UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE ed... · 1.5 L'economia delle esperienze di Pine e...

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTA' DI ECONOMIA Corso di Laurea in Economia e Gestione Dei Servizi Turistici Tesi di Laurea in Marketing del Turismo Titolo tesi “TERRITORIO ED ESPERIENZIALITA' COME ELEMENTI DI VALORIZZAZIONE DEL MARKETING DEL VINO” Relatore: Chiar.mo Prof. ALDO BURRESI Tesi di laurea di CHIARA BANCI A.A. 2007/2008

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZEFACOLTA' DI ECONOMIA

Corso di Laurea in Economia e Gestione Dei Servizi Turistici

Tesi di Laurea in Marketing del Turismo

Titolo tesi

“TERRITORIO ED ESPERIENZIALITA' COME

ELEMENTI DI VALORIZZAZIONE DEL

MARKETING DEL VINO”

Relatore: Chiar.mo Prof.

ALDO BURRESI

Tesi di laurea di

CHIARA BANCI

A.A. 2007/2008

INDICEpag.

Introduzione.....................................................................................1

Capitolo 1LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

E L'AFFERMARSI DI UN TURISMO

DELLE ESPERIENZE.....................................................................6

1.1 Concetto e funzioni del marketing territoriale......................... 6

1.2 Caratteri relazionali e reticolari

del marketing territoriale..........................................................11

1.3 Il marketing territoriale per la promozione

del territorio..............................................................................18

1.4 Promozione del territorio tramite

prodotti tipici di qualità............................................................23

1.5 L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore....................... 28

1.6 Il marketing esperienziale secondo Schmitt.............................33

1.7 Il turismo delle esperienze........................................................36

Capitolo 2LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO

DEL VINO..........................................................................................43

2.1 Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo sostenibile,

ecoturismo, turismo rurale, agriturismo

e turismo enogastronomico).....................................................43

2.2 Il turismo del vino.................................................................... 48

2.3 Enoturismo quale fattore di valorizzazione

della produzione vinicola......................................................... 51

2.4 Mutamenti della domanda

e caratteristiche degli enoturisti................................................53

2.5 Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica.......................61

2.6 Il marketing del turismo del vino.............................................66

2.7 Gli eventi enologici come strumenti di comunicazione e

promozione del territorio..........................................................70

2.8 Il marketing delle Strade del vino e dei sapori.........................73

2.8.1 Componenti delle Strade del vino (prodotti, attività,

territorio,ecosistema,soggetti)....................................... 74

2.8.2 Ruolo economico delle Strade.......................................77

2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale:

punti di forza e di debolezza..........................................78

Capitolo 3LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED ESPERIENZIALE

NEL MARKETING DEL VINO......................................................81

3.1 Il sistema dell'offerta di vino....................................................81

3.2 I comportamenti di acquisto e consumo del vino.....................88

3.3 Il marketing mix del vino.........................................................96

3.4 Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel

marketing del vino....................................................................103

3.5 Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel

marketing del vino....................................................................107

Considerazioni finali.......................................................................112

Bibliografia.......................................................................................116

Sitografia...........................................................................................122

Riferimenti legislativi.....................................................................123

INTRODUZIONE

Con questo lavoro mi sono proposta di approfondire i temi che

riguardano il mondo del marketing del vino e dell'enoturismo. Il vino è il

prodotto principe del turismo enogastronomico, che sta diventando sempre

più fenomeno di costume e quasi una “mania” collettiva. Il vino e

l’enogastronomia infatti sono oggi una delle più forti motivazioni di viaggio

e il turismo del vino si colloca a tutti gli effetti fra i cosiddetti “turismi

emergenti”, nuovi tipi di turismo legati alla natura e al territorio.

L’importanza strategica del turismo enogastronomico quale nuova tipologia

di turismo è andata progressivamente crescendo nel corso degli anni in

Italia. Questo tipo di turismo è fondamentale per lo sviluppo e il

mantenimento dei territori rurali. Genera ricchezza su questi territori,

contribuisce a mantenere il paesaggio, a innalzare la qualità del prodotto e

dell’accoglienza.

Il mio interesse all'argomento è nato anche dall'ammirazione per quella

profonda passione che mio nonno aveva per il vino e per la sua azienda

agricola, che si trova alle pendici del Montalbano, per la costanza con cui

portava avanti la tradizione di famiglia della produzione di vino Chianti,

che suo padre aveva avuto e ancor prima suo nonno, per l'energia e lo zelo

con cui ogni anno affrontava la vendemmia e tutti i processi di

vinificazione, per la sua costante attenzione alle innovazioni e per la

pazienza che ogni giorno impiegava nella cura amorevole delle sue vigne e

delle sue viti.

L'Italia è il paese al mondo con la più antica tradizione enologica. Basti

pensare, infatti, che uno dei nomi attribuiti dagli antichi Greci alla nostra

penisola era appunto Enotria, cioè la terra del vino1. Il vino è uno degli

ambasciatori dell'Italia nel mondo e l'enogastronomia rappresenta uno dei

principali fattori di identificazione del nostro Paese all'estero e si inserisce a

1 JOHNSON H.(1991), Il vino. Storia, tradizioni, cultura. Franco Muzzio Editore, Massa-Carrara

1

tutti gli effetti in quel vasto complesso di elementi che compone il

patrimonio culturale nazionale, componente primaria delle attrazioni

turistiche della nostra Nazione.

La cultura della vite risale fra gli 8 e i 10.000 anni fa, è quindi uno dei

primi fenomeni della cultura umana e dei più antichi fattori di civiltà2. Il

vino è stato, dunque, un importante strumento del progresso umano. Esso fu

prodotto per la prima volta, forse casualmente, nella zona tra il Caucaso,

l'Anatolia e la Mesopotamia. La scoperta della fermentazione, ossia il

passaggio dallo zucchero all'alcool, fu una scoperta tanto cruciale quanto

casuale, probabilmente indipendente da ogni volontà o tecnologia umana.

L'uomo dei primordi si accorse che le strane bacche della vite primordiale

erano commestibili e discretamente dolci. Con il passare del tempo capì che

se venivano tenute in qualsiasi contenitore e pigiate, dopo alcuni giorni

diventavano un liquido inebriante. Grazie alla presenza dello zucchero

divenuto alcool, aveva un'ottima capacità di conservarsi, di invecchiare,

perciò poteva essere facilmente accumulato per essere consumato un

domani, oppure trasportato o venduto.

Dalla prima scoperta che il succo fermentato di uva produceva una

bevanda di gusto gradevole e capace di produrre profondi effetti fisiologici

nel bevitore, il vino si è caricato di una serie di significati. Oltre ad aver

assunto quello economico di un prodotto della terra dal quale attraverso il

lavoro umano si possono ricavare dei profitti, esso è divenuto il simbolo

potente del ciclo fondamentale della vita, della morte e della resurrezione.

Non rappresenta solo l'essenza della vita in quanto simbolo potente del

ciclo fondamentale della divinità, ma è anche il mezzo attraverso il quale

chi beve può entrare in contatto con la divinità3.

E' esattamente dal momento della scoperta della fermentazione che inizia

una fatica del vino di durata millenaria e sempre all'insegna di tre precisi2 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri,Donzelli, Roma p.603 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri Op.cit.p.365

2

obiettivi: ottenere la massima produzione, ottenere il massimo grado

alcolico, ottenere il miglior livello di conservazione.

Le fatiche del vino, così tante e così diverse fanno specchiare il

produttore nel vino. Fare il vino, mestiere una volta quasi esclusivamente

agricolo, poi arricchito dall'alchimia della cantina, oggi comprende anche la

capacità di rappresentarsi e commerciare.

In questo lavoro si sosterrà che coniugare la qualità del prodotto (vino, e

in particolare vino di qualità medio-alta) e qualità del territorio può

diventare un'importantissima leva di marketing per gli operatori

appartenenti al sistema della produzione e distribuzione della filiera

vitivinicola e a quello del turismo e dell'ospitalità. Oggi le risorse locali

rappresentano fonti di vantaggio competitivo ed elementi di

differenziazione sempre più importanti.

Il primo capitolo sarà dedicato alla valorizzazione del territorio e

all'affermarsi di un turismo delle esperienze. Ci occuperemo del marketing

territoriale quale strumento che mira a far crescere il grado di attrazione di

un determinato territorio e a sostenere lo sviluppo locale, attraverso la

valorizzazione delle risorse disponibili e la programmazione di interventi

sull'offerta territoriale in grado di coinvolgere gli operatori economici e le

professionalità locali. Affinché i territori risultino pienamente competitivi e

realizzino una capacità attrattiva reale e a lungo termine, occorre

ottimizzare sempre più le reti di servizio, attivare gli strumenti e le

potenzialità esistenti, confrontandosi con le caratteristiche, i pregi e i limiti

dei propri luoghi. E' sempre più necessaria infatti la capacità di saper fare

sistema e di governare il territorio, di valorizzare le risorse, le diversità e

specificità territoriali, attraverso l'integrazione degli attori dell'ambiente

socio-economico.

Ci soffermeremo poi sull'importanza di promuovere il territorio

attraverso i prodotti tipici di qualità e gli eventi. I prodotti agroalimentari di

qualità, e principalmente il vino di pregio, sono profondamente legati al

3

territorio e quindi possono diventare strumenti essenziali per veicolare la

cultura e le tradizioni di una certa area geografica. Un territorio dotato di

risorse enogastronomiche possiede inoltre notevoli potenzialità che, se

adeguatamente sfruttate, possono consentire uno sviluppo locale che

coinvolge diversi settori e operatori, dando luogo a quel circolo virtuoso di

soddisfazione - creazione di valore - investimento turistico4. Per far

diventare i prodotti tipici volano dello sviluppo del territorio bisogna prima

di tutto lavorare sulla comunicazione, utilizzando strumenti, come gli

eventi, in grado di valorizzare la relazione con il turista o il visitatore che

vuole vivere un’esperienza unica, autentica, esclusiva, piena di fascino ed

emozioni.

Affronteremo anche il marketing esperienziale (Schmitt, 1999) e il

turismo delle esperienze. Per un'impresa la semplice produzione di beni o

servizi non è più sufficiente: allora dovrà essere capace di offrire esperienze

che emozionino, coinvolgano il cliente, in modo da generare la sua massima

soddisfazione. Queste permettono di realizzare la personalizzazione del

prodotto e quindi di farne aumentare la desiderabilità. L'esperienza diventa

in questo modo il fondamento di una nuova economia: l'experience

economy, un'economia dove non si compete più sulla base dei prodotti o dei

servizi, ma sulle esperienze che le imprese sono in grado di realizzare per i

propri clienti e generando valore aggiunto (Pine e Gilmore, 2000).

Il secondo capitolo, riguarderà il turismo del vino quale strumento di

valorizzazione delle tipicità e specificità territoriali. Qui analizzeremo quali

sono le caratteristiche degli enoturisti e le motivazioni che li spingono a

praticare questo tipo di turismo. Inoltre esamineremo gli elementi, gli attori,

le attività dell'offerta enoturistica. A questo punto si delineeranno le

caratteristiche delle Strade del vino, un sistema integrato di offerte

turistiche che si snodano per un intero percorso lungo il quale si collocano

4 VALDANI E., ANCARANI F. (2000), “Il marketing territoriale fra esterno ed interno” in E.Valdani e F.Ancarani, Strategie di marketing del territorio, Egea, Milano p.48-49

4

luoghi del vino visitabili (vigneti, aziende, cantine) e attività imprenditoriali

collegate (ristoranti, alberghi, agriturismi, enoteche, ecc.). La Strada del

vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori ad alta vocazione

vinicola. E' uno strumento di divulgazione, di informazione e di

commercializzazione del prodotto enoturistico che permette di accrescere la

notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai luoghi della

produzione.

Il terzo capitolo, invece, tratterà dei principali aspetti del marketing del

vino: si procederà a presentare il sistema di offerta di vino e l'analisi del

mercato del vino, esaminando quali sono stati i cambiamenti che si sono

verificati negli ultimi decenni nei comportamenti di acquisto dei

consumatori. Infine tenteremo di cogliere gli elementi territoriali ed

esperienziali che permettono di valorizzare il marketing mix del vino.

5

CAPITOLO 1

LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E

L'AFFERMARSI DI UN TURISMO DELLE

ESPERIENZE

1.1 Concetto e funzioni del marketing territoriale

In seguito alla globalizzazione dell’economia, che ha favorito la mobilità

di persone, merci e capitali e il rapido sviluppo di nuove tecnologie di

comunicazione, all’internazionalizzazione delle imprese, all'integrazione

all'integrazione economica e monetaria, all'apertura dei mercati mondiali e

alla crescita economica di nuove regioni del globo, la competizione

economica non si svolge più tra singoli soggetti economici, ma tra territori5.

Negli attuali contesti economici, infatti, la competitività delle imprese

dipende in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi

sociali e territoriali in cui esse sono inserite6. Ogni area geografica vuole un

ruolo preminente nel mercato, cerca di razionalizzare le proprie risorse e di

sfruttare le proprie potenzialità per crescere.

Oggi si sta assistendo ad un processo di riscoperta del territorio e delle

virtù dello sviluppo endogeno: ogni regione è unica e complessa, e grazie

alla la propria specificità i sistemi territoriali sono i soli capaci di essere

oggi competitivi, di generare innovatività e capacità di risposta dinamica al

mercato globale.

La competizione fra territori si manifesta su due piani diversi (Fig. 1.1).

5 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Franco Angeli, Milano p.286 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milano p.24

6

Il primo piano è relativo al confronto tra imprese collocate in diverse aree

geografiche. La competitività di tali aziende è determinata dalle risorse

specifiche, ovvero le caratteristiche tangibili e intangibili dell'area in cui

esse sono insediate. Il rafforzamento delle eccellenti dotazioni

infrastrutturali presenti, consente alle imprese di disporre di un vantaggio

competitivo enorme rispetto ai concorrenti.

Il secondo piano riguarda il confronto tra territori, intesi come insieme di

soggetti economici ed extraeconomici. Qui la competizione si manifesta

nello sforzo di attrarre investimenti esogeni, ovvero reperire all'esterno le

risorse che sono scarse o non sono presenti in loco, che favoriscano lo

sviluppo del territorio7.

Figura 1.1 – I due piani su cui si manifesta la competizione tra territori

Fonte: Caroli (1999)

L'obiettivo primario di una regione o area è quindi quello di trovare il

modo di rafforzare la sua competitività e attrattività. Per raggiungere tale

fine, però, non basta più solo disporre di un territorio ma bisogna attuare un

vero e proprio governo strategico di questo, e lo si può fare grazie alla

progettazione ed attuazione delle politiche di marketing territoriale.

Lo strumento del marketing territoriale permette alle comunità locali e le

amministrazioni di valorizzare in modo mirato il loro prodotto-territorio, di

7 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.30-31

7

RAFFORZAMENTOCOMPETITIVITA'

DELLE IMPRESE LOCALI

Competizione tra territori

ATTRAZIONE DI RISORSE

E INVESTIMENTIDALL'ESTERNO

posizionarlo sul mercato facendolo percepire unico e inimitabile,

esaltandone le specificità, lo straordinario patrimonio naturale e culturale, le

risorse umane e professionali di cui dispone, per differenziarsi dalle realtà

locali concorrenti. Soltanto in questo modo le aree più in difficoltà potranno

reggere la sfida con le altre realtà territoriali più attrattive e sviluppate. I

sistemi territoriali devono imparare a stare nel mercato globale, ad utilizzare

un linguaggio veloce e comunicativo: comunicare le ricchezze di un'area, le

sue vocazioni imprenditoriali, le opportunità localizzative, le possibilità di

business. Questi sono gli strumenti che consentono di stimolare lo sviluppo

economico sostenendo la nascita di imprese locali e attraendo i capitali

esterni al territorio.

Il marketing territoriale, dunque, costituisce una via per governare questo

sviluppo. Ad esso si possono assegnare quattro funzioni generali8:

1) mantenere e consolidare il tessuto produttivo già esistente nell'area, e

questo può avvenire attraverso un'analisi delle ragioni di difficoltà che le

aziende possono incontrare nel mantenere la propria localizzazione

originaria e l'intervento per superare le spinte alla fuoriuscita (di qui

l'utilizzo di strumenti per rafforzare l'apparato produttivo come ad esempio

consorzi tra aziende locali per promuovere l'esportazione o percorsi

integrati di formazione professionale, oppure supporti alle attività in essere

o da realizzare delle imprese, ad esempio anche attraverso lo snellimento

delle pratiche amministrative);

2) favorire lo sviluppo nel territorio di nuove iniziative imprenditoriali;

questo obiettivo viene perseguito predisponendo condizioni ambientali

adatte ad attuare strategie di outsourcing e di reticolarizzazione delle

imprese, e quindi svolgere azioni di animazione e di promozione per far

nascere in loco nuove iniziative, nuove imprese e nuovi investimenti;

3) creare le condizioni che rendano il territorio attrattivo per determinati

8 VARALDO R. (1999), Attualità del marketing territoriale, relazione al convegno su “Ilmarketing territoriale”, 6 Maggio 1999, Napoli

8

utenti potenziali; in questo caso il marketing si occupa di stimolare,

coordinare, realizzare quegli interventi sulle componenti di offerta del

territorio in modo da accrescerne la competitività rispetto ad aree

concorrenti e attrarre, in questo modo gli investimenti di attori locali o

esterni;

4) promuovere nel territorio il trasferimento di conoscenze in tutto il

tessuto produttivo locale, in questo modo si persegue l'obiettivo di favorire

la comunicazione, la diffusione del patrimonio di competenze e innovazioni

insito nell'area.

Figura 1.2 – Le quattro funzioni del marketing del territorio

Fonte: nostro adattamento Varaldo (1999)

Il principale obiettivo del marketing territoriale è raggiungere le

condizioni di utilizzazione ottimale delle risorse disponibili rispetto ai

9

Rafforzamento deltessuto economico

esistente

Sviluppo di una nuova

imprenditorialità

Diffusione dicompetenze einnovazione

Attrazione di utenti potenziali

FUNZIONI DELMARKETING DEL

TERRITORIO

bisogni espressi dalle varie categorie di utenti potenziali e quindi di creare

le migliori condizioni per migliorare la connessione tra l'offerta territoriale

e le diverse tipologie di domanda. Dunque il suo compito essenziale

consiste nell'orientare l'offerta territoriale alle esigenze della domanda, in

maniera da attrarre quelle tipologie di utenti la cui presenza nel territorio

determina le migliori condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio

stesso9.

L'offerta che il marketing territoriale deve realizzare e promuovere sul

mercato è complessa, costituita da un insieme di quattro elementi:

a) risorse tangibili

b) risorse intangibili

c) servizi

d) relazioni tra gli attori locali

Il territorio è quindi un prodotto composito caratterizzato un insieme di

fattori sia materiali che immateriali e di relazioni fra soggetti e servizi10. Ma

soltanto la valorizzazione dei fattori intangibili, in quanto inimitabili

possono determinare un vantaggio competitivo duraturo. Fine ultimo del

marketing territoriale è quello di ottimizzare le risorse e valorizzare le

potenzialità caratteristiche di una determinata zona, accrescendone la

competitività rispetto ad altre aree geografiche, per giungere ad un

interessamento da parte degli stakeholders coinvolti (cittadini, turisti, enti

governativi, potenziali investitori) che porti ad una crescita economica

tangibile e strutturata11.

In questo scenario il marketing territoriale rappresenta uno strumento per

raccordare offerta territoriale (aree, servizi pubblici, componenti materiali e

immateriali del territorio) e domanda territoriale (fabbisogni di servizi,

infrastrutture da parte di residenti, imprese interne, investitori esterni,

9 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.82-9410 Ibidem p.4611 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale estrategie di sviluppo locale, Franco Angeli, Milano p.28

10

turisti)12. Il territorio non è progettato o modificato in funzione delle attese

della domanda (come per un prodotto di un’impresa), ma viene valorizzato

nelle sue caratteristiche tangibili e intangibili per massimizzare la

considerazione da parte dei diversi tipi di utenti attuali e potenziali.

1.2 Caratteri relazionali e reticolari del marketing

territoriale

Il fenomeno della globalizzazione influenza sia le dinamiche territoriali

che lo sviluppo locale e inoltre, come abbiamo precedentemente affermato,

innesca situazioni di crescente competitività con altri territori. Diventa

quindi assolutamente necessario sviluppare le proprie risorse, promuovere il

territorio, attirare investimenti e competenze esterne. Questo, allora, è

l'obiettivo che il marketing territoriale si deve porre: attuare azioni di

sviluppo, di integrazione, di valorizzazione delle risorse locali.

La competitività e l’efficienza delle imprese non dipende solo da

caratteristiche interne alle imprese, ma anche, e sempre di più, dalla

capacità di costruire network, cioè strutture di relazioni, reti fiduciarie

formali e informali e dalla propensione alla coesione sociale attraverso

forme cooperative di partnership e reti associative fra gli attori di un

territorio.

Secondo Caroli l'approccio del marketing territoriale può essere basato

su quattro criteri13: sulla “chiarezza”, ovvero le iniziative di sviluppo

competitivo del territorio dovrebbero risultare il più possibile unitarie e

coerenti alle caratteristiche del territorio stesso e alle aspettative dei soggetti

12 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale estrategie di sviluppo locale, Op.cit. p.12213 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività,volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano p. 15

11

che ne fanno parte; sulla “collaborazione”, infatti sottolinea che la strategia

di marketing territoriale e le conseguenti azioni operative dovrebbero essere

il risultato di un efficace coordinamento ed integrazione di attori pubblici e

privati coinvolti nel territorio; sul “consenso” che richiama la necessità che

l'azione di marketing sia basata sull'individuazione degli interessi comuni e

che garantisca l'adeguata considerazione degli interessi di tutti; infine, la

“continuità” che fa riferimento alla necessità di attuare un'azione continua e

a lungo termine.

In letteratura ci sono varie definizioni di marketing territoriale che

appartengono a due prospettive diverse, una prima di natura transazionale

ed una seconda di natura relazionale14.

Nel primo filone rientra la definizione di Kotler-Haider-Rein15 che

caratterizzano il place marketing (cioè il marketing dei luoghi) come “un

insieme di azioni collettive poste in atto per attrarre in una specifica area o

territorio nuove attività economiche e produttive, favorire lo sviluppo delle

imprese locali e promuovere un’immagine positiva”.

Una visione analoga è data da Texier e Valle, i quali considerano il

marketing territoriale come un “insieme di azioni collettive finalizzate ad

attrarre nuove attività economiche in una determinata area, a rafforzare le

aziende locali, a migliorare l'immagine complessiva del luogo”16, esso

rappresenta, quindi, lo strumento mediante il quale è possibile valorizzare

l’offerta dei territori ed individuare le risorse chiave. In questa definizione è

importante evidenziare la parola “azioni collettive” a dimostrazione del

fatto che occorre coinvolgere soggetti diversi per implementare operazioni

efficaci, e non concentrare tutto il potere in un attore.

Nel secondo filone vi è un approccio verso una prospettiva reticolare e

relazionale. Il territorio qui è visto come una dimensione reticolare

14 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale el'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano15 KOTLER P., HEIDER D.H., REIN L., (1993), Marketing Places, The Free Press, New York16 TEXIER L., VALLE J.P. (1992), Le marketing territoriale e ses enjeux, in “Revue Française de

gestion” p.49

12

composta da nodi e legami tra gli attori che organizzano il territorio.

Secondo Valdani e Ancarani17 “per marketing territoriale s’intende

l’analisi dei bisogni degli stakeholder dei clienti/mercati volta a costruire,

mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder

(marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento

(marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore

del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo

virtuoso soddisfazione-attrazione-valore.”“L’impresa territorio si configura

sempre più come impresa a rete, assumendo assetti reticolari interni ed

esterni”.

Dunque esistono due tipologie di clienti (o pubblici) di riferimento:i

soggetti interni e quelli esterni. I soggetti interni sono i cittadini residenti, i

lavoratori e le imprese già insediate nel territorio. La seconda tipologia di

pubblici è formata dai turisti, dai potenziali nuovi residenti, dalle imprese

entranti e investitori che possono apportare nuove risorse al territorio in

termini di forza lavoro, competenze, capitali ecc.. Per quanto riguarda gli

stakeholder interni, il loro grado di soddisfazione sarà più o meno alto

quanto più il territorio avrà la capacità di perseguire questi obiettivi:

mantenere e rafforzare la posizione competitiva delle imprese

insediate;

favorire lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali;

incrementare l’occupazione;

migliorare la qualità della vita dei residenti

Mentre, con riferimento agli stakeholder esterni, l’azione di marketing

deve essere finalizzata ad aumentare l’attrattività del territorio; per

raggiungere questo segmento di mercato è necessario ad esempio facilitare

l’insediamento delle filiali di imprese estere o nazionali non ancora presenti

nell’area, aumentare l’offerta turistica dei luoghi d’arte o di villeggiatura,

17 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milanop.35

13

migliorare i servizi offerti alle imprese e le infrastrutture.

Esiste una sorta di circolarità tra marketing territoriale, soddisfazione

degli stakeholder interni ed esterni e valore che conduce ad un circolo

virtuoso: se il territorio risulta attraente, gli stakeholder aumentano la loro

soddisfazione così decideranno di investire creando nuovo valore e

attraendo risorse esterne e nuovi investitori, che a loro volta accresceranno

il valore del territorio con nuovi investimenti18.

Caroli definisce il marketing territoriale come “un processo finalizzato

alla creazione di valore per una collettività composta dall'insieme degli

individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini.” Il

marketing del territorio è fondato sulla creazione e consolidamento di un

sistema di relazioni tra il soggetto che ha il compito di gestire l'offerta (le

componenti del territorio) e i potenziali acquirenti rappresentati dagli

investitori e generalmente dagli utenti attuali o potenziali19. Caroli ritiene

che un programma di marketing territoriale intelligente ed integrato è uno

dei principali elementi di forza del territorio stesso.

Questo approccio sottolinea come il marketing territoriale sia finalizzato

allo sviluppo equilibrato dell'area e dell'economia locale e persegua questo

obiettivo attraverso due azioni fondamentali e fra loro connesse:

la creazione e la promozione di elementi di attrattività del territorio

l'incoraggiamento della collaborazione fra soggetti pubblici e privati

nella realizzazione dei progetti di sviluppo locale20.

Paoli sostiene che “tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico

spazio geografico, possono rendere un'area attrattiva per un prescelto

gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale

(dei quali) si è attuato il disegno delle caratteristiche dell'area stessa”21.

Quindi quest'autore nella sua definizione sottolinea due aspetti

18 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit., p.4819 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.4420 Ibidem p.7221 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Guerini eAssociati, Milano p.114

14

importanti:in primo luogo, il fatto che le azioni di marketing devono essere

riferite ad uno spazio geografico ben individuato e circostanziato; in

secondo luogo, l'azione di marketing è riferita ad un “prescelto gruppo” di

soggetti (selezione del segmento di domanda), essa è quindi conseguenza di

un'attenta analisi delle diverse tipologie di domanda e della scelta di quelle

cui indirizzare in modo prioritario l'offerta territoriale.

Le azioni di marketing dell'offerta territoriale possono registrare la

partecipazione di soggetti pubblici, privati e misti. I primi hanno un ruolo di

indirizzo ma soprattutto di creazione di un contesto favorevole

all’innescarsi dell’iniziativa della seconda parte, quella privata.

Questi sono i livelli in cui sono coinvolti gli attori del marketing

territoriale22 (Fig.1.3):

il livello comunale o di area metropolitana

il livello regionale

il livello nazionale

Il marketing del territorio richiede la coesione di tutti gli attori le cui

attività incidono sulle condizioni strutturali dell'area23. Il coordinamento del

marketing delle imprese locali viene ideato e gestito da una struttura

pubblica, operante per lo sviluppo industriale del luogo- Local Government

Authority (LGA) e/o un'agenzia di sviluppo territoriale che ne è

espressione-. Affinché la cooperazione fra soggetti privati e istituzionali sia

efficace è necessario che tutti gli attori coinvolti individuino obiettivi

realmente comuni e quindi che ci sia un equilibrio fra quelli di natura

pubblica e quelli più strettamente legati al profitto individuale. Solo così si

riuscirà a realizzare un sistema territoriale integrato, coordinato e flessibile,

in cui ogni elemento è in funzione dell'altro.

22 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit. p.11723 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale,Op.cit. p.92

15

Figura 1.3 - Attori coinvolti nel marketing territoriale

Livello comunale o di area metropolitana Pubblico Privato

- Sindaci - Amministrazioni provinciali - Assessorati allo sviluppo urbano,all’industria e al commercio - Aziende municipalizzate - Università

- Camere di Commercio, Industria e Artigianato - Unione industriali - Associazioni di categoria - Sindacati - Fondi immobiliari - Consorzi - Fondazioni bancarie - Imprese e agenti immobiliari, proprietari di terreni

Livello regionale Pubblico Privato

- Amministrazioni provinciali eregionali - Assessorati allo sviluppo urbano,ambiente, industria, commercio,trasporti - Aziende municipalizzate - Università

- Unioncamere - Associazioni industriali - Sindacati - Consorzi - Fondi immobiliari - Fondazioni bancarie

Livello nazionale Pubblico Privato

- Governo - Ministeri Industria, Ambiente,Trasporti, Aree Urbane

- Associazioni industriali - Sindacati nazionali - Istituzioni bancarie - Grandi imprese

Livello internazionale Pubblico Privato

- Ambasciate e consolati - Organismi comunitari

- Camere di commercio internazionali

Fonte: adattamento da Paoli (1999) e Caroli (1999)

Un altro contribuo è quello di Hakansson, Tunisini e Waluszewski (2002)

i quali vedono il territorio come un “set di risorse”in cui vi è la presenza di

relazioni che legano insieme le risorse di più territori. Il territorio

rappresenta il risultato di interazioni relazionali fra soggetti, le cui

caratteristiche sono condizionate e determinate dai nodi stessi e dalle loro

16

interazioni di lungo termine.

Il marketing territoriale orienta i processi di generazione e sviluppo

dell'offerta territoriale, ne valorizza le potenzialità e la percezione goduta

presso gli attori interni e esterni al territorio.

Aiello e Donvito (2007) in questa direzione approfondiscono il ruolo e il

funzionamento delle reti di attori pubblici e privati nella definizione

dell'azione di marketing territoriale volta alla attrazione di investimenti

produttivi. Gli autori pongono il modello reticolare alla base del marketing

territoriale partendo dalla considerazione che il territorio è un sistema di

“nodi”legati tra loro da relazioni, cioè un network, all'interno del quale si

“rilevano fenomeni di interazione e interdipendenza tra le pluralità degli

attori che animano la rete stessa (i diversi livelli di LGA, gli investitori

attuali e potenziali, i fruitori dell'area,ecc.)”24.

Sul piano strategico il marketing territoriale può essere definito come

“un'intelligenza d'integrazione e fertilizzazione”25. I l termine

“intelligenza”evidenzia il fatto che esso è un insieme di competenze

attraverso cui comprendere le opportunità competitive del contesto

geografico (cioè attraverso cui analizzare i punti di forza e di debolezza del

territorio), per ideare un progetto strategico conseguente e per stimolare

l'attuazione degli interventi previsti nel progetto strategico. L'azione di

questa intelligenza si manifesta su tre piani. Il primo è quello dell'

“integrazione” che si concretizza nello sviluppo di una visione sistemica

degli elementi che compongono l'offerta territoriale. Da questi fattori

dipende il grado di competitività e attrattività. Il marketing territoriale è una

forza ordinatrice e propulsiva che favorisce la trasformazione delle

caratteristiche materiali e immateriali del territorio in un insieme di servizi

integrati che creano valore per il cliente.

Sul secondo piano, che è quello della “fertilizzazione”, il marketing

24 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale el'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano25 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.103

17

fornisce gli strumenti operativi e di metodo attraverso i quali è possibile

valorizzare nel modo migliore le misure prese nell'ambito di ciascuna area

(su questo ci soffermeremo meglio nel prossimo paragrafo 1.3 ).

Il terzo piano è la “connessione”, consiste nelle condizioni che

permettono agli attori che fanno del territorio di stabilire relazioni con

soggetti esterni26.

1.3 Marketing territoriale per la promozione del

territorio

L'obiettivo comune di attori pubblici e privati è quello di promuovere,

attraverso il marketing territoriale, sia a livello locale, sia a livello

internazionale, il territorio, la qualità delle produzioni, in particolare quelle

artigianali, artistiche, paesaggistiche e agroalimentari. Il marketing

territoriale, infatti ha il compito di valorizzare le risorse contenute in un

determinato ambito geografico e socioculturale, puntando a stimolare lo

sviluppo locale e quindi ad aumentare la capacità di attrazione di produttori

ma anche di consumatori. All’interno di un territorio così delineato, la

valorizzazione del patrimonio artistico e culturale potrebbe rappresentare un

volano di sviluppo locale: tali mezzi, accrescono l’appetibilità di quei

comuni, regioni o province ricchi di risorse ed attrattive.

La promozione del territorio dovrebbe essere strategicamente proposta

come strumento di sviluppo che punti al globale facendo perno sul “locus”.

Le economie locali non sono più costituite principalmente da beni materiali

ma da una continua interazione locale-globale. I sistemi territoriali vitali

sono quelli che sanno valorizzare le proprie specificità e accettano la sfida

26 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività,volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano p. 16

18

dell’apertura all’esterno; fanno circolare il proprio sapere e accolgono le

conoscenze globali. Oggi la concorrenza si gioca sulla destandardizzazione

e generazione di varietà.

Un piano di marketing del territorio si deve fondare, dunque, sulla

qualità delle risorse che trasformano l’area in questione in “prodotto di

successo”, che è in grado di offrire elementi di unicità. In questo caso si

manifesta per il territorio un vantaggio competitivo e cioè: “La capacità di

valorizzare i propri fattori qualificanti, tramite l’adozione di proprie

strategie di investimento, di specifiche politiche attive della promozione del

proprio ruolo internazionale e con l’uso di mirati strumenti di marketing nei

confronti dei potenziali utenti e clienti”27.

Sul piano operativo il marketing territoriale svolge fondamentalmente

due tipi di attività:

creare le condizioni migliori di fruizione del territorio da parte dei suoi

utenti (attraverso l'attuazione di interventi sulle componenti tangibili

e intangibili del territorio e l'assistenza agli investitori durante e dopo

l'insediamento nel territorio)

comunicare a tali soggetti i fattori di attrattività dell'area in questione in

relazione al posizionamento definito a livello strategico (attraverso il

rafforzamento e diffusione della percezione del posizionamento e la

pubblicità e promozione delle opportunità di fruizione del

territorio)28.

E' necessario attuare queste attività tramite varie azioni di marketing:la

segmentazione e il posizionamento, lo sviluppo del prodotto territorio ed in

fine la comunicazione.

Van den Bergh, Bromezza e Van der Meer individuano quattro leve

operative del marketing mix territoriale29:

27 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit.28 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.10629 VAN DER BERG L., BROMEZZA I., VAN DER MEER J. (1994), “Gestione e marketing

della città: l'esperienza olandese”, in Impresa e Stato, n.27, pp.38-44

19

prodotto: la progettazione del mix più adeguato di beni e di servizi

territoriali;

prezzo: la creazione di incentivi per gli utenti di questi beni o servizi;

distribuzione: la modalità di accesso ai prodotti e ai servizi territoriali;

comunicazione: la promozione dei valori e dell'immagine del territorio,

affinché i potenziali utenti siano a conoscenza dei vantaggi offerti dal

territorio stesso.

La prima leva che prenderemo in considerazione sarà il prodotto, per poi

soffermare la nostra attenzione sulla promozione-comunicazione.

Il prodotto-territorio costituisce l'aspetto fondamentale della politica

operativa del marketing territoriale poiché è un punto di riferimento per le

altre leve (in particolare per la comunicazione e la promozione)30.

L’offerta del territorio è composta dall'insieme delle relazioni tra gli

attori locali, dai servizi e da una pluralità di componenti tangibili e

intangibili, che, opportunamente connesse, danno luogo a determinati

“prodotti territorio”31. In particolare fanno parte degli elementi tangibili: la

posizione geografica, le risorse naturali la morfologia del territorio, queste

caratteristiche naturali sono fonte di opportunità da sfruttare al meglio e da

valorizzare, ma anche di ostacoli essendo elementi immutabili; le

infrastrutture pubbliche (vie di comunicazione, reti di telecomunicazione,

aree industriali ecc.), il sistema di servizi pubblici (trasporti), la struttura

urbanistica, il patrimonio immobiliare pubblico e privato, il patrimonio

culturale ed artistico, questi sono elementi che si basano sulla

manipolazione del territorio da parte dell'uomo. Fra gli elementi intangibili

rientrano le caratteristiche qualitative come il tessuto produttivo locale, la

dimensione del mercato locale, lo “spirito” del luogo, il sistema dei valori

civili e sociali, il livello di competenze presenti nella forza lavoro, il livello

di benessere della comunità locale, la qualità dei sistemi giuridico-

30 VARALDO R., CAROLI M. (1999), Il marketing del territorio: ipotesi di un percorso diricerca, Sinergie n°49, p.73-84

31 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.Cit. p.140

20

amministrativi, l'intensità degli scambi culturali ed economici con l'esterno.

Gli elementi intangibili essendo il prodotto della combinazione di fattori

specifici di un'area sono difficilmente imitabili e quindi sono fondamentali

per rendere attrattivo un territorio, capaci di rendere il territorio un luogo

interessante dove poter investire.

Il prodotto-territorio va adeguatamente promosso e pubblicizzato,

adeguando il linguaggio e gli strumenti a seconda del destinatario (target)

che si intende raggiungere. Saper comunicare è saper guidare lo sviluppo

del territorio in modo coerente con le professionalità locali, in modo da

valorizzare i carismi del territorio . Infatti una buona strategia di marketing

consente di valorizzare al massimo le caratteristiche socio-economico-

ambientali di un territorio, stimolando e incentivando iniziative

imprenditoriali e investimenti. Le strategie di sviluppo sono sempre più

orientate alla domanda ed attente all'immagine.

Uno strumento fondamentale del marketing territoriale è la

comunicazione, che è finalizzata a influenzare l'opinione e il

comportamento dei soggetti a cui si rivolge. Essa deve essere conseguente

all'elaborazione di una strategia di posizionamento ed è necessario che sia

collegata alle altre decisioni di marketing mix. L'attività di comunicazione

può essere rivolta ai soggetti interni o a quelli esterni32. La comunicazione

verso i soggetti interni (cittadini residenti, lavoratori, imprese locali) ha il

compito di divulgare le informazioni sui progetti di sviluppo del territorio,

questo permette un coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle decisioni

locali e il rafforzamento del senso di appartenenza al territorio, fattore,

questo, in grado di rendere più coesa la comunità locale e di rafforzarne

l'immagine esterna. Mentre verso i soggetti esterni (turisti e imprese

esterne), l’attività di comunicazione avrà il compito di rafforzare il legame

tra territorio e prodotto, di far percepire ai potenziali fruitori di quel luogo

un’immagine distintiva e quindi essere in grado di comunicare i punti forza

32 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.230-231

21

di quel territorio, le proprie competenze distintive rispetto alle altre offerte

territoriali, l'identità di un'area, valorizzando le specificità locali e le unicità

ambientali, sociali e culturali33.

E' necessario scegliere, a seconda del tipo di utente a cui ci si vuole

rivolgere, i mezzi di comunicazione più adatti da utilizzare, ovvero il

cosiddetto communication-mix, costituito da cinque diverse leve: la

pubblicità , le relazioni pubbliche, le forme di direct marketing e la

realizzazione di eventi.

Uno strumento fondamentale che può essere utilizzato per catturare

l'attenzione sul territorio è l'organizzazione di eventi (fiere, mostre, festival,

sagre ecc.), che animino il territorio e ne enfatizzino le caratteristiche e le

tipicità.

Gli eventi possibili sono numerosi e possono essere legati alla storia, alla

cultura e alle tradizioni del luogo, fondendosi in modo armonico con la

comunità locale in cui si svolgono34. Sembrano particolarmente interessanti

per la valorizzazione del territorio gli eventi che si basano su elementi di

tipicità, in quanto unici e difficilmente imitabili in altri luoghi e che quindi

danno origine ad un’offerta distintiva, che il visitatore può consumare solo

recandosi in quella specifica località.

Gli eventi hanno un forte impatto sia emozionale che visivo, e presentano

una duplice potenzialità: oltre ad avere un intrinseco contenuto di

comunicazione, sono essi stessi una manifestazione del prodotto territorio,

grazie alla visibilità che determinano. Essi possono quindi rappresentare un

importante strumento di marketing territoriale per via della loro capacità di

attrarre turisti, di diffondere e migliorare l’immagine e la notorietà dell’area

e, soprattutto nel caso di eventi di grande risonanza , attirare investimenti

esogeni, attivando veri e propri processi di rigenerazione economica

all’interno dei territori che li ospitano35.

33 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit. p.15934 KOTLER P., BOWEN J., MAKENS J.(2003), Il marketing del turismo, Mc-Graw Hill, Milano35 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.201

22

La realizzazione di eventi sembra essere inoltre in grado di attivare un

circolo virtuoso con le leve del marketing experience, di quello territoriale e

del marketing turistico: queste occasioni per essere veri mezzi di

valorizzazione dovrebbero creare un continuum di esperienze capaci di

coinvolgere in modo memorabile i visitatori ed è necessario che abbiano

una continuità nel tempo (§ 1.5).

Le esperienze tipiche locali quali i tour turistici, gli eventi, le sagre, ecc.

hanno un forte impatto emotivo e visivo e sono un modo di sfruttare le

risorse di tipicità del territorio oltre ad essere una straordinaria opportunità

per commercializzare le altre tipologie di prodotti territoriali quali le

materie (che i turisti consumano nel loro soggiorno), i beni (che acquistano

come approvvigionamento o semplicemente come souvenir) e i servizi (bar,

ristorazione, ecc.)36.

Insieme alle esperienze anche i prodotti tipici di qualità sono elementi

capaci di valorizzare il territorio, diventandone efficaci strumenti di

promozione.

1.4 Promozione del territorio tramite prodotti tipici di

qualità

Il territorio non è inteso solo come luogo geografico costituito dalla

natura e dal paesaggio ma è anche un insieme omogeneo di ambiente, di

storia, tradizioni e culture che si esprimono attraverso il loro patrimonio

artistico, le tradizioni enogastronomiche e i prodotti tipici locali.

Un prodotto tipico locale è “un’offerta economica proposta da una o più

imprese radicate in un territorio geograficamente, culturalmente e

36 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettivadell'economia delle esperienze, Congresso internazionale: Le tendenze del marketing, Venezia

23

storicamente delimitato che viene percepito dalla domanda come prodotto

unitario costituito da un pacchetto di elementi tangibili (prodotti

agroalimentari, prodotti artigianali, manufatti) ed intangibili (servizio,

informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) caratterizzato da

un’immagine o da un’identità di marca unitaria”.37

Le amministrazioni pubbliche a livello locale individuano nei prodotti

tipici un modo efficace non solo per valorizzare le attività agricole e le

imprese agro-alimentari presenti sul territorio, ma anche per creare o

consolidare l’immagine della località nei confronti degli utenti esterni

(consumatori, turisti, ecc.) e per rafforzare l’identità e la coesione della

comunità locale, attivando legami e sinergie con le altre attività presenti sul

territorio (artigianato, turismo, ecc.) per favorire lo sviluppo rurale38.

Le produzioni tipiche di qualità (a denominazione di origine e

indicazione geografica) possiedono un intrinseco e forte legame con il

territorio, che, se individuato ed adeguatamente valorizzato, può

promuoverne i diversi aspetti. Esse possiedono, inoltre, forti connotati

culturali in forza del solido vincolo che li lega al territorio di provenienza,

alla cultura ed alle tradizioni della popolazione locale.

I prodotti agroalimentari tipici (come ad esempio il vino) sono

inscindibilmente legati al proprio terroir39 in quanto da esso derivano la loro

specificità (tradizionalità o eccellenza) e riconoscibilità sul mercato. Per

terroir si intende l'insieme di diversi fattori quali il microclima, le

caratteristiche geologiche del suolo, gli elementi minerali e organici che

37 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettivadell'economia delle esperienze, Op.cit.

38 MARESCOTTI A. (2000), Convegno Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze39 Terroir è un termine francese difficilmente traducibile in altre lingue. La definizione chemeglio esprime il significato di questa parola viene proprio dalla Francia, coniata dall`InstitutNational des Appellations d`Origine (INAO): “Il terroir è uno spazio geografico delimitato doveuna comunità umana ha costruito, nel corso della storia, un sapere intellettuale collettivo diproduzione, fondato su un sistema d`interazioni tra un ambiente fisico e biologico ed un insieme difattori umani, dentro al quale gli itinerari socio-tecnici messi in gioco rivelano un'originalità,conferiscono una tipicità e generano una reputazione, per un prodotto originario di questoterroir”.Il concetto di terroir può essere esteso a qualsiasi prodotto agricolo e alimentare maoriginariamente è stato codificato in rapporto al vino e alle caratteristiche uniche dei crus,specifiche entità territoriali francesi da cui provengono i migliori vini.

24

compongono il terreno, l'altitudine e l'esposizione, le pratiche e le tecniche

agronomiche usate per la produzione. E' tutto questo che differenzia un

prodotto tipico, che lo rende in qualche modo, unico e irripetibile40.

La tipicità è fortemente congiunta alla dimensione del territorio, della

località. Ogni prodotto tipico è tale in quanto legato alla località alla quale

si riferisce. Con il termine tipico si fa infatti riferimento ad un prodotto

strettamente correlato con una specifica e particolare tradizione lavorativa

di una determinata area, tramandata di generazione in generazione e quindi,

in qualche modo, affonda le sue radici nella storia e nella cultura di una

comunità locale, ed in quanto tale diventa uno dei suoi elementi di

identità41.

Più un prodotto è unico e identificabile nella sua tipicità, più è

identificabile primariamente con l'area di provenienza da esso evocata; e

contemporaneamente più un'area è identificata per certe caratteristiche

produttive, più essa richiama la tipicità dei suoi prodotti.

E' necessario prima valorizzare i prodotti tipici, cioè crearne ed

evidenziarne il valore per poi comunicare e promuovere tale valore. Le

attività di comunicazione devono essere finalizzate all’esplicitazione ed al

rafforzamento del legame tra produzioni locali di qualità e luoghi di

produzione.

Il territorio deve essere capace di comunicare al prodotto i suoi valori

storici, culturali, gastronomici e ambientali. Se da un lato il territorio è in

grado di aggiungere valori e dunque valore ai prodotti tipici in esso

realizzati, anche i prodotti tipici sono in grado di aumentare l’attrattività di

una determinata area potendo diventare un valido strumento promozionale.

I prodotti tipici di un territorio sono come dei “giacimenti”, per la loro

storia e tradizione e possono contribuire a renderlo più visibile ai turisti,

portando indiretto beneficio anche agli altri prodotti locali. Sono prodotti

molto graditi dai consumatori esteri e rappresentano gli ambasciatori del40 BELLETTI G. (2000), Convegno: Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze41 http://www.slowfood.it

25

“Made in Italy”, qualificandosi come prodotti di eccellenza. Quindi oggi

investire nella promozione dei prodotti di qualità attraverso la

valorizzazione delle tipicità rappresenta un importante strumento per la

promozione del nostro territorio all'estero.

Per essere percepito come elemento di cultura il prodotto tipico deve

essere associato al territorio e rappresentarne un prodotto simbolo. Il

territorio deve però avere le valenze di:

omogeneità in termini morfologici e culturali;

limitazione geografica;

facile identificabilità.

I prodotti tipici locali vengono particolarmente apprezzati dai

consumatori proprio per la loro forte connessione con i luoghi di

coltivazione, allevamento e produzione, fatto che li rende unici, in qualche

modo rappresentativi della cultura e della tradizione dei luoghi. Ne

consegue che il consumo di certi vini o salumi o formaggi assume senso,

significati e sapori assai differenti e comunque più appaganti e gratificanti

se consumati direttamente nei luoghi di origine piuttosto che in contesti

lontani dai territori di provenienza42. Questo sia per ragioni strettamente

connesse alle qualità intrinseche dei prodotti, che si esaltano quando il

consumo avviene nei territori di origine, mentre si attenuano quando i

prodotti subiscono diverse fasi di trasporto, stoccaggio e conservazione, sia

per aspetti collegati alla psicologia dei consumatori, maggiormente

gratificata dal coinvolgimento sensoriale che può garantire il consumo nei

territori di origine rispetto a quella ottenibile dal semplice consumo

domestico o in servizi di ristorazione lontani dai luoghi di provenienza43.

Ogni luogo ha sempre prodotto tipicità, se intendiamo con questa la

specifica modalità di combinazione fra risorse locali, bisogni comunitari e

ingegno. E nel contempo ogni comunità ha sempre prodotto e/o trasformato

42 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettivadell'economia delle esperienze, Op.cit.

43 Ibidem

26

beni con i quali identificarsi attraverso i quali riconoscere la propria identità

locale.

Dunque dietro ad un prodotto identificato dal suo luogo d'origine c'è

sempre stato, inanzi tutto, un sistema sociale che lo ha riconosciuto come

proprio, in quanto risultato della specificità locale che lo fa essere un

qualcosa di unico.

Nel caso dei prodotti della terra, come ad esempio il vino, la località

diventa la specificità in quanto elemento caratterizzante: è il caso delle

“vocazioni”di certe aree caratterizzate dalla particolare composizione dei

territori.

Si costruiscono così geografie della produzione in base alle diverse

geografie dei terreni, che diventano luoghi delle diversità dei prodotti e

delle procedure di produzione44.

I prodotti tipici grazie alla loro specificazione d'origine (DOCG, DOC,

IGT, DOP) che li lega in modo chiaro e leggibile all'area geografica di

provenienza, dispongono di aspetti di unicità e differenziazione, perciò sono

una risposta efficace contro l'omologazione e la standardizzazione dei

prodotti, a cui ha portato il processo di globalizzazione.

I consumatori moderni, soprattutto in campo enogastronomico, sono

sempre più alla ricerca di prodotti genuini e autentici. Le produzioni tipiche

locali di solito vengono percepite come più naturali e rispettose

dell'ecosistema, quindi consentono di soddisfare meglio questi requisiti di

genuinità e autenticità rispetto ai prodotti industriali. Grazie alle loro

caratteristiche uniche possono fungere da volano per rilanciare l'economia

di un territorio, sono fonti di attrazione turistica ed un medium per produrre

ricchezza nei territori da cui hanno origine. Al pari delle altre espressioni

culturali, i prodotti tipici agroalimentari sono un patrimonio economico e

culturale da tutelare e valorizzare.

44 COSTANTINO S., ARTISTA A. (2003), Le strade del vino e le vie dello sviluppo, FrancoAngeli, Milano p.147-157

27

Le produzioni tipiche diventano un aspetto di differenziazione e di

qualificazione di interi territori, divenendone una delle risorse o, in taluni

casi, la principale risorsa ed il vero fattore di attrattiva turisticamente

rilevante delle località che rivolgono le proprie strategie di marketing ai

nuovi segmenti di domanda turistica (i cosiddetti turisti post-fordisti, fra i

quali segnaliamo i turisti del gusto o gastronauti, i turisti verdi, ecc.)45.

Perciò, soprattutto le imprese produttrici di piccole dimensioni, anziché

adottare una strategia di marketing centrata solo sulla distribuzione (Paolini

2000), ovvero portare il prodotto il più vicino possibile alla casa del

consumatore, possono scegliere quella di attrarre il consumatore, cioè di

portare il cliente a consumare nei luoghi di produzione, dove si realizzano i

prodotti tipici locali. Questo consente di esaltarne i punti di forza, ovvero la

varietà, l'esclusività, la genuinità, la stagionalità, ecc. e di trasformare gli

aspetti problematici come la deperibilità o la difficile conservazione, le

produzioni limitate, in opportunità, in quanto contribuiscono a rendere i

prodotti tipici locali fortemente differenziati e difficilmente massificabili.

Nella prospettiva del consumatore moderno alla ricerca di continue e

nuove emozioni e di nuovi modi di essere, alla domanda di beni

agroalimentari tipicamente locali si affianca una domanda di servizi ed

esperienze collegate alla cultura locale e del territorio. Il territorio, con le

sue risorse culturali e ambientali, diviene così il palcoscenico-supporto

indispensabile ai produttori per creare esperienze memorabili per la

clientela.

45 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettivadell’economia delle esperienze, in Collesei U., Andreani J.C. (a cura di), Atti del V CongressoInternazionale Marketing Trends, Venezia, 20-21Gennaio 2006, Dipartimento di Economia eDirezione Aziendale, Università Ca’ Foscari Venezia.

28

1.5 L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore

Strumenti di comunicazione come gli eventi (§ 1.3), capaci di accrescere

l'attrattività dei territori rafforzandone gli elementi di autenticità, sono

anche forme di marketing esperienziale, che mirano ad un coinvolgimento

forte dei visitatori ed in grado di creare specifiche immagini di un territorio

Con il passaggio dall'orientamento al prodotto all’orientamento verso il

consumatore, la centralità del cliente è ormai un aspetto consolidato nella

cultura del marketing.

Il marketing tradizionale si focalizzava sul prodotto, sulla sua qualità,

sulle caratteristiche e sugli attributi fisici. Negli ultimi anni è nato il

marketing esperienziale, che, invece, concentra la sua attenzione

sull'esperienza di consumo del cliente46.

Il marketing si sta sempre più focalizzando sull’importanza del saper

offrire esperienze di consumo globali che siano significative e qualificanti.

L'obiettivo è di dar vita ad un evento memorabile che coinvolga i

consumatori in modo più profondo e intimo, che migliori, renda unica

quell'esperienza di consumo. Ciò permette di distinguersi dalla concorrenza.

Secondo Pine e Gilmore (2000) il XXI secolo sarà caratterizzato dal

passaggio dall'economia dei servizi allo sviluppo di una nuova economia :

l'economia delle esperienze, dove le esperienze vengono viste come

prodotti di maggior valore economico, capaci di produrre la massima

soddisfazione dei clienti e quindi capaci di aumentare la redditività

all’impresa. Tutto questo è dovuto a causa di una serie di motivi: il

progresso tecnologico, la crescita dell'intensità della competizione

(l'aumentare della concorrenza porta ad una sempre maggiore ricerca di

differenziazione delle offerte delle imprese), la progressione naturale del

valore economico (progressione da merce a bene, poi a servizio e infine a

46 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienzadi consumo, Franco Angeli, Milano

29

esperienza - vedi Fig.1.4-) e la crescita della ricchezza47.

Figura 1.4 - La progressione del valore economico

Fonte: Pine e Gilmore (2000)

In questo nuovo contesto il valore per il cliente viene creato dall’impresa

offrendo esperienze, piuttosto che beni e servizi, cioè alla stregua di questi,

l’esperienza costituisce una nuova tipologia di “prodotto” richiesto dai

consumatori. I due autori, infatti, affermano che le esperienze sono la quarta

forma di offerta economica, distinta dai servizi come i servizi sono distinti

dai prodotti e i prodotti dalle commodity (materie prime), ma finora

largamente non riconosciute come tali. Quando una persona acquista un

servizio, acquista un insieme di attività intangibili. Ma quando acquista una

esperienza, essa paga per spendere il suo tempo nel fruire di una serie di

eventi memorabili che l'azienda organizza, come in uno spettacolo teatrale,

47 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,Milano p.6

30

Prestareservizi

Mettere in scena esperienze

Estrazionecommodit

Produzionebeni

Rilevant

mercat

differenziata

Posizione competitiva

indifferenziata

Esigenze della

clientela

Irrilevante per

Fissazione del

prezzo

Produzionebeni

Prestazioneservizi

Mettere in scenaesperienze

maggiorato(premium

price)

mercato

Estrazionecommodity

Rilevante

per impegnarlo in modo diretto48.

Le caratteristiche principali dell’esperienza sono l’unicità e la

personalizzazione: “le aziende mettono in scena un’esperienza ogni

qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro in modo

personale e degno di essere ricordato”.

L’esperienza costituisce dunque un’offerta autonoma e distinta da

materie prime, beni e servizi perché, al contrario di queste, è memorabile e

coinvolge l'individuo sul piano personale49. Pine e Gilmore insistono molto

sulla partecipazione del cliente, poiché ritengono il coinvolgimento

personale del cliente l’elemento base della nuova economia e affermano che

inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti, ma significa

coinvolgerli. L’impresa dovrà quindi arricchire la propria offerta, in modo

da farla percepire come unica, e trasformarsi in “regista di esperienze”, cioè

cercare di mettere in scena un’esperienza completa e multisensoriale che

non si limiti ad intrattenere, ma che sia anche in grado di educare, estasiare

il consumatore, coinvolgerlo a livello emotivo, fisico, intellettuale e

spirituale. Anche le operazioni più banali possono essere trasformate in

esperienze memorabili, e quest'ultime non sono altro che eventi che parlano

anche alla sfera intima dell’individuo, alla sua psiche.

Pine e Gilmore adottano una prospettiva molto particolare: l'esperienza

viene considerata come una rappresentazione teatrale, l’impresa come un

regista e il consumatore come un ospite. Tra questi ultimi si erge a

palcoscenico:il punto vendita, all'interno del quale i dipendenti agiscono

come attori.

Il produttore di esperienze per realizzare e fornire consapevolmente

questa nuova offerta economica deve quindi conoscere come si struttura

un’esperienza nel suo complesso. A questo proposito i due autori hanno

schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite, nel

48 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.249 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit.

p.14

31

modello degli ambiti dell’esperienza (Fig.1.5).

Vengono individuati quattro ambiti che caratterizzano l'esperienza:

intrattenimento, educazione, evasione ed estetica. Questi ambiti sono dati

dall'unione di due dimensioni: la partecipazione dell’individuo (lungo l'asse

orizzontale) e la sua connessione (lungo l'asse verticale) con la

performance. La partecipazione può essere passiva, quando l'ospite non può

influire sulla performance , o attiva, quando l'ospite può influire sull'evento

inscenato. La connessione invece può essere d’assorbimento, quando

l'ospite è impegnato a captare con la mente l'esperienza, o d’immersione,

quando l'ospite è reso parte dell'esperienza stessa.

Di seguito la descrizione dei singoli ambiti:

- ambito dell’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono

passivamente le esperienze attraverso i sensi;

- ambito dell’educazione: anche nelle esperienze educative l’ospite

assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, ma a differenza

dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva

dell’individuo. Per formare una persona aumentandone le conoscenze e/o

capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente

(per l’educazione intellettuale) e/o il corpo (per l’allenamento fisico);

- ambito dell’evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione

molto profonda ed un comportamento attivo della persona. Rispetto alle

esperienze di intrattenimento o educative l’ospite è in questo caso del tutto

immerso in esse, ma piuttosto che recitare il ruolo del passivo che guarda

agire gli altri, l’ospite diviene attore, capace di agire sulla performance

effettiva. Gli ospiti che partecipano alle esperienze d’evasione non solo

arrivano da, ma viaggiano verso qualche luogo o attività specifici che

meritano il loro tempo.;

- ambito dell’esperienza estetica: in queste forme di esperienze gli

individui si immergono in un evento o ambiente avendo un’influenza

piccola o nulla su di esso, tanto da lasciare l’ambiente (ma non se stessi)

32

intatto.

Partecipando ad una esperienza educativa gli ospiti vorranno imparare, a

un'esperienza d'evasione vorranno fare, a un'esperienza d'intrattenimento

vorranno provare, mentre chi prende parte a un'esperienza estetica

semplicemente vuole essere lì50. Le esperienze più ricche, più coinvolgenti e

memorabili comprendono aspetti di tutti e quattro i campi, e si intensificano

intorno al punto centrale della figura 1.5.

Figura 1.5 - Gli ambiti dell'esperienza

Fonte: nostro adattamento Pine e Gilmore (2000, pag.35)

50 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,Milano p.41

33

Immersione

Assorbimento

Partecipazione passiva

Evasione

Educazione

Esperienzaestetica

Partecipazione attiva

Intrattenimento

1.6 Il marketing esperienziale secondo Schmitt

Schmitt (1999) mostra un particolare interesse alla componente emotiva

e affettiva delle esperienze. Egli propone il modello dell' “Experential

Marketing”, che considera il consumatore come un soggetto guidato

dall'emotività oltre che dalla razionalità, che ricerca piacere ed esperienze

nel consumo dei prodotti51. L’esperienza è vista come valore aggiunto

(accessorio) per il processo di consumo, cioè attraverso questa si influenza

la percezione che ha il consumatore di un particolare bene o servizio e di

conseguenza la sua decisione d'acquisto.

Secondo Schmitt le esperienze sono “eventi privati che si verificano in

risposta a una qualche stimolazione [...] esse coinvolgono l'essere umano

nel complesso e risultano dall'osservazione diretta e dalla partecipazione a

eventi, siano essi reali, fantastici o virtuali.”52. Le esperienze “si verificano

in seguito all’affrontare, al subire o al superare situazioni; sono stimolazioni

indotte ai sensi, al cuore e alla mente. Esse, inoltre, uniscono l’azienda e la

marca allo stile di vita del cliente e collocano sia le azioni del singolo che

l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio. In breve, le

esperienze forniscono valori sensoriali, emotivi, cognitivi, comportamentali

e relazionali che sostituiscono quelli funzionali”53.

Il “marketing esperienziale” è così chiamato da Schmitt in quanto basato

sull’esperienza del consumo piuttosto che sul prodotto in sé; in questa

prospettiva, la strategia di marketing deve individuare quale tipo di

esperienza può valorizzare al meglio il prodotto, per poi proporla al

pubblico, ricostruendola ad hoc. Secondo Schmitt esistono cinque diversi

tipi di esperienza (che lui chiama “SEMs”, o “Strategic Experential

Modules”) che sono il Sense, il Feel, il Think, l'Act, e il Relate. Essi

51 Schmitt, B.(1999), "Experiential marketing", Journal of Marketing Management, Vol. 15 p.5352 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza

di consumo, Franco Angeli, Milano p.5553 Ibidem p.43

34

possono essere il punto di partenza per costituire cinque differenti strategie

di marketing. L'obiettivo finale è creare esperienze olistiche che sono il

risultato della combinazione delle cinque tipologie di esperienze e cioè:

- le esperienze sensoriali (SENSE) , che si basano sui nostri cinque

sensi(vista, udito, gusto, tatto e olfatto); l'obiettivo di questo modulo è

quello di ottenere un impatto sensoriale sui clienti o potenziali clienti per

aggiungere valore all’identità di marca o di prodotto;

- le esperienze affettive (FEEL), che coinvolgono i sentimenti interiori

dei clienti e le emozioni.; l’obiettivo di questo modulo è quello di creare

esperienze affettive collegate alla marca, saper suscitare emozioni,

sentimenti, stati d’animo, batticuore, in una gamma di sentimenti euforici,

che vanno dalla dolce melanconia alla gioia, dalla speranza alla felicità, dal

divertimento all’allegria;

- le esperienze cognitive e creative (THINK) che fanno appello

all'intelletto, alla capacità di riflettere, risolvere, scovare;qui l'obiettivo è di

creare stimoli ed esperienze per la mente;

- le esperienze comportamentali (ACT) che coinvolgono l'azione fisica

e corporea; le azioni di marketing relative a questo modulo consistono

sempre in un invito all'azione;

- le esperienze sociali (RELATE) ovvero risultanti dal mettere in

relazione l'individuo con sé stesso, con un gruppo di individui, con altre

culture; questo modulo ingloba al suo interno tutti i moduli precedenti ma

va oltre l’esperienza personale dell’individuo, perché lo inserisce in un

contesto sociale più ampio54.

L’azienda può ricostruire per i consumatori queste esperienze attraverso

il mix di comunicazione, cioè attraverso tutti gli strumenti che parlano della

marca, inclusi siti internet, punti vendita, eventi e personale di contatto

(Schmitt parla di “ExPros”, o “Experience Providers”, cioè fornitori di

esperienza, che sono gli strumenti che attivano i moduli strategici).Quindi54 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza

di consumo,Op.cit., pp. 59-70

35

rivestono un ruolo decisivo non solo gli strumenti classici di comunicazione

come la pubblicità, ma appunto tutti gli elementi che rimandano alla marca

che devono essere coordinati dall’impresa per determinare l’arricchimento

dell’esperienza del consumatore. Per questo avranno grande rilevanza la

pianificazione degli spazi, la gestione delle comunità e la creazione di

eventi dedicati che avvicinino i consumatori ai valori della marca55.

1.7 Il turismo delle esperienze

Se si assume l’economia delle esperienze come chiave di lettura del

fenomeno turistico è possibile affermare che il turista, quando viaggia e

soggiorna, non domanda semplicemente beni e servizi turistici singoli o

sotto forma di pacchetti ma esperienze turistiche complesse, coinvolgenti,

da vivere in modo personale e partecipativo.

In questo modo l’esperienza turistica nasce dall’insieme di relazioni

socioeconomiche che avvengono fra un ospite e il complesso sistema di

attori e relazioni connesse in qualche modo al territorio ove si mette in

scena lo “spettacolo” del turismo. Il prodotto finale dell'esperienza turistica

si individua nella stessa interiorità di questo soggetto (turista, cliente,

viaggiatore). Le sue sensazioni ed emozioni vissute rappresentano l' output

finale.

L’industria turistica di un territorio è un sistema naturalmente predisposto

ad offrire esperienze economiche in grado di coinvolgere ed in prospettiva

trasformare i clienti, che sono considerati come partner-attori56.

Il prodotto turistico è un'esperienza vissuta dall’ospite con diversi livelli

55 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienzadi consumo, Op.cit., p.70

56 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa emercato”, Università degli studi di Genova

36

di partecipazione e coinvolgimento.

L’esperienza turistica (il prodotto turistico) nasce da un sistema

relazionale complesso che emerge da un territorio specifico e delimitato,

grazie ad una pluralità di servizi offerti dalle singole aziende turistiche,

dagli altri operatori economici, dalla Pubblica Amministrazione, alle risorse

presenti nell’ambiente, alle interazioni con la popolazione ecc.

L’esperienza turistica emerge, per cui, su un dato territorio grazie a due

tipologie di relazioni:

● relazioni interne al sistema turistico territoriale, si instaurano fra le

imprese (turistiche, agricole, commerciali, ecc), gli enti pubblici, i soggetti

no-profit, la comunità locale, ecc.

● relazioni con gli attori esterni al sistema turistico territoriale, si

instaurano tra le strutture della località turistica e il mercato turistico

globale57.

Il turismo si caratterizza, quindi, come un’offerta economica che emerge

da un dato territorio ed ha la proprietà di essere un’esperienza estetica

totale. Lo spostamento della persona dal proprio luogo di residenza ad un

altro luogo evidenzia, per un periodo di tempo definito, produce una

completa immersione del turista nell'esperienza di vacanza.

Nell’offerta di esperienze turistiche è presente una forte componente di

co-produzione del turista, infatti nel comparto del turismo i turisti-ospiti

vengono considerati come partner-attori. La partecipazione del turista al

processo produttivo della propria vacanza è l’elemento fondamentale che

caratterizza l’esperienza turistica complessiva e la differenzia dai singoli

servizi turistici

Secondo Forlani(2005) è possibile analizzare il fenomeno turistico,

utilizzando il modello teatrale (Pine e Gilmore, 1999), cercando di mostrare

come il territorio sia da considerare il palcoscenico in cui un’esperienza

turistica nasce dall'interazione di una pluralità di attori: gli attori della57 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa e

mercato”, Università degli studi di Genova

37

domanda (operatori e popolazione locale) e dell’offerta (turisti)58.

Dunque l'esperienza turistica (la rappresentazione teatrale) è messa in

scena dall’insieme degli operatori economici (la compagnia), in uno

specifico ambiente (palcoscenico o teatro), per e con specifici ospiti-turisti

(pubblico) in un delimitato tempo (lo spettacolo ha un inizio è una fine).

Concependo la vacanza come uno spettacolo da sceneggiare si riesce così a

comprendere, e quindi progettare, le vacanze che si vogliono offrire (gli

ambiti dell’esperienza turistica) e si riescono a ipotizzare dei modelli di

produzione della stessa.

Un sistema turistico locale finalizzato alla produzione e alla

commercializzazione sul mercato di esperienze turistiche, deve partire

dall’analisi del cliente obiettivo, per definire le opportune politiche atte a

connettere gli attori interni ed esterni in modo da ottenere un utilizzo

sistemico, e quindi ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico

è radicato.

Nell'applicazione dell'applicazione dell'approccio di Pine e Gilmore,

proposto da Forlani, progettare un'esperienza significa quindi, rispondere

alle seguenti domande:

Per chi ? Il pubblico – i segmenti di mercato per i quali si allestisce

l’esperienza.

Chi ? Gl i attori e le comparse – i soggetti presenti ed agenti sul

territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione

dell’esperienza.

Perché ? La filosofia – gli obbiettivi, la cultura, la fiducia del

territorio come elementi di unità e consapevolezza del sistema.

Dove ? I l palcoscenico – il territorio come insieme di risorse e

capacità del sistema.

Cosa ? Lo spettacolo – il concetto dell’esperienza: il messaggio, le

sensazioni, le emozioni e i ricordi.

58 Ibidem

38

Come ? La forma di teatro – l’organizzazione e la disposizione degli

eventi-azioni nel tempo, gestione delle relazioni tra gli attori e di

questi con gli ospiti.

Figura 1.6 - Un modello di analisi per la produzione di esperienze

Fonte: Forlani F. (2005)

Attraverso il modello teatrale si mette in evidenza che il turista non è

solo uno spettatore passivo, ma è un protagonista dello “spettacolo

turistico” allestito dall’offerta (singola impresa o sistema turistico). Il

coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di

consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno,

39

Per chi?Target

Cosa?Esperienza

turistica

Perchè?Mission e

cultura

Chi?Attori e comparse

Come?Forma di

teatro

Dove?Palcoscenico

nell'esperienza di consumo vera e propria, fino alle attività svolte al ritorno

dalla vacanza.

Al fine di produrre un’esperienza soddisfacente Pine e Gilmore

propongono un percorso in cinque passi59.

1) Tematizzazione dell'esperienza

L’impresa deve, prima di tutto, scegliere un tema ben definito, che

affascini e stimoli l’individuo. Un tema è tanto più efficace quanto più

altera il senso di realtà di un individuo, incidendo su spazio, tempo e

materia; integra queste tre dimensioni in un tutto compatto e realistico; crea

più ambienti nello stesso luogo; è coerente con l’identità dell’impresa. Il

tema, in quanto elemento centrale della visione dell’esperienza è quindi il

filo conduttore intorno al quale si organizza l’esperienza.

2) Armonizzare le impressioni con indizi positivi

Dopo aver stabilito il tema da rappresentare, l’impresa deve assicurarsi

che anche i consumatori lo possano cogliere nella sua interezza. Il tema

costituisce la base dell'esperienza e l'esperienza deve suscitare impressioni

indelebili60. Le impressioni sono il “take away” dell’esperienza, ciò che si

porta via con sé, quindi l'immagine che si ha dell'esperienza.

Per creare le impressioni desiderate, le imprese devono introdurre elementi

che nel loro insieme affermino la natura dell’esperienza voluta per l’ospite.

Ciascun elemento della vacanza deve essere, allora, coerente con il tema, e

con la tipologia dell’esperienza che si vuol far vivere, in modo da

rafforzarlo e sostenerlo.

3) Eliminare gli indizi negativi

Quando si mette in scena l'esperienza è necessario eliminare qualsiasi

cosa che impoverisca, contraddica o distolga l'attenzione dal tema.

Nella messa in scena dell’esperienza turistica occorre fare estremamente

attenzione agli indizi o impressioni incoerenti con il tema, poiché sono59 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,

Milano pp. 51-7160 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit.,

p.60

40

sufficienti poche informazioni contraddittorie per far crollare una “storia”

costruita con tantissime impressioni positive.

Il secondo e terzo passo prevedono infatti l’armonizzazione delle

impressioni suscitate: ciò viene fatto, da una parte, fornendo indizi che

affermino la natura dell’esperienza e che ne rafforzino il tema, e dall’altra,

eliminando quelli che impoveriscano il tema e che distolgano l’attenzione

del consumatore dalla performance. In entrambi i casi, gli indizi possono

essere “meccanici” ovvero visioni, odori, sapori, suoni e trame generati da

cose, o “umanici”, ovvero elementi che provengono dal personale

aziendale.

4) Coinvolgere i cinque sensi

Il quarto passo consiste nel coinvolgere l'ospite attraverso la stimolazione

sensoriale, dal momento che "quanto più efficacemente un'esperienza

coinvolge i cinque sensi, tanto più sarà memorabile"61.

Gli stimoli sensoriali che accompagnano un'esperienza ne devono

sostenere e intensificare il tema. Le sensazioni e le emozioni vissute oltre ad

essere la conseguenza della propria offerta economica, sono la componente

fondamentale della stessa.

5) Integrare con oggetti ricordo

Infine l’impresa deve offrire oggetti-ricordo come testimonianza

tangibile di quanto vissuto. In particolare, essa ha a disposizione quattro

possibilità:può vendere souvenir; può trasformare in souvenir personalizzati

articoli che sono parte dell’esperienza stessa; può regalare souvenir; può

sviluppare un tipo di memorabilia completamente nuovo, legato

all’esperienza in modo originale.

I turisti, ad esempio, rendono spesso tangibile la loro esperienza grazie

all’acquisto di souvenir o di prodotti tipici del luogo in cui si sono recati o

hanno soggiornato per rendere l’esperienza vissuta più concreta. I prodotti

in questo caso fungono da elementi di certificazione dell’esperienza stessa e

61 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.68

41

per mantenere il ricordo.

Dalle considerazioni apportate in questo primo capitolo ne deriva che le

imprese turistiche di un territorio sono parte di un sistema potenzialmente

capace di offrire esperienze turistiche e di viaggio in grado di coinvolgere

ed attrarre clienti e generatrici, allo stesso tempo, di emozioni (soprattutto

per la domanda, ma anche per l'offerta) e di reddito (fondamentalmente per

gli attori dell'offerta).

Oggi si sta assistendo a un boom dei turismi di nicchia: uno fra questi è il

turismo enogastronomico62. Le nuove tendenze parlano, infatti, di viaggi

alla riscoperta dei saperi e dei sapori locali; sempre più spesso i

consumatori, alla ricerca di tranquillità e di quiete sia fisica che psichica,

desiderano vivere delle esperienze coinvolgenti e autentiche, a contatto con

la natura e con la cultura del luogo, in cui il piacere della vacanza si fonde

con il piacere del cibo e la bellezza dei paesaggi.

62 http://www.movimentoturismovino.it

42

CAPITOLO 2

LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO DEL VINO

2.1 Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo

sostenibile, ecoturismo, turismo rurale, agriturismo e

turismo enogastronomico)

Il quadro socioculturale italiano dagli anni '80-'90 fino ad oggi, nel

nuovo millennio, ha subito un forte cambiamento. Per reazione a quel

periodo, spesso definito come il decennio dell'edonismo “appariscente”

poiché dominato dal culto del look e della mondanità63, si sono sviluppate

nuove abitudini di consumo e stili di vita “alternativi”: ha inizio una nuova

stagione all'insegna della coscienza ambientale e della coscienza di sé, della

salute intesa come benessere psicofisico e spirituale. Nell'alimentazione si è

passati dal “junk food”64 alla cucina naturale, nella medicina si è assistito al

nascere di terapie alternative all'allopatia, come l'omeopatia e la madicina

naturale, nella musica è cresciuta la produzione di dischi di musica etnica,

rilassante e terapeutica.

Nel settore del turismo assistiamo alla nascita di nuove nicchie di

mercato. Infatti oggi piuttosto che parlare genericamente di turismo si parla

di “nuovi turismi”, con particolare riferimento alla segmentazione del

mercato turistico e alla diffusione di nuove tipologie di turismo che si

63 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e viedi comunicazione, Franco Angeli, Milano pp.31-3264 Termine coniato nel 1972 da Michael Jacobson, direttore del Centro di scienze per l'interesse

pubblico, e significa cibo spazzatura, cioè cibo caratterizzato da scarso valore nutrizionale e adalto contenuto calorico, come dolciumi confezionati, hamburger, bevande gassate ecc.

43

affiancano a quelle tradizionali (turismo balneare e montano, che sebbene

rappresentino tuttora la parte consistente dell'offerta turistica italiana, hanno

raggiunto l'area di maturità nel ciclo di vita del prodotto). Ecco alcuni

esempi:

- il turismo sostenibile ed ecoturismo

- il turismo rurale ed agriturismo

- il turismo enogastronomico

Questi nuovi tipi di turismo si basano sulla cultura, la natura, l'avventura,

l'edonismo e il salutismo e quindi propongono al cliente un'esperienza che

soddisfi i suoi bisogni di autenticità, di contatto diretto con la natura, la

cultura, con l'identità e gli stili di vita dei luoghi. I consumatori si

allontanano sempre più dalle destinazioni metropolitane, dai luoghi

marittimi e montani rinomati e affollati, e desiderano un contatto più

autentico con la realtà locale, scelgono mete più sobrie, quali località per

trekking, aziende agrituristiche, percorsi enogastronomici, luoghi di turismo

culturale e spirituale. Essi dimostrano di essere interessati all'amore per la

natura, alla ricerca di benessere, genuinità e spontaneità65.

In questo contesto il territorio gioca un ruolo di primo piano in quanto:

- terra e quindi ritorno alle origini, recupero delle radici e fonte di

benessere fisico e spirituale;

- ricerca pionieristica di percorsi inesplorati o dimenticati, senso

dell'avventura che contrappone l'unicità all'emulazione;

- peculiarità, unicità e rarità di ciò che il territorio stesso è in grado di

offrire;

- adattabilità a diverse esigenze di appagamento psicofisico66.

Per quanto riguarda il turismo sostenibile e l'ecotursimo è necessario

affermare che in Italia si regista una crescente attenzione, sia da parte dei

65 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e viedi comunicazione, Op.cit., p.3266 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.65 e ss.

44

consumatori, che degli attori dell'offerta e delle istituzioni locali, ai temi

della ecocompatibilità e della sostenibilità ambientale. Il turista è animato

da una sempre maggiore sensibilità alle questioni ambientali, nonché dal

desiderio di vacanze salutistiche.

Per tursimo sostenibile si intende “ogni forma di attività turistica che

rispetta e preserva a lungo termine le risorse naturali, culturali e sociali e

che contribuisce in modo positivo ed equo allo sviluppo economico e

all'interesse per gli individui che vivono e fruiscono di questi spazi”67.

L'ecoturismo, invece, “è un modo responsabile di viaggiare in aree

naturali conservando l'ambiente e sostenendo il benessere delle popolazioni

locali”.

Il turismo rurale e l'agriturismo sono forme di vacanza che si svolgono

nelle località rurali. Tali forme di turismo in parte hanno un fondo comune

costituto dal contesto ambientale in cui si svolge la pratica turistica, ma si

differenziano sia per i soggetti imprenditori sia per le leggi che ne

disciplinano il funzionamento.

Il turismo rurale ha un significato più generale dell'agriturismo e, come

vedremo, al contrario di questo non è oggetto di codificazione normativa.

Esso viene classificato come una forma di fruizione turistica basata su

specificità territoriali (naturali e agricole) sintetizzabile nell'espressione

“patrimonio locale rurale”, la cui motivazione principale è il contatto con

l'ambiente rurale nelle sue espressioni caratteristiche (agricoltura, folklore,

arte, gastronomia, artigianato ecc.) e il cui soggiorno è praticato in strutture

ricettive alberghiere, extra alberghiere e agrituristiche coerenti con il

contesto paesaggistico in cui sono inserite68.

L'agriturismo è una forma specifica di turismo rurale e indica l'attività di

prestazione di servizi alla persona (ospitalità in azienda, vendita di prodotti

tipici, degustazione dei prodotti ecc.) svolta nell'ambito di un'azienda

67 Ecoturismo(2002), http://www.ecoturismo-italia.it68 INEA (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari,Quaderno informativo n.4, II edizione, INEA, Roma

45

agricola e nell'esercizio di un'impresa agricola. Il rapporto di

complementarità fra l'attività agricola e quella turistica dell'azienda è

regolato da norme regionali. Nell'offerta agrituristica rientra l'ospitalità

rurale (alloggi in camere, appartamenti, aree destinate all'agricampeggio); la

ristorazione enogastronomica tipica; le attività ricreative e culturali

direttamente connesse (attività venatorie, equestri, pesca, trekking,

cicloturismo ecc.). L'attività agrituristica costituisce la tipologia di offerta

più vicina e complementare all'enogastronomia69. Il turismo rurale può

incorporare esperienze di tur ismo enogastronomico: percorsi

enogastronomici attivi in aziende di produzione e di trasformazione,

degustazioni, eventi culturali e della tradizione. È allora evidente che quella

del turista rurale, in generale, è una esperienza complessa che coniuga

elementi esclusivamente turistici con elementi demo-entno-antropologici.

L’esperienza del turista rurale nasce da tre importanti elementi:

l a memoria ritrovata, intesa quale sensibilità dell’individuo al

recupero delle radici e delle tradizioni, enogastronomiche e non, nella

rivalutazione del mondo agricolo e artigianale e nell’interesse per il

paesaggio rurale;

la salute e il benessere, intesa come qualità della vita, dell’ambiente

e del paesaggio, sicurezza alimentare;

la conoscenza e l’apprendimento, quale scoperta delle emergenze

storiche e naturalistiche dei luoghi visitati, rapporto diretto con i

luoghi di produzione (tipica) tradizionale locale, accoglienza ed

ospitalità della comunità locale70.

C o n turismo enogastronomico si indica il “consumo consapevole di

esperienze gastronomiche da parte dei turisti”71. Il turismo enogastronomico

69 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.65 e ss.70 Inea (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari,

Quaderno informativo n.4, II Ed. aggiornata, pagg. 12-13. 71ANTONIOLI CORIGLIANO M., VIGANO' G. (2004), Turisti per gusto. Enogastronomia,territorio, sostenibilità, Ed. De Agostini, pag. 91 e ss.

46

è, tra le nuove forme di turismo quello che sta interessando un numero

crescente di individui, diventando per certe fasce di utenti, la motivazione

principale degli spostamenti. In particolare, in nessun paese come l’Italia, il

turismo enogastronomico ha assunto una fisionomia così diffusa e

consistente: una ventina di leggi nazionali, 140 strade del vino già operanti

e normativamente deliberate, 1.300 comuni attraversati da questa rete

capillare che comprende quasi 400 denominazioni territoriali di vini, 4.133

ristoranti, 32.972 prodotti vinicoli e 3.313 cantine72.

Nell'enogastronomia, i cambiamenti che si sono verificati negli anni '90

hanno portato ad un recupero delle tradizioni, del gusto del convivio e alla

riscoperta dei rituali legati al mangiare, al bere e, più in generale, allo stare

insieme73.

Il turismo enogastronomico è una forma di turismo culturale in quanto

mira alla conservazione e alla valorizzazione dei prodotti e dei territori

agricoli e vinicoli attraverso la visita ad aziende, la degustazione di

produzioni tipiche e di piatti locali, consentendo ai visitatori di riscoprire

quel legame naturale che lega un alimento al suo territorio di origine74.

La curiosità di conoscere i saperi e i sapori di questo territorio permette

al turista l'incontro con una specifica cultura. Il “cibo è cultura”, la

degustazione di un piatto tipico, di un vino di produzione locale, può essere

considerato come il modo di entrare in comunione con la popolazione di un

luogo, per appropriarsi della sua identità culturale, delle sue tradizioni, del

suo patrimonio storico75.

In questo senso il turismo enogastronomico contribuisce a salvaguardare

le specificità dei singoli territori sviluppandone al contempo le potenzialità,

soprattutto in riferimento alle aree rurali, spesso marginali rispetto alle

72 http://www.cittadelvino.it73ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e viedi comunicazione, Op.cit. p.3274ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p. 12075 Ibidemp.118 e ss.

47

direttrici di flusso.

I turisti dell’enogastronomia innanzitutto si muovono in funzione del

cibo, poi sono attirati dall’ambiente, dalla cultura, dall’arte, dalla storia, dal

paesaggio. Il turista enogastronomico è colui che intende partecipare alle

tradizioni culinarie del luogo visitato, godere dell’unicità del patrimonio

eno-gastronomico nazionale, ricercare un'osmosi tra risorse turistiche

territoriali e le risorse enogastronomiche in senso stretto (prodotti tipici e

prodotti con marchio collettivo comunitario quali DOC, DOCG, DOP, IGP,

etc..).

2.2 Il turismo del vino

Il turismo del vino (o enoturismo) è un “turismo diretto a tutto quanto

concerne la produzione del vino e dei prodotti vitivinicoli, ovvero quei

percorsi che includono le vigne, le cantine e i luoghi di lavorazione, di

imbottiglaimento, di invecchiamento, di conservazione, ecc. In essi sono da

includere i momenti partecipativi alla conoscenza dei prodotti stessi, anche

con riguardo alle fasi del consumo (enogastronomia)”76.

Questo tipo di turismo si sta diffondendo nel nostro paese e all’estero

come un modello nuovo e diverso di turismo ed è teso a riscoprire e

integrare le risorse naturali, culturali e artistiche, con la tradizione, la

tipicità e l’economia prettamente rurale.

Questa tipologia di turismo si caratterizza per la percorrenza di tracciati

in cui sono presenti elementi rilevanti sotto il profilo vitivinicolo, come

zone viticole di pregio, aziende agricole, cantine, enoteche77.

Secondo il primo articolo della Carta Europea dell'Enoturismo per

76 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., Milano p.3177 http//www.movimentoturismovino.it

48

turismo del vino si intende designare “lo sviluppo di tutte le attività

turistiche e di tempo libero, dedicate alla scoperta e al godimento culturale

ed enofilo della vigna, del vino e del suo territorio”78.

Enoturismo significa anche flussi turistici che non interassano il solo

spazio circoscritto della cantina, ma i vigneti, la campagna e le località

limitrofe. Presenta notevoli elementi di traino per la conservazione di altri

“sistemi locali”, di altre produzioni, di prodotti agricoli, di prodotti

artigianali, ecc.; crea attività legate al sistema ricettivo, all'intermediazione

e sviluppa professioni turistiche (guide, animatori, istruttori, sportivi, ecc.)

con notevoli benefici in termine di reddito, di sviluppo economico e di

occupazione locale79.

Oggi le mete turistiche più alla moda sono i territori del vino e i giovani

italiani, sempre attenti e affascinati dalle nuove tendenze, riscoprono l'Italia:

le nuove generazioni si mostrano sempre più disponibili ad abbandonare le

mete di viaggio più classiche a livello internazionale per sperimentare

forme di turismo del vino e dei sapori nostrane e al passo con i tempi80.

I territori del vino costituiscono una risorsa turistica a tutti gli effetti, in

grado di arricchire e diversificare l'offerta turistica tradizionale del nostro

Paese. Per il turista “andare per vigneti”significa entrare in contatto con le

risorse naturali del luogo e conoscere più approfonditamente un prodotto

come il vino, che ha radici storiche antichissime. Il vino è quel prodotto

agroalimentare che può essere associato ad una precisa area di origine,

quindi a uno specifico territorio ed è il vero “testimonial” dell'area di

produzione e delle sue peculiarità specifiche81.

Il turismo del vino in Italia si è sviluppato a partire dal 1993 e in poco

più di dieci anni è diventato un comparto economico con un giro di affari di

78 La Carta Europea dell'Enoturismo è stata approvata a Parigi il 28 Marzo 2006,www.cittadelvino.it

79 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.15280 http://www.cittadelvino.it81 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.Cit., p. 58

49

due miliardi di euro l'anno. E' un turismo che può dare molto alle zone

agricole e soddisfare i bisogni dei nuovi viaggiatori desiderosi di esperienze

e di luoghi autentici. Fabio Taiti, presidente di Censis Servizi, stima il

potenziale di sviluppo ancora esprimibile dal turismo del vino intorno

all’80% e prevede un raddoppio del business enoturistico entro il 2011 e

una crescita da 4,5 a 8 milioni dei visitatori delle cantine italiane82. La

crescita del settore enoturistico non riguarda comunque solo l’Italia: in

Europa e nel Mondo si assiste ad una crescente offerta di destinazioni

centrate sul vino e le produzioni tipiche, così la concorrenza e la

competitività si fanno globali. Il vino, con il territorio e la cultura di cui è

espressione, è sicuramente una delle ricchezze più importanti del sistema

Italia, riconosciuto nel mondo e quindi potenziale veicolo di forte sviluppo

produttivo e turistico al pari del patrimonio artistico e monumentale83. Il

turismo del vino è dunque una calamita importante per l'Italia e quindi un

fattore determinante per lo sviluppo del settore turistico nel suo complesso.

Nei più recenti sondaggi l'accoppiata cibo-vino batte l'arte, la campagna

e i centri termali sia (e specialmente) nella classifica di interesse della

stampa, sia in quella dei Tour Operator84. Il ruolo chiave dell'offerta

enoturistica, all'interno dell'offerta turistica italiana, è confermata dai dati

sullo shopping. La gastronomia è decisamente in testa fra gli acquisti per

tedeschi, francesi e inglesi, mentre il vino oscilla tra il secondo e il terzo

posto85. Il Chianti è sicuramente la destinazione enoturistica più conosciuta

e la rivista “ The Wine Spectator” mette la Toscana al primo posto fra i

desideri di viaggio di chi ama il vino. A conferma di ciò, WineNews nel

2004 indica questa graduatoria nelle destinazioni di viaggio predilette dai

suoi navigatori web:

82 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile diViticultura ed Enologia anno 2, numero 6, luglio/agosto p. 1183 http//www.movimentoturismovino.it84 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile diViticultura ed Enologia, Op.Cit. p. 4785 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business edel turismo in cantina, Agra Editrice, Roma pp. 48

50

Chianti

Conegliano

Oltrepò Pavese

Montalcino

Monferrato

Langhe

Ad una certa distanza seguono Friuli Venezia Giulia, Montefalco,

Valpolicella, Franciacorta. Ed a seguire ancora Emilia, Conegliano, Sicilia e

Marche.

2.3 Enoturismo quale fattore di valorizzazione della

produzione vinicola

Turismo e produzione vitivinicola rappresentano un binomio vincente

per la promozione e la protezione di territori con una forte vocazione

all’enoturismo. L'enoturismo mira infatti ad incentivare il consumo stesso

del vino attraverso i viaggi enoturistici, da un lato per consentire la

conoscenza e la diretta promozione del prodotto vitivinicolo e, dall'altro,

per permettere ai consumatori e agli estimatori del prodotto di acquisire una

diretta cognizione della produzione e del territorio, nonché di realizzare una

diretta comunione con l'ambiente sperimentandone le particolari

atmosfere86.

Turismo del vino significa anche recupero attivo di produzioni agricole,

recupero di edilizia rurale e di patrimonio architettonico minore. La

filosofia del recupero e della riqualificazione ambientale, urbanistica,

86 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p. 18

51

vitivinicola, compatibile con il patrimonio paesaggistico, ha portato a buoni

risultati dimostrando come il vino, insieme al turismo e al territorio, sia un

grande volano di sviluppo locale e come la qualità della vita dei territori

rurali, pur tra molte difficoltà ancora da superare, un modello di riferimento

per chi desidera vivere in ambienti belli, sani e ben conservati87.

Il turismo, infatti, è un momento di comunicazione, di conoscenza e

anche di affermazione sociale e culturale e può rendere il vino non più solo

un alimento o una bevanda, ma anche una risorsa turistica, sempre che si

sappia sviluppare una strategia adeguata, capace di promuoverlo,

valorizzarlo economicamente. E' in quest'ottica che il prodotto tipico

(soprattutto il vino pregiato di specifica denominazione) può assumere un

ruolo essenziale, dando la possibilità al turista di riscoprire quel legame

naturale che lega un alimento al suo territorio di origine88.

La promozione del territorio sembra legata, a livello crescente nel tempo,

sempre più al “fattore vino”89. “Il turismo del vino - sostiene Francesco

Lambertini, presidente del Movimento Turismo del Vino - costituisce

un’opportunità fondamentale per promuovere il patrimonio di risorse

agroalimentari del nostro Paese ed un oculato strumento strategico per lo

sviluppo economico del territorio. Grazie al fascino esercitato dai distretti

enogastronomici (la regione cult rimane la Toscana, seguita da Piemonte,

Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania), le

prospettive future del mondo del vino si giocheranno sempre più anche nel

campo del turismo: ecco perché tanti produttori stanno investendo per

qualificare le proprie strutture ricettive”90.

87 Http://www.cittadelvino.com88 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e viedi comunicazione, Op.cit. p.120 e ss.89 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sullestrade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.90 LAMBERTINI F.(2003), Da Vinitaly il Movimento del Turismo del vino rilancia cantineaperte, Movimento del turismo del vino, Perugia

52

2.4 Mutamenti della domanda e caratteristiche degli

enorturisti

I turisti che negli anni 2006-2007 hanno visitato le cantine italiane sono

stati 4 milioni, mentre il numero degli appassionati che hanno mostrano

interesse per la visita ai luoghi di produzione è stato di circa 10 milioni. La

domanda di enoturismo cresce del 6% l'anno e l'offerta ha davanti a sé un

target variegato91. Da questi dati si evince che il fenomeno dell'enoturismo è

una potente fattore di attrattiva turistica molto importante per l'Italia.

La domanda di turismo del vino sia individuale che associato è mutata

nel tempo ed ancora oggi in piena evoluzione92. Di seguito presentiamo le

modificazioni dei comportamenti via via messi in atto dai turisti

enogastronomici nel corso degli ultimi anni secondo quattro fasi: la fase

iniziale, la fase di selezione, la fase di terziarizzazione e la fase

esperienziale93. Nella fase iniziale si cerca semplicemente una “fornitura”

turistica relativamente elementare (vini buoni e convenienti da comprare e

di un'accoglienza amichevole nelle cantine). Poi si passa a una fase di

selezione in cui si fa strada una più accentuata ricerca delle cantine più

famose e delle denominazioni (DOC, IGT, DOP) e nascono le guide e

articoli sulla stampa specializzata. Al terzo stadio, nella fase di

terziarizzazione emerge una domanda di servizi, come degustazioni,

enoteche, ristoranti tipici, attorno ai prodotti. Al quarto livello, nella fase

esperienziale, si impone, in maniera esplicita o latente, il desiderio di vivere

“esperienze evolute”, cioè il turista vuole essere al centro di momenti unici

a cui partecipare. Nell'ultima fase, quella della sorpresa, nel turista si

attivano le astuzie del desiderio, di “incanto o reincanto”, egli ricerca la

sorpresa e l'innamoramento e rifiuta i luoghi conosciuti , affollati e

91 CENSIS SERVIZI, ACI (2008), Rapporto sul turismo del vino92 http://www.movimentoturismovino.it93 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle

strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

53

“costruiti” per i turisti94.

Riguardo alla scelta e alle occasioni di acquisto si può notare una

crescente autonomia del consumatore, in particolare:

nella formazione degli orientamenti sulla scelta dei luoghi da

visitare, gli enoturisti sono guidati soprattutto da una ricerca

personale e dalla fama dei produttori. Rispetto a guide, riviste,

programmi televisivi, si impongono come strumenti fortemente

utilizzati Internet, ma soprattutto il passaparola. I racconti diretti,

ricchi di suggestioni e momenti indimenticabili, tra amici o semplici

conoscenti, rendono il viaggio enogastronomico ancora più

coinvolgente, una vera e propria esperienza da fare in coppia o da

condividere con gli altri, ricercando oltre al vino, motivi di attrazione

e interesse di vario genere;

nelle organizzazioni del viaggio s'impone il metodo del “fai da te”

tramite la ricerca in Internet, rispetto alle proposte già organizzate. Si

preferisce quindi la formula pratica e veloce dei viaggi last minute e

low cost;

nella composizione del “paniere” (visite, ristorazione, soggiorno,

eventi, ecc.) cresce rapidamente la tendenza allo “spacchettamento”,

a sciogliere cioè le proposte d'acquisto nei componenti elementari e a

ricomporli in base alle proprie esigenze95.

Il turista del vino è un gourmand esigente e attivo che progetta il suo

viaggio con l'intento di vivere una esperienza ricca di suggestioni e di

scoperte. E' insomma un turista impegnativo che tuttavia può lasciare molto

denaro in cantina e nella zona circostante.

L'enoturista è solitamente culturalmente sempre più preparato,

indipendente ( Tabella 1), predisposto all’apprendimento e alla conoscenza

di ciò che è diverso da lui, pronto a immergersi nella storia e nella cultura

94 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sullestrade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

95 Ibidem

54

del posto, nelle sue tradizioni, costumi e abitudini. Il turista del vino ha

inoltre la pretesa di conoscere, oltre ai prodotti, anche la storia, la cultura, il

paesaggio e i beni storico-architettonici del luogo, in una parola il terroir.

Da un punto di vista socio-demografico l'enoturista è prevalentemente

maschio e straniero, anche se va sottolineato un aumento delle donne ha

un’età compresa tra i 26 e i 45 anni (Tabella 2) ed una posizione

socioeconomica medio alta.

Tabella 1 - Turismo del Vino per livello di COMPETENZA

% 2006Turisti curiosi (con poca conoscenza del vino) 38Turisti di comune conoscenza (livello medio) 42Turisti esperti di vini 20

Fonte: Censis Servizi, 2006

Tabella 2 - Turismo del Vino per fasce di ETA’

% 2006 % 2005Meno di 30 anni 20 23Tra 30 e 50 anni 55 52Più di 60 anni 25 25

Fonte: Censis Servizi, 2006

Tabella 3 - Turismo del Vino per livello di REDDITO

% 2006 % 2005Reddito medio inferiore 13 14Reddito medio 55 57Reddito alto 32 29

Fonte: Censis Servizi, 2006

Per quanto riguarda la modalità di viaggio il turista del vino raramente si

sposta da solo (i “singles” sono meno del 10%). Il viaggio di coppia sembra

essere il tratto distintivo dell'enoturismo. Un turista ogni quattro viaggia in

compagnia della famiglia ma prevalgono anche le decisioni di gruppo e

55

soprattutto di gruppi spontanei, considerando che i viaggi organizzati

rappresentano solo il 17% del totale. Nella maggioranza dei casi sono

occasioni di stare in compagnia fra amici e colleghi, con una componente

non trascurabile di ricerca di svago e divertimento.

Tabella 5 - Composizione tipologica dei GRUPPI di enoturisti

% 2006Coppie 38Amici 29Famiglie 24Singles 9

Fonte: Censis Servizi, 2006

Gli eno-appassionati che partono per un fine settimana enoturistico, per

questa mini-vacanza tutto compreso (trasporto, soggiorno, musei,

enogastronomia, ecc.) sono disposti a spendere, in media, dai 150 ai 250

euro, dimostrando grande oculatezza, senza per questo rinunciare

all’acquisto di “buone” bottiglie96. Il 34% degli enoturisti italiani da 200 a

250 euro; tanti anche quelli che dispongono di un budget da 150 a 200 euro

(29%), da 250 a 500 euro (23%), da 100 a 150 euro (12%); solo il 2% del

campione intervistato può contare su oltre 500 euro.

L'effetto positivo dell'enoturismo non si ferma in cantina, ma si riverbera

sul territorio circostante, dove ristoranti, agrirurismi, hanno una clientela

calamitata dalle bottiglie.

Il viaggiatore “winelover” è un turista ad alta capacità di spesa e per ogni

Euro pagato in cantina ne spende 4/5 Euro per beni e servizi turistici sul

territorio97.

96 Sondaggio di Aprile 2008 di www.winwnews.it e l'associazione Go Wine97 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle

strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

56

Tabella 6 - SPESA media giornaliera degli enoturisti (valore in €)

2006Pernottamento 50Ristorazione 34Vini locali 32Alimentari tipici 20Artigianato locale 17Altri servizi 14Spesa media totale giornaliera 167

Fonte: Censis Servizi, 2006

La composizione degli enoturisti stranieri per nazione di provenienza

(Tabella 7) evidenzia che per oltre la metà sono tedeschi, austriaci

nordamericani e svizzeri.

Tabella 7 - Provenienza degli enoturisti STRANIERI

% 2005 % 2006Germania 37 33Austria 15 12Nord America 9 11Svizzera 12 10Inghilterra 6 7Francia 5 6Altri paesi d'Europa 6 6Benelux 4 5Giappone 2 3Altri 2 3Paesi Europa Orientale 1 2Spagna 1 1

Fonte: Censis Servizi, 2006

Le motivazioni che spingono a visitare il territorio sono il paesaggio,

l'arte, il vino e la gastronomia. L'enoturista è attratto dai territori dei grandi

vini dove il paesaggio è più suggestivo, dove il clima è buono, c’è un ricco

57

patrimonio artistico e dove nei ristoranti è possibile assaggiare gastronomia

tipica e cibo genuino. Le sue aspettative non sono solo di assaggio, ma

anche di acquisto delle bottiglie (anche se questa non è la motivazione

prioritaria), visitare i luoghi in cui si produce quel vino e instaurare un

rapporto con i produttori.

Il mezzo più frequentemente utilizzato per fare enoturismo è sicuramente

l’automobile che meglio si presta a questa tipologia di turismo: permette

una totale libertà di mobilità.

Il turismo del vino contrassegna tutte le stagioni dell’anno, ma in

particolare l’autunno e la primavera.

Negli ultimi anni la domanda di turismi del vino sta mutando connotati e

pretese. La segmentazione della domanda da una struttura piramidale

(Figura 2.1), tipica della seconda metà degli anni ‘90, in cui gli enoturisti

erano spinti verso l’alto dalla molla di una progressiva promozione per

competenze, si è modificata in una nuova struttura a forma di totem con

cinque diverse tribù, distinte per appartenenza a stili di vita e a forme di

rappresentazione di sé.

Questa era la struttura piramidale nella seconda metà degli anni '9098.

Almeno cinque risultano i livelli di cui si compone questa piramide:

alla base c'è il “popolo” degli eno-curiosi: hanno un approccio

iniziale al settore, poche conoscenze specifiche ma molto interesse a

“partecipare”, sono giovani, coppie, famiglie, che attuano buoni

consumi fuori casa e partecipano agli eventi legati al vino;

al primo livello si collocano gli eno-esploratori: hanno interesse e

conoscenze dei prodotti e dei luoghi a livello elementare, sono lettori

di riviste e guide, visitatori di enoteche e cantine, giovani far i 35 e i

45 anni;

al secondo livello si posizionano gli eno-tifosi: hanno acquisito un

vivo interesse al settore, buona conoscenza di base, orientamento a98 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2003), L’Italia del buon

vivere: l’offerta turistica dei distretti del vino, Associazione Città del vino, Siena.

58

soggiorni e corsi oltre che a gite, hanno buona capacità di spesa, sono

in prevalenza di maschi adulti;

al terzo livello troviamo gli eno-professionisti: possiedono un'ottima

e diversificata conoscenza di prodotto, una sviluppata cultura di

viaggi, di luoghi e percorsi del settore, sono“citatori” di etichette,

annate, prezzi, aste, abbinamenti; il loro reddito e la loro spesa sono

di livello superiore;

al livello più alto si incontrano infine gli eno-sperimentatori, che

oltre ad avere un bagaglio di conoscenze e un profilo di crescita simili

al gruppo precedente, si distinguono per la voglia di non fermarsi alle

apparenze, per la ricerca di identità nei prodotti e nei luoghi, per una

spiccata attitudine a fare della cultura del vino più un’occasione di

esperienze che di apparenze.

Figura 2.1 - Piramide di segmentazione anni '90

Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino 2003

I cambiamenti odierni in corso, come la congiuntura economica e la

globalizzazione hanno finito per creare una nuova struttura del tempo libero

59

curiosi

esploratori

tifosi

professionisti

sperimentatori

in cui i cinque gruppi della seconda metà degli anni '90 sono ora

identificabili in tribù (Fig.2.2), secondo uno schema di motivazioni

dominanti, così articolato:

enoturisti marginali, sono frequentatori delle mete più tradizionali dei

circuiti, sono interessati a offerte di inclusione per partecipare a

consumi di tempo libero semplificati, rapidi, convenzionali,

convenienti, stagionali;

enoturisti politeisti appartengono a ceti differenti e hanno gusti molto

diversi, ma comunque li accomuna l'attenzione alle nuove proposte,

occasioni ed esperienze del low cost;

enoturisti affluenti, con consistente capacità reddituale, sono alla ricerca

della qualità e del brand (di prodotti, di servizi e luoghi di

successo)come segno di distinzione;

enoturisti esclusivisti, appartenenti a gruppi minoritari di consumatori di

lusso, scelgono destinazioni e location alla moda ed emergenti;

enoturisti specialisti, amano colleziona particolari esperienze di

viaggio.99

Dopo aver analizzato l'evoluzione della domanda e tratteggiato i caratteri

degli enoturisti nel prossimo paragrafo ci occuperemo dell'offerta

enoturistica.

99 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sullestrade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena

60

Figura 2.2 – Tribù anni 2000

Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino

2007

2.5 Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica

Il sistema d’offerta turistica territoriale, per poter essere in grado di far

vivere esperienze di vacanza significative, e quindi soddisfare le mutevoli e

varie aspettative della domanda enoturistica, deve avere a propria

disposizione elementi strutturali adeguati e coerenti con l’esperienza

proposta.

Nell'offerta enoturistica possiamo individuare (Figura 2.1):

alcuni “elementi” essenziali come l'ambiente e il territorio (risorse

naturali, risorse culturali, artistiche e architettoniche, risorse sociali,

folklore e tradizione);

diversi “attori” come quelli dell'intermediazione turistica (tour

61

esclusivisti

specialisti

affluenti

politeisti

marginalisti

operator e agenzie di viaggi, agenzie di viaggi specializzate e ground

operator, turismo organizzato) e quelli della ricettività (alberghi,

aziende agrituristiche, residenze rurali, agri-campeggi);

attività collaterali (quelle produttive come l'agricoltura e la

trasformazione di prodotti tipici) e complementari ( come

l'artigianato, l'animazione, le attività sportive, le sagre, le fiere, le

attività culturali, l' escursionismo) a quella di fondo (trasporto, vitto e

alloggio)100.

Figura 2.1- Il turismo del vino al centro di un sistema integrato di

attività complementari e di un network tra diversi attori

Fonte: nostro adattamento da G. Belletti (2007)100 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali,Op,cit., p.56 e ss.

62

TURISMODEL VINO

INTERMEDIAZIONE

- turismo organizzato

- tour operator e agenzie di

viaggio

- agenzie di viaggio

specializzate

AMBIENTE

E

TERRITORIO

- risorse naturali

- risorse culturali

- risorse sociali

RICETTIVITA'

- agri-campeggi

- hotel

- residenze rurali

- aziende agrituristiche

ATTIVITA'

COMPLEMENTARI- artigianato

- sagre e fiere

- attività sportive

- attività culturali

ATTIVITA'

PRODUTTIVE

- agricoltura

- trasformazione di prodotti

tipici

Il territorio costituisce un fattore insostituibile dell'offerta enoturistica e

la gastronomia e l'ambiente risultano elementi indispensabili

all’allestimento di una valida offerta di turismo organizzato intorno al vino

a cui associare un altro fattore decisivo: la cura dell’accoglienza. Il sistema

territoriale (per il target di riferimento) dovrà per cui essere attraente,

accessibile e accogliente. Accoglienza che non può però essere finalizzata

solo ad un esercizio freddo di decaloghi e disciplinari ma sia accompagnata

dalla passione e dal calore umano di tutti gli attori che intermediano i

turisti: produttori ma anche gestori di enoteche, agriturismi, wine bar, ecc.

La cantina è l'elemento cardine su cui si articola tutta l'attività

enoturistica, in quanto essa è da intendersi quale autentica meta di

immagine nelle attese dell'enoturista e come corollario alla materia prima

“vino”. Essa rappresenta il momento terminale del processo di offerta101.

In Italia oggi ci sono 1.200 cantine attrezzate per l'accoglienza e 12.000

cantine aperte al pubblico per la vendita del vino102.

La cantina è una risorsa turistica primaria (come gli impianti di risalita

per le attività sciistiche o le strutture e le attrezzature di spiaggia per quelle

balneari). E' il luogo fondamentale in cui la domanda si incontra con con la

realtà territoriale e culturale della produzione vinicola ed è , inoltre il luogo

in cui il turista, in particolar modo quello che proviene dai grandi centri

urbani, riscopre la campagna e ritrova contatti con la natura, ormai preclusi

da tempo103.

Le visite alle cantine sono fondamentali sia per il recupero dell’ambiente

e delle tradizioni rurali, sia per accrescere la cultura del vino e quindi, in

ultima analisi, fornire prospettive di sviluppo alle aziende.

Secondo il Rapporto Censis del 2006 la qualità dell'offerta è sufficiente

per i fattori base (cantine, ristorazione, eventi) ma è ancora medio-bassa per

101 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie dicomunicazione, Franco Angeli, Milano p.124

102 http://wwww.movimetoturismovino.it103 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della

domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.24

63

i servizi più evoluti (enoteca di sistema, museo del vino, strade, artigianato).

Infatti l'offerta enoturistica risulta essere:

ancora troppo dominata da destinazioni classiche (Langhe, Collio,

Chianti, Montalcino, ecc.);

crescente e ricca nella numerosità e della tipologia di altre

destinazioni tematiche ma tuttavia disordinata, quasi sempre

episodica, spesso troppo elementare e troppo standardizzata;

all’opposto della domanda, che invece è rapidamente evolutiva, in

termini di esigenze (meno prodotti, più esperienze) e di autonomia

decisionale, quanto a influenza mediatica, scelta di tempo (last

minute) composizione del pacchetto di acquisto e soprattutto voglia

di scoperta di nuovi territori e vere identità all’insegna della ricerca di

total leisure experience104.

Gli attori dell'offerta devono essere capaci di seguire le preferenze dei

consumatori e di stimolare nuovi bisogni. Pertanto, una variazione dei gusti

collettivi verso particolari prodotti turistici deve stimolare un cambiamento

dell'offerta.

Fabio Taiti, presidente di Censis Srvizi contrappone alla tribalizzazione

della domanda la coriandolizzazione dell'offerta enoturistica (Figura 2.3):

essa è molto frammenta tanto che viene definita come “una gallassia di

proposte sempre più eterogenea e pulviscolare”. Le aziende della filiera

vitivinicola ed enoturistica nel loro insieme frammentato sembrano

coriandoli105.

104 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade delturismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino,Siena105 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle

strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

64

Figura 2.2

Fonte: Censis Servizi 2006

Il sondaggio Winenews/Vinum 2008 ha invece evidenziato che l’offerta

del turismo del vino, per il 60% degli intervistati, è attualmente in Italia

caratterizzata da improvvisazione, individualismo ed episodicità. E

l’accoglienza nelle cantine (in termini di accessibilità, orari, servizi e cura

del turista) è definita scarsa dal 27% e appena sufficiente dal 40%106.

Gli enotursti non sono soddisfatti e reclamano offerte più serie e

soprattutto vogliono essere “coccolati”.

Sempre secondo il sondaggio, tutti gli enoturisti interpellati, hanno

espresso un’indicazione comune: l’intero comparto del turismo del vino,

così come si è proposto fino adesso, non riesce più a soddisfare

completamente le aspettative diversificate di una clientela sempre più

competente. Si sta, insomma, affacciando anche da noi l’esigenza di

realizzare un modo diverso di fare turismo del vino, più ricco di offerte e

capace di regalare piaceri a tutto campo.

E' necessario porre un’attenzione di livello superiore verso le esigenze

sempre più articolate e sofisticate degli enoturisti.106 http://www.winenews.it

65

La strategia dell’offerta diversificata sembra essere quella più idonea ad

intercettare target differenti di esperti esclusivisti, appassionati o semplici

interessati e curiosi107.

2.6 Il marketing del turismo del vino

A livello operativo, sono quattro le variabili chiave che l'operatore

enoturistico (aziende agrituristiche, imprese vitivinicole, tour operator,

agenzie di viaggi specializzate, ecc.) ha a disposizione per agire sul

mercato. Queste variabili vengono solitamente classificate nelle quattro P

del marketing mix: prodotto (product), prezzo (price), promozione

(promotion) e distribuzione (distribution)108.

Le decisioni relative al prodotto sono alla base del piano di marketing

operativo. Il pacchetto enoturistico è un insieme di componenti ed in genere

comprende le risorse offerte nell'ambiente e i servizi offerti da operatori

pubblici e privati.

Il vino è la risorsa primaria dell'enoturismo ma possono concorre a

costituire il pacchetto enoturistico anche altri prodotti agroalimentari locali

come, ad es. olio, miele, erbe, liquori, conserve, prodotti lattiero-caseari. Il

mix può anche comprendere:

le attrattive turistiche locali di base: le risorse collegate al mondo

rurale, cioè la campagna coltivata, i boschi, i paesaggi; le altre risorse

turistiche del bacino di riferimento, cioè i borghi storici, i giacimenti

archeologici, ecc.;

le sovrastrutture: le attività ricettive, di ristorazione, per lo shopping

107 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sullestrade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

108 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-150

66

(come cantine ed enoteche), per il divertimento e lo sport (ad es.

equitazione, escursioni, noleggio di varie attrezzature sportive),

attività complementari (come musei enologici, visite guidate,

artigianato, corsi di cucina o di fotografia, ecc.)

le infrastrutture: l'insieme delle reti viarie, stradali, autostradali e

ferroviarie, gli aeroporti, le stazioni, ecc. che consentono

l'accessibilità al luogo. Questa è una delle variabili del pacchetto che

l'operatore enoturistico non può controllare, ma è invece controllata

da quello pubblico 109.

La seconda leva fondamentale è quella del prezzo. Ogni pacchetto

turistico ha un proprio prezzo che risulta dalla somma dei costi di viaggio,

di vitto, di alloggio e di partecipazione ad attività disponibili nel sito.

Ognuno di questi prezzi è frutto di decisioni strategiche di ogni singolo

operatore. Spesso nel calcolo economico del turista è il prezzo complessivo

del soggiorno ad essere rilevante. Per questo motivo è molto utile costituire

un tarriffario che accanto a quotazioni globali “tutto compreso”, indichie

proponga soluzioni come la mezza pensione, eventuali escursoni e attività

aggiuntive, prezzi diversificati per stagione, per gruppi di fruitori, ecc.

E' indispensabile comunque che il prezzo nasca da una collaborazione

con la filiera vinicola e da un'interazione con il mercato turistico.

Connesso al prezzo del prodotto enoturistico, sarà necessario anche

penasare al prezzo del vino e degli altri prodotti messi in vendita

dall'azienda agricola110.

La terza leva è la comunicazione, una variabile fondamentale nella

composizione di un corretto marketing mix. E' infatti con una giusta

promozione che si qualifica l'offerta di turismo. Gli strumenti che possiede

l'operatore di marketing sono due:

le politiche di promozione delle vendite: politiche “price109 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della

domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-141110 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della

domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.142-143

67

downing”che intervengono sul prezzo tramite degli sconti e politiche

“packaging up”, cioè di diversificazione del prodotto turistico stesso

all'interno di pacchetti integrati;

le campagne pubblicitarie e le politiche di immagine, che operano

con finalità a medio-lungo termine

Questo processo di comunicazione si realizza attraverso:

la promozione informativa, fondamentale nelle fasi di lancio di un

nuovo prodotto, quando risulta scarsamente noto ai potenziali

visitatori;

la promozione persuasiva, che ha lo scopo di modificare la

propensione all'acquisto di un prodotto già noto ma non ancora

sperimentato;

la promozione focalizzata sul ricordo vuole, da un lato indurre il

turista al riacquisto del prodotto già personalmente sperimentato e

gradito, dall'altro mantenere viva nella mente del pubblico

dell'immagine del contesto nel quale è stato fornito.

Il messaggio promozionale va determinato con riferimento al target di

mercato al quale ci si vuole rivolgere, con particolare riguardo alle

motivazioni ed alle caratteristiche socio-culturali, economiche e

psicologiche dei segmenti identificati.

Per quanto riguarda i canali di trasmissione del messaggio, esistono vari

strumenti promozionali che possono essere utilizzati e sono:

la vendita diretta

la pubblicità diretta

le pubbliche relazioni e la pubblicità indiretta

i dépliant

le esposizioni e le fiere111

L'ultima leva è la distribuzione. Creare e controllare l'accesso da parte

111 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.143-147; nelparagrafo 2.8 ci occuperemo più approfonditamente del tema degli eventi.

68

del consumatore al prodotto turistico è di importanza centrale ai fini della

gestione dei flussi di domanda. I più importanti canali distributivi sono tre:

i tour operator, sono i canali di intermediazione classici che sono

capaci di attrarre una domanda sostenuta in termini quantitativi e

selezionata qualitativamente;

gli intermediari di piccole dimensioni (i cosiddetti “ground

operator”), localizzati all'interno del bacino turistico, sono

specializzati nel fornire package o servizi ai turisti ( ad es. servizi di

trsporto, visite ai luoghi storici, artistici, ecc.

Questi due canali distributivi hanno il compito di assistere e informare i

turisti, di offrire servizi di supporto all'accoglienza (come ad es. il servizio

di prenotazione), di distribuire materiale informativo, di fornire spazi

espositivi per vario uso ( chioschi, punti vendita, assaggi sulla strada, ecc.);

le enoteche, che sono localizzate dentro o fuori del perimetro del

bacino turistico, sono canali di intermediazione atipici. E' nelle

enoteche che nascono e vengono soddisfatte curiosità sui vini e sulle

località di produzione, è qui che si realizza un rapporto più diretto e

personale tra chi vende e chi acquista e quindi vi è la possibilità di

scambiarsi una reale informazione sulle possibilità di turismo nelle

cantine e magari si possono promuovere escursioni e viaggi

organizzati.

Altre tipologie di intermediazione che si affiancano a forme più

tradizionali, comprendono centri di informazione dislocati nelle località di

primario interesse quali: hotel, campeggi, enti pubblici come Atp e le

comunità montane, ecc.112.

112 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.147-150

69

2.7 Gli eventi enologici come strumenti di

comunicazione e promozione del territorio

Numerose sono le iniziative di comunicazione, come gli eventi legati al

vino (fiere, sagre, ecc.), diffuse sul territorio nazionale. Il loro scopo è

quello di incrementare il flusso di visitatori diretti ai luoghi di produzione

enologica.

La visita alle cantine, le degustazioni, l'abbinamento della visita con la

gastronomia, le cene nei ristoranti tipici, le sagre sono occasioni di grande

rilevanza promozionale e possono diventare momenti cruciali di

commercializzazione e comunicazione del prodotto enoturistico. Ciò a

condizione che vengano organizzati in maniera professionale, sia nei loro

aspetti operativi, sia nella comunicazione degli stessi alla domanda, che

deve avvenire attraverso l'elaborazione di messaggi efficaci e a elevato

contenuto informativo, persuasivo ed evocativo113.

Gli eventi legati al vino rappresentano uno dei canali di promozione più

efficaci, agendo in due direzioni fondamentali: la promozione del settore

economico che essi rappresentano e la promozione del territorio che li

ospita. Costituiscono un punto d’incontro tra la domanda e l’offerta

enoturistica; attraggono visitatori e donano visibilità alle risorse dell’area

interessata, permettono di dare risalto ai luoghi in cui si svolgono, e ,quindi,

fungono da strumenti di promozione del territorio.

Gli eventi enologici sono dunque un importante strumento di marketing

territoriale per via della loro capacità di attrarre turisti, diffondere e

migliorare l’immagine dell’area che li ospita, attirare investimenti

esogeni,attivando veri e propri processi di rigenerazione economica

all’interno dei territori ospitanti.

Gli eventi coinvolgono gli enoturisti sul piano personale e hanno lo

113 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche delladomanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.76

70

scopo di stabilire una relazione più intima con il territorio il vino e

l'azienda, basata su di un’intensa emozionalità. Diventano strumenti

eccellente per far vivere al pubblico un’esperienza memorabile, in grado sia

di creare nei presenti associazioni mentali uniche ed irripetibili che nascono

da un coinvolgimento polisensoriale, sia di “catturarli” in una relazione

emotiva con l’evento e dunque con l’azienda al quale l’immagine forte e

positiva dell’evento viene trasferita114.

Gli eventi enologici più importanti e famosi si ripetono tutti gli anni con

date quasi fisse e risultano essere:

le fiere come Vinitaly che si svolge a Verona nel periodo marzo-

aprile115, Prowein a Düsseldorf a marzo116, Vinexpo a Bordeaux nel

mese di giugno117, International Wine Fair a Londra nel mese di

maggio118;

altri eventi organizzati dall'associazione Movimento del turismo del

vino come Calici Sotto le Stelle (agosto), Cantine Aperte, Benvenuta

Vendemmia;

Vinitaly riscuote un alto interesse soprattutto per gli esperti del vino e

del settore vinicolo ma per i meno esperti l’evento può rappresentare un

momento di avvicinamento al mondo del vino.

Cantine Aperte, è l’evento più importante che si svolge in Italia con

protagonista il vino, la sua gente e i suoi territori. Da ben 16 anni,

nell’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo

del Vino aprono le proprie porte al pubblico, favorendo un contatto diretto

con gli appassionati del vino.

L’interesse verso l’evento è cresciuto notevolmente di anno in anno ed ha

attirato sempre più l’attenzione di turisti e residenti, incuriositi dalla

114 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,Milano p.32-34

115 http://www.vinitaly.com116 http://www.prowein.de117 http://www.vinexpo.com118 http://www.londonwinefair.com

71

manifestazione ma soprattutto desiderosi di fare un’esperienza di grande

valore culturale e umano119.

La volontà di riscoprire e rivivere nelle campagne la straordinaria

atmosfera di festa legata al periodo della raccolta, ha portato il Movimento

Turismo del Vino a dedicare una domenica del mese di settembre,

tradizionalmente legato alla vendemmia, a celebrarne la festa con

Benvenuta Vendemmia in momento strategico e fortemente significativo

della stagione vinicola.

Nel rispetto assoluto delle fasi di lavorazione che caratterizzano il

periodo, Benvenuta Vendemmia, come Cantine Aperte, è l’occasione ideale

per aprire le porte delle aziende e far assistere turisti e visitatori alle fasi

topiche del ciclo di produzione, coinvolgendoli direttamente attraverso

passeggiate fra i vigneti, visite alle aziende, degustazioni dei prodotti tipici

abbinati ai vini di produzione.

L’organizzazione di momenti ricreativi quali spettacoli folcloristici,

mostre di attrezzi enologici, degustazioni di prodotti tipici realizzati

direttamente in azienda, dà vita ad una vera “festa della vendemmia”, che

contribuisce al massimo coinvolgimento di appassionati ed esperti,

consentendo ad ognuno di approfondire il proprio rapporto con il territorio e

le sue risorse120.

Calici di stelle si svolge ogni anno il 10 agosto, nei centri storici e nelle

piazze italiane, tra corti d’insospettata bellezza e castelli, gli enoturisti

appassionati del buon bere, possono degustare i migliori vini delle cantine

associate abbinati ai prodotti tipici di qualità, espressione del patrimonio

locale di ogni regione che ospita l’evento.

Le stelle cadenti rinsaldano lo straordinario connubio fra vino e arte,

offrendo accanto alle degustazioni magistralmente guidate da abili

sommelier e famosi enologi italiani, una ricca serie di iniziative che

allietano piacevolmente con concerti di musica jazz e classica, cortei storici,119 http://www.movimentoturismovino.it 120 http://www.movimentoturismovino.it

72

performance teatrali e giochi pirici, i tanti turisti italiani e stranieri che

scelgono un nuovo concetto di vacanza estiva alla scoperta delle città

d’arte121.

2.8 Il marketing delle Strade del vino e dei sapori

La legge quadro n. 268 del 27 luglio 1999 si propone come obiettivo la

valorizzazione dei territori a vocazione vinicola e riconosce quale strumento

a ciò preposto la realizzazione delle “Strade del Vino” che, all’articolo 1,

sono definite come “percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli,

lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e

cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse

costituiscono uno strumento attraverso il quale i territori viticoli e le relative

produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di

offerta turistica”122.

Le Strade del Vino, quindi, sono percorsi segnalati entro territori ad alta

vocazione vitivinicola caratterizzati, oltreché da vigneti e cantine di aziende

agricole singole o associate aperte a pubblico, da attrattive naturalistiche,

culturali e storiche (musei, borghi, edifici storici, produzioni artigiane)

particolarmente significative ai fini di un'offerta enoturistica integrata123.

Questi percorsi consentono al turista di conoscere il prodotto vino in quel

territorio e dà alle imprese l'opportunità di offrire in maniera congiunta

servizi del territorio.

Centododici sono le “Strade del vino” di cui, a vario titolo e molto

diverso livello, ormai dispone l’Italia124. Esse associano in una rete

121 http://www.movimentoturismovino.it122 Legge italiana 27 Luglio 1999 n.268, Disciplina delle strade del vino, art.1, comma 2123 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/124 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle

strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.

73

imprenditori in maggior parte del settore agricolo (di aziende vitivinicole,

agricole e agrituristiche), ma anche del settore del turismo (imprese

turistiche ricettive, agenzie di viaggi e tour operator), dell’artigianato, del

commercio (enoteche e botteghe del vino) con le istituzioni locali e le

associazioni125, il tutto con l’obiettivo di valorizzare l'identità del territorio

complessivamente inteso.

La Strada è un sistema di offerta turistica che comprende elementi

differenti, ma integrati al fine di avvicinare il mondo agricolo (in particolare

vitivinicolo) al mondo del turismo. Infatti la produzione enologica legata al

territorio non è sufficiente per l’attivazione di una Strada del vino, ma va

corredato da servizi di accoglienza e da operatori preparati che siano in

grado di fornire all’enoturista indicazioni sulle possibili escursioni

naturalistiche, luoghi da visitare, prodotti tipici, visita alle cantine e tutto

ciò che rientra in un’ottica di fruizione turistica del territorio. Esse vogliono

essere un tentativo di favorire, razionalizzare e qualificare l'offerta

enoturistica.

2.8.1 Componenti delle Strade del vino (prodotti, territorio,

ecosistema, soggetti)

Sono quattro i “fattori critici” che compongono una Strada del vino e dei

sapori: il prodotto, il territorio, l'ecosistema, i vari soggetti coinvolti. Di

seguito una presentiamo una loro analisi126.

Il prodotto di una Strada è costituito sia dal prodotto principale, e quindi

qui vi rientra il vino, che è il testimonial dell'area di produzione e delle sue

peculiarità specifiche, il particolare vitigno di quella terra da cui nasce quel

125 In Italia le più importanti sono l'associazione Città del Vino e il Movimento del turismo delvino

126 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, FrancoAngeli, Milano p.114 e ss.

74

vino e la zona (che ha ricevuto un riconoscimento come una DOCG, o una

DOC, o una IGT) in cui si sviluppa quel vino, sia dai prodotti accessori,

cioè dall'intero “paniere “ enogastronomico caratteristico di un dato luogo

(altri prodooti agroalimentari diversi dal vino come olio, formaggi tipici,

ecc.). Non solo gli aspetti materiali fanno parte del prodotto ma anche quelli

immateriali, cioè tutte le componenti di servizio, l'ospitalità e l'accoglienza,

che svolgono un ruolo centrale.

Figura 2.4 – Componenti delle Strade del vino

Fonte: Pastore (2002)

75

PRODOTTI

vino

vitigno

altri prodotti- paniere

TERRITORIO

spazio fisico

spazio antropico

valori, storia,culture (e culture tecnologiche

ECOSISTEMA

costruzione,difesa,

valorizzazionedel paesaggioviticolo ecc.:qualità del

prodottoè

qualità dell'ambiente(e viceversa)

Una strada del vinoe dei sapori è fruttoe sintesi di diverse

componenti che realizzano in

maniera formale oinformale un “pattoper lo sviluppo”delterritorio e che si

danno alcune regole comuni di

comportamento(in specifico di

servizio e accoglienza

Esse quindi costituiscono una

RETE DICULTURE, DIINTERESSI,

DI VOLONTA'

SOGGETTIprincipali fra cuiattivare stabili

“politiche delle alleanze”

PRODUTTORI(singoli o associati)

TRASFORMATORI(produttori o no)

OPERATORI LEGATI

ALLE ATTIVITA'DISTRIBUTIVE

OPERATORI ECONOMICI

INDIRETTAMENTEINTERESSATI

OPERATORI DEL SISTEMA

TURISTICO,AGRITURISTICO,

DELL'OSPITALITA'IN GENERE

ASSOCIAZIONI, ORGANIZZAZIONI

VOLONTARIE

ISTITUZIONILOCALI

Il territorio delle Strade del vino dovrebbe essere caratterizzato dalla

sinergia e integrazione di tre aspetti:

territorio inteso come spazio fisico, cioè come area caratterizzata da

delimitazioni geografiche, orografiche e paesaggio fisico;

territorio inteso come spazio antropico, cioè luogo caratterizzato

dalla continuità nel tempo di una certa presenza dell'uomo, del suo

modo specifico di insediarsi in una certa zona o località;

territorio come insieme di valori, storia, cultura, cioè come

conseguenza della stratificazione nel tempo della presenza antropica

in un determinato spazio fisico. Questo aspetto include anche il

concetto di “cultura tecnologico-produttiva” stratificatasi in un certo

territorio come espressione di una particolare forma di

economia:agricola, agroindustriale, artigiana, ecc.

Da questo si evince che il territorio quindi è una risorsa da valorizzare.

L'ecosistema, ovvero il sistema ambientale, il è frutto di una interazione

secolare e continua tra l'uomo e il suo territorio di insediamento. Tale

interazione nella viticoltura, in genere, ma in particolare in quella relativa al

vino di particolare pregio in zone vocate, il rapporto dell'uomo con

l'ecosistema di riferimento è stato tendenzialmente conservativo e non

distruttivo, prevalentemente di attenta valorizzazione e non di sfruttamento.

Infine i soggetti che sono portatori di interessi fra loro diversi e sono:

i produttori: i singoli operatori, associati in cooperative, ecc.

i trasformatori ( a volte coincidono con i produttori)

gli operatori legati alle varie forme di distribuzione (es. le enoteche)

altri operatori economici, non legati direttamente al mondo del vino

(es.gli artigiani)

gli operatori del sistema turistico, agrituristico, del turismo rurale e

dell'ospitalità in genere

le istituzioni pubbliche

associazioni e organizzazioni volontarie

76

Affinché la Strada del vino funzioni efficacemente è necessario che fra

questi soggetti che sono direttamente o indirettamente interessati si

instaurino delle relazioni sistemiche, ovvero delle “politiche di alleanze”.

2.8.2 Ruolo economico delle Strade

Il ruolo istituzionale della strada è di coniugare al meglio i bisogni della

domanda, tesi alla soddisfazione delle proprie esigenze, e quelli

dell'offerta .

L'istituzione delle Strade del vino può apportare cospicui benefici a tutto

il comparto del turismo enogastronomico: la Strada del vino è in grado di

organizzare e integrare nel modo economicamente più efficiente e

socialmente più accettabile le risorse e le attività turistiche di un'area,

consentendo vantaggi economici in termini di economie di scala ed

economie di sistema.

a) Le economie di scala, che derivano da interventi sulle catene del

valore interne al prodotto enoturistico, cioè in quelle che sono le quattro

filiere verticali di alcune delle componenti del prodotto-area 127e cioè quella

della produzione vinicola, quella della ricettività, quella della ristorazione e

quella delle strutture complementari. Le economie di scala si verificano

soprattutto a valle o a monte dell'attività della singola impresa, nonché nella

gestione di servizi comuni durante la fase di produzione128.

b) Le economie di sistema, che derivano dalle interrelazioni e dalle

sinergie tra le diverse componenti del sistema del valore 129(economie nella

127 La catena del valore abbraccia la filiera produttiva relativa ad una singola componente delprodotto turistico di area, quando questa sia identificabile come output finale di uno specificoprocesso produttivo

128 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie dicomunicazione, Op.cit. p.191

129 Il sistema del valore si riferisce all'intero prodotto turistico di area, a sua volta scomponibilenei sottosistemi delle risorse, delle strutture dell'offerta, delle istituzioni locali e dellapopolazione residente

77

gestione delle informazioni, economie derivanti da una più efficiente

distribuzione dei flussi turistici all'interno del distretto, economie nella

gestione degli aspetti ambientali130.

La Strada del vino rappresenta anche un vantaggio competitivo in termini

di barriere all'entrata, in quanto richiede risorse umane qualificate, forte

grado di coesione tra gli operatori e acquisizione di know how specifico.

2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale: punti

di forza e di debolezza

Le Strade del vino costituiscono uno strumento di promozione dello

sviluppo rurale e del suo territorio, con particolare riferimento ai luoghi

delle produzioni qualitative a denominazione di origine (DOCG, DOC e

IGT), e intendono favorire e promuovere l'enoturismo, quale movimento

inteso a valorizzare la produzione vitivinicola nell'ambito di un contesto

culturale, ambientale, storico e sociale131.

Una Strada del vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori

ad alta vocazione vinicola in grado di esercitare il proprio effetto sulla

domanda di enoturismo. Essa diviene strumento di divulgazione, di

informazione e di commercializzazione del prodotto enoturistico e dei

territori vinicoli, ponendosi tra le strutture di offerta e il turista. Al tempo

stesso contribuisce a rendere più responsabile il consumatore, dimostra i

luoghi di provenienza del prodotto, difende il territorio e l’ambiente,

accresce la notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai

luoghi della produzione.

In tal modo il vino viene ad integrarsi con tutte le altre risorse di un

paesaggio allo scopo di accrescere e qualificare il flusso dei visitatori delle

130 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie dicomunicazione, Op.cit., p.192-196

131 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/

78

aree vitivinicole132.

Uno di compiti che assolve la Strada del vino è quello di favorire

l’integrazione socioeconomica tra viticoltura, turismo, enogastronomia e

attività connesse nel campo della cultura, dell’informazione e della

realizzazione di iniziative di animazione e caratterizzazione dell’area di

riferimento.

I percorsi delle vie del vino costituiscono uno strumento di attraverso il

quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati,

commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. Le Strade del vino

hanno dunque un'evidente finalità territoriale e la loro gestione operativa

deve essere improntata al marketing del territorio133.

L’analisi condotta da Fabio Taiti nell'Osservatorio del turismo del vino

del 2004 riguardo a quelli che vengono ritenuti i punti di forza e quelli di

debolezza delle Strade del vino, mette in risalto come da un lato la forza sia

identificata nella qualità intrinseca dei prodotti enogastronomici dell’area e

del territorio, mentre i principali elementi di debolezza vengono identificati

nelle strutture, siano esse di promozione, di commercializzazione o di

accoglienza. Si ha consapevolezza della qualità delle risorse che si è in

grado di offrire, ma vengono giudicate non ancora adeguate le strutture

necessarie a valorizzare appieno tali risorse134.

Questi risultano essere i punti di forza:

qualità intrinseca di prodotti e produttori (qualità dei vini, dei prodotti

tipici e della ristorazione tipica)

qualità del paesaggio dell'accoglienza e della ristorazione

crescita delle organizzazioni e degli eventi organizzati nell'area

crescita della coesione fra operatori economici

132 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie dicomunicazione, Op.cit. p.116

133 BELLETTI G.(2005), Dispense di economia e gestione delle imprese agrituristiche,Università degli Studi di Firenze

134 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade delturismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino,Siena.

79

E questi i punti di debolezza:

presenza insufficiente di musei del vino ed enoteche locali

insufficienza o carenza delle strutture che permettono la diffusione della

degustazione (punti di degustazione)

scarsa capillarità della rete di vendita

bassa qualità dell'accoglienza nelle aziende

carenza o non soddisfacente livello del sostegno pubblico (scarsa

affluenza dei contributi da parte degli Enti pubblici locali)

disaccordi fra i soci della strada nelle strategie e sui programmi.

80

CAPITOLO 3

LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED

ESPERIENZIALE NEL MARKETING DEL VINO

3.1 Il sistema dell'offerta di vino

L’Italia occupa da tempo un posto stabile tra i primi Paesi al mondo sia

in termini di consumo, sia in termini di produzione ed esportazione del

vino. Infatti è il secondo paese produttore di vino su scala mondiale. Il

comparto vitivinicolo italiano presenta numerosi punti di forza, fra i quali

la qualità dei vini, la tradizione dei viticoltori ed inoltre l’estrema varietà

dei dei vitigni, con la presenza (soprattutto nelle regioni del Sud) di molti

vitigni autoctoni. Tuttavia l’eccessiva frammentazione dell’offerta e le

carenze manageriali influiscono negativamente sullo sviluppo delle imprese

del comparto135.

Il vino, nel panorama agroalimentare italiano, detiene un ruolo di

prim’ordine. Tuttavia, la globalizzazione dei mercati e l’inasprimento della

concorrenza internazionale (l'entrata nel mercato di nuovi competitors come

la California, il Cile o l’Australia) non hanno risparmiato anche questo

prodotto che, nel giro di pochi anni, ha visto crescere in maniera sensibile il

numero dei competitor sia sul mercato interno che su quelli esteri. Essendo

quello del vino un mercato globale, la possibilità di mantenere le posizioni

acquisite ed incrementare la competitività è anche legata, tra le altre leve

strategiche, alla valorizzazione della propria diversità ed origine territoriale:

135 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo2007, Roma.

81

un requisito che può favorire, in particolare, i vini del territorio e quindi

quelli Doc, Docg e Igt136.

Il mercato mondiale di vino è sempre stato dominato da grandi produttori

europei come la Francia, l'Italia, la Spagna, la Germania e il Portogallo,

detenendo un peso aggregato dell'export mondiale pari a circa i due terzi del

totale, ma dai primi anni '90 sono comparsi nuovi player extraeuropei che

hanno accresciuto la loro quota sull'export mondiale, arrivando fino a

detenere nel 2003 il 23%. Così lo scenario mondiale si è suddiviso fra

produttori del “Vecchio Mondo”, ovvero Francia, Italia, Spagna, Portogallo

e Germania e produttori del “Nuovo Mondo”, ossia Australia, Cile, Usa

(California), Sudafrica, Argentina, Nuova Zelanda e Brasile137. Questo

concetto di “Nuovo Mondo”fa riferimento soprattutto all'emergere, da parte

di questi paesi, di un diverso approccio alla produzione e alla vendita del

vino e dall'affrontare la competizione in modo aggressivo ed innovativo

rispetto ai modelli normalmente adottati dalle imprese dei paesi tradizionali

produttori138. Infatti i produttori del “Nuovo Mondo” si caratterizzano per

un approccio al mercato di tipo marketing-oriented, all'opposto di quelli del

“Vecchio Mondo” ancora saldamente product-oriented.

I produttori del “Nuovo Mondo” sono dei player di grandi

dimensioni,spesso multinazionali, con ingenti disponibilità finanziare e

sono dotati di un'ottima cultura manageriale; hanno sviluppato una

viticoltura nuova, basata su tecniche produttive innovative; fanno un

utilizzo massiccio della tecnologia in cantina ed investono molto sul

packaging e adottano accentuate politiche di marca. Sono ispirati ad una

logica più industriale, infatti i loro vini hanno caratteristiche di chiarezza e

di immediatezza, più omologati al cosiddetto gusto internazionale, quindi

136 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo2007, Roma.137 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una mediaimpresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli,Milano p.33138 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 131-137

82

scarsamente denotati territorialmente, ma in grado di garantire bssi costi di

produzione. Questo ha permesso ai nuovi attori marketing-oriented di

innalzare il livello competitivo e di mettere in difficoltà i “Vecchi

produttori”, in quanto possiedono delle strutture imprenditoriali più

frammentate, piccole dimensioni aziendali, una bassa cultura economico-

manageriale, alti costi di produzione ed attuano politiche di branding in

maniera artigianale e sporadica. Nell'approccio europeo la produzione è

ispirata alla tipicità e alla diversità, infatti il vino è espressione del

territorio, frutto della terra, dell'esperienza del produttore e della capacità

dell'enologo139.

In questo contesto l’Italia, nonostante sia priva di un piano strategico

nazionale, che invece è presente in tutto lo scacchiere competitivo

mondiale, mantiene le sue posizioni con la propria quota sul mercato

mondiale che è rimasta invariata: il 18% dell’export mondiale nel 1997, il

18% nel 2007. Ciò che cambia per l’Italia, e di molto, è invece il valore

dell’export, la cui crescita è stata esponenziale grazie alla produzione di

qualità e all’affermazione del proprio brand: negli ultimi 12 anni l’export è

praticamente raddoppiato e il valore del 2007 si è attestato sui 3,4 miliardi

di euro. E' proprio sull’asse della qualità e dell’immagine che l’Italia riesce

ad essere competitiva, non certo sul fattore prezzo140.

Il segnale di questo successo nel comparto del vino è dovuto, infatti, ad

una ristrutturazione profonda del settore, che ha preso avvio a partire dagli

anni '70, da un nucleo inizialmente ristretto di operatori. La diminuzione

della produzione da 65 milioni di ettolitri negli anni '70 agli attuali 50

milioni è proprio indice dell'aumentata attenzione per la qualità e segnale di

una domanda sempre più selettiva da parte dei consumatori che ha guidato

il passaggio dal vino come alimento al vino come fonte di gusto e di

139 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una mediaimpresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli,Milano p.34-35140 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo2007, Roma.

83

piacere. Soprattutto negli ultimi venti anni molte imprese sono state

protagoniste della “rivoluzione della qualità”, hanno investito molte risorse

nella produzione di vini di elevata qualità, hanno iniziato a porre attenzione

al marketing, alla tecnologia in cantina (anche perché era il modo più rapido

di compensare i limiti dei vigneti per lo più inadeguati a causa

dell'invecchiamento, ma la cui riconversione richiedeva tempi

inevitabilmente più lunghi), si è fatta molta sperimentazione sul prodotto,

percorrendo quindi la strada della qualità e della differenziazione dei

prodotti, invece che quella della quantità. Un decisivo apporto è giunto

dalla stampa specializzata, che ha saputo sviluppare forme di

comunicazione estremamente efficaci per la diffusione della conoscenza del

nuovo modo di essere del vino italiano, ovvero di qualità141. Da questo

punto di vista non si può non ricordare il fondamentale ruolo svolto da

Luigi Veronelli, vero capostipite del giornalismo enologico in Italia, che in

questo rinnovamento, ha saputo suscitare in vecchi e nuovi consumatori la

curiosità e la voglia di andare a scoprire cos'è il vino e quanti modi ha

questo prodotto di esprimersi.

Attualmente, il vino prodotto in Italia è riconducibile a due grandi

categorie: vino a denominazione d'origine e vino da tavola. Alla prima

categoria, appartengono i VQPRD , cioè i vini di qualità prodotti in regioni

determinate, cui corrispondono i vini a denominazione d'origine controllata

(DOC), i vini a denominazione d'origine controllata e garantita (DOCG) ed

i vini a indicazione geografica tipica appartengono alla categoria dei vini a

denominazione d'origine. Al secondo gruppo, invece, appartengono i vini da

tavola propriamente detti. La configurazione che potrebbe assumere questa

classifica è grosso modo quella di una piramide (Fig.3.1) con al vertice i

vini a DOCG e, scendendo verso la base, le DOC, i vini a indicazione

geografica ed infine i vini da tavola. La legge 164/1992, che disciplina le

Denominazioni d'origine dei vini, classifica i vini nel modo seguente142: 141 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 153-154142 Legge italiana n. 164 del 10 febbraio 1992, Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei

84

denominazioni di origine controllate e garantite (DOCG): questi vini

vengono sottoposti a regole più restrittive e a controlli più severi

rispetto alle DOC infatti sono sottoposte a verifiche degustative e

chimice da parte di apposite commissioni (obbligo che non esiste per

le DOC) ; questi vini debbono essere commercializzati in recipienti di

capacità inferiore ai 5 litri e portano un contrassegno dello Stato che

dà la garanzia di origine, di qualità e consente di numerare i pezzi; nel

2008 esistono 36 denominazioni di questo tipo;

denominazioni di origine controllate (DOC): sono vini prodotti in zone

delimitate (di solito piccole e medie dimensioni) e portano il loro

nome geografico, rispetto alle DOCG sono considerati di qualità

leggermente inferiore; nel 2008 esistono 353 denominazioni di

questo tipo;

indicazioni geografiche tipiche (IGT): in Italia si trovano 118 IGT

sparse nel territorio, sono caratterizzate da un'indicazione geografica

(nome), accompagnata o no da menzioni (vitigno, tipologia

enologica, etc.). Le zone di produzione sono normalmente ampie, la

disciplina di produzione relativamente poco restrittiva; nel 2008

esistono

vini da tavola: si identificano solo per il colore, il nome dell'azienda

agricola o il marchio, infatti le etichette di questi vini non indicano

l'anno della vendemmia e il luogo di provenienza delle uve. Questa

categoria raggruppa vini definiti di consumo corrente, ovvero ordinari

dal punto di vista qualitativo, c'è da sottolineare però che in questa

categoria rientrano anche tanti vini di alta ed altissima qualità, che per

scelta aziendale non rientrano nelle denominazioni d'origine, né nelle

IGT.

vini

85

Figura 3.1 – Divisione dei vini in base alla legge 164/1992

Fonte: nostra elaborazione

Il sistema di offerta di vino può essere analizzato attraverso la filiera del

vino. La produzione della filiera di vino in Italia è ripartita in quattro grandi

comparti: Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole. La produzione è

parcellizzata, con circa 800.000 aziende viticole che dispongono in media

da 1 a 2 ettari di vigneto. Il sistema cooperativo è quello preponderante,

infatti la metà della produzione nazionale deriva dalle cantine sociali e dai

consorzi .

La struttura della filiera può essere definita attraverso lo svolgimento di

tre funzioni e cioè:

la funzione di produzione della materia prima, l'uva da vino;

la funzione della trasformazione della materia prima in vino;

la funzione di adattamento del prodotto finito attraverso lo svolgimento

delle attività di natura commerciale legate alla distribuzione del

vino143;

A monte della filiera si trovano le imprese che curano la produzione della

materia prima, l'uva da vino e i fornitori, come le imprese vivaistiche

(barbatelle per l'impianto della vigna), quelle che forniscono attrezzature

per la gestione del vigneto (ad esempio attrezzature per l'irrigazione) e per

la raccolta delle uve, i fornitori di prodotti per la gestione del

143 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 165-166

86

VQPRDDOC

IGT

VINI DA

DOCDOCG

IGT

VINI DA TAVOLA

DOC

vigneto(antiparassitari, fertilizzanti, ecc.). Fanno parte del sistema di

produzione delle uve anche professionisti (in questa fase soprattutto è

presente la figura dell'agronomo), enti e centri di ricerca che svolgono

attività complementari a quella principale, infatti forniscono consulenze

tecniche. Successivamente nella filiera si trovano le imprese che curano le

operazioni di trasformazione (produzione di mosti, vinificazione ed

invecchiamento) e quelle di condizionamento dei vini (imbottigliamento,

affinamento e confezionamento), e le imprese che forniscono attrezzature

per la cantina (botti, barriques, ecc.), prodotti chimici, materiali di

confezionamento (bottiglie, tappi, capsule, etichette, ecc.), attrezzature per

la cantina (botti, barriques, ecc.),quelle che forniscono servizi enologici

(analisi, ecc.), i professionisti che forniscono consulenze (enologo). E'

necessario puntualizzare che esistono aziende che sono solo produttrici di

uve, oppure aziende vinicole unicamente specializzate nella produzione di

mosti o di altri prodotti vinicoli, aziende “vinicole” solo imbottigliatrici, ma

anche aziende vinicole a ciclo completo, ovvero che curano tutte le fasi,

dall'uva al vino finito e alcune anche l'imbottigliamento. Per quanto

riguarda l'ultima funzione, quella della commercializzazione del vino

possiamo individuare le imprese che svolgono due attività principali, la

prima è quella di distribuzione commerciale144, che è svolta dalla grande

distribuzione organizza, dai grossisti, dai dettaglianti (wine-bar, enoteche,

canale Ho.Re.Ca), dai distributori che operano su scala internazionale

(esportatori, importatori) e dai professionisti o dalle società che operano in

qualità di agenti di commercio o di broker (il compito di questi operatori è

di svolgere un'azione di raccordo fra i diversi anelli della catena

distributiva)145. La seconda attività è quella di marketing, svolta da quelle

imprese che compiono sia ricerche ed analisi indirizzate a comprendere

quali siano le esigenze e le preferenze del mercato-obiettivo, sia operazioni144 I principali canali di distribuzione verranno dettagliati nel § 3.3145 L'agente di commercio opera nella sfera del dettaglio avendo un ambito di attività locale,mentre il broker tratta partite di maggiore entità e normalmente lo fa avendo un orizzonteinternazionale.

87

di monitoraggio della concorrenza (istituti di ricerca) e da quelle imprese

che creano le condizioni per indirizzare le percezioni e le preferenze dei

clienti verso i beni che le imprese produttrici e/o distributrici offrono al

mercato. Qui rientrano le attività di promozione delle vendite (spesso

svolte dagli istituti di consulenze di marketing) e le attività di

comunicazione (agenzie pubblicitarie, imprese che offrono servizi di

grafica, i media, la stampa specializzata e gli opinion leaders)146.

Dopo aver affrontato il settore vitivinicolo dal alto dell'offerta nel

prossimo paragrafo ci soffermeremo sul lato della domanda di vino.

3.2 I comportamenti di acquisto e consumo del vino

Negli ultimi decenni il mercato del vino ha subito una profonda

modificazione nei comportamenti dei consumatori e nelle modalità di

commercializzazione. Mentre nella seconda metà degli anni '80 e nei primi

anni '90 si è caratterizzato un calo dei consumi, la seconda metà degli anni

'90 ed in questi anni del nuovo millennio si è verificata una stabilizzazione

e quindi una nuova crescita.

Nei Paesi tradizionalmente produttori (Francia, Italia e Spagna primi fra

tutti) il decremento dei consumi è avvenuto a causa di fattori economici,

sociali, culturali e psicologici. I principali cambiamenti di ordine

economico sono stati: la crescente concorrenza di produttori di soft drink

(analcolici, acque minerali e birra) e l'evoluzione dei modelli di

distribuzione (ad esempio l'affermarsi ipermercati e Gdo) spesso più

funzionali a prodotti relativamente standardizzati che a prodotti complessi

come il vino, mentre quelli di ordine sociologico sono stati: il passaggio da

una popolazione rurale ad una decisamente urbana, in cui si sono

146 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199

88

modificate le abitudini di vita e le modalità di assunzione dei pasti connesse

all'attività lavorativa147. Per quanto riguarda gli aspetti culturali e

psicologici, in passato, soprattutto negli anni '80, il vino era considerato

come il sinonimo di alcolismo, a causa di numerose campagne anti-alcool

che hanno coinvolto anche questa bevanda, mentre oggi è stato

scientificamente rivalutato, considerandolo una sorta di medicina che possa

prevenire alcune malattie cardiovascolari e tumori148. Di conseguenza sono

cambiate le modalità, le frequenze e le occasioni di consumo: il vino non è

più un componente tradizionale della dieta, cioè quel liquido che

permetteva di lenire la sete dopo il faticoso lavoro nei campi, che apportava

forti input energetici, o la bevanda di accompagnamento ai pasti, ma viene

ritenuto sempre più un piacere di cui godere lontano dai pasti nell'ambito

delle occasioni sociali e conviviali149. Quindi il vino non è più considerato

un prodotto di prima necessità, ossia che deve soddisfare i bisogni primari,

di sopravvivenza o fisiologici (come la fame o la sete), ma è diventato,

piuttosto, un bene voluttuario, che si consuma in risposta a dei bisogni di

appartenenza sociale, di riconoscenza e di stima (Maslow 1943) sulla base

di motivazioni di tipo edonistico. Tuttavia l’approccio al vino da parte delle

“vecchie” generazioni è tuttora ancorato al modello di bevanda quotidiana,

mentre all’opposto quelle “nuove” si avvicinano al vino da diverse

direzioni.

In Italia e nei principali Paesi tradizionalmente produttori i consumi di

vino in termini quantitativi sono in continua e progressiva diminuzione, ma

registrano una significativa riallocazione in termini qualitativi ed

economici150. Negli ultimi anni il consumo di vino è diminuito

sensibilmente; a partire dal 1985 è passato da 75 litri pro-capite ai 48,2 nel

147 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, FrancoAngeli, Milano p.73-75148 ZAMPI V., MATTIACCI A.(2004), Brunello di Montalcino: how a typical wine could revivea poor country village, British Food Journal n.10/11149 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo2007, Roma.150 Ibidem

89

2008151. Inoltre la quota di non consumatori è notevolmente aumentata

raggiungendo il 33% della popolazione totale con più di 14 anni. Il

consumo regolare non coinvolge più del 26% dei consumatori e la quota dei

consumatori occasionali è arrivata a rappresentare, nel 2006 il 41% del

totale152.

I comportamenti di acquisto e consumo sono la conseguenza

dell'insorgere nell'individuo di necessità o desideri che ritiene di voler

soddisfare. Perciò è essenziale capire quali siano le motivazioni, e quindi le

esigenze che il cliente intende appagare, che spingono un soggetto ad

acquistare del vino. E' possibile associare il consumo di questa bevanda a

tre fondamentali ordini di esigenze, individuando tre funzioni che il vino

può svolgere per il consumatore (ossia i benefici che possono motivarlo

all'acquisto)153:

la funzione alimentare, il vino può soddisfare esigenze di tipo alimentare

in quanto può dare dei contributi alla nostra dieta, sia in modo diretto,

ovvero attraverso l'assunzione delle sostanze in esso presenti (il vino

può apporta acqua, calorie, sali minerali, acidi, tannini, ecc.) o in

modo indiretto, ossia come elemento capace di interagire con gli altri

alimenti che possiamo assumere (di solito è una bevanda che fa da

accompagnamento al cibo, procurando effetti quali stimolare

dell'appetito, dissetare, modificare la digeribilità delle sostanze

contenute negli alimenti);

la funzione psicotropa, il vino è una delle bevande che, contenendo alcol

etilico, ha la capacità di provocare stati di alterazione psichica (che

può andare dalla leggera ebbrezza alla vera e propria ubriachezza) e

questo, nel bene o nel male, rappresenta una motivazione che può

spingere il consumatore all'acquisto del prodotto. Il desiderio di

151http://www.winenews.it152Secondo un' indagine commissionata dal Consorzio di tutela vini Valpolicella ad Astra

Ricerche nel 2006153 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p.236-248

90

provare gli effetti euforizzanti dell'alcol può nascere da necessità o

vizio (quando vi è una dipendenza psico-fisica da questa sostanza),

oppure per piacere (ad esempio, per dare vivacità a situazioni

conviviali);

la funzione edonistica, il vino è capace di procurare un appagamento sul

piano sensoriale e/o psicologico-sociale, quindi il consumatore è

spinto ad acquistarlo per apprezzare le caratteristiche qualitative e

organolettiche del prodotto, oppure per soddisfare esigenze di natura

psicologica legate essenzialmente alla propria sfera interiore, o per

appagare desideri di convivialità, di rispetto di un rituale, di

comunicazione, di appartenenza (come elemento di distinzione o

come moda), di ostentazione.

Per meglio comprendere chi sono i consumatori di vino, quali sono le

loro caratteristiche e per tentare di determinare i loro bisogni e le loro

abitudini di acquisto, è necessario segmentare il mercato in categorie di

clienti. Questo approccio consente ad un'azienda vitivinicola di scegliere a

quale target di clienti rivolgersi e conseguentemente adattare il proprio

marketing mix e quindi di proporre prodotti, prezzi, canali di distribuzione e

comunicazione adeguati alle esigenze di questi clienti154

In uno studio condotto dalla società Solving Efeso nel 2008 su oltre

cento Paesi del mondo, nel mercato dei bevitori di vino vengono individuati

quattro segmenti: basic, fun, degustazione, art. I gruppi di consumatori sono

stati isolati in base alle loro attese, ai loro comportamenti e alle loro

motivazioni e per ciascun segmento sono state quantificate la domanda

mondiale e la tendenza del mercato (Fig.3.2). Questo ha permesso di capire

che il vino riveste una funzione differente in ogni segmento155.

I bevitori basic associano il consumo di vino all'alimentazione, lo

154 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,la distribuzione, Edagricole, Bologna, p.12-14

155 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 LargoConsumo, Milano, p.127

91

considerano un alimento che soddisfi un bisogno nutrizionale oppure, per

abitudine, una bevanda essenziale per accompagnare i pasti. Questi

consumatori coprono il 20% del mercato, hanno più di 50 anni, acquistano

vini a prezzi bassi direttamente dal produttore o dalla grande distribuzione.

I consumatori fun attribuiscono al vino una funzione sociale, lo

considerano un elemento di distinzione e di tendenza. Questi bevitori

rappresentano il 55% della domanda mondiale di vino, hanno un'età

compresa fra i 25 e i 35 anni, danno importanza al fattore prezzo del vino,

acquistano questo prodotto direttamente dal produttore, dalla grande

distribuzione o in enoteca.

Il 20% dei consumatori di vino appartiene al segmento degustazione,

associano a questa bevanda una funzione sensoriale, fatta di caratteristiche

gustative e di particolarità organolettiche, ricercano una dimensione

culturale, infatti sono molto interessati al legame tra il vino e il suo

territorio di origine. Sono bevitori che hanno più di 30 anni, ricercano la

particolarità, infatti amano sperimentare vini, autonomamente, anche presso

piccole imprese artigianali, danno importanza al rapporto prezzo/piacere e

acquistano solo direttamente dai produttori.

L'ultimo è il segmento art, costituito dal 5% dei consumatori che hanno

un'età superiore ai 40 anni. Questi bevitori desiderano che il vino gli faccia

vivere un'esperienza sensoriale appagante e quindi si aspettano che questa

bevanda apporti loro forti sensazioni ed emozioni. Acquistano vino

soprattutto in enoteca ed apprezzano le produzioni artigianali come uniche.

Il segmento degustazione è quello che evidenzia i maggiori potenziali di

crescita, quello art rimane stabile, mentre per i consumatori dell’area fun si

attende una crescita media. Invece il segmento basic, nonostante detenga

ancora il 20% del mercato è strutturalmente in calo. Grazie all'analisi delle

dinamiche di trasferimento della domanda è possibile evidenziare che il

segmento degustazione attrae sempre di più i consumatori dell’area fun e

art, segno che il mercato mondiale del vino dovrà sempre di più in futuro

92

legarsi al territorio, creando prodotti dalle caratteristiche molto marcate. In

Italia assistiamo ad un vero e proprio passaggio “generazionale” nella

segmentazione del mercato del vino. Le nuove generazioni di consumatori

si affacciano al mercato partendo dall’area fun per poi spostarsi

successivamente a quella della degustazione, non toccando mai l'area basic.

Secondo il vicepresidente di Solving Efeso, Luigi Serravalle, “Il mercato

del vino, se vuole rimanere competitivo in una situazione di calo

generalizzato della domanda, deve disinvestire al più presto dal segmento

basic, quello più legato ai consumi abitudinari e familiari. Un’idea di vino

come prodotto legato alla sensorialità è la carta vincente dei prossimi

anni156”.

Figura 3.2 – Segmentazione del mercato dl vino

BASIC20%decrescita

FUN55%crescita media

DEGUSTAZIONE20%forte crescita

ART5%stabile

Funzione Alimentare Sociale Sensoriale Culturale

Core Target - Età > 50anni- B i s o g n onutrizionale/abitudine

- Età 25-35 anni- Stile: tendenzasociale,importanzadell'immagine

- Età > 30 anni- “Sperimentatore”autonomo

- Età > 40anni- Edonista

Attese Ricerca di uncompleta-mentoalimentare

Ricerca di unostandard e di uncarattereuniversale di ungusto

R i c e r c a d e l l aparticolarità e di ungusto specifico

Eccezionale attesa diemozioni esensazioni

Tipologia dicommercializza-zione

- V e n d i t adiretta pressoi produttori- GDO

- GDO- intermediari

Vendita diretta presso iproduttori

- Interme-diari- Vendi tadirettapressoproduttoriartigianali

Fonte: nostro adattamento su Solving Efeso (2008)

156 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 LargoConsumo, Milano, p.127

93

Secondo un'analisi presentata al Vinitaly 2008, sempre più determinanti a

definire gli stili di consumo di vino sono le donne ed i giovani. Per quanto

riguarda le donne si stima infatti che quasi la metà del fatturato ottenuto

dalla vendita di questa bevanda in Italia sia dato proprio dal mercato

femminile (sarebbe di ben 3 miliardi di euro il valore del consumo

femminile su un totale italiano di 6,2 miliardi di euro). L’età d’ingresso al

consumo di vino per questo cluster attorno è ai 20 anni (mentre per i maschi

si ha dopo i 30 anni). Le donne apprezzano e riconoscono il buon vino ma

al contrario di quello che comunemente si pensa, e sebbene siano tra le più

forti consumatrici di spumanti, la donna ama particolarmente i vini fermi e

secchi, i vini rossi, i vini maturi e strutturati. Riguardo ai rossi sono molto

sensibili al legame con il territorio d'origine. Hanno una forte propensione

all’apprendimento delle tecniche di degustazione, sono infatti le

protagoniste del boom dei corsi di degustazione. Bevono vino per piacere e

lo vedono come elemento di socializzazione, il 32 % delle donne si dichiara

pronta a bere una bottiglia di vino in compagnia delle amiche. Attualmente

mostrano maggiore indipendenza di giudizio nello scegliere il vino, non si

fanno più guidare dagli uomini nella scelta della bottiglia al ristorante157.

Per quanto concerne il mondo dei giovani, l' 82% di essi dichiara di

avere una forte propensione di acquisto di vino, lo consumano di preferenza

come aperitivo o come elemento di aggregazione158. Prevalentemente si

orientano su vini rossi, strutturati, di territorio e sembrano poco attratti dai

vini che provengono dal Nuovo Mondo. Sono consumatori che non bevono

abitualmente, hanno frequenza di rapporto con il vino che va da una a tre

volte a settimana e consumano più frequentemente vini riconoscibili.

Il prezzo è una relativa barriera: il loro consumo si orienta soprattutto su

bottiglie che hanno un “nome” o che fanno tendenza, purché abbiano un

concreto rapporto con la territorialità. Di preferenza bevono i vini della loro

157 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business edel turismo in cantina, Agra Editrice, Roma p.141158http://www.enotime.com

94

regione di appartenenza, sono comunque propensi all'esplorazione.

L’universo giovani può essere diviso in due clusters: da una parte i

cosiddetti “bevitori”(o “amanti del bere), cioè che assegnano al vino un

valore culturale e si caratterizzano inoltre per una ripetuta frequenza di

consumo del vino durante la settimana (per il 55% almeno una volta nella

settimana), dall’altra ci sono i “degustatori”, hanno un approccio al vino più

caratterizzato da valenze edonistiche, lo consumano per piacere, in quanto

tale bevanda “dà più gusto alla vita” e accompagna la scoperta di nuovi

sapori e hanno una frequenza di consumo elevata (61,3% almeno una volta

nella settimana),159. I due cluster trovano accordi su diversi aspetti: il luogo

di acquisto principalmente utilizzato è il supermercato, seguito in entrambi i

casi dal ristorante, anche le enoteche, ma soprattutto i wine-bar sembrano

rivestire un'importanza considerevole160; il formato di acquisto più

frequente è la bottiglia. Per quel che concerne la percezione del prezzo

medio del vino in relazione ai due luoghi principali d’acquisto (l’enoteca e

il supermercato), si riscontra un valore più alto nel caso dei degustatori

rispetto agli amanti del bere. A testimoniare il successo del vino tra i

giovani è anche la crescente domanda di approfondimento in corsi di

degustazione, ma anche master universitari indirizzati alla conoscenza del

concetto più ampio di ruralità. La fascia d’età d’ingresso nel consumo del

vino, anche per i giovani, è stimata attorno ai 20 anni e soprattutto gli

studenti universitari amano.

I maschi adulti restano comunque i principali consumatori, ma per loro il

consumo di vino è meno dettato da spinte emotive e conoscitive, quanto

piuttosto dall’abitudine.

159 MATTIACCI A., CECCOTTI F., DE MARTINO V. (2006), Il vino come prodotto cognitivo:indagine esplorativa sui comportamenti giovanili, V Convegno internazionale “Le tendenze delmarketing”, Venezia 21-22 Gennaio 2006160 Nuova tipologia di canale di distribuzione in cui la modalità di consumo è on-premise, ovveroche ha luogo nel punto vendita e di solito acquistando il vino al bicchiere.

95

3.3 Il marketing mix del vino

Dopo aver effettuato la segmentazione del mercato dei consumatori di

vino e aver scelto il segmento di clientela al quale rivolgersi

conseguentemente sarà necessario posizionarsi sul mercato in modo chiaro,

in funzione delle esigenze dei clienti e distinguendosi dalla concorrenza.

Sarà necessario allora avere un marketing mix del vino coerente: un

prodotto, un prezzo, un canale di distribuzione, una comunicazione.

La prima leva operativa del marketing mix del vino è quella del prodotto.

Per il cliente il prodotto vino è costituito principalmente (Fig. 3.1)161:

dalle caratteristiche tecniche ed organolettiche del vino (la specifica

varietà, la vinificazione, la gradazione, l'annata, gli aromi, ecc.); ogni

cliente ha una percezione propria di tali caratteristiche, del colore del

vino, degli aromi e del gusto ed è tale percezione che permetterà al

cliente di decidere;

il suo packaging (la forma, il formato e il colore della bottiglia,

l'etichetta e la contro-etichetta, la capsula e il tappo, l'imballaggio, la

marca); questo strumento permette comunicare un'immagine coerente

con il posizionamento prescelto e la clientela cui si rivolge;

il nome e la storia; questi sono elementi fondamentali per differenziare

un vino, in quanto sono capaci di ricondurlo ad una dimensione

affettiva e di raccontarlo con la sua quota di sogno;

i servizi associati al prodotto (quelli legati al turismo, come ad es. la

visita della cantina, la degustazione del vino in compagnia del

produttore, percorsi all'aperto, ecc., o quelli relativi alla facilità di

trasporto, come la consegna a domicilio o sul luogo di lavoro, la

possibilità di ordinativi cumulativi, ecc.); questi servizi divengono

fattori di differenziazione.161 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,la distribuzione, Edagricole, Bologna p.33-43

96

Figura 3.3 – Il prodotto “vino” nel marketing

Fonte: Rouzet e Seguin 2004

La seconda leva operativa del marketing del vino è il prezzo. La filiera

del vino è molto sensibile alla variabile prezzo, in quanto è considerato

come uno degli elementi fondamentali nelle decisioni d’acquisto. Esso

viene utilizzato come indicatore della qualità quando non sono disponibili

sufficienti informazioni per valutare il prodotto e nelle situazioni di rischio.

L’acquisto dei prodotti meno cari riduce il rischio finanziario, mentre un

prezzo particolarmente elevato tutela dalla scarsa qualità. Ci soffermeremo

principalmente sul prezzo che ci permette di posizionare il prodotto, sul

prezzo che valorizza la qualità del vino (che comunque comprende il prezzo

di costo). E' necessario che le aziende vitivinicole scelgano un prezzo di

vendita in funzione della clientela target, della scelta del posizionamento

voluto ed in funzione dei prezzi concorrenti presenti sul mercato. Per

determinare il prezzo di vendita è allora indispensabile tenere conto di tre

variabili: la domanda, la concorrenza e il prezzo di costo. Si tratta in questo

97

VINO

Caratteristiche

tecniche

ed oraganolettiche

- varietà

- gradazione

- annata

- aromi

- ecc.

Consegna

Altri servizi

Bottigliaforma, formato,

colore

Etichetta

PACKAGING

Imballaggio

Nome e

storia

Contro-etichetta

Marca

SERVIZIACCESSORI

caso di determinare il prezzo psicologico che il cliente target è disposto a

pagare per acquistare un vino162.

I clienti interpretano il prezzo in base ad una forbice di accettabilità e in

una forbice prezzo minimo-prezzo massimo e associano sistematicamente

un prezzo elevato ad un simbolo di qualità. Nel caso di un mercato di lusso

più un prodotto è costoso, più si vende (effetto Veblen). L'importante è

dunque determinare quale è la forbice adeguata al target individuato e

quindi il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per quel vino.

Fra i prezzi psicologici, ovvero prezzo tondo (prezzo che si presenta in

cifre intere come 5 euro, 10 euro, 50 euro,...) che è un tipo di prezzo che

non valorizza il prodotto, in quanto fa percepire il vino al consumatore

come troppo caro o non abbastanza costoso e quindi viene associato

inconsciamente a cattiva qualità), prezzo aggressivo (ad esempio 3,38 euro,

5,59 euro, 10,71 euro , principalmente usato nella grande distribuzione) e

prezzo rassicurante (prezzo con dei decimali terminanti per 0 oppure per 5

come 3,25 euro, 4,75 euro, 7,30 euro) quest'ultimo risulta essere il migliore

da applicare al prodotto, in quanto permette di fissare le soglie minime e

massime accettabili per ogni canale di distribuzione, ma soprattutto è un

prezzo che associa immediatamente a qualità al vino, senza ingenerare nel

consumatore una riflessione del tipo “è caro”, “non è caro”163.

Secondo i ricercatori di Nomisma le tasse e il costo della rete distributiva

incidono per il 60% sul prezzo finale di una bottiglia di vino, mentre la

produzione agricola vi incide per il 10% e la trasformazione industriale per

il 30% (Fig. 3.4). Questo valore medio a livello mondiale corrisponde più o

meno a quanto avviene in Italia: il prezzo originale di questa bottiglia poi si

raddoppia in enoteca e addirittura si triplica al ristorante. Il caso limite è

quello del consumo “al bicchiere”, in cui si associa alla comodità da parte

162 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,la distribuzione, Op.cit., p.43163 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business edel turismo in cantina, Op.cit., p.104

98

del consumatore di poter consumare a prezzi in genere accessibili dei vini

di notevole qualità la possibilità per il rivenditore di praticare un ricarico

sulla singola bottiglia che può arrivare a livelli veramente elevati.

Figura 3.4 – Ripartizione del prezzo di una bottiglia di vino a livello

mondiale

Fonte: Nomisma (2003)

La terza leva del marketing del vino è la distribuzione. Anche la scelta

dei canali di distribuzione dipende dalla clientela mirata dal posizionamento

scelto, dalle diverse situazioni locali in cui si trovano le imprese, dalle

diverse linee di prodotto. I principali sono:

- la vendita diretta (nell'azienda individuale o nel punto vendita presso la

cooperativa); questa modalità di distribuzione è la più diffusa nel mondo

vitivinicolo in quanto permette un contatto diretto ed esclusivo fra

produttore e consumatore finale proprio nell'azienda stessa. Ovviamente

richiede da parte dei produttori capacità specifiche sia per organizzare

che per gestire l'attività dell'accoglienza, la presentazione dei prodotti, la

degustazione-vendita;

99

37%

23%

10% 30%

Distribuzione e servizi

Imposte e tasse

Produzione agricola

Trasformazione industriale

- le enoteche e il dettaglio; coprono circa il 20% della distribuzione del

vino in Italia164. Rappresentano una vetrina per la vendita dei prodotti e

basano la loro attività commerciale sul consiglio diretto, ciò permette di

proporre al cliente una cultura del vino molto affascinante. Le enoteche e

i negozi di gastronomia dedicano particolare attenzione all'assortimento:

la loro offerta è caratterizzata da ampie gamme di vini e superalcolici e

sono perennemente alla ricerca di ampliare e sviluppare questa gamma al

fine di soddisfare una clientela fidelizzata o in via di fidelizzazione;

- la grande distribuzione, rappresenta il canale di vendita più importante

per la commercializzazione del vino in Italia, infatti nel 2007 più del

60% del vino imbottigliato è stato venduto tramite la Gdo165. La grande

distribuzione sta sviluppando marche proprie e specifiche e sta

aggiungendo ai suoi assortimenti anche vini di una certa qualità. Le

grandi insegne, da qualche anno, con l'evoluzione delle politiche di

acquisto, hanno deciso di attuare contrattazioni dirette con i produttori di

vino, eliminando gli intermediari. I distributori mettono in opera i mezzi

necessari per attirare la clientela, allestendo in maniera attraente gli

scaffali dei prodotti vitivinicoli, attraverso stand di degustazione o

facendo gestire il reparto vini e alcolici da specialisti con il fine di

ottimizzare la relazione con il consumatore;

- il circuito HO.RE.CA (hotel, ristoranti, caffè), rappresenta una quota

importante della commercializzazione dei prodotti viticoli, infatti più del

20% dei pasti principali sono consumati dagli italiani al di fuori del

domicilio; in questa categoria rientrano i ristoranti, i bar, gli alberghi, gli

agriturismi e i wine-bar;

- la vendita per corrispondenza, tramite le riviste, questa forma di

vendita diretta del vino ha conosciuto un buon successo ma è oggi in

concorrenza con quella su Internet, resta comunque importante per le

società specializzate e apporta una supplementare opportunità di vendita164Fonte Ismea – Sistemi di distribuzione del vino nel 2001165Ricerca IRI Infoscan 2008 per Vinitaly

100

alle aziende o alle cooperative che la praticano;

- i l commercio on-line; i produttori di vino possono assicurarsi

direttamente l'immissione sul mercato dei propri prodotti grazie alla

creazione di un sito Internet. Questo approccio consente, grazie alle

numerose opportunità di informazioni sulle aziende, sui vigneti, sugli

elementi tecnici legati al vino, alla clientela la conoscenza oggettiva

necessaria all'acquisto;

- le esportazioni, rappresentano un terzo degli sbocchi dei vini italiani e i

primi tre paesi clienti dell'Italia sono la Germania (volume del 33%), la

Francia (17%) e gli Stati Uniti (12%).

L'ultima leva operativa è la comunicazione, che è una componente

essenziale del marketing mix del vino. Essa permette al cliente di

visualizzare, conoscere e percepire i messaggi elaborati dal marketing mix.

Ognuno degli elementi che compongono l'impresa sono potenzialmente dei

mezzi di comunicazione: il prodotto, la marca, il personale, la pubblicità, le

opinioni espresse dalla stampa specializzata, i punti vendita e gli eventi,

sono tutti fattori che contribuiscono a determinare la percezione dell'offerta

aziendale da parte del cliente166.

Prima di prendere in considerazione la comunicazione esterna

all'azienda, ovvero quella di filiera o di prodotto è importante porre

l'attenzione su quella interna. Il personale di un'azienda o di una cantina

cooperativa comunica in modo informale con tutto quello che ha intorno, ed

è quindi l'ambasciatore dell'azienda stessa. Quindi una buona

comunicazione interna genera anche una corretta organizzazione del lavoro

in cantina e di conseguenza contribuisce a creare un'immagine positiva

dell'azienda vitivinicola.

Elementi indispensabili della comunicazione esterna sono i punti

d'accoglienza dei clienti (luoghi di degustazione in cui è esposta la gamma

completa di prodotti, le schede tecniche del prodotto, i tariffari,...), il nome

166 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199

101

della tenuta e il suo logo-tipo (vengono riportati su tutti i documenti che

escono dall'azienda, sui biglietti da visita, sulle etichette, sulla segnaletica

esterna, e soprattutto il logotipo è come una firma che permette di essere

percepita, memorizzata e riconosciuta), la posta elettronica (permette di

comunicare in modo diretto e rapido con i clienti), il sito web (è uno

strumento molto utile per la presentazione dell'azienda e dei suoi prodotti,

consente di aggiornare costantemente le notizie relative all'impresa).

Nel mercato vitivinicolo la finalità della comunicazione è di far

conoscere e poi conseguentemente far acquisire notorietà al proprio

marchio, di convincere all'acquisto di un determinato vino, nel ricordare

l'esistenza e nel rinforzare l'immagine del prodotto e nell'informare circa i

nuovi prodotti. Perciò nel settore vitivinicolo la comunicazione è centrata

sull'esaltazione dell'immagine dell'azienda attraverso il posizionamento dei

prodotti dell'azienda. I mezzi che permettono ad un individuo di riconoscere

un prodotto, di identificarlo comparativamente ad altri sul luogo di vendita,

di stimolare un interesse e quindi un atto di acquisto immediato o differito

devono essere combinat i per ass icurare i l successo del la

commercializzazione.

Esistono due tecniche che facilitano il posizionamento dell'impresa sul

proprio mercato: la comunicazione tramite media e quella senza media. La

comunicazione mediatica si basa sull'utilizzo della stampa (riviste

specializzate o supplementi ai quotidiani nazionali), la radio e la televisione

(con programmi dedicati ai vini e alla gastronomia), le affissioni. La

comunicazione extra media permette di utilizzare le tecniche

complementari come il direct marketing, la promozione delle vendite, le

sponsorizzazioni e gli eventi. E' necessario che questa comunicazione sia

coerente con i media.

102

3.4 Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel

marketing del vino

Il vino è un prodotto complesso, dalle mille sfaccettature, è

profondamente legato al territorio, possiede elementi della tradizione

territoriale. Per il consumatore, la sua degustazione, la conoscenza della

storia, della zona in cui nasce, dei metodi con cui viene prodotto costituisce

un’esperienza culturale ed emozionale. Vari autori sono riusciti a definire

molto bene questo particolare legame.

Lo scrittore e giornalista Paolo Monelli sottolinea il profondo rapporto

che esiste fra cibo e natura, fra vino e substrato geologico della terra (il

lacrymachristi “denso del fuoco sotterraneo che si cova i vigneti arrampicati

sui fianchi del vulcano fra lave nere e ginestre pioniere”)167, ma anche con

la geografia regionale, perché c'è relazione fra territorio e abitanti (“lo

stesso rapporto che esiste fra il vino e la cultura esiste fra i caratteri

prevalenti del vino di una data regione e quelli della gente che abita da

secoli la regione stessa”168). Il vino di qualità, di pregio, è uno strumento

essenziale per veicolare la cultura di un certo territorio, soprattutto se

parliamo di prodotti ad alta valenza territoriale.

Il vino ha mille volti e sapori ed è figlio unico e irripetibile di un

territorio, nasce dalla terra miracolosa, che ogni anno ripete il suo rito

eterno, dall'alchimia magica composta di minerali, luci, acqua e vento e

dalla mano dell'uomo. Il terroir influisce sulla personalità e sul carattere del

vino e ne determina la diversità. Un calice di vino racconta millenni di

storia e le tradizioni della sua terra. Lo scrittore Mario Soldati, infatti,

ritiene che il vino sia un qualcosa di mezzo fra l'opera d'arte e l'essere

vivente. E' un prodotto quasi artistico, non razionalizzabile né

industrializzabile, condizionato dal luogo e dalla terra in cui maturano le

167 MONELLI P. (2005), Il ghiottone errante, Touring Club Italiano p.137168 MONELLI P. (1971), O.P. ossia il vero bevitore, Longanesi, Milano

103

uve. Il suo sapore, il suo profumo, il suo colore, la sua intensità evocano e

raccontano il territorio da cui proviene169.

Luigi Veronelli, grande critico enogastronomico, è stato il primo a

convincere i produttori Italiani di vino, già negli anni '60, che i grandi vini

nascono prima nel vigneto e a fare comprendere l'importanza del terroir,

sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari

cru170. Ha cercato di dare senso e dignità al vino e ai prodotti della terra e ha

tenuto sempre saldo il legame con le cantine, i campi, le aie, quindi con il

territorio. Per Veronelli “Il vino è il canto d'amore della terra verso il cielo,

basta camminare tra le vigne, bearsi di questo magnifico spettacolo per

rendersene conto”. Secondo il critico è necessario imparare a “dialogare” e

“ascoltare” il vino, a rivalutarne la dignità e a comprenderne l'anima. Un

vino è irripetibile proprio perché contiene anche la storia della terra che l'ha

generato.171

Lo scrittore Mario Soldati nel suo libro Vino al Vino scrive che “il colore

di un vino dipende dalla luce con cui lo si guarda [...] così e anche di più

per il profumo e per il sapore:dipende dal luogo dove ci si trova [...]

dipende da come ciascuno si sente in quel momento, dalla giornata, dalla

compagnia. Dipende soprattutto dai ricordi che ciascuno chiude in sé stesso:

ricordi di altre luci, altri profumi, altri colori, altri sapori, che ha provato in

vita sua, ricordi che giacciono indelebili nel suo sistema nervoso”172.

Affinché rimanga indelebile nella mente dell'enoturista, l'esperienza deve

essere unica, memorabile, straordinaria, deve coinvolgerlo e impegnarlo sul

piano personale 173.

L'attesa del turista del vino di trasformare la sua vacanza in un'esperienza

169 SOLDATI M. (1969), Vino al vino, Mondadori, Milano p.205170 Vigneti che riescono a dare vini di eccellente qualità171 Interessante intervento di Veronelli alla trasmissione di "PER BACCO!" andata in onda il 21marzo 2002 che è stata raccolta da Francesco Speroni autore e conduttore della trasmissione.

172 SOLDATI M. (1969),Vino al vino, Op.cit. p.697173 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,Milano p.14

104

di vita richiede all'operatore enoturistico l'abilità di far divenire la cantina,

l'agriturismo, il ristorante tipico testimone e di messaggero della cultura,

della storia e delle tradizioni locali. Questo comporta anche la capacità di

interpretare le particolari esigenze dei vari segmenti di domanda e di

riuscire a e creare un vero percorso emozionale, che coinvolga tutti i sensi

del cliente.

Caricare il proprio prodotto di valenze ambientali proprie della comunità

locale significa determinare un valore aggiunto al proprio prodotto,

realizzando così le attese del turista e facendo vivere il proprio prodotto e

tutto quello che vi ruota intorno come un'esperienza da ricordare e da

raccontare.

Già da tempo si riconosce all'enoturista un interesse che va oltre le sole

aziende vitivinicole e i ristoranti di qualità e coinvolge anche la bellezza dei

paesaggi e delle opere architettoniche, dei musei e delle altre attrattive

turistiche che può trovare in un territorio. In presenza di questa molteplicità

di fattori, il prodotto da promuovere, l'oggetto del marketing, non è più il

semplice prodotto vino, ma un prodotto-servizio, o meglio ancora,

un'esperienza.

Chi sceglie di fare enoturismo lo fa per entrare in una nuova dimensione,

in un nuovo stile di vita diverso da quello abituale, solitamente molto

frenetico. La motivazione che può spinge a passare una giornata o un fine

settimana ad andar per vigneti e per cantine è proprio il bisogno di tornare

alle origini, di rintracciare il segno di una cultura legata alla terra, di

provare a capire e rivivere quali potevano essere gli stili di vita e dei luoghi,

magari da cui si proviene. Ad esempio arrivando in un'azienda vitivinicola

nelle colline toscane del Chianti ci si aspetta di trovare, oltre alla

coltivazione dei vigneti che mostri l'amore per il proprio lavoro e

l'attaccamento alle proprie campagne, le strutture architettoniche

tradizionali di quei luoghi: una casa colonica in pietra, solida e massiccia,

un'aia grande lastricata di larghe pietre quadrate, levigate dall'uso e dal

105

tempo, il granaio con l'impiantito poroso di mattoni, il fienile, la stalla, la

cantina e le tinaie.

Anche l'arredamento ha la sua importanza. Dovrebbe avere la comodità

necessaria per un piacevole soggiorno, ma soprattutto uno stile pertinente

all'ambiente: i coppi per l'olio, i fiaschi del vino, la madia dove si conserva

la farina e il pane, le sedie impagliate, l'ampollina dell'olio nuovo e l'aceto

fatto in azienda. Gli elementi architettonici e l'arredamento, quindi sono

tutti aspetti culturali, antropici e paesaggistici che contribuiranno a creare

l'identità territoriale di un vino e un'atmosfera indimenticabile. E' quindi

importante che un'azienda vitivinicola curi anche gli aspetti che esulano

dalle caratteristiche organolettiche del vino, ma ugualmente di

fondamentale importanza per creare un'esperienza unica e memorabile.

Tutti questi elementi evocano la storia dell'azienda e molte volte anche

quella della famiglia che la gestisce. Gli ospiti dovrebbero, dunque essere

accolti da qualcuno che appunto conosca le vicende di questi luoghi. E

ancor più aneddoti ci saranno da raccontare se queste sono anche le vicende

della famiglia. Emerge forte la volontà dei consumatori di conoscere la

provenienza, i luoghi di produzione, la storia, la tradizione, le persone che

si celano dietro ad un vino. Quindi la componente affettiva e

profondamente umana legata alla storia di un vino, il rapporto emozionale

che scaturisce dall’incontro con questo, con il territorio, con le cantine, con

i vigneti e la passione e il calore degli uomini e delle donne che stanno

dietro alla nascita di quel vino particolare, rappresentano una fonte di

fascino senza eguali per l'enoturista.

Secondo il winemaker Roberto Cipresso “la vera storia di un vino

racconta delle condizioni climatiche della stagione in cui è stato prodotto; di

quanto tempo è trascorso da quando sono stati piantati i vigneti, o della

gente che lavora la terra da generazioni. Quando oggi il consumatore beve il

vino, che se ne renda conto o meno, entra in contatto diretto con quella

106

storia”174.

Vino e uomo sono una delle coppie più simbiotiche del mondo. Lungo i

millenni, generazione dopo generazione, l'uomo ha investito una fatica e

una passione così grande nel fare il vino, nel migliorarlo, nell'esaltarne le

caratteristiche, tanto che qualche volta ci ha riversato dentro molto di sé

stesso. Ecco anche perché, in modo stupefacente, il vino e chi lo fa si

assomigliano profondamente. Cipresso sostiene infatti che “uomo e vino

sono l'uno lo specchio dell'altro, entrambi vivono, crescono, mutano

apparentemente identità e carattere”. “Il vino racconta l'uomo che lo fa e il

fascino della profondità della terra”175.

3.5 Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel

marketing del vino

Territorio ed esperienza sono i due elementi che riescono a permettere la

valorizzazione del marketing mix del vino.

Il marketing del vino è spesso assimilato al marketing territoriale. In

effetti prima di vendere una tecnica di vinificazione o una bottiglia, vendere

il vino equivale soprattutto a vendere un territorio, un piacere, un sogno,

una storia e una tradizione. Ciò è dovuto all'organizzazione della filiera

attorno al concetto di denominazione d'origine e alla forte correlazione fra

territorio e tipicità di un vino. Ad esempio vendere il Brunello di

Montalcino, è più che altro vendere l'immagine del paese di Montalcino che

non il vitigno Sangiovese176.

Tutto può essere copiato, clonato, riprodotto, falsificato, tranne una cosa:

174 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria, p. 6175 CIPRESSO R. (2006), Il romanzo del vino, Piemme, Alessandria, p.116-131176 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,la distribuzione, Op.cit. p.11

107

il territorio, la cultura e il carattere della sua popolazione. Ed è quindi il

legame che il vino ha con il territorio, che rende le sue caratteristiche

uniche e irripetibili, ed è su questo punto di forza che è necessario puntare

per competere a livello mondiale. E' sbagliato infatti pensare che il vino

derivi soltanto dal vitigno con il quale viene prodotto, ma invece nasce da

un mix di tre fattori: i fattori naturali immodificabili (l’ambiente naturale, il

clima, il suolo, il microclima, il paesaggio); i fattori naturali modificabili,

nel senso di scelti dall'uomo (la varietà coltivate da un certo lasso di tempo

in quel territorio), infine, fattori più direttamente culturali (il tipo di

viticoltura, i sistemi di allevamento, i modi di vinificazione e di

affinamento, gli stili eccetera). Il territorio esprime così un’identità,

complessa ma riconoscibile. E quindi un vino di un territorio è un vino che

ha caratteristiche tali da rendere riconoscibile la specifica personalità di una

zona177.

Luigi Veronelli è stato il primo a sottolineare l'importanza del recupero

delle varietà dei vitigni autoctoni, a insistere sulla necessità assoluta di

selezionare le uve nel vigneto, fare comprendere l'importanza del terroir,

sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari cru, è

proprio qui infatti che un vitigno nasce e da il meglio di sé. Il cru è un

termine francese difficilmente traducibile in italiano (come del resto il

concetto di terroir) con il quale si intende un vigneto caratterizzato da un

terreno, un microclima ed uno o più vitigni che, nel corso degli anni dà

sempre prodotti di grande qualità.

Il vino porta un nome che è sempre un nomen loci, non una generica

indicazione, ma una precisa localizzazione geografica. Non a caso il vino è

così strettamente connesso al suo territorio da esserne sinonimo. Si tratta di

una completa identificazione tra vino e il luogo in cui nasce. Ne sono due

esempi lo Champagne che ha preso il nome dalla regione francese

Champagne,e così in Italia per lo spumante Franciacorta che ha preso

177PERULLO N. (2007), Vino e territorio, Slowfood, Slowfood Editore, Cuneo

108

quello della zona collinare fra il Lago d'Iseo e Brescia. Ognuno è

l'espressione del proprio terroir, nonostante siano entrambi prodotti con le

stesse uve (Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero), infatti lo Champagne

può esistere solamente nella Champagne, il Franciacorta può esistere

solamente in Franciacorta.

Il vino non è solo una fredda scheda tecnica che include componenti

chimiche, indici di acidità, misure di vario genere come grammi, litri, gradi

alcolici o un lungo elenco di aromi e di sentori ma è un prodotto che

racconta una storia, una tradizione, ma soprattutto un territorio e offre in chi

lo beve varie sensazioni a seconda dei momenti della vita che

accompagna178.

Secondo quanto abbiamo potuto precedentemente notare (§ 3.2), il

consumo di vino e’ oggi legato soprattutto a uno stile di vita, diventa

veicolo di aggregazione ed i consumatori di questa bevanda richiedono

sempre più che il vino sia legato alla sensorialità, che possa apportare loro

forti emozioni. Allora è necessario che le aziende vitivinicole si orientino in

questa direzione. Sono indispensabili le emozioni per attirare il

consumatore e, ancora di più, per mantenerlo e fidelizzarlo nel tempo.

Diventa pertanto una priorità assoluta creare e far vivere al consumatore

un'esperienza memorabile, è questo che poi permetterà di far ricordare un

vino. Infatti ad esempio ascoltare dopo anni una canzone può darci delle

emozioni perché ci fa ripensare ad un periodo della nostra vita. Lo stesso

vale per il vino: le sensazioni che proviamo quando lo beviamo, rendono

vivo il nostro ricordo, ci portano a far riaffiorare nella nostra mente

esperienze vissute precedentemente, ci evocano i territori di quel vino, che

nel passato abbiamo visitato.

Le imprese devono cercare di coinvolgere il consumatore emotivamente,

personalmente e fisicamente.(Pine e Gilmore, 2000; Scmitt, 1999). A questo

proposito, possiamo portare l'esempio di un'iniziativa, che riscuote ogni

178 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria p.5-6

109

anno molto successo, ovvero Benvenuta Vendemmia179. Le aziende

agricole che vi partecipano sono capaci di organizzare un'esperienza unica

per i propri ospiti. Nel periodo della vendemmia tali aziende accolgono i

visitatori e permettono loro di vivere da vicino e di partecipare attivamente

alle fasi iniziali della vinificazione: prima alla raccolta nei filari, in cui

possono osservare i precisi gesti dei vignaioli mentre recidono i grappoli

ormai pronti, poi al rito della pigiatura in cantina. Questo è il sogno e

l'esperienza memorabile di ogni consumatore di vino: cogliere l'occasione

unica di vivere le atmosfere, respirare gli aromi, interpretare i colori della

vendemmia e di immergersi nell'art de vivre di questi territori, e delle

persone che vi vivono.

Possiamo citare anche un altro esempio quello dei wine-bar. Il wine-bar

sta acquistando livelli crescenti di gradimento da parte di molti consumatori

di vino, rappresenta infatti una formula nuova e diversa di distribuzione,

che viene associata nella percezione dell’acquirente, non più solo ad aspetti

meramente funzionali, ma soprattutto edonistici180; un wine-bar, non si

limita a vendere il prodotto vino, magari abbinato al prodotto “tagliere di

formaggi e salumi tipici”, ma aggiunge a questi prodotti anche la cura della

relazione con il cliente, dell'ambientazione, la creazione di atmosfere calde

grazie alla musica di sottofondo, alle luci di candela, i particolari bicchieri

utilizzati, ecc. Il marketing mix del vino si arricchisce quindi di tanti altri

elementi che insieme formano l'esperienza del consumatore.

Anche la creazione e la progettazione di uno stand di vendita da parte di

un'azienda vitivinicola, può costituire un vero e proprio “plus”. Sia che si

trovi presso l'azienda, sia nella cantina di vinificazione, l'importante è che

sia piacevole e coinvolgente, facendo leva non solo sulla dimensione

sociale, ma anche sui molteplici attributi multisensoriali che possono

caratterizzare l’ambiente di vendita. Il consumatore di vino pensa

179Abbiamo già in parte parlato di questa manifestazione enologica nel paragrafo 2.7180 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 213

110

all'acquisto delle bottiglie come un momento atteso e qualificante della sua

esperienza in cantina. Spesso le cantine vengono trasformate da architetti e

decoratori in luoghi di degustazione in cui si intrecciano cultura vinicola e

territorio181.

Il consumatore, nel rapporto più frequente col vino, e salvo le debite

eccezioni, non vuole comprare una zona, o un nome di una tipologia di

vino, ma cerca, nella fascia di prezzo prescelta, un gusto, una sensazione, ed

anche il miglior abbinamento possibile ad un determinato piatto.

Dunque è necessario che le imprese riescano a valorizzare l'esperienziale

del consumatore, sia quello vissuto direttamente a contatto con la cantina, il

vigneto, i vignaioli, sia quello tramandato, ovvero tramite riviste

specializzate, guide enogastronomiche, programmi televisivi incentrati sui

vini e la gastronomia. Soprattutto riviste come Slow Food e il Gambero

Rosso infatti hanno diffuso l'interesse per la cultura del vino anche ai meno

esperti e si sono fatte interpreti di un modo di intendere il mondo del cibo e

del cibo volto a recuperare il piacere della tavola, del bere e della scoperta o

della riscoperta di quanto di meglio vi sia in questo campo.

181 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,la distribuzione, Op.cit., p.11

111

CONSIDERAZIONI FINALI

Giunti al termine di questo lavoro vorremmo concentrarci su due punti

che meriterebbero un ulteriore approfondimento : il primo riguarda

l'organizzazione degli attori del sistema territoriale ed il secondo la

valorizzazione dei vini autoctoni e di quelli tradizionali.

E' importante che le comunità locali e le loro amministrazioni

valorizzino in modo mirato le specifiche vocazioni del proprio prodotto

territorio, i punti di forza di un'area. Il territorio come abbiamo potuto

vedere, offre molteplici spunti che permettono la sua valorizzazione: risorse

ambientali, storiche e culturali che possono essere sfruttate per

incrementare il numero di visitatori, turisti o consumatori in base al

contesto.

Per mantenere la competitività del nostro sistema enoturistico occorre

puntare alla qualità, per raggiungere questo scopo gli attori delle Strade del

vino devono attuare strategie e investimenti sull’offerta. Si dovrebbero

creare quindi delle sinergie che derivano dall’attivazione del circolo

virtuoso tra turismo, commercio e territorio.

Per vincere le sfide della globalizzazione gli attori di uno specifico

territorio devono quindi lavorare sulla qualità, sui territori, sul modello

organizzativo del sistema territoriale.

E' essenziale che i soggetti pubblici e privati creino delle sinergie ed è

importante che ci sia la volontà e la convinzione da parte di tutti a

collaborare per creare un'immagine positiva del territorio. Sarebbe

opportuno che tutte le aziende vitivinicole, le associazioni di categoria, le

provincie ed i comuni, le aziende dell'intermediazione turistica e quelle

ricettive si coordinino fra di loro per organizzare dei percorsi turistici del

gusto, alla riscoperta della campagna e delle tradizioni. Ogni attore

territoriale dovrebbe svolgere un determinato ruolo.

112

Le aziende vitivinicole si dovrebbero accordare fra di loro per garantire

degli orari fissi di visita alle cantine in modo che gli enoturisti possano

riuscire a fare un tour alla scoperta dell'intero territorio. Le osterie ed i

ristoranti tipici dovrebbero far apprezzare la gastronomia del luogo

esaltando i vini del territorio attraverso abbinamenti a piatti tipici. Le

associazioni di categoria e le istituzioni pubbliche dovrebbero impegnarsi a

promuovere il territorio organizzando eventi capaci di richiamare gli

enoturisti e che riescano a valorizzare adeguatamente le risorse storiche,

culturali e tradizionali del luogo. Sarebbe opportuno che comunicassero

queste iniziative tramite giornali, riviste e siti web. Le agenzie di viaggi e

gli APT dovrebbero essere capaci di fornire informazioni dettagliate sulle

specificità della zona ai visitatori.

Per quanto riguarda la valorizzazione dei vini autoctoni e tradizionali

dobbiamo tener presenti diversi aspetti.

I vini non si rendono competitivi abbassando i costi di produzione, ma

incrementando la loro qualità intesa come tipicità ed autenticità, dando

risalto a quella parte della produzione vitivinicola che corrisponde

all’immagine dell'autenticità e della genuinità, che il consumatore si fa della

produzione di vino. In questo contesto risulta quanto mai importante, al fine

di sviluppare una viticoltura di qualità, riconosciuta e riconoscibile dal

mercato, abbinare alle produzioni “internazionali” prodotti che possano

rappresentare le tipicità locali

La viticoltura regionale, come quella italiana, ha tra i propri punti di

forza una grande ricchezza della varietà di vitigni e dei vini di grande

qualità. Il successo della vitivinicoltura italiana è tale in quanto rappresenta

in modo percettibile il frutto della sua specificità territoriale e della cultura

vitivinicola che nel corso degli anni si è sedimentata. In Italia esiste una

molteplicità di vini e territori molto diversi fra loro: si va dalle colline

friulane in cui si produce il Tocai, al Trentino con le sue terrazze in cui

nascono vini come il Müller-Thurgau e il Teroldego, alla Lombardia con il

113

Valtellina e l'Inferno che sono prodotti alle pendici delle montagne, alle

pianure dell'Emilia Romagna che generano il Lambrusco, alla Toscana con

le sue colline che producono Chianti, il Brunello di Montalcino, alla

Campania con i suoi bianchi Falanghina e Greco di Tufo, all'isola della

Sicilia con il Marsala, alla Puglia con il Primitivo di Manduria che

beneficia delle brezze del mar Ionio. Questo può sembrare un lungo elenco,

ma in realtà è solo una breve citazione non esaustiva di tutti i vini italiani.

Sono numerosi i vini italiani che hanno riscosso un vasto successo nei

mercati internazionali. Le componenti principali di questo successo sono da

ricercare nello stretto legame tra vitigno, territorio e cultura vitivinicola.

Risulta allora essenziale individuare quelle varietà autoctone in grado di

esaltare l’interazione tra vitigno ad ambiente al fine di tipicizzare sempre

più le produzioni vitivinicole e renderle riconosciute e riconoscibili dal

mercato. Al fine di accrescere il ruolo commerciale delle produzioni

vitivinicole regionali è necessario che le aziende vitivinicole facciano

risaltare il valore differenziale delle nostre produzioni enologiche rispetto

ai concorrenti.

Si dovrebbe promuovere quei vitigni spesso dimenticati che

rappresentano un’opportunità per accrescere e differenziare l’offerta

rispetto ai concorrenti puntando sul binomio vitigno-territorio. L’aspetto

qualitativo, l’interazione tra vitigno ed ambiente, insieme al valore storico

culturale delle produzioni enologiche, possono contribuire alla

valorizzazione dei territori vitivinicoli

Sarebbe necessario cercare di far apprezzare anche gli aspetti più

caratteristici della tradizione e soprattutto i vini tradizionali. Nel Chianti

alcune aziende sono riuscite in questo intento, ad esempio per quanto

riguarda la produzione del Vin Santo DOC hanno mantenuto negli anni

l'antico metodo di produzione. Il Vin Santo è fatto con le migliori ciocche

delle uve di Trebbiano, San Colombano e Malvasia, stese ad appassire su

castelli di stuoie. Una volta spremute, il mosto viene messo ad invecchiare

114

nelle soffitte per alcuni anni, e sottoposto a notevoli sbalzi termici estivi e

invernali, nei cartelli di rovere o castagno ed infine imbottigliato.

In Italia la cultura e la tradizione vinicola è frutto di centinaia di anni di

esperienze, dei microclimi, dei territori che dalle Alpi alla Sicilia sono i più

diversi, ma tutti eccezionali. Tutti meritevoli di essere portati a conoscenza

di un gran numero di potenziali consumatori. Alcuni sono già riusciti ad

essere prodotti di successo e rappresentano l'orgoglio della gastronomia

italiana. Gli altri vini dovranno essere valorizzati e per questo sarà

necessario l'utilizzo delle azioni di marketing e l'impegno di tutti gli attori

di ogni particolare sistema territoriale. Dunque ognuno dei tanti vini

tradizionali meriterebbe un approfondimento e uno studio specifico del

proprio marketing mix.

115

Bibliografia

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marketing territoriale e l'attrazione degli investimenti in Mercati e

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