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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca XIX CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN METODOLOGIE DI BIOMONITORAGGIO DELL’ALTERAZIONE AMBIENTALE PROPOSTA DI REALIZZAZIONE DI UNA CARTOGRAFIA BIONOMICA COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E DI GESTIONE DELLA LAGUNA DI MARANO E GRADO (Settore scientifico-disciplinare BIO-07) DOTTORANDA COORDINATORE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI Romina Zamboni CHIAR.MO PROF. Mauro Tretiach, Università degli Studi di Trieste RELATORE CHIAR.MO PROF. Giuliano Orel, Università degli Studi di Trieste CORRELATORE DOTT. Rocco Auriemma, Università degli Studi di Trieste

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca

XIX CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN

METODOLOGIE DI BIOMONITORAGGIO DELL’ALTERAZIONE AMBIENTALE

PROPOSTA DI REALIZZAZIONE DI UNA CARTOGRAFIA BIONOMICA

COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E DI GESTIONE DELLA

LAGUNA DI MARANO E GRADO (Settore scientif ico-discipl inare BIO-07)

DOTTORANDA COORDINATORE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI

Romina Zamboni CHIAR.MO PROF. Mauro Tretiach, Università degli Studi di Trieste

RELATORE

CHIAR.MO PROF. Giuliano Orel, Università degli Studi di Trieste

CORRELATORE

DOTT. Rocco Auriemma, Università degli Studi di Trieste

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INDICE

CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE

1.1 Popolamenti bentonici e loro dinamismo 1.2 Tutela e gestione delle aree umide 1.3 Organizzazione biologica degli ecosistemi paralici

1.3.1 Diversità morfologiche, geochimiche e sedimentarie 1.3.2 Gli aspetti biologici del dominio paralico

1.3.2.1 Bacini paralici diversi da stagni e lagune 1.3.2.2 Gli ambienti paralici e il ciclo dello zolfo

pag. 5 pag. 9 pag. 16 pag. 16 pag. 22 pag. 37 pag. 40

CAPITOLO 2 - AREA DI STUDIO E MODALITA’ DI

CAMPIONAMENTO 2.1 La Laguna di Marano e Grado

2.1.1 Origini e caratteristiche fisiche della Laguna di Marano e Grado

2.1.2 I popolamenti bentonici della Laguna di Marano e Grado sulla base di precedenti studi

2.2 Modalità di campionamento 2.2.1 Campionamento della fauna bentonica 2.2.2 Parametri ambientali e campionamento

sedimentologico

pag. 43 pag. 43 pag. 49 pag. 51 pag. 51 pag. 57

CAPITOLO 3 - ANALISI ECOLOGICO - QUANTITATIVE

3.1 Metodologie d’indagine 3.1.1 Analisi univariate

3.1.1.1 L’abbondanza e il numero di specie 3.1.1.2 La diversità e le sue componenti

3.1.2 Analisi graficodistributive 3.1.2.1 Le curve di k-dominanza

3.1.3 Analisi multivariate 3.1.3.1 Tecniche di classificazione 3.1.3.2 Tecniche di ordinamento 3.1.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM) 3.1.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)

pag. 60 pag. 60 pag. 61 pag. 62 pag. 64 pag. 64 pag. 65 pag. 66 pag. 68 pag. 71 pag. 73

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3.2 Risultati 3.2.1 Analisi univariate

3.2.1.1 L’abbondanza e il numero di specie 3.2.1.2 La diversità e le sue componenti

3.2.2 Analisi graficodistributive 3.2.2.1 Le curve di k-dominanza

3.2.3 Analisi multivariate 3.2.3.1 Tecniche di classificazione 3.2.3.2 Tecniche di ordinamento 3.2.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM) 3.2.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)

pag. 74 pag. 74 pag. 74 pag. 77 pag. 83 pag. 83 pag. 87 pag. 87 pag. 93 pag.101pag.101

CAPITOLO 4 - ANALISI ECOLOGICO - QUALITATIVE 4.1 Metodologie d’indagine

4.1.1 La distribuzione delle specie caratteristiche 4.1.2 L’analisi bionomica 4.1.3 Il Coefficiente Biotico (CB) 4.1.4 La struttura trofica

4.2 Risultati 4.2.1 La distribuzione delle specie caratteristiche 4.2.2 L’analisi bionomica 4.2.3 Il Coefficiente Biotico (CB) 4.2.4 La struttura trofica

pag.105pag.105pag.106pag.108pag.109pag.111pag.111pag.117pag.121pag.124

CAPITOLO 5 – LA CARTOGRAFIA BIONOMICA PER IL

MONITORAGGIO BENTONICO DELLA LAGUNA DI MARANO E GRADO

5.1 Introduzione 5.2 I Sistemi Informativi Geografici

5.2.1 I dati che alimentano un GIS 5.3 GIS applicato alle comunità bentoniche

5.3.1 Perchè mappare gli habitat bentonici 5.3.2 Metodi e strumenti per la mappatura degli habitat

bentonici 5.4 Cartografia bionomica della Laguna di Marano e

Grado 5.4.1 I dati

pag.129 pag.130pag.134pag.137pag.137 pag.138 pag.144pag.144

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5.4.2 I processi di elaborazione necessari per l’interoperabilità dei dati

5.4.3 Le elaborazioni spaziali

pag.149pag.152

CAPITOLO 6 – CONCLUSIONI pag.165 BIBLIOGRAFIA pag.172 APPENDICE

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE Gli ambienti di transizione tra terra e continente comprendono un insieme

complesso e diversificato che riveste un ruolo fondamentale sia dal punto di

vista ecologico sia da quello socio-economico.

Si tratta di ecosistemi contraddistinti da peculiari caratteristiche e da una

spiccata sensibilità e fragilità che contribuiscono in modo decisivo al

mantenimento della diversità degli habitat ed alla diversificazione del

paesaggio.

Zone di transizione tra ambiente marino e terrestre, sono inoltre caratterizzate

da un’elevata produttività, svolgono una funzione importante nella protezione

della costa, nel miglioramento della qualità delle acque, come habitat e fonte di

risorse trofiche per numerose specie di uccelli. Spesso questi ambienti sono

caratterizzati da forti e imprevedibili variazioni dei parametri chimico fisici

delle acque e sono sottoposti a numerose minacce sia di origine naturale sia

antropica in grado di influenzare profondamente le componenti biologiche e

di alterare la loro funzionalità (Lardicci et al., 1993, 2001, Gravina et al., 1989,

Giangrande & Fraschetti, 1996, Mistri et al., 2000, Mistri et al. 2001, Arias &

Drake, 1994, Bachelet et al., 2000, Fano et al., 2000, Zajac & Whitlatch, 1982).

Ciononostante queste zone sono poco considerate nell’ambito dei consueti

programmi di monitoraggio. Con l’attuazione delle nuove normative, le acque

di transizione, così come i fiumi, i laghi e le acque costiere, entrano però a

pieno titolo nell’ambito dei piani di bacino che dovranno garantire la loro

tutela, la gestione sostenibile e il raggiungimento dell’obiettivo di un buono

stato ambientale.

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Anche se in molti casi tali aree sono state oggetto di ricerche ed interventi di

tutela, secondo quanto previsto sia da convenzioni internazionali (prime fra

tutte la Convenzione di Ramsar del 1971), sia da provvedimenti di carattere

nazionale o locale, il biomonitoraggio degli ambienti di transizione è ancora

per lo più insoddisfacente.

Ad esempio, conoscere le caratteristiche sedimentologiche e bionomiche dei

fondali di una laguna è di fondamentale importanza ed utilità qualora si voglia

arrivare ad una corretta gestione ed a pianificare interventi di tutela, di

conservazione e di fruizione naturalistica e produttiva.

La comunità macrobentonica influenza infatti la stabilità ed i processi

biogeochimici dei sedimenti e rappresenta l’anello di congiunzione tra il

plancton, la meiofauna ed i livelli trofici superiori. Nelle zone umide, i

popolamenti bentonici subiscono spesso drastiche variazioni numeriche o

cambiamenti nella composizione specifica in risposta a stress ambientali.

Tuttavia, i meccanismi omeostatici e la durata relativamente breve dei loro

cicli vitali consentono una rapida ricolonizzazione anche dopo drastici

cambiamenti ambientali (Sarà, 1985, Giangrande & Fraschetti, 1996, Marzano

et al., 2003, Carrada, 1990). In questo senso si tratta quindi di ambienti,

relativamente stabili nel lungo periodo, se confrontati con altri ecosistemi,

acquatici o terrestri (Carrada, 1990).

Le comunità bentoniche vengono considerate lo strumento migliore per la

descrizione delle condizioni ecologiche di questi ecosistemi perché in diretto

contatto col sedimento e quindi in grado di cumulare gli effetti delle molteplici

fonti di arricchimento organico (Lardicci et al., 2001). Inoltre, per intrinseche

caratteristiche di scarsa mobilità e diversificata composizione tassonomica,

risulta particolarmente suscettibile agli eventi di disturbo (Pearson &

Rosernberg, 1978). Per questo lo studio della dinamica e della struttura dei

popolamenti bentonici diventa un mezzo fondamentale per la comprensione

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della funzionalità ecosistemica e per produrre tutte quelle informazioni

necessarie alla conservazione e alla gestione di questi ambienti.

Tali comunità sono in grado di conservare una “memoria biologica” degli

eventi di degrado avvenuti con cadenza temporale continua e/o discreta, per

cui la loro analisi quali-quantitativa è in grado di delineare un quadro ben

preciso della situazione ambientale in cui versano i fondali. Tra le comunità

bentoniche, quella dei Molluschi ed in particolare la componente poco mobile

(molluschi fossori ed attaccati al substrato), rappresenta uno dei principali

descrittori delle comunità bentoniche in quanto fortemente legata alla natura e

alle caratteristiche del sedimento su cui si insedia, fornendo di per sé anche

una misura del grado di pressione dell’uomo sull’ambiente (Gambi et al.,

1982). Infatti, tra gli organismi che popolano i fondali marini, i molluschi

fossori e quelli fissi al substrato, accanto ad altre specie di macroinvertebrati

bentonici, sono particolarmente sensibili alle variazioni di qualità dell’ambiente

acquatico; questi, vivendo a stretto contatto con il substrato ed essendo dotati

di una scarsa mobilità, non hanno la possibilità di sottrarsi ad esempio

all’azione degli inquinanti.

Le modifiche alla composizione della comunità bentonica costituiscono

spesso una traccia leggibile e inequivocabile che può essere individuata anche

in tempi successivi al verificarsi dell’evento impattante e che, di fatto, non

sarebbe rilevabile tramite le consuete analisi chimiche, fisiche o chimico-

fisiche se i relativi prelievi non venissero effettuati durante l’evento.

Il presente lavoro si propone di delineare la struttura e la dinamica dei

popolamenti delle comunità macrozoobentoniche dei fondi mobili della

Laguna di Marano e Grado sulla base di tre campagne di campionamento

(1993, 1994 e 1995) in 53 stazioni. Nonostante la vetustà dei campionamenti

la tematica trattata trova precedenti per la zona solo negli anni 1950/60.

I dati considerati si situano in ogni caso in anni di drastica svolta per le attività

alieutiche della Laguna di Marano e Grado, dove l’introduzione della vongola

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verace filippina (1986) determina il progressivo abbandono di sistemi di pesca

tradizionali (grasiui) o li mette in secondo piano rispetto ad una febbrile

“corsa all’oro”, stimolata dalla nuova risorsa disponibile. Proprio nel 1993

viene infatti introdotto il “ferro maranese”, una draga al traino che consente

rese tali da spingere la produzione dalle 88 t iniziali, a 222 t nel 1994 ed a 1002

t nel 1995 (Zentilin et al., 2005). Il sistema di pesca introdotto determina

enormi mobilizzazioni (stima per il 1995: 3 X 106 m3) e rideposizioni di

sedimenti con corrispondenti impatti sui popolamenti bentonici.

Il confronto tra i campioni ha permesso di estrapolare raggruppamenti

spaziali/temporali e dedurre la significatività statistica delle loro differenze; il

raffronto tra i parametri biologici e quelli ambientali ha permesso inoltre la

verifica e l'individuazione di quali tra questi ultimi siano in più stretta relazione

con la struttura dei popolamenti bentonici.

Parallelamente allo studio ed alle elaborazioni relative alle comunità

macrozoobentonica è stato realizzato uno specifico sistema informativo

geografico che ha consentito la catalogazione, l’analisi comparativa e spaziale

dei dati biotici e dei dati abiotici in relazione agli attuali e futuri modelli di

utilizzo dell’ambiente lagunare.

La cartografia bionomica ha risposto inoltre a molteplici necessità pratiche,

fornendo non solo un quadro dello stato dei fondali in un determinato

momento ma anche l’inventario e la localizzazione dei popolamenti bentonici

di una specifica area, la stima delle risorse, delle biomasse e, attraverso la

comparazione di carte successive, ha permesso una stima dell’evoluzione dei

popolamenti nei tre anni di monitoraggio (Tunesi et al., 1991).

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1.1 Popolamenti bentonici e loro dinamismo

Il monitoraggio ambientale costituisce una delle vie per verificare l’evoluzione

di un dato ecosistema e lo studio della biodiversità che lo caratterizza

rappresenta la base di partenza per controllare le possibili trasformazioni nel

tempo.

Quantificare gli effetti delle numerose attività antropiche su organismi ed

ambienti è di estrema importanza per garantire una corretta gestione e

salvaguardia delle risorse naturali (Benedetti-Cecchi et al., 2003). Negli ultimi

decenni la scelta di metodi per la valutazione della qualità ambientale si è

indirizzata specialmente verso lo studio delle componenti biologiche

dell’ecosistema in grado di rispondere, con differente sensibilità, alle

modificazioni dell’ambiente (Occhipinti Ambrogi & Forni, 2003).

In particolare, come si è visto, l’analisi della struttura delle comunità

bentoniche è importantissima nella valutazione della qualità ambientale dei

fondali e delle acque.

Recentemente diverse misure legislative, europee ed italiane, hanno

riconosciuto l’opportunità dell’uso del benthos come indicatore di qualità di

fiumi, laghi, acque costiere ed ambienti di transizione (Direttiva quadro

2000/60/CE, D. lgs. n. 258 del 18/08/2000).

Tali organismi sono esposti inoltre a tutte le variazioni dell'ambiente e

pertanto, attraverso l'osservazione della struttura delle loro comunità, possono

risultare buoni indicatori degli effetti spazio-temporali delle fluttuazioni

naturali o dei disturbi indotti dalle attività umane (Cognetti et al., 1975;

Pearson & Rosenberg, 1978; Bilyard, 1987; Thomson et al., 2003).

Anche le singole specie possono essere in grado di fornire informazioni

relative ad uno o più fattori ecologici di un determinato ambiente in base alla

loro presenza e abbondanza (specie caratteristiche, specie indicatrici, facies).

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La caratteristica principale che ha quindi reso gli organismi bentonici i più

diffusi bioindicatori della qualità degli ecosistemi marini costieri ed estuariali,

rispetto ai pesci (per problemi di campionamento sia su scala spaziale a causa

dell’elevata variabilità delle popolazioni sia su scala temporale per le migrazioni

stagionali) ed al plancton (soggetto a forti fluttuazioni temporali), è la loro

relativa immobilità e maggiore stabilità nei confronti delle variazioni ambientali

stagionali (Gibson et al., 2000; Satmadjis, 1985; Occhipinti Ambrogi & Forni,

2003).

In particolare, Bilyard (1987), Dauer, (1993), Warwick (1993), Weisberg et al.

(1997) e Paul et al. (2001) riassumono nei punti che seguono i vantaggi

nell’utilizzo degli organismi bentonici negli studi di biomonitoraggio

dell’alterazione ambientale:

1. gli organismi bentonici sono sedentari e quindi riflettono le condizioni

ambientali locali;

2. sono sensibili a diversi tipi di inquinanti che si accumulano proprio a

livelli dei sedimenti;

3. molte specie bentoniche hanno cicli vitali relativamente lunghi e quindi

presentano una risposta integrata nel tempo rispetto alle variazioni della

qualità dell’acqua e dei sedimenti;

4. gli organismi bentonici includono specie che hanno cicli vitali diversi,

con ruoli trofici diversi e con differente grado di tolleranza allo stress;

5. svolgono un ruolo fondamentale nello scambio di nutrienti, altri

composti chimici e materiale organico tra sedimento e la colonna

d’acqua;

6. alcune specie sono importanti da un punto di vista commerciale.

Anche nei programmi relativi al monitoraggio degli ambienti salmastri i

popolamenti bentonici si sono via via rivelati particolarmente utili ad

evidenziare probabili evoluzioni nel tempo. A livello nazionale le comunità

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macrobentoniche sono state biomonitorate nello stagno costiero di Orbetello

e nelle Valli di Comacchio dagli anni ’70 (Lardicci et al., 1993) fino agli anni ’90

(Lardicci et al., 1997; Lardicci & Rossi, 1998; Crema et al., 2000, Mistri et al.,

2000) e nella Laguna di Venezia già a partire dal 1937 con Aristocle Vatova

(1940, 1949).

Lo studio della struttura spazio-temporale delle comunità bentoniche delle

lagune funziona da “indicatore biologico” della qualità dell’ambiente (o di una

parte di esso), in quanto risposta degli ecosistemi agli agenti di stress. In

presenza di stress dominano i taxa opportunisti che presentano vita breve,

cicli di sviluppo rapidi, piccole dimensioni corporee ed alte densità numeriche.

Al contrario nelle comunità di habitat relativamente stabili dominano i taxa

cosiddetti conservativi che hanno più lunghi periodi di vita, tasso riproduttivo

di gran lunga minore, dimensioni maggiori e abbondanze relativamente basse

ma costanti.

Parametri chimico-fisici dell’ambiente quali salinità, temperatura,

caratteristiche del substrato, profondità, luce, ossigeno, sostanze nutritive,

contenuto in sali minerali, idrodinamismo e latitudine e la loro variabilità (in

genere stagionale) si riflettono in cambiamenti più o meno marcati della

comunità bentonica e viceversa, modificazioni della comunità bentonica

possono indirizzare verso il monitoraggio di uno o l’altro dei fattori ambientali

presumibilmente implicati nell’evoluzione osservata.

Aspetti di diversificazione o addirittura la sostituzione dei popolamenti

bentonici originari, attraverso fasi di regressione e denaturazione, sono infatti

indicatori di uno stato leggermente o fortemente perturbato, ed anche

l’esuberanza quantitativa di determinate specie può suggerire l’alterazione dei

normali equilibri tra popolamenti biologici e fattori ambientali.

Anche le singole specie possono essere indicatrici in grado di fornire

informazioni su uno o più fattori ecologici di un determinato ambiente in base

alla loro presenza e abbondanza. Ogni specie vivente, infatti, riflette le

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caratteristiche dell’ambiente in cui vive essendo legata ad un particolare

insieme di condizioni ecologiche.

Le acque lagunari sono soggette a forti variazioni nei parametri chimico-fisici,

e le specie che vi si adattano sono quelle che hanno un’alta valenza ecologica,

caratterizzate da un ampio margine di risposta alle alterazioni ambientali.

(Lionello & Sanavio, 2004).

Gli ambienti lagunari, dagli equilibri precari, messi continuamente alla prova

da naturali eccessi termoalini, sedimentari, trofici, ossidativi, ecc…, sono tipici

ambienti ad elevata resilienza, cioè ad elevata capacità di ripresa, di recupero

dopo una perturbazione (Sarà, 1985). In questo senso, le comunità lagunari

mostrano un’elevata stabilità poiché mostrano una grande costanza sia nelle

specie presenti sia nel tipo di relazioni tra esse.

Ogni anno infatti, tratti più o meno ampi delle lagune alto adriatiche

subiscono completi tracolli, ma ricostituiscono le loro dotazioni biocenotiche

in tempi anche inferiori all’anno.

Il ringiovanimento stabile delle popolazioni, determinato dalla frequenza dei

ritorni di fattori di stress può avere effetti di tipo sistemico con feedback

positivi. Infatti, a parità di biomassa, una popolazione giovane, costituita da

molti individui di piccola taglia, ha un metabolismo più elevato ed è perciò

caratterizzata da un consumo di ossigeno maggiore rispetto a quello di una

popolazione di pari biomassa ma con struttura spostata verso le vecchie leve

(costituite da meno individui, di taglia maggiore). Questo continuo “stato

nascente” potrebbe perciò rendere più frequenti fenomeni di anossia a tracolli

biologici soprattutto nelle zone meno ricambiate.

Oltre alle prevedibili variazioni stagionali, vi sono eventi di disturbo, spesso

associati alle attività umane, in grado di provocare profonde variazioni a livello

delle comunità bentoniche. Studiare i tempi ed i modi di risposta delle

biocenosi a cambiamenti delle condizioni chimico - fisiche e biologiche

costituisce un tema obbligato della ricerca ecologica.

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Data l’enorme influenza delle attività umane sui processi ambientali, a

differente scala spazio temporale, interpretare le cause e gli effetti del

“disturbo” diventa fondamentale nella comprensione dei fenomeni

soprattutto in funzione delle sue applicazioni pratiche nella definizione di

strategie per la tutela, la conservazione e la fruizione degli ecosistemi naturali

(Blasi, 2006).

1.2 Tutela e gestione delle aree umide

Le zone lagunari, gli ambienti estuariali, le foci dei fiumi, costituiscono

ambienti particolari, in corrispondenza dei quali si realizza la transizione tra

terra e mare ed il mescolamento delle acque dolci con quelle salate, dando vita

ad un mosaico di habitat diversi quali canneti, stagni e lagune, isole sabbiose e

barene di estensione più o meno variabile. Tali habitat, soprattutto nelle

regioni temperate, sono popolati da una sorprendente varietà di forme di vita

che li rendono classificabili tra gli ecosistemi che contribuiscono a mantenere

un alto grado di biodiversità.

Il loro assetto attuale è spesso il risultato dell’influenza di centinaia di anni di

evoluzione naturale e di presenza dell’uomo (Gariboldi et al., 1997).

L’incessante sfruttamento a scopi economici di questi territori è stato arginato

in qualche modo dalla Convenzione di Ramsar sulle zone umide il cui testo è

stato concordato nella città iraniana di Ramsar sulle sponde del Mar Caspio

nel 1971.

La Convezione adotta una definizione molto ampia di zone umide,

includendo laghi e paludi, fiumi e aree costiere, acque in movimento o

stagnanti, salate o dolci e si propone di favorire la conservazione e l'utilizzo

razionale delle zone umide, grazie a misure nazionali ed alla collaborazione

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internazionale, in modo da realizzare uno sviluppo sostenibile in tutto il

mondo secondo le linee che seguono:

• “Le zone umide sono distese d'acqua lagunari, torbiere, o di acque

naturali o artificiali, permanenti o temporanee, dove l'acqua è corrente

o stagnante, dolce, salmastra o salata, comprese le distese d'acqua di

mare la cui profondità nel momento di bassa marea non supera i sei

metri”.

• Le zone umide svolgono funzioni ecologiche vitali: assicurano la

regolazione dei regimi idrologici ed ospitano una grande diversità

biologica.

• Le zone umide hanno un valore economico, culturale, scientifico e

ricreativo immenso, che dobbiamo impegnarci a conservare.

• La progressiva eliminazione delle zone umide costituisce un grave

danno all'ambiente, alle volte irrimediabile, che dev’essere impedito.

• Le zone umide devono essere rimesse in ordine tutte le volte che

questo è possibile.

• L'utilizzo razionale permette di garantire la conservazione delle zone

umide. Il loro utilizzo razionale è definito come “utilizzo durevole in

favore dell'umanità in modo che sia compatibile con il mantenimento

delle caratteristiche naturali dell'ecosistema”. Per utilizzo durevole si

intende “l'utilizzo da parte dell'uomo di una zona umida in modo che le

attuali generazioni abbiano il massimo vantaggio, conservando la

capacità di soddisfare i bisogni e le aspirazioni anche delle generazioni

future”; in questo contesto “utilizzo razionale” può anche voler dire

protezione rigorosa.

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La Convenzione internazionale di Ramsar, datata 1971 ma recepita nel nostro

Paese nel 1976, ha segnato una svolta decisiva nella gestione delle “mefitiche”

paludi che, per l’occasione, sono state rinominate “wetlands” ovvero “zone

umide”.

Quello di Ramsar inoltre è il primo ed unico trattato globale che ha per

oggetto un ecosistema specifico, in questo costituendo un chiaro indicatore

della consapevolezza a livello internazionale del valore delle zone umide: “The

Ramsar Convention is unique in that it remains the only global convention the objective of

which is to protect and conserve a particular type of ecosystem and the flora and fauna (...)

dependent upon it” (Koester, 1989).

In seguito, l’Unione Europea, al fine di salvaguardare la biodiversità e

combattere l'estinzione di alcune specie animali e vegetali promulga due

interventi legislativi: la Direttiva “Conservazione degli uccelli selvatici”, nota

come Direttiva Uccelli (79/409/CEE) e la Direttiva "Conservazione degli

habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche",

comunemente chiamata Direttiva "Habitat" (92/43/CEE).

In base a quest’ultima, la conservazione della natura viene attuata tramite la

realizzazione di un sistema integrato di aree protette denominato Rete Natura

2000 che individua e tutela aree, siti e zone di grande valenza naturalistica

costituite da “Zone a Protezione Speciale” (ZPS) e da Siti di Importanza

Comunitaria (SIC).

In quest’ultimo decennio, con lo sviluppo della normativa di tutela

internazionale ed europea, dalla convenzione sulla biodiversità di Rio de

Janeiro nel 1992 alla Direttiva europea 92/43/CEE e la costituzione della

Rete Natura 2000 per la protezione di habitat e specie maggiormente a rischio,

sempre più è emersa l’importanza e l’efficacia delle analisi in tema di

biodiversità, intesa quale chiave di lettura complessiva dello stato di salute

ambientale del territorio. Tale tematica è diventata quindi un fattore prioritario

nei processi decisionali volti alla sostenibilità ambientale (Poldini et al., 2006).

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Sino ad oggi i dodici Stati della Regione Mediterranea (Algeria, Egitto, Francia,

Grecia, Italia, Giordania, Malta, Marocco, Portogallo, Spagna, Tunisia ed ex-

Jugoslavia) che hanno firmato tale Convenzione hanno indicato in totale 89

zone umide considerandole come un unico sistema ecologico.

In Italia esistono 50 “Zone Umide di Valore Internazionale” con una

superficie di 57.130 ettari la più grande delle quali, con i suoi 10.000 ettari è il

delta del Po in provincia di Ferrara; 14 zone misurano tra i 1.000 e i 4.000

ettari e le rimanenti sono molto più piccole.

Distribuzione regionale delle zone umide

(Da: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)

Regione Siti Lombardia 6

Veneto 2 Trentino Alto Adige 1

Friuli Venezia Giulia 2 Emilia Romagna 10

Toscana 4 Umbria 1 Lazio 5

Abruzzo 1 Puglia 3

Calabria 1 Sicilia 2

Sardegna 8 Basilicata 2 Campania 2

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Mappa ed elenco delle zone umide di importanza internazionale in Italia:

Numero DENOMINAZIONE REGIONE 1 Isola Boscone Lombardia 2 Lago di Mezzola - Pian di Spagna Lombardia 3 Palude Brabbia Lombardia 4 Paludi di Ostiglia Lombardia 5 Torbiere d'Iseo Lombardia 6 Valli del Mincio Lombardia 7 Valle Averto Veneto 8 Vincheto di Cellarda Veneto 9 Lago di Tovel Trentino Alto Adige 10 Marano Lagunare - Foci dello Stella Friuli Venezia Giulia 11 Valle Cavanata Friuli Venezia Giulia 12 Ortazzo e Ortazzino Emilia Romagna 13 Piallassa della Baiona Emilia Romagna 14 Sacca di Bellocchio Emilia Romagna 15 Salina di Cervia Emilia Romagna 16 Valli Bertuzzi Emilia Romagna 17 Valle di Gorino Emilia Romagna 18 Valli residue del Comprensorio di Comacchio Emilia Romagna 19 Valle Santa Emilia Romagna 20 Punte Alberete Emilia Romagna 21 Valle Campotto e Bassarone Emilia Romagna 22 Padule Daccia Botrona Toscana

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23 Lago di Burano Toscana 24 Laguna di Orbetello Toscana 25 Padule di Bolgheri Toscana 26 Palude di Col Fiorito Umbria 27 Lago di Fogliano Lazio 28 Lago di Nazzano Lazio 29 Lago di Sabaudia Lazio 30 Lago dei Monaci Lazio 31 Lago di Caprolace Lazio 32 Lago di Barrea Abruzzo 33 Le Cesine Puglia 34 Saline di Margherita di Savoia Puglia 35 Torre Guaceto Puglia 36 Bacino dell'Angitola Calabria 37 Il Biviere di Gela Sicilia 38 Vendicari Sicilia 39 Stagno di S'Ena Arrubia Sardegna 40 Peschiera di Corru S. - Stagno di S. Giovanni e Marceddi Sardegna 41 Stagno di Cabras Sardegna 42 Stagno di Mistras Sardegna 43 Stagno di Molentargius Sardegna 44 Stagno di Pauli Maiori Sardegna 45 Stagno di Sale e Porcus Sardegna 46 Stagno di Cagliari Sardegna 47 Lago di San Giuliano Basilicata 48 Pantano di Pignola Basilicata 49 Medio Corso del fiume Sele - Serre Persano Campania 50 Paludi Costiere di Variconi - Oasi di Castel Volturno Campania

(Da: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)

La regione Friuli Venezia Giulia, per la sua posizione biogeografica, la

diversità geomorfologica e la storia ecologica e culturale, presenta un alto

grado di diversità specifica ed ambientale (habitat e paesaggio) per unità di

superficie, rispetto sia alla realtà nazionale sia a quella europea. La tutela della

biodiversità in tutti i suoi livelli è un tema centrale nella politica e negli

strumenti per l’attuazione di uno sviluppo sostenibile.

E proprio per tutelare un ambiente naturale così delicato la regione Friuli

Venezia Giulia ha istituito una serie di aree naturali protette fra cui le Riserve

naturali della Valle Cavanata, della Foce dell'Isonzo (esterna al sito oggetto di

studio), della Valle Canal Novo e delle Foci dello Stella.

In particolare, due aree sono state dichiarate zone umide di importanza

internazionale secondo i criteri Ramsar:

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‘Marano Lagunare-Foci dello Stella’ (1.400 ha)

‘Valle Cavanata’ (248 ha)

Sono state inoltre identificate quattro Riserve Naturali Regionali:

Foce dell’Isonzo-Isola della Cona (2.338 ha)

Valle Cavanata (341 ha)

Foci dello Stella (1.357 ha)

Valle Canal Novo (124 ha)

La Laguna di Marano e Grado è stata riconosciuta come Zona di Protezione

Speciale e Sito di Interesse Comunitario ai sensi delle Direttive comunitarie

“Habitat” e “Uccelli” (Fig. 1.1).

Fig. 1.1 Limiti SIC e ZPS della Laguna di Marano e Grado

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1.3 Organizzazione biologica degli ecosistemi paralici

1.3.1 Diversità morfologiche, geochimiche e sedimentarie

L’idrobiosfera è comunemente divisa in dominio marino e dominio delle

acque continentali ciascuno dei quali con proprie caratteristiche geochimiche,

processi sedimentari e distinti popolamenti. Al confine tra questi due domini

esistono numerosi ambienti apparentemente molto differenti tra loro e

descritti con un’ampia terminologia: area di transizione, zone miste, ambienti

intermedi, aree a salinità variabile, zone al limite della costa, ambienti salmastri

etc. Guelorget e Perthuisot (1983) li definiscono ecosistemi paralici e

l’aggettivo paralico applicato ad un’area, bacino o ad un ecosistema significa

semplicemente che esso ha o ha avuto un rapporto precario con il mare (dal

greco pará “vicino, accanto” e áls “sale, mare”).

La terminologia corrente si avvale quindi di tutta una serie di nomi per

indicare quelle aree litorali che vengono chiamate oggi “zone umide costiere”

(coastal wetlands) e, in effetti, questo termine moderno riporta ad ambienti

molto diversi per genesi, morfologia, caratteristiche idrologiche e

sedimentologiche, ecc…, che presentano tuttavia una notevole affinità

geochimica e biologica.

Grazie allo studio di ambienti paralici sia mediterranei (ad esempio lo Stagno

di Prévost in Francia, lo Stagno d’Urbino in Corsica e la laguna di Bahiret el

Biban in Tunisia) sia di ambienti più settentrionali (Fiordi danesi, Mar Baltico

etc.) da parte dei due ricercatori francesi, è emersa l’estrema varietà quanto a

morfologia, grandezza e genesi determinata dalla diversa evoluzione geologica

di ciascun bacino paralico. Inoltre i parametri fisici e chimici così come i

depositi sedimentari risultano molto variabili a causa delle condizioni

climatiche, idrografiche regionali e delle caratteristiche idrologiche locali.

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Tali strutture sono quindi descritte con vari nomi: estuario, ria, fiordo, vallone,

laguna, sebka, bahira e stagno costiero. I fiordi danesi, gli stagni costieri

tunisini, il Mar Caspio, il Mar Baltico, gli stagni corsi e gli stagni della costa

mediterranea francese, le lagune altoadriatiche sono tutti esempi di ambienti

paralici naturali; le saline, rade e porti sono invece esempi di ambienti paralici

artificiali.

In Italia, i più importanti sistemi paralici consistono in numerose lagune e

stagni costieri presenti lungo le coste di molte regioni.

Lagune e stagni costieri sono bacini d’acqua salmastri o iperalini, separati dal

mare da cordoni sabbiosi, che si formano in regime trasgressivo, in presenza

di apporti terrigeni e di cospicuo trasporto litoraneo. Questi ambienti sono

situati dietro lidi di sabbia accumulata dalle onde e dalle correnti costiere e

comunicano con il mare aperto attraverso bocche più o meno ampie e

profonde, parametri fissati dall’estensione del bacino cui afferiscono.

Per rimanere in ambito mediterraneo e facendo riferimento soltanto ai

caratteri fisici di questi ambienti, il termine più frequentemente usato a

sproposito è quello di laguna, utilizzato indifferentemente per indicare sia

lagune propriamente dette, sia stagni costieri.

Questi due ambienti hanno genesi molto simile in quanto si formano

generalmente in regime trasgressivo (spostamento verso terra della linea di

costa), in presenza di cospicui apporti terrigeni sabbiosi e significativo

trasporto litoraneo (Brambati, 1988).

Nonostante questa genesi comune, essi si differenziano tuttavia per un fatto

fondamentale: nelle lagune il ricambio è garantito soprattutto dalle maree;

quello degli stagni costieri è garantito invece principalmente dalle mareggiate,

da infiltrazioni freatiche (marine o continentali), dagli apporti meteorici e dal

vento. Più che un’azione di ricambio, questi ultimi fattori esercitano un’azione

di redistribuzione delle sostanze biogene provenienti dal mare. Essi agiscono

anche nelle lagune, diversificando così la loro idrodinamica; ma

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l’individuazione di una laguna è tuttavia basata essenzialmente sulla presenza o

meno di maree nel sito marino cui si affacciano.

Poiché il Mediterraneo presenta maree di una certa ampiezza soltanto

nell’Alto Adriatico e nel Golfo di Gabes, ne consegue che vere e proprie

lagune si possono formare soltanto in questi distretti ed il termine “laguna”

per indicare i bacini costieri di Orbetello è usato impropriamente in luogo di

“stagno”, come più correttamente i francesi indicano i bacini costieri corsi (ad

es. Etang d’Urbino) o quelli della loro costa mediterranea (ad es. Etang de

Berre, Etang de Thau, …).

La presenza di maree non è un fatto di poco conto in quanto determina tutta

una serie di conseguenze morfologiche e sedimentologiche che sostanziano la

differenza tra lagune e stagni costieri.

Nella formazione di una laguna, gli apporti terrigeni fluviali laterali, trasportati

lungo riva, formano dei cordoni sabbiosi chiamati lidi che, assieme agli apporti

deltizi aggettanti verso mare, concorrono a delimitarne il bacino. Esso si

imposta perciò su una precedente pianura alluvionale, parte del cui reticolo e

delle cui morfologie viene conservata nel bacino stesso, concorrendo a

localizzare le bocche lagunari ed i canali principali (Brambati, cit.).

Secondo altri (Gatto & Marocco, 1992), queste ed altre morfologie devono

invece essere considerate tipicamente lagunari.

In ogni caso, la marea è quantomeno il modellatore delle morfologie interne di

una laguna presenti nell’ambito della sua escursione.

In estrema sintesi, rispetto al livello del mare, in una laguna possono essere

distinte tre zone morfologiche (Brambati, 1969; Marocco, 1989):

1. morfologie poste al di sopra del livello medio delle alte maree;

2. morfologie comprese tra i livelli medi delle alte e basse maree;

3. morfologie poste al di sotto del livello medio delle basse maree;

Nelle attuali lagune, in particolare in quelle altoadriatiche, ciascuna zona

comprende morfologie naturali e morfologie determinate dall’attività umana.

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Al di sopra del livello medio delle alte maree si possono riconoscere le barene,

i cordoni litorali e la costa interna di terraferma.

Secondo Vatova, il termine barena deriva dal sanscrito “bar” che significa alto.

Secondo questa etimologia, il termine barena può perciò essere attribuito a

tutte le isole lagunari, indipendentemente dalla loro genesi.

Tenendo invece presente l’origine di questi rilievi si possono distinguere le

barene p.d. e le pseudobarene. Le prime sono isole legate al regime

sedimentologico proprio delle lagune. In effetti, alla periferia di ciascun

bacino, dove la velocità delle correnti di marea si annulla, si annulla anche la

loro capacità di trasporto e vengono perciò depositate le sospensioni più fini.

Qualora in presenza di acque dolci, in tali zone si instaura Spartina marittima i

cui ciuffi intrappolano materiali trasportati dal vento (polveri, resti di alghe,

ramoscelli, …) contribuendo così all’innalzamento della formazione.

Su di essa si insediano via via Salicornia, Limonium, Juncus ed altre piante alofile

che costituiscono la sua dotazione vegetale. Spesso le barene hanno una forma

tondeggiante e sono depresse al centro dove accolgono dei ristagni d’acqua

che vengono ricambiati in alta marea, attraverso canalicoli tortuosi il cui livello

di base coincide con il livello delle alte maree sizigiali.

Siccome le linee di spartiacque divagano in funzione del maggior o minor

“tiraggio” delle bocche adiacenti, del regime eolico o di interventi antropici, le

barene formano zone più o meno estese a cavallo degli spartiacque. Esse sono

presenti anche lungo tutta la costa lagunare interna dove si ripetono

condizioni di trasporto e sedimentazione analoghe a quelle che caratterizzano

gli spartiacque.

Le pseudobarene sono invece isole rappresentate dai relitti morfologici della

primitiva pianura alluvionale o da rilievi dunali. Alla stessa zona morfologica

appartengono i lidi, o cordoni litorali, spesso dotati di dune, le mote, gli argini

di conterminazione e quelli delle valli, i terrapieni, i moli, le dighe, accumuli da

opere di escavo, …

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Alla seconda zona morfologica appartengono i canali secondari e le piane di

marea, costituenti, queste ultime, le maggiori estensioni dei fondali lagunari.

Caratterizzate da debolissime pendenze, degradano verso i canali principali,

innalzandosi verso la fascia barenicola della costa di terraferma o di

spartiacque da cui drenano con canali secondari meandreggianti, larghi alcuni

metri. Questi hanno livelli di base coincidenti con le medie basse maree di

sizigie e profondità massima corrispondente alle massime sizigiali, profondità

raggiunta al loro sbocco nei canali principali.

La terza zona morfologica comprende i canali principali, larghi fino a 100 m e

profondi 10 m circa, ampiezza e profondità che diminuisce via via che si passa

dalle bocche lagunari alla costa di terraferma. Come si è già detto, essi sono

spesso testimonianze dell’idrografia fluviale pre-trasgressiva, le cui tracce

possono talvolta esse reperite anche in mare (Marocco, 1992). Appartengono

a questa zona anche le paludi, fondali posti ben al di sotto del limite delle

basse maree sizigiali.

I canali principali, quelli secondari ed i ghebbi, rappresentano la rete idraulica

attraverso cui le acque marine, entrate dalle bocche, si distribuiscono nella

laguna.

Durante le massime alte maree, alle bocche lagunari, si possono osservare le

correnti di maggiore intensità (oltre 2m/sec). Nei canali principali (alcuni

dm/sec) e nei secondari (alcuni cm/sec) le velocità massime diminuiscono.

Una brusca diminuzione della velocità delle correnti di marea si ha quando dai

canali le acque si espandono nelle piane di marea. Nel corso del riflusso il

processo si ripete in senso inverso e le acque che defluiscono raggiungono di

nuovo la massima velocità alle bocche lagunari. Questo modello di ricambio

ad albero, a partire da ciascuna bocca, può essere profondamente turbato dal

vento che, spirando in senso trasversale rispetto agli spartiacque, genera

travasi da un bacino all’altro e dalla laguna al mare.

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Il regime sedimentologico di una laguna è conseguenza del regime idraulico

che la caratterizza: in zone di forte corrente (bocche ed aste iniziali dei canali

principali) verranno sedimentati i materiali più grossolani come le sabbie; in

zone di via via minore energia sedimenteranno poi le sabbie pelitiche, le peliti

molto sabbiose, le peliti sabbiose ed infine le peliti.

Questo schema può esser turbato alla foce di immissari lagunari, dove

possono depositarsi materiali più grossolani. In modo analogo delle sabbie

pelitiche o peliti sabbiose in posizione periferica possono denunciare l’antica

presenza di una foce fluviale.

E’ evidente che il moto ondoso che si esprime lungo i lidi trasporta le sabbie

lungo riva fino alle foci. Qui vengono prese in carico dalle correnti di marea e

trasportate in laguna per qualche chilometro. Da qui le correnti di riflusso le

riportano alla bocca lagunare, dove formano il delta di foce e costituiscono un

serbatoio atto a compensare modificazioni occasionali o cicliche dell’equilibrio

deposizionale della laguna (Marocco, 1992). Salvo quelle provenienti dagli

immissari, anche le peliti provengono dal mare e, attraverso il complesso di

fenomeni definito “settling and scour lag effect”, le loro particelle più fini

tendono a depositarsi in posizione più interna rispetto a quella corrispondente

alla loro granulometria; ciò perché intercorre un certo intervallo di tempo tra il

momento in cui la corrente non è più in grado di trasportare le particelle in

sospensione ed il momento in cui esse raggiungono il fondo (“settling lag

effect”). In seguito allo “scour lag effect”, parte di queste particelle, una volta

depositate, non può essere ripresa in carico dalla stessa massa d’acqua che l’ha

deposta perché per la loro erosione è necessaria una corrente d’intensità

superiore a quella corrispondente al punto di deposizione. E’ così che si

assiste ad un progressivo arricchimento di materiale in sospensione dalle

bocche verso l’interno ed all’aumento di materiale via via più fine nei

sedimenti (Marocco, 1992).

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Come si è visto, quello lagunare è un sistema estremamente sensibile e

delicato, capace di riassestare continuamente il suo equilibrio sia in relazione ai

forzanti esterni che ne guidano l’evoluzione e che possono essenzialmente

essere ricondotti al clima, sia in relazione ad interventi antropici sulla

morfologia, tanto in termini di liberazione che di eliminazione di gradi di

libertà (sezione delle bocche e loro opere di protezione, ricalibratura e cambio

di direzione dei canali, aumento e diminuzione della profondità, …).

1.3.2 Gli aspetti biologici del dominio paralico

Gli studi effettuati sui popolamenti dei diversi bacini evidenziano l’esistenza di

specie che vivono e si sviluppano solo negli ambienti paralici

indipendentemente dalla salinità. L’esempio più evidente è quello di Ruppia

spiralis, una monocotiledone che si può trovare nello Stagno d’Urbino con

salinità del 33 ‰, nei polders olandesi con salinità compresa tra 1,5 ‰ e 23 ‰

(Den Hartog, 1971), nella Bahiret el Biban dove la salinità supera 80 ‰

(Guelorget et al., 1982) e nella Salin de Giraud (Camargue-Francia) con salinità

tra i 60 ‰ e 80 ‰. D’altra parte è sorprendente come questa monocotiledone

non sia mai stata trovata in mare aperto, sebbene potrebbe trovarsi in

condizioni di salinità compatibili con il suo sviluppo. Tra i Molluschi sono

citate specie come Hydrobia acuta, Pirenella conica o ancora Cerastoderma glaucum

trovato solo in ambienti lagunari o paralagunari sia ipo- che iper-alini. Altri

esempi potrebbero essere estesi dai Protozoi ai Tunicati, dai Cianobatteri ed

altre Monocotiledoni.

Una rilevante proprietà degli ambienti paralici è la loro zonazione biologica.

La distribuzione delle specie negli ambienti paralici è generalmente

longitudinale sia in bacini ipo-, sia in quelli iper-alini.

Tale caratteristica è evidente nella distribuzione della macroflora dove Zostera

noltii prevale nelle zone più vicine al mare; Ruppia spiralis domina le zone

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centrali, formando comunità miste con Chara sp. nelle zone più interne.

Queste zone sono colonizzate da Cianobatteri o Cloroficee (Ulva sp. ed

Enteromorpha sp.). Interessante è il caso del fiordo Dypsø dove si nota una

zonazione longitudinale della macroflora bentonica a dispetto dell’assenza del

gradiente di salinità, questo mostra come quest’ultimo non influisca nella

distribuzione delle macrofite negli ambienti paralici.

Gli studi sulla macrofauna a invertebrati di un considerevole numero di bacini

paralici testimoniano l’esistenza di una zonazione longitudinale indipendente

dal gradiente di salinità, dove si distingue procedendo dalle comunicazioni con

il mare verso l’interno:

una regione dominata da Molluschi Pelecipodi, con pochi Echinodermi,

cioè con ancora una tendenza “stenobionte” (specie talassiche);

una regione di transizione ancora dominata da Pelecipodi, ma con la

scomparsa degli Echinodermi. In questo caso l’influenza marina è

troppo debole da permettere uno sviluppo ottimale delle specie con

affinità marine, ma ancora forte per favorire pienamente lo sviluppo

delle specie paraliche. Inoltre è in questa zona che troviamo specie

“miste” che sono presenti anche in mare (Paphia aurea, Tapes decussatus,

Scrobicularia plana). Un eventuale inquinamento organico può indurre

delle variazioni locali che si manifestano con una diminuzione numerica

dei Bivalvi a vantaggio di Crostacei e Anellidi detritivori;

una terza regione con la presenza delle specie strettamente paraliche

(Cerastoderma glaucum, Abra segmentum, Hediste diversicolor, Nereis succinea,

Gammarus insensibilis e G. aequicauda, Sphaeroma hookeri, larve di

Chironomidi);

una tipica quarta regione, comune negli ecosistemi iperalini, meno negli

ecosistemi ipoalini (particolarmente nei climi freddi), caratterizzata dalla

presenza di tappeti di Cianoficee o di strutture stromatolitiche, associati

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ad un piccolo numero di specie animali (Hydobia acuta, Sphaeroma

rugicauda, Pirenella conica).

Per quanto concerne le comunità bentoniche (macrofauna), i parametri

caratteristici (varietà delle specie, densità, biomassa, produttività) formano

gradienti dai collegamenti con il mare verso i margini della laguna

indipendentemente dalla salinità, il confronto tra lo stagno di Prevost e la

bahira El Biban è molto significativo sotto quest’aspetto (Fig. 1.2).

Fig. 1.2 Variazioni quantitative della macrofauna bentonica nello Stagno di Prévost (Francia) a sinistra e nella Bahiret el Biban (Tunisia) a destra. Nella parte superiore del grafico è indicata la densità, espressa come numero di individui per metro quadrato; le aree circolari danno anche una rappresentazione qualitativa dei popolamenti; si noti che l’apporto locale di materia organica (contatto fra acque marine e acque lagunari, zone di biosedimentazione intensa, apporti di affluenti inquinanti, ecc.) stravolge il popolamento sia quantitativamente che qualitativamente (Guelorget & Pertuisot, 1982).

Tuttavia in tutti i casi studiati, ed in accordo con i dati bibliografici, si può

osservare progressivamente dal mare verso l’interno quanto segue:

una significativa diminuzione della diversità di specie;

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un progressivo aumento di densità dei macroinvertebrati, seguito da un

loro pronunciato decremento presso il polo dulciacquicolo, mentre la

macrofauna bentonica scompare completamente nelle vicinanze del

polo evaporitico;

una progressiva diminuzione della biomassa, dovuto all’incremento

della densità accompagnato da una riduzione nella taglia (nanismo

lagunare);

una drastica diminuzione della produzione globale (calcolata in base alla

malacofauna che è predominante nei sistemi paralici) con un massimo

nelle zone direttamente influenzate dal mare (Guelorget et al., 1982);

comunità fitoplantoniche ed ittiche che presentano analoghi modelli.

Un’altra caratteristica degli ecosistemi paralici è la loro estrema resilienza

ovvero la capacità di recupero quando il sistema è modificato da una

perturbazione (Odum, 1988); caratteristica che risulta evidente quando si

considerano le zone più interne e marginali degli ambienti paralici, le quali

possono essere soggette a considerevoli variazioni stagionali di salinità e

temperatura, causate da precipitazioni piovose e da forti evaporazioni, tali da

cambiare un sistema iperalino in uno altamente desalinizzato. Crisi distrofiche

possono provocare la distruzione di un gran numero d’individui, senza

modificare stabilmente l’ecosistema il quale recupera molto velocemente non

appena la crisi è terminata.

Il quadro sugli ambienti paralici delineato in precedenza mostra che, a fronte

di una diversità morfologica, geochimica e sedimentololgica, essi presentano

un’innegabile unicità biologica: originalità e specificità delle comunità,

gradienti biologici qualitativamente e quantitativamente indipendenti dalla

salinità e stabilità degli ecosistemi. I popolamenti non sono quindi

popolamenti residuali (specie marine o d’acqua dolce tolleranti ampie

variazioni di salinità) ma sono caratterizzati da specie esclusive.

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Pertanto gli ambienti paralici esistono come autonome entità, distinti dagli

ambienti marini e d’acqua dolce, con proprie strutture e dinamiche. In

accordo con i parametri biologici e geologici, possiamo distinguere due

sottosistemi:

il sottodominio più vicino al mare (paralico vicino) caratterizzato da

una geochimica non molto differente da quella del mare, da grosse

quantità di sedimenti immessi nella fase biogenica (carbonati, materia

organica), da comunità essenzialmente talassoidi e da spiccati gradienti

biologici;

il sottodominio più lontano dal mare (paralico lontano) caratterizzato

da una geochimica radicalmente differente da quella del mare

comprendente due poli che si possono trovare anche nel dominio

continentale: il polo evaporitico e il polo dulciacquicolo. Le fasi

sedimentarie abiogeniche sono dominanti. Le comunità sono esclusive,

originali e i gradienti biologici non sono così evidenti.

Il limite tra questi due sottodomini è approssimato all’area di formazione del

tappeto batterico; questo limite può corrispondere alla scomparsa dei

foraminiferi (Zaninetti, 1982).

Secondo Segerstrale (1959) lo studio biologico delle lagune nasce sulle coste

olandesi dove “l’estensione di acque diluite e la loro ampia gamma di salinità

[…], in combinazione con una buona conoscenza floristica e faunistica offriva

condizioni eccezionalmente favorevoli all’affrontare i problemi delle acque

salmastre”. Da questa citazione appaiono evidenti due fatti:

1. La salinità viene considerata il descrittore fondamentale degli ambienti

umidi costieri.

2. Gli ambienti umidi che per primi hanno suscitato l’interesse dei ricercatori

erano ambienti salmastri.

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In effetti, già all’inizio del 1900, il metodo Knudsen di dosaggio della salinità

attraverso la clorinità rende agevole la misura di questo parametro in campioni

raccolti in “campagna” e portati in laboratorio e consente l’osservazione di

una certa correlazione tra la salinità e la distribuzione degli organismi

all’interno di una laguna (Carrada & Fresi, 1988). Le prime osservazioni

nordiche non contemplano però la possibilità che la laguna, invece di

caratterizzarsi per la presenza di acque salmastre, e quindi per l’influenza di

immissari di acque dolci, possa invece caratterizzarsi per la presenza di

ambienti evaporitici.

Il fatto è tuttavia che tentativi di descrizione e di zonazione degli ambienti

umidi costieri in funzione della salinità si susseguono fino a metà del 1900 con

l’unica novità di rilievo rappresentata dall’introduzione della categoria delle

acque iperaline (Brunelli, 1933), fatto che costituisce il primo passo verso il

riconoscimento della fondamentale omogeneità biologica degli ambienti umidi

costieri sia che si caratterizzino per gradienti di diluizione, sia di

concentrazione di acque marine, fatto molto più comune in Mediterraneo.

Questo avanzamento viene recepito nel “Simposio sulla classificazione delle

acque salmastre”, tenuto a Venezia nel 1958, in cui viene proposto il “ Sistema

di Venezia per la classificazione delle acque marine in accordo con la salinità”,

sistema che prende in considerazione anche le acque iperaline.

Già dalle prime classificazioni (Redeke, 1922), questo unico riferimento era

apparso però insufficiente e venivano perciò auspicati futuri adattamenti in

base alla conoscenza del ruolo di altri fattori.

Infatti, già con Remane (1934), Vatova (1940) e D’Ancona (1959), si era

arrivati all’osservazione che la flora e la fauna delle acque salmastre erano sì

costituite da specie marine eurialine, capaci di sopportare un certo grado di

diluizione delle acque, e di specie d’acqua dolce capaci di sopportare un certo

grado di salinità, ma anche da un piccolo numero di specie “caratteristiche

delle acque salmastre”. Veniva cioè verificata l’esistenza di un determinato

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numero di nicchie “esclusive degli ambienti costieri salmastri”, ma non veniva

notato che queste stesse nicchie caratterizzavano anche gli ambienti iperalini.

La codificazione di queste osservazioni è stata fatta da Peres e Picard (1964)

che, a proposito della loro biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE),

constatano che, “il popolamento di queste sabbie fangose o fanghi sabbiosi

resta sensibilmente lo stesso sia quando l’acqua è costantemente meno salata

dell’acqua di mare del largo, sia quando è costantemente più salata, sia ancora

che presenti delle variazioni di salinità molto importanti durante l’anno”. La

biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina rappresenta il termine ultimo di

una serie di biocenosi infralitorali di substrato mobile, distribuite lungo un

gradiente di idrodinamismo che in corrispondenza ad essa presenta la

maggiore attenuazione, consentono una ricca sedimentazione di materiale

fine.

Prima di questo passo, la suddivisione in zone degli stagni costieri e delle

lagune, effettuata in base al parametro della salinità, alle cui variazioni

corrisponde la comparsa o la scomparsa di particolari specie, dette indicatrici,

può essere fatta afferire ad un approccio mesologico-autoecologico: lungo il

gradiente di salinità esistente tra le bocche a mare e il continente, le specie

presenti immigrate dal mare o evolute da specie marine, sono il risultato della

selezione attuata a diverse scale temporali, soprattutto in base alla capacità di

osmoregolazione di ciascuna di esse. Al popolamento che ne risulta non viene

in genere attribuita alcuna originalità cenotica (Carrada & Fresi, 1988) in

quanto viene considerato una specie di condizione residuale di un

popolamento marino sottoposto a stress ambientali via via più intensi, fino ad

essere talvolta cancellato.

L’approccio sinecologico seguito da Peres e Picard (1964) ferma invece la

propria attenzione sull’insieme del popolamento, considerato originale, e cerca

di mettere in evidenza differenze e corrispondenze in modo da risalire al

fattore o ai fattori che guidano la zonazione. Talvolta i fattori relativi ai

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gradienti osservati non seguono la stessa direzione e interagiscono tra di loro,

di modo che non sono facilmente disaggregabili; si approda allora a fattori

multipli di ardua formalizzazione. È questa la situazione da cui, con un

contributo interpretativo esteso e profondo, si è giunti alla teoria del dominio

paralico (Guelorget & Perthuisot, 1983). Il lavoro dei due ricercatori francesi

parte dalla constatazione che, come precedentemente menzionato, tra il

dominio marino e quello continentale esiste una moltitudine di ambienti di

genesi ed evoluzione differente, indicati volta a volta come stagno costiero,

laguna, palude costiera, polder, estuario, fiordo, sebbka, vallone, ecc…che

sono stati oggetto di numerosi studi anche in quanto zone di elevata

produttività e perciò di notevole interesse economico (Orel et al., 2005).

In opposizione alla estrema diversità e variabilità degli ambienti paralici, le

unità di popolamento sono caratterizzate da specie esclusive di questi ambienti

e organizzate zonalmente in modo relativamente stabile ed indipendente dalla

salinità di ciascun bacino. Il parametro che sembra guidare la distribuzione

degli organismi viene chiamato “confinamento” e corrisponde al tempo di

rinnovo degli elementi biogeni di origine marina in un determinato punto del

bacino. Gli autori veneti hanno generalmente utilizzato termini equivalenti al

reciproco del confinamento, cioè il ricambio o, più raramente, hanno parlato

di “vivificazione marina” (D’Ancona, 1954; Marchesoni, 1954).

Esiste chiaramente un legame di dipendenza tra confinamento (o ricambio) e

distanza dalle bocce a mare, ma questo rapporto non è così semplice come

potrebbe sembrare a prima vista (Solazzi et al., 1991). Due punti che si

trovano a uguale distanza dalle bocche potrebbero essere caratterizzati da

valori di confinamento molto differenti in relazione al percorso più o meno

tortuoso effettuato dall’acqua di mare e quindi del tempo impiegato per

raggiungerli (mentre la salinità potrebbe essere la stessa nei due punti). Un

esempio al riguardo è riportato in Zentilin et al. (2005). Il confinamento di una

zona determinata di un bacino paralico è in effetti la risultante di diversi

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fattori: l’ampiezza della comunicazione con il mare, le dimensioni dei dislivelli

in gioco (marea), l’entità dell’energia meccanica operante sulla zona, la

morfologia del bacino e del particolare paraggio, gli apporti d’acqua dolce,

ecc…

Il concetto di confinamento viene formalizzato quindi soprattutto in relazione

alla concentrazione di sostanze marine.

La concentrazione in un dato punto lagunare dipende dal confinamento ma

anche dagli apporti di acque dolci e dall'evaporazione.

Se si definisce deficit idrico, ∆h, la differenza algebrica tra evaporazione e

apporti di acqua dolce:

- il bacino è iperalino se il deficit idrico è positivo;

- il bacino è ipoalino se il deficit idrico è negativo.

Se vengono inoltre fatte le seguenti ipotesi:

- gli apporti di acqua dolce del bacino sono costituiti da acque pure (piogge,

apporti continentali) che si distribuiscono immediatamente nell'intero bacino

all'interno del quale l'evaporazione è uniforme;

- lo spessore dello strato d'acqua è costante;

- gli ioni che provengono dal mare sono in rapporto costante;

- le condizioni idrodinamiche del bacino sono stabili nel tempo.

La concentrazione Co di un punto del mare all'istante t

o sarà:

Co = K N/V

o

Se consideriamo che tali N ioni dopo un tempo t si troveranno in punto P del

bacino paralico, la concentrazione in questo punto sarà:

Cp =K N/V

p

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Se, come ipotizzato, le condizioni idrodinamiche rimangono costanti,

l'intervallo di tempo T = t - to

è una costante del punto P e viene definito

come tempo di rinnovamento dell'ambiente idrico nel punto considerato.

La variazione di volume sarà quindi:

∫ ∫∆−=v

vdthKVdv

T

00

/

e risolvendo gli integrali si ottiene:

Ln V - Ln V o

= -K∆h T

Ln ( V / V o ) = -K∆h T

passando all'esponenziale:

V / V o = e -K∆h T

e quindi:

C = C o

eK∆h T

Se il deficit idrico ∆h o il tempo di confinamento T è nullo, la concentrazione

di sostanze marine del punto P sarà uguale a quella del mare e quindi il punto

P si troverà nel dominio marino.

Si vede inoltre che due punti di uno stesso bacino o di bacini diversi con

uguale tempo di confinamento T hanno lo stessa salinità solo se i ∆h sono

uguali, cioè se si trovano in “climi” identici.

Dal confronto di vari bacini paralici mediterranei è possibile stabilire sei zone

bentoniche di substrato mobile lungo un gradiente di confinamento crescente

(Fig. 1.3).

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Fig. 1.3 Rappresentazione schematica della scala di confinamento in un modello di

ecosistema paralico mediterraneo in funzione della zonazione biologica (Frisoni et al.,

1984; Guelorget & Perthuisot, 1992).

Procedendo dalle bocche di comunicazione con il mare verso l'interno, si

trovano:

ZONA I - E' la fascia situata nelle immediate vicinanze delle comunicazioni

con il mare e per questo è semplicemente la continuazione del dominio

marino.

La macrofauna consiste di molte specie marine per la maggior parte

appartenenti alla biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) (Peres &

Picard, 1964), una delle biocenosi infralitorali di substrato mobile più diffuse

nel Mediterraneo tra i 2 e i 25 metri di profondità.

In tale zona è possibile la presenza di Posidonia oceanica.

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ZONA II - E' la zona in cui è effettiva la penetrazione nel dominio paralico.

In essa si riscontrano le specie marine più tolleranti della biocenosi delle

Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) o delle Sabbie Fini Superficiali (SFS) (Peres

& Picard, 1964). Tra i Molluschi si trovano Mactra corallina, Mactra glauca,

Tellina tenuis, Dosinia exoleta, Acanthocardia echinata, Donax semistriatus, Donax

trunculus; i Policheti Audouinia tentaculata, Owenia fusiformis, Phyllodoce mucosa,

Pectinaria koreni; i Crostacei Portunus latipes, gli Echinodermi Asterina gibbosa,

Holoturia polii, Paracentrotus lividus, che tendono a scomparire verso il limite

della zona.

Per quanto riguarda la macroflora si assiste alla scomparsa di Posidonia oceanica

mentre predominano piccole fanerogame come Zostera marina, Zostera noltii,

Cymodocea nodosa, ed alghe come Caulerpa prolifera.

ZONA III - E' caratterizzata dalla totale scomparsa degli Echinodermi; tale

zona è dominata da specie “miste” presenti sia in laguna che in mare quali i

Bivalvi Tapes decussatus, Paphia aurea, Scrobicularia plana, Corbula gibba, Loripes

lacteus, Gastrana fragilis; i Policheti Nephthys hombergii, Glycera convoluta, e il

decapode Upogebia litoralis.

Queste sono specie appartenenti per lo più alla biocenosi delle Sabbie Fangose

di Moda Calma (SFMC) (Peres & Picard, 1964).

ZONA IV - E' caratterizzata dalla scomparsa delle specie marine e dalla

presenza delle specie strettamente paraliche come i Bivalvi Abra segmentum,

Cerastoderma glaucum, Tapes philippinarum, il gasteropode Hydrobia acuta, i

Policheti Hediste diversicolor, Nereis succinea e i Crostacei Gammarus insensibilis,

Gammarus aequicauda, Corophium insidiosum.

La macroflora è distinta dalla presenza di Ruppia spiralis.

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ZONA V - In tale area inizia la colonizzazione, da parte delle Cianoficee, del

sedimento; questo contiene una notevole quantità di sostanza organica ed è

fortemente ridotto, nero e maleodorante per la presenza di solfuri e acido

solfidrico che si formano nei periodi di distrofia.

La fauna è caratterizzata dalla presenza di Crostacei detritivori quali Sphaeroma

hookeri, Sphaeroma rugicauda, Idotea baltica, da Gasteropodi erbivori Hydrobia

acuta, Pirenella conica, e i Policheti come H. diversicolr, N. succinea e da larve di

Chironomidi.

La comunità vegetale, se presente, è dominata da Potamogeton pectinatus e da

Characeae.

ZONA VI - Rappresenta il passaggio nel paralico lontano, dulciacquicolo o

evaporitico, ed è caratterizzata dalla totale colonizzazione del substrato da

parte dei Cianobatteri, che formano tappeti microbici, e dalla comparsa di

specie appartenenti alla fauna d’acqua dolce (Tricotteri, Oligocheti, Odonati)

negli ecosistemi ipoalini, mentre in ecosistemi iperalini ci sono specie

d’ambienti evaporatici come Artemia salina. Il sistema evaporitico è inoltre

caratterizzato dall’assenza di macrofauna bentonica.

Nel “paralico lontano” il confinamento sembra avere un ruolo minore.

Gli studi biologici delle lagune mediterranee dimostrano che anche le

variazioni quantitative delle comunità fitoplanctoniche e bentoniche sono in

accordo con il gradiente di confinamento.

Infatti la biomassa fitoplanctonica (espressa in mg di clorofilla a per m3)

aumenta regolarmente dalle bocche a mare fino alla zona V, dove ha il suo

massimo valore, per poi decrescere drasticamente.

Il fitoplancton delle zone direttamente influenzate dall'apporto marino (cioè le

zone 1, 2 e 3) si caratterizza in senso tipicamente neritico con diatomee

centriche come Chaetoceros e Rhizosolenia, pennate come Nitzschia seriata ed

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alcune Peridinee. Verso l'interno dominano i microflagellati assieme a piccole

diatomee pennate come Navicula e Amphora nonchè Scheletonema costatum,

spesso responsabile di fenomeni di acque colorate.

La biomassa della macrofauna bentonica mostra un andamento gaussiano

simile: il massimo della curva però risulta spostato rispetto a quello della

precedente e si trova nella zona III (caratterizzata dalle specie miste) (Fig.

1.4).

Fig. 1.4 Curve della variazione della biomassa bentonica (g di peso secco decalcificato per m2) e fitoplanctonica (mg di clorofilla a per m3) in relazione alla scala di confinamento (Guelorget & Perthuisot, 1992).

E, in accordo con il modello di confinamento, oltre alle comunità

macrozoobentoniche e fitoplanctoniche anche la fauna ittica segue una

particolare zonazione: specie sedentarie (paraliche) come Aphanius fasciatus

(nono), Potamoschistus marmoratus (ghiozzetto), Syngnathus abaster (pesce ago), di

piccola taglia e modesta longevità, che compiono tutto il loro ciclo biologico

all’interno dell’ecosistema paralico; specie migranti, di taglia maggiore, più

longeve e che si riproducono in mare. Questo gruppo è a sua volta distinto in:

migranti regolari (sia come avannotti che come adulti) come Sparus aurata

(orata), Dicentrarchus labrax (spigola), Solea vulgaris (sogliola), Platichthys flesus

(passera), Anguilla anguilla (anguilla) e diversi Mugilidi e migranti occasionali o

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accidentali come Labridi, Gobidi, Engraulis encrasicolus (acciuga), Mullus barbatus

(triglia di fango), Belone belone (aguglia), etc. Data la mobilità di questi organismi

è individuata una loro tendenza preferenziale per determinate zone di

confinamento in particolar modo per le specie sedentarie.

Nonostante la laguna ospiti molte specie animali e vegetali, poche tra esse

possono essere considerate strettamente lagunari e solo alcune hanno

interesse per la pesca e l’acquicoltura. Tra queste si possono annoverare l’alga

rossa: Gracilaria verrucosa, i policheti: N. succinea e H. diversicolor (vermi da esca), i

bivalvi: C. glaucum (cappatonda), Scrobicularia plana (caparossolo), T.

philippinarum (vongola verace filippina) e Tapes decussatus (vongola verace

nostrana), i crostacei: Carcinus aesturii (granchio-masaneta-moleca), Crangon

crangon (schila), Palaemon sp. (gamberi) e Upogebia sp. (corbole-crostacei da

esca), il pesce Zosterisessor ophiocephalus (gò). Anche Atherina boyeri (anguela) pur

non essendo specie strettamente paralica si riproduce massicciamente anche

all’interno delle lagune; mentre orate, branzini, le 5 specie di cefali, sogliole,

passere, seppie ed anguille si riproducono obbligatoriamente in mare ma

trascorrono fondamentali stadi del loro ciclo biologico nelle lagune. Le lagune

forniscono quindi non solo una produzione di tutto rispetto ma fungono da

nursery areas per quasi tutte le più importanti specie marine di interesse

commerciale e da feeding grounds anche per gli adulti di queste stesse specie. Tali

ruoli sono la conseguenza del fatto che all’inversione primaverile del ciclo

termico le acque lagunari poco profonde si riscaldano prima di quelle marine

antistanti che, divenendo ambienti favorevoli dal punto di vista climatico ed

alimentare, anticipano i cicli produttivi. Per contro, con i primi freddi

autunnali, le lagune si spopolano quasi completamente dando ospitalità a

pochissime specie alieutiche (quali gamberetti e gobidi) (Orel et al., 2000).

La Laguna di Marano e Grado, pur non essendo luogo esclusivo di

riproduzione che per poche specie, è quindi di vitale importanza come asili di

infanzia per individui giovani e forniti ristoranti per gli adulti.

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1.3.2.1 Bacini paralici diversi da stagni e lagune

Esempi tipici di bacini paralici diversi da lagune e stagni costieri in cui la

distribuzione dei popolamenti può essere interpretata in termini di

confinamento sono rappresentati dal Mar Caspio e dal Mar Baltico (Solazzi et

al., 1991).

Il Mar Caspio è attualmente un esempio singolare di bacino di origine marina,

separato dal mare in epoche geologiche e che presenta ancora i caratteri

qualitativi e quantitativi di un tipico ambiente paralico. Esso occupa una

superficie di 436.000 km2 e un volume di 77.000 km3 e comprende tre bacini

caratterizzati ciascuno da un circuito idrologico proprio. Il bacino

settentrionale, poco profondo, riceve gli apporti del Volga e dell’Ural; il

bacino centrale presenta una profondità di oltre 700 metri ed è dotato di

un'appendice evaporitica: la baia di Kara Bogaz Gol; il bacino meridionale con

una profondità di 900 metri. Gli scambi tra i tre bacini sembrano sostenuti

prevalentemente da correnti litorali. La salinità è minima nel bacino

settentrionale, è di 12-13 g/l dalla superficie al fondo nei bacini centrale e

meridionale e di 200 g/l circa nell'appendice evaporitica orientale.

La macrofauna è composta da circa 400 specie raggruppabili in tre insiemi:

specie dulciacquicole, localizzate soprattutto nel bacino settentrionale

(Abramis, Salmo, Lucioperca, Eriocheir, Astacus); specie paraliche come Rhizosolenia

e Scheletonema per il fitoplancton, Ruppia spiralis e Zoostera noltii per il fitobentos,

C. glaucum e N. succinea per lo zoobenthos e Atherina, Pomatoschistus e Gobius per

quanto riguarda la componente ittica; specie endemiche che costituiscono il

60% della fauna e che sembrano derivare da specie paraliche. A prescindere

dalle specie endemiche, le specie nominate e il fatto che il Caspio è privo di

Echinodermi e di altri gruppi spiccatamente marini permettono di attribuire il

bacino nel suo insieme a condizioni di confinamento pertinenti alle zone da

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III a VI con un polo dulciacquicolo presso lo sbocco del Volga ed uno

evaporitico nella baia di Kara Bogaz Gol e nell’appendice nord-orientale.

La distribuzione di specie come il Mollusco Bivalve C. glaucum ed il Polichete

N. succinea, localizzate soprattutto nel bacino settentrionale e caratteristiche

delle zone IV e V, permette poi di tracciare un gradiente di confinamento

crescente dal bacino Sud e dal bacino centrale attribuibili, come si è detto, alla

zona III, fino alle zone V e VI del bacino settentrionale e al polo del Volga e

dell’Ural. Il bacino presenta anche un confinamento verticale che al fondo del

bacino centrale e soprattutto meridionale raggiunge il suo massimo con

situazioni di anossia e zone azoiche (Zenkevitch, 1957).

Un altro esempio di ambiente paralico e di gradienti legati al confinamento è

dato dal Mar Baltico. Si tratta di un vecchio bacino glaciale che riceve

attualmente acque continentali da più di 250 fiumi (420.000 km2 di superficie e

495 m di profondità massima). Dal suo bacino centrale si diramano il Golfo

di Botnia e il Golfo di Finlandia dove la salinità è inferiore al 2‰ (8‰ nel

bacino centrale e 10‰ in corrispondenza al Belt). I principali gradienti

ecologici presentano l'andamento tipico degli ambienti paralici. Il numero di

individui per m2 aumenta da 2.000 nel bacino di Arkona a Sud fino a 3.000

nel Golfo di Botnia a Nord, dove può arrivare anche a 5.000. Le zone

profonde del bacino centrale sono sprovviste di macrofauna bentonica,

conseguenza questa di frequenti anossie e presenza di acido solfidrico.

Situazioni analoghe si verificano anche più a Sud, nel bacino di Bornholm,

dove la ricostituzione dei popolamenti dipende dalla frequenza di apporti di

acque dal Mare del Nord attraverso gli stretti (Orel et al., 1993). La biomassa

diminuisce dal bacino di rkona, dove raggiunge i valori massimi (200 g/m2),

al Golfo di Botnia (10-20 g/m2). La dotazione faunistica diminuisce

ugualmente da Sud a Nord, dove nel Golfo di Botnia arriva a comprendere

talvolta una sola specie, Pontoporeia affinis, crostaceo detritivoro.

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L'assenza di Echinodermi al passaggio del Kattegat e l'elevata biomassa del

bacino d'Arkona permettono di attribuire il primo alla zona II ed il secondo

alla zona III, mentre la presenza dell'unica specie detritivora nel Golfo di

Botnia induce ragionevolmente ad attribuirlo, assieme al Golfo di Finlandia,

alle zone IV e V.

Passando a latitudini inferiori, prendendo in considerazione il Mare Adriatico

e più in particolare l’Alto Adriatico, sembra che l'andamento di alcuni

parametri biologici possa essere legato ad un confinamento crescente da Sud

verso Nord e agente in maniera molto più attenuata sulla costa orientale. La

ricchezza specifica diminuisce infatti per ogni componente dell'ecosistema

man mano che ci si avvicina al Golfo di Trieste dove diviene minima; il

numero di individui aumenta notevolmente tanto che alcune facies di molluschi

eduli presentano densità notevolmente maggiori rispetto ad altre zone del

Mediterraneo. Analogamente la biomassa bentonica raggiunge i suoi valori

massimi lungo l'asse centrale del Golfo di Trieste. Nelle praterie costiere di

Cymodocea nodosa, spesso accompagnata da Zostera marina e Zostera noltii, sono

comunissime specie come Paphia aurea, Tapes decussatus, Loripes lacteus, Gastrana

fragilis, C. glaucum. Oltre a ciò C. glaucum e A. segmentum si fanno più frequenti

in insenature come la Baia di Panzano e quella di Muggia le cui parti più

interne ospitano ampi prati di Zostera noltii; si fanno cioè più frequenti specie

pertinenti alle zone III e IV degli ambienti paralici, mentre si fanno più rari gli

Echinodermi. Queste condizioni parrebbero far pensare che l'Alto Adriatico,

dal Golfo di Trieste al Conero, fatta eccezione per la costa occidentale

dell'Istria, possa essere nel complesso attribuito alle zone I e II (Solazzi et al.,

1991).

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1.3.2.2 Gli ambienti paralici e il ciclo dello zolfo

Le lagune, gli stagni costieri ed altri ambienti paralici rappresentano delle

trappole di sedimenti fini e di sostanza organica che molto spesso costituisce

degli eccessi che non riescono ad essere incanalati attraverso le reti di

trasformazione aerobia e vengono utilizzati perciò quali fonti di potere

riduttore, di carbonio e di energia dai batteri anaerobi, che riducono i solfati

dei sedimenti ad idrogeno solforato. I sedimenti a carico dei quali avvengono

questi processi hanno un colore nero (solfuri dei metalli pesanti), puzzano di

uova marce, che è l'odore tipico dell'idrogeno solforato, presentano potenziali

di ossidoriduzione molto bassi e sono ovviamente caratterizzati da una

diminuzione della concentrazione di solfati, parallelamente ad un aumento

stechiometrico di quella dei carbonati, precipitati in seguito allo spostamento

dell'idrogeno solforato dai solfuri ad opera dell'acido carbonico.

In effetti, piccole quantità di H2S si formano anche dalla putrefazione di

proteine ricche di amminoacidi solforati, quali cistina, cisteina, metionina,

ecc..., ma la maggior parte dell'idrogeno solforato che si forma in questi

ambienti proviene dai processi sopraccennati. I batteri responsabili di queste

attività sono soprattutto Desulfovibrio desulfuricans e Clostridium nigrificans,

secondo la reazione:

8H + H2SO4 H2S + 4 H2O

Questi batteri non sono capaci di utilizzare i normali substrati organici come

glucidi o proteine, ma hanno bisogno di composti quali piruvato, lattato, acidi

in C4 come acido fumarico, malico, ossalacetico, oppure ancora colina,

glicerolo, etanolo, ecc., la cui ossidazione si ferma sempre ad acetato:

piruvato + H2O CO2 + acetato + 2H

lattato + H2O CO2 + acetato + 2H

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Esigenze nutritive così particolari in ambienti che non sembrano ricchi di

queste sostanze pongono qualche problema riguardo al ciclo di questi

organismi. Sono state osservate tuttavia strette associazioni tra batteri anaerobi

cellulosolitici e Desulfovibrio desulfuricans. E' possibile perciò che i batteri

solfatoriduttori si sviluppino a carico dei prodotti intermedi derivati dalla

degradazione della cellulosa di varie specie di Ulvales, la cui proliferazione

costituisce spesso uno dei tratti caratteristici degli ambienti paralici.

Quando si forma in piccola quantità, l’idrogeno solforato viene trattenuto nei

fondali, dove viene precipitato a solfuro di ferro od a solfuri di altri metalli

pesanti, dai quali deriva il colore nero dei sedimenti. Se le quantità liberate

sono più cospicue, il gas gorgoglia verso la superficie. Durante questo

passaggio si possono verificare eventi differenti a seconda delle condizioni

delle acque soprastanti. In acque ben ossigenate l’idrogeno solforato così

formato può subire un’ossidazione chimica a S0. E' questa la genesi delle

acque lattiginose spesso osservate nel Limfiord allo spirare di venti occidentali

dopo periodi di accentuata stagnazione (Jorgensen, 1980) o di quelle osservate

con una certa frequenza anche nella Laguna di Venezia, soprattutto a cavallo

delle zone di partiacque (Solazzi et al., 1991). Tale processo di ossidazione, in

presenza di ossigeno ed in assenza di luce, può esser sostenuto anche da

batteri filamentosi come Beggiatoa e Thiothrix, non fotosintetici, che formano

sul substrato una ragnatela bianca contenente zolfo, oppure, in presenza di

luce, da Cloro- e Rodobatteri fotosintetici anaerobi come Chlorobium e

Chromatium, responsabile quest'ultimo delle acque rosse osservate ad esempio

a Mljet (Cviic, 1960) ed a Faro (Genovese, 1961).

L'ossidazione avviene per gradi secondo le seguenti reazioni:

2 H2S + O2 S2 + 2 H2O + 80 kcal

S2 + 3O2+ 2H2O 2H2SO4 + 240 kcal

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Spesso, come nel caso di recenti fenomeni di esalazione di H2S nella Laguna di

Venezia, a spiegazione di questi fatti viene invocato l'inquinamento. Sembra

utile rilevare a questo proposito che oltre il 90% dello zolfo esistente sulla

crosta terrestre sembra essersi formato in ambienti paralici e che solo il 10%

debba esser attribuito a vulcanesimo. Bisogna concludere perciò che esalazioni

di H2S o produzione di acque lattiginose o rosse non devono essere associate

tout court ad input eutrofizzanti, ma costituiscono il lineamento stabile, comune

a tutti gli ambienti in cui per eccesso di sostanza organica in via di

trasformazione e per deficienza di ricambio si vengono a creare delle

condizioni di anossia.

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CAPITOLO 2

AREA DI STUDIO E MODALITA’ DI CAMPIONAMENTO

2.1 La Laguna di Marano e Grado

2.1.1 Origini e caratteristiche fisiche della Laguna di Marano e

Grado

Durante l’ultima glaciazione wurmiana, che risale a circa 20.000 anni fa, il

Golfo di Trieste era un’ampia piana alluvionale, con una vegetazione di tipo

steppico, caratterizzata da un intenso alluvionamento dovuto ai fiumi Isonzo,

Natisone e Torre ad Est e del Tagliamento ad Ovest.

Durante il Postglaciale, in concomitanza alla progressiva ingressione marina, i

vecchi alvei dei fluviali si modificarono; l’attuale costa istriana rocciosa venne

presto raggiunta dal mare in rapida ingressione, mentre la paleopianura

veneto-friulana modificò la propria linea di costa in periodi molto più lunghi a

causa della sua bassa pendenza. In questo susseguirsi di modificazioni delle

linee di costa, i tratti terminali dei fiumi che sfociavano in questa pianura

deviarono più e più volte. Gli apparati deltizi del fiume Isonzo e del fiume

Tagliamento, col divagare delle loro foci in senso tangenziale alla costa,

contribuirono in maniera fondamentale alla nascita delle lagune.

Si pensa che il bacino di Marano abbia avuto origine circa 5.000 anni fa,

raggiungendo però una configurazione molto simile a quella attuale appena

1.600 anni fa: in seguito alle divagazioni del Tagliamento ad Ovest e

dell’Isonzo ad Est si è venuto a creare un certo squilibrio tra progradazione

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costiera da un lato, subsidenza ed eustatismo dall’altro, fatti che hanno

portato la laguna alle attuali condizioni.

Circa 4.500 anni orsono quando, nella zona di Marano gli ambienti deltizi e

lagunari erano già formati, l’area lagunare gradese era ancora una piana

alluvionale solcata dai fiumi Torre, Natisone ed Isonzo, assumendo una

forma simile a quella attuale solo circa 1.100 anni fa.

In seguito ad una migrazione verso Est dell’Isonzo ed il conseguente

trascinamento sempre in questa direzione degli altri fiumi, l’area ad occidente

di Grado cominciò ad assumere la configurazione tipica di una laguna. Ma

solo recentemente, in seguito ad una ulteriore divagazione verso Est

dell’Isonzo, avvenuta tra il IX ed il XVIII sec., il territorio si trasformò

completamente in laguna.

La recente formazione del bacino di Grado è inoltre confermata dalle

numerose costruzioni di epoca romana e paleocristiana ricoperte di sedimenti

lagunari situate a circa 100 m al largo della città vecchia di Grado, nonché da

alcuni resti di strade, tra cui quella di Barbana e da numerosi reperti rinvenuti

in mare (Chiesa di S. Gottardo su fondali di 5 metri) (Brambati, 1985; Caressa

et al., 1995).

Numerosi studiosi confermano l’ipotesi che la formazione delle suddette

lagune sia proprio da attribuirsi alla prevalenza degli apporti terrigeni sulla

trasgressione non costante e progressiva del mare, in concomitanza all’azione

delle correnti tipiche del bacino nord adriatico e del loro scorrere sotto costa

con movimento antiorario.

Molto probabilmente tutto l’arco litorale da Ravenna a Monfalcone doveva

essere caratterizzato da una grande laguna, di cui oggi restano solo dei relitti

risparmiati dai grandi processi d’interrimento del Po, Adige-Brenta, Piave,

Tagliamento e Isonzo, che hanno visto protendere rapidamente in mare le

loro gettate deltizie soprattutto dopo il 1.000 d.C. (Brambati, 1985).

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Analizzando l’evoluzione delle lagune, con l’ausilio di carte topografiche del

XVI sec. fino ad oggi, si è potuto constatare che, nonostante le bonifiche

effettuate, la linea di costa non è variata di molto. Le modificazioni lagunari

dopo il 1.800 sono da attribuirsi all’intervento dell’uomo che ha prevalso

sull’evoluzione naturale; recentemente sono stati innalzati degli argini di con

terminazione lungo tutto il margine lagunare interno, si sono costruite delle

dighe e dei moli a difesa delle principali vie di navigazione, si sono bonificati

antichi territori, ecc. Da un secolo circa le modificazioni di maggiore rilievo

negli ambiti lagunari sono dovute ad azioni antropiche, non sempre

correttamente mirate, come quelle effettuate attorno alla bocca di Porto Buso

che hanno portato allo sbarramento di tutte le bocche tra Porto Buso e

Grado.

Attualmente la Laguna di Marano e Grado (Fig. 2.1), la più settentrionale

delle lagune del Mar Adriatico, si estende per circa 16.000 ettari (32 Km di

lunghezza e mediamente 5 Km di larghezza) ai limiti della pianura friulana fra

i fiumi Tagliamento ad Ovest ed Isonzo ad Est ed è compresa entro le

seguenti coordinate geografiche:

Latitudine 45°40’33’’ e 45°45’39’’ N

Longitudine 013°05’08’’ e 013°25’08’’ E

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Fig. 2.1 La Laguna di Marano e Grado.

Pur formando un’unica laguna, essa è amministrativamente suddivisa in due

aree distinte: la Laguna di Marano Lagunare (UD) ad occidente e la Laguna di

Grado (GO) ad oriente. La linea di demarcazione tra le due lagune, viene

posta lungo il confine amministrativo fra le Province di Udine e Gorizia che

scorre dalla foce del fiume Aussa-Corno alla bocca di Porto Buso.

Dal punto di vista del profilo morfologico, l’ambiente lagunare può essere

diviso in 3 zone:

aree sopra il livello medio delle alte maree (cordoni litorali, coste e

barene);

aree tra i livelli medi delle basse ed alte maree (piane di marea o velme);

aree sotto il livello medio delle basse maree: canali principali, bocche

lagunari (Porto Buso, Porto Sant’Andrea, Porto Lignano) e paludi.

La sedimentazione lagunare è condizionata dalla dinamica dei sedimenti

marini lungo il litorale: le sabbie presenti principalmente nei canali in

prossimità delle bocche di porto provengono dai lidi circostanti; le peliti

0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento

IsonzoStella

Corno

Aussa

Canali lagunari

Terre emerse, isole

Valli da pesca

Primero

Grado

P. BusoS. Andrea

Lignano

0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento

IsonzoStella

Corno

Aussa

Canali lagunari

Terre emerse, isole

Valli da pesca

0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento

IsonzoStella

Cor

0 1 2 3 4kmMare AdriaticoTagliamento

IsonzoStella

Corno

Aussa

Canali lagunari

Terre emerse, isole

Valli da pesca

Primero

Grado

P. BusoS. Andrea

Lignano

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(materiali più fini) che costituiscono il fondale delle parti più interne,

provengono per circa un quarto dai fiumi tributari della laguna; per la quota

rimanente occorre far riferimento al trasporto in laguna, ad opera della marea

ascendente, del particolato in sospensione che arriva al mare dal fiume

Tagliamento.

La Laguna di Marano e Grado si affaccia ed è in stretta relazione con il Golfo

di Trieste (Adriatico Settentrionale), è idrograficamente suddivisa in 5 bacini

distinti, ciascuno dei quali è idraulicamente correlato con i bacini contigui.

Le acque marine entrano in laguna dalle bocche di porto durante il flusso di

marea (fase crescente) e si espandono entro lo specchio lagunare. Le acque

provenienti da due bocche contigue si incontrano lungo la linea che

rappresenta lo “spartiacque” fra i due bacini limitrofi. Tali linee divisorie di

“spartiacque” non devono essere considerate rigorosamente definite poiché

esse oscillano entro una fascia più o meno estesa al variare dell’ampiezza della

marea, delle condizioni meteorologiche ed in particolare dai venti che,

spirando da quadranti diversi, spingono le masse d’acqua verso un bacino

piuttosto che nell’altro.

La circolazione delle acque all’interno della laguna avviene grazie alle

escursioni di marea (Fig. 2.2) che in Alto Adriatico assumono ampie

variazioni rispetto al Mediterraneo in cui esse sono trascurabili e risultano

essere vitali per il rinnovo ed il mantenimento delle lagune stesse. La

distribuzione delle masse, durante la fase di flusso, avviene dalle bocche

lagunari attraverso i canali principali e le loro ramificazioni secondarie via via

fino alle velme ed alle aree più confinate dell’entroterra lagunare.

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Fig. 2.2 Circolazione della marea in entrata (frecce blu) e in uscita (frecce rosse) all’interno della Laguna di Marano e Grado.

Proprio in uno studio sull’escursione di marea, fattore determinante per

l’ambiente lagunare, Dorigo (1965) consultando i dati forniti dal Magistrato

alle Acque di Venezia, concluse che lungo il litorale di Grado l’ampiezza

media di marea è di circa 65 cm e nei periodi di sigizia l’escursione può

raggiungere i 105 cm.

I canali principali hanno una direzione prevalentemente normale a quella delle

isole perilagunari litoranee. Essi generalmente aumentano in larghezza e

profondità a mano a mano che si procede dalla parte più interna della laguna

verso le bocche lagunari. Alcuni canali principali attraversano la laguna

congiungendo la bocca di porto con la foce di un fiume, altri tendono a

ramificarsi fino ad esaurirsi nelle piane di marea. Da rilevare inoltre che la

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Laguna di Marano e Grado è attraversata in senso più o meno longitudinale

da un importante canale artificiale “la litoranea veneta”, importante nel

traffico marino in quanto congiungeva il Delta Padano al Friuli tramite una

via marina interna sicura e percorribile anche in condizioni meteo-marine

sfavorevoli.

2.1.2 I popolamenti bentonici della Laguna di Marano e

Grado sulla base di precedenti studi

Uno dei contributi più importanti per lo studio dei popolamenti bentonici

delle lagune dell’Alto Adriatico è stato Aristocle Vatova.

Dal 1930 al 1965 circa, l’autore ha fornito un considerevole numero di lavori

soprattutto per quanto riguarda l’idrologia, la flora e la fauna bentonica,

nonché la fauna delle valli da pesca della Laguna di Venezia.

Lo stesso autore ha anche apportato notevoli contributi alla conoscenza della

fauna bentonica della Laguna oggetto di studio (1964; 1965).

Questi studi sono forse gli unici che prendono in considerazione la fauna

bentonica di queste lagune nel loro complesso dopo il lavoro di Busulini che

risale al 1955 ed è rivolto al solo bacino di Marano.

Anche se svolto con intendimenti sedimentologici, è però opportuno citare

anche il lavoro di Brambati e Stolfa Zucchi (1971) sulle relazioni tra sedimenti

e molluschi.

Sulla base dei dati raccolti, Vatova si sofferma su alcune peculiarità che

differenziano i due bacini e che vengono attribuite soprattutto al loro

differente regime alino. A questo proposito, il bacino di Grado, caratterizzato

da minori apporti di acqua dolce, registra una salinità superiore (26‰) rispetto

a quello di Marano (21‰): secondo Vatova (cit.) i notevoli apporti di acqua

dolce nella Laguna di Marano inibiscono infatti l’insediamento di una tipica

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fauna bentonica lagunare più ricca sia sotto l’aspetto qualitativo sia sotto

quello quantitativo.

Per questi motivi, il bacino di Grado ospita anche la zoocenosi Chione gallina

(Ch. g.) definita prelagunare (Vatova, 1949), e presenta una biomassa

bentonica notevolmente superiore a quella del bacino di Marano.

Tuttavia, se da un lato la ricchezza delle acque in sostanze organiche favorisce

lo sviluppo di alcune specie, dall’altro, la bassa salinità e le brusche e rapide

variazioni termiche sono fattori ambientali sfavorevoli per moltissime altre.

Grande importanza riveste inoltre la natura dei fondali: nel caso questi siano

melmosi e particolarmente putridi, impediscono lo sviluppo di molte specie

permettendo solo a poche altre di prosperare.

Per queste ragioni la fauna lagunare del bacino di Marano secondo Vatova

(cit.) risulta piuttosto povera in specie rispetto a quello di Grado che presenta

un quadro faunistico molto più ricco, tuttavia è molto ricca in individui

specialmente in Pelecipodi quali ad esempio Cardium lamarcki (Reeve) che è

una specie assai resistente a variazioni di salinità.

Negli anni precedenti il lavoro di Vatova, Giordani Soika (1974) dopo aver

concluso un lavoro sulla fauna bentonica della Laguna di Venezia, aveva fatto

rilevare l’interesse che ricerche simili, effettuate in altre lagune, potevano

presentare allo scopo di stabilire se i fatti da lui riscontrati erano propri della

Laguna di Venezia oppure erano comuni a tutti gli ambienti lagunari.

Per questo, nel 1955, Busulini ha organizzato una ricerca sul popolamento

bentonico lagunare e la sua scelta è caduta sul bacino di Marano in quanto

questa conservava molte delle sue caratteristiche naturali pur essendo stata

oggetto di opere di miglioramento dei suoi canali e del suo porto.

Il bacino considerato si presentava quindi adatto per un confronto con la

Laguna di Venezia che era stata profondamente modificata dall’uomo.

Il lavoro di Busulini, oltre ad individuare le eventuali differenze tra la

situazione del bacino di Marano e della Laguna di Venezia, fornisce

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interessanti informazioni sulla distribuzione di alcune specie quali ad esempio

Loripes lacteus (L.), particolarmente abbondante su fondali sabbioso – fangosi,

Scrobicularia plana (L.) ed Hediste diversicolor (Mull.) la cui distribuzione è

determinata dal basso tenore di salinità dell’acqua.

Dopo tali studi, le uniche ricerche relative ai popolamenti bentonici vennero

effettuate dal Battaglia il quale, nel 1972 denunciò una forte deformazione

delle biocenosi riguardanti il tratto terminale dell’Aussa-Corno, interessato in

quegli anni da scarichi industriali.

2.2 Modalità di campionamento

Le comunità macrobentoniche che vivono sui substrati mobili risultano

particolarmente adatte a valutare la qualità dell’ambiente in quanto

permettono di rendere evidenti le modificazioni ambientali, sia di origine

naturale che antropica, che in esso si verificano in relazione alle variazioni dei

suddetti fattori (Pearson & Rosenberg, 1978; Gray, 1981; Gray et al., 1990;

Warwick & Clarke, 1991).

La struttura delle comunità macrobentoniche è infatti strettamente dipendente

da una serie di fattori biotici ed abiotici caratterizzati da una notevole

variabilità sia spaziale che temporale, quali ad esempio l’idrodinamismo, la

granulometria dei sedimenti, la concentrazione di sostanza organica ed inoltre

le caratteristiche biologiche delle specie (Castelli et al., 2003).

2.2.1 Campionamento della fauna bentonica

La ricerca si basa sulla raccolta ed analisi di campioni di benthos su 53 stazioni

situate in prevalenza sulle piane di marea all’interno della Laguna di Marano e

Grado nei mesi da maggio a luglio degli anni 1993, 1994 e 1995.

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Il reticolo è costituito da 53 stazioni; le stazioni a Ovest del canale di Porto

Buso sono precedute dalla lettera M, mentre quelle a Est sono precedute dalla

lettera G (Fig. 2.3).

Un aspetto particolare del problema della dimensione dell’unità di

campionamento riguarda la relazione tra il numero di specie ed area

campionata. La minima area in grado di contenere un numero rappresentativo

di specie di un popolamento può essere valutata attraverso l’esame delle curve

area-specie, curve che definiscono il numero di specie in funzione della

superficie campionata. La dimensione dell’unità di campionamento oltre la

quale ulteriori incrementi di superficie non portano incrementi significativi nel

numero di specie viene indicata come l’area minima per il popolamento in

esame.

Il problema dell’area minima è di natura principalmente pratica e riguarda

l’analisi costi-benefici tra quantità di informazione ottenuta e sforzo di

campionamento (Bianchi et al., 2003).

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Diverse esperienze su campionamenti animali (Weinberg, 1978) hanno condotto a

risultati molto diversi in termini di area minima, si tratta comunque di una

soluzione di compromesso: non esiste una taglia dell’unità di campionamento che

possa essere raccomandata universalmente. La taglia dell’unità dipende dalla natura

e dagli obiettivi del programma di campionamento ed in particolare dall’entità degli

effetti che si ritiene importante rilevare, dalla variabilità intrinseca delle popolazioni

studiate e dalle risorse a disposizione (Bianchi et al., 2003).

Al fine di ottenere una superficie minima rappresentativa, ogni stazione di ogni

anno è stata saggiata effettuando 4 repliche mediante una benna Van Venn

(formata da due valve incernierate che, dopo aver toccato il fondo, si chiudono per

effetto del loro stesso peso) con superficie di presa da 420 cm2 (5 litri circa di

volume).

Prima dell’inizio dei campionamenti, nel 1993 sono state effettuate 10 bennate per

ciascuna delle stazioni M11, M13 e M17, per l’individuazione dell’area minima

rappresentativa e da tale analisi è risultato sufficiente un campione di 4 bennate per

raggiungere almeno l’80% circa di informazione (nella stazione M11 4 bennate

hanno dato il 91.7% di informazione, nella M13 l’85.71% e nella M17 il 100%).

I campionamenti sono stati effettuati operando a bordo di un’imbarcazione di tipo

“trimarano” appositamente attrezzata dove ogni bennata è stata lavata su setacci

con vaglio di maglia da 1 mm (Fig. 2.4), avendo cura di non danneggiare gli

organismi vivi presenti.

Fig. 2.4 Particolare del materiale trattenuto dopo il setacciamento.

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Nel 1993 e 1994 una bennata per stazione è stata setacciata su maglie da 400

micron, allo scopo di raccogliere anche le larve dei Chironomidi, eccellenti

indicatori del grado di confinamento (Ceretti et al., 1985). Tale pratica è stata

trascurata nel 1995 in quanto si è visto che, quando la densità larvale era cospicua

tale informazione poteva essere utilmente acquisita anche col setaccio da 1 mm.

Il materiale biologico e quello detritico rimanente dopo il lavaggio (Fig. 2.5) è stato

conservato in appositi contenitori plastici siglati, contenenti una soluzione

tamponata di acqua di mare e formaldeide al 5% e trasportato in laboratorio per le

successive operazioni di sorting e determinazione.

Fig. 2.5 Fissazione del materiale trattenuto dopo il setacciamento.

Il sorting o smistamento è una procedura che consiste nella separazione degli

organismi vivi al momento del campionamento dal materiale detritico organogeno

(soprattutto gusci di gasteropodi e bivalvi e talvolta da residui vegetali) e/o

inorganico rimanente.

Gli organismi così individuati sono stati suddivisi in base alla loro appartenenza ai

diversi phylum (ad es. Anellida, Arthropoda, Mollusca, Echinodermata) e

conservati in una soluzione di alcool (etanolo) al 70%, mentre il volume del

rimanente detrito è stato misurato per spostamento d’acqua in caraffe graduate con

la precisione di 10 ml.

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La determinazione degli organismi è stata condotta cercando di giungere al più

basso livello possibile, quello della specie, mediante l’utilizzo di diversi testi di

determinazione specialistici (Cesari, 1994; Doneddu & Trainito, 2005; Cossignani et

al.,1992; Falciai & Minervini, 1992; Riedl, 1991; Thompson, 1988; Cottiglia, 1983;

Bianchi, 1981; Relini, 1980; D'Angelo & Gargiullo, 1979; Parenzan, 1970; Parenzan,

1974a; Parenzan, 1974b; Naylor, 1972; Gosner, 1971; Zariquiey Alvarez, 1968;

Tebble, 1966; Tortonese, 1965; Fauvel, 1927a; Fauvel, 1927b;).

Sui campioni del 1995 è stata inoltre misurata la biomassa, espressa in peso secco

decalcificato, dei Bivalvi Cerastoderma glaucum, Abra segmentum, Tapes philippinarum,

Tapes decussatus e Paphia aurea, i quali da soli costituiscono la quasi totalità della

biomassa della macrofauna bentonica (Guelorget & Perthuisot, 1992).

Siccome si è visto che i Policheti appartenenti alla specie Hediste diversicolor erano

molto numerosi in molte stazioni, si è ritenuto perciò opportuno utilizzare anche

questi nel calcolo della biomassa totale di ciascuna stazione.

La biomassa dei Bivalvi sopra menzionati è stata misurata nel modo seguente:

stazione per stazione e specie per specie, il relativo campione è stato lavato in

acqua, quindi ciascun individuo è stato asciugato su carta per un tempo standard,

siglato e registrato; l’animale è stato poi misurato (lunghezza, altezza e spessore) e

pesato (peso umido in toto con bilancia di precisione modello Sartorius type 1404);

quindi si è provveduto all’asportazione della conchiglia e alla pesatura sia della

conchiglia che delle parti molli dell’animale.

Le parti molli sono state poste in crogioli e questi sono stati immessi in una stufa a

105° C per almeno 24 ore, fino a peso costante.

Il peso di ciascun individuo è stato ottenuto per differenza tra i pesi del crogiolo

pieno e vuoto.

Per quanto concerne A. segmentum, dato l’elevato numero di individui (1101

individui totali), in una prima tornata è stata misurata la sola lunghezza di ciascun

animale di ogni stazione; successivamente su un campione prelevato casualmente

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dall’intera popolazione, sono state eseguite le operazioni sopra elencate per la

determinazione del peso secco di ciascun individuo del campione.

Lo stesso procedimento utilizzato per A. segmentum è stato ripetuto anche su C.

glaucum.

Per il polichete H. diversicolor è stato misurato il peso secco globale per stazione.

2.2.2 Parametri ambientali e campionamento sedimentologico

Contestualmente alla raccolta dei campioni di benthos, sulle 53 stazioni per ogni

anno di campionamento sono stati misurati alcuni parametri fondamentali

(strumenti raffigurati in Fig. 2.6) quali:

- temperatura dell’aria, dell’acqua e dei sedimenti;

effettuata tramite un termometro abbinato al pH-metro portatile Hanna

Instruments HI 8424 Microcomput.

- potenziale di ossido-riduzione (potenziale redox o Eh) dei sedimenti in superficie (velo)

ed a una profondità di circa 4 cm al loro interno.

La misura dell’Eh è stata effettuata tramite Eh-metro portatile Knick

Portamess 911 provvisto di elettrodo al platino (precisione 1 mV). La misura

è stata effettuata a display fisso o comunque dopo circa 5 minuti per

permettere all’elettrodo di stabilizzarsi quanto possibile sul campione.

La conoscenza delle condizioni di ossidoriduzione dei sedimenti è importante

per una valutazione del prevalere o meno di reazioni ossidative o riduttive.

Le condizioni anossiche del sedimento fanno infatti sì che i solfati metallici

vengano ridotti a solfuri ancora più insolubili dei solfati stessi (e quindi non

biodisponibili) ad opera dei batteri solfatoriduttori, che sono attivi in

mancanza di ossigeno.

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- pH dei sedimenti in superficie (velo) ed a una profondità di circa 4 cm;

effettuata tramite pH-metro portatile Hanna Instruments HI 8424

Microcomput (precisione 0.01 unità di pH).

- Salinità;

con un densimetro ad immersione è stata misurata la densità dell’acqua;

tenendo conto della temperatura, tale dato è stato poi trasformato in salinità

usando opportune tabelle di conversione.

Fig. 2.6 Strumenti utilizzati nella raccolta del sedimento e per la registrazione dei vari parametri abiotici

Le relazioni tra gli organismi bentonici e il substrato sono state riconosciute da

tempo (Meksumpun & Meksumpun, 1999). Infatti gli invertebrati bentonici

possono influenzare le caratteristiche fisiche (bioturbation) e chimiche del

sedimento. Inoltre la colonizzazione o l’esclusione di certe specie in una data area è

fortemente condizionata dalle caratteristiche del sedimento.

Al fine di descrivere le principali caratteristiche del sedimento nelle 53 stazioni di

campionamento, nel 1995 è stato raccolto un campione di sedimento

subcampionandolo direttamente all’interno delle bennate; su tale campione (presso

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il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università degli

Studi di Trieste) sono state eseguite le analisi granulometriche effettuate mediante

separazione a umido del sedimento su setaccio da 63 micron.

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CAPITOLO 3

ANALISI ECOLOGICO - QUANTITATIVE

3.1 Metodologie d’indagine

I dati biotici relativi all’abbondanza della componente macrozobentonica e

quelli abiotici riguardanti le caratteristiche chimico-fisiche delle acque e del

sedimento sono stati analizzati mediante tecniche univariate e multivariate.

3.1.1 Analisi univariate

Molte ricerche sono state condotte con l’intento di proporre metodi utili a

descrivere sinteticamente la struttura intrinseca delle comunità nel modo più

oggettivo possibile; ciò ha comportato lo sviluppo di diversi indici univariati

adatti a ridurre e condensare le complesse relazioni multivariate in un singolo

numero (Burd et al., 1990).

Nonostante la semplificazione che questi indici univariati comportano, con

una conseguente perdita delle capacità descrittiva, essi mantengono comunque

una indubbia utilità sia per la loro relativa semplicità di calcolo, sia per la loro

idoneità ad essere utilizzati in confronti spaziali e temporali propri dei

programmi di monitoraggio ambientale.

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61

3.1.1.1 L’abbondanza e il numero di specie

Un modo relativamente semplice di caratterizzare una comunità è quello di

contare le specie e gli individui che la compongono (Begon et al., 1989).

In molti studi riguardanti comunità bentoniche marine l’abbondanza e il

numero di specie sono i parametri che per primi, soprattutto in passato, sono

stati presi in considerazione per operare analisi preliminari di descrizione e

caratterizzazione.

In questo studio i dati derivanti dalla determinazione degli organismi

campionati in ogni anno di campionamento sono stati utilizzati per costruire

delle tabelle (matrici) specie-stazioni, dove gli oggetti di analisi (le stazioni)

sono il risultato dell’unione delle 4 bennate (repliche) effettuate in ogni

stazione e le variabili sono i taxa determinati con gli associati valori di

abbondanza.

Tipicamente in queste tabelle molte specie risultano abbondantemente

presenti in alcune stazioni e assenti in altre; ciò genera valori estremamente

variabili con conseguente perdita di valore della media e quindi delle misure da

essa derivate, come la varianza. Questa distribuzione dei valori di abbondanza

fa preferire in questi casi tecniche d’inferenza statistica non parametriche

rispetto alla parametrica ANOVA (Clarke & Warwick, 1994; Schratzberger &

Warwick, 1999).

Al fine di testare la significatività delle differenze dei valori di abbondanza

delle specie e degli individui tra i tre anni di campionamento e nell’insieme dei

3 anni nei due principali bacini (Marano e Grado) è stato utilizzato il test non

parametrico di Kruskal-Wallis (1952):

1)3(N1)N(N

12H1

2+−⋅

+= ∑

=

k

jjj Rn

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62

dove K è il numero di campioni o gruppi; nj è il numero di casi nel campione

j-esimo; N rappresenta il numero di tutti i dati dei k campioni considerati; Rj

è la media dei ranghi nel j-esimo gruppo.

Questo test è l’analogo non parametrico dell’analisi della varianza (ANOVA)

ad un criterio di classificazione ed è uno dei più potenti per verificare l'ipotesi

nulla H0 (non ci sono differenze tra i gruppi), vale a dire se k gruppi di oggetti

indipendenti provengono dalla stessa popolazione e/o da popolazioni diverse.

Come molti test non parametrici si basa solo sulla graduatoria (rango) dei dati

e in questo modo non è soggetto alla condizione di normalità nella

distribuzione dei valori delle variabili necessaria nella statistica parametrica

(Diaz, 2001).

3.1.1.2 La diversità e le sue componenti

Ci sono numerose definizioni di diversità specifica (Biodiversità), ma una

buona e generale definizione comunemente utilizzata in ecologia è quella che

la descrive come “una misura dell’importanza delle diverse specie in un

ecosistema, in termini di numero e di abbondanza relativa” (Legendre &

Legendre, 1983).

La diversità specifica è quindi il risultato della reciproca influenza di due

parametri legati alle specie quali la ricchezza specifica (chiamata anche

molteplicità o varietà) e l’equitabilità (chiamata anche equipartizione o evenness).

La funzione maggiormente impiegata per la misura della diversità specifica in

ecologia (Scardi, 2001) e utilizzata anche in questo lavoro, è l’indice di

diversità H’ i Shannon:

H’ = -Σ pi log2 pi

dove pi è la frequenza della specie i-esima.

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Questo indice, originariamente proposto da Boltzmann per il calcolo

dell’entropia in termodinamica, è stato introdotto da Shannon e Weaver

(1949) nella teoria dell’informazione e quindi ripreso da MacArthur (1957) e

da Margalef (1958) in ecologia. L’indice può variare da un valore minimo

H’min= 0 quando è presente una sola specie, a un valore massimo H’max= log2 S

(dove S è il numero delle specie presenti) quando le specie sono equamente

rappresentate in termini di individui. Dato il carattere logaritmico della

funzione, l’indice non assume mai valori molto elevati (supera raramente il

valore di 4,5 con il logaritmo in base 2). La diversità ecologica descritta

dall’indice H’ è dipendente quindi sia dalla numerosità delle specie che dalla

distribuzione delle loro abbondanze.

Al fine di descrivere la distribuzione degli individui tra le specie del campione

è stato calcolato l’indice J di equitabilità di Pielou, dato dal rapporto

J = H’/H’max

Il valore massimo di questo indice è pari a 1 quando tutte le specie del

campione tendono ad essere rappresentate dallo stesso numero di individui.

Tale indice descrive quindi in quale misura la diversità sia dovuta a un

equilibrato rapporto tra gli elementi considerati e deriva direttamente

dall’indice di Shannon. Si basa su un concetto di diversità specifica equiparata

all’incertezza nel predire a quale specie appartenga un individuo estratto a

random da un campione: quanto più grande è il numero delle specie e quanto

più equa è la ripartizione degli individui fra loro, tanto maggiore è questa

incertezza, che pertanto contribuisce a elevare la diversità.

Al fine di valutare la ricchezza specifica, altra componente della diversità, non

si è qui assunta la semplice numerosità delle specie ma il rapporto tra il

numero totale di specie (S) in una stazione e il logaritmo naturale del numero

totale di individui (N) a esse appartenenti.

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Tale rapporto è conosciuto come l’indice di ricchezza D di Margalef:

D = S-1/ln N

Molti autori collegano la diversità di una comunità anche ai concetti di

resilienza (la velocità con cui una comunità ritorna al suo stato precedente

dopo essere stata perturbata e spostata da quello stato) e di resistenza (la

capacità della comunità di evitare anzitutto lo spostamento) (Begon et al.,

1989); la sua misura e la valutazione nel tempo risultano perciò estremamente

utili soprattutto nell’ambito di studi di biomonitoraggio ambientale.

Per testare la significatività delle differenze in termini di diversità tra l’insieme

delle stazioni campionate nei diversi anni e nei due bacini principali (bacino di

Marano e bacino di Grado) è stata utilizzata l’analisi della varianza parametrica

ANOVA. Infatti l’indice di Shannon e gli altri ad esso associati si prestano

all’utilizzo di tecniche parametriche di inferenza statistica, in quanto sono

ragionevolmente indipendenti dalle dimensioni del campione e distribuiti

normalmente dato che tutti gli N (numeri di individui delle specie) sono interi

(Odum & Barret, 2007).

3.1.2 Analisi graficodistributive

3.1.2.1 Le curve di k-dominanza

Un caso particolare di diagrammi rango-abbondanza, è costituito dalle curve

di k-dominanza. Queste consistono in rappresentazioni grafiche

bidimensionali nelle quali vengono confrontate le abbondanze relative

espresse come percentuali cumulative delle specie che costituiscono la

comunità indagata (Lambshead et al., 1983). In particolare, in ascissa su scala

logaritmica si pongono le specie in ordine decrescente rispetto al rango di

abbondanza e in ordinata la percentuale di abbondanza cumulata.

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Tali curve (inverse rispetto alle curve di rarefazione) forniscono in linea

generale una visualizzazione della struttura della comunità, indicando quante

sono le specie dominanti e quante le poco rappresentate, ma anche indicando,

con il loro andamento (pendenza), l’eventuale omogeneità o eterogeneità delle

abbondanze delle specie. In particolare curve a maggior pendenza e che

raggiungono più rapidamente l’asintoto, rappresentano comunità dove poche

specie risultano dominanti e sono in genere a diversità più bassa e sottoposte a

possibili fenomeni di disturbo e/o inquinamento, mentre curve che

raggiungono tardivamente l’asintoto rappresentano comunità dove le

abbondanze sono più omogenee e la diversità più elevata (Clarke & Warwick,

1994).

3.1.3 Analisi multivariate

L’analisi multivariata (o analisi multidimensionale) dei dati comprende un

insieme di metodologie che permettono di sintetizzare un intero insieme di

dati, limitando la perdita d’informazione, e riuscendo così ad evidenziarne le

strutture intrinseche e le relazioni significative (Feoli & Ganis, 2005).

Queste tecniche considerano in toto un insieme di unità sulla base di un gran

numero di caratteri (qualitativi e/o quantitativi) al fine di scoprire le relazioni

esistenti tra le variabili e gli oggetti, di individuare differenze o somiglianze di

comportamento, in altre parole di evidenziarne le strutture di associazione

(Bressan, 2006). I metodi di analisi multidimensionale risultano quindi

particolarmente idonei per descrivere la complessità delle comunità naturali,

favorendo la comprensione del fenomeno studiato.

L’analisi multivariata dei dati è generalmente suddivisa nelle tecniche di

classificazione e di ordinamento, entrambe generalmente basate sulla

costruzione di matrici triangolari di similarità e/o distanza, (Sommerfield &

Clarke, 1997). La similarità tra oggetti (o variabili) è valutata a coppie di

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elementi tramite delle funzioni o indici di similarità (o somiglianza o distanza).

Le funzioni di similarità valutano quanto due entità si assomigliano ed

assumono valori crescenti in rapporto alla somiglianza (un valore di indice

zero indica somiglianza nulla) inversamente quindi agli indici di distanza (un

valore di indice zero indica uguaglianza) (Feoli & Ganis, 2005).

3.1.3.1 Tecniche di classificazione

La classificazione gerarchica (hierarchical cluster analysis) comprende quelle

tecniche numeriche che hanno lo scopo di riunire in gruppi gli oggetti (o le

variabili) basandosi sulla loro somiglianza o correlazione in modo tale che gli

elementi di un gruppo siano il più possibile simili tra loro e il più possibile

differenziati dagli elementi degli altri gruppi. In altre parole tendono a

massimizzare l’omogeneità a livello dei gruppi e l’eterogeneità tra i gruppi.

Queste analisi possono essere definite come metodi oggettivi per raggruppare

gli oggetti (le stazioni nel nostro caso) in accordo con la similarità della

struttura di una comunità (Burd et al., 1990).

Al fine di applicare la cluster analysis ai valori delle abbondanze specifiche delle

stazioni monitorate nelle tre campagne di campionamento effettuate, i dati

sono stati dapprima opportunamente trasformati e successivamente utilizzati

per calcolare la similarità tra ogni coppia di stazioni.

La trasformazione dei dati è effettuata con l’intento di ridurre il peso delle

specie numericamente dominanti e favorire l’importanza delle specie rare

(Wilding, 2006) ed è necessaria in studi come quelli di comunità

macrobentoniche che presentano regolarmente grosse differenze nella

distribuzione delle abbondanze delle specie. Si è scelto di applicare sui dati di

abbondanza di tutti gli anni la trasformazione con radice quadrata in quanto

questa consente di ottenere un giusto equilibrio tra perdita di informazione e

mantenimento della struttura distribuzionale delle specie (Somerfield &

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Clarke, 1997). La radice quadra (assieme alla radice quarta) risulta quindi

particolarmente adatta quale trasformazione per i valori di abbondanza in

studi sul benthos (Thorne et al., 1999).

Successivamente alla trasformazione dei dati e prima dell’applicazione

dell’algoritmo di clustering è necessario calcolare una matrice di similarità (o

distanza) fra gli oggetti. È importante sottolineare il fatto che la scelta del

coefficiente di similarità risulta in molti casi più determinante di quella

dell’algoritmo di classificazione (Scardi, 2001). Nel nostro caso infatti il

calcolo della similarità deve tener conto del fatto che tipicamente le matrici

specie-stazioni presentano molte specie contemporaneamente assenti in più

stazioni. È necessario quindi utilizzare coefficienti di similarità asimmetrici i

quali evitano di definire un elevata similarità sulla base di informazioni non

certe (come le doppie assenze) (Scardi, 2001).

Il coefficiente qui utilizzato, che ovvia a questo problema, è il coefficiente di

similarità di Bray-Curtis (Bray & Curtis, 1957):

dove Sjk indica la similarità fra l’ j-esimo e il k-esimo campione (o stazione di

campionamento), i sono le specie che formano il campione e y le loro

abbondanze nei siti j e k.

Questo coefficiente espressamente consigliato da molti autori per lo studio di

comunità bentoniche (Field et al., 1982; Burd et al., 1990; Clarke & Warwick,

1994; Clarke & Gorley, 2006) è considerato un ottima misura della similarità

in quanto ben conserva la “distanza ecologica” delle comunità indagate

(Clarke et al., 2006).

Per ottenere infine la suddivisione delle stazioni in gruppi (dendrogramma)

alla matrice triangolare di similarità ottenuta, si è applicato l’algoritmo di

∑ = +

∑ = −−= p

i ikyijy

pi ikyijy

jkS1

11100

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classificazione gerarchica del legame completo (furthest-neighbour). Questo

algoritmo a differenza di altri, crea gruppi omogenei a cui appartiene un

numero non troppo variabile di oggetti, è quindi ideale per individuare le

discontinuità più rilevanti all’interno di un insieme di dati (Scardi, 2001).

3.1.3.2 Tecniche di ordinamento

Le numerose tecniche di ordinamento esistenti hanno lo scopo primario di

rappresentare la struttura dei dati in uno spazio dalle dimensioni ridotte.

Infatti solo in uno spazio a due o tre dimensioni è facilmente osservabile la

reciproca posizione degli oggetti (o delle variabili) nello spazio. Se gli assi sono

più di tre, lo spazio multidimensionale si complica divenendo di difficile

lettura. Le diverse forme di ordinamento permettono quindi di riassumere le

variabili in nuove variabili, dette fattori o componenti, che possono essere

assunte come nuovi assi di ordinamento. Esse, essendo combinazioni (lineari

o non lineari) delle variabili originarie, rappresentano una buona sintesi delle

stesse (Feoli & Ganis, 2005).

Questi metodi estraggono gli assi in ordine decrescente di varianza totale

spiegata. Il primo asse sintetizza le variabili più correlate tra loro e spiega una

certa quota di varianza, che è superiore a quella spiegata dal secondo asse, la

quale a sua volta è superiore a quella spiegata dal terzo e così via. Gli assi

vengono estratti in maniera tale da essere tra loro indipendenti assicurando

così l’ortogonalità reciproca. Ciascun asse successivo al primo è quindi

combinazione di un altro gruppo di variabili originali correlate tra loro e non

correlate con le variabili sintetizzate dagli altri assi. La rappresentazione

dell’ordinamento in un diagramma cartesiano a due o tre assi ottenuti

mediante queste tecniche mette in luce la struttura dei dati in uno spazio di

ridotte dimensioni dove non sono sostanzialmente alterati i rapporti di

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posizione reciproca dei punti rispetto a quelli dello spazio multidimensionale

originario (Feoli & Ganis 2005).

In questo lavoro sono state utilizzate due tecniche di ordinamento: l’Analisi

delle Componenti Principali (PCA) e il non-metric Multi Dimensional Scaling

(nMDS o MDS).

La PCA rappresenta, tra i metodi di ordinamento lineare, quello

maggiormente utilizzato in ecologia e consente di rappresentare un insieme di

dati in maniera efficace in un numero ridotto di dimensioni (le componenti

principali), operando esclusivamente una rotazione rigida degli assi dello

spazio multidimensionale in modo tale da orientarli in maniera coerente con i

pattern di dispersione dei dati stessi (Scardi, 2001). Il punto di partenza di

questa tecnica è perciò la matrice dei dati originali piuttosto che una matrice di

similarità o distanza e per una corretta applicazione è necessario che questi

siano di tipo qualitativo, legati da relazioni lineari e che la matrice non

contenga un numero eccessivo di zeri. Date queste assunzioni, la PCA risulta

più efficace nell’analisi multivariata di parametri ambientali piuttosto che dei

valori di abbondanza (o biomassa) delle specie (Clarke & Warwick, 1994).

In generale, la quantità di varianza spiegata dalle prime componenti principali

(gli assi del grafico) è utilizzata quale misura della qualità della

rappresentazione. Se le prime due componenti raggiungono almeno il 50%

della varianza totale la rappresentazione si considera accettabile (Burd et al.,

1990; Pohle & Thomas, 1997).

La tecnica PCA è stata applicata ai dati abiotici relativi a temperatura,

profondità, salinità in superficie, salinità sul fondo, pH dell’acqua, Eh dei

sedimenti e volume di trattenuto residuo di tutti e tre gli anni di

campionamento.

La PCA è stata inoltre applicata ai dati di affinità bionomica percentuale su

tutti gli anni complessivamente.

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I valori relativi a queste variabili sono stati, previa normalizzazione, utilizzati

anche per costruire una matrice triangolare di distanza, utilizzando come

coefficiente la distanza euclidea, la quale risulta particolarmente adatta ad

analisi di parametri ambientali.

Per operare un confronto tra differenti matrici ottenute sui medesimi oggetti e

valutarne la significatività è stata applicata la procedura RELATE (Clarke &

Warwick, 1994; Clarke & Gorley, 2006), che valuta il grado di correlazione tra

i ranghi delle distanze e/o similarità tra gli stessi oggetti di due diverse matrici,

utilizzando il coefficiente di correlazione lineare non parametrico di

Spearman, il valore di rho così ottenuto viene confrontato con uno ottenuto

da una serie di permutazioni casuali dei valori delle due matrici ottenendo così

l’associato valore di significatività (Clarke & Gorley, 2006).

L’altra tecnica di ordinamento utilizzata il Multi Dimensional Scaling non

parametrico (nMDS) fu sviluppato da Shepard (1962) e da Kruskal (1964) e

successivamente perfezionato da Kruskal e Wish (1978) anche se non per

scopi ecologici. In ecologia l’nMDS è stato introdotto in tempi relativamente

recenti (Clarke, 1988) e si presenta come tecnica con diversi vantaggi teorici

(Warwick et al., 1988).

Come per la cluster analysis (a differenza della PCA) anche per l’nMDS il punto

di partenza è una matrice triangolare di similarità (o distanza) ma diversamente

ad altre tecniche di ordinamento non è basato su una procedura che preveda

l’estrazione di autovalori e autovettori dalla matrice dei dati. Al contrario,

questo metodo è basato su un algoritmo iterativo che prevede un

aggiustamento progressivo dei punti nello spazio più o meno complesso in cui

si desidera ottenere l’ordinamento. Ciò avviene (come per l’Analisi delle

Coordinate Principali PCoA) minimizzando lo scarto tra la struttura delle

distanze nello spazio originale e quella ottenuta nello spazio ridotto

dell’ordinamento sulla base però dei ranghi delle similarità reciproche tra gli

oggetti (Scardi, 2001). Questo scarto, detto anche stress è utilizzato quale

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misura della bontà della rappresentazione e si ottiene dalla seguente formula

(Kruskal, 1964):

Stress = ∑j ∑k (djk - d^jk)2 / ∑j ∑k djk2

dove d^jk è la distanza predetta rispetto alla linea di regressione corrispondente

alla dissimilarità δjk. Se djk = d^jk per tutte le n(n-1)/2 distanze, lo stress è zero.

In particolare Clarke e Warwick (1994) indicano uno stress di 0.2 come il limite

per ottenere una rappresentazione sufficientemente rappresentativa, mentre

indicano valori di stress inferiori a 0.1 quali ottime rappresentazioni della

struttura degli oggetti nello spazio considerato. In particolare, un altro

vantaggio dell’ordinamento nMDS è che questo può essere messo

direttamente in relazione con una cluster analysis ottenuta sulla stessa matrice

dei dati, sovrimponendo al grafico dell’ordinamento i gruppi derivanti dalla

classificazione ad un livello di similarità arbitrariamente scelto. Ciò permette di

valutare la mutua consistenza di entrambe le rappresentazioni mediante il loro

reciproco accordo (Clarke & Warwick, 1994).

Anche per ottenere l’ordinamento nMDS dai dati relativi alle abbondanze

delle specie dei tre anni di campionamento è stata applicata la trasformazione

con radice quadra e come misura della similarità è stato utilizzato il

coefficiente di similarità di Bray-Curtis.

3.1.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM)

Il test ANOSIM (acronimo per ANalysis Of SIMilarities) è una procedura non

parametrica di inferenza statistica che consente di verificare se le differenze fra

due o più gruppi (definiti a priori) di osservazioni multivariate sono

significative o meno (Clarke, 1993).

Questa procedura permette quindi di verificare l’ipotesi nulla H0 che non ci

sono differenze tra i gruppi, analogamente a quanto fa l’analisi multivariata

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della varianza (MANOVA) (Ceschia, 2005). Ma rispetto a quest’ultima

l’ANOSIM anche se meno sensibile risulta di più ampia e robusta applicazione

in campo ecologico (non essendo legato alla normalità nella distribuzione dei

valori) soprattutto in situazioni relative a valori di abbondanza o biomassa di

specie (Clarke & Warwick, 1994).

Il test può essere effettuato su una qualunque misura di distanza o di

dissimilarità fra gli oggetti da analizzare ed utilizza il rango di tali misure

piuttosto che i loro valori effettivi. Esso è basato sul calcolo della statistica R:

R = ( ) 41−−NNrr wb

Dove rw è il rango medio delle dissimilarità intra-gruppo, rb è il rango medio

delle dissimilarità inter-gruppo e N è la dimensione della matrice analizzata.

Valori positivi di R indicano che le distanze tra i gruppi sono maggiori di

quelle all’interno dei gruppi.

Per testare la significatività della statistica R si confronta il valore osservato

con una distribuzione empirica dei valori della stessa statistica ottenuti,

permutando aleatoriamente righe e colonne della matrice analizzata un

numero molto elevato di volte (ciò equivale a rassegnare ciascuna

osservazione ad un gruppo a caso) (Bonuso et al., 2002). Se il valore osservato

di R è maggiore del 95% (o 99%) dei valori ottenuti con le permutazioni

casuali della matrice analizzata, si può concludere che esso sia significativo e

quindi rigettare l’ipotesi nulla H0, accettando l’ipotesi alternativa H1 che ci

sono differenze fra i gruppi di osservazioni (Scardi, 2001).

Tale procedura può essere condotta sia ad una via che a due vie prendendo in

considerazione cioè uno o due fattori di variabilità.

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3.1.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)

L’analisi SIMPER (acronimo per SIMilarity PERcentage breakdown) permette di

calcolare la dissimilarità media di campioni (stazioni) appartenenti a diversi

gruppi (definiti a priori) e successivamente di scomporla nel contributo dato

da ogni specie, inoltre da questa è anche possibile ottenere la similarità

all’interno di ogni gruppo. Questa tecnica di esplorazione dei dati è quindi

molto utile per conoscere quali specie sono maggiormente responsabili delle

differenze riscontrate tra due o più gruppi di stazioni o tra la stesso gruppo in

due momenti successivi (Guerra-García et al., 2006).

Il contributo dato alla dissimilarità δjk(i) dall’i-esima specie yi tra due campioni j

e k è definito come:

δjk(i) = 100.|yij - yik| / ∑ pi=1 (yij + yik)

Anche questa analisi richiede che sulla matrice di abbondanza (o biomassa)

delle specie opportunamente trasformata sia calcolata una matrice di similarità

o distanza dalla quale poi ricavare le similarità intra-gruppo, la dissimilarita

inter-gruppo e i contributi dati a questa da ogni specie (Clarke & Warwick,

1994).

In questo studio, la procedura SIMPER è stata applicata alla matrice

triangolare di similarità di Bray-Curtis ottenuta dai valori di abbondanza delle

specie previa trasformazione con radice quadra.

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3.2 Risultati

3.2.1 Analisi univariate

3.2.1.1 L’abbondanza e il numero di specie

Nel complesso delle 3 campagne di campionamento (1993, 1994 e 1995)

(Tabb. A1, A2, A3)1 effettuate nell’area oggetto di studio sono stati rinvenuti

85 taxa di cui 66 diverse specie per un totale di 13.422 individui determinati di

cui 9.902 al livello di specie. I Phyla maggiormente rappresentati sono il

Phylum Mollusca con 30 specie (20 bivalvi, 9 gasteropodi e 1 poliplacoforo)

ed il Phylum Anellida Classe Polychaeta con 30 specie seguiti dal Phylum

Arthropoda Subphylum Crustacea con 4 specie (4 decapodi) e dal Phylum

Echinodermata con 2 specie (1 oloturoide e 1 asteroide). La ripartizione dei

Phyla è riportata nella Fig. 3.1 e la distribuzione degli stessi nei tre anni di

campionamento è raffigurata nella Fig. 3.2

Fig. 3.1 Ripartizione percentuale dei vari Phyla nei tre anni di campionamento

1 Le tabelle, il cui numero progressivo è preceduto da una A, sono riportate nell’appendice del testo.

Molluschi45,5%

Policheti45,5%

Crostacei6%

Echinodermi3%

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Procedendo ad un primo confronto sulla numerosità delle specie e degli

individui campionati tra gli anni, si assiste ad un sensibile aumento tra il 1993

ed il successivo 1994, sia in termini di specie rinvenute che di individui ad esse

appartenenti per poi calare in modo evidente nel 1995.

Precisamente le specie determinate nel 1993 sono 43 per un totale di 2.108

individui, che diventano 56 specie e 4.361 individui nel 1994 e 34 specie e

3.436 individui nel 1995.

In particolare l’analisi dei campioni raccolti nel 1993 ha permesso di

determinare 43 specie di cui: 23 Polychaeta, 16 Mollusca, 2 Crustacea e 2

Echinodermata (per altri gruppi, quali ad esempio Anthozoa, Oligochaeta ed

Ascidiacea, la determinazione si è limitata a livelli sistematici di minor

dettaglio). L’analisi è stata ripetuta sulle stesse 53 stazioni nel 1994: 56 specie

riconosciute di cui 24 Polychaeta, 27 Mollusca, 3 Crustacea e 2

Echinodermata.

Lo stesso esame è stato effettuato sui campioni raccolti nel 1995: 34 specie di

cui 11 Polychaeta, 18 Mollusca, 3 Crustacea e 2 Echinodermata.

Fig. 3.2 Distribuzione dei Phyla rinvenuti nei tre anni di campionamento

Andamento dei Phyla rinvenuti nei tre anni di campionamento

0

5

10

15

20

25

30

1993 1994 1995

anni

num

ero

di s

peci

e

molluschi

policheti

crostacei

echinodermi

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76

In accordo con i concetti elaborati da Guelorget e Perthuisot (1983), i dati di

abbondanza sono stati analizzati innanzitutto per descrivere la struttura di

base dei popolamenti bentonici lagunari e la loro evoluzione nel periodo di

osservazione e poi per mettere in evidenza l’esistenza di eventuali gradienti

biologici legati all’andamento del confinamento in ciascun bacino o variazioni

di confinamento al passaggio da un bacino lagunare all’altro.

A tal proposito osservando la tabella che segue emerge che passando da un

anno all’altro la dotazione faunistica della Laguna di Marano e Grado può

presentare variazioni fino al 40% ma un nucleo di 25 specie, corrispondente a

circa il 45% della dotazione massima rilevata nel 1994, rimane costantemente

presente. Tra queste specie ci sono ben 6 appartenenti alla biocenosi tipica

degli ambienti lagunari: LEE (biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina).

Per valutare la significatività delle differenze rilevate tra gli anni nel numero di

specie e di individui, nelle 53 stazioni campionate è stata applicata l’analisi

della varianza non parametrica di Kruskal-Wallis. Tale analisi è servita per

valutare sia le differenze in ogni anno tra i bacini di Marano e Grado (nel

numero di specie e nel numero di individui) che le differenze tra gli anni

(1993, 1994 e 1995) nel complesso.

Il test ha evidenziato come esistano delle differenze altamente significative tra

gli anni sia confrontando il numero di specie presenti (H=21,4, g.d.l.=2,

P<0.01), che confrontando il numero di individui delle specie (H=19,8,

g.d.l.=2, P<0.01) presenti in ogni stazione (Tab. A4). Il test ha messo in

evidenza inoltre come anche tra i bacini di Marano e Grado esistano

Anno n. specie altri taxa totale ind/m2

1993 43 16 59 3481994 56 17 73 6941995 34 6 40 517

Sempre presenti 25 5 30

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differenze altamente significative nel numero di specie (H=9,8, g.d.l.=1,

P<0.01) e nel numero di individui (H=4,3, g.d.l.=1, P<0.05) nell’insieme dei

tre anni saggiati (Tab. A5).

3.2.1.2 La diversità e le sue componenti

La significatività delle differenze temporali e spaziali nell’andamento degli

indici di diversità H’ di Shannon, di ricchezza D di Margalef e di equitabilità J

di Pielou è stata testata tramite l’analisi della varianza ANOVA.

Sono risultate significative le variazioni temporali (tre anni di campionamento)

e spaziali (due bacini principali) per quanto riguarda gli indici di diversità e di

ricchezza.

Con alcune eccezioni la diversità (H’ di Shannon), calcolata nel complesso dei

3 anni indagati (Tab. A6), ha mostrato valori piuttosto elevati (generalmente

superiori a 2) considerando la tipologia dell’ambiente preso in esame.

In molte delle stazioni campionate è evidente un gradiente dal mare (stazioni

più ricche) verso la terra ferma (stazioni meno dotate faunisticamente), oltre

che un gradiente da Ovest (minore biodiversità) verso Est (Laguna di Grado

con maggiore biodiversità).

Il confronto effettuato utilizzando l’analisi della varianza ANOVA applicata ai

valori di diversità di ogni stazione tra gli anni ha mostrato differenze altamente

significative (F=9,2, g.d.l.=2, P<0.01) (Fig. A1)2 denotando un’evoluzione

della diversità nel corso del tempo. In particolare emerge come i valori medi

relativi alla diversità subiscano un concreto aumento tra il 1993 ed il 1994 ed

un sostanziale calo tra il 1994 ed il 1995, anno quest’ultimo che presenta valori

di diversità medi in assoluto più bassi.

2 Le figure, il cui numero progressivo è preceduto da una A, sono riportate nell’appendice del testo.

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78

Il 1993 infatti presenta due sole stazioni con valori di diversità superiori a 3 e

13 stazioni con valori di diversità compresi tra 0 e 1; il 1994 presenta ben 7

stazioni con diversità superiore a 3 e solo 7 stazioni con diversità compresa tra

0 e 1 mentre il 1995 non presenta alcuna stazione con valori di diversità

superiori a 3 (diversità maggiore St. M14 H’ = 2,73) ma ben 19 stazioni con

H’ compresa tra 0 e 1.

Anche l’analisi della varianza applicata ai valori di diversità di ogni stazione nei

tre anni, utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza

(Marano e Grado), ha evidenziato differenze altamente significative (F=7,3,

g.d.l.=1, P<0.01) (Fig. A2), mostrando come sia il bacino di Grado ad avere la

più alta diversità media.

Procedendo ad un’analisi grafica dell’andamento della diversità (Fig. 3.3) si

osserva come molte delle stazioni più prossime alle bocche di porto

presentino valori piuttosto elevati rispetto a stazioni più confinate, ciò è

particolarmente evidente per l’anno 1994.

Infatti alcune stazioni prossime alle bocche di porto quali ad esempio M15,

M29, M12, G5 e G50, del 1994 registrano valori dell’Indice di Shannon tra i

più alti in assoluto rispettivamente di 3,088, 3,384, 3,121, 3,391 e 3,075,

mentre stazioni più confinate quali M21, M22, M42, M17 ed M39 presentano

valori dell’H’ di Shannon tra i più bassi in assoluto ed inferiori ad 1 (0,198,

0,863, 0,335, 0,956, 0,700). Tale situazione, con alcune eccezioni, è comune

anche al 1993 e al 1995.

Dall’analisi dei valori di diversità si osserva quindi come ci sia stata

un’evidente evoluzione temporale tra i tre anni campionati (aumento passando

dal 1993 al 1994 ed una consistente diminuzione dal 1994 al 1995).

Prendendo in considerazione l’andamento della Ricchezza (D di Margalef)

(Fig. 3.4) (Tab. A7) è possibile osservare come, anche per tale indice nel 1994,

le stazioni meno confinate (M15, M29, M12, G5) registrino valori piuttosto

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elevati rispetto a stazioni più confinate (M21, M42, M17) che manifestano

valori decisamente più bassi.

L’analisi della varianza applicata ai valori di ricchezza mostra differenze

altamente significative, in accordo alla diversità, sia confrontando i tre anni nel

loro insieme (F=10,0, g.d.l.=2, P<0.01) (Fig. A3) che confrontando i due

bacini separatamente (F=8,9, g.d.l.=1, P<0.01) (Fig. A4).

L’equitabilità (J di Pielou) presenta un’ampia variabilità nell’andamento in ogni

singolo anno (Fig. 3.5) (Tab. A8) non mostrando differenze statisticamente

significative né tra le stazioni nei tre diversi anni (F=1,3, g.d.l.=2, P=0.28) né

tra le stazioni dei due principali bacini (F=2,0, g.d.l.=2, P=0.16) (Figg. A5,

A6).

Dall’analisi degli indici ecologici calcolati risulta evidente come qualche fattore

abbia potuto agire in modo da favorire la diversità e le sue componenti,

ricchezza soprattutto, tra il 1993 ed il 1994 mentre come probabilmente

qualche fattore stressante abbia invece influenzato negativamente questi

parametri ecologici tra il 1994 e l’anno successivo.

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Fig. 3.3 La diversità H’ di Shannon nei 3 anni campionati (le barre indicano l’errore standard).

Diversità di Shannon 1993

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

Sha

nnon

Diversità di Shannon 1994

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

Sha

nnon

Diversità di Shannon 1995

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

Sha

nnon

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81

Fig. 3.4 La ricchezza D di Margalef nei 3 anni campionati

(le barre indicano l’errore standard).

Ricchezza di Margalef 1993

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

Mar

gale

f

Ricchezza di Margalef 1994

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

di M

arga

lef

Ricchezza di Margalef 1995

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

di M

arga

lef

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82

Fig. 3.5 L’equitabilità J di Pielou nei 3 anni campionati

(le barre indicano l’errore standard).

Equitabilità di Pielou 1993

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

di P

ielo

u

Equitabilità di Pielou 1994

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

di P

ielo

u

Equitabilità di Pielou 1995

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri I.

di P

ielo

u

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83

3.2.2 Analisi graficodistributive

3.1.2.1 Le curve di k-dominanza

Lo studio delle curve di k-dominanza contribuisce nel complesso a rafforzare

le osservazioni derivanti dall’analisi della diversità e delle sue componenti.

Analizzando infatti la distribuzione di queste curve relative al bacino di

Marano nei tre anni campionati si osserva come, considerando in un unico

gruppo le stazioni più prossime alle bocche di porto e in un altro gruppo

quelle più lontane, queste presentino un andamento sostanzialmente separato

(Fig. 3.6). Le stazioni a maggior confinamento presentano infatti nel

complesso curve costantemente più elevate e più rapide nel raggiungere

l’asintoto con dominanze iniziali mediamente più elevate rispetto alle altre le

quali si presentano più “morbide”, con dominanze iniziali decisamente più

basse, denotando una miglior strutturazione della comunità con conseguenti

distribuzioni delle abbondanze maggiormente omogenee.

Fig. 3.6 Curve di k-dominanza relative al bacino Marano negli anni 1993, 1994 e 1995

Curve di k-dominanza Marano 1993, 1994, 1995

1 10 100Species rank

0

20

40

60

80

100

Cum

ulat

ive

Dom

inan

ce%

MaranoConf.Meno conf.

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84

Anche procedendo all’analisi delle curve di k-dominanza relative ad ogni

singolo anno si osserva un accordo con l’andamento della diversità.

Il 1993 infatti presenta una buona differenziazione tra i due bacini di Marano

e Grado mostrando delle curve che denotano una migliore (in accordo con la

diversità) strutturazione della comunità per quest’ultimo (Fig. 3.7). Si osserva

inoltre che le 6 stazioni a dominanza iniziale superiore all’80% siano tutte

appartenenti al bacino di Marano mentre le stazioni a dominanza iniziale più

bassa, compresa tra 20 e 40%, appartengano per la maggior parte al bacino di

Grado.

Fig. 3.7 Curve di k-dominanza relative all’anno 1993

Il 1994 presenta una situazione alquanto diversa rispetto al 1993; le differenze

tra i due bacini, anche se esistenti, risultano meno evidenti e nel complesso le

curve denotano una migliore strutturazione delle comunità (Fig. 3.8). In

quest’anno infatti diminuiscono considerevolmente le dominanze iniziali

medie (5 stazioni presentano dominanze iniziali inferiori al 20%) e nessuna

stazione presenta dominanze iniziali con valori superiori all’80%. Questa

Curve di k-dominanza 1993

1 10 100Species rank

20

40

60

80

100

Cum

ulat

ive

Dom

inan

ce%

BacinoMaranoGrado

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85

situazione è in perfetto accordo anche con i valori degli indici ecologici i quali

presentavano i valori mediamente più elevati in quest’anno.

Fig. 3.8 Curve di k-dominanza relative all’anno 1994

Il 1995 presenta una situazione complessivamente più simile al 1993

denotando un deciso peggioramento nella strutturazione delle comunità

rispetto al 1994 (Fig. 3.9). In quest’anno infatti ben 12 stazioni mostrano

valori di dominanza iniziale superiore all’80%, 4 di queste superiori anche al

90% mentre solo 8 stazioni presentano valori di dominanza iniziale compresi

tra il 20 ed il 40%. E’ possibile notare inoltre come in quest’anno, rispetto agli

altri due, le curve nel complesso, oltre che più ripide, siano anche più corte

denotando mediamente un minor numero di specie.

Curve di k-dominanza 1994

1 10 100Species rank

0

20

40

60

80

100

Cum

ulat

ive

Dom

inan

ce%

BacinoMaranoGrado

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86

Fig. 3.9 Curve di k-dominanza relative all’anno 1995

Dall’analisi delle curve di k-dominanza emerge, come peraltro già evidenziato

per la diversità, che il 1994 sia, nel complesso, l’anno con una miglior

strutturazione delle comunità e come il 1995 risulti invece l’anno con il più

alto numero di stazioni mal strutturate denotando quindi possibili fenomeni

perturbativi avvenuti tra questi due anni.

Curve di k-dominanza 1995

1 10 100Species rank

20

40

60

80

100

Cum

ulat

ive

Dom

inan

ce%

BacinoMaranoGrado

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87

3.2.3 Analisi multivariate

3.1.3.1 Tecniche di classificazione

Un inquadramento di sintesi della struttura dei popolamenti bentonici della

Laguna di Marano e Grado è stato ottenuto applicando il legame completo

alla matrice triangolare di similarità di Bray Curtis ottenuta dalle abbondanze

complessive (previa trasformazione con radice quadra) degli organismi

campionati nell’insieme delle stazioni del triennio considerato.

Dalla cluster analysis, (Fig. 3.10), è possibile notare come nel complesso le

stazioni si distribuiscano principalmente in otto diversi gruppi (A-H).

In particolare è possibile notare come solo un gruppo (A) sia prevalentemente

costituito dalle stesse stazioni che si ripetono per almeno due o per tutti e tre

gli anni di campionamento. In effetti, questo gruppo è costituito da 27

stazioni, 8 delle quali compaiono solo una volta, mentre 19 compaiono più

volte, 7 per due anni (M21, M31, M40, M41, M43, M48 e G53) e 12 si

presentano qui per tutti e tre gli anni (M10, M17, M20, M22, M34, M35, M36,

M39, M42, M44, M45 ed M46).

Analizzando la distribuzione spaziale delle stazioni che si ripetono per almeno

due volte si osserva che queste sono localizzate in un’area ben precisa della

laguna, quasi esclusivamente nel bacino di Marano e in posizione più lontana

rispetto alle bocche di porto (Fig. 3.11).

Gli altri sette gruppi risultano essere più eterogenei con una minor tendenza al

ripetersi delle stesse stazioni di più anni anche se si può comunque notare

come alcuni manifestino un certo raggruppamento tra stazioni molto vicine

alle bocche di porto (gruppi D, E, G ed H) e altri tendano ad essere costituiti

da stazioni situate in una posizione intermedia (B, C ed F).

Questa classificazione ci indica quindi come ci sia una precisa zona della

laguna (quasi esclusivamente pertinente al bacino di Marano), cioè quella più

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lontana dalle bocche di porto, dove la similarità derivante sia dalla

composizione che dall’abbondanza degli organismi campionati permetta di

definire quest’area la più conservativa e la meno soggetta a fluttuazioni nella

composizione delle comunità. Queste considerazioni ci portano quindi ad

osservare l’esistenza di due gradienti relativi alla distribuzione dei popolamenti

macrozoobentonici della Laguna: un gradiente Est – Ovest tra i due bacini

lagunari ed uno Nord – Sud relativo alla distanza dal mare.

Considerando separatamente le classificazioni dei tre anni di campionamento

(Figg. A7, A8 e Fig. 3.12) si osserva anche qui, per ogni anno, l’esistenza di un

gruppo costituito da stazioni localizzate nella parte più estrema della laguna e

più lontane dal mare e l’esistenza di altri gruppi comprensivi di stazioni vicine

o poste ad una distanza intermedia rispetto alle bocche di porto.

Considerando nel dettaglio la classificazione relativa al 1995 emerge l’esistenza

di quattro gruppi che nel complesso permettono di suddividere l’intera laguna

in tre distinte fasce (Fig. 3.13): uno costituito da stazioni a maggior

confinamento (fascia gialla) e sostanzialmente coincidenti con le stazioni

evidenziate in Fig. 3.11, un gruppo rappresentato da stazioni poste in una

zona intermedia (fascia verde) e due gruppi che sommati comprendono tutte

quelle stazioni poste immediatamente vicino alle bocche di porto (fascia

arancio).

Dall’analisi di queste classificazioni emerge in modo chiaro come la laguna,

sulla base della distribuzione dei popolamenti macrozoobentonici, risulti

suddivisibile in tre distinte zone poste lungo un gradiente di distanza rispetto

al mare e perciò assimilabile al grado di confinamento.

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89

Den

drog

ram

ma

staz

ioni

199

3, 1

994,

199

5C

ompl

ete

linka

ge

M39 95M42 95M34 95M41 95M35 95M45 95M46 93M46 95M35 94M36 94M31 95M10 95M20 95M36 95G2 94

M33 94G53 95M44 93M44 95M40 95M19 93G3 94

M20 94M17 94M44 94M48 94M22 94M34 94M22 95M46 94M45 94M10 94M43 94M17 95M42 94M21 94M39 94M17 93M42 93M41 93M35 93M20 93M47 93M18 93M34 93M28 93M40 93G53 93M39 93M31 93M36 93M21 93M43 93M22 93M45 93M10 93M48 93M27 93G2 93G9 93

G49 93M30 93G5 93

G50 93G3 93

M12 93M29 93G9 94

G49 94M15 94G6 94G6 93G8 93

G50 94M16 95M13 94M29 94M14 94M11 94M14 95G1 94

M47 94G2 95

M25 94M16 94M24 94M32 94M30 94M37 94M32 95M33 95M38 95M25 95G7 95G5 94

G52 94G52 93M38 94G51 94G52 95M11 95G51 95M37 95M28 95M24 95M23 95M47 95M18 95M19 95M21 95M27 95G7 94

G53 94M28 94M48 95M43 95M27 94M23 94M19 94M18 94M41 94M31 94M40 94M26 95M13 95M25 93M26 94M26 93G1 93

M30 95M12 95M24 93G1 95G3 95

G51 93G4 93

M11 93G7 93

M33 93M37 93M38 93M23 93M14 93M15 93G4 95

M16 93G4 94

M29 95G9 95G6 95G5 95

G50 95M12 94G8 95

G49 95M32 93M15 95M13 93G8 94

Sam

ples

100806040200

Similarity

Tran

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esem

blan

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Fig.

3.1

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me

di st

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ni c

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e ne

l 19

93, 1

994

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95.

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90

Fig.

3.1

1 R

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3.10

).

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91

Den

drog

ram

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staz

ioni

199

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G4 95M22 95M17 95M39 95M42 95M34 95M41 95M48 95M43 95M35 95M45 95M31 95M10 95M20 95M36 95G53 95M46 95M44 95M40 95M25 95

G7 95G1 95G3 95

M30 95G52 95M11 95G51 95M37 95M28 95M24 95M33 95M38 95M32 95

G2 95M23 95M47 95M18 95M19 95M21 95M27 95M26 95M16 95M13 95

G6 95G5 95

G50 95M12 95M29 95

G9 95G8 95

G49 95M15 95M14 95

Sam

ples

100806040200

Similarity

Tran

sfor

m: S

quar

e ro

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blan

ce: S

17 B

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ilarit

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Fig.

3.1

2 D

endr

ogra

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nuto

dall

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me

di st

azio

ni c

ampi

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e ne

l 19

95.

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92

Fig.

3.1

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. 3.1

2).

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93

3.2.3.2 Tecniche di ordinamento

L’ordinamento nMDS, eseguito come per la precedente classificazione, sulla

matrice triangolare di similarità di Bray-Curtis, calcolata sulle abbondanze

complessive di tutti i taxa nei tre anni di campionamento (Fig. 3.14) mostra le

stazioni disposte grossomodo lungo un gradiente temporale.

Le stazioni relative al campionamento del 1994 (in blu) infatti risultano per lo

più interposte tra le stazioni del 1993 (in verde) e quelle relative al 1995 (in

rosso).

Fig. 3.14 nMDS dell’insieme di stazioni campionate nei 3 anni

Questa tendenza a mostrare un’evoluzione temporale nei tre anni di

campionamento risulta evidente anche considerando in due ordinamenti

separati le stazioni del bacino di Marano (Fig. 3.15) e quelle relative al bacino

di Grado (Fig. 3.16). Solo per il bacino di Marano inoltre è possibile osservare

come alcune stazioni appartenenti a tutti e tre gli anni campionati manifestino

Ordinamento nMDSStazioni 1993, 1994, 1995

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

Anni199319941995

M20 93M35 93

M36 93

M44 93

M21 93M22 93

M45 93

M18 93

M46 93

M47 93

M48 93

M34 93M42 93

M43 93

M17 93

M39 93

M40 93

M41 93

M27 93

M19 93

M28 93M37 93

M15 93

M31 93

M16 93

M23 93

M24 93

M32 93

M13 93

M14 93

M33 93

M30 93

M38 93

M10 93

M11 93

M12 93

M29 93

M25 93

M26 93

G1 93

G2 93

G3 93

G4 93

G5 93

G6 93

G8 93

G9 93

G49 93

G50 93

G7 93

G51 93

G52 93

G53 93

M20 94

M35 94

M36 94

M44 94

M21 94M22 94

M45 94

M18 94

M46 94

M47 94M48 94

M34 94

M42 94

M43 94

M17 94

M39 94

M40 94

M41 94M27 94

M19 94M28 94

M37 94

M15 94

M31 94

M16 94

M23 94

M24 94

M32 94

M13 94

M14 94

M33 94

M30 94

M38 94

M10 94 M11 94

M12 94

M29 94

M25 94

M26 94

G1 94G2 94

G3 94

G4 94

G5 94

G6 94

G8 94G9 94

G49 94

G50 94

G7 94

G51 94

G52 94

G53 94

M20 95

M35 95

M36 95M44 95

M21 95

M22 95 M45 95

M18 95

M46 95

M47 95

M48 95

M34 95

M42 95M43 95

M17 95

M39 95

M40 95

M41 95

M27 95

M19 95

M28 95M37 95

M15 95

M31 95

M16 95

M23 95

M24 95

M32 95

M13 95

M14 95M33 95

M30 95

M38 95

M10 95

M11 95

M12 95

M29 95

M25 95

M26 95

G1 95

G2 95G3 95

G4 95

G5 95

G6 95

G8 95

G9 95

G49 95

G50 95

G7 95

G51 95G52 95

G53 95

2D Stress: 0,22

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94

una tendenza a raggrupparsi mentre altre stazioni risultano più

eterogeneamente distribuite nello spazio dell’ordinamento bidimensionale.

Fig 3.15 nMDS relativo alle stazioni del bacino di Marano del 1993, 1994 e 1995

Fig 3.16 nMDS relativo alle stazioni del bacino di Grado del 1993, 1994 e 1995

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1993, 1994, 1995

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

Anni199319941995

M20 93M35 93

M36 93

M 44 93

M 21 93M22 93

M45 93

M 18 93

M 46 93

M 47 93

M48 93

M34 93M42 93

M 43 93

M 17 93

M 39 93

M 40 93

M41 93

M27 93

M 19 93

M 28 93M37 93

M15 93

M 31 93

M16 93

M23 93

M24 93

M32 93 M13 93

M 14 93

M 33 93

M30 93

M 38 93

M 10 93M 11 93

M12 93

M 29 93

M25 93

M26 93

M 20 94

M35 94M36 94

M44 94

M21 94M 22 94

M45 94M18 94M 46 94

M47 94

M 48 94

M 34 94M42 94

M43 94

M 17 94

M 39 94

M40 94

M 41 94M27 94

M19 94M28 94

M37 94

M15 94

M 31 94

M 16 94

M 23 94

M 24 94

M32 94

M 13 94

M14 94

M33 94

M30 94

M 38 94

M10 94M11 94

M 12 94

M29 94

M 25 94

M26 94

M 20 95M 35 95

M 36 95M44 95

M21 95

M22 95M45 95

M18 95

M46 95

M 47 95

M48 95

M34 95

M42 95

M43 95

M17 95

M39 95

M40 95

M 41 95

M 27 95M19 95

M 28 95

M 37 95

M15 95M 31 95

M16 95

M23 95

M24 95

M32 95

M13 95 M14 95M 33 95

M30 95

M 38 95M 10 95

M11 95

M 12 95

M29 95

M 25 95M26 95

2D Stress: 0,21

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1993, 1994, 1995

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

Anni199319941995

G1 93

G2 93

G3 93

G4 93

G5 93

G6 93

G8 93G9 93

G49 93

G50 93

G7 93

G51 93

G52 93

G53 93

G1 94

G2 94

G3 94

G4 94G5 94

G6 94

G8 94G9 94

G49 94

G50 94

G7 94

G51 94

G52 94

G53 94 G1 95

G2 95

G3 95

G4 95

G5 95

G6 95G8 95

G9 95

G49 95

G50 95

G7 95

G51 95G52 95

G53 95

2D Stress: 0,24

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95

A questo proposito, considerando separatamente gli ordinamenti relativi alle

sole stazioni del bacino di Marano in ogni singolo anno di campionamento

(Figg. 3.17, 3.18 e 3.19) è possibile osservare una distribuzione spaziale delle

stazioni comune a tutti e tre gli anni; infatti soprattutto nel 1993 e nel 1994

(ma, anche se in misura minore, presente pure nel 1995) si osserva l’esistenza

di un raggruppamento costituito grossomodo dalle stesse stazioni e di altre

stazioni comuni in tutti e tre gli anni che manifestano invece una tendenza a

distribuirsi in modo più eterogeneo denotando quindi un minor grado di

somiglianza reciproca sia tra loro sia tra le stazioni che tendono a

raggrupparsi. Queste stazioni che manifestano una maggior variabilità

reciproca nella composizione e nell’abbondanza relativa degli organismi che le

costituiscono e che, come detto, sono sostanzialmente comuni in tutti e tre gli

anni, risultano essere quelle più vicine alle bocche di porto e quindi

maggiormente interessate dalle influenze marine (Stazioni: M12, M13, M14,

M15, M16, M24, M25, M26, M29, M30 ed M37).

Fig. 3.17 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1993

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1993

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoMarano

M20 93

M35 93

M36 93

M44 93

M21 93M22 93M45 93M 18 93

M 46 93

M47 93

M48 93

M34 93

M42 93

M43 93

M17 93

M39 93

M 40 93

M41 93

M27 93

M19 93

M 28 93

M37 93

M15 93

M31 93M16 93

M23 93

M24 93

M 32 93

M13 93

M 14 93

M33 93

M30 93

M38 93

M10 93

M11 93

M 12 93

M 29 93

M25 93

M26 93

2D Stress: 0,2

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96

Fig. 3.18 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1994

Fig. 3.19 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Marano del 1995

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1994

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoMarano

M20 94M 35 94

M36 94M44 94

M21 94

M22 94

M45 94

M18 94

M46 94

M47 94

M 48 94

M34 94

M42 94

M43 94

M17 94

M39 94

M40 94

M 41 94

M 27 94

M 19 94

M 28 94

M 37 94

M15 94

M31 94

M 16 94

M23 94

M24 94

M32 94

M13 94

M14 94

M 33 94

M30 94

M 38 94

M10 94

M11 94

M 12 94

M29 94 M25 94

M26 94

2D Stress: 0,16

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Marano 1995

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoMarano

M20 95M35 95

M36 95

M44 95

M 21 95

M 22 95

M 45 95

M 18 95

M 46 95

M47 95

M48 95

M34 95

M 42 95

M43 95

M 17 95

M 39 95

M40 95

M41 95

M 27 95

M 19 95M28 95

M37 95

M15 95

M 31 95

M16 95

M23 95

M24 95

M 32 95

M13 95

M14 95

M 33 95

M30 95

M38 95 M10 95

M 11 95

M 12 95

M29 95

M25 95

M26 95

2D Stress: 0,13

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97

A differenza del bacino di Marano, gli ordinamenti nMDS relativi al solo

bacino di Grado considerati nei tre anni separatamente non mostrano nessuna

evidente tendenza delle stazioni a raggrupparsi denotando perciò nel

complesso una somiglianza reciproca piuttosto variabile delle stazioni (Figg.

3.20, 3.21 e 3.22).

La situazione nel complesso è quindi più simile alle stazioni più prossime alle

bocche di porto del bacino di Marano; sembra perciò mancare in questo

bacino quel pool di stazioni a notevole similarità presenti invece nel bacino di

Marano e costituite dalle stazioni a maggior confinamento, quelle cioè

tipicamente lagunari.

Fig. 3.20 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1993

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1993

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoGrado

G1 93

G2 93

G3 93

G4 93

G5 93

G6 93

G8 93

G9 93

G49 93

G50 93

G7 93

G51 93

G52 93

G53 93

2D Stress: 0,2

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98

Fig. 3.21 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1994

Fig. 3.22 nMDS relativo alle 53 stazioni del bacino di Grado del 1995

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1994

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoGrado

G1 94

G2 94

G3 94

G4 94

G5 94

G6 94

G8 94

G9 94

G49 94

G50 94

G7 94

G51 94

G52 94

G53 94

2D Stress: 0,15

Ordinamento nMDSStazioni bacino di Grado 1995

Transform: Square rootResemblance: S17 Bray Curtis similarity

BacinoGrado

G1 95

G2 95

G3 95

G4 95

G5 95

G6 95

G8 95

G9 95

G49 95

G50 95G7 95

G51 95

G52 95

G53 95

2D Stress: 0,1

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99

Dagli ordinamenti nMDS emerge come nel complesso ci sia stata

un’evoluzione temporale relativa alla similarità derivante dalla presenza e

dall’abbondanza dei taxa rinvenuti nei tre anni campionati; tale evoluzione

risulta essere comune in entrambi i bacini lagunari.

Per quanto concerne i singoli bacini considerati separatamente, gli

ordinamenti nMDS restituiscono una situazione concorde alla cluster analysis e

cioè di una maggior differenziazione spaziale del bacino di Marano il quale

presenta appunto diverse stazioni a similarità piuttosto elevata e localizzate

nella parte più esterna della laguna rispetto al mare che potremmo definire

stazioni “prettamente lagunari” ed altre stazioni a similarità reciproca inferiore

disposte in prossimità delle bocche di porto.

Per il bacino di Grado invece le stazioni si presentano eterogeneamente

distribuite e nel complesso assimilabili alle stazioni vicine e/o intermedie del

bacino di Marano e sembra mancare del tutto il gruppo di stazioni

“prettamente lagunari”.

Le differenze temporali nei tre anni campionati messe in luce dagli

ordinamenti nMDS si possono in parte osservare anche dall’ordinamento PCA

(Fig. 3.23), relativo alle prime due componenti principali che sommate

comprendono il 61,0 di varianza (primo asse=38,8 e secondo asse=22,2)

eseguito (previa normalizzazione) sulle variabili abiotiche (Tabb. A9, A10 e

A11). In particolare, da questo ordinamento si osserva come la maggior parte

delle stazioni relative al 1993 (in verde) risultino decisamente separate rispetto

a quelle del 1994 (in blu) e del successivo 1995 (in rosso).

Dallo stesso ordinamento inoltre è possibile notare un sensibile cambiamento

nei parametri abiotici misurati tra il 1993 ed il biennio 1994-1995 ed in

particolare come il 1993 presenti dei valori mediamente più bassi nel

potenziale di ossidoriduzione dei sedimenti (Eh), del pH e della temperatura

dell’acqua.

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100

Fig.3.23 PCA sui dati abiotici

L’evoluzione temporale emersa nel corso dei tre anni campionati dai valori di

presenza ed abbondanza delle specie è suggerita quindi anche dall’analisi dei

parametri abiotici.

Per testare l’effettiva corrispondenza tra l’informazione derivante dall’analisi

dei parametri biotici ed abiotici è stato operato un confronto tra la matrice di

similarità di Bray-Curtis derivante dai dati di abbondanza del 1993, 1994 e

1995 e una matrice ottenuta applicando ai dati abiotici normalizzati il

coefficiente della distanza euclidea, utilizzando la procedura RELATE. Da tale

confronto emerge una correlazione statisticamente significativa tra le due

matrici (Rho= 0.38, P<0.01) (Tab A12).

Ordinamento PCAVariabili abiotiche

-4 -2 0 2 4 6PC1

-6

-4

-2

0

2

4

PC2

Anni199319941995

M20 93

M35 93

M36 93M44 93

M21 93

M22 93

M45 93

M18 93

M46 93

M47 93M48 93

M34 93

M42 93

M43 93

M17 93

M39 93

M40 93

M41 93

M27 93

M19 93M28 93

M37 93

M15 93

M31 93M16 93

M23 93

M24 93

M32 93

M13 93

M14 93

M33 93

M30 93

M38 93

M10 93

M11 93

M12 93 M29 93

M25 93M26 93

G1 93

G2 93G3 93

G4 93G5 93

G6 93

G8 93G9 93

G49 93G50 93

G7 93

G51 93G52 93

G53 93

M20 94

M35 94

M36 94

M44 94

M21 94

M22 94

M45 94

M18 94M46 94

M47 94

M48 94

M34 94

M42 94M43 94

M17 94

M39 94

M40 94

M41 94

M27 94M19 94

M28 94

M37 94

M15 94

M31 94

M16 94

M23 94

M24 94

M32 94

M13 94

M14 94M33 94

M30 94 M38 94

M10 94

M11 94

M12 94M29 94

M25 94

M26 94

G1 94

G2 94

G3 94

G4 94

G5 94

G6 94

G8 94

G9 94G49 94

G50 94

G7 94

G51 94G52 94

G53 94

M20 95

M35 95M36 95

M44 95

M21 95

M22 95

M45 95

M18 95

M46 95

M47 95M48 95

M34 95

M42 95

M43 95

M17 95

M39 95

M40 95M41 95

M27 95

M19 95

M28 95

M37 95

M15 95

M31 95

M16 95M23 95

M24 95M32 95

M13 95M14 95

M33 95

M30 95

M38 95

M10 95

M11 95

M12 95

M29 95

M25 95

M26 95

G1 95

G2 95

G3 95

G4 95G5 95

G6 95

G8 95G9 95

G49 95

G50 95

G7 95

G51 95G52 95

G53 95

prof ondità

trattenuto residuo (m l)

temperatura acqua

salinità superf icie

salinità f ondopH acqua

media Eh sedimenti (-4 cm)

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101

3.2.3.3 Analysis of similarities (ANOSIM)

L’analisi della similarità effettuata con l’intento di verificare la consistenza

delle differenze emerse sia tra i due bacini di ogni anno che tra i tre anni nel

loro complesso ha messo in luce differenze significative. In particolare,

l’ANOSIM one way (ad una via), applicato ai valori di similarità di ogni singolo

anno e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza

(bacino di Marano e bacino di Grado), ha evidenziato differenze altamente

significative all’interno di tutti e 3 gli anni considerati: 1993 (R=0.337,

P<0.01), 1994 (R=0.178, P=0.016), 1995 (R=0.286, P<0.01). (Tabb. A13, A14

e A15). L’analisi delle similarità two-way crossed (a due vie) eseguita tra le stazioni di tutti

gli anni, configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di

appartenenza ha evidenziato differenze altamente significative sia tra gli anni

(R=0.267, P<0.01), che tra i due bacini (R=0.236, P<0.01). I relativi confronti

multipli evidenziano differenze significative tra ogni coppia di anni (93 vs 94,

93 vs ‘95, 94 vs 95 (Tab. A16).

Questi risultati confermano e rafforzano quanto emerso dalla classificazione e

dall’ordinamento ovvero l’esistenza di una differenziazione spaziale e di

un’evoluzione temporale avvenuta nella composizione degli organismi della

Laguna di Marano e Grado dal 1993 al 1995.

3.2.3.4 Similarity percentage breakdown (SIMPER)

Dall’analisi SIMPER two-way (a due vie), effettuata configurando come fattore

1 gli anni e come fattore 2 il bacino di appartenenza, al fine di verificare quali

specie contribuiscano maggiormente alla similarità ed alla dissimilarità emerge

come siano spesso le stesse specie a contribuire maggiormente (Tab. A17). In

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102

particolare per quanto riguarda la similarità all’interno di ogni anno risulta

come tra le specie a maggior contributo ci siano sempre il polichete Hediste

diversicolor ed i molluschi Abra segmentum e Cerastoderma glaucum.

Queste tre specie in effetti sono specie tipicamente lagunari facenti parte cioè

di quel gruppo considerato esclusivo dell’autonomo dominio paralico e non

semplicemente specie marine tolleranti l’ampia variabilità dei parametri

chimico-fisici caratterizzanti gli ambienti di transizione ed in particolare le

lagune.

Solo il 1993 infatti presenta, tra le specie a maggior contributo, una non

strettamente lagunare ovvero il polichete Streblospio shrubsolii, specie comunque

comune in ambienti di transizione.

Per quanto concerne la similarità all’interno dei due principali bacini si osserva

come per il bacino di Marano siano sempre le specie esclusivamente lagunari

H. diversicolor, A. segmentum e C. glaucum quelle che da sole contribuiscono ad

oltre il 70% della similarità totale mentre, per quanto concerne il bacino di

Grado, oltre ai molluschi A. segmentum e C. glaucum compaiano anche i

gasteropodi Bittium reticulatum e Cyclope neritea, specie queste ultime che si

riscontrano anche in ambienti lagunari ma tipiche di ambienti marini. Anche

l’analisi SIMPER conferma quindi come il bacino di Grado sia, nel suo

complesso, maggiormente influenzato dagli apporti marini con una minor

estensione delle zone prettamente lagunari.

Per quanto concerne la dissimilarità tra gli anni osserviamo come le due specie

a maggior contributo siano sempre A. segmentum ed H. diversicolor. Il maggiore

effetto sulla dissimilarità di queste specie è senza dubbio influenzato dalla loro

elevata abbondanza complessiva, infatti si presentano in tutti gli anni

monitorati ed in alcuni anche con centinaia di individui.

Inoltre, questo effetto sulla dissimilarità è dovuto anche al notevole aumento

numerico di A. segmentum riscontrato dal 1993 (64 individui) al 1994 (1601

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individui) ed alla successiva diminuzione avvenuta dal 1994 al 1995 (1101

individui), comportamento comune anche ad H. diversicolor.

La dissimilarità tra i bacini è invece determinata non solo dalle tre specie

tipicamente lagunari H. diversicolor, A. segmentum e C. glaucum ma anche da B.

reticulatum e C. neritea, confermando ancora una volta l’esistenza di un diverso

grado di confinamento complessivo tra i due bacini.

I metodi ecologico-quantitativi illustrati lavorano sulla presenza e

sull’abbondanza delle specie. Dicono poco o nulla su altro quali il loro

trofismo, il loro legame a qualche particolare fattore ambientale, ...

In effetti la specie non rappresenta una singola unità di informazione ma

racchiude in sé un insieme di dati di tipo ecologico che vanno ben al di là delle

informazioni fornite dalla sua mera presenza/abbondanza. Ad esempio

nell’Alto Adriatico e nel Golfo di Trieste la presenza di Banchiostoma lanceolatum

garantisce una percentuale di almeno il 95% di sabbia nel substrato e viceversa

un substrato contenente il 95% di sabbia garantisce spesso la presenza di

Banchiostoma lanceolatum anche se non sempre questa relazione è biunivoca; a

sua volta l’informazione sedimentologica così fornita dà indicazioni di un certo

rilievo sulla complessiva energia ambientale, sul tipo di trasporto delle

particelle sedimentarie, ecc.

In modo analogo specie come Tellina distorta, Nuculana pella, Lunatia guillemini

ed altre indicano una instabilità del ritmo sedimentario con apporti alternati di

sabbie e peliti e perciò di condizioni idrodinamiche che consentono talvolta il

trasporto per saltazione e rotolamento e talaltra il trasporto in sospensione.

E’ ovvio che informazioni così importanti possono poi guidare

all’interpretazione di curve di k-dominanza di posizione piuttosto elevata

evitando come talvolta è successo di interpretare tali andamenti come indici di

stress antropici. Stress di questo tipo sono infatti quasi sempre collegati alla

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presenza di un certo numero di specie altamente tolleranti come Capitella

capitata, Nereis caudata, ecc., rappresentate da un numero elevatissimo di

individui o, a livelli di stress più blandi, dalla presenza di specie quali

Lumbrinereis latreilli, Heteromastus filiformis, ...

Ecco allora che metodi di elaborazione dei dati come quelli menzionati

possono essere sfruttati al meglio se basati su una buona conoscenza faunistica

quantomeno a livello regionale.

Queste conoscenze vengono in parte sfruttate attraverso i metodi ecologico-

qualitativi, discussi nel prossimo capitolo.

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105

CAPITOLO 4

ANALISI ECOLOGICO - QUALITATIVE

4.1 Metodologie d’indagine

4.1.1 La distribuzione delle specie caratteristiche

Le specie caratteristiche sensu Pérès e Picard (1964) sono quelle che si trovano

esclusivamente in un ben definito biotopo (caratteristiche esclusive), oppure si

trovano in più biotopi (caratteristiche preferenziali), ma solo in uno di essi

danno luogo ad esuberanze numeriche (facies). In linea generale, esse sono

particolarmente sensibili alle modificazioni ambientali in quanto solitamente

legate a ben definite condizioni medie di equilibrio climatico ed edafico

dell’ambiente.

Da questo punto di vista una specie caratteristica può rappresentare sia un

indicatore negativo perché la sua presenza è attesa e la sua scomparsa dà un

indicazione di disturbo alla comunità, sia un indicatore positivo là dove

l’accuirsi dell’azione di un fattore già noto o l’introduzione di un nuovo fattore

favorevole viene segnalata dall’esuberanza locale (facies) della specie

caratteristica in questione. Le specie puramente indicatrici forniscono invece

una informazione ambientale a prescindere dal biotopo in cui si trovano. La

“sensibilità” ecologica delle specie caratteristiche e di quelle indicatrici le rende

perciò particolarmente adatte in analisi relative al biomonitoraggio e in

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106

generale come porzione di una comunità che ben indica e registra fenomeni

evolutivi.

In questo lavoro vengono prese in considerazione in un unico insieme di

specie caratteristiche quelle indicate da alcuni autori (Pérès & Picard, 1964;

Picard, 1965, 1972; Pérès, 1967; Febure-Chevalier, 1969) come preferenziali o

esclusive per determinate biocenosi.

E’ ben noto che negli ambienti paralici mediterranei la distribuzione delle

specie bentoniche è riconducibile ad un modello di zonazione biologica,

comune ai diversi tipi di ecosistemi salmastri (Guarloget & Perthuisot, 1992;

Arias & Drake, 1994).

Numerosi studi hanno riguardato i cambiamenti delle comunità bentoniche e

la relativa modalità di recupero in seguito ad un fattore di disturbo (Pearson &

Rosernberg, 1978, Cognetti, 1982, Gravina et al., 1989, Arias & Drake, 1994,

Giangrande & Fraschetti, 1996, Bachelet et al., 2000, Fano et al., 2000,

Koutsoubas et al., 2000, Mistri et al., 2000, Lardicci et al., 2001, Mistri et al.,

2001, Marchini et al., 2004). A seconda della durata e dell’intensità del disturbo

ambientale, si assiste alla scomparsa delle specie più strettamente legate alla

biocenosi, mentre sopravvivono solo le specie ubiquiste e cosmopolite, dotate

di ampia tolleranza nei confronti dei diversi fattori ambientali (Occhipinti

Ambrogi &Forni, 2003).

4.1.2 L’analisi bionomica

L’analisi bionomica del benthos è legata al concetto di biocenosi, introdotto

inizialmente in ecologia dallo zoologo tedesco Karl Möbius nel 1877, che la

descriveva come l’insieme delle specie mutuamente legate tra di loro e limitate

dalle condizioni di vita di un territorio.

Nel corso degli anni il termine biocenosi è andato spesso a confondersi con il

termine di comunità, tanto che diversi autori propendono per considerarli

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sinonimi (Odum & Barret, 2007). Una differenza che però traspare tra gli

attuali concetti di comunità e biocenosi, è che quest’ultima presenta una

caratterizzazione prettamente qualitativa (determinata dalla presenza di certe

specie) rispetto all’utilizzo di considerazioni quantitative relative alle specie

dominanti, fatto invece presente nel caso della comunità (Pérès e Picard,

1964).

In questo lavoro una biocenosi è dunque intesa come un gruppo di esseri

viventi corrispondenti, per la loro composizione, per il numero di specie e di

individui, a certe condizioni medie dell’ambiente; gruppo di organismi legati

da una dipendenza reciproca che si riproducono mantenendosi

permanentemente in un’area (Pérès & Picard, 1964).

L’analisi delle biocenosi bentoniche è prevista anche nella normativa italiana in

materia di tutela delle acque (D.lgs.152/99) e prevede specificatamente il

monitoraggio periodico della zona costiera tramite l’osservazione delle

biocenosi di maggior pregio.

I calcoli dell’affinità bionomica percentuale sono stati effettuati secondo le

modalità di Pérès e Picard (1964) tenendo conto contemporaneamente delle

caratteristiche esclusive e preferenziali secondo un algoritmo che prevede

prima il calcolo del coefficiente di correzione C, cioè la percentuale delle

specie caratteristiche delle biocenosi j rispetto a quelle delle altre biocenosi

individuate e poi il calcolo dell’affinità assoluta di ciascuna stazione come

Aj = nj (100 – Cj)

dove nj è il numero di specie caratteristiche della biocenosi j della stazione

considerata. Tale parametro viene espresso poi come A% mediante una

semplice proporzione.

Tali calcoli hanno riguardato le seguenti biocenosi rinvenute nell’area indagata:

biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma (LEE), biocenosi delle Sabbie

Fangose di Moda Calma (SVMC), delle Sabbie Fini Superficiali (SFS), delle

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Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC), dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC) e del

Detritico Costiero (DC).

I dati derivanti dall’affinità bionomica percentuale sono stati utilizzati per

operare un ordinamento PCA delle stazioni campionate nel corso dei 3 anni e

degli ordinamenti PCA relativi ad ogni singolo anno nei due bacini (Marano e

Grado).

La significatività delle differenze tra le stazioni è stata verificata mediante

l’analisi delle similarità ANOSIM sulla matrice triangolare di distanza, ottenuta

applicando ai valori di affinità percentuale il coefficiente della distanza

euclidea. Questa matrice è stata anche confrontata con la matrice triangolare

di similarità di Bray-Curtis, ottenuta dalle abbondanze totali di tutti i taxa

mediante la procedura RELATE (§ 3.1.3.2), valutandone così il grado di

corrispondenza e l’associata significatività.

4.1.3 Il Coefficiente Biotico (CB)

Le informazioni dedotte dalla presenza-assenza di più specie indicatrici o dalle

loro variazioni quantitative possono essere combinate per formulare indici

biologici in grado di rilevare gli effetti di un’alterazione.

Al fine di stimare la qualità di ambienti marini estuariali o costieri Borja et al.

(2000), rielaborando i concetti espressi da Grall e Glémarec (1997) che

utilizzavano un Indice Biotico per individuare i cambiamenti qualitativi e

quantitativi nella composizione della comunità bentonica causati da variazioni

della qualità delle acque, sviluppano un indice: il “Coefficiente Biotico” (CB).

Borja assegna a cinque differenti gruppi ecologici ordinati secondo la loro

relativa sensibilità all’aumento del gradiente di disturbo (GI=specie molto

sensibili, GII=specie indifferenti, GIII=specie tolleranti, GIV=specie

opportuniste di secondo ordine e GV=specie opportuniste di primo ordine),

più di novecento taxa suddivisi sulla base della loro sensibilità e/o tolleranza

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ad un eccesso di sostanza organica. Il Coefficiente viene calcolato

considerando la percentuale di abbondanza in ciascun gruppo moltiplicata per

un fattore crescente (0 – 1,5 – 3 – 4,5 – 6) a seconda dell’appartenenza ad uno

dei cinque gruppi; le specie opportuniste (GV), la cui abbondanza viene

moltiplicata per un fattore 6, sono quelle che maggiormente contribuiscono ad

innalzare il valore dell’indice.

BC= {(0 x %GI) + (1,5 x %GII) + (3 x %GIII) + (4,5 x %GIV) + (6 x %GV)}/100

L’applicazione di tale indice restituisce un valore da 0 a 7 il quale risulta a sua

volta compreso in 5 intervalli di diversa ampiezza che corrispondono alla

seguente classificazione del gradiente di inquinamento:

Grado di disturbo Coefficiente Biotico (CB)

Unpolluted 0,0<BC≤1,2

Slightly polluted 1,2<BC≤3,3 Meanly polluted 3,3<BC≤5 Heavly polluted 5<BC≤6

Extremely polluted 6<BC≤7

4.1.4 La struttura trofica

L’analisi della struttura trofica è uno dei metodi più indicati per descrivere e

caratterizzare una comunità (Christian & Luczkovich, 1999), in quanto

differenti gruppi trofici sono associati a differenti biotopi e conseguentemente

risultano utili descrittori di gradienti ambientali (Roth & Wilson, 1998). La

composizione della struttura trofica è inoltre molto utile quando si vogliano

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considerare variazioni spaziali e temporali di una comunità (Desrosiers et al.

2000).

L’attribuzione delle specie alle diverse modalità trofiche è stata eseguita sulla

base delle indicazioni rinvenute in letteratura (Wolff, 1973; Fauchald &

Jumars, 1979; Orel et al., 1987; Lopez & Levinton, 1987; Jumars &

Wheatcroft, 1989; Wilson, 1990; Freire, 1996; Roth & Wilson, 1998; Christian

& Luczkovich, 1999; Desrosiers et al. 2000; Aleffi et al., 2006).

Da queste indicazioni le specie campionate sono state così attribuite a 6

differenti modalità trofiche: sospensivori, detritivori superficiali, detritivori

sub-superficiali, erbivori, carnivori ed onnivori; in particolare:

- i sospensivori (suspension feeders) si alimentano filtrando le particelle

in sospensione, grazie ad un apposito apparato filtrante (Bivalvi ed

alcuni Policheti);

- i detritivori superficiali (surface deposit-feeders) utilizzano il particolato

che si deposita sulla superficie del sedimento;

- i detritivori sub-superficiali (sub-surface deposit-feeders), scavano

gallerie nel substrato e sono capaci di trovare nutrimento dal sedimento

dei primi mm al di sotto della superficie (Policheti come ad esempio

Capitella e Oligocheti);

- gli erbivori (grazers) si nutrono principalmente di materiale vegetale

- i carnivori, predano gli animali che appartengono agli altri gruppi trofici

(i Decapodi sono un esempio di questo gruppo);

- gli onnivori sono specie che utilizzano più di una delle opzioni sopra

descritte.

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111

4.2 Risultati

4.2.1 La distribuzione delle specie caratteristiche

Nel complesso dei 3 anni sono state campionate 24 specie attribuibili a 6

principali biocenosi: Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE), Sabbie Fini Ben

Calibrate (SFBC), Sabbie Fangose di Moda Calma (SVMC), Fanghi Terrigeni

costieri (VTC), Sabbie Fini Superficiali (SFS) e Detritico Costiero (DC) (Tab.

A18).

La biocenosi maggiormente rappresentata è risultata essere la LEE con 9 taxa

(Gibbula adriatica, Cerastoderma glaucum, Abra segmentum (ovata), Tapes

philippinarum, Neanthes (Nereis) diversicolor, Neanthes (Nereis) succinea, Palaemon

adspersus, Carcinus mediterraneus e larve di Chironomidi) seguita dalla SFBC con

5 specie (Montacuta ferruginosa, Tellina nitida, Chamelea gallina, Diogenes pugilator e

Tellina fabula) dalla SVMC con 4 (Loripes lacteus, Paphia (Venerupis) aurea, Tapes

decussatus e Upogebia pusilla) dalla VTC con 2 (Trachythyone elongata e Abra nitida)

dalla SFS con 2 (Cyclope neritea e Glycera convoluta) e dalla DC con 2 specie (Abra

prismatica e Pitar rudis).

Considerando l’esclusività delle specie appartenenti alla biocenosi Lagunare

Euriterma ed Eurialina (LEE), che quindi più di altre contribuiscono alla

descrizione bionomica della laguna propriamente detta, vengono di seguito

descritte alcune tra le specie più abbondanti:

Cerastoderma glaucum (Poiret, 1789)

È una specie caratteristica delle comunità bentoniche degli ambienti lagunari,

Vive su fondi mobili. Tollera un ampio range di parametri ambientali, tra cui

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112

la salinità (4-60‰), la temperatura (0-25°C), concentrazione di ossigeno

disciolto (0-200%) e pH (7-10) (Bamber, 2004).

La conchiglia è equivalve con profilo generalmente ovale, presenta un colore

variabile da grigio giallastro a marrone chiaro o scuro, con l’interno biancastro.

La lunghezza della conchiglia varia generalmente da 2 a 4 cm e sono in genere

presenti da 17 a 28 coste. È un mollusco filtratore, si nutre preferibilmente di

diatomee. Vive su diversi tipi di sedimento, dalla sabbia grossolana alla più

fine o sul limo. La sua sopravvivenza è condizionata dalla disponibilità trofica.

Negli stadi giovanili è predato da varie specie di pesci (cefali, gobidi), da

gamberi e da policheti predatori; gli stadi adulti subiscono la predazione da

parte di crostacei decapodi e dell’avifauna. È una specie con sessi separati ed il

periodo riproduttivo è di solito maggio o settembre-ottobre.

Viene considerata una specie indicatrice di ambienti stressati, con condizioni

altamente variabili di temperatura, salinità e con inquinamento di tipo

organico. La sua distribuzione è continua lungo tutto il Mediterraneo, il mar

Nero, il mar Caspio ed il mar Baltico.

Nel 1993 il maggior numero di individui sono stati rinvenuti nella stazione

M19 (9 individui), nel 1994 nella stazione G53 (52 individui) e nel 1995 nella

stazione G2 (9 individui).

Abra segmentum (ovata) (Philippi, 1893)

E’ un mollusco bivalve che, in genere non supera i 25 mm di lunghezza, la cui

conchiglia, dalla forma triangolare e leggermente arrotondata, si presenta

sottile, fragile, biancastra e semitrasparente con linee di accrescimento

particolarmente sottili. Vive infossata fino a 5 cm di profondità nel sedimento

ti tipo argilloso o fangoso e povero di sostanza organica. Tipicamente

eurialina, frequente in acque iperaline, con un optimum di salinità variabile tra

10 e 10-25‰ (Vorobyev, 1949; Karpevich & Yakubova, 1956). Vive appunto

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113

in ambienti salmastri con condizioni altamente variabili. È infatti una specie

eurialina, che sopporta variazioni anche notevoli di salinità, ed euriterma in

quanto tollera basse temperature invernali e fino a 28-30°C in estate. A. ovata è

tollerante alla presenza di solfuro di idrogeno ed ammoniaca in acqua ma

poco resistente a scarse concentrazioni di ossigeno (Vorobyev, 1949). È una

specie sospensivora, solo occasionalmente detritivora (Koutsoubas e al., 2000).

Si nutre afferrando le particelle di cibo depositate sulla superficie del

sedimento e di alghe unicellulari, usando il sifone.

Nel 1993 la stazione con il maggior numero di individui è risultata essere la

G8 (9 individui), nel 1994 la M18 (205 individui) e nel 1995 la M43 (105

individui) (la distribuzione della specie nei tre anni viene proiettata

geograficamente nella Fig. A9).

Tapes philippinarum (Adams & Reeve)

Tapes philippinarum o vongola verace filippina è un mollusco bivalve fossorio

caratterizzato da una conchiglia formata da due valve incernierate tra loro con

delle strie concentriche di accrescimento ben visibili. Sopporta piuttosto bene

le variazioni anche notevoli dei parametri chimici e fisici delle acque, quali la

temperatura, la salinità, la percentuale di ossigeno disciolto, la torbidità, ecc.

che sono tipiche degli ambienti lagunari o comunque prossimi alle foci dei

fiumi (Paesanti & Pellizzato, 1994).

E’attualmente distribuita in diverse aree temperate europee ma le popolazioni

naturali sono presenti soprattutto nelle Filippine e nella Cina. La specie è stata

introdotta accidentalmente nel Nord America (Oceano Pacifico, dalla

California alla British Columbia) con l’importazione della Crassostrea gigas negli

anni ’30. Nel 1972 la specie è stata importata in Francia in un allevamento

commerciale ed è stata allevata da allora fino agli inizi anni ’80. Dall’Inghilterra

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114

si è diffusa in diversi Paesi europei (Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia)

(Goulletquer, 1997).

Nel marzo 1983 la specie è stata introdotta in Italia nella Laguna di Venezia; i

promettenti risultati e l’interesse dimostrato da più parti per questa nuova

zoocoltura, hanno determinato il diffondersi di semine in molte aree costiere

(lagune, sacche, valli da pesca) del Veneto (laguna di Venezia e Delta fiume

Po). In queste aree la specie si è acclimatata, riprodotta e diffusa in tutti i siti

ecologicamente più favorevoli. La colonizzazione dei nuovi ambienti è stata

veloce e tale da rendere la vongola filippina la specie dominante, fino a

sostituire in gran parte le biocenosi bentoniche originali e fra i molluschi

filtratori l’autoctona e congenerica Tapes decussatus (Franzoi et al., 1986). La

specie è stata introdotta anche negli stagni costieri e nelle lagune della

Sardegna, Toscana, Lazio. L'allevamento della filippina è stato preferito a

quello dell'indigena, Tapes decussatus, per l'elevato tasso di crescita, per la minor

difficoltà nell'ottenere seme da riproduzioni controllate e per la miglior

tolleranza alle ampie variazioni di temperatura, salinità e qualità del substrato

che essa presenta rispetto alla specie autoctona. Inoltre i banchi naturali di

Tapes decussatus sono stati depauperati sia per cause di tipo ambientale che

gestionale ed il loro ripristino si palesa come una delle prossime interessanti

sfide colturali.

Nel 1993 il maggior numero di individui di Tapes philippinarum sono stati

rinvenuti nella stazione M19 (6 individui), nel 1994 nella stazione M18 (8

individui) e nel 1995 nella stazione M27 (9 individui).

Hediste (Nereis) diversicolor

E’ un polichete bentonico errante caratterizzato dalla presenza di grosse setole

localizzate soprattutto sulle appendici locomotorie laterali al corpo. Vive

all’interno di tubi a forma di U o Y da lui stesso scavati, profondi circa 30 cm,

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115

all’interno dei quali l’acqua circostante viene pompata sia per la respirazione

che per l’alimentazione. Spesso esce dai tubi per nutrirsi.

H. diversicolor vive preferibilmente su substrati di tipo fangoso, è una specie in

grado di tollerare notevoli variazioni di salinità, pur privilegiando zone

caratterizzate da acque con bassa salinità (Guerzoni & Tagliapietra, 2006).

H. diversicolor compare nella stazione M20 nel 1993 con 120 individui, nella

stazione M48 con 119 individui nel 1994 e nella stazione M42 con 147

individui nel 1995 (la distribuzione della specie nei tre anni viene proiettata

geograficamente nella Fig. A10).

Carcinus mediterraneus (Czerniavsky, 1884)

E’ un crostaceo decapode la cui taglia presenta una lunghezza media di 60

millimetri ed una larghezza di 80 millimetri circa. Il carapace è ovale, liscio,

con una seghettatura anteriore molto evidente. Il maschio differisce

nettamente dalla femmina: quest'ultima ha l’addome largo e arrotondato, e

utilizza i pleopodi per trasportare le uova. Il maschio invece ha l’addome più

stretto e appuntito e possiede solamente i pleopodi anteriori. La parte

superiore del corpo è generalmente di colore verde scuro negli adulti, mentre

la parte inferiore è di colore giallo o rossastro. Ha cinque paia di zampe per

lato, il primo paio possiede delle potenti pinze (cheli) con le dita dentate e

appuntite che sono utilizzate per la difesa e l’attacco. Essendo una specie

caratteristica della biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina tollera ampie

variazioni di temperatura e salinità. In primavera e in autunno, per la muta,

perde il suo esoscheletro e il corpo rimane molle per un po’ di tempo, finché il

nuovo esoscheletro non si indurisce. E’ onnivoro, si ciba prevalentemente di

notte durante l’alta marea.

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116

Nel 1993 il maggior numero di individui sono stati rinvenuti nella stazione

M12 (7 individui), nel 1994 nella stazione M13 (3 individui) e nel 1995 nelle

stazioni M31 ed M15 (2 individui).

Larve di Chironomidi

Soprattutto la campagna del 1993 ha permesso di riscontrare numerose larve

di insetti, Ditteri appartenenti alla famiglia dei Chironomidi (Chironomidae).

Questa larve sono frequentemente presenti nelle lagune costiere italiane

andando a costituire un importante componente in termini di biomassa del

macrozoobenthos. Contribuiscono in maniera notevole alla dieta dei pesci e

degli uccelli. Essi si sviluppano passando attraverso gli stadi di larva, pupa e

adulto e la loro vita negli stadi di larva e di pupa si svolge nella grande

maggioranza dei casi in acqua mentre la vita degli insetti adulti si svolge invece

nell’ambiente subaereo (Ceretti et al., 1985). Le larve di questa famiglia

possono vivere in ambienti con concentrazione di ossigeno molto variabile in

quanto possiedono infatti nell’emolinfa un pigmento, l’emoglobina, capace di

immagazzinare ossigeno dall’acqua circostante e di cederlo ai tessuti

dell’animale, quando le concentrazione di questa elemento nell’ambiente

esterno tendono a aggiungere valori modesti (< al 45% di saturazione)

(Nocentini, 1985). Sono organismi alolimnobi e opportunisti (Gravina et al.,

1989) resistono anche in condizioni di arricchimento organico.

Solamente in due dei tre anni di campionamento sono state rinvenute larve di

Chironomidi, in particolare nel 1993 nella stazione M31 (12 larve) e nel 1994

nella stazione M22 (10 larve).

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117

4.2.2 L’analisi bionomica

I valori relativi all’affinità percentuale, calcolata sulle biocenosi in tutte le

stazioni campionate nei tre anni studiati (Tabb. A19, A20 e A21) sono stati

utilizzati per produrre un ordinamento PCA (Fig. 4.1), relativo ai primi due

assi che cumulativamente raggiungono l’86,7% dell’informazione (primo asse:

66,7%, secondo asse: 20,0%). Dall’osservazione delle variabili riportate come

vettori sul grafico si deduce la differente importanza delle biocenosi

nell’ordinamento; in particolare è possibile osservare come le biocenosi LEE

(perfettamente concorde con la PC1), SVMC ed SFS (entrambe concordi ma

con segno opposto con la PC2) contribuiscano maggiormente alla

distribuzione spaziale delle stazioni.

E’ possibile osservare un gradiente tra SVMC e LEE, che ordina le stazioni

grossomodo lungo la distanza dalle bocche di porto, è doveroso inoltre far

notare come in un solo punto (il più a destra del grafico, immediatamente

fuori dalla circonferenza) siano concentrate ben 56 stazioni, quelle cioè che

nei tre anni considerati presentano un’affinità del 100% per la biocenosi

Lagunare Eurialina ed Euriterma.

Dal grafico si deduce quindi come prevalentemente le biocenosi LEE e

SVMC guidino la distribuzione spaziale delle stazioni; la maggior parte di

queste infatti risulta compresa tra i vettori relativi a queste due variabili. Ciò

non deve affatto stupire in quanto SVMC è, tra quelle marine, la biocenosi che

ospita specie tipiche di zone a ridotto idrodinamismo e notevole

sedimentazione di particolato fine, condizioni queste peculiari di ambienti

lagunari. Le specie appartenenti a questa biocenosi infatti sono generalmente

tra le ultime di ambiente marino a scomparire man mano che si passa dal mare

ad un habitat lagunare.

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118

Fig. 4.1 PCA sui valori di affinità percentuale dell’insieme di stazioni campionate nei 3 anni

Analizzando gli ordinamenti PCA sui dati dell’affinità bionomica percentuale

relativi ad ogni singolo anno (Figg. 4.2, 4.3 e 4.4) si osserva come siano sempre

le biocenosi LEE, SVMC ed SFS a contribuire maggiormente alla distribuzione

spaziale delle stazioni nell’ordinamento. Si notano però delle differenze, in

particolare il 1993 (primo asse: 70,9%, secondo asse: 20,1% di informazione) è

in linea con la situazione generale precedentemente descritta ed è l’anno che

presenta il maggior numero di stazioni ad affinità 100% per LEE (27), mentre

le stazioni del 1994 (primo asse: 63,8%, secondo asse: 21,7% di informazione)

dimostrano complessivamente una leggera diminuzione dell’importanza della

Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1993, 1994, 1995

-100 -50 0 50PC1

-100

-50

0

50

100

PC2

Anni939495

M20 93M35 93M36 93M44 93M21 93M22 93M45 93M18 93M46 93

M47 93

M48 93M34 93M42 93M43 93M17 93M39 93M40 93M41 93

M27 93

M19 93

M28 93

M37 93

M15 93

M31 93

M16 93

M23 93

M24 93

M32 93M13 93

M14 93M33 93

M30 93

M38 93

M10 93

M11 93

M12 93M29 93

M25 93

M26 93G1 93

G2 93G3 93

G4 93

G5 93

G6 93

G8 93

G9 93 G49 93

G50 93

G7 93

G51 93

G52 93

G53 93

M20 94

M35 94M36 94M44 94M21 94M22 94

M45 94

M18 94 M46 94

M47 94

M48 94M34 94

M42 94

M43 94M17 94

M39 94

M40 94

M41 94

M27 94

M19 94

M28 94M37 94

M15 94

M31 94

M16 94

M23 94

M24 94

M32 94M13 94

M14 94

M33 94

M30 94

M38 94

M10 94

M11 94

M12 94

M29 94

M25 94

M26 94

G1 94

G2 94

G3 94 G4 94G5 94G6 94

G8 94

G9 94

G49 94

G50 94G7 94

G51 94

G52 94

G53 94

M20 95M35 95M36 95M44 95

M21 95

M22 95M45 95

M18 95

M46 95M47 95 M48 95

M34 95

M42 95M43 95M17 95M39 95M40 95M41 95

M27 95

M19 95

M28 95

M37 95

M15 95

M31 95M16 95

M23 95

M24 95

M32 95

M13 95

M14 95

M33 95M30 95

M38 95M10 95

M11 95 M12 95

M29 95

M25 95

M26 95

G1 95G2 95

G3 95 G4 95

G5 95

G6 95

G8 95

G9 95

G49 95

G50 95

G7 95

G51 95

G52 95G53 95

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBCA%VT C

A%DC

56 stazioni 100% LEE

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119

biocenosi LEE (12 stazioni 100% LEE) ed un aumento dell’importanza delle

biocenosi marine in particolare delle Sabbie Fini Superficiali (SFS).

Questa maggior importanza rispetto al 1993 delle biocenosi marine viene

confermata anche dall’analisi dell’ordinamento relativo al 1995 (primo asse:

66,9%, secondo asse: 18,1% di informazione) dove 17 stazioni mostrano

un’affinità del 100% per LEE e le altre risultano mediamente più

eterogeneamente distribuite.

Fig. 4.2 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1993

Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1993

-100 -50 0 50PC1

-100

-50

0

50

100

PC2

BacinoMar.Gra.

M20 93M35 93M36 93M44 93M21 93M22 93M45 93M18 93M46 93

M47 93

M48 93M34 93M42 93M43 93M17 93M39 93M40 93M41 93

M27 93

M19 93

M28 93

M37 93

M15 93

M31 93

M16 93

M23 93

M24 93

M32 93

M13 93

M14 93M33 93

M30 93

M38 93

M10 93

M11 93

M12 93M29 93

M25 93

M26 93G1 93

G2 93G3 93

G4 93

G5 93

G6 93

G8 93

G9 93G49 93

G50 93

G7 93

G51 93

G52 93

G53 93

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBCA%VTC

27 stazioni 100% LEE

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120

Fig. 4.3 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1994

Fig. 4.4 PCA sui valori di affinità percentuale relativa al 1995

Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1994

-100 -50 0 50PC1

-100

-50

0

50

PC2

BacinoMar.Gra.

M20 94

M35 94M36 94M44 94M21 94M22 94

M45 94

M18 94

M46 94

M47 94

M48 94M34 94

M42 94

M43 94M17 94

M39 94

M40 94

M41 94

M27 94

M19 94

M28 94

M37 94

M15 94

M31 94

M16 94

M23 94

M 24 94

M 32 94M13 94

M14 94

M33 94M30 94

M38 94

M10 94M 11 94

M12 94

M29 94

M25 94

M26 94

G1 94

G2 94

G3 94

G4 94

G5 94

G6 94

G8 94

G9 94

G49 94

G50 94 G7 94

G51 94

G52 94G53 94

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

A%DC

12 stazioni 100% LEE

Ordinamento PCAAffinità bionomica percentuale 1995

-50 0 50 100PC1

-50

0

50

PC2

BacinoMar.Gra.

M20 95M35 95M36 95M44 95

M21 95

M22 95M45 95

M18 95

M46 95

M47 95

M48 95

M34 95

M42 95M43 95M17 95M39 95M40 95M41 95

M27 95

M19 95

M28 95

M37 95

M15 95

M31 95 M16 95

M23 95

M24 95

M32 95

M13 95

M14 95

M33 95M30 95

M38 95

M10 95

M11 95

M12 95

M29 95

M25 95

M26 95

G1 95G2 95

G3 95

G4 95

G5 95

G6 95

G8 95

G9 95

G49 95

G50 95

G7 95

G51 95

G52 95G53 95

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBCA%VTC

A%DC

17 stazioni 100% LEE

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121

L’analisi delle similarità ANOSIM a due vie (two-way crossed) eseguita

configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di

appartenenza sulla matrice triangolare di distanza, ottenuta applicando ai

valori di affinità percentuale il coefficiente della distanza euclidea, ha

evidenziato differenze significative sia tra gli anni (R=0.044, P<0.05), che tra i

due bacini (R=0.517, P<0.01). I relativi confronti multipli evidenziano però

differenze significative solo tra il 1993 ed il 1994 (R=0.092, P=0.01), mentre i

confronti tra il 1993 ed il 1995 (R=0.021, P=0,066) ed il 1994 ed il 1995 non

risultano significativi (R=0.016, P=0.12) (Tab. A22).

La matrice triangolare di distanza, derivante dai dati di affinità percentuale, è

stata confrontata, mediante la procedura RELATE, con la matrice triangolare

di similarità, ottenuta dai valori di abbondanza di tutti i taxa campionati. Tale

confronto ha evidenziando una correlazione significativa tra le due matrici

(Rho=0.517, P<0.01), mostrando un ottimo riscontro tra la descrizione

bionomica e quella quantitativa della laguna (Tab. A23).

4.2.3 Il Coefficiente Biotico (CB)

L’analisi del Coefficiente Biotico (CB) ha permesso di individuare 3 gradi di

disturbo: slightly disturbed (= leggermente disturbato), moderately disturbed

(= moderatamente disturbato) e undisturbed (=indisturbato).

In particolare analizzando le Tabb. A24, A25 e A26 e la Fig. 4.5, emerge come

nel 1993 il bacino di Marano presenti 31 stazioni leggermente disturbate per

passare nel 1994 a 33 e nel 1995 a 32, 3 stazioni moderatamente disturbate nel

1993, nessuna stazione nel 1994 e neppure nel 1995. Le stazioni indisturbate

passano da 4 nel 1993 a 6 nel 1994 e a 9 nel 1995. Per quanto riguarda il

bacino di Grado le stazioni con leggero disturbo passano nei tre anni da 13 a

11 a 6, con disturbo moderato, da 1 a 2 (nessuna stazione nel 1995), mentre le

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122

stazioni indisturbate non sono presenti nel 1993 ma compaiono nel 1994 con

una e nel 1995 con ben 8. Nel complesso dei tre anni questo indice descrive

una situazione di generale miglioramento, scompaiono infatti le stazioni

moderatamente disturbate ed aumentano considerevolmente quelle

indisturbate. Questo andamento è evidente soprattutto nel bacino di Grado.

La situazione descritta dal Coefficiente Biotico in un ambiente lagunare come

è la Laguna di Marano e Grado sembra però essere influenzato piuttosto che

da una reale diminuzione dello stress dovuto ad un eccesso di sostanza

organica, da un aumento delle influenze marine sui popolamenti bentonici.

Infatti molte delle specie, dei generi e delle famiglie che l’indice attribuisce ai

gruppi maggiormente indicatori di disturbo (gruppi III, IV e V) sono tipiche

di ambienti di transizione, lagunari soprattutto. Perciò un aumento delle

influenze marine tenderebbe a far diminuire la presenza e l’abbondanza di

organismi compresi nei gruppi III, IV e V del Coefficiente Biotico a favore di

organismi tipicamente marini e appartenenti ai gruppi di rango inferiore.

Da tali osservazioni si deduce come questo indice non sia sempre adatto a

valutare lo stress determinato da un eccesso di sostanza organica in un

ambiente così particolare come una laguna.

Infatti, la limitazione principale di questo metodo, basato sulla composizione

della comunità bentonica, è dovuto alla necessità di individuare liste di specie

indicatrici per ogni situazione biogeografia, climatica ed edafica (Occhipinti

Ambrogi & Forni, 2003), quindi anche espressamente per una laguna.

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123

Fig. 4.5 Il Coefficiente Biotico nei tre anni campionati (le barre indicano l’errore standard)

Coefficiente Biotico (CB) 1993

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri d

i CB

Coefficiente Biotico (CB) 1994

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri d

i CB

Coefficiente Biotico (CB) 1995

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9G49 G50 G7

G51 G52 G53

stazioni

valo

ri d

i CB

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124

4.2.3 La struttura trofica

Nel complesso dei 3 anni campionati sono stati determinati 77 taxa attribuiti a

6 strategie trofiche, in particolare sono stati individuati 5 taxa di erbivori, 20

taxa di carnivori, 17 taxa di detritivori superficiali, 21 taxa di sospensivori, 9

taxa di detritivori subsuperficiali, 5 taxa di onnivori (Tab. A27).

Dall’analisi della numerosità dei taxa appartenenti alle diverse modalità

trofiche (Fig. 4.6) emerge come in tutti e 3 gli anni campionati le

maggiormente rappresentate siano i sospensivori ed i carnivori seguite dai

detritivori superficiali, detritivori subsuperficiali e, in misura minore, dagli

onnivori e dagli erbivori. Complessivamente si osserva un aumento nella

numerosità dei taxa di quasi tutte le categorie trofiche, tra il 1993 ed il 1994,

collegato al generale aumento della varietà di specie, già osservato nelle analisi

quantitative, ed una notevole diminuzione nelle stesse passando dal 1994 al

1995.

Fig. 4.6 Numero dei taxa appartenenti alle diverse modalità trofiche nei 3 anni

campionati (le barre verticali indicano l’errore standard)

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

1993 1994 1995

Anni

Tax

a

Erbivori Carnivori SospensivoriDetritivori superficiali Detritivori subsuperficiali Onnivori

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125

Dall’analisi della numerosità degli individui appartenenti alle differenti

modalità trofiche si osservano differenze tra gli anni più marcate (Fig. 4.7). Si

assiste ad un aumento numerico tra il 1993 ed il 1994 molto evidente nei

detritivori superficiali e negli onnivori che, in tutti e tre gli anni di

campionamento, risultano i gruppi numericamente dominanti.

Fig. 4.7 Numero degli individui appartenenti alle diverse modalità trofiche nei 3 anni

campionati (le barre verticali indicano l’errore standard)

Nel complesso tutte le categorie trofiche, tranne i detritivori subsuperficiali,

mostrano una crescita tra il 1993 ed il 1994 ed un calo tra il 1994 ed il 1995. I

detritivori subsuperficiali sono l’unico gruppo che diminuisce dal 1993 al 1994

per poi scomparire quasi del tutto nel 1995 e ciò è in apparente contrasto con

i valori di Eh registrati. Il 1995 infatti è l’anno in cui il potenziale di

ossidoriduzione dei sedimenti è meno negativo indicando perciò un aumento

dell’ossigenazione degli stessi. Tale apparente incongruenza tra la scomparsa

dei detritivori subsuperficiali e il miglioramento dell’ossigenazione dei fondali

è probabilmente un effetto combinato delle attività di pesca della vongola

verace filippina (T. philippinarum) che trova un’enorme espansione proprio in

0

500

1000

1500

2000

2500

1993 1994 1995Anni

Indi

vidu

i

Erbivori Carnivori Sospensivori

Detrit ivori superficiali Detrit ivori subsuperficiali Onnivori

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126

quegli anni. L’azione degli strumenti da pesca (in particolare il “ferro

maranese”) è infatti in grado di determinare una notevole mobilizzazione dei

sedimenti favorendone quindi l’ossigenazione ma nel contempo crea un

notevole stress soprattutto a carico della comunità di piccoli policheti che

vivono infossati nei primi 10/15 cm del sedimento (range di penetrazione

dell’attrezzo di pesca) quali soprattutto i detritivori subsuperficiali. La

scomparsa di questo gruppo trofico è evidente principalmente nel bacino di

Marano (Fig. 4.8).

Anche dall’analisi della distribuzione degli individui (Fig. 4.9) si osserva

l’esistenza di un evidente gradiente in tutti e tre gli anni procedendo dal mare

verso le zone più confinate a favore degli onnivori e dei detritivori superficiali.

Questa tendenza è prevalentemente determinata dalla elevata presenza

numerica di H. diversicolor (polichete onnivoro) ed A. segmentum (mollusco

detritivoro superficiale) specie paraliche tipicamente presenti con un gran

numero di individui.

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Fig. 4.8 Distribuzione delle specie delle diverse modalità trofiche nei tre anni di campionamento

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Fig. 4.9 Distribuzione degli individui delle diverse modalità trofiche

nei tre anni di campionamento

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129

CAPITOLO 5

LA CARTOGRAFIA BIONOMICA PER IL

MONITORAGGIO BENTONICO DELLA LAGUNA DI

MARANO E GRADO

5.1 Introduzione

La cartografia ambientale riveste un ruolo molto importante sia per gli aspetti

di ricerca relativi alla conoscenza degli ecosistemi, sia per gli aspetti finalizzati,

legati alla necessità di intervento e di gestione del territorio (Bartlett, 2000;

Villa et al., 2002). Per queste ragioni, la cartografia ecologica è molto

sviluppata in ambiente terrestre, dove, ad esempio, la mappatura della

vegetazione costituisce un elemento fondamentale nell’ambito di studi

ambientali. In ambiente marino invece le realizzazioni delle carte ecologiche

sono di gran lunga meno frequenti sia a causa di una minor tradizione a

considerare il mare come territorio sia per le difficoltà operative (Bianchi et al.,

2003).

Molte ricerche “marine” sono state dedicate ad esempio alla mappatura della

vegetazione sommersa (numerose sono le mappe relative ad esempio alle

praterie di Posidonia oceanica) e recentemente la cartografia è stata impiegata per

mappare e gestire risorse ittiche demersali (Corsi et al., 1998; Ardizzone et al.,

1999; Ardizzone et al., 2000; Santos, 2000). Più complete risultano invece le

carte bionomiche dal momento in cui il benthos, per le sue peculiarità rispetto

all’ambiente pelagico, può registrare non indifferenti alterazioni ambientali.

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130

Mèaille et al., (1988) hanno evidenziato che il confronto tra carte bionomiche

in differenti periodi rappresenta uno strumento per individuare l’evoluzione

temporale e le alterazioni subite dall’ecosistema in una data area.

5.2 I Sistemi Informativi Geografici

Intorno alla metà degli anni ’60 inizia a diffondersi sul mercato informatico

una categoria di software rivolti alla gestione ed al trattamento dei dati di tipo

geografico, noti come Sistemi Informativi Territoriali (SIT), o comunemente

denominati, utilizzando l’acronimo inglese G.I.S., Geographical Information System

(Burrough, 1986; Parker, 1988; Cowen, 1988).

In Italia le definizioni G.I.S. e S.I.T. vengono scambiate tra loro come se il

significato fosse coincidente ma nell’usare i due acronimi bisogna fare

attenzione a non confondere informazioni digitali con contenuti

esclusivamente cartografici (G.I.S.) ed informazioni territoriali che possono

escludere completamente la rappresentazione spaziale (SIT).

Il termine "Geografico" individua una rappresentazione grafica del globo

terrestre a livelli di dettaglio che possono essere differenti.

Il termine "Territoriale" individua invece tutte le tipologie di informazioni

attinenti ad un specifico territorio delimitato da confini amministrativi.

Da quanto espresso si deduce che non necessariamente un Sistema

Informativo Territoriale è anche un Sistema Informativo Geografico, mentre

un Sistema Informativo Geografico è inevitabilmente anche un Sistema

Informativo Territoriale.

In sintesi, un sistema informativo è uno strumento ad alto contenuto

tecnologico che permette di raccogliere, memorizzare, collocare, richiamare,

analizzare, trasformare e rappresentare informazioni spazialmente individuate

ed eventi che esistono e si verificano sul territorio.

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131

La definizione appena riportata fa riferimento a tre categorie distinte per i

sistemi informativi, con ambiti di applicazione differenti e caratteristiche

tecniche non omogenee:

CAM (Computer Assisted Mapping)

AM/FM (Automated Mapping / Facility Management)

G.I.S. (Geographic Information System)

Fig. 5.1 Classificazione delle categorie per i sistemi informativi

in base alla topologia, agli attributi ed agli oggetti

La categoria dei CAM identifica l’evoluzione dei sistemi CAD. Sistemi che

producono dei dati di tipo grafico, e che aggiungendo semplicemente la

componente di posizione si tramutano in sistemi CAM, dove le informazioni

sono strutturate per livelli (layers) contenenti ciascuno elementi di tipologia

diversa: strade, rete fognaria, rete elettrica, etc.

La categoria AM/FM, sempre basata su tecnologia CAD, si differenzia dai

CAM per un maggiore dettaglio delle informazioni digitali attinenti al

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132

riferimento cartografico specifico a sfavore di una più imprecisa

rappresentazione cartografica dell’informazione stessa, vista come un semplice

strato informativo su cui "sovrapporre" le informazioni grafiche di interesse, per

lo più riferite alle caratteristiche tecniche e costruttive delle reti (strade,

fognature, reti gas, reti elettriche, ecc).

Per la categoria dei G.I.S., P.A. Burrough nel 1986 diede una delle definizioni

più complete: "un potente insieme di strumenti in grado di acquisire, immagazzinare,

recuperare, trasformare,analizzare e riprodurre dati spaziali riferiti al territorio".

Aronoff nel 1989 definì i G.I.S. come "un insieme di procedure, basate sull'utilizzo

di strumenti informatici, atte a memorizzare e manipolare dati geografici", mentre

Cowen (1988) precisò che un G.I.S. è "un sistema per il supporto decisionale su

tematiche di natura ambientale che si basa sull'utilizzo di dati spazialmente riferiti".

Le definizioni sopra citate mettono in evidenza la caratteristica principale del

G.I.S.: la capacità di georeferenziare i dati, quindi di attribuire ad ogni

elemento grafico delle coordinate spaziali reali. Di fatto, le coordinate di un

oggetto non sono memorizzate relativamente ad un sistema di riferimento

arbitrario (di una mappa), né relativamente al sistema di coordinate della

periferica usata, come la tavoletta digitalizzatrice o il video, ma sono

memorizzate secondo le coordinate del sistema di riferimento (Gauss Boaga,

UTM, ecc.) in cui realmente è situato l'oggetto.

Un G.I.S., a differenza delle altre due applicazioni, ha la possibilità di eseguire

analisi approfondite sui dati geografici acquisiti interlacciando con estrema

precisione informazioni geografiche e puntuali-descrittive.

Al fine di ottenere una risposta corretta, è necessario che il sistema G.I.S. in

questione sia coadiuvato da una adeguata base di dati strutturata secondo

criteri topologici, criteri che prevedono un corretto rapporto relazionale

(interconnessione, inclusione, contiguità, ecc.) tra le diverse entità

geometriche (punti, linee, aree, ecc.) che si possono trovare nello spazio di

studio in esame.

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133

Ricerca e analisi (creare modelli, simulare tendenze e predisporre scenari) sono

il fine generale dei sistemi informativi geografici oltre che alla visualizzazione

dei risultati (rappresentazione di mappe con “report”, viste tridimensionali,

immagini fotografiche ed altre rappresentazioni multimediali).

Il G.I.S. permette di creare e mettere a disposizione sistemi per la gestione di

beni e risorse distribuite (reti tecnologiche, catasti, sistemi informativi

comunali, patrimoniali, ecc.) e sistemi per la programmazione territoriale ed il

supporto alle decisioni (stesura di piani, valutazioni di impatto ambientale,

applicazioni socio-demografche, geomarketing, ecc.).

“Migliori informazioni comportano migliori decisioni” è il principio per cui va

progettato un sistema informativo territoriale o geografico: con il G.I.S., non

si possono produrre decisioni in maniera automatica ma si distribuisce uno

strumento per interrogare, analizzare e visualizzare dati a supporto del

processo decisionale. Risponde alla necessità di procedere all’analisi integrata

di informazioni organizzate e georiferite al territorio, al fine di mostrare i dati

acquisiti in vari modi e secondo vari punti di vista.

Riducendo la ridondanza delle informazioni, aumentando la produttività e

soprattutto incrementando l'efficienza organizzativa i G.I.S. trovano spazio

applicativo in agricoltura, nella protezione civile, nei vari settori ambientali,

nelle amministrazioni comunali, nelle aziende che gestiscono le reti

tecnologiche, nel settore delle analisi socio-demografiche e di mercato, nel

settore dei trasporti, nel settore della progettazione di opere ed infrastrutture e

nel settore delle telecomunicazioni e nell’analisi e gestione delle comunità

bentoniche.

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134

5.2.1 I dati che alimentano un GIS

Dati Vettoriali

I dati vettoriali sono costituiti da elementi semplici quali punti, linee e

poligoni, codificati e memorizzati sulla base delle loro coordinate. Un punto

viene individuato in un sistema informativo geografico attraverso le sue

coordinate reali (x1, y1); una linea o un poligono attraverso la posizione dei sui

nodi (x1, y1; x2, y2; ...). A ciascun elemento è associato un record del database

informativo che contiene tutti gli attributi dell'oggetto rappresentato.

Fig. 5.2 Rappresentazione vettoriale di punti, linee (archi) e aree (poligoni).

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Dati Raster

Il dato raster permette di rappresentare il mondo reale attraverso una matrice

di celle, generalmente di forma quadrata o rettangolare, dette pixel. A ciascun

pixel sono associate le informazione relative a ciò che esso rappresenta sul

territorio. La dimensione del pixel (detta anche pixel size), generalmente

espressa nell'unità di misura della carta (metri, chilometri etc.), è strettamente

relazionata alla precisione del dato.

Fig. 5.3 Immagine raster (satellitare) con la dimensione del pixel uguale a 30 metri

Fig. 5.4 Immagine raster (foto aerea) con la dimensione del pixel uguale a 1 metro.

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Dati tabulari e Database

Informazioni digitali, organizzate e non organizzate, che possono essere

relazionate con le informazioni spaziali afferenti al GIS. I fogli Excel,

Database Access e tabulati di coordinate GPS ne sono un esempio.

Fig. 5.5 Esempio di file di testo contenente le coordinate GPS derivate dallo strumento e foglio Excel rappresentante i dati biotici ed abiotici relativi ai punti di campionamento.

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Fig. 5.6 Database relazionale che si integra dinamicamente con i dati geografici.

5.3 GIS applicato alle comunità bentoniche

5.3.1 Perchè mappare gli habitat bentonici

La conoscenza degli habitat marini è necessaria per lo sviluppo e l'attuazione

di una vasta gamma di politiche di gestione delle risorse. La mappatura degli

habitat bentonici fornisce un mezzo per identificare e caratterizzare sia dal

punto di vista ecologico che commerciale tali aree, al fine di determinare il

mezzo più efficace per la loro conservazione e gestione.

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138

La mappatura delle comunità bentoniche può essere ad esempio utilizzata per

stimare il danno fisico causato dalla pesca al traino e dall’uso di attrezzi di

raccolta; può dare supporto all’individuazione di nuove riserve marine

basandosi su una conoscenza approfondita degli habitat critici.

Supporta inoltre la programmazione per l’insediamento di nuovi impianti di

acquicoltura e può stabilirne l’idoneità per aree diverse.

E’ uno strumento utile per determinare gli effetti del cambiamento degli

habitat causato da influenze naturali o umane. Studi dettagliati hanno

esaminato l'impatto degli attrezzi da pesca sul benthos, in modo da

determinare il danno complessivo che la pesca provoca all’habitat ed ai suoi

organismi. Con la mappatura degli habitat nel corso del tempo e la

conseguente creazione di una base storica di dati, i tempi di recupero

dell’habitat possono essere stimati. Questo è importante per decidere se e per

quanto tempo, le zone dovrebbero essere interdette alla pesca al fine di

consentirne un pieno recupero.

5.3.2 Metodi e strumenti per la mappatura degli habitat bentonici

La mappatura degli habitat bentonici è costituita da un’azione

multidisciplinare che combina elementi fisici (geologici), biologici e

componenti chimici dei fondali marini. Dati relativi ad esempio al tipo di

substrato, alla topografia, alle specie biologiche, alla concentrazione di

ossigeno, alla presenza o assenza di eventuali inquinanti sono necessari per

creare un quadro descrittivo di un habitat.

Dal momento in cui nessuna singola informazione fornisce un quadro

completo ed efficace dell’area di studio, la mappatura dovrà integrare,

analizzare ed interpretare i diversi tipi di dati. Per raggiungere gli obiettivi

prefissati sarà necessario pianificare al meglio le sequenze operative

considerando le variabili coinvolte e l’area di studio in esame.

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139

Per la progettazione di una mappatura degli habitat bentonici, ci sono tre

importanti quesiti ai quali rispondere:

1. Quali sono le domande alle quali si vuol dare risposta?

2. Quali tipi di dati sono necessari per rispondere a queste domande?

3. Quali vincoli logistici bisogna prendere in considerazione?

Rispondere a queste tre domande è fondamentale per lo sviluppo di una

strategia di lavoro efficace, dal momento che le decisioni inerenti alla

metodologia di raccolta dei dati e il piano di campionamento influiranno

notevolmente su come i dati derivati potranno essere analizzati e interpretati. I

costi e vincoli di tempo possono inoltre limitare la gamma di opzioni per il

piano di attuazione.

A seguire vengono dettagliate le informazioni necessarie per una corretta

pianificazione della mappatura bentonica:

Caratteristiche ambientali dell’area di studio

Una volta determinati gli obiettivi del progetto, le risoluzioni necessarie e le

caratteristiche fisiche dell’area di studio quali, trasparenza dell’acqua,

profondità, topografia del fondale ed estensione dell’area, è necessario definire

da subito gli strumenti che effettivamente si possono utilizzare per la

mappatura degli habitat. Per esempio, se l’area in oggetto presenta un fondale

roccioso, gli equipaggiamenti necessari per penetrare il sedimento ed

estrapolare i dati informativi non saranno presi in considerazione. In questo

caso, una campionatura accurata può essere effettuata utilizzando riprese

video o combinando immagini ottenute da scansioni laser. Considerando che i

fattori coinvolti nella pianificazione di una strategia di campionatura sono

molteplici alcune importanti considerazioni sono riportate di seguito.

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Trasparenza dell’acqua

Acque tropicali e costiere che sono caratterizzate da fondali trasparenti

possono essere mappate utilizzando immagini satellitari, foto aeree e

videografia sottomarina. Gli ambienti lagunari presentano particolari sfide per

la mappatura degli habitat bentonici, in quanto la torbidità dell’acqua e la

granulometria fine del sedimento prevedono l’utilizzo di strumenti acustici

piuttosto delle immagini spettrali.

Profondità

La profondità dell’area di studio deve essere presa in considerazione al

momento della scelta di un sistema per la mappatura degli habitat appropriato

e con costi accettabili. L’ausilio di imbarcazioni per l’analisi del fondale non è

da considerarsi in presenza di profondità minori di 2-3 metri. Viceversa analisi

aeree devono essere valutate dipendentemente dalla riflettanza luminosa.

Un sistema multibeam può fornire risoluzioni intorno al metro in acque con

profondità di 50 metri. Aumentando la profondità la traccia del sonar

aumenta, riducendo così la possibilità di discriminare piccoli oggetti in acque

sempre più profonde.

Topografia del fondale e variabilità

Determinata la topografia del fondo e gli habitat più probabili, può essere

individuata la tecnica di rilevamento più opportuna. Una topografia che

presenta rilievi consistenti e rischi morfologici quali affioramenti rocciosi e

piane rocciose restringe il campo di traino del sensore in alcune aree di studio.

Nel caso il fondale, attraverso lo studio dell’area, risulta variabile, una

caratterizzazione a larga scala sarà importante per definire e quindi mappare

un ampio intervallo di habitat. D’altra parte, in presenza di un’area di studio

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piana, con lieve pendenza e sedimento a granulometria fine, un’accurata scelta

dei campioni sarà opportuna per definire con precisione i diversi tipi di

habitat.

Estensione dell’Area di Studio

Il limite geografico della zona di studio determinerà la scelta tra un’indagine

estesa oppure a campione localizzato. Le tecniche di campionatura a larga

scala permettono l’acquisizione di dati per zone estese. Tali tecniche

prevedono l’utilizzo di immagini satellitari, di foto aeree ed informazioni

acustiche (sonar). Gli studi estesi possono anche richiedere l'uso di campioni

localizzati per verificare la coerenza del dato. Tecniche a scala precisa, quali il

campione del sedimento, l’immagine del profilo del sedimento (SPI) ed il

video subacqueo o la strisciata laser, forniscono una visione più dettagliata per

aree di piccola estensione. Se una zona di studio è relativamente piccola

(considerando anche la risoluzione necessaria), le tecniche di campionatura

localizzata possono essere ritenute sufficienti.

Gli strumenti da utilizzare

Gli habitat bentonici sono mappati e studiati usando una varietà di strumenti e

di tecniche. Alcuni metodi sono usati per caratterizzare zone relativamente

grandi (cioè sull'ordine delle centinaia e molte migliaia di metri quadri). Per

esempio, le immagini satellitari e le fotografie aeree possono essere utilizzate

per identificare habitat diversi lungo la fascia costiera ed in acque poco

profonde. Questo tipo di raccolta dati a larga scala fornisce informazioni

generali per la zona di interesse. Le sezioni che seguono forniscono una breve

descrizione degli strumenti ottici ed acustici che possono essere utilizzati per

individuare gli habitat bentonici permettendo una mappatura corretta.

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142

• Immagini satellitari e fotografie aeree

Satelliti ed aerei equipaggiati con sensori spettrali possono fornire

informazioni sugli habitat bentonici in zone costiere e poco profonde. Questi

sensori restituiscono dati descrittivi sulle caratteristiche del mare quali la

presenza o meno di coralli, fanerogame, sabbia, crostacei e alghe. I satelliti

sono equipaggiati con sensori tali da permettere l’acquisizione di dati per vaste

aree di territorio. Esistono molti sensori che forniscono livelli differenti di

informazione. La risoluzione di alcune immagini satellitari può essere troppo

bassa (sull'ordine di diverse centinaia di metri) per discriminare habitat

differenti, tuttavia, alcuni satelliti sono dotati di sensori ad alta definizione che

possono distinguere oggetti piccoli in uno spazio di un metro quadrato.

• Laser, sonar da imbarcazione

Molti habitat bentonici non possono essere mappati efficacemente con riprese

aeree. Problematiche si possono riscontrare in presenza di acque profonde ed

ambienti marini torbidi che ne limitano la visibilità. In queste zone, il limitato

passaggio della luce nella colonna d’acqua ostacola l’acquisizione di

informazioni da parte dei sensori montati su aeromobili o satelliti. L’acustica

subacquea può essere la tecnica da impiegare per caratterizzare gli habitat

marini anche in presenza di scarsa trasparenza. La maggior parte di questi

sistemi acustici sono montati su di un’imbarcazione oppure al traino della

stessa. Una varietà di tecniche ottiche (video, macchine fotografiche e laser) e

fisiche di campionatura permettono uno studio ravvicinato ed a scala precisa

per piccole sezioni marine. Questi metodi coinvolgono generalmente l'uso di

apparecchiature specifiche presenti su imbarcazioni. Forniscono l'occasione

per unire informazioni più dettagliate su una zona particolare del mare e

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143

verificare o calibrare le interpretazioni di dati a larga scala, come quelli raccolti

dalle immagini satellitari, dalle foto aeree e dalle indagini acustiche (sonar).

• Fotografia e fotometria da imbarcazioni

Sensori spettrali subacquei possono essere utilizzati per creare immagini dei

fondali marini più profondi o con elevata torbidità. Una linea di scansione

laser permette di concentrarsi su una piccola zona. Il fascio laser esplora il

fondale marino e il sensore registra i riflessi di energia. La continua scansione

di un laser permette di ottenere una dettagliata immagine con una risoluzione

nell’ordine dei millimetri o centimetri

• Campioni di sedimenti

I campioni di sedimento permettono, dopo un’accurata analisi, di descrivere in

modo dettagliato le caratteristiche del sedimento stesso all’interno dell’area di

studio e di individuare le comunità biologiche in esso presenti.

• Software per l’elaborazione

Al fine di operare un’immediata e corretta integrazione dei dati acquisiti

utilizzando le tecniche descritte è necessario disporre di un Software che

permetta la creazione di una visione d’insieme delle informazioni presenti.

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144

5.4 Cartografia bionomica della Laguna di Marano e

Grado

5.4.1 I dati

Definiti gli obiettivi, gli strumenti a disposizione ed i dati in possesso, si è

proceduto alla costruzione e al primo sviluppo del sistema informativo

territoriale per la Laguna di Marano e Grado. Le informazioni a disposizione

per descrivere e visualizzare dettagliatamente l’area in oggetto sono

rappresentate da:

• Dati geografici in formato digitale

Carta Tecnica Regionale Numerica, scala 1:25.000 (Fig. 5.7)

Limiti Amministrativi, (ZPS, SIC, limiti comunali, aree soggette a

vincolo) (Fig. 5.8)

Immagine satellitare Landsat 5, risoluzione di 30 metri (Fig. 5.9)

Immagine aerea ortorettificata, risoluzione di 1 metro (Fig. 5.10)

• Database relazionale

Database descrivente i punti di campionamento in formato

Access (Fig. 5.11)

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145

• Dati tabulari

Fogli Excel rappresentanti le analisi in laboratorio dei campioni

di sedimento (Fig. 5.12)

Dati in formato testo rappresentanti le coordinate GPS dei punti

di campionamento (Fig.5.13)

Visualizzazione grafica dei dati descritti:

Fig. 5.7 Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN), scala 1:25.000.

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146

Fig. 5.8 Limiti amminstrativi (in giallo la ZPS, in reticolato il SIC)

Fig. 5.9 Immagine Satellitare (Sensore Landsat).

Fig. 5.10 Foto aerea ortorettificata

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147

Fig. 5.11 Struttura logica del DataBase.

Fig. 5.12 Tabella Excel rappresentante il numero di specie per stazione campionata.

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148

Fig. 5.13 Dati in formato testo, rappresentanti le coordinate delle singole stazioni, espresse nel sistema di proiezione Gauss-Boaga.

Ogni fonte dati ha caratteristiche diverse sia per quanto concerne le

coordinate geografiche di posizionamento spaziale sia per quanto riguarda il

formato di origine (doc, txt, shp, mdb, xls). Per poter integrare il tutto in

modo coerente è stato necessario utilizzare un apposito software (ArcView 9.2

di ESRI) capace di gestire informazioni raster, vettoriali, tabellari e puntuali al

fine di creare un unico supporto identificante il quadro generale dell’area di

studio.

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149

Fig. 5.14 Immagine rappresentante l’interfaccia grafica di ArcView 9.2 (ESRI).

5.4.2 I processi di elaborazione necessari per l’interoperabilità

dei dati

Conversioni di coordinate: i dati geografici sono caratterizzati da coordinate di

posizionamento geografico che permettono la corretta localizzazione nello

spazio degli elementi visualizzati. I dati raccolti presentano coordinate diverse

e per poterli visualizzare nel medesimo spazio definito, è stato necessario

operare una conversione di coordinate nel sistema di riferimento prescelto per

lo sviluppo del Sistema informativo: Gauss Boaga.

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150

Fig. 5.15 Sovrapposizione dei dati geografici dopo la conversione di coordinate

(CTRN, limite SIC, canali, classificazione sperimentale).

Importazione dei dati puntuali: I dati di posizionamento, acquisiti in “campo” e

riguardanti i punti di campionamento sono stati archiviati dallo strumento

GPS in formato testuale (txt). Il software ArcView permette la loro

trasposizione nel sistema informativo e definisce la caratteristica grafica di

queste informazioni.

Fig. 5.16 Importazione e rappresentazione grafica dei punti stazione.

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151

Integrazione del database: Il database relazionale si presenta come fonte esterna

che va ad integrare le informazioni geografiche in nostro possesso. Con una

procedura di importazione, proprietaria di ArcView, è stato possibile attribuire

le informazioni del Dbase agli oggetti geografici, andando a completare e

valorizzare l’informazione grafica.

Fig. 5.17 Importazione ed integrazione di un DataBase con i dati geografici.

Integrazione dei fogli excel: I file in formato excel rappresentano la quasi totalità

delle informazioni afferenti all’area di studio per i punti campionati. Il

software GIS permette un collegamento diretto (join) tra il foglio Excel ed i

punti di campionamento rappresentati in formato grafico nel sistema

informativo. Questo è possibile grazie all’associazione univoca del codice

punto presente sia nell’informazione geografica che nel foglio Excel.

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152

Fig. 5.18 Collegamento tra dati puntuali e dati geografici mediante l’indice univoco “staz” (JOIN).

5.4.3 Le elaborazioni spaziali

Una volta raccolte ed integrate in un unico sistema tutte le informazioni a

disposizione si è passati alla fase di elaborazione spaziale. Tali elaborazioni

hanno permesso la creazione di nuovi elementi grafici derivati

dall’interpolazione dei dati puntuali e degli elementi geografici. Il software GIS

ArcView mette a disposizione diversi algoritmi di interpolazione geografica,

tra i quali lo SPLINE, utilizzato per la creazione delle informazioni tematiche.

L’interpolatore SPLINE adatta una funzione matematica a passare per un

numero specificato di punti di input vicini (in questo caso punti di

campionamento e loro attributi). Molto utilizzato nei GIS è indicato per

superfici “dolci” senza brusche variazioni, di conseguenza la laguna in esame

rappresenta l’area idonea per l’applicazione di tale algoritmo. E’ un

interpolatore esatto perchè garantisce la precisione sui punti di input esplicanti

le informazioni derivate dal Database e dai fogli Excel.

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153

Vengono di seguito riportati alcuni tematismi derivati dalle elaborazioni

effettuate sui dati biotici ed abiotici applicando il modello di interpolazione

appena descritto; in particolare nelle:

Fig. 5.19 Andamento della distribuzione delle specie nella Laguna di

Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (mappa

in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.20 Andamento della distribuzione degli individui nella Laguna di

Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (mappa

in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.21 Andamento dell’Indice H’ di Shannon nelle 53 stazioni di

campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al

centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.22 Andamento dell’Indice R di Margalef nelle 53 stazioni di

campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al

centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.23 Andamento dell’Indice J di Pielou nelle 53 stazioni di

campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al

centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.24 Percentuale di affinità bionomica per la biocenosi Lagunare

Eurialina ed Euriterma nella Laguna di Marano e Grado in base ai

campionamenti effettuati nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al

centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.25 Andamento dei valori del Coefficiente Biotico nelle 53

stazioni di campionamento effettuato nel 1993 (mappa in alto), nel

1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);

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154

Fig. 5.26 Andamento della salinità nella Laguna di Marano e Grado in

base alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel

1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.27 Andamento del pH nella Laguna di Marano e Grado in base

alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994

(mappa al centro) e 1995 (mappa in basso);

Fig. 5.28 Andamento dell’Eh nella Laguna di Marano e Grado in base

alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994

(mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).

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155

Fig. 5.19 Andamento della distribuzione delle specie nella Laguna di Marano e Grado

in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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156

Fig. 5.20 Andamento della distribuzione degli individui nella Laguna di Marano e Grado

in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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157

Fig. 5.21 Andamento dell’Indice H’ di Shannon nella Laguna di Marano e Grado

in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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158

Fig. 5.22 Andamento dell’Indice R di Margalef nella Laguna di Marano e Grado

in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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Fig. 5.23 Andamento dell’Indice J di Pielou nella Laguna di Marano e Grado

in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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Fig. 5.24 Percentuale di affinità bionomica per la biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti

effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

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Fig. 5.25 Andamento dei valori del Coefficiente Biotico nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso).

Coefficiente Biotico - 1993

Coefficiente Biotico - 1994

Coefficiente Biotico - 1995

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Fig. 5.26 Andamento della salinità nella Laguna di Marano e Grado in base

alle misure effettuate in 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).

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Fig. 5.27 Andamento del pH nella Laguna di Marano e Grado in base alle

misure effettuate nelle 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).

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Fig. 5.28 Andamento dell’Eh nella Laguna di Marano e Grado in base

alle misure registrate nelle 53 stazioni nel 1993 (mappa in alto), nel 1994 (mappa al centro) e 1995 (mappa in basso).

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165

CAPITOLO 6

CONCLUSIONI

Questo studio è stato effettuato su dati raccolti nel corso di tre anni successivi

campionando con benna Van Veen (4 bennate da 0,049 m2) su 53 stazioni

diversamente distribuite nella della Laguna di Marano e Grado. Ciò qualifica

questa indagine come la più ampia finora effettuata in questo ambiente. In

accordo con i concetti elaborati da Guelorget e Perthuisot (1983) peraltro già

adombrati in studi riguardanti la Laguna di Venezia attraverso l’idea di

vivificazione marina, i dati ottenuti sono stati analizzati prima di tutto per

descrivere la struttura di base dei popolamenti bentonici lagunari e la loro

evoluzione nel periodo di osservazione, poi per mettere in evidenza l’esistenza

di eventuali gradienti biologici legati prevalentemente all’andamento del

confinamento in ciascun bacino o a variazioni di tale parametro al passaggio

da un bacino all’altro.

Nel complesso, nel corso dei tre anni, si è osservata una evidente evoluzione

temporale delle comunità bentoniche ed è emersa inoltre una netta differenza

tra i due principali bacini lagunari.

In particolare, sia i parametri legati alla biodiversità che quelli legati alla

struttura delle comunità, hanno mostrato dei valori più elevati e comunità

meglio strutturate nel corso del 1994. In effetti, numero di specie, abbondanza

individui, diversità, ricchezza ed equitabilità quest’anno mostra valori

mediamente più elevati rispetto agli altri due (1993 e 1995); presenta inoltre

una migliore distribuzione delle curve di k-dominanza. Tali analisi fanno

ipotizzare che durante il 1994 siano intervenuti fattori che nel complesso

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166

hanno favorito un generale aumento della biodiversità in vaste zone dell’area

in esame.

Al miglioramento dei parametri ecologici legati alla componente

macrozoobentonica, osservato tra il 1993 ed il 1994, è seguito un deciso

declino della strutturazione delle comunità nel 1995, fatto verosimilmente

legato alla modificazione di qualche parametro ambientale.

Nonostante questa evoluzione temporale della laguna nel suo insieme, il

bacino di Marano e quello di Grado hanno sempre mantenuto una spiccata

individualità, mostrando una diversa affinità per i popolamenti “tipicamente

lagunari” ed una diversa importanza dei loro precursori paralagunari,

maggiormente legati all’ambiente marino. Queste variazioni spaziali, osservate

nella composizione della comunità in ogni anno si rivelano prevalentemente

secondo un gradiente di confinamento collegato anche alla distanza dalle

bocche di porto. Tale effetto è maggiormente evidente nel bacino di Marano,

presenta diverse stazioni che si raggruppano assieme nel corso dei tre anni

campionati e risultano altresì situate nelle zone più lontane dalle bocche di

porto. Questo gradiente di confinamento è riscontrabile anche nell’andamento

del numero di specie nonché del numero di individui ed è in accordo con

quanto elaborato da Guelorget e Perthuisot nel passaggio da un ambiente

marino ad uno esclusivamente lagunare.

Anche la situazione descritta dalle analisi qualitative conferma e rafforza

quanto emerso da quelle quantitative; infatti anche l’andamento delle specie

caratteristiche e gli associati valori di affinità bionomica descrivono

un’evoluzione temporale e spaziale della laguna studiata. In particolare nel

corso dei tre anni si osserva una certa diminuzione dell’affinità nei confronti

della biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (LEE) ed un contestuale

aumento dell’affinità per biocenosi marine quali quella delle Sabbie Fangose di

Moda Calma (SVMC), delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC) e delle Sabbie

Fini Superficiali (SFS), già qualificate sopra come paralagunari.

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167

Anche l’analisi bionomica restituisce una rilevante differenza tra l’assetto del

bacino di Marano rispetto a quello di Grado; infatti soltanto nel bacino di

Marano numerose stazioni mostrano valori di affinità del 100% per la

biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina (25 nel 1993, 11 nel 1994 e 16 nel

1995), mentre nel bacino di Grado solo 4 stazioni nei tre anni campionati

mostrano il 100% di affinità per LEE (2 stazioni nel 1993, 1 nel 1994 e 1 nel

1995).

Nel complesso anche l’analisi bionomica sembra confermare la tendenza

all’aumento delle influenze marine durante i tre anni di campionamento, fatto

indicato anche dall’andamento del coefficiente biotico che, nonostante non si

presti sempre ad essere utilizzato quale indicatore di disturbo da arricchimento

da sostanza organica, costituisce comunque una misura della complessiva

variazione dell’assetto delle comunità lagunari.

Tutte queste differenze vengono confermate anche dall’analisi della struttura

trofica, che si manifesta differentemente tra gli anni, sia nel numero di taxa, sia

soprattutto nel numero di individui appartenenti alle diverse modalità, oltre a

ribadire evidenti differenze lungo un gradiente di confinamento soprattutto

per il bacino di Marano. Questo dato ed il quadro complessivo dell’evoluzione

delle comunità bentoniche nei tre anni indagati sembra peraltro compatibile

proprio con l’inizio dell’attività di pesca della vongola verace filippina,

mediante l’utilizzo di strumenti di un certo impatto, quali il “ferro maranese”.

In effetti l’aumento della biodiversità, della ricchezza e degli altri parametri

legati alle comunità, nonché una certa riduzione dell’affinità per popolamenti

tipicamente lagunari, che si osserva tra il 1993 ed il 1994, è verosimilmente

collegabile al moderato disturbo determinato dal passaggio degli strumenti di

pesca dei molluschi all’inizio di questa attività, via via intensificatosi negli anni

successivi. Nei due anni iniziali, a livello contenuto di sforzo di pesca totale, le

rese individuali sono elevate e vengono realizzate dragando aree limitate, con

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168

altrettanto limitate turbative. Anche la produzione totale rimane piuttosto

bassa.

La condizione bionomica riscontrata è perciò in accordo sia con le ipotesi di

Huston (1979), secondo cui in un sistema non in equilibrio in cui siano

presenti perturbazioni periodiche di non elevata intensità, l’esclusione dei

competitori meno adatti tarda a verificarsi comportando una situazione

dinamica con elevati valori di diversità, sia con quanto riportato da Pearson e

Rosemberg (1978), secondo i quali in situazioni moderatamente disturbate la

massima espressione della biodiversità si realizza in concomitanza degli

ecotoni.

La diminuzione del numero delle specie, il peggioramento degli indici

ecologici e degli altri parametri descrittori delle comunità, che si osserva tra il

1994 ed il 1995, è collegabile invece con il notevole aumento del disturbo

prodotto dalle attività di pesca, testimoniato peraltro dall’enorme aumento

nella produzione che si realizza proprio tra questi due anni (da 222 t nel 1994

a 1002 t nel 1995). Si deve tener conto peraltro che la diminuita densità della

risorsa induce una mobilizzazione dei sedimenti più che proporzionale

all’aumento della produzione totale. L’impatto di tali attività sembra inoltre

spiegare molto bene l’apparente incongruenza tra la miglior ossigenazione dei

fondali, testimoniata da un innalzamento dei valori di Eh, e la contestuale

scomparsa dei detritivori subsuperficiali, categoria trofica che più di altre

dovrebbe beneficiare dei miglioramenti del potenziale di ossidoriduzione, ma

che per prima risente degli effetti negativi determinati dal passaggio ripetuto

degli strumenti da pesca. Si tratta infatti di una componente faunistica leggera

che, al passaggio dell’attrezzo viene presa in carico dalle correnti e portata

lontana dal sito di pertinenza, esponendola con ciò alla predazione dei

carnivori pelagici prima e bentonici poi (Orel et al., 2005).

Parallelamente alle analisi ed alle elaborazioni ecologiche relative all’assetto dei

popolamenti macrozoobentonici della laguna e, al fine di produrre un

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169

concreto strumento specificatamente realizzato per il biomonitoraggio e la

futura gestione di questo ambiente, è stato realizzato un sistema informativo

mirato. Questo strumento potrà consentire in futuro la catalogazione, l’analisi

comparativa dei dati bionomici, sedimentologici e di quelli relativi alla pesca

ed all’acquacoltura, la fruizione e la gestione in relazione agli attuali e futuri

modelli di utilizzo dell’ambiente lagunare (Speranza e Puppi Branzi, 1993).

La cartografia bionomica risponde infatti a molteplici necessità pratiche,

fornendo non solo un quadro dello stato dei fondali in un determinato

momento ma anche l’inventario e la localizzazione dei popolamenti bentonici

di una specifica area, la stima delle risorse, delle biomasse e, grazie alla

comparazione di carte successive, permette la valutazione dell’evoluzione dei

popolamenti su lunghi periodi.

La cartografia biocenotica, grazie alla sua notevole capacità di sintesi (Morri et

al., 1986), rappresenta quindi un utile strumento di lavoro ai fini della

pianificazione, della gestione e della tutela degli ambienti marini. Queste sue

caratteristiche la rendono una componente strategica per la realizzazione di un

Sistema Informativo Geografico (GIS) relativo alla fascia costiera.

Una corretta gestione del patrimonio ambientale e delle risorse che popolano

un determinato ambiente, implica una buona conoscenza sia degli aspetti

geomorfologici e sedimentologici di un dato fondale, sia degli aspetti

puramente biologici, quali appunto quelli relativi alle comunità e alle biocenosi

bentoniche. Un Sistema Informativo Geografico è quindi uno strumento in

grado di elaborare dati spaziali e non, di trasformare i dati in informazioni, di

integrare differenti tipi di dati, di analizzare, di modellare i fenomeni che

occorrono sulla superficie terrestre e di fornire supporto alle decisioni.

L’integrazione delle diverse tipologie di dati realizzata da un supporto GIS

costituisce infatti la base per valutare l’attuale assetto ambientale delle lagune

nord-adriatiche e fornisce un valido strumento per individuarne l’evoluzione

ed avviarne la gestione.

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170

Un esempio didascalico riguardo l’utilità di questo strumento è deducibile

dalla Fig A11 in cui viene riportata la distribuzione della biomassa bentonica

totale e della biomassa relativa alla sola vongola verace filippina riscontrata

attraverso i dati elaborati in questa indagine (Tab. A28). In una terza

immagine, ai dati relativi agli anni 1990, vengono sovrapposti i limiti delle aree

in concessione richieste dai pescatori di Marano a scopo di venericoltura nel

2001. Come si può ben vedere tali aree ricadono nelle zone di più elevata

biomassa di Tapes philippinarum. I pescatori di Marano non hanno fatto altro

che trasferire le cognizioni acquisite nel corso delle pregresse attività di pesca

ai progetti di vongolicoltura che stavano apprestando.

Il modello ottenuto attraverso il GIS verrebbe così “validato”dalle conoscenze

empiriche accumulate dai pescatori durante le loro attività.

C’è da rilevare tuttavia che le zone scelte dai pescatori si trovano tra quelle a

maggiore confinamento, fatto che induce a supporre per esse una maggior

frequenza di estremi ambientali (accumulo di macroalghe, ipossie o anossie,

esalazioni di H2S, ...) capaci di determinare completi tracolli degli assetti

faunistici e quindi complete morie di vongole.

Se ciò accade in una zona sfruttata per la pesca in libero accesso i pescatori

possono spostare la loro attività in zone non toccate dall’evento, ad esempio

in zone meno confinate, dove le vongole, pur presenti in minore quantità, si

sono mantenute vitali.

In un regime di allevamento in concessione, episodi di questo genere non

possono invece esser ovviati in modo così facile. Se il tracollo è avvenuto al

primo anno di allevamento, si perde solo il seme, ma se avviene al secondo o

al terzo, i danni sono ovviamente più pesanti ...

Ecco perciò che una completa mappatura GIS potrebbe allora deviare le

richieste dalle zone a maggiore produttività istantanea, ad altre eventualmente

meno produttive, ma che sulla base dei valori di O2 a livello del fondo o di Eh

a 4-5 cm dalla sua superficie indicano che le probabilità di eventi disastrosi su

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171

lunghi periodi sono molto basse e capaci così di garantire il buon esito del

ciclo di allevamento paratriennale della vongola verace.

Ciò senza contare le possibilità di ottimizzare l’ubicazione di altre fasi, quali il

preingrasso o l’entità delle semine in funzione della densità di plancton o dei

tassi di mortalità delle diverse zone.

Dati di base, loro elaborazioni, interpretazioni che ne derivano ed indirizzi

gestionali trovano perciò nelle rappresentazioni GIS uno dei migliori

strumenti di pianificazione e di politica territoriale.

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172

BIBLIOGRAFIA

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APPENDICE

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Fig. A1 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di diversità H’ di Shannon, il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Anno ; M edie M QEff. corrente: F (2, 156)=9,2110, p =,00017

Dec om po sizione ipote si effe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95

1993 199 4 1995

Anno

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

2,2

2,4

H'

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Fig. A2 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di diversità H’ di Shannon nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Bacino; M edie M QEff. corrente: F(1, 157)=7,2703, p=,00778

Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95

M arano Grado

Bacino

1,3

1,4

1,5

1,6

1,7

1,8

1,9

2,0

2,1

2,2

2,3

H'

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Fig. A3 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di ricchezza R di Margalef, il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Anno; M edie M QEff. c orre nte: F (2, 15 6)=10 ,004, p=,00 008

Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95

1993 199 4 1995

Anno

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

2,2

R

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Fig. A4 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori

di ricchezza R di Margalef nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Bac ino ; M e die MQEff. co rrent e: F(1, 157 )=8,9 157 , p= ,003 28

Dec om posiz ion e ip otesi effe ttiv eLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95

M arano Grado

Bacino

1,0

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

1,6

1,7

1,8

1,9

2,0

2,1

2,2

R

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Fig. A5 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di equitabilità J di Pielou, il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Anno ; M ed ie M QEff. corrente: F(2, 156)=1,2807, p=,28076

Decom posizione ipotesi e ffe ttiveLe barre vertica l i ind icano interva l l i d i confidenza a l 0,95

1993 199 4 1995

Anno

0,54

0,56

0,58

0,60

0,62

0,64

0,66

0,68

0,70

0,72

0,74

0,76

0,78

J

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Fig. A6 Risultati del test ANOVA sulle differenze tra gli anni, nei valori di equitabilità J di Pielou nei due bacini di appartenenza (Marano e Grado), il grafico mostra le medie degli anni

(le barre verticali indicano intervalli di confidenza al 95%).

Bac ino ; M e die MQEff. co rrent e: F(1, 157 )=1,9 998 , p= ,159 30

Dec om posiz ion e ip otesi effe ttiv eLe barre vertica l i ind icano interval l i d i confidenza a l 0,95

M arano Grado

Bacino

0,58

0,60

0,62

0,64

0,66

0,68

0,70

0,72

0,74

0,76

0,78

0,80

J

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Fig. A7 Dendrogramma ottenuto dalle abbondanze dell’insieme di stazioni campionate nel 1993.

Dendrogramma stazioni 1993Complete linkage

M17

93

M42

93

M41

93

M35

93

M20

93

M47

93

M18

93

M34

93

M28

93

M40

93

G53

93

M10

93

M44

93

M46

93

M48

93

M27

93

M39

93

M31

93

M36

93

M21

93

M43

93

M22

93

M45

93

M24

93

M30

93

G5

93G

50 9

3M

37 9

3M

38 9

3M

19 9

3M

33 9

3M

23 9

3M

14 9

3M

15 9

3G

51 9

3G

52 9

3M

32 9

3M

13 9

3M

25 9

3G

4 93

M11

93

G7

93M

16 9

3M

26 9

3G

1 93

G2

93G

9 93

G49

93

M12

93

M29

93

G3

93G

6 93

G8

93

Samples

100

80

60

40

20

0

Sim

ilarit

y

Trans form : Square rootResem blance: S17 Bray Curtis s im ilarity

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Fig. A8 Dendrogramma ottenuto dalle abbondanze dell’insieme di stazioni campionate nel 1994.

Dendrogramma stazioni 1994Complete linkage

M42

94

M21

94

M39

94

M22

94

M20

94

M34

94

M17

94

M44

94

M48

94

M25

94

M16

94

M24

94

M37

94

M32

94

M30

94

G2

94G

3 94

M35

94

M36

94

M28

94

M33

94

M46

94

M43

94

M45

94

M10

94

M47

94

M19

94

M27

94

M23

94

M18

94

M41

94

M31

94

M40

94

G4

94G

5 94

G6

94M

13 9

4M

29 9

4M

38 9

4M

26 9

4G

50 9

4G

9 94

G49

94

M15

94

M12

94

G8

94M

14 9

4M

11 9

4G

1 94

G7

94G

53 9

4G

51 9

4G

52 9

4

Samples

100

80

60

40

20

0S

imila

rity

Trans form : Square rootResem blance: S17 Bray Curtis s im ilarity

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Fig. A9 Distribuzione di Abra segmentum nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso)

Distribuzione di Abra segmentum nel 1993

Distribuzione di Abra segmentum nel 1994

Distribuzione di Abra segmentum nel 1995

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Fig. A10 Distribuzione di Hediste diversicolor nella Laguna di Marano e Grado in base ai campionamenti effettuati nel 1993 (in alto), nel 1994 (al centro) e 1995 (in basso)

Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1993

Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1994

Distribuzione di Hediste diversicolor nel 1995

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Fig A11 Distribuzione della biomassa totale (ind/m2), della biomassa relativa

a Tapes philippinarum e mappa con i limiti delle aree in concessione richieste a scopo di venericoltura.

Distribuzione della biomassa totale (ind/m2)

Distribuzione della biomassa (ind/m2) relativa a Tapes philippinarum

Aree lagunari richieste in concessione per l’allevamento di molluschi eduli

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23

Trattenuto residuo (in ml): 220 640 1190 250 140 355 595 940 55 380 550 140 75 130 184 215 145 135 1370 1580 870 420 2130 200 350 395

Anthozoa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Ostrea edulis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 5 1 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 9 4 3 0 0 2 0Abra segmentum 2 1 0 2 0 0 0 2 4 3 0 1 0 2 0 1 0 3 0 2 0 0 0 0 0 3Chamelea gallina 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 1Paphia aurea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 22 3 0 0 0 2 1 0 0 16 0 0 2 0 2 0 8 2 1 0 0 0 0 0 7 0Phyllodoce mucosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 3Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 120 46 34 41 26 41 51 12 22 49 4 16 80 44 22 31 13 90 6 21 5 3 0 20 1 1Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Neanthes sp. 0 9 0 1 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Malacoceros fuliginosus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Prionospio cirrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 36 2 1 0 5 1 9 121 0 18 9 62 63 27 16 1 16 33 1 0 25 1 0 3 5 0Sabellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 1 0 2 13 1 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 2 0 0 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lanice conchilega 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cumacea indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 1 5 0 0 1 3 0 1 0 1 0 0 147 6 122 36 4 176 1 0 2 0 2 33 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 5 0 4 0Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 5 1 2 0 0 1 2Chironomidae indet. 0 0 1 5 0 3 4 0 0 0 1 0 0 1 0 2 0 0 2 0 0 0 0 12 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 6 7 3 4 3 6 4 6 2 9 5 5 5 6 4 5 4 6 8 8 9 4 3 6 10 5n° individui dei taxa 186 67 36 49 32 51 65 138 26 93 32 84 293 81 162 71 41 305 18 48 41 9 9 70 28 10n° delle specie per stazione: 4 4 2 2 2 3 2 5 2 7 3 4 3 4 2 3 2 4 5 6 8 4 1 3 7 4n° individui delle specie: 163 50 35 43 31 43 60 137 26 76 26 80 144 74 38 33 29 127 14 44 39 9 2 24 14 7

continua

Stazioni anno 1993

Tab. A1 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1993

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M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

Trattenuto residuo (in ml): 320 540 824 1970 300 950 2310 430 2896 800 1670 120 200 510 2950 730 70 1680 630 800 590 530 600 450 530 1230 700

Anthozoa indet. 2 6 0 0 0 0 0 0 2 1 0 3 3 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 1 154 39 0 1 10 0 0 0 0 3 10 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 3 0 0 0 0Hinia reticulata 0 2 2 0 1 0 0 0 0 5 3 0 1 0 1 2 0 0 2 5 0 0 0 2 0 0 0Cyclope neritea 1 2 4 0 0 0 1 0 1 0 0 1 1 2 0 0 1 4 0 0 0 0 1 1 2 3 3Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilus galloprovincialis 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 2 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Ostrea edulis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 0 7 2 0 8 0 2 0 0 0 0 1 4 3 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0Abra segmentum 1 1 2 1 0 0 0 1 2 1 1 0 0 0 0 0 0 3 5 9 1 8 0 0 0 1 1Chamelea gallina 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 3 13 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 0 0 4 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 4 0 1 0 2 0 0 34Phyllodoce mucosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 1 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 0 1 2 0 1 0 3 8 5 0 3 1 0 0 1 0 1 0 0 1 1 1 0 5 0 0 3Neanthes succinea 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Neanthes sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 8 25 0 0 0 1 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 1 0 0 0 5 9 0 0 0 1 6 0 7 9 1 1 9 5 0 0 0 0Glycera convoluta 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Lumbrinereis gracilis 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Malacoceros fuliginosus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Prionospio cirrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 0 0 1 0 0 0 0 0 11 0 0 0 1 3 0 2 1 0 0 0 0 0 0 5 0 0 24Sabellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 14 0 2 0 0 2 3 15 0 7 1 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 16 13 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 7 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 1 3 0 0 0 0 1Capitella capitata 0 0 0 2 0 0 0 1 1 0 20 0 0 0 0 1 0 0 0 5 1 0 2 0 1 0 0Capitellidae indet. 0 9 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0Lanice conchilega 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cumacea indet. 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 4 10 0 0 0 0 0 0 0 5 7 0 3 0 0 0 0 3 5 0 6 0 0 0 0 1Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 2 0 0 0 73 37 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 1 0 0 0Processa sp. 0 2 0 0 0 0 0 0 0 4 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 1 0 0 0 1Paguridæa indet. 0 1 2 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 2 0 2 1 0 4 0 0 7 4 0 0 0 0 3 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 1 7 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 1 0 0 0 0 0 0 0 11 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 12 21 12 5 6 7 5 3 10 11 12 10 7 6 5 9 5 5 10 16 12 15 6 9 4 5 9n° individui dei taxa 22 219 70 7 13 17 12 10 32 111 98 27 12 13 18 21 6 18 25 45 36 90 13 25 5 8 70n° delle specie per stazione: 10 15 9 3 5 5 4 3 8 8 8 5 4 4 5 6 5 5 8 12 10 12 6 6 4 5 6n° individui delle specie: 19 195 54 5 12 14 10 10 29 33 52 14 7 9 18 15 6 18 21 31 19 69 13 21 5 8 33

Tab. A1 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1993

Stazioni anno 1993

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23

Trattenuto residuo (in ml): 280 660 980 420 60 480 1250 780 180 320 170 160 40 130 240 150 250 540 900 740 870 360 810 230 250 510

Anthozoa indet. 0 1 1 1 0 0 0 7 1 3 1 0 1 0 0 0 1 3 4 3 0 1 0 6 0 0Chiton olivaceus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15 0 0 0Truncatella subcylindrica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 3 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 2 5 0 21 0 0 0 0 0 3 0 0 1 0 2 3 0 6 6 2Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Scapharca inæquivalvis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Crassostrea gigas 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 5 0 0 0Cerastoderma glaucum 1 11 17 3 0 0 14 12 1 9 22 1 0 3 7 0 0 17 13 7 3 0 3 12 1 21Tellina fabula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2Tellina nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Abra prismatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 7 1Abra segmentum 6 8 11 54 0 4 25 205 40 55 48 11 1 28 196 0 0 69 96 49 69 12 6 74 4 108Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 8 0 3 0 0 0 0 0 1 0 6 3 1 0 0 0 7 0 2Paphia aurea 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 1 0 1Corbula gibba 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Oligochaeta indet. 9 0 0 0 1 16 0 0 1 0 0 0 1 0 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Sthenelais boa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 52 18 50 55 63 72 73 82 61 7 119 51 84 24 47 57 0 32 49 9 85 3 0 49 0 21Neanthes succinea 0 4 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 24 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 2 0 1 2Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Marphisa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 18 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora antennata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora ciliata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 2 0 0 0 0 0 2 1 1 0 0 1 0 0 3 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Spionidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0Paraonis lyra 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Heteromastus filiformis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 3 0 0 0 1 0Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Maldanidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Megalomma vesiculosum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phoronidea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 4 0 2 0 7 0Amphipoda indet. 221 3 2 227 24 119 43 1 16 0 122 105 34 28 227 23 3 17 0 1 0 0 0 14 4 0Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Palæmon adspersus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 1 1 2 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 2 1 0 0 1 0 0 0Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 8 6 6 5 4 6 7 13 10 7 5 6 7 4 6 6 5 7 12 12 8 5 19 10 9 10n° individui dei taxa 293 45 82 340 90 222 160 327 124 100 312 170 124 83 486 87 8 145 174 76 168 20 88 172 32 161n° delle specie per stazione: 6 4 4 3 2 3 6 9 6 5 3 5 4 3 4 4 3 5 11 8 7 4 17 7 7 10n° individui delle specie: 63 41 79 112 65 77 117 317 105 95 189 65 88 55 253 63 4 125 170 70 164 19 85 150 21 161

continua

Stazioni anno 1994

Tab. A2 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1994

Page 205: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE - openstarts.units.it · E DI GESTIONE DELLA ... 3.1.1.2 La diversità e le sue componenti ... 5.3.2 Metodi e strumenti per la mappatura degli habitat

M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

Trattenuto residuo (in ml): 670 80 360 1510 250 770 2720 550 970 980 1540 190 520 580 1530 670 80 360 630 690 530 610 2190 80 650 320 130

Anthozoa indet. 0 3 0 7 0 2 0 0 15 0 0 3 4 20 1 1 1 0 0 0 1 0 2 0 0 0 0Chiton olivaceus 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Gibbula albida 0 0 0 1 0 0 1 0 0 5 0 0 1 0 0 0 0 0 0 3 0 0 4 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 4 1 0 2 0 0 55 19 0 3 1 0 0 0 0 2 1 65 23 0 0 0 2 1 0Truncatella subcylindrica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 1 1 0 2 0 0 0 1 1 0 2 2 0 0 1 0 1 1 0 0 6 1 0 0 1Cyclope neritea 3 4 1 3 8 1 20 7 7 0 2 7 6 2 4 2 0 2 0 0 3 0 2 7 11 1 11Haminæa navicula 0 0 0 0 0 1 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 2 1 0 0 1 0 0 1Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0Scapharca inæquivalvis 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Crassostrea gigas 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 2 0 1 2 1 0 0 0Tellimya ferruginosa 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1Cerastoderma glaucum 1 0 0 7 4 1 5 4 7 0 0 0 1 6 18 12 2 6 1 4 5 4 0 27 41 10 52Tellina fabula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 6 1 0 0 0 0 1 0 0 0Tellina nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Abra nitida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra prismatica 6 1 3 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Abra segmentum 3 23 2 4 14 7 1 36 24 8 1 6 0 29 2 4 1 6 5 7 97 20 1 49 3 5 64Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 10 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 1 0 1 0 0 0 0 5 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 1 2 0 10 0 2 0 0 0 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 1 3 4 0 0 0 0 0Corbula gibba 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 3 0 0 0 0Oligochaeta indet. 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0 0 5 0 1 0 0 0 0Sthenelais boa 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phyllodoce sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 2 0 1 0 0 0 0 1Neanthes caudata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 3 5 0 0 100 17 0 46 2 1 0 3 0 0 54 13 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 7Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 0 2 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 1 0 9 1 4 1 0 1 3 0 0 1 2 1 0 2 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 9 23 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 3 1 0 0 1 0 0 1 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Eunice vittata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphisa sanguinea 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis gracilis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Spio filicornis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polydora antennata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0Polydora ciliata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Streblospio shrubsolii 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 5 8 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0Spionidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paraonis lyra 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Polynoidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 2 0 0 0 0 3 0 0 2 0 0 0 1 7 0 0 0 0 0 0 7 0 1 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 1 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 10 2 0 4 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 8 3 19 11 0 0 0 0 2 2 0 2 2 4 0 0 0 0Heteromastus filiformis 5 1 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 3 0 0 1 0 0 2 0 0 1Capitella capitata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 22 3 0 1 0 0 0 15 0 13 0Capitellidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 6 0 0 0 0 0 0Clymenura clypeata 0 1 1 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Maldanidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Pectinaria koreni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 0 1 0 2 2 1 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Megalomma vesiculosum 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Phoronidea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 9 1 0 0 0 0 0 0 3 2 1 1 6 3 0 0 0 0 7 41 47 16 0 4 0 0 0Amphipoda indet. 1 0 0 0 0 3 0 53 3 1 0 1 0 0 0 15 5 0 4 2 13 0 1 0 0 0 6Processa sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1Palæmon adspersus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paguridæa indet. 0 0 2 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 1 0 1 8 0 0 0 0 1 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1Chironomidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 10 5 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 1 0 0 0 0 0 2 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 13 13 11 12 4 16 9 8 18 19 15 19 12 14 7 10 9 14 13 20 21 14 14 14 5 6 13n° individui dei taxa 37 48 20 49 126 48 35 153 146 57 23 60 37 80 83 55 45 37 35 142 242 92 31 113 61 32 148n° delle specie per stazione: 10 11 10 11 4 13 9 5 14 14 11 13 7 10 6 7 7 12 8 18 14 12 9 12 5 6 11n° individui delle specie: 25 44 18 42 126 40 35 95 123 43 17 34 14 48 82 38 39 34 13 99 161 74 22 108 61 32 141

Stazioni anno 1994

Tab. A2 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1994

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23

trattenuto residuo (in ml) 100 650 800 100 50 200 650 900 160 250 450 70 100 100 215 150 320 300 650 1200 1050 700 2200 600 200 300

Anthozoa indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cerithium vulgatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Bittium reticulatum 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 153 0 0 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0Cyclope neritea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 2 0Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0Cerastoderma glaucum 6 2 4 0 2 0 2 8 0 5 6 1 1 1 0 0 0 4 6 4 1 6 2 7 1 2Abra segmentum 26 18 25 28 29 10 18 92 14 48 98 18 1 105 32 1 3 43 27 64 18 4 15 22 1 85Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 0 0 0 0 0 0 0 6 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 9 5 1 1 0 2 0 0Paphia aurea 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 1 0 2 0 0 0Mysta picta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 34 11 26 63 9 77 23 7 33 3 16 103 147 45 33 53 61 48 4 2 0 0 0 25 0 0Neanthes succinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 3 1Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis latreilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Anisopoda indet. 0 0 0 0 25 3 0 0 0 0 0 60 65 0 0 320 0 72 0 0 0 0 0 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 82 0 0 3 0 0 25 0 0 47 0 0 2 0 0 0 0 0 0 2 0Upogebia pusilla 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Diogenes pugilator 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 2 2 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 3 3 3 2 5 4 3 5 3 6 3 6 5 4 5 3 3 6 7 4 4 6 12 7 7 3n° individui dei taxa 66 31 55 91 66 172 43 114 50 61 120 208 215 152 117 374 64 170 54 75 21 14 183 61 11 88n° delle specie per stazione: 3 3 3 2 4 2 3 5 2 6 3 4 4 4 3 2 2 4 7 4 4 6 11 6 5 3n° individui delle specie: 66 31 55 91 41 87 43 114 47 61 120 123 150 152 66 54 64 96 54 75 21 14 182 60 8 88

continua

Stazioni anno 1995

Tab. A3 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1995

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M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

trattenuto residuo (in ml) 1470 50 170 1000 820 950 2800 400 2900 600 950 80 1600 200 1300 730 160 225 100 950 170 1100 450 70 450 450 1200

Anthozoa indet. 0 0 0 6 0 4 1 0 1 2 0 0 2 7 4 2 0 0 0 2 0 2 0 0 2 0 0Gibbula albida 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 10 0 7 0 0 0 0 0Gibbula adriatica 0 0 0 0 2 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 1 0 2 0Cerithium vulgatum 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Bittium reticulatum 1 0 0 24 0 30 0 0 13 10 37 3 0 2 0 1 0 85 315 56 47 70 103 0 31 6 0Hexaplex trunculus 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Hinia reticulata 0 0 3 0 1 0 0 0 0 0 1 3 4 0 0 0 0 2 2 6 0 0 0 0 0 3 0Cyclope neritea 0 3 5 12 5 7 3 2 8 0 0 6 0 1 5 2 0 4 0 0 0 0 1 6 9 16 8Haminæa navicula 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Nucula nucleus 0 0 1 1 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0Mytilus galloprovincialis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mytilaster minimus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Loripes lacteus 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0Cerastoderma glaucum 2 2 0 7 2 1 3 9 5 1 0 0 1 0 9 3 0 2 0 0 0 0 2 0 4 3 3Abra segmentum 6 19 0 19 33 4 32 33 5 0 0 7 0 23 16 3 8 0 0 21 0 9 0 13 1 3 1Pitar rudis 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes decussatus 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tapes philippinarum 1 0 0 1 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Paphia aurea 1 0 5 1 0 0 0 0 7 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 4 0 1 0 0 0 0 0Mysta picta 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Hediste diversicolor 0 0 0 1 2 3 5 23 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 34Neanthes succinea 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Perinereis cultrifera 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 1 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0Platynereis dumerilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0Glycera convoluta 0 1 4 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Marphysa sanguinea 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lumbrinereis latreilli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0Cirratulidae indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Cirriformia tentaculata 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Notomastus sp. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Melinna palmata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 2 0 0 0 1 0 0 0 0 0Terebellides strøemi 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Anisopoda indet. 0 0 0 0 0 5 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0 0Isopoda indet. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0Amphipoda indet. 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0Upogebia pusilla 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0Diogenes pugilator 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Carcinus mediterraneus 0 0 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Trachythyone elongata 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 4 0 1 0 0 0 0 0Asterina gibbosa 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0

n° dei Taxa: 6 4 5 15 8 15 7 4 8 5 5 7 8 6 6 7 5 7 5 10 1 11 3 6 5 6 4n° individui dei taxa 12 25 18 80 47 64 46 67 43 15 43 22 16 36 36 13 19 98 324 112 47 96 106 25 47 33 46n° delle specie per stazione: 6 4 5 14 8 12 6 4 7 3 3 7 6 5 5 6 3 7 5 9 1 7 3 4 4 6 4n° individui delle specie: 12 25 18 74 47 54 45 67 42 12 40 22 12 29 32 11 10 98 324 110 47 91 106 21 45 33 46

Stazioni anno 1995

Tab. A3 Valori di abbondanza dei taxa (in ordine sistematico) campionati nell'anno 1995

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Tab. A4 Risultati del test di Kruskal-Wallis sulle differenze tra gli anni, nel numero di specie per stazione (in alto) e di individui per stazione

ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n. sp. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): AnnoTest Kruskal-Wallis: H ( 2, N= 159) =21,38132 p =,0000

Dipend.:n. sp.

Codice NValidi

Somma diRanghi

199319941995

1993 53 3732,5001994 53 5489,0001995 53 3498,500

ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n.ind. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): AnnoTest Kruskal-Wallis: H ( 2, N= 159) =19,78027 p =,0000

Dipend.:n. ind.

Codice NValidi

Somma diRanghi

199319941995

1993 53 3179,0001994 53 5287,0001995 53 4254,000

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Tab. A5 Risultati del test di Kruskal-Wallis sulle differenze tra gli anni, nel numero di specie per stazione (in alto) e di individui per stazione

nei bacini di Marano e Grado

ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n. specie (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): BacinoTest Kruskal-Wallis: H ( 1, N= 159) =9,752104 p =,0018

Dipend.:n. specie

Codice NValidi

Somma diRanghi

MarGra

101 117 8566,500102 42 4153,500

ANOVA per Ranghi Kruskal-Wallis; n.Ind. (1993+1994+1995 secondo-res totKW)Variabile indipendente (gruppo): BacinoTest Kruskal-Wallis: H ( 1, N= 159) =4,296077 p =,0382

Dipend.:n. Ind.

Codice NValidi

Somma diRanghi

MarGra

101 117 9890,500102 42 2829,500

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 1,039 1,059 0,365 0,854 0,637 0,645 0,909 0,659 0,619 1,525 1,992 0,907 1,043 1,288 0,982 0,684 0,9921994 0,994 1,818 1,370 1,151 0,198 0,863 1,526 1,443 1,241 1,805 1,284 0,986 0,335 1,247 0,956 0,700 1,5001995 1,337 1,241 1,030 0,891 1,177 0,515 1,215 1,049 0,879 1,202 0,842 0,733 0,173 0,984 1,098 0,133 0,273

M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 1,040 2,281 2,161 1,806 1,891 0,000 1,442 2,727 2,171 3,002 1,561 1,805 1,918 1,854 1,435 2,189 0,922 2,4731994 1,634 1,738 1,511 1,395 1,483 3,088 1,810 2,337 1,604 2,988 2,450 3,086 2,926 1,027 2,825 2,099 1,691 2,7501995 1,279 2,178 0,821 0,818 2,128 1,026 1,909 2,156 0,246 2,126 1,145 2,171 2,731 1,638 2,355 1,467 1,573 2,542

M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 2,752 2,648 1,692 2,000 1,891 1,209 2,483 2,252 2,105 2,386 3,251 2,479 2,859 2,288 2,420 1,922 2,156 1,6561994 3,121 3,384 3,107 2,341 2,103 1,472 2,281 1,898 3,391 2,866 2,219 2,209 2,862 3,075 2,257 1,464 2,033 1,9521995 0,817 0,708 2,429 2,611 1,132 1,746 2,413 0,922 0,892 0,229 2,249 0,000 1,242 0,212 1,363 1,267 2,142 1,138

Indice di Shannon

Tab. A6 Valori dell'Indice H' di Shannon per i tre anni di campionamento

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 0,589 0,981 0,558 0,771 0,291 0,784 0,481 0,813 0,307 1,385 1,154 0,685 0,402 0,927 0,275 0,844 0,2971994 1,207 0,808 0,687 0,424 0,240 0,672 1,050 1,389 1,074 1,093 0,382 0,958 0,670 0,499 0,542 0,962 1,4431995 0,477 0,582 0,499 0,222 0,808 0,224 0,532 0,845 0,260 1,216 0,418 0,623 0,599 0,597 0,477 0,251 0,240

M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 0,619 1,803 1,576 1,911 1,365 0,000 0,837 2,471 1,737 3,338 3,209 2,236 1,674 1,949 1,516 1,610 0,869 2,0791994 0,828 1,947 1,648 1,177 1,019 3,601 1,197 1,971 1,771 2,796 2,643 3,114 2,675 0,620 3,253 2,250 1,095 2,8951995 0,657 1,504 0,695 0,985 1,895 1,922 1,221 1,924 0,447 2,012 0,932 1,384 3,020 1,818 2,758 1,313 0,714 1,605

M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 2,216 2,006 1,846 1,924 1,365 1,384 2,164 2,232 1,384 2,299 3,375 2,813 2,496 1,949 1,941 1,864 1,924 1,6881994 3,743 3,672 3,274 2,175 2,325 1,135 1,649 1,638 3,349 2,954 3,700 2,748 2,771 2,762 2,349 0,973 1,443 2,2201995 0,805 0,803 1,941 2,274 1,188 1,154 2,085 0,869 1,309 0,692 1,702 0,000 1,330 0,429 0,985 0,788 1,430 0,784

Indice di Margalef

Tab. A7 Valori dell'Indice R di Margalef per i tre anni di campionamento

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M401993 0,519 0,456 0,230 0,427 0,637 0,323 0,574 0,284 0,619 0,543 0,858 0,454 0,658 0,555 0,982 0,342 0,9921994 0,385 0,909 0,685 0,726 0,198 0,432 0,591 0,455 0,480 0,698 0,810 0,425 0,168 0,787 0,478 0,301 0,9461995 0,844 0,783 0,822 0,891 0,588 0,515 0,766 0,452 0,879 0,465 0,531 0,367 0,866 0,492 0,693 0,133 0,273

M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M111993 0,520 0,882 0,770 0,602 0,946 0,000 0,721 0,909 0,935 0,868 0,374 0,543 0,959 0,717 0,618 0,943 0,582 0,8241994 0,704 0,502 0,504 0,497 0,742 0,755 0,645 0,833 0,483 0,900 0,708 0,929 0,846 0,514 0,763 0,662 0,654 0,7041995 0,639 0,776 0,410 0,409 0,823 0,927 0,739 0,928 0,155 0,822 0,573 0,935 0,717 0,546 0,657 0,568 0,787 0,905

M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G531993 0,868 0,835 0,655 0,861 0,946 0,521 0,885 0,970 0,907 0,795 0,879 0,717 0,798 0,885 0,862 0,961 0,928 0,5901994 0,780 0,944 0,816 0,780 0,633 0,570 0,813 0,676 0,916 0,904 0,532 0,565 0,774 0,926 0,630 0,631 0,787 0,5441995 0,515 0,354 0,865 0,930 0,488 0,752 0,934 0,582 0,318 0,987 0,710 0,000 0,442 0,134 0,682 0,634 0,829 0,562

Tab. A8 Valori dell'Indice J di Pieluo per i tre anni di campionamento

Indice di Pielou

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M20 93 M35 93 M36 93 M44 93 M21 93 M22 93 M45 93 M18 93 M46 93 M47 93 M48 93 M34 93 M42 93 M43 93 M17 93 M39 93 M40 93

profondità (cm) 70 40 50 80 90 100 110 90 115 110 105 65 50 60 85 70 25trattenuto residuo (ml) 220 640 1190 250 140 355 595 940 55 380 550 140 75 130 184 215 145temperatura acqua 4,3 7,2 6,8 13,2 6 4,8 13,2 6,4 13,2 13,8 13,8 7,3 14 14 6 12,8 14,2salinità superficie 12 21,8 21,5 8,5 10 10 22 15 14 26,7 27,5 3,9 12,7 13 5 10 1salinità fondo 15,2 22 21,4 16,5 21 15 22,2 28 24 28,1 28,2 14 12,7 23,2 25 15 6pH acqua 7,77 7,33 7,44 8,12 7,52 7,48 8,06 7,3 8,12 8,16 8,14 6,76 8,04 7,99 7,54 7,73 8,1media Eh sedimenti (-4 cm) -244 -281 -295 -191 -210 -247 -190 -275 -317 -287 -305 -290 -99 -118 -289 -38 -75

M41 93 M27 93 M19 93 M28 93 M37 93 M15 93 M31 93 M16 93 M23 93 M24 93 M32 93 M13 93 M14 93 M33 93 M30 93 M38 93 M10 93 M11 93

profondità (cm) 25 40 60 65 55 70 40 60 80 95 70 90 5 45 50 40 35 25trattenuto residuo (ml) 135 1370 1580 870 420 2130 200 350 395 320 540 824 1970 300 950 2310 430 2896temperatura acqua 14 6,4 5,7 6,9 7,1 6 7,2 7 6,2 7 7,5 7,2 7 6,5 6 6,5 6,2 5,2salinità superficie 15 10,2 10,5 13 21 13,3 24 14 10 21 30,7 30 24,8 25,8 25,5 23,8 16 25salinità fondo 20,2 20 24,8 21,3 25 25,2 23,2 25 29 31,9 32,2 30 25 26 27,5 23 24 25pH acqua 8,08 7,77 7,56 7,5 7,2 7,12 7,28 7,5 7,8 7,3 7,2 7,45 7,3 7,41 7,6 7,33 7,84 7,75media Eh sedimenti (-4 cm) -76 -315 -198 -205 -319 -249 -343 -292 -289 -244 -261 -242 -365 -368 -305 -281 -300 -254

M12 93 M29 93 M25 93 M26 93 G1 93 G2 93 G3 93 G4 93 G5 93 G6 93 G8 93 G9 93 G49 93 G50 93 G7 93 G51 93 G52 93 G53 93

profondità (cm) 55 30 60 60 55 40 70 40 50 50 15 15 50 65 10 65 50 20trattenuto residuo (ml) 800 1670 120 200 510 2950 730 70 1680 630 800 590 530 600 450 530 1230 700temperatura acqua 5,8 5,3 5,7 6,3 7 4,6 7,5 11,3 5,2 6 6,5 7 14,1 14,5 6,3 13,9 14,2 15,4salinità superficie 26 29,7 25 26,8 27 27,8 25 31,5 28 33,5 30,5 31,5 30 28,8 32,2 27,4 27,6 27,1salinità fondo 30,8 30 25 26,8 26,5 28 28 32 32,2 34 30,5 31,5 32,3 30,5 32,2 27,6 27,5 27,1pH acqua 7,6 7,58 7,58 7,41 7,15 7,15 7,22 7,08 7,18 7,16 7,13 7,13 8,23 8,23 7,1 8,19 8,21 8,2media Eh sedimenti (-4 cm) -248 -229 -250 -217 -236 -347 -348 -331 -178 -204 -313 -282 -253 -284 -239 -256 -259 -255

Tab. A9 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1993

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M20 94 M35 94 M36 94 M44 94 M21 94 M22 94 M45 94 M18 94 M46 94 M47 94 M48 94 M34 94 M42 94 M43 94 M17 94 M39 94 M40 94

profondità (cm) 84 91 100 83 89 90 90 106 100 102 127 127 61 86 82 79 42trattenuto residuo (ml) 280 660 980 420 60 480 1250 780 180 320 170 160 40 130 240 150 250temperatura acqua 27 28 27 27 25 25 20,5 26,5 21,5 26 26 23 27 25 25 27 27salinità superficie 16 20 21 15 10 11 13,5 15 19 25 25 9,5 11 13 13 17 14salinità fondo 18 22 21,5 17 13 17 16 24,5 20 25,5 30 27,5 15,5 15 16 18 15pH acqua 7,67 7,78 7,86 7,77 7,77 7,69 8,41 7,94 8,36 7,95 7,92 7,87 8,11 7,93 7,98 8,07 8,21media Eh sedimenti (-4 cm) -116 -235 -206 -85 -261 -241 -207 -279 -201 -297 -145 -224 -145 -196 -166 -235 -206

M41 94 M27 94 M19 94 M28 94 M37 94 M15 94 M31 94 M16 94 M23 94 M24 94 M32 94 M13 94 M14 94 M33 94 M30 94 M38 94 M10 94 M11 94

profondità (cm) 29 80 89 110 130 143 99 149 80 150 100 140 51 105 129 60 82 102trattenuto residuo (ml) 540 900 740 870 360 810 230 250 510 670 80 360 1510 250 770 2720 550 970temperatura acqua 26 28 28 21 25,5 27,2 26 27 20 27,8 25 24 28 26 27 28 28 29salinità superficie 18 20 21 14,5 22,5 25,9 26,5 28,2 10,5 25 26,5 26 25 26 24 22,5 16 21salinità fondo 18 25 25 23 29 29 28,5 28,5 21 22 27 30 28 26,5 24 22,5 18 23pH acqua 7,8 7,97 8 8,4 7,95 8,17 7,96 8,14 8,05 8,08 7,85 7,87 7,97 7,72 7,77 8,19 7,86 7,87media Eh sedimenti (-4 cm) -85 -261 -241 -207 -279 -201 -297 -145 -224 -145 -196 -155 -287 -270 -243 -266 -214 -208

M12 94 M29 94 M25 94 M26 94 G1 94 G2 94 G3 94 G4 94 G5 94 G6 94 G8 94 G9 94 G49 94 G50 94 G7 94 G51 94 G52 94 G53 94

profondità (cm) 100 110 131 105 75 66 67 45 80 85 70 50 30 80 15 85 75 55trattenuto residuo (ml) 980 1540 190 520 580 1530 670 80 360 630 690 530 610 2190 80 650 320 130temperatura acqua 26 25 28,5 28,5 25 27,5 28 16 15,1 15,2 12 15,4 13 15 14 15,5 15,9 15,4salinità superficie 26,5 26,5 25 27,5 26 27 24,5 29 29,8 31 31,5 29,8 32,5 30,9 29 30 30 29,9salinità fondo 27 29 24 27,5 27 28 26 29 30 31,2 31,5 31,1 32,5 31,2 29 30 30 29,9pH acqua 7,95 7,77 7,96 8,04 8,06 8,11 8,04 8,21 8,38 8,37 8,26 8,2 8,14 8,14 8,08 8,16 8,13 8,22media Eh sedimenti (-4 cm) -205 -292 -145 -177 -174 -287 -221 -5,6 -220 -230 -318 -232 -133 -214 -251 -205 -209 -249

Tab. A10 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1994

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M20 95 M35 95 M36 95 M44 95 M21 95 M22 95 M45 95 M18 95 M46 95 M47 95 M48 95 M34 95 M42 95 M43 95 M17 95 M39 95 M40 95

profondità (cm) 80 75 105 50 110 72 118 140 110 110 105 75 70 70 110 85 30trattenuto residuo (ml) 100 650 800 100 50 200 650 900 160 250 450 70 100 100 215 150 320temperatura acqua 25 25 25 20,5 24 18,5 25 26 23 26 25,5 26,5 27 25 22 27 29salinità superficie 12 16,5 12,5 7,5 11 4,5 15 16 10,5 18 18 6,5 12 7 9 13 11,5salinità fondo 14 17 17,5 13,5 16 9,5 15 17 16,5 18,5 19,5 11 13 13 9,2 14 11,5pH acqua 8,01 8,1 8,09 8,07 7,98 8,06 7,93 8,07 8,08 8,09 8,05 8 8 8 7,98 8 7,83media Eh sedimenti (-4 cm) -179 -180 -203 -135 -207 -144 -230 -177 -263 -161 -185 -232 -153 -139 -182 -62 -84

M41 95 M27 95 M19 95 M28 95 M37 95 M15 95 M31 95 M16 95 M23 95 M24 95 M32 95 M13 95 M14 95 M33 95 M30 95 M38 95 M10 95 M11 95

profondità (cm) 75 80 140 160 110 110 100 145 130 130 110 85 80 110 135 120 110 125trattenuto residuo (ml) 300 650 1200 1050 700 2200 600 200 300 1470 50 170 1000 820 950 2800 400 2900temperatura acqua 18 24 27 25 27,5 27 29 22 24,5 25 23,5 21,5 30 28 26 27 26 24salinità superficie 9 17 16,5 19 19 19,5 18 20 16,5 19,5 21,5 23 19 20 15,5 19 17 11,5salinità fondo 11,5 20 22 21 19 22 22 20 22,5 20 22 24 22 23 17,5 20 21 14,5pH acqua 8,05 8,02 8,11 8,1 8,17 8,18 8 8,16 8,14 8,12 8,14 8,17 8 8,13 8,16 8,05 8,04 7,97media Eh sedimenti (-4 cm) -113 -148 -191 -201 -253 -224 -197 -177 -188 -124 -253 -189 -276 -301 -234 -231 -202 -259

M12 95 M29 95 M25 95 M26 95 G1 95 G2 95 G3 95 G4 95 G5 95 G6 95 G8 95 G9 95 G49 95 G50 95 G7 95 G51 95 G52 95 G53 95

profondità (cm) 95 145 150 140 90 62 65 118 90 75 53 80 55 100 32 80 80 90trattenuto residuo (ml) 600 950 80 1600 200 1300 730 160 225 100 950 170 1100 450 70 450 450 1200temperatura acqua 23 23 24 28 25 30 25 19 18 17 16,5 18,5 19 25 18 21 21 24salinità superficie 19,2 21 16 20 26 21 20 25 27 27 27 26 28 22 22,5 23,5 25,5 17salinità fondo 21 26 21 22 27 21,5 23 26,5 27,5 27 27 28 29,5 22 22,5 23,5 26 17pH acqua 8,32 8,43 8,13 8,09 8,04 7,98 8 8,34 8,32 8,44 8,3 8,27 8,42 8,2 8,35 8,59 8,42 8media Eh sedimenti (-4 cm) -217 -139 -168 -156 -195 -272 -270 -213 -223 -274 -275 -214 -311 -238 -217 -224 -242 -296

Tab. A11 Dati abiotici registrati nel campionamento del 1995

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RELATE Testing matched resemblance matrices Resemblance worksheet Name: Matrice abiotici 1993,1994,1995 Data type: Distance Selection: All Secondary data: Resemblance/model matrix Resemblance worksheet Name: Mat. sim. 1993,1994,1995 Data type: Similarity Selection: 54-106 Parameters Rank correlation method: Spearman Sample statistic (Rho): 0,385 Significance level of sample statistic: 0,01 % Number of permutations: 10000 Number of permuted statistics greater than or equal to Rho: 0

Tab. A12 Risultati del test Relate tra la matrice di distanza dei dati abiotici del 1993, 1994 e 1995 e la matrice di similarità dei dati

di abbondanza dei tre anni di campionamento.

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ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 1-53 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,337 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0

Tab. A13 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1993 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).

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ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 54-106 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,178 Significance level of sample statistic: 1,6% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 164

Tab. A14 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1994 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).

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ANOSIM Analysis of Similarities One-Way Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: 107-159 Factor Values Factor: Bacino Marano Grado Global Test Sample statistic (Global R): 0,286 Significance level of sample statistic: 0,1% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 9

Tab. A15 Risultati dell’ANOSIM (ad una via) applicato ai valori di similarità del 1995 e utilizzando come fattore di variazione il bacino di appartenenza (bacino di Marano e bacino di Grado).

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ANOSIM Analysis of Similarities Two-Way Crossed Analysis Resemblance worksheet Name: Resem2 Data type: Similarity Selection: All Factor Values Factor: Anni 1993 1994 1995 Factor: Bacino Marano Grado TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Anni GROUPS (across all Bacino groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,236 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0 Pairwise Tests R Significance Possible Actual Number >= Groups Statistic Level % Permutations Permutations Observed 1993, 1994 0,254 0,01 Very large 10000 0 1993, 1995 0,339 0,01 Very large 10000 0 1994, 1995 0,118 0,01 Very large 10000 0 TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Bacino GROUPS (across all Anni groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,267 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0

Tab. A16 Risultati dell’ANOSIM (a due vie) eseguita tra le stazioni di tutti gli anni, configurando come fattore 1 gli anni e come fattore 2 il bacino di appartenenza.

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SIMPER Similarity Percentages - species contributions Two-Way Analysis Data worksheet Name: Data1 Data type: Abundance Sample selection: All Variable selection: All Parameters Resemblance: S17 Bray Curtis similarity Cut off for low contributions: 70,00% Examines Anni groups (across all Bacino groups) Group 1993 Average similarity: 27,12 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 2,79 11,53 0,89 42,53 42,53 Streblospio shrubsolii 1,82 4,18 0,59 15,43 57,96 Isopoda indet. 1,58 2,26 0,44 8,34 66,30 Abra segmentum 0,73 1,79 0,51 6,60 72,91 Group 1994 Average similarity: 35,12 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,76 9,52 0,85 27,10 27,10 Abra segmentum 4,30 9,44 1,27 26,88 53,98 Amphipoda indet. 2,94 4,41 0,58 12,56 66,54 Cerastoderma glaucum 2,11 3,96 0,86 11,27 77,81 Group 1995 Average similarity: 36,08 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 3,67 16,59 1,18 45,99 45,99 Hediste diversicolor 2,59 7,67 0,63 21,26 67,26 Cerastoderma glaucum 1,24 5,24 0,95 14,52 81,77 Groups 1993 & 1994 Average dissimilarity = 77,62 Group 1993 Group 1994 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 0,73 4,30 9,48 1,28 12,22 12,22 Hediste diversicolor 2,79 3,76 9,48 1,20 12,22 24,43 Amphipoda indet. 0,51 2,94 8,13 0,86 10,48 34,91 Streblospio shrubsolii 1,82 0,32 4,97 0,81 6,41 41,32 Cerastoderma glaucum 0,56 2,11 4,62 1,09 5,95 47,27 Isopoda indet. 1,58 0,84 4,53 0,72 5,83 53,10 Cyclope neritea 0,46 1,26 3,24 0,92 4,18 57,28 Bittium reticulatum 0,61 0,76 2,61 0,58 3,37 60,65 Anthozoa indet. 0,24 0,82 2,27 0,92 2,93 63,58 Oligochaeta indet. 0,73 0,38 2,16 0,72 2,79 66,36 Carcinus mediterraneus 0,45 0,26 1,60 0,75 2,06 68,42 Capitella capitata 0,47 0,28 1,56 0,50 2,01 70,44 Groups 1993 & 1995 Average dissimilarity = 80,42 Group 1993 Group 1995 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 0,73 3,67 12,49 1,26 15,54 15,54 Hediste diversicolor 2,79 2,59 10,95 1,16 13,62 29,15 Streblospio shrubsolii 1,82 0,00 6,28 0,81 7,81 36,96 Bittium reticulatum 0,61 2,05 5,90 0,58 7,33 44,29

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Isopoda indet. 1,58 0,09 5,01 0,63 6,23 50,53 Cerastoderma glaucum 0,56 1,24 4,24 1,18 5,27 55,79 Anisopoda indet. 0,00 1,04 3,26 0,38 4,06 59,85 Amphipoda indet. 0,51 0,58 3,19 0,52 3,97 63,82 Cyclope neritea 0,46 0,84 2,87 0,82 3,57 67,39 Oligochaeta indet. 0,73 0,00 2,11 0,58 2,62 70,01 Groups 1994 & 1995 Average dissimilarity = 68,76 Group 1994 Group 1995 Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,76 2,59 9,90 1,17 14,39 14,39 Abra segmentum 4,30 3,67 9,00 1,28 13,09 27,48 Amphipoda indet. 2,94 0,58 8,14 0,86 11,84 39,32 Bittium reticulatum 0,76 2,05 4,23 0,59 6,15 45,47 Cerastoderma glaucum 2,11 1,24 4,15 1,18 6,03 51,50 Cyclope neritea 1,26 0,84 3,45 0,99 5,01 56,51 Anisopoda indet. 0,00 1,04 2,62 0,37 3,81 60,33 Anthozoa indet. 0,82 0,43 2,31 0,99 3,36 63,68 Isopoda indet. 0,84 0,09 1,69 0,60 2,45 66,14 Tapes philippinarum 0,39 0,31 1,61 0,72 2,34 68,47 Paphia aurea 0,43 0,35 1,60 0,74 2,32 70,80 Examines Bacino groups (across all Anni groups) Group Marano Average similarity: 33,31 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,87 10,65 0,85 31,96 31,96 Abra segmentum 3,15 9,72 0,84 29,18 61,14 Cerastoderma glaucum 1,26 3,38 0,71 10,16 71,30 Group Grado Average similarity: 28,40 Species Av.Abund Av.Sim Sim/SD Contrib% Cum.% Abra segmentum 2,20 5,67 0,87 19,96 19,96 Bittium reticulatum 2,18 4,64 0,38 16,34 36,30 Cyclope neritea 1,21 4,16 0,67 14,64 50,93 Cerastoderma glaucum 1,44 3,79 0,65 13,35 64,28 Platynereis dumerilli 0,67 1,16 0,30 4,09 68,37 Cirriformia tentaculata 0,57 1,03 0,29 3,64 72,02 Groups Marano & Grado Average dissimilarity = 76,64 Group Marano Group Grado Species Av.Abund Av.Abund Av.Diss Diss/SD Contrib% Cum.% Hediste diversicolor 3,87 0,76 10,57 1,12 13,79 13,79 Bittium reticulatum 0,77 2,18 7,24 0,64 9,45 23,24 Abra segmentum 3,15 2,20 7,17 1,03 9,36 32,60 Amphipoda indet. 1,62 0,57 4,04 0,64 5,28 37,88 Cerastoderma glaucum 1,26 1,44 3,99 1,00 5,20 43,08 Cyclope neritea 0,72 1,21 3,82 1,00 4,98 48,06 Isopoda indet. 0,83 0,85 3,46 0,58 4,52 52,57 Streblospio shrubsolii 0,81 0,43 3,02 0,51 3,94 56,52 Anthozoa indet. 0,48 0,53 2,08 0,77 2,71 59,23 Platynereis dumerilli 0,07 0,67 1,96 0,54 2,56 61,79 Cirriformia tentaculata 0,09 0,57 1,95 0,50 2,54 64,33 Hinia reticulata 0,24 0,56 1,85 0,77 2,42 66,75 Capitella capitata 0,16 0,51 1,77 0,51 2,31 69,05 Oligochaeta indet. 0,36 0,40 1,70 0,48 2,21 71,26

Tab. A17 Analisi del contributo dei taxa alla similarità ed alla dissimilarità tra le stazioni nei tre anni di campionamento e nei due bacini di appartenenza.

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Gibbula adriatica LEECerastoderma glaucum LEEAbra segmentum (ovata) LEETapes philippinarum LEENeanthes (Nereis) diversicolor LEENeanthes (Nereis) succinea LEEPalaemon adspersus LEECarcinus mediterraneus LEECHIRONOMIDAE LEELoripes lacteus SVMCPaphia (Venerupis) aurea SVMCTapes decussatus SVMCUpogebia pusilla SVMCCyclope neritea SFSGlycera convoluta SFSMontacuta ferruginosa SFBCTellina nitida SFBCChamelea gallina SFBCDiogenes pugilator SFBCTellina fabula SFBCTrachythyone elongata VTCAbra nitida VTCAbra prismatica DCPitar rudis DC

Tab. A18 Specie caratteristiche individuate nell'insieme dei tre anni di campionamento e biocenosi di appartenenza.

Biocenosi del Detritico Costiero

Biocenosi delle Sabbie Fini Superficiali

Biocenosi Lagunare Eurialina ed Euriterma

Biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate

Biocenosi dei Fanghi Terrigeni Costieri

Biocenosi delle Sabbie Fangose di Moda Calma

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40100 100 100 100 100 100 100 100 100 72 100 100 100 100 100 100 1000 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 28 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

continua

Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.

1993A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M20 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M35 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M36 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M44 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M21 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M22 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M45 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M18 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M46 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M47 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M48 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M34 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M42 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M43 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M17 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M39 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

M40 - 1993

A%LEE

A%SVMC

A%SFS

A%SFBC

A%VTC

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M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11

100 72 78,125 72 100 0 100 58,06452 100 25,92593 64,10256 39,13043 100 100 0 75,86207 100 720 0 21,875 0 0 0 0 0 0 25,92593 17,94872 15,21739 0 0 100 0 0 00 28 0 28 0 0 0 41,93548 0 48,14815 17,94872 15,21739 0 0 0 24,13793 0 280 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15,21739 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 15,21739 0 0 0 0 0 0

continua

Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.

A%SFBCA%VTC

1993A%LEEA%SVMCA%SFS

M41 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M27 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M19 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M28 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M37 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M15 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M31 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M16 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M23 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M24 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M32 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M13 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M14 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M33 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M30 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M38 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M10 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M11 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

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M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

100 100 65 50 50 100 100 65 50 50 39,39394 33,33333 48,14815 0 50 0 65 48,148150 0 0 0 0 0 0 0 0 50 39,39394 0 0 50 0 0 0 25,925930 0 35 50 50 0 0 35 50 0 21,21212 0 0 50 50 100 35 25,925930 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 33,33333 25,92593 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 33,33333 25,92593 0 0 0 0 0

Tab. A19 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1993.

A%SFBCA%VTC

1993A%LEEA%SVMCA%SFS

M12 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M29 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M25 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

M26 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G1 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G2 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G3 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G4 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G5 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G6 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G8 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G9 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G49 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G50 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G7 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G51 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G52 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

G53 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTC

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40

73,07692 100 100 100 100 100 77,41935 66,92913 100 77,41935 100 100 50 100 100 73,07692 026,92308 0 0 0 0 0 0 16,53543 0 0 0 0 50 0 0 0 100

0 0 0 0 0 0 22,58065 16,53543 0 22,58065 0 0 0 0 0 26,92308 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

continua

1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.

M20 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M35 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M36 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M44 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M21 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M22 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M45 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M18 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M46 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M47 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M48 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M34 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M42 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M43 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M17 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M39 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M40 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11

100 61,1465 82,05128 57,57576 48,78049 53,33333 54,13534 50 46,75325 47,5 48,30508 32,78689 41,00719 73,07692 48,30508 65,57377 77,41935 54,135340 13,3758 0 0 0 15,55556 30,07519 0 13,63636 17,5 17,79661 17,21311 28,77698 0 17,79661 0 0 15,789470 25,47771 0 21,21212 25,60976 15,55556 15,78947 50 25,97403 17,5 33,89831 32,78689 15,10791 26,92308 33,89831 34,42623 22,58065 30,075190 0 0 21,21212 25,60976 15,55556 0 0 13,63636 0 0 0 15,10791 0 0 0 0 00 0 17,94872 0 0 0 0 0 0 17,5 0 17,21311 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 26,25 13,63636 17,5 17,79661 17,21311 0 0 0 0 0 0

continua

1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.

M41 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M27 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M19 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M28 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M37 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M15 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M31 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M16 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M23 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M24 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M32 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M13 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M14 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M33 - 1993

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M30 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M38 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M10 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M11 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

48,30508 25 28,36879 50 63,15789 73,07692 57,57576 100 38,83495 65,57377 58,76289 38,83495 48,30508 33,33333 46,75325 65,57377 73,07692 54,1353433,89831 25 14,89362 0 18,42105 0 21,21212 0 20,38835 0 41,23711 20,38835 33,89831 33,33333 13,63636 0 0 017,79661 25 28,36879 50 18,42105 26,92308 21,21212 0 20,38835 0 0 20,38835 0 33,33333 13,63636 34,42623 26,92308 15,78947

0 25 0 0 0 0 0 0 20,38835 34,42623 0 0 0 0 25,97403 0 0 30,075190 0 28,36879 0 0 0 0 0 0 0 0 20,38835 17,79661 0 0 0 0 00 25 14,89362 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

1994A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A20 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1994.

M12 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M29 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M25 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M26 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G1 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G2 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G3 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G4 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G5 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G6 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G8 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G9 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G49 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G50 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G7 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G51 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G52 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G53 - 1994

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40

100 100 100 100 72,22222 100 100 76,19048 100 61,53846 100 72,22222 100 100 100 100 1000 0 0 0 27,77778 0 0 23,80952 0 19,23077 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 19,23077 0 27,77778 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

continua

1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.

M20 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M35 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M36 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M44 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M21 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M22 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M45 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M18 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M46 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M47 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M48 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M34 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M42 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M43 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M17 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M39 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M40 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24 M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11

100 63,15789 100 72,22222 72,22222 56,52174 78,57143 39,43662 65,11628 58,20896 50 0 49,54955 64,70588 64,70588 76,19048 72,22222 61,538460 36,84211 0 27,77778 0 21,73913 0 21,12676 0 41,79104 0 34,88372 25,22523 0 0 0 0 19,230770 0 0 0 27,77778 21,73913 21,42857 39,43662 34,88372 0 50 65,11628 25,22523 17,64706 17,64706 23,80952 27,77778 19,230770 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 17,64706 17,64706 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

continua

1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.

M41 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M27 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M19 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M28 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M37 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M15 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M31 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M16 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M23 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M24 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M32 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M13 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M14 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M33 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M30 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M38 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M10 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M11 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

100 0 33,33333 25,86207 33,33333 72,22222 48,27586 100 65,11628 0 25,86207 0 33,33333 50 48,27586 65,11628 72,22222 72,222220 0 33,33333 48,27586 0 0 25,86207 0 0 0 48,27586 0 33,33333 0 25,86207 0 0 00 0 33,33333 0 33,33333 27,77778 25,86207 0 34,88372 0 0 0 0 50 25,86207 34,88372 27,77778 27,777780 0 0 25,86207 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 33,33333 0 0 0 0 0 25,86207 0 33,33333 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 34,88372 0 0 0 0 0 0 0 0 0

1995A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

Tab. A21 Affinità bionomica percentuale per le stazioni campionate nell'anno 1995.

M12 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M29 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M25 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

M26 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G1 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G2 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G3 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G4 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G5 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G6 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G8 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G9 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G49 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G50 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G7 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G51 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G52 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

G53 - 1995

A%LEEA%SVMCA%SFSA%SFBCA%VTCA%DC

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ANOSIM Analysis of Similarities Two-Way Crossed Analysis Resemblance worksheet Name: Matric. affinità Data type: Distance Selection: All Factor Values Factor: Anni 93 94 95 Factor: Bacino Mar. Gra. TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Anni GROUPS (across all Bacino groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,044 Significance level of sample statistic: 0,3% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 27 Pairwise Tests R Significance Possible Actual Number >= Groups Statistic Level % Permutations Permutations Observed 93, 94 0,092 0,1 Very large 10000 13 93, 95 0,021 6,6 Very large 10000 659 94, 95 0,016 12 Very large 10000 1196 TESTS FOR DIFFERENCES BETWEEN Bacino GROUPS (across all Anni groups) Global Test Sample statistic (Global R): 0,211 Significance level of sample statistic: 0,01% Number of permutations: 10000 (Random sample from a large number) Number of permuted statistics greater than or equal to Global R: 0

Tab. A22 Risultati dell’ANOSIM a due vie (anni, bacino d’appartenenza) sui valori di affinità dei tre anni di campionamento.

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RELATE Testing matched resemblance matrices Resemblance worksheet Name: Matric. affinità Data type: Distance Selection: All Secondary data: Resemblance/model matrix Resemblance worksheet Name: Matrice abbondanze Data type: Similarity Selection: All Parameters Rank correlation method: Spearman Sample statistic (Rho): 0,517 Significance level of sample statistic: 0,01 % Number of permutations: 10000 Number of permuted statistics greater than or equal to Rho: 0

Tab. A23 Risultati del test RELATE tra la matrice di distanza dei dati di affinità dei tre anni di campionati e la matrice di similarità dei dati di abbondanza

dei taxa dei tre anni di campionati.

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Stations M20 93 M35 93 M36 93 M44 93 M21 93 M22 93 M45 93 M18 93 M46 93 M47 93 M48 93 M34 93 M42 93 M43 93 M17 93 M39 93 M40 93

I(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2,6 0 4,8 0 0 0 0 0II(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,7 0 0 0 0III(%) 100 100 100 100 100 100 100 99,3 100 93,4 59,4 94 99,3 100 100 100 100IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,3 0 0 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0,7 0 2,6 40,6 1,2 0 0 0 0 0Mean AMBI 3 3 3 3 3 3 3 3,022 3 3,02 4,219 2,893 2,99 3 3 3 3BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M41 93 M27 93 M19 93 M28 93 M37 93 M15 93 M31 93 M16 93 M23 93 M24 93 M32 93 M13 93 M14 93 M33 93 M30 93 M38 93 M10 93 M11 93

I(%) 0 6,3 8,3 5,1 0 71,4 0 23,8 0 36,4 83,3 78,6 0 7,7 81,3 8,3 0 9,4II(%) 0 0 2,1 0 0 0 2,7 19 30 18,2 6 8,9 16,7 15,4 0 0 0 6,3III(%) 100 68,8 89,6 94,9 100 0 97,3 42,9 70 13,6 6,5 12,5 50 76,9 12,5 91,7 90 59,4IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 14,3 0 31,8 0 0 0 0 6,3 0 0 18,8V(%) 0 25 0 0 0 28,6 0 0 0 0 4,2 0 33,3 0 0 0 10 6,3Mean AMBI 3 3,563 2,719 2,846 3 1,714 2,959 2,214 2,55 2,114 0,537 0,509 3,75 2,538 0,656 2,75 3,3 3,094BI from Mean AMBI 2 3 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 3 2 1 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M12 93 M29 93 M25 93 M26 93 G1 93 G2 93 G3 93 G4 93 G5 93 G6 93 G8 93 G9 93 G49 93 G50 93 G7 93 G51 93 G52 93 G53 93

I(%) 79,3 54,8 55 8,3 20 0 5,9 16,7 38,9 13,6 8,3 8,3 3,6 38,5 13 40 37,5 11,4II(%) 5,4 3,2 15 41,7 10 5,6 11,8 0 0 9,1 19,4 2,8 2,4 0 13 20 0 0III(%) 13,5 18,3 20 41,7 70 16,7 70,6 50 61,1 68,2 41,7 75 72,3 46,2 43,5 0 62,5 85,7IV(%) 1,8 2,2 5 8,3 0 77,8 0 33,3 0 9,1 16,7 11,1 21,7 0 30,4 20 0 2,9V(%) 0 21,5 5 0 0 0 11,8 0 0 0 13,9 2,8 0 15,4 0 20 0 0Mean AMBI 0,568 1,984 1,35 2,25 2,25 4,083 3 3 1,833 2,591 3,125 2,958 3,181 2,308 2,87 2,4 1,875 2,7BI from Mean AMBI 1 2 2 2 2 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Tab. A24 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1993.

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Stations M20 94 M35 94 M36 94 M44 94 M21 94 M22 94 M45 94 M18 94 M46 94 M47 94 M48 94 M34 94 M42 94 M43 94 M17 94 M39 94 M40 94I(%) 78,2 6,7 2,4 66,8 27 57,8 28,1 2,1 13,9 23 39,1 61,8 30,1 33,7 47,3 29,9 75II(%) 0 2,2 1,2 0,3 0 0 0 2,5 0,8 3 0,3 0 0,8 0 0 0 25III(%) 21,5 91,1 96,3 32,9 70,8 42,2 71,9 95,4 85,2 74 60,6 38,2 69,1 66,3 52,7 67,8 0IV(%) 0,4 0 0 0 2,2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2,3 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 0,66 2,767 2,909 0,993 2,225 1,267 2,156 2,899 2,57 2,265 1,822 1,147 2,085 1,988 1,581 2,138 0,375BI from Mean AMBI 1 2 2 1 2 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 1Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed UndisturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M41 94 M27 94 M19 94 M28 94 M37 94 M15 94 M31 94 M16 94 M23 94 M24 94 M32 94 M13 94 M14 94 M33 94 M30 94 M38 94 M10 94 M11 94I(%) 11,7 1,1 1,3 1,8 15 19,8 12,8 40 3,1 21,4 12,8 35 53,1 6,3 16,7 62,9 40,3 48,6II(%) 2,1 2,9 5,3 0 10 34,9 3,5 4 1,2 0 14,9 20 22,4 0 14,6 2,9 0 13,7III(%) 86,2 94,8 93,3 96,3 75 44,2 83,7 52 95 53,6 66 45 24,5 93,7 54,2 22,9 59,7 32,9IV(%) 0 1,1 0 1,8 0 1,2 0 4 0,6 25 6,4 0 0 0 14,6 11,4 0 4,8V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 2,617 2,94 2,88 2,973 2,4 1,901 2,564 1,8 2,898 2,732 2,489 1,65 1,071 2,81 2,5 1,243 1,792 1,408BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M12 94 M29 94 M25 94 M26 94 G1 94 G2 94 G3 94 G4 94 G5 94 G6 94 G8 94 G9 94 G49 94 G50 94 G7 94 G51 94 G52 94 G53 94I(%) 57,1 22,7 23,7 26,7 4 4,8 32,7 11,1 29,7 21,4 74 27,9 13,2 30 8,3 21,3 6,3 12,8II(%) 8,9 27,3 15,3 23,3 29,3 2,4 3,6 4,4 2,7 39,3 4 1,1 0 30 3,7 0 0 2III(%) 33,9 45,5 59,3 46,7 56 92,8 63,6 33,3 45,9 35,7 19 62,1 71,1 20 72,5 72,1 53,1 84,5IV(%) 0 0 0 3,3 10,7 0 0 2,2 13,5 3,6 2 5,8 15,8 20 1,8 6,6 0 0,7V(%) 0 4,5 1,7 0 0 0 0 48,9 8,1 0 1 3,2 0 0 13,8 0 40,6 0Mean AMBI 1,152 2,045 2,11 1,9 2,6 2,819 1,964 4,1 2,514 1,821 0,78 2,329 2,842 1,95 3,138 2,459 4,031 2,595BI from Mean AMBI 1 2 2 2 2 2 2 3 2 2 1 2 2 2 2 2 3 2Disturbance Clasification Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Moderately disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Tab. A25 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1994.

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Stations M20 95 M35 95 M36 95 M44 95 M21 95 M22 95 M45 95 M18 95 M46 95 M47 95 M48 95 M34 95 M42 95 M43 95 M17 95 M39 95 M40 95I(%) 0 0 0 0 2,4 48,5 0 0,9 6 3,3 0 17,6 0 0 41,6 0 0II(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,6 0 0 0,7 0 0 0 0III(%) 100 100 100 100 97,6 51,5 100 99,1 94 95,1 100 82,4 99,3 100 58,4 100 100IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 3 3 3 3 2,927 1,544 3 2,974 2,82 2,877 3 2,473 2,99 3 1,752 3 3BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M41 95 M27 95 M19 95 M28 95 M37 95 M15 95 M31 95 M16 95 M23 95 M24 95 M32 95 M13 95 M14 95 M33 95 M30 95 M38 95 M10 95 M11 95I(%) 2 13 0 4,8 7,1 84,7 3,3 45,5 0 25 12 61,1 48,8 14,9 73,7 6,5 3 67,4II(%) 0 0 0 0 14,3 2,2 1,6 36,4 1,1 0 4 38,9 11,3 4,3 10,5 2,2 0 2,3III(%) 98 85,2 100 95,2 78,6 12,6 95,1 18,2 98,9 75 84 0 37,5 80,9 15,8 89,1 97 30,2IV(%) 0 1,9 0 0 0 0,5 0 0 0 0 0 0 2,5 0 0 2,2 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 2,939 2,639 3 2,857 2,571 0,434 2,877 1,091 2,983 2,25 2,58 0,583 1,406 2,489 0,632 2,804 2,91 0,942BI from Mean AMBI 2 2 2 2 2 1 2 1 2 2 2 1 2 2 1 2 2 1Disturbance Clasification Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed UndisturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Stations M12 95 M29 95 M25 95 M26 95 G1 95 G2 95 G3 95 G4 95 G5 95 G6 95 G8 95 G9 95 G49 95 G50 95 G7 95 G51 95 G52 95 G53 95I(%) 78,6 88,1 45,5 18,8 13,9 13,9 30,8 33,3 92,9 97,2 74,1 100 84,2 98,1 40,9 85,1 72,7 17,4II(%) 14,3 7,1 18,2 43,8 22,2 11,1 23,1 0 3,1 0,9 7,1 0 2,1 0 0 4,3 9,1 0III(%) 7,1 4,8 36,4 37,5 63,9 75 46,2 66,7 4,1 1,9 18,8 0 12,6 1,9 59,1 10,6 18,2 82,6IV(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1,1 0 0 0 0 0V(%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Mean AMBI 0,429 0,25 1,364 1,781 2,25 2,417 1,731 2 0,168 0,069 0,67 0 0,458 0,057 1,773 0,383 0,682 2,478BI from Mean AMBI 1 1 2 2 2 2 2 2 0 0 1 0 1 0 2 1 1 2Disturbance Clasification Undisturbed Undisturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Undisturbed Slightly disturbed Undisturbed Undisturbed Slightly disturbedNot assigned (%) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Tab. A26 Valori del Coefficiente Biotico per le stazioni campionate nel 1995.

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Erbivori Carnivori Detritivori superficiali Sospensivori Detritivori subsuperficiali Onnivori Chiton olivaceus Hexaplex trunculus Nucula nucleus Upogebia pusilla Cirriformia tentaculata Neanthes caudataGibbula albida Nassarius reticulatus Tellina fabula Trachythyone elongata Notomastus sp. Hediste diversicolorGibbula adriatica Cyclope neritea Tellina nitida Scapharca inæquivalvis Heteromastus filiformis Neanthes succineaPerinereis cultrifera Phyllodoce mucosa Abra prismatica Mytilus galloprovincialis Capitella capitata Neanthes sp.Platynereis dumerilli Phyllodoce sp. Abra nitida Mytilaster minimus Capitellidae indet. Marphysa sanguinea

Sthenelais boa Abra segmentum Ostrea edulis Clymenura clypeataMysta picta Malacoceros fuliginosus Crassostrea gigas Maldanidae indet.Glycera convoluta Polydora antennata Loripes lacteus Pectinaria koreniGlycera tridactyla Polydora ciliata Tellimya ferruginosa Oligochaeta indet.Eunice vittata Spio filicornis Cerastoderma glaucumLumbrinereis gracilis Prionospio cirrifera Chamelea gallinaLumbrinereis latreilli Streblospio shrubsolii Pitar rudisPolynoidae indet. Paraonis lyra Tapes decussatusProcessa sp. Cirratulidae indet. Tapes philippinarumPalæmon adspersus Melinna palmata Paphia aureaDiogenes pugilator Terebellides strøemi Corbula gibbaPaguridæa indet. Cumacea indet. Sabellidae indet.Carcinus mediterraneus Megalomma vesiculosumChironomidae indet. Lanice conchilegaAsterina gibbosa Phoronidea

Anthozoa indet.

Tab. A27 Attribuzione alle rispettive modalità trofiche dei taxa rinvenuti nei 3 anni campionati

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stazioni M20 M35 M36 M44 M21 M22 M45 M18 M46 M47 M48 M34 M42 M43 M17 M39 M40 M41 M27 M19 M28 M37 M15 M31 M16 M23 M24

BIVALVIACerastoderma glaucum 1,5437 1,0155 1,6917 0,0000 0,9746 0,0000 0,9682 3,0149 0,0000 1,7401 1,9715 0,7820 0,4367 0,5379 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,0612 0,9683 0,7351 2,6814 0,6753 2,3685 0,3484 0,9257 0,7521Abra segmentum 5,6452 1,6766 2,9861 2,4449 2,9594 2,1339 0,1899 5,6655 2,6625 3,8673 7,9006 2,2398 0,2208 10,0090 6,0918 0,0767 0,2991 2,9955 2,0110 4,1174 0,3267 0,5532 1,6245 2,8944 0,0662 0,9155 0,2811Tapes decussatus 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,8736 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Tapes philippinarum 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 24,8104 0,0000 5,0633 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 21,8856 10,5635 1,2479 1,9614 0,0000 4,6943 0,0000 0,0000 2,1140Papha aurea 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 1,0507 0,0000 0,0000 0,8907 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 1,1200 0,0000 0,3864 0,0000 0,7257 0,0000 0,0000 0,0000 1,0657Totale Bivalvia 7,1889 2,6921 4,6778 2,4449 4,9847 2,1339 1,1580 34,3815 2,6625 10,6708 9,8721 3,0218 0,6575 10,5469 6,0918 0,0767 0,2991 2,9955 29,9514 15,6492 2,6961 5,1960 3,0255 9,9572 0,4146 1,8411 4,2129

POLICHAETA Nereis diversicolor 5,1191 1,1884 1,4936 11,0743 0,6744 9,4199 0,2886 0,3764 3,7898 0,4007 0,9924 16,0766 13,4308 2,7938 5,8636 5,7613 5,4732 4,6065 0,1633 0,2586 0,0000 0,0436 0,0000 2,8509 0,0000 0,0000 0,0000

Biomassa totale 12,3080 3,8804 6,1713 13,5192 5,6591 11,5538 1,4466 34,7579 6,4523 11,0715 10,8645 19,0984 14,0883 13,3407 11,9553 5,8380 5,7723 7,6019 30,1148 15,9078 2,6961 5,2396 3,0255 12,8082 0,4146 1,8411 4,2129

stazioni M32 M13 M14 M33 M30 M38 M10 M11 M12 M29 M25 M26 G1 G2 G3 G4 G5 G6 G8 G9 G49 G50 G7 G51 G52 G53

BIVALVIACerastoderma glaucum 0,8767 0,0000 2,7092 0,2815 0,6713 0,2250 3,8108 1,2578 0,1675 0,0000 0,0000 0,0031 0,0000 1,3188 0,9722 0,0000 0,2445 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,8767 0,0000 0,9471 1,3223 0,9662Abra segmentum 2,3901 0,0000 2,3722 1,5907 0,4169 0,6430 2,1806 0,0938 0,0000 0,0000 0,6736 0,0000 2,5076 1,3613 0,2925 0,0874 0,0000 0,0000 1,0616 0,0000 1,2110 0,0000 0,4986 0,1859 0,4789 0,0115Tapes decussatus 0,0000 0,0000 1,3164 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Tapes philippinarum 0,0000 0,0000 2,5271 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 7,3840 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Papha aurea 0,0000 5,7209 0,4414 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 2,9479 0,0000 0,0000 0,0000 0,4957 0,0000 0,0000 1,2950 0,0000 0,0000 0,0000 2,5714 0,0000 0,6040 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000Totale Bivalvia 3,2668 5,7209 9,3664 1,8722 1,0882 0,8680 5,9914 11,6834 0,1675 0,0000 0,6736 0,4988 2,5076 2,6800 2,5597 0,0874 0,2445 0,0000 3,6330 0,0000 1,8149 0,8767 0,4986 1,1330 1,8012 0,9777

POLICHAETANereis diversicolor 0,0000 0,0000 0,0965 0,5243 0,1864 0,6826 1,3294 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0793 0,0000 0,0043 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000 0,0000

Biomassa totale 3,2668 5,7209 9,4628 2,3965 1,2746 1,5506 7,3208 11,6834 0,1675 0,0000 0,6736 0,4988 2,5076 2,7593 2,5597 0,0917 0,2445 0,0000 3,6330 0,0000 1,8149 0,8767 0,4986 1,1330 1,8012 0,9777

Tab. A28 valori di biomassa (espressa in g/m2) degli organismi raccolti (campionamento del 1995).