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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Biologia Corso di Laurea Magistrale in Biologia Marina Tecniche di allevamento innovative e qualità di ostriche concave (Crassostrea gigas) in Sacca degli Scardovari Relatrice: Prof.ssa Angela Trocino Dipartimento Biomedicina Comparata e Alimentazione Correlatori: Dott. Emanuele Rossetti Consorzio delle Cooperative Pescatori del Polesine Dott. Francesco Gratta Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente Laureanda: Valentina Finotti ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Marina

Tecniche di allevamento innovative e qualità di ostriche

concave (Crassostrea gigas) in Sacca degli Scardovari

Relatrice: Prof.ssa Angela Trocino

Dipartimento Biomedicina Comparata e Alimentazione

Correlatori: Dott. Emanuele Rossetti

Consorzio delle Cooperative Pescatori del Polesine

Dott. Francesco Gratta

Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse

Naturali e Ambiente

Laureanda: Valentina Finotti

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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INDICE

RIASSUNTO .......................................................................................................... 1

INTRODUZIONE ................................................................................................... 3

ACQUACOLTURA E MOLLUSCHICOLTURA .......................................... 3

PRODUZIONE E CONSUMO DEI PRODOTTI ITTICI ............................... 4

BIOLOGIA DELL’OSTRICA CONCAVA .................................................... 6

TECNICA DI ALLEVAMENTO PER L’OSTRICOLTURA ......................... 8

FATTORI IN GRADO DI MODIFICARE CRESCITA E MORTALITA’ DELLE OSTRICHE ....................................................................................... 15

QUALITA’ DELLE OSTRICHE ................................................................... 18

OBIETTIVI ........................................................................................................... 21

MATERIALI E METODI ..................................................................................... 22

LOCALIZZAZIONE DELL’ALLEVAMENTO ........................................... 22

ALLEVAMENTO E DISEGNO SPERIMENTALE ..................................... 23

RILIEVI PRESSO L’ALLEVAMENTO ....................................................... 25

Rilievi biometrici e mortalità nel corso della prova in allevamento .............. 25

Piano di campionamento e analisi dell’acqua ............................................... 26

Piano di campionamento e analisi in laboratorio .......................................... 27

Biometrie delle ostriche alla raccolta ............................................................ 28

Analisi reologiche ........................................................................................... 29

Analisi chimiche ............................................................................................. 30

Analisi statistica ............................................................................................. 31

RISULTATI E DISCUSSIONI ............................................................................. 32

Qualità dell’acqua .......................................................................................... 32

Dimensioni e sviluppo delle ostriche .............................................................. 35

Mortalità durante l’allevamento .................................................................... 42

Qualità delle ostriche alla raccolta ................................................................ 47

CONCLUSIONI .................................................................................................... 50

BIBLIOGRAFIA ................................................................................................. 53

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RIASSUNTO La presente Tesi di Laurea ha avuto lo scopo di valutare lo sviluppo morfologico, la sopravvivenza e la qualità di ostriche (Crassostrea gigas, Thunberg 1793) allevate e incollate su un sistema movimentabile di corde in sospensione, confrontando tempi diversi di emersione durante il ciclo di allevamento e controllando periodicamente le caratteristiche di qualità dell’acqua in Sacca degli Scardovari (Rovigo, Italia). Sono stati confrontati tre trattamenti di emersione: standard aziendale variabile in funzione della situazione climatica/atmosferica vs. fisso lungo vs. fisso breve. Sono state utilizzate ostriche triploidi messe a dimora nel mese di ottobre 2016 e raccolte a giugno 2017. Le caratteristiche biometriche sono state misurate all’incollaggio e 2, 4, 7 e 8 mesi dopo sulle ostriche posizionate sulle gocce 5, 15 e 25 di ogni corda (ad una profondità di circa 0,50, 1,20 e 1,90 m). Le analisi di qualità reologica e chimico-nutrizionale sono state fatte dopo 8 mesi di stabulazione. All’incollaggio le ostriche avevano peso di 6,04±2,63 g, lunghezza di 39,8±8,38 mm, larghezza a 23,9±4,39 mm. La lunghezza delle ostriche è risultata minore a 2 e 4 mesi dall’incollaggio rispetto a 7 e 8 mesi dallo stesso (45,2 mm e 47,0 mm vs. 77,6 mm e 76,0 mm; P<0,001). Anche i valori minori di larghezza sono stati misurati dopo 2 e 4 mesi e quelli maggiori a 7 e 8 mesi (P<0,001). Il rapporto larghezza/lunghezza ha evidenziato un aumento proporzionalmente maggiore della larghezza rispetto alla lunghezza con la crescita delle ostriche. In media per i diversi campionamenti, le ostriche che hanno mostrato una lunghezza maggiore sono state quelle sottoposte ad emersione standard (63,0 mm) piuttosto che breve e lunga (61,0 mm e 60,4 mm) (P<0,001). La lunghezza media è risultata crescente dalle ostriche posizionate sulle gocce intermedie (goccia 15) a quelle inferiori (goccia 25) con i valori maggiori per le ostriche delle gocce più superficiali (goccia 5) (59,1 mm vs. 61,6 mm vs. 63,6 mm; P<0,001). Il rapporto larghezza/lunghezza delle ostriche ha mostrato uno sviluppo in larghezza maggiore per le ostriche sulle gocce più profonde rispetto a quelle superiori e intermedie (0,80 vs. 0,76; P<0,05). Dopo due mesi di stabulazione, la mortalità è risultata in media del 24,7% e non influenzata dai tempi di emersione. A 4 mesi, la mortalità totale è variata dal 30,8% con emersione lunga al 29,4% con emersione breve e al 25,5% con emersione standard. La mortalità cumulativa a 7 mesi è ulteriormente aumentata per tutti i gruppi ed è risultata diversa in funzione delle modalità di emersione (54,0% e 51,3% con emersione lunga e breve e 33,0% con emersione standard; P<0,001). Nel periodo da 7 a 8 mesi la mortalità cumulativa è ulteriormente aumentata: fino al 66,8% e 63,3% con emersione breve e lunga e 44,3% con emersione standard (P<0,001).

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Sia a 2 mesi che a 4 mesi la mortalità cumulativa è risultata più bassa in corrispondenza delle gocce collocate più in profondità (gocce 25-30 vs. le altre gocce, 16,5% vs. 26,4% e 17,9% vs. 30,7%, rispettivamente a 2 e 4 mesi) (P<0,001). A 7 mesi, la mortalità totale delle ostriche è risultata minore in corrispondenza delle gocce più superficiali (gocce 1-10, 37,8%) e delle gocce più in profondità (gocce 26-30, 41,9) rispetto alle altre (gocce 11-25, 53,0%). Le differenze di mortalità fra le gocce si sono mantenute anche in corrispondenza dell’ultimo campionamento effettuato a 8 mesi dall’incollaggio. Alla raccolta, sono risultate più leggere le ostriche sottoposte ad emersione breve rispetto a quelle da emersione lunga e standard (56,8 g vs. 66,3 g e 68,3 g; P<0,01); la lunghezza minore è stata misurata per le ostriche sottoposte a emersione breve rispetto ad emersione lunga o standard (71,6 mm, 77,2 mm e 78,1 mm; P<0,01). Le differenze di larghezza e profondità sono risultate sempre a svantaggio delle ostriche sottoposte ad emersione breve, meno larghe (P<0,10) e meno profonde (P<0,01) rispetto alle altre. Il rapporto profondità/lunghezza della conchiglia è risultato mediamente pari a 0,38 e non influenzato dal trattamento. Il fattore di condizione delle ostriche, calcolato sia sul fresco che sul secco, non è variato in funzione del trattamento di emersione (0,334 e 0,117, rispettivamente). L’impronta del muscolo sulla valva piatta ha mostrato minore lunghezza ed altezza nelle ostriche sottoposte ad emersione breve rispetto ad emersione lunga o standard. Non sono state osservate differenze sulle caratteristiche reologiche del muscolo: il pH è risultato in media pari a 6,19; l’indice di luminosità si è attestato su 60,9, quello del rosso e del giallo su 1,45 e 18,7, rispettivamente. Il muscolo delle ostriche sottoposte ad emersione breve ha anche mostrato minore durezza rispetto alle ostriche del sistema lungo e standard (P<0,05). La composizione chimica delle ostriche non è stata influenzata dal trattamento di emersione e in media sono stati misurati 4,71 mg di azoto basico totale/100 g, circa 11% di proteina grezza, 3,30% di estratto etereo, e 8,24% di estrattivi inazotati. In conclusione, dal punto di vista economico, l’allevamento delle ostriche con il sistema testato nella Sacca degli Scardovari è risultato fattibile e vantaggioso per i risultati di accrescimento e sopravvivenza ottenuti. Inoltre, il sistema con emersione standard è risultato quello più idoneo per l’allevamento delle ostriche in termini di crescita, sopravvivenza e qualità: la possibilità di lasciare le ostriche in immersione in caso di condizioni atmosferiche sfavorevoli, quali temperatura ambientale eccessivamente bassa o eccessivamente elevata o eccessiva ventosità, così come la possibilità di aumentare i tempi di emersione in funzione delle fluttuazioni stagionali e giornaliere delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque consentono di limitare lo stress e l’esposizione delle ostriche a condizioni sfavorevoli e, quindi, ridurre la mortalità.

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INTRODUZIONE

ACQUACOLTURA E MOLLUSCHICOLTURA

Acquacoltura, termine che indica l’allevamento di organismi acquatici, vegetali e animali, in ambienti di acque dolci, salmastre e marine, è un’attività che ha radici molto antiche. Le testimonianze dell’antica Cina, dell’antico Egitto e quelle dei Romani ci ricordano il continuo tentativo dell’uomo di intervenire sul ciclo vitale degli organismi per poterne così controllare la disponibilità (Cataudella e Bronzi, 2001). L’acquacoltura ha fra i suoi obiettivi quello di produrre per soddisfare la crescente domanda di prodotti ittici che la pesca non può soddisfare, controllando così lo sfruttamento degli stock ittici, la scomparsa di biodiversità e il depauperamento dei fondali marini. É l’attività produttiva che a livello mondiale ha manifestato e continua a manifestare elevati livelli di crescita nell’ambito delle produzioni alimentari; nel periodo dal 1982 al 2012, le produzioni dell’acquacoltura sono aumentate da 5 a 90 milioni di tonnellate incluse le alghe (MIPAAF, 2017). Le specie più allevate a livello mondiale sono carpe, trote, spigole, orate e molluschi. Tra questi, i più importanti in termini di volumi sono i mitili (M. galloprovincialis), seguiti dalle vongole filippine (R. philippinarum) e, negli ultimi anni, dalle ostriche concave (Crassostrea gigas) in rapida crescita (MIPAAF, 2017). I sistemi di produzione dell’acquacoltura possono essere a carattere estensivo, intensivo o semintensivo in funzione del livello d’intervento da parte dell’uomo sui processi riproduttivi e produttivi. Il livello estensivo non prevede il controllo della riproduzione e solitamente ricorre al prelievo degli stadi giovanili dall’ambiente naturale, non prevede alimentazione artificiale e ci sono minimi interventi tecnologici; il livello semintensivo prevede il controllo e l’allevamento delle fasi giovanili e l’integrazione dell’alimentazione naturale, oltre che moderati interventi tecnologici; nel livello intensivo, infine, la riproduzione è controllata, l’alimento è esclusivamente somministrato dall’allevatore e sono necessarie importanti tecnologie per la gestione e il controllo dell’ambiente nel quale gli animali sono allevati (Ravagnan, 1992). La molluschicoltura può essere classificata come un sistema estensivo: tutti i soggetti allevati usano solo l’alimento disponibile nell’ambiente circostante e l’intervento dell’uomo è limitato al mantenimento dell’impianto di allevamento. I molluschi sono animali filtratori commercializzati, nella maggior parte dei casi, come animali vivi. Per tale motivo, l’ambiente nel quale sono allevati deve essere monitorato costantemente e classificato secondo quanto definito dall’Allegato II del Regolamento (CE) 854/2004, secondo il quale l’autorità preposta ha il compito di classificare le zone di produzione (A, B, C), in cui la raccolta dei

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molluschi bivalvi è regolata e autorizzata in funzione del livello di contaminazione fecale, e quelle in cui la raccolta non è autorizzata. Oggi è difficile pensare a un futuro senza acquacoltura; trote, spigole, orate, mitili, vongole sono solo alcuni dei prodotti resi disponibili a prezzi accessibili al consumatore; la ricerca scientifica contribuisce in maniera importante a innovare le modalità di allevamento delle specie più tradizionalmente allevate, oltre che valutare le possibilità di allevamento di nuove specie; le tecnologie vengono modificate e aggiornate per il mantenimento delle migliori condizioni delle acque e di allevamento, il tutto nel rispetto e con l’obiettivo di migliorare la qualità dei prodotti, certificati ed etichettati secondo la normativa corrente.

PRODUZIONE E CONSUMO DEI PRODOTTI ITTICI

L’acquacoltura nel 1974 forniva solo il 7% dei prodotti ittici destinati al consumo; questa quota è aumentata fino al 26% nel 1994, al 39% nel 2004 per arrivare ad una produzione totale di 73,8 milioni di tonnellate nel 2014 (FAO, 2016). A livello mondiale, i maggiori produttori dell’acquacoltura sono i paesi asiatici: nel 2014 la Cina ha contribuito con 45,5 milioni di tonnellate, più del 60% della produzione mondiale di prodotti ittici allevati (pesci, molluschi, crostacei), seguita dall’India con 4,8 milioni di tonnellate, dall’Indonesia con 4 milioni di tonnellate, e dal Vietnam con 3 milioni di tonnellate (FAO, 2016). Il consumo procapite annuo a livello mondiale è aumentato da una media di 9,9 kg negli anni ‘60 a 14,4 kg negli anni ’90 fino ad arrivare a 19,7 kg nel 2013. Le attuali stime indicano che assisteremo ad un ulteriore incremento, oltre 20 kg dal 2015 (FAO, 2016) seppure con alcune differenza fra i diversi paesi e in funzione del reddito. Nel 2013, il consumo di prodotti ittici misurato nei paesi a reddito più basso è variato dai 3,5 kg ai 7,6 kg, mentre quello dei paesi industrializzati si attestato sui 26,8 kg (FAO, 2016). In Europa, la produzione dell’acquacoltura fra il 1995 e il 2012 è rimasta relativamente stabile e con valori compresi tra 1,2 e 1,4 milioni di tonnellate. Questa produzione si concentra su mitili, trote, salmoni, orate, ostriche e spigole. Nel 2012, sono state prodotte 176.707 tonnellate di trote (Oncorhynchus mykiss), 468.510 tonnellate di mitili (Mytilus galloprovincialis), 175.349 tonnellate di salmone atlantico (Salmo salar), 102.232 tonnellate di orate (Sparaus aurata), 91.238 tonnellate di ostrica concava (Crassostrea gigas), e 68.564 tonnellate di spigole (Dicentrarchus labrax) (Tabella 1) (MIPAAF, 2017). I principali Paesi produttori sono Spagna (21,1%), Francia (16,3%), Regno Unito (16,2%), Italia (13%) e Grecia (11%), che insieme rappresentano oltre il 77% della produzione complessiva europea in termini di quantità. Tuttavia, se si considera il valore della produzione, il Regno Unito è il paese che contribuisce maggiormente al valore prodotto (22,5%), seguito dalla Francia (18,6%) e dalla

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Grecia (16,5% circa). I molluschi bivalvi, come mitili, ostriche e vongole, sono le maggiori produzioni di Spagna, Francia e Italia (MIPAAF, 2017). Tabella 1. Produzione delle principali specie ittiche in Europa nel 2012 (MIPAAF, 2017).

Specie allevata Nome scientifico ton Trota iridea Oncorhynchus mykiss 176.707

Salmone atlantico Salmo salar 175.349 Cozza o mitilo Mytilus galloprovincialis 468.510

Orata Sparaus aurata 102.232 Ostrica concava Crassostrea gigas 91.238

Spigola Dicentrarchus labrax 68.564 Vongola filippina Ruditapes Philippinarum 31.720

Totale 1.112,32 L’Europa è il continente con il più alto consumo di prodotti ittici, seppure variabile dai 57 kg pro capite del Portogallo ai 4,10 kg dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (MIPAAF, 2017). Per quanto riguarda la produzione italiana, nell’anno 2013, su 871 impianti di allevamento attivi il 50,8% del totale risultava dedicato alla molluschicoltura, il 48,6% alla piscicoltura e lo 0,6% alla crostaceicoltura, con una produzione totale di circa 140.880 tonnellate, di cui 88.897 tonnellate di molluschi comprendenti 64.235 tonnellate di mitili della specie Mytylus galloprovincialis, 21.510 tonnellate di vongole filippine (Ruditapes philippinarum), 3.099 tonnellate di vongole veraci (Ruditapes decussatus) e 53 tonnellate di ostriche giapponesi (Crassostrea gigas); 51.974 di pesci e 9,4 tonnellate di crostacei (MIPAAF, 2015) per un valore di 393 milioni di euro (FAO, 2017). Secondo la FAO (2017), in Italia nel 2013 il consumo pro capite dei prodotti della pesca è risultato pari a 19,5 kg, mentre quello dei prodotti ittici allevati si è attestato sui 3,8 kg. (FAO, 2017). La scarsa diversificazione produttiva è riconosciuta come una delle principali cause di fragilità del settore dell’acquacoltura a livello mondiale come a livello italiano. Per questa ragione, le politiche negli ultimi anni sono orientate al rilancio del settore sui mercati e alla promozione dello sviluppo delle attività d’acquacoltura anche prevedendo attenzione per specie diverse da qualle tradizionali. Esempio ne è l’ostrica concava della specie Crassostrea gigas. Localizzata in origine nelle acque del Giappone e nel mar della Cina, progressivamente si è diffusa ovunque e rappresenta ormai quasi la totalità della produzione a livello globale e in sostutizione delle altre specie di ostriche (Grassia e Vilboux, 2008). I maggiori produttori a livello mondiale sono la Cina, con 3 milioni di tonnellate pari all’83,5% della produzione mondiale; seguono il Giappone con 220,000 tonnellate; la Corea con 208,000 tonnellate e gli Stati Uniti con 38,500 tonnellate (FAO, 2017). L’ostricoltura è praticata anche in sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e Canada. In Europa, nel biennio 2012-2014, la

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produzione di ostriche concave è risultata particolarmente elevata grazie al contributo della Francia che da sola produce 72,789 tonnellate di Crassostrea gigas (FAO, 2017). In termini quantitativi, negli anni 2012-2014 l’Italia ha prodotto mediamente 53 tonnellate di ostriche.

BIOLOGIA DELL’OSTRICA CONCAVA

Grazie alla sua rapida crescita e alla sua grande facilità di adattamento, l’ostrica concava del Pacifico (Crassostrea gigas, Thunberg, 1793) è oggi l’ostrica più allevata al mondo. Mollusco di origine endemica delle coste asiatiche dell’oceano Pacifico, questa specie si è diffusa anche nell’Atlantico in particolar modo sulle coste della Francia, del Portogallo e successivamente anche nel Mediterraneo. L’allevamento è stato avviato in Europa negli anni ’70, dopo la forte riduzione della produzione dell’ostrica piatta (Ostrea edulis) causata da due epizoozie verificatesi negli anni ’20 e ’80. Crassostrea gigas si distingue facilmente per la forma delle valve allungate, mentre l’ostrica piatta (Ostrea edulis) si riconosce per la sua conchiglia rotondeggiante (Figura 1).

Figura 1. Crassostrea gigas e Ostrea edulis (Fonte: www.ictioterm.es)

È un organismo bivalve protetto da una conchiglia composta da carbonato di calcio e da una sostanza organica la conchiolina; è inequivalve ed inequilaterale, con una forma fortemente variabile e dipendente dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua, dalla possibilità di ibridazioni con popolazione di origine diversa e dal tipo di substrato in cui cresce. La valva inferiore (sinistra) è concava, mentre la superiore (destra) è appiattita.Le due valve sono tenute insieme da un meccanismo a cerniera (Fratini, 2012). Il colore della superficie esterna della conchiglia comprende toni di grigio, marrone e nero con la presenza di sottili cerchi violacei di accrescimento radiali e concentrici che l’attraversano longitudinalmente a partire dall’umbone (Fratini, 2012). Il guscio internamente è bianco madreperlaceo liscio; presenta l’impronta del muscolo adduttore in posizione subcentrale.

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Nella cavità interna, è presente il mantello che riveste il corpo molle compresso lateralmente e senza un capo differenziato; produce le sostanze organiche e inorganiche che vanno a costituire la conchiglia. Il cuore, racchiuso all’interno di una cavità ricoperta da una membrana, irrora il corpo dell’animale di un sangue colore bluastro; le branchie, ricoperte da ciglia, svolgono due ruoli importanti, permettono la respirazione e convogliano il cibo fino alla bocca che si trova all’estremità anteriore del corpo ed è collegata allo stomaco da un corto ventriglio. Il sistema immunitario di questi animali è assai rudimentale e non produce anticorpi (Grassia e Vilboux, 2008). È una specie ermafrodita proterandra: gli individui che nascono sono di sesso maschile e diventano successivamente femmine. Possono cambiare sesso tutti gli anni. La determinazione del sesso è influenzata dalle condizioni ambientali. Quando il cibo non è abbondante i maschi tendono a cambiare sesso per diventare femmine, mentre quando la concentrazione di cibo aumenta le femmine diventano maschi (Nehring, 2011). Durante la stagione riproduttiva, gli organi sessuali costituiscono il 50% del volume del loro corpo; sono estremamente fertili e producono mediamente fra i 50 e i 100 milioni di uova che, come gli spermi, vengono rilasciate nell’acqua dove sono fecondate (Nehring, 2011). Dall’uovo fecondato si sviluppa una larva, il veliger, caratterizzata da una piastra di matrice proteica e da un ampio lobo ciliato detto velum. Dopo un giorno di vita, la piastra si piega lungo la linea mediana e si calcifica su entrambi i lati, dando origine alle due valve della conchiglia larvale. Il velum permette alla larva di galleggiare e, mediante ciglia, di filtrare le particelle nella colonna d’acqua, delle quali la larva si nutre (Cataudella e Bronzi, 2001). Le larve conducono vita planctonica per circa 3-4 settimane, durante le quali vengono disperse dalle correnti marine. Verso la fine della vita larvale, esse devono scendere sul fondo dove compiranno la metamorfosi. È questo uno dei momenti più critici della vita dell’animale perché le larve devono trovare il substrato adatto sul quale attaccarsi tramite secrezione di una goccia di cemento da parte della valva sinistra (Ghittino, 1983). In tale scelta, le ostriche vengono attirate dalla presenza sul fondo di adulti della stessa specie (Cataudella e Bronzi, 2001). In natura si attaccano a quasi tutte le superfici dure come le rocce; in alcuni casi si possono insediare in aree sabbiose o fangose (Nehring, 2011). In generale, le zone che prediligono sono intertidali con profondità non superiori ai 15 metri; preferiscono acque riparate. Per quanto riguarda l’alimentazione, si tratta di un organismo filtratore; la sua dieta consiste essenzialmente di fitoplancton e materiale organico in sospensione non superiore ai 10 µ. Le particelle edibili sono trattenute dai filamenti branchiali e convogliate verso la bocca; le altre sono eliminate come pseudo-feci attraverso una corrente esalante; per compiere questa operazione l’ostrica concava filtra 3 litri d’acqua all’ora (Ghittino, 1983). Le maree giocano un ruolo chiave sulla crescita e le caratteristiche vitali delle ostriche, veicolando gli elementi nutritivi e influenzando l’apertura e la chiusura delle valve (Grassia e Vilboux, 2008).

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L’acqua del mare è l’ambiente naturale dell’ostrica e deve presentare determinate condizioni chimico-fisiche per permettere loro un normale sviluppo. I due parametri più importanti sono la salinità e la temperatura. La salinità deve essere tra il 20‰ e il 30‰. La temperatura ottimale varia da un minimo vitale 8-9°C a un massimo pari a 30°C (Fratini, 2012).

TECNICA DI ALLEVAMENTO PER L’OSTRICOLTURA

L’allevamento di ostriche è diffuso in tutti i paesi in cui le condizioni ambientali favoriscono questa pratica: Francia, Belgio, Paesi Bassi, Italia, Giappone. In genere, le varie specie allevate richiedono acque di zone intertidali e/o di estuario. L’impianto di ostricolture potrebbe espandersi anche in molte parti del mondo, ma alcuni fattori limitano o ritardano tale espansione. In particolare, è difficile per i privati ottenere spazi adeguati per acquacoltura perché le zone costiere sono utilizzate per scopi industriali o residenziali. Soltanto un intervento legislativo e statale può permettere di superare queste difficoltà, così come è avvenuto in Giappone. In generale, le aree di impianto per la produzione di ostriche devono essere adeguatamente selezionate: le aree di coltivazione devono essere protette dall’azione del vento e delle onde; maree e correnti devono essere sufficienti per il ricambio dell’acqua; l’acqua deve contare una quantità sufficiente di sostanze nutritive per la produzione di fitoplancton (Ghittino, 1983). L’allevamento prevede la disponibilità del seme che può essere reperito tramite captazione nel periodo estivo, vicino ai banchi di ostriche adulte, dove l’ostricoltore pone dei collettori per la cattura del novellame. Si tratta di supporti che possono essere tubi di plastica, pietre, oppure pali d’ardesia, tegole romane rivestite di un miscuglio di calce e sabbia o conchiglie di ostriche forate e infilate in un’asta metallica. Le ostriche sono lasciate sui collettori fino a che raggiungono i 20-30 mm di diametro (di solito 6-8 mesi) (European Commission, 2017). Gli interi supporti sono quindi prelevati e trasferiti in capanni di legno dove le ostriche sono staccate. Per l’operazione di distacco viene impiegato un utensile di ferro “gratta” (raschietta); i molluschi sono separati sotto forma di grappoli piuttosto che in maniera individuale per non correre il rischio di distruggere le conchiglie ancora fragili. Solo successivamente sarà possibile completare l’operazione di separazione mediante un coltello a lama spessa munito di una sporgenza rettangolare sul lato, utilizzato come una piccola accetta. L’approvvigionamento del seme di ostriche può altrimenti essere realizzato ricorrendo agli incubatoi in laboratorio. Le larve possono essere ottenute e mantenute negli incubatoi in condizioni ambientali ottimali che assicurino un migliore sviluppo delle larve e persistenza durante tutto l’anno della maturità dei riproduttori. Per la gestione della riproduzione, della fecondazione e per l’incubazione artificiale è necessaria la disponibilità di acqua con salinità del 27‰

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e una temperatura costante di 24°C. La stessa acqua in incubatoio è in genere sterilizzata con raggi ultravioletti e filtrata in modo da trattenere le particelle superiori ai 15 µm. Se le ostriche adulte sono state raccolte in inverno in ambiente naturale, le stesse devono essere condizionate in acqua riscaldata gradualmente a 20°C per 3-4 settimane. Dopo questo periodo, gli esemplari maturi sono posti in bacinelle di vetro, contenenti circa 1 litro d’acqua marina alla stessa temperatura usata per il condizionamento (20°C). I molluschi emettono quindi gli spermi e le uova; le uova fecondate sono poste in vasi d’incubazione simili alle bottiglie di Zug, usate per l’incubazione di uova flottanti di pesci, oppure messe in vasche di cemento. Dopo 48 ore circa le larve hanno formato il guscio e possono essere raccolte dai vasi d’incubazione, selezionate in base alle loro dimensioni mediante l’utilizzo di setacci e poste in grandi vasche di plastica dove le ostriche vengono alimentate mediante acqua arricchita di alghe (Isochrysis galbana e Tetraselmis suecica). Dopo circa un mese, le larve scendono verso il fondo e aderiscono inizialmente a conchiglie di mitili che erano state previamente poste all’interno delle vasche, ciò serve da indicatore che il processo di fissazione al substrato è iniziato; di seguito si inseriscono nelle vasche i collettori principali costituiti da fogli di plastica neri foggiati a tegole e accatastati; la fissazione continua per circa sette giorni, dopodiché i collettori non sono portati subito in mare, ma in grandi vasche dove l’acqua è filtrata ed arricchita di colture di alghe finché le larve non raggiungono una dimensione media di 4-5 mm. Il passaggio in mare deve essere graduale; i collettori su cui si sono fissate le ostriche, dopo circa 4 settimane, vengono spostati in vasche di legno all’aperto, successivamente trasferite in mare su altri supporti, quali tegole o telai di 7,5 x 5 cm (Ghittino, 1983); infine, quando le ostriche raggiungono dimensioni di 20-30 mm, sono staccate dai collettori e coltivate con i vari metodi disponibili. La ricerca e la tecnica per l’allevamento delle ostriche hanno fatto molti passi avanti nel corso degli anni, dalla riproduzione artificiale alla produzione di ostriche triploidi. Dal 1997, grazie alla ricerca realizzata in un laboratorio dell’Ifremer (Institut français de recherche pour l'exploitation de la mer, Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare), vengono prodotte e utilizzate in allevamento ostriche triploidi. Incrociando tetraploidi, nelle quali era stata bloccata l’espulsione del primo globulo polare, con ostriche diploidi recuperate dall’ambiente naturale, sono state prodotte ostriche triploidi, con corredo cromosomico 3n in tutte le cellule. Gli individui triploidi hanno gonadi di dimensioni molto ridotte, ma possono essere in grado di produrre gameti, seppur in quantità molto limitata (Libertini, 2008); per questo motivo, le loro carni non risultano lattiginose nel periodo riproduttivo e possono essere consumate tutto l’anno. Inoltre, le ostriche triploidi si caratterizzano per una più rapida crescita: l’ostrica triploide cresce due volte più rapidamente delle diploidi grazie al risparmio di energia altrimenti dedicato alla gametogenesi.

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Avvenuta la captazione e il distacco delle ostriche dai collettori in condizioni naturali o ottenuto il seme necessario dagli incubatoi, l’allevamento prevede l’allestimento di strutture per la coltivazione vera e propria. Esistono diversi metodi di allevamento condizionati dall’ampiezza e dalla profondità dello specchio d’acqua a disposizione per l’allevamento e disegnati secondo le abitudini locali, laddove si tratti di una produzione consolidata e tradizionale. Tra i metodi più utilizzati e consolidati utilizzati per l’allevamento delle ostriche, si descrivono di seguito l’allevamento in sopraelevazione, l’allevamento sul fondo, l’allevamento in sospensione e l’allevamento su corde. � Allevamento in sopraelevazione

Utilizzato in Giappone, dove era conosciuto sin dagli anni ’30, l’allevamento in sopraelevazione è utilizzato in acque poco profonde e riguarda la maggior parte delle colture di ostriche a livello mondiale con l’esclusione del Mediterraneo. Le ostriche sono poste in sacchetti di plastica rettangolari di 50 x 100 cm a loro volta collocati su cavalletti o supporti di metallo o ferro. Questi supporti sono quindi posizionati nella zona intertidale fino al raggiungimento della taglia commerciale e per un tempo variabile da uno a tre anni a seconda delle condizioni ambientali e della disponibilità alimentare delle acque. La raccolta può essere eseguita manualmente, con l’aiuto d’imbarcazioni o trattori in base alle condizioni delle maree (Figura 2). I vantaggi di questo sistema sono molteplici: buon tasso di crescita, bassa mortalità, facilità a raggiungere i luoghi di coltivazione. Tra gli aspetti negativi, si ricorda che questa tecnica, seppure efficiente, può a volte essere associata ad eccessiva densità di allevamento (Fratini, 2012).

Figura 2. Raccolta di ostriche con trattore in un sistema di allevamento in

sopraelevazione (foto: Antonio Pinzone)

� Allevamento sul fondo

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L’allevamento sul fondo prevede che le ostriche siano poste sulla zona intertidale, la specie più allevata con questo metodo è Crassostrea rivularis perché predilige forti torbidità. Questo metodo è molto antico, nato 150 anni fa nella baia di Hong Kong, praticato anche in Thailandia, Filippine, Brasile e Messico, anche se oggi è una tecnica poco usata in quanto ha bisogno di notevoli spazi (Fratini, 2012). L’allevamento sul fondo prevede una adeguata preparazione della superficie che ospiterà le ostriche; il terreno deve essere adeguatamente spianato e recintato. Le ostriche, una volta tolte dai collettori vengono posizionate o libere sul fondo dove però si trovano meno protette dai predatori o all’interno di contenitori di PVC dove terminano la loro crescita; i contenitori devono essere continuamente agitati nell’acqua per impedire eccessivo fouling, inoltre le ostriche rimangono sempre immerse (Almeida e coll., 1997). Vengono raccolte dopo 4-6 anni in base alla richiesta del mercato (Fratini, 2012) La densità media è di 5-7 kg/m², tale densità permette di ottenere 20 tonnellate di prodotto partendo da 1 tonnellata di semina (Fratini, 2012). Nei momenti di bassa marea la raccolta delle ostriche è manuale o utilizza rastrelli e se l’altezza dell’acqua lo consente può essere effettuata mediante dragaggio (Figura 3) (European Commission, 2017).

Figura 3. Raccolta manuale di ostriche in un sistema di allevamento sul

fondo (foto: Mike Peel)

� Allevamento in sospensione Molto simile all’allevamento dei mitili, l’allevamento in sospensione è adatto a colture in acque soggette a pochi movimenti di marea o collocate al largo ed è adatto per ambienti in cui le coste presentino un grado maggiore di inquinamento (European Commission, 2017). Messa a punto in Giappone, questa tecnica è stata adattata anche ad altri paesi (Fratini, 2012) e attualmente è quella più utilizzata nel mondo.

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L’allevamento in sospensione utilizza sistemi definiti long line, costituiti da una trave ancorata al fondo da blocchi di cemento e mantenuta in sospensione da boe galleggianti. Alla fune sono sospese strutture denominate lanterne, costituite da una sagoma in rete, solitamente con cinque ripiani interni distanziati 18 cm l’uno dall’altro. Questo tipo di contenitore è facilmente soggetto al fouling; le ostriche crescendo finiscono inoltre per inglobare la rete rendendo particolarmente gravoso il loro recupero. Per queste ragioni, sono stati recentemente brevettati dai ricercatori dell’Istituto Delta (Ferrara) sistemi alternativi, rappresentati da contenitori cilindrici di plastica impilati l’uno sopra l’altro e internamente separati in due o quattro compartimenti dove le ostriche sono posizionate in modo più uniforme (Figura 4). Ogni singolo compartimento può mantenere al suo interno fino a 100 esemplari e presenta una finestratura che permette un miglior passaggio d’acqua; vengono posizionati in acqua quando le ostriche raggiungono la lunghezza minima 30-40 mm. Rispetto alle lanterne, i contenitori proposti presentano tuttavia un maggiore costo. Tutti gli impianti per l’allevamento in sospensione hanno bisogno di una manutenzione periodica per la pulizia delle strutture sommerse perché soggette a fouling. È inoltre necessario un controllo della stabilità della struttura, più o meno frequente in funzione dell’intensità delle correnti. Le prestazioni di crescita delle ostriche in questi sistemi possono essere abbastanza elevate, in Francia per esempio la taglia commerciale è raggiunta in 12-18 mesi (Grassia e Vilboux, 2008). La temperatura è uno dei fattori più importanti con un optimum metabolico raggiunto a 19°C; la salinità delle acque e la profondità di collocazione delle strutture in sospensione possono influenzare le prestazioni; deve esserci debole stratificazione (Cassis e coll., 2011).

Figura 4. Contenitori per l’allevamento delle ostriche in sospensione: a sinistra lanterna in rete; a destra contenitore in plastica. (Fonte: Istituto Delta ecologia applicata (Ferrara).

� Allevamento su corde

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La tecnica di allevamento su corde è nata e trova la sua massima diffusione nello stagno di Thau, in Francia meridionale, nella Regione della Languedoc-Roussillon. Dopo la captazione o il prelievo in incubatoio, le ostriche sono prima sottoposte ad una fase di pre-ingrasso in lanterne, contenitori sagomati in rete che vengono mantenuti in acqua con un sistema in sospensione finché le ostriche non raggiungono la taglia adeguata (30-40 mm) per il trasferimento e l’incollaggio sulle corde che saranno successivamente mantenute in acqua. Raggiunta la taglia adeguata, le ostriche sono incollate alla corda individualmente e manualmente utilizzando una goccia di un materiale cementante appositamente selezionato. Le corde con le ostriche incollate sono quindi appese a strutture costituite da pali piantati nel fondo e travi orizzontali, solitamente in metallo, che portano dalle 1000 alle 1200 corde (Figura 5). Durante il ciclo di allevamento, le corde sono periodicamente immerse nell’acqua e quindi sottoposte ad emersione per tempi variabili in funzione delle condizioni ambientali e climatiche stagionali, simulando così l’azione delle maree nelle zone intertidali. In queste condizioni, le ostriche si sviluppano sulle corde in maniera omogenea con una conchiglia adeguatamente sagomata; il tasso di crescita nelle condizioni della Laguna di Thau è rapido (18 mesi); la mortalità è bassa perché la densità lungo le corde è limitata rispetto ad altri sistemi; la qualità del prodotto finale risulta elevata in termini di composizione chimica (Petton e coll., 2015).

Figura 5. Allevamento di ostriche su corde (Scaglione, 2015)

Al raggiungimento della taglia finale, le ostriche sono sottoposte ad un processo di affinamento per aumentare le loro caratteristiche in termini di gusto delle carni, per esempio se affinate in mare avranno carni più salate, se affinate in laguna avranno un sapore più dolce. Nella Laguna di Thau, l’affinamento può essere realizzato in bacini denominati claires, scavati in

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terreni argillosi impermeabili di dimensione variabile e scarsa profondità (0,4 m), separati fra di loro da argini e alimentati da acqua di mare. L’affinamento è generalmente eseguito durante il periodo autunno-invernale al raggiungimento della taglia commerciale e dura circa 1-2 mesi. Un affinamento più lungo, fino a 4 mesi, e con basse densità, fino a 5 ostriche/m2, può essere previsto per aumentare la qualità del prodotto finale in termini di rafforzamento della conchiglia, un miglioramento del gusto della carne e un aumento del contenuto di glicogeno. Periodicamente, il fondo del bacino può essere ricoperto da una mucillagine verde-blu formata da diatomee, i cui pigmenti vengono assorbiti dalle ostriche e contribuiscono positivamente alla colorazione e al gusto delle carni del prodotto finale (Fratini, 2012).

Predatori, parassiti, virus e batteri

L’allevamento delle ostriche può subire forti perdite a causa dell’intervento di predatori o della presenza di parassiti e patologie che possono interessare in maniera diversa l’allevamento a seconda della localizzazione, del sistema di allevamento e della sua intensità produttiva. Fra i predatori naturali, le stelle marine (Asterias rubens) si cibano di ostriche e vengono solitamente raccolte dagli ostricoltori con la bassa marea per controllare le perdite. Le orate si cibano delle larve, ma anche delle giovani ostriche le cui conchiglie vengono frantumate. In maniera simile, la razza attacca e si ciba degli esemplari di ostrica di taglia maggiore. La lumaca, infine, è un altro predatore dell’ostrica; la littorina trapanatrice (Ocenebra ericacea) si ciba dell’ostrica dopo aver forato il guscio (Grassia e Vilboux, 2008). L’ostrica deve resistere a diversi parassiti. La Marteilia refrigens è un parassita protozoario, di taglia compresa tra i 7 e i 35 µm, che si localizza a livello dell’apparato digerente, provoca una riduzione della massa del prodotto fino alla morte del soggetto nell’estate successiva all’infezione. La Bonamia ostreae è un parassita protozoario di taglia anche più piccola del precedente (2-4 µm); parassita intracellulare, si trova nelle cellule emocitarie e può decimare interi banchi di ostriche. Questi due parassiti che in Francia nel bacino di Marennes-Oléron, alla fine degli anni 60’-70’, hanno provocato effetti devastanti soprattutto su ostriche piatte della specie (O. edulis) (Comps, 1970; Pichot e coll., 1979) e sono annoverati fra quelli a dichiarazione obbligatoria e sono sotto stretta sorveglianza nel quadro della regolamentazione europea, benché non siano un pericolo per il consumatore. In contrasto con il buon grado di conoscenza raggiunto nei confronti delle malattie virali dei pesci e di alcuni crostacei d’allevamento, poco si conosce sulle malattie virali dei molluschi in generale. Gli agenti virali fino ad oggi osservati e isolati nei molluschi sono: Herpesviridae, Iridoviridae, Papovaviridae, Reoviridae, Birnaviridae e Retroviridae. Una delle malattie virali riscontrate più

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frequentemente in Crassostrea gigas è l’herpesvirus ostreide OsHV-1µVar: si manifesta quando la temperatura dell’acqua è tra i 17°C e 24°C, con un arresto quando le temperature superano i 24°C (Pernet e coll., 2012). Questo agente patogeno ha provocato ingenti morie: in Nuova Zelanda nel 1991 ma soprattutto nella laguna di Thau (Francia). In particolare, nel 2008 e 2014 tale virus ha decimato la popolazione di ostriche determinando un calo di produzione da 120.000 a 80.000 tonnellate per anno. Le ostriche allevate in sospensione su corde mostrano una minore mortalità (30%) rispetto a quelle allevate in contenitori (80%) (Petton e coll., 2015; Davison e coll., 2005; Pernet e coll., 2012). La minore mortalità delle ostriche allevate su corde è spiegata dal fatto che assimilano più alimento rispetto a quelle presenti nei contenitori in quanto presentano densità maggiori (Pernet e coll., 2012). Nelle larve i sintomi tipici sono: ridotto appetito, diminuita attività natatoria, elevata mortalità dopo 6 giorni e fino al 100% dopo 8-12 giorni senza lesioni macroscopicamente evidenti (Arzul e coll., 2001). Un altro virus che è stato trovato nelle larve veligere di ostriche concave è l’ Iridovirus, si può manifestare quando l’acqua raggiunge i 30°C e causa la perdita delle cellule ciliari del velum (Elston, 1994). L’infezione da iridovirus, registrata in Francia nel 1977 e USA nel 1979 ha sterminato totalmente popolazioni di Crassostrea angulata (Comps e coll., 1976; Comps e Bonami, 1977). In quanto ai batteri, i generi più frequentemente segnalati nei molluschi in acque libere o allevati appartengono a batteri Gram negativi, come Vibrio spp., Pseudomonas, Flavobacterium; e a batteri Gram positivi quali Bacillus e Micrococcus (Ceschia e coll., 1994).

FATTORI IN GRADO DI MODIFICARE CRESCITA E MORTALITA’ DELLE OSTRICHE

Lo sviluppo e la mortalità delle ostriche in allevamento sono condizionate da diversi fattori ambientali, che possono essere estremamente variabili fra un sito e l’altro, ma possono mostrare anche una elevata variabilità stagionale nell’ambito dello stesso sito. Tra questi, le caratteristiche dell’acque in termini di temperatura, salinità, torbidità e disponibilità di alimento rivestono sicuramente un ruolo chiave e possono essere modificati dall’idrodinamismo del sito oltre che dalla profondità della colonna d’acqua cui sono collocate le ostriche, in funzione dei diversi sistemi di allevamento utilizzati. Le ostriche sono infatti organismi filtratori e tutti i fattori che possono influenzare il tasso di filtrazione sono anche in grado di determinare diverse velocità di accrescimento e diversa mortalità, fermo restando la disponibilità di alimento nell’ambiente in cui sono allevate.

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Se le ostriche possono vivere a temperature comprese fra 8-9°C e 30°C (Fratini, 2012), con un optimum intorno ai 19°C (Cassis e coll., 2011), e in ambienti con una salinità variabile da 5 a 40 ppt (La Peyre e coll., 2013), con valori ottimali fra 20 e 30 ppt (Fratini, 2012), il loro tasso di crescita e la loro mortalità sono tuttavia strettamente legate alle variazioni di questi due parametri oltre che alla durata della persistenza di condizioni estreme di temperatura e salinità dell’acqua. Sulla base dei dati bibliografici disponibili, la sensibilità delle ostriche a stress termici e di salinità è anche maggiore nel caso delle ostriche allevate rispetto a quelle di banchi naturali. Infatti, Yang e coll. (2016) hanno osservato una migliore risposta in termini di indicatori fisiologici (heat shock proteins) allo stress determinato da variazioni di temperatura (variazioni fra 15, 25, 37 e 44°C) e di salinità (39, 55 e 60 ppt) in ostriche selvatiche rispetto ad ostriche allevate (Crassostrea gigas), in virtù delle maggiori riserve energetiche delle prime rispetto alle seconde. La combinazione di temperature superiori ai 25°C e bassi valori di salinità dell’acqua (<5 ppt) mantenuti per un periodo prolungato rappresentano una situazione estremamente stressante e sfavorevole per le ostriche. I dati raccolti fra il 2010 e il 2011 in uno studio condotto a Berton Sound (USA) su un allevamento di Crassostrea virginica hanno evidenziato l’impatto negativo su reclutamento, crescita e sopravvivenza delle ostriche in una situazione di bassa salinità dovuta all’immissione di acqua dolce per tutta l’estate in condizioni di temperatura superiori a 25°C (La Peyre e coll., 2013). Anche Cassis e coll. (2011) hanno evidenziato un effetto negativo di temperature elevate associate a basse salinità sulla sopravvivenza di Crassostrea gigas allevate nello Stretto della Georgia (Canada). Valori molto bassi di salinità possono infatti determinare un aumento del tempo di chiusura delle valve, con conseguente ipossia e acidificazione dell’emolinfa, riducendo di conseguenza la velocità di accrescimento e ritardando l’avvio della riproduzione (La Peyre e coll., 2013). In effetti, sebbene possa esserci diversa sensibilità in funzione della specie di ostrica allevata (Yang e coll., 2016), in Crassostrea iredalei Chang e coll. (2016) hanno osservato i valori più bassi di tasso di filtrazione con salinità a 15 ppt e a 45 ppt, mentre il più alto tasso di filtrazione è stato osservato con una salinità a 35 ppt, in condizioni sperimentali e su intervallo di 8 ore. Sia in condizioni di bassa che di alta salinità, il tasso di filtrazione si riduce per la maggiore chiusura delle valve delle ostriche nel tentativo di isolarsi dall’ambiente esterno poco favorevole (Chang e coll., 2016). La posizione lungo la colonna d’acqua e la profondità cui sono collocate le ostriche durante l’allevamento condizionano il risultato di accrescimento e mortalità non solo per le variazioni termiche e saline che possono esserci lungo la colonna d’acqua, ma soprattutto per la disponibilità di alimento alle diverse profondità, fermo restando gli effetti sugli stessi parametri dell’idrodinamicità del sito e delle condizioni atmosferiche stagionali. Infatti, Cassis e coll. (2011) hanno confrontato l’accrescimento e la mortalità di ostriche della specie Crassostrea

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gigas in diversi siti nello Stretto di Georgia (Canada), misurando un maggiore accrescimento e volume finale delle ostriche allevate nei primi 3 metri di profondità rispetto a quelle che si trovavano a 10 e 15 m di profondità. Le differenze di accrescimento sono state attribuite alla maggiore disponibilità di alimento per le ostriche negli strati più superficiali soprattutto nei mesi estivi. In realtà, sia la quantità che la qualità del fitoplancton a disposizione sono in grado di modificare in maniera importante la crescita delle ostriche. In particolare, le diatomee sono l’alimento preferito delle ostriche, mentre le dinoflagellate sembrano essere preferibili dal punto di vista nutrizionale per l’elevato contenuto di carbonio e proteine per unità di volume (Cassis e coll., 2011). Le possibilità di alimentazione delle ostriche sono direttamente condizionate dalle caratteristiche di idrodinamicità del sito di allevamento. All’aumentare del grado di idrodinamismo del sito aumenta la velocità di accrescimento delle ostriche, poiché il tasso di filtrazione delle ostriche è maggiore in ambienti dotati di un buon flusso e l’apporto di sostanze nutritive è continuo anche nei mesi invernali, come riportato in uno studio che confronta le prestazioni di Crassostrea gigas in diversi siti di allevamento in Corea (Lee e coll., 2017). Inoltre, la velocità delle correnti è importante anche per controllare le infestazioni di alcuni parassiti: per esempio, Polydora spp perfora la conchiglia solo quando la corrente è bassa o inesistente (Almeida e coll., 1997). Una riduzione della trasparenza delle acque e un aumento della torbidità delle stesse hanno un effetto negativo su accrescimento e sopravvivenza delle ostriche quando sono determinate da un aumento del particolato. Infatti, Çelik e coll. (2015) hanno riportato una significativa riduzione dell’accrescimento di ostriche della specie Ostrea edulis all’aumentare del contenuto di solidi totali sedimentabili delle acque del Mar nero in cui erano allevate, attribuito a rimescolamento dei sedimenti del fondo marino per sfavorevoli condizioni climatiche. Cassis e coll. (2011) hanno osservato una correlazione negativa fra la mortalità delle ostriche e la trasparenza delle acque. In questo caso, la riduzione della trasparenza è stata associata ad episodi di fioritura algale di Chaetoceros socialis le cui colonie, di dimensioni relativamente elevate, avrebbero compromesso la capacità filtrante delle branchie delle ostriche e la loro sopravvivenza. In generale, e considerando i dati raccolti su due anni in sei siti di allevamento presso la baia di Veys in Francia, la mortalità di ostriche Crassostrea gigas in diversi sistemi di allevamento è caratterizzata da importanti variazioni spazio-temporali che sono condizionate da più fattori e condizioni di stress, quali la presenza di patogeni, temperature elevate, bassa salinità, bassi livelli di ossigeno disciolto e, nel caso di ostriche diploidi, lo stress fisiologico e la riduzione delle riserve energetiche associati alla riproduzione (Costil e coll., 2005).

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QUALITA’ DELLE OSTRICHE

Il concetto di qualità di un prodotto alimentare si è evoluto nel tempo, passando dall’essere praticamente limitato agli aspetti igienici, al tener conto anche delle caratteristiche chimico-bromatologiche, estendendosi poi ad aspetti concernenti i rischi per la salute umana (Cataudella e Spagnolo, 2011). Per quanto riguarda il prodotto alimentare ittico, gli aspetti fondamentali di qualità riguardano le caratteristiche organolettiche, chimiche e nutrizionali, gli aspetti tecnologici quali la lavorazione del prodotto, la trasformazione e conservazione. Tutti questi caratteri dipendono in larga misura dalla specie e dall’alimentazione che ricevono gli animali, dalla qualità dell’acqua e dell’ambiente in cui essi vivono, dal loro stato fisiologico, e possono essere influenzati dalla loro condizione di benessere e di salute. Inoltre, la qualità iniziale del prodotto può essere modificata dalle operazioni di cattura e post-cattura. Tutti i fattori di allevamento, con le operazioni di cattura e post-cattura, possono causare condizioni di stress e una serie di risposte fisiologiche e biochimiche negli animali che, a loro volta, possono danneggiare la qualità e l’attitudine alla conservazione del prodotto (Cataudella e Spagnolo, 2011). I molluschi costituiscono il prodotto della pesca più consumato nel nostro paese e possono essere consumati crudi, soprattutto le ostriche. Per questo il loro consumo può rappresentare un pericolo per la salute del consumatore; trattandosi di organismi filtratori, sono esposti ad un alto rischio di contaminazione microbica. Per tale motivo le aziende sanitarie locali eseguono continuamente controlli sia sul prodotto che sull’acqua (Reg. CE n. 853/2004; Reg. CE n. 854/2004 ); la commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi è controllata dal Reg. CE 853–854/2004 (capitolo V) che stabilisce i contenuti massimi di biotossine algali (paralytic shellfish poisoning 800 µg/kg; acido domoico 20 mg/kg; acido okadaico, dinofisitossine e pectenotossine complessivamente 160 µg/di equivalente acido okadaico/kg; yessotossine 1 mg/kg; azasparicidi 160 µg /kg). Lo stesso regolamento (Allegato II e modifiche Reg. CE n. 2285/2015) inoltre stabilisce le zone di produzione in base alla presenza di E.coli: i molluschi allevati in zona A (≤230 UFC E.coli per 100 g di polpa e liquido intervalvare) possono essere destinati al consumo umano diretto; i molluschi da zona B (<4.600 UFC E.coli/100 gr di polpa e liquido intervalvare) sono destinati al consumo umano soltanto dopo aver subito un trattamento in un centro di depurazione o previa stabulazione in una zona A; i molluschi da zona C (<46.000 UFC E.coli/100 g di polpa e liquido intervalvare) devono essere sottoposti ad una stabulazione di lunga durata (minimo 2 mesi) in una zona con caratteristiche A, associata ad una depurazione intensiva. I molluschi commercializzati vivi devono essere adeguatamente etichettati riportando la data di confezionamento, il nome scientifico della specie e il luogo di provenienza e rispondere a precisi requisiti per il grado di contaminazione microbica (Gallina e coll., 2013).

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I molluschi bivalvi vivi destinati al consumo umano immediato devono possedere le caratteristiche visive del prodotto fresco e vitale; le conchiglie non devono presentare sabbia o fango e devono a vere una reazione adeguata a percussioni; i molluschi non devono contenere sostanze tossiche o nocive in quantità superiori alla dose giornaliera ammissibile per l’uomo o tali da alterare il gusto dei molluschi (European Commission, 2004; Gallina e coll., 2013). Per quanto riguarda l’ostrica, il primo elemento di qualità è rappresentato dalle dimensioni dell’ostrica. Nel caso di prodotto selvatico, la taglia minima commercializzabile per l’ostrica concava è pari a 6 cm (Legge n. 963/1965 e DPR. 1639 del 21/10/1968). Al momento della commercializzazione, in funzione del peso, le ostriche sono classificate in cinque categorie vendute con prezzi crescenti all’aumentare della taglia (30-45 g; 46-65 g; 66-85 g; 86-110 g; 111-150 g; >150 g) (Grassia e Vilboux, 2008). Dal punto di vista nutrizionale, la qualità dei molluschi si valuta sulla base di contenuto di proteine, lipidi, carboidrati e colesterolo. Mediamente, i mitili presentano circa il 12% di proteina grezza, il 2,7% estratto etereo, il 3,4% di carboidrati e 28 mg di colesterolo/100 g parte edibile; le vongole contengono il 10% di proteine, il 2,5% di estratto etereo, il 2% di carboidrati e 30 mg di colesterolo/100 g (Ministero della Salute, 2017). Si caratterizzano inoltre per un elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi della serie n3 rispetto alle serie n6. In particolare, in mitili gli acidi grassi saturi sono 0,43%; monoinsaturi 0,51% e 0,61% di polinsaturi, nelle vongole invece gli acidi grassi saturi sono 0,19%, quelli monoinsaturi 0,12%, quelli polinsaturi 0,19% (Poli e Boffo, 2017). In particolare, l’ostrica, così come mitili e vongole, presenta un contenuto di proteina grezza fra il 9 e il 10% e un basso contenuto di estratto etereo (1,2-1,8%); il contenuto di colesterolo varia dai 50 ai 72 mg per 100 g di parte edibile, quello di sodio è elevato e pari a circa 280 mg; il fosforo varia dai 200 ai 300 mg (Grassia e Vilboux, 2008). Il contenuto di colesterolo delle ostriche risulta mediamente compatibile con i limiti giornalieri di ingestione raccomandati dal National Cholesterol Education Program (NCEP) (2002), i.e. 300 mg/100 g (Lira e coll., 2013). Per quanto riguarda le caratteristiche sensoriali delle ostriche, queste possono cambiare in maniera importante in funzione del luogo allevamento e affinamento. In mare, la carne delle ostriche risulta salata, con una colorazione grigio-chiaro (indice di luminosità, 40,25; indice del rosso, -1,28; indice del giallo, 15,15) e sapore aspro. Le ostriche di laguna mostrano un colore tendente al bianco (indice di luminosità, 52,61; indice del rosso, -0,13; indice del giallo, 18,89), gusto amaro e sapore che ricorda quello delle alghe. Sulla base delle informazioni disponibili, l’affinamento in mare ha un effetto positivo sulle caratteristiche sensoriali delle ostriche (Fratini e coll., 2013). Le caratteristiche reologiche e sensoriali delle ostriche possono essere influenzate dal tempo che intercorre dalla raccolta al consumo. Per esempio, la gommosità (da 323 a 897 J) e la durezza (da 1178 a 1807 N) del muscolo adduttore aumentano

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all’aumentare del periodo di permanenza fuori dall’acqua, perché aumenta il tempo durante il quale l’ostrica deve mantenere le valve chiuse (Wang, 2015). La composizione chimica delle ostriche varia in funzione di sito di allevamento, caratteristiche chimico-fisiche delle acque, periodo di allevamento e fase fisiologica. Infatti, l’ostrica immagazzina energia sotto forma di glicogeno, lipidi e proteine, prima della fase riproduttiva, nel periodo in cui l’alimento è disponibile in maggiori quantità (Lira e coll., 2013). In Germania, presso Nordergründe nel mare del Nord, durante il periodo riproduttivo (inizio estate) è stato misurato un aumento del contenuto lipidico dall’8% all’11,3% sul secco in ostriche della specie Crassostrea gigas, per raggiungere il 14,4% di lipidi sul secco nella tarda estate (Pogoda e coll., 2013). Il contenuto di glicogeno è invece aumentato in primavera dal 4% al 16,5% sul secco da aprile a giugno, per scendere in agosto fino al 4% sul secco e aumentare di nuovo in ottobre fino al 7,2% sul secco (Pogoda e coll., 2013). In maniera simile, in Francia nella Baia di Veys, è stata misurata un’importante variazione stagionale del contenuto di glicogeno che è aumentato in primavera e inizio estate (fino a 30% sul secco) per diminuire fino al 10% sul secco in estate e aumentare di nuovo in autunno fino al 15% sul secco; i lipidi sono aumentati nello stesso periodo dal 7% all’11% sul secco (Costil e coll., 2005). Inoltre, la composizione chimica è diversa fra ostriche diploidi e ostriche triploidi. In Crassostrea gigas allevate sulle coste est della Corea, il contenuto proteico misurato a luglio nelle ostriche diploidi è risultato 1,6 volte quello delle ostriche triplodi (Jeung e coll., 2016), mentre il contenuto di glicogeno è risultato circa 3 volte più basso nelle diploidi rispetto alle triploidi. Dopo il periodo riproduttivo (ottobre-novembre), le ostriche diploidi hanno mostrato un certo recupero in termini di contenuto di glicogeno, ma le differenze rispetto alle triploidi sono state mantenute. Infatti, le ostriche triploidi hanno un maggiore contenuto di glicogeno poiché risultano pressoché sterili e investono pochissima energia nella riproduzione a differenza di quello che accade nelle diploidi (Jeung e coll., 2016). Anche il contenuto di acidi grassi delle ostriche varia in funzione della stagione. In Crassostrea. rhizophora, allevata in Brasile, tra gli acidi grassi monoinsaturi, l’acido palmitoleico (C16:1n7) e l’acido oleico (C18:1n9) presentano concentrazioni maggiori in estate piuttosto che nei mesi invernali, mentre fra gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, il DHA (C22:6n3) è invece presente in concentrazioni due volte maggiori in inverno rispetto l’estate (Lira e coll., 2013) Infatti, al diminuire della temperatura, aumenta il grado di insaturazione della componente lipidica (Lira e coll., 2013).

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OBIETTIVI

L’Italia occupa una posizione preminente nella molluschicoltura europea per la produzione di mitili (circa 64.000 ton) e vongole (circa 21.500 ton), mentre la produzione di ostriche è insignificante (anno 2013; MIPAAF, 2015). Il Veneto si posiziona come secondo produttore di mitili (circa 10.500 ton) e di vongole (circa 10.300 ton), ma in entrambi i casi si tratta di prodotti con un prezzo di vendita medio-basso rispetto alle ostriche e sempre meno remunerativo per l’allevatore, soprattutto laddove si pratichi molluschicoltura off-shore, i costi del gasolio aumentino, e la disponibilità di seme di elevata qualità possa essere limitata da condizioni stagionali o altri fattori ambientali sfavorevoli. L’allevamento dell’ostrica è stato sperimentato in Italia fin dall’epoca dei romani. Proprio dall’Italia le conoscenze e i sistemi di produzione sono stati esportati in Francia alla fine del XIX secolo; lì l’ostricoltura si è affermata e ha dato origine alla moderna produzione francese. In epoca più recente, a partire dal dopoguerra, sono stati effettuati diversi tentativi di reintroduzione della produzione di ostriche in Italia. Nonostante ciò, la produzione italiana oggi è marginale e sono pochi i dati rilevati scientificamente e in maniera sistematica che possano supportare un eventuale sviluppo della ostricoltura in ambienti diversi. Nel sud della Francia, in laguna di Thau, è stato messo a punto un sistema di allevamento delle ostriche basato su moduli di pertiche con corde su cui le ostriche vengono fissate con speciali collanti e sottoposte ad emersione ed immersione periodica durante la fase di accrescimento. Questo sistema è stato importato in Italia, in Sacca degli Scardovari, dalla Società Agricola La Perla (associata al Consorzio delle Cooperative Pescatori del Polesine). Tuttavia, le condizioni climatiche, la qualità dell’acqua e la disponibilità di alimento nei due ambienti (laguna di Thau e Sacca degli Scardovari) sono diverse, per cui la tecnica di allevamento deve essere adeguatamente messa a punto e devono essere verificati prestazioni, sopravvivenza, e qualità del prodotto nelle condizioni della Sacca che possano essere utili per uno sviluppo del settore in questo ambiente e in Italia. Pertanto, la presente Tesi di Laurea ha avuto lo scopo di mettere a punto e fornire conoscenze su un sistema innovativo di allevamento delle ostriche per lo sviluppo di un nuovo prodotto in Sacca degli Scardovari. L’obiettivo specifico dell’attività prevista è stato quello di valutare lo sviluppo morfologico, la sopravvivenza e la qualità di ostriche concave (Crassostrea gigas), confrontando tempi diversi di emersione e immersione delle ostriche durante il ciclo di allevamento e controllando periodicamente le caratteristiche di qualità dell’acqua. Allo scopo sono stati confrontati tre trattamenti di emersione: standard aziendale messo a punto in Francia e variabile in funzione della situazione climatica/atmosferica vs. fisso lungo vs. fisso breve.

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MATERIALI E METODI

LOCALIZZAZIONE DELL’ALLEVAMENTO

La prova oggetto del presente studio è stata condotta presso un sito allevamento nella Sacca degli Scardovari in prossimità del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Il Parco del Delta del Po veneto è stato istituito l’8 settembre 1997 e include il tratto di costa a sud della foce del fiume Adige fino alla foce del Po di Goro. Il Delta è interamente compreso nella provincia di Rovigo. Nella sua corsa verso il mare, il fiume Po ha dato origine alla formazione di numerose lagune, che da nord a sud sono: Caleri, Marinetta, Barbamarco, Burcio, Basson, Canarin e Scardovari (Figura 6) (Turolla, 2008).

Figura 6. Mappa del Delta del Po (Fonte: www.parcodeltapo.it)

Le lagune sono bacini costieri determinati dalla formazione di un cordone litorale che costituisce un confine fisico fra il mare aperto e il bacino stesso. Se la fascia di sabbia occlude completamente lo sbocco al mare, allora la laguna diventerà prima un lago costiero per tendere gradualmente ad impaludarsi e ad asciugarsi; se invece sarà mantenuta almeno un’apertura detta bocca a mare, questa avrà l’importante funzione di garantire gli scambi con le acque esterne più profonde, evitando così stratificazione, periodi di anossia e temperature troppo elevate in estate e troppo basse in inverno (Turolla, 2008).

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Le lagune del delta del Po sono caratterizzate da importanti variazioni della salinità delle acque nel corso dell’anno: in momenti di prolungato ricevimento di acque provenienti dal fiume, la salinità può raggiungere valori molto bassi, al di sotto del 10‰, mentre in seguito a periodi poco piovosi e a scarsi apporti dal Po la stessa può superare il 30‰ (Turolla, 2008). Questi casi estremi avvengono poche volte l’anno e sono condizionati dalla direzione e dall’intensità dei venti oltre che dalle maree e gli organismi che popolano queste zone devono essere in grado di fronteggiare questi sbalzi di salinità. Nelle lagune del delta del Po anche la temperatura risulta molto variabile nel corso dell’anno da pochi gradi sopra lo zero in inverno a 28-30°C in estate. La limpidezza delle acque è generalmente molto limitata, soprattutto nei mesi caldi. Infatti, le acque ricche di nutrienti provenienti dal Po finiscono direttamente in laguna; questo favorisce lo sviluppo del fitoplancton, che è fondamentale per lo sviluppo di molluschi filtratori (Turolla, 2008), ma anche lo sviluppo di coli fecali. Infatti, proprio la laguna degli Scardovari è classificata come zona B. In zona B, il contenuto di coli fecali nei molluschi deve essere in quantità minore o uguale a 4.600 UFC E. coli per 100 g di polpa e liquido intervalvare nel 90% dei campioni di molluschi e non deve superare i 46.000 UFC E. coli per 100 g di polpa e liquido intervalvare nel rimanente 10%. Per i molluschi bivalvi allevati nella laguna di Scardovari, secondo l’Allegato II Regolamento (CE) n. 854/2004, il trattamento richiesto dopo la raccolta consiste nella depurazione, stabulazione o trasformazione. Altrimenti, i molluschi non possono essere commercializzati.

ALLEVAMENTO E DISEGNO SPERIMENTALE

La prova è stata condotta presso l’allevamento di ostriche “Perla del Delta” localizzato in Sacca di Scardovari, a 500 metri dalla costa in un’area con profondità media di 2,50 metri. Il sistema di allevamento, mutuato da quello utilizzato in Laguna di Thau dal produttore Tarbouriech (a sua volta socio della Perla del Delta), è basato su un sistema a sospensione su corde, la cui emersione è regolata in maniera automatizzata e controllabile da remoto (Figura 7). Messo in funzione nell’aprile del 2016, l’impianto è costituito da un modulo di dodici pertiche, su ognuna delle quali sono posizionate dodici corde della lunghezza di circa 2 m. Ciascuna corda porta 30 gocce sulle quali sono cementate quattro ostriche per un totale di 120 individui per corda. L’impianto conta dodici motori comandati a terra e completamente alimentati da energia fotovoltaica ed eolica; questo meccanismo, permette all’ostricoltore di fare emergere le corde all’aria in funzione del programma prescelto.

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Figura 7. Impianto ostriche “Perla del Delta” in Sacca degli Scardovari

Le ostriche utilizzate nella presente sperimentazione erano triploidi e sono giunte presso l’allevamento nel mese di settembre alla taglia di 20-30 mm da un incubatoio francese. Le ostriche sono state trasportate in Italia all’interno di lanterne (contenitori) in rete, messe a dimora in acqua e lì mantenute per circa un mese per consentire un adeguato adattamento al nuovo ambiente in termini di temperatura e salinità dell’acqua. Nel mese di ottobre (17 ottobre), le ostriche sono state prelevate dalle lanterne e sottoposte alle operazioni necessarie per l’incollaggio sulle corde. In uno dei locali normalmente utilizzati per la lavorazione dei mitili e situati lungo le sponde della Sacca, tutte le ostriche sono state tolte dalle lanterne e, in maniera assolutamente casuale, prelevate e incollate sulle corde, quattro per goccia, utilizzando un apposito cemento marino atossico (Figura 8). Le corde sono state lasciate nel locale per circa 24 ore e fino alla solidificazione del cemento. Sono state quindi caricate in barca, portate all’impianto e agganciate alle pertiche. I primi due mesi, le corde sono rimaste immerse in maniera continua. Successivamente sono stati applicati i programmi selezionati di emersione ed immersione delle corde.

Figura 8. Fase d’incollaggio: posizionamento ostriche su tavola (sinistra) e incollaggio con il cemento (destra).

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Sono state oggetto della sperimentazione tre pertiche adiacenti fra di loro e collocate al centro del modulo, prevedendo il controllo di 10 corde per ogni pertica (evitando le due corde più esterne di ogni pertica). In particolare, la prova ha previsto il confronto di tre diversi trattamenti di emersione:

1) emersione fissa breve (circa 4 ore nel mese di dicembre 2016 e 7 ore in seguito) (1 pertica, 10 corde);

2) emersione fissa lunga (circa 8 ore nel mese di dicembre 2016 e 14 ore in seguito) (1 pertica, 10 corde);

3) emersione variabile standard (standard aziendale variabile in funzione delle condizioni climatiche) (1 pertica, 10 corde).

RILIEVI PRESSO L’ALLEVAMENTO

Rilievi biometrici e mortalità nel corso della prova in allevamento L’inizio della sperimentazione è coinciso con l’incollaggio. In quell’occasione 432 ostriche, corrispondenti al 10% delle ostriche da incollare sulle tre pertiche oggetto di controllo, sono state prelevate in maniera del tutto casuale dall’insieme delle ostriche pronte per l’incollaggio e utilizzate per misurare altezza, lunghezza, e profondità con calibro (precisione 0,1 mm) (Figura 9), oltre che peso dell’ostrica (Figura 10) (Brake e coll., 2003; Xiong e coll., 2010).

Figura 9. Misure sulle ostriche intere: lunghezza e larghezza (a); profondità (b) (Xiong e coll., 2010).

Per valutare la forma delle ostriche in maniera indipendente dalla dimensione delle stesse (Brake e coll., 2003), sono stati utilizzati i seguenti indici: rapporto profondità/lunghezza e rapporto larghezza/lunghezza. Quanto maggiore è la profondità rispetto alla lunghezza dell’ostrica (maggiore valore del rapporto

Larghezza

Lunghezza

Profondità

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profondità/lunghezza) migliore è considerata la forma. È considerato indice di buona forma un rapporto profondità/lunghezza intorno a 0,316; si considera negativamente un valore inferiore a 0,219. Il limite di 0,25 è considerato buona soglia per separare le ostriche di forma adeguata da quelle che non lo sono con un’accuratezza pari all’85,6% (Xiong e coll., 2010).

Figura 10. Misure biometriche (sinistra) e pesata delle ostriche intere prima dell’incollaggio (ottobre 2016).

Nel corso della prova, 2, 4, 7 e 8 mesi dopo l’incollaggio, sulle 10 corde individuate per le tre pertiche, le ostriche attaccate alle corde e posizionate sulle gocce 5, 15 e 25 di ogni corda (corrispondenti alle gocce posizionate ad una profondità di circa 0,50, 1,20 e 1,90 m) sono state controllate per lunghezza e larghezza (Xiong e coll., 2010). Inoltre, sempre nello stesso momento (2, 4, 7 e 8 mesi dall’incollaggio), è stata rilevata la mortalità delle ostriche di tutte dodici le corde delle tre pertiche tenendo conto della posizione delle gocce. Otto mesi dopo l’incollaggio, al raggiungimento della taglia commerciale e prima della raffinazione delle ostriche in condizioni standard per tutti i trattamenti (immersione in panieri per 24 ore per circa un mese), sono state prelevate 90 ostriche (30 per trattamento sperimentale; 3 per corda) in corrispondenza della goccia 15. Le 90 ostriche sono state portate presso il laboratorio LaChi del Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente dell’Università di Padova per le misurazioni biometriche, le analisi reologiche e le analisi chimiche di cui sotto.

Piano di campionamento e analisi dell’acqua Nel corso della prova, presso l’impianto, ogni 2-3 settimane (compatibilmente con le condizioni atmosferiche) e per un totale di 13 campionamenti, la qualità dell’acqua è stata controllata per i seguenti parametri chimico-fisici: pH, temperatura (°C), ossigeno disciolto (ppm, % saturazione), torbidità (FNU), solidi totali disciolti (ppm), e salinità (psu) mediante sonda multiparametrica portatile HI 9829 (Hanna Instruments, Padova, Italia) (Figura 11). Le misure sono state effettuate sempre fra le ore 10.00 e le ore 11.00 prima dell’emersione delle

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ostriche, in tre posizioni lungo ognuna delle tre pertiche (in corrispondenza della corda 2; fra la corda 4 e 5; in corrispondenza della corda 8) e a tre profondità corrispondenti alle gocce 5, 15, e 25 lungo le corde.

Figura 11. Sonda multiparametrica e misurazioni chimico-fisiche dell’acqua

Ad ogni campionamento i dati venivano registrati dallo strumento e trascritti su un quaderno nel sito dell’allevamento, trasferiti poi in un secondo momento su programma di calcolo.

Piano di campionamento e analisi in laboratorio Lo schema delle analisi realizzate in laboratorio sulle ostriche campionate in allevamento alla raccolta commerciale è riportato nella Figura 12 e nei paragrafi successivi descritto in dettaglio con riferimento ai materiali e metodi utilizzati per le biometrie, le analisi reologiche e le analisi chimiche.

Figura 12. Articolazione delle analisi di laboratorio effettuate sulle ostriche prelevate alla raccolta commerciale.

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Biometrie delle ostriche alla raccolta Al momento della raccolta per la commercializzazione, sono state prelevate 90 ostriche direttamente dalle corde e conservate in sacchetti di plastica, prevedendo un sacchetto con tre ostriche, i.e. un sacchetto per ogni corda identificato con il numero della pertica, il numero della corda e il trattamento di emersione. I sacchetti con le ostriche sono stati stoccati in un contenitore refrigerato con piastre eutettiche e trasportati presso il laboratorio dell’Università di Padova in circa un’ora e mezza. All’arrivo, le ostriche sono state posizionate in 3 cassette diverse da 30 ostriche ciascuna, con una sequenza che prevedeva un’ostrica per trattamento per ogni corda (da 1 a 10) per ogni cassetta. Le cassette sono state quindi stoccate a 2°C in cella frigorifera. A 24 h dalla raccolta, le tre cassette sono state analizzate in successione. Sulle ostriche intere sono state subito misurate altezza, lunghezza, e profondità con calibro (precisione 0,1 mm) (Figura 13); i rapporti profondità/larghezza e larghezza/lunghezza sono stati calcolati per ogni ostrica come sopra indicato (Brake e coll., 2003; Xiong e coll., 2010).

Figura 13. Misurazioni biometriche in laboratorio.

Il peso delle ostriche è stato misurato i) all’uscita dalla cella frigo dopo aver ripulito le ostriche dalla presenza di fouling con uno spazzolino di metallo; ii ) 45 minuti dopo all’apertura delle valve. L’apertura delle ostriche e la separazione delle due valve è stata quindi effettuata con apposito coltello; il contenuto dell’ostrica è stato rimosso facendo particolare attenzione a rimuovere il muscolo adduttore nella sua interezza (Figura 14). Con i dati corrispondenti è stato calcolato il rapporto percentuale fra il contenuto di ogni ostrica e il peso totale della stessa come fattore di condizione di tipo I (Fratini e coll., 2013). Il peso delle valve è stato misurato dopo 24 ore di asciugatura all’aria e il peso della massa secca dopo liofilizzazione. Con i dati corrispondenti è stato calcolato il rapporto percentuale fra il contenuto secco di ogni ostrica e il peso delle valve come fattore di condizione di tipo II (Fratini e coll., 2013).

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Figura 14. Apertura delle ostriche in laboratorio.

Sulla valva piatta di ogni ostrica sono state inoltre misurate la lunghezza (muscle scar length, MSL) e l’altezza (muscle scar height, MSH) dell’impronta del muscolo adduttore oltre che la lunghezza dell’area del legamento (length of ligamental area, LLA) (Figura 15) (Batista e coll., 2008).

Figura 15. Altezza (MSH) e lunghezza (MSL) dell’impronta del muscolo; lunghezza dell’area del legamento (LLA) (Batista e coll., 2008)

Analisi reologiche Su tutte le ostriche, dopo la separazione delle valve dal contenuto, si è proceduto in sequenza e in singolo alla determinazione della Texture Profile Analysis (TPA) per valutare la consistenza, e alla misurazione di colore e pH sul muscolo adduttore. La texture profile analysis è stata realizzata utilizzando un dinamometro analizzatore di struttura TEXTURE ANALYSER TA.XT plus (Stable Micro Systems, Regno Unito). È stato realizzato un test con doppio ciclo di compressione che prevedeva la compressione fino al 50% dell’altezza originale e con una sonda cilindrica in alluminio p/25. Tra un ciclo di compressione e il successivo sono stati lasciati 5 secondi. Le curve di deformazione forza-tempo sono state ottenute con un carico di 5 kg e una velocità di discesa di 2 mm/sec

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(Zhang e coll., 2016). I dati sono stati elaborati con software di gestione TEXT EXPONENT 32 (Stable Micro Systems). Per ogni campione sono stati ottenuti i seguenti parametri: durezza (g) (massima forza necessaria per la compressione del campione); elasticità (mm) (abilità del campione di recuperare a sua forma originale una volta rimossa la forza di compressione); coesività (limite fino al quale il campione può essere deformato prima di rompersi); masticabilità (g/mm) (lavoro necessario per masticare il campione prima che sia ingoiato). Gli indici di colore, luminosità (L*), rosso (a*) e giallo (b), secondo metodo CieLab (1976) sono stati misurati sempre sul muscolo adduttore e utilizzando un colorimetro Minolta CM-508 C (Minolta Corp., Ramsey, NJ, USA). Infine si è proceduto alla misura del pH sul muscolo adduttore mediante pHmetro dotato di apposito elettrodo per la penetrazione nella carne e di sonda con controllo automatico della temperatura (portable Sension+, Hanch Company/Hanch Lance, s.r.l., Switzerland) (Figura 16).

Figura 16. Misurazione del pH nel muscolo adduttore

Analisi chimiche Sessanta ostriche (prime due cassette in lavorazione) sono state utilizzate per le analisi chimiche e la determinazione della composizione centesimale. Il peso del contenuto delle ostriche è stato pesato 10 minuti dopo l’apertura delle valve (Brake e coll., 2003; Xiong e coll., 2010), Le ostriche sono state quindi individualmente sottoposte a liofilizzazione, macinate con Grindomix GM 200 (Retsch Italia, Verder Scientific S.r.l., Torre Boldone, Italia), e analizzate per il contenuto di sostanza secca (934.01), ceneri (967.05), proteina grezza (2001.11) ed estratto etereo (991.36) (AOAC, 2000). Il contenuto di estrattivi inazotati, corrispondente al contenuto di glicogeno, è stato calcolato per differenza. Infine, le 30 ostriche dell’ultimo lotto analizzato sono state individualmente macinate e utilizzate per le analisi di azoto totale basico volatile (Ababouch e coll., 1996). L’analisi è stata effettuata utilizzando il metodo ufficiale (Decisione della Commissione 95/149/CE). La quota rimanente e non utilizzata per l’analisi è stata stoccata a -18°C per successive analisi del profilo acidico della componente lipidica (dati non riportati nella presente tesi).

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Analisi statistica I dati individuali rilevati nel corso della prova in allevamento sono stati sottoposti ad analisi della varianza con un modello misto, che considerava come effetti fissi il sistema di emersione, la posizione della goccia, il tempo di campionamento e le loro interazioni e come effetto casuale la corda, utilizzando la procedura PROC MIXED del SAS (SAS Institute, Cary, NC, USA). Per valutare l’effetto di sistema di emersione, posizione della goccia, momento di rilievo e loro interazioni sulla mortalità delle ostriche è stata utilizzata la PROC CATMOD del SAS. I dati individuali di biometrie, qualità reologica e chimica misurati in laboratorio sulle ostriche prelevate al campionamento finale sono stati sottoposti ad analisi della varianza con un modello che considerava l’effetto del sistema di allevamento e utilizzando la procedura PROC GLM del SAS. Le differenze fra le medie con P<0,05 sono state considerate statisticamente significative, mentre quelle con 0,05<P<0,10 sono state considerate come indicative di un trend.

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RISULTATI E DISCUSSIONI

Qualità dell’acqua La Tabella 2 descrive le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua nel periodo di campionamento (ottobre 2016-giugno 2017). La temperatura è variata in maniera coerente con l’andamento stagionale (Figura 17): ha raggiunto un minimo (1,90°C) nei mesi invernali e un massimo in estate (27,7°C) (Tabella 2). L’ossigeno disciolto è variato da un minimo di 2,08 ppm ad un massimo di 10,4 ppm (Tabella 2), mostrando i valori maggiori durante il periodo invernale-primaverile ed evidenziando una riduzione all’aumentare della temperatura e nel mese di giugno (Figura 17). Lo stesso andamento è stato misurato per la percentuale della saturazione dell’ossigeno.

Tabella 2. Caratteristiche chimico fisiche delle acque nel corso della prova.

N Media DS Minimo Massimo pH 351 8,30 0,22 7,80 8,98 Temperatura, °C 351 14,5 7,12 1,90 27,7 Ossigeno disciolto, ppm 351 7,96 1,74 2,08 10,4 Saturazione ossigeno, % 351 89,9 17,6 31,5 139 Solidi totali disciolti, ppm 351 21,4 2,03 17,1 29,9 Torbidità, FNU 351 4,91 5,06 0,10 22,5 Salinità, psu 351 27,2 2,60 13,8 32,0 La salinità si è mantenuta su valori relativamente costanti ed elevati nei mesi invernali; è diminuita nei mesi primaverili per poi aumentare nei mesi di giugno e luglio (Figura 17). Il valore massimo misurato è stato pari a 32,0 psu, quello minore è stato di 13,8 psu (Tabella 2). Il contenuto di solidi totali disciolti è variato con lo stesso andamento della salinità (Figura 17) e da un massimo di 29 ppm a un minimo di 17,1 ppm (Tabella 2). La torbidità, infine, è variata da un minimo di 0,10 FNU ed un massimo di 22,5 FNU (Tabella 2). Il picco di torbidità misurato nel mese di gennaio è da imputarsi ad una misurazione effettuata dopo condizioni meteorologiche sfavorevoli e mare molto agitato (Figura 17). Nella Figura 17 è possibile evidenziare che le caratteristiche chimico fisiche delle acque non sono risultate diverse in corrispondenza delle pertiche dei diversi sistemi di emersione. La rappresentazione delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque misurate alle diverse profondità in corrispondenza delle gocce 5 (circa 0,50 m di profondità), 15 (circa 1,20 m di profondità) e 25 (circa 1,90 m di profondità) non ha mostrato importanti differenze per la maggior parte delle variabili considerate nel corso della prova (Figura 18).

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Figura 17. Caratteristiche delle acque nel corso della prova in funzione del trattamento di emersione.

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Figura 18. Caratteristiche delle acque nel corso della prova in funzione della posizione delle gocce lungo le corde di ostriche immerse.

L’assenza di una variazione della temperatura in funzione della profondità potrebbe essere spiegata con l’ora di misurazione, normalmente fra le 10.00 e le 11.00 del mattino. Soprattutto nel periodo invernale, le differenze fra gli strati più superficiali e quelli più profondi potevano essere attenuate dalle condizioni di irraggiamento solare e dalla ventilazione, considerate limitate differenze di profondità (da circa 0,50 a 1,90 cm). Diversamente, la salinità e la concentrazione di solidi totali sono risultate diverse in funzione della posizione delle gocce nel corso della prova e superiori in corrispondenza della goccia 15, in posizione

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intermedia a circa 120 cm di profondità, piuttosto che in superficie (goccia 5) o in profondità (goccia 25) (Figura 18). Solo a partire dal mese di maggio, le condizioni di salinità sono risultate uniformi lungo tutta la profondità controllata.

Dimensioni e sviluppo delle ostriche

La Tabella 3 mostra le caratteristiche delle ostriche misurate al momento dell’incollaggio (17 ottobre 2016) sul 10% dell’intera popolazione collocata sulle corde e messa a stabulare in laguna sul sistema in sospensione. Il peso medio misurato è risultato pari a 6,04 g, con un minimo di 1,00 g ed un massimo di 16,0 g; la lunghezza media è stata pari a 39,8 mm, con una variazione da 22,0 mm a 72,5 mm; la larghezza è risultata in media pari a 23,9 mm con una variazione da 10,8 mm a 39,4 mm. Il rapporto tra la profondità e la lunghezza è stato pari in media a 0,29; il rapporto fra la larghezza e la lunghezza si è attestato sul valore di 0,61.

Tabella 3. Caratteristiche biometriche delle ostriche al momento dell’incollaggio.

N Media DS Minimo Massimo Peso ostrica intera, g 432 6,04 2,63 1,00 16,0 Lunghezza, mm 432 39,8 8,38 22,0 72,5 Larghezza, mm 432 23,9 4,39 10,8 39,4 Profondità, mm 432 11,6 2,92 5,50 33,6 Profondità/lunghezza 432 0,29 0,06 0,16 0,66 Larghezza/lunghezza 432 0,61 0,10 0,26 1,15 La classe di peso più frequente è stata rappresentata da individui con un peso compreso fra 5,80 g e 7,00 g (26% di tutta la popolazione), seguita dalla classe che ricomprendeva gli individui con un peso da 4,60 a 5,80 g (16%) e dalle classi di peso compreso fra 3,40 e 4,60 g (13%) e 2,20 e 3,40 g (12%) (Figura 19). Tutti le altre classi di peso hanno presentato una frequenza inferiore al 10%. Per quanto riguarda la lunghezza (Figura 19), ben il 90% delle ostriche incollate ha presentato una lunghezza superiore alla lunghezza minima considerata utile per l’inizio della fase di ingrasso (30-40 mm) (Turolla e Rossi, 2005). Infine, il 23% delle ostriche ha presentato una larghezza fra 16,8 e 20,8 mm; la maggior parte, il 54%, ha presentato una larghezza compresa fra 20,8 mm a 26,8 mm; per un altro 16% è stata misurata una larghezza da 26,8 a 30,8 mm (Figura 19). Le rimanenti ostriche hanno presentato larghezza inferiore a 16,8 mm o superiore a 30,8 mm.

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Figura 19. Distribuzione di peso, lunghezza e larghezza delle ostriche al momento dell’incollaggio.

Nella Figura 20 sono rappresentate le distribuzioni della lunghezza e della larghezza di tutte le ostriche controllate al momento della raccolta su tutte le corde in sperimentazione e prima della raccolta delle ostriche destinate alle analisi di laboratorio. La misura è stata fatta a 8 mesi dall’incollaggio (28 giugno 2017). Il 23% delle ostriche ha presentato una lunghezza compresa fra 60,1 mm e 70,1 mm; il 43% aveva lunghezza da 70,1 mm a 80,1 mm; il 24% ha presentato lunghezza da 80,1 a 90,1 mm. In quanto alla larghezza, il 16% delle ostriche era larga da 40,9 mm a 51,7 mm; il 60% presentava larghezza da 51,7 mm a 67,9 mm e un altro 18% misurava da 67,9 mm a 78,7 mm (Figura 20).

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Figura 20. Distribuzione di lunghezza e larghezza delle ostriche alla raccolta, 8 mesi dopo l’incollaggio.

Premesso che la lunghezza e la larghezza misurate al momento dell’incollaggio erano pari a 39,8 mm e 23,9 mm, rispettivamente (Tabella 3), il valore misurato dopo 2 mesi per le due grandezze è risultato pari a 45,2 mm e 33,4 mm (Tabella 4), rispettivamente, ad indicare uno sviluppo degli animali nei mesi compresi fra ottobre e dicembre. Nella Tabella 4 è riportato l’effetto dei fattori sperimentali considerati sulla lunghezza e la larghezza delle ostriche sulle corde nei diversi campionamenti e a partire dal mese di dicembre. L’effetto del tempo di campionamento è risultato sempre altamente significativo (P<0,001). In particolare, dal confronto delle medie, risulta che la lunghezza delle ostriche è inferiore a 2 e 4 mesi dall’incollaggio (dicembre e febbraio) rispetto a 7 e 8 mesi dallo stesso (maggio e giugno) (45,2 mm e 47,0 mm vs. 77,6 mm e 76,0 mm). Inoltre, non cambia fra 2 e 4 mesi, così come non cambia fra 7 e 8 mesi. Anche per la larghezza, i valori minori sono stati misurati a 2 e 4 mesi dall’incollaggio e quelli maggiori a 7 e 8 mesi (P<0,001). Tuttavia, in questo caso, la larghezza è significativamente diminuita fra i 7 e gli 8 mesi (da 64,9 mm a 59,6 mm). Per spiegare questo risultato, si può ipotizzare che la mortalità osservata fra 7 e 8 mesi (in condizioni di alte temperature e minore disponibilità di ossigeno), sotto descritta, sia stata a carico delle ostriche più grandi. Anche il rapporto larghezza/lunghezza è variato nella stessa direzione ai diversi campionamenti, mostrando un aumento proporzionalmente maggiore della larghezza rispetto alla lunghezza con la crescita delle ostriche e una uniformità fra i campionamenti a 2 e 4 mesi e fra quelli a 7 e 8 mesi.

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Tabella 4. Effetto del sistema di emersione e della posizione lungo la corda sulle caratteristiche biometriche delle ostriche ai diversi campionamenti

Tempo (mesi) (T) Sistema emersione(S) Goccia (G) Prob.

2 4 7 8 Breve Lungo Standard 5 15 25 T S G DSR

Lunghezza, mm 45,2a 47,0a 77,6b 76,0b 61,0a 60,4a 63,0b 63,6c 59,1a 61,6b <0,001 <0,001 <0,001 9,19

Larghezza, mm 33,4a 33,1a 64,9c 59,6b 47,4b 46,8a 49,0b 49,1b 45,2a 48,9b <0,001 <0,01 <0,001 7,93

Larghezza/lunghezza mm 0,74a 0,71a 0,84b 0,80b 0,78 0,77 0,79 0,76a 0,76a 0,80b <0,001 0,42 0,05 0,20

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Per quanto riguarda l’effetto del sistema di emersione utilizzato, le ostriche che hanno mostrato una lunghezza maggiore sono state quelle allevate con il sistema standard rispetto a quelle allevate con il sistema di emersione breve e lunga (63,0 mm vs. 61,0 mm e 60,4 mm; P<0,001); le larghezze maggiori (47,4 mm e 49,0 mm) sono state misurate nelle ostriche del sistema breve e del sistema standard rispetto a quelle allevate con il sistema di emersione lungo (46,8 mm) (P<0,01) (Tabella 4). Mediamente, anche la posizione della goccia lungo la corda ha determinato significative variazioni della lunghezza e della larghezza delle ostriche. In particolare, la lunghezza è risultata crescente dalle ostriche posizionate sulle gocce intermedie (goccia 15) a quelle inferiori (goccia 25) con i valori maggiori per le ostriche delle gocce più superficiali (goccia 5) (59,1 mm vs. 61,6 mm vs. 63,6 mm; P<0,001). In termini di larghezza, le ostriche delle gocce più superficiali e quelle delle gocce più in profondità hanno presentato le misure maggiori rispetto alle ostriche della posizione intermedia (49,1 mm e 48,9 mm vs. 45,2 mm; P<0,001). Il rapporto larghezza/lunghezza delle ostriche ha mostrato uno sviluppo in larghezza significativamente maggiore per le ostriche sulle gocce più profonde

rispetto a quelle superiori e intermedie (0,80 vs. 0,76; P≤0,05) (Tabella 4). Essendo stata misurata un’interazione significativa fra il tempo di campionamento e il sistema di emersione utilizzato, in Figura 21 è rappresentata la lunghezza delle ostriche allevate con i diversi sistemi di emersione per i diversi campionamenti. In particolare, si nota come per i sistemi di emersione breve e lungo non ci siano state variazioni di lunghezza fra i 2 e i 4 mesi dall’incollaggio, mentre nel sistema standard le ostriche hanno mostrato un aumento della lunghezza fra i due campionamenti indicati. Inoltre, fra il campionamento a 7 e quello a 8 mesi dall’incollaggio, nel sistema lungo e standard non si sono osservate variazioni di lunghezza, mentre la lunghezza è diminuita in questo intervallo di tempo per le ostriche del sistema di emersione breve.

Figura 21. Lunghezza delle ostriche in occasione dei diversi campionamenti e in funzione del sistema di emersione utilizzato (interazione tempo x sistema di emersione, P<0,001).

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La Figura 22 illustra l’andamento della larghezza in funzione del sistema di allevamento nei diversi periodi. Anche in questo caso, per i sistemi di emersione breve e lungo non ci sono state variazioni di larghezza delle ostriche fra i 2 e i 4 mesi, mentre nel sistema standard le ostriche hanno mostrato un aumento della larghezza fra i due campionamenti. Inoltre, fra il campionamento a 7 e quello a 8 mesi, nel sistema standard non si sono osservate variazioni, mentre la larghezza è diminuita in questo intervallo di tempo per le ostriche del sistema di emersione breve e per quelle del sistema di emersione lungo.

Figura 22. Larghezza delle ostriche in occasione dei diversi campionamenti e in funzione del sistema di emersione utilizzato (interazione tempo x sistema di emersione, P<0,001).

Infine, se si confrontano i trattamenti di emersione entro tempo di campionamento (Figure 21 e 22), è possibile osservare che: i) dopo 2 mesi, non ci sono differenze di lunghezza o larghezza fra le ostriche dei tre gruppi di emersione; ii ) dopo 4 mesi, le ostriche sottoposte ad emersione standard mostrano maggiore sviluppo rispetto a quelle del sistema di emersione breve (per larghezza ostrica) e lunga (per lunghezza e larghezza ostrica); iii ) a 7 mesi, non ci sono differenze di lunghezza o larghezza; iv) dopo 8 mesi, le ostriche sottoposte ad emersione standard mostrano lunghezza e larghezza maggiore rispetto a quelle sottoposte ad emersione breve. I dati disponibili in letteratura sull’allevamento delle ostriche in Italia non sono molto numerosi e sono tutti riferiti a sistemi di allevamento sul fondo o in sospensione in contenitori di diverse tipologie, in mare o in sistemi lagunari. In questi sistemi, in generale, i problemi principali per lo sviluppo delle ostriche sono legati alla presenza di specifiche patologie, dovute a virus nella maggior parte dei casi, e al fouling associato allo sviluppo di organismi vegetali e animali sulle superfici dei contenitori, limitando il flusso di acqua e di nutrienti alle stesse ostriche e, di conseguenza, rallentando l’accrescimento e provocando la mortalità delle ostriche. Per queste ragioni, la maggior parte delle sperimentazioni ha confrontato diversi sistemi di contenitori, più o meno suscettibili a fouling.

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Importato dalla Laguna di Thau, in Francia, il sistema di allevamento utilizzato nella presente sperimentazione, con corde in sospensione movimentabili alle quali sono incollate le ostriche, consente di superare i limiti dei contenitori sopra indicati, ma le capacità produttive e la qualità delle ostriche nell’ambiente italiano non sono definite. D’altra parte, nella Sacca degli Scardovari vengono allevati ingenti quantitativi di mitili e vongole; tale produzione è consentita dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua e da un buon apporto di nutrienti, la maggior parte derivanti dal fiume Po. Ci sono quindi tutte le premesse perché l’ambiente della Sacca sia idoneo anche per la produzione di ostriche. Non essendo disponibili dati relativi a sistemi in sospensione su corde in Italia, non è possibile un confronto diretto fra l’accrescimento misurato nella nostra sperimentazione e quello degli altri lavori condotti sulle ostriche. Inoltre, trattandosi negli altri casi di sistemi sottoposti ad immersione continua, non sono disponibili dati sul possibile effetto del tempo di emersione. Nelle nostre condizioni, l’ipotesi era che con tempi di emersione breve si potesse favorire l’accrescimento delle ostriche e ridurre la durata del ciclo di allevamento, aumentando i tempi di alimentazione. D’altra parte si voleva verificare se l’impiego di tempi di emersione lunga avrebbe potuto favorire la qualità delle ostriche dopo la raccolta, migliorando la capacità di mantenimento di chiusura delle valve, caratteristica richiesta dal mercato. Infine, poiché il programma di emersione standard era stato sviluppato in Francia, la sperimentazione voleva anche verificare il suo impatto nelle condizioni della Sacca degli Scardovari. Il confronto con i dati disponibili è reso anche difficile dalle diverse taglie di partenza e finali in ogni sperimentazione e dal diverso periodo di allevamento. Tuttavia, vale la pena di ricordare alcuni dati ottenuti in sperimentazioni in Italia, in mare e in laguna, in condizioni ambientali diverse, su Crassostrea gigas. In una sperimentazione condotta in medio Adriatico, circa 5 miglia a Sud di Ancona nella baia di Portonovo, con batterie di cestelli di ostriche immerse a 10 m di profondità da aprile ad ottobre, partendo da ostriche di lunghezza media pari 14,3 mm per un peso di 0,32 g, è stato osservato un accrescimento molto contenuto fino al mese di maggio (Lucchetti e Sala, 2007). Successivamente, l’accrescimento è aumentato in maniera rilevante in giugno-luglio e si è mantenuto fino al termine della sperimentazione (ottobre), quando le ostriche hanno raggiunto una lunghezza media pari a 62,4 mm per un peso di 25,6 g. In più prove di allevamento condotte presso un impianto di molluschicoltura long line a Cattolica, situato a circa 1,5 miglia dalla costa con 11 metri di profondità in cestelli, è stata dimostrata la buona capacità di accrescimento di ostriche C. gigas, sia diploidi che triploidi. In particolare, la lunghezza delle ostriche diploidi è aumentata dai 6,9 mm all’inizio del ciclo, nel mese di maggio, ai 74,4 mm misurati nel mese di marzo dell’anno successivo, con l’accrescimento maggiore fra i mesi di giugno e gennaio. Nelle ostriche triploidi è stato misurato lo stesso andamento, con un aumento della lunghezza da 10,4 mm a 70,8 mm da maggio a marzo dell’anno successivo (Prioli, 2013).

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Nelle nostre condizioni, in laguna, le ostriche hanno mostrato un accrescimento nei primi due mesi (ottobre-dicembre), mentre non sono cresciute in lunghezza o in larghezza durante i mesi più freddi (fra dicembre e febbraio). Diversamente, hanno ripreso a svilupparsi fra febbraio e maggio, all’aumentare della temperatura e della disponibilità di alimento. L’arresto dello sviluppo nell’ultimo mese, giugno, è da attribuirsi all’aumento delle temperature e alla riduzione della disponibilità di ossigeno, come già osservato in mare (Prioli, 2013) o in altri sistemi in laguna (Chessa e coll., 2013) anche da altri autori. Nello stagno di Calich, in Sardegna, in un sistema di allevamento con lanterne in sospensione, sono stati necessari 12 mesi per portare le ostriche (O. edulis) da una lunghezza iniziale di 49,5 mm a una lunghezza finale di 82,7 mm, corrispondenti ad ostriche aventi profondità di 27,9 mm e peso di 89,5 g (Pais e coll., 2007). Sempre in Sardegna, nella laguna di Tortoli, in un sistema di allevamento con contenitori galleggianti o sommersi a 50 cm di profondità, in 6 mesi (da febbraio a luglio) le ostriche (C. gigas) hanno mostrato un aumento di peso da 1,41 g a 63,3 g in contenitori galleggianti e 87,9 g in contenitori sommersi (Chessa e coll., 2013). Infine, Turolla e Rossi (2005) hanno valutato le prestazioni e la mortalità di C. gigas nella fase di pre-ingrasso e fino a 30-40 mm di lunghezza in laguna e in mare utilizzando sistemi long line con contenitori di tipo diverso (lanterne cinesi in rete o cassette in plastica di tipo rigido) e diverse densità di allevamento. Il pre-ingrasso in laguna è stato realizzato in sei mesi, da ottobre a marzo, durante i quali l’80% degli esemplari ha raggiunto la taglia minima (30 mm) per l’ingrasso, partendo da una lunghezza di 7,7 mm. Anche in questo caso, e come osservato nella nostra sperimentazione, l’accrescimento delle ostriche si è arrestato quando la temperatura ha raggiunto i 5°C, nei mesi di gennaio e febbraio. Secondo i risultati di questi autori, la fase di pre-ingrasso è risultata più veloce quando realizzata in mare piuttosto che in laguna. Nella fase di ingrasso delle ostriche, svolta interamente in mare da marzo a novembre, l’accrescimento è stato influenzato dalla profondità cui erano stati posti i contenitori ed è risultato maggiore per le ostriche posizionate a 3 m di profondità rispetto a quelle a 6 m (Turolla e coll., 2005).

Mortalità durante l’allevamento La Tabella 5 mostra la mortalità cumulativa, espressa rispetto al numero di ostriche inizialmente incollate sulle corde, considerando l’effetto del sistema di emersione e della posizione delle gocce ai diversi tempi di campionamento. L’analisi è stata effettuata raggruppando le gocce posizionate a profondità diversa lungo la corda e considerando tratti di corda con lunghezza di circa 30 cm. Dopo due mesi di stabulazione in laguna, la mortalità non è risultata significativamente diversa in funzione del sistema di emersione e si è attestata sul valore medio del 24,7%. L’assenza di effetti è facilmente spiegabile con il fatto che nei primi due

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mesi tutte le ostriche sono sempre state mantenute immerse per 24 ore, come spiegato in materiali e metodi e per evitare ulteriori stress alle stesse. A quattro mesi dall’incollaggio, la mortalità totale rispetto alle ostriche iniziali è risultata diversa fra i tre sistemi e variabile dal 30,8% nel sistema di emersione lungo al 29,4% nel sistema breve e al 25,5% nel sistema standard. La mortalità cumulativa a 7 mesi è ulteriormente aumentata per tutti i gruppi, risultando ancora una volta diversa in funzione del sistema di emersione con il 54,0% e il 51,3% nei sistemi lungo e breve e con il 33,0% nel sistema standard. Infine, la mortalità cumulativa a 8 mesi dall’incollaggio ha mostrato un aumento rispetto a quella misurata a 7 mesi e il mantenimento delle differenze già illustrate fra i sistemi di emersione (66,8% e 63,3% per le ostriche dei sistemi emersione breve e lunga e 44,3% per quelle del sistema di emersione standard (P<0,001) (Tabella 5). La rappresentazione grafica dell’incremento di mortalità da un campionamento all’altro in funzione del sistema di emersione utilizzato riportata nella Figura 23 permette di evidenziare come il contributo più importante alla mortalità totale sia stato misurato proprio nei primi due mesi dopo l’incollaggio (ottobre-dicembre), e senza differenze fra i sistemi di emersione, come già commentato. Nel secondo periodo, da 2 a 4 mesi dall’incollaggio (dicembre-febbraio), in presenza di temperature ancora basse e con i diversi sistemi di emersione già operativi, è stato misurato un incremento medio della mortalità di 3,9 punti percentuali, ma con un incremento maggiore nelle ostriche dei sistemi di emersione breve e lunga (+4,17 e +5,69 punti percentuali) rispetto a quelle del sistema standard (+1,67). Nel periodo da 4 a 7 mesi, da febbraio a maggio, in condizioni di temperatura crescente e maggiore disponibilità di alimento, si è avuto un incremento notevole della mortalità non immediatamente comprensibile. In questo periodo, il maggiore incremento di mortalità è stato misurato per i due sistemi di emersione breve e lunga (+24,6 e +20,5 punti percentuali) rispetto al sistema standard (+7,5 punti percentuali). Infine, fra i 7 e gli 8 mesi, nei mesi di maggio e giugno, durante i quali si è verificato un importante incremento della temperatura dell’acqua e una riduzione della disponibilità di ossigeno, l’incremento di mortalità delle ostriche nei tre sistemi è stato simile e si è attestato su un +12,1 punti percentuali.

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Tabella 5. Effetto del sistema di emersione e della posizione della goccia sulla mortalità cumulativa (% delle ostriche iniziali) in momenti diversi dopo l’incollaggio.

Sistema di emersione (S) Goccia (G) Prob.

Breve Lungo Standard 1-5 6-10 11-15 16-20 21-25 26-30 S G S x G

% % % % % % % % %

Tempo dall’incollaggio:

2 mesi 25,21 25,14 23,82 21,67 27,08 30,97 26,39 25,69 16,53 0,45 <0,001 0,01

4 mesi 29,38 30,83 25,49 27,92 30,14 35,42 30,42 29,58 17,92 <0,01 <0,001 0,07

7 mesi 53,96 51,32 32,99 35,00 40,69 50,69 53,47 54,72 41,94 <0,001 <0,001 <0,001

8 mesi 66,81 63,33 44,31 45,00 53,75 62,92 65,97 66,81 54,44 <0,001 <0,001 <0,01

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Figura 23. Incremento della mortalità (% rispetto al numero iniziale di ostriche) da un campionamento all’altro in funzione del sistema di emersione utilizzato.

Le differenze di mortalità fra i diversi sistemi di emersione non sono immediatamente comprensibili né sono disponibili informazioni bibliografiche utili in questo senso. Si potrebbe ipotizzare che nei mesi più freddi, da dicembre a febbraio, nel sistema standard la possibilità di lasciare le ostriche in immersione in caso di condizioni sfavorevoli (temperatura ambientale eccessivamente bassa, eccessiva ventosità) consenta di limitare lo stress e l’esposizione delle ostriche a condizioni sfavorevoli e, quindi, riduca la mortalità. Questo potrebbe ancora essere vero nel mese di marzo e nel primo periodo primaverile e quando possono essere maggiori anche le fluttuazioni stagionali e giornaliere delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque. Per quanto riguarda l’effetto sulla mortalità della posizione delle gocce lungo la corda, e quindi della profondità cui erano immerse le gocce, questo è risultato significativo fin dal primo campionamento (Tabella 5). In particolare, durante il periodo invernale, sia al campionamento a 2 mesi che a quello a 4 mesi la mortalità cumulativa è risultata più bassa in corrispondenza delle gocce collocate più in profondità (gocce 25-30, 16,5% e 17,9%). A 7 mesi, la mortalità totale delle ostriche è risultata minore in corrispondenza delle gocce più superficiali (gocce 1-10 collocate nei primi 90 cm di profondità) e delle gocce più in profondità (26-30 collocate fra 1,90 e 2,20 m di profondità) rispetto alle altre. Le differenze di mortalità si sono mantenute anche in corrispondenza dell’ultimo campionamento effettuato a 8 mesi dall’incollaggio. La rappresentazione dell’incremento della mortalità da un campionamento all’altro in funzione della posizione delle ostriche lungo le gocce conferma che nei primi due mesi di stabulazione in laguna sulle corde la mortalità è stata minore negli esemplari collocati a maggiore profondità (Figura 24), come già commentato. Inoltre, l’incremento di mortalità misurato da 2 a 4 mesi è stato maggiore per le gocce comprese nella parte superiore e centrale della corda (gocce in posizione 1-5 in particolare) rispetto a quelle collocate nelle gocce inferiori

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(gocce 25-30). Infine, l’incremento misurato dai 4 ai 7 mesi di stabulazione è stato crescente dalle ostriche collocate nella prima metà della corda all’aumentare della profondità (+7,1, +10,6 e +15,3 punti percentuali per le ostriche delle gocce 1-5, 6-10 e 11-15, rispettivamente) e superiore per le gocce che si trovavano nella seconda metà della corda (+24,1 punti percentuali in media per le gocce 16-30). Infine, fra il settimo e l’ottavo mese l’incremento di mortalità è risultato più omogeneo e distribuito fra tutte le gocce, anche se è stato misurato un incremento numericamente minore sulle gocce della prima parte delle corde (1-5).

Figura 24. Incremento della mortalità (% rispetto al numero iniziale di ostriche) da un campionamento all’altro in funzione della posizione delle gocce lungo la corda.

L’effetto della profondità delle gocce sulla mortalità potrebbe essere spiegato in funzione delle variazioni di temperatura lungo la colonna d’acqua durante i mesi di allevamento. La minore mortalità misurata per le gocce più in profondità durante i primi due mesi (fino a dicembre), in cui le corde erano sempre immerse, potrebbe essere dipesa da una maggiore temperatura e dalle minori variazioni che potrebbero aver interessato lo strato più profondo al diminuire della temperatura ambientale. Diversamente, le gocce più superficiali potrebbero aver risentito maggiormente delle variazioni di temperatura giornaliere e stagionali. In maniera simile, si potrebbe spiegare il minore incremento di mortalità fra 2 e 4 mesi per le ostriche delle gocce più profonde. Il minore incremento di mortalità delle gocce più superficiali all’aumentare della temperatura ambientale da febbraio a maggio (da 4 a 7 mesi) potrebbe essere invece spiegato con la maggiore disponibilità di alimento delle gocce della prima parte della corda che ha interessato prima l’acqua più superficiale rispetto a quella degli strati inferiori in funzione della temperatura. In mare aperto, questi effetti possono essere più evidenti: Turolla e Rossi (2005) hanno misurato una minore mortalità di ostriche all’ingrasso allevate da marzo a novembre in sistemi in sospensione a 3 m che non a 6 m di profondità (41,8% vs.

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76,3%) e hanno attribuito queste differenze alla minore disponibilità alimentare a 6 m di profondità.

Qualità delle ostriche alla raccolta Dopo 8 mesi di stabulazione, in laboratorio sono state valutate le caratteristiche biometriche e la qualità su un campione delle ostriche allevate con i diversi sistemi di emersione e prelevate dalla goccia in posizione intermedia. Il peso medio delle ostriche è risultato pari a 63,8 g ed è variato significativamente in funzione del sistema di emersione: sono risultate più leggere le ostriche sottoposte ad emersione breve rispetto a quelle sottoposte ad emersione lunga e standard (56,8 g vs. 66,3 g e 68,3 g; P<0,01) (Tabella 6). Tabella 6. Effetto del sistema di emersione sulle caratteristiche biometriche delle ostriche a 8 mesi dall’incollaggio.

Sistema di emersione Prob. DSR Breve Lungo Standard Ostriche, n 30 30 30 Peso ostrica, g 56,8a 66,3b 68,3b <0,01 14,08 Lunghezza, mm 71,6a 77,2b 78,1c 0,01 8,68 Larghezza, mm 50,8 55,0 55,6 0,06 8,28 Profondità, mm 27,0a 29,7b 29,2c <0,01 3,15 Profondità/lunghezza, mm 0,38 0,38 0,38 0,70 0,05 Larghezza/lunghezza, mm 0,71 0,72 0,72 0,94 0,10 Fattore di condizione I1 0,352 0,321 0,331 0,12 0,057 Fattore di condizione II2 0,118 0,115 0,118 0,81 0,021 Impronta muscolo sulla valva

Lunghezza, mm 17,0a 18,4b 17,9ab 0,02 1,89 Altezza, mm 13,5a 14,5b 14,4ab 0,03 1,49

Lunghezza del legamento, mm 18,2a 19,4ab 20,2b 0,01 2,50 1contenuto fresco/peso totale x 100. 2contenuto secco/peso valve x 100 (Fratini e coll., 2013).

Le ostriche campionate hanno presentato una lunghezza media pari a 75,6 mm, perfettamente in linea con la lunghezza media misurata su tutte le ostriche controllate sulle corde prima della raccolta (76,0 mm; Tabella 4). Anche le differenze di lunghezza in funzione del sistema di emersione sono risultate coerenti con quanto misurato sulle ostriche sulle corde e la lunghezza minore è stata misurata per le ostriche allevate con il sistema di emersione breve rispetto a quelle con sistema di emersione lunga o standard (71,6 mm, 77,2 mm e 78,1 mm; P<0,01). Le differenze di larghezza e profondità sono risultate sempre a svantaggio delle ostriche allevate con il sistema di emersione breve, meno larghe (P<0,10) e meno profonde (P<0,01) rispetto alle altre (Tabella 6). Il rapporto profondità/lunghezza delle valve è risultato mediamente pari a 0,38 e non

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influenzato dal trattamento. Inoltre, questo rapporto è sempre risultato superiore al limite minimo (0,316) considerato utile per la classificazione delle ostriche come di “buona qualità” in funzione della forma (Brake e coll., 2003). Le ostriche con valori inferiori a 0,22 sono classificate di qualità non adeguata. Il fattore di condizione delle ostriche, calcolato sia sul fresco (fattori di condizione I) che sul secco (fattore di condizione II), non è variato in funzione del trattamento di emersione (in media 0,334 e 0,117, rispettivamente) (Tabella 6). La lunghezza del legamento è risultata significativamente minore e l’impronta del muscolo misurata sulla valva piatta ha mostrato minore lunghezza ed altezza nelle ostriche allevate con il sistema di emersione breve rispetto a quelle allevate con i sistemi di emersione lunga o standard. Sulla base delle informazioni bibliografiche disponibili, questo risultato può essere spiegato dal fatto che le ostriche sottoposte a tempi più lunghi di emersione esercitano e sviluppano maggiormente il muscolo adduttore per mantenere la chiusura delle valve rispetto a quelle che sono sottoposte a tempi di emersione inferiori (Wang, 2015). In quanto all’effetto del trattamento sulle caratteristiche reologiche del muscolo, pH e colore non hanno evidenziato alcuna variazione significativa (Tabella 7). Tabella 7. Effetto del sistema di emersione sulle caratteristiche reologiche del muscolo delle ostriche a 8 mesi dall’incollaggio.

Sistema di emersione Prob. DSR Breve Lungo Standard Numero 30 30 30 Ph 6,20 6,19 6,17 0,44 0,08 L* 62,3 60,5 59,8 0,17 5,10 a* 1,33 1,46 1,58 0,54 0,87 b* 18,8 18,5 18,7 0,90 2,37 C* 18,8 18,6 18,7 0,91 2,40 H* 86 85,6 82,2 0,45 2,40 Durezza, g 1034a 1422b 1430b 0,02 607 Coesività 0,52ab 0,53b 0,49a 0,04 0,06 Elasticità, mm 1,57 1,44 1,63 0,33 0,48 Masticabilità, g/mm 790 1087 1160 0,06 607 Il pH è risultato in media pari a 6,19; l’indice di luminosità si è attestato su 60,9, quello del rosso su 1,45, e quello del giallo su 18,7. Come già riportato da Fratini e coll. (2013) su mantello e branchie di ostriche di laguna e di mare, la colorazione è risultata sul grigio e con una certa componente di giallo. La texture profile analysis ha mostrato alcune differenze in termini di durezza e coesività (Tabella 7). In particolare, il muscolo delle ostriche sottoposte ad emersione breve ha mostrato minore durezza rispetto alle ostriche del sistema lungo e standard (P<0,05). Inoltre, le ostriche dei sistemi breve e lungo hanno mostrato maggiore coesività rispetto a quelle del sistema standard. Ancora una volta, come già riportato da altri autori (Wang, 2015), le differenze di durezza del muscolo

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possono essere attribuite ai diversi tempi di emersione e al diverso esercizio: i muscoli meno esercitati al mantenimento della chiusura (tempo breve) sono più teneri di quelli più esercitati (tempo lungo e standard). La composizione chimica delle ostriche è risultata simile (Tabella 8), così come prevedibile sulla base dell’assenza di differenze nel fattore di condizione in funzione del trattamento di emersione. Il contenuto di azoto basico totale misurato sul prodotto fresco nelle ostriche della nostra prova, infine, è risultato mediamente pari a 4,71 mg/100 g. Il contenuto di proteina grezza (in media 11%), quello di estratto etereo (in media 3,30%) e quello di estrattivi inazotati (8,24%) sono risultati in linea con valori riscontrati in altri lavori (Costil e coll., 2005; Lira e coll., 2013; Pogoda e coll., 2013).

Tabella 8. Effetto del sistema di emersione sulla composizione chimica delle ostriche a 8 mesi dall’incollaggio.

Sistema di emersione Prob. DSR Breve Lungo Standard Numero 20 20 20 Umidità, % 75,7 75,8 75,1 0,42 1,37 Ceneri, % 1,80 1,92 1,91 0,31 0,19 Proteina grezza, % 11,0 11,0 11,1 0,99 0,74 Estratto etereo, % 3,28 3,26 3,38 0,57 0,26 Estrattivi inazotati, % 8,19 7,95 8,59 0,40 1,04 Azoto basico volatile totale, mg/100 g

4,63 4,44 5,07 0,61 1,02

Infatti, i fattori in grado di modificare la composizione chimica delle ostriche sono soprattutto la stagione e l’attività riproduttiva, oltre che il sito di allevamento (Fratini e coll., 2013), in quanto modificano la disponibilità di alimento nell’ambiente di allevamento e la quantità di energia che viene ritenuta dalle ostriche sotto forma di glicogeno (Costil e coll., 2005; Lira e coll., 2013; Pogoda e coll., 2013). Inoltre, l’effetto della stagione e del periodo riproduttivo sulla composizione chimica delle ostriche è evidente ed importante nel caso di ostriche diploidi, mentre risulta molto più contenuto nel caso delle ostriche triploidi che sono pressoché sterili e investono pochissima energia nella riproduzione (Jeung e coll., 2016).

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CONCLUSIONI

Pur essendo stato sperimentato in Italia fin dall’epoca dei romani, l’allevamento dell’ostrica in Italia è marginale; la tipologia di allevamento più rappresentata è costituita da sistemi in sospensione long line in contenitori di diverso tipo e nei quali l’attacco di epibionti sulla superficie dei contenitori sembra essere il limite principale allo sviluppo e alla sopravvivenza delle ostriche. La presente sperimentazione ha considerato un sistema di allevamento sito nella Sacca degli Scardovari con corde in sospensione, movimentabili, alle quali sono incollate le ostriche (Crassostrea gigas). Importato dalla Laguna di Thau (Francia), questo sistema consente di superare i limiti dei sistemi long line sopra indicati, ma le capacità produttive e la qualità delle ostriche nell’ambiente italiano non sono definite. Sulla base dei risultati ottenuti nella presente tesi è possibile affermare che, nella Sacca degli Scardovari, le ostriche concave possono raggiungere la taglia commerciale in 8 mesi (da ottobre a giugno). Nelle condizioni della presente sperimentazione, sono stati misurati un aumento di peso da 6,04 a 63,8 g; di lunghezza da 39,8 mm a 75,6 mm; e di larghezza da 23,9 mm a 53,8 mm. La mortalità media delle ostriche in tutto il periodo ha raggiunto il 58% e ha mostrato un andamento differenziato nel corso della prova. La mortalità si è registrata soprattutto nei primi due mesi di allevamento; è risultata contenuta nei successivi mesi invernali (gennaio-febbraio); ha mostrato un picco fra febbraio e aprile, e un ultimo incremento fra maggio e giugno, al sopraggiungere di elevate temperature e ridotta disponibilità di ossigeno. Il confronto fra diversi tempi di emersione delle ostriche (standard aziendale variabile in funzione delle condizioni climatiche, breve e lungo) è stato effettuato allo scopo di valutare il trattamento migliore per sviluppo morfologico, migliore sopravvivenza e qualità delle ostriche. In tutto il periodo, i risultati migliori in termini di accrescimento e sopravvivenza sono stati ottenuti con il sistema di emersione standard, mentre il sistema di emersione breve è risultato essere quello più penalizzante, soprattutto nell’ultimo periodo di prova in condizioni ambientali sfavorevoli per temperatura e disponibilità di ossigeno. Inoltre, nel caso di emersione breve, le ostriche hanno presentato minore sviluppo del muscolo adduttore ad indicare una diversa capacità delle ostriche nella fase di post-raccolta di mantenere le valve chiuse e la qualità per un tempo maggiore. D’altra parte, il sistema di emersione non ha modificato le caratteristiche nutrizionali o altre caratteristiche reologiche. La profondità di allevamento delle ostriche (posizione di incollaggio lungo la corda) ha modificato lo sviluppo dei molluschi (con i risultati migliori in posizione più superficiale e più profonda piuttosto che a profondità intermedia) e la mortalità in maniera diversa durante il periodo più freddo e quello più caldo. Sia le variazioni giornaliere e stagionali della temperatura che le differenze nelle disponibilità alimentare potrebbero aver determinato questi risultati.

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In conclusione, l’allevamento delle ostriche con il sistema testato nella Sacca degli Scardovari è risultato fattibile e vantaggioso per i risultati di accrescimento e sopravvivenza ottenuti. Inoltre, il sistema ad emersione standard è risultato quello più idoneo per l’allevamento delle ostriche in termini di crescita e sopravvivenza: la possibilità di lasciare le ostriche in immersione in caso di condizioni sfavorevoli, quali temperatura ambientale eccessivamente bassa o eccessivamente elevata o eccessiva ventosità, così come la possibilità di regolare i tempi di emersione in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque e delle loro fluttuazioni giornaliere consentono di limitare lo stress e l’esposizione delle ostriche a condizioni sfavorevoli e, quindi, ridurre la mortalità. Ulteriori approfondimenti sarebbero tuttavia necessari per la valutazione di altri parametri che non sono stati controllati in questo caso, ma che potrebbero spiegare le differenze di accrescimento e mortalità nel corso dell’allevamento, come le fluttuazioni stagionali della quantità e della qualità di alimento, le fluttuazioni giornaliere delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua lungo la colonna d’acqua, e le cause di mortalità nella Sacca degli Scardovari. Queste informazioni consentirebbero di individuare le strategie di allevamento più idonee nelle diverse condizioni stagionali per aumentare i margini dell’allevatore, consentendo le migliori prestazioni di crescita e, soprattutto, la minore mortalità durante tutto l’anno.

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