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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell’Età Evolutiva Divisione di Ginecologia e Ostetricia “P. Fioretti” Direttore: Prof: A.R Genazzani Tesi di laurea: Il trattamento chemio-chirurgico nel carcinoma della cervice uterina in stadio localmente avanzato Relatore: Candidato: Chiar.mo Prof. Angiolo Gadducci Cecilia Barsotti ANNO ACCADEMICO 2007-2008

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRUR GIA

Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell’ Età Evolutiva

Divisione di Ginecologia e Oste tricia “P. Fioretti”

Direttore: Prof: A.R Genazzani

Tesi di laurea:

Il trattamento chemio-chirurgico nel carcinoma dell a cervice uterina in stadio

localmente avanzato

Relatore :

Candidato: Chiar.mo Prof . Angiolo Gadducci

Cecilia Barsotti

ANNO ACCADEMICO 2007-2008

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INDICE

1. Riassunto pag. 3

2. Introduzione pag. 6

2.1 Epidemiologia pag. 6

2.2 Fattori di rischio pag. 7

2.3 Prevenzione pag. 10

2.4 Neoplasia intraepiteliale pag. 21

2.5 Carcinoma invasivo pag. 24

3. Obiettivo della tesi pag. 53

4. Materiali e metodi pag. 54

5. Risultati pag. 56

6. Discussione e conclusioni pag. 60

7. Bibliografia pag. 65

8. Appendice pag. 88

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1. RIASSUNTO

Il carcinoma della cervice uterina è la seconda neoplasia per incidenza nel sesso

femminile dopo quello della mammella ed è anche la seconda causa di morte per

decesso correlato a neoplasia, specialmente nei paesi in via di sviluppo. La

disponibilità dei test di screening citologici ha contribuito a ridurre drasticamente

l’incidenza del carcinoma cervicale invasivo specie nei paesi industrializzati, mentre

nei paesi in via di sviluppo, dove non esistono programmi di prevenzione primaria, il

carcinoma cervicale è una patologia comune con alto tasso di mortalità. La

sopravvivenza a 5 anni secondo i dati FIGO dell’ Annual Report (2006) n. 26, è del

97.5% per le pazienti in stadio Ia1, 94.8% per lo stadio Ia2, 89.1% nello stadio Ib1,

75.7% per lo stadio Ib2, 73.4% per lo stadio IIa, 65.8% per lo stadio IIb, 39.7% per lo

stadio IIIa, 41.5% per lo stadio IIIb, 22.0% per lo stadio IVa, e 9.3% per il IVb. Lo

stadio clinico, il diametro tumorale, lo stato linfonodale, l’infiltrazione dei parametri

e/o la positività dei margini, e lo stato degli spazi vascolari sono le più importanti

variabili prognostiche per questa neoplasia. L’ isterectomia radicale con

linfadenectomia e/o il trattamento radiante esclusivo hanno contribuito a migliorare

l’outcome clinico nei tumori in stadio iniziale, ottenendo percentuali di sopravvivenza

a 5 anni dell’ 80-90%, mentre la radioterapia rappresenta il trattamento di scelta nella

malattia avanzata. Sino al 1999, la radioterapia esclusiva era il trattamento di scelta

nelle pazienti con malattia localmente avanzata. In seguito ai risultati di 5 studi

randomizzati, due meta-analisi hanno concluso che il trattamento standard è la

chemio-radioterapia concomitante a base di platino. Recentemente, nuove strategie

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terapeutiche (chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia o radioterapia) sono

state utilizzate con risultati promettenti, anche se non sono al momento disponibili

studi randomizzati a confermare tali dati. Lo scopo di questa tesi è stato quello di

valutare il valore prognostico e predittivo di alcune variabili clinico-patologiche (età,

istotipo, stadio FIGO, grado istologico, valore pre-trattamento di emoglobina e di

piastrine, risposta clinica e patologica) in 43 pazienti con carcinoma cervicale in

stadio FIGO Ib2-IIb che sono state sottoposte a chemioterapia neoadiuvante a base

di cisplatino seguita da chirurgia radicale. L’età mediana delle pazienti era di 47 anni

(range, 27-70). Una risposta patologica ottimale (malattia residua assente + malattia

residua con invasione stromale <3 mm) è stata osservata in 11 pazienti (25,5%).

Dopo un follow-up mediano di 53,8 mesi (3-167 mesi), 12 pazienti hanno sviluppato

una recidiva di malattia, una è morta d’ictus senza evidenza clinica di neoplasia dopo

4,6 mesi e 10 sono morte a causa del tumore. La sopravvivenza mediana

complessiva e la sopravvivenza libera da malattia nell’intera serie erano di 117 mesi

e 112 mesi rispettivamente. La sopravvivenza libera da malattia è correlata

significativamente allo stato linfonodale (p= 0.0001), allo stato degli spazi

linfovascolari (p= 0.003), allo stato dei parametri e/o dei margini (p <0.00001), allo

stadio tumorale (p< 0.00001) e alla conta piastrinica pre-chemioterapia (p= 0.008),

mentre non è stata trovata alcuna correlazione con il valore dell’emoglobina pre-

trattamento, con l’età, con il grado istologico e con il regime di chemioterapia

utilizzato. La sopravvivenza globale è correlata in maniera significativa allo stato

linfonodale (p =0.02), allo stato degli spazi linfovascolari (p=0.001), allo stato dei

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parametri e/o dei margini (p <0.00001), alla conta piastrinica pre-trattamento (p=

0.04), ma non vi è alcuna correlazione con lo stadio, con il valore dell’emoglobina

pre-trattamento, l’età, il grado istologico e con il regime di chemioterapia. La

sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale sono migliori nelle

pazienti che hanno raggiunto una risposta clinica completa e patologica ottimale

rispetto a quelle che non l’hanno raggiunta, ma tali differenza non sono

statisticamente significative. In conclusione, lo stadio tumorale e la conta piastrinica

alla diagnosi, così come lo stato linfonodale, il coinvolgimento degli spazi linfo-

vascolari dei parametri e/o la positività dei margini sul pezzo operatorio sono fattori

predittivi per l’ outcome clinico di queste pazienti. L’identificazione di fattori di rischio

clinico-patologici potrebbe pertanto consentire di pianificare adeguatamente il

trattamento adiuvante postoperatorio. Nonostante i risultati promettenti in termini di

risposte e di accettabile morbilità per avere una risposta conclusiva se il trattamento

chemio-chirurgico debba essere considerato lo standard del trattamento del

carcinoma cervicale localmente avanzato, bisognerà attendere i risultati dello studio

dell’EORTC che confronta la chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino

seguita da isterectomia radicale con chemio-radioterapia concomitante nelle pazienti

affette da carcinoma cervicale in stadio Ib2-IIb.

.

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2. INTRODUZIONE

2.1 Epidemiologia

Il carcinoma della cervice uterina rappresenta nel mondo la seconda neoplasia

per incidenza nel sesso femminile dopo quello della mammella (1). Nel 2002 i

casi di carcinoma cervicale e i decessi per questa patologia sono stati

rispettivamente 493.293 e 273.505 nel mondo e 3418 e 1186 in Italia (2). L’

incidenza media annua di tale patologia varia ampiamente in rapporto alle diverse

aree geografiche, con percentuali di incidenza maggiori nei paesi in via di

sviluppo, ad esempio in America Latina, nei Caraibi ed in Africa (3,4). In dettaglio

il rischio per una donna di sviluppare questa neoplasia nell’arco della sua vita è

dell’1% nei Paesi industrializzati e del 3-4% in quelli in via di sviluppo. Nei paesi

industrializzati la malattia viene diagnosticata più frequentemente in stadio

iniziale, mentre nei paesi in via di sviluppo l’80-90% delle pazienti sono in stadio

III-IV alla presentazione (4,5). L’incidenza e la mortalità elevate, in questi paesi,

sono dovute all’assenza di programmi di screening. Infatti la mortalità per

cervicocarcinoma è di circa 4/100000 in una popolazione sottoposta a screening

e circa 30/100000 in una non sottopostavisi.

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2.2 Fattori di rischio

Il carcinoma cervicale ed i suoi precursori vengono attualmente associati ai

seguenti fattori di rischio:

� Inizio precoce dell’attività sessuale: esposizione al rischio di infezioni virali per un

maggior lasso di tempo. Inoltre in età adolescenziale l’epitelio del collo uterino a

livello della giunzione squamo-colonnare (zona di passaggio tra epitelio

squamoso della portio e epitelio cilindrico colonnare dell’endocervice) è in

continua evoluzione sotto influenza ormonale (6)

� Partners sessuali multipli

� Abitudini sessuali del partner

� Gravidanze multiple: sono stati ipotizzati meccanismi nutrizionali, cambiamenti

ormonali indotti dalla gravidanza, fattori immunologici, mantenimento della zona

di trasformazione sulla esocervice per anni

� Giovane età alla prima gravidanza

� Basso stato socio-economico

� Razza

� Scarsa igiene sessuale

� Contraccettivi orali anziché contraccettivi di barriera

Tutte queste osservazioni epidemiologiche hanno posto l’accento sul ruolo di un

agente carcinogenico a trasmissione sessuale.

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Le ricerche effettuate in tal senso hanno avuto come oggetto vari agenti eziologici: in

particolare venne ritenuto responsabile il virus erpetico tipo 2 (HSV-2). La

correlazione con HSV-2 era stata ipotizzata sulla base di dati sierologici: presenza di

elevato titolo anticorpale nelle pazienti con carcinoma in situ e invasivo della cervice

uterina rispetto alla popolazione generale. Attualmente si ritiene che il Virus del

papilloma umano (HPV) sia il più strettamente connesso alla patogenesi del

carcinoma della cervice (1, 6).

Dei 70 sierotipi di Papillomavirus, 35 hanno localizzazione nel tratto genitale inferiore

ma, sulla base dei dati di prevalenza di biologia molecolare, solo alcuni sono

considerati ad “alto rischio”; altri a “rischio intermedio”, altri ancora a “basso

rischio”oncogeno (TABELLA 1).

Si consideri che l’HPV16 presenta, a sua volta, sei varianti: l’europea (E) che è il

prototipo, l’asiatica (AS), l’africana 1(AF1), l’africana2 (AF2), la nord-americana 1

(NA), l’asia americana (AA). È stato riportato che le donne portatrici di HPV non

europeo sono a maggior rischio, ma il significato clinico delle diverse varianti di

HPV16 è ancora poco conosciuto (1).

Studi in vitro indicano che i ceppi ad alto rischio hanno la capacità di trasformare le

cellule in coltura e che questa capacità è correlata alla presenza di specifici oncogeni

virali (geni E6 ed E7) che costituiscono la differenza tra i ceppi ad alto e quelli a

basso rischio (7) Il DNA virale, per poter esprimere la sua attività oncogena, deve

integrarsi nel DNA della cellula ospite. Questo non avviene nelle lesioni

condilomatose e nelle lesioni precancerose di basso grado, in cui il DNA virale si

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trova nel citoplasma in forma episomica (8-10). Il DNA virale si compone di tre

regioni: Upstream Regulatory Region [URR], Early region [ER] e Late region [LR]. La

URR ha funzione di regolazione sulla replicazione virale e di controllo su alcuni tratti

delle regioni Early. La regione Early consta, a sua volta, di otto regioni ed è così

denominata perchè interviene nelle prime fasi della replicazione virale. Essa regola la

duplicazione del virus nelle cellule che lo ospitano e, nei ceppi di HPV ad alto rischio,

è responsabile della immortalizzazione della cellula infettata e della promozione della

trasformazione neoplastica. La regione Late, che interviene nella fase tardiva della

infezione virale, si compone di due regioni, L1 ed L2, ed è responsabile della

produzione delle proteine-capside che costituiscono l’involucro virale. Perchè si

verifichi la completa integrazione nel genoma cellulare occorre che il DNA virale da

circolare divenga lineare, con una rottura a livello dei tratti E1-E2. Non tutti i tipi di

HPV hanno tale capacità,infatti tale peculiarità è tipica degli HPV ad alto rischio. La

rottura del DNA nei punti suddetti comporta la perdita di controllo esercitata da E1 e

soprattutto E2 sull'attività delle regioni E6 ed E7, che iniziano una incontrollata

codificazione di proteine inibenti l'azione di due importanti geni cellulari

oncosoppressori: p53 e pRB. E6 interagisce direttamente con p53 e determina la sua

degradazione, E7 interagisce con RB e la inattiva. La funzione degli oncosoppressori

viene così a cessare e si instaura una deregolazione del ciclo cellulare (11).

Ammesso un ruolo degli HPV nella genesi del carcinoma, la grande diffusione, l’alta

percentuale di regressione spontanea ed infine il diverso picco di incidenza

dell’infezione da HPV (giovane età) rispetto a quello della neoplasia invasiva (quarta-

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quinta decade), suggeriscono che altri fattori debbano agire in concomitanza: HSV-2,

infezioni cervicali da Chlamydia trachomatis (12,13), il Trichomonas e taluni

Mycoplasmi, fattori immunologici, fumo di sigaretta, fattori ormonali e contraccettivi

orali.

L’ipotesi di un’azione sinergica tra il fumo e l’HPV nella genesi del CIN/cancro è

plausibile. La cervice è infatti localmente suscettibile agli effetti oncogeni del fumo di

sigaretta: componenti del fumo di sigaretta (nicotina e cotonina) sono stati riscontrati

nel muco cervicale delle fumatrici e la concentrazione della nitrosamina, carcinogeno

del tabacco, è alta nel muco cervicale delle fumatrici. Probabilmente l’effetto

immunosoppressivo del fumo induce a livello cervicale una diminuzione delle cellule

di Langherans , macrofagi epiteliali specifici forse capaci di riconoscere gli antigeni

tumorali e di proteggere dall’azione oncogena dell’ HPV, ed il passaggio di

carcinogeni nel circolo ematico a livello delle cellule epiteliali (14). Anche nelle

pazienti HIV positive e nelle donne immunosoppresse a seguito di trapianto

d’organo, il numero delle cellule di Langherans risulta essere diminuito.

Un ulteriore fattore di rischio preso in considerazione è legato alla carenza

alimentare di betacarotene, vitamina A, vitamina C e acido folico (6).

2.3 Prevenzione

In netto contrasto con la riduzione della mortalità del cervicocarcinoma invasivo, la

frequenza di lesioni precancerose e carcinomi in stadio iniziale è molto alta.

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Gran parte del merito di questi progressi è da attribuire al test di Papanicolau per la

diagnosi precoce e all’accessibilità della cervice alla colposcopia ed alla biopsia.

2.3.1 PAP-TEST

La ragione della grande efficacia del test di Papanicolau nella prevenzione del

carcinoma cervicale risiede nel fatto che, nella maggior parte dei casi, la neoplasia è

preceduta da lesioni preneoplastiche che possono rimanere nella fase non invasiva

anche per 20 anni e che sfaldano cellule atipiche evidenziabili all’esame dello

striscio.

Il Pap-test è stato ideato da George Papanicolau nel 1945. Si tratta di un esame

poco costoso e facile da eseguire. E’ un test di screening fondamentale per

effettuare il controllo sull’intera popolazione femminile presunta sana e per poter

individuare, nell’ambito di questa, i soggetti con sospetta neoplasia cervicale iniziale,

non evidente clinicamente o con alterazioni cellullari displastiche o indicanti una

infezione virale (HPV ecc..), che potrebbero significare una predisposizione

all’insorgenza del tumore (6).

L’esame citologico si basa sulla continua esfoliazione dell’epitelio squamoso della

portio e della vagina: il materiale di sfaldamento viene raccolto secondo varie

procedure ed esaminato.

Il materiale viene raccolto dall’ esocervice (citologia esocervicale) applicando la

spatola di Ayre sulla portio intorno all’orifizio uterino esterno e imprimendo un

movimento rotatorio tutt’attorno, il più vicino possibile alla giunzione

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squamocolonnare. Il materiale di sfaldamento così prelevato viene strisciato in strato

sottile su un vetrino porta oggetti. Benché il materiale di sfaldamento prelevato dalla

portio sia commisto alle secrezioni provenienti dal canale cervicale e dalla

trasudazione vaginale, è indicato raccogliere direttamente anche le secrezioni di

questi due distretti. Pertanto una spatola viene strisciata in corrispondenza dei fornici

vaginali e lungo la parete posteriore della vagina, così da porre sul vetrino anche

questo materiale. Sullo stesso o su un altro vetrino viene disteso anche il materiale

prelevato dall’endocervice attraverso una sorta di spazzola, il cytobrush, o un altro

dispositivo per aspirazione. Il cytobrush viene introdotto all’interno del canale

cervicale attraverso l’orifizio uterino esterno e ruotato in questa sede di 360 gradi. Il

tutto è fissato con una miscela di alcol etere emessa sottoforma di spry. E’

fondamentale che venga campionata l’intera zona di trasformazione, sede elettiva

della lesione neoplastica. L’adeguatezza dello striscio cervico-vaginale è in genere

indicata dalla presenza di cellule cilindriche endocervicali o di cellule pavimentose

metaplastiche. Dopo la fissazione, si procede a colorare lo striscio con il metodo di

Papanicolau, che consente la visualizzazione dei dettagli nucleari e la distinzione dei

gradienti di basofilia e acidofilia (cheratinizzazione) citoplasmatica (1). L’esame deve

essere eseguito nella fase iniziale della visita ginecologica e, nella donna fertile,

preferibilmente nella fase ovulatoria , quando cioè il muco è più fluido e più

facilmente il materiale prelevato comprende anche cellule cilindriche

dell’endocervice.

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Si sono susseguite, nel corso del tempo, diverse classificazioni terminologiche per

descrivere i referti della citologia cervico-vaginale. Dal 1988, con riaggiornamenti

successivi, si fa capo ad un sistema uniforme di terminologia anatomopatologica-

clinica, capace di fornire una soddisfacente gestione clinica in funzione soprattutto

del trattamento. Si tratta del Sistema Bethesda, TBS. Con l’utilizzo di questo sistema

di lettura, per descrivere le lesioni precancerose è stato introdotto il concetto di

lesione squamosa intraepiteliale SIL (Squamous Intraepithelial Lesion) (15),

eliminando così il termine “neoplasia“ che figurava nella vecchia dizione (CIN,

Cervical intraephitelial neoplasia).

Il TBS 2001 è un sistema a elementi in parte fissi, in parte aggiornabili. Gli elementi

fissi riguardano la valutazione di adeguatezza e la codificazione generale che è

facoltativa. Gli elementi aggiornabili formano un sistema flessibile e aperto

all’introduzione di nuove informazioni, sono quattro e riguardano le diagnosi

descrittive: 1. alterazioni cellulari benigne (infezioni, alterazioni reattive); 2. alterazioni

cellulari in cellule epiteliali (cellule pavimentose, cellule ghiandolari); 3.altri, tumori

maligni; 4. valutazione ormonale (16).

Le anomalie epiteliali contemplano il carcinoma invasivo, le atipie squamose a

significato incerto (ASCUS) e le lesioni intraepiteliali squamose (SIL). Le alterazioni

riguardanti le cellule epiteliali si distinguono in:

� Cellule pavimentose atipiche: a) di significato indeterminato (ASC-US); b) non

può essere escluso l’HSIL (ASC-H)

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� Lesione intraepiteliale squamosa di basso grado (LSIL) comprendente:

HPV/displasia lieve/CIN1

� Lesione intraepiteliale squamosa di alto grado (HSIL) comprendente: displasia

moderata e displasia grave, CIS (CARCINOMA IN SITU)/CINII e CINIII

� Carcinoma spinocellulare

Oltre alla categoria ASCUS, che con il TBS 2001 è stata suddivisa in ASC-US e

ASC-H, anche la categoria AGUS, riguardante le anormalità delle cellule ghiandolari,

è stata modificata in e suddivisa in: a) AGC-NOS: Forme non altrimenti specificate ;

b) AIS: Probabile Adenocarcinoma in situ.

Le anormalità di cellule ghiandolari atipiche devono essere specificate se di tipo

endocervicale, endometriale e non classificabile.

Tutte le donne, a partire dall’inizio dell’attività sessuale, dovrebbero sottoporsi

annualmente al Pap test.

Il Pap test può, talora, dare falsi negativi, per lo più dovuti ad errore nel prelievo, a

condizioni anatomiche vaginali e cervicali che rendono difficile il prelievo, alla origine

profonda del tumore, ad errore nella lettura.

2.3.2. COLPOSCOPIA

In caso di anomalia citologica, il passo successivo è rappresentato dalla valutazione

colposcopica con eventuale biopsia. La colposcopia consente di localizzare la

lesione da cui provengono le cellule anomale, di valutare l’estensione della lesione

stessa, e di effettuare una diagnosi istopatologica sulla base di biopsie mirate.

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Tramite il colposcopio, dopo aver adeguatamente posizionato lo speculum, è

possibile osservare gli aspetti del connettivo sottoepiteliale della mucosa della

cervice uterina e della vagina. L'osservazione con il colposcopio viene fatta

inizialmente senza preparazione. Successivamente dopo detersione con acido

acetico al 3%, che consente di visualizzare bene la zona di trasformazione per

l'aspetto diverso che assumono l'epitelio squamoso normale (rosa brillante) e quello

cilindrico (papillare). Le aree di epitelio atipico assumono invece un colorito

biancastro. Infine è possibile effettuare una osservazione colposcopica dopo aver

toccato la portio e la mucosa dei fornici vaginali con un tamponcino imbevuto di

soluzione iodo-iodurata di Lugol (test di Schiller). In questa evenienza l'epitelio

squamoso normale di una donna in età feconda con normali livelli di estrogeni si

colora in bruno mogano a contatto con lo iodio in quanto contiene glicogeno.

L'epitelio squamoso neoplastico e quello alterato per fatti flogistici sono poveri di

glicogeno e non si colorano (6).

2.3.3 ESAME BIOPTICO

Se il Pap test risulta positivo/dubbio e/o la colposcopia indicano aree sospette, si

rende necessaria una biopsia per indagare la eventuale natura neoplastica della

lesione. L’esame bioptico può consistere in una biopsia mirata della lesione sospetta,

eventualmente associata a curettage endocervicale; in una escissione della zona di

trasformazione con ansa diatermica; in una conizzazione.

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Le tecniche di escissione con ansa hanno trovato un importante campo di

applicazione non solo nelle biopsie a scopo diagnostico, ma anche come mezzo

terapeutico per il trattamento delle lesioni preinvasive cervicali. L’ansa, rispetto a

tecniche quali l’elettrocoagulazione e la laser vaporizzazione, ha il vantaggio di

asportare senza distruggere, così da permettere la diagnosi istologica della lesione in

causa, di essere più rapida, di provocare minori perdite ematiche e di causare meno

dolore nella paziente. Una importante procedura di escissione elettrochirurgica ad

ansa è ad esempio la L.E.E.P. (Loop Electrosurgical Excision Procedure), che

utilizza un generatore di energia elettrica ad alta frequenza, collegato ad un manipolo

sul quale vengono inseriti degli elettrodi.

La conizzazione, esecuzione di una biopsia a forma di cono, deve essere fatta

quando non è possibile visualizzare l’intera zona di trasformazione e/o l’area atipica

al colposcopio, quando l’area, seppur completamente visibile, è molto estesa,

quando figurano vasi atipici, quando presente microinvasione istologicamente

rilevata, quando il curettage endocervicale ha messo in evidenza un epitelio

endocervicale con segni di malignità, quando la biopsia è negativa ma il Pap test

ripetutamente positivo. L'escissione generalmente viene eseguita mediante LEEP,

laser CO2, o a lama fredda. L'intervento a lama fredda è il classico intervento

chirurgico di conizzazione: dopo una attenta valutazione citologica, colposcopica,

bioptica e, se necessario, isteroscopica, si procede all'asportazione con il bisturi di

una porzione conica della cervice modulando l'estensione della demolizione sulla

base della natura e della localizzazione della lesione.

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La L.E.E.P. utilizza un'ansa diatermica che, mediante corrente ad alta frequenza ,

consente una conizzazione di rapida esecuzione e con minime complicanze intra e

post-operatorie; in particolare il sanguinamento è minimo e la restitutio ad integrum

del collo uterino, dopo qualche mese dall'intervento, molto soddisfacente. Questa

tecnica, che rispetta l'anatomia e la funzionalità della cervice ha comunque alcuni

limiti sostanzialmente legati al possibile danno termico tissutale che talvolta può

ostacolare la lettura microscopica dei margini del cono (tessuto cervicale) asportato e

nella non praticabililità nelle lesioni ad estensione profonda nel canale cervicale. Il

laser consente una conizzazione rapida e molto precisa; inoltre fornisce un campione

istologico senza artefatti e quindi di ottima lettura. Anche questa tecnica è

caratterizzata da scarsissime complicanze e l'aspetto finale del collo uterino è ottimo

con una restitutio ad integrum quasi perfetta. Questa tecnica ha comunque lo

svantaggio di essere molto costosa e di richiede un notevole grado di addestramento

da parte dell'operatore.

Come la biopsia mirata , anche la conizzazione, oltre che essere una procedura

diagnostica, offre il vantaggio di poter attuare una terapia definitiva della lesione,

soprattutto per quanto riguarda le neoplasie intraepiteliali (CINIII secondo la vecchia

denominazione) così da evitare ulteriori trattamenti, eccetto i necessari controlli

periodici con citologia, colposcopia e visita ginecologica.

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2.3.4 HPV-TEST e VACCINAZIONE HPV

La disponibilità di kit che permettono l’ibridazione in situ di vari tipi di HPV di cui è

noto il potenziale oncogenetico consente di ricercare il tipo di HPV presente nella

paziente così da ridurre i casi da sottoporre a colposcopia (2).

C’è consenso all’utilizzo del test virale nelle seguenti circostanze:

1. gestione diagnostica del Pap-test con ASCUS; mentre meno rilevante è il suo

ruolo nelle donne con cellule squamose atipiche nelle quale non può essere escluso

l’HSIL (ASC-H), in quelle con LSIL e in quello con HSIL. La sensibilità del test per il

DNA-HPV è di circa il 93% in caso di H-SIL e di ASCUS.

2. nella sorveglianza delle pazienti trattate per HSIL

La positività per HPV ad alto rischio può suggerire un approfondimento diagnostico

ed un monitoraggio intensivo; la negatività del test virale , che ha un altissimo valore

predittivo negativo, consente di dilatare i tempi di sorveglianza.

Riveste attualmente grande interesse nell’ambito delle politiche sanitarie, la

vaccinazione contro l’infezione da papilloma virus umano.

La immunogenicità dei papillomavirus consiste nella presentazione al sistema

immunitario di capsidi virali vuoti, cioè privi di altri prodotti genici virali, composti da

L1 (proteina strutturale virale maggiore). I capsidi virali vuoti, Virus Like Particles

(VLP), sono in grado di generare anticorpi tipo-specifici, dunque la vaccinazione con

L1 VLP derivante da papillomavirus specie-specifici neutralizza il virus.

Il primo studio effettuato sull’uomo fu uno studio randomizzato in doppio cieco

condotto alla Johns Hopkin’s University di Baltimora per valutare la sicurezza e la

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immunogenicità di un vaccino contro HPV16 in giovani adulti. I risultati mostrarono

che il vaccino era ben tollerato ed era altamente immunogenico.

Recentemente è stato pubblicato uno studio multinazionale randomizzato con

placebo in doppio cieco che aveva l’obiettivo di stabilire se un vaccino L1 VLP

antiHPV 6, 11, 16, 18 fosse in grado di ridurre l’incidenza dell’infezione e la malattia

genitale associata a questi tipi di HPV. I risultati riportati su 552 soggetti (277 nel

braccio vaccino e 275 nel braccio placebo) mostrano che il vaccino quadrivalente

induce alti titoli di anticorpi, previene l’acquisizione dell’infezione e la malattia

genitale associata a questi tipi di HPV. .

Il vaccino messo in commercio è diretto contro 4 ceppi del virus: HPV 16, HPV 18,

HPV 11, HPV 6. Il vaccino viene somministrato tramite una iniezione intramuscolare.

Sono previste 3 dosi: la seconda dopo 2 mesi e la terza dopo 6 mesi dalla prima

dose. La vaccinazione è raccomandata all’età di dodici anni perchè deve essere

somministrato prima che la donna sia stata infettata dal virus, condizione che si

verifica sicuramente prima del primo rapporto sessuale. Infatti la vaccinazione ha la

massima efficacia nelle donne che non sono entrate in contatto con il virus: l'effetto

protettivo diminuisce notevolmente se si è già entrati in contatto con uno o più dei

ceppi virali contenuti nel vaccino.

Si ritiene che la somministrazione del vaccino, sia di quello quadrivalente sia di

quello bivalente (HPV 16, 18) siano efficaci nel prevenire il 98% dei casi di infezione

dovuta ai ceppi di HPV del vaccino e le lesioni pre-cancerose correlate.

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L’approvazione da parte dell’FDA ed EMEA del vaccino quadrivalente e l’avvenuta

registrazione nel mercato mondiale del medesimo impongono alcune riflessioni sul

suo utilizzo:

- il target ideale è rappresentato dalla giovane donna in età (pre)adolescenziale

(tra 9 e 15 anni), cioè in periodo precoitarcale, laddove non c’è stato contatto con

il virus naturale.

- Le giovani più adulte (16-26 anni) possono trovare beneficio dalla

vaccinazione dato che molte di esse sono ancora negative per genotipi vaccinali.

- La copertura di un’ ampia quota di popolazione femminile consentirà di

escludere il sesso maschile dalla vaccinazione stessa.

- Il programma vaccinale dovrà integrarsi con lo screening citologico esistente,

di cui si raccomanda tassativamente il proseguimento secondo le

raccomandazioni vigenti e senza alcuna sostanziale modifica.

- Attualmente il vaccino non è indicato nelle donne con più di 26 anni.

Il vaccino è sicuro e gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da

irritazioni della pelle in corrispondenza della sede di iniezione. Visto che è stato

testato su un numero di donne relativamente piccolo, fino ad ora non è stato

possibile identificare eventuali reazioni avverse rare.

L'immunizzazione offerta dal vaccino dura 5 anni.

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2.4 Neoplasia intraepiteliale

Il carcinoma cervicale può presentarsi nella forma di carcinoma pre-invasivo CIN

o nella forma di carcinoma invasivo, a sua volta distinguibile in carcinoma

microinvasivo e carcinoma francamente invasivo (1).

La definizione di carcinoma preinvasivo presuppone la presenza di una lesione in

cui le cellule neoplastiche non hanno ancora superato la membrana basale che

separa l’epitelio dallo stroma sottostante. Una vecchia classificazione distingueva

tali lesioni in displasia lieve, displasia media e displasia grave e carcinoma in

situ. Successivamente è stato introdotto il concetto di CIN, che comprendeva tutte

quelle anomalie citologiche ed istologiche per cui si realizza la graduale

proliferazione di cellule atipiche che presentano una variabile potenzialità

evolutiva verso il carcinoma invasivo. La CIN veniva suddivisa in CIN I, che

corrispondeva alla displasia lieve, CIN II, che si identificava con la displasia

moderata e CIN III, che comprendeva entrambe le vecchie definizioni di displasia

grave e carcinoma in situ. Il termine di “neoplasia” sottolinea la natura continua

della lesione, caratterizzata da un aumento progressivo di cellule indifferenziate a

contenuto aneuploide.

Una classificazione citologica più recente prevede la suddivisione in due sole

entità: la lesione intraepiteliale squamosa di basso grado (LGSIL, low grade

squamous intraepithelial neoplasia) e la lesione intraepiteliale squamosa di alto

grado (HGSIL, high grade squamous intraepithelial neoplasia).

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Questa nuova classificazione include le alterazioni citopatiche da virus

(Koilocitosi, discheratosi ecc..) nella LGSIL, mentre la HGSIL comprende le

vecchie CIN II e CIN III. La CIN I e la lesione condilomatosa sono state accorpate

in un’unica definizione data la scarsa riproducibilità diagnostica della diagnosi

differenziale. La successiva osservazione che condiloma e CIN I presentavano un

elevata percentuale di regressione e una bassa percentuale di progressione a

fronte di CIN II e CIN III, che per contro erano caratterizzate da elevata

percentuale di persistenza e progressione, ha portato a riconsiderare l’approccio

globale al trattamento e ad operare questa nuova classificazione delle lesioni

precancerose.

Risulta attualmente ancora difficile, a livello individuale, fornire informazioni circa

la potenzialità di evoluzione di una CIN, se non attraverso la valutazione della

ploidia. Ciò è coerente con la nuova definizione di CIN, ossia di una proliferazione

monoclonale di cellule epiteliali pavimentose abnormi caratterizzate da un

progressivo aumento numerico delle cellule indifferenziate con aneuploidia (17) .

In linea generale si è potuto constatare che i valori di progressione a carcinoma in

situ sono dell’11% per la CIN I e del 22% per la CIN II; i valori di progressione a

carcinoma invasivo sono dell’1% per la CIN I , del 5% per la CIN II e >12% per la

CIN III. Per contro, i valori di regressione sono rispettivamente del 57%, 43% e

32%.

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Le lesioni precancerose si riscontrano più frequentemente nella terza-quarta

decade di vita e precedono di circa dieci anni il picco di incidenza del carcinoma

in situ.

La lesione può essere uni o multifocale e possono coesistere più lesioni di

diverso grado. Per lo più è asintomatica, salvo rari casi di spotting intermestruale.

Nella stragrande maggioranza dei casi le lesioni precancerose sono determinate

dall’infezione da parte di ceppi di HPV a medio o basso rischio oncogeno.

Nella sua fase preinvasiva, la neoplasia spesso non presenta quadri

macroscopici tipici, ma la sua diagnosi è citologica e/o istologica.

Per quanto concerne il trattamento, la tendenza attuale è quella di trattare le

pazienti affette da neoplasia intraepiteliale in modo il più possibile conservativo.

Le lesioni a basso rischio possono essere gestite con la sola osservazione, data

l’alta percentuale di regressione delle lesioni di basso grado. Tuttavia una L-SIL

persistente per più di 1-2 anni o tale da presentare segni di progressione, va

senz’altro trattata. Seppur con metodiche il meno possibile invalidanti, le lesioni

ad alto grado vanno, invece, sempre trattate. Soprattutto nelle donne giovani , ci

si avvale preferibilmente di trattamenti quali elettrocoagulazione diatermica,

crioterapia, vaporizzazione laser, termocoagulazione, conizzazione.

L’asportazione delle lesioni mediante ansa diatermica e la conizzazione con laser

CO2 o con bisturi offrono il vantaggio di conservre integro il pezzo così da far sì

che venga poi sottoposto all’esame istologico. L’asportazione delle HSIL ha un

tasso di successo che oscilla tra l’80 e il 97%. Per le donne in fase preclimaterica

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o menopausale, soprattutto se concomita una lesione benigna associata (fibromi,

metrorragie, ecc), l’intervento terapeutico più indicato in caso di displasia

grave/carcinoma in situ resta la isterectomia.

2.5. CARCINOMA INVASIVO

Il carcinoma invasivo è, a sua volta, suddivisibile nelle forme: carcinoma

microinvasivo e carcinoma francamente invasivo (1).

2.51. CARCINOMA MICROINVASIVO

Il carcinoma invasivo preclinico, secondo la classificazione stabilita dal FIGO

Cancer Committee (Montreal,1994), comprende due stadi: lo stadio Ia1, quando

la profondità di invasione stromale ≤3 mm e l’estensione orizzontale è ≤7mm e lo

stadio Ia2 quando l’invasione stromale è tra 3 e 5 mm con una estensione

orizzontale ≤ 7mm. L’ interessamento dei vasi linfatici ed ematici, non modifica lo

stadio (1). Dal 1973 la Società Americana dei Ginecologi Oncologi (SGO) ha

proposto come definizione di microcarcinoma la neoplasia cervicale con

infiltrazione stromale sino a 3mm senza evidenza di invasione degli spazi

linfovascolari. (18). Nelle lesioni FIGO IA1 ( invasione stromale < 3 mm) il rischio

di metastasi linfonodali è praticamente dello 0%, in quelle in stadio FIGO IA2

(invasione stromale fra i 3 e i 5mm) c’è un rischio del 4-8% (6). L’elemento

prognostico più importante, nel carcinoma cervicale microinvasivo , è la profondità

di invasione stromale, che correla direttamente con il rischio di positività degli

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spazi vascolari, di metastasi linfonodali, di recidive e con l’aumento della

mortalità. (19) L’invasione degli spazi vascolari (LVSI) è l’elemento più dibattuto

per la sua reale potenzialità di fattore prognostico sfavorevole per il rischio di

recidiva (20). In una recente review di Creasman (19) la presenza di LVSI nelle

neoplasie cervicali iniziali non è risultata un fattore prognostico indipendente sulla

OS.

La maggior incidenza del carcinoma microinvasivo, è fra i 35 ed i 45 anni. Il

trattamento raccomandato sarebbe l’isterectomia totale addominale o vaginale,

ma in molti casi può essere appropriata la conizzazione seguita da stretto follow-

up. Per il carcinoma cervicale microinvasivo la scelta terapeutica è influenzata da

una serie di fattori: l’istotipo, i margini liberi, l’entità margine libero, l’invasione

degli spazi linfo-vascolari, l’età, la parità e il desiderio della paziente. La

conizzazione diagnostica, in questo stadio, è un intervento terapeutico se i

margini risultano liberi. La positività del margine, sia apicale che laterale,

comporta una probabilità fino all’80% di malattia residua alla successiva

isterectomia. Ma importante è anche l’entità dei margini liberi, elemento

fondamentale per determinare il rischio di recidiva (21).

La diagnosi del carcinoma microinvasivo si basa sull’esame istologico seriato di

tessuto prelevato tramite conizzazione. Fondamentale è dunque il ruolo

dell’anatomo-patologo che attua un sistema di processazione del cono,

studiandone sistematicamente ogni sezione e ponendo attenzione nel valutare la

profondità di invasione stromale e l’estensione superficiale della neoplasia.

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2.5.2 CARCINOMA CERVICALE FRANCAMENTE INVASIVO

Il carcinoma della cervice può insorgere a livello della portio o del canale

cervicale. L’età più colpita è tra i 45 e 59 anni, cioè 10-15 anni più elevata rispetto

alla massima incidenza del carcionoma in situ, anche se negli ultimi anni si è

osservato un aumento di incidenza di carcinoma invasivo in fasce di età più

giovani, probabilmente in relazione ad un più precoce inizio dell’attività sessuale e

alla presenza di donne provenienti dai paesi asiatici. (1, 6). In tabella è riportata la

distribuzione delle pazienti per stadio e per età (TABELLA 2).

2.5.2.1 Anatomia Patologica

Dal punto di vista macroscopico il carcinoma cervicale invasivo può presentarsi

sotto diversi aspetti:

� Forma ulcerativa: formazione di un ulcera scavata con necrosi centrale

� Forma esofitica: aspetto “a cavolfiore”, friabile, soffice, sanguinante

spontaneamente e al contatto

� Forma a botte: sviluppo endocervicale della neoplasia a partire dalla giunzione

squamo- colonnare

� Forma esofitica bulky: everte i margini della cervice e dilata la vagina

L’istotipo più rappresentato è il carcinoma spinocellulare, che costituisce più del

90% dei carcinomi cervicali e viene suddiviso in due forme, cheratinizzante e non-

cheratinizzante (forma più frequente). L’adenocarcinoma incide per l’8-10% . La

sua incidenza è tuttavia in aumento e ciò sembra essere correlato con l’uso di

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contraccettivi orali. Esso origina dalle cripte pseudoghiandolari del canale

cervicale o da residui embrionali (residui mesonefrici o paramesonefrici) a livello

della cervice uterina. Gli altri istotipi sono raramente riscontrati nella pratica

clinica. (tabella 3)

Nei carcinomi squamosi si possono distinguere tre gradi di differenziazione:

-GRADO1 (G1): tumore squamoso ben differenziato, composto da cellule di tipo

spinoso con abbondante cheratina, tendente a formare le cosiddette perle cornee

epiteliali. L’attività mitotica è scarsa, il pleomorfismo nucleare poco evidente, il

citoplasma ampio. Appartiene a questo gruppo circa il 15% dei carcinomi

squamosi.

-GRADO2 (G2) : tumore squamoso moderatamente differenziato, caratterizzato

da una cheratinizzazione meno evidente e da cellule simili a quelle dei normali

elementi parabasali. Maggiori l’attività mitotica e il pleomorfismo nucleare. Questo

grado rappresenta il 58% dei carcinomi squamosi.

-GRADO 3 (G3) : tumore squamoso scarsamente differenziato, costituito da

cellule piccole e scure con citoplasma scarso per cui i nuclei sembrano addensati

gli uni agli altri. Non sono presenti perle epiteliali. Numerose le mitosi atipiche.

Rappresenta il 27% dei carcinomi squamosi.

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2.5.2.2 Storia naturale

Il carcinoma cervicale si diffonde per contiguità, per continuità e per via linfatica.

Più tardive sono le metastasi per via ematogena.

Per continuità diffonde al canale cervicale, al corpo uterino e alla vagina,

infiltrando più o meno profondamente la muscolare dell’istmo e del corpo uterino

e talvolta l’endometrio. L’estensione al corpo dell’utero può verificarsi anche per

via linfatica con interessamento del tessuto connettivo e muscolare, lasciando

intatto l’endometrio. Per contiguità diffonde ai parametri, alla vescica, al retto,

infiltrando gli spazi perivascolari e perineurali, fino a raggiungere ai lati la parete

pelvica. Più frequente l’interessamento vescicale, perché il fornice anteriore è più

stretto e il setto vescico-cervicale è più sottile di quello vagino-rettale e perché,

con maggior frequenza, il tumore insorge dal labbro anteriore della portio (22). La

mucosa vescicale si presenta, inizialmente, edematosa, di aspetto bolloso alla

cistoscopia, per la precoce ostruzione linfatica. Successivamente viene invasa

direttamente anche la mucosa stessa, pertanto si presentano cistorragie e

vegetazioni neoplastiche intravescicali. L’infiltrazione sarà così facilmente

diagnosticabile alla cistoscopia, ma anche con un semplice esame citologico del

sedimento urinario. L’infiltrazione del retto è invece meglio diagnosticata con

l’esplorazione combinata retto-vaginale.

Gli ureteri possono venire coinvolti soprattutto nelle fasi avanzate della neoplasia

e così i legamenti uterosacrali.

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Anche i parametri e la vagina possono essere interessati per via linfatica oltre che

per contiguità.

Per via linfatica il tumore si diffonde lungo i legamenti dell’utero ove decorrono i

vasi linfatici; raggiunge così i linfonodi parametriali, otturatori, iliaci comuni, iliaci

esterni ed interni, presacrali e successivamente i linfonodi paraortici.

Esiste una netta correlazione tra dimensioni del tumore e le metastasi linfonodali.

Le neoplasie più piccole tendono a metastatizzare ai linfonodi iliaci interni ed

esterni, quelli di maggiori dimensioni raggiungono anche gli iliaci comuni e i

lomboaortici. La frequenza di metastasi lomboaortiche è maggiore nelle pazienti

con malattia localmente avanzata, in pazienti con tumore a botte ed in pazienti

con interessamento dei linfonodi pelvici. La presenza di metastasi lomboaortiche

è inoltre sinonimo di diffusione sistemica della malattia (1).

La metastatizzazione per via linfatica a distanza interessa il mediastino e i

linfonodi sovraclaveari, ma di rado.

Per via ematogena, le metastasi raggiungono polmoni, pleura, fegato ed ossa (in

genere vertebre, coste e ossa lunghe degli arti inferiori). Le metastasi cerebrali

sono rare. Descritte eccezionalmente metastasi a surreni, reni, grosso intestino,

milza, pancreas, cute.

L’adenocarcinoma cervicale, rispetto all’istotipo a cellule squamose, può dare

metastasi ovariche anche negli stadi iniziali ed ha tendenza alla diffusione

peritoneale.

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2.5.2.3 Diagnosi e stadiazione

La diagnosi è istologica, partendo da un referto citologico cervicale positivo o

dubbio. La citologia cervico-vaginale è positiva nel 90% dei casi. Il 10% di

negatività può essere dovuto a necrosi e a coesistenza di fatti infiammatori (1).

L’ispezione della portio permette, se la neoplasia è avanzata, di apprezzare

l’aumento del volume cervicale e la presenza di lesioni vegetanti o ulcerate,

facilmente friabili e sanguinanti.

Esistono forme con portio totalmente normale all’esame obiettivo: in tali forme la

crescita del tumore è prevalentemente endocervicale: il Pap test e le perdite

ematiche atipiche sono elementi che consentono la diagnosi.

Gli esami necessari alla corretta diagnosi e stadiazione prevedono:

• Esame ginecologico bimanuale: consente di valutare le dimensioni del tumore

e l’entità di interessamento dei parametri. La visita in narcosi può essere utile se

la neoplasia sembra superare i limiti della cervice.

• Colposcopia: esame di secondo livello dopo quello citologico. La diagnosi di

carcinoma invasivo non richiede la colposcopia perché è chiaramente visibile ad

occhio nudo e palpabile alla esplorazione vaginale; essa tuttavia viene eseguita

per determinare i limiti della lesione, la sua estensione su portio e pareti vaginali,

e ai fini della diagnosi differenziale (infezione papillomatosa da HPV, sifiloma, tbc

ecc..) . Il carcinoma invasivo preclinico, dal canto suo, non è visibile alla semplice

ispezione ed è solo sospettabile alla colposcopia per reperti quali un puntato

irregolare, un mosaico irregolare, vasi atipici.

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• Esame istologico

• Radiografia del torace

• TAC addomino-pelvica: è utilizzata per la stadiazione anche se talora non

consente di definire adeguatamente l’estensione parametriale e di

differenziare il tessuto neoplastico da quello reattivo, sottovalutando

l’interessamento della parete pelvica.

• RMN: è l’esame che consente di valutare con più accuratezza l’estensione

della neoplasia ai fornici e ai parametri. L’interruzione precoce dell’anello

stromale pericervicale all’indagine con RMN è un indicatore precoce di

sconfinamento iniziale della patologia a livello pericervicale. Tuttavia , come la

TAC, identifica i linfonodi solo sulla base del volume linfonodale , non essendo

dunque in grado di distinguere i linfonodi aumentati di volume per neoplasia

da quelli iperplastici per patologie benigne. La RM sa però distinguere una

recidiva da quella che è invece una fibrosi post-radioterapica

• Esame urografico: può essere riservata ai casi con dilatazione delle vie

urinarie.

• Cistoscopia e rettosigmioidoscopia nei casi avanzati (con evidenze di

interessamento alla RMN)

Lo stadio deve essere definito clinicamente prima di qualunque terapia. Quando

vi sia dubbio , è mandatorio classificare la neoplasia allo stadio inferiore (23-24).

Secondo la International Federation of Gynecology and Obstetrics [FIGO], le

modalità di stadiazione del carcinoma cervicale differiscono sostanzialmente tra

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lo stadio IA e gli altri stadi. Nel primo infatti la definizione dello stadio si basa

esclusivamente sull’esame anatomopatologico della conizzazione, mentre negli

altri l’estensione della malattia viene valutata essenzialmente con l’esame clinico.

Può essere difficoltosa la corretta valutazione clinica della diffusione parametriale

di malattia. Vanno classificati in stadio IIB i casi in cui il parametrio sia indurito,

retratto o fisso, ma non nodulare, mentre vanno considerati in stadio IIIB i casi in

cui si riscontrino nodularità parametriali vicine alla parete pelvica ovvero si

evidenzi una continuità neoplastica fino alla parete pelvica. La presenza di

idroureteronefrosi o di un rene escluso conseguente ad interessamento

dell’uretere da parte del tumore fa classificare la neoplasia in stadio IIIB. In

tabella è riportata la stadiazione FIGO del carcinoma cervicale (TABELLA 4).

La prognosi del carcinoma cervicale dipende da diversi fattori: lo stadio clinico; le

metastasi linfonodali pelviche; la dimensione del tumore; l’interessamento

parametriale; il modello di crescita tumorale (sfavorevole se l’accrescimento è

endofitico); le metastasi para-aortiche; l’invasione degli spazi vascolari capillaro-

simili; il tipo di HPV (secondo alcuni la prognosi è peggiore se chiamato in causa

l’HPV 18); l’iperespressione di COX2 (che oltre ad essere associata a invasione

parametriale, a metastasi linfonodali e a diffusione locale, sembra essere un

marker di chemioresistenza). Ulteriori importanti fattori prognostici sono il grado di

neoangiogenesi, l’estensione al corpo uterino, lo stato dei margini di resezione,

oltre all’età ed alle eventuali comorbidità. La sopravvivenza a 5 anni secondo i

dati FIGO dell’ Annual Report (2006) n. 26, è del 97.5% per le pazienti in stadio

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Ia1, 94.8% per lo stadio Ia2, 89.1% nello stadio Ib1, 75.7% per lo stadio Ib2, 73.4%

per lo stadio IIa, 65.8% per lo stadio IIb, 39.7% per lo stadio IIIa, 41.5% per lo

stadio IIIb, 22.0% per lo stadio IVa, e 9.3% per il IVb

2.5.2.4 Clinica

Il carcinoma della cervice uterina nella fase preinvasiva, o invasiva iniziale, tende

ad essere assolutamente asintomatico. La sintomatologia compare quando il

tumore penetra profondamente nello stroma (1).

Il sintomo più comune del carcinoma invasivo è la perdita ematica extramestruale,

saltuaria, spesso post-coitale, o a seguito di irrigazioni vaginali, minzione o

defecazione. Perdite ematiche atipiche in qualunque età sessualmente attiva

sono sempre da considerarsi sospette. Possono essere altrimenti presenti episodi

menorragici o perdite ematiche in post-menopausa. Negli stadi più avanzati,

soprattutto se nel tumore si formano aree di necrosi, il sanguinamento può

diventare più abbondante e potrà successivamente anemizzare la paziente. Altro

sintomo frequente è la leucoxantorrea, sanguinolenta ma non pruriginosa. (1)

Il corredo sintomatologico è maggiore in fase avanzata: può comparire dolore

gravativo al fianco per interessamento degli ureteri stenosati così da condurre ad

una progressiva idronefrosi.

L’interessamento linfovascolare pelvico può determinare, per compressione,

dolore e gonfiore all’arto inferiore, con frequente interessamento del nervo

sciatico, che comporta il manifestarsi di un’intensa sintomatologia dolorosa.

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Disturbi vescicali (disuria, stanguria, ematuria) o rettali (tenesmo) riflettono

l’interessamento di queste strutture che può talora condurre a tramiti fistolosi.

Possono recidivare cistiti, pieliti, pielonefriti; insorgere pelviperitonite, sepsi. Rare

le manifestazioni purulente cervicali.

2.5.2.5 TERAPIA

Le pazienti affette da carcinoma cervicale in stadio FIGO Ib2-IIb deve essere

valutata congiuntamente dal ginecologo e dal radioterapista al momento della

diagnosi per stabilire il migliore comportamento terapeutico dal momento che

sono disponibili due opzioni terapeutiche per questa malattia in tale stadio

evolutivo: chemioradioterapia concomitante seguita da brachiterapia o

chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia radicale.

a. CHIRURGIA

La chirurgia è il trattamento di scelta nel carcinoma invasivo pre-clinico. Va

preferita alla radioterapia in donne giovani in stadio Ib e IIa per conservare la

funzionalità ovarica, nelle pazienti che sono affette da processi infiammatori

cronici annessiali o intestinali, che presentano una colite ulcerativa o una

diverticolite, che hanno già subito una chirurgia sul basso addome, nelle donne in

gravidanza e in quelle che hanno una patologia ovarica di qualunque tipo.

Controindicazioni all’intervento chirurgico sono invece l’obesità e l’alto rischio

operatorio (1).

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La linfoadenectomia può essere selettiva o sistematica: quella selettiva consiste

in un sampling dei linfonodi pelvici allo scopo di operare una corretta stadiazione

e di programmare una successiva strategia terapeutica; quella sistematica

consiste nel rimuovere tutti quanti i linfonodi pelvici (iliaci interni, iliaci esterni, iliaci

comuni). Numerosi studi sono stati condotti sulla efficacia terapeutica di una

linfoadenectomia sistematica pelvica e para-aortica negli stadi precoci.

Gli interventi chirurgici previsti sono rappresentati da: a) Isterectomia radicale

addominale che comprende a sua volta diversi gradi di radicalità, essendo così

ulteriormente suddivisibile in TIPO1 (Isterectomia totale extrafasciale) per il

carcinoma invasivo preclinico quando non vi è indicazione alla conizzazione e

per un HGSIL residuo alla conizzazione; TIPOII (isterectomia radicale

moderatamente estesa) che si associa alla linfoadenectomia pelvica bilaterale e

prevede la rimozione della metà mediale dei parametri del terzo superiore della

vagina; TIPOIII che corrisponde all’intervento di Wertheim-Meigs comporta

un’isterectomia associata ad escissione radicale dei parametri fino alla parete

pelvica, alla rimozione di metà della vagina e alla linfoadenectomia pelvica

bilaterale (62). b) Eviscerazione pelvica, oggi rara, indicata eventualmente nel

trattamento dello stadio IVa o per le recidive e persistenze pelviche centrali dopo

radioterapia. E’, invece, controindicata nel caso sussistano metastasi

extrapelviche, diffusione linfonodale pelvica, età avanzata, alto rischio chirurgico

e anestesiologico. c) Laparotomia di stadiazione, volta a valutare l’estensione

della malattia negli stadi IIb-III prima di iniziare la radioterapia (1).

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36

Le complicanze del trattamento chirurgico radicale sono state ampiamente

studiate e le più importanti sono di ordine urologico (25, 26). Le fistole urinarie,

prevalentemente rappresentate da fistole uretero-vaginali che si manifestano

nell’1-2% delle pazienti, sono causate principalmente dalla devascolarizzazione

del tratto terminale dell’uretere, mentre le disfunzioni vescicali sono da imputarsi

alla denervazione del tratto urinario terminale (27).

Sembra essere oggi molto promettente l’approccio chirurgico caratterizzato da

isterectomia radicale “nerve-sparing”, introdotta dai ginecologi giapponesi (28-30)

e successivamente utilizzata anche nei paesi occidentali. Essa prevede una serie

di modifiche dei tempi chirurgici al fine di preservare l’innervazione della vescica e

del retto senza compromettere la possibilità di cura (31, 32). Ciò è stato

confermato anche in Italia dall’esperienza dell’Istituto Nazionale Tumori (INT) di

Milano (33), dove 15 (65%) delle 23 pazienti trattate con questo tipo di

isterectomia radicale , urinavano spontaneamente in quinta giornata.

b. RADIOTERAPIA ESTERNA e BRACHITERAPIA

Il carcinoma cervicale è un tumore particolarmente radiosensibile. Due sono le

modalità più utilizzate per il trattamento radiante: l’irradiazione esterna o trans-

cutanea della pelvi e, talora, dell’area para-aortica; la Radioterapia intracavitaria o

brachiterapia o curieterapia vaginale ed uterina. Esse possono essere usate

anche in associazione perché, mentre con l’irradiazione esterna si cerca di

eliminare oltre al focolaio centrale del tumore, anche la diffusione alla parete

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laterale dei parametri, ai linfonodi pelvici e oltre la pelvi, con la radioterapia

endocavitaria si cerca di raggiungere lo scopo di completare la distruzione della

neoplasia cervicale primitiva e delle sue estensioni (34). L’utilizzo di brachiterapia

esclusiva è piuttosto raro e riservato ai casi di pazienti obese, non operabili per

motivi medici e ad alto rischio di complicanze correlate alla radioterapia esterna.

La radioterapia esterna o trans-cutanea viene somministrata con acceleratore

lineare e, preferibilmente, attraverso tecnica multiportale, con definizione dei

volumi mediante TC o RM. Grazie a queste tecniche è possibile concentrare sulla

massa tumorale un’irradiazione ad alto dosaggio risparmiando i tessuti sani

circostanti. E’ possibile poi valutare il volume di tessuto trattato con dose utile, la

distribuzione dell’irradiazione nella pelvi, la dose che ha colpito organi critici, quali

la vescica e il retto. La brachiterapia viene somministrata concomitantemente alla

radioterapia esterna o immediatamente al termine di questa, per contenere il

tempo totale di trattamento entro le 8 settimane.

La Radioterapia può essere utilizzata come intervento terapeutico di prima scelta

o, nel caso di interessamento dei linfonodi pelvici, come intervento

postoperatorio, irradiando gli stessi ad alte energie, non oltre un mese

dall’intervento e con una dose di 45-50 Gy in 5-6 settimane.

L’irradiazione dei linfonodi lombo-aortici può essere invece utilizzata come

irradiazione precauzionale se positivi all’esame istologico, oppure nel caso di

metastasi para-aortiche riconosciute al momento della diagnosi o di malattia

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recidivata, ma in queste circostanze è oggi preferibile l’approccio chemioterapico

(1).

L’efficacia della Radioterapia è condizionata dal volume del tumore, dalla

popolazione di cellule ipossiche, dalla durata del trattamento e dalla dose

erogata.

Le pazienti sottoposte a trattamento con radioterapia possono andare incontro a

complicanze, soprattutto in caso di ampio volume di irradiazione ed età

avanzata. Le complicanze immediate (primo-sesto mese dopo la fine della

radioterapia) riguardano enterocoliti con diarrea, proctosigmoidopatie acute con

tenesmo e cistopatie acute. Le complicanze tardive (3-4 anni dopo la

radioterapia) sono rappresentate da stenosi cervicali con piometra, stenosi

vaginali con dispaneuria, rettopatie e/o cistopatie, fistole retto-vaginali e/o

vescico-vaginali, ostruzioni intestinali, fistole enteriche.

c. CHEMIO_RADIOTERAPIA CONCOMITANTE

La Chemioterapia, se somministrata contemporaneamente alla Radioterapia, ne

potenzia l’azione citotossica; questa strategia terapeutica offre inoltre una

cooperazione spaziale, dal momento che all’effetto locale della radioterapia si

aggiunge l’effetto sistemico della chemioterapia sui microfocolai tumorali a

distanza (35, 36). La chemioterapia si basa sull’uso di farmaci che, in aggiunta

all’effetto citotossico diretto, hanno il teorico vantaggio di potenziare l’azione

dell’irradiazione sul tessuto neoplastico. L’impiego concomitante dell’ idrossiurea

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e della radioterapia sembravano migliorare la Sopravvivenza libera da malattia e

la sopravvivenza globale rispetto alla radioterapia da sola (37, 38). Cinque studi

di Fase III, pubblicati nel 1999, hanno dimostrato la superiorità della chemio-radio

concomitante a base di cisplatino rispetto alla radioterapia con idrossiurea o alla

radioterapia da sola (39-44) (tabella 5 e 6). Le pazienti che ricevevano cisplatino

+ 5-Fluoruracile concomitante a radioterapia avevano una miglior sopravvivenza

globale rispetto a quelle trattate con radioterapia a campi estesi (40). Rose e coll.

(41) hanno trovato che sia le pazienti trattate con cisplatino + 5-Fluoruracile +

idrossiurea + radioterapia, sia quelle trattate con cisplatino + radioterapia

avevano una sopravvivenza globale migliore rispetto alle pazienti che avevano

ricevuto HU + radioterapia, e che il braccio che utilizzava il cisplatino in mono-

chemioterapia aveva una tossicità inferiore rispetto a quello che impiegava il

regime a tre farmaci. La durata della radioterapia era di dieci settimane. Nello

studio di Keys e coll. (42), la radioterapia seguita dall’ isterectomia extra-fasciale

è stata usata quale braccio di controllo sulla base di un precedente trial

randomizzato del Gynecologic Oncology Group [GOG] che mostrava una più

bassa percentuale di recidive pelviche nelle donne sottoposte a questo

trattamento integrato rispetto a quelle che avevano ricevuto radioterapia

esclusiva. Keys e coll. (42) hanno trovato che le pazienti con carcinoma

cervicale in stadio Ib2 trattate con cisplatino concomitante a radioterapia e

successiva isterectomia extra-fasciale avevano un rischio di morte

significativamente ridotto rispetto a quelle sottoposte a radioterapia seguita da

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isterectomia extra-fasciale . Lo studio di Peters e coll. (43) ha randomizzato

pazienti con carcinoma cervicale in stadio iniziale ad alto rischio dopo

isterectomia radicale a ricevere radioterapia pelvica adiuvante concomitante a

chemioterapia con cisplatino + 5-FU versus radioterapia pelvica adiuvante da

sola , e ha osservato che le pazienti che hanno ricevuto la chemio-radioterapia

concomitante avevano un miglior outcome clinico. In questi cinque studi la

chemio-radioterapia concomitante a base di cisplatino e’ risultata essere il

trattamento più efficace, in grado di ridurre del 30-50% il rischio di morte , e nel

febbraio 1999 un Alert del National Cancer Institute degli Stati Uniti ha

affermato che questa modalità terapeutica dovrebbe essere presa in

considerazione in tutte le donne con carcinoma cervicale iniziale ad alto rischio o

con carcinoma cervicale localmente avanzato (45, 46). Risultati discordanti con

questa affermazione sono stati invece riportati in uno studio randomizzato

canadese su pazienti con carcinoma cervicale a cellule squamose in stadio

avanzato; la sopravvivenza globale non era significativamente diversa tra le

pazienti trattate con radioterapia esterna pelvica concomitante a cisplatino 40

mg/m2 settimanale + brachiterapia e quelle che ricevano lo stesso trattamento

radioterapico senza chemioterapia (hazard Ratio [HR], 1.10; intervallo di

confidenza del 95% [IC 0.75-1.62]) (47). Una possibile spiegazione di questa

discordanza è rappresentata dalla minore durata complessiva mediana della

radioterapia (51 giorni nel braccio radioterapia esclusiva , 49 giorni nel braccio

chemio-radioterapia) rispetto agli altri studi. Una recente meta-analisi di Green e

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coll. (48) su 24 studi clinici comprendenti 4921 pazienti con carcinoma cervicale

avanzato ha confermato che la chemio-radioterapia concomitante migliora sia la

sopravvivenza libera da progressione sia la sopravvivenza globale rispetto alla

radioterapia esclusiva, con un beneficio assoluto rispettivamente del 13% e del

10%. Il trattamento combinato riduce sia le recidive locali sia le recidive a

distanza, e pertanto la chemioterapia concomitante sembra agire sia come

radiosensibilizzante sia come terapia sistemica. Un recente studio randomizzato

del GOG ha confrontato il cisplatino settimanale (40 mg/m2) versus il 5-FU in

infusione continua (225 mg/m2/die per 5 giorni /settimana) in combinazione con

la radioterapia esterna pelvica + brachiterapia in pazienti con carcinoma cervicale

in stadio IIb-IVa e linfonodi lombo-aortici clinicamente negativi (49). Una analisi

ad interim ha evidenziato un aumento del 35% del rischio di progressione nel

braccio 5-FU , dovuto principalmente ad una più alta incidenza di recidive a

distanza. I risultati preliminari di uno studio scandinavo su 68 pazienti con

carcinoma cervicale avanzato hanno evidenziato che la radioterapia

concomitante con cisplatino 40 mg/m2/settimana e con ipertermia loco-regionale

ha ottenuto percentuali di risposta completa del 90%, con una sopravvivenza

libera da progressione ed una sopravvivenza globale del 74% e dell’ 84%,

rispettivamente, dopo un follow-up mediano di 538 giorni. La tossicità era del tutto

paragonabile a quella descritta per la chemio-radioterapia da sola e la durata

mediana del trattamento era quarantacinque giorni (50). E’ stato disegnato uno

studio di fase III che confronta la chemio-radio-ipertermia versus la chemio-

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radioterapia. Una recente meta-analisi di 13 studi randomizzati sulla chemio-

radioterapia concomitante sul carcinoma cervicale ha mostrato che questa

modalità di trattamento migliorava significativamente la sopravvivenza libera da

malattia (HR= 0.78; IC al 95%= 0.70-0.87, p=0.000005), la sopravvivenza libera

da recidiva loco-regionale ([HR]= 0.76; IC al 95%= 0.68-0.86, p=0.000003), la

sopravvivenza libera da metastasi (HR= 0.81; IC al 95%= 0.72-0.91, p=0.0004) e

la sopravvievenza globale (HR= 0.81, CI 95% = 0.71- 0.91, p= 0.0006) rispetto

alla radioterapia da sola con un vantaggio assoluto in sopravvivenza a 5-anni dell’

8%, del 9%, del 7% e del 6% (4 NACT ), rispettivamente.

d. CHEMIOTERAPIA

Il carcinoma della cervice uterina è sempre stato considerato scarsamente

chemiosensibile, perciò tradizionalmente la chemioterapia era utilizzata solo nel

trattamento palliativo con malattia disseminata alla diagnosi, nello stadio IVb, o

con malattia persistente o recidivante dopo chirurgia e/o radioterapia (51-60).

Tuttavia una chemioterapia con una simile indicazione ha risposte obiettive di

breve durata e impatto incerto sulla sopravvivenza, sul controllo dei sintomi e

sulla qualità della vita (61). La risposta terapeutica alla chemioterapia dipende

dalla sede della malattia (pelvica, extrapelvica), dalla localizzazione in area

precedentemente irradiata o meno, dalla estensione (solo metastasi a distanza o

metastasi a distanza e ripresa loco-regionale), dal Performance Status della

paziente. La chemioterapia come approccio adiuvante alla chirurgia o alla

radioterapia nel caso di recidive pelviche dà una risposta terapeutica piuttosto

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scarsa. Questa scarsa chemioresponsività del carcinoma cervicale recidivante

dipende da più fattori: i farmaci spesso non raggiungono concentrazioni intra-

tumorali terapeutiche a causa della fibrosi successiva a trattamento radioterapico

che riduce l’apporto ematico; l’inclusione della regione sacrale nel volume

irradiato può danneggiare il tessuto midollare ivi contenuto, riducendo la

tolleranza alla chemioterapia; il frequente coinvolgimento ureterale da parte della

malattia recidivante può ostacolare la somministrazione di farmaci potenzialmente

nefrotossici.

e. CHEMIOTERAPIA NEOADIUVANTE

La Chemioterapia ottiene risposte soddisfacenti in pazienti con carcinoma

cervicale non pretrattato. Nelle ultime due decadi essa è stata utilizzata nella

terapia primaria della malattia localmente avanzata sia per migliorare il controllo

locale sia per eradicare le micrometastasi a distanza.

Negli ultimi 15 anni molti studi hanno esaminato il ruolo della chemioterapia

neoadiuvante a base di cisplatino nelle pazienti con carcinoma cervicale avanzato

con percentuali di risposta complete cliniche che variavano dal 4% al 40.5% a

seconda principalmente dallo stadio e dalle dimensioni del tumore (63-86)

(TABELLA 7).

La maggior parte degli studi di Fase III sulla chemioterapia neoadiuvante seguita

da radioterapia non hanno dimostrato alcun beneficio rispetto alla radioterapia

esclusiva (63, 66-68, 76, 83-85), probabilmente a causa della crescita accelerata

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indotta dalla chemioterapia di cellule tumorali clonogeniche resistenti e della

resistenza crociata fra chemioterapia e radioterapia (36, 87, 88). Una meta-analisi

di 18 studi comprendenti 2074 pazienti e’ stata eseguita per confrontare la

chemioterapia neoadiuvante seguita da radioterapia verso la radioterapia da sola.

(89). Anche se la elevata eterogeneità delle casistiche non ha consentito una

analisi cumulativa dei dati, sono emerse interessanti osservazioni dalla

valutazione di alcuni trial. E’ degno di nota che negli studi che utilizzavano una

dose-intensità del cisplatino <25 mg/m2/settimana, si è avuto nel braccio con

chemioterapia neoadiuvante un impatto negativo sulla sopravvivenza (HR, 1.35;

IC 95% , 1.11-1.14; p= 0.002).

La chemioterapia neoadiuvante seguita da isterectomia radicale ha ottenuto

risultati soddisfacenti in termini di sopravvivenza globale (64-66, 69-74, 78, 79,

81, 84-86).

Tre studi del gruppo argentino di Sardi (66, 74, 90) e lo studio italiano di

Benedetti_Panici (91) hanno dimostrato la superiorità della strategia terapeutica

basata sulla chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia rispetto alla

radioterapia esclusiva. Sardi e coll. (64) hanno randomizzato 205 pazienti con

carcinoma cervicale a cellule squamose in stadio Ib a ricevere l’isterectomia

radicale primaria e la radioterapia pelvica adiuvante, ovvero una chemioterapia

neoadiuvante comprendente cisplatino (50 mg/m2 giorno 1) + Vincristina (1 mg/m2

giorno 1) + Bleomicina (25 mg giorni 1-3) ripetuta ogni 10 giorni per tre cicli e

seguita da isterectomia radicale e radioterapia pelvica adiuvante. Dopo un follow-

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up mediano di 67 mesi, la sopravvivenza era migliore per il braccio chemioterapia

nelle pazienti con diametro tumorale >4cm ( 80% vs. 61%, p<0,01 ), mentre non

vi era alcuna differenza di sopravvivenza tra le 2 modalità di trattamento nelle

pazienti con tumori più piccoli (82% vs. 77%, p= ns). Colombo e coll. (92) hanno

esaminato 100 pazienti con cervicocarcinoma avanzato che hanno ricevuto 6 cicli

di CT settimanale con cisplatino (50 mg/m2) + vincristina (1 mg/m2) + bleomicina

(30 mg in infusione per 24 ore), prima dell’isterectomia radicale.

Una risposta patologica completa era stata trovata in 6 pazienti, una risposta

patologica parziale ottimale (patologia residua con invasione stromale minore di 3

mm) in 22 pazienti ed una risposta parziale subottimale in 43 pazienti.

La risposta patologica alla chemioterapia era una variabile prognostica

indipendente per la sopravvivenza: pazienti in risposta completa o parziale

ottimale, avevano una sopravvivenza significativamente maggiore delle altre

(p=0.002).

Lo studio multicentrico italiano coordinato da Benedetti Panici ha randomizzato

441 pazienti con carcinoma cervicale a cellule squamose in stadio Ib2-III a

ricevere una chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino seguita da

isterectomia radicale tipo III-V di Piver e linfadenectomia pelvica vs. una

radioterapia esterna (45-50 Gy) seguita da brachiterapia (20-30 Gy) (85). Nelle

pazienti operate è stato somministrato un trattamento adiuvante con radioterapia

esterna o ulteriore chemioterapia in presenza di margini positivi o metastasi

linfonodali. La sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale a 5

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anni erano significativamente migliori per il braccio chemioterapia-chirurgia nelle

pazienti con malattia in stadio Ib2-IIb (59,7% vs 46,7%, p= 0,02; 64,7% vs 46,4%

.p= 0,005, rispettivamente) mentre non vi era differenza nelle pazienti in III stadio

(41,9% vs 36,4%, p= ns; 41,6% vs 36,7%, p= ns, rispettivamente). Circa un terzo

delle recidive aveva una componente a distanza e non vi era alcuna differenza

significativa fra i 2 bracci per quanto riguarda il pattern di recidiva. Questi dati, in

accordo con quelli di Sardi e coll, (72-74) sembrerebbero suggerire che la durata

relativamente breve della chemioterapia neoadiuvante può essere insufficiente a

controllare le micrometastasi a distanza. Lo studio italiano, rispetto a quello

argentino di Sardi, ha però evidenziato il vantaggio dell’approccio terapeutico in

questione soltanto per le pazienti in stadio Ib2-IIb (sopravvivenza libera da

progressione e sopravvivenza globale a 5 anni rispettivamente 59,7% rispetto al

46,7% della radioterapia esclusiva, p=0,002 e 64,7% vs 46,4%, p= 0,005

rispettivamente), rilevando invece un assai scarso vantaggio in quelle in Stadio III

(rispettivamente 41,9% vs 36,4% p= ns; 41,6% vs 36,7% p= ns, rispettivamente).

Tuttavia lo studio italiano è stato criticato per l’utilizzo di dosi relativamente basse

di radioterapia nelle pazienti appartenenti al braccio radioterapia e per mancata

somministrazione di brachiterapia in circa un terzo delle pazienti e perché la

maggior parte delle donne ricevevano radioterapia in un lasso di tempo superiore

a quello ottimale. Inoltre uno studio randomizzato cinese (93), peraltro criticabile

per il limitato numero di donne arruolate, non ha invece evidenziato alcun

beneficio per il trattamento chemio-chirurgico rispetto alla radioterapia esclusiva

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nelle pazienti con neoplasia in stadio Ib2-IIb >4cm. La meta-analisi dei dati di 872

pazienti con carcinoma cervicale arruolate in 5 studi randomizzati ha dimostrato

che la chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia radicale è superiore alla

radioterapia esclusiva in termini di sopravvivenza globale, con un vantaggio

assoluto in sopravvivenza globale a 5 anni del 14% (dal 50% al 64%, HR 0,65; IC

95%, 0,53-0,80; p=0,00004) (89).

Pertanto tale modalità terapeutica è stata ed è a tutt’oggi ampiamente utilizzata in

Argentina e in Europa con risultati terapeutici soddisfacenti. La chemioterapia

neoadiuvante prevede l’utilizzo di un regime a base di Cisplatino per tre cicli.

Nell’ istotipo squamoso la combinazione ritenuta più attiva è il regime TIP (Taxolo

175 mg/m2 in 3ore, Ifosfamide 5000 mg/m2 in infusione di 24h + Mesna 5000

mg/m2, Cisplatino 75 mg/m2). Zanetta e coll. (94) hanno dimostrato che l’aggiunta

del Taxolo alla chemioterapia neoadiuvante a base di Cisplatino e di Ifosfamide

(regime IP) fosse utile nella strategia terapeutica chemiochirurgica del carcinoma

cervicale: la somministrazione del regime TIP ha ottenuto una risposta patologica

completa del 16% ed una risposta patologica parziale ottimale nel 18% di 38

pazienti in stadio IB2-IV. La superiorità del regime TIP rispetto all’associazione di

Cisplatino e Ifosfamide è stata sostenuta e confermata dal trial multicentrico

italiano SNAP-1 (studio neoadiuvante portio) (95) che ha confrontato i risultati

ottenuti randomizzando 219 pazienti con malattia in stadio avanzato tra regime

TIP e regime IP seguiti da chirurgia radicale. Il braccio TIP ha registrato una

risposta patologica ottimale (completa + parziale ottimale ) migliore del braccio IP

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(48% vs 23%,p=0,0003) ed inoltre,pur non raggiungendo la significatività

statistica si associava ad un minore rischio di progressione e morte. Tuttavia lo

stesso gruppo di lavoro nella preliminare analisi dei dati dello studio SNAP-2 ,

sempre confrontando il regime TIP con il regime TP, ha riscontrato una maggiore

tossicità ematologica, di grado 3-4, benché la risposta patologica ottimale del TIP

fosse senz’altro migliore (96).

In caso di Adenocarcinoma cervicale è indicato il regime TEP (Taxolo 175 mg/m2,

Epi-doxorubicina 80 mg/m2, Cisplatino 75 mg/m2) ogni 3 settimane per 3 cicli.

Sono ancora necessari studi prospettici randomizzati per verificare l’efficacia di

questa strategia terapeutica in termini di sopravvivenza e di prevenzione delle

sequele urologiche tardive, che pare possano essere influenzate dall’

associazione di una radioterapia adiuvante postoperatoria (97).

Per avere la certezza che il trattamento chemio-chirurgico possa essere

considerato l’approccio terapeutico standard per pazienti con carcinoma cervicale

localmente avanzato, bisogna comunque attendere i risultati dello studio

randomizzato pianificato dall’ European Organization for Research and Treatment

of Cancer [EORTC] che confronta la chemioterapia neoadiuvante a base di

Cisplatino seguita da isterectomia radicale con chemio-radioterapia concomitante

nelle pazienti affette da carcinoma cervicale in stadio IB2-IIB.

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2.5.2.6 Trattamento

Classicamente il trattamento del cervicocarcinoma prevede la chirurgia per gli

stadi Ia, Ib e IIa. Nello stadio Ia1 può bastare una conizzazione con bisturi a

freddo o con CO2 laser nel caso i margini siano liberi da malattia e non vi sia

invasione dello spazio linfovascolare; in caso contrario si esegue una isterectomia

totale extrafasciale, associata a linfoadenectomia pelvica in caso di positività

linfonodale. La conizzazione oggi risulta di gran lunga preferibile in donne giovani

desiderose di conservare l’utero e in assenza di patologia ginecologica associata.

Gli stadi Ia2 e Ib1 oltre che chirurgicamente (isterectomia radicale addominale +

linfoadenectomia pelvica bilaterale + eventuale radioterapia postoperatoria se

linfonodi positivi) sono trattabili anche con la sola Radioterapia ad alte energie

associata a brachiterapia endocavitaria. L’Isterectomia radicale con

linfoadenectomia sarebbe pertanto la più indicata anche in uno stadio precoce

come l’Ia2, visto il rischio del 4-8% di interessamento linfonodale. Tuttavia si

preferisce, dove possibile, sottoporre anche queste pazienti a conizzazione come

quelle in stadio Ia1. In giovani donne con desiderio di preservare la fertilità può

essere preso in considerazione anche un trattamento conservativo quale è la

Trachelectomia radicale per via vaginale associata a linfadenectomia pelvica

laparoscopica (98). La trachelectomia va riservata a pazienti in stadio Ia2-Ib1, con

diametro tumorale < 2 cm, limitato coinvolgimento endocervicale alla colposcopia,

negatività dei linfonodi pelvici all’esame radiologico, assenza di LVSI. La

negatività linfonodale è dirimente per scegliere se procedere o meno ad un

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intervento conservativo di trachelectomia radicale. La linfoadenectomia pelvica

laparoscopica è pertanto svolta in un primo tempo e prevede un esame istologico

estemporaneo. In caso di referto positivo per interessamento linfonodale si

procederà alla classica isterectomia (99).

La malattia in stadio Ib1-IIa < 4 cm si definisce tradizionalmente come carcinoma

cervicale clinicamente evidente in stadio iniziale. L’isterectomia radicale tipo II-III

con linfoadenectomia pelvica e la radioterapia esclusiva sono le opzioni

terapeutiche storicamente adottate. La chirurgia è privilegiata in pazienti con

adeguato PS e basso rischio anestesiologico, si associa a ridotta morbilità a

medio e lungo termine, consente il mantenimento della fertilità e la stadiazione

anatomo-chirurgica. In generale la chirurgia è preferibile anche nelle pazienti con

Adenocarcinoma. Un approccio promettente per ridurre le sequele iatrogene è

l’isterectomia “nerve sparing”, che prevede una serie di modifiche dei tempi

chirurgici per preservare l’innervazione della vescica e del retto senza

compromettere la buona riuscita dell’intervento in termini di curabilità della

neoplasia. Nelle pazienti con linfonodi negativi ma positività degli spazi linfo-

vascolari o con infiltrazione profonda dello stroma, è opportuno proseguire il

trattamento con la radioterapia esterna adiuvante pelvica. Le pazienti che invece

presentano linfonodi pelvici positivi o positività dei margini di resezione chirurgica

o interessamento microscopico dei parametri è indicato aggiungere alla

radioterapia esterna adiuvante pelvica un trattamento di chemioterapia con

cisplatino (40 mg/m2 settimanale) (2). La radioterapia esclusiva è l’altra modalità

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terapeutica praticabile in donne con malattia in stadio Ib1-IIa < 4 cm. Essa viene

somministrata ad una dose compresa tra 36 e 45 Gy in 20-25 frazioni e associata

a brachiterapia endocavitaria. Quest’ ultima viene somministrata a basso dose

rate (LDR) con dosi di 35-40 Gy al punto A in 1-2 frazioni, o ad alto dose rate

(HDR).

Il carcinoma cervicale si definisce avanzato nel caso degli stadi FIGO Ib2, IIb, IIIa,

IIIb, IVa e IVb.

L’approccio terapeutico per gli stadi Ib2, IIa > 4 mc e IIb comprende la

chemioradioterapia concomitante esclusiva o la chemioterapia neoadiuvante

seguita da isterectomia radicale. Il trattamento chemioradiante esclusivo prevede

una radioterapia esterna sulla pelvi con alte energie concomitante alla

somministrazione di cisplatino 40 mg/m2 settimanale, seguita da brachiterapia. Le

dosi di radioterapia, comprensive dell’irradiazione esterna e di quella

endocavitaria, non devono essere inferiori a 80-50 Gy LDR equivalenti.

La chemioterapia neoadiuvante, ampiamente utilizzata in Italia e in Argentina,

prevede l’utilizzo di un regime a base di cisplatino per 3 cicli. L’intervento

chirurgico viene effettuato dopo 3-5 settimane dall’ultimo ciclo di chemioterapia e

consiste nell’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica. La

linfoadenectomia lomboaortica è indicata solo in caso di positività di questi

linfonodi all’imaging pre-operatorio o alla palpazione intraoperatoria e/o linfonodi

pelvici “bulky”. Un eventuale trattamento adiuvante post-operatorio (radioterapia

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esterna e/o chemioterapia a base di cisplatino) viene deciso sulla base

dell’esame istopatologico del pezzo operatorio

Agli stadi IIIb-IVa, storicamente trattati con radioterapia esterna, si riserva oggi

un regime di chemioradioterapia concomitante con alte energie sulla pelvi,

seguita da brachiterapia, alle stesse dosi utilizzate per il trattamento degli stadi

Ib2, IIa > 4cm, IIb.

Pazienti allo stadio IVb possono essere trattate con la monochemioterapia a

base di cisplatino o con un regime chemioterapico di combinazione,

eventualmente seguito da radioterapia o chirurgia palliativa. Importante è l’uso

della Chemioterapia in caso di diffusione ai linfonodi para-aortici. La Radioterapia

può essere utile in caso di metastasi ossee o cerebrali. La Chirurgia per il

trattamento di metastasi polmonari, epatiche o cerebrali isolate.

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3. OBIETTIVO DELLA TESI

Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare il ruolo del trattamento chemio-

chirurgico in pazienti con carcinoma cervicale in stadio avanzato e il valore

prognostico e predittivo di alcune variabili clinico-patologiche (età, istotipo, stadio

FIGO, grado istologico, valore pre-trattamento di emoglobina e di piastrine,

risposta clinica e patologica).

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4. MATERIALI E METODI

Questo studio retrospettivo è stato condotto su 43 pazienti con carcinoma

cervicale in stadio FIGO Ib2-IIb, che sono state sottoposte, tra il 1995 ed il 2008,

a chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino seguita da isterectomia

radicale con linfoadenectomia pelvica presso il Dipartimento di Ginecologia e

Ostetrica dell’Università di Pisa. La valutazione pre-trattamento è consistita in

accurata anamnesi, esame obiettivo, biopsia cervicale, esami ematochimici

completi, accurata valutazione clinica vaginale-pelvica, colposcopia, Rx torace e

TC addomino-pelvica.

Cistoscopia e rettoscopia sono stati eseguiti in presenza di segni clinici o TC

sospetti per coinvolgimento vescicale o rettale. Ulteriori indagini (curettage

endocervicale, isteroscopia, risonanza magnetica nucleare (MRI), urografia,

ecografia tranvaginale e/o transrettale) sono state eseguite quando necessarie.

Un controllo dell’ emocromo è stato eseguito settimanalmente o con maggiore

frequenza in rapporto alla tossicità; mentre la valutazione della funzione renale ed

epatica sono stati ripetuti prima di ogni ciclo. L’esame obiettivo ginecologico e la

TC addomino-pelvica sono stati ripetuti dopo 3-4 settimane dalla fine della

chemioterapia. Tutte le 43 pazienti sono state sottoposte ad isterectomia radicale

con linfadenectomia pelvica entro 5-6 settimane dopo l’ultimo ciclo di terapia. La

risposta clinica è stata valutata secondo i criteri dell’organizzazione mondiale

della sanità WHO (100). La risposta patologica è stata valutata in modo

retrospettivo in base ai criteri suggeriti dallo studio di Buda e coll. (101). Si

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definisce risposta clinica completa la scomparsa della neoplasia nella cervice con

negatività dei linfonodi, una risposta parziale ottimale la persistenza sul pezzo

operatorio di un residuo tumorale con un invasione stromale inferiore a 3 mm,

compreso un carcinoma in situ, e una risposta subottimale la persistenza di un

residuo tumorale con invasione stromale superiore a 3 mm.

Un trattamento postoperatorio è stato programmato individualmente sulla base

dei reperti anatomo-chirurgici, dell’età delle pazienti e sulle condizioni generali, a

seguito di un colloquio esaustivo con le pazienti stesse.

Tutte le pazienti sono state seguite periodicamente con esami clinici, citologici e

radiologici sino a febbraio 2009 o alla loro morte. Il follow-up mediano delle

pazienti vive era 53.8 mesi (range 3-167).

Metodi statistici

Il tempo intercorso tra il primo ciclo di chemioterapia neoadiuvante ed il riscontro

di recidive è stato definito come sopravvivenza libera da malattia. Il tempo

intercorso tra il primo ciclo di chemioterapia neoadiuvante e la morte o l’ultima

osservazione è stato definito sopravvivenza globale.

Le variabili prognostiche analizzate includono età delle pazienti (<46 anni versus

>46 anni), stadio FIGO, grado tumorale, valori di emoglobina prima della

chemioterapia (< 11,7 g/dl versus > 11,7 g/dl), numero di piastrine prima dell’

inizio della chemioterapia (< 272.000 versus > 272.000), regime di chemioterapia,

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stato linfonodale, stato linfovascolare e interessamento parametriale e/o lo stato

dei margini chirurgici.

L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il metodo SAS, release 6,7. La

probabilità cumulativa della sopravvivenza libera da malattia e della

sopravvivenza globale è stata calcolata attraverso il metodo del prodotto limite. Il

log-rank test è stato usato per correlare l’omogeneità delle funzioni di

sopravvivenza attraverso strati definiti da categorie di variabili prognostiche.

5. RISULTATI

Le caratteristiche delle pazienti alla diagnosi e i regimi di chemioterapia sono

riportati nelle tabelle 8 e 9. Le pazienti trattate prima del 1997 hanno ricevuto

cisplatino in combinazione con vincristina e bleomicina o con 5- fluorouracile,

mentre quelle trattate successivamente sono state trattate con un regime di

chemioterapia a base di cisplatino e taxolo. La combinazione di ifosfamide e

cisplatino è stata somministrata a 2 pazienti che hanno sviluppato una reazione di

ipersensibilità al taxolo. Il regime consistente nella combinazione di

Epidoxorubicina, Taxolo e Cisplatino è stato somministrato a 2 pazienti con

adenocarcinoma cervicale. Tutte le pazienti hanno completato i cicli di terapia

programmati e sono state valutate per la risposta. Otto (18.6%) pazienti hanno

raggiunto una risposta clinica completa, 30 (69.7%) una risposta parziale, 4

(9.3%) avevano una malattia stabile ed una paziente presentava progressione di

malattia, per una percentuale complessiva di risposta clinica del 88.3%. Tutte le

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pazienti sono state sottoposte a isterectomia radicale con linfadenectomia

pelvica. Sette hanno raggiunto una risposta patologica completa, 4 una risposta

parziale ottimale, 28 una risposta parziale subottimale e 4 avevano una malattia

stabile. Una risposta patologica ottimale (completa + parziale ottimale) è stata

raggiunta in 11 pazienti (25.5%) ed in dettaglio in 8 (36.3%) delle 22 che avevano

ricevuto una terapia con taxolo, ifosfamide e cisplatino. Per quanto riguarda i

reperti anatomo-chirurgici, 6 pazienti (13.9%) avevano linfonodi positivi, 10 (23.2)

presentavano invasione degli spazi vascolo-linfatici, 9 (22.9%) avevano margini

positivi e/o interessamento parametriale (tabella 10). Dopo la chirurgia, 16 hanno

ricevuto ulteriore chemioterapia di consolidamento con gli stessi farmaci di

induzione, 10 pazienti hanno eseguito chemioterapia a base di cisplatino

concomitante a radioterapia con o senza brachiterapia, 7 pazienti hanno ricevuto

radioterapia esterna pelvica con o senza brachiterapia, una paziente ha eseguito

ulteriori 2 cicli di chemioterapia e radioterapia esterna pelvica e paraaortica, e 9

pazienti non hanno eseguito ulteriore trattamento.

Dopo un follow-up mediano di 53,8 mesi (3-167 mesi), 12 pazienti hanno

sviluppato una recidiva di malattia, una è morta di ictus senza evidenza clinica di

neoplasia dopo 4,6 mesi e 10 sono morte a causa del tumore. La sopravvivenza

mediana globale e la sopravvivenza libera da malattia nella intera serie erano di

117 mesi e 112 mesi rispettivamente (FIGURA 1, 2). La sopravvivenza libera da

malattia è correlata in maniera significativa allo stato linfonodale (negativi versus

positivi, mediana: non raggiunta vs 10,1 mesi; p= 0.0001), (FIGURA 3), allo stato

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degli spazi linfovascolari (negativi versus positivi, mediana: non raggiunta versus

9.7 mesi; p= 0.003), (FIGURA 4); allo stato dei parametri e/o dei margini (negativi

versus positivi, mediana: non raggiunta versus 11.5 mesi; p <0.00001), (FIGURA

5), allo stadio tumorale (Ib2-IIa versus IIb, mediana: non raggiunta per entrambi,

p< 0.00001) (FIGURA 6), 11,5 mesi versus non raggiunta) e al numero delle

piastrine pre-chemioterapia (< 272.000 versus > 272.0000, mediana: non

raggiunta vs 11.7 mesi, p= 0.008, (FIGURA 7) mentre non è stata trovata alcuna

correlazione con il valore dell’emoglobina pre-trattamento (>11.7 g/dl vs < 11.7

g/dl, p= ns), con l’età (<46 anni vs > 46 anni, p= ns), con il grado istologico

(ben/moderatamente differenziato versus scarsamente differenziato, p= ns) e con

il regime di chemioterapia utilizzato (chemioterapia a base di taxolo vs

chemioterapia non contenente taxolo, p= ns). Nessuna recidiva è stata osservata

nelle 8 pazienti in risposta clinica completa, mentre hanno sviluppato una recidiva

23 delle 35 pazienti che non hanno raggiunto una risposta completa (100% vs

65.7, p= ns). Per quanto riguarda la risposta patologica, il 90.9% (10/11) delle

pazienti che hanno raggiunto una risposta patologica ottimale non hanno

recidivato rispetto al 65% (21/32) delle pazienti che non avevano ottenuto una

riposta patologica ottimale.

La sopravvivenza globale è correlata in maniera significativa allo stato linfonodale

(negativi versus positivi, mediana: non raggiunta versus 23.6 mesi; p =0.02),

(FIGURA 8), allo stato degli spazi linfovascolari (negativi versus positivi, mediana:

non raggiunta vs 21.7 mesi; p=0.001), (FIGURA 9); allo stato dei parametri e/o

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dei margini (negativi versus positivi, mediana: non raggiunta versus 23.8 mesi; p

<0.00001), (FIGURA 10), al numero delle piastrine pre-chemioterapia (< 272.000

versus > 272.0000, mediana: non raggiunta versus 23.8 mesi, p= 0.04, (FIGURA

11) ma non vi è alcuna correlazione con lo stadio (p =ns) (FIGURA 12), con il

valore dell’emoglobina pre-trattamento, (p= ns), con l’età (p= ns), grado istologico

(p= ns) e con il regime di chemioterapia (p= ns).

Tutte le pazienti in risposta clinica completa sono viventi rispetto alle 24 delle 35

pazienti non in risposta (100% vs 68.6%). Il 90.9% (10/11) delle pazienti con una

risposta patologica ottimale sono viventi rispetto al 68.7% (22/32) delle pazienti

che non hanno ottenuto una risposta patologica ottimale (p= ns).

La sopravvivenza libera da malattia (FIGURA 13) e la sopravvivenza globale

(FIGURA 14) sono migliori nelle pazienti che hanno raggiunto una risposta clinica

completa rispetto a quelle che non l’hanno raggiunta, ma tale differenza non è

statisticamente significativa. Analogamente le pazienti che hanno raggiunto una

una risposta patologica ottimale hanno una sopravvivenza libera da malattia

(FIGURA 15) e una sopravvivenza globale (FIGURA 16) migliore rispetto a quelle

che non l’hanno raggiunto, ma tale differenza non è statisticamente significativa.

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6. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Il ruolo della chemioterapia neoadiuvante nel carcinoma cervicale è stato a lungo

dibattuto nelle ultime decadi. È stato trovato che alcune variabili cliniche sono

correlate ad un outcome clinico sfavorevole delle pazienti, quali lo stadio (III

versus Ib2-IIb) (76, 85, 95), il diametro tumorale bulky (> 5cm vs < 5 cm) (85), lo

scarso grado di differenziazione (76), il coinvolgimento parametriale (76) e lo

stato linfonodale valutato con tecniche di diagnostica per immagini (85). Per

quanto riguarda i parametri istologici valutati sul pezzo operatorio, la presenza di

linfonodi metastatici, la positività degli spazi vascolari e l’interessamento

microscopico dei parametri (74) sono stati associati ad una prognosi sfavorevole.

Nel nostro studio, che ha incluso pazienti con carcinoma cervicale in stadio Ib2-

IIb sottoposte a chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgica radicale, la

positività linfonodale, l’interessamento degli spazi vascolo-linfatici, il

coinvolgimento parametriale e la positività dei margini chirurgici, erano correlati

significativamente alla sopravvivenza libera da malattia e alla sopravvivenza

globale mentre lo stadio clinico alla diagnosi era correlato solo alla sopravvivenza

libera da malattia. Il significato prognostico della anemia e della trombocitosi

prima del trattamento è incerto. La trombocitosi alla diagnosi è presente in circa

un terzo dei pazienti con neoplasia (102) e rappresenta un fattore prognostico

sfavorevole in diverse neoplasie probabilmente perché attiva una cascata di

eventi biologici correlati all’aggressività del tumore e allo sviluppo di metastasi

ematogene (103-111). Le cellule neoplasiche producono citochine, quali IL-6, e

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fattori di crescita in grado di stimolare la megacariopoiesi (103, 112-114). Le

piastrine secernono fattori di crescita capaci di stimolare la proliferazione di

cellule neoplastiche e di indurre angiogenesi. Inoltre, influenzando l’espressione

delle ciclo-sossigenasi-2 [COX-2] ed il metabolismo delle prostaglandine, le

piastrine hanno effetto negativo sull’apoptosi (114-117).

Un numero di piastrine maggiore di 400.000 è stato riscontrato nel 6,7-29,6%

delle pazienti con carcinoma cervicale e, più frequentemente, in quelle con

malattia avanzata o bulky (106, 107, 110, 111).

In un recente studio che includeva 113 pazienti con carcinoma cervicale trattate

con radioterapia, Hernandez e coll. (106) hanno trovato che la sopravvivenza a 5

anni era del 65% per pazienti con una normale conta piastrinica rispetto al 25%

delle pazienti affette da trombocitosi (p<0.0001), e che la trombocitosi correlava

con una sopravvivenza peggiore, anche dopo correzione per stadio tumorale,

istotipo ed età delle pazienti (p<0,001). Lopes e coll. (107), che hanno analizzato

643 donne trattate per questa neoplasia, hanno riscontrato che la sopravvivenza

a 5 anni era del 57,1% per le pazienti con trombocitosi rispetto al 76,5% di quelle

che avevano un normale numero di piastrine (p<0,01).Tuttavia, la trombocitosi

non ha una rilevanza prognostica indipendente dopo correzione per stadio

tumorale.

Uno studio del GOG, che ha analizzato 219 donne con carcinoma cervicale in

stadio Ib trattate con isterectomia radicale, ha concluso che la sopravvivenza a 5

anni era del 65% per le pazienti con una conta piastrinica pretrattamento

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maggiore di 300.000 /ml rispetto all’84% di quelle con conta piastrinca inferiore

(p= 0.004) (109).

All’’ analisi multivariata, dopo correzione per età, razza, presenza di metastasi

linfonodali, dimensione del tumore, la conta piastrinica era un fattore prognostico

indipendente di sopravvivenza (p= 0,04).

In uno studio retrospettivo cooperativo sud-africano ed inglese su 93 pazienti con

malattia in stadio Ib sottoposte a isterectomia radicale, un valore piastrinico

>400.000 correlava significativamente con sopravvivenza libera da malattia e

sopravvivenza globale peggiore all’analisi univariata (p=0.0431 e p= 0.0012

rispettivamente) e con un trend verso una prognosi sfavorevole all’analisi

multivarita, che tuttavia non raggiungeva la significatività statistica (p= 0.079 e p=

0.0882) (110). In un altro studio del GOG che includeva 294 pazienti con malattia

in stadio IIb-IVa senza metastasi linfonodali aortiche trattate con radioterapia

concomitante ad idrossiurea o misonidazolo, le pazienti con linfonodi negativi e

trombocitosi avevano una probabilità di morte >61% rispetto alle pazienti con un

numero di piastrine normale, mentre la trombocitosi non era un fattore

prognostico sfavorevole nelle pazienti con linfonodi pelvici positivi (111).

Più del 30% delle pazienti con neoplasia presenta anemia, la cui componente è

multifattoriale (118, 119). L ’ipossia può esercitare una selezione sulle cellule

tumorali con un maggiore tasso di mutazioni; inoltre, potendo stimolare la crescita

ed il potenziale metastatico delle cellule neoplastiche, inibisce i meccanismi di

apoptosi e riduce la risposta alla chemioterapia. (120-123). L’anemia è un fattore

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prognostico sfavorevole in diverse neoplasie, tra cui il carcinoma cervicale (123-

136).

Diversi studi hanno suggerito che l’ anemia alla diagnosi e/o durante il

trattamento potrebbe impattare negativamente sulla prognosi in pazienti con

carcinoma cervicale sottoposte a radioterapia (127-121) o a chemioradioterapia

(132-135). Inoltre, in una serie di 453 pazienti con carcinoma cervicale in stadio

FIGO Ib-IIIb, sottoposte a radioterapia, la sopravvivenza globale mediana in

pazienti con valori di emoglobina pre-trattamento > 12 g/dl era 66 mesi rispetto ai

22 mesi di quelle con valori di emoglobina inferiori (p= 0.0001), e all’analisi

multivariata un basso valore pretrattamento di emoglobina era associato ad una

peggiore sopravvivenza (131). Ferrandina e coll. (134) hanno analizzato 114

pazienti con carcinoma cervicale localmente avanzato sottoposte a chemio-

radioterapia neoadiuvante a base di cisplatino seguita da isterectomia radicale.I

valori pretrattamento di emoglobina < 10 g/dl erano associati ad una

sopravvivenza globale minore sia all’analisi univariata (p= 0.0022) che all’analisi

multivariata (p=0.04).

In uno studio retrospettivo italiano su 73 pazienti con carcinoma cervicale

localmente avanzato trattate con chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino

seguita da isterectomia radicale, pazienti con valori pretrattamento di emoglobina

>12 g/dl avevano una sopravvivenza globale a 5 anni dell’87% rispetto al 63%

delle pazienti con un valore di emoglobina inferiore (p= 0.008) (136). Nel nostro

studio, che comprende pazienti in stadio Ib2-IIb sottoposte a chemioterapia

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neoadiuvante seguita da chirurgica radicale, un valore di piastrine pre-trattamento

maggiore di 272.000 è associato ad una sopravvivenza libera da malattia e una

sopravvivenza globale peggiori rispetto ad una conta piastrinica più bassa,

mentre i valori di emoglobina pretrattamento sembrano non avere una rilevanza

prognostica. In conclusione, lo stadio tumorale e la conta piastrinica alla diagnosi,

così come lo stato linfonodale, il coinvolgimento degli spazi linfo-vascolari dei

parametri o la positività dei margini sul pezzo operatorio sono fattori predittivi di

outcome clinico nelle pazienti in stadio FIGO Ib2-IIb sottoposte a chemioterapia

neoadiuvante a base di cisplatino seguita da chirurgica radicale. L’identificazione

di fattori di rischio clinico-patologici potrebbero consentire di pianificare

adeguatamente il trattamento adiuvante postoperatorio. Bisognerà aspettare i

risultati dello studio randomizzato dell’ EORTC che confronta la chemioterapia

neoadiuvante a base di cisplatino seguita da isterectomia radicale con chemio-

radioterapia concomitante per sapere se il trattamento chemio-chirurgico debba

essere considerato lo standard del trattamento del carcinoma cervicale

localmente avanzato.

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88

TABELLA 1. Classificazione HPV secondo i rischi onc ogeni per l’uomo

“alto rischio”: 16, 18, 31, 33, 35, 45, 56

“rischio intermedio”: 26, 53, 66, 68, 57

“basso rischio”: 6, 11, 40, 42

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89

TABELLA 2. Distribuzione delle pazienti in funzione dell’età e dello stadio

(ANNUAL REPORT n 26)

GRUPPI D’ETA’ IA1 IA2 IB1 1B2 IIA IIB IIIA IIIB IVA IVB tot

15-29 61 25 127 74 27 67 3 41 5 8 456

30-39 326 111 846 311 177 429 24 284 52 36 2643

40-49 310 126 1235 453 307 882 43 747 103 83 4338

50-59 126 58 717 218 267 763 50 729 112 101 3166

60-69 90 42 520 134 265 638 76 587 79 86 2542

70-79 51 18 230 72 149 334 51 417 85 64 1485

80+ 4 4 51 13 57 96 27 141 36 17 451

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90

TABELLA 3. Classificazione isto-patologica

Tipi istologici

• Carcinoma spinocellulare • Cheratinizzante • Non cheratinizzante • Verrucoso • Condilomatoso • Papillare • Linfoepiteliomatoso

Adenocarcinoma

• Mucinoso a) Tipo endocervicale b) Tipo intestinale

• Endometroide • A cellule chiare • Sieroso • Mesonefrico

Altri istotipi (rari)

• Carcinoma adenosquamoso • Carcinoma a cellule a vetro smerigliato • Carcinoma adenoideo cistico • Carcinoma adenoideo basale • Carcinoide • Carcinoma a piccole cellule • Carcinoma indifferenziato

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91

Tabella 4. Classificazione FIGO Classificazione del carcinoma della cervice uterina approvata da FIGO, UICC, AJCC (1997)

FIGO TNM Descrizione

Stadio I T1 Carcinoma limitato alla cervice (la diffusione al corpo uterino non deve essere considerata)

Stadio Ia T1a Carcinoma invasivo identificato solo microscopicamente. Tutte le lesioni visibili microscopicamente, anche se con invasione superficiale, sono considerate T1b/Ib. L’invasione stromale deve essere ≤5 mm e l’estensione orizzontale ≤ 7 mm. Stadio Ia1 T1a1 Invasione stromale ≤ 3mm. Ed estensione orizzontale ≤ 7mm. Stadio Ia2 T1a2 Invasione stromale > 3 mm. E ≤ 5 mm. Ed estensione orizzontale ≤ 7mm. Stadio Ib T1b Lesione clinica confinata alla cervice o lesione preclinica più grande di T1a2/Ia2 Stadio Ib1 T1b1 Lesione clinica ≤ 4 cm. Stadio Ib2 T1b2 Lesione clinica > 4 cm. Stadio II T2 Carcinoma esteso oltre la cervice ma non fino alla parete pelvica e/o carcinoma esteso alla vagina ma non al terzo inferiore Stadio IIa T2a Carcinoma senza infiltrazione del parametrio Stadio IIb T2b Carcinoma con infiltrazione del parametrio Stadio III T3 Carcinoma esteso alla parete pelvica e/o interessante il terzo inferiore della vagina e/o determinante idronefrosi o reclusione funzionale del rene Stadio IIIa T3a Carcinoma senza estensione alla parete pelvica ma esteso al terzo inferiore della vagina Stadio IIIb T3b Carcinoma esteso alla parete pelvica o determinante idronefrosi o esclusione funzionale del rene Stadio IVa T4 Carcinoma con diffusione alla mucosa della vescica o del retto e/o esteso oltre la vera pelvi Stadio IVb M1 Carcinoma con diffusione agli organi a distanza Grading G1: ben differenziato G2: moderatamente differenziato G3: scarsamente differenziato G4: indifferenziato

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92

Tabella 5. Chemio-radioterapia concomitante nel carcinoma cervicale avanzato : regimi di chemioterapia Autore Farmaco Dose e Schedula Whitney (23) CDDP 50 mg/m2 giorni 1 e 29

5-FU 1000 mg/m2 x 96 ore giorni 2 e 30

Whitney (23) HU 80 mg/kg due volte la settimana

Morris (24) CDDP 75 mg/m2 giorni 1, 22 e 43

5-FU 1000 mg/m2 X 96 ore giorni 1, 22 e 43

Rose (25) CDDP 50 mg/m2 giorni 1 e 29

5-FU 1000mg/m2 x 96 ore giorni 1 e 29

HU 2 g/m2 due volte la settimana

Rose (25) CDDP 40 mg/m2 una volta la settimana

Rose (25) HU 3 g/m2 due volte la settimana

Keys (26) CDDP 40 mg/m2 una volta la settimana

Peters (27) CDDP 70 mg/m2 giorni 1, 22, 43, 64

5-FU 1000mg/m2 x 96 ore giorni 1, 22, 43, 64

Legenda: CDDP, cisplatino; 5-FU, 5-fluorouracile; HU, idrossiurea

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93

Tabella 6. Chemio-radioterapia concomitante nel carcinoma cervicale avanzato:

outcome clinico

Autore Stadio Pazienti R E

Trattamento Outcome clinico p

Whitney IIb-IVa°+ 388 368 CDDP + 5FU + RT pelvica + BCT HU + RT pelvica + BCT

S a 5 anni: 64% S a 5 anni: 48%

0.018

Morris

Ib-IIa alto rischio o IIb-IVa°++

403 388 CDDP + 5FU + RT pelvica + BCT RT a campi estesi + BCT

S a 5 anni: 73% S a 5 anni: 58%

0.004

Rose

IIb-IVa°+ 575 526 CDDP + 5FU + HU + RT pelvica + BCT CDDP + RT pelvica + BCT HU + RT pelvica + BCT

S a 4 anni: 66% S a 4 anni: 64% S a 4 anni: 39%

0.002** 0.004**

Keys°++

Ib bulky 374 369 CDDP + RT pelvica + BCT + isterectomia RT pelvica + BCT + isterectomia

S a 3 anni: 83% S a 3 anni: 74%

0.008

Peters°

Ia2-IIa con fattori di rischio dopo isterectomia radicale

388 368 CDDP + 5-FU + RT pelvica adiuvante RT pelvica adiuvante

SLP a 4 anni: 81% SLP a 4 anni: 63%

0.01

Legenda: R, randomizzato; E, valutabili; CDDP, cisplatino; 5-FU, 5-fluorouracile; RT, radioterapia esterna; BCT, brachiterapia; S, sopravvivenza globale; HU, idrossiurea ;SLP, sopravvivenza libera da progressione ° carcinoma a cellule squamose, carcinoma adenosqua moso, e adenocarcinoma; + linfonodi lomboaortici istologicamente negativi ; ++ linfonodi lomboaortici istologicamente o radiologicamente negativi

* versus HU + RT ; ** versus HU + RT

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94

Tabella 7 Chemioterapia neoadiuvante: regimi di combinazione a base di cisplatino

Autore Farmaco Dose e schedula

Sardi CDDP 50 mg/m2 giorno 1

VCR 1 mg/m2 giorno 1 ogni 10 giorni x 3 cicli

BLEO 25 mg/m2 giorni 1-3

Benedetti CDDP 100 mg/m2 giorno 1

BLEO 15 mg giorno 1, 8 ogni 21 giorni x 3 cicli

MTX 300 mg/m2 giorno 8 Benedetti CDDP 80 mg/m2 giorno 1 ogni 21 giorni x 2 cicli

BLEO 15 mg/m2 giorni 1,8

Colombo CDDP 50 mg/m2 giorno 1

VCR 1 mg/m2 giorno 1 ogni 7 giorni x 6 cicli

BLEO 30 mg giorno 1

Marth CDDP 100 mg/m2 giorno 1 ogni 21 giorni x 2-3 cicli

5-FU 1000 mg/m2 giorni 1-5

Sugiyama CDDP 60 mg/m2 giorno 1

CTP-11 60 mg/m2 giorni 1,8, 15 ogni 28 giorni x 2-3 cicli

Pignata CDDP 80 mg/m2 giorno 1 ogni 21 giorni X 3 cicli

VNR 25 mg/m2 giorni 1, 8

Zanetta IFO 5 g/m2 giorno 1

Buda TAX 175 mg/m2 giorno 2 ogni 21 giorni X 3 cicli

CDDP 75 mg/m2 day 2

Buda IFO 5 g/m2 day 1 ogni 21 giorni X 3 cicli

CDDP 75 mg/m2 giorno 2

Fossati TAX 175 mg/m2 giorno 1 ogni 21 giorni X 3 cicli (86) CDDP 75 mg/m2 giorno 1

Legenda : CDDP, cisplatino; VCR; vincristina; BLEO, bleomicina; MTX, methotrexate; 5-FU, 5-fluorouracile; CTT-11, irinotecan; VNR; vinorelbina; ; IFO, ifosfamide; TAX, taxolo

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95

Tabella 8 Caratteristiche delle pazienti alla diagnosi

Età mediana: 46 anni (range 27-70)

Stadio FIGO

Ib2 7

IIa 9

IIb 27

Tipo istologico

a cellule squamose 40

adenocarcinoma 3

Grado istologico

Ben/moderatamente differenziato 21

Scarsamente differenziato 22

Numero di piastrine pretrattamento

Mediana: 272.000 (range, 142.000-620.000)

Livello di emoglobina

Mediana: 11.7 g/dl (range, 8.5-14.5)

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96

Tabella 9 Regimi di chemioterapia utilizzati

Regime di chemioterapia n pazienti

TIP: 20

TP: 11

PVB: 6

TEP: 2

IP: 2

P + 5 FU: 2

Legenda:

TIP: Ifosfamide 5g/m2 e MESNA 5 g/m2 in infusione continua di 24h (g1) + Taxolo175

mg/m2 in infusione di 3 ore (giorno 2) + Cisplatino 75 mg/m2 (giorno 2) ogni 3 settimane

per 3 cicli

TP: Taxolo 175 mg/m2 in infusione di 3 ore + Cisplatino 75mg/m2 ogni 3 settimane per 3

cicli

PVB: vincristina 1 mg/m2 + Cisplatino 75 mg/m2 + bleomicina 30 mg (infusione di 24 ore)

settimanale per 6 cicli Regime IP: …..in 2 pazienti

TEP: Epidoxorubicina 80 mg/m2 (g1) + Taxolo 175mg/m2 in infusione di 3 ore (g 1)

IP: Ifosfamide 5 g/m2 (+ MESNA 5 g/m2 in infusione continua di 24h (giorno 1) +

Cisplatino 75 mg /m2 (giorno 2) ogni 3 settimane per 3 cicli

P + 5FU: Cisplatino 100mg/m2 (giorno 1) + 5FU 1000 mg/m2 (infusione continua giorni 1-

4) ogni 3 settimane per 3 cicli

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97

Tabella 10 Risultati anatomo-chirugici

Positivo negativo

Linfonodi 6 (13.9%) 37 ( 86.0%)

Invasione vascolare 10 (23.2) 33 (76.7%)

Margini positivi

e/o interessamento parametriale 9 (22.9%) 34 (79.0%)

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98

Figura 1

sopravvivenza globale nell'intera serie

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 14,8 20,5 28,6 42,7 55,8 70,9

mesi

sopr

aviv

enza

cum

ulat

iva

mediana 117 mesi

Sopravvivenza libera da malattia nell'intera serie

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 11,5 19,1 38,0 48,4 63,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

intera serie (mediana 112 mesi)

Figura 2

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99

Figura 3. Sopravvivenza libera da malattia in funzi one dello stato linfonodale

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

100,0

0,0 8,0 11,7 22,3 41,0 53,5 63,7

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

linfonodi negativi (mediana non raggiunta)

linfonodi positivi (mediana 10,1 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 16,43; p= 0.0001

Figura 4. Sopravvivenza libera da malattia in funzi one dello stato degli spazi linfo-vascolari

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 11,5 19,1 38,0 48,4 63,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

LSVI negativi (mediana non raggiunta)

LSVI positivi (mediana 9,7 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 8,6; p= 0.0034

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100

FIGURA 5 Sopravvivenza libera da malattia in funzio ne dello stato parametriale o dei margini

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

Margini o parametri negativi (mediana non raggiunta)

Margini o parametri positivi (mediana 11,5 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 19,69; p< 0.00001

Figura 6. Sopravvivenza libera da malattia in funzi one dello stadio

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 11,5 19,1 38,0 48,4 63,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

stadio Ib2-IIA (mediana non raggiunta)

stadio > Iia (mediana non raggiunta)

Log-Rank test: χ2 = 5.21; p= 0.0224

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101

Figura 7. Sopravvivenza libera da malattia in funzi one del valore piastrinico pretrattamento

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 8,0 11,7 25,5 46,9 63,5

mesi

prob

abili

tà d

i sop

ravv

iven

za

PLT < 272.000 (mediana non ragguinta)

PLT > 272.000 (mediana 11,7 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 6,89; p= 0.008

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102

Figura 8 Sopravvivenza globale in funzione dello st ato linfonodale

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

100,0

0,0 7,5 14,8 20,5 28,6 42,7 55,8 70,9

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

ai

Linfonodi negativi (mediana non raggiunta)

Linfonodi positivi (mediana 23,6 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 5,23; p= 0.02

Figura 9. Sopravvivenza globale in funzione dello s tato degli spazi linfo-vascolari

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

0,0 7,5 14,8 20,5 28,6 42,7 55,8 70,9

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

LSVI negativi (mediana non raggiunta)

LSVI positivi (mediana 21,7 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 9,94; p= 0.0016

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103

Figura 10. Sopravvivenza globale in funzione dell' interessamento parametriale o dello stato dei margini

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

100,0

0,0 7,5 14,8 20,5 28,6 42,7 55,8 70,9

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

parametri e/o margini positivi (mediana 23,6mesi)

parametri e/o margini negativi (mediana nonraggiunta)

Log-Rank test: χ2 = 17,7; p< 0.00001

Figura 11. Sopravvivenza globale in funzione del va lore piastrinico pre-trattamento

0

20

40

60

80

100

0,0 7,5 14,8 19,1 23,8 41,0 52,5 64,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

PLT < 272.000, mediana non raggiunta)

PLT > 272.000, mediana 23,8 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 3,94; p= 0.04

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104

Figura 12. Sopravvivenza globale in funzione dello stadio

0

20

40

60

80

100

0,0 7,5 14,8 19,1 23,8 41,0 52,5 64,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

Stadio Ib2-Iia, mediana non raggiunta)

Stadio > IIA (mediana 89 mesi)

Log-Rank test: χ2 = 2.35; p= ns

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105

Figura 13. Sopravvivenza libera da malattia in funz ione della risposta clinica

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 11,5 19,1 38,0 48,4 63,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

risposta clinica completa

risposta clinica non raggiunta

Log-Rank test: χ2 = 2.21; p= ns

Figura 14. Sopravvivenza globale in funzione della risposta clinica

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 14,8 19,1 23,8 41,0 52,5 64,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

risposta clinica completa (mediana nonraggiunta)

risposta clinica non completa (mediana nonraggiunta)

Log-Rank test: χ2 = 1,78; p= 0.18

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106

Figura 15. Sopravvivenza libera da malattia in funz ione della risposta patologica

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0,0 7,5 11,5 19,1 38,0 48,4 63,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

risposta patologica non ottimale (mediana nonraggiunta)

risposta patologica non ottimale (mediana nonraggiunta)

Log-Rank test: χ2 = 2,65; p= 0.1036

Figura 16. Sopravvivenza globale in funzione della risposta patologica

0

20

40

60

80

100

0,0 7,5 14,8 19,1 23,8 41,0 52,5 64,5

mesi

sopr

avvi

venz

a cu

mul

ativ

a

Risposta patologca ottimale (mediana nonraggiunta )

risposta patologica non ottimale (mediana nonraggiunta)

Log-Rank test: χ2 = 1,81; p= 0.17