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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA
“TOR VERGATA”
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Sede I.R.C.C.S. Fondazione
Santa Lucia
LAUREA IN LOGOPEDIA
PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo
TITOLO TESI
La comunicazione aumentativa alternativa come mezzo per
l'inclusione scolastica: intervento nella scuola dell'infanzia
con costruzione di un ambiente facilitante e di strumenti
personalizzati.
RELATORE: CANDIDATO:
Chiara Bonazzi Miriana Lucente
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
INDICE
INTRODUZIONE ____________________________________________ 1
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa
Alternativa
1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa ________ 3
1.2 Storia e diffusione ______________________________________ 4
1.3 Ambiti di applicazione della CAA __________________________ 8
1.4 Principi generali della CAA _______________________________ 9
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni
comunicativi complessi
2.1 Modello di partecipazione ______________________________ 12
2.2 Modelli di intervento __________________________________ 16
2.3 Tecniche di CAA assistita ________________________________ 18
2.3.1 I simboli _________________________________________ 19
2.3.2 Tecniche di trasmissione _____________________________ 23
2.3.2.1 La selezione ____________________________________ 23
2.3.2.2 Gli ausili low-tech _______________________________ 23
2.3.2.3 Gli ausili high-tech ______________________________ 25
2.3.3 Interventi a supporto della competenza sociale ___________ 28
Capitolo 3: Storia dell'Inclusione scolastica
3.1 Iter normativo ________________________________________ 32
3.2 Inserimento, integrazione, inclusione _____________________ 34
3.3 Modello ICF __________________________________________ 35
3.3.1 Utilizzo dell’ICF in ambito scolastico __________________ 37
3.3.2 L'ICF per i bambini e gli adolescenti ___________________ 38
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
4.1 Anamnesi fisiologica ___________________________________ 40
4.2 Anamnesi patologica ___________________________________ 41
4.3 Sindrome di Phelan McDermid ___________________________ 41
4.4 Intervento logopedico attuato ___________________________ 44
4.5 Quadro clinico attuale __________________________________ 46
4.6 L’attuale progetto terapeutico ___________________________ 48
Capitolo 5: La CAA come mezzo per ’inclusione scolastica
5.1 Presentazione del progetto _____________________________ 50
5.2 Valutazione in base al Modello di Partecipazione ____________ 50
5.2.1 Inventario della attività ______________________________ 50
5.2.2 identificazione delle barriere alla partecipazione __________ 51
5.3 Intervento: costruzione di un ambiente facilitante ___________ 52
5.3.1 Etichettatura ______________________________________ 52
5.3.2 Strisce delle attività _________________________________ 53
5.4 Migliorare la partecipazione: introduzione di strumenti altamente
personalizzati ___________________________________________ 54
5.4.1. Libri adattati ______________________________________ 54
5.4.1.1 Costruzione dei libri adattati _______________________ 56
5.4.1.1.1 La scelta dei libri ____________________________ 56
5.4.1.1.2. L’adattamento del testo _______________________ 57
5.4.1.1.3 La traduzione in simboli _______________________ 58
5.4.1.1.4 La struttura del libro _________________________ 59
5.4.2 Gioco adattato _____________________________________ 60
5.4.3 Tabelle a tema _____________________________________ 61
5.5 Rendere gli obiettivi misurabili: la Goal Attainment Scale ______ 62
5.5.1 Caratteristiche del metodo ___________________________ 62
5.5.2 Applicazione del metodo agli obiettivi dell’intervento _____ 65
5.5.3 Misurazione degli obiettivi raggiunti ___________________ 67
5.6 Limiti dello studio _____________________________________ 68
CONCLUSIONI _____________________________________________ 69
BIBLIOGRAFIA _____________________________________________ 71
SITOGRAFIA ______________________________________________ 74
APPENDICE _______________________________________________ 75
Abstract
ABSTRACT
Questo lavoro propone un modello di intervento nella scuola dell’infanzia mirato a
migliorare la competenza comunicativa e socio-relazionale e, dunque, ad incentivare
la partecipazione alle attività scolastiche in soggetti che utilizzano la
Comunicazione Aumentativa Alternativa. Sono presentati i dettagli relativi
all’applicazione del modello su una bambina con Sindrome di Phelan McDermid e
vengono descritte le metodiche usate: il Participation Model, che ha consentito di
individuare i bisogni comunicativi e di partecipazione della bambina, e la Goal
Attainment Scale, che ha permesso di misurare l’outcome riabilitativo.
This paper offers an intervention model in primary school that aims to improve the
communicative and socio-relational competences and, therefore, to increase the
participation at school activities in individuals who use Augmentative and
Alternative Communication. The model is applied on a child with Phelan McDermid
Syndrome and the detailed outcomes are reported along with the techniques used:
the Participation Model, that allowed to identify the child’s communicative and
participation needs, and the Goal Attainment Scale, which allowed to measure the
rehabilitation outcome .
Introduzione
1
“….E poiché oggi desidero parlare dell’importanza della
comunicazione,dirò anche di come la mia vita è cambiata da quando ho iniziato ad emergere come
persona pensante e capace dunque di esprimere emozioni o bisogni dopo gli anni bui di un silenzio
assoluto. Un silenzio che mi obbligava a dovere scegliere il bianco, mentre invece avrei preferito il
nero oppure qualche altro colore magari un po’ più vivace. Invece non si poteva in quanto erano
sempre gli altri che si appropriavano, certamente in maniera involontaria delle mie idee, dei miei
desideri, dei miei sentimenti ,cioè della mia stessa identità”.
Angelo Signorello
INTRODUZIONE
Nel giro di quarant'anni in Italia l’approccio educativo nei confronti delle persone
con disabilità è radicalmente mutato. Nel sistema scolastico ciò ha indotto una
evoluzione dall’antico sistema esclusivo dell’istruzione separata e delle scuole
differenziali e speciali, passata attraverso le fasi dell’inserimento e dell’integrazione
(Gelati, 2004; D’Alonzo, 2008), fino ad arrivare all’attuale scuola inclusiva (Pavone,
2010: Medeghini & Fornasa, 2011), che mira a garantire il diritto soggettivo di tutti
all’istruzione, così come previsto dalla Costituzione e chiarito e riaffermato con forza
dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3 giugno 1987. Ne consegue che
la scuola dei nostri giorni si prende cura di molteplici forme di disabilità fisica e
psichica, dei disturbi specifici dell’apprendimento e dei bisogni educativi speciali e
in ambito pedagogico si riflette addirittura sulla necessità di un approccio che
conduca a riconsiderare il bisogno, superandone la dimensione passiva e rigida a
favore del desiderio, attivo e flessibile (Sandrone, 2012).
È da rilevare che il nostro Paese è da sempre all’avanguardia in questo settore
(Meijer, Soriano, & Watkins, 2004; De Anna, 2007; Lascioli, 2007) e che in
numerosi altri Paesi il diritto all’istruzione delle persone con disabilità è tuttora un
diritto condizionato (Troilo, 2012).
Pur nella consapevolezza che il nostro Paese gode di un simile «primato inclusivo», è
noto che in alcuni casi di disabilità grave i percorsi di scolarizzazione non approdano
a molto più di ciò che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 12
febbraio 1985 e la successiva Circolare Ministeriale n. 262 del 22 settembre 1988 del
Ministero della Pubblica Istruzione deprecavano come «semplice socializzazione in
presenza». Ne è un esempio il caso della bambina sulla quale è incentrato il seguente
progetto di tesi. Si tratta di un soggetto con una disabilità grave, passato per un
percorso scolastico che non ha lasciato in lei tracce evidenti e significative.
Introduzione
2
Fondamentale, in tale situazione, è stato l'utilizzo a scuola della CAA, che ha dato
voce alle sue esigenze, richieste, emozioni e si è configurato dunque come un
importante strumento di inclusione scolastica.
In accordo con il principio insito nella “International Classification of Functioning,
Disability and Health”(ICF), in base al quale lo stato di salute può essere
modificato in relazione alla possibilità di comunicare e di mantenere una vita
sociale, lo scopo della presente tesi è stato l'inserimento a scuola di strumenti di
CAA altamente personalizzati, idonei al soddisfacimento dei bisogni comunicativi
e di partecipazione del soggetto in esame, per promuoverne lo stato di salute.
L’applicazione del Participation Model (Beukelman e Mirenda, 1992, 1998, 2005)
ha permesso di identificare tali bisogni, oltre che le barriere da eliminare. Si è
scelto, dunque, dopo un'attenta osservazione, di inserire i seguenti strumenti
all'interno della classe: etichette per ordinare oggetti e spazi; strisce delle attività (la
scansione della giornata)per strutturare il tempo della bambina, permettendogli in
ogni momento di sapere cosa sta succedendo e quali sono gli eventi della giornata;
libri adattati per sostenere lo sviluppo di un linguaggio simbolico attraverso
un’attività motivante e ricca sul piano emotivo e relazionale quale è la lettura
condivisa; giochi adattati per permetterle di esercitare importanti abilità sociali;
tabelle a tema per darle opportunità di partecipare attivamente ad ogni attività svolta.
I primi due capitoli della presente tesi hanno lo scopo di definire l’intervento di
CAA, fornendo una panoramica sugli strumenti di valutazione e sulle strategie di
intervento, compresi gli ausili di comunicazione. Segue poi, nel terzo capitolo, la
descrizione del percorso normativo che ha portato al raggiungimento dell'inclusione
scolastica e la delineazione del modello ICF. Nel quarto capitolo viene descritto il
caso clinico in esame. Nel quinto ed ultimo capitolo viene presentato il progetto vero
e proprio, procedendo con la descrizione del processo di valutazione effettuato, la
scelta delle modifiche da apportare all'ambiente scolastico, gli strumenti di CAA
inseriti e la definizione dei criteri con cui questi sono stati realizzati. E' presente
inoltre la descrizione della Goal Attainment Scale e la sua applicazione agli obiettivi
dell'intervento. Vengono elencate,infine, le diverse modificazioni del comportamento
del soggetto in seguito all'inserimento degli strumenti di CAA.
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
3
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della
Comunicazione Aumentativa Alternativa
1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa
La 12° divisione di speciale interesse sulla Comunicazione Aumentativa e
Alternativa dell’American Speech-Language-Hearing Association (ASHA) ha
definito la CAA come segue:
"la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) si riferisce a un’area di ricerca e
di pratica clinica ed educativa. La CAA studia e, quando necessario, tenta di
compensare disabilità comunicative temporanee o permanenti, limitazioni nelle
attività e restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini nella
produzione del linguaggio (language) e/o della parola (speech), e/o di comprensione,
relativamente a modalità di comunicazione orale e scritta" (ASHA, 2005).
L’aggettivo “Aumentativa” indica come le modalità di comunicazione utilizzate
siano tese non a sostituire, ma ad accrescere la comunicazione naturale: l’obiettivo
dell’intervento deve essere infatti l’espansione delle capacità comunicative tramite
tutte le modalità e tutti i canali a disposizione. A tal proposito è fondamentale
puntualizzare che la CAA non nasce come alternativa al linguaggio nella sua
globalità, ma solo all’aspetto fonetico del linguaggio.1
La CAA non è quindi sostitutiva del linguaggio orale e neppure ne inibisce lo
sviluppo quando questo è possibile; si traduce invece sempre in sostegno alla
relazione, alla comprensione e al pensiero2.
L’intervento di CAA ha lo scopo di supportare la comunicazione naturale esistente e
di fornire soluzioni che facilitino da subito l’interazione fra il bambino e il suo
ambiente di vita.
In sintesi si può definire il concetto di Comunicazione Aumentativa Alternativa come
l’insieme di conoscenze, tecniche , strategie e tecnologie atte ad integrare, aumentare
o sostituire il linguaggio verbale restituendo all’individuo “non parlante” il ruolo di
soggetto comunicante.
1 Maria Luisa Gava “La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola”, ed. Franco
Angeli 2007 2 Aurelia Rivarola “Comunicazione Aumentativa Alternativa”, Milano 2009
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
4
1.2 Storia e diffusione
Tra gli anni ‘50 e ‘70 il progresso delle cure mediche e riabilitative portò ad un
aumento di casi di bambini sopravvissuti a nascite premature e di adulti
sopravvissuti a ictus, traumi, malattie.
Per molti di loro residuavano, come postumi ,situazioni di grave disabilità motoria e
impossibilità a comunicare attraverso il linguaggio orale. Pochi riabilitatori,
andando contro corrente, iniziarono a suggerire modi aumentativi per favorire
la comunicazione e iniziarono a diffondere i risultati di queste esperienze.
I primi casi documentati si riferivano a soggetti afasici o affetti da Paralisi
Cerebrale Infantile.
Secondo alcuni, gli studi sull’apprendimento di simboli grafici da parte di scimpanzè
avrebbe aperto la strada all’idea di proporre simboli grafici a persone con
gravi deficit comunicativi e motori.
All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto
un primo programma di CAA rivolto a bambini con Paralisi Cerebrale Infantile. Nel
frattempo si sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la
disabilità comunicativa e venivano usate per la comunicazione macchine da
scrivere adattate.
Il primo ausilio tecnologico specificatamente dedicato alla comunicazione
è stato il POSSUM (Patient Operated Selection Mechanism) finanziato dal Polio
Research Foundation, usato poi fino alla fine degli anni ‘70. Vennero sviluppati,
soprattutto nel Nord Europa, molti altri ausili che erano però accessibili solo a chi
aveva acquisito il codice alfabetico e non erano di facile uso nella vita quotidiana.
Nel 1971 Shirley Mac Naughton, con un gruppo di colleghi, avviò a Toronto
– Canada – presso l’ Ontario Crippled Children Center un progetto di ricerca,
utilizzando i simboli grafici (Blissymbolics) che Charles Bliss aveva inventato con
l’intenzione di farne un linguaggio universale per eliminare le barriere e le guerre
tra i popoli.
Tali simboli, basati sul significato e non sulla fonetica, venivano appresi con
facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e
permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono
entusiasmanti e i simboli Bliss vennero diffusi rapidamente in tutto il mondo.
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
5
Per molti anni Blissymbolics è stato il principale sistema grafico utilizzato nel
mondo. Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati
via via creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di disabilità
nella comunicazione.
La diffusione di questi sistemi simbolici ha contribuito ad accelerare il
processo di strutturazione di questo nuovo campo clinico, che emergeva
sempre di più come un’area specialistica; venivano pubblicati libri, articoli,
test, venivano tenute relazioni a convegni e conferenze, organizzati corsi di
formazione e attivate presso numerose sedi universitarie del Nord America e del
Nord Europa le prime ricerche in campo clinico e tecnologico.
Shirley Mac Naughton ha creato un’organizzazione, il Blissymbolics
Communication Institute, successivamente rinominato Blissymbolics
Communication International – BCI - (tuttora impegnato nella creazione di nuovi
simboli), che ha prodotto una grande quantità di documentazione, libri, materiale
d’uso e anche i primi software con simboli. Presso il BCI sono stati organizzati corsi
di formazione, frequentati da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. I
corsi non riguardavano solo il sistema grafico Bliss, ma il suo utilizzo pragmatico:
non veniva cioè proposto solo un metodo, ma un approccio all’interno del quale
gli strumenti e i sistemi grafici trovavano una loro indicazione.
Un approccio funzionale per facilitare la comunicazione delle persone non parlanti
attraverso modalità non orali, fu considerato legittimo solo verso la fine degli
anni ‘70. Una legge americana del 1975 che riconosceva il diritto all’educazione
per tutti i bambini con disabilità, e quindi il loro diritto a vivere nella comunità,
diede ancora più forza a questa corrente di pensiero riabilitativo anche se molti
professionisti continuavano a sostenere che l’uso di modalità diverse sarebbe andato
a detrimento di un possibile emergere del linguaggio orale. Tale pregiudizio è ancora
presente, come già detto, non solo in molti genitori ma anche in molti operatori della
riabilitazione.
Ricerche di questo periodo nel campo della linguistica e dello sviluppo del
linguaggio nel bambino, aggiunsero nuovi stimoli a questo approccio alla
comunicazione. Molti ricercatori si concentrarono maggiormente sulla funzione
anziché sulla forma dell’atto comunicativo e quindi il linguaggio incominciò ad
essere visto come un mezzo per raggiungere il fine della comunicazione.
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
6
Le terapie logopediche iniziarono quindi a virare dal solo obiettivo di instaurare o
ristabilire un linguaggio orale a quello di migliorare la comunicazione con tutti i
codici e le modalità possibili. Ciò veniva sostenuto da F. Silverman nel libro
“Communication for the Speechless”, tradotto in italiano su iniziativa del Prof. O.
Schindler, che primo in Italia affermava l’importanza di migliorare la comunicazione
di chi presentava carenza o assenza di linguaggio orale attraverso tutte le modalità
possibili.
Dall’inizio degli anni ‘80 iniziarono ad essere pubblicati casi di persone che
attraverso programmi di comunicazione, riuscivano a migliorare la qualità delle
loro vite. Tali programmi venivano comunque sempre implementati dopo il
fallimento di forme tradizionali di terapie del linguaggio.
Nel 1980 e nel 1982 a Toronto si tennero le prime conferenze internazionali sulla
“Comunicazione non orale”. Nel corso della conferenza del 1982 venne presa la
decisione di creare un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo
clinico. Nel 1983 professionisti di 25 paesi del mondo fondarono a New
Lansing (Michigan - USA) l’International Society for Augmentative and Alternative
Communication (ISAAC) e decisero di chiamare l’area di interesse Augmentative
and Alternative Communication. In questa sede venne raccomandato di utilizzare
il termine derivato dal verbo “to Augment”, cioè aumentare, in tutte le lingue dove
ciò fosse possibile. Il termine “Aumentativa” doveva chiarire come l’obiettivo
dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità comunicative
esistenti.
In quel periodo il Personal Computer divenne per le persone con disabilità
comunicativa una realtà e così pure gli ausili con uscita in voce sintetica o in stampa,
perché diventavano sempre più piccoli e maneggevoli. Questi progressi tecnologici
sono stati favoriti dalla cooperazione di persone di Paesi differenti e provenienti
da diverse discipline. In quegli anni i progressi nell’area della tecnologia erano
quelli che più sembravano connotare il campo della CAA. Si svilupparono, inoltre,
numerose ricerche che fornivano conoscenze e teorie di base e contribuirono al
riconoscimento scientifico del campo della CAA.
I temi emergenti delle ricerche, che hanno motivato dibattiti e relazioni a congressi,
hanno via via seguito diversi filoni. Sono state riportate ricerche su quali
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
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caratteristiche dei simboli grafici facilitassero l’apprendimento e la memorizzazione
degli stessi, ricerche e articoli sull’argomento della “ selezione del vocabolario”,
sulle modalità interattive tra il partner parlante e non parlante,ricerche sul ruolo
dei simboli grafici nell’acquisizione della lingua e nell’apprendimento della letto-
scrittura, ricerche sul controllo dei comportamenti-problema tramite la CAA,
ricerche sulle tecniche di accelerazione della comunicazione tramite predizione
lessicale. Inoltre avvenivano dibattiti sulla terminologia in CAA, venivano svolte
indagini sul grado di comprensione del linguaggio sintetico, venivano pubblicati
articoli che riferivano l’applicazione della CAA in diverse condizioni di disabilità e
ancora ricerche sui diversi modelli di valutazione e intervento in CAA, fino alle più
recenti ricerche sulla quantificazione dei risultati e sulla posizione della CAA
rispetto alla pratica basata sull’evidenza. Sono tantissime le aree di sviluppo della
CAA che hanno portato ad un’evoluzione del pensiero, della metodologia di
intervento clinico e dei percorsi di formazione; molte di esse sono alla base di quelli
che oggi vengono considerati i principi di base della CAA.
Tappe significative nella diffusione della CAA in Italia possono essere considerate i
primi meeting internazionali del BCI a Catania e a Milano, rispettivamente nel 1983
e nel 1988. Successivamente nel 1989 la formazione del Gruppo Italiano per lo
Studio della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) e nel 1996 la
creazione della prima e, tuttora, unica scuola annuale di formazione in CAA a
Milano presso il Centro Benedetta D'Intino onlus. La scuola di formazione è
articolata in più seminari e vi collaborano docenti italiani e stranieri. Sono previste
inoltre iniziative di II° livello per approfondire argomenti e temi di particolare
rilievo nella pratica clinica in CAA.
In Italia la diffusione e lo sviluppo della CAA ha registrato e continua a registrare un
ritardo rispetto al Nord America e al Nord Europa.
La tappa certamente più significativa per il nostro Paese è stata la fondazione nel
2002 del Chapter ISAAC Italy. ISAAC Italy raduna in Italia le persone interessate e
coinvolte nella CAA, cioè le persone che utilizzano la Comunicazione Aumentativa e
Alternativa, i loro familiari ed amici, professionisti, tecnici ed aziende che
distribuiscono in Italia ausili e materiali per la CAA. Scopi di ISAAC Italy, oltre a
quello di sviluppare gli obiettivi di ISAAC Internazionale, sono quelli di divulgare e
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
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promuovere il campo interdisciplinare della CAA, facilitare l’accesso alle
conoscenze specifiche e diffondere una corretta cultura di CAA anche attraverso le
conferenze ISAAC in Italia (nel 2005 a Genova, 2007 a Roma, 2009 a Torino)
e la traduzione di alcuni articoli e testi di rilevanza per la CAA.
1.3 Ambiti di applicazione della CAA
L’intervento di CAA può essere rivolto a tutti coloro che necessitino di un’assistenza
particolare per parlare e/o scrivere perché la loro comunicazione gestuale, verbale e/o
scritta è temporaneamente o permanentemente inadeguata a esprimere i loro bisogni
comunicativi. Varie sono le condizioni congenite o acquisite che possono causare
l’incapacità di parlare o scrivere senza un’assistenza particolare. Le principali cause
congenite di questi disordini di comunicazione includono disabilità intellettive
severe, paralisi celebrali infantili, autismo e aprassia del linguaggio. Le disabilità
acquisite che più spesso richiedono interventi di CAA comprendono la sclerosi
laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, traumi cranio-encefalici e ictus del tronco
cerebrale.
I dati epidemiologici mostrano un’area di bisogno consistente: i dati internazionali
mostrano che tra lo 0,5 e lo 0,9 % della popolazione infantile necessita un intervento
di CAA 3.
In Italia, più del 2% della popolazione di età compresa tra 0-18 anni è disabile e
almeno un quarto di essa presenta disturbi di comunicazione transitori o permanenti,
per un totale di circa 50.000 ragazzi e famiglie all’interno di diagnosi anche molto
diverse.
Beukelman (2012) evidenziò diversi fattori che hanno contribuito all’aumento del
numero di individui che necessita dell’utilizzo della CAA. Ad esempio, l’aumento,
negli ultimi anni, dell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico (DSA): negli Stati
Uniti 1 bambino su 88 riceve diagnosi di DSA (Centro per il Controllo e la
Prevenzione delle Malattie) e di questi bambini il 30-50% sviluppa un linguaggio
funzionale e necessita della CAA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2001).
3 J.A. Matas, P.Mathy-Laikko, D.R. Beukelman, K. Legresley, “Identifying the non speaking population:
a demographic study”, Augmentative and Alternative Communication, 1985
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
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Inoltre, grazie ai progressi della medicina, sono aumentati i tassi di sopravvivenza di
bambini con disturbi dello sviluppo alla nascita o con disturbi dello sviluppo
acquisiti e ciò ha portato al conseguente aumento del numero di persone con
disabilità permanenti, molte delle quali presentano disturbi della comunicazione.
Ad esempio, l’incidenza delle paralisi cerebrali infantili (PCI) negli Stati Uniti sta
aumentando (Loyola University Health System, 2010), rappresentando così una delle
principali cause di disabilità in età evolutiva. Non solo è aumentata l’incidenza delle
disabilità comunicative, ma è anche aumentata l’aspettativa di vita e questo ha
portato all’aumento della prevalenza della disabilità comunicativa. Inoltre,
l’aumentata aspettativa di vita ha portato all’aumento della percentuale di persone
anziane (oltre i 65 anni) che hanno quindi maggiori probabilità di sviluppare
patologie cronico - degenerative con conseguenti disturbi sensoriali, percettivi,
motori, cognitivi, e del linguaggio fino ad avere bisogno della CAA per sostenere la
comunicazione ( Segalman, 2011)4.
1.4 Principi generali della CAA
Tutte le modalità che una persona con disabilità comunicativa usa a livello
intenzionale e non intenzionale per mettersi in contatto con chi la circonda, fanno
parte del proprio personale sistema di comunicazione; in quanto tali vanno valutate e
considerate ancor prima di consigliare ausili “poveri” o tecnologici. In un progetto di
CAA bisogna quindi identificare, interpretare e valorizzare il sistema di
comunicazione esistente, dove per esso si intende l’insieme delle risorse naturali
della persona quali gesti, vocalizzi, movimenti del corpo (modalità unaided). E’
importante, ad esempio, comprendere il modo di esprimere accettazione o rifiuto,
dare significato alla mimica del volto, allo sguardo, alla pantomima, ai gesti usati e
capire se esiste un modo codificato per rispondere “Sì” e “No”. Le strategie di CAA
sono indispensabili per questi scopi: per esempio, codici o modalità speciali per il Sì
e No o strumenti come il vocabolario dei gesti personali quando i gesti usati non
sono comprensibili a tutti. L’identificazione del sistema di comunicazione
esistente permette di costruire nuove competenze a partire dalle abilità presenti
4 Janis Light, David McNaughton,” The changing face of Augmentative and Alternative
Communication: past, present and future challenges, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (4): 197-204
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
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e di consigliare strategie, strumenti e differenti tipi di ausili di comunicazione
speciali (aided) che realmente migliorino le possibilità comunicative.
Per raggiungere questo obiettivo è prioritario conoscere i bisogni e le occasioni di
comunicazione del bambino in tutti gli ambienti di vita.
L'aspetto fondamentale che differenzia l'intervento di CAA dagli interventi
riabilitativi classici è l'attenzione al contesto e agli interlocutori del bambino (partner
di comunicazione). L'intervento deve mirare dunque anche alla modificazione delle
caratteristiche fisiche e familiare dell'ambiente, per renderlo più adatto al bambino.
Quanto finora affermato trova giustificazione nella definizione dell'ASHA: "La CAA
si riferisce anche ai soli aggiustamenti dei comportamenti degli interlocutori". I
modelli d'intervento si rivolgono sia alla persona con disabilità, sia ai coloro i quali
interagiscono con essa quotidianamente, i quali dunque diventato parte integrante del
progetto rivolto a sostenere i processi comunicativi e relazionali. Partendo dal
concetto di base per cui “la comunicazione non si insegna ma si esplica nei reali
contesti di vita del bambino” è chiaro che la CAA debba essere insegnata in modo
interattivo e pragmatico. Essa, dunque, richiede necessariamente che qualsiasi abilità
specifica, come imparare i simboli grafici, apprendere una tecnica di selezione dei
simboli dalla tabella e imparare a utilizzare un VOCA, venga appresa in situazioni
comunicative naturali e realistiche e venga subito tradotta in obiettivi funzionali.
Pertanto, il training in CAA non può essere impostato con modalità simili a quelle
utilizzate all’interno di normali sedute riabilitative.
Si può, quindi, affermare che l’alleanza con i partner comunicativi e un training agli
stessi sia fondamentale per la buona riuscita di un programma di CAA. Infatti, i
partner comunicativi possono supportare la comunicazione offrendo contesti
stimolanti e vanno quindi aiutati affinché imparino a interagire con successo con chi
ha difficoltà comunicative. Per questo devono porre attenzione al proprio linguaggio
per favorire la comprensione e devono acquisire diverse strategie: ad esempio, usare
lunghi tempi di pausa nel corso degli scambi comunicativi, rispondere ad ogni
tentativo di comunicazione, utilizzare domande aperte, seguire gli interessi del
bambino, rispettare i suoi tempi e i suoi ritmi e aiutarlo ad esprimere preferenze e
scelte, a raccontare e a commentare utilizzando tabelle e ausili. E’ molto importante,
nell’ambito di un progetto di CAA, individuare uno o più facilitatori che si assumano
Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa
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la responsabilità di supportare gli sforzi comunicativi del bambino, diventando
promotori di relazioni con diversi partner comunicativi (compagni di classe, amici,
insegnanti, vicini di casa), ed evitando di porsi come unici interlocutori. La scuola è,
per esempio, uno degli ambienti che offre ai bambini disabili il maggior numero di
occasioni di comunicazione e di interazione. Gli insegnanti di sostegno e gli
educatori sono spesso le figure che con maggior successo assumono il ruolo di
facilitatori. I sistemi di CAA sono efficaci se, oltre a essere accompagnati da un
training rivolto al bambino, sono condivisi e supportati dalla maggioranza delle
persone per lui significative, al fine di evitare una “scissione” tra i vari ambienti di
vita.
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel
bambino con bisogni comunicativi complessi
La Valutazione avvia l'intervento di CAA, nel senso preciso di porre le basi di
conoscenza e di osservazione che permettono la definizione di un progetto di
intervento per quella precisa persona con complessi bisogni comunicativi nel suo
contesto di vita. La complessità del compito richiede una serie regolare di incontri, i
quali configurano un percorso di osservazione -intervento: in altri termini, le prime
sedute di osservazione permettono di rilevare le abilità funzionali comunicative che il
soggetto già utilizza nelle sue interazioni quotidiane; tali abilità a volte sono
possedute ma il soggetto non è in grado di adoperarle nei diversi contesti. Devono
essere osservate le competenze comunicative già presenti nella persona con bisogni
comunicativi complessi, al fine di identificare obiettivi adatti. Contemporaneamente
deve essere verificato l’allineamento dei genitori e dei principali partner
comunicativi rispetto allo scopo e alle modalità di intervento. Si stabiliscono le
strategie di intervento per il singolo soggetto,approfondendo l’osservazione delle
Abilità Funzionali alla Comunicazione, con adeguati strumenti di osservazione e
dettagliando la programmazione dei modi e degli strumenti attraverso cui dirigere lo
sviluppo del soggetto. Valutazione, osservazione e intervento sono processi immessi
in un sistema di reciproca influenza, in cui la coerenza dell’uno con gli altri deve
essere verificata di continuo.
2.1 Modello di partecipazione
In una relazione tecnica del 2014, l’American Speech-Language-Hearing Association
(2004) adottò il Modello di Partecipazione (Participation Model), come schema di
riferimento della valutazione e degli interventi di CAA. Il Modello di Partecipazione
fu presentato per la prima volta da Beukelman e Mirenda (1988), che ampliarono i
concetti inizialmente esposti da Rosenberg e Beukelman (1987) per guidare le
decisioni e gli interventi di CAA. La versione attuale del modello (figura 1) fornisce
una struttura per la valutazione e l'intervento e propone metodi per modificare i molti
aspetti delle barriere di comunicazione degli utenti di CAA. Il Modello di
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
13
Partecipazione è finalizzato all'individuazione ed al superamento continuo di questi
ostacoli. L'obiettivo principale è di facilitare ogni persona cercando di eliminare gli
ostacoli ed incrementando i livelli di partecipazione dell'individuo stesso nei contesti
naturali più significativi progettando degli interventi specifici, opportuni e mirati.
Il principio basilare del Modello di Partecipazione consiste nel concetto che per
incrementare la comunicazione è necessario incrementare in modo significativo la
partecipazione in contesti naturali. La valutazione secondo questo modello parte
dall’individuazione dei bisogni di partecipazione del bambino, compresi i bisogni
comunicativi nei contesti naturali come sono la casa e l'ambiente scolastico.
Attraverso opportune schede di registrazione della partecipazione (valutando dunque
le barriere di accesso e di opportunità) è possibile registrare le abilità che ogni utente
possiede e di cui ha bisogno al fine di offrire suggerimenti utili e le soluzioni più
idonee per eliminare gli ostacoli presenti. Vengono pertanto valutate le barriere di
accesso,facendo riferimento ad una serie di abilità funzionali che gli esseri umani
normalmente sviluppano ovvero valutando la disponibilità di mezzi per comunicare
pienamente in tutte le situazioni;e le barriere di opportunità considerando come
l’ambiente familiare, medico, educativo, governativo e comunitario influenza lo
sviluppo delle abilità potenziali e le libertà di ogni utente CAA.
Inoltre possono essere indicati e registrati gli obiettivi e le soluzioni per la
pianificazione di un intervento di CAA. Il punto di partenza è la valutazione delle
disabilità per focalizzare poi l'interesse sulle abilità presenti ed affidabili, potenziali o
potenziabili.
Il modello di partecipazione richiede che siano valutati per confronto i modelli di
partecipazione dei pari non disabili in contesti significativi. I modelli i partecipazione
dei bambini che saranno oggetto degli interventi vengono valutati negli stessi
contesti dei pari e a questi confrontati.
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
14
Figura 1 . Modello di partecipazione (Beukelman & Mirenda 2014)
Identificare i pattern di partecipazione e i bisogni comunicativi
La valutazione dei pattern di comunicazione inizia con la Rivelazione della
Partecipazione (Participation Inventory), che può essere effettuata per ciascuna delle
attività a cui la persona con CBC partecipa regolarmente in casa, a scuola, al lavoro o
in altri contesti. Oltre a redigere un inventario delle attività, è anche utile identificare
le persone con le quali la persona con CBC potrebbe comunicare. Ovviamente, le
specifiche attività e i partner comunicativi di una persona dipenderanno da numerosi
fattori sociali, lavorativi ed educativi.
Il primo passo per redigere un Participation Inventory relativo ad un’attività specifica
è quello di stabilire come i pari vi prendono parte, registrando i passaggi critici
necessari per una partecipazione soddisfacente. Il team di intervento deve selezionare
come modello un pari approssimativamente della stessa età della persona interessata
(e dello stesso sesso, se il genere è un fattore rilevante all’interno di un’attività), la
cui partecipazione fornisca un esempio di quella auspicata in una data situazione.
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
15
Osservando e documentando i pattern partecipativi dei pari per ciascuna attività, i
membri del team stabiliscono degli standard di performance dei pari, secondo i
seguenti livelli:
• Indipendente: il soggetto pari è in grado di partecipare all’attività senza
assistenza;
• Indipendente con supporto: il soggetto pari è in grado di partecipare in modo
autonomo una volta che gli sia stata fornita assistenza per avviare l’attività
(ad esempio si sono preparati per uno studente i materiali per un lavoro
artistico);
• Richiede assistenza verbale o fisica: il soggetto pari è in grado di portare a
termine il compito se gli si forniscono istruzioni o stimoli verbali o fisici (ad
esempio un genitore o insegnante fornisce un supporto fisico a uno studente
mentre svolge una certa attività).
Determinare con precisione i passaggi critici necessari per portare a termine
un’attività è una fase importante del processo di valutazione di CAA. Le persone con
CBC, i loro insegnanti, collaboratori o familiari possono a volte stabilire obiettivi
non realistici per una certa attività.
Una volta che i membri del team hanno identificato i passaggi critici e i pattern di
partecipazioni necessari ai pari per portare a termine un’attività, potranno utilizzare
gli stessi criteri per valutare e documentare come la persona con CBC partecipi. E’
possibile che quest’ultima sia in grado di partecipare in alcuni passaggi ad un livello
simile a quello dei suoi pari e che in tali situazioni non vi sia alcuna differenza nella
partecipazione. In altri passaggi, invece, le discrepanze tra il livello di partecipazione
della persona e quello dei suoi pari potranno essere evidenti.
Secondo il Modello di Partecipazione due tipi di barriere possono influire sulla
partecipazione della persona: le barriere di opportunità e le barriere di accesso. Le
prime sono quelle poste da persone diverse dalla persona con CBC e che non
possono essere rimosse semplicemente fornendo un sistema di comunicazione o un
intervento di CAA.
Le barriere di accesso, invece, derivano sostanzialmente da limitazioni delle attuali
capacità della persona o del suo sistema di comunicazione. E’ necessario effettuare
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
16
valutazioni che portino a identificare l’origine delle barriere alla partecipazione, per
poter formulare una valutazione efficace e individuare strategie di intervento per
ciascuna barriera.
2.2 Modelli di intervento
La distribuzione del lavoro lungo un percorso nel contempo di osservazione e di
intervento serve per evocare ed esercitare quelle abilità di cui il soggetto già dispone;
serve per avviare un lavoro che permetta il mantenimento e la generalizzazione delle
stesse; consente di evocare e costruire altre e nuove abilità comunicative di base o
anche di avviare una comunicazione simbolica, quando questo è possibile.
Come già detto, l’intervento si costruisce sulle abilità presenti, ma non prescinde
dalle difficoltà e dai punti critici. Entrambi vengono definiti in CAA “barriere”:
l’intervento consiste anche nel cercare il modo per superarle.
L’intervento si articola in sedute rivolte al bambino in presenza dei genitori e dei
principali partner degli ambienti di vita, in particolare della scuola o dei centri diurni,
per renderli il più possibile competenti ed autonomi nel supportare gli sforzi
comunicativi del bambino attraverso strategie e strumenti di CAA e per individuare e
progettare occasioni di partecipazione comunicativa. Gli insegnanti e gli educatori
giocano un ruolo fondamentale in un progetto di CAA ed è pertanto importante
trovare tra di loro chi si assuma la responsabilità di supportarlo. Queste persone
vengono chiamate facilitatori della comunicazione. E’indispensabile prevedere per
loro tempi, occasioni e modalità efficaci di formazione sia teorica che in presenza del
bambino. Quando possibile è importante che la persona che conduce il progetto di
CAA intervenga direttamente negli ambienti di vita per individuare o creare
opportunità. Purtroppo per limiti strutturali ciò non è sempre attuabile. Nella pratica,
le sedute creano contesti d’interazione strutturati dall’operatore CAA, in cui
bambino, genitori e partner (in genere insegnanti ed educatori) possano vivere
scambi comunicativi significativi. Ciò generalmente avviene in situazioni di gioco e
durante routine. In tali contesti, l’operatore CAA conosce il bambino, cerca di
captare i segnali da lui inviati e le intenzioni comunicative, e costruisce interazioni,
perlopiù attraverso il gioco, rispettando i suoi interessi e preferenze. In altre parole,
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
17
crea contesti di partecipazione, all’interno dei quali valorizza gli sforzi comunicativi
del bambino e, nel contempo, propone quei simboli che gli permetteranno da subito
di esplicare diverse funzioni comunicative,anche negli altri ambienti di vita. Cerca,
inoltre, di rendere i genitori sensibili a cogliere e riconoscere i segnali comunicativi
del bambino e a restituire significato favorendo così lo sviluppo di intenzionalità.
Potrà mostrare come non fondare la CAA sull’esercizio, ma su esperienze che
offrano opportunità di comunicazione. Ad esempio, una delle principali opportunità
da insegnare e proporre è quella di fare scelte in situazioni reali. L’abilità di scegliere
dà infatti la possibilità di influenzare l’ambiente, di crearsi una identità, di migliorare
l’immagine e la stima di sé. Offrire scelte è molto più complicato di quanto possa
sembrare; ma ancora più difficile è offrire scelte senza obbligare a farle. Durante le
sedute si potrà trasmettere una strategia particolarmente cruciale in CAA chiamata
“modellamento”. Il modellamento comporta che chi interagisce col bambino, che sta
imparando l’uso funzionale dei simboli, indichi i simboli corrispondenti alla parola
chiave mentre parla al bambino. In tal modo il bambino sperimenta i simboli in uso
ricettivo, rinforza l’associazione del simbolo al referente, condivide con un’altra
persona la sua modalità di comunicazione, e, se la comunicazione avviene con il
supporto della tabella, consolida la memorizzazione e la collocazione del simbolo.
Altro aspetto importante del modellamento è l’esposizione del bambino ad una
costruzione sintattica via via più evoluta, utile per affrontare le difficoltà sintattiche
della comunicazione con simboli.
Le interazioni naturali tra genitori e bambini offrono spesso spunto e opportunità per
sostenere, ampliare e arricchire gli scambi comunicativi. I genitori, durante le sedute,
possono osservare come sia possibile che i loro bambini vivano, durante il gioco,
merende, uscite al bar, scambi comunicativi efficaci anche con partner comunicativi
non abituali. Questo stile di intervento si applica, adeguatamente adattato, anche a
ragazzi e giovani adulti.
Il modello di intervento attualmente considerato “valido” a livello internazionale in
Comunicazione Aumentativa Alternativa è definito “Modello basato sulla
partecipazione“ (Beukelman e Mirenda,2005) e il significato di partecipazione in
questo caso gioca su più livelli.
In primo luogo, l’obiettivo dell’intervento è facilitare la comunicazione significativa
e la partecipazione della persona nelle attività della vita quotidiana e nella società,
nel significato dato al termine dall’ICF.
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
18
In secondo luogo la partecipazione attiva del bambino, della famiglia, e del contesto
di vita è necessaria e indispensabile nel momento della valutazione in quanto
“migliori esperti” del funzionamento comunicativo e dei bisogni emergenti .
Infine, questo tipo di intervento implica la continua costruzione e negoziazione di un
progetto su misura per quel bambino e quella famiglia in quel contesto e in quel
momento della loro storia, intorno al quale vi sia pieno consenso di tutti coloro che
sono coinvolti.
Altre possibili modalità di intervento sono le seguenti:
• Modello di intervento basato sui prerequisiti;
• Modello di intervento basato sui bisogni.
Nel primo caso l’operatore di CAA valuta le limitazioni del bambino e inizia un
intervento su di lui per fargli raggiungere ipotetici prerequisiti.
Nel secondo caso invece l’operatore valuta le competenze del bambino, ipotizza i
suoi bisogni e inizia un intervento con lui, definendo simboli, tabelle, ausili, training
da usare a casa o a scuola in base ai migliori strumenti tecnici per il bambino.
L’équipe di CAA
Nella condivisa pratica clinica, si ritiene importante che la valutazione e l’intervento
in CAA siano processi dinamici condotti da una équipe di professionisti, che non
solo conoscono e padroneggiano le strategie proprie della CAA, ma anche sappiano
mantenere un’attitudine di lavoro multidisciplinare e di gruppo. Purtroppo
l’operatore formato in CAA sovente si trova a lavorare ‘da solo’ sul versante della
Comunicazione, anche qualora appartenga ad un gruppo di lavoro. Si pone allora
l’istanza di ricercare attivamente altri professionisti, con cui condividere il progetto
di CAA per realizzare una concreta rete di scambio di informazioni e di condivisioni
sugli obiettivi da perseguire e sulle strategie comunicative individuate come adeguate
allo scopo.
2.3 Tecniche di CAA assistita
Nell'intervento di CAA si deve individuare il sistema comunicativo multimediale
migliore per i bisogni comunicativi dell'utente, integrando componenti verbali e non
verbali naturali della comunicazione insieme a modalità aumentative naturali e
modalità aumentative speciali che comprendono:
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
19
• i sistemi di simboli,
• le tecniche di trasmissione
• gli ausili a vario grado di tecnologia.
2.3.1 I simboli
I simboli possono essere classificati in tre categorie: simboli tangibili, fotografie e
simboli grafici. I simboli tangibili sono gli oggetti veri, le imitazioni di oggetti, le
miniature o parti di oggetti. Le foto
comprendono sia fotografie personali che
fotografie di giornali o riviste o loghi di
prodotti. I simboli grafici differiscono tra
loro per livello di simbolizzazione: i simboli
trasparenti sono facilmente intuibili perché
assomigliano visivamente al concetto che
rappresentano; i simboli opachi non hanno
alcuna relazione con il concetto che
rappresentano, sono arbitrari; i simboli
traslucenti non sono facilmente intuibili ma si caratterizzano per la facilità di
apprendimento. I simboli sono raggruppati in set o sistemi di simboli. Un set di
simboli è un insieme definito di simboli; è quindi limitato par la sua stessa natura;
può essere prodotto da specialisti di CAA o essere composto da blocchi di simboli
reperibili sul mercato, da autoadesivi o da cartoncini contenenti un numero limitato
di simboli. Un set di simboli può essere ampliato ma non ha regole chiaramente
definite per la sua espansione.
Un sistema di simboli si riferisce ad un insieme di simboli specificamente ideato per
essere usato insieme allo scopo di permettere la migliore comunicazione. I sistemi di
simboli includono regole o una logica per lo sviluppo dei simboli non ancora
rappresentati nel sistema (Vanderheiden, Lloyd, in Blackstone, 1986).
GIOCARE GIOCARE
Figura 2. Simboli PCS adatti ai
vari contesti culturali
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
20
I simboli più diffusi nel contesto italiano sono i Picture Communication Symbols
(PCS), Widgit Literacy Symbols (WLS) e Blissymbolics (Bliss). Ognuno di essi
presenta caratteristiche peculiari che possono
determinare vantaggi e svantaggi diversi
nell’approccio della simbologia e nelle
evoluzioni e arricchimenti che possono
essere introdotti nel tempo. Il PCS è il più
diffuso set di simboli in uso nel mondo. Il
PCS è un’ampia raccolta di più di 10.000
simboli. I PCS sono nati negli Stati Uniti
d’America che restano il contesto nel quale
vengono maggiormente impiegati; esistono
in 42 lingue con rappresentazioni adatte a
diversi contesti culturali (vedi figura 2). Molti simboli sono presenti in diverse
versioni più trasparenti o più stilizzate (vedi figura 3). La caratteristica principale è
la trasparenza di questi simboli, che pur con qualche stilizzazione, mantiene una
buona riconoscibilità immediata. Ciò vale in particolar modo per gli oggetti e alcuni
verbi mentre i simboli relativi ai concetti astratti risultano comunque poco trasparenti
(vedi figura 4). I PCS sono caratterizzati,grazie alle loro peculiarità,da una facilità di
apprendimento immediato da parte dei bambini piccoli o con difficoltà cognitive. Il
vocabolario in simboli è molto ricco per quanto riguarda nomi e termini legati al
concreto ma risulta decisamente meno fornito di concetti astratti. Questo sistema
manca inoltre di elementi morfo-sintattici quali il plurale, molti pronomi e altri
elementi della morfologia libera, comparativi e superlativi, alcuni avverbi e
congiunzioni. I simboli PCS sono utilizzati in un gran numero di software, il più noto
ed utilizzato è il software Boardmaker nato per la costruzione di tabelle di
comunicazione. Tra i vantaggi del suo uso per la produzione del testo in simboli vi
sono: la veloce reperibilità dei simboli anche attraverso la ricerca per categorie; la
possibilità di ampliare abbastanza agevolmente la libreria con nuovi simboli,
immagini e foto; la facilità nel modificare sia il testo che i simboli; la facilità
nell’impaginazione a seconda del bisogno e la possibilità di scegliere la dimensione
dei simboli e del testo. La possibilità di costruire nuovi simboli è importante ma al
tempo stesso espone al rischio di un’eccessiva individualizzazione d’uso.
AMICI AMICI
Figura 3 Simboli PCS con diverso
livello di stilizzazione
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
21
Il WLS è un sistema di simboli nato nel Regno Unito come evoluzione dei simboli
Rebus.
Il WLS è stato appositamente ideato per
supportare l’apprendimento delle capacità di
letto-scrittura. Lo stile grafico è meno infantile
rispetto ai PCS e dunque adatto a tutte le età. I
simboli di oggetti mantengono lo stesso livello
di trasparenza dei PCS, mentre la presenza di
elementi per la rappresentazione delle
componenti morfosintattiche della lingua
avvicina i WLS al Bliss. Oltre a un ampio vocabolario (oltre10.000 simboli,
disponibili sia a colori che in bianco e nero, in grado di rappresentare un vocabolario
di oltre 30.000 parole nella lingua italiana), il sistema WLS ha precise regole interne
che consentono di identificare categorie linguistiche omogenee.
Il software che utilizza il sistema WLS in italiano è Symwriter che nasce come
sistema di trascrizione in simboli della scrittura alfabetica.
Il Blissymbolics nasce per opera di Charles K. Bliss dopo la Seconda Guerra
Mondiale, la finalità per cui viene progettato è quella di creare una lingua
internazionale che faciliti la comunicazione tra persone parlanti lingue diverse.
Il sistema Blissymbolics è ispirato alla scrittura cinese basata su ideogrammi.
La rappresentazione delle parole utilizza come elementi primitivi 26 segni grafici
elementari che possono essere potenzialmente combinati all’infinito per creare nuove
parole ed esprimere elementi grammaticali e morfosintattici similarmente a quanto
avviene con i suoni del linguaggio.
Ogni singolo segno viene posizionato all’interno di uno spazio definito da due linee
immaginarie parallele: la linea del cielo e la linea della terra, in questo modo la
posizione del simbolo all’interno delle due linee immaginarie ne determina il
significato. I simboli possono essere composti da più elementi primitivi. Gli
indicatori sono segni più piccoli che vengono posizionati sopra i simboli all’interno
dello spazio delimitato dalle due linee immaginarie del cielo e della terra che
permettono di rispettare le regole grammaticali e la morfologia propria di ogni
BELLO
Figura 4. Simboli PCS opachi
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
22
lingua; i modificatori sono simboli che permettono di modificare il significato del
simbolo.
Esistono inoltre numerosi simboli che hanno la funzione di preposizione, articolo,
avverbio, aggettivo e altri.
Rispetto ai PCS e al WLS, il Bliss ha una trasparenza minore, pertanto richiede un
tempo maggiore per l’apprendimento dei simboli. Inoltre, in quanto il Bliss rispetta
le regole del linguaggio verbale, non è possibile utilizzarlo senza evidenziare da
subito tutti gli elementi morfosintattici, non è possibile, quindi, introdurre
progressivamente livelli di complessità maggiore in base alle specifiche necessità di
ogni utente e alle sue modificazioni nel tempo.
Il Bliss è il sistema simbolico grafico più evoluto. Le applicazioni software in
italiano per il Bliss sono poche e abbastanza recenti di cui la più nota è Mind
Express. Altri set e sistemi di simboli meno diffusi nel contesto italiano sono: il Core
Picture Vocabulary, il Pictogram Ideogram Communication (PIC), il Pic Syms.
Il Core Picture Vocabulary è un codice pittografico. Questo set di simboli è stato
creato nel 1985 da Don Jonston ed è costituito da un ristretto vocabolario di
significati prevalentemente concreti, rappresentati da circa 160 simboli in bianco e
nero. I simboli trasparenti rendono questo sistema adatto ai bambini piccoli. Il PIC è
un codice in parte pittografico e in parte ideografico creato dalla George Foundation.
Si tratta di un set di circa 1400 simboli che vengono rappresentati su fondo nero e
sono adatti per persone adulte o con difficoltà visive.
Il Pic Syms è un sistema di simboli creato da F. Carlson e si basa sul lessico
generalmente utilizzato dai bambini in età prescolare, rappresentato da circa 850
simboli. I simboli sono raggruppati per categorie semantiche e rappresentano sia
concetti concreti che astratti.
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
23
2.3.2 Tecniche di trasmissione
Quando si parla di “tecniche di trasmissione” ci si riferisce alle modalità di
esposizione, visualizzazione e selezione dei simboli.
2.3.2.1 La selezione
Nell’ambito della CAA assistita si possono distinguere modalità di selezione diretta e
modalità di selezione indiretta. La selezione diretta avviene mediante l’indicazione.
L’utente può indicare attraverso l’utilizzo delle dita delle mani, il direzionamento
dello sguardo, un ausilio di puntamento nel pugno o su di un caschetto, un’asta
tenuta fra le labbra o attraverso un fascio di luce applicato su un caschetto o altro
ancora. La selezione indiretta può avvenire attraverso due modalità: a scansione o a
codifica. La selezione a scansione può essere assistita dal partner di comunicazione o
da sistemi elettronici. Nel primo caso, il partner indica uno per volta i simboli o un
gruppo di simboli (scansione riga-colonna); nel secondo caso è il sistema che indica i
simboli uno per volta o a gruppi attraverso un segnale luminoso accompagnato o
meno da un segnale acustico, l’utente segnala la sua scelta. La selezione a codifica
avviene attraverso l’uso di un codice di riferimento che viene attribuito ad ogni
elemento.
2.3.2.2 Gli ausili low-tech
Si definisce con il termine ausilio qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o
sistema tecnologico utilizzato per compensare, alleviare o eliminare un problema
temporaneo o permanente. Lo scopo è dare maggiore autonomia e migliorare la
qualità della vita. Gli ausili possono favorire la graduale crescita di identità del
bambino, prevenire le complicanze, promuovere l’autonomia, favorire la
socializzazione, facilitare le attività nei diversi ambienti di vita del bambino.
Esistono ausili a tecnologia povera, a tecnologia media e ad alta tecnologia. Gli
strumenti a tecnologia povera (low-tech) non hanno batterie, componenti elettroniche
o emissione di voce. Essi vengono creati con simboli, fotografie, immagini, oggetti o
materiali comuni. Si tratta di supporti sempre disponibili e facilmente accessibili
all’utente. Il “quaderno dei resti” è uno strumento che permette al soggetto di
raccontare o condividere un’esperienza fatta precedentemente. La tecnica dei resti
consiste nel raccogliere ed organizzare gradualmente, ad esempio in un quaderno, i
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
24
frammenti e i resti concreti di un’attività o situazioni vissute direttamente dal
bambino e che vengono utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica.
Le diverse tracce delle esperienze significative permetteranno al bambino di
espandere le funzioni comunicative. Il “vocabolario dei gesti” è uno strumento che
permette, da una parte, la consultazione veloce per consentire ai partner non familiari
di comprendere il significato dei gesti prodotti dal bambino e, dall’altra, di
valorizzare le competenze gestuali per sostenere l’espansione del suo codice
gestuale. Il vocabolario dei gesti deve essere redatto attraverso una ricognizione
accurata del patrimonio gestuale del bambino, facendo delle fotografie o disegnando
o descrivendo il gesto prodotto e annotando il significato specifico che esso ha per
quel bambino.
Le “tabelle di comunicazione” sono dei supporti comunicativi cartacei che
raccolgono bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi: oggetti concreti,
miniature di oggetti fotografie, disegni, sistemi simbolici, lettere o parole. Il bambino
comunica attraverso l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner. Le
tabelle di comunicazione sono accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche
comunicative, fisiche, cognitive del bambino, attraverso la raccolta del vocabolario
di base e la scelta dei contenuti da inserire; la selezione del sistema
rappresentazionale da utilizzare; la scelta delle dimensioni dei simboli e della
spaziatura fra di essi; la selezione della modalità d’accesso (indicazione diretta o a
scansione);la scelta della forma, della struttura e delle dimensioni della tabella in
considerazione della trasportabilità. Esistono diversi tipi di tabelle.
Le “tabelle minime” sono formate da pochi simboli o oggetti e favoriscono la scelta.
Le “tabelle a scelta multipla” permettono di aumentare le possibilità di scelta,
generalmente sono costruite con foto o simboli. Le “tabelle a tema” sono strumenti
utili per interagire durante una specifica attività o per raccontare qualcosa, il
vocabolario viene selezionato in funzione dello specifico contesto comunicativo. Le
tabelle a tema si differenziano dalle tabelle a scelta multipla per la presenza di
simboli di azioni oltre che di oggetti.
Le “tabelle a cascata” (o a Matrioska) sono formate da una tabella a scelta multipla
che si sviluppa con un insieme di tabelle a tema concatenate. Le “tabelle principali”
sono strutturate in modo da poter essere utilizzate durante tutte le attività del
bambino e contengono il vocabolario di base. Possono avere forma, dimensioni,
struttura e modalità di accesso differenti in funzione delle caratteristiche del
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
25
soggetto, ma per quanto possibile sono organizzate fisicamente in modo da facilitare
la strutturazione della frase.
I “passaporti”e le “presentazioni”, sono supporti per favorire la conoscenza ad
interlocutori non abituali del bambino, dei suoi interessi, delle sue modalità e dei suoi
bisogni di comunicazione.
L’“E-tran” è uno strumento di straordinaria efficacia per ampliare le possibilità
espressive utilizzando l’ indicazione di sguardo.
Non esiste un solo tipo o modello di E-tran, ma in generale esso è sempre costituito
da un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli, lettere o numeri. I materiali
normalmente impiegati per costruire il pannello sono il Plexiglass e il Lexan, più
resistente ai graffi. Si tratta di oggetti che non sono reperibili in commercio, ma
vanno costruiti artigianalmente. Il pannello viene posto fra la persona non parlante e
il suo interlocutore. Quando il primo guarda una lettera sul pannello, il secondo, dalla
parte opposta, può vedere dove si dirigono gli occhi e l’elemento che viene indicato.
La comprensione, di norma, risulta molto rapida così come gli scambi comunicativi.
2.3.2.3 Gli ausili high-tech
Gli ausili a media e alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare
hanno bisogno di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È disponibile
un’ampia gamma di ausili a media e alta tecnologia in commercio, nel seguente
paragrafo non verrà fornito un elenco completo,ma verrà fornita una descrizione di
alcuni dei principali ausili per fini esemplificativi.
Ausili a tecnologia media
Fanno parte della categoria degli ausili a media tecnologia i VOCAs, i comunicatori
simbolici e i comunicatori alfabetici. “Comboard” è uno strumento per la
comunicazione molto semplice basato sul movimento rotatorio di una freccia su di
un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli, immagini o pezzi di un gioco
da tavolo. L’utente potrà indicare i simboli fermando il movimento della freccia che
viene azionata da un sensore. Questo strumento è particolarmente adatto a bambini
con gravi difficoltà motorie, per la partecipazione a giochi o a semplici attività
didattiche. Comboard funziona a batterie. I “VOCAs” (attualmente definiti SGDs –
Speech Generating Devices insieme ai comunicatori simbolici più avanzati) sono
ausili di comunicazione con uscita in voce che permettono di emettere un messaggio
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
26
sonoro precedentemente registrato. “Big Mack”è un ausilio per la comunicazione a
singolo messaggio, dedicato a bambini con grave disabilità. Il suo funzionamento è
elementare: si registra sul dispositivo un messaggio utile all’utente e si applica sulla
superficie un’immagine che ne richiami il contenuto; successivamente, l’utente potrà
usare quel messaggio nel contesto appropriato, premendo la superficie colorata.
“I Talk 2” è un ausilio per la comunicazione a 2 messaggi. I comunicatori simbolici
sono ausili di comunicazione con uscita in voce (SGDs) dotati di un numero variabile
di caselle e di frontalini intercambiabili che consentono di registrare un numero
variabile di messaggi e consentono diversi livelli di registrazione. Ne esistono diversi
tipi in commercio che differiscono tra loro per numero di messaggi, tempo totale di
registrazione e modalità di accesso. “Super Talker” è un ausilio che permette agli
utenti di passare gradualmente dall’uso di un singolo messaggio all’uso di più
messaggi fino ad una massimo di 8 messaggi. “Tech Talk” è un ausilio con uscita in
voce dotato di 32 caselle a ciascuna delle quali è possibile associare un messaggio
registrato e un'immagine per rappresentarne il significato. Grazie alla presenza di 6
livelli di registrazione, questo strumento permette di mantenere registrati
contemporaneamente 192 diversi messaggi suddivisi in 6 tabelle. Il contenuto dei
messaggi viene selezionato dall'utente premendo le otto aree sulla tastiera. I vantaggi
legati all’utilizzo di questi strumenti sono molti: sostengono l’intenzionalità
comunicativa e la partecipazione del bambino attraverso la possibilità di richiesta di
attenzione, di inserimento spontaneo in una conversazione e di presa del turno.
Inoltre garantiscono l’immediatezza della comunicazione e una maggiore velocità
grazie all’uso di modalità preprogrammate.
I comunicatori alfabetici sono dispositivi che permettono di generare parole o frasi a
partire dal codice alfabetico presente sulla tastiera.
“Light Writer” possiede due display contrapposti, uno destinato all' utente, l'altro al
suo interlocutore che può leggere i messaggi rimanendo di fronte all’utente.
I messaggi una volta composti vengono ripetuti in voce dalla sintesi vocale
incorporata. Per consentire una maggiore velocità di composizione dei messaggi,
questo strumento consente di memorizzare frasi di uso frequente e di richiamarle
attraverso la digitazione di una parola o di poche lettere. “Neo” è una tastiera con
display in grado di memorizzare automaticamente il testo scritto e ne consente il
trasferimento sul computer o la stampa con cavo USB. “Allora” è un comunicatore
alfabetico portatile dotato di una sintesi vocale di alta qualità (Real Speak). La sintesi
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
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vocale comprende sia una voce femminile che una voce maschile. Oltre alla sintesi
vocale, questo dispositivo integra un sistema intelligente di predizione delle parole:
mentre l’utente digita i primi caratteri di una parola nella prima riga del display, nella
seconda riga vengono visualizzati alcuni termini d’uso frequente che iniziano con la
medesima radice: con un semplice comando l’utente può così completare
rapidamente la parola e passare alla successiva. Quando uno dei suggerimenti della
predizione viene utilizzato dall’utente, il dispositivo mostra una serie di parole
logicamente correlate ad esso.
La predizione permette di velocizzare significativamente gli scambi comunicativi.
Ausili a tecnologia alta
Fanno parte degli ausili di comunicazione ad alta tecnologia (high-tech) i
comunicatori dinamici, i sistemi di puntamento oculare e i software di
comunicazione. La definizione di comunicatori dinamici nasce da una specifica
caratteristica di questi dispositivi: quella di permettere all’utente di passare
autonomamente da una pagina di simboli ad un’altra, operazione spesso impossibile
con gli ausili di comunicazione più tradizionali che impiegano una tabella cartacea.
“Tech Touch” è un ausilio a display dinamico, nato per l’uso specifico della
comunicazione e dotato delle funzioni di un potente computer con il sistema
Windows. “XL-Tablet”è un Tablet PC di ultima generazione che può essere
impiegato per realizzare strumenti per la comunicazione, a display dinamico.
Entrambi questi strumenti consentono l’installazione dei software di comunicazione
che permettono di realizzare sistemi di comunicazione completamente personalizzati,
sia con l’uso di simboli e fotografie, sia con la scrittura alfabetica.
Inoltre, consentono la selezione dei messaggi attraverso il touch screen, a scansione
con uno o due sensori o mediante il mouse o un emulatore. “XL-Tablet”, nella
versione più sofisticata, si presta particolarmente all’impiego di sistemi di
puntamento oculare. I sistemi di puntamento oculare permettono di comunicare
attraverso la rilevazione della direzione di sguardo, sfruttando la tecnologia a
infrarossi. La composizione dei messaggi avviene puntando gli occhi sulle caselle di
un display e confermando col battito o mantenendo fisso lo sguardo sul tasto per
pochi istanti. Una volta che il messaggio è stato completato può essere ripetuto in
voce, attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema. I software di comunicazione
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
28
più diffusi che consentono di costruire materiale cartaceo per la comunicazione sono
“Boardmaker” e “Symwriter”.
“Boardmaker” è il programma grafico più noto e utilizzato per realizzare, con i
simboli PCS, tabelle di comunicazione, calendari con i simboli, etichette da applicare
sugli oggetti, testi corredati di simboli e altro. Il programma contiene oltre 6500
simboli grafici che possono essere dimensionati a piacimento e utilizzati sia in
versione a colori che bianco e nero. “Symwriter” è un programma che consente la
traduzione automatica in simboli del testo alfabetico, tenendo conto degli aspetti
grammaticali. Il programma consente di personalizzare la grafica dei simboli e di
creare simboli con immagini personali. “The Grid 2” è un programma che consente
di utilizzare il computer come ausilio di comunicazione con uscita in voce,
impiegando simboli o testo per comporre frasi inoltre, è dotato di funzioni integrate
di controllo del computer.
Può essere utilizzato con sensori, mouse ed emulatori di mouse come trackball e
joystick speciali, puntatori col capo, puntatori oculari, touch-screen.
2.3.3 Interventi a supporto della competenza sociale
Nel 1989 Light propose una definizione di competenza comunicativa per le persone
che si affidano alla CAA sostenendo che lo sviluppo di questa competenza è un
processo complesso, che si basa su conoscenza, capacità di giudizio e abilità in
quattro aree: operazionale, linguistica, sociale e strategica5. Dal punto di vista
operazionale gli utenti di CAA devono imparare ad utilizzare le necessarie
competenze motorie6 cognitive
7 e viso-uditive
8 per usare i loro sistemi di CAA,
siano essi basati su segni manuali, su simboli grafici o su ausili con uscita in voce.
Dal punto di vista linguistico le persone che si affidano alla CAA hanno bisogno di
imparare il/i codice/i linguistico/i del loro sistema di CAA (ad esempio, Blissybols,
segni manuali) così come le competenze semantiche, morfosintattiche, pragmatiche e
tutte le altre abilità richieste dalla lingua parlata in famiglia e nella loro comunità
sociale9 . Le abilità di competenza sociale includono quelle necessarie a effettuare
scelte e richieste, a esprimere rifiuto, e anche quelle relative alle strategie
5 Light 1989b
6 Treviranus e Roberts, 2003
7 Rowland e Schweigert, 2003
8 Kovac e Kenyon , 2003
9 Blockberger e Sutton, 2003; Mineo Mollica,2003;Romski e Sevcik 2003; Smith e Grove,2003
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
29
pragmatiche del discorso, quali iniziare, mantenere, riprendere e terminare una
conversazione10
. Infine le competenze strategiche sono quelle che permettono agli
utenti di CAA di “fare il meglio di quello che sanno e possono fare”11
.
Insegnare ad effettuare scelte e richieste
Lo sviluppo di comportamenti non simbolici per segnalare accettazione o rifiuto
dimostra un’implicita consapevolezza di preferenza. Quest’ultima è evidente quando
una persona esprime accettazione o rifiuto dopo che le vengono offerte diverse
opzioni, una alla volta.
Lo sviluppo delle preferenze e di un modo per comunicarle attraverso modalità non
simboliche, è un necessario primo passo per poi effettuare delle scelte. La scelta
avviene quando una persona seleziona un oggetto o un’attività preferita tra una o più
opzioni, sia indipendentemente sia quando qualcun altro gliela offre. La scelta
dunque non sempre parte dall’iniziativa della persona e non avviene sempre nel
contesto di un’interazione comunicativa. La richiesta, invece, presenta due
componenti: la prima implica che un’altra persona sia disponibile, se richiesta, ad
offrire mediazione e assistenza; la seconda, invece, implica che la persona che prova
ad accedere ad un’attività specifica o a un oggetto non sia in grado di farlo senza
l’assistenza o la mediazione di un’altra persona12
. La richiesta, inoltre, è sempre
effettuata all’interno di un’interazione comunicativa.
Uno dei principi dell’intervento secondo il Modello di Partecipazione è quello di
effettuare matching tra le richieste poste dal sistema comunicativo per l’oggi e le
abilità attualmente presenti nel repertorio della persona. Ciò significa che i format
utilizzati per effettuare scelte e richieste dovranno essere selezionati sulla base delle
attuali abilità della persona. Se ciò non avviene si potrebbero avere come
conseguenza scelte e richieste non corrette e frustrazione per tutti coloro che sono
coinvolti.
Le scelte su proposta sono iniziate da una persona diversa da quella che si affida alla
CAA. Le persone che stanno imparando a compiere delle scelte su proposta devono
avere frequenti e significative opportunità per controllare il loro ambiente attraverso
questa modalità. Di conseguenza il primo passo di un team di CAA nell’insegnare a
10
Brady e Halle,2002; Light Parsons e Drager,2002;Sigafoos et al.,2002; Iacono,2003. 11
Light,1996,p.9 12
Sigafoos e Mirenda,2002
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
30
fare scelte, è quello di individuare quando, dove e da chi possono essere proposte
scelte alla persona nella sua vita quotidiana. Alcune occasioni per fare scelte sono
ovvie: decidere cosa mangiare o bere, quale canzone ascoltare, quale programma
televisivo guardare o quale vestito indossare. In altre situazioni queste occasioni
possono essere meno ovvie: scegliere a chi sedersi vicino durante un’attività, o anche
l’ordine con il quale completare un compito costituito da varie attività (ad esempio le
cure personali delle routine mattutine). La motivazione è sempre una componente
chiave delle scelte, ragion per cui molte opportunità devono essere inserite in attività
divertenti e interessanti.
Gli specialisti di CAA hanno a disposizione varie opzioni per insegnare a effettuare
scelte mediante l’uso di simboli. Un approccio utilizza suggerimenti (prompt)
introdotti dal facilitatore, quali indicazioni verbali, gesti, modellamento e/o guida
fisica per insegnare alla persona, all’interno di un format ( senza errori), a selezionare
un simbolo dal set di selezione; l’item desiderato viene quindi dato alla persona.
Poiché questo approccio non presume che esistano scelte giuste o sbagliate può
essere utilizzato in varie attività di scelta13
. Un altro approccio utilizza la procedura
di “valutazione della comprensione“14
per favorire anche lo sviluppo semantico. Dal
momento che non esistono linee guida relative all’utilizzo di un approccio piuttosto
che un altro, i facilitatori potranno utilizzare l’approccio che ritengono più adatto alle
abilità della persona, o cambiarlo se in tempi ragionevoli non si dimostra proficuo.
Indipendentemente dalla tecnica utilizzata per insegnare a fare scelte su proposte, è
indispensabile che il facilitatore fornisca sempre la naturale conseguenza della scelta
effettuata.
I comunicatori iniziali infatti per poter apprendere devono sperimentare le
conseguenze naturali delle loro scelte, anche se questo significa non ottenere a volte
ciò che vogliono, perché non hanno prestato una sufficiente attenzione oppure perché
non sono stati in grado di valutare adeguatamente le opzioni. Un errore comune
compiuto dai facilitatori è quello di proporre due opzioni e poi di correggere la scelta
della persona, se questa sceglie un opzione che il facilitatore presume, o sa, essere
meno gradita alla persona stessa.
13
Sigafoos et al., 1996;Lockee Mirenda, 1998 14
Rowland e Schweigert, 2000b
Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi
31
La richiesta è chiaramente una delle basilari e più importanti funzioni comunicative e
spesso viene introdotta precocemente nel processo di insegnamento. Tra le tecniche
più comuni che i facilitatori possono utilizzare per insegnare le persone a fare
richieste sono inclusi: l’approccio tramite richiesta generalizzata”15
, il Picture
Exchange Communication System (PECS)16
o anche l’approccio dell’”insegnamento
in situazioni generiche” (General Case Approach) che può essere combinato con
entrambi i precedenti approcci.
Una delle procedure più comunemente utilizzate per insegnare la richiesta
generalizzata utilizza una combinazione di istruzioni esplicite e di insegnamento
incidentale. La richiesta generalizzata viene attuata quando la persona utilizza un
solo simbolo (ad esempio “voglio”o “per favore”) per iniziare la richiesta e poi
effettua una scelta tra due o più opzioni proposte. L’uso di un simbolo per la richiesta
generalizzata non richiede l’abilità di discriminare simboli, perché viene utilizzato un
solo simbolo per iniziare la richiesta.
Utilizzando il PECS invece la richiesta viene insegnata come prima abilità nel
repertorio comunicativo di una persona, poiché non richiede prerequisiti quali il
contatto visivo, l’imitazione, l’orientamento del volto e l’abilità di effettuare
accoppiamento o etichettamento. Nel PECS le persone imparano a scambiare simboli
per ottenere item desiderati invece di indicarli su un display di comunicazione; il
partner comunicativo fornisce quindi l’item o l’attività richiesta.
Infine l’insegnamento in situazioni generiche consiste nell’analizzare stimoli
rilevanti e classi di risposte associate a particolari compiti o situazioni, e
nell’insegnare alle persone quando rispondere e quando non rispondere nelle varie
condizioni17
. Sebbene questa tecnica di insegnamento richieda più tempo e una
maggiore pianificazione rispetto all’insegnare la funzione di richiesta in uno o due
contesti ristretti, la ricerca suggerisce che questa tecnica porta più facilmente ad un
uso spontaneo e alla generalizzazione delle competenze comunicative appena
acquisite.
15
Generelized requesting approach ; Reichle, York e Sigafoos, 1991 16
Bondy e Frost, 2001; Frost e Bondy, 2002 17
Chadsey-Rush et al.,1993
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
32
Capitolo 3: Storia dell'inclusione scolastica
3.1 Iter normativo
L’art. 34 della Costituzione della Repubblica Italiana (1947), rifacendosi al principio
di uguaglianza dell’art. 3, dispone che la scuola sia aperta a tutti. Questi principi
costituzionali garantirono, in prima battuta, il diritto allo studio degli alunni con
disabilità attraverso l’esperienza delle scuole speciali e delle classi differenziali, le
cui implicazioni negative emersero ben presto soprattutto in termini di alienazione ed
emarginazione sociale.
La legge 118/71, pur non abolendo le classi speciali, dispose che l’istruzione
dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica ma a
discrezione delle famiglie. La stessa legge disponeva anche che venissero loro
assicurati il trasporto, l’accesso agli edifici scolastici mediante il superamento delle
barriere architettoniche e l’assistenza durante gli orari scolastici nei casi più
gravi. L’obbligatorietà dell’inserimento fu sancito solo con la Legge 517/77 che
introdusse ulteriori strumenti e iniziative, orientati a rimuovere gli ostacoli prodotti
dal deficit, in particolare attraverso l’istituzione dell’insegnante specializzato per
il sostegno e l’individuazione di piani educativi adeguati alla crescita e allo sviluppo
dell’alunno con disabilità.
A questa sono succeduti una notevole quantità di interventi legislativi, confluiti poi
nella ben nota Legge 104/92, che ribadisce e amplia il principio dell’integrazione
sociale e scolastica come momento fondamentale per la tutela della dignità umana
della persona con disabilità, impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni
invalidanti che ne impediscono lo sviluppo, sia sul piano della partecipazione sociale
sia su quello dei deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede percorsi
formativi individualizzati con la partecipazione di più soggetti istituzionali. Con il
successivo DPR 24 febbraio 1994 vengono individuate anche le competenze degli
Enti Locali, delle Aziende Sanitarie Locali e delle istituzioni scolastiche nella
definizione della Diagnosi Funzionale, del Profilo Dinamico Funzionale e del Piano
Educativo Individualizzato, documento conclusivo e operativo in cui “vengono
descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
33
condizione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della
realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione”.
Questi concetti, ribaditi anche successivamente (D.P.R. n. 275/99, Legge di riforma
n. 53/03, L. n. 296/06) fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica e al
rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi
interistituzionali.
Con la Legge n. 18/2009, il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione ONU
per i Diritti delle Persone con Disabilità, la cui innovazione fondamentale sta nel
superamento di un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona
con disabilità attraverso l’adozione di un “modello sociale della disabilità” che
introduce i principi di non discriminazione, parità di opportunità, autonomia e
indipendenza, con l’obiettivo di conseguire la piena inclusione sociale mediante
il coinvolgimento delle stesse persone con disabilità e delle loro famiglie. Essa infatti
recepisce una concezione della disabilità che individua nel contesto culturale e
sociale un fattore determinante l’esperienza che il soggetto medesimo fa della
propria condizione di salute. La disabilità diviene allora il risultato dell’ interazione
tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che
impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società. E’ necessario che
“il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) si adatti ai bisogni
specifici delle persone con disabilità, per assicurare loro il godimento e l’esercizio,
su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali”
(accomodamento ragionevole).
L‘art. 24, in particolare, dedicato all‘ educazione, riconosce “il diritto all’istruzione
delle persone con disabilità (…) senza discriminazioni e su base di pari opportunità”
garantendo “un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento
continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:
a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima
ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e
della diversità umana;
b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità,
dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali,
sino alle loro massime potenzialità;
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
34
c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a
una società libera".
A conclusione di questo cammino verso l’integrazione scolastica, sempre nel 2009,
l’emanazione da parte del Ministero dell’Istruzione delle Linee Guida per
l’integrazione scolastica delle persone con disabilità, documento che in realtà non
apporta alcuna novità normativa e non fornisce risposte a molte richieste formulate
nel frattempo dalle associazioni, ma che rilancia l’impegno dell’Amministrazione
scolastica sull’integrazione, in un momento in cui sembrava scemare di attenzione
nell’agenda politica. Il linguaggio è certamente espressione degli avvenimenti storici
cui si riferisce e quindi i tre termini inserimento, integrazione e inclusione segnano
senza dubbio una diversa sensibilità verso il fenomeno della “coeducazione di alunni
con disabilità nelle classi di tutti”.
3.2 Inserimento, integrazione, inclusione
Il termine “inserimento” (L. 118/1971) si riferiva alla presenza nelle classi comuni,
a partire dagli anni ‘60, di alunni con minorazioni sino ad allora rinchiusi per legge
nelle classi e negli istituti speciali. Con l’affinarsi della ricerca pedagogica che
individuò percorsi di scolarizzazione di questi alunni insieme ai compagni, il termine
cominciò a sembrare troppo statico e poco espressivo. Così si cominciò a parlare,
verso la metà degli Anni Settanta (L.n. 517/77), di “integrazione” per significare che
gli alunni con disabilità non erano solo presenti in classe ma si collegavano al lavoro
didattico dei compagni e interagivano con loro (L.104/92).
A partire però dalla metà degli Anni Novanta, sulla base di un dibattito di stampo
anglosassone sul termine inclusion, ci si cominciò a chiedere sempre più
frequentemente se l’integrazione scolastica potesse considerarsi un fenomeno
biunivoco che quindi consistesse sia nell’adattamento dei comportamenti degli alunni
con disabilità a quelli dei compagni non disabili sia viceversa. Nonostante il
vocabolo italiano integrazione significhi in parte anche questo, si cominciò a
riflettere, quindi, sul rischio che il termine “integrazione scolastica“ assumesse un
valore negativo e un significato riduttivo. Per tali ragioni venne introdotto il termine
”inclusione”, per marcare la reciproca permeabilità dei rapporti fra alunni con
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
35
disabilità e contesto. In realtà molti studiosi del fenomeno, già dagli Anni Settanta,
davano questo significato al termine integrazione; il fatto di accettare
convenzionalmente oggi quello di inclusione è stato dettato, dapprima, dalla
necessità di rimarcare la reciprocità del fenomeno e, poi, dal fatto che è “inclusione”
il termine adottato ufficialmente dalla stessa Convenzione ONU.
3.3 Modello ICF
Nella scuola inclusiva trovano posto in modo ordinario tutte le diversità ed è su
questo presupposto che le differenze e le difficoltà vengono trattate con una didattica
plurale capace di valorizzare le prime superando l’indifferenza verso di esse e di
affrontare con tenacia e competenza le seconde, trasformandole da ostacolo per
l’allievo a obiettivo per gli insegnanti mediante un uso creativo dell’intervento
didattico.
La Convenzione Delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità cita:
“... i bambini con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti diritti umani
e delle libertà fondamentali in condizioni di uguaglianza rispetto agli altri
bambini...”.
In materia di disabilità è necessario effettuare delle precisazioni rispetto all’utilizzo
della terminologia che ancora oggi sembra confusa e caotica.
Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) bisogna distinguere:
Menomazione o deficit: l’esteriorizzazione di uno stato patologico (perdita,
anomalia ecc.);
Disabilità: conseguenza della menomazione, incapacità di svolgere
un’attività in modo “normale”;
Handicap: impatto del deficit sull’ambiente, conseguenze culturali, sociali,
economiche che derivano dalla menomazione o dalla disabilità.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha tra le sue finalità
l’identificazione e la classificazione delle malattie.
L’ICD (International Classification of Disease) è la classificazione delle patologie in
base alle proprie caratteristiche anatomo-fisiologiche-eziologiche dei disturbi.
Nel 1975 l’OMS decise di affiancare a questa classificazione un’appendice
riguardante le conseguenze delle malattie classificate nell’ICD ed emanò l’ICDH
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
36
(classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap).
Le due classificazioni sono complementari e si riferiscono alla sequenza: eziologia-
patologia-manifestazione clinica.
L’ICD e l’ICDH sono state in uso fino al 1999. Successivamente l’OMS si rese conto
che tale sequenza non risultava esaustiva in quanto la persona ammalata subiva,non
solo la manifestazione della malattia, ma anche l’impossibilità a svolgere il proprio
ruolo sociale e a mantenere le normali relazioni con gli altri.
Una sequenza in grado di rivelare tale situazione deve tener conto anche delle
conseguenze delle malattie nel sociale. L’ICDH-10 (decima revisione) è stato il
primo tentativo di fornire dei parametri per identificare le diverse forme di handicap.
Nel 2001 venne pubblicato un secondo documento dell’OMS che già dal titolo
indicava una svolta significativa: ICF, International Classification of Functioning,
Disability and Health (Classificazione Internazionale del Funzionamento delle
Disabilità e della Salute). Rispetto alla prima classificazione dell’OMS, che
identificava determinati gruppi di persone come disabili, imponendo una separazione
chiara tra salute e disabilità e focalizzando l’attenzione sulla dimensione patologica
della persona, l’ICF afferma che tutti possono avere disabilità, evitando così la
categorizzazione delle persone a favore di un approccio multidimensionale e
multiprospettico.
L’attuale classificazione non è più dunque una classificazione delle “conseguenze
delle malattie” come nella precedente versione del 1980, ma è diventata una rassegna
delle “componenti della salute”. Viene in questo modo superato il modello riferito ad
una minoranza di persone, la cui disabilità, ponendo fine allo stato di salute, le
emarginava in un contesto di vita completamente separato da quello delle persone
senza disabilità. Il modello attuale ha carattere universale e inclusivo poiché
considera la disabilità non più un problema di pochi, bensì propone modalità per
valutare l’impatto sociale e fisico sul funzionamento di qualunque persona al mondo.
L'ICF intende descrivere ciò che una persona malata o in qualunque condizione di
salute può fare e ciò che non può fare. La chiave infatti non è più la disabilità, ma la
salute e le capacità residue.
Rappresenta così uno strumento molto più versatile, con un ventaglio assai più ampio
di applicazioni possibili, in assenza di una classificazione tradizionale. Si può
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
37
afferma dunque che si tratti di una “rivoluzione culturale che passa
dall’enfatizzazione della disabilità a quella della salute delle persone”.
Grazie a questo strumento è possibile descrivere:
• il funzionamento, cioè gli aspetti che vengono considerati“positivi” di una
persona, ovvero ciò che è in grado di fare;
• la disabilità, cioè gli aspetti “negativi” del funzionamento, ovvero ciò che una
persona ha difficoltà a fare;
• la presenza o l’assenza di menomazioni riguardanti le funzioni e/o le strutture
corporee;
• i fattori contestuali, vale a dire l’influenza positiva o negativa che l’ambiente
in cui vive la persona può avere sul funzionamento stesso della persona.
La descrizione di questi aspetti si realizza attraverso il processo di selezione delle
specifiche categorie che meglio descrivono la salute, gli aspetti collegati alla salute e
il contesto della persona.
L’ICF afferma il principio secondo il quale nessuna valutazione del funzionamento è
corretta se non specifica il contesto ambientale della persona, in quanto la disabilità
non è una caratteristica della persona, ma il risultato di un’interazione tra una certa
condizione di salute e un ambiente sfavorevole.
3.3.1 Utilizzo dell’ICF in ambito scolastico
Nell’ambito educativo il contesto più direttamente coinvolto è quello
dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sia attraverso la ridefinizione
del Piano educativo individualizzato, sia attraverso la strutturazione di nuove
modalità di collaborazione con gli operatori dei servizi sanitari che devono costruire
la diagnosi funzionale dell’alunno con disabilità. L’ICF si rivela essere un valido
strumento per la realizzazione di interventi educativi realmente inclusivi, poiché
aiuta a recuperare la valenza ontologica della persona in quanto essere umano e la
consapevolezza che i bisogni educativi speciali delle persone con disabilità non sono
tali perché differenti dagli altri, ma in quanto richiedono di pensare e organizzare in
modo diverso le prassi educative per rispondere a queste necessità. In quest'ottica
l’ICF aiuta a realizzare il processo educativo di integrazione e inclusione come
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
38
momento di valorizzazione della ricchezza umana, sotto la guida di un pensare
speciale che accompagna e il percorso di vita della persona.
Affinché ciò sia concretamente realizzabile, l’assetto normativo italiano scolastico
prevede alcuni strumenti operativi ai quali è possibile applicare il modello e il
linguaggio ICF:
• la Scheda di Segnalazione del bambino in situazione di difficoltà da parte
della scuola ai Servizi socio-sanitari;
• la Diagnosi Funzionale (DF);
• il Profilo Dinamico Funzionale (PDF);
• il Piano Educativo Individualizzato (PEI).
3.3.2 L'ICF per i bambini e gli adolescenti
Direttamente derivata dall’ICF, l’OMS ha pubblicato di recente, per la prima volta, la
versione riferita all’infanzia e all’adolescenza, ICF C&Y (Children and Youth), che
fornisce strumenti di valutazione più adeguati alla fascia d’età 0-20 anni, età nella
quale la presenza di una disabilità incide in modo molto diverso che nell’età adulta.
In questo periodo di crescita, è ancor più necessario valutare adeguatamente tutti gli
elementi che determinano il ritardo nello sviluppo e considerare, di conseguenza, con
particolare attenzione, il contesto in cui vive il soggetto che quanto più è piccolo di
età tanto più diventano fondamentali le interazioni che si stabiliscono con le persone
che agiscono intorno a lui.
Per tali ragioni è stata ritenuta indispensabile una classificazione formulata sulla base
di profili funzionali e non su mere etichette diagnostiche, capace di riassumere
molteplici ed essenziali aspetti del funzionamento e dell’ambiente riguardanti la
crescita e lo sviluppo dei bambini e gli adolescenti, nelle più diverse condizioni di
salute e in qualunque Paese. In particolare appare essere uno strumento funzionale
alla pianificazione degli interventi educativo-riabilitativi e tale da garantire la
comunicazione tra insegnanti e specialisti per favorire un ambiente senza barriere e
in cui tutti i loro diritti siano riconosciuti e rispettati.
Lo sforzo rivolto a promuovere la salute, lo sviluppo e il benessere dei bambini e
degli adolescenti ha implicato la costruzione di una struttura concettuale e di un
linguaggio comune e condiviso che vanno oltre i parametri nazionali adottati da
Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica
39
ciascun Paese per classificare le stesse disabilità, ponendo pertanto il bambino e
l’adolescente al centro di una riflessione rilevante sotto tutti i punti di vista, e tale da
offrire risposte e soluzioni più omogenee agli stessi problemi. L’ICF-CY si pone
come obiettivo la piena partecipazione alle attività di gioco da parte dei bambini
disabili. Il gioco viene valorizzato nella sua funzione di supporto all’apprendimento
ed è per questo che viene incluso con grande importanza in quanto come disse Piaget
“gli esseri umani apprendono la realtà agendo su di essa attraverso l’esperienza
perché il gioco favorisce l’attività mentale”.
Il gioco è senz’altro un bisogno istintivo del bambino e dell’uomo. Non è possibile
obbligare al gioco, ma non si può crescere senza giocare.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
40
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
Il progetto è incentrato sul caso di una bambina di 7 anni affetta dalla Sindrome di
Phelan McDermid dovuta alla delezione 22q13 del cromosoma 22 che ha assunto
una forma ad anello.
4.1 Anamnesi fisiologica
L’anamnesi fisiologica riporta una gravidanza normodecorsa, sierologia per ToRCH
positiva per pregresso CMV, controlli ostetrici ed ecografici regolari.
Nata alla 35°settimana di gravidanza attraverso parto cesareo d’urgenza per tracciato
cardiotocografico poco rassicurante ( 2 giri di funicolo intorno al collo).
Peso alla nascita di 2000gr, lunghezza 44,5 cm, circonferenza cranica di 31 cm.
Dal punto di vista nutrizionale viene riferito un disturbo dell’alimentazione
transitorio che ha richiesto l’uso del gavage, un successivo svezzamento regolare e
un reflusso gastroesofageo di media entità. Attualmente presenta ipotonia dei
muscoli masticatori, mangia alimenti a consistenza semisolida e non mostra difficoltà
con i liquidi.
Dal punto di vista neuro-psicomotorio viene riferito un ritardo nello sviluppo. All’età
di 9 mesi non era ancora stato acquisito il controllo del capo. La bambina raggiunge
la posizione seduta dopo il primo anno di vita e deambula con sostegno al bacino,
mentre la deambulazione autonoma per medi tratti è stata raggiunta nel settembre
2013.
E’ seguita in trattamento psicomotorio prima privatamente poi presso struttura
accreditata dall’età di 9 mesi. Attualmente presenta un plantare avvolgente ed
utilizza la carrozzina per gli spostamenti esterni.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
41
4.2 Anamnesi patologica
L’anamnesi patologica riporta una diagnosi di trombocitopenia risolta in 12°giornata.
La bambina presentava inoltre dismorfismi per cui sono stati richiesti una consulenza
citogenetica e approfondimenti diagnostici con esami strumentali.
E’stata inoltre ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale per ipoglicemia
precoce. Durante la degenza nel TIN è stata sottoposta a diversi esami tra cui:
ecografia transfontanellare, dalla quale emerge un’asimmetria dei ventricoli laterali,
soprattutto a carico dei corni occipitali, e corpo calloso assottigliato; visita
neurologica che evidenzia un’ipotonia generalizzata prevalentemente agli arti
inferiori; Rx total body che segnala glossoretroptosi di notevole entità con tendenza
alla dilatazione dell’orofaringe e dell’ipofaringe, mascellare superiore ed inferiore di
dimensioni ridotte, aspetto dismorfico delle costole; visita genetica da cui si evince
facies dismorfica, faccia piatta, ipotelorismo, naso a becco, sproporzione tronco-arti,
lassità articolare ai polsi, pollice lungo, alluce grosso.
A 10 mesi di vita ha effettuato esame RMN encefalo che segnala macrocrania con
marcato ampliamento dei ventricoli con aspetto di idrocefalo benigno, ipoplasia del
corpo calloso e formazione cistica aracnoidea in fossa cranica posteriore destra.
A Gennaio 2012 è stata effettuata diagnosi di Chr22 ad anello presso l’Istituto
Mendel.
4.3 Sindrome di Phelan McDermid
La Sindrome di Phelan-McDermid (PMS) è una malattia genetica rara causata dalla
perdita (delezione) della porzione terminale (q13) di un cromosoma 22 (delezione
22q13). Per questa ragione, il nome della sindrome in origine era Sindrome da
delezione 22q13. La delezione comporta la perdita di una copia del gene SHANK3,
che codifica per la proteina shank3, espressa nel cervello, nel cuore, nel rene e in altri
organi. Il ruolo più importante del gene SHANK3 lo si osserva nel cervello essendo
espresso nelle aree cerebrali coinvolte nei processi della funzioni cognitive. E' ormai
evidente che la causa degli aspetti neurologici e comportamentali della sindrome
sono dovuti alla presenza di una singola (aploinsuffcienza) anziché due copie del
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
42
gene SHANK3. Quest’ultimo è la chiave per lo sviluppo del sistema nervoso umano,
e la sua perdita può pregiudicarne il corretto sviluppo.
Principali caratteristiche cliniche
Ipotonia. I neonati con la Sindrome Phelan-McDermid presentano un’ipotonia
generalizzata che può essere associata a pianto debole, scarso controllo del capo e
difficoltà nell’alimentazione.
Ritardo dello sviluppo. Sebbene alcuni individui con piccole delezioni
subtelomeriche presentino ritardi lievi, la maggior parte degli individui con delezione
22q13.3 sono descritti come aventi "ritardi nello sviluppo globale" o "disabilità
intellettuale da moderata a profonda".
Ritardo del linguaggio. La lallazione inizia all’età appropriata e i bambini possono
acquisire un vocabolario limitato. Tuttavia, intorno all'età di quattro anni molti
bambini perdono la capacità di parlare. Con un’intensiva terapia logopedica e
psicomotoria possono riconquistare il linguaggio e aumentare il loro vocabolario. La
terapia psicomotoria rafforza il tono muscolare, migliora il coordinamento e
generalmente aumenta la consapevolezza individuale del proprio ambiente. Sebbene
il discorso sia alterato durante tutta la vita, gli individui possono imparare a
comunicare con l'aiuto di sistemi di comunicazione alternativi.
Le abilità comunicative ricettive sono più avanzate delle abilità linguistiche
espressive come dimostrato dalla capacità dei bambini affetti di eseguire semplici
comandi, dimostrare l'umorismo e esprimere emozioni.
Comportamento. Philippe et al.,(2008) hanno esaminato i profili neuro-
comportamentali di otto bambini con 22q13 sindrome da delezione 22q13 la cui età
variava da quattro anni e tre mesi ad 11 anni e quattro mesi. Da questo studio è
emerso che i problemi comportamentali includono l'iperattività, la breve attenzione,
l'irrequietezza, l'incoscienza, l'ignoranza delle conseguenze, la resistenza al
cambiamento e le attività ripetitive.
Altri comportamenti anomali descritti nella sindrome di Phelan-McDermid
includono la masticazione abituale, il bruxismo, la diminuzione della percezione del
dolore e i disturbi del sonno. Gli individui affetti possono diventare agitati in
ambienti sconosciuti, rumorosi o affollati.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
43
Mentre Philippe et al., (2008) hanno concluso che il comportamento esposto dai
bambini con la sindrome di Phelan-McDermid non ha soddisfatto i criteri DSM IV
per l'autismo, altri studiosi hanno descritto il comportamento come autistico per lo
scarso contatto oculare, i movimenti stereotipati e l'auto -stimolazione.
A causa della tolleranza al dolore e della mancanza di capacità di comunicazione
espressiva, i soggetti affetti possono soffrire di tagli, graffi o ossa rotte senza indicare
che sono in difficoltà. Possono subire infezioni alle orecchie, reflusso
gastroesofageo, aumento della pressione intracranica o altre condizioni mediche
dolorose senza indicare disagio.
Comportamenti aggressivi tra cui mordere, tirare i capelli o pizzicare sono osservati
in circa il 25% degli individui affetti.
Crescita. La crescita intrauterina nella sindrome di Phelan-McDermid è appropriata
per l'età gestazionale; l'età gestazionale media è di 38,2 settimane. La crescita
postnatale è normale o accelerata. L'altezza è spesso avanzata per l'età ma rimane
entro due o tre deviazioni standard dalla media. Il peso non aumenta in modo che i
bambini appaiano alti e sottili.
Mentre i bambini hanno un'altezza aumentata per l'età, gli adulti tendono a rientrare
nella gamma normale. La maggior parte degli adulti è anche all'interno della gamma
normale per il peso, anche se l'inattività e l'eccesso di cibo comportano un aumento
di peso in circa il 10% degli individui.
La dimensione della testa è tipicamente all'interno del range normale con
microcefalia riportata in meno del 5% degli individui.
Aspetto neurologico . Cisti aracnoidee sono presenti in circa il 15% degli individui
con sindrome di Phelan-McDermid rispetto ad un 1% stimato nella popolazione
generale. Altri problemi neurologici includono ridotta mielinazione, ipoplasia del
lobo frontale, agenesia del corpo calloso, ventricolomegalia, atrofia corticale focale e
convulsioni [Tabolacci et al. 2005].
Studi sull'immagine del cervello su otto bambini con sindrome da delezione 22q13.3
hanno rivelato la normale MRI in tre bambini con perdite interstiziali di meno di 270
kb; quattro dei cinque rimanenti avevano diradamento del corpo calloso; e uno dei
cinque aveva una morfologia atipica del corpo calloso [Philippe et al 2008]. Gli studi
su PET degli otto bambini hanno dimostrato la disfunzione localizzata del lobo
temporale sinistro e l'ipoperfusione significativa dell'amigdala rispetto a 13 bambini
con disabilità intellettiva idiopatica.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
44
Tra il 25% e il 50% sono convulsioni, molti delle quali sono febbrili e non
richiedono farmaci; tuttavia, sono state descritte crisi epilettiche, attacchi focali e
assenza di sequestri. Nessun caratteristico risultato EEG è associato alla sindrome di
Phelan-McDermid.
Caratteristiche craniofacciali. Le più comuni caratteristiche cranio facciali sono la
dolicocefalia, orecchie grandi o prominenti, pieghe epicantali, ciglia lunghe, pienezza
sopraorbitale, guance piene e naso corto. Le caratteristiche più sottili sono gli occhi
profondi, la fronte piena, ampio ponte nasale, mento appuntito e lungo philtrum. Le
caratteristiche possono cambiare nel tempo, in particolare se l'individuo assume
anticonvulsivanti che tendono ad ampliarle. Gli adulti hanno un naso più prominente,
quadrato e meno bulbo-apparente.
4.4 Intervento logopedico attuato
Uma ha iniziato il suo percorso riabilitativo presso la Fondazione I.R.C.C.S Santa
Lucia nel novembre 2012. La valutazione iniziale sottolinea che la bambina
all’interno del setting terapeutico si è mostrata partecipe e in grado di mantenere un
contatto oculare, anche se per pochi secondi. Era capace di effettuare una scelta tra i
giochi proposti, spesso utilizzando la triangolazione di sguardo. L’intenzionalità
comunicativa risultava molto scarsa e non presentava l’uso del “si” e del “no”.
Si è inoltre evidenziata un’importante ipersensibilità a livello delle mani, per cui la
manipolazione risulta piuttosto scarsa e superficiale: con i giochi proposti la bambina
tendeva ad afferrare l’oggetto per poi lanciarlo. A livello deglutitorio Uma
presentava scialorrea, un’importante ipotonia della muscolatura orofacciale e
assumeva solo cibi a consistenza solido-morbida.
Gli obiettivi prefissati per il progetto terapeutico iniziale di Uma erano
sostanzialmente i seguenti:
• Aumentare i tempi attentivi;
• Favorire la manipolazione e l’esplorazione dell’oggetto;
• Stimolare l’utilizzo del si e del no;
• Stimolare lo sviluppo del gioco funzionale e simbolico;
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
45
• Aumentare l’intenzionalità comunicativa con un approccio multimodale;
• Interventi con sistemi/ausili di CAA( tabella comunicativa);
Nel corso di questo progetto, la sua capacità di scegliere tra due oggetti reali ha
permesso di iniziare ad affiancare agli oggetti immagini di grandi dimensioni
(10x10); le immagini utilizzate erano fotografie di oggetti o immagini del PCS.
La scelta tra immagini equidistanti avveniva, di norma, tramite il fissamento oculare
mentre saltuariamente utilizzava gli arti superiori.
Quest’ultimi venivano usati per attivare il tasto che le permetteva di ascoltare la
musica, attività a lei molto gradita.
Nel gennaio 2015 Uma viene presa in carico per un nuovo progetto terapeutico,
durante il quale raggiunge buoni risultati in relazione alla comunicazione. Per tale
motivo la famiglia ha dotato la bambina di un raccoglitore a 6 facciate contenente
ognuna un foglio di dimensione A4con 4 simboli per pagina. Uma era in grado di
selezionare l’attività che desiderava svolgere toccandola con la sua mano, anche se
preferiva prendere quella dell’operatore e guidarla verso la scelta. Questa modalità è
stata eliminata col tempo.
E’stato inoltre effettuato un training masticatorio con l’obiettivo di raggiungere
movimenti up down validi e migliorare dunque la gestione orale del bolo.
Al momento della mia prima osservazione in terapia (novembre 2016) Uma
utilizzava una tabella di comunicazione con scelta a 4 simboli che gestiva molto bene
e con tempi di risposta brevi. In ogni pagina era presente una frase contenente la sua
immagine accompagnata dal verbo necessario per i simboli presenti. La tabella è
tuttora in continuo aggiornamento dati i grandi risultati ottenuti dal suo utilizzo.
Dal punto di vista comportamentale, in terapia non emergevano episodi di pianto e di
protesta, ma la famiglia riportava che in ambienti non conosciuti e con persone non
familiari Uma manifestava forti crisi di pianto, a volte inconsolabile. Si
evidenziavano soltanto episodi di protesta nel caso in cui gli venissero proposte
attività a lei non gradite.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
46
4.5 Quadro clinico attuale
Aspetto motorio
All’esame obiettivo si rileva ipotonia e lassità legamentosa e diffusa, facies
sindromica, macrocrania, mento leggermente a punta, lieve ptosi palpebrale, epicanto
ed eritema cutaneo diffuso( che aumenta in seguito al pianto). La bambina da supina
si porta in posizione seduta autonomamente senza aiutarsi con gli arti superiori;
mantiene tale posizione con atteggiamento cifotico del rachide, anche extra ruotate e
bacino in retroversione. Se posta in side sitting Uma si porta in ginocchio e
raggiunge la stazione eretta passando per la half-kneeling, con appoggio anteriore
bilaterale. Se posizionata o a volte anche con spinta autonoma sugli arti superiori, la
bambina è in grado di mantenere per circa 30 secondi la posizione in quadrupedia,
anche se sono sempre presenti gli episodi di protesta manifestata con crisi di pianto.
Uma non esegue ancora spostamenti funzionali con sua la carrozzina ad auto spinta
anche se a volte porta bene le mani sul corrimano e riesce a spingersi in avanti. Si
sta, inoltre, revisionando e modificando la carrozzina per limitare l’estensione del
capo e la posizione in estrema abduzione ed extrarotazione delle spalle con flessione
dei gomiti e massima pronazione dell’avambraccio.
La stazione eretta è mantenuta autonomamente con gli arti superiori semiflessi,
addotti e con avambraccio in pronazione, e con arti inferiori estesi e leggermente
abdotti, ginocchio incurvato e piede valgo-pronato bilateralmente. E’ in grado di
deambulare autonomamente per brevi tratti in spazi protetti, sempre con arti superiori
a guardia alta, instabilità del tronco e del bacino, lancio degli arti inferiori rischio
costante di caduta vista l’instabilità posturale. Per quanto riguarda la manualità, la
bambina usa prevalentemente la mano destra per afferrare gli oggetti, anche se dopo
qualche secondo tende a lanciarli, e a volte svolge movimenti funzionali come
giocare con gli incastri a presa facilitata, spingere un tasto, girare le pagine di un
libro.
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
47
Aspetto comunicativo e linguistico
Attualmente Uma comunica attraverso lo sguardo, la mimica facciale e corporea e
selezionando in modo diretto immagini simboliche del suo quaderno, sia con lo
sguardo che con la mano.
Il si, ormai espresso in modo stabile e chiaro, non avviene più come prima solo
attraverso il sorriso, ma muovendo il pollice generalmente a destra, ma non sempre.
Il no è una non risposta e si sta modellando il movimento destra/sinistra del capo e,
occasionalmente, Uma inizia a riprodurre un piccolo movimento. Il rifiuto
dell’attività avviene portando all’indietro il capo e interrompendo la relazione con il
partner comunicativo ma, anche in questo caso se viene fatta una proposta
interessante Uma si riposiziona in modo da guardare l’interlocutore .
Per quanto riguarda la competenza linguistica, è notevolmente migliorata la
comprensione verbale: adesso è possibile porgere domande anche
morfosintatticamente non basilari senza il supporto dell’immagine.
In relazione alla competenza operativa, la tabella di comunicazione è stata ridotta di
dimensioni al fine di accompagnare la bambina in ogni ambiente di vita e ora riesce a
sfogliare autonomamente e giungere al simbolo rappresentativo di ciò che vuole
esprimere. Fatica ancora a girare una pagina alla volta ma,se supera il punto
desiderato, torna indietro. Questo grazie anche al fatto che le immagini sono state
mantenute in una posizione fissa ed è più facile ricordare la posizione delle varie
sezioni.
Migliorata anche la competenza strategica in quanto la bambina ha compreso che
attraverso il quaderno riesce ad avere ciò che desidera, e se non capita persevera
nella comunicazione cercando altri modi per esprimere la sua volontà. Questi
miglioramenti sono dovuti anche alle modifiche in ambiente familiare.
Precedentemente la bambina veniva interpretata dai genitori e l’attività principale
consisteva nell’ascolto di canzoncine in modalità automatica. Ora la bambina è
messa nelle condizioni di poter scegliere e passa più tempo insieme alla famiglia.
E’ stata organizzata una postazione con la possibilità di richiamare l’attenzione
dell’adulto attraverso l’uso del VOCA e sono stati inseriti diversi simboli attacca e
stacca in punti strategici dell’ambiente, come i cibi sul frigorifero e la bambina
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
48
strappa e porta ai genitori per richiedere di mangiare. Sono state predisposte anche
delle uscite guidate da tabelle a tema in cui la bambina può svolgere attività
funzionali e gradite come mangiare un gelato.
Inoltre, il miglioramento nell’uso delle mani ha aumentato il raggio di attività
possibile e ora Uma accetta di fare giochi in cui afferra gli oggetti e li lascia nel
contenitore o attività di gioco simbolico con le bambole. In queste attività però
occorre il costante intervento dell’adulto.
Aspetto deglutitorio
Per quanto riguarda l’alimentazione, la famiglia ha deciso di inserire in ambiente
domestico più cibi solido morbidi con l’obiettivo di rinforzare la masticazione.
Attualmente la bambina ha movimenti up-down validi della mandibola ma non
movimenti di rotazione. La torsione linguale è ancora debole e tende ad ingoiare il
bolo praticamente intero. Per questo motivo è importante posizionare bene il cibo
sotto le arcate dentarie con aggiunta di elementi come l’olio d’oliva che facilitino lo
scorrimento del bolo.
Al fine di non regredire nelle competenze apprese, si è invitata la scuola a inserire
cibi solido-morbidi, offrendo le indicazioni necessarie affinché il pasto mantenga le
caratteristiche di sicurezza ed efficacia in termini di apporto calorico.
Buona la gestione del liquido, la bambina è infatti in grado di bere dal bicchiere in
modo sicuro assumendo l’acqua a piccoli sorsi, sempre con l’assistenza del
caregiver.
4.6 L’attuale progetto terapeutico
L’attuale progetto terapeutico prevede una modalità di intervento estensiva ed un
impegno riabilitativo medio della durata di 180 giorni.
Fanno parte del Progetto Riabilitativo Individualizzato: la terapia logopedica
bisettimanale e la terapia neuropsicomotoria bisettimanale. Gli obiettivi terapeutici
perseguiti nell’intervento psicomotorio sono il rinforzo della muscolatura, in
particolare degli arti inferiori e degli stabilizzatori del bacino, l’aumento dei tempi di
deambulazione autonoma e soprattutto la tolleranza a questa attività. Ci si propone
Capitolo 4: Presentazione del caso clinico
49
inoltre di sollecitare un maggiore uso della mani in attività sempre diverse, favorire
lo spostamento autonomo in carrozzina in ambienti circoscritti e facilitare
l’esecuzione dei passaggi posturali. Le proposte operative finalizzate al
raggiungimento degli obiettivi comprendono esercizi di rinforzo muscolare,
facilitazioni all’apprendimento neuromotorio, tecniche psicomotorie, stimolazione
della sensibilità superficiale e profonda e scuola di deambulazione.
Gli obiettivi perseguiti nell’intervento logopedico consistono nel migliorare la
manipolazione e l’esplorazione dell’oggetto a fine ludico, incrementare la capacità
comunicativa con un progetto di CAA mirato all’ambiente scolastico e domestico e
aumentare il vocabolario in CAA. Le proposte operative finalizzate al
raggiungimento degli obiettivi comprendono l’organizzazione e l’aggiornamento
della tabella di comunicazione, la riorganizzazione degli ambienti di vita, training ai
facilitatori e attività di gioco funzionale e simbolico.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
50
Capitolo 5: La CAA come mezzo per
l’inclusione scolastica
5.1 Presentazione del progetto
L’idea del progetto nasce dalla proposta di incrementare la competenza comunicativa
della bambina mediante un progetto di CAA mirato agli ambienti di vita. Era
necessario, infatti, trasferire, sia in ambiente scolastico che in ambiente domestico, le
buone capacità comunicative raggiunte all’interno del setting terapeutico.
Considerando che Uma presenta anche dei tratti di isolamento tipici della Sindrome
da cui è affetta, ho scelto di eseguire l’intervento a scuola, così da poter lavorare
anche sulla competenza socio-relazionale.
Per poter individuare con precisione gli interventi più utili da effettuare all’interno
dell’ambiente scolastico, ho scelto di dividere il progetto in tre fasi: valutazione,
intervento e misurazione degli obiettivi.
5.2 Valutazione in base al Modello di Partecipazione
Nella parte iniziale del mio progetto ho eseguito un periodo di valutazione durante il
quale per 4 settimane, 2 giorni a settimana, ho osservato la normale routine
scolastica. Al fine di identificare i modelli di partecipazione e i bisogni comunicativi
della bambina, ho stilato un inventario delle attività scolastiche e identificato le
barriere alla partecipazione.
5.2.1 Inventario della attività
La bambina frequenta la scuola dell’infanzia a tempo pieno ed è seguita da
un’insegnante di sostegno e da un’assistente educativo e culturale.
Uma entra in classe ben accolta dai suoi insegnanti e compagni, i quali la invitano
subito a giocare. Lei però, nella maggior parte dei casi, esprime subito la sua volontà
di uscire dalla classe e camminare per i corridoi della scuola, sostenuta da
un’insegnante. Al momento della merenda Uma sceglie, grazie ad una tabella a tema
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
51
già presente, che cosa desidera mangiare e spesso sono i compagni stessi a
modellarla sulla scelta. La merenda è sempre seguita dal cambio del pannolino che
avviene in bagno all’interno del quale è presente un cartellone in cui sono inseriti i
simboli in sequenza relativi al lavaggio delle mani.
Durante le attività di gioco o lettura, che richiedono la partecipazione anche dei suoi
compagni, Uma si distrae spesso e tende a manifestare episodi di protesta. Nel
pomeriggio, dopo il pranzo esprime la sua volontà di riposare dirigendo la sua
insegnante verso l’angolo della classe adibito al riposo. In seguito le vengono
proposte diverse attività tra cui la lettura di libri, il disegno, la pittura e giochi vari.
5.2.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione
Barriere di opportunità
Per comunicare nei vari ambienti di vita la bambina ha a disposizione le tabelle di
comunicazione, inserite in un quaderno che porta sempre con sé. Poiché la bambina è
sufficientemente espressiva da essere compresa da partner di comunicazione abituali
in contesti e situazioni routinarie, spesso gli insegnanti non rinforzano l’utilizzo delle
tabelle di comunicazione, ad eccezione dell’insegnante di sostegno, molto preparata
e formata sulla CAA e di grande supporto per il progetto.
In generale, invece, l’adesione all’intervento di CAA all’interno della classe è stata
molto scarsa, probabilmente a causa delle poche conoscenze relative a tale pratica
clinica o ai pregiudizi nei confronti della stessa, ancora molto diffusi nel nostro
Paese.
Barriere di accessibilità
Nella valutazione della barriere di accessibilità è necessario considerare gli aspetti
motori, cognitivi, linguistici, percettivi, sensoriali dell’utente di CAA, nonché le
caratteristiche dell’ambiente.
Da un punto di vista motorio la bambina presenta difficoltà nelle capacità
grossomotorie e nella motricità fine. Nella deambulazione Uma ha ancora un
atteggiamento insicuro ed instabile pertanto è impossibilitata a partecipare ad alcuni
giochi motori: saltare, correre, giocare a nascondino o altri giochi comunemente
svolti dai compagni. La compromissione della motricità fine comporta invece una
difficoltà nelle attività che la richiedono: colorare, disegnare, dipingere, tagliare,
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
52
incollare. Le difficoltà finora esposte compromettono anche l’autonomia nelle varie
attività di gioco durante le quali è necessario il supporto dell’insegnante. La
bambina, inoltre, non ha la possibilità di partecipare a nessuna attività che richieda
capacità di espressione verbale in quanto il linguaggio in produzione è gravemente
compromesso. Per il canto di canzoncine o per la presa di turno in giochi sociali è
necessario impiegare un dispositivo di comunicazione con uscita in voce. La
compromissione del linguaggio si estende inoltre al versante della comprensione
dunque Uma ha difficoltà ad orientarsi nelle diverse attività svolte senza alcun
supporto visivo. Inoltre, non essendo le sue tabelle di comunicazione complete dei
simboli rappresentativi dei vari giochi o libri presenti a scuola, la bambina non ha la
possibilità di esprimere una propria richiesta riguardo a tali attività.
5.3 Intervento: costruzione di un ambiente facilitante
Terminato il periodo di valutazione, decido in base a quanto osservato che tipo di
interventi effettuare all’interno dell’ambiente scolastico.
Partendo dalla grande caoticità presente nella classe e dal disorientamento della
bambina nelle diverse attività svolte senza un supporto visivo, scelgo di costruire
primariamente un ambiente facilitante attraverso l’introduzione di etichette e strisce
delle attività.
5.3.1 Etichettatura
L’etichettatura consiste nel posizionamento
di simboli all’interno di un ambiente
organizzato.
Essere immersi in uno spazio organizzato
ed etichettato facilita il bambino poiché
fornisce stabilità e controllo, permette di
orientarsi nello spazio e ritrovare gli
oggetti al loro posto.
L’etichettatura permette di esporre il
bambino e il contesto a un codice
Figura 4. Etichettatura dei contenitori
dei giochi
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
53
rappresentazionale condiviso e ne facilita l’uso, soprattutto in entrata.
L’etichettatura è definita denominativa se viene applicata direttamente sopra gli
oggetti (li denomina attraverso il simbolo) o organizzativa se posizionata all’esterno
di contenitori (scatole, armadi, ecc.) per indicarne il contenuto (i posti delle cose).
Facilita anche il raggruppamento in categorie.
La presenza di simboli ovunque nel contesto ne facilita l’uso funzionale. L’adulto
può indicare più agevolmente il simbolo di un determinato gioco mentre lo prende, e
in modo analogo il bambino che vuole un gioco che è dentro l’armadio chiuso può
indicare il simbolo per chiedere di tirarlo fuori. L’abitudine a usare i simboli
dell’etichettatura per richiedere ed effettuare scelte facilita anche il passaggio verso
le tabelle a tema.
Per il seguente progetto ho scelto di etichettare i vari angoli della classe (angolo della
cucina, del riposo, della pittura,ecc..), ma anche i contenitori all’interno dei quali
sono conservati i giochi maggiormente utilizzati dalla bambina (vedi figura 4).
5.3.2 Strisce delle attività
Costruire un ambiente facilitante significa anche strutturare il tempo del bambino,
permettendogli in ogni momento di sapere cosa sta succedendo, quali sono gli eventi
della giornata.
Le strisce di simboli, posizionate in luoghi accessibili nel contesto, consentono di
aumentare la prevedibilità degli eventi e aiutano a rendere evidenti le sequenze di
quello che succede.
Le strisce hanno il vantaggio di anticipare al bambino cambiamenti e attività nuove
rispetto alle abitudini. Sostengono, inoltre, il bambino nel passaggio tra un’attività e
l’altra, e possono aiutarlo a sapere con chi avverranno le diverse attività. Le strisce
possono riguardare la scansione di una attività, di una parte della giornata o della
giornata intera, della settimana o di un lungo periodo.
Possono avere diverse modalità di costruzione e di utilizzo, in relazione alle
caratteristiche e ai bisogni di prevedibilità e di controllo di ogni bambino. La striscia
può essere preparata interamente all’inizio della giornata, oppure si aggiungono le
attività quando è il momento di cominciarle, o ancora si tolgono le attività man mano
che sono completate.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
54
Per Uma ho scelto inizialmente di preparare un cartellone con la sequenza di attività
svolte normalmente durante la giornata: arrivo, merenda, cambio del pannolino,
attività ludica, pranzo, riposo, disegno/pittura e ritorno a casa. Col tempo si è scelto
insieme alla maestra di preparare sequenze riguardanti le singole attività.
5.4 Migliorare la partecipazione: introduzione di strumenti
altamente personalizzati
5.4.1. Libri adattati
La lettura ad alta voce di libri illustrati da parte di un adulto è ormai ampiamente
riconosciuta come un’esperienza fondamentale per i bambini fin dai primi mesi di
vita: sostiene lo sviluppo emotivo e contemporaneamente quello linguistico e
cognitivo. Molti sono i progetti internazionali e italiani al riguardo, tra cui
ricordiamo “Nati per Leggere”.
Le prime volte i bambini non capiscono tutto quello che viene loro letto o detto. Ma
ascoltando più volte la stessa storia, pian piano ne dipanano i passaggi e le
sfumature, grazie alle illustrazioni, alla conoscenza del contesto, al modo con cui
l’adulto legge, al gioco del leggere e rileggere. L’ascolto dei libri permette
un’esposizione a frasi un poco più complesse di quelle che si usano nel parlato, e ad
un vocabolario più ampio ma fortemente legato al contesto della storia, oltre che
ricco di emozioni.
In presenza di una disabilità complessa e della comunicazione, i partner comunicativi
sono portati ad utilizzare un linguaggio meno interattivo di quello utilizzato con i
coetanei, più direttivo e povero di contenuti, con domande chiuse e risposte già note
e quindi meno adatto per l’apprendimento della lingua. In molti bambini con
disabilità, la comprensione linguistica costituisce un elemento critico, spesso
erroneamente considerato un problema di comprensione intellettiva. Certamente ci
sono bambini che possono non capire perché non ce la fanno dal punto di vista
cognitivo, ma molti bambini non capiscono perché non comprendono la sequenza
delle parole, un po’ come succede a noi con una lingua straniera quando ancora la
conosciamo poco.
I bambini con disabilità, soprattutto complessa e della comunicazione, sono dunque
quelli che potrebbero avere i maggiori vantaggi dall’essere esposti molto
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
55
precocemente alla lettura ad alta voce. Sono invece quelli a cui si legge meno e più
tardi e per i quali non si trovano mai libri adatti.
Il libro illustrato deve infatti essere “su misura” per il bambino, perché possa
agganciarsi ed appassionarsi alla voce narrante, al ritmo, al calore, alla presenza e
ricchezza delle emozioni, perché possa assaporare, nella condivisione del libro,
l’attenzione dedicata e completa dell’adulto, la sua capacità di ascoltare mentre si fa
ascoltare, la capacità di interrompere un attimo prima di quando potrebbero
comparire i primi segni di stanchezza del piccolo, la disponibilità a leggere e
rileggere più e più volte. Nel caso del bambino con disabilità della comunicazione,
può essere necessario adattare molti aspetti: contenuto, modo di leggere, grafica e
immagini, struttura della frase, testo, struttura fisica.
È possibile partire da un libro illustrato già esistente e modificarlo per renderlo
accessibile (libro modificato), oppure si possono anche creare libri che siano
completamente nuovi e su misura per “quel” bambino (libro personalizzato).
La “gratuità” è elemento essenziale: è importante cioè che l’adulto legga senza
pretendere nulla in cambio, senza “interrogare” il bambino, o cercare di verificare
cosa ha colto della lettura che è stata condivisa.
Elemento caratteristico dei libri “su misura”, modificati o personalizzati, è
l’adattamento del testo ai bisogni specifici del bambino, e la sua “traduzione” in
simboli. I simboli sono uno degli elementi fondamentali della CAA, rappresentano
una vera e propria seconda lingua visiva che affianca quella uditiva. Sono sempre
composti da un’immagine grafica, dalla parola alfabetica scritta in alto, da un sottile
bordo che tiene insieme le due. La persona che usa la CAA riconosce l’immagine, il
partner comunicativo la parola. Nella lettura ad alta voce dei libri “su misura”,
l’adulto indica uno per uno i simboli che compongono la frase, senza rallentare la
lettura e mantenendone la vivacità. Può così sostenere l’ascolto del bambino con
l’accompagnamento della “lingua visiva”, che facilita l’attenzione e la comprensione
di quanto si ascolta.
Non sono quindi più solo strumenti “su misura” per bambini con disturbo complesso
della comunicazione, ma sono diventati “IN-Book”, strumenti per l’inclusione di tutti
i bambini, nella direzione di una “speciale normalità”, da condividere, da scambiare,
da mettere a disposizione in piccole biblioteche di classe, nell’ambito delle quali non
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
56
è più necessario “costruire” su misura, perché come per tutti i bambini si può
“scegliere” su misura tra i molti a disposizione.
E’ noto a tutti il rischio di isolamento che vive il bambino che non comunica, rispetto
al gioco e rispetto ai compagni che molte volte non sanno organizzare un’attività
nella quale egli possa davvero partecipare. La lettura dei libri su misura diventa da
questo punto di vista la prima attività che un bambino con bisogni comunicativi
complessi e i compagni di scuola possono organizzare in completa autonomia, senza
la mediazione dell’adulto. La struttura dei libri infatti permette lo sviluppo di una
“lettura” autonoma dei simboli da parte dei bambini, che se dapprima tendono a
godersi la lettura ad alta voce e il modeling fatto dall’insegnante, in seguito
apprezzano molto la possibilità di fruire autonomamente del libro. Non è raro
osservare bambini che , pur non avendo ancora sviluppato la funzione della lettura
alfabetica, leggono ad alta voce,indicando e riconoscendo uno per uno i simboli del
testo. La capacità dei bambini in età prescolare di organizzarsi attraverso gli
strumenti di CAA nel gioco e nella relazione col bambino con bisogni comunicativi
complessi nasce dalla lettura di libri in simboli e si consolida nel tempo, diventando
una vera modalità inclusiva d’interazione in cui l’altro è davvero pensato nelle sue
caratteristiche.
La CAA diviene così un’importante componente culturale: i bambini che sono
cresciuti a “pane e CAA”diventano una schiera di facilitatori naturali nei contesti di
vita, hanno cioè acquisito uno stile di relazione con gli altri e di comunicazione che li
permea profondamente, che rimane nel tempo e che usano spontaneamente in tutte le
situazioni , perché hanno sperimentato sulla loro pelle che serve ed è diventato parte
del loro bagaglio.
5.4.1.1 Costruzione dei libri adattati
5.4.1.1.1 La scelta dei libri
La scelta dei libri da adattare è stata determinata dal livello di sviluppo cognitivo,
linguistico, sensoriale e percettivo della bambina, nonché dai suoi interessi e dalle
sue esigenze.
Inizialmente, l’aspetto determinante per la scelta è stata la necessità di avere un
contenuto di massimo aggancio motivazionale.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
57
In accordo con l’insegnante di sostegno, infatti, sono stati scelti i libri maggiormente
graditi, e in alcuni casi esplicitamente richiesti, dalla bambina all’interno della classe.
Si è tenuto conto anche degli interessi dei suoi pari, motivo che ha indirizzato la
scelta verso libri anche molto attuali, che potessero attirare l’attenzione di tutti i
compagni all’interno della classe, e non solo di Uma. Pertanto sono stati adattati alle
caratteristiche ed esigenze del soggetto: “Una gita nel bosco” di Peppa Pig (ed.
Giunti Kids) e “Io mi chiamo Topo Tip” (ed. Giunti Kids) , molto amati da tutti i
bambini , poi due libri di Virginia Miller “Sul vasino” e “Mangiare la minestra”
(Editrice Piccoli) contenenti scene di vita quotidiana a sfondo educativo.
Con il fine di sostenere la comprensione, sono state scelte immagini con un alto
livello di congruenza con il testo scritto. Si tratta inoltre di immagini nitide, ad alto
contrasto, non troppo ricche di elementi,con figure dai contorni ben definiti.
5.4.1.1.2. L’adattamento del testo
La decisione circa il livello di complessità più idoneo alle capacità del soggetto ha
portato alla costruzione di un libro molto semplice. Il testo dei libri selezionati
utilizzava già in origine un linguaggio adatto a bambini con età uguale o superiore ai
tre anni, con un vocabolario sufficientemente semplice, ma sono state comunque
necessarie ulteriori semplificazioni della struttura frasale.
Le frasi, originariamente lunghe, sono state divise in una frase molto breve in cui il
soggetto è stato sempre esplicitato.
Le frasi sono state ricostruite secondo una struttura SVO, ma in alcuni casi sono stati
raggiunti i quattro elementi (SVOC). I verbi sono stati tutti coniugati al tempo
presente dell’indicativo ed è stata preferita la forma attiva. Il testo è stato ristrutturato
con un utilizzo prevalente di frasi semplici, con un solo predicato, e per ogni pagina è
stata prevista una sola frase. Per tale ragione talvolta è stato necessario creare una
pagina con la stessa immagine di quella precedente per inserire la frase a
completamento della stessa.
Esempio di frase ristrutturata:
“La cosa che mi diverte più di tutte è giocare con il mio super migliore amico
Jody. A volte ridiamo così tanto che poi ci fa male la pancia!”
“Mi piace tanto giocare con il mio amico Jody”
( da “Io mi chiamo Topo Tip)
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
58
5.4.1.1.3 La traduzione in simboli
Per la traduzione dei libri sono stati impiegati i simboli PCS. Questi ultimi sono stati
scelti sia perché impiegati nell’ambito dell’intervento di CAA già avviato, sia per le
loro peculiarità che li rendono adatti alle
caratteristiche della bambina. Poiché esistono
diverse versioni dello stesso simbolo, tra queste,
sono stati scelti i simboli già conosciuti dalla
bambina e presenti nella sua tabella di
comunicazione. Inoltre si è dato spazio ai
simboli con un maggior grado di stilizzazione,
adatti al livello di sviluppo simbolico del soggetto. Ogni simbolo è stato inserito
all’interno di un riquadro dal contorno nero e lineare di dimensione 5,2 x 5,5 cm. Il
riquadro ha la doppia funzione di facilitare il lettore nell’effettuazione del modeling
in entrata e di facilitare la bambina nel riconoscere l’unità di senso costituita dal
simbolo e dalla parola scritta. La dimensione dei simboli è stata stabilita tenendo in
considerazione le capacità visuo-percettive del soggetto e la disponibilità di spazio
per pagina, la quale a sua volta è dipesa dalla spaziatura tra i simboli e dal numero di
simboli per pagina. Quest’ultimi sono stati stabiliti in base alle capacità della
bambina, per cui si è scelto di utilizzare un massimo di 4 simboli per pagina.
All’interno del riquadro, oltre al simbolo, è stato inserito il testo scritto. Il testo
all’interno del riquadro comprende la parola cui il simbolo si riferisce, accompagnata
dagli elementi morfologici, sia morfemi liberi
(articoli, preposizioni, congiunzioni)sia morfemi
legati (flessioni dei verbi, dei nomi e degli
aggettivi).
Oltre a consentire l’esposizione della bambina alla
morfologia, questa scelta consente di facilitare il
lettore. Il testo all’interno del riquadro è stato
disposto in alto, perché non venisse coperto durante l’indicazione dei simboli da
parte dell’adulto.
Alcuni simboli sono stati creati ex novo perché inesistenti nella collezione. Ne sono
un esempio i simboli per rappresentare i vari personaggi dei libri (vedi figura 5)
oppure il simbolo per rappresentare la parola “impronte” nel libro “Una gita nel
bosco”(vedi figura 6).
Figura 5. Personaggi di “Io mi chiamo
Topo Tip “creati ex novo
Figura 6. Simbolo per
“impronte” creato ex novo
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
59
5.4.1.1.4 La struttura del libro
Elemento importante per determinare la scelta del formato e dell’impaginazione
del libro è l’aspetto motorio del bambino. Nel caso specifico, per le pagine è stato
scelto il formato A4 con impaginazione orizzontale.
I simboli sono stati collocati nella parte inferiore del foglio, mentre nella parte
superiore è stata inserita l’immagine scannerizzata della pagina originale del libro.
Le dimensioni delle immagini scannerizzate sono state adattate al formato del foglio
in modo che metà foglio fosse occupata dal testo in simboli e l’altra metà
dall’immagine originale (altezza: 10,8cm; lunghezza: 17,3 cm). In considerazione
della compromissione della motricità fine, le pagine sono state ispessite attraverso la
plastificazione dei fogli. L’ispessimento così ottenuto ha permesso alla bambina
l’accesso fisico al libro, consentendole di girare le pagine in autonomia.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
60
5.4.2 Gioco adattato
L’attività di gioco deve essere libera e svincolata dall’apprendimento. Le strategie
del gioco adattato possono permettere una maggiore partecipazione e condivisione
dell’attività di gioco a bambini con disabilità comunicativa e motoria.
Al fine di allestire un contesto di gioco per un bambino con le caratteristiche sopra
descritte ci si deve interessare agli aspetti della selezione, della stabilizzazione e
dell’accesso. Le attività di gioco devono essere selezionate tenendo conto delle
risorse e potenzialità del bambino, delle preferenze ed interessi personali e delle
difficoltà.
I giochi possono essere classificati in quattro categorie: giochi a carattere senso-
motorio, giochi reattivi, giochi imitativo-simbolici e giochi strutturati con regole. Per
evitare ripetuti scivolamenti degli oggetti o frequenti cadute oltre il piano di gioco
che possono determinare nel bambino un
calo dell’interesse e un aumento della
frustrazione è utile stabilizzare i giochi
attraverso l’utilizzo di superfici antiscivolo,
moquette o fettucce di velcro. Per favorire
la manipolazione ed il controllo attivo
dell’oggetto da parte del bambino è
possibile attuare una serie di adattamenti
che rendano accessibili i materiali di gioco:
ne sono degli esempi i prolungamenti e le
impugnature per facilitare la presa degli oggetti, sensori per l’accesso ai giochi
elettrici, adattamenti per garantire l’accesso ai libri come l’ispessimento degli angoli
delle pagine con dei pezzi di gomma piuma o di moquette.
Per il mio progetto di inclusione ho pensato innanzitutto di adattare giochi presenti,
quali gli incastri, molto usati dalla bambina, attraverso la presa facilitata
rappresentata da tappi in plastica.
Successivamente ho pensato di creare un gioco ex novo che rispondesse bene alle sue
preferenze e alle sue capacità.
Ho costruito per Uma una tombola che avesse come figure i personaggi dei cartoni
animati più amati da lei e dai suoi pari (vedi figura 7). Il gioco prevede la
Figura 7. Tombola dei cartoni
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
61
partecipazione di un massimo di tre giocatori per limitare il più possibile la
distraibilità della bambina. Ogni giocatore ha a disposizione una cartella che contiene
quattro personaggi diversi. Ognuno a turno pesca una cartina capovolta sul tavolo e
la mostra a tutti. Chi ha sulla sua cartella la stessa immagine la riceve e la deve
applicare sull’immagine corrispondente. Per i turni e gli interventi Uma utilizza il
VOCAs e per la presa, se pur facilitata dalla presenza di fogli ispessiti, spesso
necessita dell’aiuto dell’insegnante. Il gioco è stato sin da subito apprezzato da tutti i
bambini, in primis da Uma, che si mostra molto partecipe e felice. Dopo poche
settimane dall’inserimento del gioco adattato in classe, considerando il livello
attentivo dimostrato da Uma durante il suo svolgimento, si è scelto di inserire una
nuova cartella e dare la possibilità di gioco a quattro bambini.
5.4.3 Tabelle a tema
Una tabella a tema è una tabella che serve per interagire in una specifica attività - un
gioco, una lettura, un momento della giornata a casa o a scuola - o per raccontare
qualcosa. Gli adulti che si trovano a costruire una tabella a tema devono avere
capacità di pre-immaginazione del contesto e dell’attività in cui questa verrà
utilizzata.
Si riferiscono ad una attività specifica e quindi hanno un vocabolario relativo
all’attività stessa.
Devono essere “su misura” per ogni bambino e sempre aggiornate in relazione alle
sue evoluzioni.
Le tabelle a tema costruite per Uma seguono la struttura e le dimensioni della sua
tabella di comunicazione (foglio A4 con un massimo di 4 simboli per pagina). I temi
scelti riguardano sostanzialmente il gioco e la lettura, attività principali svolte in
classe. Nel momento in cui Uma sceglie di giocare o leggere indicando il simbolo
apposito presente sulla sua tabella di comunicazione, gli si propone la tabella a tema
contenente tutti i giochi o tutti libri presenti all’interno della classe(vedi appendice).
Si sono inoltre invitati gli insegnanti a creare delle tabelle a tema anche in caso di
uscite didattiche o nuove attività proposte e quindi sconosciute alla bambina, che
dovranno contenere i simboli degli oggetti che si utilizzeranno, delle azioni, delle
possibili emozioni, commenti, richieste e interazioni.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
62
5.5 Rendere gli obiettivi misurabili: la Goal Attainment
Scale
Una volta inseriti gli strumenti sopra descritti e fornite le opportune indicazioni alle
insegnanti, ho lasciato che per cinque mesi fossero utilizzati all’interno della classe,
in mia assenza. L’idea era ritornare a scuola per poter misurare gli obiettivi raggiunti
dalla bambina, grazie all’intervento di CAA attuato all’interno della classe. Gli
obiettivi da raggiungere sono stati stabiliti tenendo come riferimento la prima fase
necessaria per l’applicazione della Goal Attainment Scale (GAS).
5.5.1 Caratteristiche del metodo
La Goal Attainment Scale è una tecnica matematica utilizzata in riabilitazione per
quantificare il raggiungimento degli obiettivi posti durante il trattamento.
Il metodo GAS fu introdotto per la prima volta nell’assistenza medica negli anni
‘60 da Kiresuk e Sherman per valutare i risultati dell’assistenza sulla salute
mentale. Da allora esso è stato modificato e applicato in molteplici aree
comprendenti l’assistenza agli anziani, il dolore cronico, la riabilitazione
cognitiva, la riabilitazione post amputazione e, dagli anni 90, in riabilitazione
infantile. È quindi una misura di cambiamento che permette di misurare variazioni
qualitative anche piccole ma clinicamente importanti. Questo metodo permette di
valutare l'efficacia di una procedura terapeutica attraverso un giudizio soggettivo
che valuta il raggiungimento degli obiettivi individuali rintracciati nella prima
fase di applicazione del metodo.
Il metodo permette di stabilire gli obiettivi che si desidera raggiungere in qualsiasi
campo riabilitativo ottenendo un punteggio finale distribuito su una media di 50
punti con una deviazione standard su base 10 al fine di permettere un’analisi
statistica. ( Lynne Turner Stokes, 2009).
La GAS, quindi, permette di rendere in valori statistici il cambiamento ottenuto
tramite riabilitazione. Rappresenta una buona misura di outcome e sembra essere più
sensibile ai cambiamenti di altri metodi di misurazione standard. Consente inoltre la
comunicazione e la collaborazione tra i membri del team multidisciplinare e il
coinvolgimento del paziente.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
63
Per applicare la GAS, occorre seguire quattro step:
• selezionare obiettivi che siano osservabili e ripetibili;
• specificare le condizioni in cui misurare la performance;
• definire i criteri per il successo in termini misurabili;
• definire il tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi.
Devono essere valutati accuratamente il potenziale di cambiamento e l’impatto
dell’intervento al fine di selezionare i livelli degli obiettivi da raggiungere in modo
da considerare la reale capacità del soggetto di poterli raggiungere. La validità della
GAS dipende dal giudizio della persona o del gruppo che ha determinato gli obiettivi
e i criteri per ogni livello devono rappresentare un cambiamento clinicamente
importante del soggetto.
Il raggiungimento di ogni obiettivo è valutato su una scala a 5 punti nella quale si
definisce sia il risultato sperato (outcome score) sia quello di partenza del paziente
( baseline score):
• -2, risultato molto inferiore all’atteso;
• -1, risultato inferiore all’atteso;
• 0, raggiungimento del risultato;
• +1, risultato superiore all’atteso;
• +2, risultato molto superiore all’atteso.
Gli obiettivi devono contenere delle variabili quantificabili, anche se si tratta di
obiettivi di funzione.
Un aspetto importante di questa procedura è l'attenzione al fatto che un obiettivo non
è, né deve essere una semplice previsione di quello che accadrà, ma deve essere il
risultato di un intervento (Wade, 2009). Lo sforzo del team nel definire i goals,
facilita sia l'efficienza, attraverso un'attività di cooperazione, sia l'efficacia dell'atto
riabilitativo. Gli obiettivi, inoltre, consentono di monitorare il processo riabilitativo e
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
64
di interrompere azioni che non conducono all'effetto desiderato, per essere sostituite
da azioni alternative utili allo scopo.
Procedura
La procedura per l'applicazione del metodo GAS si compone di 5 punti:
• identificare gli obiettivi;
• pesare i goals;
• definire l’outcome atteso;
• misurare la baseline;
• misurare il raggiungimento dell'obiettivo
L’identificazione degli obiettivi deve avvenire mediante un'intervista al paziente o ai
suoi familiari allo scopo di identificare le principali aree di intervento e stabilire un
obiettivo prioritario condiviso, seguendo i principi dell’acronimo SMART
(Bovend’Erdt et al., 2009): gli obiettivi devono quindi essere Specifici, Misurabili,
Attendibili, Realistici e Temporalmente collocati.
Poiché alcuni obiettivi possono essere prioritari per il paziente o più difficili da
ottenere, si può pesarli secondo una scala di importanza valutata dal paziente ed una
scala di difficoltà di raggiungimento valutata dall’equipe. Si ottiene quindi un peso
globale, determinato dal prodotto d’importanza e difficoltà, che influenzerà i
punteggi finali di raggiungimento dell’obiettivo.
L’outcome atteso per ogni livello deve essere predefinito: quando si propone un
obiettivo da raggiungere esso va dichiarato in precedenza specificando a cosa
corrispondono i 5 livelli (0, +1,+2,-1,-2). Per quanto riguarda il livello di partenza,
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
65
solitamente viene definita baseline il livello corrispondente a -1, se invece esiste una
condizione ipoteticamente peggiore, la baseline si definisce a -2.
Parlando della misurazione del raggiungimento dell'obiettivo, questa dovrebbe essere
fatta dal team insieme al paziente/famiglia. Si può quindi applicare la formula finale
che ci permette di ottenere il T-score. Come abbiamo già detto, questo è un
punteggio distribuito su una media a 50 punti con deviazione standard su base 10:
GAS = 50 + 10 (wi xi)
√[(1-wi2
+ (wi) 2] ½
dove Wi è il peso assegnato all’obiettivo, Xi è il valore numerico raggiunto (tra –2 e
+2), p è la correlazione che ci si aspetta tra scale GAS ed è generalmente
approssimata a 0.3.
Se gli obiettivi sono stabiliti con imparzialità così che i risultati e le aspettative siano
quelle desiderate con proporzioni eque su un numero sufficientemente alto di
pazienti, ci si aspetta una regolare distribuzione del punteggio.
Molti autori hanno obiettato che applicare questo metodo richieda troppo tempo per
l’uso clinico di routine. Una ricerca di Pacini et al. condotta nel 2012 analizzando
537 scale GAS, ha affermato che il T-score corrisponde sostanzialmente al calcolo
della media dei punteggi grezzi, per cui, nella pratica clinica quotidiana, questo
calcolo può essere sostituito con questa procedura più semplice e veloce. Il calcolo
del T-score rimane invece consigliato in caso di ricerca scientifica.
In conclusione, possiamo affermare che la GAS sia un processo che permette di
negoziare obiettivi realistici, di definire l'obiettivo più importante per il paziente e la
sua famiglia, di ottenere consenso e di coinvolgere attivamente paziente e famiglia
nel progetto riabilitativo. La GAS è quindi un mezzo per formalizzare il contratto
terapeutico e l'alleanza riabilitativa tra il paziente-famiglia e l’equipe riabilitativa.
5.5.2 Applicazione del metodo agli obiettivi dell’intervento
Partendo da una situazione iniziale individuata al momento dell’inserimento degli
strumenti, sono stati rintracciati degli obiettivi facendo attenzione alle caratteristiche
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
66
richieste dalla GAS: specificità, misurabilità, attendibilità, realisticità e collocazione
temporale ben stabilita.
Vediamo gli obiettivi nel dettaglio:
Il primo goal riguarda la competenza comunicativa ed è relativo alla capacità della
bambina di effettuare delle richieste spontanee attraverso la sua tabella di
comunicazione o gli altri strumenti di CAA inseriti all’interno della classe.
In partenza, la bambina in 1 ora di attività ludica attua un massimo di due richieste su
indicazione dell’insegnante e 1 sola richiesta spontanea.
La GAS per questo obiettivo è così composta:
- 2 → 2 richieste su indicazione dell’insegnante in 1 ora di attività ludica
- 1 → 1 richiesta spontanea in 1 ora di attività ludica
0 → 2 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica
+ 1 → 3 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica
+ 2 → 4 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica
Il secondo obiettivo riguarda, invece, la competenza socio-relazionale e consiste
nella capacità della bambina di richiedere/scegliere un’attività che debba essere
svolta in piccolo gruppo e non singolarmente.
In partenza la bambina in 1 ora di attività ludica attua una sola richiesta relativa ad
attività in piccolo gruppo.
La GAS per questo obiettivo è così composta:
-2→ nessuna richiesta relativa ad attività in piccolo gruppo
-1→ 1 richiesta relativa ad attività in piccolo gruppo
0→ 2 richieste relative ad attività in piccolo gruppo
+1→ 3 richieste relative ad attività in piccolo gruppo
+ 2 → 4 richieste relative ad attività in piccolo gruppo
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
67
5.5.3 Misurazione degli obiettivi raggiunti
La misurazione degli obiettivi è stata effettuata a fine anno scolastico. Per ottenere
un quadro sulle eventuali modifiche apportate dall’intervento di CAA, ho calcolato la
GAS per i due obiettivi a breve termine selezionati in fase valutativa. Per far ciò,
come prima cosa ho osservato la bambina durante 1 ora di attività ludica, al fine di
registrare i comportamenti relativi ai 2 goal: le richieste spontanee e quelle relative
ad attività in piccolo gruppo.
Dall’osservazione emerge che, in relazione al primo obiettivo, la bambina è stata in
grado di produrre 4 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica, raggiungendo un
risultato molto superiore rispetto a quello atteso (livello +2). In particolare, una
richiesta spontanea riguardava il gioco della tombola, il cui simbolo è stato inserito
nella tabella a tema dedicata ai giochi della scuola.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, relativo alla competenza socio-relazionale,
la bambina, in un’ora di attività ludica, ha attuato 4 richieste riguardanti attività
svolte in piccolo gruppo, di cui 1 spontanea (gioco della tombola) e 3 su indicazione
dell’insegnante. Tra quest’ultime una era relativa al libro adattato “Io mi chiamo
Topo Tip”, alla cui lettura partecipano attivamente tutti i bambini e anche Uma, che
segue il racconto sfogliando lei stessa al momento giusto.
Dall’analisi della letteratura sulla scala GAS emerge che, durante la pratica clinica, si
possa procedere alla misurazione delle modifiche avvenute attraverso la media
aritmetica dei punteggi grezzi.
In questo caso, i punteggi relativi agli obiettivi sono +2 per il primo goal e + 2 per il
secondo. Facendo la media aritmetica di questi due risultati, otteniamo un punteggio
corrispondente a 2, il quale ci dice che i risultati ottenuti sono molto superiori
rispetto a quelli attesi.
Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica
68
5.6 Limiti dello studio
Per avviare questo progetto è stato necessario attuare una lunga prassi burocratica.
Il dirigente scolastico ha disposto delle indicazioni per un iter che passasse prima per
il Municipio, attraverso la richiesta del nulla osta al dirigente dell’Area Socio
Educativa, e poi per la stipulazione di una polizza assicurativa. Gli ostacoli incontrati
sono stati diversi e pertanto il progetto è stato avviato tre mesi dopo il previsto.
Questi mesi potevano essere preziosi per inserire ulteriori strumenti di CAA e per
una valutazione dell’intervento che riguardasse un intero anno scolastico.
Infine, un altro limite importante è rappresentato dal fatto che i risultati ottenuti non
possono essere generalizzabili in quanto lo studio è stato effettuato su un solo caso
clinico.
Conclusioni
69
CONCLUSIONI
“Una scuola inclusiva è una scuola che si deve muovere sul binario del
miglioramento organizzativo perché nessun alunno sia sentito come non
appartenente,non pensato e quindi non accolto”(P. Sandri, 2012).
E’ questo il principio del seguente progetto di tesi, principio che, unito ai grandi
poteri della CAA, ha permesso il miglioramento della competenza comunicativa e
socio-relazionale della bambina e di conseguenza una sua maggiore partecipazione
alle attività scolastiche.
I risultati raggiunti hanno dimostrato che in effetti l’intervento di CAA attuato a
scuola era fondamentale per poter permettere ad Uma di esprimere le proprie
richieste o preferenze. Il primo e più semplice strumento di CAA in uscita, dopo la
raccolta di segnali, è rappresentato, infatti, dall’offrire la possibilità di scelta in tutte
le situazioni possibili, in modo fortemente motivante.
Scegliere restituisce al soggetto la possibilità di essere attivo e la sensazione di poter
controllare il mondo intorno a sé, e limita il rischio che sia sempre l’altro ad
interpretare il suo pensiero. Pone inoltre le basi per un’autonomia futura e per un
utilizzo di strumenti più elaborati.
L'intervento ha permesso poi alla bambina di condividere con i propri compagni
attività come il gioco e la lettura, garantendole un'interazione sociale che è
fondamentale per il suo sviluppo cognitivo. In particolare, il gioco le ha permesso di
esercitare abilità sociali come attenzione congiunta, imitazione, scambio dei turni e
condivisione di un'emozione, oltre a stimolarle bisogni comunicativi.
La lettura, invece, ha offerto possibilità di sviluppare l'immaginazione, arricchire il
vocabolario e migliorare la qualità lessicale. Dal punto di vista relazionale, poi,
l'esperienza condivisa dell'ascolto e della lettura, si è rivelata essere importante non
solo per il rapporto con le insegnanti, con cui la bambina è entrata in piena sintonia
reciproca, in una comunicazione intensa e piacevole, ma anche per il legame con i
compagni, tra i quali si è instaurato un clima di fiducia, amicizia e complicità.
Una scuola che ‘include’ è una scuola che ‘pensa’e che ‘progetta’tenendo a mente
proprio tutti (P.Sandri, 2012).
Conclusioni
70
Ed è per questo motivo che nella costruzione degli strumenti si è pensato si, alle
esigenze e capacità della bambina, ma anche agli interessi di tutti i componenti della
classe. Grande sorpresa di tale progetto, infatti, sono stati proprio i bambini, i quali,
incuriositi, sono stati i primi, non solo ad “accogliere” con entusiasmo i nuovi
strumenti di CAA inseriti in classe, ma anche a promuoverne l’utilizzo da parte di
Uma. Questo, a mio parere, è il vero senso dell’inclusione.
Relativamente al profilo ICF-CY, si può registrare un miglioramento più o meno
significativo della bambina nei termini di “Attività e Partecipazione”, dato
importante in quanto essendo questa sezione maggiormente associata alla sfera
sociale del soggetto pone la possibilità di prospettare, continuando a lavorare con e
sui contesti di vita, una generalizzazione delle competenze all’interno di tutti gli
ambienti di vita.
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Appendice
75
APPENDICE
SONO TOPO TIP HO LE ORECCHIE E TONDEGGRGRANDI
Appendice
76
HO IL NASO L LUNGHIPPIPICCOLO E E I BAFFI
ECCO LA MIA MAMMA IL MIO PAPA’ MIA SORELLA TIPPY SIAMO UNA FAMIGLIA
Appendice
77
TIPPY E’ PICCOLA MI FA ARRABBIARE UN POCHINO
MA TIPPY E’ LA SORELLA PIU’ CARINA DEL MONDO
Appendice
78
MI DIVERTE TANTO GIOCARE CON IL MIO AMICO JODY
CIUFFI, CONIGLIETTA, TESSA E RICCIOLINO
SONO I MIEI AMICI DI SCUOLA
Appendice
79
LA SCUOLA CI PIACE PERCHE’ IMPARIAMO TANTE COSE
DOPO LA SCUOLA HO SEMPRE FAME
Appendice
80
E LA NONNA MI DA UNA CAROTINA CHE BUONA!
QUANDO RITORNO A CASA LA MAMMA MI FA IL BAGNETTO
Appendice
81
OGNI GIORNO IMPARO TANTE COSE E MI DIVERTO
MA LA SERA HO TANTO SONNO E TU?
Figura 8. “Io mi chiamo Topo Tip”-Libro adattato
Appendice
82
GIORGIONE DICE “BARTOLOMEO SSEI SVEGLIO?”
Appendice
83
NO DICE BARTOLOMEO
GIORGIONE DICE “BARTOLOMEO TI SEI ALZATO?”
Appendice
84
NO DICE BARTOLOMEO
GIORGIONE DICE “VUOI IL VASINO?”
Appendice
85
NO DICE BARTOLOMEO
BARTOLOMEO SI SIEDE SUL VASINO
Appendice
86
MA NON FA NIENTE
GIORGIONE DICE VAI A GIOCARE FUORI
Appendice
87
NO DICE BARTOLOMEO ED ESCE
BARTOLOMEO PENSA “ SUL VASINO”
Appendice
88
BARTOLOMEO CORRE A CASA
E TROVA IL SUO VASINO APPENA IN TEMPO
Appendice
89
BARTOLOMEO DA GIORGIONEVA E LO ABBRACCIA
Figura 9. “Sul vasino”-Libro adattato
Appendice
90
GIORGIONE PORTA LA MINESTRA A BARTOLOMEO
GIORGIONE DICE E’ PRONTA ““LA MINESTRA
Appendice
91
“ TI SEI LAVATO LE MANI E LA FACCIA?”
NO DICE BARTOLOMEO
Appendice
92
GIORGIONE DICE “ SIEDITI SUL SEGGIOLONE
E MANGIA LA MINESTRA”
Appendice
93
NO DICE BARTOLOMEO
GIORGIONE URLA “MANGIA LA MINESTRA”
Appendice
94
BARTOLOMEO MANGIA UN CUCCHIAIO DI MINESTRA
POI SI RIPOSA UN POCHINO
Appendice
95
GIORGIONE SI SIEDE A TAVOLA E MANGIA
poi GIORGIONE PRENDE UNA GROSSA TORTA
Appendice
96
MANGIA UNA FETTA E PORTA VIA LA TORTA
BARTOLOMEO PENSA MANGIA LA MINESTRA
Appendice
97
PENSA ALLA TORTA CON LA CILIEGINA
E FINISCE LA MINESTRATUTTA
Appendice
98
BARTOLOMEO VA DA GIORGIONE
E GIORGIONE DA LA TORTA BARTOLOMEO
Figura 10. “Mangia la minestra”-Libro adattato
Appendice
99
PEPPA F FAMIGLIA VANNO NEL BOSCO
Appendice
100
MA NESSUNO R HA RICORDATO CESTO PER PICNICPD DI PRENDERE
PE PEPPA T RTROVA IMPRONTE LUNGO IL SENTIERO
Appendice
101
M MAMMA PIG DICE SEGUIAMO IMPRONTE
P PEPPA SEGUE IN IN SILENZIO IMPRONTE
Appendice
102
E PEPPA VVE VEDE UCCELLINO NEL SUO NIDO
U UCCELLINO HA HA LASCIATO IMIIMPRONTE LLUNGO IL SENTIERO
Appendice
103
P PEPPA VEDE ALTRE IMPRONTE Pi PICCOLISSIME
LELE FORMICHE HANNO LASCIATO III IMPRONTE PICCOLISSIME
Appendice
104
Èe E’ ORA DDI MANGIARE MA IL CESTO DA PICNIC E’ IN MACCHINA
PA PAPA’ PIG D DICE S SEGUIAMO LE NOSTRE IMPRONTE
Appendice
105
MA ARRIVA LA PIOGGIA E E CANCELLA I MIMPRONTE DELLA FAMIGLIA PIG
AALLORA LE ANATRE AIUTANO A A TROVARE CECESTO PER PICNIC
Appendice
106
COSI LA FAMIGLIA PIG TROVA TROVA LLA MACCHINA CON IL CESTO PER PIC NIC
ALLA FAMIGLIA PIG PI PIACCIONO MO LMOLTO I PIC I PICNIC
Figura 11. “Una gita nel bosco”-Libro adattato
Appendice
107
UMA
AMBIENTE MARINO AMBIENTE DELLA TERRA
VUOLE GIOCARE
I INCASTRI COLORATI MATERIALI NATURALI
UMA VUOLE GIOCARE
DINOSAURI ANIMALI ACQUATICI
ANTISTRESS CANZONCINE COL VOCAS
Appendice
108
IIIINCASTRI DI LEGNO GIOCO DEI VESTITI
CUCINA BAMBOLA
UMA VUOLE GIOCARE
ANIMALI DELLA FATTORIA TOMBOLA DEI CARTONI
UMA VUOLE GIOCARE
GESSONI FARINA
Figura 12 . Tabelle a tema per il gioco
Appendice
109
UMA VUOLE LEGGERE
MMANGIA LA MINESTRA SU SUL VASINO
UNA GITA NEL BOSCO IIO MI CHIAMO TOPO TIP
Figura 13. Tabella a tema per la lettura
VV VIOLETTA SUPER WINGS
MIMINIONS SPIDER-MAN
Appendice
110
BBIANCANEVE CALIMERO
TOPO TIP ARIEL
E ELSA H HEIDI
PEPPA PIG DD DORY
Figura 14. Cartelle per la tombola dei cartoni
Appendice
111
SCANSIONE DELLA GIORNATA
Figura 15. Cartellone per la Scansione della giornata
COLORARE