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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATAFacoltà di Medicina e Chirurgia Sede I.R.C.C.S. Fondazione Santa Lucia LAUREA IN LOGOPEDIA PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo TITOLO TESI La comunicazione aumentativa alternativa come mezzo per l'inclusione scolastica: intervento nella scuola dell'infanzia con costruzione di un ambiente facilitante e di strumenti personalizzati. RELATORE: CANDIDATO: Chiara Bonazzi Miriana Lucente ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

“TOR VERGATA”

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Sede I.R.C.C.S. Fondazione

Santa Lucia

LAUREA IN LOGOPEDIA

PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo

TITOLO TESI

La comunicazione aumentativa alternativa come mezzo per

l'inclusione scolastica: intervento nella scuola dell'infanzia

con costruzione di un ambiente facilitante e di strumenti

personalizzati.

RELATORE: CANDIDATO:

Chiara Bonazzi Miriana Lucente

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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INDICE

INTRODUZIONE ____________________________________________ 1

Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa

Alternativa

1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa ________ 3

1.2 Storia e diffusione ______________________________________ 4

1.3 Ambiti di applicazione della CAA __________________________ 8

1.4 Principi generali della CAA _______________________________ 9

Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni

comunicativi complessi

2.1 Modello di partecipazione ______________________________ 12

2.2 Modelli di intervento __________________________________ 16

2.3 Tecniche di CAA assistita ________________________________ 18

2.3.1 I simboli _________________________________________ 19

2.3.2 Tecniche di trasmissione _____________________________ 23

2.3.2.1 La selezione ____________________________________ 23

2.3.2.2 Gli ausili low-tech _______________________________ 23

2.3.2.3 Gli ausili high-tech ______________________________ 25

2.3.3 Interventi a supporto della competenza sociale ___________ 28

Capitolo 3: Storia dell'Inclusione scolastica

3.1 Iter normativo ________________________________________ 32

3.2 Inserimento, integrazione, inclusione _____________________ 34

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3.3 Modello ICF __________________________________________ 35

3.3.1 Utilizzo dell’ICF in ambito scolastico __________________ 37

3.3.2 L'ICF per i bambini e gli adolescenti ___________________ 38

Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

4.1 Anamnesi fisiologica ___________________________________ 40

4.2 Anamnesi patologica ___________________________________ 41

4.3 Sindrome di Phelan McDermid ___________________________ 41

4.4 Intervento logopedico attuato ___________________________ 44

4.5 Quadro clinico attuale __________________________________ 46

4.6 L’attuale progetto terapeutico ___________________________ 48

Capitolo 5: La CAA come mezzo per ’inclusione scolastica

5.1 Presentazione del progetto _____________________________ 50

5.2 Valutazione in base al Modello di Partecipazione ____________ 50

5.2.1 Inventario della attività ______________________________ 50

5.2.2 identificazione delle barriere alla partecipazione __________ 51

5.3 Intervento: costruzione di un ambiente facilitante ___________ 52

5.3.1 Etichettatura ______________________________________ 52

5.3.2 Strisce delle attività _________________________________ 53

5.4 Migliorare la partecipazione: introduzione di strumenti altamente

personalizzati ___________________________________________ 54

5.4.1. Libri adattati ______________________________________ 54

5.4.1.1 Costruzione dei libri adattati _______________________ 56

5.4.1.1.1 La scelta dei libri ____________________________ 56

5.4.1.1.2. L’adattamento del testo _______________________ 57

5.4.1.1.3 La traduzione in simboli _______________________ 58

5.4.1.1.4 La struttura del libro _________________________ 59

5.4.2 Gioco adattato _____________________________________ 60

5.4.3 Tabelle a tema _____________________________________ 61

5.5 Rendere gli obiettivi misurabili: la Goal Attainment Scale ______ 62

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5.5.1 Caratteristiche del metodo ___________________________ 62

5.5.2 Applicazione del metodo agli obiettivi dell’intervento _____ 65

5.5.3 Misurazione degli obiettivi raggiunti ___________________ 67

5.6 Limiti dello studio _____________________________________ 68

CONCLUSIONI _____________________________________________ 69

BIBLIOGRAFIA _____________________________________________ 71

SITOGRAFIA ______________________________________________ 74

APPENDICE _______________________________________________ 75

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Abstract

ABSTRACT

Questo lavoro propone un modello di intervento nella scuola dell’infanzia mirato a

migliorare la competenza comunicativa e socio-relazionale e, dunque, ad incentivare

la partecipazione alle attività scolastiche in soggetti che utilizzano la

Comunicazione Aumentativa Alternativa. Sono presentati i dettagli relativi

all’applicazione del modello su una bambina con Sindrome di Phelan McDermid e

vengono descritte le metodiche usate: il Participation Model, che ha consentito di

individuare i bisogni comunicativi e di partecipazione della bambina, e la Goal

Attainment Scale, che ha permesso di misurare l’outcome riabilitativo.

This paper offers an intervention model in primary school that aims to improve the

communicative and socio-relational competences and, therefore, to increase the

participation at school activities in individuals who use Augmentative and

Alternative Communication. The model is applied on a child with Phelan McDermid

Syndrome and the detailed outcomes are reported along with the techniques used:

the Participation Model, that allowed to identify the child’s communicative and

participation needs, and the Goal Attainment Scale, which allowed to measure the

rehabilitation outcome .

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Introduzione

1

“….E poiché oggi desidero parlare dell’importanza della

comunicazione,dirò anche di come la mia vita è cambiata da quando ho iniziato ad emergere come

persona pensante e capace dunque di esprimere emozioni o bisogni dopo gli anni bui di un silenzio

assoluto. Un silenzio che mi obbligava a dovere scegliere il bianco, mentre invece avrei preferito il

nero oppure qualche altro colore magari un po’ più vivace. Invece non si poteva in quanto erano

sempre gli altri che si appropriavano, certamente in maniera involontaria delle mie idee, dei miei

desideri, dei miei sentimenti ,cioè della mia stessa identità”.

Angelo Signorello

INTRODUZIONE

Nel giro di quarant'anni in Italia l’approccio educativo nei confronti delle persone

con disabilità è radicalmente mutato. Nel sistema scolastico ciò ha indotto una

evoluzione dall’antico sistema esclusivo dell’istruzione separata e delle scuole

differenziali e speciali, passata attraverso le fasi dell’inserimento e dell’integrazione

(Gelati, 2004; D’Alonzo, 2008), fino ad arrivare all’attuale scuola inclusiva (Pavone,

2010: Medeghini & Fornasa, 2011), che mira a garantire il diritto soggettivo di tutti

all’istruzione, così come previsto dalla Costituzione e chiarito e riaffermato con forza

dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3 giugno 1987. Ne consegue che

la scuola dei nostri giorni si prende cura di molteplici forme di disabilità fisica e

psichica, dei disturbi specifici dell’apprendimento e dei bisogni educativi speciali e

in ambito pedagogico si riflette addirittura sulla necessità di un approccio che

conduca a riconsiderare il bisogno, superandone la dimensione passiva e rigida a

favore del desiderio, attivo e flessibile (Sandrone, 2012).

È da rilevare che il nostro Paese è da sempre all’avanguardia in questo settore

(Meijer, Soriano, & Watkins, 2004; De Anna, 2007; Lascioli, 2007) e che in

numerosi altri Paesi il diritto all’istruzione delle persone con disabilità è tuttora un

diritto condizionato (Troilo, 2012).

Pur nella consapevolezza che il nostro Paese gode di un simile «primato inclusivo», è

noto che in alcuni casi di disabilità grave i percorsi di scolarizzazione non approdano

a molto più di ciò che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 12

febbraio 1985 e la successiva Circolare Ministeriale n. 262 del 22 settembre 1988 del

Ministero della Pubblica Istruzione deprecavano come «semplice socializzazione in

presenza». Ne è un esempio il caso della bambina sulla quale è incentrato il seguente

progetto di tesi. Si tratta di un soggetto con una disabilità grave, passato per un

percorso scolastico che non ha lasciato in lei tracce evidenti e significative.

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Introduzione

2

Fondamentale, in tale situazione, è stato l'utilizzo a scuola della CAA, che ha dato

voce alle sue esigenze, richieste, emozioni e si è configurato dunque come un

importante strumento di inclusione scolastica.

In accordo con il principio insito nella “International Classification of Functioning,

Disability and Health”(ICF), in base al quale lo stato di salute può essere

modificato in relazione alla possibilità di comunicare e di mantenere una vita

sociale, lo scopo della presente tesi è stato l'inserimento a scuola di strumenti di

CAA altamente personalizzati, idonei al soddisfacimento dei bisogni comunicativi

e di partecipazione del soggetto in esame, per promuoverne lo stato di salute.

L’applicazione del Participation Model (Beukelman e Mirenda, 1992, 1998, 2005)

ha permesso di identificare tali bisogni, oltre che le barriere da eliminare. Si è

scelto, dunque, dopo un'attenta osservazione, di inserire i seguenti strumenti

all'interno della classe: etichette per ordinare oggetti e spazi; strisce delle attività (la

scansione della giornata)per strutturare il tempo della bambina, permettendogli in

ogni momento di sapere cosa sta succedendo e quali sono gli eventi della giornata;

libri adattati per sostenere lo sviluppo di un linguaggio simbolico attraverso

un’attività motivante e ricca sul piano emotivo e relazionale quale è la lettura

condivisa; giochi adattati per permetterle di esercitare importanti abilità sociali;

tabelle a tema per darle opportunità di partecipare attivamente ad ogni attività svolta.

I primi due capitoli della presente tesi hanno lo scopo di definire l’intervento di

CAA, fornendo una panoramica sugli strumenti di valutazione e sulle strategie di

intervento, compresi gli ausili di comunicazione. Segue poi, nel terzo capitolo, la

descrizione del percorso normativo che ha portato al raggiungimento dell'inclusione

scolastica e la delineazione del modello ICF. Nel quarto capitolo viene descritto il

caso clinico in esame. Nel quinto ed ultimo capitolo viene presentato il progetto vero

e proprio, procedendo con la descrizione del processo di valutazione effettuato, la

scelta delle modifiche da apportare all'ambiente scolastico, gli strumenti di CAA

inseriti e la definizione dei criteri con cui questi sono stati realizzati. E' presente

inoltre la descrizione della Goal Attainment Scale e la sua applicazione agli obiettivi

dell'intervento. Vengono elencate,infine, le diverse modificazioni del comportamento

del soggetto in seguito all'inserimento degli strumenti di CAA.

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

3

Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della

Comunicazione Aumentativa Alternativa

1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa

La 12° divisione di speciale interesse sulla Comunicazione Aumentativa e

Alternativa dell’American Speech-Language-Hearing Association (ASHA) ha

definito la CAA come segue:

"la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) si riferisce a un’area di ricerca e

di pratica clinica ed educativa. La CAA studia e, quando necessario, tenta di

compensare disabilità comunicative temporanee o permanenti, limitazioni nelle

attività e restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini nella

produzione del linguaggio (language) e/o della parola (speech), e/o di comprensione,

relativamente a modalità di comunicazione orale e scritta" (ASHA, 2005).

L’aggettivo “Aumentativa” indica come le modalità di comunicazione utilizzate

siano tese non a sostituire, ma ad accrescere la comunicazione naturale: l’obiettivo

dell’intervento deve essere infatti l’espansione delle capacità comunicative tramite

tutte le modalità e tutti i canali a disposizione. A tal proposito è fondamentale

puntualizzare che la CAA non nasce come alternativa al linguaggio nella sua

globalità, ma solo all’aspetto fonetico del linguaggio.1

La CAA non è quindi sostitutiva del linguaggio orale e neppure ne inibisce lo

sviluppo quando questo è possibile; si traduce invece sempre in sostegno alla

relazione, alla comprensione e al pensiero2.

L’intervento di CAA ha lo scopo di supportare la comunicazione naturale esistente e

di fornire soluzioni che facilitino da subito l’interazione fra il bambino e il suo

ambiente di vita.

In sintesi si può definire il concetto di Comunicazione Aumentativa Alternativa come

l’insieme di conoscenze, tecniche , strategie e tecnologie atte ad integrare, aumentare

o sostituire il linguaggio verbale restituendo all’individuo “non parlante” il ruolo di

soggetto comunicante.

1 Maria Luisa Gava “La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola”, ed. Franco

Angeli 2007 2 Aurelia Rivarola “Comunicazione Aumentativa Alternativa”, Milano 2009

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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1.2 Storia e diffusione

Tra gli anni ‘50 e ‘70 il progresso delle cure mediche e riabilitative portò ad un

aumento di casi di bambini sopravvissuti a nascite premature e di adulti

sopravvissuti a ictus, traumi, malattie.

Per molti di loro residuavano, come postumi ,situazioni di grave disabilità motoria e

impossibilità a comunicare attraverso il linguaggio orale. Pochi riabilitatori,

andando contro corrente, iniziarono a suggerire modi aumentativi per favorire

la comunicazione e iniziarono a diffondere i risultati di queste esperienze.

I primi casi documentati si riferivano a soggetti afasici o affetti da Paralisi

Cerebrale Infantile.

Secondo alcuni, gli studi sull’apprendimento di simboli grafici da parte di scimpanzè

avrebbe aperto la strada all’idea di proporre simboli grafici a persone con

gravi deficit comunicativi e motori.

All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto

un primo programma di CAA rivolto a bambini con Paralisi Cerebrale Infantile. Nel

frattempo si sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la

disabilità comunicativa e venivano usate per la comunicazione macchine da

scrivere adattate.

Il primo ausilio tecnologico specificatamente dedicato alla comunicazione

è stato il POSSUM (Patient Operated Selection Mechanism) finanziato dal Polio

Research Foundation, usato poi fino alla fine degli anni ‘70. Vennero sviluppati,

soprattutto nel Nord Europa, molti altri ausili che erano però accessibili solo a chi

aveva acquisito il codice alfabetico e non erano di facile uso nella vita quotidiana.

Nel 1971 Shirley Mac Naughton, con un gruppo di colleghi, avviò a Toronto

– Canada – presso l’ Ontario Crippled Children Center un progetto di ricerca,

utilizzando i simboli grafici (Blissymbolics) che Charles Bliss aveva inventato con

l’intenzione di farne un linguaggio universale per eliminare le barriere e le guerre

tra i popoli.

Tali simboli, basati sul significato e non sulla fonetica, venivano appresi con

facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e

permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono

entusiasmanti e i simboli Bliss vennero diffusi rapidamente in tutto il mondo.

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

5

Per molti anni Blissymbolics è stato il principale sistema grafico utilizzato nel

mondo. Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati

via via creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di disabilità

nella comunicazione.

La diffusione di questi sistemi simbolici ha contribuito ad accelerare il

processo di strutturazione di questo nuovo campo clinico, che emergeva

sempre di più come un’area specialistica; venivano pubblicati libri, articoli,

test, venivano tenute relazioni a convegni e conferenze, organizzati corsi di

formazione e attivate presso numerose sedi universitarie del Nord America e del

Nord Europa le prime ricerche in campo clinico e tecnologico.

Shirley Mac Naughton ha creato un’organizzazione, il Blissymbolics

Communication Institute, successivamente rinominato Blissymbolics

Communication International – BCI - (tuttora impegnato nella creazione di nuovi

simboli), che ha prodotto una grande quantità di documentazione, libri, materiale

d’uso e anche i primi software con simboli. Presso il BCI sono stati organizzati corsi

di formazione, frequentati da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. I

corsi non riguardavano solo il sistema grafico Bliss, ma il suo utilizzo pragmatico:

non veniva cioè proposto solo un metodo, ma un approccio all’interno del quale

gli strumenti e i sistemi grafici trovavano una loro indicazione.

Un approccio funzionale per facilitare la comunicazione delle persone non parlanti

attraverso modalità non orali, fu considerato legittimo solo verso la fine degli

anni ‘70. Una legge americana del 1975 che riconosceva il diritto all’educazione

per tutti i bambini con disabilità, e quindi il loro diritto a vivere nella comunità,

diede ancora più forza a questa corrente di pensiero riabilitativo anche se molti

professionisti continuavano a sostenere che l’uso di modalità diverse sarebbe andato

a detrimento di un possibile emergere del linguaggio orale. Tale pregiudizio è ancora

presente, come già detto, non solo in molti genitori ma anche in molti operatori della

riabilitazione.

Ricerche di questo periodo nel campo della linguistica e dello sviluppo del

linguaggio nel bambino, aggiunsero nuovi stimoli a questo approccio alla

comunicazione. Molti ricercatori si concentrarono maggiormente sulla funzione

anziché sulla forma dell’atto comunicativo e quindi il linguaggio incominciò ad

essere visto come un mezzo per raggiungere il fine della comunicazione.

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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Le terapie logopediche iniziarono quindi a virare dal solo obiettivo di instaurare o

ristabilire un linguaggio orale a quello di migliorare la comunicazione con tutti i

codici e le modalità possibili. Ciò veniva sostenuto da F. Silverman nel libro

“Communication for the Speechless”, tradotto in italiano su iniziativa del Prof. O.

Schindler, che primo in Italia affermava l’importanza di migliorare la comunicazione

di chi presentava carenza o assenza di linguaggio orale attraverso tutte le modalità

possibili.

Dall’inizio degli anni ‘80 iniziarono ad essere pubblicati casi di persone che

attraverso programmi di comunicazione, riuscivano a migliorare la qualità delle

loro vite. Tali programmi venivano comunque sempre implementati dopo il

fallimento di forme tradizionali di terapie del linguaggio.

Nel 1980 e nel 1982 a Toronto si tennero le prime conferenze internazionali sulla

“Comunicazione non orale”. Nel corso della conferenza del 1982 venne presa la

decisione di creare un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo

clinico. Nel 1983 professionisti di 25 paesi del mondo fondarono a New

Lansing (Michigan - USA) l’International Society for Augmentative and Alternative

Communication (ISAAC) e decisero di chiamare l’area di interesse Augmentative

and Alternative Communication. In questa sede venne raccomandato di utilizzare

il termine derivato dal verbo “to Augment”, cioè aumentare, in tutte le lingue dove

ciò fosse possibile. Il termine “Aumentativa” doveva chiarire come l’obiettivo

dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità comunicative

esistenti.

In quel periodo il Personal Computer divenne per le persone con disabilità

comunicativa una realtà e così pure gli ausili con uscita in voce sintetica o in stampa,

perché diventavano sempre più piccoli e maneggevoli. Questi progressi tecnologici

sono stati favoriti dalla cooperazione di persone di Paesi differenti e provenienti

da diverse discipline. In quegli anni i progressi nell’area della tecnologia erano

quelli che più sembravano connotare il campo della CAA. Si svilupparono, inoltre,

numerose ricerche che fornivano conoscenze e teorie di base e contribuirono al

riconoscimento scientifico del campo della CAA.

I temi emergenti delle ricerche, che hanno motivato dibattiti e relazioni a congressi,

hanno via via seguito diversi filoni. Sono state riportate ricerche su quali

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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caratteristiche dei simboli grafici facilitassero l’apprendimento e la memorizzazione

degli stessi, ricerche e articoli sull’argomento della “ selezione del vocabolario”,

sulle modalità interattive tra il partner parlante e non parlante,ricerche sul ruolo

dei simboli grafici nell’acquisizione della lingua e nell’apprendimento della letto-

scrittura, ricerche sul controllo dei comportamenti-problema tramite la CAA,

ricerche sulle tecniche di accelerazione della comunicazione tramite predizione

lessicale. Inoltre avvenivano dibattiti sulla terminologia in CAA, venivano svolte

indagini sul grado di comprensione del linguaggio sintetico, venivano pubblicati

articoli che riferivano l’applicazione della CAA in diverse condizioni di disabilità e

ancora ricerche sui diversi modelli di valutazione e intervento in CAA, fino alle più

recenti ricerche sulla quantificazione dei risultati e sulla posizione della CAA

rispetto alla pratica basata sull’evidenza. Sono tantissime le aree di sviluppo della

CAA che hanno portato ad un’evoluzione del pensiero, della metodologia di

intervento clinico e dei percorsi di formazione; molte di esse sono alla base di quelli

che oggi vengono considerati i principi di base della CAA.

Tappe significative nella diffusione della CAA in Italia possono essere considerate i

primi meeting internazionali del BCI a Catania e a Milano, rispettivamente nel 1983

e nel 1988. Successivamente nel 1989 la formazione del Gruppo Italiano per lo

Studio della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) e nel 1996 la

creazione della prima e, tuttora, unica scuola annuale di formazione in CAA a

Milano presso il Centro Benedetta D'Intino onlus. La scuola di formazione è

articolata in più seminari e vi collaborano docenti italiani e stranieri. Sono previste

inoltre iniziative di II° livello per approfondire argomenti e temi di particolare

rilievo nella pratica clinica in CAA.

In Italia la diffusione e lo sviluppo della CAA ha registrato e continua a registrare un

ritardo rispetto al Nord America e al Nord Europa.

La tappa certamente più significativa per il nostro Paese è stata la fondazione nel

2002 del Chapter ISAAC Italy. ISAAC Italy raduna in Italia le persone interessate e

coinvolte nella CAA, cioè le persone che utilizzano la Comunicazione Aumentativa e

Alternativa, i loro familiari ed amici, professionisti, tecnici ed aziende che

distribuiscono in Italia ausili e materiali per la CAA. Scopi di ISAAC Italy, oltre a

quello di sviluppare gli obiettivi di ISAAC Internazionale, sono quelli di divulgare e

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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promuovere il campo interdisciplinare della CAA, facilitare l’accesso alle

conoscenze specifiche e diffondere una corretta cultura di CAA anche attraverso le

conferenze ISAAC in Italia (nel 2005 a Genova, 2007 a Roma, 2009 a Torino)

e la traduzione di alcuni articoli e testi di rilevanza per la CAA.

1.3 Ambiti di applicazione della CAA

L’intervento di CAA può essere rivolto a tutti coloro che necessitino di un’assistenza

particolare per parlare e/o scrivere perché la loro comunicazione gestuale, verbale e/o

scritta è temporaneamente o permanentemente inadeguata a esprimere i loro bisogni

comunicativi. Varie sono le condizioni congenite o acquisite che possono causare

l’incapacità di parlare o scrivere senza un’assistenza particolare. Le principali cause

congenite di questi disordini di comunicazione includono disabilità intellettive

severe, paralisi celebrali infantili, autismo e aprassia del linguaggio. Le disabilità

acquisite che più spesso richiedono interventi di CAA comprendono la sclerosi

laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, traumi cranio-encefalici e ictus del tronco

cerebrale.

I dati epidemiologici mostrano un’area di bisogno consistente: i dati internazionali

mostrano che tra lo 0,5 e lo 0,9 % della popolazione infantile necessita un intervento

di CAA 3.

In Italia, più del 2% della popolazione di età compresa tra 0-18 anni è disabile e

almeno un quarto di essa presenta disturbi di comunicazione transitori o permanenti,

per un totale di circa 50.000 ragazzi e famiglie all’interno di diagnosi anche molto

diverse.

Beukelman (2012) evidenziò diversi fattori che hanno contribuito all’aumento del

numero di individui che necessita dell’utilizzo della CAA. Ad esempio, l’aumento,

negli ultimi anni, dell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico (DSA): negli Stati

Uniti 1 bambino su 88 riceve diagnosi di DSA (Centro per il Controllo e la

Prevenzione delle Malattie) e di questi bambini il 30-50% sviluppa un linguaggio

funzionale e necessita della CAA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2001).

3 J.A. Matas, P.Mathy-Laikko, D.R. Beukelman, K. Legresley, “Identifying the non speaking population:

a demographic study”, Augmentative and Alternative Communication, 1985

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Inoltre, grazie ai progressi della medicina, sono aumentati i tassi di sopravvivenza di

bambini con disturbi dello sviluppo alla nascita o con disturbi dello sviluppo

acquisiti e ciò ha portato al conseguente aumento del numero di persone con

disabilità permanenti, molte delle quali presentano disturbi della comunicazione.

Ad esempio, l’incidenza delle paralisi cerebrali infantili (PCI) negli Stati Uniti sta

aumentando (Loyola University Health System, 2010), rappresentando così una delle

principali cause di disabilità in età evolutiva. Non solo è aumentata l’incidenza delle

disabilità comunicative, ma è anche aumentata l’aspettativa di vita e questo ha

portato all’aumento della prevalenza della disabilità comunicativa. Inoltre,

l’aumentata aspettativa di vita ha portato all’aumento della percentuale di persone

anziane (oltre i 65 anni) che hanno quindi maggiori probabilità di sviluppare

patologie cronico - degenerative con conseguenti disturbi sensoriali, percettivi,

motori, cognitivi, e del linguaggio fino ad avere bisogno della CAA per sostenere la

comunicazione ( Segalman, 2011)4.

1.4 Principi generali della CAA

Tutte le modalità che una persona con disabilità comunicativa usa a livello

intenzionale e non intenzionale per mettersi in contatto con chi la circonda, fanno

parte del proprio personale sistema di comunicazione; in quanto tali vanno valutate e

considerate ancor prima di consigliare ausili “poveri” o tecnologici. In un progetto di

CAA bisogna quindi identificare, interpretare e valorizzare il sistema di

comunicazione esistente, dove per esso si intende l’insieme delle risorse naturali

della persona quali gesti, vocalizzi, movimenti del corpo (modalità unaided). E’

importante, ad esempio, comprendere il modo di esprimere accettazione o rifiuto,

dare significato alla mimica del volto, allo sguardo, alla pantomima, ai gesti usati e

capire se esiste un modo codificato per rispondere “Sì” e “No”. Le strategie di CAA

sono indispensabili per questi scopi: per esempio, codici o modalità speciali per il Sì

e No o strumenti come il vocabolario dei gesti personali quando i gesti usati non

sono comprensibili a tutti. L’identificazione del sistema di comunicazione

esistente permette di costruire nuove competenze a partire dalle abilità presenti

4 Janis Light, David McNaughton,” The changing face of Augmentative and Alternative

Communication: past, present and future challenges, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (4): 197-204

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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e di consigliare strategie, strumenti e differenti tipi di ausili di comunicazione

speciali (aided) che realmente migliorino le possibilità comunicative.

Per raggiungere questo obiettivo è prioritario conoscere i bisogni e le occasioni di

comunicazione del bambino in tutti gli ambienti di vita.

L'aspetto fondamentale che differenzia l'intervento di CAA dagli interventi

riabilitativi classici è l'attenzione al contesto e agli interlocutori del bambino (partner

di comunicazione). L'intervento deve mirare dunque anche alla modificazione delle

caratteristiche fisiche e familiare dell'ambiente, per renderlo più adatto al bambino.

Quanto finora affermato trova giustificazione nella definizione dell'ASHA: "La CAA

si riferisce anche ai soli aggiustamenti dei comportamenti degli interlocutori". I

modelli d'intervento si rivolgono sia alla persona con disabilità, sia ai coloro i quali

interagiscono con essa quotidianamente, i quali dunque diventato parte integrante del

progetto rivolto a sostenere i processi comunicativi e relazionali. Partendo dal

concetto di base per cui “la comunicazione non si insegna ma si esplica nei reali

contesti di vita del bambino” è chiaro che la CAA debba essere insegnata in modo

interattivo e pragmatico. Essa, dunque, richiede necessariamente che qualsiasi abilità

specifica, come imparare i simboli grafici, apprendere una tecnica di selezione dei

simboli dalla tabella e imparare a utilizzare un VOCA, venga appresa in situazioni

comunicative naturali e realistiche e venga subito tradotta in obiettivi funzionali.

Pertanto, il training in CAA non può essere impostato con modalità simili a quelle

utilizzate all’interno di normali sedute riabilitative.

Si può, quindi, affermare che l’alleanza con i partner comunicativi e un training agli

stessi sia fondamentale per la buona riuscita di un programma di CAA. Infatti, i

partner comunicativi possono supportare la comunicazione offrendo contesti

stimolanti e vanno quindi aiutati affinché imparino a interagire con successo con chi

ha difficoltà comunicative. Per questo devono porre attenzione al proprio linguaggio

per favorire la comprensione e devono acquisire diverse strategie: ad esempio, usare

lunghi tempi di pausa nel corso degli scambi comunicativi, rispondere ad ogni

tentativo di comunicazione, utilizzare domande aperte, seguire gli interessi del

bambino, rispettare i suoi tempi e i suoi ritmi e aiutarlo ad esprimere preferenze e

scelte, a raccontare e a commentare utilizzando tabelle e ausili. E’ molto importante,

nell’ambito di un progetto di CAA, individuare uno o più facilitatori che si assumano

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Capitolo 1: Definizione, storia e scopi della Comunicazione Aumentativa Alternativa

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la responsabilità di supportare gli sforzi comunicativi del bambino, diventando

promotori di relazioni con diversi partner comunicativi (compagni di classe, amici,

insegnanti, vicini di casa), ed evitando di porsi come unici interlocutori. La scuola è,

per esempio, uno degli ambienti che offre ai bambini disabili il maggior numero di

occasioni di comunicazione e di interazione. Gli insegnanti di sostegno e gli

educatori sono spesso le figure che con maggior successo assumono il ruolo di

facilitatori. I sistemi di CAA sono efficaci se, oltre a essere accompagnati da un

training rivolto al bambino, sono condivisi e supportati dalla maggioranza delle

persone per lui significative, al fine di evitare una “scissione” tra i vari ambienti di

vita.

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel

bambino con bisogni comunicativi complessi

La Valutazione avvia l'intervento di CAA, nel senso preciso di porre le basi di

conoscenza e di osservazione che permettono la definizione di un progetto di

intervento per quella precisa persona con complessi bisogni comunicativi nel suo

contesto di vita. La complessità del compito richiede una serie regolare di incontri, i

quali configurano un percorso di osservazione -intervento: in altri termini, le prime

sedute di osservazione permettono di rilevare le abilità funzionali comunicative che il

soggetto già utilizza nelle sue interazioni quotidiane; tali abilità a volte sono

possedute ma il soggetto non è in grado di adoperarle nei diversi contesti. Devono

essere osservate le competenze comunicative già presenti nella persona con bisogni

comunicativi complessi, al fine di identificare obiettivi adatti. Contemporaneamente

deve essere verificato l’allineamento dei genitori e dei principali partner

comunicativi rispetto allo scopo e alle modalità di intervento. Si stabiliscono le

strategie di intervento per il singolo soggetto,approfondendo l’osservazione delle

Abilità Funzionali alla Comunicazione, con adeguati strumenti di osservazione e

dettagliando la programmazione dei modi e degli strumenti attraverso cui dirigere lo

sviluppo del soggetto. Valutazione, osservazione e intervento sono processi immessi

in un sistema di reciproca influenza, in cui la coerenza dell’uno con gli altri deve

essere verificata di continuo.

2.1 Modello di partecipazione

In una relazione tecnica del 2014, l’American Speech-Language-Hearing Association

(2004) adottò il Modello di Partecipazione (Participation Model), come schema di

riferimento della valutazione e degli interventi di CAA. Il Modello di Partecipazione

fu presentato per la prima volta da Beukelman e Mirenda (1988), che ampliarono i

concetti inizialmente esposti da Rosenberg e Beukelman (1987) per guidare le

decisioni e gli interventi di CAA. La versione attuale del modello (figura 1) fornisce

una struttura per la valutazione e l'intervento e propone metodi per modificare i molti

aspetti delle barriere di comunicazione degli utenti di CAA. Il Modello di

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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Partecipazione è finalizzato all'individuazione ed al superamento continuo di questi

ostacoli. L'obiettivo principale è di facilitare ogni persona cercando di eliminare gli

ostacoli ed incrementando i livelli di partecipazione dell'individuo stesso nei contesti

naturali più significativi progettando degli interventi specifici, opportuni e mirati.

Il principio basilare del Modello di Partecipazione consiste nel concetto che per

incrementare la comunicazione è necessario incrementare in modo significativo la

partecipazione in contesti naturali. La valutazione secondo questo modello parte

dall’individuazione dei bisogni di partecipazione del bambino, compresi i bisogni

comunicativi nei contesti naturali come sono la casa e l'ambiente scolastico.

Attraverso opportune schede di registrazione della partecipazione (valutando dunque

le barriere di accesso e di opportunità) è possibile registrare le abilità che ogni utente

possiede e di cui ha bisogno al fine di offrire suggerimenti utili e le soluzioni più

idonee per eliminare gli ostacoli presenti. Vengono pertanto valutate le barriere di

accesso,facendo riferimento ad una serie di abilità funzionali che gli esseri umani

normalmente sviluppano ovvero valutando la disponibilità di mezzi per comunicare

pienamente in tutte le situazioni;e le barriere di opportunità considerando come

l’ambiente familiare, medico, educativo, governativo e comunitario influenza lo

sviluppo delle abilità potenziali e le libertà di ogni utente CAA.

Inoltre possono essere indicati e registrati gli obiettivi e le soluzioni per la

pianificazione di un intervento di CAA. Il punto di partenza è la valutazione delle

disabilità per focalizzare poi l'interesse sulle abilità presenti ed affidabili, potenziali o

potenziabili.

Il modello di partecipazione richiede che siano valutati per confronto i modelli di

partecipazione dei pari non disabili in contesti significativi. I modelli i partecipazione

dei bambini che saranno oggetto degli interventi vengono valutati negli stessi

contesti dei pari e a questi confrontati.

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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Figura 1 . Modello di partecipazione (Beukelman & Mirenda 2014)

Identificare i pattern di partecipazione e i bisogni comunicativi

La valutazione dei pattern di comunicazione inizia con la Rivelazione della

Partecipazione (Participation Inventory), che può essere effettuata per ciascuna delle

attività a cui la persona con CBC partecipa regolarmente in casa, a scuola, al lavoro o

in altri contesti. Oltre a redigere un inventario delle attività, è anche utile identificare

le persone con le quali la persona con CBC potrebbe comunicare. Ovviamente, le

specifiche attività e i partner comunicativi di una persona dipenderanno da numerosi

fattori sociali, lavorativi ed educativi.

Il primo passo per redigere un Participation Inventory relativo ad un’attività specifica

è quello di stabilire come i pari vi prendono parte, registrando i passaggi critici

necessari per una partecipazione soddisfacente. Il team di intervento deve selezionare

come modello un pari approssimativamente della stessa età della persona interessata

(e dello stesso sesso, se il genere è un fattore rilevante all’interno di un’attività), la

cui partecipazione fornisca un esempio di quella auspicata in una data situazione.

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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Osservando e documentando i pattern partecipativi dei pari per ciascuna attività, i

membri del team stabiliscono degli standard di performance dei pari, secondo i

seguenti livelli:

• Indipendente: il soggetto pari è in grado di partecipare all’attività senza

assistenza;

• Indipendente con supporto: il soggetto pari è in grado di partecipare in modo

autonomo una volta che gli sia stata fornita assistenza per avviare l’attività

(ad esempio si sono preparati per uno studente i materiali per un lavoro

artistico);

• Richiede assistenza verbale o fisica: il soggetto pari è in grado di portare a

termine il compito se gli si forniscono istruzioni o stimoli verbali o fisici (ad

esempio un genitore o insegnante fornisce un supporto fisico a uno studente

mentre svolge una certa attività).

Determinare con precisione i passaggi critici necessari per portare a termine

un’attività è una fase importante del processo di valutazione di CAA. Le persone con

CBC, i loro insegnanti, collaboratori o familiari possono a volte stabilire obiettivi

non realistici per una certa attività.

Una volta che i membri del team hanno identificato i passaggi critici e i pattern di

partecipazioni necessari ai pari per portare a termine un’attività, potranno utilizzare

gli stessi criteri per valutare e documentare come la persona con CBC partecipi. E’

possibile che quest’ultima sia in grado di partecipare in alcuni passaggi ad un livello

simile a quello dei suoi pari e che in tali situazioni non vi sia alcuna differenza nella

partecipazione. In altri passaggi, invece, le discrepanze tra il livello di partecipazione

della persona e quello dei suoi pari potranno essere evidenti.

Secondo il Modello di Partecipazione due tipi di barriere possono influire sulla

partecipazione della persona: le barriere di opportunità e le barriere di accesso. Le

prime sono quelle poste da persone diverse dalla persona con CBC e che non

possono essere rimosse semplicemente fornendo un sistema di comunicazione o un

intervento di CAA.

Le barriere di accesso, invece, derivano sostanzialmente da limitazioni delle attuali

capacità della persona o del suo sistema di comunicazione. E’ necessario effettuare

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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valutazioni che portino a identificare l’origine delle barriere alla partecipazione, per

poter formulare una valutazione efficace e individuare strategie di intervento per

ciascuna barriera.

2.2 Modelli di intervento

La distribuzione del lavoro lungo un percorso nel contempo di osservazione e di

intervento serve per evocare ed esercitare quelle abilità di cui il soggetto già dispone;

serve per avviare un lavoro che permetta il mantenimento e la generalizzazione delle

stesse; consente di evocare e costruire altre e nuove abilità comunicative di base o

anche di avviare una comunicazione simbolica, quando questo è possibile.

Come già detto, l’intervento si costruisce sulle abilità presenti, ma non prescinde

dalle difficoltà e dai punti critici. Entrambi vengono definiti in CAA “barriere”:

l’intervento consiste anche nel cercare il modo per superarle.

L’intervento si articola in sedute rivolte al bambino in presenza dei genitori e dei

principali partner degli ambienti di vita, in particolare della scuola o dei centri diurni,

per renderli il più possibile competenti ed autonomi nel supportare gli sforzi

comunicativi del bambino attraverso strategie e strumenti di CAA e per individuare e

progettare occasioni di partecipazione comunicativa. Gli insegnanti e gli educatori

giocano un ruolo fondamentale in un progetto di CAA ed è pertanto importante

trovare tra di loro chi si assuma la responsabilità di supportarlo. Queste persone

vengono chiamate facilitatori della comunicazione. E’indispensabile prevedere per

loro tempi, occasioni e modalità efficaci di formazione sia teorica che in presenza del

bambino. Quando possibile è importante che la persona che conduce il progetto di

CAA intervenga direttamente negli ambienti di vita per individuare o creare

opportunità. Purtroppo per limiti strutturali ciò non è sempre attuabile. Nella pratica,

le sedute creano contesti d’interazione strutturati dall’operatore CAA, in cui

bambino, genitori e partner (in genere insegnanti ed educatori) possano vivere

scambi comunicativi significativi. Ciò generalmente avviene in situazioni di gioco e

durante routine. In tali contesti, l’operatore CAA conosce il bambino, cerca di

captare i segnali da lui inviati e le intenzioni comunicative, e costruisce interazioni,

perlopiù attraverso il gioco, rispettando i suoi interessi e preferenze. In altre parole,

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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crea contesti di partecipazione, all’interno dei quali valorizza gli sforzi comunicativi

del bambino e, nel contempo, propone quei simboli che gli permetteranno da subito

di esplicare diverse funzioni comunicative,anche negli altri ambienti di vita. Cerca,

inoltre, di rendere i genitori sensibili a cogliere e riconoscere i segnali comunicativi

del bambino e a restituire significato favorendo così lo sviluppo di intenzionalità.

Potrà mostrare come non fondare la CAA sull’esercizio, ma su esperienze che

offrano opportunità di comunicazione. Ad esempio, una delle principali opportunità

da insegnare e proporre è quella di fare scelte in situazioni reali. L’abilità di scegliere

dà infatti la possibilità di influenzare l’ambiente, di crearsi una identità, di migliorare

l’immagine e la stima di sé. Offrire scelte è molto più complicato di quanto possa

sembrare; ma ancora più difficile è offrire scelte senza obbligare a farle. Durante le

sedute si potrà trasmettere una strategia particolarmente cruciale in CAA chiamata

“modellamento”. Il modellamento comporta che chi interagisce col bambino, che sta

imparando l’uso funzionale dei simboli, indichi i simboli corrispondenti alla parola

chiave mentre parla al bambino. In tal modo il bambino sperimenta i simboli in uso

ricettivo, rinforza l’associazione del simbolo al referente, condivide con un’altra

persona la sua modalità di comunicazione, e, se la comunicazione avviene con il

supporto della tabella, consolida la memorizzazione e la collocazione del simbolo.

Altro aspetto importante del modellamento è l’esposizione del bambino ad una

costruzione sintattica via via più evoluta, utile per affrontare le difficoltà sintattiche

della comunicazione con simboli.

Le interazioni naturali tra genitori e bambini offrono spesso spunto e opportunità per

sostenere, ampliare e arricchire gli scambi comunicativi. I genitori, durante le sedute,

possono osservare come sia possibile che i loro bambini vivano, durante il gioco,

merende, uscite al bar, scambi comunicativi efficaci anche con partner comunicativi

non abituali. Questo stile di intervento si applica, adeguatamente adattato, anche a

ragazzi e giovani adulti.

Il modello di intervento attualmente considerato “valido” a livello internazionale in

Comunicazione Aumentativa Alternativa è definito “Modello basato sulla

partecipazione“ (Beukelman e Mirenda,2005) e il significato di partecipazione in

questo caso gioca su più livelli.

In primo luogo, l’obiettivo dell’intervento è facilitare la comunicazione significativa

e la partecipazione della persona nelle attività della vita quotidiana e nella società,

nel significato dato al termine dall’ICF.

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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In secondo luogo la partecipazione attiva del bambino, della famiglia, e del contesto

di vita è necessaria e indispensabile nel momento della valutazione in quanto

“migliori esperti” del funzionamento comunicativo e dei bisogni emergenti .

Infine, questo tipo di intervento implica la continua costruzione e negoziazione di un

progetto su misura per quel bambino e quella famiglia in quel contesto e in quel

momento della loro storia, intorno al quale vi sia pieno consenso di tutti coloro che

sono coinvolti.

Altre possibili modalità di intervento sono le seguenti:

• Modello di intervento basato sui prerequisiti;

• Modello di intervento basato sui bisogni.

Nel primo caso l’operatore di CAA valuta le limitazioni del bambino e inizia un

intervento su di lui per fargli raggiungere ipotetici prerequisiti.

Nel secondo caso invece l’operatore valuta le competenze del bambino, ipotizza i

suoi bisogni e inizia un intervento con lui, definendo simboli, tabelle, ausili, training

da usare a casa o a scuola in base ai migliori strumenti tecnici per il bambino.

L’équipe di CAA

Nella condivisa pratica clinica, si ritiene importante che la valutazione e l’intervento

in CAA siano processi dinamici condotti da una équipe di professionisti, che non

solo conoscono e padroneggiano le strategie proprie della CAA, ma anche sappiano

mantenere un’attitudine di lavoro multidisciplinare e di gruppo. Purtroppo

l’operatore formato in CAA sovente si trova a lavorare ‘da solo’ sul versante della

Comunicazione, anche qualora appartenga ad un gruppo di lavoro. Si pone allora

l’istanza di ricercare attivamente altri professionisti, con cui condividere il progetto

di CAA per realizzare una concreta rete di scambio di informazioni e di condivisioni

sugli obiettivi da perseguire e sulle strategie comunicative individuate come adeguate

allo scopo.

2.3 Tecniche di CAA assistita

Nell'intervento di CAA si deve individuare il sistema comunicativo multimediale

migliore per i bisogni comunicativi dell'utente, integrando componenti verbali e non

verbali naturali della comunicazione insieme a modalità aumentative naturali e

modalità aumentative speciali che comprendono:

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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• i sistemi di simboli,

• le tecniche di trasmissione

• gli ausili a vario grado di tecnologia.

2.3.1 I simboli

I simboli possono essere classificati in tre categorie: simboli tangibili, fotografie e

simboli grafici. I simboli tangibili sono gli oggetti veri, le imitazioni di oggetti, le

miniature o parti di oggetti. Le foto

comprendono sia fotografie personali che

fotografie di giornali o riviste o loghi di

prodotti. I simboli grafici differiscono tra

loro per livello di simbolizzazione: i simboli

trasparenti sono facilmente intuibili perché

assomigliano visivamente al concetto che

rappresentano; i simboli opachi non hanno

alcuna relazione con il concetto che

rappresentano, sono arbitrari; i simboli

traslucenti non sono facilmente intuibili ma si caratterizzano per la facilità di

apprendimento. I simboli sono raggruppati in set o sistemi di simboli. Un set di

simboli è un insieme definito di simboli; è quindi limitato par la sua stessa natura;

può essere prodotto da specialisti di CAA o essere composto da blocchi di simboli

reperibili sul mercato, da autoadesivi o da cartoncini contenenti un numero limitato

di simboli. Un set di simboli può essere ampliato ma non ha regole chiaramente

definite per la sua espansione.

Un sistema di simboli si riferisce ad un insieme di simboli specificamente ideato per

essere usato insieme allo scopo di permettere la migliore comunicazione. I sistemi di

simboli includono regole o una logica per lo sviluppo dei simboli non ancora

rappresentati nel sistema (Vanderheiden, Lloyd, in Blackstone, 1986).

GIOCARE GIOCARE

Figura 2. Simboli PCS adatti ai

vari contesti culturali

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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I simboli più diffusi nel contesto italiano sono i Picture Communication Symbols

(PCS), Widgit Literacy Symbols (WLS) e Blissymbolics (Bliss). Ognuno di essi

presenta caratteristiche peculiari che possono

determinare vantaggi e svantaggi diversi

nell’approccio della simbologia e nelle

evoluzioni e arricchimenti che possono

essere introdotti nel tempo. Il PCS è il più

diffuso set di simboli in uso nel mondo. Il

PCS è un’ampia raccolta di più di 10.000

simboli. I PCS sono nati negli Stati Uniti

d’America che restano il contesto nel quale

vengono maggiormente impiegati; esistono

in 42 lingue con rappresentazioni adatte a

diversi contesti culturali (vedi figura 2). Molti simboli sono presenti in diverse

versioni più trasparenti o più stilizzate (vedi figura 3). La caratteristica principale è

la trasparenza di questi simboli, che pur con qualche stilizzazione, mantiene una

buona riconoscibilità immediata. Ciò vale in particolar modo per gli oggetti e alcuni

verbi mentre i simboli relativi ai concetti astratti risultano comunque poco trasparenti

(vedi figura 4). I PCS sono caratterizzati,grazie alle loro peculiarità,da una facilità di

apprendimento immediato da parte dei bambini piccoli o con difficoltà cognitive. Il

vocabolario in simboli è molto ricco per quanto riguarda nomi e termini legati al

concreto ma risulta decisamente meno fornito di concetti astratti. Questo sistema

manca inoltre di elementi morfo-sintattici quali il plurale, molti pronomi e altri

elementi della morfologia libera, comparativi e superlativi, alcuni avverbi e

congiunzioni. I simboli PCS sono utilizzati in un gran numero di software, il più noto

ed utilizzato è il software Boardmaker nato per la costruzione di tabelle di

comunicazione. Tra i vantaggi del suo uso per la produzione del testo in simboli vi

sono: la veloce reperibilità dei simboli anche attraverso la ricerca per categorie; la

possibilità di ampliare abbastanza agevolmente la libreria con nuovi simboli,

immagini e foto; la facilità nel modificare sia il testo che i simboli; la facilità

nell’impaginazione a seconda del bisogno e la possibilità di scegliere la dimensione

dei simboli e del testo. La possibilità di costruire nuovi simboli è importante ma al

tempo stesso espone al rischio di un’eccessiva individualizzazione d’uso.

AMICI AMICI

Figura 3 Simboli PCS con diverso

livello di stilizzazione

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Il WLS è un sistema di simboli nato nel Regno Unito come evoluzione dei simboli

Rebus.

Il WLS è stato appositamente ideato per

supportare l’apprendimento delle capacità di

letto-scrittura. Lo stile grafico è meno infantile

rispetto ai PCS e dunque adatto a tutte le età. I

simboli di oggetti mantengono lo stesso livello

di trasparenza dei PCS, mentre la presenza di

elementi per la rappresentazione delle

componenti morfosintattiche della lingua

avvicina i WLS al Bliss. Oltre a un ampio vocabolario (oltre10.000 simboli,

disponibili sia a colori che in bianco e nero, in grado di rappresentare un vocabolario

di oltre 30.000 parole nella lingua italiana), il sistema WLS ha precise regole interne

che consentono di identificare categorie linguistiche omogenee.

Il software che utilizza il sistema WLS in italiano è Symwriter che nasce come

sistema di trascrizione in simboli della scrittura alfabetica.

Il Blissymbolics nasce per opera di Charles K. Bliss dopo la Seconda Guerra

Mondiale, la finalità per cui viene progettato è quella di creare una lingua

internazionale che faciliti la comunicazione tra persone parlanti lingue diverse.

Il sistema Blissymbolics è ispirato alla scrittura cinese basata su ideogrammi.

La rappresentazione delle parole utilizza come elementi primitivi 26 segni grafici

elementari che possono essere potenzialmente combinati all’infinito per creare nuove

parole ed esprimere elementi grammaticali e morfosintattici similarmente a quanto

avviene con i suoni del linguaggio.

Ogni singolo segno viene posizionato all’interno di uno spazio definito da due linee

immaginarie parallele: la linea del cielo e la linea della terra, in questo modo la

posizione del simbolo all’interno delle due linee immaginarie ne determina il

significato. I simboli possono essere composti da più elementi primitivi. Gli

indicatori sono segni più piccoli che vengono posizionati sopra i simboli all’interno

dello spazio delimitato dalle due linee immaginarie del cielo e della terra che

permettono di rispettare le regole grammaticali e la morfologia propria di ogni

BELLO

Figura 4. Simboli PCS opachi

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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lingua; i modificatori sono simboli che permettono di modificare il significato del

simbolo.

Esistono inoltre numerosi simboli che hanno la funzione di preposizione, articolo,

avverbio, aggettivo e altri.

Rispetto ai PCS e al WLS, il Bliss ha una trasparenza minore, pertanto richiede un

tempo maggiore per l’apprendimento dei simboli. Inoltre, in quanto il Bliss rispetta

le regole del linguaggio verbale, non è possibile utilizzarlo senza evidenziare da

subito tutti gli elementi morfosintattici, non è possibile, quindi, introdurre

progressivamente livelli di complessità maggiore in base alle specifiche necessità di

ogni utente e alle sue modificazioni nel tempo.

Il Bliss è il sistema simbolico grafico più evoluto. Le applicazioni software in

italiano per il Bliss sono poche e abbastanza recenti di cui la più nota è Mind

Express. Altri set e sistemi di simboli meno diffusi nel contesto italiano sono: il Core

Picture Vocabulary, il Pictogram Ideogram Communication (PIC), il Pic Syms.

Il Core Picture Vocabulary è un codice pittografico. Questo set di simboli è stato

creato nel 1985 da Don Jonston ed è costituito da un ristretto vocabolario di

significati prevalentemente concreti, rappresentati da circa 160 simboli in bianco e

nero. I simboli trasparenti rendono questo sistema adatto ai bambini piccoli. Il PIC è

un codice in parte pittografico e in parte ideografico creato dalla George Foundation.

Si tratta di un set di circa 1400 simboli che vengono rappresentati su fondo nero e

sono adatti per persone adulte o con difficoltà visive.

Il Pic Syms è un sistema di simboli creato da F. Carlson e si basa sul lessico

generalmente utilizzato dai bambini in età prescolare, rappresentato da circa 850

simboli. I simboli sono raggruppati per categorie semantiche e rappresentano sia

concetti concreti che astratti.

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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2.3.2 Tecniche di trasmissione

Quando si parla di “tecniche di trasmissione” ci si riferisce alle modalità di

esposizione, visualizzazione e selezione dei simboli.

2.3.2.1 La selezione

Nell’ambito della CAA assistita si possono distinguere modalità di selezione diretta e

modalità di selezione indiretta. La selezione diretta avviene mediante l’indicazione.

L’utente può indicare attraverso l’utilizzo delle dita delle mani, il direzionamento

dello sguardo, un ausilio di puntamento nel pugno o su di un caschetto, un’asta

tenuta fra le labbra o attraverso un fascio di luce applicato su un caschetto o altro

ancora. La selezione indiretta può avvenire attraverso due modalità: a scansione o a

codifica. La selezione a scansione può essere assistita dal partner di comunicazione o

da sistemi elettronici. Nel primo caso, il partner indica uno per volta i simboli o un

gruppo di simboli (scansione riga-colonna); nel secondo caso è il sistema che indica i

simboli uno per volta o a gruppi attraverso un segnale luminoso accompagnato o

meno da un segnale acustico, l’utente segnala la sua scelta. La selezione a codifica

avviene attraverso l’uso di un codice di riferimento che viene attribuito ad ogni

elemento.

2.3.2.2 Gli ausili low-tech

Si definisce con il termine ausilio qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o

sistema tecnologico utilizzato per compensare, alleviare o eliminare un problema

temporaneo o permanente. Lo scopo è dare maggiore autonomia e migliorare la

qualità della vita. Gli ausili possono favorire la graduale crescita di identità del

bambino, prevenire le complicanze, promuovere l’autonomia, favorire la

socializzazione, facilitare le attività nei diversi ambienti di vita del bambino.

Esistono ausili a tecnologia povera, a tecnologia media e ad alta tecnologia. Gli

strumenti a tecnologia povera (low-tech) non hanno batterie, componenti elettroniche

o emissione di voce. Essi vengono creati con simboli, fotografie, immagini, oggetti o

materiali comuni. Si tratta di supporti sempre disponibili e facilmente accessibili

all’utente. Il “quaderno dei resti” è uno strumento che permette al soggetto di

raccontare o condividere un’esperienza fatta precedentemente. La tecnica dei resti

consiste nel raccogliere ed organizzare gradualmente, ad esempio in un quaderno, i

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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frammenti e i resti concreti di un’attività o situazioni vissute direttamente dal

bambino e che vengono utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica.

Le diverse tracce delle esperienze significative permetteranno al bambino di

espandere le funzioni comunicative. Il “vocabolario dei gesti” è uno strumento che

permette, da una parte, la consultazione veloce per consentire ai partner non familiari

di comprendere il significato dei gesti prodotti dal bambino e, dall’altra, di

valorizzare le competenze gestuali per sostenere l’espansione del suo codice

gestuale. Il vocabolario dei gesti deve essere redatto attraverso una ricognizione

accurata del patrimonio gestuale del bambino, facendo delle fotografie o disegnando

o descrivendo il gesto prodotto e annotando il significato specifico che esso ha per

quel bambino.

Le “tabelle di comunicazione” sono dei supporti comunicativi cartacei che

raccolgono bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi: oggetti concreti,

miniature di oggetti fotografie, disegni, sistemi simbolici, lettere o parole. Il bambino

comunica attraverso l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner. Le

tabelle di comunicazione sono accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche

comunicative, fisiche, cognitive del bambino, attraverso la raccolta del vocabolario

di base e la scelta dei contenuti da inserire; la selezione del sistema

rappresentazionale da utilizzare; la scelta delle dimensioni dei simboli e della

spaziatura fra di essi; la selezione della modalità d’accesso (indicazione diretta o a

scansione);la scelta della forma, della struttura e delle dimensioni della tabella in

considerazione della trasportabilità. Esistono diversi tipi di tabelle.

Le “tabelle minime” sono formate da pochi simboli o oggetti e favoriscono la scelta.

Le “tabelle a scelta multipla” permettono di aumentare le possibilità di scelta,

generalmente sono costruite con foto o simboli. Le “tabelle a tema” sono strumenti

utili per interagire durante una specifica attività o per raccontare qualcosa, il

vocabolario viene selezionato in funzione dello specifico contesto comunicativo. Le

tabelle a tema si differenziano dalle tabelle a scelta multipla per la presenza di

simboli di azioni oltre che di oggetti.

Le “tabelle a cascata” (o a Matrioska) sono formate da una tabella a scelta multipla

che si sviluppa con un insieme di tabelle a tema concatenate. Le “tabelle principali”

sono strutturate in modo da poter essere utilizzate durante tutte le attività del

bambino e contengono il vocabolario di base. Possono avere forma, dimensioni,

struttura e modalità di accesso differenti in funzione delle caratteristiche del

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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soggetto, ma per quanto possibile sono organizzate fisicamente in modo da facilitare

la strutturazione della frase.

I “passaporti”e le “presentazioni”, sono supporti per favorire la conoscenza ad

interlocutori non abituali del bambino, dei suoi interessi, delle sue modalità e dei suoi

bisogni di comunicazione.

L’“E-tran” è uno strumento di straordinaria efficacia per ampliare le possibilità

espressive utilizzando l’ indicazione di sguardo.

Non esiste un solo tipo o modello di E-tran, ma in generale esso è sempre costituito

da un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli, lettere o numeri. I materiali

normalmente impiegati per costruire il pannello sono il Plexiglass e il Lexan, più

resistente ai graffi. Si tratta di oggetti che non sono reperibili in commercio, ma

vanno costruiti artigianalmente. Il pannello viene posto fra la persona non parlante e

il suo interlocutore. Quando il primo guarda una lettera sul pannello, il secondo, dalla

parte opposta, può vedere dove si dirigono gli occhi e l’elemento che viene indicato.

La comprensione, di norma, risulta molto rapida così come gli scambi comunicativi.

2.3.2.3 Gli ausili high-tech

Gli ausili a media e alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare

hanno bisogno di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È disponibile

un’ampia gamma di ausili a media e alta tecnologia in commercio, nel seguente

paragrafo non verrà fornito un elenco completo,ma verrà fornita una descrizione di

alcuni dei principali ausili per fini esemplificativi.

Ausili a tecnologia media

Fanno parte della categoria degli ausili a media tecnologia i VOCAs, i comunicatori

simbolici e i comunicatori alfabetici. “Comboard” è uno strumento per la

comunicazione molto semplice basato sul movimento rotatorio di una freccia su di

un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli, immagini o pezzi di un gioco

da tavolo. L’utente potrà indicare i simboli fermando il movimento della freccia che

viene azionata da un sensore. Questo strumento è particolarmente adatto a bambini

con gravi difficoltà motorie, per la partecipazione a giochi o a semplici attività

didattiche. Comboard funziona a batterie. I “VOCAs” (attualmente definiti SGDs –

Speech Generating Devices insieme ai comunicatori simbolici più avanzati) sono

ausili di comunicazione con uscita in voce che permettono di emettere un messaggio

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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sonoro precedentemente registrato. “Big Mack”è un ausilio per la comunicazione a

singolo messaggio, dedicato a bambini con grave disabilità. Il suo funzionamento è

elementare: si registra sul dispositivo un messaggio utile all’utente e si applica sulla

superficie un’immagine che ne richiami il contenuto; successivamente, l’utente potrà

usare quel messaggio nel contesto appropriato, premendo la superficie colorata.

“I Talk 2” è un ausilio per la comunicazione a 2 messaggi. I comunicatori simbolici

sono ausili di comunicazione con uscita in voce (SGDs) dotati di un numero variabile

di caselle e di frontalini intercambiabili che consentono di registrare un numero

variabile di messaggi e consentono diversi livelli di registrazione. Ne esistono diversi

tipi in commercio che differiscono tra loro per numero di messaggi, tempo totale di

registrazione e modalità di accesso. “Super Talker” è un ausilio che permette agli

utenti di passare gradualmente dall’uso di un singolo messaggio all’uso di più

messaggi fino ad una massimo di 8 messaggi. “Tech Talk” è un ausilio con uscita in

voce dotato di 32 caselle a ciascuna delle quali è possibile associare un messaggio

registrato e un'immagine per rappresentarne il significato. Grazie alla presenza di 6

livelli di registrazione, questo strumento permette di mantenere registrati

contemporaneamente 192 diversi messaggi suddivisi in 6 tabelle. Il contenuto dei

messaggi viene selezionato dall'utente premendo le otto aree sulla tastiera. I vantaggi

legati all’utilizzo di questi strumenti sono molti: sostengono l’intenzionalità

comunicativa e la partecipazione del bambino attraverso la possibilità di richiesta di

attenzione, di inserimento spontaneo in una conversazione e di presa del turno.

Inoltre garantiscono l’immediatezza della comunicazione e una maggiore velocità

grazie all’uso di modalità preprogrammate.

I comunicatori alfabetici sono dispositivi che permettono di generare parole o frasi a

partire dal codice alfabetico presente sulla tastiera.

“Light Writer” possiede due display contrapposti, uno destinato all' utente, l'altro al

suo interlocutore che può leggere i messaggi rimanendo di fronte all’utente.

I messaggi una volta composti vengono ripetuti in voce dalla sintesi vocale

incorporata. Per consentire una maggiore velocità di composizione dei messaggi,

questo strumento consente di memorizzare frasi di uso frequente e di richiamarle

attraverso la digitazione di una parola o di poche lettere. “Neo” è una tastiera con

display in grado di memorizzare automaticamente il testo scritto e ne consente il

trasferimento sul computer o la stampa con cavo USB. “Allora” è un comunicatore

alfabetico portatile dotato di una sintesi vocale di alta qualità (Real Speak). La sintesi

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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vocale comprende sia una voce femminile che una voce maschile. Oltre alla sintesi

vocale, questo dispositivo integra un sistema intelligente di predizione delle parole:

mentre l’utente digita i primi caratteri di una parola nella prima riga del display, nella

seconda riga vengono visualizzati alcuni termini d’uso frequente che iniziano con la

medesima radice: con un semplice comando l’utente può così completare

rapidamente la parola e passare alla successiva. Quando uno dei suggerimenti della

predizione viene utilizzato dall’utente, il dispositivo mostra una serie di parole

logicamente correlate ad esso.

La predizione permette di velocizzare significativamente gli scambi comunicativi.

Ausili a tecnologia alta

Fanno parte degli ausili di comunicazione ad alta tecnologia (high-tech) i

comunicatori dinamici, i sistemi di puntamento oculare e i software di

comunicazione. La definizione di comunicatori dinamici nasce da una specifica

caratteristica di questi dispositivi: quella di permettere all’utente di passare

autonomamente da una pagina di simboli ad un’altra, operazione spesso impossibile

con gli ausili di comunicazione più tradizionali che impiegano una tabella cartacea.

“Tech Touch” è un ausilio a display dinamico, nato per l’uso specifico della

comunicazione e dotato delle funzioni di un potente computer con il sistema

Windows. “XL-Tablet”è un Tablet PC di ultima generazione che può essere

impiegato per realizzare strumenti per la comunicazione, a display dinamico.

Entrambi questi strumenti consentono l’installazione dei software di comunicazione

che permettono di realizzare sistemi di comunicazione completamente personalizzati,

sia con l’uso di simboli e fotografie, sia con la scrittura alfabetica.

Inoltre, consentono la selezione dei messaggi attraverso il touch screen, a scansione

con uno o due sensori o mediante il mouse o un emulatore. “XL-Tablet”, nella

versione più sofisticata, si presta particolarmente all’impiego di sistemi di

puntamento oculare. I sistemi di puntamento oculare permettono di comunicare

attraverso la rilevazione della direzione di sguardo, sfruttando la tecnologia a

infrarossi. La composizione dei messaggi avviene puntando gli occhi sulle caselle di

un display e confermando col battito o mantenendo fisso lo sguardo sul tasto per

pochi istanti. Una volta che il messaggio è stato completato può essere ripetuto in

voce, attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema. I software di comunicazione

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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più diffusi che consentono di costruire materiale cartaceo per la comunicazione sono

“Boardmaker” e “Symwriter”.

“Boardmaker” è il programma grafico più noto e utilizzato per realizzare, con i

simboli PCS, tabelle di comunicazione, calendari con i simboli, etichette da applicare

sugli oggetti, testi corredati di simboli e altro. Il programma contiene oltre 6500

simboli grafici che possono essere dimensionati a piacimento e utilizzati sia in

versione a colori che bianco e nero. “Symwriter” è un programma che consente la

traduzione automatica in simboli del testo alfabetico, tenendo conto degli aspetti

grammaticali. Il programma consente di personalizzare la grafica dei simboli e di

creare simboli con immagini personali. “The Grid 2” è un programma che consente

di utilizzare il computer come ausilio di comunicazione con uscita in voce,

impiegando simboli o testo per comporre frasi inoltre, è dotato di funzioni integrate

di controllo del computer.

Può essere utilizzato con sensori, mouse ed emulatori di mouse come trackball e

joystick speciali, puntatori col capo, puntatori oculari, touch-screen.

2.3.3 Interventi a supporto della competenza sociale

Nel 1989 Light propose una definizione di competenza comunicativa per le persone

che si affidano alla CAA sostenendo che lo sviluppo di questa competenza è un

processo complesso, che si basa su conoscenza, capacità di giudizio e abilità in

quattro aree: operazionale, linguistica, sociale e strategica5. Dal punto di vista

operazionale gli utenti di CAA devono imparare ad utilizzare le necessarie

competenze motorie6 cognitive

7 e viso-uditive

8 per usare i loro sistemi di CAA,

siano essi basati su segni manuali, su simboli grafici o su ausili con uscita in voce.

Dal punto di vista linguistico le persone che si affidano alla CAA hanno bisogno di

imparare il/i codice/i linguistico/i del loro sistema di CAA (ad esempio, Blissybols,

segni manuali) così come le competenze semantiche, morfosintattiche, pragmatiche e

tutte le altre abilità richieste dalla lingua parlata in famiglia e nella loro comunità

sociale9 . Le abilità di competenza sociale includono quelle necessarie a effettuare

scelte e richieste, a esprimere rifiuto, e anche quelle relative alle strategie

5 Light 1989b

6 Treviranus e Roberts, 2003

7 Rowland e Schweigert, 2003

8 Kovac e Kenyon , 2003

9 Blockberger e Sutton, 2003; Mineo Mollica,2003;Romski e Sevcik 2003; Smith e Grove,2003

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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pragmatiche del discorso, quali iniziare, mantenere, riprendere e terminare una

conversazione10

. Infine le competenze strategiche sono quelle che permettono agli

utenti di CAA di “fare il meglio di quello che sanno e possono fare”11

.

Insegnare ad effettuare scelte e richieste

Lo sviluppo di comportamenti non simbolici per segnalare accettazione o rifiuto

dimostra un’implicita consapevolezza di preferenza. Quest’ultima è evidente quando

una persona esprime accettazione o rifiuto dopo che le vengono offerte diverse

opzioni, una alla volta.

Lo sviluppo delle preferenze e di un modo per comunicarle attraverso modalità non

simboliche, è un necessario primo passo per poi effettuare delle scelte. La scelta

avviene quando una persona seleziona un oggetto o un’attività preferita tra una o più

opzioni, sia indipendentemente sia quando qualcun altro gliela offre. La scelta

dunque non sempre parte dall’iniziativa della persona e non avviene sempre nel

contesto di un’interazione comunicativa. La richiesta, invece, presenta due

componenti: la prima implica che un’altra persona sia disponibile, se richiesta, ad

offrire mediazione e assistenza; la seconda, invece, implica che la persona che prova

ad accedere ad un’attività specifica o a un oggetto non sia in grado di farlo senza

l’assistenza o la mediazione di un’altra persona12

. La richiesta, inoltre, è sempre

effettuata all’interno di un’interazione comunicativa.

Uno dei principi dell’intervento secondo il Modello di Partecipazione è quello di

effettuare matching tra le richieste poste dal sistema comunicativo per l’oggi e le

abilità attualmente presenti nel repertorio della persona. Ciò significa che i format

utilizzati per effettuare scelte e richieste dovranno essere selezionati sulla base delle

attuali abilità della persona. Se ciò non avviene si potrebbero avere come

conseguenza scelte e richieste non corrette e frustrazione per tutti coloro che sono

coinvolti.

Le scelte su proposta sono iniziate da una persona diversa da quella che si affida alla

CAA. Le persone che stanno imparando a compiere delle scelte su proposta devono

avere frequenti e significative opportunità per controllare il loro ambiente attraverso

questa modalità. Di conseguenza il primo passo di un team di CAA nell’insegnare a

10

Brady e Halle,2002; Light Parsons e Drager,2002;Sigafoos et al.,2002; Iacono,2003. 11

Light,1996,p.9 12

Sigafoos e Mirenda,2002

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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fare scelte, è quello di individuare quando, dove e da chi possono essere proposte

scelte alla persona nella sua vita quotidiana. Alcune occasioni per fare scelte sono

ovvie: decidere cosa mangiare o bere, quale canzone ascoltare, quale programma

televisivo guardare o quale vestito indossare. In altre situazioni queste occasioni

possono essere meno ovvie: scegliere a chi sedersi vicino durante un’attività, o anche

l’ordine con il quale completare un compito costituito da varie attività (ad esempio le

cure personali delle routine mattutine). La motivazione è sempre una componente

chiave delle scelte, ragion per cui molte opportunità devono essere inserite in attività

divertenti e interessanti.

Gli specialisti di CAA hanno a disposizione varie opzioni per insegnare a effettuare

scelte mediante l’uso di simboli. Un approccio utilizza suggerimenti (prompt)

introdotti dal facilitatore, quali indicazioni verbali, gesti, modellamento e/o guida

fisica per insegnare alla persona, all’interno di un format ( senza errori), a selezionare

un simbolo dal set di selezione; l’item desiderato viene quindi dato alla persona.

Poiché questo approccio non presume che esistano scelte giuste o sbagliate può

essere utilizzato in varie attività di scelta13

. Un altro approccio utilizza la procedura

di “valutazione della comprensione“14

per favorire anche lo sviluppo semantico. Dal

momento che non esistono linee guida relative all’utilizzo di un approccio piuttosto

che un altro, i facilitatori potranno utilizzare l’approccio che ritengono più adatto alle

abilità della persona, o cambiarlo se in tempi ragionevoli non si dimostra proficuo.

Indipendentemente dalla tecnica utilizzata per insegnare a fare scelte su proposte, è

indispensabile che il facilitatore fornisca sempre la naturale conseguenza della scelta

effettuata.

I comunicatori iniziali infatti per poter apprendere devono sperimentare le

conseguenze naturali delle loro scelte, anche se questo significa non ottenere a volte

ciò che vogliono, perché non hanno prestato una sufficiente attenzione oppure perché

non sono stati in grado di valutare adeguatamente le opzioni. Un errore comune

compiuto dai facilitatori è quello di proporre due opzioni e poi di correggere la scelta

della persona, se questa sceglie un opzione che il facilitatore presume, o sa, essere

meno gradita alla persona stessa.

13

Sigafoos et al., 1996;Lockee Mirenda, 1998 14

Rowland e Schweigert, 2000b

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Capitolo 2: Valutazione e intervento di CAA nel bambino con bisogni comunicativi complessi

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La richiesta è chiaramente una delle basilari e più importanti funzioni comunicative e

spesso viene introdotta precocemente nel processo di insegnamento. Tra le tecniche

più comuni che i facilitatori possono utilizzare per insegnare le persone a fare

richieste sono inclusi: l’approccio tramite richiesta generalizzata”15

, il Picture

Exchange Communication System (PECS)16

o anche l’approccio dell’”insegnamento

in situazioni generiche” (General Case Approach) che può essere combinato con

entrambi i precedenti approcci.

Una delle procedure più comunemente utilizzate per insegnare la richiesta

generalizzata utilizza una combinazione di istruzioni esplicite e di insegnamento

incidentale. La richiesta generalizzata viene attuata quando la persona utilizza un

solo simbolo (ad esempio “voglio”o “per favore”) per iniziare la richiesta e poi

effettua una scelta tra due o più opzioni proposte. L’uso di un simbolo per la richiesta

generalizzata non richiede l’abilità di discriminare simboli, perché viene utilizzato un

solo simbolo per iniziare la richiesta.

Utilizzando il PECS invece la richiesta viene insegnata come prima abilità nel

repertorio comunicativo di una persona, poiché non richiede prerequisiti quali il

contatto visivo, l’imitazione, l’orientamento del volto e l’abilità di effettuare

accoppiamento o etichettamento. Nel PECS le persone imparano a scambiare simboli

per ottenere item desiderati invece di indicarli su un display di comunicazione; il

partner comunicativo fornisce quindi l’item o l’attività richiesta.

Infine l’insegnamento in situazioni generiche consiste nell’analizzare stimoli

rilevanti e classi di risposte associate a particolari compiti o situazioni, e

nell’insegnare alle persone quando rispondere e quando non rispondere nelle varie

condizioni17

. Sebbene questa tecnica di insegnamento richieda più tempo e una

maggiore pianificazione rispetto all’insegnare la funzione di richiesta in uno o due

contesti ristretti, la ricerca suggerisce che questa tecnica porta più facilmente ad un

uso spontaneo e alla generalizzazione delle competenze comunicative appena

acquisite.

15

Generelized requesting approach ; Reichle, York e Sigafoos, 1991 16

Bondy e Frost, 2001; Frost e Bondy, 2002 17

Chadsey-Rush et al.,1993

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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Capitolo 3: Storia dell'inclusione scolastica

3.1 Iter normativo

L’art. 34 della Costituzione della Repubblica Italiana (1947), rifacendosi al principio

di uguaglianza dell’art. 3, dispone che la scuola sia aperta a tutti. Questi principi

costituzionali garantirono, in prima battuta, il diritto allo studio degli alunni con

disabilità attraverso l’esperienza delle scuole speciali e delle classi differenziali, le

cui implicazioni negative emersero ben presto soprattutto in termini di alienazione ed

emarginazione sociale.

La legge 118/71, pur non abolendo le classi speciali, dispose che l’istruzione

dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica ma a

discrezione delle famiglie. La stessa legge disponeva anche che venissero loro

assicurati il trasporto, l’accesso agli edifici scolastici mediante il superamento delle

barriere architettoniche e l’assistenza durante gli orari scolastici nei casi più

gravi. L’obbligatorietà dell’inserimento fu sancito solo con la Legge 517/77 che

introdusse ulteriori strumenti e iniziative, orientati a rimuovere gli ostacoli prodotti

dal deficit, in particolare attraverso l’istituzione dell’insegnante specializzato per

il sostegno e l’individuazione di piani educativi adeguati alla crescita e allo sviluppo

dell’alunno con disabilità.

A questa sono succeduti una notevole quantità di interventi legislativi, confluiti poi

nella ben nota Legge 104/92, che ribadisce e amplia il principio dell’integrazione

sociale e scolastica come momento fondamentale per la tutela della dignità umana

della persona con disabilità, impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni

invalidanti che ne impediscono lo sviluppo, sia sul piano della partecipazione sociale

sia su quello dei deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede percorsi

formativi individualizzati con la partecipazione di più soggetti istituzionali. Con il

successivo DPR 24 febbraio 1994 vengono individuate anche le competenze degli

Enti Locali, delle Aziende Sanitarie Locali e delle istituzioni scolastiche nella

definizione della Diagnosi Funzionale, del Profilo Dinamico Funzionale e del Piano

Educativo Individualizzato, documento conclusivo e operativo in cui “vengono

descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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condizione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della

realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione”.

Questi concetti, ribaditi anche successivamente (D.P.R. n. 275/99, Legge di riforma

n. 53/03, L. n. 296/06) fanno espresso riferimento all’integrazione scolastica e al

rispetto delle “effettive esigenze” degli alunni con disabilità, sulla base di accordi

interistituzionali.

Con la Legge n. 18/2009, il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione ONU

per i Diritti delle Persone con Disabilità, la cui innovazione fondamentale sta nel

superamento di un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona

con disabilità attraverso l’adozione di un “modello sociale della disabilità” che

introduce i principi di non discriminazione, parità di opportunità, autonomia e

indipendenza, con l’obiettivo di conseguire la piena inclusione sociale mediante

il coinvolgimento delle stesse persone con disabilità e delle loro famiglie. Essa infatti

recepisce una concezione della disabilità che individua nel contesto culturale e

sociale un fattore determinante l’esperienza che il soggetto medesimo fa della

propria condizione di salute. La disabilità diviene allora il risultato dell’ interazione

tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che

impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società. E’ necessario che

“il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) si adatti ai bisogni

specifici delle persone con disabilità, per assicurare loro il godimento e l’esercizio,

su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali”

(accomodamento ragionevole).

L‘art. 24, in particolare, dedicato all‘ educazione, riconosce “il diritto all’istruzione

delle persone con disabilità (…) senza discriminazioni e su base di pari opportunità”

garantendo “un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento

continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:

a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima

ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e

della diversità umana;

b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità,

dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali,

sino alle loro massime potenzialità;

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a

una società libera".

A conclusione di questo cammino verso l’integrazione scolastica, sempre nel 2009,

l’emanazione da parte del Ministero dell’Istruzione delle Linee Guida per

l’integrazione scolastica delle persone con disabilità, documento che in realtà non

apporta alcuna novità normativa e non fornisce risposte a molte richieste formulate

nel frattempo dalle associazioni, ma che rilancia l’impegno dell’Amministrazione

scolastica sull’integrazione, in un momento in cui sembrava scemare di attenzione

nell’agenda politica. Il linguaggio è certamente espressione degli avvenimenti storici

cui si riferisce e quindi i tre termini inserimento, integrazione e inclusione segnano

senza dubbio una diversa sensibilità verso il fenomeno della “coeducazione di alunni

con disabilità nelle classi di tutti”.

3.2 Inserimento, integrazione, inclusione

Il termine “inserimento” (L. 118/1971) si riferiva alla presenza nelle classi comuni,

a partire dagli anni ‘60, di alunni con minorazioni sino ad allora rinchiusi per legge

nelle classi e negli istituti speciali. Con l’affinarsi della ricerca pedagogica che

individuò percorsi di scolarizzazione di questi alunni insieme ai compagni, il termine

cominciò a sembrare troppo statico e poco espressivo. Così si cominciò a parlare,

verso la metà degli Anni Settanta (L.n. 517/77), di “integrazione” per significare che

gli alunni con disabilità non erano solo presenti in classe ma si collegavano al lavoro

didattico dei compagni e interagivano con loro (L.104/92).

A partire però dalla metà degli Anni Novanta, sulla base di un dibattito di stampo

anglosassone sul termine inclusion, ci si cominciò a chiedere sempre più

frequentemente se l’integrazione scolastica potesse considerarsi un fenomeno

biunivoco che quindi consistesse sia nell’adattamento dei comportamenti degli alunni

con disabilità a quelli dei compagni non disabili sia viceversa. Nonostante il

vocabolo italiano integrazione significhi in parte anche questo, si cominciò a

riflettere, quindi, sul rischio che il termine “integrazione scolastica“ assumesse un

valore negativo e un significato riduttivo. Per tali ragioni venne introdotto il termine

”inclusione”, per marcare la reciproca permeabilità dei rapporti fra alunni con

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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disabilità e contesto. In realtà molti studiosi del fenomeno, già dagli Anni Settanta,

davano questo significato al termine integrazione; il fatto di accettare

convenzionalmente oggi quello di inclusione è stato dettato, dapprima, dalla

necessità di rimarcare la reciprocità del fenomeno e, poi, dal fatto che è “inclusione”

il termine adottato ufficialmente dalla stessa Convenzione ONU.

3.3 Modello ICF

Nella scuola inclusiva trovano posto in modo ordinario tutte le diversità ed è su

questo presupposto che le differenze e le difficoltà vengono trattate con una didattica

plurale capace di valorizzare le prime superando l’indifferenza verso di esse e di

affrontare con tenacia e competenza le seconde, trasformandole da ostacolo per

l’allievo a obiettivo per gli insegnanti mediante un uso creativo dell’intervento

didattico.

La Convenzione Delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità cita:

“... i bambini con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti diritti umani

e delle libertà fondamentali in condizioni di uguaglianza rispetto agli altri

bambini...”.

In materia di disabilità è necessario effettuare delle precisazioni rispetto all’utilizzo

della terminologia che ancora oggi sembra confusa e caotica.

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) bisogna distinguere:

Menomazione o deficit: l’esteriorizzazione di uno stato patologico (perdita,

anomalia ecc.);

Disabilità: conseguenza della menomazione, incapacità di svolgere

un’attività in modo “normale”;

Handicap: impatto del deficit sull’ambiente, conseguenze culturali, sociali,

economiche che derivano dalla menomazione o dalla disabilità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha tra le sue finalità

l’identificazione e la classificazione delle malattie.

L’ICD (International Classification of Disease) è la classificazione delle patologie in

base alle proprie caratteristiche anatomo-fisiologiche-eziologiche dei disturbi.

Nel 1975 l’OMS decise di affiancare a questa classificazione un’appendice

riguardante le conseguenze delle malattie classificate nell’ICD ed emanò l’ICDH

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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(classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap).

Le due classificazioni sono complementari e si riferiscono alla sequenza: eziologia-

patologia-manifestazione clinica.

L’ICD e l’ICDH sono state in uso fino al 1999. Successivamente l’OMS si rese conto

che tale sequenza non risultava esaustiva in quanto la persona ammalata subiva,non

solo la manifestazione della malattia, ma anche l’impossibilità a svolgere il proprio

ruolo sociale e a mantenere le normali relazioni con gli altri.

Una sequenza in grado di rivelare tale situazione deve tener conto anche delle

conseguenze delle malattie nel sociale. L’ICDH-10 (decima revisione) è stato il

primo tentativo di fornire dei parametri per identificare le diverse forme di handicap.

Nel 2001 venne pubblicato un secondo documento dell’OMS che già dal titolo

indicava una svolta significativa: ICF, International Classification of Functioning,

Disability and Health (Classificazione Internazionale del Funzionamento delle

Disabilità e della Salute). Rispetto alla prima classificazione dell’OMS, che

identificava determinati gruppi di persone come disabili, imponendo una separazione

chiara tra salute e disabilità e focalizzando l’attenzione sulla dimensione patologica

della persona, l’ICF afferma che tutti possono avere disabilità, evitando così la

categorizzazione delle persone a favore di un approccio multidimensionale e

multiprospettico.

L’attuale classificazione non è più dunque una classificazione delle “conseguenze

delle malattie” come nella precedente versione del 1980, ma è diventata una rassegna

delle “componenti della salute”. Viene in questo modo superato il modello riferito ad

una minoranza di persone, la cui disabilità, ponendo fine allo stato di salute, le

emarginava in un contesto di vita completamente separato da quello delle persone

senza disabilità. Il modello attuale ha carattere universale e inclusivo poiché

considera la disabilità non più un problema di pochi, bensì propone modalità per

valutare l’impatto sociale e fisico sul funzionamento di qualunque persona al mondo.

L'ICF intende descrivere ciò che una persona malata o in qualunque condizione di

salute può fare e ciò che non può fare. La chiave infatti non è più la disabilità, ma la

salute e le capacità residue.

Rappresenta così uno strumento molto più versatile, con un ventaglio assai più ampio

di applicazioni possibili, in assenza di una classificazione tradizionale. Si può

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

37

afferma dunque che si tratti di una “rivoluzione culturale che passa

dall’enfatizzazione della disabilità a quella della salute delle persone”.

Grazie a questo strumento è possibile descrivere:

• il funzionamento, cioè gli aspetti che vengono considerati“positivi” di una

persona, ovvero ciò che è in grado di fare;

• la disabilità, cioè gli aspetti “negativi” del funzionamento, ovvero ciò che una

persona ha difficoltà a fare;

• la presenza o l’assenza di menomazioni riguardanti le funzioni e/o le strutture

corporee;

• i fattori contestuali, vale a dire l’influenza positiva o negativa che l’ambiente

in cui vive la persona può avere sul funzionamento stesso della persona.

La descrizione di questi aspetti si realizza attraverso il processo di selezione delle

specifiche categorie che meglio descrivono la salute, gli aspetti collegati alla salute e

il contesto della persona.

L’ICF afferma il principio secondo il quale nessuna valutazione del funzionamento è

corretta se non specifica il contesto ambientale della persona, in quanto la disabilità

non è una caratteristica della persona, ma il risultato di un’interazione tra una certa

condizione di salute e un ambiente sfavorevole.

3.3.1 Utilizzo dell’ICF in ambito scolastico

Nell’ambito educativo il contesto più direttamente coinvolto è quello

dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sia attraverso la ridefinizione

del Piano educativo individualizzato, sia attraverso la strutturazione di nuove

modalità di collaborazione con gli operatori dei servizi sanitari che devono costruire

la diagnosi funzionale dell’alunno con disabilità. L’ICF si rivela essere un valido

strumento per la realizzazione di interventi educativi realmente inclusivi, poiché

aiuta a recuperare la valenza ontologica della persona in quanto essere umano e la

consapevolezza che i bisogni educativi speciali delle persone con disabilità non sono

tali perché differenti dagli altri, ma in quanto richiedono di pensare e organizzare in

modo diverso le prassi educative per rispondere a queste necessità. In quest'ottica

l’ICF aiuta a realizzare il processo educativo di integrazione e inclusione come

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

38

momento di valorizzazione della ricchezza umana, sotto la guida di un pensare

speciale che accompagna e il percorso di vita della persona.

Affinché ciò sia concretamente realizzabile, l’assetto normativo italiano scolastico

prevede alcuni strumenti operativi ai quali è possibile applicare il modello e il

linguaggio ICF:

• la Scheda di Segnalazione del bambino in situazione di difficoltà da parte

della scuola ai Servizi socio-sanitari;

• la Diagnosi Funzionale (DF);

• il Profilo Dinamico Funzionale (PDF);

• il Piano Educativo Individualizzato (PEI).

3.3.2 L'ICF per i bambini e gli adolescenti

Direttamente derivata dall’ICF, l’OMS ha pubblicato di recente, per la prima volta, la

versione riferita all’infanzia e all’adolescenza, ICF C&Y (Children and Youth), che

fornisce strumenti di valutazione più adeguati alla fascia d’età 0-20 anni, età nella

quale la presenza di una disabilità incide in modo molto diverso che nell’età adulta.

In questo periodo di crescita, è ancor più necessario valutare adeguatamente tutti gli

elementi che determinano il ritardo nello sviluppo e considerare, di conseguenza, con

particolare attenzione, il contesto in cui vive il soggetto che quanto più è piccolo di

età tanto più diventano fondamentali le interazioni che si stabiliscono con le persone

che agiscono intorno a lui.

Per tali ragioni è stata ritenuta indispensabile una classificazione formulata sulla base

di profili funzionali e non su mere etichette diagnostiche, capace di riassumere

molteplici ed essenziali aspetti del funzionamento e dell’ambiente riguardanti la

crescita e lo sviluppo dei bambini e gli adolescenti, nelle più diverse condizioni di

salute e in qualunque Paese. In particolare appare essere uno strumento funzionale

alla pianificazione degli interventi educativo-riabilitativi e tale da garantire la

comunicazione tra insegnanti e specialisti per favorire un ambiente senza barriere e

in cui tutti i loro diritti siano riconosciuti e rispettati.

Lo sforzo rivolto a promuovere la salute, lo sviluppo e il benessere dei bambini e

degli adolescenti ha implicato la costruzione di una struttura concettuale e di un

linguaggio comune e condiviso che vanno oltre i parametri nazionali adottati da

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Capitolo 3:Storia dell’Inclusione scolastica

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ciascun Paese per classificare le stesse disabilità, ponendo pertanto il bambino e

l’adolescente al centro di una riflessione rilevante sotto tutti i punti di vista, e tale da

offrire risposte e soluzioni più omogenee agli stessi problemi. L’ICF-CY si pone

come obiettivo la piena partecipazione alle attività di gioco da parte dei bambini

disabili. Il gioco viene valorizzato nella sua funzione di supporto all’apprendimento

ed è per questo che viene incluso con grande importanza in quanto come disse Piaget

“gli esseri umani apprendono la realtà agendo su di essa attraverso l’esperienza

perché il gioco favorisce l’attività mentale”.

Il gioco è senz’altro un bisogno istintivo del bambino e dell’uomo. Non è possibile

obbligare al gioco, ma non si può crescere senza giocare.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

Il progetto è incentrato sul caso di una bambina di 7 anni affetta dalla Sindrome di

Phelan McDermid dovuta alla delezione 22q13 del cromosoma 22 che ha assunto

una forma ad anello.

4.1 Anamnesi fisiologica

L’anamnesi fisiologica riporta una gravidanza normodecorsa, sierologia per ToRCH

positiva per pregresso CMV, controlli ostetrici ed ecografici regolari.

Nata alla 35°settimana di gravidanza attraverso parto cesareo d’urgenza per tracciato

cardiotocografico poco rassicurante ( 2 giri di funicolo intorno al collo).

Peso alla nascita di 2000gr, lunghezza 44,5 cm, circonferenza cranica di 31 cm.

Dal punto di vista nutrizionale viene riferito un disturbo dell’alimentazione

transitorio che ha richiesto l’uso del gavage, un successivo svezzamento regolare e

un reflusso gastroesofageo di media entità. Attualmente presenta ipotonia dei

muscoli masticatori, mangia alimenti a consistenza semisolida e non mostra difficoltà

con i liquidi.

Dal punto di vista neuro-psicomotorio viene riferito un ritardo nello sviluppo. All’età

di 9 mesi non era ancora stato acquisito il controllo del capo. La bambina raggiunge

la posizione seduta dopo il primo anno di vita e deambula con sostegno al bacino,

mentre la deambulazione autonoma per medi tratti è stata raggiunta nel settembre

2013.

E’ seguita in trattamento psicomotorio prima privatamente poi presso struttura

accreditata dall’età di 9 mesi. Attualmente presenta un plantare avvolgente ed

utilizza la carrozzina per gli spostamenti esterni.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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4.2 Anamnesi patologica

L’anamnesi patologica riporta una diagnosi di trombocitopenia risolta in 12°giornata.

La bambina presentava inoltre dismorfismi per cui sono stati richiesti una consulenza

citogenetica e approfondimenti diagnostici con esami strumentali.

E’stata inoltre ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale per ipoglicemia

precoce. Durante la degenza nel TIN è stata sottoposta a diversi esami tra cui:

ecografia transfontanellare, dalla quale emerge un’asimmetria dei ventricoli laterali,

soprattutto a carico dei corni occipitali, e corpo calloso assottigliato; visita

neurologica che evidenzia un’ipotonia generalizzata prevalentemente agli arti

inferiori; Rx total body che segnala glossoretroptosi di notevole entità con tendenza

alla dilatazione dell’orofaringe e dell’ipofaringe, mascellare superiore ed inferiore di

dimensioni ridotte, aspetto dismorfico delle costole; visita genetica da cui si evince

facies dismorfica, faccia piatta, ipotelorismo, naso a becco, sproporzione tronco-arti,

lassità articolare ai polsi, pollice lungo, alluce grosso.

A 10 mesi di vita ha effettuato esame RMN encefalo che segnala macrocrania con

marcato ampliamento dei ventricoli con aspetto di idrocefalo benigno, ipoplasia del

corpo calloso e formazione cistica aracnoidea in fossa cranica posteriore destra.

A Gennaio 2012 è stata effettuata diagnosi di Chr22 ad anello presso l’Istituto

Mendel.

4.3 Sindrome di Phelan McDermid

La Sindrome di Phelan-McDermid (PMS) è una malattia genetica rara causata dalla

perdita (delezione) della porzione terminale (q13) di un cromosoma 22 (delezione

22q13). Per questa ragione, il nome della sindrome in origine era Sindrome da

delezione 22q13. La delezione comporta la perdita di una copia del gene SHANK3,

che codifica per la proteina shank3, espressa nel cervello, nel cuore, nel rene e in altri

organi. Il ruolo più importante del gene SHANK3 lo si osserva nel cervello essendo

espresso nelle aree cerebrali coinvolte nei processi della funzioni cognitive. E' ormai

evidente che la causa degli aspetti neurologici e comportamentali della sindrome

sono dovuti alla presenza di una singola (aploinsuffcienza) anziché due copie del

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

42

gene SHANK3. Quest’ultimo è la chiave per lo sviluppo del sistema nervoso umano,

e la sua perdita può pregiudicarne il corretto sviluppo.

Principali caratteristiche cliniche

Ipotonia. I neonati con la Sindrome Phelan-McDermid presentano un’ipotonia

generalizzata che può essere associata a pianto debole, scarso controllo del capo e

difficoltà nell’alimentazione.

Ritardo dello sviluppo. Sebbene alcuni individui con piccole delezioni

subtelomeriche presentino ritardi lievi, la maggior parte degli individui con delezione

22q13.3 sono descritti come aventi "ritardi nello sviluppo globale" o "disabilità

intellettuale da moderata a profonda".

Ritardo del linguaggio. La lallazione inizia all’età appropriata e i bambini possono

acquisire un vocabolario limitato. Tuttavia, intorno all'età di quattro anni molti

bambini perdono la capacità di parlare. Con un’intensiva terapia logopedica e

psicomotoria possono riconquistare il linguaggio e aumentare il loro vocabolario. La

terapia psicomotoria rafforza il tono muscolare, migliora il coordinamento e

generalmente aumenta la consapevolezza individuale del proprio ambiente. Sebbene

il discorso sia alterato durante tutta la vita, gli individui possono imparare a

comunicare con l'aiuto di sistemi di comunicazione alternativi.

Le abilità comunicative ricettive sono più avanzate delle abilità linguistiche

espressive come dimostrato dalla capacità dei bambini affetti di eseguire semplici

comandi, dimostrare l'umorismo e esprimere emozioni.

Comportamento. Philippe et al.,(2008) hanno esaminato i profili neuro-

comportamentali di otto bambini con 22q13 sindrome da delezione 22q13 la cui età

variava da quattro anni e tre mesi ad 11 anni e quattro mesi. Da questo studio è

emerso che i problemi comportamentali includono l'iperattività, la breve attenzione,

l'irrequietezza, l'incoscienza, l'ignoranza delle conseguenze, la resistenza al

cambiamento e le attività ripetitive.

Altri comportamenti anomali descritti nella sindrome di Phelan-McDermid

includono la masticazione abituale, il bruxismo, la diminuzione della percezione del

dolore e i disturbi del sonno. Gli individui affetti possono diventare agitati in

ambienti sconosciuti, rumorosi o affollati.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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Mentre Philippe et al., (2008) hanno concluso che il comportamento esposto dai

bambini con la sindrome di Phelan-McDermid non ha soddisfatto i criteri DSM IV

per l'autismo, altri studiosi hanno descritto il comportamento come autistico per lo

scarso contatto oculare, i movimenti stereotipati e l'auto -stimolazione.

A causa della tolleranza al dolore e della mancanza di capacità di comunicazione

espressiva, i soggetti affetti possono soffrire di tagli, graffi o ossa rotte senza indicare

che sono in difficoltà. Possono subire infezioni alle orecchie, reflusso

gastroesofageo, aumento della pressione intracranica o altre condizioni mediche

dolorose senza indicare disagio.

Comportamenti aggressivi tra cui mordere, tirare i capelli o pizzicare sono osservati

in circa il 25% degli individui affetti.

Crescita. La crescita intrauterina nella sindrome di Phelan-McDermid è appropriata

per l'età gestazionale; l'età gestazionale media è di 38,2 settimane. La crescita

postnatale è normale o accelerata. L'altezza è spesso avanzata per l'età ma rimane

entro due o tre deviazioni standard dalla media. Il peso non aumenta in modo che i

bambini appaiano alti e sottili.

Mentre i bambini hanno un'altezza aumentata per l'età, gli adulti tendono a rientrare

nella gamma normale. La maggior parte degli adulti è anche all'interno della gamma

normale per il peso, anche se l'inattività e l'eccesso di cibo comportano un aumento

di peso in circa il 10% degli individui.

La dimensione della testa è tipicamente all'interno del range normale con

microcefalia riportata in meno del 5% degli individui.

Aspetto neurologico . Cisti aracnoidee sono presenti in circa il 15% degli individui

con sindrome di Phelan-McDermid rispetto ad un 1% stimato nella popolazione

generale. Altri problemi neurologici includono ridotta mielinazione, ipoplasia del

lobo frontale, agenesia del corpo calloso, ventricolomegalia, atrofia corticale focale e

convulsioni [Tabolacci et al. 2005].

Studi sull'immagine del cervello su otto bambini con sindrome da delezione 22q13.3

hanno rivelato la normale MRI in tre bambini con perdite interstiziali di meno di 270

kb; quattro dei cinque rimanenti avevano diradamento del corpo calloso; e uno dei

cinque aveva una morfologia atipica del corpo calloso [Philippe et al 2008]. Gli studi

su PET degli otto bambini hanno dimostrato la disfunzione localizzata del lobo

temporale sinistro e l'ipoperfusione significativa dell'amigdala rispetto a 13 bambini

con disabilità intellettiva idiopatica.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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Tra il 25% e il 50% sono convulsioni, molti delle quali sono febbrili e non

richiedono farmaci; tuttavia, sono state descritte crisi epilettiche, attacchi focali e

assenza di sequestri. Nessun caratteristico risultato EEG è associato alla sindrome di

Phelan-McDermid.

Caratteristiche craniofacciali. Le più comuni caratteristiche cranio facciali sono la

dolicocefalia, orecchie grandi o prominenti, pieghe epicantali, ciglia lunghe, pienezza

sopraorbitale, guance piene e naso corto. Le caratteristiche più sottili sono gli occhi

profondi, la fronte piena, ampio ponte nasale, mento appuntito e lungo philtrum. Le

caratteristiche possono cambiare nel tempo, in particolare se l'individuo assume

anticonvulsivanti che tendono ad ampliarle. Gli adulti hanno un naso più prominente,

quadrato e meno bulbo-apparente.

4.4 Intervento logopedico attuato

Uma ha iniziato il suo percorso riabilitativo presso la Fondazione I.R.C.C.S Santa

Lucia nel novembre 2012. La valutazione iniziale sottolinea che la bambina

all’interno del setting terapeutico si è mostrata partecipe e in grado di mantenere un

contatto oculare, anche se per pochi secondi. Era capace di effettuare una scelta tra i

giochi proposti, spesso utilizzando la triangolazione di sguardo. L’intenzionalità

comunicativa risultava molto scarsa e non presentava l’uso del “si” e del “no”.

Si è inoltre evidenziata un’importante ipersensibilità a livello delle mani, per cui la

manipolazione risulta piuttosto scarsa e superficiale: con i giochi proposti la bambina

tendeva ad afferrare l’oggetto per poi lanciarlo. A livello deglutitorio Uma

presentava scialorrea, un’importante ipotonia della muscolatura orofacciale e

assumeva solo cibi a consistenza solido-morbida.

Gli obiettivi prefissati per il progetto terapeutico iniziale di Uma erano

sostanzialmente i seguenti:

• Aumentare i tempi attentivi;

• Favorire la manipolazione e l’esplorazione dell’oggetto;

• Stimolare l’utilizzo del si e del no;

• Stimolare lo sviluppo del gioco funzionale e simbolico;

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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• Aumentare l’intenzionalità comunicativa con un approccio multimodale;

• Interventi con sistemi/ausili di CAA( tabella comunicativa);

Nel corso di questo progetto, la sua capacità di scegliere tra due oggetti reali ha

permesso di iniziare ad affiancare agli oggetti immagini di grandi dimensioni

(10x10); le immagini utilizzate erano fotografie di oggetti o immagini del PCS.

La scelta tra immagini equidistanti avveniva, di norma, tramite il fissamento oculare

mentre saltuariamente utilizzava gli arti superiori.

Quest’ultimi venivano usati per attivare il tasto che le permetteva di ascoltare la

musica, attività a lei molto gradita.

Nel gennaio 2015 Uma viene presa in carico per un nuovo progetto terapeutico,

durante il quale raggiunge buoni risultati in relazione alla comunicazione. Per tale

motivo la famiglia ha dotato la bambina di un raccoglitore a 6 facciate contenente

ognuna un foglio di dimensione A4con 4 simboli per pagina. Uma era in grado di

selezionare l’attività che desiderava svolgere toccandola con la sua mano, anche se

preferiva prendere quella dell’operatore e guidarla verso la scelta. Questa modalità è

stata eliminata col tempo.

E’stato inoltre effettuato un training masticatorio con l’obiettivo di raggiungere

movimenti up down validi e migliorare dunque la gestione orale del bolo.

Al momento della mia prima osservazione in terapia (novembre 2016) Uma

utilizzava una tabella di comunicazione con scelta a 4 simboli che gestiva molto bene

e con tempi di risposta brevi. In ogni pagina era presente una frase contenente la sua

immagine accompagnata dal verbo necessario per i simboli presenti. La tabella è

tuttora in continuo aggiornamento dati i grandi risultati ottenuti dal suo utilizzo.

Dal punto di vista comportamentale, in terapia non emergevano episodi di pianto e di

protesta, ma la famiglia riportava che in ambienti non conosciuti e con persone non

familiari Uma manifestava forti crisi di pianto, a volte inconsolabile. Si

evidenziavano soltanto episodi di protesta nel caso in cui gli venissero proposte

attività a lei non gradite.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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4.5 Quadro clinico attuale

Aspetto motorio

All’esame obiettivo si rileva ipotonia e lassità legamentosa e diffusa, facies

sindromica, macrocrania, mento leggermente a punta, lieve ptosi palpebrale, epicanto

ed eritema cutaneo diffuso( che aumenta in seguito al pianto). La bambina da supina

si porta in posizione seduta autonomamente senza aiutarsi con gli arti superiori;

mantiene tale posizione con atteggiamento cifotico del rachide, anche extra ruotate e

bacino in retroversione. Se posta in side sitting Uma si porta in ginocchio e

raggiunge la stazione eretta passando per la half-kneeling, con appoggio anteriore

bilaterale. Se posizionata o a volte anche con spinta autonoma sugli arti superiori, la

bambina è in grado di mantenere per circa 30 secondi la posizione in quadrupedia,

anche se sono sempre presenti gli episodi di protesta manifestata con crisi di pianto.

Uma non esegue ancora spostamenti funzionali con sua la carrozzina ad auto spinta

anche se a volte porta bene le mani sul corrimano e riesce a spingersi in avanti. Si

sta, inoltre, revisionando e modificando la carrozzina per limitare l’estensione del

capo e la posizione in estrema abduzione ed extrarotazione delle spalle con flessione

dei gomiti e massima pronazione dell’avambraccio.

La stazione eretta è mantenuta autonomamente con gli arti superiori semiflessi,

addotti e con avambraccio in pronazione, e con arti inferiori estesi e leggermente

abdotti, ginocchio incurvato e piede valgo-pronato bilateralmente. E’ in grado di

deambulare autonomamente per brevi tratti in spazi protetti, sempre con arti superiori

a guardia alta, instabilità del tronco e del bacino, lancio degli arti inferiori rischio

costante di caduta vista l’instabilità posturale. Per quanto riguarda la manualità, la

bambina usa prevalentemente la mano destra per afferrare gli oggetti, anche se dopo

qualche secondo tende a lanciarli, e a volte svolge movimenti funzionali come

giocare con gli incastri a presa facilitata, spingere un tasto, girare le pagine di un

libro.

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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Aspetto comunicativo e linguistico

Attualmente Uma comunica attraverso lo sguardo, la mimica facciale e corporea e

selezionando in modo diretto immagini simboliche del suo quaderno, sia con lo

sguardo che con la mano.

Il si, ormai espresso in modo stabile e chiaro, non avviene più come prima solo

attraverso il sorriso, ma muovendo il pollice generalmente a destra, ma non sempre.

Il no è una non risposta e si sta modellando il movimento destra/sinistra del capo e,

occasionalmente, Uma inizia a riprodurre un piccolo movimento. Il rifiuto

dell’attività avviene portando all’indietro il capo e interrompendo la relazione con il

partner comunicativo ma, anche in questo caso se viene fatta una proposta

interessante Uma si riposiziona in modo da guardare l’interlocutore .

Per quanto riguarda la competenza linguistica, è notevolmente migliorata la

comprensione verbale: adesso è possibile porgere domande anche

morfosintatticamente non basilari senza il supporto dell’immagine.

In relazione alla competenza operativa, la tabella di comunicazione è stata ridotta di

dimensioni al fine di accompagnare la bambina in ogni ambiente di vita e ora riesce a

sfogliare autonomamente e giungere al simbolo rappresentativo di ciò che vuole

esprimere. Fatica ancora a girare una pagina alla volta ma,se supera il punto

desiderato, torna indietro. Questo grazie anche al fatto che le immagini sono state

mantenute in una posizione fissa ed è più facile ricordare la posizione delle varie

sezioni.

Migliorata anche la competenza strategica in quanto la bambina ha compreso che

attraverso il quaderno riesce ad avere ciò che desidera, e se non capita persevera

nella comunicazione cercando altri modi per esprimere la sua volontà. Questi

miglioramenti sono dovuti anche alle modifiche in ambiente familiare.

Precedentemente la bambina veniva interpretata dai genitori e l’attività principale

consisteva nell’ascolto di canzoncine in modalità automatica. Ora la bambina è

messa nelle condizioni di poter scegliere e passa più tempo insieme alla famiglia.

E’ stata organizzata una postazione con la possibilità di richiamare l’attenzione

dell’adulto attraverso l’uso del VOCA e sono stati inseriti diversi simboli attacca e

stacca in punti strategici dell’ambiente, come i cibi sul frigorifero e la bambina

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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strappa e porta ai genitori per richiedere di mangiare. Sono state predisposte anche

delle uscite guidate da tabelle a tema in cui la bambina può svolgere attività

funzionali e gradite come mangiare un gelato.

Inoltre, il miglioramento nell’uso delle mani ha aumentato il raggio di attività

possibile e ora Uma accetta di fare giochi in cui afferra gli oggetti e li lascia nel

contenitore o attività di gioco simbolico con le bambole. In queste attività però

occorre il costante intervento dell’adulto.

Aspetto deglutitorio

Per quanto riguarda l’alimentazione, la famiglia ha deciso di inserire in ambiente

domestico più cibi solido morbidi con l’obiettivo di rinforzare la masticazione.

Attualmente la bambina ha movimenti up-down validi della mandibola ma non

movimenti di rotazione. La torsione linguale è ancora debole e tende ad ingoiare il

bolo praticamente intero. Per questo motivo è importante posizionare bene il cibo

sotto le arcate dentarie con aggiunta di elementi come l’olio d’oliva che facilitino lo

scorrimento del bolo.

Al fine di non regredire nelle competenze apprese, si è invitata la scuola a inserire

cibi solido-morbidi, offrendo le indicazioni necessarie affinché il pasto mantenga le

caratteristiche di sicurezza ed efficacia in termini di apporto calorico.

Buona la gestione del liquido, la bambina è infatti in grado di bere dal bicchiere in

modo sicuro assumendo l’acqua a piccoli sorsi, sempre con l’assistenza del

caregiver.

4.6 L’attuale progetto terapeutico

L’attuale progetto terapeutico prevede una modalità di intervento estensiva ed un

impegno riabilitativo medio della durata di 180 giorni.

Fanno parte del Progetto Riabilitativo Individualizzato: la terapia logopedica

bisettimanale e la terapia neuropsicomotoria bisettimanale. Gli obiettivi terapeutici

perseguiti nell’intervento psicomotorio sono il rinforzo della muscolatura, in

particolare degli arti inferiori e degli stabilizzatori del bacino, l’aumento dei tempi di

deambulazione autonoma e soprattutto la tolleranza a questa attività. Ci si propone

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Capitolo 4: Presentazione del caso clinico

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inoltre di sollecitare un maggiore uso della mani in attività sempre diverse, favorire

lo spostamento autonomo in carrozzina in ambienti circoscritti e facilitare

l’esecuzione dei passaggi posturali. Le proposte operative finalizzate al

raggiungimento degli obiettivi comprendono esercizi di rinforzo muscolare,

facilitazioni all’apprendimento neuromotorio, tecniche psicomotorie, stimolazione

della sensibilità superficiale e profonda e scuola di deambulazione.

Gli obiettivi perseguiti nell’intervento logopedico consistono nel migliorare la

manipolazione e l’esplorazione dell’oggetto a fine ludico, incrementare la capacità

comunicativa con un progetto di CAA mirato all’ambiente scolastico e domestico e

aumentare il vocabolario in CAA. Le proposte operative finalizzate al

raggiungimento degli obiettivi comprendono l’organizzazione e l’aggiornamento

della tabella di comunicazione, la riorganizzazione degli ambienti di vita, training ai

facilitatori e attività di gioco funzionale e simbolico.

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per

l’inclusione scolastica

5.1 Presentazione del progetto

L’idea del progetto nasce dalla proposta di incrementare la competenza comunicativa

della bambina mediante un progetto di CAA mirato agli ambienti di vita. Era

necessario, infatti, trasferire, sia in ambiente scolastico che in ambiente domestico, le

buone capacità comunicative raggiunte all’interno del setting terapeutico.

Considerando che Uma presenta anche dei tratti di isolamento tipici della Sindrome

da cui è affetta, ho scelto di eseguire l’intervento a scuola, così da poter lavorare

anche sulla competenza socio-relazionale.

Per poter individuare con precisione gli interventi più utili da effettuare all’interno

dell’ambiente scolastico, ho scelto di dividere il progetto in tre fasi: valutazione,

intervento e misurazione degli obiettivi.

5.2 Valutazione in base al Modello di Partecipazione

Nella parte iniziale del mio progetto ho eseguito un periodo di valutazione durante il

quale per 4 settimane, 2 giorni a settimana, ho osservato la normale routine

scolastica. Al fine di identificare i modelli di partecipazione e i bisogni comunicativi

della bambina, ho stilato un inventario delle attività scolastiche e identificato le

barriere alla partecipazione.

5.2.1 Inventario della attività

La bambina frequenta la scuola dell’infanzia a tempo pieno ed è seguita da

un’insegnante di sostegno e da un’assistente educativo e culturale.

Uma entra in classe ben accolta dai suoi insegnanti e compagni, i quali la invitano

subito a giocare. Lei però, nella maggior parte dei casi, esprime subito la sua volontà

di uscire dalla classe e camminare per i corridoi della scuola, sostenuta da

un’insegnante. Al momento della merenda Uma sceglie, grazie ad una tabella a tema

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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già presente, che cosa desidera mangiare e spesso sono i compagni stessi a

modellarla sulla scelta. La merenda è sempre seguita dal cambio del pannolino che

avviene in bagno all’interno del quale è presente un cartellone in cui sono inseriti i

simboli in sequenza relativi al lavaggio delle mani.

Durante le attività di gioco o lettura, che richiedono la partecipazione anche dei suoi

compagni, Uma si distrae spesso e tende a manifestare episodi di protesta. Nel

pomeriggio, dopo il pranzo esprime la sua volontà di riposare dirigendo la sua

insegnante verso l’angolo della classe adibito al riposo. In seguito le vengono

proposte diverse attività tra cui la lettura di libri, il disegno, la pittura e giochi vari.

5.2.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione

Barriere di opportunità

Per comunicare nei vari ambienti di vita la bambina ha a disposizione le tabelle di

comunicazione, inserite in un quaderno che porta sempre con sé. Poiché la bambina è

sufficientemente espressiva da essere compresa da partner di comunicazione abituali

in contesti e situazioni routinarie, spesso gli insegnanti non rinforzano l’utilizzo delle

tabelle di comunicazione, ad eccezione dell’insegnante di sostegno, molto preparata

e formata sulla CAA e di grande supporto per il progetto.

In generale, invece, l’adesione all’intervento di CAA all’interno della classe è stata

molto scarsa, probabilmente a causa delle poche conoscenze relative a tale pratica

clinica o ai pregiudizi nei confronti della stessa, ancora molto diffusi nel nostro

Paese.

Barriere di accessibilità

Nella valutazione della barriere di accessibilità è necessario considerare gli aspetti

motori, cognitivi, linguistici, percettivi, sensoriali dell’utente di CAA, nonché le

caratteristiche dell’ambiente.

Da un punto di vista motorio la bambina presenta difficoltà nelle capacità

grossomotorie e nella motricità fine. Nella deambulazione Uma ha ancora un

atteggiamento insicuro ed instabile pertanto è impossibilitata a partecipare ad alcuni

giochi motori: saltare, correre, giocare a nascondino o altri giochi comunemente

svolti dai compagni. La compromissione della motricità fine comporta invece una

difficoltà nelle attività che la richiedono: colorare, disegnare, dipingere, tagliare,

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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incollare. Le difficoltà finora esposte compromettono anche l’autonomia nelle varie

attività di gioco durante le quali è necessario il supporto dell’insegnante. La

bambina, inoltre, non ha la possibilità di partecipare a nessuna attività che richieda

capacità di espressione verbale in quanto il linguaggio in produzione è gravemente

compromesso. Per il canto di canzoncine o per la presa di turno in giochi sociali è

necessario impiegare un dispositivo di comunicazione con uscita in voce. La

compromissione del linguaggio si estende inoltre al versante della comprensione

dunque Uma ha difficoltà ad orientarsi nelle diverse attività svolte senza alcun

supporto visivo. Inoltre, non essendo le sue tabelle di comunicazione complete dei

simboli rappresentativi dei vari giochi o libri presenti a scuola, la bambina non ha la

possibilità di esprimere una propria richiesta riguardo a tali attività.

5.3 Intervento: costruzione di un ambiente facilitante

Terminato il periodo di valutazione, decido in base a quanto osservato che tipo di

interventi effettuare all’interno dell’ambiente scolastico.

Partendo dalla grande caoticità presente nella classe e dal disorientamento della

bambina nelle diverse attività svolte senza un supporto visivo, scelgo di costruire

primariamente un ambiente facilitante attraverso l’introduzione di etichette e strisce

delle attività.

5.3.1 Etichettatura

L’etichettatura consiste nel posizionamento

di simboli all’interno di un ambiente

organizzato.

Essere immersi in uno spazio organizzato

ed etichettato facilita il bambino poiché

fornisce stabilità e controllo, permette di

orientarsi nello spazio e ritrovare gli

oggetti al loro posto.

L’etichettatura permette di esporre il

bambino e il contesto a un codice

Figura 4. Etichettatura dei contenitori

dei giochi

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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rappresentazionale condiviso e ne facilita l’uso, soprattutto in entrata.

L’etichettatura è definita denominativa se viene applicata direttamente sopra gli

oggetti (li denomina attraverso il simbolo) o organizzativa se posizionata all’esterno

di contenitori (scatole, armadi, ecc.) per indicarne il contenuto (i posti delle cose).

Facilita anche il raggruppamento in categorie.

La presenza di simboli ovunque nel contesto ne facilita l’uso funzionale. L’adulto

può indicare più agevolmente il simbolo di un determinato gioco mentre lo prende, e

in modo analogo il bambino che vuole un gioco che è dentro l’armadio chiuso può

indicare il simbolo per chiedere di tirarlo fuori. L’abitudine a usare i simboli

dell’etichettatura per richiedere ed effettuare scelte facilita anche il passaggio verso

le tabelle a tema.

Per il seguente progetto ho scelto di etichettare i vari angoli della classe (angolo della

cucina, del riposo, della pittura,ecc..), ma anche i contenitori all’interno dei quali

sono conservati i giochi maggiormente utilizzati dalla bambina (vedi figura 4).

5.3.2 Strisce delle attività

Costruire un ambiente facilitante significa anche strutturare il tempo del bambino,

permettendogli in ogni momento di sapere cosa sta succedendo, quali sono gli eventi

della giornata.

Le strisce di simboli, posizionate in luoghi accessibili nel contesto, consentono di

aumentare la prevedibilità degli eventi e aiutano a rendere evidenti le sequenze di

quello che succede.

Le strisce hanno il vantaggio di anticipare al bambino cambiamenti e attività nuove

rispetto alle abitudini. Sostengono, inoltre, il bambino nel passaggio tra un’attività e

l’altra, e possono aiutarlo a sapere con chi avverranno le diverse attività. Le strisce

possono riguardare la scansione di una attività, di una parte della giornata o della

giornata intera, della settimana o di un lungo periodo.

Possono avere diverse modalità di costruzione e di utilizzo, in relazione alle

caratteristiche e ai bisogni di prevedibilità e di controllo di ogni bambino. La striscia

può essere preparata interamente all’inizio della giornata, oppure si aggiungono le

attività quando è il momento di cominciarle, o ancora si tolgono le attività man mano

che sono completate.

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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Per Uma ho scelto inizialmente di preparare un cartellone con la sequenza di attività

svolte normalmente durante la giornata: arrivo, merenda, cambio del pannolino,

attività ludica, pranzo, riposo, disegno/pittura e ritorno a casa. Col tempo si è scelto

insieme alla maestra di preparare sequenze riguardanti le singole attività.

5.4 Migliorare la partecipazione: introduzione di strumenti

altamente personalizzati

5.4.1. Libri adattati

La lettura ad alta voce di libri illustrati da parte di un adulto è ormai ampiamente

riconosciuta come un’esperienza fondamentale per i bambini fin dai primi mesi di

vita: sostiene lo sviluppo emotivo e contemporaneamente quello linguistico e

cognitivo. Molti sono i progetti internazionali e italiani al riguardo, tra cui

ricordiamo “Nati per Leggere”.

Le prime volte i bambini non capiscono tutto quello che viene loro letto o detto. Ma

ascoltando più volte la stessa storia, pian piano ne dipanano i passaggi e le

sfumature, grazie alle illustrazioni, alla conoscenza del contesto, al modo con cui

l’adulto legge, al gioco del leggere e rileggere. L’ascolto dei libri permette

un’esposizione a frasi un poco più complesse di quelle che si usano nel parlato, e ad

un vocabolario più ampio ma fortemente legato al contesto della storia, oltre che

ricco di emozioni.

In presenza di una disabilità complessa e della comunicazione, i partner comunicativi

sono portati ad utilizzare un linguaggio meno interattivo di quello utilizzato con i

coetanei, più direttivo e povero di contenuti, con domande chiuse e risposte già note

e quindi meno adatto per l’apprendimento della lingua. In molti bambini con

disabilità, la comprensione linguistica costituisce un elemento critico, spesso

erroneamente considerato un problema di comprensione intellettiva. Certamente ci

sono bambini che possono non capire perché non ce la fanno dal punto di vista

cognitivo, ma molti bambini non capiscono perché non comprendono la sequenza

delle parole, un po’ come succede a noi con una lingua straniera quando ancora la

conosciamo poco.

I bambini con disabilità, soprattutto complessa e della comunicazione, sono dunque

quelli che potrebbero avere i maggiori vantaggi dall’essere esposti molto

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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precocemente alla lettura ad alta voce. Sono invece quelli a cui si legge meno e più

tardi e per i quali non si trovano mai libri adatti.

Il libro illustrato deve infatti essere “su misura” per il bambino, perché possa

agganciarsi ed appassionarsi alla voce narrante, al ritmo, al calore, alla presenza e

ricchezza delle emozioni, perché possa assaporare, nella condivisione del libro,

l’attenzione dedicata e completa dell’adulto, la sua capacità di ascoltare mentre si fa

ascoltare, la capacità di interrompere un attimo prima di quando potrebbero

comparire i primi segni di stanchezza del piccolo, la disponibilità a leggere e

rileggere più e più volte. Nel caso del bambino con disabilità della comunicazione,

può essere necessario adattare molti aspetti: contenuto, modo di leggere, grafica e

immagini, struttura della frase, testo, struttura fisica.

È possibile partire da un libro illustrato già esistente e modificarlo per renderlo

accessibile (libro modificato), oppure si possono anche creare libri che siano

completamente nuovi e su misura per “quel” bambino (libro personalizzato).

La “gratuità” è elemento essenziale: è importante cioè che l’adulto legga senza

pretendere nulla in cambio, senza “interrogare” il bambino, o cercare di verificare

cosa ha colto della lettura che è stata condivisa.

Elemento caratteristico dei libri “su misura”, modificati o personalizzati, è

l’adattamento del testo ai bisogni specifici del bambino, e la sua “traduzione” in

simboli. I simboli sono uno degli elementi fondamentali della CAA, rappresentano

una vera e propria seconda lingua visiva che affianca quella uditiva. Sono sempre

composti da un’immagine grafica, dalla parola alfabetica scritta in alto, da un sottile

bordo che tiene insieme le due. La persona che usa la CAA riconosce l’immagine, il

partner comunicativo la parola. Nella lettura ad alta voce dei libri “su misura”,

l’adulto indica uno per uno i simboli che compongono la frase, senza rallentare la

lettura e mantenendone la vivacità. Può così sostenere l’ascolto del bambino con

l’accompagnamento della “lingua visiva”, che facilita l’attenzione e la comprensione

di quanto si ascolta.

Non sono quindi più solo strumenti “su misura” per bambini con disturbo complesso

della comunicazione, ma sono diventati “IN-Book”, strumenti per l’inclusione di tutti

i bambini, nella direzione di una “speciale normalità”, da condividere, da scambiare,

da mettere a disposizione in piccole biblioteche di classe, nell’ambito delle quali non

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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è più necessario “costruire” su misura, perché come per tutti i bambini si può

“scegliere” su misura tra i molti a disposizione.

E’ noto a tutti il rischio di isolamento che vive il bambino che non comunica, rispetto

al gioco e rispetto ai compagni che molte volte non sanno organizzare un’attività

nella quale egli possa davvero partecipare. La lettura dei libri su misura diventa da

questo punto di vista la prima attività che un bambino con bisogni comunicativi

complessi e i compagni di scuola possono organizzare in completa autonomia, senza

la mediazione dell’adulto. La struttura dei libri infatti permette lo sviluppo di una

“lettura” autonoma dei simboli da parte dei bambini, che se dapprima tendono a

godersi la lettura ad alta voce e il modeling fatto dall’insegnante, in seguito

apprezzano molto la possibilità di fruire autonomamente del libro. Non è raro

osservare bambini che , pur non avendo ancora sviluppato la funzione della lettura

alfabetica, leggono ad alta voce,indicando e riconoscendo uno per uno i simboli del

testo. La capacità dei bambini in età prescolare di organizzarsi attraverso gli

strumenti di CAA nel gioco e nella relazione col bambino con bisogni comunicativi

complessi nasce dalla lettura di libri in simboli e si consolida nel tempo, diventando

una vera modalità inclusiva d’interazione in cui l’altro è davvero pensato nelle sue

caratteristiche.

La CAA diviene così un’importante componente culturale: i bambini che sono

cresciuti a “pane e CAA”diventano una schiera di facilitatori naturali nei contesti di

vita, hanno cioè acquisito uno stile di relazione con gli altri e di comunicazione che li

permea profondamente, che rimane nel tempo e che usano spontaneamente in tutte le

situazioni , perché hanno sperimentato sulla loro pelle che serve ed è diventato parte

del loro bagaglio.

5.4.1.1 Costruzione dei libri adattati

5.4.1.1.1 La scelta dei libri

La scelta dei libri da adattare è stata determinata dal livello di sviluppo cognitivo,

linguistico, sensoriale e percettivo della bambina, nonché dai suoi interessi e dalle

sue esigenze.

Inizialmente, l’aspetto determinante per la scelta è stata la necessità di avere un

contenuto di massimo aggancio motivazionale.

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In accordo con l’insegnante di sostegno, infatti, sono stati scelti i libri maggiormente

graditi, e in alcuni casi esplicitamente richiesti, dalla bambina all’interno della classe.

Si è tenuto conto anche degli interessi dei suoi pari, motivo che ha indirizzato la

scelta verso libri anche molto attuali, che potessero attirare l’attenzione di tutti i

compagni all’interno della classe, e non solo di Uma. Pertanto sono stati adattati alle

caratteristiche ed esigenze del soggetto: “Una gita nel bosco” di Peppa Pig (ed.

Giunti Kids) e “Io mi chiamo Topo Tip” (ed. Giunti Kids) , molto amati da tutti i

bambini , poi due libri di Virginia Miller “Sul vasino” e “Mangiare la minestra”

(Editrice Piccoli) contenenti scene di vita quotidiana a sfondo educativo.

Con il fine di sostenere la comprensione, sono state scelte immagini con un alto

livello di congruenza con il testo scritto. Si tratta inoltre di immagini nitide, ad alto

contrasto, non troppo ricche di elementi,con figure dai contorni ben definiti.

5.4.1.1.2. L’adattamento del testo

La decisione circa il livello di complessità più idoneo alle capacità del soggetto ha

portato alla costruzione di un libro molto semplice. Il testo dei libri selezionati

utilizzava già in origine un linguaggio adatto a bambini con età uguale o superiore ai

tre anni, con un vocabolario sufficientemente semplice, ma sono state comunque

necessarie ulteriori semplificazioni della struttura frasale.

Le frasi, originariamente lunghe, sono state divise in una frase molto breve in cui il

soggetto è stato sempre esplicitato.

Le frasi sono state ricostruite secondo una struttura SVO, ma in alcuni casi sono stati

raggiunti i quattro elementi (SVOC). I verbi sono stati tutti coniugati al tempo

presente dell’indicativo ed è stata preferita la forma attiva. Il testo è stato ristrutturato

con un utilizzo prevalente di frasi semplici, con un solo predicato, e per ogni pagina è

stata prevista una sola frase. Per tale ragione talvolta è stato necessario creare una

pagina con la stessa immagine di quella precedente per inserire la frase a

completamento della stessa.

Esempio di frase ristrutturata:

“La cosa che mi diverte più di tutte è giocare con il mio super migliore amico

Jody. A volte ridiamo così tanto che poi ci fa male la pancia!”

“Mi piace tanto giocare con il mio amico Jody”

( da “Io mi chiamo Topo Tip)

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5.4.1.1.3 La traduzione in simboli

Per la traduzione dei libri sono stati impiegati i simboli PCS. Questi ultimi sono stati

scelti sia perché impiegati nell’ambito dell’intervento di CAA già avviato, sia per le

loro peculiarità che li rendono adatti alle

caratteristiche della bambina. Poiché esistono

diverse versioni dello stesso simbolo, tra queste,

sono stati scelti i simboli già conosciuti dalla

bambina e presenti nella sua tabella di

comunicazione. Inoltre si è dato spazio ai

simboli con un maggior grado di stilizzazione,

adatti al livello di sviluppo simbolico del soggetto. Ogni simbolo è stato inserito

all’interno di un riquadro dal contorno nero e lineare di dimensione 5,2 x 5,5 cm. Il

riquadro ha la doppia funzione di facilitare il lettore nell’effettuazione del modeling

in entrata e di facilitare la bambina nel riconoscere l’unità di senso costituita dal

simbolo e dalla parola scritta. La dimensione dei simboli è stata stabilita tenendo in

considerazione le capacità visuo-percettive del soggetto e la disponibilità di spazio

per pagina, la quale a sua volta è dipesa dalla spaziatura tra i simboli e dal numero di

simboli per pagina. Quest’ultimi sono stati stabiliti in base alle capacità della

bambina, per cui si è scelto di utilizzare un massimo di 4 simboli per pagina.

All’interno del riquadro, oltre al simbolo, è stato inserito il testo scritto. Il testo

all’interno del riquadro comprende la parola cui il simbolo si riferisce, accompagnata

dagli elementi morfologici, sia morfemi liberi

(articoli, preposizioni, congiunzioni)sia morfemi

legati (flessioni dei verbi, dei nomi e degli

aggettivi).

Oltre a consentire l’esposizione della bambina alla

morfologia, questa scelta consente di facilitare il

lettore. Il testo all’interno del riquadro è stato

disposto in alto, perché non venisse coperto durante l’indicazione dei simboli da

parte dell’adulto.

Alcuni simboli sono stati creati ex novo perché inesistenti nella collezione. Ne sono

un esempio i simboli per rappresentare i vari personaggi dei libri (vedi figura 5)

oppure il simbolo per rappresentare la parola “impronte” nel libro “Una gita nel

bosco”(vedi figura 6).

Figura 5. Personaggi di “Io mi chiamo

Topo Tip “creati ex novo

Figura 6. Simbolo per

“impronte” creato ex novo

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5.4.1.1.4 La struttura del libro

Elemento importante per determinare la scelta del formato e dell’impaginazione

del libro è l’aspetto motorio del bambino. Nel caso specifico, per le pagine è stato

scelto il formato A4 con impaginazione orizzontale.

I simboli sono stati collocati nella parte inferiore del foglio, mentre nella parte

superiore è stata inserita l’immagine scannerizzata della pagina originale del libro.

Le dimensioni delle immagini scannerizzate sono state adattate al formato del foglio

in modo che metà foglio fosse occupata dal testo in simboli e l’altra metà

dall’immagine originale (altezza: 10,8cm; lunghezza: 17,3 cm). In considerazione

della compromissione della motricità fine, le pagine sono state ispessite attraverso la

plastificazione dei fogli. L’ispessimento così ottenuto ha permesso alla bambina

l’accesso fisico al libro, consentendole di girare le pagine in autonomia.

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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5.4.2 Gioco adattato

L’attività di gioco deve essere libera e svincolata dall’apprendimento. Le strategie

del gioco adattato possono permettere una maggiore partecipazione e condivisione

dell’attività di gioco a bambini con disabilità comunicativa e motoria.

Al fine di allestire un contesto di gioco per un bambino con le caratteristiche sopra

descritte ci si deve interessare agli aspetti della selezione, della stabilizzazione e

dell’accesso. Le attività di gioco devono essere selezionate tenendo conto delle

risorse e potenzialità del bambino, delle preferenze ed interessi personali e delle

difficoltà.

I giochi possono essere classificati in quattro categorie: giochi a carattere senso-

motorio, giochi reattivi, giochi imitativo-simbolici e giochi strutturati con regole. Per

evitare ripetuti scivolamenti degli oggetti o frequenti cadute oltre il piano di gioco

che possono determinare nel bambino un

calo dell’interesse e un aumento della

frustrazione è utile stabilizzare i giochi

attraverso l’utilizzo di superfici antiscivolo,

moquette o fettucce di velcro. Per favorire

la manipolazione ed il controllo attivo

dell’oggetto da parte del bambino è

possibile attuare una serie di adattamenti

che rendano accessibili i materiali di gioco:

ne sono degli esempi i prolungamenti e le

impugnature per facilitare la presa degli oggetti, sensori per l’accesso ai giochi

elettrici, adattamenti per garantire l’accesso ai libri come l’ispessimento degli angoli

delle pagine con dei pezzi di gomma piuma o di moquette.

Per il mio progetto di inclusione ho pensato innanzitutto di adattare giochi presenti,

quali gli incastri, molto usati dalla bambina, attraverso la presa facilitata

rappresentata da tappi in plastica.

Successivamente ho pensato di creare un gioco ex novo che rispondesse bene alle sue

preferenze e alle sue capacità.

Ho costruito per Uma una tombola che avesse come figure i personaggi dei cartoni

animati più amati da lei e dai suoi pari (vedi figura 7). Il gioco prevede la

Figura 7. Tombola dei cartoni

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

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partecipazione di un massimo di tre giocatori per limitare il più possibile la

distraibilità della bambina. Ogni giocatore ha a disposizione una cartella che contiene

quattro personaggi diversi. Ognuno a turno pesca una cartina capovolta sul tavolo e

la mostra a tutti. Chi ha sulla sua cartella la stessa immagine la riceve e la deve

applicare sull’immagine corrispondente. Per i turni e gli interventi Uma utilizza il

VOCAs e per la presa, se pur facilitata dalla presenza di fogli ispessiti, spesso

necessita dell’aiuto dell’insegnante. Il gioco è stato sin da subito apprezzato da tutti i

bambini, in primis da Uma, che si mostra molto partecipe e felice. Dopo poche

settimane dall’inserimento del gioco adattato in classe, considerando il livello

attentivo dimostrato da Uma durante il suo svolgimento, si è scelto di inserire una

nuova cartella e dare la possibilità di gioco a quattro bambini.

5.4.3 Tabelle a tema

Una tabella a tema è una tabella che serve per interagire in una specifica attività - un

gioco, una lettura, un momento della giornata a casa o a scuola - o per raccontare

qualcosa. Gli adulti che si trovano a costruire una tabella a tema devono avere

capacità di pre-immaginazione del contesto e dell’attività in cui questa verrà

utilizzata.

Si riferiscono ad una attività specifica e quindi hanno un vocabolario relativo

all’attività stessa.

Devono essere “su misura” per ogni bambino e sempre aggiornate in relazione alle

sue evoluzioni.

Le tabelle a tema costruite per Uma seguono la struttura e le dimensioni della sua

tabella di comunicazione (foglio A4 con un massimo di 4 simboli per pagina). I temi

scelti riguardano sostanzialmente il gioco e la lettura, attività principali svolte in

classe. Nel momento in cui Uma sceglie di giocare o leggere indicando il simbolo

apposito presente sulla sua tabella di comunicazione, gli si propone la tabella a tema

contenente tutti i giochi o tutti libri presenti all’interno della classe(vedi appendice).

Si sono inoltre invitati gli insegnanti a creare delle tabelle a tema anche in caso di

uscite didattiche o nuove attività proposte e quindi sconosciute alla bambina, che

dovranno contenere i simboli degli oggetti che si utilizzeranno, delle azioni, delle

possibili emozioni, commenti, richieste e interazioni.

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5.5 Rendere gli obiettivi misurabili: la Goal Attainment

Scale

Una volta inseriti gli strumenti sopra descritti e fornite le opportune indicazioni alle

insegnanti, ho lasciato che per cinque mesi fossero utilizzati all’interno della classe,

in mia assenza. L’idea era ritornare a scuola per poter misurare gli obiettivi raggiunti

dalla bambina, grazie all’intervento di CAA attuato all’interno della classe. Gli

obiettivi da raggiungere sono stati stabiliti tenendo come riferimento la prima fase

necessaria per l’applicazione della Goal Attainment Scale (GAS).

5.5.1 Caratteristiche del metodo

La Goal Attainment Scale è una tecnica matematica utilizzata in riabilitazione per

quantificare il raggiungimento degli obiettivi posti durante il trattamento.

Il metodo GAS fu introdotto per la prima volta nell’assistenza medica negli anni

‘60 da Kiresuk e Sherman per valutare i risultati dell’assistenza sulla salute

mentale. Da allora esso è stato modificato e applicato in molteplici aree

comprendenti l’assistenza agli anziani, il dolore cronico, la riabilitazione

cognitiva, la riabilitazione post amputazione e, dagli anni 90, in riabilitazione

infantile. È quindi una misura di cambiamento che permette di misurare variazioni

qualitative anche piccole ma clinicamente importanti. Questo metodo permette di

valutare l'efficacia di una procedura terapeutica attraverso un giudizio soggettivo

che valuta il raggiungimento degli obiettivi individuali rintracciati nella prima

fase di applicazione del metodo.

Il metodo permette di stabilire gli obiettivi che si desidera raggiungere in qualsiasi

campo riabilitativo ottenendo un punteggio finale distribuito su una media di 50

punti con una deviazione standard su base 10 al fine di permettere un’analisi

statistica. ( Lynne Turner Stokes, 2009).

La GAS, quindi, permette di rendere in valori statistici il cambiamento ottenuto

tramite riabilitazione. Rappresenta una buona misura di outcome e sembra essere più

sensibile ai cambiamenti di altri metodi di misurazione standard. Consente inoltre la

comunicazione e la collaborazione tra i membri del team multidisciplinare e il

coinvolgimento del paziente.

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Per applicare la GAS, occorre seguire quattro step:

• selezionare obiettivi che siano osservabili e ripetibili;

• specificare le condizioni in cui misurare la performance;

• definire i criteri per il successo in termini misurabili;

• definire il tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi.

Devono essere valutati accuratamente il potenziale di cambiamento e l’impatto

dell’intervento al fine di selezionare i livelli degli obiettivi da raggiungere in modo

da considerare la reale capacità del soggetto di poterli raggiungere. La validità della

GAS dipende dal giudizio della persona o del gruppo che ha determinato gli obiettivi

e i criteri per ogni livello devono rappresentare un cambiamento clinicamente

importante del soggetto.

Il raggiungimento di ogni obiettivo è valutato su una scala a 5 punti nella quale si

definisce sia il risultato sperato (outcome score) sia quello di partenza del paziente

( baseline score):

• -2, risultato molto inferiore all’atteso;

• -1, risultato inferiore all’atteso;

• 0, raggiungimento del risultato;

• +1, risultato superiore all’atteso;

• +2, risultato molto superiore all’atteso.

Gli obiettivi devono contenere delle variabili quantificabili, anche se si tratta di

obiettivi di funzione.

Un aspetto importante di questa procedura è l'attenzione al fatto che un obiettivo non

è, né deve essere una semplice previsione di quello che accadrà, ma deve essere il

risultato di un intervento (Wade, 2009). Lo sforzo del team nel definire i goals,

facilita sia l'efficienza, attraverso un'attività di cooperazione, sia l'efficacia dell'atto

riabilitativo. Gli obiettivi, inoltre, consentono di monitorare il processo riabilitativo e

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

64

di interrompere azioni che non conducono all'effetto desiderato, per essere sostituite

da azioni alternative utili allo scopo.

Procedura

La procedura per l'applicazione del metodo GAS si compone di 5 punti:

• identificare gli obiettivi;

• pesare i goals;

• definire l’outcome atteso;

• misurare la baseline;

• misurare il raggiungimento dell'obiettivo

L’identificazione degli obiettivi deve avvenire mediante un'intervista al paziente o ai

suoi familiari allo scopo di identificare le principali aree di intervento e stabilire un

obiettivo prioritario condiviso, seguendo i principi dell’acronimo SMART

(Bovend’Erdt et al., 2009): gli obiettivi devono quindi essere Specifici, Misurabili,

Attendibili, Realistici e Temporalmente collocati.

Poiché alcuni obiettivi possono essere prioritari per il paziente o più difficili da

ottenere, si può pesarli secondo una scala di importanza valutata dal paziente ed una

scala di difficoltà di raggiungimento valutata dall’equipe. Si ottiene quindi un peso

globale, determinato dal prodotto d’importanza e difficoltà, che influenzerà i

punteggi finali di raggiungimento dell’obiettivo.

L’outcome atteso per ogni livello deve essere predefinito: quando si propone un

obiettivo da raggiungere esso va dichiarato in precedenza specificando a cosa

corrispondono i 5 livelli (0, +1,+2,-1,-2). Per quanto riguarda il livello di partenza,

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

65

solitamente viene definita baseline il livello corrispondente a -1, se invece esiste una

condizione ipoteticamente peggiore, la baseline si definisce a -2.

Parlando della misurazione del raggiungimento dell'obiettivo, questa dovrebbe essere

fatta dal team insieme al paziente/famiglia. Si può quindi applicare la formula finale

che ci permette di ottenere il T-score. Come abbiamo già detto, questo è un

punteggio distribuito su una media a 50 punti con deviazione standard su base 10:

GAS = 50 + 10 (wi xi)

√[(1-wi2

+ (wi) 2] ½

dove Wi è il peso assegnato all’obiettivo, Xi è il valore numerico raggiunto (tra –2 e

+2), p è la correlazione che ci si aspetta tra scale GAS ed è generalmente

approssimata a 0.3.

Se gli obiettivi sono stabiliti con imparzialità così che i risultati e le aspettative siano

quelle desiderate con proporzioni eque su un numero sufficientemente alto di

pazienti, ci si aspetta una regolare distribuzione del punteggio.

Molti autori hanno obiettato che applicare questo metodo richieda troppo tempo per

l’uso clinico di routine. Una ricerca di Pacini et al. condotta nel 2012 analizzando

537 scale GAS, ha affermato che il T-score corrisponde sostanzialmente al calcolo

della media dei punteggi grezzi, per cui, nella pratica clinica quotidiana, questo

calcolo può essere sostituito con questa procedura più semplice e veloce. Il calcolo

del T-score rimane invece consigliato in caso di ricerca scientifica.

In conclusione, possiamo affermare che la GAS sia un processo che permette di

negoziare obiettivi realistici, di definire l'obiettivo più importante per il paziente e la

sua famiglia, di ottenere consenso e di coinvolgere attivamente paziente e famiglia

nel progetto riabilitativo. La GAS è quindi un mezzo per formalizzare il contratto

terapeutico e l'alleanza riabilitativa tra il paziente-famiglia e l’equipe riabilitativa.

5.5.2 Applicazione del metodo agli obiettivi dell’intervento

Partendo da una situazione iniziale individuata al momento dell’inserimento degli

strumenti, sono stati rintracciati degli obiettivi facendo attenzione alle caratteristiche

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

66

richieste dalla GAS: specificità, misurabilità, attendibilità, realisticità e collocazione

temporale ben stabilita.

Vediamo gli obiettivi nel dettaglio:

Il primo goal riguarda la competenza comunicativa ed è relativo alla capacità della

bambina di effettuare delle richieste spontanee attraverso la sua tabella di

comunicazione o gli altri strumenti di CAA inseriti all’interno della classe.

In partenza, la bambina in 1 ora di attività ludica attua un massimo di due richieste su

indicazione dell’insegnante e 1 sola richiesta spontanea.

La GAS per questo obiettivo è così composta:

- 2 → 2 richieste su indicazione dell’insegnante in 1 ora di attività ludica

- 1 → 1 richiesta spontanea in 1 ora di attività ludica

0 → 2 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica

+ 1 → 3 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica

+ 2 → 4 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica

Il secondo obiettivo riguarda, invece, la competenza socio-relazionale e consiste

nella capacità della bambina di richiedere/scegliere un’attività che debba essere

svolta in piccolo gruppo e non singolarmente.

In partenza la bambina in 1 ora di attività ludica attua una sola richiesta relativa ad

attività in piccolo gruppo.

La GAS per questo obiettivo è così composta:

-2→ nessuna richiesta relativa ad attività in piccolo gruppo

-1→ 1 richiesta relativa ad attività in piccolo gruppo

0→ 2 richieste relative ad attività in piccolo gruppo

+1→ 3 richieste relative ad attività in piccolo gruppo

+ 2 → 4 richieste relative ad attività in piccolo gruppo

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

67

5.5.3 Misurazione degli obiettivi raggiunti

La misurazione degli obiettivi è stata effettuata a fine anno scolastico. Per ottenere

un quadro sulle eventuali modifiche apportate dall’intervento di CAA, ho calcolato la

GAS per i due obiettivi a breve termine selezionati in fase valutativa. Per far ciò,

come prima cosa ho osservato la bambina durante 1 ora di attività ludica, al fine di

registrare i comportamenti relativi ai 2 goal: le richieste spontanee e quelle relative

ad attività in piccolo gruppo.

Dall’osservazione emerge che, in relazione al primo obiettivo, la bambina è stata in

grado di produrre 4 richieste spontanee in 1 ora di attività ludica, raggiungendo un

risultato molto superiore rispetto a quello atteso (livello +2). In particolare, una

richiesta spontanea riguardava il gioco della tombola, il cui simbolo è stato inserito

nella tabella a tema dedicata ai giochi della scuola.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, relativo alla competenza socio-relazionale,

la bambina, in un’ora di attività ludica, ha attuato 4 richieste riguardanti attività

svolte in piccolo gruppo, di cui 1 spontanea (gioco della tombola) e 3 su indicazione

dell’insegnante. Tra quest’ultime una era relativa al libro adattato “Io mi chiamo

Topo Tip”, alla cui lettura partecipano attivamente tutti i bambini e anche Uma, che

segue il racconto sfogliando lei stessa al momento giusto.

Dall’analisi della letteratura sulla scala GAS emerge che, durante la pratica clinica, si

possa procedere alla misurazione delle modifiche avvenute attraverso la media

aritmetica dei punteggi grezzi.

In questo caso, i punteggi relativi agli obiettivi sono +2 per il primo goal e + 2 per il

secondo. Facendo la media aritmetica di questi due risultati, otteniamo un punteggio

corrispondente a 2, il quale ci dice che i risultati ottenuti sono molto superiori

rispetto a quelli attesi.

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Capitolo 5: La CAA come mezzo per l’inclusione scolastica

68

5.6 Limiti dello studio

Per avviare questo progetto è stato necessario attuare una lunga prassi burocratica.

Il dirigente scolastico ha disposto delle indicazioni per un iter che passasse prima per

il Municipio, attraverso la richiesta del nulla osta al dirigente dell’Area Socio

Educativa, e poi per la stipulazione di una polizza assicurativa. Gli ostacoli incontrati

sono stati diversi e pertanto il progetto è stato avviato tre mesi dopo il previsto.

Questi mesi potevano essere preziosi per inserire ulteriori strumenti di CAA e per

una valutazione dell’intervento che riguardasse un intero anno scolastico.

Infine, un altro limite importante è rappresentato dal fatto che i risultati ottenuti non

possono essere generalizzabili in quanto lo studio è stato effettuato su un solo caso

clinico.

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Conclusioni

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CONCLUSIONI

“Una scuola inclusiva è una scuola che si deve muovere sul binario del

miglioramento organizzativo perché nessun alunno sia sentito come non

appartenente,non pensato e quindi non accolto”(P. Sandri, 2012).

E’ questo il principio del seguente progetto di tesi, principio che, unito ai grandi

poteri della CAA, ha permesso il miglioramento della competenza comunicativa e

socio-relazionale della bambina e di conseguenza una sua maggiore partecipazione

alle attività scolastiche.

I risultati raggiunti hanno dimostrato che in effetti l’intervento di CAA attuato a

scuola era fondamentale per poter permettere ad Uma di esprimere le proprie

richieste o preferenze. Il primo e più semplice strumento di CAA in uscita, dopo la

raccolta di segnali, è rappresentato, infatti, dall’offrire la possibilità di scelta in tutte

le situazioni possibili, in modo fortemente motivante.

Scegliere restituisce al soggetto la possibilità di essere attivo e la sensazione di poter

controllare il mondo intorno a sé, e limita il rischio che sia sempre l’altro ad

interpretare il suo pensiero. Pone inoltre le basi per un’autonomia futura e per un

utilizzo di strumenti più elaborati.

L'intervento ha permesso poi alla bambina di condividere con i propri compagni

attività come il gioco e la lettura, garantendole un'interazione sociale che è

fondamentale per il suo sviluppo cognitivo. In particolare, il gioco le ha permesso di

esercitare abilità sociali come attenzione congiunta, imitazione, scambio dei turni e

condivisione di un'emozione, oltre a stimolarle bisogni comunicativi.

La lettura, invece, ha offerto possibilità di sviluppare l'immaginazione, arricchire il

vocabolario e migliorare la qualità lessicale. Dal punto di vista relazionale, poi,

l'esperienza condivisa dell'ascolto e della lettura, si è rivelata essere importante non

solo per il rapporto con le insegnanti, con cui la bambina è entrata in piena sintonia

reciproca, in una comunicazione intensa e piacevole, ma anche per il legame con i

compagni, tra i quali si è instaurato un clima di fiducia, amicizia e complicità.

Una scuola che ‘include’ è una scuola che ‘pensa’e che ‘progetta’tenendo a mente

proprio tutti (P.Sandri, 2012).

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Conclusioni

70

Ed è per questo motivo che nella costruzione degli strumenti si è pensato si, alle

esigenze e capacità della bambina, ma anche agli interessi di tutti i componenti della

classe. Grande sorpresa di tale progetto, infatti, sono stati proprio i bambini, i quali,

incuriositi, sono stati i primi, non solo ad “accogliere” con entusiasmo i nuovi

strumenti di CAA inseriti in classe, ma anche a promuoverne l’utilizzo da parte di

Uma. Questo, a mio parere, è il vero senso dell’inclusione.

Relativamente al profilo ICF-CY, si può registrare un miglioramento più o meno

significativo della bambina nei termini di “Attività e Partecipazione”, dato

importante in quanto essendo questa sezione maggiormente associata alla sfera

sociale del soggetto pone la possibilità di prospettare, continuando a lavorare con e

sui contesti di vita, una generalizzazione delle competenze all’interno di tutti gli

ambienti di vita.

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Appendice

75

APPENDICE

SONO TOPO TIP HO LE ORECCHIE E TONDEGGRGRANDI

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Appendice

76

HO IL NASO L LUNGHIPPIPICCOLO E E I BAFFI

ECCO LA MIA MAMMA IL MIO PAPA’ MIA SORELLA TIPPY SIAMO UNA FAMIGLIA

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Appendice

77

TIPPY E’ PICCOLA MI FA ARRABBIARE UN POCHINO

MA TIPPY E’ LA SORELLA PIU’ CARINA DEL MONDO

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MI DIVERTE TANTO GIOCARE CON IL MIO AMICO JODY

CIUFFI, CONIGLIETTA, TESSA E RICCIOLINO

SONO I MIEI AMICI DI SCUOLA

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LA SCUOLA CI PIACE PERCHE’ IMPARIAMO TANTE COSE

DOPO LA SCUOLA HO SEMPRE FAME

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E LA NONNA MI DA UNA CAROTINA CHE BUONA!

QUANDO RITORNO A CASA LA MAMMA MI FA IL BAGNETTO

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OGNI GIORNO IMPARO TANTE COSE E MI DIVERTO

MA LA SERA HO TANTO SONNO E TU?

Figura 8. “Io mi chiamo Topo Tip”-Libro adattato

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GIORGIONE DICE “BARTOLOMEO SSEI SVEGLIO?”

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NO DICE BARTOLOMEO

GIORGIONE DICE “BARTOLOMEO TI SEI ALZATO?”

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NO DICE BARTOLOMEO

GIORGIONE DICE “VUOI IL VASINO?”

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NO DICE BARTOLOMEO

BARTOLOMEO SI SIEDE SUL VASINO

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MA NON FA NIENTE

GIORGIONE DICE VAI A GIOCARE FUORI

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NO DICE BARTOLOMEO ED ESCE

BARTOLOMEO PENSA “ SUL VASINO”

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BARTOLOMEO CORRE A CASA

E TROVA IL SUO VASINO APPENA IN TEMPO

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BARTOLOMEO DA GIORGIONEVA E LO ABBRACCIA

Figura 9. “Sul vasino”-Libro adattato

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GIORGIONE PORTA LA MINESTRA A BARTOLOMEO

GIORGIONE DICE E’ PRONTA ““LA MINESTRA

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“ TI SEI LAVATO LE MANI E LA FACCIA?”

NO DICE BARTOLOMEO

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GIORGIONE DICE “ SIEDITI SUL SEGGIOLONE

E MANGIA LA MINESTRA”

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NO DICE BARTOLOMEO

GIORGIONE URLA “MANGIA LA MINESTRA”

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BARTOLOMEO MANGIA UN CUCCHIAIO DI MINESTRA

POI SI RIPOSA UN POCHINO

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GIORGIONE SI SIEDE A TAVOLA E MANGIA

poi GIORGIONE PRENDE UNA GROSSA TORTA

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MANGIA UNA FETTA E PORTA VIA LA TORTA

BARTOLOMEO PENSA MANGIA LA MINESTRA

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PENSA ALLA TORTA CON LA CILIEGINA

E FINISCE LA MINESTRATUTTA

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BARTOLOMEO VA DA GIORGIONE

E GIORGIONE DA LA TORTA BARTOLOMEO

Figura 10. “Mangia la minestra”-Libro adattato

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PEPPA F FAMIGLIA VANNO NEL BOSCO

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MA NESSUNO R HA RICORDATO CESTO PER PICNICPD DI PRENDERE

PE PEPPA T RTROVA IMPRONTE LUNGO IL SENTIERO

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101

M MAMMA PIG DICE SEGUIAMO IMPRONTE

P PEPPA SEGUE IN IN SILENZIO IMPRONTE

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E PEPPA VVE VEDE UCCELLINO NEL SUO NIDO

U UCCELLINO HA HA LASCIATO IMIIMPRONTE LLUNGO IL SENTIERO

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P PEPPA VEDE ALTRE IMPRONTE Pi PICCOLISSIME

LELE FORMICHE HANNO LASCIATO III IMPRONTE PICCOLISSIME

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Èe E’ ORA DDI MANGIARE MA IL CESTO DA PICNIC E’ IN MACCHINA

PA PAPA’ PIG D DICE S SEGUIAMO LE NOSTRE IMPRONTE

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MA ARRIVA LA PIOGGIA E E CANCELLA I MIMPRONTE DELLA FAMIGLIA PIG

AALLORA LE ANATRE AIUTANO A A TROVARE CECESTO PER PICNIC

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COSI LA FAMIGLIA PIG TROVA TROVA LLA MACCHINA CON IL CESTO PER PIC NIC

ALLA FAMIGLIA PIG PI PIACCIONO MO LMOLTO I PIC I PICNIC

Figura 11. “Una gita nel bosco”-Libro adattato

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UMA

AMBIENTE MARINO AMBIENTE DELLA TERRA

VUOLE GIOCARE

I INCASTRI COLORATI MATERIALI NATURALI

UMA VUOLE GIOCARE

DINOSAURI ANIMALI ACQUATICI

ANTISTRESS CANZONCINE COL VOCAS

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IIIINCASTRI DI LEGNO GIOCO DEI VESTITI

CUCINA BAMBOLA

UMA VUOLE GIOCARE

ANIMALI DELLA FATTORIA TOMBOLA DEI CARTONI

UMA VUOLE GIOCARE

GESSONI FARINA

Figura 12 . Tabelle a tema per il gioco

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UMA VUOLE LEGGERE

MMANGIA LA MINESTRA SU SUL VASINO

UNA GITA NEL BOSCO IIO MI CHIAMO TOPO TIP

Figura 13. Tabella a tema per la lettura

VV VIOLETTA SUPER WINGS

MIMINIONS SPIDER-MAN

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BBIANCANEVE CALIMERO

TOPO TIP ARIEL

E ELSA H HEIDI

PEPPA PIG DD DORY

Figura 14. Cartelle per la tombola dei cartoni

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SCANSIONE DELLA GIORNATA

Figura 15. Cartellone per la Scansione della giornata

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