud fino a 3.000
nel Golfo di Botnia a Nord, dove può arrivare anche a 5.000. Le zone
profonde del bacino centrale sono sprovviste di macrofauna bentonica,
conseguenza questa di frequenti anossie e presenza di acido solfidrico.
Situazioni analoghe si verificano anche più a Sud, nel bacino di Bornholm,
dove la ricostituzione dei popolamenti dipende dalla frequenza di apporti di
acque dal Mare del Nord attraverso gli stretti (Orel et al., 1993). La biomassa
diminuisce dal bacino di rkona, dove raggiunge i valori massimi (200 g/m2),
al Golfo di Botnia (10-20 g/m2). La dotazione faunistica diminuisce
ugualmente da Sud a Nord, dove nel Golfo di Botnia arriva a comprendere
talvolta una sola specie, Pontoporeia affinis, crostaceo detritivoro.
39
L'assenza di Echinodermi al passaggio del Kattegat e l'elevata biomassa del
bacino d'Arkona permettono di attribuire il primo alla zona II ed il secondo
alla zona III, mentre la presenza dell'unica specie detritivora nel Golfo di
Botnia induce ragionevolmente ad attribuirlo, assieme al Golfo di Finlandia,
alle zone IV e V.
Passando a latitudini inferiori, prendendo in considerazione il Mare Adriatico
e più in particolare l’Alto Adriatico, sembra che l'andamento di alcuni
parametri biologici possa essere legato ad un confinamento crescente da Sud
verso Nord e agente in maniera molto più attenuata sulla costa orientale. La
ricchezza specifica diminuisce infatti per ogni componente dell'ecosistema
man mano che ci si avvicina al Golfo di Trieste dove diviene minima; il
numero di individui aumenta notevolmente tanto che alcune facies di molluschi
eduli presentano densità notevolmente maggiori rispetto ad altre zone del
Mediterraneo. Analogamente la biomassa bentonica raggiunge i suoi valori
massimi lungo l'asse centrale del Golfo di Trieste. Nelle praterie costiere di
Cymodocea nodosa, spesso accompagnata da Zostera marina e Zostera noltii, sono
comunissime specie come Paphia aurea, Tapes decussatus, Loripes lacteus, Gastrana
fragilis, C. glaucum. Oltre a ciò C. glaucum e A. segmentum si fanno più frequenti
in insenature come la Baia di Panzano e quella di Muggia le cui parti più
interne ospitano ampi prati di Zostera noltii; si fanno cioè più frequenti specie
pertinenti alle zone III e IV degli ambienti paralici, mentre si fanno più rari gli
Echinodermi. Queste condizioni parrebbero far pensare che l'Alto Adriatico,
dal Golfo di Trieste al Conero, fatta eccezione per la costa occidentale
dell'Istria, possa essere nel complesso attribuito alle zone I e II (Solazzi et al.,
1991).
40
1.3.2.2 Gli ambienti paralici e il ciclo dello zolfo
Le lagune, gli stagni costieri ed altri ambienti paralici rappresentano delle
trappole di sedimenti fini e di sostanza organica che molto spesso costituisce
degli eccessi che non riescono ad essere incanalati attraverso le reti di
trasformazione aerobia e vengono utilizzati perciò quali fonti di potere
riduttore, di carbonio e di energia dai batteri anaerobi, che riducono i solfati
dei sedimenti ad idrogeno solforato. I sedimenti a carico dei quali avvengono
questi processi hanno un colore nero (solfuri dei metalli pesanti), puzzano di
uova marce, che è l'odore tipico dell'idrogeno solforato, presentano potenziali
di ossidoriduzione molto bassi e sono ovviamente caratterizzati da una
diminuzione della concentrazione di solfati, parallelamente ad un aumento
stechiometrico di quella dei carbonati, precipitati in seguito allo spostamento
dell'idrogeno solforato dai solfuri ad opera dell'acido carbonico.
In effetti, piccole quantità di H2S si formano anche dalla putrefazione di
proteine ricche di amminoacidi solforati, quali cistina, cisteina, metionina,
ecc..., ma la maggior parte dell'idrogeno solforato che si forma in questi
ambienti proviene dai processi sopraccennati. I batteri responsabili di queste
attività sono soprattutto Desulfovibrio desulfuricans e Clostridium nigrificans,
secondo la reazione:
8H + H2SO4 H2S + 4 H2O
Questi batteri non sono capaci di utilizzare i normali substrati organici come
glucidi o proteine, ma hanno bisogno di composti quali piruvato, lattato, acidi
in C4 come acido fumarico, malico, ossalacetico, oppure ancora colina,
glicerolo, etanolo, ecc., la cui ossidazione si ferma sempre ad acetato:
piruvato + H2O CO2 + acetato + 2H
lattato + H2O CO2 + acetato + 2H
41
Esigenze nutritive così particolari in ambienti che non sembrano ricchi di
queste sostanze pongono qualche problema riguardo al ciclo di questi
organismi. Sono state osservate tuttavia strette associazioni tra batteri anaerobi
cellulosolitici e Desulfovibrio desulfuricans. E' possibile perciò che i batteri
solfatoriduttori si sviluppino a carico dei prodotti intermedi derivati dalla
degradazione della cellulosa di varie specie di Ulvales, la cui proliferazione
costituisce spesso uno dei tratti caratteristici degli ambienti paralici.
Quando si forma in piccola quantità, l’idrogeno solforato viene trattenuto nei
fondali, dove viene precipitato a solfuro di ferro od a solfuri di altri metalli
pesanti, dai quali deriva il colore nero dei sedimenti. Se le quantità liberate
sono più cospicue, il gas gorgoglia verso la superficie. Durante questo
passaggio si possono verificare eventi differenti a seconda delle condizioni
delle acque soprastanti. In acque ben ossigenate l’idrogeno solforato così
formato può subire un’ossidazione chimica a S0. E' questa la genesi delle
acque lattiginose spesso osservate nel Limfiord allo spirare di venti occidentali
dopo periodi di accentuata stagnazione (Jorgensen, 1980) o di quelle osservate
con una certa frequenza anche nella Laguna di Venezia, soprattutto a cavallo
delle zone di partiacque (Solazzi et al., 1991). Tale processo di ossidazione, in
presenza di ossigeno ed in assenza di luce, può esser sostenuto anche da
batteri filamentosi come Beggiatoa e Thiothrix, non fotosintetici, che formano
sul substrato una ragnatela bianca contenente zolfo, oppure, in presenza di
luce, da Cloro- e Rodobatteri fotosintetici anaerobi come Chlorobium e
Chromatium, responsabile quest'ultimo delle acque rosse osservate ad esempio
a Mljet (Cviic, 1960) ed a Faro (Genovese, 1961).
L'ossidazione avviene per gradi secondo le seguenti reazioni:
2 H2S + O2 S2 + 2 H2O + 80 kcal
S2 + 3O2+ 2H2O 2H2SO4 + 240 kcal
42
Spesso, come nel caso di recenti fenomeni di esalazione di H2S nella Laguna di
Venezia, a spiegazione di questi fatti viene invocato l'inquinamento. Sembra
utile rilevare a questo proposito che oltre il 90% dello zolfo esistente sulla
crosta terrestre sembra essersi formato in ambienti paralici e che solo il 10%
debba esser attribuito a vulcanesimo. Bisogna concludere perciò che esalazioni
di H2S o produzione di acque lattiginose o rosse non devono essere associate
tout court ad input eutrofizzanti, ma costituiscono il lineamento stabile, comune
a tutti gli ambienti in cui per eccesso di sostanza organica in via di
trasformazione e per deficienza di ricambio si vengono a creare delle
condizioni di anossia.
43
CAPITOLO 2
AREA DI STUDIO E MODALITA’ DI CAMPIONAMENTO
2.1 La Laguna di Marano e Grado
2.1.1 Origini e caratteristiche fisiche della Laguna di Marano e
Grado
Durante l’ultima glaciazione wurmiana, che risale a circa 20.000 anni fa, il
Golfo di Trieste era un’ampia piana alluvionale, con una vegetazione di tipo
steppico, caratterizzata da un intenso alluvionamento dovuto ai fiumi Isonzo,
Natisone e Torre ad Est e del Tagliamento ad Ovest.
Durante il Postglaciale, in concomitanza alla progressiva ingressione marina, i
vecchi alvei dei fluviali si modificarono; l’attuale costa istriana rocciosa venne
presto raggiunta dal mare in rapida ingressione, mentre la paleopianura
veneto-friulana modificò la propria linea di costa in periodi molto più lunghi a
causa della sua bassa pendenza. In questo susseguirsi di modificazioni delle
linee di costa, i tratti terminali dei fiumi che sfociavano in questa pianura
deviarono più e più volte. Gli apparati deltizi del fiume Isonzo e del fiume
Tagliamento, col divagare delle loro foci in senso tangenziale alla costa,
contribuirono in maniera fondamentale alla nascita delle lagune.
Si pensa che il bacino di Marano abbia avuto origine circa 5.000 anni fa,
raggiungendo però una configurazione molto simile a quella attuale appena
1.600 anni fa: in seguito alle divagazioni del Tagliamento ad Ovest e
dell’Isonzo ad Est si è venuto a creare un certo squilibrio tra progradazione
44
costiera da un lato, subsidenza ed eustatismo dall’altro, fatti che hanno
portato la laguna alle attuali condizioni.
Circa 4.500 anni orsono quando, nella zona di Marano gli ambienti deltizi e
lagunari erano già formati, l’area lagunare gradese era ancora una piana
alluvionale solcata dai fiumi Torre, Natisone ed Isonzo, assumendo una
forma simile a quella attuale solo circa 1.100 anni fa.
In seguito ad una migrazione verso Est dell’Isonzo ed il conseguente
trascinamento sempre in questa direzione degli altri fiumi, l’area ad occidente
di Grado cominciò ad assumere la configurazione tipica di una laguna. Ma
solo recentemente, in seguito ad una ulteriore divagazione verso Est
dell’Isonzo, avvenuta tra il IX ed il XVIII sec., il territorio si trasformò
completamente in laguna.
La recente formazione del bacino di Grado è inoltre confermata dalle
numerose costruzioni di epoca romana e paleocristiana ricoperte di sedimenti
lagunari situate a circa 100 m al largo della città vecchia di Grado, nonché da
alcuni resti di strade, tra cui quella di Barbana e da numerosi reperti rinvenuti
in mare (Chiesa di S. Gottardo su fondali di 5 metri) (Brambati, 1985; Caressa
et al., 1995).
Numerosi studiosi confermano l’ipotesi che la formazione delle suddette
lagune sia proprio da attribuirsi alla prevalenza degli apporti terrigeni sulla
trasgressione non costante e progressiva del mare, in concomitanza all’azione
delle correnti tipiche del bacino nord adriatico e del loro scorrere sotto costa
con movimento antiorario.
Molto probabilmente tutto l’arco litorale da Ravenna a Monfalcone doveva
essere caratterizzato da una grande laguna, di cui oggi restano solo dei relitti
risparmiati dai grandi processi d’interrimento del Po, Adige-Brenta, Piave,
Tagliamento e Isonzo, che hanno visto protendere rapidamente in mare le
loro gettate deltizie soprattutto dopo il 1.000 d.C. (Brambati, 1985).
45
Analizzando l’evoluzione delle lagune, con l’ausilio di carte topografiche del
XVI sec. fino ad oggi, si è potuto constatare che, nonostante le bonifiche
effettuate, la linea di costa non è variata di molto. Le modificazioni lagunari
dopo il 1.800 sono da attribuirsi all’intervento dell’uomo che ha prevalso
sull’evoluzione naturale; recentemente sono stati innalzati degli argini di con
terminazione lungo tutto il margine lagunare interno, si sono costruite delle
dighe e dei moli a difesa delle principali vie di navigazione, si sono bonificati
antichi territori, ecc. Da un secolo circa le modificazioni di maggiore rilievo
negli ambiti lagunari sono dovute ad azioni antropiche, non sempre
correttamente mirate, come quelle effettuate attorno alla bocca di Porto Buso
che hanno portato allo sbarramento di tutte le bocche tra Porto Buso e
Grado.
Attualmente la Laguna di Marano e Grado (Fig. 2.1), la più settentrionale
delle lagune del Mar Adriatico, si estende per circa 16.000 ettari (32 Km di
lunghezza e mediamente 5 Km di larghezza) ai limiti della pianura friulana fra
i fiumi Tagliamento ad Ovest ed Isonzo ad Est ed è compresa entro le
seguenti coordinate geografiche:
Latitudine 45°40’33’’ e 45°45’39’’ N
Longitudine 013°05’08’’ e 013°25’08’’ E
46
Fig. 2.1 La Laguna di Marano e Grado.
Pur formando un’unica laguna, essa è amministrativamente suddivisa in due
aree distinte: la Laguna di Marano Lagunare (UD) ad occidente e la Laguna di
Grado (GO) ad oriente. La linea di demarcazione tra le due lagune, viene
posta lungo il confine amministrativo fra le Province di Udine e Gorizia che
scorre dalla foce del fiume Aussa-Corno alla bocca di Porto Buso.
Dal punto di vista del profilo morfologico, l’ambiente lagunare può essere
diviso in 3 zone:
aree sopra il livello medio delle alte maree (cordoni litorali, coste e
barene);
aree tra i livelli medi delle basse ed alte maree (piane di marea o velme);
aree sotto il livello medio delle basse maree: canali principali, bocche
lagunari (Porto Buso, Porto Sant’Andrea, Porto Lignano) e paludi.
La sedimentazione lagunare è condizionata dalla dinamica dei sedimenti
marini lungo il litorale: le sabbie presenti principalmente nei canali in
prossimità delle bocche di porto provengono dai lidi circostanti; le peliti
0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento
IsonzoStella
Corno
Aussa
Canali lagunari
Terre emerse, isole
Valli da pesca
Primero
Grado
P. BusoS. Andrea
Lignano
0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento
IsonzoStella
Corno
Aussa
Canali lagunari
Terre emerse, isole
Valli da pesca
0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento
IsonzoStella
Cor
0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento
IsonzoStella
Corno
Aussa
Canali lagunari
Terre emerse, isole
Valli da pesca
Primero
Grado
P. BusoS. Andrea
Lignano
47
(materiali più fini) che costituiscono il fondale delle parti più interne,
provengono per circa un quarto dai fiumi tributari della laguna; per la quota
rimanente occorre far riferimento al trasporto in laguna, ad opera della marea
ascendente, del particolato in sospensione che arriva al mare dal fiume
Tagliamento.
La Laguna di Marano e Grado si affaccia ed è in stretta relazione con il Golfo
di Trieste (Adriatico Settentrionale), è idrograficamente suddivisa in 5 bacini
distinti, ciascuno dei quali è idraulicamente correlato con i bacini contigui.
Le acque marine entrano in laguna dalle bocche di porto durante il flusso di
marea (fase crescente) e si espandono entro lo specchio lagunare. Le acque
provenienti da due bocche contigue si incontrano lungo la linea che
rappresenta lo “spartiacque” fra i due bacini limitrofi. Tali linee divisorie di
“spartiacque” non devono essere considerate rigorosamente definite poiché
esse oscillano entro una fascia più o meno estesa al variare dell’ampiezza della
marea, delle condizioni meteorologiche ed in particolare dai venti che,
spirando da quadranti diversi, spingono le masse d’acqua verso un bacino
piuttosto che nell’altro.
La circolazione delle acque all’interno della laguna avviene grazie alle
escursioni di marea (Fig. 2.2) che in Alto Adriatico assumono ampie
variazioni rispetto al Mediterraneo in cui esse sono trascurabili e risultano
essere vitali per il rinnovo ed il mantenimento delle lagune stesse. La
distribuzione delle masse, durante la fase di flusso, avviene dalle bocche
lagunari attraverso i canali principali e le loro ramificazioni secondarie via via
fino alle velme ed alle aree più confinate dell’entroterra lagunare.
48
Fig. 2.2 Circolazione della marea in entrata (frecce blu) e in uscita (frecce rosse) all’interno della Laguna di Marano e Grado.
Proprio in uno studio sull’escursione di marea, fattore determinante per
l’ambiente lagunare, Dorigo (1965) consultando i dati forniti dal Magistrato
alle Acque di Venezia, concluse che lungo il litorale di Grado l’ampiezza
media di marea è di circa 65 cm e nei periodi di sigizia l’escursione può
raggiungere i 105 cm.
I canali principali hanno una direzione prevalentemente normale a quella delle
isole perilagunari litoranee. Essi generalmente aumentano in larghezza e
profondità a mano a mano che si procede dalla parte più interna della laguna
verso le bocche lagunari. Alcuni canali principali attraversano la laguna
congiungendo la bocca di porto con la foce di un fiume, altri tendono a
ramificarsi fino ad esaurirsi nelle piane di marea. Da rilevare inoltre che la
49
Laguna di Marano e Grado è attraversata in senso più o meno longitudinale
da un importante canale artificiale “la litoranea veneta”, importante nel
traffico marino in quanto congiungeva il Delta Padano al Friuli tramite una
via marina interna sicura e percorribile anche in condizioni meteo-marine
sfavorevoli.
2.1.2 I popolamenti bentonici della Laguna di Marano e
Grado sulla base di precedenti studi
Uno dei contributi più importanti per lo studio dei popolamenti bentonici
delle lagune dell’Alto Adriatico è stato Aristocle Vatova.
Dal 1930 al 1965 circa, l’autore ha fornito un considerevole numero di lavori
soprattutto per quanto riguarda l’idrologia, la flora e la fauna bentonica,
nonché la fauna delle valli da pesca della Laguna di Venezia.
Lo stesso autore ha anche apportato notevoli contributi alla conoscenza della
fauna bentonica della Laguna oggetto di studio (1964; 1965).
Questi studi sono forse gli unici che prendono in considerazione la fauna
bentonica di queste lagune nel loro complesso dopo il lavoro di Busulini che
risale al 1955 ed è rivolto al solo bacino di Marano.
Anche se svolto con intendimenti sedimentologici, è però opportuno citare
anche il lavoro di Brambati e Stolfa Zucchi (1971) sulle relazioni tra sedimenti
e molluschi.
Sulla base dei dati raccolti, Vatova si sofferma su alcune peculiarità che
differenziano i due bacini e che vengono attribuite soprattutto al loro
differente regime alino. A questo proposito, il bacino di Grado, caratterizzato
da minori apporti di acqua dolce, registra una salinità superiore (26‰) rispetto
a quello di Marano (21‰): secondo Vatova (cit.) i notevoli apporti di acqua
dolce nella Laguna di Marano inibiscono infatti l’insediamento di una tipica
50
fauna bentonica lagunare più ricca sia sotto l’aspetto qualitativo sia sotto
quello quantitativo.
Per questi motivi, il bacino di Grado ospita anche la zoocenosi Chione gallina
(Ch. g.) definita prelagunare (Vatova, 1949), e presenta una biomassa
bentonica notevolmente superiore a quella del bacino di Marano.
Tuttavia, se da un lato la ricchezza delle acque in sostanze organiche favorisce
lo sviluppo di alcune specie, dall’altro, la bassa salinità e le brusche e rapide
variazioni termiche sono fattori ambientali sfavorevoli per moltissime altre.
Grande importanza riveste inoltre la natura dei fondali: nel caso questi siano
melmosi e particolarmente putridi, impediscono lo sviluppo di molte specie
permettendo solo a poche altre di prosperare.
Per queste ragioni la fauna lagunare del bacino di Marano secondo Vatova
(cit.) risulta piuttosto povera in specie rispetto a quello di Grado che presenta
un quadro faunistico molto più ricco, tuttavia è molto ricca in individui
specialmente in Pelecipodi quali ad esempio Cardium lamarcki (Reeve) che è
una specie assai resistente a variazioni di salinità.
Negli anni precedenti il lavoro di Vatova, Giordani Soika (1974) dopo aver
concluso un lavoro sulla fauna bentonica della Laguna di Venezia, aveva fatto
rilevare l’interesse che ricerche simili, effettuate in altre lagune, potevano
presentare allo scopo di stabilire se i fatti da lui riscontrati erano propri della
Laguna di Venezia oppure erano comuni a tutti gli ambienti lagunari.
Per questo, nel 1955, Busulini ha organizzato una ricerca sul popolamento
bentonico lagunare e la sua scelta è caduta sul bacino di Marano in quanto
questa conservava molte delle sue caratteristiche naturali pur essendo stata
oggetto di opere di miglioramento dei suoi canali e del suo porto.
Il bacino considerato si presentava quindi adatto per un confronto con la
Laguna di Venezia che era stata profondamente modificata dall’uomo.
Il lavoro di Busulini, oltre ad individuare le eventuali differenze tra la
situazione del bacino di Marano e della Laguna di Venezia, fornisce
51
interessanti informazioni sulla distribuzione di alcune specie quali ad esempio
Loripes lacteus (L.), particolarmente abbondante su fondali sabbioso – fangosi,
Scrobicularia plana (L.) ed Hediste diversicolor (Mull.) la cui distribuzione è
determinata dal basso tenore di salinità dell’acqua.
Dopo tali studi, le uniche ricerche relative ai popolamenti bentonici vennero
effettuate dal Battaglia il quale, nel 1972 denunciò una forte deformazione
delle biocenosi riguardanti il tratto terminale dell’Aussa-Corno, interessato in
quegli anni da scarichi industriali.
2.2 Modalità di campionamento
Le comunità macrobentoniche che vivono sui substrati mobili risultano
particolarmente adatte a valutare la qualità dell’ambiente in quanto
permettono di rendere evidenti le modificazioni ambientali, sia di origine
naturale che antropica, che in esso si verificano in relazione alle variazioni dei
suddetti fattori (Pearson & Rosenberg, 1978; Gray, 1981; Gray et al., 1990;
Warwick & Clarke, 1991).
La struttura delle comunità macrobentoniche è infatti strettamente dipendente
da una serie di fattori biotici ed abiotici caratterizzati da una notevole
variabilità sia spaziale che temporale, quali ad esempio l’idrodinamismo, la
granulometria dei sedimenti, la concentrazione di sostanza organica ed inoltre
le caratteristiche biologiche delle specie (Castelli et al., 2003).
2.2.1 Campionamento della fauna bentonica
La ricerca si basa sulla raccolta ed analisi di campioni di benthos su 53 stazioni
situate in prevalenza sulle piane di marea all’interno della Laguna di Marano e
Grado nei mesi da maggio a luglio degli anni 1993, 1994 e 1995.
52
Il reticolo è costituito da 53 stazioni; le stazioni a Ovest del canale di Porto
Buso sono precedute dalla lettera M, mentre quelle a Est sono precedute dalla
lettera G (Fig. 2.3).
Un aspetto particolare del problema della dimensione dell’unità di
campionamento riguarda la relazione tra il numero di specie ed area
campionata. La minima area in grado di contenere un numero rappresentativo
di specie di un popolamento può essere valutata attraverso l’esame delle curve
area-specie, curve che definiscono il numero di specie in funzione della
superficie campionata. La dimensione dell’unità di campionamento oltre la
quale ulteriori incrementi di superficie non portano incrementi significativi nel
numero di specie viene indicata come l’area minima per il popolamento in
esame.
Il problema dell’area minima è di natura principalmente pratica e riguarda
l’analisi costi-benefici tra quantità di informazione ottenuta e sforzo di
campionamento (Bianchi et al., 2003).
53
54
Diverse esperienze su campionamenti animali (Weinberg, 1978) hanno condotto a
risultati molto diversi in termini di area minima, si tratta comunque di una
soluzione di compromesso: non esiste una taglia dell’unità di campionamento che
possa essere raccomandata universalmente. La taglia dell’unità dipende dalla natura
e dagli obiettivi del programma di campionamento ed in particolare dall’entità degli
effetti che si ritiene importante rilevare, dalla variabilità intrinseca delle popolazioni
studiate e dalle risorse a disposizione (Bianchi et al., 2003).
Al fine di ottenere una superficie minima rappresentativa, ogni stazione di ogni
anno è stata saggiata effettuando 4 repliche mediante una benna Van Venn
(formata da due valve incernierate che, dopo aver toccato il fondo, si chiudono per
effetto del loro stesso peso) con superficie di presa da 420 cm2 (5 litri circa di
volume).
Prima dell’inizio dei campionamenti, nel 1993 sono state effettuate 10 bennate per
ciascuna delle stazioni M11, M13 e M17, per l’individuazione dell’area minima
rappresentativa e da tale analisi è risultato sufficiente un campione di 4 bennate per
raggiungere almeno l’80% circa di informazione (nella stazione M11 4 bennate
hanno dato il 91.7% di informazione, nella M13 l’85.71% e nella M17 il 100%).
I campionamenti sono stati effettuati operando a bordo di un’imbarcazione di tipo
“trimarano” appositamente attrezzata dove ogni bennata è stata lavata su setacci
con vaglio di maglia da 1 mm (Fig. 2.4), avendo cura di non danneggiare gli
organismi vivi presenti.
Fig. 2.4 Particolare del materiale trattenuto dopo il setacciamento.
55
Nel 1993 e 1994 una bennata per stazione è stata setacciata su maglie da 400
micron, allo scopo di raccogliere anche le larve dei Chironomidi, eccellenti
indicatori del grado di confinamento (Ceretti et al., 1985). Tale pratica è stata
trascurata nel 1995 in quanto si è visto che, quando la densità larvale era cospicua
tale informazione poteva essere utilmente acquisita anche col setaccio da 1 mm.
Il materiale biologico e quello detritico rimanente dopo il lavaggio (Fig. 2.5) è stato
conservato in appositi contenitori plastici siglati, contenenti una soluzione
tamponata di acqua di mare e formaldeide al 5% e trasportato in laboratorio per le
successive operazioni di sorting e determinazione.
Fig. 2.5 Fissazione del materiale trattenuto dopo il setacciamento.
Il sorting o smistamento è una procedura che consiste nella separazione degli
organismi vivi al momento del campionamento dal materiale detritico organogeno
(soprattutto gusci di gasteropodi e bivalvi e talvolta da residui vegetali) e/o
inorganico rimanente.
Gli organismi così individuati sono stati suddivisi in base alla loro appartenenza ai
diversi phylum (ad es. Anellida, Arthropoda, Mollusca, Echinodermata) e
conservati in una soluzione di alcool (etanolo) al 70%, mentre il volume del
rimanente detrito è stato misurato per spostamento d’acqua in caraffe graduate con
la precisione di 10 ml.
56
La determinazione degli organismi è stata condotta cercando di giungere al più
basso livello possibile, quello della specie, mediante l’utilizzo di diversi testi di
determinazione specialistici (Cesari, 1994; Doneddu & Trainito, 2005; Cossignani et
al.,1992; Falciai & Minervini, 1992; Riedl, 1991; Thompson, 1988; Cottiglia, 1983;
Bianchi, 1981; Relini, 1980; D'Angelo & Gargiullo, 1979; Parenzan, 1970; Parenzan,
1974a; Parenzan, 1974b; Naylor, 1972; Gosner, 1971; Zariquiey Alvarez, 1968;
Tebble, 1966; Tortonese, 1965; Fauvel, 1927a; Fauvel, 1927b;).
Sui campioni del 1995 è stata inoltre misurata la biomassa, espressa in peso secco
decalcificato, dei Bivalvi Cerastoderma glaucum, Abra segmentum, Tapes philippinarum,
Tapes decussatus e Paphia aurea, i quali da soli costituiscono la quasi totalità della
biomassa della macrofauna bentonica (Guelorget & Perthuisot, 1992).
Siccome si è visto che i Policheti appartenenti alla specie Hediste diversicolor erano
molto numerosi in molte stazioni, si è ritenuto perciò opportuno utilizzare anche
questi nel calcolo della biomassa totale di ciascuna stazione.
La biomassa dei Bivalvi sopra menzionati è stata misurata nel modo seguente:
stazione per stazione e specie per specie, il relativo campione è stato lavato in
acqua, quindi ciascun individuo è stato asciugato su carta per un tempo standard,
siglato e registrato; l’animale è stato poi misurato (lunghezza, altezza e spessore) e
pesato (peso umido in toto con bilancia di precisione modello Sartorius type 1404);
quindi si è provveduto all’asportazione della conchiglia e alla pesatura sia della
conchiglia che delle parti molli dell’animale.
Le parti molli sono state poste in crogioli e questi sono stati immessi in una stufa a
105° C per almeno 24 ore, fino a peso costante.
Il peso di ciascun individuo è stato ottenuto per differenza tra i pesi del crogiolo
pieno e vuoto.
Per quanto concerne A. segmentum, dato l’elevato numero di individui (1101
individui totali), in una prima tornata è stata misurata la sola lunghezza di ciascun
animale di ogni stazione; successivamente su un campione prelevato casualmente
57
dall’intera popolazione, sono state eseguite le operazioni sopra elencate per la
determinazione del peso secco di ciascun individuo del campione.
Lo stesso procedimento utilizzato per A. segmentum è stato ripetuto anche su C.
glaucum.
Per il polichete H. diversicolor è stato misurato il peso secco globale per stazione.
2.2.2 Parametri ambientali e campionamento sedimentologico
Contestualmente alla raccolta dei campioni di benthos, sulle 53 stazioni per ogni
anno di campionamento sono stati misurati alcuni parametri fondamentali
(strumenti raffigurati in Fig. 2.6) quali:
- temperatura dell’aria, dell’acqua e dei sedimenti;
effettuata tramite un termometro abbinato al pH-metro portatile Hanna
Instruments HI 8424 Microcomput.
- potenziale di ossido-riduzione (potenziale redox o Eh) dei sedimenti in superficie (velo)
ed a una profondità di circa 4 cm al loro interno.
La misura dell’Eh è stata effettuata tramite Eh-metro portatile Knick
Portamess 911 provvisto di elettrodo al platino (precisione 1 mV). La misura
è stata effettuata a display fisso o comunque dopo circa 5 minuti per
permettere all’elettrodo di stabilizzarsi quanto possibile sul campione.
La conoscenza delle condizioni di ossidoriduzione dei sedimenti è importante
per una valutazione del prevalere o meno di reazioni ossidative o riduttive.
Le condizioni anossiche del sedimento fanno infatti sì che i solfati metallici
vengano ridotti a solfuri ancora più insolubili dei solfati stessi (e quindi non
biodisponibili) ad opera dei batteri solfatoriduttori, che sono attivi in
mancanza di ossigeno.
58
- pH dei sedimenti in superficie (velo) ed a una profondità di circa 4 cm;
effettuata tramite pH-metro portatile Hanna Instruments HI 8424
Microcomput (precisione 0.01 unità di pH).
- Salinità;
con un densimetro ad immersione è stata misurata la densità dell’acqua;
tenendo conto della temperatura, tale dato è stato poi trasformato in salinità
usando opportune tabelle di conversione.
Fig. 2.6 Strumenti utilizzati nella raccolta del sedimento e per la registrazione dei vari parametri abiotici
Le relazioni tra gli organismi bentonici e il substrato sono state riconosciute da
tempo (Meksumpun & Meksumpun, 1999). Infatti gli invertebrati bentonici
possono influenzare le caratteristiche fisiche (bioturbation) e chimiche del
sedimento. Inoltre la colonizzazione o l’esclusione di certe specie in una data area è
fortemente condizionata dalle caratteristiche del sedimento.
Al fine di descrivere le principali caratteristiche del sedimento nelle 53 stazioni di
campionamento, nel 1995 è stato raccolto un campione di sedimento
subcampionandolo direttamente all’interno delle bennate; su tale campione (presso
59
il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università degli
Studi di Trieste) sono state eseguite le analisi granulometriche effettuate mediante
separazione a umido del sedimento su setaccio da 63 micron.
60
CAPITOLO 3
ANALISI ECOLOGICO - QUANTITATIVE
3.1 Metodologie d’indagine
I dati biotici relativi all’abbondanza della componente macrozobentonica e
quelli abiotici riguardanti le caratteristiche chimico-fisiche delle acque e del
sedimento sono stati analizzati mediante tecniche univariate e multivariate.
3.1.1 Analisi univariate
Molte ricerche sono state condotte con l’intento di proporre metodi utili a
descrivere sinteticamente la struttura intrinseca delle comunità nel modo più
oggettivo possibile; ciò ha comportato lo sviluppo di diversi indici univariati
adatti a ridurre e condensare le complesse relazioni multivariate in un singolo
numero (Burd et al., 1990).
Nonostante la semplificazione che questi indici univariati comportano, con
una conseguente perdita delle capacità descrittiva, essi mantengono comunque
una indubbia utilità sia per la loro relativa semplicità di calcolo, sia per la loro
idoneità ad essere utilizzati in confronti spaziali e temporali propri dei
programmi di monitoraggio ambientale.
61
3.1.1.1 L’abbondanza e il numero di specie
Un modo relativamente semplice di caratterizzare una comunità è quello di
contare le specie e gli individui che la compongono (Begon et al., 1989).
In molti studi riguardanti comunità bentoniche marine l’abbondanza e il
numero di specie sono i parametri che per primi, soprattutto in passato, sono
stati presi in considerazione per operare analisi preliminari di descrizione e
caratterizzazione.
In questo studio i dati derivanti dalla determinazione degli organismi
campionati in ogni anno di campionamento sono stati utilizzati per costruire
delle tabelle (matrici) specie-stazioni, dove gli oggetti di analisi (le stazioni)
sono il risultato dell’unione delle 4 bennate (repliche) effettuate in ogni
stazione e le variabili sono i taxa determinati con gli associati valori di
abbondanza.
Tipicamente in queste tabelle molte specie risultano abbondantemente
presenti in alcune stazioni e assenti in altre; ciò genera valori estremamente
variabili con conseguente perdita di valore della media e quindi delle misure da
essa derivate, come la varianza. Questa distribuzione dei valori di abbondanza
fa preferire in questi casi tecniche d’inferenza statistica non parametriche
rispetto alla parametrica ANOVA (Clarke & Warwick, 1994; Schratzberger &
Warwick, 1999).
Al fine di testare la significatività delle differenze dei valori di abbondanza
delle specie e degli individui tra i tre anni di campionamento e nell’insieme dei
3 anni nei due principali bacini (Marano e Grado) è stato utilizzato il test non
parametrico di Kruskal-Wallis (1952):
1)3(N1)N(N
12H1
2+−⋅
+= ∑
=
k
jjj Rn
62
dove K è il numero di campioni o gruppi; nj è il numero di casi nel campione
j-esimo; N rappresenta il numero di tutti i dati dei k campioni considerati; Rj
è la media dei ranghi nel j-esimo gruppo.
Questo test è l’analogo non parametrico dell’analisi della varianza (ANOVA)
ad un criterio di classificazione ed è uno dei più potenti per verificare l'ipotesi
nulla H0 (non ci sono differenze tra i gruppi), vale a dire se k gruppi di oggetti
indipendenti provengono dalla stessa popolazione e/o da popolazioni diverse.
Come molti test non parametrici si basa solo sulla graduatoria (rango) dei dati
e in questo modo non è soggetto alla condizione di normalità nella
distribuzione dei valori delle variabili necessaria nella statistica parametrica
(Diaz, 2001).
3.1.1.2 La diversità e le sue componenti
Ci sono numerose definizioni di diversità specifica (Biodiversità), ma una
buona e generale definizione comunemente utilizzata in ecologia è quella che
la descrive come “una misura dell’importanza delle diverse specie in un
ecosistema, in termini di numero e di abbondanza relativa” (Legendre &
Legendre, 1983).
La diversità specifica è quindi il risultato della reciproca influenza di due
parametri legati alle specie quali la ricchezza specifica (chiamata anche
molteplicità o varietà) e l’equitabilità (chiamata anche equipartizione o evenness).
La funzione maggiormente impiegata per la misura della diversità specifica in
ecologia (Scardi, 2001) e utilizzata anche in questo lavoro, è l’indice di
diversità H’ i Shannon:
H’ = -Σ pi log2 pi
dove pi è la frequenza della specie i-esima.
63
Questo indice, originariamente proposto da Boltzmann per il calcolo
dell’entropia in termodinamica, è stato introdotto da Shannon e Weaver
(1949) nella teoria dell’informazione e quindi ripreso da MacArthur (1957) e
da Margalef (1958) in ecologia. L’indice può variare da un valore minimo
H’min= 0 quando è presente una sola specie, a un valore massimo H’max= log2 S
(dove S è il numero delle specie presenti) quando le specie sono equamente
rappresentate in termini di individui. Dato il carattere logaritmico della
funzione, l’indice non assume mai valori molto elevati (supera raramente il
valore di 4,5 con il logaritmo in base 2). La diversità ecologica descritta
dall’indice H’ è dipendente quindi sia dalla numerosità delle specie che dalla
distribuzione delle loro abbondanze.
Al fine di descrivere la distribuzione degli individui tra le specie del campione
è stato calcolato l’indice J di equitabilità di Pielou, dato dal rapporto
J = H’/H’max
Il valore massimo di questo indice è pari a 1 quando tutte le specie del
campione tendono ad essere rappresentate dallo stesso numero di individui.
Tale indice descrive quindi in quale misura la diversità sia dovuta a un
equilibrato rapporto tra gli elementi considerati e deriva direttamente
dall’indice di Shannon. Si basa su un concetto di diversità specifica equiparata
all’incertezza nel predire a quale specie appartenga un individuo estratto a
random da un campione: quanto più grande è il numero delle specie e quanto
più equa è la ripartizione degli individui fra loro, tanto maggiore è questa
incertezza, che pertanto contribuisce a elevare la diversità.
Al fine di valutare la ricchezza specifica, altra componente della diversità, non
si è qui assunta la semplice numerosità delle specie ma il rapporto tra il
numero totale di specie (S) in una stazione e il logaritmo naturale del numero
totale di individui (N) a esse appartenenti.
64
Tale rapporto è conosciuto come l’indice di ricchezza D di Margalef:
D = S-1/ln N
Molti autori collegano la diversità di una comunità anche ai concetti di
resilienza (la velocità con cui una comunità ritorna al suo stato precedente
dopo essere stata perturbata e spostata da quello stato) e di resistenza (la
capacità della comunità di evitare anzitutto lo spostamento) (Begon et al.,
1989); la sua misura e la valutazione nel tempo risultano perciò estremamente
utili soprattutto nell’ambito di studi di biomonitoraggio ambientale.
Per testare la significatività delle differenze in termini di diversità tra l’insieme
delle stazioni campionate nei diversi anni e nei due bacini principali (bacino di
Marano e bacino di Grado) è stata utilizzata l’analisi della varianza parametrica
ANOVA. Infatti l’indice di Shannon e gli altri ad esso associati si prestano
all’utilizzo di tecniche parametriche di inferenza statistica, in quanto sono
ragionevolmente indipendenti dalle dimensioni del campione e distribuiti
normalmente dato che tutti gli N (numeri di individui delle specie) sono interi
(Odum & Barret, 2007).
3.1.2 Analisi graficodistributive
3.1.2.1 Le curve di k-dominanza
Un caso particolare di diagrammi rango-abbondanza, è costituito dalle curve
di k-dominanza. Queste consistono in rappresentazioni grafiche
bidimensionali nelle quali vengono confrontate le abbondanze relative
espresse come percentuali cumulative delle specie che costituiscono la
comunità indagata (Lambshead et al., 1983). In particolare, in ascissa su scala
logaritmica si pongono le specie in ordine decrescente rispetto al rango di
abbondanza e in ordinata la percentuale di abbondanza cumulata.
65
Tali curve (inverse rispetto alle curve di rarefazione) forniscono in linea
generale una visualizzazione della struttura della comunità, indicando quante
sono le specie dominanti e quante le poco rappresentate, ma anche indicando,
con il loro andamento (pendenza), l’eventuale omogeneità o eterogeneità delle
abbondanze delle specie. In particolare curve a maggior pendenza e che
raggiungono più rapidamente l’asintoto, rappresentano comunità dove poche
specie risultano dominanti e sono in genere a diversità più bassa e sottoposte a
possibili fenomeni di disturbo e/o inquinamento, mentre curve che
raggiungono tardivamente l’asintoto rappresentano comunità dove le
abbondanze sono più omogenee e la diversità più elevata (Clarke & Warwick,
1994).
3.1.3 Analisi multivariate
L’analisi multivariata (o analisi multidimensionale) dei dati comprende un
insieme di metodologie che permettono di sintetizzare un intero insieme di
dati, limitando la perdita d’informazione, e riuscendo così ad evidenziarne le
strutture intrinseche e le relazioni significative (Feoli & Ganis, 2005).
Queste tecniche considerano in toto un insieme di unità sulla base di un gran
numero di caratteri (qualitativi e/o quantitativi) al fine di scoprire le relazioni
esistenti tra le variabili e gli oggetti, di individuare differenze o somiglianze di
comportamento, in altre parole di evidenziarne le strutture di associazione
(Bressan, 2006). I metodi di analisi multidimensionale risultano quindi
particolarmente idonei per descrivere la complessità delle comunità naturali,
favorendo la comprensione del fenomeno studiato.
L’analisi multivariata dei dati è generalmente suddivisa nelle tecniche di
classificazione e di ordinamento, entrambe generalmente basate sulla
costruzione di matrici triangolari di similarità e/o distanza, (Sommerfield &
Clarke, 1997). La similarità tra oggetti (o variabili) è valutata a coppie di
66
elementi tramite delle funzioni o indici di similarità (o somiglianza o distanza).
Le funzioni di similarità valutano quanto due entità si assomigliano ed
assumono valori crescenti in rapporto alla somiglianza (un valore di indice
zero indica somiglianza nulla) inversamente quindi agli indici di distanza (un
valore di indice zero indica uguaglianza) (Feoli & Ganis, 2005).
3.1.3.1 Tecniche di classificazione
La classificazione gerarchica (hierarchical cluster analysis) comprende quelle
tecniche numeriche che hanno lo scopo di riunire in gruppi gli oggetti (o le
variabili) basandosi sulla loro somiglianza o correlazione in modo tale che gli
elementi di un gruppo siano il più possibile simili tra loro e il più possibile
differenziati dagli elementi degli altri gruppi. In altre parole tendono a
massimizzare l’omogeneità a livello dei gruppi e l’eterogeneità tra i gruppi.
Queste analisi possono essere definite come metodi oggettivi per raggruppare
gli oggetti (le stazioni nel nostro caso) in accordo con la similarità della
struttura di una comunità (Burd et al., 1990).
Al fine di applicare la cluster analysis ai valori delle abbondanze specifiche delle
stazioni monitorate nelle tre campagne di campionamento effettuate, i dati
sono stati dapprima opportunamente trasformati e successivamente utilizzati
per calcolare la similarità tra ogni coppia di stazioni.
La trasformazione dei dati è effettuata con l’intento di ridurre il peso delle
specie numericamente dominanti e favorire l’importanza delle specie rare
(Wilding, 2006) ed è necessaria in studi come quelli di comunità
macrobentoniche che presentano regolarmente grosse differenze nella
distribuzione delle abbondanze delle specie. Si è scelto di applicare sui dati di
abbondanza di tutti gli anni la trasformazione con radice quadrata in quanto
questa consente di ottenere un giusto equilibrio tra perdita di informazione e
mantenimento della struttura distribuzionale delle specie (Somerfield &
67
Clarke, 1997). La radice quadra (assieme alla radice quarta) risulta quindi
particolarmente adatta quale trasformazione per i valori di abbondanza in
studi sul benthos (Thorne et al., 1999).
Successivamente alla trasformazione dei dati e prima dell’applicazione
dell’algoritmo di clustering è necessario calcolare una matrice di similarità (o
distanza) fra gli oggetti. È importante sottolineare il fatto che la scelta del
coefficiente di similarità risulta in molti casi più determinante di quella
dell’algoritmo di classificazione (Scardi, 2001). Nel nostro caso infatti il
calcolo della similarità deve tener conto del fatto che tipicamente le matrici
specie-stazioni presentano molte specie contemporaneamente assenti in più
stazioni. È necessario quindi utilizzare coefficienti di similarità asimmetrici i
quali evitano di definire un elevata similarità sulla base di informazioni non
certe (come le doppie assenze) (Scardi, 2001).
Il coefficiente qui utilizzato, che ovvia a questo problema, è il coefficiente di
similarità di Bray-Curtis (Bray & Curtis, 1957):
dove Sjk indica la similarità fra l’ j-esimo e il k-esimo campione (o stazione di
campionamento), i sono le specie che formano il campione e y le loro
abbondanze nei siti j e k.
Questo coefficiente espressamente consigliato da molti autori per lo studio di
comunità bentoniche (Field et al., 1982; Burd et al., 1990; Clarke & Warwick,
1994; Clarke & Gorley, 2006) è considerato un ottima misura della similarità
in quanto ben conserva la “distanza ecologica” delle comunità indagate
(Clarke et al., 2006).
Per ottenere infine la suddivisione delle stazioni in gruppi (dendrogramma)
alla matrice triangolare di similarità ottenuta, si è applicato l’algoritmo di
∑ = +
∑ = −−= p
i ikyijy
pi ikyijy
jkS1
11100
68
classificazione gerarchica del legame completo (furthest-neighbour). Questo
algoritmo a differenza di altri, crea gruppi omogenei a cui appartiene un
numero non troppo variabile di oggetti, è quindi ideale per individuare le
discontinuità più rilevanti all’interno di un insieme di dati (Scardi, 2001).
3.1.3.2 Tecniche di ordinamento
Le numerose tecniche di ordinamento esistenti hanno lo scopo primario di
rappresentare la struttura dei dati in uno spazio dalle dimensioni ridotte.
Infatti solo in uno spazio a due o tre dimensioni è facilmente osservabile la
reciproca posizione degli oggetti (o delle variabili) nello spazio. Se gli assi sono
più di tre, lo spazio multidimensionale si complica divenendo di difficile
lettura. Le diverse forme di ordinamento permettono quindi di riassumere le
variabili in nuove variabili, dette fattori o componenti, che possono essere
assunte come nuovi assi di ordinamento. Esse, essendo combinazioni (lineari
o non lineari) delle variabili originarie, rappresentano una buona sintesi delle
stesse (Feoli & Ganis, 2005).
Questi metodi estraggono gli assi in ordine decrescente di varianza totale
spiegata. Il primo asse sintetizza le variabili più correlate tra loro e spiega una
certa quota di varianza, che è superiore a quella spiegata dal secondo asse, la
quale a sua volta è superiore a quella spiegata dal terzo e così via. Gli assi
vengono estratti in maniera tale da essere tra loro indipendenti assicurando
così l’ortogonalità reciproca. Ciascun asse successivo al primo è quindi
combinazione di un altro gruppo di variabili originali correlate tra loro e non
correlate con le variabili sintetizzate dagli altri assi. La rappresentazione
dell’ordinamento in un diagramma cartesiano a due o tre assi ottenuti
mediante queste tecniche mette in luce la struttura dei dati in uno spazio di
ridotte dimensioni dove non sono sostanzialmente alterati i rapporti di
69
posizione reciproca dei punti rispetto a quelli dello spazio multidimensionale
originario (Feoli & Ganis 2005).
In questo lavoro sono state utilizzate due tecniche di ordinamento: l’Analisi
delle Componenti Principali (PCA) e il non-metric Multi Dimensional Scaling
(nMDS o MDS).
La PCA rappresenta, tra i metodi di ordinamento lineare, quello
maggiormente utilizzato in ecologia e consente di rappresentare un insieme di
dati in maniera efficace in un numero ridotto di dimensioni (le componenti
principali), operando esclusivamente una rotazione rigida degli assi dello
spazio multidimensionale in modo tale da orientarli in maniera coerente con i
pattern di dispersione dei dati stessi (Scardi, 2001). Il punto di partenza di
questa tecnica è perciò la matrice dei dati originali piuttosto che una matrice di
similarità o distanza e per una corretta applicazione è necessario che questi
siano di tipo qualitativo, legati da relazioni lineari e che la matrice non
contenga un numero eccessivo di zeri. Date queste assunzioni, la PCA risulta
più efficace nell’analisi multivariata di parametri ambientali piuttosto che dei
valori di abbondanza (o biomassa) delle specie (Clarke & Warwick, 1994).
In generale, la quantità di varianza spiegata dalle prime componenti principali
(gli assi del grafico) è utilizzata quale misura della qualità della
rappresentazione. Se le prime due componenti raggiungono almeno il 50%
della varianza totale la rappresentazione si considera accettabile (Burd et al.,
1990; Pohle & Thomas, 1997).
La tecnica PCA è stata applicata ai dati abiotici relativi a temperatura,
profondità, salinità in superficie, salinità sul fondo, pH dell’acqua, Eh dei
sedimenti e volume di trattenuto residuo di tutti e tre gli anni di
campionamento.
La PCA è stata inoltre applicata ai dati di affinità bionomica percentuale su
tutti gli anni complessivamente.
70
I valori relativi a queste variabili sono stati, previa normalizzazione, utilizzati
anche per costruire una matrice triangolare di distanza, utilizzando come
coefficiente la distanza euclidea, la quale risulta particolarmente adatta ad
analisi di parametri ambientali.
Per operare un confronto tra differenti matrici ottenute sui medesimi oggetti e
valutarne la significatività è stata applicata la procedura RELATE (Clarke &
Warwick, 1994; Clarke & Gorley, 2006), che valuta il grado di correlazione tra
i ranghi delle distanze e/o similarità tra gli stessi oggetti di due diverse matrici,
utilizzando il coefficiente di correlazione lineare non parametrico di
Spearman, il valore di rho così ottenuto viene confrontato con uno ottenuto
da una serie di permutazioni casuali dei valori delle due matrici ottenendo così
l’associato valore di significatività (Clarke & Gorley, 2006).
L’altra tecnica di ordinamento utilizzata il Multi Dimensional Scaling non
parametrico (nMDS) fu sviluppato da Shepard (1962) e da Kruskal (1964) e
successivamente perfezionato da Kruskal e Wish (1978) anche se non per
scopi ecologici. In ecologia l’nMDS è stato introdotto in tempi relativamente
recenti (Clarke, 1988) e si presenta come tecnica con diversi vantaggi teorici
(Warwick et al., 1988).
Come per la cluster analysis (a differenza della PCA) anche per l’nMDS il punto
di partenza è una matrice triangolare di similarità (o distanza) ma diversamente
ad altre tecniche di ordinamento non è basato su una procedura che preveda
l’estrazione di autovalori e autovettori dalla matrice dei dati. Al contrario,
questo metodo è basato su un algoritmo iterativo che prevede un
aggiustamento progressivo dei punti nello spazio più o meno complesso in cui
si desidera ottenere l’ordinamento. Ciò avviene (come per l’Analisi delle
Coordinate Principali PCoA) minimizzando lo scarto tra la struttura delle
distanze nello spazio originale e quella ottenuta nello spazio ridotto
dell’ordinamento sulla base però dei ranghi delle similarità reciproche tra gli
oggetti (Scardi, 2001). Questo scarto, detto anche stress è utilizzato quale
71
misura della bontà della rappresentazione e si ottiene dalla seguente formula
(Kruskal, 1964):
Stress = ∑j ∑k (djk - d^jk)2 / ∑j ∑k djk2
dove d^jk è la distanza predetta rispetto alla linea di regressione corrispondente
alla dissimilarità δjk. Se djk = d^jk per tutte le n(n-1)/2 distanze, lo stress è zero.
In particolare Clarke e Warwick (1994) indicano uno stress di 0.2 come il limite
per ottenere una rappresentazione sufficientemente rappresentativa, mentre
indicano valori di stress inferiori a 0.1 quali ottime rappresentazioni della
struttura degli oggetti nello spazio considerato. In particolare, un altro
vantaggio dell’ordinamento nMDS è che questo può essere messo
direttamente in relazione con una cluster analysis ottenuta sulla stessa matrice
dei dati, sovrimponendo al grafico dell’ordinamento i gruppi derivanti dalla
classificazione ad un livello di similarità arbitrariamente scelto. Ciò permette di
valutare la mutua consistenza di entrambe le rappresentazioni mediante il loro
reciproco accordo (Clarke & Warwick, 1994).
Anche per ottenere l’ordinamento nMDS dai dati relativi alle abbondanze
delle specie dei tre anni di campionamento è stata applicata la trasformazione
con radice quadra e come misura della similarità è stato utilizzato il
coefficiente di similarità di Bray-Curtis.
3.1.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM)
Il test ANOSIM (acronimo per ANalysis Of SIMilarities) è una procedura non
parametrica di inferenza statistica che consente di verificare se le differenze fra
due o più gruppi (definiti a priori) di osservazioni multivariate sono
significative o meno (Clarke, 1993).
Questa procedura permette quindi di verificare l’ipotesi nulla H0 che non ci
sono differenze tra i gruppi, analogamente a quanto fa l’analisi multivariata
72
della varianza (MANOVA) (Ceschia, 2005). Ma rispetto a quest’ultima
l’ANOSIM anche se meno sensibile risulta di più ampia e robusta applicazione
in campo ecologico (non essendo legato alla normalità nella distribuzione dei
valori) soprattutto in situazioni relative a valori di abbondanza o biomassa di
specie (Clarke & Warwick, 1994).
Il test può essere effettuato su una qualunque misura di distanza o di
dissimilarità fra gli oggetti da analizzare ed utilizza il rango di tali misure
piuttosto che i loro valori effettivi. Esso è basato sul calcolo della statistica R:
R = ( ) 41−−NNrr wb
Dove rw è il rango medio delle dissimilarità intra-gruppo, rb è il rango medio
delle dissimilarità inter-gruppo e N è la dimensione della matrice analizzata.
Valori positivi di R indicano che le distanze tra i gruppi sono maggiori di
quelle all’interno dei gruppi.
Per testare la significatività della statistica R si confronta il valore osservato
con una distribuzione empirica dei valori della stessa statistica ottenuti,
permutando aleatoriamente righe e colonne della matrice analizzata un
numero molto elevato di volte (ciò equivale a rassegnare ciascuna
osservazione ad un gruppo a caso) (Bonuso et al., 2002). Se il valore osservato
di R è maggiore del 95% (o 99%) dei valori ottenuti con le permutazioni
casuali della matrice analizzata, si può concludere che esso sia significativo e
quindi rigettare l’ipotesi nulla H0, accettando l’ipotesi alternativa H1 che ci
sono differenze fra i gruppi di osservazioni (Scardi, 2001).
Tale procedura può essere condotta sia ad una via che a due vie prendendo in
considerazione cioè uno o due fattori di variabilità.
73
3.1.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)
L’analisi SIMPER (acronimo per SIMilarity PERcentage breakdown) permette di
calcolare la dissimilarità media di campioni (stazioni) appartenenti a diversi
gruppi (definiti a priori) e successivamente di scomporla nel contributo dato
da ogni specie, inoltre da questa è anche possibile ottenere la similarità
all’interno di ogni gruppo. Questa tecnica di esplorazione dei dati è quindi
molto utile per conoscere quali specie sono maggiormente responsabili delle
differenze riscontrate tra due o più gruppi di stazioni o tra la stesso gruppo in
due momenti successivi (Guerra-García et al., 2006).
Il contributo dato alla dissimilarità δjk(i) dall’i-esima specie yi tra due campioni j
e k è definito come:
δjk(i) = 100.|yij - yik| / ∑ pi=1 (yij + yik)
Anche questa analisi richiede che sulla matrice di abbondanza (o biomassa)
delle specie opportunamente trasformata sia calcolata una matrice di similarità
o distanza dalla quale poi ricavare le similarità intra-gruppo, la dissimilarita
inter-gruppo e i contributi dati a questa da ogni specie (Clarke & Warwick,
1994).
In questo studio, la procedura SIMPER è stata applicata alla matrice
triangolare di similarità di Bray-Curtis ottenuta dai valori di abbondanza delle
specie previa trasformazione con radice quadra.
74
3.2 Risultati
3.2.1 Analisi univariate
3.2.1.1 L’abbondanza e il numero di specie
Nel complesso delle 3 campagne di campionamento (1993, 1994 e 1995)
(Tabb. A1, A2, A3)1 effettuate nell’area oggetto di studio sono stati rinvenuti
85 taxa di cui 66 diverse specie per un totale di 13.422 individui determinati di
cui 9.902 al livello di specie. I Phyla maggiormente rappresentati sono il
Phylum Mollusca con 30 specie (20 bivalvi, 9 gasteropodi e 1 poliplacoforo)
ed il Phylum Anellida Classe Polychaeta con 30 specie seguiti dal Phylum
Arthropoda Subphylum Crustacea con 4 specie (4 decapodi) e dal Phylum
Echinodermata con 2 specie (1 oloturoide e 1 asteroide). La ripartizione dei
Phyla è riportata nella Fig. 3.1 e la distribuzione degli stessi nei tre anni di
campionamento è raffigurata nella Fig. 3.2
Fig. 3.1 Ripartizione percentuale dei vari Phyla nei tre anni di campionamento
1 Le tabelle, il cui numero progressivo è preceduto da una A, sono riportate nell’appendice del testo.
Molluschi45,5%
Policheti45,5%
Crostacei6%
Echinodermi3%
75
Procedendo ad un primo confronto sulla numerosità delle specie e degli
individui campionati tra gli anni, si assiste ad un sensibile aumento tra il 1993
ed il successivo 1994, sia in termini di specie rinvenute che di individui ad esse
appartenenti per poi calare in modo evidente nel 1995.
Precisamente le specie determinate nel 1993 sono 43 per un totale di 2.108
individui, che diventano 56 specie e 4.361 individui nel 1994 e 34 specie e
3.436 individui nel 1995.
In particolare l’analisi dei campioni raccolti nel 1993 ha permesso di
determinare 43 specie di cui: 23 Polychaeta, 16 Mollusca, 2 Crustacea e 2
Echinodermata (per altri gruppi, quali ad esempio Anthozoa, Oligochaeta ed
Ascidiacea, la determinazione si è limitata a livelli sistematici di minor
dettaglio). L’analisi è stata ripetuta sulle stesse 53 stazioni nel 1994: 56 specie
riconosciute di cui 24 Polychaeta, 27 Mollusca, 3 Crustacea e 2
Echinodermata.
Lo stesso esame è stato effettuato sui campioni raccolti nel 1995: 34 specie di
cui 11 Polychaeta, 18 Mollusca, 3 Crustacea e 2 Echinodermata.
Fig. 3.2 Distribuzione dei Phyla rinvenuti nei tre anni di campionamento
Andamento dei Phyla rinvenuti nei tre anni di campionamento
0
5
10
15
20
25
30
1993 1994 1995
anni
num
ero
di s
peci
e
molluschi
policheti
crostacei
echinodermi
76
In accordo con i concetti elaborati da Guelorget e Perthuisot (1983), i dati di
abbondanza sono stati analizzati innanzitutto per descrivere la struttura di
base dei popolamenti bentonici lagunari e la loro evoluzione nel periodo di
osservazione e poi per mettere in evidenza l’esistenza di eventuali gradienti
biologici legati all’andamento del confinamento in ciascun bacino o variazioni
di confinamento al passaggio da un bacino lagunare all’altro.
A tal proposito osservando la tabella che segue emerge che passando da un
anno all’altro la dotazione faunistica della Laguna di Marano e Grado può
presentare variazioni fino al 40% ma un nucleo di 25 specie, corrispondente a
circa il 45% della dotazione massima rilevata nel 1994, rimane costantemente
presente. Tra queste specie ci sono ben 6 appartenenti alla biocenosi tipica
degli ambienti lagunari: LEE (biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina).
Per valutare la significatività delle differenze rilevate tra gli anni nel numero di
specie e di individui, nelle 53 stazioni campionate è stata applicata l’analisi
della varianza non parametrica di Kruskal-Wallis. Tale analisi è servita per
valutare sia le differenze in ogni anno tra i bacini di Marano e Grado (nel
numero di specie e nel numero di individui) che le differenze tra gli anni
(1993, 1994 e 1995) nel complesso.
Il test ha evidenziato come esistano delle differenze altamente significative tra
gli anni sia confrontando il numero di specie presenti (H=21,4, g.d.l.=2,
P<0.01), che confrontando il numero di individui delle specie (H=19,8,
g.d.l.=2, P<0.01) presenti in ogni stazione (Tab. A4). Il test ha messo in
evidenza inoltre come anche tra i bacini di Marano e Grado esistano
Anno n. specie altri taxa totale ind/m2
1993 43 16 59 3481994 56 17 73 6941995 34 6 40 517
Sempre presenti 25 5 30
77
differenze altamente significative nel numero di specie (H=9,8, g.d.l.=1,
P<0.01) e nel numero di individui (H=4,3, g.d.l.=1, P<0.05) nell’insieme dei
tre anni saggiati (Tab. A5).
3.2.1.2 La diversità e le sue componenti
La significatività delle differenze temporali e spaziali nell’andamento degli
indici di diversità H’ di Shannon, di ricchezza D di Margalef e di equitabilità J
di Pielou è stata testata tramite l’analisi della varianza ANOVA.
Sono risultate significative le variazioni temporali (tre anni di campionamento)
e spaziali (due bacini principali) per quanto riguarda gli indici di diversità e di
ricchezza.
Con alcune eccezioni la diversità (H’ di Shannon), calcolata nel complesso dei
3 anni indagati (Tab. A6), ha mostrato valori piuttosto elevati (generalmente
superiori a 2) considerando la tipologia dell’ambiente preso in esame.
In molte delle stazioni campionate è evidente un gradiente dal mare (stazioni
più ricche) verso la terra ferma (stazioni meno dotate faunisticamente), oltre
che un gradiente da Ovest (minore biodiversità) verso Est (Laguna di Grado
con maggiore biodiversità).
Il confronto effettuato utilizzando l’analisi della varianza ANOVA applicata ai
valori di diversità di ogni stazione tra gli anni ha mostrato differenze altamente
significative (F=9,2, g.d.l.=2, P<0.01) (Fig. A1)2 denotando un’evoluzione
della diversità nel corso del tempo. In particolare emerge come i valori medi
relativi alla diversità subiscano un concreto aumento tra il 1993 ed il 1994 ed
un sostanziale calo tra il 1994 ed il 1995, anno quest’ultimo che presenta valori
di diversità medi in assoluto più bassi.
2 Le figure, il cui numero progressivo è preceduto da una A, sono riportate nell’appendice del testo.
78
Il 1993 infatti presenta due sole stazioni con valori di diversità superiori a 3 e
13 stazioni con valori di diversità compresi tra 0 e 1; il 1994 presenta ben 7
stazioni con diversità superiore a 3 e solo 7 stazioni con diversità compresa tra
0 e 1 mentre il 1995 non presenta alcuna stazione con valori di diversità
superiori a 3 (diversità maggiore St. M14 H’ = 2,73) ma ben 19 stazioni con
H’ compresa tra 0 e 1.
Anche l’analisi della varianza applicata ai valori di diversità di ogni stazione nei
tre anni, utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza
(Marano e Grado), ha evidenziato differenze altamente significative (F=7,3,
g.d.l.=1, P<0.01) (Fig. A2), mostrando come sia il bacino di Grado ad avere la
più alta diversità media.
Procedendo ad un’analisi grafica dell’andamento della diversità (Fig. 3.3) si
osserva come molte delle stazioni più prossime alle bocche di porto
presentino valori piuttosto elevati rispetto a stazioni più confinate, ciò è
particolarmente evidente per l’anno 1994.
Infatti alcune stazioni prossime alle bocche di porto quali ad esempio M15,
M29, M12, G5 e G50, del 1994 registrano valori dell’Indice di Shannon tra i
più alti in assoluto rispettivamente di 3,088, 3,384, 3,121, 3,391 e 3,075,
mentre stazioni più confinate quali M21, M22, M42, M17 ed M39 presentano
valori dell’H’ di Shannon tra i più bassi in assoluto ed inferiori ad 1 (0,198,
0,863, 0,335, 0,956, 0,700). Tale situazione, con alcune eccezioni, è comune
anche al 1993 e al 1995.
Dall’analisi dei valori di diversità si osserva quindi come ci sia stata
un’evidente evoluzione temporale tra i tre anni campionati (aumento passando
dal 1993 al 1994 ed una consistente diminuzione dal 1994 al 1995).
Prendendo in considerazione l’andamento della Ricchezza (D di Margalef)
(Fig. 3.4) (Tab. A7) è possibile osservare come, anche per tale indice nel 1994,
le stazioni meno confinate (M15, M29, M12, G5) registrino valori piuttosto
79
elevati rispetto a stazioni più confinate (M21, M42, M17) che manifestano
valori decisamente più bassi.
L’analisi della varianza applicata ai valori di ricchezza mostra differenze
altamente significative, in accordo alla diversità, sia confrontando i tre anni nel
loro insieme (F=10,0, g.d.l.=2, P<0.01) (Fig. A3) che confrontando i due
bacini separatamente (F=8,9, g.d.l.=1, P<0.01) (Fig. A4).
L’equitabilità (J di Pielou) presenta un’ampia variabilità nell’andamento in ogni
singolo anno (Fig. 3.5) (Tab. A8) non mostrando differenze statisticamente
significative né tra le stazioni nei tre diversi anni (F=1,3, g.d.l.=2, P=0.28) né
tra le stazioni dei due principali bacini (F=2,0, g.d.l.=2, P=0.16) (Figg. A5,
A6).
Dall’analisi degli indici ecologici calcolati risulta evidente come qualche fattore
abbia potuto agire in modo da favorire la diversità e le sue componenti,
ricchezza soprattutto, tra il 1993 ed il 1994 mentre come probabilmente
qualche fattore stressante abbia invece influenzato negativamente questi
parametri ecologici tra il 1994 e l’anno successivo.
80
Fig. 3.3 La diversità H’ di Shannon nei 3 anni campionati (le barre indicano l’errore standard).
Diversità di Shannon 1993
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
Sha
nnon
Diversità di Shannon 1994
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
Sha
nnon
Diversità di Shannon 1995
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
Sha
nnon
81
Fig. 3.4 La ricchezza D di Margalef nei 3 anni campionati
(le barre indicano l’errore standard).
Ricchezza di Margalef 1993
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
Mar
gale
f
Ricchezza di Margalef 1994
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
di M
arga
lef
Ricchezza di Margalef 1995
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
di M
arga
lef
82
Fig. 3.5 L’equitabilità J di Pielou nei 3 anni campionati
(le barre indicano l’errore standard).
Equitabilità di Pielou 1993
0,0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
di P
ielo
u
Equitabilità di Pielou 1994
0,0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
di P
ielo
u
Equitabilità di Pielou 1995
0,0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri I.
di P
ielo
u
83
3.2.2 Analisi graficodistributive
3.1.2.1 Le curve di k-dominanza
Lo studio delle curve di k-dominanza contribuisce nel complesso a rafforzare
le osservazioni derivanti dall’analisi della diversità e delle sue componenti.
Analizzando infatti la distribuzione di queste curve relative al bacino di
Marano nei tre anni campionati si osserva come, considerando in un unico
gruppo le stazioni più prossime alle bocche di porto e in un altro gruppo
quelle più lontane, queste presentino un andamento sostanzialmente separato
(Fig. 3.6). Le stazioni a maggior confinamento presentano infatti nel
complesso curve costantemente più elevate e più rapide nel raggiungere
l’asintoto con dominanze iniziali mediamente più elevate rispetto alle altre le
quali si presentano più “morbide”, con dominanze iniziali decisamente più
basse, denotando una miglior strutturazione della comunità con conseguenti
distribuzioni delle abbondanze maggiormente omogenee.
Fig. 3.6 Curve di k-dominanza relative al bacino Marano negli anni 1993, 1994 e 1995
Curve di k-dominanza Marano 1993, 1994, 1995
1 10 100Species rank
0
20
40
60
80
100
Cum
ulat
ive
Dom
inan
ce%
MaranoConf.Meno conf.
84
Anche procedendo all’analisi delle curve di k-dominanza relative ad ogni
singolo anno si osserva un accordo con l’andamento della diversità.
Il 1993 infatti presenta una buona differenziazione tra i due bacini di Marano
e Grado mostrando delle curve che denotano una migliore (in accordo con la
diversità) strutturazione della comunità per quest’ultimo (Fig. 3.7). Si osserva
inoltre che le 6 stazioni a dominanza iniziale superiore all’80% siano tutte
appartenenti al bacino di Marano mentre le stazioni a dominanza iniziale più
bassa, compresa tra 20 e 40%, appartengano per la maggior parte al bacino di
Grado.
Fig. 3.7 Curve di k-dominanza relative all’anno 1993
Il 1994 presenta una situazione alquanto diversa rispetto al 1993; le differenze
tra i due bacini, anche se esistenti, risultano meno evidenti e nel complesso le
curve denotano una migliore strutturazione delle comunità (Fig. 3.8). In
quest’anno infatti diminuiscono considerevolmente le dominanze iniziali
medie (5 stazioni presentano dominanze iniziali inferiori al 20%) e nessuna
stazione presenta dominanze iniziali con valori superiori all’80%. Questa
Curve di k-dominanza 1993
1 10 100Species rank
20
40
60
80
100
Cum
ulat
ive
Dom
inan
ce%
BacinoMaranoGrado
85
situazione è in perfetto accordo anche con i valori degli indici ecologici i quali
presentavano i valori mediamente più elevati in quest’anno.
Fig. 3.8 Curve di k-dominanza relative all’anno 1994
Il 1995 presenta una situazione complessivamente più simile al 1993
denotando un deciso peggioramento nella strutturazione delle comunità
rispetto al 1994 (Fig. 3.9). In quest’anno infatti ben 12 stazioni mostrano
valori di dominanza iniziale superiore all’80%, 4 di queste superiori anche al
90% mentre solo 8 stazioni presentano valori di dominanza iniziale compresi
tra il 20 ed il 40%. E’ possibile notare inoltre come in quest’anno, rispetto agli
altri due, le curve nel complesso, oltre che più ripide, siano anche più corte
denotando mediamente un minor numero di specie.
Curve di k-dominanza 1994
1 10 100Species rank
0
20
40
60
80
100
Cum
ulat
ive
Dom
inan
ce%
BacinoMaranoGrado
86
Fig. 3.9 Curve di k-dominanza relative all’anno 1995
Dall’analisi delle curve di k-dominanza emerge, come peraltro già evidenziato
per la diversità, che il 1994 sia, nel complesso, l’anno con una miglior
strutturazione delle comunità e come il 1995 risulti invece l’anno con il più
alto numero di stazioni mal strutturate denotando quindi possibili fenomeni
perturbativi avvenuti tra questi due anni.
Curve di k-dominanza 1995
1 10 100Species rank
20
40
60
80
100
Cum
ulat
ive
Dom
inan
ce%
BacinoMaranoGrado
87
3.2.3 Analisi multivariate
3.1.3.1 Tecniche di classificazione
Un inquadramento di sintesi della struttura dei popolamenti bentonici della
Laguna di Marano e Grado è stato ottenuto applicando il legame completo
alla matrice triangolare di similarità di Bray Curtis ottenuta dalle abbondanze
complessive (previa trasformazione con radice quadra) degli organismi
campionati nell’insieme delle stazioni del triennio considerato.
Dalla cluster analysis, (Fig. 3.10), è possibile notare come nel complesso le
stazioni si distribuiscano principalmente in otto diversi gruppi (A-H).
In particolare è possibile notare come solo un gruppo (A) sia prevalentemente
costituito dalle stesse stazioni che si ripetono per almeno due o per tutti e tre
gli anni di campionamento. In effetti, questo gruppo è costituito da 27
stazioni, 8 delle quali compaiono solo una volta, mentre 19 compaiono più
volte, 7 per due anni (M21, M31, M40, M41, M43, M48 e G53) e 12 si
presentano qui per tutti e tre gli anni (M10, M17, M20, M22, M34, M35, M36,
M39, M42, M44, M45 ed M46).
Analizzando la distribuzione spaziale delle stazioni che si ripetono per almeno
due volte si osserva che queste sono localizzate in un’area ben precisa della
laguna, quasi esclusivamente nel bacino di Marano e in posizione più lontana
rispetto alle bocche di porto (Fig. 3.11).
Gli altri sette gruppi risultano essere più eterogenei con una minor tendenza al
ripetersi delle stesse stazioni di più anni anche se si può comunque notare
come alcuni manifestino un certo raggruppamento tra stazioni molto vicine
alle bocche di porto (gruppi D, E, G ed H) e altri tendano ad essere costituiti
da stazioni situate in una posizione intermedia (B, C ed F).
Questa classificazione ci indica quindi come ci sia una precisa zona della
laguna (quasi esclusivamente pertinente al bacino di Marano), cioè quella più
88
lontana dalle bocche di porto, dove la similarità derivante sia dalla
composizione che dall’abbondanza degli organismi campionati permetta di
definire quest’area la più conservativa e la meno soggetta a fluttuazioni nella
composizione delle comunità. Queste considerazioni ci portano quindi ad
osservare l’esistenza di due gradienti relativi alla distribuzione dei popolamenti
macrozoobentonici della Laguna: un gradiente Est – Ovest tra i due bacini
lagunari ed uno Nord – Sud relativo alla distanza dal mare.
Considerando separatamente le classificazioni dei tre anni di campionamento
(Figg. A7, A8 e Fig. 3.12) si osserva anche qui, per ogni anno, l’esistenza di un
gruppo costituito da stazioni localizzate nella parte più estrema della laguna e
più lontane dal mare e l’esistenza di altri gruppi comprensivi di stazioni vicine
o poste ad una distanza intermedia rispetto alle bocche di porto.
Considerando nel dettaglio la classificazione relativa al 1995 emerge l’esistenza
di quattro gruppi che nel complesso permettono di suddividere l’intera laguna
in tre distinte fasce (Fig. 3.13): uno costituito da stazioni a maggior
confinamento (fascia gialla) e sostanzialmente coincidenti con le stazioni
evidenziate in Fig. 3.11, un gruppo rappresentato da stazioni poste in una
zona intermedia (fascia verde) e due gruppi che sommati comprendono tutte
quelle stazioni poste immediatamente vicino alle bocche di porto (fascia
arancio).
Dall’analisi di queste classificazioni emerge in modo chiaro come la laguna,
sulla base della distribuzione dei popolamenti macrozoobentonici, risulti
suddivisibile in tre distinte zone poste lungo un gradiente di distanza rispetto
al mare e perciò assimilabile al grado di confinamento.
89
Den
drog
ram
ma
staz
ioni
199
3, 1
994,
199
5C
ompl
ete
linka
ge
M39 95M42 95M34 95M41 95M35 95M45 95M46 93M46 95M35 94M36 94M31 95M10 95M20 95M36 95G2 94
M33 94G53 95M44 93M44 95M40 95M19 93G3 94
M20 94M17 94M44 94M48 94M22 94M34 94M22 95M46 94M45 94M10 94M43 94M17 95M42 94M21 94M39 94M17 93M42 93M41 93M35 93M20 93M47 93M18 93M34 93M28 93M40 93G53 93M39 93M31 93M36 93M21 93M43 93M22 93M45 93M10 93M48 93M27 93G2 93G9 93
G49 93M30 93G5 93
G50 93G3 93
M12 93M29 93G9 94
G49 94M15 94G6 94G6 93G8 93
G50 94M16 95M13 94M29 94M14 94M11 94M14 95G1 94
M47 94G2 95
M25 94M16 94M24 94M32 94M30 94M37 94M32 95M33 95M38 95M25 95G7 95G5 94
G52 94G52 93M38 94G51 94G52 95M11 95G51 95M37 95M28 95M24 95M23 95M47 95M18 95M19 95M21 95M27 95G7 94
G53 94M28 94M48 95M43 95M27 94M23 94M19 94M18 94M41 94M31 94M40 94M26 95M13 95M25 93M26 94M26 93G1 93
M30 95M12 95M24 93G1 95G3 95
G51 93G4 93
M11 93G7 93
M33 93M37 93M38 93M23 93M14 93M15 93G4 95
M16 93G4 94
M29 95G9 95G6 95G5 95
G50 95M12 94G8 95
G49 95M32 93M15 95M13 93G8 94
Sam
ples
100806040200
Similarity
Tran
sfor
m: S
quar
e ro
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17 B
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Cur
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Fig.
3.1
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mm
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nuto
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l 19
93, 1
994
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95.
90
Fig.
3.1
1 R
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3.10
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91
Den
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ram
ma
staz
ioni
199
5C
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ete
linka
ge
G4 95M22 95M17 95M39 95M42 95M34 95M41 95M48 95M43 95M35 95M45 95M31 95M10 95M20 95M36 95G53 95M46 95M44 95M40 95M25 95
G7 95G1 95G3 95
M30 95G52 95M11 95G51 95M37 95M28 95M24 95M33 95M38 95M32 95
G2 95M23 95M47 95M18 95M19 95M21 95M27 95M26 95M16 95M13 95
G6 95G5 95
G50 95M12 95M29 95
G9 95G8 95
G49 95M15 95M14 95
Sam
ples
100806040200
Similarity
Tran
sfor
m: S
quar
e ro
otR
esem
blan
ce: S
17 B
ray C
urtis
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ilarit
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Fig.
3.1
2 D
endr
ogra
mm
a otte
nuto
dall
e ab
bond
anze
dell
’insie
me
di st
azio
ni c
ampi
onat
e ne
l 19
95.
92
Fig.
3.1
3 Ra
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sent
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stat
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Lag
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(nell
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sce
colo
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sono
com
pres
e le
stazio
ni d
ei gr
uppi
del
clust
er d
i Fig
. 3.1
2).
93
3.2.3.2 Tecniche di ordinamento
L’ordinamento nMDS, eseguito come per la precedente classificazione, sulla
matrice triangolare di similarità di Bray-Curtis, calcolata sulle abbondanze
complessive di tutti i taxa nei tre anni di campionamento (Fig. 3.14) mostra le
stazioni disposte grossomodo lungo un gradiente temporale.
Le stazioni relative al campionamento del 1994 (in blu) infatti risultano per lo
più interposte tra le stazioni del 1993 (in verde) e quelle relative al 1995 (in
rosso).
Fig. 3.14 nMDS dell’insieme di stazioni campionate nei 3 anni
Questa tendenza a mostrare un’evoluzione temporale nei tre anni di
campionamento risulta evidente anche considerando in due ordinamenti
separati le stazioni del bacino di Marano (Fig. 3.15) e quelle relative al bacino
di Grado (Fig. 3.16). Solo per il bacino di Marano inoltre è possibile osservare
come alcune stazioni appartenenti a tutti e tre gli anni campionati manifestino
Ordinamento nMDSStazioni 1993, 1994, 1995
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
Anni199319941995
M20 93M35 93
M36 93
M44 93
M21 93M22 93
M45 93
M18 93
M46 93
M47 93
M48 93
M34 93M42 93
M43 93
M17 93
M39 93
M40 93
M41 93
M27 93
M19 93
M28 93M37 93
M15 93
M31 93
M16 93
M23 93
M24 93
M32 93
M13 93
M14 93
M33 93
M30 93
M38 93
M10 93
M11 93
M12 93
M29 93
M25 93
M26 93
G1 93
G2 93
G3 93
G4 93
G5 93
G6 93
G8 93
G9 93
G49 93
G50 93
G7 93
G51 93
G52 93
G53 93
M20 94
M35 94
M36 94
M44 94
M21 94M22 94
M45 94
M18 94
M46 94
M47 94M48 94
M34 94
M42 94
M43 94
M17 94
M39 94
M40 94
M41 94M27 94
M19 94M28 94
M37 94
M15 94
M31 94
M16 94
M23 94
M24 94
M32 94
M13 94
M14 94
M33 94
M30 94
M38 94
M10 94 M11 94
M12 94
M29 94
M25 94
M26 94
G1 94G2 94
G3 94
G4 94
G5 94
G6 94
G8 94G9 94
G49 94
G50 94
G7 94
G51 94
G52 94
G53 94
M20 95
M35 95
M36 95M44 95
M21 95
M22 95 M45 95
M18 95
M46 95
M47 95
M48 95
M34 95
M42 95M43 95
M17 95
M39 95
M40 95
M41 95
M27 95
M19 95
M28 95M37 95
M15 95
M31 95
M16 95
M23 95
M24 95
M32 95
M13 95
M14 95M33 95
M30 95
M38 95
M10 95
M11 95
M12 95
M29 95
M25 95
M26 95
G1 95
G2 95G3 95
G4 95
G5 95
G6 95
G8 95
G9 95
G49 95
G50 95
G7 95
G51 95G52 95
G53 95
2D Stress: 0,22
94
una tendenza a raggrupparsi mentre altre stazioni risultano più
eterogeneamente distribuite nello spazio dell’ordinamento bidimensionale.
Fig 3.15 nMDS relativo alle stazioni del bacino di Marano del 1993, 1994 e 1995
Fig 3.16 nMDS relativo alle stazioni del bacino di Grado del 1993, 1994 e 1995
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1993, 1994, 1995
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
Anni199319941995
M20 93M35 93
M36 93
M 44 93
M 21 93M22 93
M45 93
M 18 93
M 46 93
M 47 93
M48 93
M34 93M42 93
M 43 93
M 17 93
M 39 93
M 40 93
M41 93
M27 93
M 19 93
M 28 93M37 93
M15 93
M 31 93
M16 93
M23 93
M24 93
M32 93 M13 93
M 14 93
M 33 93
M30 93
M 38 93
M 10 93M 11 93
M12 93
M 29 93
M25 93
M26 93
M 20 94
M35 94M36 94
M44 94
M21 94M 22 94
M45 94M18 94M 46 94
M47 94
M 48 94
M 34 94M42 94
M43 94
M 17 94
M 39 94
M40 94
M 41 94M27 94
M19 94M28 94
M37 94
M15 94
M 31 94
M 16 94
M 23 94
M 24 94
M32 94
M 13 94
M14 94
M33 94
M30 94
M 38 94
M10 94M11 94
M 12 94
M29 94
M 25 94
M26 94
M 20 95M 35 95
M 36 95M44 95
M21 95
M22 95M45 95
M18 95
M46 95
M 47 95
M48 95
M34 95
M42 95
M43 95
M17 95
M39 95
M40 95
M 41 95
M 27 95M19 95
M 28 95
M 37 95
M15 95M 31 95
M16 95
M23 95
M24 95
M32 95
M13 95 M14 95M 33 95
M30 95
M 38 95M 10 95
M11 95
M 12 95
M29 95
M 25 95M26 95
2D Stress: 0,21
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1993, 1994, 1995
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
Anni199319941995
G1 93
G2 93
G3 93
G4 93
G5 93
G6 93
G8 93G9 93
G49 93
G50 93
G7 93
G51 93
G52 93
G53 93
G1 94
G2 94
G3 94
G4 94G5 94
G6 94
G8 94G9 94
G49 94
G50 94
G7 94
G51 94
G52 94
G53 94 G1 95
G2 95
G3 95
G4 95
G5 95
G6 95G8 95
G9 95
G49 95
G50 95
G7 95
G51 95G52 95
G53 95
2D Stress: 0,24
95
A questo proposito, considerando separatamente gli ordinamenti relativi alle
sole stazioni del bacino di Marano in ogni singolo anno di campionamento
(Figg. 3.17, 3.18 e 3.19) è possibile osservare una distribuzione spaziale delle
stazioni comune a tutti e tre gli anni; infatti soprattutto nel 1993 e nel 1994
(ma, anche se in misura minore, presente pure nel 1995) si osserva l’esistenza
di un raggruppamento costituito grossomodo dalle stesse stazioni e di altre
stazioni comuni in tutti e tre gli anni che manifestano invece una tendenza a
distribuirsi in modo più eterogeneo denotando quindi un minor grado di
somiglianza reciproca sia tra loro sia tra le stazioni che tendono a
raggrupparsi. Queste stazioni che manifestano una maggior variabilità
reciproca nella composizione e nell’abbondanza relativa degli organismi che le
costituiscono e che, come detto, sono sostanzialmente comuni in tutti e tre gli
anni, risultano essere quelle più vicine alle bocche di porto e quindi
maggiormente interessate dalle influenze marine (Stazioni: M12, M13, M14,
M15, M16, M24, M25, M26, M29, M30 ed M37).
Fig. 3.17 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1993
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1993
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoMarano
M20 93
M35 93
M36 93
M44 93
M21 93M22 93M45 93M 18 93
M 46 93
M47 93
M48 93
M34 93
M42 93
M43 93
M17 93
M39 93
M 40 93
M41 93
M27 93
M19 93
M 28 93
M37 93
M15 93
M31 93M16 93
M23 93
M24 93
M 32 93
M13 93
M 14 93
M33 93
M30 93
M38 93
M10 93
M11 93
M 12 93
M 29 93
M25 93
M26 93
2D Stress: 0,2
96
Fig. 3.18 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1994
Fig. 3.19 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1995
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1994
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoMarano
M20 94M 35 94
M36 94M44 94
M21 94
M22 94
M45 94
M18 94
M46 94
M47 94
M 48 94
M34 94
M42 94
M43 94
M17 94
M39 94
M40 94
M 41 94
M 27 94
M 19 94
M 28 94
M 37 94
M15 94
M31 94
M 16 94
M23 94
M24 94
M32 94
M13 94
M14 94
M 33 94
M30 94
M 38 94
M10 94
M11 94
M 12 94
M29 94 M25 94
M26 94
2D Stress: 0,16
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1995
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoMarano
M20 95M35 95
M36 95
M44 95
M 21 95
M 22 95
M 45 95
M 18 95
M 46 95
M47 95
M48 95
M34 95
M 42 95
M43 95
M 17 95
M 39 95
M40 95
M41 95
M 27 95
M 19 95M28 95
M37 95
M15 95
M 31 95
M16 95
M23 95
M24 95
M 32 95
M13 95
M14 95
M 33 95
M30 95
M38 95 M10 95
M 11 95
M 12 95
M29 95
M25 95
M26 95
2D Stress: 0,13
97
A differenza del bacino di Marano, gli ordinamenti nMDS relativi al solo
bacino di Grado considerati nei tre anni separatamente non mostrano nessuna
evidente tendenza delle stazioni a raggrupparsi denotando perciò nel
complesso una somiglianza reciproca piuttosto variabile delle stazioni (Figg.
3.20, 3.21 e 3.22).
La situazione nel complesso è quindi più simile alle stazioni più prossime alle
bocche di porto del bacino di Marano; sembra perciò mancare in questo
bacino quel pool di stazioni a notevole similarità presenti invece nel bacino di
Marano e costituite dalle stazioni a maggior confinamento, quelle cioè
tipicamente lagunari.
Fig. 3.20 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1993
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1993
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoGrado
G1 93
G2 93
G3 93
G4 93
G5 93
G6 93
G8 93
G9 93
G49 93
G50 93
G7 93
G51 93
G52 93
G53 93
2D Stress: 0,2
98
Fig. 3.21 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1994
Fig. 3.22 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1995
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1994
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoGrado
G1 94
G2 94
G3 94
G4 94
G5 94
G6 94
G8 94
G9 94
G49 94
G50 94
G7 94
G51 94
G52 94
G53 94
2D Stress: 0,15
Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1995
Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity
BacinoGrado
G1 95
G2 95
G3 95
G4 95
G5 95
G6 95
G8 95
G9 95
G49 95
G50 95G7 95
G51 95
G52 95
G53 95
2D Stress: 0,1
99
Dagli ordinamenti nMDS emerge come nel complesso ci sia stata
un’evoluzione temporale relativa alla similarità derivante dalla presenza e
dall’abbondanza dei taxa rinvenuti nei tre anni campionati; tale evoluzione
risulta essere comune in entrambi i bacini lagunari.
Per quanto concerne i singoli bacini considerati separatamente, gli
ordinamenti nMDS restituiscono una situazione concorde alla cluster analysis e
cioè di una maggior differenziazione spaziale del bacino di Marano il quale
presenta appunto diverse stazioni a similarità piuttosto elevata e localizzate
nella parte più esterna della laguna rispetto al mare che potremmo definire
stazioni “prettamente lagunari” ed altre stazioni a similarità reciproca inferiore
disposte in prossimità delle bocche di porto.
Per il bacino di Grado invece le stazioni si presentano eterogeneamente
distribuite e nel complesso assimilabili alle stazioni vicine e/o intermedie del
bacino di Marano e sembra mancare del tutto il gruppo di stazioni
“prettamente lagunari”.
Le differenze temporali nei tre anni campionati messe in luce dagli
ordinamenti nMDS si possono in parte osservare anche dall’ordinamento PCA
(Fig. 3.23), relativo alle prime due componenti principali che sommate
comprendono il 61,0 di varianza (primo asse=38,8 e secondo asse=22,2)
eseguito (previa normalizzazione) sulle variabili abiotiche (Tabb. A9, A10 e
A11). In particolare, da questo ordinamento si osserva come la maggior parte
delle stazioni relative al 1993 (in verde) risultino decisamente separate rispetto
a quelle del 1994 (in blu) e del successivo 1995 (in rosso).
Dallo stesso ordinamento inoltre è possibile notare un sensibile cambiamento
nei parametri abiotici misurati tra il 1993 ed il biennio 1994-1995 ed in
particolare come il 1993 presenti dei valori mediamente più bassi nel
potenziale di ossidoriduzione dei sedimenti (Eh), del pH e della temperatura
dell’acqua.
100
Fig.3.23 PCA sui dati abiotici
L’evoluzione temporale emersa nel corso dei tre anni campionati dai valori di
presenza ed abbondanza delle specie è suggerita quindi anche dall’analisi dei
parametri abiotici.
Per testare l’effettiva corrispondenza tra l’informazione derivante dall’analisi
dei parametri biotici ed abiotici è stato operato un confronto tra la matrice di
similarità di Bray-Curtis derivante dai dati di abbondanza del 1993, 1994 e
1995 e una matrice ottenuta applicando ai dati abiotici normalizzati il
coefficiente della distanza euclidea, utilizzando la procedura RELATE. Da tale
confronto emerge una correlazione statisticamente significativa tra le due
matrici (Rho= 0.38, P<0.01) (Tab A12).
Ordinamento PCAVariabili abiotiche
-4 -2 0 2 4 6PC1
-6
-4
-2
0
2
4
PC2
Anni199319941995
M20 93
M35 93
M36 93M44 93
M21 93
M22 93
M45 93
M18 93
M46 93
M47 93M48 93
M34 93
M42 93
M43 93
M17 93
M39 93
M40 93
M41 93
M27 93
M19 93M28 93
M37 93
M15 93
M31 93M16 93
M23 93
M24 93
M32 93
M13 93
M14 93
M33 93
M30 93
M38 93
M10 93
M11 93
M12 93 M29 93
M25 93M26 93
G1 93
G2 93G3 93
G4 93G5 93
G6 93
G8 93G9 93
G49 93G50 93
G7 93
G51 93G52 93
G53 93
M20 94
M35 94
M36 94
M44 94
M21 94
M22 94
M45 94
M18 94M46 94
M47 94
M48 94
M34 94
M42 94M43 94
M17 94
M39 94
M40 94
M41 94
M27 94M19 94
M28 94
M37 94
M15 94
M31 94
M16 94
M23 94
M24 94
M32 94
M13 94
M14 94M33 94
M30 94 M38 94
M10 94
M11 94
M12 94M29 94
M25 94
M26 94
G1 94
G2 94
G3 94
G4 94
G5 94
G6 94
G8 94
G9 94G49 94
G50 94
G7 94
G51 94G52 94
G53 94
M20 95
M35 95M36 95
M44 95
M21 95
M22 95
M45 95
M18 95
M46 95
M47 95M48 95
M34 95
M42 95
M43 95
M17 95
M39 95
M40 95M41 95
M27 95
M19 95
M28 95
M37 95
M15 95
M31 95
M16 95M23 95
M24 95M32 95
M13 95M14 95
M33 95
M30 95
M38 95
M10 95
M11 95
M12 95
M29 95
M25 95
M26 95
G1 95
G2 95
G3 95
G4 95G5 95
G6 95
G8 95G9 95
G49 95
G50 95
G7 95
G51 95G52 95
G53 95
prof ondità
trattenuto residuo (m l)
temperatura acqua
salinità superf icie
salinità f ondopH acqua
media Eh sedimenti (-4 cm)
101
3.2.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM)
L’analisi della similarità effettuata con l’intento di verificare la consistenza
delle differenze emerse sia tra i due bacini di ogni anno che tra i tre anni nel
loro complesso ha messo in luce differenze significative. In particolare,
l’ANOSIM one way (ad una via), applicato ai valori di similarità di ogni singolo
anno e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza
(bacino di Marano e bacino di Grado), ha evidenziato differenze altamente
significative all’interno di tutti e 3 gli anni considerati: 1993 (R=0.337,
P<0.01), 1994 (R=0.178, P=0.016), 1995 (R=0.286, P<0.01). (Tabb. A13, A14
e A15). L’analisi delle similarità two-way crossed (a due vie) eseguita tra le stazioni di tutti
gli anni, configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di
appartenenza ha evidenziato differenze altamente significative sia tra gli anni
(R=0.267, P<0.01), che tra i due bacini (R=0.236, P<0.01). I relativi confronti
multipli evidenziano differenze significative tra ogni coppia di anni (93 vs 94,
93 vs ‘95, 94 vs 95 (Tab. A16).
Questi risultati confermano e rafforzano quanto emerso dalla classificazione e
dall’ordinamento ovvero l’esistenza di una differenziazione spaziale e di
un’evoluzione temporale avvenuta nella composizione degli organismi della
Laguna di Marano e Grado dal 1993 al 1995.
3.2.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)
Dall’analisi SIMPER two-way (a due vie), effettuata configurando come fattore
1 gli anni e come fattore 2 il bacino di appartenenza, al fine di verificare quali
specie contribuiscano maggiormente alla similarità ed alla dissimilarità emerge
come siano spesso le stesse specie a contribuire maggiormente (Tab. A17). In
102
particolare per quanto riguarda la similarità all’interno di ogni anno risulta
come tra le specie a maggior contributo ci siano sempre il polichete Hediste
diversicolor ed i molluschi Abra segmentum e Cerastoderma glaucum.
Queste tre specie in effetti sono specie tipicamente lagunari facenti parte cioè
di quel gruppo considerato esclusivo dell’autonomo dominio paralico e non
semplicemente specie marine tolleranti l’ampia variabilità dei parametri
chimico-fisici caratterizzanti gli ambienti di transizione ed in particolare le
lagune.
Solo il 1993 infatti presenta, tra le specie a maggior contributo, una non
strettamente lagunare ovvero il polichete Streblospio shrubsolii, specie comunque
comune in ambienti di transizione.
Per quanto concerne la similarità all’interno dei due principali bacini si osserva
come per il bacino di Marano siano sempre le specie esclusivamente lagunari
H. diversicolor, A. segmentum e C. glaucum quelle che da sole contribuiscono ad
oltre il 70% della similarità totale mentre, per quanto concerne il bacino di
Grado, oltre ai molluschi A. segmentum e C. glaucum compaiano anche i
gasteropodi Bittium reticulatum e Cyclope neritea, specie queste ultime che si
riscontrano anche in ambienti lagunari ma tipiche di ambienti marini. Anche
l’analisi SIMPER conferma quindi come il bacino di Grado sia, nel suo
complesso, maggiormente influenzato dagli apporti marini con una minor
estensione delle zone prettamente lagunari.
Per quanto concerne la dissimilarità tra gli anni osserviamo come le due specie
a maggior contributo siano sempre A. segmentum ed H. diversicolor. Il maggiore
effetto sulla dissimilarità di queste specie è senza dubbio influenzato dalla loro
elevata abbondanza complessiva, infatti si presentano in tutti gli anni
monitorati ed in alcuni anche con centinaia di individui.
Inoltre, questo effetto sulla dissimilarità è dovuto anche al notevole aumento
numerico di A. segmentum riscontrato dal 1993 (64 individui) al 1994 (1601
103
individui) ed alla successiva diminuzione avvenuta dal 1994 al 1995 (1101
individui), comportamento comune anche ad H. diversicolor.
La dissimilarità tra i bacini è invece determinata non solo dalle tre specie
tipicamente lagunari H. diversicolor, A. segmentum e C. glaucum ma anche da B.
reticulatum e C. neritea, confermando ancora una volta l’esistenza di un diverso
grado di confinamento complessivo tra i due bacini.
I metodi ecologico-quantitativi illustrati lavorano sulla presenza e
sull’abbondanza delle specie. Dicono poco o nulla su altro quali il loro
trofismo, il loro legame a qualche particolare fattore ambientale, ...
In effetti la specie non rappresenta una singola unità di informazione ma
racchiude in sé un insieme di dati di tipo ecologico che vanno ben al di là delle
informazioni fornite dalla sua mera presenza/abbondanza. Ad esempio
nell’Alto Adriatico e nel Golfo di Trieste la presenza di Banchiostoma lanceolatum
garantisce una percentuale di almeno il 95% di sabbia nel substrato e viceversa
un substrato contenente il 95% di sabbia garantisce spesso la presenza di
Banchiostoma lanceolatum anche se non sempre questa relazione è biunivoca; a
sua volta l’informazione sedimentologica così fornita dà indicazioni di un certo
rilievo sulla complessiva energia ambientale, sul tipo di trasporto delle
particelle sedimentarie, ecc.
In modo analogo specie come Tellina distorta, Nuculana pella, Lunatia guillemini
ed altre indicano una instabilità del ritmo sedimentario con apporti alternati di
sabbie e peliti e perciò di condizioni idrodinamiche che consentono talvolta il
trasporto per saltazione e rotolamento e talaltra il trasporto in sospensione.
E’ ovvio che informazioni così importanti possono poi guidare
all’interpretazione di curve di k-dominanza di posizione piuttosto elevata
evitando come talvolta è successo di interpretare tali andamenti come indici di
stress antropici. Stress di questo tipo sono infatti quasi sempre collegati alla
104
presenza di un certo numero di specie altamente tolleranti come Capitella
capitata, Nereis caudata, ecc., rappresentate da un numero elevatissimo di
individui o, a livelli di stress più blandi, dalla presenza di specie quali
Lumbrinereis latreilli, Heteromastus filiformis, ...
Ecco allora che metodi di elaborazione dei dati come quelli menzionati
possono essere sfruttati al meglio se basati su una buona conoscenza faunistica
quantomeno a livello regionale.
Queste conoscenze vengono in parte sfruttate attraverso i metodi ecologico-
qualitativi, discussi nel prossimo capitolo.
105
CAPITOLO 4
ANALISI ECOLOGICO - QUALITATIVE
4.1 Metodologie d’indagine
4.1.1 La distribuzione delle specie caratteristiche
Le specie caratteristiche sensu Pérès e Picard (1964) sono quelle che si trovano
esclusivamente in un ben definito biotopo (caratteristiche esclusive), oppure si
trovano in più biotopi (caratteristiche preferenziali), ma solo in uno di essi
danno luogo ad esuberanze numeriche (facies). In linea generale, esse sono
particolarmente sensibili alle modificazioni ambientali in quanto solitamente
legate a ben definite condizioni medie di equilibrio climatico ed edafico
dell’ambiente.
Da questo punto di vista una specie caratteristica può rappresentare sia un
indicatore negativo perché la sua presenza è attesa e la sua scomparsa dà un
indicazione di disturbo alla comunità, sia un indicatore positivo là dove
l’accuirsi dell’azione di un fattore già noto o l’introduzione di un nuovo fattore
favorevole viene segnalata dall’esuberanza locale (facies) della specie
caratteristica in questione. Le specie puramente indicatrici forniscono invece
una informazione ambientale a prescindere dal biotopo in cui si trovano. La
“sensibilità” ecologica delle specie caratteristiche e di quelle indicatrici le rende
perciò particolarmente adatte in analisi relative al biomonitoraggio e in
106
generale come porzione di una comunità che ben indica e registra fenomeni
evolutivi.
In questo lavoro vengono prese in considerazione in un unico insieme di
specie caratteristiche quelle indicate da alcuni autori (Pérès & Picard, 1964;
Picard, 1965, 1972; Pérès, 1967; Febure-Chevalier, 1969) come preferenziali o
esclusive per determinate biocenosi.
E’ ben noto che negli ambienti paralici mediterranei la distribuzione delle
specie bentoniche è riconducibile ad un modello di zonazione biologica,
comune ai diversi tipi di ecosistemi salmastri (Guarloget & Perthuisot, 1992;
Arias & Drake, 1994).
Numerosi studi hanno riguardato i cambiamenti delle comunità bentoniche e
la relativa modalità di recupero in seguito ad un fattore di disturbo (Pearson &
Rosernberg, 1978, Cognetti, 1982, Gravina et al., 1989, Arias & Drake, 1994,
Giangrande & Fraschetti, 1996, Bachelet et al., 2000, Fano et al., 2000,
Koutsoubas et al., 2000, Mistri et al., 2000, Lardicci et al., 2001, Mistri et al.,
2001, Marchini et al., 2004). A seconda della durata e dell’intensità del disturbo
ambientale, si assiste alla scomparsa delle specie più strettamente legate alla
biocenosi, mentre sopravvivono solo le specie ubiquiste e cosmopolite, dotate
di ampia tolleranza nei confronti dei diversi fattori ambientali (Occhipinti
Ambrogi &Forni, 2003).
4.1.2 L’analisi bionomica
L’analisi bionomica del benthos è legata al concetto di biocenosi, introdotto
inizialmente in ecologia dallo zoologo tedesco Karl Möbius nel 1877, che la
descriveva come l’insieme delle specie mutuamente legate tra di loro e limitate
dalle condizioni di vita di un territorio.
Nel corso degli anni il termine biocenosi è andato spesso a confondersi con il
termine di comunità, tanto che diversi autori propendono per considerarli
107
sinonimi (Odum & Barret, 2007). Una differenza che però traspare tra gli
attuali concetti di comunità e biocenosi, è che quest’ultima presenta una
caratterizzazione prettamente qualitativa (determinata dalla presenza di certe
specie) rispetto all’utilizzo di considerazioni quantitative relative alle specie
dominanti, fatto invece presente nel caso della comunità (Pérès e Picard,
1964).
In questo lavoro una biocenosi è dunque intesa come un gruppo di esseri
viventi corrispondenti, per la loro composizione, per il numero di specie e di
individui, a certe condizioni medie dell’ambiente; gruppo di organismi legati
da una dipendenza reciproca che si riproducono mantenendosi
permanentemente in un’area (Pérès & Picard, 1964).
L’analisi delle biocenosi bentoniche è prevista anche nella normativa italiana in
materia di tutela delle acque (D.lgs.152/99) e prevede specificatamente il
monitoraggio periodico della zona costiera tramite l’osservazione delle
biocenosi di maggior pregio.
I calcoli dell’affinità bionomica percentuale sono stati effettuati secondo le
modalità di Pérès e Picard (1964) tenendo conto contemporaneamente delle
caratteristiche esclusive e preferenziali secondo un algoritmo che prevede
prima il calcolo del coefficiente di correzione C, cioè la percentuale delle
specie caratteristiche delle biocenosi j rispetto a quelle delle altre biocenosi
individuate e poi il calcolo dell’affinità assoluta di ciascuna stazione come
Aj = nj (100 – Cj)
dove nj è il numero di specie caratteristiche della biocenosi j della stazione
considerata. Tale parametro viene espresso poi come A% mediante una
semplice proporzione.
Tali calcoli hanno riguardato le seguenti biocenosi rinvenute nell’area indagata:
biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma (LEE), biocenosi delle Sabbie
Fangose di Moda Calma (SVMC), delle Sabbie Fini Superficiali (SFS), delle
108
Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC), dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC) e del
Detritico Costiero (DC).
I dati derivanti dall’affinità bionomica percentuale sono stati utilizzati per
operare un ordinamento PCA delle stazioni campionate nel corso dei 3 anni e
degli ordinamenti PCA relativi ad ogni singolo anno nei due bacini (Marano e
Grado).
La significatività delle differenze tra le stazioni è stata verificata mediante
l’analisi delle similarità ANOSIM sulla matrice triangolare di distanza, ottenuta
applicando ai valori di affinità percentuale il coefficiente della distanza
euclidea. Questa matrice è stata anche confrontata con la matrice triangolare
di similarità di Bray-Curtis, ottenuta dalle abbondanze totali di tutti i taxa
mediante la procedura RELATE (§ 3.1.3.2), valutandone così il grado di
corrispondenza e l’associata significatività.
4.1.3 Il Coefficiente Biotico (CB)
Le informazioni dedotte dalla presenza-assenza di più specie indicatrici o dalle
loro variazioni quantitative possono essere combinate per formulare indici
biologici in grado di rilevare gli effetti di un’alterazione.
Al fine di stimare la qualità di ambienti marini estuariali o costieri Borja et al.
(2000), rielaborando i concetti espressi da Grall e Glémarec (1997) che
utilizzavano un Indice Biotico per individuare i cambiamenti qualitativi e
quantitativi nella composizione della comunità bentonica causati da variazioni
della qualità delle acque, sviluppano un indice: il “Coefficiente Biotico” (CB).
Borja assegna a cinque differenti gruppi ecologici ordinati secondo la loro
relativa sensibilità all’aumento del gradiente di disturbo (GI=specie molto
sensibili, GII=specie indifferenti, GIII=specie tolleranti, GIV=specie
opportuniste di secondo ordine e GV=specie opportuniste di primo ordine),
più di novecento taxa suddivisi sulla base della loro sensibilità e/o tolleranza
109
ad un eccesso di sostanza organica. Il Coefficiente viene calcolato
considerando la percentuale di abbondanza in ciascun gruppo moltiplicata per
un fattore crescente (0 – 1,5 – 3 – 4,5 – 6) a seconda dell’appartenenza ad uno
dei cinque gruppi; le specie opportuniste (GV), la cui abbondanza viene
moltiplicata per un fattore 6, sono quelle che maggiormente contribuiscono ad
innalzare il valore dell’indice.
BC= {(0 x %GI) + (1,5 x %GII) + (3 x %GIII) + (4,5 x %GIV) + (6 x %GV)}/100
L’applicazione di tale indice restituisce un valore da 0 a 7 il quale risulta a sua
volta compreso in 5 intervalli di diversa ampiezza che corrispondono alla
seguente classificazione del gradiente di inquinamento:
Grado di disturbo Coefficiente Biotico (CB)
Unpolluted 0,0<BC≤1,2
Slightly polluted 1,2<BC≤3,3 Meanly polluted 3,3<BC≤5 Heavly polluted 5<BC≤6
Extremely polluted 6<BC≤7
4.1.4 La struttura trofica
L’analisi della struttura trofica è uno dei metodi più indicati per descrivere e
caratterizzare una comunità (Christian & Luczkovich, 1999), in quanto
differenti gruppi trofici sono associati a differenti biotopi e conseguentemente
risultano utili descrittori di gradienti ambientali (Roth & Wilson, 1998). La
composizione della struttura trofica è inoltre molto utile quando si vogliano
110
considerare variazioni spaziali e temporali di una comunità (Desrosiers et al.
2000).
L’attribuzione delle specie alle diverse modalità trofiche è stata eseguita sulla
base delle indicazioni rinvenute in letteratura (Wolff, 1973; Fauchald &
Jumars, 1979; Orel et al., 1987; Lopez & Levinton, 1987; Jumars &
Wheatcroft, 1989; Wilson, 1990; Freire, 1996; Roth & Wilson, 1998; Christian
& Luczkovich, 1999; Desrosiers et al. 2000; Aleffi et al., 2006).
Da queste indicazioni le specie campionate sono state così attribuite a 6
differenti modalità trofiche: sospensivori, detritivori superficiali, detritivori
sub-superficiali, erbivori, carnivori ed onnivori; in particolare:
- i sospensivori (suspension feeders) si alimentano filtrando le particelle
in sospensione, grazie ad un apposito apparato filtrante (Bivalvi ed
alcuni Policheti);
- i detritivori superficiali (surface deposit-feeders) utilizzano il particolato
che si deposita sulla superficie del sedimento;
- i detritivori sub-superficiali (sub-surface deposit-feeders), scavano
gallerie nel substrato e sono capaci di trovare nutrimento dal sedimento
dei primi mm al di sotto della superficie (Policheti come ad esempio
Capitella e Oligocheti);
- gli erbivori (grazers) si nutrono principalmente di materiale vegetale
- i carnivori, predano gli animali che appartengono agli altri gruppi trofici
(i Decapodi sono un esempio di questo gruppo);
- gli onnivori sono specie che utilizzano più di una delle opzioni sopra
descritte.
111
4.2 Risultati
4.2.1 La distribuzione delle specie caratteristiche
Nel complesso dei 3 anni sono state campionate 24 specie attribuibili a 6
principali biocenosi: Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE), Sabbie Fini Ben
Calibrate (SFBC), Sabbie Fangose di Moda Calma (SVMC), Fanghi Terrigeni
costieri (VTC), Sabbie Fini Superficiali (SFS) e Detritico Costiero (DC) (Tab.
A18).
La biocenosi maggiormente rappresentata è risultata essere la LEE con 9 taxa
(Gibbula adriatica, Cerastoderma glaucum, Abra segmentum (ovata), Tapes
philippinarum, Neanthes (Nereis) diversicolor, Neanthes (Nereis) succinea, Palaemon
adspersus, Carcinus mediterraneus e larve di Chironomidi) seguita dalla SFBC con
5 specie (Montacuta ferruginosa, Tellina nitida, Chamelea gallina, Diogenes pugilator e
Tellina fabula) dalla SVMC con 4 (Loripes lacteus, Paphia (Venerupis) aurea, Tapes
decussatus e Upogebia pusilla) dalla VTC con 2 (Trachythyone elongata e Abra nitida)
dalla SFS con 2 (Cyclope neritea e Glycera convoluta) e dalla DC con 2 specie (Abra
prismatica e Pitar rudis).
Considerando l’esclusività delle specie appartenenti alla biocenosi Lagunare
Euriterma ed Eurialina (LEE), che quindi più di altre contribuiscono alla
descrizione bionomica della laguna propriamente detta, vengono di seguito
descritte alcune tra le specie più abbondanti:
Cerastoderma glaucum (Poiret, 1789)
È una specie caratteristica delle comunità bentoniche degli ambienti lagunari,
Vive su fondi mobili. Tollera un ampio range di parametri ambientali, tra cui
112
la salinità (4-60‰), la temperatura (0-25°C), concentrazione di ossigeno
disciolto (0-200%) e pH (7-10) (Bamber, 2004).
La conchiglia è equivalve con profilo generalmente ovale, presenta un colore
variabile da grigio giallastro a marrone chiaro o scuro, con l’interno biancastro.
La lunghezza della conchiglia varia generalmente da 2 a 4 cm e sono in genere
presenti da 17 a 28 coste. È un mollusco filtratore, si nutre preferibilmente di
diatomee. Vive su diversi tipi di sedimento, dalla sabbia grossolana alla più
fine o sul limo. La sua sopravvivenza è condizionata dalla disponibilità trofica.
Negli stadi giovanili è predato da varie specie di pesci (cefali, gobidi), da
gamberi e da policheti predatori; gli stadi adulti subiscono la predazione da
parte di crostacei decapodi e dell’avifauna. È una specie con sessi separati ed il
periodo riproduttivo è di solito maggio o settembre-ottobre.
Viene considerata una specie indicatrice di ambienti stressati, con condizioni
altamente variabili di temperatura, salinità e con inquinamento di tipo
organico. La sua distribuzione è continua lungo tutto il Mediterraneo, il mar
Nero, il mar Caspio ed il mar Baltico.
Nel 1993 il maggior numero di individui sono stati rinvenuti nella stazione
M19 (9 individui), nel 1994 nella stazione G53 (52 individui) e nel 1995 nella
stazione G2 (9 individui).
Abra segmentum (ovata) (Philippi, 1893)
E’ un mollusco bivalve che, in genere non supera i 25 mm di lunghezza, la cui
conchiglia, dalla forma triangolare e leggermente arrotondata, si presenta
sottile, fragile, biancastra e semitrasparente con linee di accrescimento
particolarmente sottili. Vive infossata fino a 5 cm di profondità nel sedimento
ti tipo argilloso o fangoso e povero di sostanza organica. Tipicamente
eurialina, frequente in acque iperaline, con un optimum di salinità variabile tra
10 e 10-25‰ (Vorobyev, 1949; Karpevich & Yakubova, 1956). Vive appunto
113
in ambienti salmastri con condizioni altamente variabili. È infatti una specie
eurialina, che sopporta variazioni anche notevoli di salinità, ed euriterma in
quanto tollera basse temperature invernali e fino a 28-30°C in estate. A. ovata è
tollerante alla presenza di solfuro di idrogeno ed ammoniaca in acqua ma
poco resistente a scarse concentrazioni di ossigeno (Vorobyev, 1949). È una
specie sospensivora, solo occasionalmente detritivora (Koutsoubas e al., 2000).
Si nutre afferrando le particelle di cibo depositate sulla superficie del
sedimento e di alghe unicellulari, usando il sifone.
Nel 1993 la stazione con il maggior numero di individui è risultata essere la
G8 (9 individui), nel 1994 la M18 (205 individui) e nel 1995 la M43 (105
individui) (la distribuzione della specie nei tre anni viene proiettata
geograficamente nella Fig. A9).
Tapes philippinarum (Adams & Reeve)
Tapes philippinarum o vongola verace filippina è un mollusco bivalve fossorio
caratterizzato da una conchiglia formata da due valve incernierate tra loro con
delle strie concentriche di accrescimento ben visibili. Sopporta piuttosto bene
le variazioni anche notevoli dei parametri chimici e fisici delle acque, quali la
temperatura, la salinità, la percentuale di ossigeno disciolto, la torbidità, ecc.
che sono tipiche degli ambienti lagunari o comunque prossimi alle foci dei
fiumi (Paesanti & Pellizzato, 1994).
E’attualmente distribuita in diverse aree temperate europee ma le popolazioni
naturali sono presenti soprattutto nelle Filippine e nella Cina. La specie è stata
introdotta accidentalmente nel Nord America (Oceano Pacifico, dalla
California alla British Columbia) con l’importazione della Crassostrea gigas negli
anni ’30. Nel 1972 la specie è stata importata in Francia in un allevamento
commerciale ed è stata allevata da allora fino agli inizi anni ’80. Dall’Inghilterra
114
si è diffusa in diversi Paesi europei (Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia)
(Goulletquer, 1997).
Nel marzo 1983 la specie è stata introdotta in Italia nella Laguna di Venezia; i
promettenti risultati e l’interesse dimostrato da più parti per questa nuova
zoocoltura, hanno determinato il diffondersi di semine in molte aree costiere
(lagune, sacche, valli da pesca) del Veneto (laguna di Venezia e Delta fiume
Po). In queste aree la specie si è acclimatata, riprodotta e diffusa in tutti i siti
ecologicamente più favorevoli. La colonizzazione dei nuovi ambienti è stata
veloce e tale da rendere la vongola filippina la specie dominante, fino a
sostituire in gran parte le biocenosi bentoniche originali e fra i molluschi
filtratori l’autoctona e congenerica Tapes decussatus (Franzoi et al., 1986). La
specie è stata introdotta anche negli stagni costieri e nelle lagune della
Sardegna, Toscana, Lazio. L'allevamento della filippina è stato preferito a
quello dell'indigena, Tapes decussatus, per l'elevato tasso di crescita, per la minor
difficoltà nell'ottenere seme da riproduzioni controllate e per la miglior
tolleranza alle ampie variazioni di temperatura, salinità e qualità del substrato
che essa presenta rispetto alla specie autoctona. Inoltre i banchi naturali di
Tapes decussatus sono stati depauperati sia per cause di tipo ambientale che
gestionale ed il loro ripristino si palesa come una delle prossime interessanti
sfide colturali.
Nel 1993 il maggior numero di individui di Tapes philippinarum sono stati
rinvenuti nella stazione M19 (6 individui), nel 1994 nella stazione M18 (8
individui) e nel 1995 nella stazione M27 (9 individui).
Hediste (Nereis) diversicolor
E’ un polichete bentonico errante caratterizzato dalla presenza di grosse setole
localizzate soprattutto sulle appendici locomotorie laterali al corpo. Vive
all’interno di tubi a forma di U o Y da lui stesso scavati, profondi circa 30 cm,
115
all’interno dei quali l’acqua circostante viene pompata sia per la respirazione
che per l’alimentazione. Spesso esce dai tubi per nutrirsi.
H. diversicolor vive preferibilmente su substrati di tipo fangoso, è una specie in
grado di tollerare notevoli variazioni di salinità, pur privilegiando zone
caratterizzate da acque con bassa salinità (Guerzoni & Tagliapietra, 2006).
H. diversicolor compare nella stazione M20 nel 1993 con 120 individui, nella
stazione M48 con 119 individui nel 1994 e nella stazione M42 con 147
individui nel 1995 (la distribuzione della specie nei tre anni viene proiettata
geograficamente nella Fig. A10).
Carcinus mediterraneus (Czerniavsky, 1884)
E’ un crostaceo decapode la cui taglia presenta una lunghezza media di 60
millimetri ed una larghezza di 80 millimetri circa. Il carapace è ovale, liscio,
con una seghettatura anteriore molto evidente. Il maschio differisce
nettamente dalla femmina: quest'ultima ha l’addome largo e arrotondato, e
utilizza i pleopodi per trasportare le uova. Il maschio invece ha l’addome più
stretto e appuntito e possiede solamente i pleopodi anteriori. La parte
superiore del corpo è generalmente di colore verde scuro negli adulti, mentre
la parte inferiore è di colore giallo o rossastro. Ha cinque paia di zampe per
lato, il primo paio possiede delle potenti pinze (cheli) con le dita dentate e
appuntite che sono utilizzate per la difesa e l’attacco. Essendo una specie
caratteristica della biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina tollera ampie
variazioni di temperatura e salinità. In primavera e in autunno, per la muta,
perde il suo esoscheletro e il corpo rimane molle per un po’ di tempo, finché il
nuovo esoscheletro non si indurisce. E’ onnivoro, si ciba prevalentemente di
notte durante l’alta marea.
116
Nel 1993 il maggior numero di individui sono stati rinvenuti nella stazione
M12 (7 individui), nel 1994 nella stazione M13 (3 individui) e nel 1995 nelle
stazioni M31 ed M15 (2 individui).
Larve di Chironomidi
Soprattutto la campagna del 1993 ha permesso di riscontrare numerose larve
di insetti, Ditteri appartenenti alla famiglia dei Chironomidi (Chironomidae).
Questa larve sono frequentemente presenti nelle lagune costiere italiane
andando a costituire un importante componente in termini di biomassa del
macrozoobenthos. Contribuiscono in maniera notevole alla dieta dei pesci e
degli uccelli. Essi si sviluppano passando attraverso gli stadi di larva, pupa e
adulto e la loro vita negli stadi di larva e di pupa si svolge nella grande
maggioranza dei casi in acqua mentre la vita degli insetti adulti si svolge invece
nell’ambiente subaereo (Ceretti et al., 1985). Le larve di questa famiglia
possono vivere in ambienti con concentrazione di ossigeno molto variabile in
quanto possiedono infatti nell’emolinfa un pigmento, l’emoglobina, capace di
immagazzinare ossigeno dall’acqua circostante e di cederlo ai tessuti
dell’animale, quando le concentrazione di questa elemento nell’ambiente
esterno tendono a aggiungere valori modesti (< al 45% di saturazione)
(Nocentini, 1985). Sono organismi alolimnobi e opportunisti (Gravina et al.,
1989) resistono anche in condizioni di arricchimento organico.
Solamente in due dei tre anni di campionamento sono state rinvenute larve di
Chironomidi, in particolare nel 1993 nella stazione M31 (12 larve) e nel 1994
nella stazione M22 (10 larve).
117
4.2.2 L’analisi bionomica
I valori relativi all’affinità percentuale, calcolata sulle biocenosi in tutte le
stazioni campionate nei tre anni studiati (Tabb. A19, A20 e A21) sono stati
utilizzati per produrre un ordinamento PCA (Fig. 4.1), relativo ai primi due
assi che cumulativamente raggiungono l’86,7% dell’informazione (primo asse:
66,7%, secondo asse: 20,0%). Dall’osservazione delle variabili riportate come
vettori sul grafico si deduce la differente importanza delle biocenosi
nell’ordinamento; in particolare è possibile osservare come le biocenosi LEE
(perfettamente concorde con la PC1), SVMC ed SFS (entrambe concordi ma
con segno opposto con la PC2) contribuiscano maggiormente alla
distribuzione spaziale delle stazioni.
E’ possibile osservare un gradiente tra SVMC e LEE, che ordina le stazioni
grossomodo lungo la distanza dalle bocche di porto, è doveroso inoltre far
notare come in un solo punto (il più a destra del grafico, immediatamente
fuori dalla circonferenza) siano concentrate ben 56 stazioni, quelle cioè che
nei tre anni considerati presentano un’affinità del 100% per la biocenosi
Lagunare Eurialina ed Euriterma.
Dal grafico si deduce quindi come prevalentemente le biocenosi LEE e
SVMC guidino la distribuzione spaziale delle stazioni; la maggior parte di
queste infatti risulta compresa tra i vettori relativi a queste due variabili. Ciò
non deve affatto stupire in quanto SVMC è, tra quelle marine, la biocenosi che
ospita specie tipiche di zone a ridotto idrodinamismo e notevole
sedimentazione di particolato fine, condizioni queste peculiari di ambienti
lagunari. Le specie appartenenti a questa biocenosi infatti sono generalmente
tra le ultime di ambiente marino a scomparire man mano che si passa dal mare
ad un habitat lagunare.
118
Fig. 4.1 PCA sui valori di affinità percentuale dell’insieme di stazioni campionate nei 3 anni
Analizzando gli ordinamenti PCA sui dati dell’affinità bionomica percentuale
relativi ad ogni singolo anno (Figg. 4.2, 4.3 e 4.4) si osserva come siano sempre
le biocenosi LEE, SVMC ed SFS a contribuire maggiormente alla distribuzione
spaziale delle stazioni nell’ordinamento. Si notano però delle differenze, in
particolare il 1993 (primo asse: 70,9%, secondo asse: 20,1% di informazione) è
in linea con la situazione generale precedentemente descritta ed è l’anno che
presenta il maggior numero di stazioni ad affinità 100% per LEE (27), mentre
le stazioni del 1994 (primo asse: 63,8%, secondo asse: 21,7% di informazione)
dimostrano complessivamente una leggera diminuzione dell’importanza della
Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1993, 1994, 1995
-100 -50 0 50PC1
-100
-50
0
50
100
PC2
Anni939495
M20 93M35 93M36 93M44 93M21 93M22 93M45 93M18 93M46 93
M47 93
M48 93M34 93M42 93M43 93M17 93M39 93M40 93M41 93
M27 93
M19 93
M28 93
M37 93
M15 93
M31 93
M16 93
M23 93
M24 93
M32 93M13 93
M14 93M33 93
M30 93
M38 93
M10 93
M11 93
M12 93M29 93
M25 93
M26 93G1 93
G2 93G3 93
G4 93
G5 93
G6 93
G8 93
G9 93 G49 93
G50 93
G7 93
G51 93
G52 93
G53 93
M20 94
M35 94M36 94M44 94M21 94M22 94
M45 94
M18 94 M46 94
M47 94
M48 94M34 94
M42 94
M43 94M17 94
M39 94
M40 94
M41 94
M27 94
M19 94
M28 94M37 94
M15 94
M31 94
M16 94
M23 94
M24 94
M32 94M13 94
M14 94
M33 94
M30 94
M38 94
M10 94
M11 94
M12 94
M29 94
M25 94
M26 94
G1 94
G2 94
G3 94 G4 94G5 94G6 94
G8 94
G9 94
G49 94
G50 94G7 94
G51 94
G52 94
G53 94
M20 95M35 95M36 95M44 95
M21 95
M22 95M45 95
M18 95
M46 95M47 95 M48 95
M34 95
M42 95M43 95M17 95M39 95M40 95M41 95
M27 95
M19 95
M28 95
M37 95
M15 95
M31 95M16 95
M23 95
M24 95
M32 95
M13 95
M14 95
M33 95M30 95
M38 95M10 95
M11 95 M12 95
M29 95
M25 95
M26 95
G1 95G2 95
G3 95 G4 95
G5 95
G6 95
G8 95
G9 95
G49 95
G50 95
G7 95
G51 95
G52 95G53 95
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBCA%VT C
A%DC
56 stazioni 100% LEE
119
biocenosi LEE (12 stazioni 100% LEE) ed un aumento dell’importanza delle
biocenosi marine in particolare delle Sabbie Fini Superficiali (SFS).
Questa maggior importanza rispetto al 1993 delle biocenosi marine viene
confermata anche dall’analisi dell’ordinamento relativo al 1995 (primo asse:
66,9%, secondo asse: 18,1% di informazione) dove 17 stazioni mostrano
un’affinità del 100% per LEE e le altre risultano mediamente più
eterogeneamente distribuite.
Fig. 4.2 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1993
Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1993
-100 -50 0 50PC1
-100
-50
0
50
100
PC2
BacinoMar.Gra.
M20 93M35 93M36 93M44 93M21 93M22 93M45 93M18 93M46 93
M47 93
M48 93M34 93M42 93M43 93M17 93M39 93M40 93M41 93
M27 93
M19 93
M28 93
M37 93
M15 93
M31 93
M16 93
M23 93
M24 93
M32 93
M13 93
M14 93M33 93
M30 93
M38 93
M10 93
M11 93
M12 93M29 93
M25 93
M26 93G1 93
G2 93G3 93
G4 93
G5 93
G6 93
G8 93
G9 93G49 93
G50 93
G7 93
G51 93
G52 93
G53 93
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBCA%VTC
27 stazioni 100% LEE
120
Fig. 4.3 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1994
Fig. 4.4 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1995
Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1994
-100 -50 0 50PC1
-100
-50
0
50
PC2
BacinoMar.Gra.
M20 94
M35 94M36 94M44 94M21 94M22 94
M45 94
M18 94
M46 94
M47 94
M48 94M34 94
M42 94
M43 94M17 94
M39 94
M40 94
M41 94
M27 94
M19 94
M28 94
M37 94
M15 94
M31 94
M16 94
M23 94
M 24 94
M 32 94M13 94
M14 94
M33 94M30 94
M38 94
M10 94M 11 94
M12 94
M29 94
M25 94
M26 94
G1 94
G2 94
G3 94
G4 94
G5 94
G6 94
G8 94
G9 94
G49 94
G50 94 G7 94
G51 94
G52 94G53 94
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
A%DC
12 stazioni 100% LEE
Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1995
-50 0 50 100PC1
-50
0
50
PC2
BacinoMar.Gra.
M20 95M35 95M36 95M44 95
M21 95
M22 95M45 95
M18 95
M46 95
M47 95
M48 95
M34 95
M42 95M43 95M17 95M39 95M40 95M41 95
M27 95
M19 95
M28 95
M37 95
M15 95
M31 95 M16 95
M23 95
M24 95
M32 95
M13 95
M14 95
M33 95M30 95
M38 95
M10 95
M11 95
M12 95
M29 95
M25 95
M26 95
G1 95G2 95
G3 95
G4 95
G5 95
G6 95
G8 95
G9 95
G49 95
G50 95
G7 95
G51 95
G52 95G53 95
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBCA%VTC
A%DC
17 stazioni 100% LEE
121
L’analisi delle similarità ANOSIM a due vie (two-way crossed) eseguita
configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di
appartenenza sulla matrice triangolare di distanza, ottenuta applicando ai
valori di affinità percentuale il coefficiente della distanza euclidea, ha
evidenziato differenze significative sia tra gli anni (R=0.044, P<0.05), che tra i
due bacini (R=0.517, P<0.01). I relativi confronti multipli evidenziano però
differenze significative solo tra il 1993 ed il 1994 (R=0.092, P=0.01), mentre i
confronti tra il 1993 ed il 1995 (R=0.021, P=0,066) ed il 1994 ed il 1995 non
risultano significativi (R=0.016, P=0.12) (Tab. A22).
La matrice triangolare di distanza, derivante dai dati di affinità percentuale, è
stata confrontata, mediante la procedura RELATE, con la matrice triangolare
di similarità, ottenuta dai valori di abbondanza di tutti i taxa campionati. Tale
confronto ha evidenziando una correlazione significativa tra le due matrici
(Rho=0.517, P<0.01), mostrando un ottimo riscontro tra la descrizione
bionomica e quella quantitativa della laguna (Tab. A23).
4.2.3 Il Coefficiente Biotico (CB)
L’analisi del Coefficiente Biotico (CB) ha permesso di individuare 3 gradi di
disturbo: slightly disturbed (= leggermente disturbato), moderately disturbed
(= moderatamente disturbato) e undisturbed (=indisturbato).
In particolare analizzando le Tabb. A24, A25 e A26 e la Fig. 4.5, emerge come
nel 1993 il bacino di Marano presenti 31 stazioni leggermente disturbate per
passare nel 1994 a 33 e nel 1995 a 32, 3 stazioni moderatamente disturbate nel
1993, nessuna stazione nel 1994 e neppure nel 1995. Le stazioni indisturbate
passano da 4 nel 1993 a 6 nel 1994 e a 9 nel 1995. Per quanto riguarda il
bacino di Grado le stazioni con leggero disturbo passano nei tre anni da 13 a
11 a 6, con disturbo moderato, da 1 a 2 (nessuna stazione nel 1995), mentre le
122
stazioni indisturbate non sono presenti nel 1993 ma compaiono nel 1994 con
una e nel 1995 con ben 8. Nel complesso dei tre anni questo indice descrive
una situazione di generale miglioramento, scompaiono infatti le stazioni
moderatamente disturbate ed aumentano considerevolmente quelle
indisturbate. Questo andamento è evidente soprattutto nel bacino di Grado.
La situazione descritta dal Coefficiente Biotico in un ambiente lagunare come
è la Laguna di Marano e Grado sembra però essere influenzato piuttosto che
da una reale diminuzione dello stress dovuto ad un eccesso di sostanza
organica, da un aumento delle influenze marine sui popolamenti bentonici.
Infatti molte delle specie, dei generi e delle famiglie che l’indice attribuisce ai
gruppi maggiormente indicatori di disturbo (gruppi III, IV e V) sono tipiche
di ambienti di transizione, lagunari soprattutto. Perciò un aumento delle
influenze marine tenderebbe a far diminuire la presenza e l’abbondanza di
organismi compresi nei gruppi III, IV e V del Coefficiente Biotico a favore di
organismi tipicamente marini e appartenenti ai gruppi di rango inferiore.
Da tali osservazioni si deduce come questo indice non sia sempre adatto a
valutare lo stress determinato da un eccesso di sostanza organica in un
ambiente così particolare come una laguna.
Infatti, la limitazione principale di questo metodo, basato sulla composizione
della comunità bentonica, è dovuto alla necessità di individuare liste di specie
indicatrici per ogni situazione biogeografia, climatica ed edafica (Occhipinti
Ambrogi & Forni, 2003), quindi anche espressamente per una laguna.
123
Fig. 4.5 Il Coefficiente Biotico nei tre anni campionati (le barre indicano l’errore standard)
Coefficiente Biotico (CB) 1993
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri d
i CB
Coefficiente Biotico (CB) 1994
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri d
i CB
Coefficiente Biotico (CB) 1995
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7
G51 G52 G53
stazioni
valo
ri d
i CB
124
4.2.3 La struttura trofica
Nel complesso dei 3 anni campionati sono stati determinati 77 taxa attribuiti a
6 strategie trofiche, in particolare sono stati individuati 5 taxa di erbivori, 20
taxa di carnivori, 17 taxa di detritivori superficiali, 21 taxa di sospensivori, 9
taxa di detritivori subsuperficiali, 5 taxa di onnivori (Tab. A27).
Dall’analisi della numerosità dei taxa appartenenti alle diverse modalità
trofiche (Fig. 4.6) emerge come in tutti e 3 gli anni campionati le
maggiormente rappresentate siano i sospensivori ed i carnivori seguite dai
detritivori superficiali, detritivori subsuperficiali e, in misura minore, dagli
onnivori e dagli erbivori. Complessivamente si osserva un aumento nella
numerosità dei taxa di quasi tutte le categorie trofiche, tra il 1993 ed il 1994,
collegato al generale aumento della varietà di specie, già osservato nelle analisi
quantitative, ed una notevole diminuzione nelle stesse passando dal 1994 al
1995.
Fig. 4.6 Numero dei taxa appartenenti alle diverse modalità trofiche nei 3 anni
campionati (le barre verticali indicano l’errore standard)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
1993 1994 1995
Anni
Tax
a
Erbivori Carnivori SospensivoriDetritivori superficiali Detritivori subsuperficiali Onnivori
125
Dall’analisi della numerosità degli individui appartenenti alle differenti
modalità trofiche si osservano differenze tra gli anni più marcate (Fig. 4.7). Si
assiste ad un aumento numerico tra il 1993 ed il 1994 molto evidente nei
detritivori superficiali e negli onnivori che, in tutti e tre gli anni di
campionamento, risultano i gruppi numericamente dominanti.
Fig. 4.7 Numero degli individui appartenenti alle diverse modalità trofiche nei 3 anni
campionati (le barre verticali indicano l’errore standard)
Nel complesso tutte le categorie trofiche, tranne i detritivori subsuperficiali,
mostrano una crescita tra il 1993 ed il 1994 ed un calo tra il 1994 ed il 1995. I
detritivori subsuperficiali sono l’unico gruppo che diminuisce dal 1993 al 1994
per poi scomparire quasi del tutto nel 1995 e ciò è in apparente contrasto con
i valori di Eh registrati. Il 1995 infatti è l’anno in cui il potenziale di
ossidoriduzione dei sedimenti è meno negativo indicando perciò un aumento
dell’ossigenazione degli stessi. Tale apparente incongruenza tra la scomparsa
dei detritivori subsuperficiali e il miglioramento dell’ossigenazione dei fondali
è probabilmente un effetto combinato delle attività di pesca della vongola
verace filippina (T. philippinarum) che trova un’enorme espansione proprio in
0
500
1000
1500
2000
2500
1993 1994 1995Anni
Indi
vidu
i
Erbivori Carnivori Sospensivori
Detrit ivori superficiali Detrit ivori subsuperficiali Onnivori
126
quegli anni. L’azione degli strumenti da pesca (in particolare il “ferro
maranese”) è infatti in grado di determinare una notevole mobilizzazione dei
sedimenti favorendone quindi l’ossigenazione ma nel contempo crea un
notevole stress soprattutto a carico della comunità di piccoli policheti che
vivono infossati nei primi 10/15 cm del sedimento (range di penetrazione
dell’attrezzo di pesca) quali soprattutto i detritivori subsuperficiali. La
scomparsa di questo gruppo trofico è evidente principalmente nel bacino di
Marano (Fig. 4.8).
Anche dall’analisi della distribuzione degli individui (Fig. 4.9) si osserva
l’esistenza di un evidente gradiente in tutti e tre gli anni procedendo dal mare
verso le zone più confinate a favore degli onnivori e dei detritivori superficiali.
Questa tendenza è prevalentemente determinata dalla elevata presenza
numerica di H. diversicolor (polichete onnivoro) ed A. segmentum (mollusco
detritivoro superficiale) specie paraliche tipicamente presenti con un gran
numero di individui.
127
Fig. 4.8 Distribuzione delle specie delle diverse modalità trofiche nei tre anni di campionamento
128
Fig. 4.9 Distribuzione degli individui delle diverse modalità trofiche
nei tre anni di campionamento
129
CAPITOLO 5
LA CARTOGRAFIA BIONOMICA PER IL
MONITORAGGIO BENTONICO DELLA LAGUNA DI
MARANO E GRADO
5.1 Introduzione
La cartografia ambientale riveste un ruolo molto importante sia per gli aspetti
di ricerca relativi alla conoscenza degli ecosistemi, sia per gli aspetti finalizzati,
legati alla necessità di intervento e di gestione del territorio (Bartlett, 2000;
Villa et al., 2002). Per queste ragioni, la cartografia ecologica è molto
sviluppata in ambiente terrestre, dove, ad esempio, la mappatura della
vegetazione costituisce un elemento fondamentale nell’ambito di studi
ambientali. In ambiente marino invece le realizzazioni delle carte ecologiche
sono di gran lunga meno frequenti sia a causa di una minor tradizione a
considerare il mare come territorio sia per le difficoltà operative (Bianchi et al.,
2003).
Molte ricerche “marine” sono state dedicate ad esempio alla mappatura della
vegetazione sommersa (numerose sono le mappe relative ad esempio alle
praterie di Posidonia oceanica) e recentemente la cartografia è stata impiegata per
mappare e gestire risorse ittiche demersali (Corsi et al., 1998; Ardizzone et al.,
1999; Ardizzone et al., 2000; Santos, 2000). Più complete risultano invece le
carte bionomiche dal momento in cui il benthos, per le sue peculiarità rispetto
all’ambiente pelagico, può registrare non indifferenti alterazioni ambientali.
130
Mèaille et al., (1988) hanno evidenziato che il confronto tra carte bionomiche
in differenti periodi rappresenta uno strumento per individuare l’evoluzione
temporale e le alterazioni subite dall’ecosistema in una data area.
5.2 I Sistemi Informativi Geografici
Intorno alla metà degli anni ’60 inizia a diffondersi sul mercato informatico
una categoria di software rivolti alla gestione ed al trattamento dei dati di tipo
geografico, noti come Sistemi Informativi Territoriali (SIT), o comunemente
denominati, utilizzando l’acronimo inglese G.I.S., Geographical Information System
(Burrough, 1986; Parker, 1988; Cowen, 1988).
In Italia le definizioni G.I.S. e S.I.T. vengono scambiate tra loro come se il
significato fosse coincidente ma nell’usare i due acronimi bisogna fare
attenzione a non confondere informazioni digitali con contenuti
esclusivamente cartografici (G.I.S.) ed informazioni territoriali che possono
escludere completamente la rappresentazione spaziale (SIT).
Il termine "Geografico" individua una rappresentazione grafica del globo
terrestre a livelli di dettaglio che possono essere differenti.
Il termine "Territoriale" individua invece tutte le tipologie di informazioni
attinenti ad un specifico territorio delimitato da confini amministrativi.
Da quanto espresso si deduce che non necessariamente un Sistema
Informativo Territoriale è anche un Sistema Informativo Geografico, mentre
un Sistema Informativo Geografico è inevitabilmente anche un Sistema
Informativo Territoriale.
In sintesi, un sistema informativo è uno strumento ad alto contenuto
tecnologico che permette di raccogliere, memorizzare, collocare, richiamare,
analizzare, trasformare e rappresentare informazioni spazialmente individuate
ed eventi che esistono e si verificano sul territorio.
131
La definizione appena riportata fa riferimento a tre categorie distinte per i
sistemi informativi, con ambiti di applicazione differenti e caratteristiche
tecniche non omogenee:
CAM (Computer Assisted Mapping)
AM/FM (Automated Mapping / Facility Management)
G.I.S. (Geographic Information System)
Fig. 5.1 Classificazione delle categorie per i sistemi informativi
in base alla topologia, agli attributi ed agli oggetti
La categoria dei CAM identifica l’evoluzione dei sistemi CAD. Sistemi che
producono dei dati di tipo grafico, e che aggiungendo semplicemente la
componente di posizione si tramutano in sistemi CAM, dove le informazioni
sono strutturate per livelli (layers) contenenti ciascuno elementi di tipologia
diversa: strade, rete fognaria, rete elettrica, etc.
La categoria AM/FM, sempre basata su tecnologia CAD, si differenzia dai
CAM per un maggiore dettaglio delle informazioni digitali attinenti al
132
riferimento cartografico specifico a sfavore di una più imprecisa
rappresentazione cartografica dell’informazione stessa, vista come un semplice
strato informativo su cui "sovrapporre" le informazioni grafiche di interesse, per
lo più riferite alle caratteristiche tecniche e costruttive delle reti (strade,
fognature, reti gas, reti elettriche, ecc).
Per la categoria dei G.I.S., P.A. Burrough nel 1986 diede una delle definizioni
più complete: "un potente insieme di strumenti in grado di acquisire, immagazzinare,
recuperare, trasformare,analizzare e riprodurre dati spaziali riferiti al territorio".
Aronoff nel 1989 definì i G.I.S. come "un insieme di procedure, basate sull'utilizzo
di strumenti informatici, atte a memorizzare e manipolare dati geografici", mentre
Cowen (1988) precisò che un G.I.S. è "un sistema per il supporto decisionale su
tematiche di natura ambientale che si basa sull'utilizzo di dati spazialmente riferiti".
Le definizioni sopra citate mettono in evidenza la caratteristica principale del
G.I.S.: la capacità di georeferenziare i dati, quindi di attribuire ad ogni
elemento grafico delle coordinate spaziali reali. Di fatto, le coordinate di un
oggetto non sono memorizzate relativamente ad un sistema di riferimento
arbitrario (di una mappa), né relativamente al sistema di coordinate della
periferica usata, come la tavoletta digitalizzatrice o il video, ma sono
memorizzate secondo le coordinate del sistema di riferimento (Gauss Boaga,
UTM, ecc.) in cui realmente è situato l'oggetto.
Un G.I.S., a differenza delle altre due applicazioni, ha la possibilità di eseguire
analisi approfondite sui dati geografici acquisiti interlacciando con estrema
precisione informazioni geografiche e puntuali-descrittive.
Al fine di ottenere una risposta corretta, è necessario che il sistema G.I.S. in
questione sia coadiuvato da una adeguata base di dati strutturata secondo
criteri topologici, criteri che prevedono un corretto rapporto relazionale
(interconnessione, inclusione, contiguità, ecc.) tra le diverse entità
geometriche (punti, linee, aree, ecc.) che si possono trovare nello spazio di
studio in esame.
133
Ricerca e analisi (creare modelli, simulare tendenze e predisporre scenari) sono
il fine generale dei sistemi informativi geografici oltre che alla visualizzazione
dei risultati (rappresentazione di mappe con “report”, viste tridimensionali,
immagini fotografiche ed altre rappresentazioni multimediali).
Il G.I.S. permette di creare e mettere a disposizione sistemi per la gestione di
beni e risorse distribuite (reti tecnologiche, catasti, sistemi informativi
comunali, patrimoniali, ecc.) e sistemi per la programmazione territoriale ed il
supporto alle decisioni (stesura di piani, valutazioni di impatto ambientale,
applicazioni socio-demografche, geomarketing, ecc.).
“Migliori informazioni comportano migliori decisioni” è il principio per cui va
progettato un sistema informativo territoriale o geografico: con il G.I.S., non
si possono produrre decisioni in maniera automatica ma si distribuisce uno
strumento per interrogare, analizzare e visualizzare dati a supporto del
processo decisionale. Risponde alla necessità di procedere all’analisi integrata
di informazioni organizzate e georiferite al territorio, al fine di mostrare i dati
acquisiti in vari modi e secondo vari punti di vista.
Riducendo la ridondanza delle informazioni, aumentando la produttività e
soprattutto incrementando l'efficienza organizzativa i G.I.S. trovano spazio
applicativo in agricoltura, nella protezione civile, nei vari settori ambientali,
nelle amministrazioni comunali, nelle aziende che gestiscono le reti
tecnologiche, nel settore delle analisi socio-demografiche e di mercato, nel
settore dei trasporti, nel settore della progettazione di opere ed infrastrutture e
nel settore delle telecomunicazioni e nell’analisi e gestione delle comunità
bentoniche.
134
5.2.1 I dati che alimentano un GIS
Dati Vettoriali
I dati vettoriali sono costituiti da elementi semplici quali punti, linee e
poligoni, codificati e memorizzati sulla base delle loro coordinate. Un punto
viene individuato in un sistema informativo geografico attraverso le sue
coordinate reali (x1, y1); una linea o un poligono attraverso la posizione dei sui
nodi (x1, y1; x2, y2; ...). A ciascun elemento è associato un record del database
informativo che contiene tutti gli attributi dell'oggetto rappresentato.
Fig. 5.2 Rappresentazione vettoriale di punti, linee (archi) e aree (poligoni).
135
Dati Raster
Il dato raster permette di rappresentare il mondo reale attraverso una matrice
di celle, generalmente di forma quadrata o rettangolare, dette pixel. A ciascun
pixel sono associate le informazione relative a ciò che esso rappresenta sul
territorio. La dimensione del pixel (detta anche pixel size), generalmente
espressa nell'unità di misura della carta (metri, chilometri etc.), è strettamente
relazionata alla precisione del dato.
Fig. 5.3 Immagine raster (satellitare) con la dimensione del pixel uguale a 30 metri
Fig. 5.4 Immagine raster (foto aerea) con la dimensione del pixel uguale a 1 metro.
136
Dati tabulari e Database
Informazioni digitali, organizzate e non organizzate, che possono essere
relazionate con le informazioni spaziali afferenti al GIS. I fogli Excel,
Database Access e tabulati di coordinate GPS ne sono un esempio.
Fig. 5.5 Esempio di file di testo contenente le coordinate GPS derivate dallo strumento e foglio Excel rappresentante i dati biotici ed abiotici relativi ai punti di campionamento.
137
Fig. 5.6 Database relazionale che si integra dinamicamente con i dati geografici.
5.3 GIS applicato alle comunità bentoniche
5.3.1 Perchè mappare gli habitat bentonici
La conoscenza degli habitat marini è necessaria per lo sviluppo e l'attuazione
di una vasta gamma di politiche di gestione delle risorse. La mappatura degli
habitat bentonici fornisce un mezzo per identificare e caratterizzare sia dal
punto di vista ecologico che commerciale tali aree, al fine di determinare il
mezzo più efficace per la loro conservazione e gestione.
138
La mappatura delle comunità bentoniche può essere ad esempio utilizzata per
stimare il danno fisico causato dalla pesca al traino e dall’uso di attrezzi di
raccolta; può dare supporto all’individuazione di nuove riserve marine
basandosi su una conoscenza approfondita degli habitat critici.
Supporta inoltre la programmazione per l’insediamento di nuovi impianti di
acquicoltura e può stabilirne l’idoneità per aree diverse.
E’ uno strumento utile per determinare gli effetti del cambiamento degli
habitat causato da influenze naturali o umane. Studi dettagliati hanno
esaminato l'impatto degli attrezzi da pesca sul benthos, in modo da
determinare il danno complessivo che la pesca provoca all’habitat ed ai suoi
organismi. Con la mappatura degli habitat nel corso del tempo e la
conseguente creazione di una base storica di dati, i tempi di recupero
dell’habitat possono essere stimati. Questo è importante per decidere se e per
quanto tempo, le zone dovrebbero essere interdette alla pesca al fine di
consentirne un pieno recupero.
5.3.2 Metodi e strumenti per la mappatura degli habitat bentonici
La mappatura degli habitat bentonici è costituita da un’azione
multidisciplinare che combina elementi fisici (geologici), biologici e
componenti chimici dei fondali marini. Dati relativi ad esempio al tipo di
substrato, alla topografia, alle specie biologiche, alla concentrazione di
ossigeno, alla presenza o assenza di eventuali inquinanti sono necessari per
creare un quadro descrittivo di un habitat.
Dal momento in cui nessuna singola informazione fornisce un quadro
completo ed efficace dell’area di studio, la mappatura dovrà integrare,
analizzare ed interpretare i diversi tipi di dati. Per raggiungere gli obiettivi
prefissati sarà necessario pianificare al meglio le sequenze operative
considerando le variabili coinvolte e l’area di studio in esame.
139
Per la progettazione di una mappatura degli habitat bentonici, ci sono tre
importanti quesiti ai quali rispondere:
1. Quali sono le domande alle quali si vuol dare risposta?
2. Quali tipi di dati sono necessari per rispondere a queste domande?
3. Quali vincoli logistici bisogna prendere in considerazione?
Rispondere a queste tre domande è fondamentale per lo sviluppo di una
strategia di lavoro efficace, dal momento che le decisioni inerenti alla
metodologia di raccolta dei dati e il piano di campionamento influiranno
notevolmente su come i dati derivati potranno essere analizzati e interpretati. I
costi e vincoli di tempo possono inoltre limitare la gamma di opzioni per il
piano di attuazione.
A seguire vengono dettagliate le informazioni necessarie per una corretta
pianificazione della mappatura bentonica:
Caratteristiche ambientali dell’area di studio
Una volta determinati gli obiettivi del progetto, le risoluzioni necessarie e le
caratteristiche fisiche dell’area di studio quali, trasparenza dell’acqua,
profondità, topografia del fondale ed estensione dell’area, è necessario definire
da subito gli strumenti che effettivamente si possono utilizzare per la
mappatura degli habitat. Per esempio, se l’area in oggetto presenta un fondale
roccioso, gli equipaggiamenti necessari per penetrare il sedimento ed
estrapolare i dati informativi non saranno presi in considerazione. In questo
caso, una campionatura accurata può essere effettuata utilizzando riprese
video o combinando immagini ottenute da scansioni laser. Considerando che i
fattori coinvolti nella pianificazione di una strategia di campionatura sono
molteplici alcune importanti considerazioni sono riportate di seguito.
140
Trasparenza dell’acqua
Acque tropicali e costiere che sono caratterizzate da fondali trasparenti
possono essere mappate utilizzando immagini satellitari, foto aeree e
videografia sottomarina. Gli ambienti lagunari presentano particolari sfide per
la mappatura degli habitat bentonici, in quanto la torbidità dell’acqua e la
granulometria fine del sedimento prevedono l’utilizzo di strumenti acustici
piuttosto delle immagini spettrali.
Profondità
La profondità dell’area di studio deve essere presa in considerazione al
momento della scelta di un sistema per la mappatura degli habitat appropriato
e con costi accettabili. L’ausilio di imbarcazioni per l’analisi del fondale non è
da considerarsi in presenza di profondità minori di 2-3 metri. Viceversa analisi
aeree devono essere valutate dipendentemente dalla riflettanza luminosa.
Un sistema multibeam può fornire risoluzioni intorno al metro in acque con
profondità di 50 metri. Aumentando la profondità la traccia del sonar
aumenta, riducendo così la possibilità di discriminare piccoli oggetti in acque
sempre più profonde.
Topografia del fondale e variabilità
Determinata la topografia del fondo e gli habitat più probabili, può essere
individuata la tecnica di rilevamento più opportuna. Una topografia che
presenta rilievi consistenti e rischi morfologici quali affioramenti rocciosi e
piane rocciose restringe il campo di traino del sensore in alcune aree di studio.
Nel caso il fondale, attraverso lo studio dell’area, risulta variabile, una
caratterizzazione a larga scala sarà importante per definire e quindi mappare
un ampio intervallo di habitat. D’altra parte, in presenza di un’area di studio
141
piana, con lieve pendenza e sedimento a granulometria fine, un’accurata scelta
dei campioni sarà opportuna per definire con precisione i diversi tipi di
habitat.
Estensione dell’Area di Studio
Il limite geografico della zona di studio determinerà la scelta tra un’indagine
estesa oppure a campione localizzato. Le tecniche di campionatura a larga
scala permettono l’acquisizione di dati per zone estese. Tali tecniche
prevedono l’utilizzo di immagini satellitari, di foto aeree ed informazioni
acustiche (sonar). Gli studi estesi possono anche richiedere l'uso di campioni
localizzati per verificare la coerenza del dato. Tecniche a scala precisa, quali il
campione del sedimento, l’immagine del profilo del sedimento (SPI) ed il
video subacqueo o la strisciata laser, forniscono una visione più dettagliata per
aree di piccola estensione. Se una zona di studio è relativamente piccola
(considerando anche la risoluzione necessaria), le tecniche di campionatura
localizzata possono essere ritenute sufficienti.
Gli strumenti da utilizzare
Gli habitat bentonici sono mappati e studiati usando una varietà di strumenti e
di tecniche. Alcuni metodi sono usati per caratterizzare zone relativamente
grandi (cioè sull'ordine delle centinaia e molte migliaia di metri quadri). Per
esempio, le immagini satellitari e le fotografie aeree possono essere utilizzate
per identificare habitat diversi lungo la fascia costiera ed in acque poco
profonde. Questo tipo di raccolta dati a larga scala fornisce informazioni
generali per la zona di interesse. Le sezioni che seguono forniscono una breve
descrizione degli strumenti ottici ed acustici che possono essere utilizzati per
individuare gli habitat bentonici permettendo una mappatura corretta.
142
• Immagini satellitari e fotografie aeree
Satelliti ed aerei equipaggiati con sensori spettrali possono fornire
informazioni sugli habitat bentonici in zone costiere e poco profonde. Questi
sensori restituiscono dati descrittivi sulle caratteristiche del mare quali la
presenza o meno di coralli, fanerogame, sabbia, crostacei e alghe. I satelliti
sono equipaggiati con sensori tali da permettere l’acquisizione di dati per vaste
aree di territorio. Esistono molti sensori che forniscono livelli differenti di
informazione. La risoluzione di alcune immagini satellitari può essere troppo
bassa (sull'ordine di diverse centinaia di metri) per discriminare habitat
differenti, tuttavia, alcuni satelliti sono dotati di sensori ad alta definizione che
possono distinguere oggetti piccoli in uno spazio di un metro quadrato.
• Laser, sonar da imbarcazione
Molti habitat bentonici non possono essere mappati efficacemente con riprese
aeree. Problematiche si possono riscontrare in presenza di acque profonde ed
ambienti marini torbidi che ne limitano la visibilità. In queste zone, il limitato
passaggio della luce nella colonna d’acqua ostacola l’acquisizione di
informazioni da parte dei sensori montati su aeromobili o satelliti. L’acustica
subacquea può essere la tecnica da impiegare per caratterizzare gli habitat
marini anche in presenza di scarsa trasparenza. La maggior parte di questi
sistemi acustici sono montati su di un’imbarcazione oppure al traino della
stessa. Una varietà di tecniche ottiche (video, macchine fotografiche e laser) e
fisiche di campionatura permettono uno studio ravvicinato ed a scala precisa
per piccole sezioni marine. Questi metodi coinvolgono generalmente l'uso di
apparecchiature specifiche presenti su imbarcazioni. Forniscono l'occasione
per unire informazioni più dettagliate su una zona particolare del mare e
143
verificare o calibrare le interpretazioni di dati a larga scala, come quelli raccolti
dalle immagini satellitari, dalle foto aeree e dalle indagini acustiche (sonar).
• Fotografia e fotometria da imbarcazioni
Sensori spettrali subacquei possono essere utilizzati per creare immagini dei
fondali marini più profondi o con elevata torbidità. Una linea di scansione
laser permette di concentrarsi su una piccola zona. Il fascio laser esplora il
fondale marino e il sensore registra i riflessi di energia. La continua scansione
di un laser permette di ottenere una dettagliata immagine con una risoluzione
nell’ordine dei millimetri o centimetri
• Campioni di sedimenti
I campioni di sedimento permettono, dopo un’accurata analisi, di descrivere in
modo dettagliato le caratteristiche del sedimento stesso all’interno dell’area di
studio e di individuare le comunità biologiche in esso presenti.
• Software per l’elaborazione
Al fine di operare un’immediata e corretta integrazione dei dati acquisiti
utilizzando le tecniche descritte è necessario disporre di un Software che
permetta la creazione di una visione d’insieme delle informazioni presenti.
144
5.4 Cartografia bionomica della Laguna di Marano e
Grado
5.4.1 I dati
Definiti gli obiettivi, gli strumenti a disposizione ed i dati in possesso, si è
proceduto alla costruzione e al primo sviluppo del sistema informativo
territoriale per la Laguna di Marano e Grado. Le informazioni a disposizione
per descrivere e visualizzare dettagliatamente l’area in oggetto sono
rappresentate da:
• Dati geografici in formato digitale
Carta Tecnica Regionale Numerica, scala 1:25.000 (Fig. 5.7)
Limiti Amministrativi, (ZPS, SIC, limiti comunali, aree soggette a
vincolo) (Fig. 5.8)
Immagine satellitare Landsat 5, risoluzione di 30 metri (Fig. 5.9)
Immagine aerea ortorettificata, risoluzione di 1 metro (Fig. 5.10)
• Database relazionale
Database descrivente i punti di campionamento in formato
Access (Fig. 5.11)
145
• Dati tabulari
Fogli Excel rappresentanti le analisi in laboratorio dei campioni
di sedimento (Fig. 5.12)
Dati in formato testo rappresentanti le coordinate GPS dei punti
di campionamento (Fig.5.13)
Visualizzazione grafica dei dati descritti:
Fig. 5.7 Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN), scala 1:25.000.
146
Fig. 5.8 Limiti amminstrativi (in giallo la ZPS, in reticolato il SIC)
Fig. 5.9 Immagine Satellitare (Sensore Landsat).
Fig. 5.10 Foto aerea ortorettificata
147
Fig. 5.11 Struttura logica del DataBase.
Fig. 5.12 Tabella Excel rappresentante il numero di specie per stazione campionata.
148
Fig. 5.13 Dati in formato testo, rappresentanti le coordinate delle singole stazioni, espresse nel sistema di proiezione Gauss-Boaga.
Ogni fonte dati ha caratteristiche diverse sia per quanto concerne le
coordinate geografiche di posizionamento spaziale sia per quanto riguarda il
formato di origine (doc, txt, shp, mdb, xls). Per poter integrare il tutto in
modo coerente è stato necessario utilizzare un apposito software (ArcView 9.2
di ESRI) capace di gestire informazioni raster, vettoriali, tabellari e puntuali al
fine di creare un unico supporto identificante il quadro generale dell’area di
studio.
149
Fig. 5.14 Immagine rappresentante l’interfaccia grafica di ArcView 9.2 (ESRI).
5.4.2 I processi di elaborazione necessari per l’interoperabilità
dei dati
Conversioni di coordinate: i dati geografici sono caratterizzati da coordinate di
posizionamento geografico che permettono la corretta localizzazione nello
spazio degli elementi visualizzati. I dati raccolti presentano coordinate diverse
e per poterli visualizzare nel medesimo spazio definito, è stato necessario
operare una conversione di coordinate nel sistema di riferimento prescelto per
lo sviluppo del Sistema informativo: Gauss Boaga.
150
Fig. 5.15 Sovrapposizione dei dati geografici dopo la conversione di coordinate
(CTRN, limite SIC, canali, classificazione sperimentale).
Importazione dei dati puntuali: I dati di posizionamento, acquisiti in “campo” e
riguardanti i punti di campionamento sono stati archiviati dallo strumento
GPS in formato testuale (txt). Il software ArcView permette la loro
trasposizione nel sistema informativo e definisce la caratteristica grafica di
queste informazioni.
Fig. 5.16 Importazione e rappresentazione grafica dei punti stazione.
151
Integrazione del database: Il database relazionale si presenta come fonte esterna
che va ad integrare le informazioni geografiche in nostro possesso. Con una
procedura di importazione, proprietaria di ArcView, è stato possibile attribuire
le informazioni del Dbase agli oggetti geografici, andando a completare e
valorizzare l’informazione grafica.
Fig. 5.17 Importazione ed integrazione di un DataBase con i dati geografici.
Integrazione dei fogli excel: I file in formato excel rappresentano la quasi totalità
delle informazioni afferenti all’area di studio per i punti campionati. Il
software GIS permette un collegamento diretto (join) tra il foglio Excel ed i
punti di campionamento rappresentati in formato grafico nel sistema
informativo. Questo è possibile grazie all’associazione univoca del codice
punto presente sia nell’informazione geografica che nel foglio Excel.
152
Fig. 5.18 Collegamento tra dati puntuali e dati geografici mediante l’indice univoco “staz” (JOIN).
5.4.3 Le elaborazioni spaziali
Una volta raccolte ed integrate in un unico sistema tutte le informazioni a
disposizione si è passati alla fase di elaborazione spaziale. Tali elaborazioni
hanno permesso la creazione di nuovi elementi grafici derivati
dall’interpolazione dei dati puntuali e degli elementi geografici. Il software GIS
ArcView mette a disposizione diversi algoritmi di interpolazione geografica,
tra i quali lo SPLINE, utilizzato per la creazione delle informazioni tematiche.
L’interpolatore SPLINE adatta una funzione matematica a passare per un
numero specificato di punti di input vicini (in questo caso punti di
campionamento e loro attributi). Molto utilizzato nei GIS è indicato per
superfici “dolci” senza brusche variazioni, di conseguenza la laguna in esame
rappresenta l’area idonea per l’applicazione di tale algoritmo. E’ un
interpolatore esatto perchè garantisce la precisione sui punti di input esplicanti
le informazioni derivate dal Database e dai fogli Excel.
153
Vengono di seguito riportati alcuni tematismi derivati dalle elaborazioni
effettuate sui dati biotici ed abiotici applicando il modello di interpolazione
appena descritto; in particolare nelle:
Fig. 5.19 Andamento della distribuzione delle specie nella Laguna di
Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (mappa
in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.20 Andamento della distribuzione degli individui nella Laguna di
Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (mappa
in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.21 Andamento dell’Indice H’ di Shannon nelle 53 stazioni di
campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al
centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.22 Andamento dell’Indice R di Margalef nelle 53 stazioni di
campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al
centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.23 Andamento dell’Indice J di Pielou nelle 53 stazioni di
campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al
centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.24 Percentuale di affinità bionomica per la biocenosi Lagunare
Eurialina ed Euriterma nella Laguna di Marano e Grado in base ai
campionamenti effettuati nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al
centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.25 Andamento dei valori del Coefficiente Biotico nelle 53
stazioni di campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel
1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);
154
Fig. 5.26 Andamento della salinità nella Laguna di Marano e Grado in
base alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel
1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.27 Andamento del pH nella Laguna di Marano e Grado in base
alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994
(mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);
Fig. 5.28 Andamento dell’Eh nella Laguna di Marano e Grado in base
alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994
(mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).
155
Fig. 5.19 Andamento della distribuzione delle specie nella Laguna di Marano e Grado
in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
156
Fig. 5.20 Andamento della distribuzione degli individui nella Laguna di Marano e Grado
in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
157
Fig. 5.21 Andamento dell’Indice H’ di Shannon nella Laguna di Marano e Grado
in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
158
Fig. 5.22 Andamento dell’Indice R di Margalef nella Laguna di Marano e Grado
in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
159
Fig. 5.23 Andamento dell’Indice J di Pielou nella Laguna di Marano e Grado
in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
160
Fig. 5.24 Percentuale di affinità bionomica per la biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti
effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
161
Fig. 5.25 Andamento dei valori del Coefficiente Biotico nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).
Coefficiente Biotico - 1993
Coefficiente Biotico - 1994
Coefficiente Biotico - 1995
162
Fig. 5.26 Andamento della salinità nella Laguna di Marano e Grado in base
alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).
163
Fig. 5.27 Andamento del pH nella Laguna di Marano e Grado in base alle
misure effettuate nelle 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).
164
Fig. 5.28 Andamento dell’Eh nella Laguna di Marano e Grado in base
alle misure registrate nelle 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).
165
CAPITOLO 6
CONCLUSIONI
Questo studio è stato effettuato su dati raccolti nel corso di tre anni successivi
campionando con benna Van Veen (4 bennate da 0,049 m2) su 53 stazioni
diversamente distribuite nella della Laguna di Marano e Grado. Ciò qualifica
questa indagine come la più ampia finora effettuata in questo ambiente. In
accordo con i concetti elaborati da Guelorget e Perthuisot (1983) peraltro già
adombrati in studi riguardanti la Laguna di Venezia attraverso l’idea di
vivificazione marina, i dati ottenuti sono stati analizzati prima di tutto per
descrivere la struttura di base dei popolamenti bentonici lagunari e la loro
evoluzione nel periodo di osservazione, poi per mettere in evidenza l’esistenza
di eventuali gradienti biologici legati prevalentemente all’andamento del
confinamento in ciascun bacino o a variazioni di tale parametro al passaggio
da un bacino all’altro.
Nel complesso, nel corso dei tre anni, si è osservata una evidente evoluzione
temporale delle comunità bentoniche ed è emersa inoltre una netta differenza
tra i due principali bacini lagunari.
In particolare, sia i parametri legati alla biodiversità che quelli legati alla
struttura delle comunità, hanno mostrato dei valori più elevati e comunità
meglio strutturate nel corso del 1994. In effetti, numero di specie, abbondanza
individui, diversità, ricchezza ed equitabilità quest’anno mostra valori
mediamente più elevati rispetto agli altri due (1993 e 1995); presenta inoltre
una migliore distribuzione delle curve di k-dominanza. Tali analisi fanno
ipotizzare che durante il 1994 siano intervenuti fattori che nel complesso
166
hanno favorito un generale aumento della biodiversità in vaste zone dell’area
in esame.
Al miglioramento dei parametri ecologici legati alla componente
macrozoobentonica, osservato tra il 1993 ed il 1994, è seguito un deciso
declino della strutturazione delle comunità nel 1995, fatto verosimilmente
legato alla modificazione di qualche parametro ambientale.
Nonostante questa evoluzione temporale della laguna nel suo insieme, il
bacino di Marano e quello di Grado hanno sempre mantenuto una spiccata
individualità, mostrando una diversa affinità per i popolamenti “tipicamente
lagunari” ed una diversa importanza dei loro precursori paralagunari,
maggiormente legati all’ambiente marino. Queste variazioni spaziali, osservate
nella composizione della comunità in ogni anno si rivelano prevalentemente
secondo un gradiente di confinamento collegato anche alla distanza dalle
bocche di porto. Tale effetto è maggiormente evidente nel bacino di Marano,
presenta diverse stazioni che si raggruppano assieme nel corso dei tre anni
campionati e risultano altresì situate nelle zone più lontane dalle bocche di
porto. Questo gradiente di confinamento è riscontrabile anche nell’andamento
del numero di specie nonché del numero di individui ed è in accordo con
quanto elaborato da Guelorget e Perthuisot nel passaggio da un ambiente
marino ad uno esclusivamente lagunare.
Anche la situazione descritta dalle analisi qualitative conferma e rafforza
quanto emerso da quelle quantitative; infatti anche l’andamento delle specie
caratteristiche e gli associati valori di affinità bionomica descrivono
un’evoluzione temporale e spaziale della laguna studiata. In particolare nel
corso dei tre anni si osserva una certa diminuzione dell’affinità nei confronti
della biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE) ed un contestuale
aumento dell’affinità per biocenosi marine quali quella delle Sabbie Fangose di
Moda Calma (SVMC), delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) e delle Sabbie
Fini Superficiali (SFS), già qualificate sopra come paralagunari.
167
Anche l’analisi bionomica restituisce una rilevante differenza tra l’assetto del
bacino di Marano rispetto a quello di Grado; infatti soltanto nel bacino di
Marano numerose stazioni mostrano valori di affinità del 100% per la
biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (25 nel 1993, 11 nel 1994 e 16 nel
1995), mentre nel bacino di Grado solo 4 stazioni nei tre anni campionati
mostrano il 100% di affinità per LEE (2 stazioni nel 1993, 1 nel 1994 e 1 nel
1995).
Nel complesso anche l’analisi bionomica sembra confermare la tendenza
all’aumento delle influenze marine durante i tre anni di campionamento, fatto
indicato anche dall’andamento del coefficiente biotico che, nonostante non si
presti sempre ad essere utilizzato quale indicatore di disturbo da arricchimento
da sostanza organica, costituisce comunque una misura della complessiva
variazione dell’assetto delle comunità lagunari.
Tutte queste differenze vengono confermate anche dall’analisi della struttura
trofica, che si manifesta differentemente tra gli anni, sia nel numero di taxa, sia
soprattutto nel numero di individui appartenenti alle diverse modalità, oltre a
ribadire evidenti differenze lungo un gradiente di confinamento soprattutto
per il bacino di Marano. Questo dato ed il quadro complessivo dell’evoluzione
delle comunità bentoniche nei tre anni indagati sembra peraltro compatibile
proprio con l’inizio dell’attività di pesca della vongola verace filippina,
mediante l’utilizzo di strumenti di un certo impatto, quali il “ferro maranese”.
In effetti l’aumento della biodiversità, della ricchezza e degli altri parametri
legati alle comunità, nonché una certa riduzione dell’affinità per popolamenti
tipicamente lagunari, che si osserva tra il 1993 ed il 1994, è verosimilmente
collegabile al moderato disturbo determinato dal passaggio degli strumenti di
pesca dei molluschi all’inizio di questa attività, via via intensificatosi negli anni
successivi. Nei due anni iniziali, a livello contenuto di sforzo di pesca totale, le
rese individuali sono elevate e vengono realizzate dragando aree limitate, con
168
altrettanto limitate turbative. Anche la produzione totale rimane piuttosto
bassa.
La condizione bionomica riscontrata è perciò in accordo sia con le ipotesi di
Huston (1979), secondo cui in un sistema non in equilibrio in cui siano
presenti perturbazioni periodiche di non elevata intensità, l’esclusione dei
competitori meno adatti tarda a verificarsi comportando una situazione
dinamica con elevati valori di diversità, sia con quanto riportato da Pearson e
Rosemberg (1978), secondo i quali in situazioni moderatamente disturbate la
massima espressione della biodiversità si realizza in concomitanza degli
ecotoni.
La diminuzione del numero delle specie, il peggioramento degli indici
ecologici e degli altri parametri descrittori delle comunità, che si osserva tra il
1994 ed il 1995, è collegabile invece con il notevole aumento del disturbo
prodotto dalle attività di pesca, testimoniato peraltro dall’enorme aumento
nella produzione che si realizza proprio tra questi due anni (da 222 t nel 1994
a 1002 t nel 1995). Si deve tener conto peraltro che la diminuita densità della
risorsa induce una mobilizzazione dei sedimenti più che proporzionale
all’aumento della produzione totale. L’impatto di tali attività sembra inoltre
spiegare molto bene l’apparente incongruenza tra la miglior ossigenazione dei
fondali, testimoniata da un innalzamento dei valori di Eh, e la contestuale
scomparsa dei detritivori subsuperficiali, categoria trofica che più di altre
dovrebbe beneficiare dei miglioramenti del potenziale di ossidoriduzione, ma
che per prima risente degli effetti negativi determinati dal passaggio ripetuto
degli strumenti da pesca. Si tratta infatti di una componente faunistica leggera
che, al passaggio dell’attrezzo viene presa in carico dalle correnti e portata
lontana dal sito di pertinenza, esponendola con ciò alla predazione dei
carnivori pelagici prima e bentonici poi (Orel et al., 2005).
Parallelamente alle analisi ed alle elaborazioni ecologiche relative all’assetto dei
popolamenti macrozoobentonici della laguna e, al fine di produrre un
169
concreto strumento specificatamente realizzato per il biomonitoraggio e la
futura gestione di questo ambiente, è stato realizzato un sistema informativo
mirato. Questo strumento potrà consentire in futuro la catalogazione, l’analisi
comparativa dei dati bionomici, sedimentologici e di quelli relativi alla pesca
ed all’acquacoltura, la fruizione e la gestione in relazione agli attuali e futuri
modelli di utilizzo dell’ambiente lagunare (Speranza e Puppi Branzi, 1993).
La cartografia bionomica risponde infatti a molteplici necessità pratiche,
fornendo non solo un quadro dello stato dei fondali in un determinato
momento ma anche l’inventario e la localizzazione dei popolamenti bentonici
di una specifica area, la stima delle risorse, delle biomasse e, grazie alla
comparazione di carte successive, permette la valutazione dell’evoluzione dei
popolamenti su lunghi periodi.
La cartografia biocenotica, grazie alla sua notevole capacità di sintesi (Morri et
al., 1986), rappresenta quindi un utile strumento di lavoro ai fini della
pianificazione, della gestione e della tutela degli ambienti marini. Queste sue
caratteristiche la rendono una componente strategica per la realizzazione di un
Sistema Informativo Geografico (GIS) relativo alla fascia costiera.
Una corretta gestione del patrimonio ambientale e delle risorse che popolano
un determinato ambiente, implica una buona conoscenza sia degli aspetti
geomorfologici e sedimentologici di un dato fondale, sia degli aspetti
puramente biologici, quali appunto quelli relativi alle comunità e alle biocenosi
bentoniche. Un Sistema Informativo Geografico è quindi uno strumento in
grado di elaborare dati spaziali e non, di trasformare i dati in informazioni, di
integrare differenti tipi di dati, di analizzare, di modellare i fenomeni che
occorrono sulla superficie terrestre e di fornire supporto alle decisioni.
L’integrazione delle diverse tipologie di dati realizzata da un supporto GIS
costituisce infatti la base per valutare l’attuale assetto ambientale delle lagune
nord-adriatiche e fornisce un valido strumento per individuarne l’evoluzione
ed avviarne la gestione.
170
Un esempio didascalico riguardo l’utilità di questo strumento è deducibile
dalla Fig A11 in cui viene riportata la distribuzione della biomassa bentonica
totale e della biomassa relativa alla sola vongola verace filippina riscontrata
attraverso i dati elaborati in questa indagine (Tab. A28). In una terza
immagine, ai dati relativi agli anni 1990, vengono sovrapposti i limiti delle aree
in concessione richieste dai pescatori di Marano a scopo di venericoltura nel
2001. Come si può ben vedere tali aree ricadono nelle zone di più elevata
biomassa di Tapes philippinarum. I pescatori di Marano non hanno fatto altro
che trasferire le cognizioni acquisite nel corso delle pregresse attività di pesca
ai progetti di vongolicoltura che stavano apprestando.
Il modello ottenuto attraverso il GIS verrebbe così “validato”dalle conoscenze
empiriche accumulate dai pescatori durante le loro attività.
C’è da rilevare tuttavia che le zone scelte dai pescatori si trovano tra quelle a
maggiore confinamento, fatto che induce a supporre per esse una maggior
frequenza di estremi ambientali (accumulo di macroalghe, ipossie o anossie,
esalazioni di H2S, ...) capaci di determinare completi tracolli degli assetti
faunistici e quindi complete morie di vongole.
Se ciò accade in una zona sfruttata per la pesca in libero accesso i pescatori
possono spostare la loro attività in zone non toccate dall’evento, ad esempio
in zone meno confinate, dove le vongole, pur presenti in minore quantità, si
sono mantenute vitali.
In un regime di allevamento in concessione, episodi di questo genere non
possono invece esser ovviati in modo così facile. Se il tracollo è avvenuto al
primo anno di allevamento, si perde solo il seme, ma se avviene al secondo o
al terzo, i danni sono ovviamente più pesanti ...
Ecco perciò che una completa mappatura GIS potrebbe allora deviare le
richieste dalle zone a maggiore produttività istantanea, ad altre eventualmente
meno produttive, ma che sulla base dei valori di O2 a livello del fondo o di Eh
a 4-5 cm dalla sua superficie indicano che le probabilità di eventi disastrosi su
171
lunghi periodi sono molto basse e capaci così di garantire il buon esito del
ciclo di allevamento paratriennale della vongola verace.
Ciò senza contare le possibilità di ottimizzare l’ubicazione di altre fasi, quali il
preingrasso o l’entità delle semine in funzione della densità di plancton o dei
tassi di mortalità delle diverse zone.
Dati di base, loro elaborazioni, interpretazioni che ne derivano ed indirizzi
gestionali trovano perciò nelle rappresentazioni GIS uno dei migliori
strumenti di pianificazione e di politica territoriale.
172
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APPENDICE
Fig. A1 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di diversità H’ di Shannon, il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Anno ; M edie M QEff. corrente: F (2, 156)=9,2110, p =,00017
Dec om po sizione ipote si effe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95
1993 199 4 1995
Anno
0,8
1,0
1,2
1,4
1,6
1,8
2,0
2,2
2,4
H'
Fig. A2 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di diversità H’ di Shannon nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Bacino; M edie M QEff. corrente: F(1, 157)=7,2703, p=,00778
Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95
M arano Grado
Bacino
1,3
1,4
1,5
1,6
1,7
1,8
1,9
2,0
2,1
2,2
2,3
H'
Fig. A3 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di ricchezza R di Margalef, il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Anno; M edie M QEff. c orre nte: F (2, 15 6)=10 ,004, p=,00 008
Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95
1993 199 4 1995
Anno
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
1,6
1,8
2,0
2,2
R
Fig. A4 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori
di ricchezza R di Margalef nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Bac ino ; M e die MQEff. co rrent e: F(1, 157 )=8,9 157 , p= ,003 28
Dec om posiz ion e ip otesi effe ttiv eLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95
M arano Grado
Bacino
1,0
1,1
1,2
1,3
1,4
1,5
1,6
1,7
1,8
1,9
2,0
2,1
2,2
R
Fig. A5 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di equitabilità J di Pielou, il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Anno ; M ed ie M QEff. corrente: F(2, 156)=1,2807, p=,28076
Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95
1993 199 4 1995
Anno
0,54
0,56
0,58
0,60
0,62
0,64
0,66
0,68
0,70
0,72
0,74
0,76
0,78
J
Fig. A6 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di equitabilità J di Pielou nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni
(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).
Bac ino ; M e die MQEff. co rrent e: F(1, 157 )=1,9 998 , p= ,159 30
Dec om posiz ion e ip otesi effe ttiv eLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95
M arano Grado
Bacino
0,58
0,60
0,62
0,64
0,66
0,68
0,70
0,72
0,74
0,76
0,78
0,80
J
Fig. A7 Dendrogramma ottenuto dalle abbondanze dell’insieme di stazioni campionate nel 1993.
Dendrogramma stazioni 1993Complete linkage
M17
93
M42
93
M41
93
M35
93
M20
93
M47
93
M18
93
M34
93
M28
93
M40
93
G53
93
M10
93
M44
93
M46
93
M48
93
M27
93
M39
93
M31
93
M36
93
M21
93
M43
93
M22
93
M45
93
M24
93
M30
93
G5
93G
50 9
3M
37 9
3M
38 9
3M
19 9
3M
33 9
3M
23 9
3M
14 9
3M
15 9
3G
51 9
3G
52 9
3M
32 9
3M
13 9
3M
25 9
3G
4 93
M11
93
G7
93M
16 9
3M
26 9
3G
1 93
G2
93G
9 93
G49
93
M12
93
M29
93
G3
93G
6 93
G8
93
Samples
100
80
60
40
20
0
Sim
ilarit
y
Trans form : Square rootResem blance: S17 Bray Curtis s im ilarity
Fig. A8 Dendrogramma ottenuto dalle abbondanze dell’insieme di stazioni campionate nel 1994.
Dendrogramma stazioni 1994Complete linkage
M42
94
M21
94
M39
94
M22
94
M20
94
M34
94
M17
94
M44
94
M48
94
M25
94
M16
94
M24
94
M37
94
M32
94
M30
94
G2
94G
3 94
M35
94
M36
94
M28
94
M33
94
M46
94
M43
94
M45
94
M10
94
M47
94
M19
94
M27
94
M23
94
M18
94
M41
94
M31
94
M40
94
G4
94G
5 94
G6
94M
13 9
4M
29 9
4M
38 9
4M
26 9
4G
50 9
4G
9 94
G49
94
M15
94
M12
94
G8
94M
14 9
4M
11 9
4G
1 94
G7
94G
53 9
4G
51 9
4G
52 9
4
Samples
100
80
60
40
20
0S
imila
rity
Trans form : Square rootResem blance: S17 Bray Curtis s im ilarity
Fig. A9 Distribuzione di Abra segmentum nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso)
Distribuzione di Abra segmentum nel 1993
Distribuzione di Abra segmentum nel 1994
Distribuzione di Abra segmentum nel 1995
Fig. A10 Distribuzione di Hediste diversicolor nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso)
Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1993
Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1994
Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1995
Fig A11 Distribuzione della biomassa totale (ind/m2), della biomassa relativa
a Tapes philippinarum e mappa con i limiti delle aree in concessione richieste a scopo di venericoltura.
Distribuzione della biomassa totale (ind/m2)
Distribuzione della biomassa (ind/m2) relativa a Tapes philippinarum
Aree lagunari richieste in concessione per l’allevamento di molluschi eduli
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23
Trattenuto residuo (in ml): 220 640 1190 250 140 355 595 940 55 380 550 140 75 130 184 215 145 135 1370 1580 870 420 2130 200 350 395
Anthozoa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Ostrea edulis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 5 1 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 9 4 3 0 0 2 0Abra segmentum 2 1 0 2 0 0 0 2 4 3 0 1 0 2 0 1 0 3 0 2 0 0 0 0 0 3Chamelea gallina 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 1Paphia aurea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 22 3 0 0 0 2 1 0 0 16 0 0 2 0 2 0 8 2 1 0 0 0 0 0 7 0Phyllodoce mucosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 3Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 120 46 34 41 26 41 51 12 22 49 4 16 80 44 22 31 13 90 6 21 5 3 0 20 1 1Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Neanthes sp. 0 9 0 1 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Malacoceros fuliginosus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Prionospio cirrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 36 2 1 0 5 1 9 121 0 18 9 62 63 27 16 1 16 33 1 0 25 1 0 3 5 0Sabellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 1 0 2 13 1 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 2 0 0 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lanice conchilega 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cumacea indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 1 5 0 0 1 3 0 1 0 1 0 0 147 6 122 36 4 176 1 0 2 0 2 33 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 5 0 4 0Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 5 1 2 0 0 1 2Chironomidae indet. 0 0 1 5 0 3 4 0 0 0 1 0 0 1 0 2 0 0 2 0 0 0 0 12 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 6 7 3 4 3 6 4 6 2 9 5 5 5 6 4 5 4 6 8 8 9 4 3 6 10 5n° individui dei taxa 186 67 36 49 32 51 65 138 26 93 32 84 293 81 162 71 41 305 18 48 41 9 9 70 28 10n° delle specie per stazione: 4 4 2 2 2 3 2 5 2 7 3 4 3 4 2 3 2 4 5 6 8 4 1 3 7 4n° individui delle specie: 163 50 35 43 31 43 60 137 26 76 26 80 144 74 38 33 29 127 14 44 39 9 2 24 14 7
continua
Stazioni anno 1993
Tab. A1 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1993
M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
Trattenuto residuo (in ml): 320 540 824 1970 300 950 2310 430 2896 800 1670 120 200 510 2950 730 70 1680 630 800 590 530 600 450 530 1230 700
Anthozoa indet. 2 6 0 0 0 0 0 0 2 1 0 3 3 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 1 154 39 0 1 10 0 0 0 0 3 10 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 3 0 0 0 0Hinia reticulata 0 2 2 0 1 0 0 0 0 5 3 0 1 0 1 2 0 0 2 5 0 0 0 2 0 0 0Cyclope neritea 1 2 4 0 0 0 1 0 1 0 0 1 1 2 0 0 1 4 0 0 0 0 1 1 2 3 3Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilus galloprovincialis 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 2 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Ostrea edulis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 0 7 2 0 8 0 2 0 0 0 0 1 4 3 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0Abra segmentum 1 1 2 1 0 0 0 1 2 1 1 0 0 0 0 0 0 3 5 9 1 8 0 0 0 1 1Chamelea gallina 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 3 13 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 0 0 4 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 4 0 1 0 2 0 0 34Phyllodoce mucosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 1 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 0 1 2 0 1 0 3 8 5 0 3 1 0 0 1 0 1 0 0 1 1 1 0 5 0 0 3Neanthes succinea 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Neanthes sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 8 25 0 0 0 1 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 1 0 0 0 5 9 0 0 0 1 6 0 7 9 1 1 9 5 0 0 0 0Glycera convoluta 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Lumbrinereis gracilis 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Malacoceros fuliginosus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Prionospio cirrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 0 0 1 0 0 0 0 0 11 0 0 0 1 3 0 2 1 0 0 0 0 0 0 5 0 0 24Sabellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 14 0 2 0 0 2 3 15 0 7 1 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 16 13 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 7 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 1 3 0 0 0 0 1Capitella capitata 0 0 0 2 0 0 0 1 1 0 20 0 0 0 0 1 0 0 0 5 1 0 2 0 1 0 0Capitellidae indet. 0 9 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0Lanice conchilega 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cumacea indet. 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 4 10 0 0 0 0 0 0 0 5 7 0 3 0 0 0 0 3 5 0 6 0 0 0 0 1Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 2 0 0 0 73 37 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 1 0 0 0Processa sp. 0 2 0 0 0 0 0 0 0 4 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 1 0 0 0 1Paguridæa indet. 0 1 2 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 2 0 2 1 0 4 0 0 7 4 0 0 0 0 3 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 1 7 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 1 0 0 0 0 0 0 0 11 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 12 21 12 5 6 7 5 3 10 11 12 10 7 6 5 9 5 5 10 16 12 15 6 9 4 5 9n° individui dei taxa 22 219 70 7 13 17 12 10 32 111 98 27 12 13 18 21 6 18 25 45 36 90 13 25 5 8 70n° delle specie per stazione: 10 15 9 3 5 5 4 3 8 8 8 5 4 4 5 6 5 5 8 12 10 12 6 6 4 5 6n° individui delle specie: 19 195 54 5 12 14 10 10 29 33 52 14 7 9 18 15 6 18 21 31 19 69 13 21 5 8 33
Tab. A1 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1993
Stazioni anno 1993
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23
Trattenuto residuo (in ml): 280 660 980 420 60 480 1250 780 180 320 170 160 40 130 240 150 250 540 900 740 870 360 810 230 250 510
Anthozoa indet. 0 1 1 1 0 0 0 7 1 3 1 0 1 0 0 0 1 3 4 3 0 1 0 6 0 0Chiton olivaceus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15 0 0 0Truncatella subcylindrica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 3 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 2 5 0 21 0 0 0 0 0 3 0 0 1 0 2 3 0 6 6 2Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Scapharca inæquivalvis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Crassostrea gigas 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 5 0 0 0Cerastoderma glaucum 1 11 17 3 0 0 14 12 1 9 22 1 0 3 7 0 0 17 13 7 3 0 3 12 1 21Tellina fabula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2Tellina nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Abra prismatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 7 1Abra segmentum 6 8 11 54 0 4 25 205 40 55 48 11 1 28 196 0 0 69 96 49 69 12 6 74 4 108Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 8 0 3 0 0 0 0 0 1 0 6 3 1 0 0 0 7 0 2Paphia aurea 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 1 0 1Corbula gibba 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 9 0 0 0 1 16 0 0 1 0 0 0 1 0 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Sthenelais boa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 52 18 50 55 63 72 73 82 61 7 119 51 84 24 47 57 0 32 49 9 85 3 0 49 0 21Neanthes succinea 0 4 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 24 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 1 2Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Marphisa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 18 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora antennata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora ciliata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 2 0 0 0 0 0 2 1 1 0 0 1 0 0 3 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Spionidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0Paraonis lyra 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 3 0 0 0 1 0Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Maldanidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Megalomma vesiculosum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phoronidea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 4 0 2 0 7 0Amphipoda indet. 221 3 2 227 24 119 43 1 16 0 122 105 34 28 227 23 3 17 0 1 0 0 0 14 4 0Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Palæmon adspersus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 1 1 2 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 2 1 0 0 1 0 0 0Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 8 6 6 5 4 6 7 13 10 7 5 6 7 4 6 6 5 7 12 12 8 5 19 10 9 10n° individui dei taxa 293 45 82 340 90 222 160 327 124 100 312 170 124 83 486 87 8 145 174 76 168 20 88 172 32 161n° delle specie per stazione: 6 4 4 3 2 3 6 9 6 5 3 5 4 3 4 4 3 5 11 8 7 4 17 7 7 10n° individui delle specie: 63 41 79 112 65 77 117 317 105 95 189 65 88 55 253 63 4 125 170 70 164 19 85 150 21 161
continua
Stazioni anno 1994
Tab. A2 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1994
M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
Trattenuto residuo (in ml): 670 80 360 1510 250 770 2720 550 970 980 1540 190 520 580 1530 670 80 360 630 690 530 610 2190 80 650 320 130
Anthozoa indet. 0 3 0 7 0 2 0 0 15 0 0 3 4 20 1 1 1 0 0 0 1 0 2 0 0 0 0Chiton olivaceus 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 1 0 0 1 0 0 5 0 0 1 0 0 0 0 0 0 3 0 0 4 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 4 1 0 2 0 0 55 19 0 3 1 0 0 0 0 2 1 65 23 0 0 0 2 1 0Truncatella subcylindrica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 1 1 0 2 0 0 0 1 1 0 2 2 0 0 1 0 1 1 0 0 6 1 0 0 1Cyclope neritea 3 4 1 3 8 1 20 7 7 0 2 7 6 2 4 2 0 2 0 0 3 0 2 7 11 1 11Haminæa navicula 0 0 0 0 0 1 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 2 1 0 0 1 0 0 1Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Scapharca inæquivalvis 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 2 0 1 2 1 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1Cerastoderma glaucum 1 0 0 7 4 1 5 4 7 0 0 0 1 6 18 12 2 6 1 4 5 4 0 27 41 10 52Tellina fabula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 6 1 0 0 0 0 1 0 0 0Tellina nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Abra nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra prismatica 6 1 3 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra segmentum 3 23 2 4 14 7 1 36 24 8 1 6 0 29 2 4 1 6 5 7 97 20 1 49 3 5 64Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 10 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 1 0 1 0 0 0 0 5 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 1 2 0 10 0 2 0 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 3 4 0 0 0 0 0Corbula gibba 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 3 0 0 0 0Oligochaeta indet. 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0 0 5 0 1 0 0 0 0Sthenelais boa 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 2 0 1 0 0 0 0 1Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 3 5 0 0 100 17 0 46 2 1 0 3 0 0 54 13 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 7Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 0 2 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 1 0 9 1 4 1 0 1 3 0 0 1 2 1 0 2 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 9 23 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 3 1 0 0 1 0 0 1 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphisa sanguinea 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora antennata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0Polydora ciliata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 5 8 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0Spionidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paraonis lyra 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 2 0 0 0 0 3 0 0 2 0 0 0 1 7 0 0 0 0 0 0 7 0 1 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 1 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 10 2 0 4 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 8 3 19 11 0 0 0 0 2 2 0 2 2 4 0 0 0 0Heteromastus filiformis 5 1 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 3 0 0 1 0 0 2 0 0 1Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 22 3 0 1 0 0 0 15 0 13 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 1 1 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Maldanidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 0 1 0 2 2 1 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Megalomma vesiculosum 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phoronidea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 9 1 0 0 0 0 0 0 3 2 1 1 6 3 0 0 0 0 7 41 47 16 0 4 0 0 0Amphipoda indet. 1 0 0 0 0 3 0 53 3 1 0 1 0 0 0 15 5 0 4 2 13 0 1 0 0 0 6Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Palæmon adspersus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 2 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 1 0 1 8 0 0 0 0 1 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 10 5 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 1 0 0 0 0 0 2 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 13 13 11 12 4 16 9 8 18 19 15 19 12 14 7 10 9 14 13 20 21 14 14 14 5 6 13n° individui dei taxa 37 48 20 49 126 48 35 153 146 57 23 60 37 80 83 55 45 37 35 142 242 92 31 113 61 32 148n° delle specie per stazione: 10 11 10 11 4 13 9 5 14 14 11 13 7 10 6 7 7 12 8 18 14 12 9 12 5 6 11n° individui delle specie: 25 44 18 42 126 40 35 95 123 43 17 34 14 48 82 38 39 34 13 99 161 74 22 108 61 32 141
Stazioni anno 1994
Tab. A2 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1994
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23
trattenuto residuo (in ml) 100 650 800 100 50 200 650 900 160 250 450 70 100 100 215 150 320 300 650 1200 1050 700 2200 600 200 300
Anthozoa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cerithium vulgatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 153 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 2 0Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Cerastoderma glaucum 6 2 4 0 2 0 2 8 0 5 6 1 1 1 0 0 0 4 6 4 1 6 2 7 1 2Abra segmentum 26 18 25 28 29 10 18 92 14 48 98 18 1 105 32 1 3 43 27 64 18 4 15 22 1 85Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 6 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 9 5 1 1 0 2 0 0Paphia aurea 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 1 0 2 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 34 11 26 63 9 77 23 7 33 3 16 103 147 45 33 53 61 48 4 2 0 0 0 25 0 0Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 3 1Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis latreilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Anisopoda indet. 0 0 0 0 25 3 0 0 0 0 0 60 65 0 0 320 0 72 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 82 0 0 3 0 0 25 0 0 47 0 0 2 0 0 0 0 0 0 2 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Diogenes pugilator 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 2 2 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 3 3 3 2 5 4 3 5 3 6 3 6 5 4 5 3 3 6 7 4 4 6 12 7 7 3n° individui dei taxa 66 31 55 91 66 172 43 114 50 61 120 208 215 152 117 374 64 170 54 75 21 14 183 61 11 88n° delle specie per stazione: 3 3 3 2 4 2 3 5 2 6 3 4 4 4 3 2 2 4 7 4 4 6 11 6 5 3n° individui delle specie: 66 31 55 91 41 87 43 114 47 61 120 123 150 152 66 54 64 96 54 75 21 14 182 60 8 88
continua
Stazioni anno 1995
Tab. A3 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1995
M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
trattenuto residuo (in ml) 1470 50 170 1000 820 950 2800 400 2900 600 950 80 1600 200 1300 730 160 225 100 950 170 1100 450 70 450 450 1200
Anthozoa indet. 0 0 0 6 0 4 1 0 1 2 0 0 2 7 4 2 0 0 0 2 0 2 0 0 2 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 10 0 7 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 1 0 2 0Cerithium vulgatum 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 1 0 0 24 0 30 0 0 13 10 37 3 0 2 0 1 0 85 315 56 47 70 103 0 31 6 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 3 0 1 0 0 0 0 0 1 3 4 0 0 0 0 2 2 6 0 0 0 0 0 3 0Cyclope neritea 0 3 5 12 5 7 3 2 8 0 0 6 0 1 5 2 0 4 0 0 0 0 1 6 9 16 8Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 1 1 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 2 2 0 7 2 1 3 9 5 1 0 0 1 0 9 3 0 2 0 0 0 0 2 0 4 3 3Abra segmentum 6 19 0 19 33 4 32 33 5 0 0 7 0 23 16 3 8 0 0 21 0 9 0 13 1 3 1Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 1 0 0 1 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 1 0 5 1 0 0 0 0 7 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 4 0 1 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 0 0 0 1 2 3 5 23 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 34Neanthes succinea 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 1 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 1 4 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis latreilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 2 0 0 0 1 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Anisopoda indet. 0 0 0 0 0 5 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0Upogebia pusilla 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Diogenes pugilator 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 4 0 1 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0
n° dei Taxa: 6 4 5 15 8 15 7 4 8 5 5 7 8 6 6 7 5 7 5 10 1 11 3 6 5 6 4n° individui dei taxa 12 25 18 80 47 64 46 67 43 15 43 22 16 36 36 13 19 98 324 112 47 96 106 25 47 33 46n° delle specie per stazione: 6 4 5 14 8 12 6 4 7 3 3 7 6 5 5 6 3 7 5 9 1 7 3 4 4 6 4n° individui delle specie: 12 25 18 74 47 54 45 67 42 12 40 22 12 29 32 11 10 98 324 110 47 91 106 21 45 33 46
Stazioni anno 1995
Tab. A3 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1995
Tab. A4 Risultati del test di Kruskal-Wallis sulle differenze tra gli anni, nel numero di specie per stazione (in alto) e di individui per stazione
ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n. sp. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): AnnoTest Kruskal-Wallis: H ( 2, N= 159) =21,38132 p =,0000
Dipend.:n. sp.
Codice NValidi
Somma diRanghi
199319941995
1993 53 3732,5001994 53 5489,0001995 53 3498,500
ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n.ind. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): AnnoTest Kruskal-Wallis: H ( 2, N= 159) =19,78027 p =,0000
Dipend.:n. ind.
Codice NValidi
Somma diRanghi
199319941995
1993 53 3179,0001994 53 5287,0001995 53 4254,000
Tab. A5 Risultati del test di Kruskal-Wallis sulle differenze tra gli anni, nel numero di specie per stazione (in alto) e di individui per stazione
nei bacini di Marano e Grado
ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n. specie (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): BacinoTest Kruskal-Wallis: H ( 1, N= 159) =9,752104 p =,0018
Dipend.:n. specie
Codice NValidi
Somma diRanghi
MarGra
101 117 8566,500102 42 4153,500
ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n.Ind. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): BacinoTest Kruskal-Wallis: H ( 1, N= 159) =4,296077 p =,0382
Dipend.:n. Ind.
Codice NValidi
Somma diRanghi
MarGra
101 117 9890,500102 42 2829,500
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 1,039 1,059 0,365 0,854 0,637 0,645 0,909 0,659 0,619 1,525 1,992 0,907 1,043 1,288 0,982 0,684 0,9921994 0,994 1,818 1,370 1,151 0,198 0,863 1,526 1,443 1,241 1,805 1,284 0,986 0,335 1,247 0,956 0,700 1,5001995 1,337 1,241 1,030 0,891 1,177 0,515 1,215 1,049 0,879 1,202 0,842 0,733 0,173 0,984 1,098 0,133 0,273
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 1,040 2,281 2,161 1,806 1,891 0,000 1,442 2,727 2,171 3,002 1,561 1,805 1,918 1,854 1,435 2,189 0,922 2,4731994 1,634 1,738 1,511 1,395 1,483 3,088 1,810 2,337 1,604 2,988 2,450 3,086 2,926 1,027 2,825 2,099 1,691 2,7501995 1,279 2,178 0,821 0,818 2,128 1,026 1,909 2,156 0,246 2,126 1,145 2,171 2,731 1,638 2,355 1,467 1,573 2,542
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 2,752 2,648 1,692 2,000 1,891 1,209 2,483 2,252 2,105 2,386 3,251 2,479 2,859 2,288 2,420 1,922 2,156 1,6561994 3,121 3,384 3,107 2,341 2,103 1,472 2,281 1,898 3,391 2,866 2,219 2,209 2,862 3,075 2,257 1,464 2,033 1,9521995 0,817 0,708 2,429 2,611 1,132 1,746 2,413 0,922 0,892 0,229 2,249 0,000 1,242 0,212 1,363 1,267 2,142 1,138
Indice di Shannon
Tab. A6 Valori dell'Indice H' di Shannon per i tre anni di campionamento
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 0,589 0,981 0,558 0,771 0,291 0,784 0,481 0,813 0,307 1,385 1,154 0,685 0,402 0,927 0,275 0,844 0,2971994 1,207 0,808 0,687 0,424 0,240 0,672 1,050 1,389 1,074 1,093 0,382 0,958 0,670 0,499 0,542 0,962 1,4431995 0,477 0,582 0,499 0,222 0,808 0,224 0,532 0,845 0,260 1,216 0,418 0,623 0,599 0,597 0,477 0,251 0,240
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 0,619 1,803 1,576 1,911 1,365 0,000 0,837 2,471 1,737 3,338 3,209 2,236 1,674 1,949 1,516 1,610 0,869 2,0791994 0,828 1,947 1,648 1,177 1,019 3,601 1,197 1,971 1,771 2,796 2,643 3,114 2,675 0,620 3,253 2,250 1,095 2,8951995 0,657 1,504 0,695 0,985 1,895 1,922 1,221 1,924 0,447 2,012 0,932 1,384 3,020 1,818 2,758 1,313 0,714 1,605
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 2,216 2,006 1,846 1,924 1,365 1,384 2,164 2,232 1,384 2,299 3,375 2,813 2,496 1,949 1,941 1,864 1,924 1,6881994 3,743 3,672 3,274 2,175 2,325 1,135 1,649 1,638 3,349 2,954 3,700 2,748 2,771 2,762 2,349 0,973 1,443 2,2201995 0,805 0,803 1,941 2,274 1,188 1,154 2,085 0,869 1,309 0,692 1,702 0,000 1,330 0,429 0,985 0,788 1,430 0,784
Indice di Margalef
Tab. A7 Valori dell'Indice R di Margalef per i tre anni di campionamento
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 0,519 0,456 0,230 0,427 0,637 0,323 0,574 0,284 0,619 0,543 0,858 0,454 0,658 0,555 0,982 0,342 0,9921994 0,385 0,909 0,685 0,726 0,198 0,432 0,591 0,455 0,480 0,698 0,810 0,425 0,168 0,787 0,478 0,301 0,9461995 0,844 0,783 0,822 0,891 0,588 0,515 0,766 0,452 0,879 0,465 0,531 0,367 0,866 0,492 0,693 0,133 0,273
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 0,520 0,882 0,770 0,602 0,946 0,000 0,721 0,909 0,935 0,868 0,374 0,543 0,959 0,717 0,618 0,943 0,582 0,8241994 0,704 0,502 0,504 0,497 0,742 0,755 0,645 0,833 0,483 0,900 0,708 0,929 0,846 0,514 0,763 0,662 0,654 0,7041995 0,639 0,776 0,410 0,409 0,823 0,927 0,739 0,928 0,155 0,822 0,573 0,935 0,717 0,546 0,657 0,568 0,787 0,905
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 0,868 0,835 0,655 0,861 0,946 0,521 0,885 0,970 0,907 0,795 0,879 0,717 0,798 0,885 0,862 0,961 0,928 0,5901994 0,780 0,944 0,816 0,780 0,633 0,570 0,813 0,676 0,916 0,904 0,532 0,565 0,774 0,926 0,630 0,631 0,787 0,5441995 0,515 0,354 0,865 0,930 0,488 0,752 0,934 0,582 0,318 0,987 0,710 0,000 0,442 0,134 0,682 0,634 0,829 0,562
Tab. A8 Valori dell'Indice J di Pieluo per i tre anni di campionamento
Indice di Pielou
M20 93 M35 93 M36 93 M44 93 M21 93 M22 93 M45 93 M18 93 M46 93 M47 93 M48 93 M34 93 M42 93 M43 93 M17 93 M39 93 M40 93
profondità (cm) 70 40 50 80 90 100 110 90 115 110 105 65 50 60 85 70 25trattenuto residuo (ml) 220 640 1190 250 140 355 595 940 55 380 550 140 75 130 184 215 145temperatura acqua 4,3 7,2 6,8 13,2 6 4,8 13,2 6,4 13,2 13,8 13,8 7,3 14 14 6 12,8 14,2salinità superficie 12 21,8 21,5 8,5 10 10 22 15 14 26,7 27,5 3,9 12,7 13 5 10 1salinità fondo 15,2 22 21,4 16,5 21 15 22,2 28 24 28,1 28,2 14 12,7 23,2 25 15 6pH acqua 7,77 7,33 7,44 8,12 7,52 7,48 8,06 7,3 8,12 8,16 8,14 6,76 8,04 7,99 7,54 7,73 8,1media Eh sedimenti (-4 cm) -244 -281 -295 -191 -210 -247 -190 -275 -317 -287 -305 -290 -99 -118 -289 -38 -75
M41 93 M27 93 M19 93 M28 93 M37 93 M15 93 M31 93 M16 93 M23 93 M24 93 M32 93 M13 93 M14 93 M33 93 M30 93 M38 93 M10 93 M11 93
profondità (cm) 25 40 60 65 55 70 40 60 80 95 70 90 5 45 50 40 35 25trattenuto residuo (ml) 135 1370 1580 870 420 2130 200 350 395 320 540 824 1970 300 950 2310 430 2896temperatura acqua 14 6,4 5,7 6,9 7,1 6 7,2 7 6,2 7 7,5 7,2 7 6,5 6 6,5 6,2 5,2salinità superficie 15 10,2 10,5 13 21 13,3 24 14 10 21 30,7 30 24,8 25,8 25,5 23,8 16 25salinità fondo 20,2 20 24,8 21,3 25 25,2 23,2 25 29 31,9 32,2 30 25 26 27,5 23 24 25pH acqua 8,08 7,77 7,56 7,5 7,2 7,12 7,28 7,5 7,8 7,3 7,2 7,45 7,3 7,41 7,6 7,33 7,84 7,75media Eh sedimenti (-4 cm) -76 -315 -198 -205 -319 -249 -343 -292 -289 -244 -261 -242 -365 -368 -305 -281 -300 -254
M12 93 M29 93 M25 93 M26 93 G1 93 G2 93 G3 93 G4 93 G5 93 G6 93 G8 93 G9 93 G49 93 G50 93 G7 93 G51 93 G52 93 G53 93
profondità (cm) 55 30 60 60 55 40 70 40 50 50 15 15 50 65 10 65 50 20trattenuto residuo (ml) 800 1670 120 200 510 2950 730 70 1680 630 800 590 530 600 450 530 1230 700temperatura acqua 5,8 5,3 5,7 6,3 7 4,6 7,5 11,3 5,2 6 6,5 7 14,1 14,5 6,3 13,9 14,2 15,4salinità superficie 26 29,7 25 26,8 27 27,8 25 31,5 28 33,5 30,5 31,5 30 28,8 32,2 27,4 27,6 27,1salinità fondo 30,8 30 25 26,8 26,5 28 28 32 32,2 34 30,5 31,5 32,3 30,5 32,2 27,6 27,5 27,1pH acqua 7,6 7,58 7,58 7,41 7,15 7,15 7,22 7,08 7,18 7,16 7,13 7,13 8,23 8,23 7,1 8,19 8,21 8,2media Eh sedimenti (-4 cm) -248 -229 -250 -217 -236 -347 -348 -331 -178 -204 -313 -282 -253 -284 -239 -256 -259 -255
Tab. A9 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1993
M20 94 M35 94 M36 94 M44 94 M21 94 M22 94 M45 94 M18 94 M46 94 M47 94 M48 94 M34 94 M42 94 M43 94 M17 94 M39 94 M40 94
profondità (cm) 84 91 100 83 89 90 90 106 100 102 127 127 61 86 82 79 42trattenuto residuo (ml) 280 660 980 420 60 480 1250 780 180 320 170 160 40 130 240 150 250temperatura acqua 27 28 27 27 25 25 20,5 26,5 21,5 26 26 23 27 25 25 27 27salinità superficie 16 20 21 15 10 11 13,5 15 19 25 25 9,5 11 13 13 17 14salinità fondo 18 22 21,5 17 13 17 16 24,5 20 25,5 30 27,5 15,5 15 16 18 15pH acqua 7,67 7,78 7,86 7,77 7,77 7,69 8,41 7,94 8,36 7,95 7,92 7,87 8,11 7,93 7,98 8,07 8,21media Eh sedimenti (-4 cm) -116 -235 -206 -85 -261 -241 -207 -279 -201 -297 -145 -224 -145 -196 -166 -235 -206
M41 94 M27 94 M19 94 M28 94 M37 94 M15 94 M31 94 M16 94 M23 94 M24 94 M32 94 M13 94 M14 94 M33 94 M30 94 M38 94 M10 94 M11 94
profondità (cm) 29 80 89 110 130 143 99 149 80 150 100 140 51 105 129 60 82 102trattenuto residuo (ml) 540 900 740 870 360 810 230 250 510 670 80 360 1510 250 770 2720 550 970temperatura acqua 26 28 28 21 25,5 27,2 26 27 20 27,8 25 24 28 26 27 28 28 29salinità superficie 18 20 21 14,5 22,5 25,9 26,5 28,2 10,5 25 26,5 26 25 26 24 22,5 16 21salinità fondo 18 25 25 23 29 29 28,5 28,5 21 22 27 30 28 26,5 24 22,5 18 23pH acqua 7,8 7,97 8 8,4 7,95 8,17 7,96 8,14 8,05 8,08 7,85 7,87 7,97 7,72 7,77 8,19 7,86 7,87media Eh sedimenti (-4 cm) -85 -261 -241 -207 -279 -201 -297 -145 -224 -145 -196 -155 -287 -270 -243 -266 -214 -208
M12 94 M29 94 M25 94 M26 94 G1 94 G2 94 G3 94 G4 94 G5 94 G6 94 G8 94 G9 94 G49 94 G50 94 G7 94 G51 94 G52 94 G53 94
profondità (cm) 100 110 131 105 75 66 67 45 80 85 70 50 30 80 15 85 75 55trattenuto residuo (ml) 980 1540 190 520 580 1530 670 80 360 630 690 530 610 2190 80 650 320 130temperatura acqua 26 25 28,5 28,5 25 27,5 28 16 15,1 15,2 12 15,4 13 15 14 15,5 15,9 15,4salinità superficie 26,5 26,5 25 27,5 26 27 24,5 29 29,8 31 31,5 29,8 32,5 30,9 29 30 30 29,9salinità fondo 27 29 24 27,5 27 28 26 29 30 31,2 31,5 31,1 32,5 31,2 29 30 30 29,9pH acqua 7,95 7,77 7,96 8,04 8,06 8,11 8,04 8,21 8,38 8,37 8,26 8,2 8,14 8,14 8,08 8,16 8,13 8,22media Eh sedimenti (-4 cm) -205 -292 -145 -177 -174 -287 -221 -5,6 -220 -230 -318 -232 -133 -214 -251 -205 -209 -249
Tab. A10 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1994
M20 95 M35 95 M36 95 M44 95 M21 95 M22 95 M45 95 M18 95 M46 95 M47 95 M48 95 M34 95 M42 95 M43 95 M17 95 M39 95 M40 95
profondità (cm) 80 75 105 50 110 72 118 140 110 110 105 75 70 70 110 85 30trattenuto residuo (ml) 100 650 800 100 50 200 650 900 160 250 450 70 100 100 215 150 320temperatura acqua 25 25 25 20,5 24 18,5 25 26 23 26 25,5 26,5 27 25 22 27 29salinità superficie 12 16,5 12,5 7,5 11 4,5 15 16 10,5 18 18 6,5 12 7 9 13 11,5salinità fondo 14 17 17,5 13,5 16 9,5 15 17 16,5 18,5 19,5 11 13 13 9,2 14 11,5pH acqua 8,01 8,1 8,09 8,07 7,98 8,06 7,93 8,07 8,08 8,09 8,05 8 8 8 7,98 8 7,83media Eh sedimenti (-4 cm) -179 -180 -203 -135 -207 -144 -230 -177 -263 -161 -185 -232 -153 -139 -182 -62 -84
M41 95 M27 95 M19 95 M28 95 M37 95 M15 95 M31 95 M16 95 M23 95 M24 95 M32 95 M13 95 M14 95 M33 95 M30 95 M38 95 M10 95 M11 95
profondità (cm) 75 80 140 160 110 110 100 145 130 130 110 85 80 110 135 120 110 125trattenuto residuo (ml) 300 650 1200 1050 700 2200 600 200 300 1470 50 170 1000 820 950 2800 400 2900temperatura acqua 18 24 27 25 27,5 27 29 22 24,5 25 23,5 21,5 30 28 26 27 26 24salinità superficie 9 17 16,5 19 19 19,5 18 20 16,5 19,5 21,5 23 19 20 15,5 19 17 11,5salinità fondo 11,5 20 22 21 19 22 22 20 22,5 20 22 24 22 23 17,5 20 21 14,5pH acqua 8,05 8,02 8,11 8,1 8,17 8,18 8 8,16 8,14 8,12 8,14 8,17 8 8,13 8,16 8,05 8,04 7,97media Eh sedimenti (-4 cm) -113 -148 -191 -201 -253 -224 -197 -177 -188 -124 -253 -189 -276 -301 -234 -231 -202 -259
M12 95 M29 95 M25 95 M26 95 G1 95 G2 95 G3 95 G4 95 G5 95 G6 95 G8 95 G9 95 G49 95 G50 95 G7 95 G51 95 G52 95 G53 95
profondità (cm) 95 145 150 140 90 62 65 118 90 75 53 80 55 100 32 80 80 90trattenuto residuo (ml) 600 950 80 1600 200 1300 730 160 225 100 950 170 1100 450 70 450 450 1200temperatura acqua 23 23 24 28 25 30 25 19 18 17 16,5 18,5 19 25 18 21 21 24salinità superficie 19,2 21 16 20 26 21 20 25 27 27 27 26 28 22 22,5 23,5 25,5 17salinità fondo 21 26 21 22 27 21,5 23 26,5 27,5 27 27 28 29,5 22 22,5 23,5 26 17pH acqua 8,32 8,43 8,13 8,09 8,04 7,98 8 8,34 8,32 8,44 8,3 8,27 8,42 8,2 8,35 8,59 8,42 8media Eh sedimenti (-4 cm) -217 -139 -168 -156 -195 -272 -270 -213 -223 -274 -275 -214 -311 -238 -217 -224 -242 -296
Tab. A11 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1995
RELATE Testing matched resemblance matrices Resemblance worksheet Name: Matrice abiotici 1993,1994,1995 Data type: Distance Selection: All Secondary data: Resemblance/model matrix Resemblance worksheet Name: Mat. sim. 1993,1994,1995 Data type: Similarity Selection: 54-106 Parameters Rank correlation method: Spearman Sample statistic (Rho): 0,385 Significance level of sample statistic: 0,01 % Number of permutations: 10000 Number of permuted statistics greater than or equal to Rho: 0
Tab. A12 Risultati del test Relate tra la matrice di distanza dei dati abiotici del 1993, 1994 e 1995 e la matrice di similarità dei dati
di abbondanza dei tre anni di campionamento.
ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 1-53 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,337 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0
Tab. A13 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1993 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).
ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 54-106 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,178 Significance level of sample statistic: 1,6% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 164
Tab. A14 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1994 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).
ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 107-159 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,286 Significance level of sample statistic: 0,1% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 9
Tab. A15 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1995 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).
ANOSIM Analysis of Similarities Two-Way Crossed Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: All Factor Values Factor: Anni 1993 1994 1995 Factor: Bacino Marano Grado TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Anni GROUPS (across all Bacino groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,236 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0 Pairwise Tests R Significance Possible Actual Number >= Groups Statistic Level % Permutations Permutations Observed 1993, 1994 0,254 0,01 Very large 10000 0 1993, 1995 0,339 0,01 Very large 10000 0 1994, 1995 0,118 0,01 Very large 10000 0 TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Bacino GROUPS (across all Anni groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,267 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0
Tab. A16 Risultati dell’ANOSIM (a due vie) eseguita tra le stazioni di tutti gli anni, configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di appartenenza.
SIMPER Similarity Percentages - species contributions Two-Way Analysis Data worksheet Name: Data1 Data type: Abundance Sample selection: All Variable selection: All Parameters Resemblance: S17 Bray Curtis similarity Cut off for low contributions: 70,00% Examines Anni groups (across all Bacino groups) Group 1993 Average similarity: 27,12 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 2,79 11,53 0,89 42,53 42,53 Streblospio shrubsolii 1,82 4,18 0,59 15,43 57,96 Isopoda indet. 1,58 2,26 0,44 8,34 66,30 Abra segmentum 0,73 1,79 0,51 6,60 72,91 Group 1994 Average similarity: 35,12 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,76 9,52 0,85 27,10 27,10 Abra segmentum 4,30 9,44 1,27 26,88 53,98 Amphipoda indet. 2,94 4,41 0,58 12,56 66,54 Cerastoderma glaucum 2,11 3,96 0,86 11,27 77,81 Group 1995 Average similarity: 36,08 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 3,67 16,59 1,18 45,99 45,99 Hediste diversicolor 2,59 7,67 0,63 21,26 67,26 Cerastoderma glaucum 1,24 5,24 0,95 14,52 81,77 Groups 1993 & 1994 Average dissimilarity = 77,62 Group 1993 Group 1994 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 0,73 4,30 9,48 1,28 12,22 12,22 Hediste diversicolor 2,79 3,76 9,48 1,20 12,22 24,43 Amphipoda indet. 0,51 2,94 8,13 0,86 10,48 34,91 Streblospio shrubsolii 1,82 0,32 4,97 0,81 6,41 41,32 Cerastoderma glaucum 0,56 2,11 4,62 1,09 5,95 47,27 Isopoda indet. 1,58 0,84 4,53 0,72 5,83 53,10 Cyclope neritea 0,46 1,26 3,24 0,92 4,18 57,28 Bittium reticulatum 0,61 0,76 2,61 0,58 3,37 60,65 Anthozoa indet. 0,24 0,82 2,27 0,92 2,93 63,58 Oligochaeta indet. 0,73 0,38 2,16 0,72 2,79 66,36 Carcinus mediterraneus 0,45 0,26 1,60 0,75 2,06 68,42 Capitella capitata 0,47 0,28 1,56 0,50 2,01 70,44 Groups 1993 & 1995 Average dissimilarity = 80,42 Group 1993 Group 1995 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 0,73 3,67 12,49 1,26 15,54 15,54 Hediste diversicolor 2,79 2,59 10,95 1,16 13,62 29,15 Streblospio shrubsolii 1,82 0,00 6,28 0,81 7,81 36,96 Bittium reticulatum 0,61 2,05 5,90 0,58 7,33 44,29
Isopoda indet. 1,58 0,09 5,01 0,63 6,23 50,53 Cerastoderma glaucum 0,56 1,24 4,24 1,18 5,27 55,79 Anisopoda indet. 0,00 1,04 3,26 0,38 4,06 59,85 Amphipoda indet. 0,51 0,58 3,19 0,52 3,97 63,82 Cyclope neritea 0,46 0,84 2,87 0,82 3,57 67,39 Oligochaeta indet. 0,73 0,00 2,11 0,58 2,62 70,01 Groups 1994 & 1995 Average dissimilarity = 68,76 Group 1994 Group 1995 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,76 2,59 9,90 1,17 14,39 14,39 Abra segmentum 4,30 3,67 9,00 1,28 13,09 27,48 Amphipoda indet. 2,94 0,58 8,14 0,86 11,84 39,32 Bittium reticulatum 0,76 2,05 4,23 0,59 6,15 45,47 Cerastoderma glaucum 2,11 1,24 4,15 1,18 6,03 51,50 Cyclope neritea 1,26 0,84 3,45 0,99 5,01 56,51 Anisopoda indet. 0,00 1,04 2,62 0,37 3,81 60,33 Anthozoa indet. 0,82 0,43 2,31 0,99 3,36 63,68 Isopoda indet. 0,84 0,09 1,69 0,60 2,45 66,14 Tapes philippinarum 0,39 0,31 1,61 0,72 2,34 68,47 Paphia aurea 0,43 0,35 1,60 0,74 2,32 70,80 Examines Bacino groups (across all Anni groups) Group Marano Average similarity: 33,31 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,87 10,65 0,85 31,96 31,96 Abra segmentum 3,15 9,72 0,84 29,18 61,14 Cerastoderma glaucum 1,26 3,38 0,71 10,16 71,30 Group Grado Average similarity: 28,40 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 2,20 5,67 0,87 19,96 19,96 Bittium reticulatum 2,18 4,64 0,38 16,34 36,30 Cyclope neritea 1,21 4,16 0,67 14,64 50,93 Cerastoderma glaucum 1,44 3,79 0,65 13,35 64,28 Platynereis dumerilli 0,67 1,16 0,30 4,09 68,37 Cirriformia tentaculata 0,57 1,03 0,29 3,64 72,02 Groups Marano & Grado Average dissimilarity = 76,64 Group Marano Group Grado Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,87 0,76 10,57 1,12 13,79 13,79 Bittium reticulatum 0,77 2,18 7,24 0,64 9,45 23,24 Abra segmentum 3,15 2,20 7,17 1,03 9,36 32,60 Amphipoda indet. 1,62 0,57 4,04 0,64 5,28 37,88 Cerastoderma glaucum 1,26 1,44 3,99 1,00 5,20 43,08 Cyclope neritea 0,72 1,21 3,82 1,00 4,98 48,06 Isopoda indet. 0,83 0,85 3,46 0,58 4,52 52,57 Streblospio shrubsolii 0,81 0,43 3,02 0,51 3,94 56,52 Anthozoa indet. 0,48 0,53 2,08 0,77 2,71 59,23 Platynereis dumerilli 0,07 0,67 1,96 0,54 2,56 61,79 Cirriformia tentaculata 0,09 0,57 1,95 0,50 2,54 64,33 Hinia reticulata 0,24 0,56 1,85 0,77 2,42 66,75 Capitella capitata 0,16 0,51 1,77 0,51 2,31 69,05 Oligochaeta indet. 0,36 0,40 1,70 0,48 2,21 71,26
Tab. A17 Analisi del contributo dei taxa alla similarità ed alla dissimilarità tra le stazioni nei tre anni di campionamento e nei due bacini di appartenenza.
Gibbula adriatica LEECerastoderma glaucum LEEAbra segmentum (ovata) LEETapes philippinarum LEENeanthes (Nereis) diversicolor LEENeanthes (Nereis) succinea LEEPalaemon adspersus LEECarcinus mediterraneus LEECHIRONOMIDAE LEELoripes lacteus SVMCPaphia (Venerupis) aurea SVMCTapes decussatus SVMCUpogebia pusilla SVMCCyclope neritea SFSGlycera convoluta SFSMontacuta ferruginosa SFBCTellina nitida SFBCChamelea gallina SFBCDiogenes pugilator SFBCTellina fabula SFBCTrachythyone elongata VTCAbra nitida VTCAbra prismatica DCPitar rudis DC
Tab. A18 Specie caratteristiche individuate nell'insieme dei tre anni di campionamento e biocenosi di appartenenza.
Biocenosi del Detritico Costiero
Biocenosi delle Sabbie Fini Superficiali
Biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma
Biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate
Biocenosi dei Fanghi Terrigeni Costieri
Biocenosi delle Sabbie Fangose di Moda Calma
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40100 100 100 100 100 100 100 100 100 72 100 100 100 100 100 100 1000 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 28 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
continua
Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.
1993A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M20 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M35 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M36 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M44 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M21 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M22 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M45 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M18 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M46 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M47 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M48 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M34 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M42 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M43 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M17 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M39 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M40 - 1993
A%LEE
A%SVMC
A%SFS
A%SFBC
A%VTC
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11
100 72 78,125 72 100 0 100 58,06452 100 25,92593 64,10256 39,13043 100 100 0 75,86207 100 720 0 21,875 0 0 0 0 0 0 25,92593 17,94872 15,21739 0 0 100 0 0 00 28 0 28 0 0 0 41,93548 0 48,14815 17,94872 15,21739 0 0 0 24,13793 0 280 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15,21739 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15,21739 0 0 0 0 0 0
continua
Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.
A%SFBCA%VTC
1993A%LEEA%SVMCA%SFS
M41 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M27 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M19 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M28 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M37 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M15 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M31 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M16 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M23 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M24 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M32 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M13 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M14 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M33 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M30 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M38 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M10 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M11 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
100 100 65 50 50 100 100 65 50 50 39,39394 33,33333 48,14815 0 50 0 65 48,148150 0 0 0 0 0 0 0 0 50 39,39394 0 0 50 0 0 0 25,925930 0 35 50 50 0 0 35 50 0 21,21212 0 0 50 50 100 35 25,925930 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 33,33333 25,92593 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 33,33333 25,92593 0 0 0 0 0
Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.
A%SFBCA%VTC
1993A%LEEA%SVMCA%SFS
M12 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M29 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M25 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M26 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G1 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G2 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G3 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G4 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G5 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G6 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G8 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G9 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G49 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G50 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G7 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G51 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G52 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
G53 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40
73,07692 100 100 100 100 100 77,41935 66,92913 100 77,41935 100 100 50 100 100 73,07692 026,92308 0 0 0 0 0 0 16,53543 0 0 0 0 50 0 0 0 100
0 0 0 0 0 0 22,58065 16,53543 0 22,58065 0 0 0 0 0 26,92308 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
continua
1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.
M20 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M35 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M36 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M44 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M21 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M22 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M45 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M18 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M46 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M47 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M48 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M34 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M42 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M43 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M17 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M39 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M40 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11
100 61,1465 82,05128 57,57576 48,78049 53,33333 54,13534 50 46,75325 47,5 48,30508 32,78689 41,00719 73,07692 48,30508 65,57377 77,41935 54,135340 13,3758 0 0 0 15,55556 30,07519 0 13,63636 17,5 17,79661 17,21311 28,77698 0 17,79661 0 0 15,789470 25,47771 0 21,21212 25,60976 15,55556 15,78947 50 25,97403 17,5 33,89831 32,78689 15,10791 26,92308 33,89831 34,42623 22,58065 30,075190 0 0 21,21212 25,60976 15,55556 0 0 13,63636 0 0 0 15,10791 0 0 0 0 00 0 17,94872 0 0 0 0 0 0 17,5 0 17,21311 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 26,25 13,63636 17,5 17,79661 17,21311 0 0 0 0 0 0
continua
1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.
M41 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M27 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M19 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M28 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M37 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M15 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M31 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M16 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M23 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M24 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M32 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M13 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M14 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M33 - 1993
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M30 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M38 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M10 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M11 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
48,30508 25 28,36879 50 63,15789 73,07692 57,57576 100 38,83495 65,57377 58,76289 38,83495 48,30508 33,33333 46,75325 65,57377 73,07692 54,1353433,89831 25 14,89362 0 18,42105 0 21,21212 0 20,38835 0 41,23711 20,38835 33,89831 33,33333 13,63636 0 0 017,79661 25 28,36879 50 18,42105 26,92308 21,21212 0 20,38835 0 0 20,38835 0 33,33333 13,63636 34,42623 26,92308 15,78947
0 25 0 0 0 0 0 0 20,38835 34,42623 0 0 0 0 25,97403 0 0 30,075190 0 28,36879 0 0 0 0 0 0 0 0 20,38835 17,79661 0 0 0 0 00 25 14,89362 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.
M12 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M29 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M25 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M26 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G1 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G2 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G3 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G4 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G5 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G6 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G8 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G9 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G49 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G50 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G7 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G51 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G52 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G53 - 1994
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40
100 100 100 100 72,22222 100 100 76,19048 100 61,53846 100 72,22222 100 100 100 100 1000 0 0 0 27,77778 0 0 23,80952 0 19,23077 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 19,23077 0 27,77778 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
continua
1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.
M20 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M35 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M36 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M44 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M21 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M22 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M45 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M18 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M46 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M47 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M48 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M34 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M42 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M43 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M17 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M39 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M40 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11
100 63,15789 100 72,22222 72,22222 56,52174 78,57143 39,43662 65,11628 58,20896 50 0 49,54955 64,70588 64,70588 76,19048 72,22222 61,538460 36,84211 0 27,77778 0 21,73913 0 21,12676 0 41,79104 0 34,88372 25,22523 0 0 0 0 19,230770 0 0 0 27,77778 21,73913 21,42857 39,43662 34,88372 0 50 65,11628 25,22523 17,64706 17,64706 23,80952 27,77778 19,230770 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 17,64706 17,64706 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
continua
1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.
M41 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M27 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M19 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M28 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M37 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M15 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M31 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M16 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M23 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M24 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M32 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M13 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M14 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M33 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M30 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M38 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M10 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M11 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
100 0 33,33333 25,86207 33,33333 72,22222 48,27586 100 65,11628 0 25,86207 0 33,33333 50 48,27586 65,11628 72,22222 72,222220 0 33,33333 48,27586 0 0 25,86207 0 0 0 48,27586 0 33,33333 0 25,86207 0 0 00 0 33,33333 0 33,33333 27,77778 25,86207 0 34,88372 0 0 0 0 50 25,86207 34,88372 27,77778 27,777780 0 0 25,86207 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 33,33333 0 0 0 0 0 25,86207 0 33,33333 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 34,88372 0 0 0 0 0 0 0 0 0
1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.
M12 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M29 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M25 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
M26 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G1 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G2 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G3 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G4 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G5 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G6 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G8 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G9 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G49 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G50 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G7 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G51 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G52 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
G53 - 1995
A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC
ANOSIM Analysis of Similarities Two-Way Crossed Analysis Resemblance worksheet Name: Matric. affinità Data type: Distance Selection: All Factor Values Factor: Anni 93 94 95 Factor: Bacino Mar. Gra. TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Anni GROUPS (across all Bacino groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,044 Significance level of sample statistic: 0,3% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 27 Pairwise Tests R Significance Possible Actual Number >= Groups Statistic Level % Permutations Permutations Observed 93, 94 0,092 0,1 Very large 10000 13 93, 95 0,021 6,6 Very large 10000 659 94, 95 0,016 12 Very large 10000 1196 TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Bacino GROUPS (across all Anni groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,211 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0
Tab. A22 Risultati dell’ANOSIM a due vie (anni, bacino d’appartenenza) sui valori di affinità dei tre anni di campionamento.
RELATE Testing matched resemblance matrices Resemblance worksheet Name: Matric. affinità Data type: Distance Selection: All Secondary data: Resemblance/model matrix Resemblance worksheet Name: Matrice abbondanze Data type: Similarity Selection: All Parameters Rank correlation method: Spearman Sample statistic (Rho): 0,517 Significance level of sample statistic: 0,01 % Number of permutations: 10000 Number of permuted statistics greater than or equal to Rho: 0
Tab. A23 Risultati del test RELATE tra la matrice di distanza dei dati di affinità dei tre anni di campionati e la matrice di similarità dei dati di abbondanza
dei taxa dei tre anni di campionati.
Stations M20 93 M35 93 M36 93 M44 93 M21 93 M22 93 M45 93 M18 93 M46 93 M47 93 M48 93 M34 93 M42 93 M43 93 M17 93 M39 93 M40 93
I(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2,6 0 4,8 0 0 0 0 0II(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,7 0 0 0 0III(%) 100 100 100 100 100 100 100 99,3 100 93,4 59,4 94 99,3 100 100 100 100IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,3 0 0 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0,7 0 2,6 40,6 1,2 0 0 0 0 0Mean AMBI 3 3 3 3 3 3 3 3,022 3 3,02 4,219 2,893 2,99 3 3 3 3BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M41 93 M27 93 M19 93 M28 93 M37 93 M15 93 M31 93 M16 93 M23 93 M24 93 M32 93 M13 93 M14 93 M33 93 M30 93 M38 93 M10 93 M11 93
I(%) 0 6,3 8,3 5,1 0 71,4 0 23,8 0 36,4 83,3 78,6 0 7,7 81,3 8,3 0 9,4II(%) 0 0 2,1 0 0 0 2,7 19 30 18,2 6 8,9 16,7 15,4 0 0 0 6,3III(%) 100 68,8 89,6 94,9 100 0 97,3 42,9 70 13,6 6,5 12,5 50 76,9 12,5 91,7 90 59,4IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 14,3 0 31,8 0 0 0 0 6,3 0 0 18,8V(%) 0 25 0 0 0 28,6 0 0 0 0 4,2 0 33,3 0 0 0 10 6,3Mean AMBI 3 3,563 2,719 2,846 3 1,714 2,959 2,214 2,55 2,114 0,537 0,509 3,75 2,538 0,656 2,75 3,3 3,094BI from Mean AMBI 2 3 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 3 2 1 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M12 93 M29 93 M25 93 M26 93 G1 93 G2 93 G3 93 G4 93 G5 93 G6 93 G8 93 G9 93 G49 93 G50 93 G7 93 G51 93 G52 93 G53 93
I(%) 79,3 54,8 55 8,3 20 0 5,9 16,7 38,9 13,6 8,3 8,3 3,6 38,5 13 40 37,5 11,4II(%) 5,4 3,2 15 41,7 10 5,6 11,8 0 0 9,1 19,4 2,8 2,4 0 13 20 0 0III(%) 13,5 18,3 20 41,7 70 16,7 70,6 50 61,1 68,2 41,7 75 72,3 46,2 43,5 0 62,5 85,7IV(%) 1,8 2,2 5 8,3 0 77,8 0 33,3 0 9,1 16,7 11,1 21,7 0 30,4 20 0 2,9V(%) 0 21,5 5 0 0 0 11,8 0 0 0 13,9 2,8 0 15,4 0 20 0 0Mean AMBI 0,568 1,984 1,35 2,25 2,25 4,083 3 3 1,833 2,591 3,125 2,958 3,181 2,308 2,87 2,4 1,875 2,7BI from Mean AMBI 1 2 2 2 2 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Tab. A24 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1993.
Stations M20 94 M35 94 M36 94 M44 94 M21 94 M22 94 M45 94 M18 94 M46 94 M47 94 M48 94 M34 94 M42 94 M43 94 M17 94 M39 94 M40 94I(%) 78,2 6,7 2,4 66,8 27 57,8 28,1 2,1 13,9 23 39,1 61,8 30,1 33,7 47,3 29,9 75II(%) 0 2,2 1,2 0,3 0 0 0 2,5 0,8 3 0,3 0 0,8 0 0 0 25III(%) 21,5 91,1 96,3 32,9 70,8 42,2 71,9 95,4 85,2 74 60,6 38,2 69,1 66,3 52,7 67,8 0IV(%) 0,4 0 0 0 2,2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2,3 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 0,66 2,767 2,909 0,993 2,225 1,267 2,156 2,899 2,57 2,265 1,822 1,147 2,085 1,988 1,581 2,138 0,375BI from Mean AMBI 1 2 2 1 2 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 1Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed UndisturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M41 94 M27 94 M19 94 M28 94 M37 94 M15 94 M31 94 M16 94 M23 94 M24 94 M32 94 M13 94 M14 94 M33 94 M30 94 M38 94 M10 94 M11 94I(%) 11,7 1,1 1,3 1,8 15 19,8 12,8 40 3,1 21,4 12,8 35 53,1 6,3 16,7 62,9 40,3 48,6II(%) 2,1 2,9 5,3 0 10 34,9 3,5 4 1,2 0 14,9 20 22,4 0 14,6 2,9 0 13,7III(%) 86,2 94,8 93,3 96,3 75 44,2 83,7 52 95 53,6 66 45 24,5 93,7 54,2 22,9 59,7 32,9IV(%) 0 1,1 0 1,8 0 1,2 0 4 0,6 25 6,4 0 0 0 14,6 11,4 0 4,8V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 2,617 2,94 2,88 2,973 2,4 1,901 2,564 1,8 2,898 2,732 2,489 1,65 1,071 2,81 2,5 1,243 1,792 1,408BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M12 94 M29 94 M25 94 M26 94 G1 94 G2 94 G3 94 G4 94 G5 94 G6 94 G8 94 G9 94 G49 94 G50 94 G7 94 G51 94 G52 94 G53 94I(%) 57,1 22,7 23,7 26,7 4 4,8 32,7 11,1 29,7 21,4 74 27,9 13,2 30 8,3 21,3 6,3 12,8II(%) 8,9 27,3 15,3 23,3 29,3 2,4 3,6 4,4 2,7 39,3 4 1,1 0 30 3,7 0 0 2III(%) 33,9 45,5 59,3 46,7 56 92,8 63,6 33,3 45,9 35,7 19 62,1 71,1 20 72,5 72,1 53,1 84,5IV(%) 0 0 0 3,3 10,7 0 0 2,2 13,5 3,6 2 5,8 15,8 20 1,8 6,6 0 0,7V(%) 0 4,5 1,7 0 0 0 0 48,9 8,1 0 1 3,2 0 0 13,8 0 40,6 0Mean AMBI 1,152 2,045 2,11 1,9 2,6 2,819 1,964 4,1 2,514 1,821 0,78 2,329 2,842 1,95 3,138 2,459 4,031 2,595BI from Mean AMBI 1 2 2 2 2 2 2 3 2 2 1 2 2 2 2 2 3 2Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Tab. A25 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1994.
Stations M20 95 M35 95 M36 95 M44 95 M21 95 M22 95 M45 95 M18 95 M46 95 M47 95 M48 95 M34 95 M42 95 M43 95 M17 95 M39 95 M40 95I(%) 0 0 0 0 2,4 48,5 0 0,9 6 3,3 0 17,6 0 0 41,6 0 0II(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,6 0 0 0,7 0 0 0 0III(%) 100 100 100 100 97,6 51,5 100 99,1 94 95,1 100 82,4 99,3 100 58,4 100 100IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 3 3 3 3 2,927 1,544 3 2,974 2,82 2,877 3 2,473 2,99 3 1,752 3 3BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M41 95 M27 95 M19 95 M28 95 M37 95 M15 95 M31 95 M16 95 M23 95 M24 95 M32 95 M13 95 M14 95 M33 95 M30 95 M38 95 M10 95 M11 95I(%) 2 13 0 4,8 7,1 84,7 3,3 45,5 0 25 12 61,1 48,8 14,9 73,7 6,5 3 67,4II(%) 0 0 0 0 14,3 2,2 1,6 36,4 1,1 0 4 38,9 11,3 4,3 10,5 2,2 0 2,3III(%) 98 85,2 100 95,2 78,6 12,6 95,1 18,2 98,9 75 84 0 37,5 80,9 15,8 89,1 97 30,2IV(%) 0 1,9 0 0 0 0,5 0 0 0 0 0 0 2,5 0 0 2,2 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 2,939 2,639 3 2,857 2,571 0,434 2,877 1,091 2,983 2,25 2,58 0,583 1,406 2,489 0,632 2,804 2,91 0,942BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 1 2 1 2 2 2 1 2 2 1 2 2 1Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed UndisturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Stations M12 95 M29 95 M25 95 M26 95 G1 95 G2 95 G3 95 G4 95 G5 95 G6 95 G8 95 G9 95 G49 95 G50 95 G7 95 G51 95 G52 95 G53 95I(%) 78,6 88,1 45,5 18,8 13,9 13,9 30,8 33,3 92,9 97,2 74,1 100 84,2 98,1 40,9 85,1 72,7 17,4II(%) 14,3 7,1 18,2 43,8 22,2 11,1 23,1 0 3,1 0,9 7,1 0 2,1 0 0 4,3 9,1 0III(%) 7,1 4,8 36,4 37,5 63,9 75 46,2 66,7 4,1 1,9 18,8 0 12,6 1,9 59,1 10,6 18,2 82,6IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,1 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 0,429 0,25 1,364 1,781 2,25 2,417 1,731 2 0,168 0,069 0,67 0 0,458 0,057 1,773 0,383 0,682 2,478BI from Mean AMBI 1 1 2 2 2 2 2 2 0 0 1 0 1 0 2 1 1 2Disturbance Clasification Undisturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Tab. A26 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1995.
Erbivori Carnivori Detritivori superficiali Sospensivori Detritivori subsuperficiali Onnivori Chiton olivaceus Hexaplex trunculus Nucula nucleus Upogebia pusilla Cirriformia tentaculata Neanthes caudataGibbula albida Nassarius reticulatus Tellina fabula Trachythyone elongata Notomastus sp. Hediste diversicolorGibbula adriatica Cyclope neritea Tellina nitida Scapharca inæquivalvis Heteromastus filiformis Neanthes succineaPerinereis cultrifera Phyllodoce mucosa Abra prismatica Mytilus galloprovincialis Capitella capitata Neanthes sp.Platynereis dumerilli Phyllodoce sp. Abra nitida Mytilaster minimus Capitellidae indet. Marphysa sanguinea
Sthenelais boa Abra segmentum Ostrea edulis Clymenura clypeataMysta picta Malacoceros fuliginosus Crassostrea gigas Maldanidae indet.Glycera convoluta Polydora antennata Loripes lacteus Pectinaria koreniGlycera tridactyla Polydora ciliata Tellimya ferruginosa Oligochaeta indet.Eunice vittata Spio filicornis Cerastoderma glaucumLumbrinereis gracilis Prionospio cirrifera Chamelea gallinaLumbrinereis latreilli Streblospio shrubsolii Pitar rudisPolynoidae indet. Paraonis lyra Tapes decussatusProcessa sp. Cirratulidae indet. Tapes philippinarumPalæmon adspersus Melinna palmata Paphia aureaDiogenes pugilator Terebellides strøemi Corbula gibbaPaguridæa indet. Cumacea indet. Sabellidae indet.Carcinus mediterraneus Megalomma vesiculosumChironomidae indet. Lanice conchilegaAsterina gibbosa Phoronidea
Anthozoa indet.
Tab. A27 Attribuzione alle rispettive modalità trofiche dei taxa rinvenuti nei 3 anni campionati
stazioni M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24
BIVALVIACerastoderma glaucum 1,5437 1,0155 1,6917 0,0000 0,9746 0,0000 0,9682 3,0149 0,0000 1,7401 1,9715 0,7820 0,4367 0,5379 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,0612 0,9683 0,7351 2,6814 0,6753 2,3685 0,3484 0,9257 0,7521Abra segmentum 5,6452 1,6766 2,9861 2,4449 2,9594 2,1339 0,1899 5,6655 2,6625 3,8673 7,9006 2,2398 0,2208 10,0090 6,0918 0,0767 0,2991 2,9955 2,0110 4,1174 0,3267 0,5532 1,6245 2,8944 0,0662 0,9155 0,2811Tapes decussatus 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,8736 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Tapes philippinarum 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 24,8104 0,0000 5,0633 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 21,8856 10,5635 1,2479 1,9614 0,0000 4,6943 0,0000 0,0000 2,1140Papha aurea 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 1,0507 0,0000 0,0000 0,8907 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 1,1200 0,0000 0,3864 0,0000 0,7257 0,0000 0,0000 0,0000 1,0657Totale Bivalvia 7,1889 2,6921 4,6778 2,4449 4,9847 2,1339 1,1580 34,3815 2,6625 10,6708 9,8721 3,0218 0,6575 10,5469 6,0918 0,0767 0,2991 2,9955 29,9514 15,6492 2,6961 5,1960 3,0255 9,9572 0,4146 1,8411 4,2129
POLICHAETA Nereis diversicolor 5,1191 1,1884 1,4936 11,0743 0,6744 9,4199 0,2886 0,3764 3,7898 0,4007 0,9924 16,0766 13,4308 2,7938 5,8636 5,7613 5,4732 4,6065 0,1633 0,2586 0,0000 0,0436 0,0000 2,8509 0,0000 0,0000 0,0000
Biomassa totale 12,3080 3,8804 6,1713 13,5192 5,6591 11,5538 1,4466 34,7579 6,4523 11,0715 10,8645 19,0984 14,0883 13,3407 11,9553 5,8380 5,7723 7,6019 30,1148 15,9078 2,6961 5,2396 3,0255 12,8082 0,4146 1,8411 4,2129
stazioni M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53
BIVALVIACerastoderma glaucum 0,8767 0,0000 2,7092 0,2815 0,6713 0,2250 3,8108 1,2578 0,1675 0,0000 0,0000 0,0031 0,0000 1,3188 0,9722 0,0000 0,2445 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,8767 0,0000 0,9471 1,3223 0,9662Abra segmentum 2,3901 0,0000 2,3722 1,5907 0,4169 0,6430 2,1806 0,0938 0,0000 0,0000 0,6736 0,0000 2,5076 1,3613 0,2925 0,0874 0,0000 0,0000 1,0616 0,0000 1,2110 0,0000 0,4986 0,1859 0,4789 0,0115Tapes decussatus 0,0000 0,0000 1,3164 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Tapes philippinarum 0,0000 0,0000 2,5271 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 7,3840 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Papha aurea 0,0000 5,7209 0,4414 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,9479 0,0000 0,0000 0,0000 0,4957 0,0000 0,0000 1,2950 0,0000 0,0000 0,0000 2,5714 0,0000 0,6040 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Totale Bivalvia 3,2668 5,7209 9,3664 1,8722 1,0882 0,8680 5,9914 11,6834 0,1675 0,0000 0,6736 0,4988 2,5076 2,6800 2,5597 0,0874 0,2445 0,0000 3,6330 0,0000 1,8149 0,8767 0,4986 1,1330 1,8012 0,9777
POLICHAETANereis diversicolor 0,0000 0,0000 0,0965 0,5243 0,1864 0,6826 1,3294 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0793 0,0000 0,0043 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000
Biomassa totale 3,2668 5,7209 9,4628 2,3965 1,2746 1,5506 7,3208 11,6834 0,1675 0,0000 0,6736 0,4988 2,5076 2,7593 2,5597 0,0917 0,2445 0,0000 3,6330 0,0000 1,8149 0,8767 0,4986 1,1330 1,8012 0,9777
Tab. A28 valori di biomassa (espressa in g/m2) degli organismi raccolti (campionamento del 1995).