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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI CATANIA dipartimento di fisica e astronomia corso di laurea magistrale in fisica Sebastiano Spinali VERIFICA DELLE PROPRIET ` A DELLO SPETTROMETRO HRS PER L’ESPERIMENTO PREX-II tesi di laurea Relatori: Chiar.mo Prof. V. Bellini Dott. G.M. Urciuoli Dott. F. Tortorici anno accademico 2014/2105 Copia di documento informatico archiviato presso l'Università degli Studi di Catania (ex art. 23-bis D.Lgs 82/2005) - Prot. 2015-UNCTCLE-0143714 del 16/11/2015

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI CATANIAdipartimento di fisica e astronomiacorso di laurea magistrale in fisica

Sebastiano Spinali

VERIFICA DELLE PROPRIETA DELLOSPETTROMETRO HRS

PER L’ESPERIMENTO PREX-II

tesi di laurea

Relatori:Chiar.mo Prof. V. Bellini

Dott. G.M. UrciuoliDott. F. Tortorici

anno accademico 2014/2105

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Indice

1 Introduzione 3

2 Violazione di parita nella diffusione di elettroni e misura

del raggio dei neutroni nei nuclei pesanti. 7

2.1 Generalita sulla violazione di parita nella diffusione di

elettroni su bersaglio adronico. . . . . . . . . . . . . . . . 7

2.2 Densita dei neutroni e misura del raggio dei neutroni in

un nucleo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2.3 Violazione della parita nella diffusione elastica di elet-

troni su nuclei. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.4 Diffusione elastica di elettroni su 208Pb: l’esperimento

PREX. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

3 Apparato sperimentale. 16

3.1 L’acceleratore CEBAF e la Hall A . . . . . . . . . . . . . 16

3.2 Lo spettrometro HRS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3.3 Set-up sperimentale di PREX . . . . . . . . . . . . . . . 22

3.3.1 Filtri Wien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

3.3.2 Setto magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.3.3 Collimatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3.3.4 Bersaglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

3.3.5 Focal Plane Detector . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3.3.6 VDC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3.3.7 Polarimetro Compton . . . . . . . . . . . . . . . . 32

3.3.8 Polarimetro Moller . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

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3.4 Risultati sperimentali di PREX . . . . . . . . . . . . . . 37

4 Teoria generale del trasporto di particelle in campo ma-

gnetico. 42

4.1 Introduzione al trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4.2 Prime nozioni sul trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4.3 Ottica geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

4.4 Matrice del trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

5 Trasporto di elettroni in HRS:

simulazioni. 61

5.1 Il codice SNAKE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

5.2 Simulazione di traiettorie di elettroni in HRS senza setto

magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

5.3 Simulazioni di traiettorie di elettroni per l’esperimento

PREX. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

5.4 Stima dell’accettanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

6 Conclusioni 86

7 Ringraziamenti 88

Riferimenti bibliografici 89

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1 Introduzione

Negli ultimi 50 anni, dopo la scoperta della violazione della parita nel

decadimento beta, Zel’dovich [1] propose che vi dovesse essere violazio-

ne della parita anche nelle interazioni deboli di corrente neutra. Egli

fece, inoltre, notare che se esiste un tale effetto, allora la violazione di

parita si dovrebbe manifestare nella diffusione leptone-nucleone, dovuta

all’interferenza tra l’ampiezza debole e quella elettromagnetica, da cui

si puo estrarre la corrente di accoppiamento debole elettrone-quark.

Alla fine degli anni settanta la violazione della parita nella diffusione

profondamente anelastica (”deep inelastic scattering”) di elettroni da

nuclei di deuterio e da protoni, fu osservata per la prima volta a SLAC

(Stanford Linear Accelerator Center - National Accelerator Laboratory,

California, USA) [2]; questa misura costituı un importante test della

teoria di Gauge delle interazioni elettrodeboli, SU(2)xU(1).

Negli ultimi vent’anni le tecniche sperimentali, introdotte per misura-

re l’asimmetria violante la parita nella diffusione di elettroni, ovvero

la differenza frazionaria della sezione d’urto di diffusione di elettroni

con elicita positiva e negativa, si sono sempre piu affinate in modo da

rendere gli errori sistematici e sperimentali inferiori ad una parte per

milione.

Scegliendo opportunamente il bersaglio e le variabili cinematiche, lo

studio di tali asimmetrie ha permesso importanti misure in diversi am-

biti, quali la fisica nucleare a molti corpi, la struttura del nucleone e le

indagini sulla fisica al di la del modello standard.

In particolare l’esperimento PREX sta misurando il raggio Rn dei neu-

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troni, a sua volta strettamente legato alla distribuzione degli stessi, nel

nucleo di piombo; mentre le densita di carica dei nuclei sono state ac-

curatamente misurate con la diffusione di elettroni [3] [4], le densita dei

neutroni,all’interno dei nuclei, sono conosciute ancora approssimativa-

mente poiche il neutrone ha una carica elettrica totale nulla.

La nostra conoscenza delle densita dei neutroni nei nuclei viene es-

senzialmente dagli esperimenti di diffusione di adroni quali pioni [5],

protoni [6] [7] o antiprotoni [8]. L’interpretazione di tali esperimenti e,

pero, modello-dipendente, a causa delle incertezze teoriche sulle intera-

zioni forti. La misura dell’asimmetria violante la parita nella diffusione

di elettroni permette viceversa una misura modello-indipendente delle

densita dei neutroni.

Questo accade perche la carica debole di un neutrone e molto piu gran-

de di quella di un protone e, quindi, il bosone Z0, vettore della forza

debole, si accoppia essenzialmente ai neutroni. L’asimmetria violante

la parita e funzione quindi del fattore di forma debole. Quest’ultimo

e strettamente legato alla trasformata di Fourier della densita dei neu-

troni, quindi la densita dei neutroni puo essere estratta.

Il nucleo 208Pb, doppiamente magico, ha 44 neutroni in piu rispetto ai

protoni ed alcuni di questi neutroni sono attesi essere localizzati nella

superficie, dove formano una ”pelle” ricca di neutroni. Lo spessore di

questa ”pelle” e sensibile alla dinamica nucleare e fornisce informazioni

fondamentali sulla struttura nucleare.

L’esperimento PREX sta misurando nella Hall A del Jefferson Labora-

tory di Newport News (Virginia - USA), l’asimmetria violante la parita

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nella diffusione di elettroni da 1.06 GeV su 208Pb. La misura e effettua-

ta tramite i grandi spettrometri HRS (High Resolution Spectrometers)

della Hall A, che consentono di separare gli elettroni diffusi elastica-

mente da quelli diffusi inelasticamente, riducendo enormemente il fon-

do. PREX misura il raggio dei neutroni nel piombo con una precisione

dell’1%. Il raggio dei neutroni del 208Pb ha importanti implicazioni per

l’astrofisica perche determina la struttura delle stelle di neutroni. Vi e

una forte relazione tra il raggio dei neutroni nel piombo, Rn, e la pres-

sione della materia ricca di neutroni a densita prossime a 0.1 fm−3.

Pertanto, l’equazione di stato (pressione in funzione della densita) della

materia ricca di neutroni, riveste grande importanza in astrofisica.

Una misura precisa di Rn, ottenuta da PREX, avra un forte impat-

to sulla teoria nucleare, sulla violazione della parita atomica oltre che

sulla struttura delle stelle di neutroni. I modelli relativistici di campo

medio tendono a favorire una ”pelle” di neutroni piu grande rispetto

a quelli non relativistici, a causa di un valore maggiore dell’energia di

simmetria; la misura dell’energia di simmetria, ad un valore ottimale di

Q2, puo fissare Rn ed aiutare ad eliminare una intera classe di modelli.

Una prima fase dell’esperimento PREX e avvenuta nel 2010 per 10 setti-

mane, alla fine delle quali si e raggiunto un errore statistico del 9% nella

misura dell’asimmetria violante la parita corrispondente, a un errore del

3% di Rn. Questa e stata la prima misura modello-indipendente di Rn.

Verra effettuata nel 2017 una nuova fase di misure di PREX (chiamata

PREX-II), allo scopo di acquisire ulteriore statistica per ottenere una

misura di Rn all’1%.

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Il PAC del Jefferson Laboratory ha approvato un altro esperimento,

CREX, che misurera il raggio dei neutroni nel nucleo 48Ca, utilizzando

lo stesso apparato sperimentale di PREX ed elettroni incidenti di ener-

gia pari a 2.2 GeV. Il lavoro di questa tesi si focalizza essenzialmente

sulla verifica delle proprieta dello spettrometro superconduttore ad alta

risoluzione, HRS (High Resolution Spectrometer, QQDQ), posto nella

Hall A del Jefferson Laboratory, utilizzato dall’esperimento PREX, che

sara utilizzato anche da PREX-II [9].

La verifica e stata eseguita tramite simulazioni delle traiettorie in HRS

degli elettroni diffusi elasticamente dal nucleo 208Pb. La tesi inizialmen-

te presentera la teoria della violazione di parita nell’interazione elettro-

debole, nella diffusione di elettroni e l’apparato sperimentale della Hall

A utilizzato per l’esperimento PREX. Verranno illustrati, quindi, la

teoria del trasporto di elettroni in campo magnetico e il codice SNA-

KE, il software utilizzato per effettuare le simulazioni, per lo studio

delle proprieta di HRS. Infine vengono presentati e discussi i risulta-

ti ottenuti per l’ottimale focalizzazione del fascio di elettroni e per la

determinazione dell’accettanza angolare di HRS.

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2 Violazione di parita nella diffusione di

elettroni e misura del raggio dei neu-

troni nei nuclei pesanti.

2.1 Generalita sulla violazione di parita nella dif-

fusione di elettroni su bersaglio adronico.

Fin dallo sviluppo iniziale della QCD negli anni ′70 si e visto che la

struttura interna del nucleone e dovuta alla presenza di quarks, gluo-

ni ed un mare di coppie quark-antiquark. Sebbene la carica elettrica

del nucleone sia dovuta ai quark di valenza (come nel primo modello

a quark di Gell-Mann e Zweig), nella QCD i gluoni sono critici per il

confinamento dei quark, generando il 98% della massa del nucleone nel

processo. I risultati degli esperimenti di deep inelastic scattering con

polarizzazione di fascio e/o bersaglio, condotti negli anni ′80 e ′90 hanno

mostrato che, contrariamente alle attese teoriche, lo spin del nucleone

non origina dagli spin dei quarks.

Ne risulta che il ruolo dei gluoni e delle coppie quark-antiquark nelle

proprieta statiche del nucleone diventa rilevante, ma sebbene i gluoni

siano responsabili di grossi effetti come il confinamento dei quark e la

massa dei nucleoni, gli effetti delle coppie quark-antiquark (generate

necessariamente dai gluoni nella QCD e quindi non nulli) sono piu dif-

ficili da accertare.

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Le coppie quark-antiquark strange sono di particolare interesse, poiche

non ci sono quarks di valenza strange nel nucleone ed ogni proces-

so sensibile ai quarks strange necessariamente sara legato al ”mare”.

Nel 1988 Kaplan e Manohar [10], hanno proposto di studiare le cop-

pie quark-antiquark strange mediante misure di ”neutral weak current

matrix elements”, per esempio negli esperimenti di scattering del neu-

trino. Nel 1989 McKeown e Beck [11] [12], hanno avanzato l’ipotesi

che la violazione di parita nella diffusione di elettroni possa offrire un

metodo molto efficace per studiare questi elementi di matrice, generan-

do un grande interesse e molte nuove proposte di esperimenti. Nei due

decenni successivi notevoli lavori teorici e sperimentali hanno permesso

di definire una grande mole di risultati che, per la prima volta, legano

il contributo della coppie quark-antiquark ai fattori di forma elettro-

deboli elastici del nucleone.

Durante gli ultimi dieci anni, grossi sforzi internazionali sono stati com-

piuti per effettuare misure di asimmetrie di violazione di parita nella

diffusione elastica di elettroni da nucleoni. Lo scopo principale di quel

programma e stato quello di legare i contributi quark-antiquark strange

ai fattori di forma elettrodeboli del nucleone, in funzione del momento

trasferito. Per ottenere misure di violazione di parita molto accurate, da

cui poter estrarre i fattori di forma, occorrono corrispettivamente fasci

ed apparati sperimentali all’avanguardia, che, grazie all’elevata qua-

lita delle proprieta della facility CEBAF, sono disponibili al Jefferson

Laboratory, presso la Hall A. Dopo l’esperimento SLAC E122, citato

nell’introduzione, seguı tutta una nuova serie di esperimenti misuranti

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l’asimmetria violante la parita. Mettendo in evidenza il contributo della

parte debole del potenziale elettrodebole, nell’interazione degli elettro-

ni con nuclei, nucleoni e quark, la misura dell’asimmetria violante la

parita nella diffusione di elettroni ha permesso, dapprima, la misura

dei parametri del modello standard, quindi, una volta stabilito il valore

di questi, e grazie al perfezionamento delle tecniche sperimentali che

hanno permesso misure di asimmetria sempre piu piccole (e quindi a

piccoli valori di Q2), la misura del contributo quark-antiquark strange

ai fattori di forma del nucleone.

Un ulteriore affinamento delle tecniche sperimentali sta permettendo la

misura del raggio di neutroni nei nuclei pesanti, mentre e gia iniziato un

programma, tramite la misura della carica debole del protone, in corso,

e quella della carica debole dell’elettrone, che avverra tra qualche anno,

per la verifica del modello standard e per le misure della fisica oltre il

modello standard.

2.2 Densita dei neutroni e misura del raggio dei

neutroni in un nucleo.

Diversi modelli teorici sono stati introdotti per determinare il raggio

dei neutroni in un nucleo pesante. I modelli piu noti sono i modelli

di campo medio ed i modelli che si basano sulle interazioni di Skyrme

descritti in [13] [14].

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La fig. 1 mostra la differenza tra il raggio dei neutroni, Rn e quello

Figura 1: Differenza tra raggio dei neutroni e raggio dei protoni per diversinuclei al variare del numero di massa A, per due differenti modelli teorici.

dei protoni, Rp, per un range di nuclei, basati su un modello di campo

medio (fascia alta) e su un modello che tiene conto delle interazioni

di Skyrme (fascia bassa). Lo spread fra le due previsioni puo indicare

in qualche misura l’indeterminazione in Rn. Si puo vedere comunque

come entrambi i modelli suggeriscono l’esistenza di un ”neutron skin”,

ovvero di un raggio di neutroni piu grande di quello dei neutroni dei

nuclei medio-pesanti. Dal punto di vista sperimentale, sono state effet-

tuate diversi tipi di misure per determinare la densita dei neutroni ed

il raggio dei neutroni dei nuclei. Tra di essi possiamo citare, la misu-

ra delle sezioni d’urto nelle reazioni 208Pb(d, t)207Pb e 208Pb(p, d)207Pb

sensibili tuttavia solo alla coda degli stati neutronici vicini alla super-

ficie di Fermi e non alla densita dei neutroni all’interno del nucleo, che

contribuisce significativamente a Rn, e la diffusione elastica protone-

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nucleo, che e sensibile sia alla densita del neutrone superficiale che a

quella interna, ma la cui analisi dipende dal modello utilizzato.

Un’altra proposta e stata quella di estrarre la densita del neutrone da

un confronto tra i dati provenienti dallo scattering elastico di pioni po-

sitivi e negativi; in seguito, pero, si e capito che questo metodo non era

direttamente sensibile alla densita del neutrone [5].

L’esperimento PREX sta determinando Rn tramite la misura dell’asim-

metria violante la parita nella diffusione elastica di elettroni su nuclei

di 208Pb (il 208Pb e il nucleo stabile piu pesante, con 82 protoni e 126

neutroni e, quindi, un rapporto NZ= 1, 54).

Tale asimmetria e funzione, come vedremo nei paragrafi successivi, del

fattore di forma debole, che, poiche la carica debole del neutrone e mol-

to piu grande della carica debole del protone, e a sua volta connesso

strettamente con la trasformata di Fourier della densita del neutrone,

da cui si puo estrarre Rn.

A differenza dei tipi di misura citati sopra, quella di PREX e una mi-

sura totalmente modello-indipendente.

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2.3 Violazione della parita nella diffusione elastica

di elettroni su nuclei.

La diffusione di un elettrone da una targhetta adronica, come mostra-

to in fig. 2, comporta lo scambio di un fotone, associato a un ampiezza

elettromagnetica Mγ e lo scambio di un bosone Z0, associato a un’am-

piezza debole MZ .

La sezione d’urto di diffusione e data dal modulo quadro della somma

Figura 2: Diagrammi di Feynmann per lo scattering elettrone-adrone

di queste ampiezze |Mγ +MZ |2. L’elicita dell’elettrone definita come:

~s · ~p|~s · ~p|

con ~s e ~p rispettivamente spin e impulso dell’elettrone, e una quantita

pseudoscalare. Questa fa si che, a causa della presenza dell’ampiezza

debole nell’espressione della sezione d’urto di diffusione, la sezione d’ur-

to stessa dipenda dall’elicita dell’elettrone. Le forze elettromagnetiche

conservano la parita quindi la differenza (σR−σL) tra la sezione d’urto

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di diffusione di elettroni di elicita positiva (σR) e quella di elettroni di

elicita negativa (σL) e proporzionale a [MγMZ ]. La somma σR + σL

e invece dominata dall’ampiezza di scambio del fotone |Mγ|2. Quindi,

l’asimmetria violante la parita e data da:

APV =σR − σL

σR + σL

∝ [MγMZ ]

| Mγ |2 (1)

Nell’approssimazione di Born l’asimmetria violante la parita, per elet-

troni polarizzati longitudinalmente, elasticamente diffusi da un nucleo

non polarizzato, APV , e [15]:

APV ≈ σR − σL

σR + σL

≈ GFQ2

4πα√2

FW (Q2)

Fch(Q2)(2)

dove GF e la costante di Fermi, α la costante di struttura fine, Fch(Q2) e

la trasformata di Fourier della densita di carica conosciuta e FW (Q2) e il

fattore di forma debole. Questo e strettamente legato alla trasformata

di Fourier della densita dei neutroni del nucleo, da cui Rn e derivata.

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2.4 Diffusione elastica di elettroni su 208Pb: l’espe-

rimento PREX.

Dall’equazione 2 del paragrafo precedente si vede come dall’asim-

metria violante la parita, per elettroni polarizzati longitudinalmente,

elasticamente diffusi da un nucleo non polarizzato, e possibile ottenere

il fattore di forma debole, che e la trasformata di Fourier della densita

di carica debole, ρW (r), (normalizzata a 1, FW (Q2 = 0) = 1):

FW (Q2) =1

QW

d3rsin qr

qrρW (r), (3)

dove QW e la carica debole totale del nucleo. In un nucleo a spin zero

possiamo trascurare con buona approssimazione lo scambio di mesoni

e le correnti di spin orbita e possiamo scrivere:

ρW (r) = 4

d3r′[GZn (|r − r′|)ρn(r′) +GZ

p (r − r′)ρp(r′)]. (4)

dove GZp (r) e la densita di carica debole in un singolo protone, GZ

n (r)

e la densita di carica debole in un singolo neutrone, ρn(r) e ρp(r) sono

le densita dei neutroni e dei protoni.

Da una misura di APV possiamo determinare quindi FW (Q2), da essa

la densita di carica debole, da cui infine, tramite l’equazione 4 il rag-

gio dei neutroni nel nucleo. L’esperimento PREX ha misurato per la

prima volta un raggio del neutrone di un nucleo, il 208Pb, mediante la

diffusione di elettroni [16].

L’approssimazione di Born, con cui e stata derivata l’equazione 2, non e

piu valida per nuclei pesanti, come il piombo, ma tutti i concetti espres-

si in questo paragrafo sono validi dal punto di vista qualitativo. Nel

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caso di diffusione da un nucleo pesante devono essere inclusi gli effet-

ti di distorsione coulombiana, che si possono calcolare accuratamente

perche la densita di carica e ben nota [17]. Le distorsioni coulombiane

sono dovute alle ripetute interazioni elettromagnetiche degli elettroni

incidenti con il bersaglio, il 208Pb, che rimane nel suo stato fondamen-

tale. Poiche tutti i protoni presenti in un nucleo possono contribuire

coerentemente, le correzioni della distorsione coulombiana sono dell’or-

dine di Zαπ, pari al 20% dell’asimmetria, nel caso di PREX [18].

Il calcolo delle distorsioni coulombiane, e stato effettuato risolvendo

numericamente l’equazione di Dirac per un elettrone in moto in un

potenziale coulombiano e debole ”vector-axial” [17], e si e trovato che

le correzioni per le distorsioni coulombiane sono maggiori degli errori

sperimentali. Sono state, pertanto, calcolate le correzioni con un’accu-

ratezza significativamente migliore dell’atteso errore sperimentale sulla

simmetria violante la parita del 3%.

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3 Apparato sperimentale.

3.1 L’acceleratore CEBAF e la Hall A

L’esperimento esposto in questa tesi, ha avuto luogo al Thomas Jef-

ferson Lab di Newport News. Il laboratorio e costituito da un accele-

ratore chiamato CEBAF (Continuous Electron Beam Accelerator Fa-

cility) e da tre sale sperimentali Hall A,B,C, cui se ne aggiungera una

quarta fra breve, ed ha come obiettivo scientifico l’investigazione della

struttura interna degli adroni e dei nuclei. L’energia del fascio permette

di investigare la fisica appena sotto la regione di liberta asintotica. Inol-

tre, la possibilita di avere un fascio di elettroni polarizzato, permette

all’apparato sperimentale di studiare interazioni dipendenti dallo spin e

di investigare piu a fondo la violazione di parita. Gli elettroni vengono

accelerati facendo loro attraversare due superconduttori lineari, con un

incremento di 600 Mev per ogni passaggio. Gli elettroni sono genera-

ti da un iniettore, nel quale un catodo di arseniuro di gallio (GaAs)

e illuminato da un laser che opera a 780 nm, e la polarizzazione delle

particelle viene misurata da un polarimetro Mott. La corrente massima

prodotta e di 200 µA e si ha la possibilita di avere simultaneamente in

ogni sala sperimentale la massima energia di fascio.

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Figura 3: Jefferson Laboratory dopo l’upgrading di CEBAF

E’ possibile raggiungere un grado di polarizzazione del fascio di

circa l’85%. L’acceleratore CEBAF fu originariamente progettato per

accelerare elettroni fino a 4 GeV. Un primo upgrade ha aumentato

l’energia massima degli elettroni a 6 GeV; verso la fine del 2009 sono

iniziati i lavori per portare l’energia massima degli elettroni a 12 GeV.

Per questo upgrade verranno effettuate le seguenti modifiche:

1. il LINACs verra portato da 0.6 a 1.1 GeV, con la distribuzione di

un fascio da 10.9 GeV alle Hall A, B C.

2. verra aggiunto un arco al fine di mandare un fascio da 12 GeV in

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una nuova sala (Hall D).

Si e deciso di mantenere il limite della potenza del fascio di 1 MW,

con una somma di correnti di 85 µA per le Hall A, B e C e di 5 µA

per la Hall D. Uno schema del nuovo CEBAF viene mostrato in fig-

3. L’upgrade a 12 GeV permettera di sviluppare i seguenti campi di

ricerca:

• ricerca di mesoni esotici nell’esperimento GlueX della Hall D, con

lo scopo di comprendere il confinamento dei quark.

• studi sulla struttura di protoni e neutroni.

• studi sulla struttura dei nuclei.

• misure ad alta precisione sulla violazione della parita e test su

simmetria ed anomalie chirali.

La sala sperimentale in cui ha avuto luogo la prima fase dell’esperi-

mento PREX e che vedra l’esecuzione anche di PREX-II e la Hall-A, la

cui strumentazione, come illustreremo in seguito, e adatta allo studio

delle reazioni, indotte da elettroni, richiedenti alte luminosita e otti-

me risoluzioni spaziali e angolari. Nell’esperimento PREX gli elettroni

diffusi elasticamente ad un angolo medio di 5◦ attraversano un setto

magnetico che devia la loro traiettoria di 7.5◦ in modo da poter essere

rivelate da due spettrometri superconduttori ad alta risoluzione HRS

(High Resolution Spectrometer) in grado dai rivelare particele diffuse

ad un angolo maggiore o uguale di 12.5◦. Gli spettrometri HRS foca-

lizzano le traiettorie su due rivelatori a quarzo. A 3.57 m dall’ultimo

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elemento di ciascun HRS sono dislocate camere a deriva verticale VDC

(Vertical Drift Chamber). Gli spettrometri HRS sono i componenti

centrali della Hall A, hanno una risoluzione relativa in impulso miglio-

re di 2 · 10−4, e una risoluzione angolare migliore di 2 mrad, e possono

rivelare particelle d’impulso fino a 4GeVc. Nell’esperimento PREX la

polarizzazione del fascio viene misurata da due polarimetri, un pola-

rimetro Compton ed un polarimetro Moller. Lo schema di base della

Hall-A e mostrato in fig. 5.

Figura 4: Hall-A

3.2 Lo spettrometro HRS

Il core della Hall-A e costituito da due spettrometri(HRS left e HRS

right), pressoche identici.[19] Ciascun HRS e costituito da due quadru-

poli, un dipolo lungo 6.6m, e un quadrupolo, tutti superconduttori,

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Figura 5: sezione schematica della Hall-A

come mostrato in fig. 6. I quadrupoli focalizzano o defocalizzano il

fascio mentre il dipolo piega il fascio verticalmente di 45◦. I primi due

quadrupoli focalizzano il fascio nel dipolo, mentre il terzo quadrupolo

focalizza il fascio sul piano focale, dove e pure situato il rivelatore.

Il disegno di HRS e stato fatto prendendo in considerazione diverse ri-

chieste, che includono, un grande range d’impulso centrale, da 0.8 a 4GeV

c, sufficientemente larga accettanza in entrambi gli angoli e nell’im-

pulso, buona risoluzione spaziale e angolare, e un largo range angolare.

Il quadrupolo dopo il dipolo permette di avere ragionevolmente buo-

na posizione orizzontale e buona risoluzione angolare. In fig. 7 sono

riportate le caratteristiche principali dei due spettrometri HRS.

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Figura 6: sezione schematica di HRS

Figura 7: tabella caratteristiche spettrometro

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3.3 Set-up sperimentale di PREX

L’esperimento PREX [16], come gia detto, ha misurato per la prima

volta il raggio dei neutroni in un nucleo attraverso la diffusione di elet-

troni. La scelta di un nucleo pesante come il 208Pb e dovuto al fatto

che in essi e massima la differenza (uguale a 44) del numero di neutroni

rispetto a quello dei protoni per cui e massima anche l’estensione dello

strato ricco di neutroni sulla superficie del nucleo. La differenza tra il

raggio dei neutroni (Rn), e il raggio dei protoni (Rp), ci da proprio lo

spessore di questo strato ricco di neutroni. Una misura accurata del

raggio dei neutroni nel piombo ha diverse conseguenze; infatti, misuran-

do Rn si ottengono maggiori vincoli sull’equazione di stato(EOS) della

materia ricca di neutroni, con importanti ripercussioni sulla conoscenza

delle proprieta delle stelle di neutroni, quali spessore della loro crosta,

modalita di raffreddamento e possibile esistenza al loro interno di stati

esotici della materia [20]. Inoltre l’estensione dello strato ricco di neu-

troni e legata alla dinamica nucleare e quindi ci fornisce informazioni

sulla struttura nucleare. In aggiunta essendo il valore del raggio dei

neutroni nel piombo strettamente connesso con l’energia di simmetria,

anche la fisica degli ioni pesanti ha interesse a misure accurate di questo

tipo [21] [22]. L’esperimento PREX un fascio di elettroni aventi un’e-

nergia di 1.06 GeV , in onda continua, con corrente compresa tra 50 e

70 µA. Gli elettroni sono polarizzati longitudinalmente. L’elicita degli

elettroni viene determinata dal segno della polarizzazione circolare del

laser che illumina il catodo di arseniuro di gallio che rimane costante

per un periodo di 8.33 ms.

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La tecnica sperimentale usata da PREX, puo essere concettualmente

descritta come segue: l’elicita degli elettroni primaria e rapidamente,

e in maniera random, variata al fine di creare una sequenza temporale

pseudorandom di ”coppie di finestre” di elicita. Nelle due finestre di cia-

scuna coppia l’elicita del fascio di elettroni e opposta. Il cambiamento

veloce e random dell’elicita assicura che l’influenza delle variazioni del

set-up sperimentale e minimizzata quando viene calcolata la differenza

frazionaria nella risposta del rivelatore nelle due componenti di ciascu-

na coppia di finestre. L’elicita degli elettroni di fascio e determinata

dalla polarita del voltaggio applicato ad un cella di Pockels [23], che e

essenzialmente una piastra di ritardo controllabile tramite una differen-

za di potenziale applicata ad esso. La cella di Pockels converte la luce

laser utilizzata per produrre il fascio di elettroni primari da polarizzata

linearmente a polarizzata circolarmente. La polarita della differenza di

potenziale, applicata alle facce della cella di Pockels determina l’elicita

del fascio laser all’uscita della cella stessa. La luce polarizzata circo-

larmente esce dalla cella di Pockels e illumina il fotocatodo di GaAs

producendo elettroni polarizzati il cui stato di elicita dipende dall’eli-

cita del fascio laser.

La polarizzazione del fascio, misurata da un polarimetro Compton e da

un polarimetro Moller, e risultato essere pari a 89.2 ± 1.0%; il valore

di Q2 e 0.00880 ± 0.00011(GeVc)2. Il bersaglio consiste in un foglio di

piombo-208 spesso 0.55mm, molto denso e puro, messo in ”sandwich”

tra due sottili strati di carbonio. Il tutto, si trova all’interno in un

telaio di rame raffreddato a 20◦K con elio criogenico.

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Gli elettroni diffusi elasticamente, sono focalizzati dagli spettrometri

magnetici HRS sui rivelatori di quarzo. L’alta risoluzione in impulso

assicura che solo gli elettroni diffusi elasticamente vengano focalizzati

nei rivelatori di quarzo. La luce Cherenkov proveniente dai rivelatori

di quarzo viene condotta attraverso guide di luce ai fotomoltiplicatori.

3.3.1 Filtri Wien

PREX usa un doppio filtro Wien per invertire l’elicita degli elettroni

con frequenza settimanale. L’inversione, mostrata in fig. 8, con i doppi

filtri Wien e eseguita in tre passi:

1. Il primo solenoide e il filtro Wien verticale sono usati per orien-

tare la polarizzazione del fascio verticalmente.

2. il secondo solenoide e usato per ruotare la polarizzazione del fa-

scio di ±90◦.

3. Il filtro Wien orizzontale infine, ottimizza l’orientamento della

polarizzazione del fascio per la misura da effettuare in sala speri-

mentale.

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Questa inversione d’elicita e chiamata ”lenta” per contraddistinguerla

da quella ottenuta invertendo la differenza di potenziale applicata alle

facce della cella di Pockels, ed e utilizzata per invertire l’elicita senza

modificare gli altri parametri del fascio di elettroni.

Figura 8: filtri Wien

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3.3.2 Setto magnetico

Come descritto nel paragrafo 3.1, si e fatto uso di un setto (piccolo

dipolo) magnetico per deviare le traiettorie degli elettroni diffusi a ±5◦

di ±7.5◦ e poter essere cosi rivelate dagli spettrometri HRS, posiziona-

ti in modo tale da poter rivelare particelle diffuse ad angoli uguali a

±12.5◦. Il setto e posizionato tra il bersaglio e il primo quadrupolo dei

due HRS. Una sua fotografia e riportata in fig. 9.

Figura 9: setto magnetico

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3.3.3 Collimatori

Per sopprimere il background sono stati introdotti due collimatori di

piombo posti all’ingresso del primo quadrupolo di ciascun HRS come

mostra la fig. 10.

Gli elettroni diffusi elasticamente attraversano le coperture semicirco-

lari dei due collimatori, mentre la gran parte del background viene

bloccato dai collimatori stessi.

Figura 10: collimatori

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3.3.4 Bersaglio

PREX usa bersagli di 208Pb, spessi 0.5mm e isotopicamente puri.

Ogni bersaglio e inserito in mezzo a due strati di carbonio di 0.15mm,

applicando un piccolo strato di ”grasso per vuoto” tra il piombo e gli

strati di carbonio. I sistemi cosi formati sono fissati su un telaio di

rame avvitando manicotti di rame in perfetta aderenza con il telaio.

Per migliore la conducibilita termica e applicata una pasta a base di

argento tra il rame e i fogli di carbonio. Diversi bersagli di piombo sono

montati su un’unica cornice di rame.

Figura 11: Bersaglio

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3.3.5 Focal Plane Detector

Il gruppo di rivelatori utilizzati durante l’esperimento PREX consiste

di due rivelatori in ogni braccio di HRS, disposti entrambi nel piano

focale. Ogni rivelatore di quarzo, ha una superficie di 3.5 · 14.0 cm2, ed

e connesso alle guide di luce, che trasportano la radiazione Cherenkov,

generata dagli elettroni incidenti sul quarzo su di una finestra di ∼ 5 cm

di un fotomoltiplicatore R7723. I rivelatori sono in grado di resistere al

danneggiamento da radiazioni causato dall’alto flusso di elettroni diffu-

si, e danno una risposta sufficientemente uniforme, indipendentemente

dal punto di impatto. I rivelatori sono montati su di una piattaforma

motorizzata che permette l’allineamento da remoto del rivelatore su di

un piano. I rivelatori misurano il flusso degli elettroni diffusi elastica-

mente, e sono stati disposti uno sopra l’altro. Questi rivelatori sono

montati parallelamente alla VDC (Vertical Drift Chamber) cosicche gli

elettroni incidono su di esso con un angolo di 45◦ (vedi par. 3.3.6).

Questa orientazione ottimizza la produzione della radiazione Cherenkov

nel quarzo e la sua raccolta all’interno dei fotomoltiplicatori (PMTS).

Lo spessore del quarzo del rivelatore, piu vicino alle VDC, e 5 mm,

quello sopra di lui 1 cm. Le dimensioni ridotte dei rivelatori fanno si

che essi rivelino i solo elettroni diffusi elasticamente. Infatti, grazie al

potere focalizzante di HRS, la posizione del punto d’impatto di una

traiettoria , sul piano focale, dipende, in prima approssimazione, solo

dall’energia dell’elettrone corrispondente. I rivelatori vengono cosi po-

sizionati sul piano focale nella posizione corrispondente all’energia degli

elettroni diffusi elasticamente e la loro dimensione ridotta assicura che

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essi non si estendano fino alla posizione del piano corrispondente alle

energie degli elettroni diffusi inelasticamente.

Figura 12: rivelatori sul piano focale

Figura 13: piano focale

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3.3.6 VDC

Ci sono due vertical drift chamber (VDC) in ogni HRS che ricostrui-

scono le coordinate del punto d’impatto delle traiettorie degli elettroni

su di esse e la direzione delle traiettorie stesse.

Dalle coordinate e dalla direzione delle traiettorie e possibile ricostruire

il momento e gli angoli di diffusione verticale e orizzontale degli elet-

troni.

In PREX le VDC, vengono utilizzate essenzialmente per calibrare l’ap-

parato, determinando le caratteristiche delle traiettorie degli elettroni

che colpiscono il piano focale nella posizione dove sono localizzati i rive-

latori. Lo schema generale delle VDC e visibile in fig. 14. Ogni camera

misura 2118 · 288 mm2, e ha due piani di fili che sono orientati di 90◦

l’uno rispetto all’altro in modo da formare una matrice bidimensionale.

Le VDC sono riempite con una mistura di argon e metano e operano

con una differenza di potenziale di - 4 KV. Cosicche i due piani sono

paralleli al piano focale e poiche quest’ultimo forma un angolo di 45◦

rispetto alla direzione degli elettroni uscenti da HRS (vedi fig. 6), gli

elettroni arrivano sulle VDC con un angolo di 45◦.

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Figura 14: Vertical drift chamber

3.3.7 Polarimetro Compton

Per misurare il raggio dei neutroni nel piombo con una precisione

dell’1%, PREX ha bisogno di misurare la polarizzazione degli elettroni

con una precisione inferiore all’1%. Ha raggiunto questo obiettivo uti-

lizzando e sottoponendo a sostanziali modifiche il polarimetro Compton

e il polarimetro Moller esistenti nella Hall-A.

Un polarimetro Compton misura la polarizzazione di un fascio di elet-

troni facendolo interagire con fotoni e rivelando il fotone e/o l’elettrone

dello stato finale. Cambiando la polarizzazione dei fotoni interagenti,

si misura l’asimmetria (differenza frazionaria), tra la sezione d’urto con

fotoni di elicita positiva e la sezione d’urto con fotoni di elicita nega-

tiva. Tale asimmetria e proporzionale al prodotto della polarizzazione

dei fotoni interagenti e degli elettroni e quindi una sua misura permette

di determinare la polarizzazione degli elettroni.

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Prima del periodo di presa dati di PREX, la Hall-A faceva uso di un

polarimetro Compton che utilizzava come sorgente di fotoni interagenti,

un laser infrarosso di lunghezza d’onda pari a 1064 nm, (1.16 eV). Que-

sto permetteva misure di polarizzazione del fascio di elettroni dell’1.5%

quando l’energia degli elettroni era dell’ordine di 4.5 GeV.

Poiche, tuttavia, la figura di merito di un polarimetro Compton, calco-

lata come sezione d’urto per l’asimmetria al quadrato, e proporzionale

al quadrato dell’energia degli elettroni e al quadrato dell’energia dei

fotoni interagenti, il polarimetro sino ad allora in uso in Hall-A non

era sufficiente a ottenere una misura precisa dell’1% per l’esperimento

PREX in cui l’energia degli elettroni e 1.06 GeV.

Il polarimetro standard della Hall-A e stato quindi modificato in modo

da utilizzare un laser verde (lunghezza d’onda 533 nm corrispondente

ad un’energia di 2.33 eV) aumentando inoltre la potenza nella cavita

Fabry-Perot dove l’intensita del laser viene incrementata da 1.5 KW

a 3.5 KW. Si e potuto cosi ottenere una misura di polarizzazione del

fascio dell’ordine dell’1%. [24] [25].

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Figura 15: funzionamento del polarimetro Compton

Figura 16: layout di base del polarimetro Compton

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3.3.8 Polarimetro Moller

Una misura della polarizzazione del fascio di elettroni complementare

a quella ottenuta con il polarimetro Compton e stato ottenuta nell’e-

sperimento PREX facendo uso di un polarimetro Moller.

Un polarimetro Moller misura la polarizzazione degli elettroni primari

facendoli incidere su un bersaglio ferromagnetico immerso in un campo

magnetico e rivelando, tramite uno spettrometro, gli elettroni diffusi

dagli elettroni del bersaglio (diffusione Moller).

L’asimmetria misurata, e proporzionale alla polarizzazione del fascio e

alla polarizzazione del bersaglio.

Conoscendo la polarizzazione del bersaglio, si puo derivare quindi la

polarizzazione degli elettroni primari.

PREX ha utilizzato un polarimetro Moller innovativo in cui il bersaglio

e stato immerso in un campo di 3 Tesla con conseguente polarizzazione

del bersaglio del 100% e diminuzione dell’incertezza sulla polarizzazio-

ne del bersaglio, la maggiore fonte di errori sistematici fino allora nella

polarimetria Moller. I precedenti campi magnetici usati per polarizzare

i bersagli, nei polarimetri Moller, erano dell’ordine dei 24 mT . Il pola-

rimetro Moller utilizzato da PREX ha permesso di ottenere una misura

di polarizzazione il cui errore sistematico e stato inferiore all’1%.

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Figura 17: layout di base del polarimetro Moller

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3.4 Risultati sperimentali di PREX

Come e stato visto nel capitolo precedente l’asimmetria violante la

parita e definita come:

A =σR − σL

σR + σL

A causa dell’enorme flusso di elettroni diffusi, l’esperimento PREX in-

tegra la risposta del rivelatore per ogni finestra temporale in cui l’elicita

degli elettroni incidenti e fissata piuttosto che contare individualmente

gli elettroni diffusi.

PREX misura cosi la differenza frazionaria nella risposta del rivelatore

per ogni coppia di finestre di elicita, (vedi par. 3.3):

A =NR −NL

NR +NL

(5)

dove NR e NL sono la risposta del rivelatore per elettroni incidenti

destrogiri e levogiri. Per ogni run e calcolato il valore medio dell’asim-

metria pesato per la corrente del fascio,

< A >=

wkAk∑

wk

(6)

dove wk e la corrente del fascio nella k-esima coppia di finestre.

Spesso l’intero gruppo di dati e diviso in n campioni per ottenere n valo-

ri medi di < A >, ognuno con il proprio errore, stimato dalla grandezza

della distribuzione. Il valore finale dell’asimmetria si ottiene come va-

lore medio degli n campioni pesati con il proprio errore statistico.

Particolare cura e stata impegnata per tenere sotto controllo gli errori

sistematici dipendenti dall’elicita del fascio che genera ”false asimme-

trie”. Particolari sforzi sono stati impiegati per rendere il piu possibile

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indipendenti dall’elicita parametri come energia, intensita, posizione e

direzione del fascio. Per eliminare i residui contributi al valore misurato

dell’asimmetria, della dipendenza dell’elicita dei parametri del fascio di

elettroni primari, si e utilizzata la formula:

< A >cor=< A > − < ∆A >, (7)

dove

∆ < A >=∑

< aj > <Bj >, (8)

dove j indica uno dei parametri del fascio, Bj e la differenza media

del parametro j-esimo tra elettroni a elicita positiva e negativa, e aj e

definita da:

aj =

∂d∂Bj

2 < d >, (9)

dove < d > e il segnale medio normalizzato del rivelatore. Dopo aver

sottratto quindi i contributi derivanti dal background all’asimmetria

misurata e diviso l’asimmetria misurata per il valore della polarizza-

zione del fascio si e ottenuto un valore sperimentale per l’asimmetria

violante la parita di:

A = 656± 60(stat)± 14(syst) ppb. (10)

dove il primo errore e statistico, il secondo e sistematico e ppb indi-

ca parti per miliardo. Per determinare Rn dall’equazione 10, e stata

calcolata l’asimmetria violante la parita usando sette diversi modelli di

campo medio relativistici. Per ogni modello e stata risolta la relativa

equazione di Dirac di un elettrone diffuso dalla densita di carica debole

teorica (ρW ) predetta dal modello e dalla densita di carica nota spe-

rimentalmente (ρch). La risultante asimmetria, dipendente dall’angolo

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di diffusione degli elettroni, e stata integrata su tutta l’accettanza del-

l’esperimento e, come mostrato in fig. 18, si e ottenuta una dipendenza

del raggio dei neutroni nel piombo [16], in funzione dell’asimmetria

violante la parita data da:

Rn = 6.156 + 1.675 < A > −3.420 < A >2 fm, (11)

con < A > in parti per milione.

Inserendo nella 11 il valore misurato dell’asimmetria violante la parita

dato dalla 10 si e ottenuto per il raggio dei neutroni nel 208Pb:

Rn = 5.78+0.16−0.18fm. (12)

Sottraendo al raggio dei neutroni ottenuto quello noto dei protoni

Figura 18: valore dell’asimmetria violante la parita in funzione del raggiodei neutroni nel piombo come predetto dai modelli NL3m05, NL3p06, NL3da [26], FSU da [27], SIII da [13], SLY4 da [14], SI da [28].

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pari a 5.45fm [29], corrispondente al raggio di carica misurato pari a

5.50fm [30], si ottiene per la ”pelle di neutroni” il valore:

Rn −Rp = 0.33+0.16−0.18 (13)

Sia pure solo con un livello di affidabilita 1.8σ, e stata quindi per la

prima volta accertata l’esistenza di una ”pelle di neutroni” nel 208Pb in

una misura modello indipendente. Dalla misura dell’asimmetria violan-

te la parita espressa dall’equazione 10 si e ottenuto il valore del raggio

dei neutroni nel 208Pb, anche con un secondo metodo complementare

al primo sebbene piu dipendente dal modello usato nell’analisi. Dalla

misura dell’asimmetria nell’equazione 10 otteniamo il fattore di forma

debole FW (q) definito come la trasformata di Fourier della densita di

carica debole [31] :

FW (q) = 0.204± 0.028(exp)± 0.001(mod). (14)

dove q =< Q2 >1

2= 0.475± 0.003 fm−1.

Il primo errore, (exp), e l’errore sperimentale ottenuto sommando gli

errori sistematici e statistici in quadratura. Il secondo errore, (mod),

invece e dovuto alla dipendenza del modello da ρw(r).

Dall’equazione 14 possiamo ricavare il valore del raggio debole RW , che

e il raggio quadratico medio della densita di carica debole:

RW = 5.826± 0.181(exp)± 0.027(mod) fm, (15)

Escludendo correnti di spin-orbita o correnti dovute a scambio di meso-

ni, otteniamo quindi per il raggio dei neutroni nel 208Pb, e per la ”pelle

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di neutroni”, i seguenti valori:

Rn = 5.751± 0.175(exp)± 0.026(mod)± 0.005(str) fm, (16)

Rn −Rp = 0.302± 0.175(exp)± 0.026(mod)± 0.005(str) fm (17)

dove il terzo errore e dovuto ad un possibile contributo dei quark strani.

La discordanza tra i valori definiti nelle ultime due relazioni e i valori

di Rn e Rn − Rp dati dall’equazione 12 e dall’equazione 14 e dovuta

alla dipendenza dal modello; tuttavia le 4 equazioni in esame sono in

accordo entro gli errori.

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4 Teoria generale del trasporto di parti-

celle in campo magnetico.

4.1 Introduzione al trasporto

In questa tesi verra usato il formalismo matriciale per lo studio del

trasporto di particelle cariche in un campo magnetico [32]. La nota-

zione introdotta da John Streib [33] e molto utile al fine di applicare

i principi fondamentali che dettano la progettazione dei sistemi di tra-

sporto di fascio. In particolare le informazioni relative alla risoluzione e

dispersione dell’impulso e le condizioni necessarie e sufficienti per avere

zero dispersione, acromaticita e isocronicita possono essere espresse co-

me semplici integrali di particolari traiettorie al primo ordine (elementi

di matrice) che caratterizzano il sistema. Questa formulazione forni-

sce una visione diretta della fisica dei sistemi di trasporto e nei sistemi

spettrometrici di particelle cariche.

In generale la teoria del trasporto matriciale e ottenuta sviluppando in

serie di Taylor il campo magnetico attorno alla traiettoria centrale ca-

ratterizzante il sistema. In questa espansione il primo termine (termine

di dipolo) risulta essere proporzionale all’intensita del campo, mentre il

secondo termine (termine di quadrupolo) e proporzionale alla derivata

prima di esso.

L’effetto del termine dipolare sulle particelle e quello di curvarle sul

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piano di simmetria e quindi di allargare il fascio, il che implica un di-

spersione dell’impulso al primo ordine del sistema, mentre quello del

termine quadrupolare e di generare un’imaging al primo ordine. I ter-

mini superiori al secondo , dell’espansione multipolare in serie di Tay-

lor del campo magnetico attorno alla traiettoria centrale, descrivono

le componenti sestupolari, ottupolari ecc., del campo. Essendo HRS

costituito da soli dipoli e quadrupoli, la loro intensita in HRS e dovuta

alle aberrazioni. In questo paragrafo, essi non verranno trattati, es-

sendo la loro derivazione concettualmente identica a quella dei termini

dipolari e quadrupolari.

4.2 Prime nozioni sul trasporto

Una teoria generale del trasporto ha come obiettivo lo studio delle

traiettorie descritte dalle particelle che attraversano campi magnetici.

Una particella carica che si muove in un campo magnetico statico, ri-

sente della forza di Lorentz che e una forza perpendicolare alla direzione

istantanea del moto. La forza di Lorentz non compie lavoro, cosicche

se la particella si muove inizialmente perpendicolarmente al campo, ef-

fettuera un moto circolare uniforme la cui forza centripeta e data dalla

forza di Lorentz.

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Cosicche abbiamo:

qvB =mv2

ρ(18)

P = qBρ (19)

e, con le opportune sostituzioni:

Bρ = 3.3356P

dove:

• B Campo magnetico (T).

• ρ raggio di curvatura (m).

• P impulso (GeVc).

• q carica della particella (C).

Questa equazione non e altro che l’esempio piu classico di moto in un

campo magnetico. Per una particella relativistica invece abbiamo:

d

dtP = γm

d

dtv = q(v ×B) (20)

Trasformiamo questa equazione in un altra indipendente dal tempo, e

dipendente solo dalle coordinate spaziali, introducendo le coordinate

curvilinee con ”T”, la ”distanza di arco” misurata lungo la traiettoria

centrale, cosi come mostrato in figura 19.

Risulta utile esprimere le coordinate curvilinee nel seguente modo [34],

θ =dx

dz=

x′

z′=

x′

1 + hx(21)

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φ =dy

dz=

y′

z′=

y′

1 + hx(22)

con

x′ =dx

dT, y′ =

dy

dT, z′ =

dz

dT

Se adesso indichiamo con:

Figura 19: Sistema di coordinate curvilinee

• e carica della particella.

• v velocita particella.

• P impulso particella.

• T vettore posizione.

• B campo magnetico.

• T la distanza attraversata.

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Se il vettore, di modulo unitario, tangente alla traiettoria e

dT

dT

allora avremo rispettivamente per la velocita e per l’impulso

v = (dT

dT)v e P = (

dT

dT)P (23)

cosicche l’equazione del moto si trasforma in:

Pd2T

dT2 +dT

dT(dP

dT) = e(

dT

dT×B) (24)

L’impulso P e una costante del moto, poiche la forza magnetica di

un campo magnetico statico e sempre perpendicolare alla velocita del

moto, per cuidP

dT= 0

In definitiva abbiamo:

d2T

dT2 =e

P(dT

dT×B) (25)

Nelle regioni in cui non e presente densita di corrente il campo magne-

tico puo essere espresso in termini del potenziale scalare φ, cioe:

B = ∇Φ (26)

Lo studio delle traiettorie e semplificato di molto se esiste una simmetria

di midplane [35] [36], ovvero il potenziale scalare e una funzione dispari

sulla coordinata perpendicolare a quella in cui e contenuta la traiettoria

centrale, cioe:

Φ(x, y, T ) = −Φ(x,−y, T ) (27)

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Del potenziale possiamo fare l’espansione in serie di Taylor in coordinate

curvilinee attorno alla traiettoria centrale, e ricordando il sistema di

riferimento usato, dove x e la distanza normale esterna nel piano di

mezzo lontano dalla traiettoria centrale, y e la distanza perpendicolare

dal piano mediano, t e la distanza lungo la traiettoria centrale e h=h(t)

e la curvatura della traiettoria centrale.

L’equazione del moto della traiettoria centrale e espressa come:

By(0, 0, T ) =hP0

e(28)

La piu generica espansione per un campo scalare φ dispari, dovuto alla

presenza della simmetria di midplane, sara della forma:

φ(x, y, T ) =∞∑

m=0

∞∑

n=0

A2m+1,nxn

n!

y2m+1

(2m+ 1)!(29)

con T, x, e y definiti dalla fig. 19 e i coefficienti A2m+1,n funzioni di T.

L’elemento lineare differenziale sara dato quindi da:

dT2 = dx2 + dy2 + (1 + hx)2(dt)2

In generale le componenti del campo magnetico espresse in funzione del

potenziale scalare sono:

Bx =∂φ

∂x=

m=0

n=0 A2m+1,n+1xn

n!

y2m+1

(2m+ 1)!

By =∂φ

∂y=

m=0

n=0 A2m+1,nxn

n!

y2m

(2m)!

Bt =1

(1 + hx)

∂φ

∂t=

1

(1 + hx)

m=0

n=0 A′

2m+1,n

xn

n!

y2m+1

(2m+ 1)!(30)

Dalla equ. 30 si ottiene:

By(x, 0, t) = A10 + A11x+1

2!A12x

2 + · · · (31)

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e,

By(x, 0, t) |x=0,y=0= By +∂By

∂x+

1

2!

∂2By

∂x2+ · · · (32)

Esprimendo il campo di midplane in termini delle quantita adimensio-

nate n(t), β(t), tali che:

By(x, 0, t) = By(0, 0, t)[1− nhx+ βh2x2 + γh3x3 + · · · ] (33)

dove, come prima, h(t) =1

ρ0, e n, β, γ, sono funzioni di t; paragonando

l’equ. 33 con la 30 e 31 otteniamo:

A10 = By(0, 0, t) = h

(

P0

e

)

A11 =∂By

∂x= −nh2

(

P0

e

) (34)

dove il primo termine e il termine dipolare, mentre il secondo e il termi-

ne quadrupolare. Per un quadrupolo puro il potenziale scalare e dato

da:

φ = B0xy

a

con B0, campo magnetico alla posizione del polo, e con a, l’apertura

quadrupolare. L’elemento A11 risulta quindi essere:

∂By

∂x=

B0

a= −nh2(

P0

e) (35)

da cui possiamo definire la quantita K2q nel seguente modo:

K2q = −nh2 = (

B0

a)(

e

P0

) = (Bo

a)(

1

Bρ) (36)

dove n e K verranno utilizzati successivamente.

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4.3 Ottica geometrica

Per mettere in relazione l’ottica magnetica con l’ottica geometrica

partiamo da alcune semplici considerazioni sulle lenti [37].

Una lente sottile soddisfa sempre l’equazione:

Figura 20: lente sottile

1

p+

1

q=

1

f(37)

la cui corrispettiva trasformazione matriciale e:

[

x1

θ1

]

=

1 0−1

f1

[

x0

θ0

]

(38)

Il determinante della matrice di trasformazione risulta uguale a 1, che

e una conseguenza del teorema di Liouville sulla conservazione dello

spazio delle fasi. Questo vale anche nel caso di deriva lungo un tratto

L, vedi fig. 21 la cui trasformazione matriciale e:

[

x1

θ1

]

=

[

1 L0 1

] [

x0

θ0

]

(39)

Se invece consideriamo una lente spessa come in fig. 22, in genera-

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Figura 21: drift

Figura 22: lente spessa

le non vale l’equazione delle lenti sottili. Tuttavia e sempre possibile

introdurre due nuovi piani posizionati a una distanza z1 e z2 dalle su-

perficie delle lenti tali che l’equazione risulti valida. Questi piani sono

chiamati piani principali e si usano indicare con P1, P2. La loro posizio-

ne, mostrata in fig. 22, rispetto a L1, distanza tra l’oggetto e la faccia

della lente, ed a L2,distanza tra l’altra faccia della lenti e l’immagine

dell’oggetto, e data da:

P1 = p = L1 + z1P2 = q = L2 + z2

(40)

in generale:1

L1

+1

L2

6= 1

f(41)

tuttavia1

P1

+1

P2

=1

f(42)

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La trasformazione matriciale della lente spessa sara data dal confronto

tra l’equ. 38 e l’equ. 39

[

R1,1 R1,2

R2,1 R2,2

]

=

[

1 z20 1

]

1 0

− 1

f1

[

1 z10 1

]

da cui otteniamo per i piani principali le equazioni seguenti:

z1 =R2,2 − 1

R2,1

, z2 =R1,1 − 1

R2,1

(43)

Con questo metodo possiamo trovare i piani principali di ogni sistema

di lenti, indipendentemente dal numero di elementi coinvolti tra l’og-

getto e l’immagine, se p e q sono misurati rispetto ai piani principali,

infatti sara sempre valida l’equazione delle lenti sottili.

Per collegare l’ottica magnetica con quella geometrica basta prendere

in considerazione due situazioni fisiche collegate ai due diversi tipi di

lenti. Iniziamo da un semplice modulo magnetico con campo uniforme,

come mostrato in figura 23; poiche gli assi ottici sono perpendicolari

Figura 23: campo magnetico statico a forma di cuneo

al ”polo magnetico”, i piani principali si trovano anch’essi al centro

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del magnete, il che implica che il magnete puo essere assimilato a una

”lente sottile”.

Se prendiamo in considerazione invece un coppia di quadrupoli cosi

Figura 24: quadrupolo lungo x

Figura 25: quadrupolo lungo y

come si puo vedere dalle figure 24 e 25 notiamo che i piani principali si

trovano o prima o dopo la coppia di quadrupoli in base alla geometria

selezionata, e per ogni coordinata del sistema il corrispettivo ingrandi-

mento sara maggiore o minore di uno in maniera tale che il rapporto

traMy

Mx

ci dara una prima stima della distorsione dell’immagine al primo ordine.

Tipici rapporti per una coppia di quadrupoli si assestano su un valore

di circa 20:1.

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4.4 Matrice del trasporto

Poiche siamo interessati alla focalizzazione del fascio, e al formalismo

matriciale del trasporto al primo ordine, introduciamo la matrice del

trasporto 3x3 per una esatta stima della dispersione al primo ordine e,

poiche essa dipende dall’impulso delle particelle, prendiamo in conside-

razione due particelle di impulso P0 and Po+∆p che passano attraverso

il midplane del campo magnetico cosi come in figura 26.

La matrice del trasporto da A a B, puo essere espressa nel seguente

Figura 26: dispersione dell’impulso

modo:

x1

θ1δ

=

R1,1 R1,2 dR2,1 R2,2 d′

0 0 1

x0

θ0δ0

(44)

dove indichiamo con:

• δ = ∆p

P0

il rapporto tra variazione d’impulso rispetto al valore

centrale.

• d la dispersione spaziale dell’impulso.

• d’ la derivata prima della dispersione.

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Il determinante di questa matrice e uguale a uno, come conseguenza

del teorema di Liouville. Consideriamo adesso un sistema magnetico

con raggio di curvatura lungo x.

La matrice di trasformazione generica per la coordinata x corrispon-

dente ad una trasformazione da un punto τ = 0, ad un punto finale

τ = t, misurati lungo la traiettoria centrale di riferimento sara [38]:

x1

θ1δ

=

cx(t) sx(t) dx(t)c′x(t) s′x(t) dx(t)0 0 1

x0

θ0δ

(45)

Estendendo il formalismo matriciale, oltre che all’asse x, corrispondente

alla direzione del moto, anche alle y, l’asse perpendicolare al moto delle

particelle, avremo al primo ordine un’equazione matriciale del tipo:

xi(t) =6

j=1

Ri,jxj(0) (46)

dove: x1 = x, x2 = θ, x3 = y, x4 = φ, x5 = l, x6 = δ che in forma

estesa, considerando sempre un campo magnetico statico simmetrico

rispetto al midplane, risulta essere una matrice 6x6 del seguente tipo

[39]:

x(t)θ(t)y(t)φ(t)l(t)δ(t)

=

R1,1 R1,2 0 0 0 R1,6

R2,1 R2,2 0 0 0 R2,6

0 0 R3,3 R3,4 0 00 0 R4,3 R4,4 0 0

R5,1 R5,2 0 0 1 R5,6

0 0 0 0 0 1

x0

θ0y0φ0

l0δ0

dove

x, θ, δ definite in precedenza.

y spostamento trasversale rispetto alla traiettoria centrale assunta.

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φ angolo trasverso del raggio rispetto alla traiettoria centrale assun-

ta.

l differenza di lunghezza di cammino rispetto al cammino lungo la

traiettoria centrale.

Gli zeri presenti negli elementi

R1,3, R1,4, R2,3, R2,4, R3,1, R3,2, R4,1, R4,2, R3,6, R4,6 della matrice

di trasformazione sono una diretta conseguenza della simmetria di mid-

plane.

Le condizioni iniziali per gli elementi di matrice nell’equ. 45 sono:

s(0) = 0 , s′(0) = 1 dove s′(T ) =ds(T )

dT

c(0) = 1 , c′(0) = 0 dove c′(T ) =dc(T )

dT

Per un magnete ideale, ovvero un campo costante lungo tutto la tra-

iettoria, risolvendo l’equ. 25 otteniamo:

cx(t) = cos kxt , sx(t) =

(

1

kx

)

sin kxt (47)

cy(t) = cos kyt , sy(t) =

(

1

ky

)

sin kyt (48)

dove,

k2x = (1− n)h2, k2

y = nh2, h =1

ρ0(49)

per un dipolo, ed:

k2x = nh2, k2

y = −nh2, k2x = k2

q = −k2y (50)

per un quadrupolo. Equazioni ottenute confrontando l’equ. 34 con

l’equ. 36.

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Figura 27: funzione seno nel midplane magnetico

Figura 28: funzione coseno nel midplane magnetico

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Figura 29: funzione seno nel piano ortogonale al midplane magnetico

Figura 30: funzione coseno nel piano ortogonale al midplane magnetico

Possiamo adesso definire i termini dispersivi dx(t) e d’x(t), derivan-

do il tutto dall’equazione differenziale del moto di una particella carica

in un campo magnetico statico. quindi avremo:

dx(t) = sx(t)

∫ t

0

cx(τ)dα− cx(t)

∫ t

0

sx(τ)dα (51)

d′x(t) = s′x(t)

∫ t

0

cx(τ)dα− c′x(t)

∫ t

0

sx(τ)dα (52)

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dove,

dα =dτ

ρo(τ)(53)

e l’angolo differenziale di curvatura.

Riportiamo di seguito la matrice per un modulo di drift, un dipolo

Figura 31: funzione di dispersione nel midplane magnetico

ideale e un quadrupolo ideale [40].

x(t)θ(t)y(t)φ(t)l(t)δ(t)

=

1 L 0 0 0 00 1 0 0 0 00 0 1 L 0 00 0 0 1 0 00 0 0 0 1 00 0 0 0 0 1

x0

θ0y0φ0

l0δ0

(54)

per un modulo di drift.

x(t)θ(t)y(t)φ(t)l(t)δ(t)

=

coskxt1

kxsin kxt 0 0 0

h

k2x(1− cos kxt)

−kx sin kxt cosKxt 0 0 0h

kxsin kxt

0 0 cos kyt1

kysin kyt 0 0

0 0 −ky sin kyt cos kyt 0 00 0 0 0 1 00 0 0 0 0 1

x0

θ0y0φ0

l0δ0

(55)

58

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per un dipolo.

x(t)θ(t)y(t)φ(t)l(t)δ(t)

=

coskq(t)1

kqsin kqt 0 0 0 0

−kq sin kqt cosKqt 0 0 0 0

0 0 cosh kqt1

kqsinh kqt 0 0

0 0 kq sinh kqt cosh kqt 0 00 0 0 0 1 00 0 0 0 0 1

x0

θ0y0φ0

l0δ0

(56)

Per un quadrupolo.

A questo punto siamo in grado di definire diversi sistemi magnetici.

Un sistema si dice:

”acromatico” se,

R1,6 = R2,6 = 0, cioe:

∫ t

0

sx(τ)h(τ)dτ =

∫ t

0

cx(τ)h(τ)dτ

”isocronico” se,

R5,1 = R5,2 = R5,6 = 0, cioe:

∫ t

0

cx(τ)h(τ)dτ =

∫ t

0

sx(τ)h(τ)dτ =

∫ t

0

dx(τ)h(τ)dτ

inoltre si ha una focalizzazione point to point se:

per l’asse x R1,2 = sx(t) = 0

per l’asse y R3,4 = sy(t) = 0

o una focalizzazione parallel to point se:

cx(t) = R1,1 = 0 per l’asse x

cy(t) = R3,3 = 0 per l’asse y

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parallel to parallel se:

c′x(t) = R2,1 = 0 asse x

c′y(t) = R4,3 = 0 asse y

e infine una focalizzazione point to parallel se:

s′x(t) = R2,2 = 0

s′y(t) = R4,4 = 0

Inoltre gli elementi di matrice R2,1 e R4,3 corrispondono fisicamente

all’inverso della lunghezza focale lungo l’asse x e lungo l’asse y:

c′x(t) = R2,1 = − 1

fxe, c′y(t) = R4,3 = − 1

fy

mentre gli elementi R1,1 e R3,3 sono rispettivamente l’ingrandimento

lungo l’asse x e l’ingrandimento lungo l’asse y.

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5 Trasporto di elettroni in HRS:

simulazioni.

5.1 Il codice SNAKE

Le traiettorie degli elettroni diffusi elasticamente in HRS sono state

simulate tramite il codice di calcolo del moto di particelle in campo

magnetico, denominato SNAKE.

SNAKE utilizza come input un file che descrive i campi magnetici dei

singoli moduli componenti lo spettrometro in studio, nonche le loro

posizioni e le loro reciproche distanze. Nel caso di HRS e stata utilizzata

una descrizione che in termini matriciali corrisponde all’equazione:

RHRS =Rdrift3 ·RQ3exit ·RQ3entr ·RoverlapD−Q3·

·RDipolo ·RoverlapD−Q2·RQ2exit ·RQ2entr·

·RoverlapQ1−Q2·RQ1exit ·RQ1entr·

·RDrift2 ·RSeptum ·RDrift1

(57)

con:

RHRS matrice descrivente tutto HRS;

RDipolo matrice descrivente il dipolo di HRS;

RQientr(i = 1, 3) matrice descrivente la meta anteriore (nel senso degli

elettroni diffusi) dell’i-esimo quadrupolo;

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RQiexit(i = 1, 3) matrice descrivente la meta posteriore dell’i-esimo qua-

drupolo;

RoverlapD−Qi(i = 1, 3) matrice descrivente lo spazio tra il dipolo di HRS

e l’i-esimo quadrupolo;

RDrifti gli spazi tra bersaglio e setto magnetico, tra setto magnetico

e quadrupolo Q1 e tra il quadrupolo Q3 e il piano di rivelazione

degli elettroni diffusi;

RSeptum matrice descrivente il setto magnetico.

Descrivendo la traiettoria degli elettroni in HRS, dal bersaglio dove

avviene l’interazione sino al piano dove e situato il rivelatore, con il

formalismo matriciale, possiamo, quindi, scrivere, (vedi paragrafo 4.4):

XθYφlδ

= RHRS

X0

θ0Y0

φ0

(58)

dove X0, Y0, sono le coordinate, nel piano normale alla direzione di dif-

fusione, del punto d’interazione dell’elettrone primario nel bersaglio, θ0

e l’angolo di diffusione verticale e φ0 l’angolo di diffusione orizzontale

dell’elettrone dopo l’interazione nel bersaglio, δ e la differenza percen-

tuale tra il momento dell’elettrone diffuso e il momento della traiettoria

centrale in HRS, X e Y sono le coordinate cartesiane del punto d’im-

patto dell’elettrone diffuso nel piano contenente il rivelatore, θ e φ sono

gli angoli definenti le direzioni nel piano verticale e in quello orizzontale

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della traiettoria dell’elettrone, quando colpisce il piano di rivelazione ed

”l” e il cammino ottico dell’elettrone entro HRS fino al piano di rivela-

zione (X, δ, Y, φ e l sono misurati rispetto ai corrispondenti valori della

traiettoria centrale).

All’inizio dell’esecuzione di SNAKE e possibile, tramite un’opzione for-

nita dal programma, moltiplicare i campi magnetici descritti nel file di

input per un fattore arbitrario, rendendo possibile, cosı, ottenere risul-

tati anche per momenti centrali degli elettroni diffusi diversi da quelli

corrispondenti al file di input, senza modificare il file di input stesso.

Se, per esempio, il file di input di SNAKE corrisponde a un momento

della traiettoria centrale di 2 GeVc, sara possibile, con l’opzione descrit-

ta sopra, moltiplicando i campi magnetici descritti nel file di input per

0.5, ottenere i risultati corrispondenti a una traiettoria centrale degli

elettroni diffusi di momento pari a 1 GeVc.

SNAKE traccia le traiettorie attraverso una serie di elementi chiamati

“free boxes”, ognuno dei quali ha il proprio sistema di coordinate re-

lativo e corrisponde a uno dei moduli costituenti HRS (ovvero a una

delle matrici nella parte destra dell’equazione 57). In ognuno di queste

“free boxes” e possibile definire uno o piu “piani finali” (“end-plane” nel

seguito), con cui si possono definire eventuali collimatori e per i quali

SNAKE puo, a richiesta dell’utilizzatore, produrre, in un file di output,

insieme alle coordinate X0, θ0, Y0, φ0 e δ definite sopra, le coordinate

Xf , θf , Yf , φf e lf (misurate rispetto alle corrispondenti coordinate del-

la traiettoria centrale), dei punti d’impatto delle traiettorie degli elet-

troni diffusi sull’end-plane. Per quanto detto sopra e nel capitolo 4,

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Xf , θ, Yf , φf e lf sono date dall’equazione:

Xf

θfYf

φf

lfδ

= R′

X0

θ0Y0

φ0

l0δ

(59)

dove, R′ e la matrice descrivente il sistema magnetico di HRS dal ber-

saglio sino all’end-plane.

Si possono definire fino a 35 end-plane nel file di input, variamente di-

stribuiti nelle free-boxes.

SNAKE calcola le traiettorie degli elettroni diffusi dal bersaglio dopo

che ad esso sono stati forniti, per ogni traiettoria, i valori dei parame-

tri X0, θ0, Y0, φ0 e δ di diffusione dell’elettrone corrispondente. Questi

parametri possono essere forniti sia singolarmente, traiettoria per tra-

iettoria, sia definendo per ogni parametro un valore minimo e massimo

e scegliendo entro questi due valori il valore del parametro casualmente

(modalita random), oppure a passo fisso partendo dal valore minimo

fino ad arrivare al valore massimo (modalita loop). Poiche il bersaglio

utilizzato nell’esperimento PREX e pressoche puntiforme, nella defini-

zione delle traiettorie si e sempre posto, con buona approssimazione,

X0,= 0, Y0 = 0 e le traiettorie sono state definite variando θ0, φ0 e δ en-

tro valori che non eccedevano i limiti di accettanza per queste variabili

elencate in Fig. 7.

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5.2 Simulazione di traiettorie di elettroni in HRS

senza setto magnetico

Per studiare le caratteristiche ottiche dello spettrometro HRS sono

state inizialmente simulate traiettorie nello spettrometro HRS senza

l’introduzione del setto magnetico. Le fig. 32 e 33 mostrano i risultati

ottenuti per un “end-plane” posizionato in corrispondenza delle VDC

(grafici in rosso), dove e posizionato il piano focale, e a 100 cm dopo

le VDC, lungo la traiettoria centrale (grafici in verde). I grafici di

entrambe le figure sono stati ottenuti variando θ0 e φ0 negli intervalli:

−0.05 < θ0 < 0.05 rad

−0.025 < φ0 < 0.025 rad

mentre i grafici di fig. 32 sono stati ottenuti con −4.24% < δ < 4.24%

e i grafici di fig. 33 sono stati ottenuti con δ = 0 per tutte le traiettorie.

I grafici in rosso di Fig. 32 mostrano che, nel piano focale, δ e con buona

approssimazione una funzione lineare di Xf ed e indipendente da Yf ,

mentre Yf e pressoche indipendente da θ0, come atteso considerando

che HRS focalizza le traiettorie nel piano verticale e che HRS e dotato

di un piano di simmetria e che quindi al primo ordine, le coordinate nel

piano verticale sono indipendenti da quelle nel piano orizzontale.

Il grafico in rosso δ vs Xf di Fig. 33 mostra che, nel piano focale, la

variazione di Xf e molto piccola, come deve essere considerando che,

per uno spettrometro perfettamente focalizzante, essendo in questo ca-

so i momenti degli elettroni diffusi tutti uguali tra loro, questo grafico

dovrebbe ridursi a un punto, mentre il grafico in rosso Xf vs θ0 mostra

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che Xf e praticamente indipendente da θ0 (a parte leggere aberrazioni

al secondo ordine e agli ordini successivi), come atteso. Tutte le ca-

ratteristiche elencate sopra per i grafici in rosso di Fig. 32 e 33, sono,

nel caso dei corrispondenti grafici in verde, molto meno accentuate o

addirittura inesistenti.

Figura 32: Da sinistra a destra: grafico di δ vs Xf , θ0 vs Xf , φ0 vs Yf , δvs Yf , θ0 vs Yf , Yf vs Xf per δ variabile e per il piano dove sono localizzatele VDC (piano focale, grafici in rosso) e per un piano localizzato a 100 cmdalle VDC (grafici in verde), nello spettrometro HRS senza setto.

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Figura 33: da sinistra a destra: grafico di δ vs Xf , θ0 vs Xf , φ0 vs Yf , δ vsYf , θ0 vs Yf , Yf vs Xf per δ = 0 e per il piano dove sono localizzate le VDC(piano focale, grafici in rosso) e per un piano localizzato a 100 cm dalle VDC(grafici in verde), nello spettrometro HRS senza setto.

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5.3 Simulazioni di traiettorie di elettroni per l’e-

sperimento PREX.

L’esperimento PREX misura l’Asimmetria Violante la Parita nella

diffusione, ad un angolo centrale di 5◦, di elettroni di 1.06 GeVc

su un

nucleo di Piombo. Poiche HRS e in grado di rivelare elettroni diffusi ad

un angolo non inferiore a 12.5◦, e stato necessario aggiungere ad HRS

un setto magnetico, che deviasse di 7.5◦ le traiettorie degli elettroni

diffusi con un angolo di 5◦ in modo da permetterne la rivelazione da

parte di HRS. Con l’introduzione del setto, la posizione del bersaglio

e stata spostata di 105 cm “upstream” (ovvero in direzione opposta a

quella del fascio primario di elettroni).

Come descritto nel Capitolo 2, nell’esperimento PREX, l’elevatissimo

flusso di elettroni diffusi nell’unita di tempo impedisce la rivelazione,

tramite le VDC, delle singole tracce degli elettroni diffusi. Per misura-

re l’Asimmetria Violante la Parita, si fa, quindi, uso di rivelatori che

integrano il segnale generato in esso dagli elettroni diffusi in ogni sin-

gola finestra temporale, in cui il fascio primario ha elicita definita. Per

questo motivo non e piu desiderabile avere la posizione del piano focale

coincidente con quelle delle VDC, per poter determinare, invertendo

l’equ. 58, per ogni singola traccia, le coordinate θ0, φ0 e δ dalla misura

delle coordinate e angoli X, θ, Y, φ, ottenute tramite le VDC. Si e

preferito, invece, avere il piano focale a una certa distanza dalle VDC,

dove le condizioni sperimentali rendono preferibile collocare i rivelatori.

Nella prima fase dell’esperimento PREX, la posizione ottimale del pia-

no focale e stata posta ad una distanza di 1.43 m dalle VDC, lungo la

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direzione del fascio degli elettroni diffusi.

La necessita di collocare il piano focale in una posizione non piu coin-

cidente con quella delle VDC e il fatto che, comunque, sono stati in-

trodotti due nuovi elementi nell’ottica di HRS (il setto magnetico e lo

spazio tra la nuova posizione della targhetta e il setto magnetico) fa

sı che, a parita d’impulso della traiettoria centrale, i valori dei campi

dei quadrupoli Q1, Q2 e Q3 siano, nel caso dell’esperimento PREX,

differenti rispetto ai corrispondenti valori degli esperimenti che hanno

usato lo spettrometro HRS senza il setto magnetico.

L’input per il programma SNAKE descrivente lo spettrometro HRS +

setto magnetico, inclusi i valori dei campi di Q1, Q2 e Q3 che la col-

laborazione PREX supponeva essere quelli che posizionavano il piano

focale a 1.43 m dalle VDC, era il file prex Rn dir.dat. Utilizzandolo

come file di input di SNAKE, abbiamo verificato la posizione effettiva

del piano focale. Tale verifica e avvenuta definendo un “end-plane” a

1.43 metri dalle VDC, simulando con SNAKE traiettorie di elettroni

tutti con impulso e angolo di diffusione orizzontale uguali a quelli della

traiettoria centrale (ovvero con δ = φ0 = 0) e producendo quindi l’isto-

gramma delle coordinate Xf dei punti d’impatto delle traiettorie degli

elettroni diffusi con l’end-plane.

Per uno spettrometro perfettamente focalizzante, nel caso in cui il piano

focale coincida con l’end-plane, questo istogramma sarebbe una delta

di Dirac, posizionata a Xf = 0. Si e notato, invece, che l’istogramma

presentava due picchi, a indicare che i valori dei campi magnetici dei

componenti costituenti HRS registrati nel file prex Rn dir.dat non era-

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no tali da posizionare il piano focale a 1.43 m di distanza dalle VDC.

E stata quindi compiuta una ricerca su quale fosse il valore del campo

del quadrupolo Q3 adatto a localizzare il piano focale nella posizione

desiderata (Q3 e l’elemento di HRS che focalizza il fascio degli elettroni

diffusi nella regione a valle del dipolo). Questa ricerca e stata eseguita

effettuando simulazioni in cui il valore del campo di Q3 e stato variato

di ±8% rispetto al valore registrato nel file prex Rn dir.dat. I risultati

di questa ricerca sono mostrati in fig. 34, che evidenzia, in funzione del

campo del quadrupolo Q3, l’istogramma della coordinata verticale Xf

del punti d’impatto delle traiettorie degli elettroni diffusi, con l’end-

plane situato a 1.43 m dalle VDC.

Tutti i grafici di fig. 34 sono ottenuti variando, nelle traiettorie degli

elettroni diffusi, il solo angolo di diffusione verticale θ0 e ponendo quin-

di, per tutte le traiettorie, δ = φ0 = 0.

Dalla fig. 34 si evince che il corretto valore del campo di Q3 che posizio-

na il piano focale a 1.43 m dalle VDC, ovvero per il quale nel corrispon-

dente istogramma e presente un singolo picco la cui altezza e massima

e la cui larghezza e minima, rispetto ai picchi degli altri istogrammi, e

0.2564 Tesla (valore del campo al polo), un valore circa il 4.5% superio-

re rispetto al valore di 0.2553 Tesla registrato nel file prex Rn dir.dat.

Una verifica ulteriore del corretto posizionamento del piano focale a

1.43 m dalle VDC, con questo nuovo valore del campo magnetico di

Q3, e stata ottenuta creando, nel file di input prex Rn dir.dat una se-

rie di end-plane a varie distanze dalle VDC e riportando per ognuno di

questi piani, l’istogramma della coordinata verticale Xf dei punti d’im-

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patto di traiettorie con δ = φ0 = 0 e con angolo di diffusione verticale

θ0 variabile tra -0.053 e 0.053 rad. Gli istogrammi ottenuti ponendo il

valore del campo di Q3 pari a 0.2564 Tesla sono mostrati in figura 35

e mostrano che l’istogramma che piu si avvicina a una delta di Dirac

e situato a 1.43 metri dalle VDC. La figura 36 mostra gli stessi isto-

grammi ottenuti con il valore del campo di Q3 pari a 0.2553 Tesla (il

valore originario nel file prex Rn dir.dat) e mostrano che la posizione

del piano focale corrispondente alla configurazione dei campi magnetici

del file originario prex Rn dir.dat e situata a 0.7 m dalle VDC.

Figura 34: istogrammi, ottenuti a vari valori del campo magnetico del qua-drupolo Q3, della coordinata verticale Xf del punti d’impatto, su un pianosituato a 1.43 m di distanza dalla VDC, delle traiettorie di elettroni diffusicon momento e angolo di diffusione orizzontale uguali a quelli della traietto-ria centrale di HRS e con angolo di diffusione verticale variabile. I valori delcampo magnetico sono quelli alla posizione del polo di Q3 e sono espressi inTesla. I valori del campo magnetico si riferiscono a un momento della traiet-toria centrale pari a 4.79GeV

c. Per normalizzarli al momento 1.06GeV

cdegli

elettroni diffusi nell’esperimento PREX bisogna moltiplicarli per 0.2215.

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Figura 35: Istogramma della coordinata verticale delle traiettorie in HRSin funzione della distanza dalle VDC con il campo magnetico di Q3 pari a0.2564 Tesla.

Figura 36: Istogramma della coordinata verticale delle traiettorie in HRSin funzione della distanza dalle VDC con il campo magnetico di Q3 pari a0.2553 Tesla.

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Una seconda verifica concernente il file prex Rn dir.dat consiste

nella ricerca del coefficiente moltiplicativo da applicare globalmente ai

campi magnetici in esso descritti, in modo da determinare con precisio-

ne i campi magnetici che i singoli componenti di HRS devono generare

per far sı che la traiettoria centrale degli elettroni rivelabili da HRS

corrisponda a quella dell’esperimento PREX (1.06 GeVc).

Come detto all’inizio di questo capitolo, e possibile fornire al program-

ma SNAKE, nelle fasi iniziali della sua esecuzione, un coefficiente per

cui SNAKE moltiplichera i campi di tutti i moduli magnetici definiti

nel file di input.

Questo permette di simulare le traiettorie di particelle di momenti cen-

trali diversi, senza dover modificare il file di input, ma semplicemente

moltiplicando i campi magnetici per un coefficiente opportuno. Se, per

esempio, sono state simulate traiettorie di particelle con momento pari

a P1 in uno spettrometro magnetico descritto da un certo file di in-

put, e possibile simulare anche, con lo stesso file di input, le traiettorie

di particelle con momento pari a P2 semplicemente fornendo a SNA-

KE, all’inizio della sua esecuzione, un coefficiente moltiplicativo pari

aP2

P1

. Questa proprieta di SNAKE ha indubbiamente il vantaggio di

permettere di generare un solo file di input per un certo spettrometro, e

quindi, di poter studiare le proprieta dello spettrometro, indipendente-

mente dalle cinematiche degli esperimenti che lo utilizzano. Il prezzo da

pagare e che bisogna determinare, per ogni singolo esperimento, il coef-

ficiente moltiplicativo corrispondente alle sua cinematica. Allo scopo di

determinare il coefficiente moltiplicativo ottimale per la cinematica di

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PREX (elettroni diffusi a 1.06 GeVc) si e fatto uso della proprieta che la

probabilita di una particella di attraversare uno spettrometro magneti-

co, nella sua interezza, e tanto maggiore quanto piu il suo momento si

avvicina a quello corrispondente alla traiettoria centrale dello spettro-

metro, cosi come determinata dai campi magnetici dello spettrometro

stesso.

Si sono simulate, quindi, utilizzando come file di input per SNAKE

il file prex Rn dir.dat e variando il coefficiente moltiplicativo fornito a

SNAKE, diecimila traiettorie, entro HRS, di elettroni diffusi con angolo

di diffusione verticale compreso nell’intervallo −0.06 < θ0 < 0.06 rad,

con angolo di diffusione orizzontale compreso nell’intervallo −0.03 <

φ0 < 0.03 rad e con momento variabile tra 1.0123 e 1.1077 GeVc

(tut-

ti intervalli comprendenti ampiamente l’accettanza effettiva di HRS).

Il coefficiente moltiplicativo ottimale e stato determinato come quel-

lo per cui era massima la percentuale di traiettorie che riuscivano ad

attraversare tutto HRS, colpendo il piano focale (percentuale di tra-

iettorie “sopravvissute” entro HRS). La Figura 37 mostra l’andamento

del numero di traiettorie “sopravvissute” in funzione del coefficiente

moltiplicativo applicato globalmente ai campi magnetici descritti dal

file prex Rn dir.dat. Da essa si evince che il coefficiente moltiplicativo

ottimale e 0.2215 (il che significa che il file prex Rn dir.dat corrispon-

de a una traiettoria centrale delle particelle rivelate da HRS pari a1.06

0.2215= 4.79GeV

c).

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Figura 37: andamento del numero di traiettorie in grado di attraversa-re tutto HRS, arrivando sino al piano focale, in funzione del coefficientemoltiplicativo applicato globalmente ai campi magnetici descritti dal fileprex Rn dir.dat.

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5.4 Stima dell’accettanza

Siamo adesso in grado, dopo aver trovato la distanza dalle VDC al-

la quale posizionare il piano focale (1.43 m) e dopo aver trovato il

coefficiente (0.2215) con cui moltiplicare i valori dei campi magnetici

registrati nei file di input prex Rn dir.dat, di stimare l’accettanza spe-

rimentale dello spettrometro HRS, per confrontare il valore ottenuto

col valore di 3.7 · 10−3 msr, riportato nell’articolo [41].

Il calcolo di essa e stato eseguito, in un primo momento, calcolando

l’area, nel piano (θ0, φ0) comprendente gli angoli di diffusione verticale

ed orizzontale degli elettroni, le cui traiettorie hanno raggiunto il piano

focale dopo la diffusione nel bersaglio e dopo aver attraversato tutto

HRS.

In seguito, al fine di valutare meglio il contributo al valore dell’accet-

tanza da parte dei contorni di suddetta area, si e divisa l’area stessa

in 9 sezioni, calcolando e quindi sommando l’area di ciascuna sezione.

Inoltre, e stato ritenuto che una statistica adeguata e stata ottenuta

con un rapporto tra il numero di tracce sopravvissute e i bin di suddi-

visione dell’area θ0 − φ0 maggiore di 7.

Il valore dell’accettanza e stato ottenuto dalla formula;

Accettanza =areabinnbin

· b. (60)

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dove:

• areabin, l’area di ciascun bin in cui e stato diviso il piano (θ0, φ0);

• nbin, numero di bin in cui e stato diviso il piano (θ0, φ0);

• b, numero di bin corrispondenti a un’area nel piano (θ0, φ0) da

cui e originata almeno una traiettoria che ha raggiunto il piano

focale.

Per ottenere un’adeguata statistica, sono state simulate all’incirca 3

milioni di traiettorie, entro gli intervalli:

θ0 − 0.051/0.051 mrad

φ0 − 0.028/0.018 mrad

p 1.0123/1.1077 GeVc

(61)

I risultati sono mostrati in fig. 38 e sono consistenti con un valore

d’accettanza pari a:

acc = 3.55548 · 10−3 sr, (62)

La distribuzione del numero di tracce che hanno raggiunto il piano fo-

cale per singolo bin di suddivisione del piano e riportata in fig. 39.

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Figura 38: Area nel piano (θ0, φ0), corrispondente agli angoli di diffusioniorizzontali e verticali degli elettroni le cui traiettorie hanno raggiunto il pianofocale.

Figura 39: distribuzione delle tracce che hanno raggiunto il piano focale persingolo bin di suddivisione del piano (θ0, φ0)

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In un secondo momento e stata divisa l’area suddetta in 9 sezioni

diverse, come visibile in figura 40, ed in ognuno di essi e stata calcolata

l’accettanza simulando un numero adeguato di traiettorie (7 volte il

numero di bin nella sezione).

I risultati estratti dalle fig. 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, sono mo-

strati nella tabella sotto riportata. Sommando le accettanze di ciascuna

sezione otteniamo un’accettanza pari a:

Acc = 3.50907 · 10−3 sr. (63)

Sezione Accettanza1 5.05753 · 10−6

2 7.01234 · 10−4

3 2.67855 · 10−5

4 2.75355 · 10−4

5 1.71015 · 10−3

6 5.12102 · 10−5

7 6.957 · 10−6

8 7.06955 · 10−4

9 2.54027 · 10−5

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Figura 40: suddivisione del piano (θ0, φ0) in nove sezioni

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Figura 41: prima sezione

Figura 42: seconda sezione

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Figura 43: terza sezione

Figura 44: quarta sezione

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Figura 45: quinta sezione

Figura 46: sesta sezione

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Figura 48: ottava sezione

Figura 49: nona sezione

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6 Conclusioni

La misura di Rn fornisce un importante test dei calcoli sulla materia

neutronica fondamentale; una misura precisa di Rn potra avere un for-

te impatto sulla teoria nucleare, sulla violazione della parita atomica e

sulla struttura delle stelle di neutroni, poiche vi e una forte relazione

tra il raggio dei neutroni nel piombo e la pressione della materia neu-

tronica a densita prossime a 0.1fm−3.

La presente tesi ha avuto come oggetto la verifica delle proprieta del-

lo spettrometro HRS, utilizzato dall’esperimento PREX, che ha luogo

nella Hall-A di JLab (Jefferson Laboratory) sito a Newport News, in

Virginia, USA. PREX ha avuto una prima fase di presa dati nel 2010.

Una seconda fase (denominata PREX-II) e prevista per il 2017.

Scopo dell’esperimento e quello di verificare, per la prima volta in mo-

do modello-indipendente, l’esistenza della cosiddetta “pelle di neutroni”

(“neutron skin”), ovvero di un raggio di neutroni piu grande di quel-

lo di protoni, nel nucleo 208Pb. Questo lavoro di tesi ha verificato le

proprieta di HRS, in particolare la localizzazione del piano focale e la

sua accettanza. A tale scopo sono stati utilizzati codici di simulazione

del trasporto di elettroni in campo magnetico, in particolare il codice

SNAKE. Dopo una descrizione dei metodi matematici impiegati dai co-

dici per simulare le traiettorie di particelle cariche in campi magnetici,

metodi molto simili a quelli impiegati nell’ottica geometrica, nonche

del codice di simulazione SNAKE, adoperato dall’autore di questa te-

si, nel Capitolo 5 vengono riportati i risultati di queste verifiche. In

particolare e stata riscontrata la necessita di aumentare, rispetto alla

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“configurazione standard” di HRS, del 4.5% il valore del campo dell’ul-

timo quadrupolo di HRS per posizionare il piano focale a 1.43 m dalle

Camere a Deriva Verticale (VDC) situate alla fine di HRS. Il valore del-

l’accettanza di HRS, come derivato dalle simulazioni, e risultato pari a

3.55 ·10−3 con un primo calcolo basato sull’integrale globale dell’angolo

solido individuato dai punti di partenza delle traiettorie degli elettroni

che raggiungono il piano focale dopo essere stati diffusi. Un calcolo

piu raffinato, basato sulla suddivisione dell’angolo solido suddetto in

sezioni e sul calcolo dell’integrale di ciascuna sezione ha dato un valore

per l’accettanza pari a 3.50 · 10−3.

I valori trovati con i due metodi sono abbastanza compatibili tra loro

e, in ultima istanza, rispondono alle specifiche richieste dalla collabo-

razione PREX, in particolare per gli esperimenti PREX-II e CREX.

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7 Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura

di questa tesi; a loro va la mia gratitudine, anche se a me spetta la

responsabilita per ogni imprecisione contenuta in questa tesi.

Ringrazio anzitutto il Prof. Bellini V., Relatore, che ho avuto l’onore

di avere come docente ma soprattutto come maestro, dentro e fuori

dalle aule universitarie, i cui consigli e le cui osservazioni sono risultati

fondamentali per tutta la mia carriera.

Un ringraziamento particolare va al Prof. Urciuoli G.M., Correlatore,

uomo di scienza, ma anche uomo di grande cultura e pazienza, senza il

quale non avrei potuto completare questo lavoro.

Ringrazio, inoltre, il Dott. Tortorici F., Correlatore, per il suo enorme

aiuto nella programmazione.

Ringrazio tutto il gruppo di ”ottica”, con cui mi sono confrontato,

durante il periodo della mia tesi.

Un abbraccio caloroso va a tutti i miei colleghi, con cui ho vissuto degli

anni indimenticabili.

Vorrei infine ringraziare le persone a me piu care: i miei genitori, che

da sempre mi hanno sostenuto lungo il percorso verso questa laurea;

i miei splendidi fratelli, dal genio incomparabile;

la mia fidanzata, che mi ha sostenuto in questi ultimi mesi, sperando

che sia solo l’inizio.

E, dulcis in fundo, ringrazio tutti i miei nonni, a cui dedico questo

lavoro, certo del fatto che la fine di questo percorso e motivo di grande

gioia per loro, ovunque essi siano.

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