ILVA SPA Taranto Incontro GdL Interregionale INEMAR Bari, 5-6 ottobre 2010 ing. Monica Bevere.
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “Aldo Moro” · Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto,...
Transcript of UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI “Aldo Moro” · Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto,...
1
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI
“Aldo Moro”
DIPARTIMENTO DI STUDI AZIENDALI E
GIUSPRIVATISTICI
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE
TESI DI LAUREA
IN
SOCIOLOGIA DEI CONSUMI
LE MORTI CHE NON CONTANO.
L’ILVA A TARANTO.
Relatore:
Chiar.mo Prof. Alfonso ZIZZA
Laureando:
Francesco SCIALPI
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
2
INDICE
INTRODUZIONE pag. 3
CAPITOLO 1: LA GRANDE INDUSTRIA. LA STORIA
1.1 Dal ’60 all’80: nascita dell’azienda, il boom economico e la crisi petrolifera pag. 6
1.2 Dal ’80 al 2000: la crisi della siderurgia, il declino e la privatizzazione pag. 11
1.3 Dal 2000 ad oggi: la certificazione di un disastro e i processi giudiziari pag. 15
1.4 Due falsità pag. 24
CAPITOLO 2: AMBIENTE SVENDUTO
2.1 Ciò che non si vede: le emissioni inquinati e i parchi minerali pag. 28
2.2 Le pecore, le cozze, il latte di mamma: una catena alimentare
irrimediabilmente compromessa pag. 40
2.3 Lo Studio Sentieri pag. 46
2.4 Due perizie pag. 50
CAPITOLO 3: TARANTO, LA CITTÀ NECESSARIA
3.1 La terra promessa pag. 62
3.2 Una favola sul potere pag. 70
3.3 La famiglia Riva pag. 86
3.4 Due sequestri pag. 96
CAPITOLO 4: PROSPETTIVE FUTURE
4.1 Conflitti disinteressati pag. 99
4.2 Overcapacity: Tra il modello Linz e lo spettro di Bagnoli pag. 104
4.3 Un’occasione perduta? pag. 112
4.4 Due lettere pag. 120
CONCLUSIONI pag. 123
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA pag. 132
APPROFONDIMENTI pag. 137
3
INTRODUZIONE
Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, il più grande in Europa e tra i più
grandi nel mondo, si colloca in una posizione di assoluta centralità, nel
sistema di produzione Ilva poiché, oltre ai prodotti siderurgici finiti destinati
al mercato sia nazionale che internazionale, alimenta il sistema produttivo
aziendale e, per il tramite di questo, ampi settori dell’intera industria
metalmeccanica nazionale (auto, elettrodomestici, tubi, cantieristica, ecc.)1.
Oltre all’importanza strategica dell’impianto, però, ci sono una serie di altri
aspetti di carattere non prettamente economico che coinvolgono la
popolazione residente: l’ambiente, la salute, il lavoro, lo stato sociale, il
fallimento della politica e degli organi istituzionali, la logica preponderante del
capitalismo privato. Queste tematiche contengono, al loro interno, una serie
infinita di implicazioni strettamente intrecciate tra loro, tali da comporre un
ricco ed intricato mosaico, specchio della società italiana.
Il lavoro, strutturato in quattro capitoli, è intento a mostrare l’incoerenza tra
ciò che si è detto e non si è fatto, ciò che è stato promesso e non è stato
mantenuto: la realtà, quella vera e reale rimasta inascoltata e, chiara
espressione del “disastro”, celata dietro “un mare di demagogia sotto ricatto
occupazionale”.
Nella prima parte, tramite un’analisi temporale sviluppata per decenni, verrà
affrontato l’aspetto storico: dalle ragioni che hanno portato la grande industria
nella città di Taranto, alle attuali vicende giudiziarie che hanno coinvolto i
vertici dell’azienda.
All’interno della seconda parte, invece, utilizzando i recenti studi
epidemiologici e chimici, redatti per ordine della Magistratura e del Ministero
della Salute, verrà approfondito il nesso causale tra ambiente e salute.
1 www.ilvataranto.com
4
La terza parte, tratterà il tema sociale: le altre fonti, passate e presenti, di
“contaminazione” dell’area jonica; la radicazione dell’azienda “sul territorio e
nella gente”; i contorni favorevoli della politica (e non solo) tra facili
lasciapassare ed intrecci di intenti poco nobili; la grande famiglia dell’acciaio,
protetta da uno Stato apparentemente assente.
L’ultima parte del lavoro analizzerà i possibili scenari futuri: l’Aia, il decreto
salva – Ilva; il commissariamento e la crisi del mercato; le ipotesi di
riconversione industriale, prendendo come modello di riferimento realtà di
sviluppo e d’eccellenza estere.
5
If you really think
that the environment is less important than economy,
try holding your breath
while you count your money.
Se davvero credi che l'ambiente
sia meno importante dell'economia,
prova a trattenere il fiato
mentre conti i tuoi soldi
Dr. Guy McPherson,
prof. Emerito,
Università dell’Arizona
6
CAPITOLO 1: LA GRANDE INDUSTRIA. LA STORIA
1.1 DAL ‘60 ALL’ ‘80: NASCITA DELL’AZIENDA, IL BOOM
ECONOMICO E LA CRISI PETROLIFERA
Nel corso di un incontro al Quirinale proprio rispondendo ad una domanda di
alcuni studenti di Taranto dissi che bisognava rendersi conto che per tanto
tempo il problema numero uno è stato il problema del lavoro, di creare posti
di lavoro, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia e sembrava che la strada
maestra fosse quella di costruire fabbriche. In questo senso ho peccato
anch’io: mi ricordo che mi diedi molto da fare e partecipai a delle battaglie
perché si costruisse il grande impianto siderurgico a Taranto. Abbiamo
imparato, dopo, che bisognava essere più prudenti, e che bisognava mettere
nel conto anche tutte le conseguenze negative dell’industrializzazione. Ma si è
dovuti passare per quell’esperienza, per capirlo.2
Giorgio Napolitano,
presidente della Repubblica
La storia dell’Ilva, la storia del più grande impianto siderurgico italiano, la
storia del colosso dell’acciaio, potrebbe essere riassunta forse, e
paradossalmente, all’interno di questa dichiarazione.
È il Capo dello Stato a farla, il rappresentante massimo delle istituzioni, la
figura più autorevole del panorama politico italiano. Ma c’è di più.
2 G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009
7
Giorgio Napolitano fu uno dei promotori dell’iniziativa che portò la grande
industria a stabilirsi nel territorio di Taranto.
L’Ilva/Italsider nacque su iniziativa di industriali del settentrione d'Italia come
ILVA (nome latino dell'isola d'Elba, dalla quale veniva estratto il minerale di
ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento).
Con la nascita dell'IRI la società passò sotto il controllo pubblico divenendo
Italsider, per poi riacquisire la denominazione originaria all’inizio degli anni
’90.
Lo stabilimento di Taranto: l’ultimo, nonché il più importante, tassello del
processo di ricostruzione post-bellico, ideato e avviato dall’ingegner Oscar
Sinigallia, ex presidente di Finsider.
La ripresa doveva passare per l’acciaio e per la produzione di massa: 377
miliardi di lire, questo il prezzo iniziale pagato dallo Stato.
Così, il 20 giugno del 1959, il Comitato dei ministri per le partecipazioni
statali deliberò la costruzione, a Taranto, del IV centro siderurgico a ciclo
integrale (dalla materia prima al prodotto finito, per intenderci).
Esso, andò ad aggiungersi agli impianti già presenti sul territorio nazionale
nelle sedi di Bagnoli (AV), Piombino (LI), Porteferraio (LI) e Genova
(quartiere Cornigliano).
In prossimità delle maggiori arterie stradali, ferroviarie e marittime e,
prescindendo dalle prescrizioni imposte dal piano regolatore, vennero
individuate tre aree in possesso delle caratteristiche idonee: 528 ettari e una
strada statale a dividere il quartiere Tamburi dal sito stesso.
Le conseguenze non importano: un’opera abusiva che passa, prima, per le
“licenze in bianco” e, poi, per le “licenze in precario”. Il consorzio ASI,
incaricato della regolamentazione, non batté ciglio.
8
C’è ben poco da fare, Taranto fu il sito prescelto: un territorio pianeggiante
abbastanza grande, in grado di accogliere un’imponente flusso migratorio,
dotato delle necessarie caratteristiche strutturali e geomorfologiche e, per
questo, “meno bisognoso” di grossi investimenti.
Il 9 luglio del 1960, si celebrò la posa della prima pietra per opera delle due
maggiori società della Finsider: l’Ilva e Cornigliano. Nel 1961, la fusione
generò l’Italsider e, nello stesso anno, iniziarono i primi lavori di costruzione
dello stabilimento, disboscando un’area ricolma di alberi d’ulivo; buoni
indennizzi a favore dei proprietari terrieri, opportunità di ricchezza nel
presente e garanzia di un prosperoso futuro scacciarono via, tra l’indifferenza
generale, i timori che il cambiamento porta sempre via con sé.
Taranto: città povera, città di pescatori e mezzadri, città dell’Arsenale Militare
e dei Cantieri Navali Tosi, città di analfabeti e disoccupati (26.091 nel 1959),
città di emigranti che vide, nella grande industria, una oramai tangibile rampa
di lancio.
Il ministro dell’Industria e del Commercio, il potentino Emilio Colombo, la
definì come un’industria di base capace di creare un effetto moltiplicatore
sull’economia meridionale:3 accolse gente da ogni parte di Italia, bloccando il
flusso migratorio.
Quindicimila operai parteciparono alla costruzione dello stabilimento.
Il presidente del Consiglio Aldo Moro, nel 1964, assistette alla prima colata:
definì la grande fabbrica come un motivo di legittimo orgoglio per l’intera
nazione che vede finalmente risollevarsi dalla mortificazione del Sud4.
Nel 1965 venne avviato l’altoforno 3 e Giuseppe Saragat, presidente della
Repubblica, inaugurò ufficialmente lo stabilimento.
3 T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La tragica parabola di
una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa Editrice, 2012 4 Ibidem
9
Tra il 1968 ed il 1970, fu l’ampliamento dello stesso ad animare i dibattiti
cittadini: da 528 a 1500 ettari, due volte la superficie urbana della città.
Il 26 Novembre del 1970, il CIPE approvò la relazione, redatta dal comitato
tecnico consuntivo dell’IRI: l’opera portò il siderurgico ad estendersi sino al
mare con la concessione di tre dei cinque sporgenti per l’attracco di navi, da
utilizzare per il trasporto delle materie prime. Ingenti furono i danni per
l’ecosistema della rada del mar Grande che, già nella prima fase insediativa,
aveva dovuto subire il depauperamento, con la conseguente distruzione
dell’isola di San Nicolicchio (piccola isola disabitata, utilizzata dai pescatori
per la loro attività).
Il programma di espansione, concepito per contrastare il tentativo di
acquisizione del mercato italiano da parte della siderurgia francese (nascita di
un nuovo centro siderurgico nei pressi di Marsiglia), cominciò a destare non
poche preoccupazioni: l’associazionismo ambientalista locale, mosse i primi
passi nel quartiere Tamburi (il più colpito dall’industrializzazione), mediante
una serie di manifestazioni, con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza.
Gli sforzi non furono del tutto vani: venne istituito il Comitato Regionale per
l’Inquinamento Atmosferico (inoperoso nella area di Taranto) e, a seguito di
un convegno dal titolo “Inquinamento ambientale e salute pubblica a Taranto”,
venne commissionato, dal Comune, uno studio proprio sull’inquinamento
atmosferico.
I primi dati furono eloquenti: la zona occidentale della città risultava
interessata da un processo di crisi ambientale. Per questo, l’Italsider annunciò
investimenti per (complessivi) 125 miliardi di lire.
Nel 1974, vennero creati il Servizio Sicurezza Lavoro e il Servizio per l’Igiene
del Lavoro Ambientale e, a seguito della Vertenza Taranto e dell’accordo con i
sindacati, l’azienda ribadì gli impegni assunti in passato in tema di eco-
10
compatibilità: 90 miliardi di lire da destinare, quasi interamente, al capoluogo
jonico.
Il 1975, anche a seguito della crisi petrolifera del ’73, venne segnato dal crollo
del consumo mondiale di acciaio (-8%). Solo nei Paesi della Comunità
Europea la diminuzione si attestava al 18%.
Nel 1976, nonostante la legge Merli (dedicata alla regolamentazione e alla
disciplina degli scarichi industriali) venisse promulgata, a causa dei ritardi del
Governo nell’emanare i decreti esecutivi, essa finì col rimanere inoperosa per
circa un ventennio (concretamente applicata solo a metà degli anni Ottanta).
Decisiva, poi, nel 1979 l’attività svolta dall’Istituto Nazionale per gli Infortuni
sul Lavoro (INAIL): uno studio riguardante l’incidenza della malattie
professionali derivanti dall’esposizione a gas, fumi e polveri altamente nocive.
Il quadro emerso fu allarmante e, a settembre del 1979, si rese necessaria
l’installazione di 5 stazioni fisse di rilevamento posizionate in punti strategici
del territorio provinciale.
11
1.2 DALL’ 80 AL 2000: LA CRISI DELLA SIDERURGIA,
IL DECLINO E LA PRIVATIZZAZIONE
I primi anni ‘80 fecero registrare un calo costante della domanda mondiale di
acciaio: il 31 ottobre del 1980, la Comunità Europea dichiarò lo stato di crisi
manifesta.
L’azienda, in grave crisi di liquidità ed incapace di fronteggiare la situazione,
si vide costretta ad esser ceduta alla Nuova Italsider ed esser sottoposta a
ricapitalizzazione: venne avviato un programma di ristrutturazione degli
impianti e dei processi produttivi (TARAP-MRO) su consulenza della Nippon
Steel, con l’impiego di 78 tecnici e manager fino al novembre 1983.
Migliorare l’efficienza produttiva degli impianti (razionalizzando i costi
elevati) e riduzione degli errori gestionali al minimo: questi i capisaldi
dell’iniziativa.
Nel 1982, la pretura di Taranto cominciò ad indagare sui vertici dell’Italsider.
Emissione di polveri, l’inquinamento da gas, fumi e vapori: questa l’accusa.
All’interno del processo, si costituirono parte civile molti abitanti dei quartieri
Tamburi, Paolo VI e Città Vecchia, le associazioni ambientaliste e, solo
inizialmente, il Comune: quasi alla vigilia della sentenza, infatti, il sindaco
dell’epoca, Giuseppe Cannata, venne meno all’impegno, per motivi di
opportunità politica.
La sentenza fu imbarazzante: condanna del direttore dello stabilimento a 15
giorni di arresto, solo, per getto di polveri.
Nel 1985, la forza – lavoro dell’Ilva, si ridusse a 15.000 unità (21.791 nel
1980) mentre quella dei disoccupati a 60.000: fu la conseguenza della crisi del
comparto siderurgico e dei licenziamenti delle imprese dell’indotto (non in
grado di reggere al contraccolpo), della eliminazione degli esuberi, dei pre –
pensionamenti, della cassa integrazione. Un circolo in grado di alimentare,
12
automaticamente, il mercato nero: lo fornirà di tutte quelle “competenze” che,
uscite dalla fabbrica, per forza di cose, si vedranno costrette a rivendicare un
posto di lavoro, anche a discapito dei propri figli.
Nel 1986, con la legge n. 349, venne istituito il Ministero dell’Ambiente.
Nel 1988, l’IRI approvò il piano di ristrutturazione: discusso, sia in
Parlamento che in sede comunitaria, prevedeva l’impiego di 5.170 miliardi di
lire. Nel contempo, a maggio dello stesso anno, iniziò la liquidazione
volontaria della Finsider, dell’Italsider, della Nuova Deltasider e della Terni
Acciai Speciali: nel 1989 si costituì una nuova società, l’Ilva spa.
Quest’ultima fatturò, solo in quell’anno, 11.000 miliardi di lire, con un utile
netto di 300 miliardi.
Agli ottimi risultati conseguiti nel 1989, non ne fecero seguito altrettanti:
l’espansione, che aveva caratterizzato il decennio precedente, si rivelò
meramente congiunturale. La siderurgia e l’azienda, soprattutto, entrarono,
dapprima, in una fase stagnazione e, successivamente, in una spirale recessiva,
tanto da portare l’Ilva al crollo definitivo nel 1992.
L’area di Taranto venne dichiarata ad “elevato rischio ambientale”: assieme al
capoluogo jonico, altri 4 comuni della Provincia vennero dichiarati colpiti
(Crispiano, Massafra, Montemesola, Statte) per un totale di 564 km2 e 263.614
abitanti.
Al timone della grande fabbrica, c’era l’amministratore Giovanni
Gambardella: ingaggiato dall’IRI presieduta da Romano Prodi, con l’intento di
porre rimedio ad una situazione tutt’altro che semplice. Il programma di
ristrutturazione proposto, da un lato trovò la ferma opposizione della CEE, in
quanto considerato come aiuto di Stato e, dall’altro, risultò pressappoco
inadeguato: forti investimenti (circa 2000 miliardi di lire) per l’acquisizione di
249 società impegnate in settori lontani dalla siderurgia.
13
A Taranto possono esserci gli impianti siderurgici più avanzati, ma che fare se
poi fuori la città è come Addis Abeba?. Gambardella lo disse con la sua
sprezzante tracotanza poco prima di sotterrare la siderurgia pubblica.5
Dopo controversie tra i commissari e il Governo Italiano, nel 1993, venne
stimato “l’impiego necessario” per il risanamento (7.200 miliardi di lire).
L’ultimo disperato e affannoso tentativo di salvare un’azienda oramai sull’orlo
del baratro, venne affidato, nel febbraio del 1993, ad Hayao Nakamura:
manager della Nippon Steel, tecnico capace ed esperto, grande conoscitore
dello stabilimento (avendoci lavorato per molto tempo). Il giapponese tentò
vanamente e, con le buone maniere, di portare il risanamento: contrasti con i
vertici, lo portarono, dopo appena 9 mesi, a lasciare l’incarico.
Nel frattempo, il gruppo IMI venne incaricato dall’IRI come advisor, assieme
alla Barclays De Zoete, per la vendita di Ilva Laminati Piani e Acciai Speciali
Terni.
Nel 1994, cominciarono le contrattazioni per la vendita a privati.
British Steel Corporation (la coalizione costituita dall’imprenditore bresciano
Lucchini e dalla francese Unisor Sacilor), Tarnofin (l’accoppiata formata dal
banchiere statunitense Miller e dagli imprenditori locali di Novi Ligure e
Taranto) e il ragioniere milanese Emilio Riva, ex commerciante di rottami di
ferro, (dal 1988 deteneva già la maggioranza di Cornigliano) erano i maggiori
indiziati all’acquisizione di quella che era divenuta, oramai, l’Ilva Laminati
Piani (società in cui lo Stato aveva collocato gli stabilimenti di Novi Ligure,
Taranto e Cornigliano).
Fu quest’ultimo a spuntarla, il 16 marzo 1995, con l’aiuto del Governo
presieduto da Lamberto Dini, alla modica cifra di 1649 miliardi di lire.
5 T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La tragica parabola di
una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa Editrice, 2012
14
Il Gruppo Riva, multinazionale non quotata in Borsa con assetto
prevalentemente familiare, dal 94’ al 95’ portò: il numero di dipendenti da
5.754 a 26.542 (11.000 in più solo a Taranto) ed il fatturato a toccare quota
11.486 miliardi, con utile netto superiore di dieci volte (circa) rispetto ai
precedenti (da 105 a 996 miliardi di lire).
Nel 1996, la Regione Puglia acquistò importanza in materia ambientale, con
l’affidamento di competenze speciali in merito: la collaborazione con il
Ministero dell’Ambiente, portò alla realizzazione del Piano di Risanamento.
Nel 1997, mentre l’atto siglato tra Regione e Ilva (il primo in assoluto) non
prevedeva né limiti di tempo, né vincoli o condizioni stringenti in caso di
inadempienze, il Gruppo Riva decise di presentare il primo piano industriale
(539 miliardi di lire), volto al rifacimento degli impianti, per renderli eco -
compatibili ed in grado di garantire la sicurezza sul lavoro.
Nel 1998, passati otto anni dalla dichiarazione con la quale l’area veniva
dichiarata a forte rischio ambientale, venne messo a punto il “Piano
disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto”
elaborato da ENEA, per conto del Ministero dell’Ambiente, e rimasto nel
dimenticatoio per quattro lunghi anni: venticinque interventi, di cui quattordici
sugli impianti (208 miliardi) affidate al Gruppo e undici (48 miliardi) allo
Stato, con l’intento di porre rimedio a decenni di scelleratezze, inadempienze e
negligenze in tema salute – industria.
L’atto siglato con la Regione e il Piano di risanamento, però, non ebbero
seguito e non vennero rispettati. Nel frattempo, il grave caso di mobilità che
coinvolse 69 lavoratori della vecchia palazzina Laf, indisponibili ad accettare
il declassamento dei contratti, fece da cornice agli ultimi anni del decennio.
15
1.3 DAL 2000 AD OGGI: LA CERTIFICAZIONE DI UN DISASTRO E
I PROCESSI GIUDIZIARI
Ai nodi rimasti irrisolti, si cerca di dare soluzione nell’agosto del 2000: il
Ministero dell’Interno affida al presidente della Regione, in qualità di
commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia, la titolarità
esclusiva del Piano di Risanamento. Nel frattempo, il Presidio Multizonale di
Prevenzione (PMP) redige una relazione, alquanto allarmante, circa
l’inquinamento prodotto dalla produzione del coke: chiede il fermo delle
batterie 3 e 6.
L’anno successivo, l’amministrazione si fa carico del problema e ordina di
intervenire sui forni delle batterie 3 e 6 per apportare migliorie e per ridurne la
produzione di coke. Il Gruppo Riva sembra disposto a collaborare solo con la
Regione, mentre, nel frattempo, viene formulato un ricorso al TAR. Le azioni
messe in atto dall’azienda risultano essere insufficienti: scoppia la “Vertenza
ambiente”. Ai risultati della maxiperizia richiesta dalla Procura, seguono gli
avvisi di garanzia inviati al Gruppo Riva e ad altri due dirigenti dello
stabilimento.
L’Arpa, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, istituita due anni
prima, non è ancora operativa.
Intanto, vengono chiuse le cokerie dello stabilimento di Cornigliano.
Uno studio epidemiologico (periodo 1988 – 2001) evidenzia la netta
correlazione tra le polveri respirabili emesse dagli impianti e gli effetti che
questi hanno sulla salute: la mortalità complessiva degli abitanti del quartiere,
difatti, risulta essere superiore rispetto al resto di Genova.
16
A luglio del 2002, arriva la sentenza di primo grado con la quale l’Ilva decide
di spegnere le batterie. La Magistratura e l’Amministrazione Comunale,
almeno in questa fase, sembrano operare in stretta collaborazione.
A settembre, il Ministero dell’Industria istituisce un tavolo da attivare a livello
regionale: comincia la “stagione delle intese”, con l’obiettivo di definire e
raggiungere un accordo, in merito agli investimenti necessari per il
risanamento dello stabilimento. Accordo di Programma a livello regionale e
primo (di tre) Atto di intesa con il quale vengono definiti gli impegni, gli
interventi e le scadenze temporali per l’adeguamento degli impianti, necessari
per ottenere il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA),
prevista dalle direttive europee.
L’8 gennaio 2003, viene siglato il secondo Atto d’intesa, concernente il
potenziamento del barrieramento tra stabilimento e aree urbane ad esso
contigue.
Il 27 febbraio e il 15 dicembre del 2004, vengono siglati, rispettivamente il
terzo e il quarto Atto d’Intesa: i risultati appaiono limitati anche perché, alcuni
dei problemi strettamente tecnici, vengono affrontati in maniera poco
convincente. Nel frattempo, proprio alla vigilia della condanna definitiva in
Cassazione, Comune e Provincia ritirano la propria costituzione di parte civile
per il processo che vedeva imputati i vertici dell’azienda per le polveri del
parco minerali che ricadevano sul quartiere Tamburi.
Nel 2005, Nichi Vendola viene eletto presidente della Regione Puglia e, a
luglio, viene spento anche l'altoforno numero 2 dello stabilimento di
Cornigliano: la produzione dell’area a caldo viene trasferita a Taranto.
Il 17 Ottobre del 2006 il comune di Taranto viene dichiarato ufficialmente
fallito.
17
Il 14 giugno del 2007, Ippazio Stefàno diventa sindaco di Taranto e l’Arpa
inizia una campagna di rilevamenti sull’inquinamento prodotto dallo
stabilimento.
Nel 2008, l’Arpa continua a diffondere una serie di dati relativi alle emissioni
inquinanti: il quadro generale sembra sempre più compromesso. In agosto,
viene firmato l’atto integrativo d’intesa che rende utilizzabili i 10 milioni di
euro che erano stati stanziati nell’ambito del progetto di riqualificazione del
quartiere Tamburi: con esso, veniva prevista la costruzione del mercato
rionale, la realizzazione di urbanizzazioni e spazi verdi, la bonifica dei suoli
impiegati, in attuazione della delibera CIPE n. 3 del 22 marzo 2006.
Nonostante questo, l’allarme inquinamento rimaneva ancora di stretta attualità:
serpeggiava tra le associazioni la possibilità di indire un referendum per la
chiusura dello stabilimento (o dell’area a caldo), mentre Nichi Vendola
decideva di scrivere una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi, affinché questi potesse aiutarlo nella risoluzione del problema.
Ad agosto, la risposta arrivata “per mano” del ministro dell’Ambiente Stefania
Prestigiacomo, da un lato, ribadiva la vicinanza dello Stato alla problematica
tarantina (tanto da promettere un Consiglio dei ministri a Taranto per
settembre, che non avrà mai luogo) e, dall’altro, rivendicava l’operato dei
Riva, sottolineando: gli “sforzi” protratti dalla famiglia, la “non necessaria”
revisione delle limitazioni legislative sulle emissioni inquinanti (anche se
scandalosamente alte rispetto a quelle europee) e l’attendibilità dei dati forniti
dall’Arpa.
L’iter per l’adeguamento alle “migliori tecniche disponibili” (BAT – Best
Available Techniques), intanto, pareva definirsi, con il conseguente rilascio
dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), prevista dalle direttive
europee.
18
Il 20 novembre, all’ospedale Testa di Taranto, viene presentata la nuova legge
regionale, approvata il 16 dicembre: imposto a tutti gli impianti che producono
diossine, di rispettare i limiti di 0,4 nanogrammi all’ora, come indicato dal
Protocollo di Aarhus.
Nel 2009, la direzione dell’Ilva oltre a ribadire le proprie perplessità circa la
legge regionale “antidiossina” appena emanata, annuncia ripercussioni sul
piano occupazionale. Per scongiurare la chiusura degli impianti, il Ministero
dell’Ambiente, convoca un tavolo di concertazione tra Regione Puglia
Ministero, sindacati e Ilva.
Il 19 febbraio viene siglato a Roma il Protocollo d’Intesa: previsto il rinvio
dell’entrata in vigore della prima parte della legge regionale “antidiossina” in
cui vengono stabiliti precisi criteri e modalità di monitoraggio delle emissioni.
Rinviato di un anno il raggiungimento “tramite le migliori tecnologie
disponibili” del limite di 0,4 µg.
Il 9 novembre 2011, i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità presentano a
Torino i risultati principali del progetto Sentieri (Studio epidemiologico
nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento),
relativi al periodo 1995 - 2002. I dati sono inquietanti: a Taranto vi è un
incremento del tasso mortalità legata ai tumori oltreché una situazione di
rischio generalizzata, derivante da un incontrollato processo di
industrializzazione che per 50 – 60 anni non ha avuto alcun riguardo in merito
alla salvaguardia di salute e ambiente. Ad avvalorare queste tesi, lo studio
dell'istituto di fisiologia clinica del Cnr nel luglio del 2012.
Il 17 febbraio e 30 marzo del 2012 si svolgono le udienze, a porte chiuse,
davanti al gip del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, dell'incidente
probatorio nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento che sarebbe stato
provocato dai fumi del siderurgico. Centinaia di persone, tra i quali molti
studenti, appostati dinanzi la sede del palazzo di giustizia jonico, per
19
manifestare la loro solidarietà nei confronti degli allevatori costituitisi parte
civile. Le due perizie, una chimica e l’altra epidemiologica, depositate presso
la procura della Repubblica di Taranto, dimostrerebbero, infatti, la
correlazione tra le emissioni dello stabilimento, in particolare diossina ma
anche policlorobifenili e benzo(a)pirene, e la contaminazione di terreni e di
animali degli allevamenti vicini alla fabbrica (animali che qualche anno prima
vennero abbattuti perché rilevata, nelle loro carni e nel loro latte, la presenza
di diossina). La redazione della perizia, avvenuta in un anno e per mano di
quattro esperti, dà così alla Magistratura la possibilità di indagare i vertici
dell’azienda (il patron Emilio Riva, il figlio Nicola, il direttore dello
stabilimento Luigi Capogrosso e il responsabile dell'area agglomerato Angelo
Cavallo), ipotizzando le accuse di: disastro colposo e doloso, avvelenamento
di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul
lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di
sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
A seguito di questo, nel marzo 2012, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini,
riapre d’urgenza la procedura Aia, rilasciata nell'agosto 2011 dal precedente
ministro, per adeguarla alla nuova normativa europea (in vigore dal 2016).
Il 26 luglio 2012 viene stipulato un Protocollo di intesa tra Ministero
dell’Ambiente, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello
Sviluppo Economico, Ministero per la Coesione Territoriale, Regione Puglia,
Provincia e Comune di Taranto, Commissario straordinario del porto di
Taranto per: interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e
riqualificazione di Taranto.
Nello stesso giorno, il gip di Taranto, Patrizia Todisco, su rapporto dei
carabinieri del NOE, dispone: il sequestro senza facoltà d'uso dell'intera area a
caldo e l’apposizione dei sigilli per parchi minerali, cokerie, area
agglomerazione e altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi; gli
20
arresti di Emilio e Nicola Riva (rispettivamente presidente Ilva spa fino al
maggio 2010 e fino a prima dell’arresto), Luigi Capogrosso (ex direttore dello
stabilimento di Taranto), Ivan Di Maggio (dirigente capo dell’area del reparto
cokerie), Marco Adelmi (capo area parchi), Angelo Cavallo (responsabile
dell’agglomerato), Salvatore De Felice (capo area altoforno) e Salvatore D'Alò
(capo area acciaieria 1 e 2 e capo area Crf).
L’ordinanza viene motivata con queste parole:
Chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato nell'attività inquinante con
coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari
regole di sicurezza6.
Il provvedimento di sequestro, viene notificato dai carabinieri del NOE di
Lecce il 30 luglio 2012, mentre il Tribunale del Riesame, conferma quanto
disposto dal gip.
A luglio 2012, nel tentativo di fermare il sequestro dell'impianto, Bruno
Ferrante succede al dimissionario Nicola Riva alla presidenza dell'Ilva7, come
figura istituzionale di garanzia: la magistratura pugliese, poi, per
incompatibilità tra il ruolo di custode e di amministratore, rimuove Ferrante
dall'incarico fino al suo reintegro disposto dal Tribunale del Riesame.
A Settembre 2012, lo studio del dipartimento di epidemiologia Ssr Lazio
conferma la situazione descritta da Sentieri e rende i dati ancor più
interessanti: riferita ad un periodo più recente (1998-2010), tratta in maniera
specifica l’area urbana della città di Taranto (a differenza di Sentieri che
fornisce i dati sull’intera Regione).
Il 12 ottobre 2012, il ministro Clini presenta alla stampa il risultato del lavoro
istruttorio svolto per la concessione dell’Aia: drastica riduzione del carico di
6 www.rai.it
7 bari.repubblica.it
21
inquinanti (emissione di polveri e benzo(a)pirene, in particolare), copertura dei
parchi minerali, fermata degli impianti a maggiore impatto ambientale ed
adeguamento per gli altri.
Nello stesso mese, vengono pubblicati i dati aggiornati (periodo 2003 – 2009)
relativi allo studio Sentieri: dai risultati presentati, emerge con chiarezza uno
stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto. I
residenti nei quartieri Tamburi, Borgo, Paolo VI, mostrano una mortalità e
morbosità più elevata rispetto alla popolazione di riferimento8, ammette il
ministro della Salute, Renato Balduzzi.
26 novembre 2012: Terremoto Ilva: 7 arresti, sigilli all'acciaio.
Tra i destinatari dei provvedimenti di custodia cautelare, anche Emilio e
Fabio Riva, al momento irreperibile. In manette l'ex responsabile delle
relazioni esterne del gruppo Archinà e l'ex assessore all'Ambiente Conserva.
Indagato Bruno Ferrante e il nuovo direttore dello stabilimento. Bloccata di
fatto l'attività nella fabbrica da dodicimila posti di lavoro.9
La chiusura degli impianti porta il Governo, il 3 dicembre, ad emanare un
decreto legge (poi convertito dal Parlamento nella legge 231 del 24 dicembre
2012) per sbloccare: gli impianti posti sotto sequestro (oggetto dell’opera di
risanamento contenuta nell’Aia) e i prodotti già realizzati e destinati alla
vendita.
La Procura impugna il provvedimento dinanzi alla Corte Costituzionale.
L’8 gennaio 2013, l’azienda chiede al Tribunale d’Appello, il dissequestro di
un milione e 700 mila tonnellate di merci (che valgono un miliardo) perché
una legge ne autorizzi la commercializzazione. La ferma opposizione dei pm,
trova l’appoggio dei giudici: decidono di sollevare un’eccezione di
8 www.adnkronos.com
9 M. Diliberto, Terremoto Ilva: 7 arresti, sigilli all'acciaio. Arrestato ex assessore, indagato Ferrante, La
Repubblica, 2012
22
costituzionalità alla Consulta in merito alla legge 231, che dà possibilità ad
Ilva di commercializzare quanto prodotto prima del 3 dicembre (giorno di
pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale).
L'11 gennaio 2013, l’ex procuratore generale della Cassazione, Vitaliano
Esposito, è il Garante previsto dalla legge sull'Autorizzazione integrata
ambientale rilasciata all'Ilva di Taranto. E Alfio Pini, capo del Corpo
nazionale dei Vigili del Fuoco, è il commissario delegato agli interventi di
bonifica dell'area di Taranto.10
Nel frattempo, viene annullato un ordine di 25.000 tonnellate di tubi grezzi (25
milioni di dollari valore complessivo), necessari per la realizzazione di un
oleodotto ad Oklahoma. Anche un ordine iracheno viene annullato: i lavoratori
parlano di sciopero ad oltranza; restano ai domiciliari le alte cariche
dell’azienda.
Il 22 gennaio 2013: Fabio Riva, vicepresidente di Riva Fire, e figlio del patron
dell'Ilva Emilio Riva, viene stato arrestato a Londra. Riva era ricercato dal 26
novembre scorso, giorno degli arresti nell'ambito dell'inchiesta per disastro
ambientale a carico dei vertici dell'Ilva di Taranto11
.
Si parla di cassa integrazione per 1400 lavoratori entro marzo, mentre
rientrano in 553 per la riapertura di alcuni impianti dell’area a freddo.
La Corte Costituzionale, il 13 febbraio, ritiene inammissibili i ricorsi che la
procura di Taranto aveva sollevato, in ordine al conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato.
Il via libera a 3479 contratti di solidarietà, scongiura il pericolo di cassa
integrazione per gli operai a rischio e, nel frattempo, Enrico Bondi viene
nominato amministratore delegato.
10
www.ilsole24ore.com 11
www.ilmessaggero.it
23
Intanto, 5 mila persone manifestano in piazza contro la “salva – Ilva”. Tutto è
vano però: la Consulta, il 9 aprile, la dichiara costituzionale.
Il 14 aprile, la popolazione, tramite un referendum consultivo cittadino, viene
chiamata ad esprimersi sulla chiusura dell’area a caldo e dell’impianto: non si
raggiunge il quorum. A votare si presenta solo il 19,5% della popolazione.
Stefàno, sindaco di Taranto, viene coinvolto nell’inchiesta “Ambiente
Svenduto” per abuso di ufficio ed omissione. Gianni Florido, presidente della
Provincia, l’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva, l’ex segretario alla
Provincia di Taranto Vincenzo Specchia e Girolamo Archinà, ex
rappresentante istituzionale dell’Ilva: sono i destinatari dei provvedimenti di
custodia cautelare emessi dal gip Patrizia Todisco, nell’ambito della stessa
inchiesta.
A fine maggio 2013, dopo il via libera della Procura al dissequestro
dell’acciaio, sequestrato dalla stessa il 26 novembre del 2013, la procura di
Milano avvia un’inchiesta sul patrimonio dei Riva per riciclaggio e truffa
mentre quella di Taranto “sigilla” 8,1 miliardi di euro alla famiglia.
Il cda dell’azienda si dimette: il Governo, in chiara situazione di emergenza,
decide di commissariarla, per un massimo di 36 mesi, ed affidarla proprio al
dimissionario Enrico Bondi.
L’1 luglio, si procede alla fermata dell’altoforno 2, in anticipo rispetto al crono
programma Aia: il mercato è in crisi, la situazione dello stabilimento appare
incerta.
Il Parlamento, nel frattempo, procede ai lavori di approvazione del decreto
legge sul commissariamento dell’azienda.
24
1.4 DUE FALSITÀ
Era un bello stabilimento, tra l’altro isolato dalla città. E’ stata la città ad
andare addosso all’Ilva, non l’Ilva addosso alla città. Quando andavamo allo
stabilimento, percorrevamo chilometri e non c’era una casa. Se la gente non
fosse andata ad abitare lì, così addosso all’acciaieria, forse, non sarebbe
stata così aggredita dall’inquinamento.
Romano Prodi,
presidente del Consiglio dei Ministri dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008
È nato prima l’uovo o prima la gallina?
E’ lo stabilimento ad essere stato costruito dopo le case, a 135 metri dalle più
vicine. Quelle case vicino a cui sono sorte le ciminiere esistevano pertanto già
prima e sono, per di più, frutto di edilizia pubblica e non certo di abusivismo
edilizio. E’ assurdo dare la colpa alla gente per errori compiuti invece da
politici e da ingegneri privi di conoscenze ambientali. A sbagliare furono i
dirigenti delle Partecipazioni Statali che autorizzarono la costruzione dello
stabilimento siderurgico di Taranto “al contrario”: l’area a caldo (la più
inquinante) venne infatti realizzata vicino alla città e l’area a freddo (la meno
inquinante) fu posizionata a maggiore distanza dalle case. Assurdo!12
Giorgio Meletti, de Il Fatto Quotidiano, intervista l’allora ministro
dell’Ambiente Corrado Clini:
Lei farebbe crescere un suo nipotino nel quartiere Tamburi di Taranto?
“Sicuramente no. E non ci prenderei mai casa. Io credo che il quartiere
12
A. Marescotti, Ilva: caro Prodi, a Taranto ha sbagliato lo Stato non i cittadini, Il Fatto Quotidiano, 2013
25
Tamburi di Taranto, sia la rappresentazione molto concreta di un modo
assolutamente disordinato e scriteriato di localizzare insediamenti abitativi”.13
L’anno di costruzione del quartiere Tamburi è il 1956.
La posa della prima pietra dello stabilimento Italsider risale al 9 luglio 1960.
Lo conferma anche la vedova Corisi:
La moglie del signor Corisi ricorda che in quella casa ci è andata ad abitare
quando aveva 4 anni e adesso lei ne ha 64. Quindi la casa è del 1953. In
quell’anno non esisteva l’acciaieria (l’avvio della costruzione dell’Italsider di
Taranto è del 1960) ma una vasta distesa di campagna e di olivi. I bambini
uscivano dalle case e andavano a giocare e a fare merenda sotto gli alberi
nella zona dove oggi produce l’Ilva. Questo smentisce chi ancora oggi
diffonde la falsa voce che il quartiere Tamburi sarebbe stato costruito
abusivamente “dopo” l’acciaieria e a ridosso di essa.14
Sarà poi lo stesso Clini, a dicembre del 2012, a prendere in considerazione la
possibilità di evacuare il quartiere Tamburi per fronteggiare l’emergenza
ambientale.
Toglietemi tutto, ma non la mia industria.
Quando si è costruito l’impianto a Taranto, la coscienza ambientale, in Italia,
era davvero così inesistente?
No. Assolutamente no.
13
Fonte: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/08/08/ilva-clini-farei-crescere-nipote-quartiere-tamburi-taranto/203229/ 14
A. Marescotti, Ilva, picchi di sabbia sahariana a Taranto? Peacelink smentisce Bondi, Comunicato Stampa, Inchiostro Verde, 2013
26
Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265.
Testo unico delle leggi sanitarie.
Art. 216
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni
insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli
abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne
e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda, quelle che esigono speciali
cautele per la incolumità del vicinato.
Questo elenco, compilato dal Consiglio Superiore di Sanità, è approvato dal
Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le Corporazioni, e serve di norma
per l'esecuzione delle presenti disposizioni.
Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco sono seguite per
iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta
insalubre.
Un’industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere
permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per
l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca
nocumento alla salute del vicinato.
Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra
indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al
podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute
pubblica, può vietarne la attivazione o subordinarla a determinate cautele.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da L. 40.000 a L
400.000.
27
Art. 217
Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi
provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di
danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per
prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione
ed efficienza.
Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e
termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.
28
CAPITOLO 2: AMBIENTE SVENDUTO
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno
può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana.
Art. 32 della Costituzione Italiana
L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché
l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a
fini sociali.
Art. 41 della Costituzione Italiana
2.1 CIÒ CHE NON SI VEDE: LE EMISSIONI INQUINANTI E I
PARCHI MINERALI
La fabbrica dei veleni non esiste. Chiunque afferma il contrario fa
dichiarazioni da procurato allarme, delle quali dovrebbe interessarsi la
procura della Repubblica15
.
Girolamo Archinà,
ex responsabile delle relazioni istituzionali Ilva Taranto,
attualmente agli arresti domiciliari
15
G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009
29
Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
Con il termine IPA si comprendono diversi composti organici con due o più
anelli aromatici condensati tra loro. Anche se esistono oltre 100 prodotti
policiclici, solo alcuni di questi possono essere dannosi per l'uomo e la fauna.
A livello industriale gli IPA sono prodotti da numerose attività: lavorazione di
metalli, raffinerie, cantieri, industrie chimiche e plastiche, inceneritori e
depositi di sostanze tossiche.
Presenti anche nell'aerosol urbano, sono generalmente associati alle particelle
con diametro aerodinamico minore di 2 micron e quindi in grado di
raggiungere facilmente la regione alveolare del polmone e da qui il sangue e
quindi i tessuti. Oltre ad essere degli irritanti di naso, gola ed occhi sono
riconosciuti per le proprietà mutagene e cancerogene, tali da poter danneggiare
il messaggio di replicazione genetica - cellulare. Lo IARC (International
Agency for Research on Cancer) ha inserito il benzo(a)pirene e altri IPA nelle
classi 2A o 2B (possibili o probabili cancerogeni per l'uomo).
Il benzo(a)pirene, appunto, in ambiente medico - oncologico, è conosciuto per
i suoi effetti devastanti sulla salute umana (tumori respiratori, tumori
polmonari, tumori del sangue, leucemie, linfomi, mielomi).
Il 13 agosto 2010, mentre l’Italia è in vacanza, il Governo emana un decreto
legislativo (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 15 settembre 2010) con il
quale sospende fino al 2013, un’importante misura di protezione della
popolazione urbana: il limite di emissione di benzo(a)pirene fissato a 1 µg/m³
(in vigore dal primo gennaio del 1999).
A Taranto, questa soglia è superata di ben 3 volte.
30
Un nanogrammo (cioè un miliardesimo di grammo) di benzo(a)pirene in un
metro cubo equivale, se noi facciamo un calcolo complessivo, a mille sigarette
fumate da un bambino in un anno16
.
Alessandro Marescotti,
fondatore di PeaceLink
Polveri PM 10 e PM2.5
Le polveri fini, denominate PM10, sono delle particelle inquinanti presenti
nell'aria che respiriamo. Queste piccole particelle possono essere di natura
organica o inorganica e presentarsi allo stato solido o liquido.
Le polveri fini vengono classificate secondo la loro dimensione, che può
determinare un diverso livello di nocività; infatti, più queste particelle sono
piccole, più hanno la capacità di penetrare nell'apparato respiratorio.
Le PM10 (diametro inferiore a 10 µm) possono essere inalate e penetrare nel
tratto superiore dell'apparato respiratorio, dal naso alla laringe.
Le PM2.5 (diametro inferiore a 2,5 µm) possono essere respirate e spingersi
nella parte più profonda dell'apparato, fino a raggiungere i bronchi.
Le polveri ultrafini (diametro inferiore ad 0,1 µm) potrebbero essere
addirittura in grado di filtrare fino agli alveoli e ancora più in profondità
nell'organismo e, si sospetta, entrare nel circolo sanguigno e poi nelle cellule.
Le fonti principali di polveri fini sono due: naturali e antropogeniche (traffico
veicolare e attività industriale).
16 Servizio tg3, Linea Notte, 2010
31
Il livello di concentrazione delle PM10 nelle aree urbane aumenta nel periodo
autunno-inverno, a cui si aggiungono le emissioni di polveri derivanti
dall'accensione degli impianti di riscaldamento.
Studi epidemiologici, confermati anche da analisi cliniche e tossicologiche,
hanno dimostrato come l'inquinamento atmosferico abbia un impatto sanitario
notevole: quanto più è alta la concentrazione di polveri fini nell'aria, infatti,
tanto maggiore è l'effetto sulla salute della popolazione.
Gli effetti di tipo acuto sono legati ad una esposizione di breve durata (uno o
due giorni) a elevate concentrazioni di polveri contenenti metalli. Questa
condizione può provocare infiammazione delle vie respiratorie, come crisi di
asma, o inficiare il funzionamento del sistema cardiocircolatorio.
Gli effetti di tipo cronico dipendono, invece, da una esposizione prolungata ad
alte concentrazioni di polveri e possono determinare sintomi respiratori come
tosse e catarro, diminuzione della capacità polmonare e bronchite cronica. Per
soggetti sensibili, cioè persone già affette da patologie polmonari e cardiache o
asmatiche, è ragionevole temere un peggioramento delle malattie e uno
scatenamento dei sintomi tipici del disturbo.
A livello di effetti indiretti, il particolato agisce da veicolo per sostanze ad
elevata tossicità, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici.
Metalli
Alla categoria dei metalli pesanti appartengono circa 70 elementi (con densità
>5 g/cm³), anche se quelli rilevanti da un punto di vista ambientale sono solo
una ventina. La normativa nazionale con il d.lgs 155/2010, che ha sostituito la
normativa preesistente, ha stabilito gli obiettivi di miglioramento della qualità
dell'aria per alcuni metalli: piombo (Pb), arsenico (Ar), cadmio (Cd) e nichel
(Ni).
32
A livello antropico derivano dall'attività mineraria, dalle fonderie e dalle
raffinerie, dalla produzione energetica, dall'incenerimento dei rifiuti e
dall'attività agricola.
Il piombo è un elemento in traccia altamente tossico che provoca
avvelenamento per gli esseri umani: assorbito attraverso l'epitelio polmonare
entra nel circolo sanguigno e si distribuisce in quantità decrescenti nelle ossa,
nel fegato, nei reni, nei muscoli e nel cervello.
I composti del nichel e del cadmio sono classificati dalla Agenzia
Internazionale di Ricerca sul Cancro come cancerogeni per l'uomo.
L'esposizione ad arsenico inorganico può causare vari effetti sulla salute, quali
irritazione dello stomaco e degli intestini ed irritazione dei polmoni.
Benzene
Il benzene è un composto aromatico presente nelle benzine in concentrazioni
variabili fino a qualche punto percentuale.
In Italia, dal 1 luglio 1998, la concentrazione del benzene nei carburanti non
può superare il valore dell’ 1%.
Tuttavia, è un composto molto volatile e può disperdersi nell’aria per
evaporazione dai serbatoi o durante il rifornimento di carburante.
A causa della accertata cancerogenicità di questo composto, lo IARC
(Internetional Agency for Research on Cancer) lo ha classificato nel gruppo 1
dei cancerogeni per l’uomo e pertanto non è possibile raccomandare una soglia
di sicurezza per la sua concentrazione in aria.
L’esposizione a questa sostanza deve essere ridotta al massimo possibile
poiché da studi condotti dall’EPA e dall’OMS, risulterebbero da 4 a 10 casi
33
aggiuntivi di leucemia, per milione di persone esposte alla concentrazione di 1
µg/m³ per tutta la vita.
Diossine (TCDD)
Con il termine generale di diossine viene descritto un gruppo di centinaia di
composti chimici, capaci di persistere per lungo tempo nell’ambiente. Almeno
13 di queste molecole sono considerate sicuramente tossiche per l’uomo e gli
animali. Il composto più tossico è la tetraclorodibenzo-p-diossina o TCDD. La
tossicità delle altre diossine e delle sostanze analoghe viene espressa in
relazione alla TCDD.
Le diossine di per sé non rivestono alcuna utilità pratica e non sono mai state
un prodotto industriale: si formano nel corso di numerosi processi chimici in
cui siano coinvolti prodotti clorurati. Le fonti principali di diossina sono
rappresentate da: inceneritori di rifiuti urbani, fonderie di metalli, inceneritori
di rifiuti ospedalieri, emissioni di attività industriali.
La diossina emessa in atmosfera tende solo in parte a depositarsi nel terreno
circostante l’impianto di provenienza, mentre la maggior parte viene
trasportata dai venti a grandi distanze.
Le diossine depositate nel suolo e nei sedimenti entrano nella catena
alimentare terrestre e acquatica. Il consumo di alimenti inquinati, pesci o
prodotti agricoli, è un'importante sorgente di esposizione per l'uomo.
Le diossine vengono assorbite per lo più per via digerente. Un ciclo tipico di
questo processo si può schematizzare come segue: depositandosi ed
accumulandosi nel suolo, le diossine passano nei vegetali, da qui negli animali
da pascolo ove si depositano nei tessuti adiposi. L'uomo può assorbire le
diossine attraverso prodotti quali latte e derivati, e carni. Le diossine possono
essere assorbite anche da pesci che vivono in acque inquinate. Nell'uomo
34
possono raggiungere concentrazioni tossiche per l'organismo e sono in grado
di passare nel latte materno. Tra le diossine, la TCDD è la molecola dotata di
più spiccata tossicità: dimostrata la sua capacità di causare un’ampia gamma di
gravissimi effetti nocivi nell’uomo. In primo luogo la capacità di indurre
tumori. Dal 1997 lo IARC (Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro)
ha classificato la diossina TCDD in classe 1 come cancerogeno: gli studi
epidemiologici hanno evidenziato un significativo eccesso di tumori in toto
negli esposti.
Esistono chiare evidenze di rischi per la riproduzione, anche a basse
concentrazioni di diossina: effetti mutageni sul DNA, aumentata incidenza di
aborti, malformazioni fetali, riduzione della fertilità con danno agli
spermatozoi.
Le diossine sono in grado di esercitare un effetto tossico sul sistema
immunitario con effetti di depressione delle difese immunitarie. Nell’animale
e nell’uomo è stata dimostrata la capacità delle diossine di interferire con il
sistema endocrino.
L’Austria ha fissato da anni il limite di emissione di diossine a 0,4 µg/m³,
ridotto a 0,1 nel 2006. In Inghilterra il limite è a 0,2. In Germania anche i
vecchi impianti di agglomerazione devono puntare all'obiettivo di 0,1 µg/m³.
In Olanda, caso per caso, il limite oscilla fra 0,4 e 0,1.
Il valore in sede europea è di 0,4 nanogrammi al metro cubo di aria: previsto
dal "Protocollo di Aahrus" del 1998, approvato dalla Comunità con decisione
del Consiglio dell'UE 2004/259/CE del 19.02.2004 e ratificato dall'Italia nel
2008.
Nel 2008 la Regione Puglia ha approvato una legge (n. 44 del 19 dicembre) e
fissato un valore limite di 2,5 µg/m³ di policlorodibenzodiossina e
35
policlorodibenzofurani da rispettare entro il 30 giugno 2009, ridotta poi a 0,4
µg (da applicare dal 31 dicembre 2010).
Ipa, Pm 10, Pm 2.5, TCDD non sono solo acronimi.
Gli acronimi non stanno soltanto nelle parole degli scienziati o dei politici…si
trovano anche nell’aria e per questo colpiscono tutti senza distinzione di
sesso, razza, religione e ceto. Gli acronimi sono democratici…hanno una
funzione sociale: sono stati inventati per non far capire il reale significato di
quello che rappresentano. Per non far spaventare, allarmare, intimorire la
gente. Per permettere loro di andare a lavorare e poi gustarsi la televisione,
un libro, una canna senza troppi pensieri per la testa. Si vive più tranquilli
senza sapere cosa è l’Ipa.17
A Taranto non ci sono solo acronimi.
A Taranto ci sono anche i parchi minerali.
Nei giorni di vento nord – nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e
soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale “Ilva”. Per
tutto questo gli stessi “maledicono” coloro che possono fare e non fanno nulla
per riparare.
Targa affissa dai cittadini di Via De vincetis – Lisippo – Trojlo – Savino
agosto 2001
L’area dei parchi minerali è piuttosto estesa: 70 ettari (pari a 100 campi da
calcio), otto parchi di stoccaggio, equamente suddivisi tra fossili e minerali,
hanno una lunghezza di centinaia di metri ed un’altezza di circa dieci – venti.
Destinati al deposito di materiali di vario tipo (minerali di ferri e carboni
essenzialmente), provenienti dal porto via mare, approdano su due sporgenti,
17
G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009
36
e, convogliati su nastri trasportatori (circa 30km), vengono diretti verso l'area
di deposito da cui ripartono per l'alimento degli impianti di trasformazione
dell'area ghisa (altiforni, agglomerati e cokerie).
Queste “colline” sono all’aperto, senza alcun tipo copertura o forma di
protezione: soggette all’azione di qualsiasi agente atmosferico.
In tutto il mondo sono coperte. Persino a Taiwan.
Gli abitanti del quartiere Tamburi le conoscono bene.
Lo chiamano “polverino” o “minerale”, quel concentrato di polvere nera,
rossastra e lucente che si deposita ovunque: sulle macchine, sui balconi, nelle
case, nel cibo, nei polmoni.
Il fenomeno è così evidente da non poter far finta di nulla.
Antonio Ammirato, un fioraio convinto che quelle polveri stessero
compromettendo le proprie serre, intenta causa contro l’azienda. La vince sia
in sede civile che in sede penale: è la prima volta che il siderurgico viene
condannato al risarcimento del danno in favore di un privato.
L’Ilva, però, di lì a qualche anno, sarà protagonista di un altro singolare
processo: condannata in tutti e tre i gradi di giudizio per l’art. 674 del codice
penale (getto pericoloso di cose) e per l’art.13 del d. lgs. “Norme in materia di
qualità dell’aria relativamente a particolari agenti inquinanti”.
Provato in atti che dallo spargimento di polveri nocive provenienti dai parchi
minerari erano derivati, al territorio ingenti danni patrimoniali, e non, con
pregiudizio concreto della qualità della vita della collettività, sotto il profilo
dell’alterazione, del deterioramento o della distruzione, in tutto o in parte
dell’ambiente e lesione del diritto di personalità ed all’immagine e per il
discredito derivato alla sfera funzionale degli enti territoriali ed esponenziali,
37
nonché alla loro onorabilità agli occhi di tutti coloro che da essi si ritengono
rappresentati.18
Gli Enti Locali, almeno per i due primi gradi di giudizio, si costituirono parte
civile all’interno del processo. Poi, a pochi giorni dalla definitiva condanna in
Cassazione, gli stessi Organi, a seguito di un accordo (Patto d’Intesa) inter nos
con i vertici industriali, decisero di ritirare la costituzione, impedendo così agli
organi inquirenti di disporre del sequestro dell’area dei parchi minerali e di
stabilire alcun tipo di risarcimento nei confronti della popolazione
danneggiata.
Nonostante le condanne, negli anni, sul tema si è proceduto sempre utilizzando
soluzioni tampone poco efficaci: le collinette artificiali di terra e loppa, le
recinzioni, il cosiddetto “barrieramento”, l’umidificazione dei cumuli di
polveri tramite l’uso di idranti e cannoni umidificanti (cannon fog).
Enrico Bondi, commissario straordinario dell’Ilva, afferma che: i picchi sopra
la norma di PM10, registrati nel periodo gennaio-maggio 2013, sono in gran
parte riconducibili a cause esterne (sabbia sahariana) e che il numero degli
eventi di slopping (la nube inquinante rossastra) è notevolmente diminuito
rispetto ai primi cinque mesi del 2012.
PeaceLink, fa un sopralluogo in una delle case adiacenti allo stabilimento.
La casa è quella di Peppino Corisi. Egli, prima di essere stroncato dalla
malattia, volle far affiggere, sotto la sua finestra, una targa: Ennesimo decesso
per neoplasia polmonare.
Il video, girato da Luciano Manna, è chiarissimo.
Se le case fossero piene di polveri del Sahara, esse non sarebbero nere e le
polveri non si attaccherebbero alla calamita.19
18 Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III penale, 2005
38
A Bondi che dichiara, in ordine a quanto prescritto dall’Aia, un impegno
complessivo di 1.800 milioni di euro nel triennio 2013 – 2015, Marescotti fa
notare che: La copertura del parco minerali comporta un impegno di spesa di
circa un miliardo di euro. Come fa Bondi a coprire anche i parchi minerali se
con 1.800 milioni di euro deve sistemare anche tutti gli impianti dell’area a
caldo?20
Discorso pressappoco analogo ha coinvolto i nastri trasportatori: l’azienda
dichiara di aver investito 5,5 milioni di euro nel 2009 – 2010, ma la verità è
un’altra.
L’ultima Aia dava tre mesi di tempo perché la copertura risultava già
realizzata nel 2009, poi, l’azienda chiede una proroga:
Il tempo concesso era inizialmente 3 mesi, ma dopo 2 mesi l’azienda ha
chiesto una riformulazione del periodo di esecuzione di 3 anni: sono tempi
radicalmente diversi e probabilmente uno dei due è completamente
sbagliato.21
Massimo Mucchetti,
presidente della Commissione Industria
La solita storia. La solita commedia all’italiana.22
Lo “sanno” le strade rosse che ci accolgono dalla città, venendo da Bari.
Ce lo “ricorda” il cimitero di San Brunone, ogni qualvolta andiamo a salutare
qualche nostro caro oramai scomparso, forse a causa proprio della grande
industria.
19
A. Marescotti, Ilva, picchi di sabbia sahariana a Taranto? Peacelink smentisce Bondi, Comunicato Stampa, Inchiostro Verde, 2013 20
A. Marescotti, Ilva, Bondi e la sabbia sahariana. Un video lo smentisce, Il Fatto Quotidiano, 2013 21
M. Bartoloni, «Accertate 11 violazioni ambientali», Il Sole 24 ore, 2013 22
A. Marescotti, I nastri trasportatori dell’Ilva, una commedia all’italiana, Il Fatto Quotidiano, 2013
39
Qua a Tamburi tutto è rosa. Pure le cappelle del cimitero.”
Il cimitero è quello di Brunone, quindici passi dalla fabbrica e quindici dalle
case. “Ora le cappelle le pittano già di rosa, perché tanto diventano di quel
colore dopo qualche giorno e a questo punto meglio farlo, si risparmia tempo
e una brutta figura: almeno i nostri morti, almeno loro, non sembrano
sporchi.23
Tina,
abitante dei Tamburi
Ce lo “dice” il vento ogni volta che soffia e porta con sé quest’ammasso di
polveri e parole.
23
G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009
40
2.2 LE PECORE, LE COZZE, IL LATTE DI MAMMA: UNA CATENA
IRRIMEDIABILMENTE COMPROMESSA
L’acciaieria l’ho vista nascere. Ero un ragazzino. Ci portò via 100 ettari di
terra, oliveti e vigneti, e la odiai subito. Ma oggi la odio con tutte le mie forze
perché ha avvelenato la mia terra, i miei animali, la mia anima.24
Angelo Fornaro,
allevatore
Angelo Fornaro vive, assieme ai suoi figli Vittorio e Vincenzo, a Statte, in una
masseria ottocentesca, a circa un paio di chilometri dallo stabilimento
siderurgico. Vengono abbattute 700 pecore. Sono le sue. Il motivo?
“Contaminazione da diossina”: così recita la delibera della giunta regionale
della Puglia.
L’abbattimento non riguarda solo le pecore di Angelo, però: milleduecento
animali, distribuiti in sette allevamenti diversi, tutti situati attorno nelle
campagne adiacenti la grande industria. Ad essere sospettata di
contaminazione, è tutta l’area “ricadente in un raggio di almeno dieci
chilometri dal polo industriale”, così è scritto nel provvedimento.
Per le milleduecento pecore e capre abbattute la Regione ha stanziato 160 mila
euro, a titolo di risarcimento, incluse le spese di smaltimento delle carcasse
degli animali.
24
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
41
Tutto è partito da una foto. Una foto apparsa sul Taranto Sera che ritraeva le
pecore pascolare beatamente nei campi di fronte le ciminiere. Il tutto veniva
accompagnato dall’articolo di Mario Diliberto, intitolato “C’è da stare
tranquilli?”, con il quale il giornalista esprimeva tutta la sua paura. Sulla scorta
di questo articolo, Franco Sebastio, procuratore capo della Repubblica di
Taranto, decise di aprire un fascicolo con l’intento di farne un’indagine
conoscitiva.
Il 20 marzo 2008, i verdetti delle analisi effettuate dall’Arpa: latte e formaggio
provenienti proprio da quegli allevamenti contenevano diossina e Pcb in
quantità superiore a dieci volte il limite consentito dalla legge.
Il principale camino industriale dell’Ilva emette, oggi “solo” 10 grammi di
diossina l’anno. Dieci anni fa ne produceva circa 150 – 200. E, secondo un
calcolo approssimativo e per difetto, in mezzo secolo ne ha prodotti 9.
Non 9 grammi, 9 chili.
Il 98% della diossina si assorbe per via alimentare e soltanto il 2% per via
respiratoria. Questo significa che ci si ammala anche mangiando, non solo
respirando.
Carmelo Ligorio, come Angelo Fornaro. Aveva un gregge di 150 capi, tra
pecore e capre. Pascolavano tutte nelle campagne adiacenti a Statte, nel Parco
Naturale delle Gravine. Anche loro producevano latte e, con il latte, Carmelo
produceva il formaggio. Poi, nel febbraio del 2008, l’associazione PeaceLink
aveva fatto analizzare, a proprie spese, dai laboratori Inca (Consorzio
interuniversitario nazionale “La chimica per l’ambiente”) di Lecce, un pezzo
di quel formaggio. Il risultato? Pesantemente contaminato da diossina e pcb
(tre volte superiori ai limiti di legge), al punto che, nemmeno un bambino che
pesi 20 chili, potrebbe mangiarne più di due grammi, altrimenti supererebbe la
42
dga (ossia la dose giornaliera accettabile che non comporti rischi apprezzabili
per la salute).
In definitiva, il bilancio, oggi, parla di: dodici aziende chiuse, 2270 ovi caprini
abbattuti, divieto di pascolo in un raggio di 20 km attorno lo stabilimento,
riscontrati valori di diossina che raggiungono 168 picogrammi a fronte di un
limite di 5.25
Taranto non si fa mancare niente. Dopo formaggio e carne alla diossina, ecco
il latte materno imbottito di policlorobifenili (pcb) e diossina in percentuali
superiori di trenta volte alla dose tollerabile in base ai parametri
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
L'annuncio viene dato Pino Merico, pediatra nonché fondatore
dell'associazione «Bambini contro l'inquinamento», affiancato dal primario del
reparto di neonatologia dell'ospedale tarantino, Enzo Vitacco.
I campioni sono stati esaminati dal consorzio interuniversitario Inca di Lecce,
e fanno riferimento al profilo di tre mamme tarantine che, volontariamente, si
sono sottoposte al prelievo di latte: valori complessivi di 26.19 (pcb e
diossina) picogrammi per grammo di grasso (pari a un milionesimo di
grammo) presente nel latte materno della donna di Crispiano; 29.40 nella
mamma del quartiere Tamburi; 31.74 nella signora originaria di Lama ma
abitante a Taranto da sette anni.
La loro dieta è ricca di carne, latte e pesce. L'assorbimento della diossina è
maggiore in presenza di elementi grassi e questo può spiegare percentuali così
alte in un'alimentazione in cui i derivati del latte hanno una forte incidenza.
Il dato è superiore di 25-30 volte al limite indicato dall'OMS resta, comunque,
incontrovertibile.
25
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013
43
A Seveso il «follow up» dopo 25 anni dall'esplosione della ICMESA ha messo
in evidenza una crescita di leucemie e linfomi. A Seveso, però, la diossina,
prodotta a seguito di quel tragico evento, era circa 1/3 di quella prodotta
dall’Ilva di Taranto.
Se ad Alessandro Marescotti va riconosciuta la scoperta della contaminazione
dei prodotti caseari nel 2008, a Fabio Matacchiera va il merito di aver
“smascherato” la cozza, sei mesi prima che ci arrivasse l’Asl, nel gennaio del
2011.
La cozza: uno dei simboli di Taranto e della sua storia. Un simbolo così
importante da essere difeso “con i denti” e non solo in senso figurato: Ippazio
Stefàno, sindaco di Taranto, ingoiandole crude, tenta un vano ed esasperato
tentativo di salvaguardare il prodotto tipico e la sua genuinità.
All’anno, a Taranto, ne vengono raccolte 14.000 tonnellate: il 10% della
produzione italiana. Più di un terzo è immangiabile. I dati forniti dal
Consorzio Interuniversitario Chimica per l’Ambiente di Marghera sono
allarmanti: il valore di pcb e diossina è di 13,5 picogrammi e supera il livello
di 8 picogrammi fissato per legge. Le autorità sanitarie e il sindaco stesso,
all’inizio, negano l’evidenza dei fatti, forse con l’intento di difendere i
miticoltori. Sarà poi l’Istituto Zooprofilattico di Teramo, esaminando i
campioni prelevati il 13 giugno 2011 per conto dell’Asl, a sconfessare, prima
per eccesso e poi per difetto, l’operato di Matacchiera: 10,5 e 18 picogrammi
per i frutti di mare coltivati nel primo seno del mar Piccolo.
Sulla questione, la colpevolezza dell’Ilva è pressappoco che certa. Quello che
non è certo, è la percentuale con cui essa abbia partecipato, assieme
all’Arsenale Militare e all’azienda San Marco Metalmeccanica srl, al disastro
ambientale che ha coinvolto il bacino del mar Piccolo. Il 4 ottobre 2011, lo
studio condotto dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale, ha parlato di pcb insieme ad una miscela di idrocarburi e metalli
44
pesanti (arsenico, mercurio, antimonio, piombo, rame, selenio, vanadio,
zinco).
Il 70% della falda è inquinata e nulla può cancellare un secolo di
industrializzazione, un secolo di veleni.
Tanto non importa. I due seni non sono collegati tra loro: le cozze del secondo
seno si possono mangiare.
E poi, a cosa serve allarmarsi così tanto per la compromissione dell’atmosfera,
della catena alimentare, dell’ecosistema se poi nella mia urina ritrovo lo stesso
piombo della falda acquifera qui sopra menzionata?
E' stata riscontrata la presenza del piombo nelle urine dei tarantini. Sono 141
i soggetti analizzati (67 uomini e 74 donne). I valori di riferimento <0,5 - 3,5
(microgrammi/litro). Il valore medio riscontrato è stato di 10,8
microgrammi/litro. Il piombo è neurotossico e cancerogeno.26
A Taranto, la catena alimentare è stata irrimediabilmente compromessa, questo
è innegabile: la diossina si deposita nel terreno, le pecore e gli agnelli
pascolano in quel terreno.
A Pasqua mangiamo l’agnello.
La mattina beviamo un bel bicchiere di latte e caffè per cominciare la giornata.
A pranzo? Che domande…Pasta con le cozze, ovviamente.
La sera i bimbi, prima di addormentarsi, lasciano che la loro mamma li allatti:
ignari di tutto e colpevoli di niente.
E forse è proprio questo il vero problema?
Il giorno dopo, non è più un problema.
26
Fonte: http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/36647.html
45
Lo è solo per quei poveri agnellini condannati ad una morte trucida.
Lo è solo per le masserie di Statte ed i suoi allevatori: per la famiglia Fornaro
rimasta senza un lavoro, per Carmelo Ligorio senza un futuro a 57 anni, a
causa di un tumore alla testa.
Lo è solo per la mamma costretta a non allattare i suoi figli perché causa di
contaminazione, o il povero miticoltore che, dopo una vita a “spaccarsi la
schiena” tra i pali del mar Piccolo, si ritrova, di punto in bianco, con un pugno
di mosche in mano.
Il resto è solo psicosi collettiva.
Maledetti allarmisti. Stupidi ambientalisti.
Ci fate prendere un colpo! A Taranto, la diossina non esiste.
46
2.3 LO STUDIO SENTIERI27
Chi vive a Taranto non può neanche permettersi il lusso di fumare28
.
Michele Conversano,
direttore del dipartimento di prevenzione,
Asl di Taranto
I dati relativi all’incidenza dei tumori nel SIN di Taranto mostrano per gli
uomini un eccesso, rispetto al resto della provincia, del 30% per tutti i tumori
e, in dettaglio: del 50% per il tumore maligno del polmone, più del 100% per il
mesotelioma e per i tumori maligni del rene e delle altre vie urinarie (escluso
la vescica), superiore al 30% per il tumore della vescica e per i tumori della
testa e del collo, del 40% per il tumore maligno del fegato, del 60% per il
linfoma non Hodgkin, superiore al 20% per il tumore maligno del colon-retto e
per il tumore della prostata e al 90% per il melanoma cutaneo.
Per le donne residenti nei comuni di Taranto e Statte, sempre a confronto con
il resto della Provincia, si rileva un eccesso di incidenza per tutti i tumori di
circa il 20%. Sono presenti eccessi per una serie di tumori maligni: della
mammella pari al 24%, del corpo dell’utero superiore all’80%, del polmone
48%, del colon-retto 21%, del fegato 75%, del linfoma non Hodgkin 43% e
dello stomaco superiore al 100%. Sia negli uomini che nelle donne gli eccessi
sono presenti, per la maggior parte delle sedi, anche rispetto all’insieme dei
Registri Tumori dell’Italia meridionale.
Questi dati sono stati ottenuti grazie alla collaborazione con il Registro Tumori
Puglia - ASL di Taranto (di recente istituzione), è stato possibile acquisire i
27
Fonte: Conferenza Stampa, Rapporto, Ambiente e Salute a Taranto: Evidenze disponibili ed indicazioni di sanità pubblica, 2012 28 T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La tragica parabola di una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa Editrice, 2012
47
primi risultati prodotti dal Registro stesso e relativi al biennio 2006-2007. Va
ricordato che lo studio dell’incidenza dei tumori, rispetto all’analisi della
mortalità, ha tre principali motivi di interesse: si basa su dati di qualità molto
elevata (solo diagnosi con conferma istologica), consente di valutare anche le
patologie non letali e permette di effettuare confronti più validi fra aree
geografiche diverse, perché la sopravvivenza dei pazienti oncologici non
dipende solo dalla presenza della malattia ma anche dall’appropriatezza delle
cure e quindi dalla presenza nel territorio di centri d’eccellenza.
In questo quadro, per quanto riguarda Taranto e Statte, i due comuni che
costituiscono il Sito di Interesse Nazionale (SIN) per le bonifiche, i dati del
Progetto SENTIERI mostrano incrementi significativi per tutte le cause nel
primo anno di vita e per alcune condizioni morbose di origine perinatale.
L'eccesso di mortalità per tutti i tumori osservato nel periodo 1995-2002 non è
confermato nel periodo 2003-2009, ma occorre rilevare che a causa della
relativa rarità dei tumori infantili e del loro alto tasso di sopravvivenza,
l’analisi dell’incidenza neoplastica è un indicatore più appropriato della
mortalità nella valutazione del rischio cancerogeno nell’infanzia. I dati relativi
all’incidenza dei tumori infantili nel SIN di Taranto, rilevati dal Registro
Tumori Puglia-ASL di Taranto, in età pediatrica, sono tuttora in fase di
validazione di qualità e la loro elaborazione avrà luogo non appena conclusi i
controlli. I risultati saranno forniti appena disponibili i dati validati.
Indicazioni ulteriori per l’area di Taranto, basate su eventi diversi dalla
mortalità, sono fornite dall’analisi dei dati relativi ai ricoveri ospedalieri, che
rappresentano una stima dell’incidenza, per il periodo 1998-2010 effettuata dal
Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio – ASL RME nel quadro del
Progetto CCM 2010 “Sorveglianza epidemiologica di residenti in siti
contaminati”. I risultati di quest’analisi mostrano un significativo incremento
dei ricoveri per tumori maligni, malattie dell’apparato respiratorio, e fra queste
48
le infezioni dell’apparato respiratorio, in relazione all’aumento di 10 mg/m3 di
polveri provenienti dalla zona industriale.
I bambini, come è noto, mostrano una maggiore vulnerabilità agli agenti
ambientali perché, rispetto agli adulti, hanno tassi respiratori più elevati e
maggior consumo di cibo per kg di peso, che possono determinare esposizioni
più elevate, per inalazione ed ingestione, a contaminanti presenti nell’aria e
negli alimenti; inoltre il comportamento mano-bocca rende i bambini più
esposti ai terreni contaminati. In aggiunta, lo sviluppo dei sistemi respiratorio,
riproduttivo, endocrino, gastrointestinale e nervoso raggiunge la maturità nel
periodo postnatale, e le finestre di suscettibilità nei bambini sono ampie,
estendendosi dal periodo pre-concepimento alla fine dell'adolescenza; durante
la pubertà, ad esempio, l'esposizione a interferenti endocrini ambientali può
causare danni tiroidei e riproduttivi. La lunga durata dello sviluppo del
cervello e il gran numero di processi neuronali disponibili in questa fase
contribuiscono alla suscettibilità del sistema nervoso alle sostanze tossiche.
E’ stato aggiornato il Progetto SENTIERI, promosso dal Ministero della
Salute nell’ambito del Programma Strategico Nazionale “Ambiente e Salute” e
coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Questo progetto riguarda l’analisi
della mortalità per 63 cause di morte nei siti di interesse nazionale (SIN) per le
bonifiche, fra i quali vi è l’area costituita dai comuni di Taranto e Statte;
l’analisi confronta la mortalità osservata nei siti in esame con quella media
della regione di appartenenza, tenendo anche conto delle condizioni socio-
economiche della popolazione residente nel sito. I precedenti risultati dello
studio SENTIERI riguardavano il periodo 1995-2002. Sono ora disponibili i
dati 2003-2009. Lo studio della mortalità secondo la metodologia del progetto
SENTIERI mostra che, per le cause di morte per le quali un ruolo causale delle
esposizioni ambientali presenti nel sito è accertato o sospettato, si conferma
anche per il 2003/2009 negli uomini un eccesso di mortalità per tutte le cause
49
(+14%), tutti i tumori (+14%), malattie circolatorie (+14%), tutti i tumori
(+14%) malattie respiratorie (+17%), tumori polmonari (+33%), mesoteliomi
pleurici (+419%). Nelle donne, si conferma, nello stesso periodo un eccesso di
mortalità per tutte le cause (+8%), di tutti i tumori (+13%), per le malattie
circolatorie (+4%), per i tumori polmonari (+30%) e per il mesotelioma
pleurico (+211%).
Sono stati analizzati i “trend”, cioè gli andamenti temporali della mortalità a
Taranto e Statte dal 1980 al 2008, confrontati con la mortalità media regionale
e nazionale. L'andamento dei tassi standardizzati di mortalità nel SIN di
Taranto nel periodo 1980-2008 mostra una diminuzione della mortalità
generale e per importanti cause, in accordo con il trend storico nel nostro
paese, ma i tassi di mortalità sono significativamente superiori alla media
regionale per la quasi totalità del periodo e in particolare per alcune delle
cause esaminate. Inoltre, tra gli uomini, i tassi sono sempre significativamente
superiori non solo a quelli pugliesi, ma anche a quelli italiani, per importanti
patologie quali il tumore del polmone e le malattie del sistema respiratorio nel
loro complesso e le malattie respiratorie croniche in particolare. Anche tra le
donne si osservano segnali di criticità, quali un marcato aumento, nel
trentennio considerato, della mortalità per tumore polmonare.
Dai risultati presentati emerge con chiarezza uno stato di compromissione
della salute della popolazione residente a Taranto. Questo quadro è coerente
con quanto emerso dai precedenti studi descrittivi ed analitici di mortalità e
morbosità, in particolare la coorte dei residenti a Taranto nella quale, anche
dopo avere considerato i determinanti socio-economici, i residenti nei quartieri
di Tamburi, Borgo, Paolo VI e nel comune di Statte mostrano una mortalità e
morbosità più elevata rispetto alla popolazione di riferimento, in particolare
per le malattie per le quali le esposizioni ambientali presenti nel sito possono
costituire specifici fattori di rischio.
50
2.4 DUE PERIZIE
L'imponente dispersione di sostanze nocive nell’ambiente urbanizzato e non,
ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute
(pubblica), ma addirittura un gravissimo danno per le stesse, danno che si è
concretizzato in eventi di malattia e di morte.
Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con
coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari
regole di sicurezza.29
Patrizia Todisco,
gip di Taranto,
ordinanza di sequestro dell’Ilva di Taranto,
26 luglio 2012
La perizia chimica30
Prelevando e analizzando campioni ad hoc e utilizzando dati derivanti dagli
autocontrolli dell’ILVA o presenti nella documentazione utilizzata nel corso
dell’indagine, i periti dovevano rispondere a sei quesiti:
1) “Se dallo stabilimento ILVA si diffondano …. sostanze pericolose
per la salute dei lavoratori.. e per la popolazione .. di Taranto.”
Risposta è affermativa
Nel 2010 Ilva ha emesso dai propri camini oltre 4mila tonnellate di polveri,
11mila tonnellate di diossido di azoto e 11mila e 300 tonnellate di anidride
29
corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/ 30
Fonte: Sintesi della perizia chimica (a cura di M.A. Vigotti), Epidemiologia & Prevenzione, 2012
51
solforosa (oltre a: 7 tonnellate di acido cloridrico; 1,3 tonnellate di benzene;
338,5 chili di IPA; 52,5 grammi di benzo(a)pirene; 14,9 grammi di composti
organici dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani (PCDD/F).
2) “Se i livelli di Diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti…e
se i livelli ..accertati nei terreni circostanti l’area industriale di
Taranto siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello
stabilimento ILVA di Taranto.”
Risposta è affermativa.
I livelli di PCDD/PCDF e PCBdl accertati possono essere ricondotti alla
specifica attivita’ di sinterizzazione (area agglomerazione) svolta all’interno di
ILVA s.p.a.
“L’esame dei profili (fingerprints) dei congeneri PCDD/PCDF e PCBdl,
riscontrati nelle matrici suolo, aria ambiente e bioindicatori prelevati nelle aree
urbane, agricole e i terreni adiacenti all’insediamento ILVA, ha evidenziato
un’elevata correlazione con i profili riscontrati nei campioni prelevati presso
lo stabilimento di ILVA spa, area agglomerazione, quali quelli delle polveri
abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP e quelle prelevate nei campionamenti
ambientali effettuati in prossimità del reparto, risultando invece meno evidente
il contributo di quanto emesso in atmosfera dall’emissione E312 AGL2, in
quanto caratterizzato da profili di congeneri PCDD/PCDF diversi.”
3) Se all’interno dello stabilimento ILVA… siano osservate tutte le
misure idonee ad evitare la dispersione incontrollata di fumi e
polveri nocive alla salute dei lavoratori e di terzi.”
La risposta è negativa.
Numerose e varie sono le emissioni non convogliate che si originano dai
diversi impianti dello stabilimento ILVA. Giacche’ la stessa ILVA stima che
52
le sostanze non convogliate emesse dai suoi stabilimenti sono quantificate in
8800 chili di IPA; 15 tonnellate e 4 mila chili di benzene; 130 tonnellate di
acido solfidrico; 64 tonnellate di anidride solforosa e 467,7 tonnellate di
Composti Organici Volatili e in 2148 tonnellate di polveri di cui 544
tonnellate all’anno sono dovute al fenomeno di slopping (fuoriuscita di gas e
nubi rossastre dal siderurgico), fenomeno documentato dai periti chimici e dai
NOE di Lecce.
“Dai dati riportati in tabella emerge, in particolare, la quantità rilevante di
polveri che viene rilasciata dagli impianti, anche dopo gli interventi di
adeguamento, di particolare evidenza è la quantità di polveri che fuoriesce
dall’acciaieria determinata dal cosiddetto fenomeno di slopping, documentato
oltre che dalla presente indagine anche dagli organi di controllo. Per ridurre
tali emissioni è necessario pertanto che la ditta adotti ulteriori misure di
contenimento, evidenziate nella risposta del sesto quesito, dando la priorità
alla riduzione delle emissioni contenenti sostanze pericolose e metalli”;
4) “Se i valori attuali di emissioni di …. e altre sostanze ritenute nocive
… siano conformi o meno alle disposizioni normative …. in vigore.”
I periti rispondono che rispetto alle leggi nazionali e regionali i valori misurati
dall’ILVA nel 2010 risultano conformi.
Queste emissioni, però, dal 1999 dovevano essere presidiate da un sistema di
un controllo automatico in continuo che, invece, ancora manca e quindi non
possono ritenersi conformi.
“Relativamente alla conformità alle norme nazionali e regionali, i valori
misurati alle emissioni dello stabilimento ILVA con gli auto controlli effettuati
dal Gestore nell’anno 2010, risultano conformi sia a quelli stabiliti dalle
precedenti autorizzazioni settoriali delle emissioni in atmosfera (ex-DPR.
53
203/88) e sia ai valori limite previsti dal recente decreto di AIA del
5/08/2011.”
“Poiché, …. allo stato attuale alle emissioni derivanti da questi impianti non
sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto
dei limiti dei parametri inquinanti previsti …. sopra detti, tali emissioni non
risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di
trattamento termico dei rifiuti. Inoltre poiché ai suddetti camini non sono
installati i sistemi di controllo in continuo alle emissioni, non c'è alcun
elemento che dimostri il rispetto dei limiti previsti … Per quanto concerne le
emissioni non convogliate delle acciaierie, connesse quasi totalmente al
fenomeno dello Slopping,….. all’ atto dell’ accertamento … tali procedure non
risultavano in atto.”
Per quanto concerne la conformità alle norme comunitarie delle prestazioni
ambientali degli impianti ILVA, i periti evidenziano che “ nella maggioranza
delle aree e/o delle fasi di processo, sono emesse quantità di inquinanti
notevolmente superiori a quelle che sarebbero emesse in caso di adozione da
parte di ILVA delle BAT con la performance migliore come stabilito dal
BRef.”
5) Se la pericolosita’ delle .. sostanze,..determinano situazioni di danno
o di pericolo inaccettabile..
Si rinvia la risposta allo specifico collegio peritale (epidemiologico)
6) “In caso affermativo, quali siano le misure tecniche necessarie per
eliminare la situazione di pericolo, anche in relazione ai tempi di
attuazione delle stesse e alla loro eventuale drasticità”
I periti concludono che se all’interno della stessa fabbrica si adottassero le
BAT per tutte le emissioni di ogni fase (e non solo per parte di esse) si
otterrebbe una maggiore efficienza nell’abbattimento degli inquinanti e
54
conseguentemente una riduzione dei carichi emissivi dell’intera fase. La
differenza riscontrata tra i valori misurati e quelli attesi dall’applicazione delle
BAT Conclusions e quelli riportati nel BRef – media europea, evidenzia come
sussista, tuttora, un divario tra le tecniche adottate nello stabilimento ILVA, e
la loro efficacia in termini di inquinanti emessi, rispetto alle BAT, la cui
adozione garantirebbe la riduzione degli inquinanti emessi.
La perizia epidemiologica31
I periti dovevano rispondere a tre quesiti:
1) «Quali sono le patologie interessate dagli inquinanti, considerati
singolarmente e nel loro complesso e nella loro interazione, presenti
nell’ambiente a seguito delle emissioni dagli impianti industriali in
oggetto»
I periti identificano le malattie di interesse nella situazione di Taranto, e che
giudicano a priori di interesse nella valutazione epidemiologica condotta,
suddividendo gli esiti sanitari dovuti ad un possibile danno derivante dalle
emissioni dell’impianto siderurgico o per effetto delle esposizioni in ambiente
lavorativo in:
a) esiti per i quali esiste una forte e consolidata evidenza scientifica [Mortalità
per cause naturali, Patologia cardiovascolare, in particolare patologia
coronarica e cerebrovascolare, Patologia respiratoria, in particolare infezioni
respiratorie acute, broncopatia cronico ostruttiva (BPCO) e asma bronchiale
(molto suscettibili i bambini e gli adolescenti), tumori maligni nella
popolazione generale e/o tra i lavoratori: tutti i tumori, tumori in età pediatrica
31
Fonte: Sintesi della perizia epidemiologica (a cura di M.A. Vigotti), Epidemiologia & Prevenzione, 2012
55
(0-14 anni), tumore della laringe, del polmone, della pleura, della vescica, del
connettivo e tessuti molli, tessuto linfoematopietico (linfoma non-Hodgkin e
leucemie)];
b) esiti per i quali vi è una evidenza scientifica suggestiva ma le prove non
sono ancora conclusive (Malattie neurologiche e renali, tumore maligno dello
stomaco tra i lavoratori del complesso siderurgico).
2) «Quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per
quanto riguarda il fenomeno acuto, attribuibili alle emissioni in
oggetto»
I periti hanno condotto uno studio di serie temporali con approccio case-
crossover sia per la popolazione residente presente per tutto il Comune di
Taranto sia per i due quartieri di Tamburi e Borgo, considerando per la
mortalità le concentrazioni degli inquinanti nel giorno del decesso e nel giorno
immediatamente precedente (lag01) e per i ricoveri ospedalieri le
concentrazione nel giorno del ricovero e nei tre giorni precedenti (lag03). Gli
effetti degli inquinanti sono considerati lineari, senza soglia in base alle
conoscenze attuali e per confrontabilità con la letteratura.
Per entrambe le analisi hanno considerato un’unica serie temporale giornaliera
delle concentrazioni degli inquinanti elaborata dai dati di sette centraline della
rete di monitoraggio della qualità dell’aria per la città di Taranto, forniti da
ARPA Puglia e validate secondo il protocollo MISA e EpiAir.
L’analisi sulla città di Taranto, nel suo complesso, ha mostrato
un’associazione con la mortalità per cause naturali coerente con quanto
registrato in letteratura, cioè una variazione percentuale (vp) di 0,8% per
incrementi di 10 µg/m3 di PM10. Sui ricoveri si osserva un’associazione con
le malattie respiratorie con una vp di 5,8%. L’analisi sui residenti nei quartieri
56
Tamburi e Borgo mostra un’associazione con la mortalità per tutte le cause (vp
3,3%), le cause cardiovascolari (vp 2,6%) e respiratorie (vp 8,3%) e nei
ricoveri con quelli per malattie cardiache (vp 5,0%; p=0,051) e respiratorie (vp
9,3%; p=0,002).
Usando le rispettive stime di effetto per la città e i due quartieri, hanno
calcolato il numero di decessi e ricoveri attribuibili ai superamenti del limite
OMS di 20 µg/m3 per la concentrazione annuale media di PM10 derivanti
dagli impianti industriali ed anche l’Attributable Community Rate (ACR) per
100.000, ossia il rapporto tra gli eventi attribuibili e le persone a rischio di tali
eventi, cioè i residenti.
Le stime di impatto sono coerenti con la maggiore concentrazione degli
inquinanti nei quartieri di Tamburi e Borgo dove i decessi attribuibili nel breve
termine sono 91 (IC80% 55; 127), che rappresentano il 2,8% delle morti
naturali. L’ACR risulta di 20,46 per 100.000 per anno contro 5,87 di Taranto
nel suo complesso. Se si confrontano questi dati con una analisi similare,
pubblicata nel 2011, sui dati della Lombardia: si osserva che per la città di
Milano il numero di decessi attribuibili è pari al 2,03% della mortalità naturale
con un ACR di 17,8 cioè l’esposizione ad inquinanti di origine urbana,
prevalenti nel capoluogo lombardo, risulta meno nociva di quella a cui sono
sottoposti i residenti nei due quartieri più vicini alla zona industriale di
Taranto.
I ricoveri attribuibili tra i residenti a Tamburi e Borgo per malattie cardiache
sono 160 (IC80% 106-214) corrispondenti al 4,3% dei ricoveri non
programmati per malattie cardiache con un ACR di 35,98, e per malattie
respiratorie sono 219 (IC80% 173; 264) corrispondenti al 7,8% con un ACR di
49,24 mentre per Taranto nel suo complesso l’ACR è rispettivamente 13,65 e
32,18. Per mantenere un’ottica ancor più conservativa i periti hanno fatto un
calcolo che tenesse conto della maggiore fragilità della popolazione dei due
57
quartieri per le condizioni socio-economiche e lavorative e del contributo di
inquinanti da altre sorgenti estranee all’area industriale: i decessi attribuibili
diventano circa 40 (1,2% dei decessi totali, 9 decessi per 100.000 persone per
anno), i ricoveri attribuibili per malattie cardiache 70 (16 ricoveri per 100.000
persone per anno) e per malattie respiratorie 50 (11 ricoveri per 100.000
persone per anno).
3) «Qual è l’impatto in termini di decessi e di ricoveri ospedalieri per
quanto riguarda le patologie croniche, che sono attribuibili alle
emissioni in oggetto»
I periti hanno condotto uno studio di coorte di popolazione ricostruendo la
storia anagrafica di tutti gli individui residenti nei comuni limitrofi di Statte,
Massafra e Taranto, a partire dal 1998 (per un totale di oltre 320mila
individui), il loro follow-up fino al 2010 verificando mortalità, ricoveri,
incidenza dei tumori. All’indirizzo di residenza alla data di arruolamento
hanno attribuito il livello di esposizione a PM10 di origine industriale, un
indicatore di stato socioeconomico e l’impiego negli anni ’70-’90 presso
l’industria siderurgica di Taranto e presso i principali impianti di costruzioni
meccaniche e navali. Circa l’85% degli abitanti era presente al 1998 e il 39%
abitava da oltre 20 anni alla stessa residenza.
Nei tre comuni le classi sociali più basse presentano tassi di mortalità e di
ricorso al ricovero ospedaliero più alte di circa il 20% rispetto alle classi
sociali più abbienti. Tenendo conto della stratificazione nei quartieri Paolo VI
e Tamburi, i livelli complessivi di mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero
sono più elevati rispetto agli altri quartieri di Taranto del 27-64% per Paolo VI
e del 10% - 46% per Tamburi. Gli eccessi sono dovuti a tumori, malattie
cardiovascolari e malattie respiratorie.
58
La tabella seguente, rielaborata da quelle riportate, mostra il rischio relativo
(RR) (hazard ratios dal modello di Cox) per ogni incremento di PM10 di
origine industriale di 10 µg/m3, depurato dell’effetto della età, del sesso, della
posizione socioeconomica e per gli adulti della esposizione lavorativa nei
settori siderurgico, costruzioni meccaniche e navali.
La tabella successiva, rielaborata da quella riportata, mostra il valore medio
annuale degli eventi osservati e attribuibili per gli effetti cronici calcolati per
una esposizione media a PM10 di origine industriale di 8.8 µg/m3 della intera
coorte come stimato dal modello di dispersione.
59
I periti commentano i risultati per quanto riguarda gli effetti cardiovascolari e
respiratori del PM10, e dei suoi componenti, sulla popolazione generale
suffragati dalla letteratura scientifica esistente a livello internazionale; questa
analisi testimonia anche un effetto per le malattie neurologiche e renali ed i
ricoveri per tumore del polmone. Inoltre commentano che gli eccessi
riscontrati nel comparto siderurgico, in particolare per tumore della pleura,
vescica e stomaco, hanno un grado elevato di plausibilità considerando
l’esposizione ad amianto, idrocarburi aromatici policiclici e alla possibile
ingestione di polveri minerali. I periti riportano che nella valutazione di
incidenza si registra un eccesso di tumori dei tessuti molli, potenzialmente
attribuibile ad esposizione a diossine.
Riguardo alla latenza tra l’inizio della esposizione e la comparsa dei processi
patologici i periti valutano nel caso dei lavoratori che le esposizioni avvenute
negli anni 60-80 possano essere responsabile dei casi di tumore della vescica,
dello stomaco e dei tumori dei tessuti molli. Invece per le malattie
cardiovascolari e respiratorie e per le malattie respiratorie nei bambini
60
valutano che, in base alla letteratura scientifica che presentano, la esposizione
a sostanze tossiche provenienti dal complesso siderurgico durante gli anni
dello studio sia responsabile dell’aumento di mortalità e di morbosità per le
malattie non neoplastiche
Sono infine riportati i risultati dello studio di follow – up dei lavoratori che
hanno prestato servizio presso l’impianto siderurgico negli anni 70-90 con la
qualifica di operaio da cui si rilevano eccessi di mortalità per patologia
tumorale (+11%), in particolare per tumore dello stomaco (+107%), della
pleura (+71%), della prostata (+50) e della vescica (+69%). Tra le malattie non
tumorali risultano in eccesso le malattie neurologiche (+64%) e le malattie
cardiache (+14%). I lavoratori con la qualifica anche di impiegato presentano
eccessi di mortalità per tumore della pleura (+135%) e dell’encefalo (+111%).
L’analisi dei ricoveri ospedalieri evidenzia eccessi di ricoveri per cause
tumorali, cardiovascolari e respiratorie. L’esame dei dati di incidenza tumorale
mostra un aumento, anche se basato su pochi casi, dei tumori del tessuto
connettivo sia negli operai (3 casi) che negli operai/impiegati (3 casi) del
settore siderurgico ed un coerente incremento di casi di mesotelioma. Infine
gli esperti segnalano che con la presente perizia sono stati notificati i deceduti
per tumore della vescica, dello stomaco, malattie neurologiche e incidenza dei
tumore dei tessuti molli per sospetta malattia professionale
Nell’ultima parte dello studio sono descritti i risultati della analisi sulle attività
di sorveglianza della salute dei lavoratori dello stabilimento siderurgico da cui
emerge che le misure protettive più numerose sono quelle associate al rischio
rumore e al rischio muscolo-scheletrico, mentre quelle connesse al rischio
chimico sono numericamente contenute ma con un il trend temporale in
aumento.
L’esame delle malattie professionali denunciate dai lavoratori e quelle
indennizzate dall'INAIL dal 1998 al 2010 testimonia come il rischio asbesto
61
sia un problema reale all'interno dello stabilimento supportato da un elevato
numero di casi riconosciuti e da un andamento temporale in continua crescita.
Infine, dal confronto con il dato nazionale delle denunce di malattia
professionale verificatesi nello stesso periodo nel settore industriale emerge
che vi sono:
una maggiore frequenza di denunce di malattie respiratorie non da
asbesto tra i lavoratori dell’ILVA rispetto al dato nazionale;
una consistente denuncia di tumori non da asbesto tra i lavoratori,
rispetto al dato nazionale;
una consistente denuncia di malattie da asbesto tra i lavoratori rispetto
al dato nazionale, peraltro riconosciuta dall’INAIL nella maggior parte
dei casi;
Nelle considerazioni finali i periti affermano che l’esposizione continuata agli
inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa
nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo
umano che si traducono in eventi di malattia e di morte.
62
CAPITOLO 3: LA CITTÀ NECESSARIA
3.1 LA TERRA PROMESSA.
C’è una città che è necessaria al nostro sistema industriale. Senza di essa
saremmo ancora più dipendenti da Russia e Cina. È una città che vive nella
trincea della guerra che passa sotto il nome di globalizzazione.32
Alessandro Sortino,
giornalista e conduttore televisivo
La seconda città della Puglia per popolazione è Taranto: 191.810 abitanti su di
una superficie di 217.5 km².
Essa è situata nell’omonimo golfo sul mar Jonio e si estende tra due mari, il
mar Grande (o “rada di mar Grande”, ove sostano le navi in attesa) e il mar
Piccolo (un mare interno, ove confluiscono sorgenti sottomarine chiamate
“citri” che, garantendo l’afflusso di acque salmastri e dolci, creano le
condizioni idrobiologiche ideali per la coltivazioni dei mitili).
A Taranto c’è: la mitilicoltura e la pesca in generale, un grande porto
industriale e commerciale, l’Arsenale della Marina Militare Italiana (dove il
Ministero della Difesa fece costruire le sue navi da guerra fino al 1967,
divenendo la più grande base navale dell’epoca), il polo industriale.
Quest’ultimo vede, nella stessa zona, l’insolita compresenza di una serie di
stabilimenti: siderurgici (Ilva), petrolchimici (Eni, ex Shell), cementiferi
(Cementir, prima statale e poi venduto nel 1992 al gruppo Caltagirone) e di
cantieristica navale (ex Cantieri Tosi, dal ’47 Cantieri Navali di Taranto).
Ognuna di queste attività ha preso possesso della città e, per necessità, ne ha
cambiato la morfologia, i connotati, i tratti peculiari e caratteristici.
32
Fonte: Malpelo, 2008
63
Taranto è la Chernobyl italiana.
Qualche anno fa, quando ancora la reale situazione ambientale non era del
tutto nota, molti bambini ucraini venivano ospitati dalle famiglie tarantine.
Ora è l’Ucraina stessa ad aver vietato il “soggiorno”.
Poi c’è chi come Skanderberg, un blogger in cerca di notorietà, ha costruito la
propria piccola fortuna riportando una notizia, rivelatasi successivamente una
bufala, secondo cui la città stessa colpita dalla catastrofe nucleare, su iniziativa
del proprio sindaco, avrebbe deciso di ospitare duecento bambini tarantini,
utilizzando la seguente motivazione: non si può restare indifferenti di fronte al
disagio della popolazione di una delle aree più inquinate al mondo.33
La notizia è così ben confezionata da essere reputata, per un lungo periodo,
una vera e propria corrispondenza giornalistica da Kiev. Già.
1861: tutto parte da qui.
Subito dopo l’Unità, il Regno d’Italia avviò la sua campagna di espansione
coloniale in Africa orientale: i problemi di natura strategica e militare vennero
ben presto risolti lungo le coste del Mezzogiorno d’Italia.
L’Arsenale, fu costruita nel primo seno del mar Piccolo tra il 1883 e 1889 ed
inaugurata (21 agosto 1889) alla presenza del re Umberto I di Savoia: si
dovette procedere all’abbattimento di un torrione del Castello Aragonese, per
allargarne il fossato e consentire la costruzione di un canale navigabile. Questo
avrebbe permesso la comunicazione tra i due mari: grazie all’aiuto del Ponte
Girevole, infatti, verrà favorita l’entrata e l’uscita delle navi militari nella
pancia della città.
33
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
64
Un’opera statale (decisa dal Parlamento italiano con la legge n.833 del 29
giugno del 1882) ed un utile avamposto militare nel Mediterraneo.
Ben presto verranno occupati circa 90 ettari recintati da un muro (alto 7 metri
e lungo più di 3 km) e ci saranno strade, viali alberati, quattro bacini di
carenaggio, un acquedotto.
Sullo sfondo, un operaio altamente specializzato: l’arsenalotto.
Cambierà la morfologia di Taranto e non solo: la popolazione passerà dai
34mila del 1861, ai 100mila del 1921.
Sulla scia propulsiva dell’industria bellica, incentivata dall’imminenza del
conflitto mondiale, i Cantieri Navali Franco Tosi si stabilirono nel 1914, a
circa 3 km di distanza dai pontili proprio dell’Arsenale.
Ubicata sul mar Piccolo, in un’area di circa 150mila m², l’azienda di Legnano,
fin ad allora attiva nella produzione di apparati motori, consolidava il rapporto
(quasi decennale) con il Ministero della Guerra, cimentandosi, anche, nel
settore della cantieristica per l’allestimento di navi da guerra.
La fine della guerra segnò l’inevitabile tracollo dell’economia tarantina: nel
1947, l’Arsenale vedeva occupate 12.500 persone che finiranno per essere
6.500 nel 1960 e 4.000 oggi nella nuova stazione della Marina Militare; i
Cantieri Navali, nel 1949, avranno 3.600 occupati che diventeranno 1.200, nel
1960, con la messa in liquidazione speciale dell’azienda ed il ricorso alle
Partecipazioni Statali (passerà alla Fincantieri per poi cessare la propria
attività, definitivamente, il 31 dicembre 1990).
Poi arrivò l’industrializzazione.
Arrivarono le Partecipazioni Statali ed i suoi 377 miliardi di lire.
65
Arrivarono l’Italsider, la Cementir e la Shell: una ventata d’aria fresca che di
ossigeno aveva ben poco.
Arrivò il lavoro e, per qualcuno, il doppio lavoro: nuove figure professionali, il
metalmezzadro, l’urbanizzazione, l’italsiderizzazione, l’orizzonte dei Tobagi.
Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, ucciso a Milano con cinque
colpi di pistola alla schiena da un “commando” di terroristi della borghesia
milanese (la Brigata XXVIII marzo), fu il primo a teorizzare il cambiamento.
Il vero protagonista sommerso si chiama metalmezzadro. È metalmeccanico,
lavora nello stabilimento Italsider grande due volte e mezzo la città. Abita nei
paesi della provincia e trova il tempo per coltivare il pezzo di terra. Su
trentamila stipendiati della più grande industria del Sud, almeno la metà
appartiene alla categoria dei metalmezzadri. E sono loro che hanno reso
«ricchi» comuni di antica miseria come Grottaglie, Manduria, Massafra,
Mottola, Laterza, Venosa.34
Il metalmezzadro è l’emblema della rivoluzione: diviso tra fabbrica e
campagna, ancorato al passato e proiettato al futuro, mantiene ben salde le
proprie radici e non si snatura del tutto.
È dipendente dell’Italsider quando lavora nel siderurgico.
È un contadino quando torna a casa.
Taranto è la più prosperosa delle città del Meridione: il reddito pro crapite
sfiora il milione e 300mila lire, che grosso modo corrisponde alla media
nazionale. Il metalmezzadro se la passa meglio. Dall’Italsider ricava, in
media, altri due milioni sotto forma di “autoconsumo” della verdura e dei
polli che fa in cortile. Verso la piana di Metaponto, dove l’irrigazione è più
34
W. Tobagi, Il “metalmezzadro”: protagonista dell’economia sommersa del Sud, Corriere della Sera, 1979
66
facile e la terra rende meglio, ci sono dipendenti dell’Italsider che mandano
avanti anche aziende di barbabietole.35
Spesso è un abitante della provincia ed è costretto a fare qualche km per
“cambiar faccia”: una roba di non poco conto, se si considerano le distanze ed
il tempo impiegato per tornare a casa. Fortuna che c’è la terra a garantire un
lavoro ed un reddito, anche quando la crisi degli anni ’80 arriverà e
coinvolgerà gli “espulsi dell’acciaieria”, non integralmente assorbiti dal
terziario.
La rivoluzione è anche urbana però: la raffineria occupò 275 ettari, la
Cementir 31 e per l’acciaieria furono sacrificati migliaia di alberi d’ulivo ed
una superficie pari a 1.545 ettari.
Nel ventennio 1961 – 1981, la rivoluzione industriale produsse effetti
strabilianti. I posti di lavoro quasi quadruplicarono passando dai dodicimila
ai quarantatremila e la popolazione di Taranto salì dai 35 mila di fine
Ottocento ai 260mila dell’età dell’acciaio. Si ipotizzò che sarebbe arrivata a
400mila. La previsione clamorosamente sbagliata non tolse nulla alla
rivoluzione né al boom dell’edilizia, giacché in trent’anni, tra il 1951 e il
1981, vennero costruiti 202.504 nuovi vani, ma già in venti il numero delle
case era raddoppiato.36
Si costruiva ovunque. Si costruiva persino dove non si poteva costruire.
Monte Termiti, antica periferia della città e attualmente quartiere residenziale
del comune di Statte (ufficialmente autonomo dal 1° maggio 1993).
35
Ibidem 36
T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La tragica parabola di una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa Editrice, 2012
67
Mike Liuzzi, l’emigrante tornato da Filadelfia, fiutò l’affare: quella collina
desolata di ulivi selvatici e pietre, poteva essere il sito ideale ove costruire un
vero e proprio quartiere di villette extralusso. A soli due passi dal siderurgico.
Comprò un centinaio di ettari e cominciò la sua opera di riqualificazione: ben
presto 350 villette vennero messe a disposizione dei dirigenti e dei “trasferisti”
provenienti da Piombino e Genova ed impiegati nella fabbrica.
Ai piedi dell’Italsider, proprio come i Tamburi.
Ai piedi dell’Italsider, proprio come il quartiere Paolo VI.
È il 1959, quando si individua, in località “Macchie”, un territorio di 300
ettari: ideale per la nascita di un agglomerato di case, destinato ad ospitare le
famiglie dei dipendenti che lavoravano nell’acciaieria.
Prende il nome proprio dal Papa (definito poi dei Lavoratori) che sarà ospite
nel Natale del ’68 e che la sera del 24 dicembre visiterà la fabbrica,
pronunciando un discorso memorabile in difesa della classe operaia.
Taranto vive un momento storico e controverso: si fa modellare come l’argilla
senza accorgersene.
Tra il 1960 e il 1970, il reddito salì del 374 % contro il 269 % del resto
d’Italia. Nel 1975 il reddito pro capite era di 1.950.200 lire, nel resto d’Italia
stavano peggio: 1.865.100 lire. Diventammo un caso. Il “caso Taranto”.37
La crescita è incontrollata e, molto spesso, eccessivamente supportata: se da
un lato i collegamenti con e nella città vennero migliorati (costruzione del
Ponte Punta Penna nel ’77, il prolungamento dell’autostrada A 14 fino a
Massafra), parimenti, l’incremento edilizio, certamente incurante del piano
regolatore, risultava sproporzionato rispetto alla domanda di mercato.
37
Ibidem
68
Si passa dalla professionalità dell’arsenalotto all’incoscienza dell’italsiderino.
La voglia di emergere ed il generale senso di sazietà, lascia silentemente
incompiute le opere ed irrisolti i problemi di carattere sociale ed ambientale:
diventeranno terreno fertile per la criminalità organizzata, per le lotte di potere
e le lobby, per i morti e le malattie.
Non si può tenere contenti tutti. Nemmeno a Taranto.
Non ci si rende conto dei saccheggi e delle invasioni barbariche private e
statali. Tutte hanno la stessa matrice. Tutte seguono lo stesso disegno e lo
stesso circolo vizioso: un interesse (pubblico o privato che sia) che saccheggia,
devasta e crea un vuoto.
E che sia poi il posto di lavoro o “una mazzetta”, dati in cambio di facili
lasciapassare per un’occupazione territoriale abusiva, irrispettosa e
politicamente garantita, a colmare apparentemente questo vuoto, non importa:
è, e rimane, comunque, un voto di scambio.
L'elettore, promettendo il proprio voto, ha la sensazione di ricavare almeno
qualcosa: cinquanta euro, cento euro, un cellulare. Poca roba, pochissima: in
realtà perde tutto il resto. La politica dovrebbe garantire ben altro. La
capacità effettiva di ripensare un territorio, non certo l'apertura di un circolo
per anziani o un posto auto. In cambio di una sola cosa, il politico che voti ti
toglie ciò che sarebbe tuo diritto avere.38
Poi, quando questo sistema del “baratto improprio” si consolida, è il potere del
contraente forte a legittimare il disprezzo verso una popolazione ormai
genuflessa al ricatto occupazionale.
“Marocchini”. “Etiopi”. Cesare Franceschini fu il primo direttore del quarto
centro siderurgico italiano, Giovanni Garbadella il terzultimo amministratore
38
R. Saviano, Quel voto che uccide la democrazia, Repubblica, 2013
69
delegato dell’Ilva pubblica. Entrambi ci chiamarono “africani”. Si distinsero
solo per una diversa sfumatura sulla nostra provenienza facendoci capire in
momenti successivi, negli anni Settanta e negli anni Novanta, che eravamo un
pò sottosviluppati e in fondo una miserabile colonia.39
Una colonia di disoccupati ed analfabeti che, alle volte, vive in baracca e non
sa nemmeno firmare.
Ti piace vincere facile?
Quando l'acciaieria nacque per mano pubblica, mezzo secolo fa, un vecchio
sindaco dc, Angelo Monfredi, disse che qui erano «talmente poveri» che si
sarebbero fatti mettere gli impianti «anche in piazza della Vittoria», cuore di
Taranto.40
Sono questi i presupposti che accomunano, aldilà che tu possa chiamarti
Arsenale Militare o Cantieri Navali Tosi piuttosto che Raffineria Eni o
Cementir, Ilva o Inceneritore.
Ognuno è figlio di una promessa.
Ognuno è figlio di una promessa puntualmente disattesa.
39
T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La tragica parabola di una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa Editrice, 2012 40
G. Buccini, Vent’anni di omissioni dietro un dramma nazionale, Corriere della Sera, 2013
70
3.2 UNA FAVOLA SUL POTERE.
Qualcosa sta cambiando in questa campagna arida e rossastra, legata fino a
ieri ad un’economia arretrata e agricola. Quello di Taranto sarà lo
stabilimento siderurgico più grande d’Italia e uno dei maggiori d’Europa:
coprirà una zona di 5milioni di m² (più vasta della stessa città di cui fa parte).
Così, una città meridionale, si prepara a vivere un destino industriale che ne
sconvolgerà le abitudini e ne farà uno dei centri della rivoluzione economica e
sociale. Anche qui nel Sud, ai tempi incerti ed avventurosi dell’inizio,
seguiranno certamente quelli in cui l’industria entrerà a far parte delle
abitudini, dei ricordi, del benessere quotidiano. E, l’acciaio, avrà partecipato,
come protagonista, a questa rivoluzione.41
Questa è la favola di una città.
È una favola un pò particolare. È un insieme di storie in cui ognuno dei
protagonisti fa ciò che vuole: avidi e asserviti si intrecciano al potere; si
discostano dal ruolo al quale sono preposti e, favoriti dal contesto sociale e
culturale, si radicano nel territorio e lo depauperano fingendosi “giardinieri”.
I sindacati di provincia.
Due date: 2 agosto 2012, 15 maggio 2013.
È il 2 agosto quando la protesta esplode a Taranto: “La rovina dell’Italia siete
voi!”. Le grida sono rivolte agli esponenti delle associazioni sindacali:
Angeletti (Uil), Camusso (Cgil), Landini (Fiom - Cgil), Bonanni (Cisl).
Seguiranno scontri e tafferugli, anche tra gli stessi operai. Ma perché?
Bene, la nostra favola comincia proprio da qui: cos’è il sindacato?
41
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013
71
Associazione di lavoratori per la tutela dei diritti e degli interessi di categoria
sul posto di lavoro e nell'ambito della società.
Walter Tobagi aveva parlato: di italsiderizzazione e di metalmezzadro, di un
fenomeno espansivo in cui una fabbrica stava sottraendo risorse alla città, di
sindacati appunto.
La gente finisce per ritenere il sindacato uno dei potentati del sistema, come
dimostra una ricerca del giovane sociologo Nino Aurora. E si può dar retta
alla spiegazione del segretario dei metalmeccanici Uil, Aldo Pugliese, quando
dice: «Nel Sud è considerato potente chi aiuta a trovare un posto di lavoro.
Negli anni passati, non c’è dubbio, i dirigenti Italsider hanno spesso dato la
preferenza ai nomi segnalati dai sindacati».42
Ed ancora:
Vista da quaggiù, l’autonomia del sindacato sembra indefinibile come
un’araba fenice. E forse non potrebbe essere altrimenti: la disoccupazione
costringe a cercare continue alleanze politiche, per ottenere nuove iniziative
pubbliche che diano lavoro. Inevitabile, quindi, che il sindacato nuoti come un
pesce nell’acqua della politica: fino a diventare, come s’è visto, uno dei centri
di potere più influenti.43
15 maggio 2013: Permessi illeciti per ottenere l'Aia, l'autorizzazione
ambientale con la quale la grande fabbrica di acciaio ha potuto continuare a
produrre e inquinare. Queste le accuse che hanno portato a una nuova
pioggia di manette a Taranto nell’ambito dell’inchiesta “ambiente svenduto”
(…) Tra gli arrestati anche il presidente della Provincia Gianni Florido.44
42
W. Tobagi, Il “metalmezzadro”: protagonista dell’economia sommersa del Sud, Corriere della Sera, 1979 43
Ibidem 44
M. Diliberto e G. Foschini, "Ilva, autorizzazioni illecite per ottenere l'Aia". 4 arresti, in manette presidente della Provincia, La Repubblica, 2013
72
Un'informativa di 182 pagine, allegata all'ordinanza di custodia cautelare,
recita così: “Si evidenzia - scrivono i militari della Finanza - che alla luce di
quanto accertato, vanno ascritte al dottor Gianni Florido, Presidente della
Provincia di Taranto, specifiche responsabilità penali per il delitto di
concussione o, in subordine, di violenza privata”.45
Discarica Mater Gratiae: interna allo stabilimento siderurgico, occupa qualche
km² ed è una delle più grandi d’Italia. Si trova nel territorio del comune di
Statte e viene utilizzata per la gestione dei rifiuti speciali pericolosi. È il 2010:
ai Riva serve un’autorizzazione, a cui è subordinata il rilascio dell’Aia.
Parliamo di un'area dalla capacità di 300 mila metri cubi, necessaria a
stoccare i residui nocivi della lavorazione dell'acciaio, la cui costruzione è
stata ultimata tre anni prima, nel febbraio del 2007. Ma parliamo, soprattutto,
di un'autorizzazione senza la quale - scrivono i pm - "l'Ilva rischia di veder
bloccato l'iter istruttorio dell'Aia che in quel momento pende al Ministero
dell'Ambiente". E senza la quale l'Ilva dovrebbe ridurre la produzione con una
perdita di profitti di qualche centinaio di milioni di euro.46
Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali dell’azienda ed ora
detenuto, mette in moto la macchina e la guida: fa pressioni sull’assessore
provinciale Michele Conserva affinché egli stesso possa convincere Ignazio
Morrone, ingegnere della Provincia, a cambiare opinione e a concedere la
propria autorizzazione. L’assessore, poi, rendendosi conto di essere “spiato”,
decide di andare “controcorrente”. I vertici dell’acciaieria, a questo punto,
stizziti dalla sua ritrosia, decidono di puntare tutto proprio su Gianni Florido,
chiedendogli di “dare spiegazioni”.
45
C. Bonini e G. Foschini, Ilva, presidente della provincia sotto inchiesta: "Concussione per dare l'ok alla discarica", La Repubblica, 2012 46
Ibidem
73
Lo dice chiaramente proprio Archinà intercettato al telefono l’11 marzo 2010.
L’avvocato Francesco Perli, uno dei legali dell’Ilva, chiede spiegazioni in
merito ad una nuova lettera inviata dalla Provincia all’azienda. Una lettera
sulla discarica assolutamente inattesa dal legale tanto da definirla come “due
dita negli occhi” e sulla quale l’ex pr dell’Ilva non sa fornire spiegazioni.
Archinà si giustifica dicendo “non so quali siano state le indicazioni che ha
dato il presidente della provincia agli uffici” e dopo aver appreso però che il
presidente aveva rassicurato l’Ilva dicendo “tutto a posto, gli uffici
procederanno” lancia l’anatema: “E ora bisogna chiedere il conto al
presidente della provincia e il ‘tutto a posto’ cosa sta a significare”.47
Nella sintesi della conversazione, l'informativa della Finanza rileva come, in
alcuni passaggi, le parole dell'Archinà fossero il frutto di scelte politiche in
precedenza concordate e condivise.
In proposito ricordiamo il trasferimento di Romandini, il predecessore ostinato
di Morrone:
Abbiamo tolto una peste… e ne abbiamo tre di pesti…48
Girolamo Archinà,
ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva,
intercettazione telefonica,
05 marzo 2010
Dagli interrogatori effettuati nei mesi scorsi dai finanzieri sarebbero giunti
riscontri puntuali sulla “capacità di penetrazione dei vertici aziendali negli
47
F. Casula, Ilva, Florido “pilotato” da Archinà: “Amministrazione asservita all’azienda”, Il Fatto Quotidiano, 2013 48
A. Congedo, Ilva, l’arresto di Florido – Pressioni su dirigenti – E Romandini era la “peste”, Inchiostro Verde, 2013
74
apparati della pubblica amministrazione” talmente radicata da permettere di
“intervenire direttamente a condizionare i processi decisionali quanto alla
nomina dei dirigenti responsabili dei settori strategici ai fini del
consolidamento degli interessi illeciti degli indagati”.49
Gianni Florido, 61 anni, vanta un importante passato come sindacalista.
Ex segretario locale della Cisl, nel 2002, invece, si esprimeva così:
Quando la maggiore produzione diventa figlia di logiche esclusivamente
finanziarie, economiche, produttive, urbanistiche, ecc. che mortificano la
efficienza dell’eco – sistema, i risultati nefasti verranno per tutti, caricando di
ipoteche i destini futuri dell’umanità.50
La lungimiranza del Tobagi.
La politica dell’informazione.
Provincia, Regione, Comune: Echevelodicoafare?.
Gianni Florido, presidente della provincia di Taranto dal 2004 e rieletto nel
2009 col Pd, si rese protagonista di una vicenda a dir poco inverosimile: alla
vigilia della definitiva condanna in Cassazione, Comune e Provincia, per
l’appunto, decisero di ritirare la propria costituzione di parte civile nel
processo che vedeva imputati i vertici aziendali, per le polveri del parco
minerali che ricadevano sul quartiere Tamburi.
All’epoca dei (mis)fatti Raffaele Fitto, dal bel seguito di giudiziario (vedi
inchiesta “La Fiorita” per tangenti in sanità), è presidente della Regione Puglia
49
F. Casula, Ilva, Florido “pilotato” da Archinà: “Amministrazione asservita all’azienda”, Il Fatto Quotidiano, 2013 50
D. Fumarola, Oggi sarà domani, Per uno sviluppo di Taranto eco – sostenibile (10.09.2002) , Pubblicazione della Cisl di Taranto, 2012
75
e Rossana Di Bello è, invece, “il più bel sindaco d’Italia”, diceva
Berlusconi.51
Chi continua a sostenere che non c’è futuro senza l’Ilva dovrà ricredersi.52
Rossana Di Bello,
ex sindaco di Taranto
Tante belle parole.
Invoca una Taranto pulita, legata al mare, alla pesca e a tutte quelle attività
che sposano le vocazioni naturali del territorio, una Taranto da reinventare su
un modello di sviluppo ecosostenibile.53
Eletta nel 2000, si dimette dall’incarico il 17 febbraio 2006: condanna ad un
anno e quattro mesi (pena sospesa) per abuso d’ufficio e falso ideologico
nell'ambito dell'inchiesta sull'affidamento della gestione
dell'inceneritore cittadino alla società Termomeccanica.54
In sostituzione, Tommaso Blonda viene nominato commissario straordinario
(in carica sino alle elezioni del 2007). Francesco Boccia è, invece, capo della
commissione di liquidazione.
Peccato però che mentre il sindaco Di Bello declamava i testi del suo
paroliere, il Comune di Taranto andasse in rovina, fino a dover dichiarare
bancarotta per un miliardo e 200 milioni di euro.55
A Taranto le regole sono saltate da vent' anni e a nessuno frega nulla. La città
viveva al di sopra dei suoi mezzi e la demagogia cavalcava lo spreco, lo
51
C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 2007 52
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009 53
Ibidem 54
Dopo condanna, sindaco Taranto si dimette, Gazzetta del Mezzogiorno, 2006 55
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
76
incoraggiava. Si è perso il senso del limite, come se la pratica dell'illegalità
non avesse confini.56
Si tratta del più grave dissesto finanziario di un ente locale italiano mai
verificatosi. Secondo, nel mondo, solo a quello di Seattle.57
Secondo, solo in
ordine cronologico, a quello che colpì il comune di Napoli nel 1993.
Una voragine creata in pochi anni, a colpi di appalti fasulli, parentopoli
scellerate, eventi milionari, consulenze e stipendi d'oro, con le buste paga dei
ragionieri del Comune, dipendenti e consulenti, gonfiate fino a 10, 12, 20 mila
euro al mese.58
Prima di lei, Giancarlo Cito. “Il telepredicatore”? “L’onorevole”? “Il
geometra”? “Lo sceriffo”? Insomma qui gli aggettivi, gli appellativi si
sprecano, come le parole. Tanta demagogia anche qui. Le grida e le urla sono
“trasversali” e si amplificano sugli schermi televisivi: Antenna Taranto 6, la
sua tv – partito.
Il "sindaco tuttofare" che dirige il traffico, caccia drogati e immigrati, pulisce
la città, ferma le auto e fa passare un'ambulanza, controlla di persona i
lavori, s' arrabbia se un lampione è rotto.59
Diventa anche, per un breve periodo, presidente onorario del Taranto Calcio.
Dopo di ché, svariati guai giudiziari lo travolgono.
Ed ora, dopo questa bufera: Chi è il sindaco? Chi è il presidente della Regione
Puglia? Anche loro fanno parte del “sistema”?
Ippazio Stefàno è sindaco di Taranto dal 2007.
56
C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 2007 57
P.A. Amicelli, Taranto: la contestualità, Corriere del Mezzogiorno, 2012 58
C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 2007 59
C. Vulpio, Cito, il sindaco tuttofare, Corriere della Sera, 1995
77
Sindaco, pediatra, vendoliano, pacifista. Ma con la pistola a tamburo nella
cintura.60
È il primo cittadino eletto dopo il dissesto e il commissariamento.
Montagne di spazzatura, buche non riparate da anni, strade buie, fontane
asciutte, bus che si fermano di colpo e scaricano i passeggeri, il Comune
assediato da centinaia di dipendenti in attesa dello stipendio del mese
precedente, cumuli di bare all'obitorio perché non ci sono i soldi neppure per
seppellire i morti.61
Una situazione disastrosa, certamente. Così disastrosa che l’Ilva si permette il
lusso di non pagare l’Ici. Tanto lo fa tutto il polo industriale.
L’Ilva, dal 1993 fino al 2007, deve al Comune, tra imposta, sanzioni e
interessi, 31 milioni e 505 mila euro. La Edison, 33 milioni e 312 mila euro.
Mentre la raffineria Eni deve la bellezza di 105 milioni e 849 mila euro. Ci
sarebbe anche la Cementir, ma il suo debito di un milione e 493 mila euro
sembra, rispetto agli altri, solo una multa un pò più salata.62
Dal punto di vista ambientale è forse anche peggio. Il 24 maggio 2010, è
proprio il sindaco a presentare in Procura un esposto di 21 pagine sulla
drammatica incidenza dei tumori a Taranto.
Per fortuna che c’è l’Ilva ad agevolare i compiti.
Ottobre 2011, Il Ponte (rivista edita dal gruppo Ilva):
Mi complimento per gli sforzi e i risultati ottenuti da Ilva. Attraverso i recenti
dati clinici che ci giungono dalle Asl territoriali, emergono dati confortanti in
60
M. Ventura, Ezio Stefàno, sindaco "pistolero" contro l'antipolitica, Panorama, 2012 61
C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 2007 62
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
78
relazioni alle malattie più gravi, patologie che non risultano in aumento,
anche grazie al miglioramento dell’ambiente e della qualità dell’aria.63
Ippazio Stefàno,
sindaco di Taranto
La qualità dell’aria è così migliorata da non consentire ai bambini del quartiere
Tamburi di giocare in un ambiente sano: l’ordinanza “contingibile e urgente”
vieta ai cittadini “l’accesso alle aree verdi non pavimentate del quartiere
Tamburi”. In particolare l’ordinanza riguarda le cosiddette ‘case
parcheggio’: un agglomerato di edilizia popolare che versa in condizioni
particolarmente drammatiche. Nei terreni, oltre al berillio, sono state
individuate, dalle analisi commissionate dal comune di Taranto, inquinanti
come mercurio, nichel e cadmio, la cui somma potrebbe essere dannosa per la
popolazione.64
È il 18 agosto del 2012. Lo stesso provvedimento era stato emanato del 2010.
Il sito contaminato doveva essere oggetto di bonifica. Nessuna traccia.
Quando scoppia l’allarme berillio il sindaco sente i vertici dell’Arpa per
prendere una decisione in merito.
Il solito Archinà è peggio di una molla però: accusa Stefàno di allarmismo e
per screditarlo si avvale della collaborazione dell’allora caposervizio per la
redazione di Taranto del Nuovo Quotidiano di Puglia, Pierangelo Putzolu.
Quest’ultimo,il 24 agosto del 2010, fa pubblicare, nella rubrica “Punto di
Vista”, un articolo dal titolo “L’allarme berillio e i fondi pubblici per la
bonifica”, a firma di un certo Angelo Battista, definito esperto ambientale, che
63
Fonte: «Il Ponte» n.3, 2011 64
F. Casula, Ilva, il sindaco di Taranto vieta l’accesso alle aree verdi del rione Tamburi, 2012
79
secondo quanto scrive il gip non esisterebbe, ma sarebbe solo un’invenzione
di Archinà.65
Il 31 agosto il Taranto Sera, pubblica, anch’esso, un articolo dal titolo:
“Esclusiva: documento top secret dell’Arpa smentisce tutto. Un affare di
milioni euro dietro la finta emergenza berillio”.
Archinà e Michele Mascellaro, direttore di Taranto Sera, vengono intercettati.
Questi due casi non rimangono isolati. Anche Studio 100, la tv locale, viene
coinvolta: secondo la polizia giudiziaria, l’Ilva avrebbe commissionato ad
un’agenzia pubblicitaria degli spot (al costo di 120.000 euro), trasmessi dal
network facente capo ai Cardamone.
«Il complesso delle attività tecniche svolte fa emergere uno spaccato nel quale
si vede come l’Ilva utilizzando lo strumento delle “sponsorizzazioni
pubblicitarie”, veicoli in maniera più o meno “lecita” delle somme agli
organi d’informazione, sia stampa che radio-televisivi, al fine di non essere
continuamente avversata in conseguenza dei numerosi e costanti comunicati
stampa e delle frequenti manifestazioni che le associazioni ambientaliste del
territorio (Altamarea, Peacelink, etc) promuovono contro l’Ilva considerata la
principale fonte inquinante del territorio».66
Con Ilva migliora la qualità della vita. Ed anche della morte.
Succede, infatti, che se le fontanelle del cimitero non funzionano, a ripararle
ci pensa patron Riva a sue spese.67
65
A. Congedo, Rapporti tra Ilva e giornalisti, indaga l’Ordine, Inchiostro Verde, 2012 66
Ibidem 67
M. Diliberto, “Grazie Ilva”, Taranto si spacca, La Repubblica, 2007
80
Stefàno, accetta e ringranzia. Difende a muso duro la nuova conquista, contro
chi lo critica aspramente:
Era il diritto all’acqua delle persone di ottanta anni (…) Se non si rispettano
neanche i morti!68
Stefàno, quel giorno, celebra il taglio del nastro per le nuove fontanelle del
cimitero, assieme ad Archinà.
Attualmente il sindaco è indagato per abuso e omissione di atti d’ufficio, sulla
base, secondo indiscrezioni, di un esposto presentato tempo fa dal consigliere
comunale Aldo Condemi nel quale si portava la magistratura a conoscenza
delle misure che il sindaco Stefàno non avrebbe preso a tutela della salute dei
cittadini.69
Nicola Vendola è presidente della Regione Puglia dall’aprile 2005, oltre che
presidente nazionale di Sinistra Ecologia Libertà.
Anche qui, un percorso costernato di ombre e di parole. Tante parole.
Un dossier, anche sul suo sito, mette in luce l’impegno regionale sulla
questione Ilva. Peccato che questo venga oscurato da una serie di
intercettazioni e da ”numerosi e costanti contatti” tra l’ex grande capo delle
relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà e rappresentanti della
Regione, Vendola compreso.70
Il Gip di Taranto Patrizia Todisco, lo accusa di essere il “regista” di
un’operazione occulta per assecondare le pressioni dell’Ilva71
:
C’è «la regia» di Nichi Vendola dietro le pressioni dell’Ilva sull’Arpa
(Agenzia regionale di protezione ambientale) e c’è una Regione che «invece di
68
Fonte: Malpelo, 2008 69
Ibidem 70
Ilva, il gip: “Regia di Vendola dietro le pressioni sull’Arpa”, La Stampa, 2012 71
A. Marescotti, Ilva, quello che il “dossier” di Nichi Vendola non dice, Il Fatto Quotidiano, 2013
81
imporre misure urgenti» all’azienda, per ridurre l’inquinamento, mette in atto
una serie di escamotage «per non risultare inoperosa» di fronte all’opinione
pubblica.72
Il 16 luglio 2010, ad esempio, il solito Archinà, in un momento di disappunto,
viene intercettato: la Magistratura aveva aperto un fascicolo riguardante i
nuovi dati, già in suo possesso in via confidenziale, sulle emissioni
benzo(a)pirene. Questi, messi a disposizione da Arpa Puglia, nonostante le
dovute cautele, trapelano e portano il sindaco Stefàno ad emettere
un’ordinanza.
Il giorno seguente, Fabio Riva, vice presidente del gruppo dell’acciaio, è già
in riunione con Vendola. All’uscita Riva chiama il figlio Emilio e gli comunica
che il nuovo piano d’azione è basato sul “vendere fumo”: l’azienda
comunicherà di essere disposta a collaborare con la Regione e questa
spiegherà che il rapporto instaurato con l’Ilva è l’esempio da seguire anche
con le altre grandi realtà industriali del territorio.73
Si cerca di delegittimare Giorgio Assennato, presidente dell’Arpa. Lo afferma
lo stesso responsabile delle relazioni istituzionali dell’azienda, all’interno di
un’intercettazione: parla del chiaro appoggio fornitogli dal presidente
Vendola, di Fratoianni e dell’avvocato Manna, “asserendo che sono tutte
persone che hanno avuto il compito di frantumare Assennato”74
Vendola non si defila: gli vuole bene ad Archinà75
. Ne vuole così tanto da
complimentarsi con lo stesso per uno scatto felino compiuto in difesa del
patron Emilio, al quale un giornalista di Blustar Tv, Luigi Abbate, aveva
contestato i dati “paradisiaci” forniti dall’azienda, al termine della conferenza
stampa di presentazione del Rapporto Ambiente e Sicurezza dell’Ilva.
72
Ilva, il gip: Regia di Vendola dietro le pressioni sull’Arpa, La Stampa, 2012 73
F. Casula, Ilva, Riva al telefono: “Ho visto Vendola, vendiamo fumo”, Il Fatto Quotidiano, 2012 74
Vendola-Bersani-Ilva, tutta la verità. La ragnatela politica dei Riva, Affariitaliani.it 2012 75
G. Fasano, Il governatore ai Riva «State tranquilli: Non mi sono defilato», Corriere della Sera, 2012
82
È il 6 luglio 2010. Al telefono si ride.
Opere di bene. Opere di carità.
«Ho la gioia di annunciarvi che ho ricevuto una missiva del presidente
dell’Ilva, l’ing. Emilio Riva», e un assegno di 365mila euro per la
ristrutturazione della chiesa parrocchiale Gesù Divin Lavoratore. «Vogliamo
ringraziare Dio per questo dono della Sua Provvidenza».76
mons. Benigno Luigi Papa,
arcivescovo di Taranto dal 1990 al 2011
Secondo quanto emerge dall’inchiesta giudiziaria, una serie di donazioni
periodiche vengono effettuate dall’azienda come conferma Francesco Cinieri,
cassiere dell’Ilva dal 1986, tra il 2010 e il 2011.
Poi, la presunta mazzetta da 10 mila euro consegnata da Archinà a Lorenzo
Liberti, ingegnere e perito del Tribunale di Taranto: per la Procura, pagati per
aggiustare una relazione, e, per l’azienda, diretti all’arcivescovo di Taranto per
finanziare la processione di Pasqua.77
Liberti nega di aver ricevuto tangenti e sostiene che nella busta ci fosse una
bozza di accordo fra il Politecnico di Bari e l’Ilva, per il futuro avvio di una
Facoltà di Ingegneria Siderurgica a Taranto. L’Ilva è anche sponsor di feste ed
eventi organizzati e promossi dalla Diocesi di Taranto.
I meriti vanno certamente riconosciuti.
Cataldus d’argento, 10 maggio 2011: riconoscimento attribuito dalla città e
dalla Diocesi ai tarantini benemeriti. A ritirare il premio chi c’è?
Nientepopodimeno che Girolamo Archinà che afferma:
76
Fonte: Arcidiocesi di Taranto e Ilva:un patto d’“acciaio”?, Adista notizie n.30, Archivio Anno 2012 77
G. Foschini, Quei diecimila euro per il vescovo. La donazione fantasma dell’Ilva, Repubblica, 2012
83
Lo dedico anche ai bisogni di Taranto. Bisogni di Taranto che non sono solo
quelli emergenziali del dare il tozzo di pane. I bisogni di Taranto che sono una
politica che sceglie il meglio, delle istituzioni che siano leali, delle imprese
che siano tali.78
Archinà aveva un budget di 400 – 450 mila euro l’anno che utilizzava per
soddisfare le esigenze: le esigenze della società sportiva che voleva un
patrocinio, dell’associazione che doveva organizzare una mostra e voleva il
patrocinio. Il comune di Taranto ebbe 600mila euro che destinò alle società
sportive.79
Mimmo Mazza,
giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno
Non ci sono royalties “a compensazione”. Tutto viene fatto sottobanco, sotto
coperta.80
E così nel 2010 - 2011: 5.000 euro al comitato festeggiamenti festa
patronale, 5.000 all’ Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a
Lourdes e Santuari Internazionali), contributo alla direzione didattica e alla
banda municipale di Crispiano.81
Per non parlare della masseria Vaccarella: gestita dal ' 96 da un' associazione
guidata da un presidente e da due vicepresidenti, espressione di Fiom, Fim e
Uilm. E' registrata come una Onlus ma in realtà lavora come una vera
propria azienda a fini commerciali e a scopo di lucro. E soprattutto non
vengono rendicontati come si spendono 400mila euro all' anno». Procura e
Finanza si sono mosse. Fim e Fiom nei giorni scorsi hanno rimandato al
78
Fonte: Tg Studio 100 Tv, 2011 79
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013 80
F. Casula, Ilva, Riva al telefono: “Ho visto Vendola, vendiamo fumo”, Il Fatto Quotidiano, 2012 81
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013
84
mittente le accuse. Ma nello stesso tempo si sono disimpegnati dalla
Vaccarella, facendo dimettere dalla gestione i loro uomini.82
Lì si organizzavano mostre, eventi e spettacoli di una certa caratura: Benigni,
Paolo Conte e Fabrizio De Andrè, il coreografo e ballerino Lindsay Kemp, la
Blues Brothers Band, solo per citarne alcuni.
Dal 1996 ad oggi - ha spiegato l' operaio Massimo Battista insieme che con
l'avvocato Francesco Nevoli ha presentato denuncia alla Finanza - l' Ilva ha
elargito circa 9 milioni di euro al Vaccarella, soldi che sarebbero dovuti
confluire nel salario accessorio dei dipendenti: eppure non risulta alcun
operaio che abbia mai percepito, ad esempio, contributi scolastici per i libri
di testo».83
.
Il sistema Ilva è questo.
Tappezzavano di pubblicità i giornali. Pagavano processioni e ristrutturazioni
di chiese. Installavano fontanelle nei cimiteri guadagnando il plauso di preti e
politici. Sponsorizzavano i convegni di architetti e ingegneri, medici e
professori universitari. E - denunciano oggi gli stessi operai - finanziavano
con assegni a sei zeri sport e mondanità dei lavoratori e delle loro famiglie. E'
questo il prezzo che l' Ilva ha dovuto pagare per inquinare serena, mischiando
i fumi alla distrazione e all' indifferenza.84
Non ci sarebbe altro da aggiungere. O forse c’è troppo da dire, da avere seria
difficoltà a riordinare le idee e a mettere insieme i pezzi di un puzzle, di puzzle
mai completo. Manca sempre qualcosa e quel qualcosa è stata volutamente
insabbiata, dinanzi a coscienze consapevolmente corrotte.
82
G. Foschini, Quel ricco circolo aziendale: nove milioni ai sindacati per sport, cinema e concerti, La Repubblica, 2013 83
Ibidem 84
G. Foschini, Quel ricco circolo aziendale: nove milioni ai sindacati per sport, cinema e concerti, La Repubblica, 2013
85
C'è da augurarsi che la Todisco abbia preso un abbaglio immane. In caso
contrario siamo in presenza di un'operazione coloniale (in senso tecnico:
sfruttamento di un territorio da parte di un'entità economica esterna, nativi
danneggiati, risorse portate altrove). Un'operazione non consumata, tuttavia,
nel buio dell'Africa del diciannovesimo secolo, ma oggi, sotto i riflettori del
villaggio globale. Tutti potevano vedere. Tutti si sono girati dall'altra parte.85
Cosa ci ha insegnato questa favola? Quale è la morale?
Tutto ha un prezzo. Tutto si può comprare: la coscienza, la dignità, la fede.
Chiesa Gesù Divin Lavoratore, quartiere Tamburi: un mosaico raffigura Gesù
immerso tra i fumi delle ciminiere dell’Ilva.
In Italia se vuoi fare politica devi essere ricattabile, perché nell’ambiente
politico devono sapere qual è il tuo prezzo e quanto è lungo il tuo guinzaglio.
Se non sei ricattabile, non sei controllabile. E quindi non ti ci vogliono.
Giuliano Ferrara,
giornalista e direttore de “Il Foglio”
La favola non potrà mai essere completa.
Al puzzle mancherà sempre qualche pezzo.
Forse questa non è una favola.
Le favole hanno sempre un lieto fine.
85
G. Buccini, Vent’anni di omissioni dietro un dramma nazionale, Corriere della Sera, 2013
86
3.3 LA FAMIGLIA RIVA
A un certo punto inizia a parlare Calisto Tanzi. I testimoni non si ricordano le
esatte parole del fondatore della Parmalat, ma il senso dell’intervento era
questo: «Noi imprenditori» diceva rivolgendosi ai membri della giunta della
Confindustria «dobbiamo modernizzarci, usare la borsa, fare più finanza...».
Finito il discorso, una voce lo gela: «Non sono d’accordo». È Emilio Riva,
uno che di solito parla poco. Tanzi replica irritato, ma con tono fermo Riva lo
zittisce così: «Vede, signor Tanzi, se io la prendo per i piedi e la scrollo, dalle
sue tasche esce tanta, tanta carta. Se invece prende me per i piedi, dalle mie
tasche escono tanti, tanti soldi. Ecco qual è la differenza tra noi due».86
Emilio Riva, nasce a Milano il 22 giugno del 1926.
È un industriale. È un grande industriale italiano. È così grande da essere, con
il suo gruppo, il primo nel settore siderurgico in Italia, il quarto in Europa e il
ventitreesimo nel mondo. Il 100% del gruppo è riconducibile alla famiglia
Riva: il 39,9%, tramite una capogruppo con sede in Lussemburgo denominata
"Utia"; il 35,10% è proprietà della Stahlbridge Bv, una società di diritto
olandese; infine il 25% è posseduto dalla società fiduciaria Carini Spa.87
Il
100% dell'intero gruppo è da attribuire ad Angelo ed Emilio Riva e relativi
figli: possiede 36 siti produttivi, di cui 19 in Italia dove viene prodotto il 62%
dell'acciaio dell'intero gruppo e dove l'azienda realizza circa il 67% del
fatturato. Altri siti si trovano in Belgio, Francia, Germania, Spagna, Grecia,
Tunisia e Canada. Quasi 22 mila dipendenti a carico.
Fanno parte del gruppo anche 24 strutture correlate divise fra centri di servizio
e società commerciali a cui affianca società finanziarie.
86
G. Fontanelli, Emilio Riva. Ilva, la vera storia dell’uomo accusato di avvelenare la città, Panorama, 2012 87
G. Dragoni, Ilva. Il Padrone delle Ferriere, Chiarelettere ebook, original, 2012
87
Sei figli: due femmine e quattro maschi. Il più grande, Fabio, è il vero numero
due del gruppo: desaparecido a Londra, in attesa di giudizio, circa la richiesta
di estradizione, dopo il provvedimento di custodia cautelare emesso dalla
procura di Taranto; Claudio, dal carattere spigoloso, fa l’armatore in proprio
assieme ad un socio, pur continuando a rimanere nel consiglio di
amministrazione della Fire e a svolgere attività di trasporto marittimo proprio
per il gruppo; Nicola, finito agli arresti con il padre, è l’uomo della
produzione; Daniele guida lo stabilimento di Genova; alle figlie Alessandra e
Stefania è impedito entrare in azienda, se non all’interno dell’azionariato.
Nella grande famiglia, però, c’è da lavorare per tutti, anche per Angelo e
Cesare, figli di Adriano, ed Emilio Massimo junior, primogenito di Fabio.
Gestione a carattere prevalentemente familiare con assetto poco trasparente ed
attenzione maniacale dei costi: questi i punti fermi.
L’attività di Emilio comincia nel 1954 con la società Riva & C. s.a.s.:
coadiuvato dal fratello minore Adriano, decise di avviare un’attività
industriale incentrata sul commercio e sulla lavorazione di rottami ferrosi
forniti ai siderurgici bresciani (che lo trasformavamo in prodotti finiti,
essenzialmente tondo per cemento armato). Poi, una costante ed inesorabile
escalation: l’acquisizione delle Acciaierie del Tanaro nel cuneese (1966), della
S.E.E.I. nel bresciano (1970) e della “Officine e Fonderie Galtarossa” di
Verona (1981).
Il “ragiunatt” è un tipo molto ambizioso. Lo è così tanto, che l’Italia comincia
a stargli stretta: entra nella Siderurgica Sevilliana in Spagna (1971) e nella Iton
Seine in Francia (1976). E poi ancora il Belgio e, persino, la ex Germania Est,
con l’acquisizione di tre grandi fabbriche.
88
In proposito, racconta con orgoglio:
Sono bastati sei mesi per far capire ai tedeschi che gli italiani non sono solo
venditori di cravatte o pizzaioli ma anche gente che sa fare acciaio88
.
Il successo all’estero è tale da vedersi riconosciuta: dal Re del Belgio (2000) e
dal Presidente della Repubblica Federale di Germania (2002), la Gran Croce al
merito per l’impegno ed i successi in campo economico e sociale, e, la Legion
d'onore dal Presidente della Repubblica Francese (2005), per la più che
cinquantennale attività nel campo industriale.
Dal 1988, possiede la maggioranza delle acciaierie di Cornigliano (Ge): il
grande altoforno a ciclo continuo capace di produrre un milione di tonnellate
di acciaio grezzo all’anno. Il ragioniere se lo aggiudica dopo una difficile
commistione tra pubblico (Italsider nel consorzio Cogea) e privato (si arrivò
alla lite tra Riva ed i due bresciani Lucchini e Leali): lo Stato si accollava le
perdite e gli industriali ne avevano la gestione.
L’ascesa del gruppo, trova il suo culmine nel 1995: con la collaborazione di
alcune banche (tra le quali Cariplo che qualche anno dopo confluirà in Banca
Intesa) e dei soci di minoranza (il gruppo indiano Essar della famiglia Ruia,
Nicola Amenduni delle Acciaierie Valbruna di Vicenza e l’industriale Luigi
Fedele Farina con Metalfar di Erba), infatti, battendo la concorrenza dell’ex
presidente di Confindustria (alleato con il colosso statale francese Unisor
Sacilor), mette le mani sul centro siderurgico di Taranto. Altro che Genova.
Taranto ha una capacità produttiva di 12 milioni di tonnellate di acciaio l’anno
e per venderla, nel 1993, il gruppo Iri, capitanato da Romano Prodi, mette in
liquidazione la vecchia Ilva, in cui confluiscono debiti per circa 7000 miliardi
di lire. Viene creata una nuova società: Ilva Laminati piani.
88
G. Dragoni, Ilva. Il Padrone delle Ferriere, Chiarelettere ebook, original, 2012
89
Dotata di impianti nuovi, è la terza realtà siderurgica europea (dietro la British
Steel e la Unisor Sacilor), in grado di produrre utili mensili da 100 miliardi di
lire. Un portento, in pratica. Un portento a “prezzi stracciati”, “in saldo”
potremmo dire. Si, perché Riva sborsa 1460 miliardi di lire per averla, “salvo
conguaglio forfettario” di 228,66 miliardi (per i profitti accumulati sotto la
gestione statale negli ultimi 98 giorni del ’95 e rimasti nell’azienda oramai
privatizzata) stabilito dall’Iri (rappresentante delegato alla vendita per conto
dello Stato) a fronte sì di un indebitamento 1500 miliardi di lire, ma con un
fatturato di quasi 9000 miliardi di lire.
Nonostante questo e nonostante non sia stato previsto alcun obbligo di
bonifica, la nuova proprietà lamenta, però, la necessità di adeguare gli impianti
con investimenti nell’ecologia per ridurre l’inquinamento, chiedendo uno
sconto all’Iri di circa 800 miliardi: la controversia, viene affidata a un collegio
arbitrale, composto da tre giuristi (Guido Rossi, scelto dall’Ilva; Gustavo
Visentini, a difesa dell’Iri; Alberto Crespi, presidente del collegio). Il verdetto
del 2000, impone ai Riva il pagamento di 180 miliardi di lire circa, portando
così il prezzo della vendita dagli iniziali 1460 miliardi “salvo conguaglio” ai
1649 definitivi.
Sebbene, l’imprenditore sia risultato perdente nell’arbitrato, negli anni
successivi, il fatturato toccherà 11.500 miliardi di lire, la produzione
triplicherà, i dipendenti saranno 17.300.
È un affare per davvero, contrariamente a quanto possa affermare Riva.
Lui è solo un brontolone: avaro di denaro e di potere, molto attento ai bilanci,
a cui piace comandare senza “ammucchiate” che possano destituire la propria
egemonia.
Mentre il 26 luglio 2012, l’Ilva viene sequestrata e il suo padrone, suo figlio
Nicola e sei dirigenti finiscono agli arresti domiciliari, nelle stanze notarili di
90
uno studio lussemburghese, prende vita un progetto di fusione tra
Stahlbeteiligungen Holding Sa e Parfinex Sa, due società estere che stanno
sopra al gruppo italiano dell’acciaio.
Il 5 ottobre si procede allo scorporo: dalla prima, del 25,38% dell’Ilva per
confluire in Siderlux, lasciando Riva Fire in possesso del 61,62%.
All’interno della Stahlbeteiligungen Holding Sa rimangono soprattutto
importanti fette dei pacchetti azionari riconducibili alle attività estere: dal
Canada al Belgio, dalla Spagna alla Francia e alla Germania.
Nel frattempo, nonostante il rilascio dell’Aia, i padroni dell’acciaio continuano
a rimescolare le carte. Questa volta in Italia però. Il 17 ottobre, l’assemblea di
Riva Fire approva la cessione di un ramo aziendale (quello che produce e
commercializza prodotti lunghi) a favore della Riva Forni Elettrici, a cui
passano peraltro riserve per 320,6 milioni di euro.
In definitiva: a Riva Fire, che controlla Ilva, restano i laminati piani a freddo e
a caldo; in Riva Forni Elettrici confluisce il business dei prodotti lunghi; a
Stahlbeteiligungen Holding Sa prevalentemente le attività estere.
Operazioni che vengono nell’ombra, sullo sfondo, in silenzio ma con
lungimiranza: sottolineano ancora una volta la volontà della proprietà di
difendere il proprio patrimonio dai possibili attacchi della magistratura.
Una linea di potere che, per quanto spietata, rimane coerente con il carattere
del capofamiglia: improntata al guadagno senza scrupoli.
Il caso della palazzina Laf, nel 1997, è l’emblema di tutto ciò.
L’acronimo Laf, almeno per questa volta, non indica una qualche forma di
inquinante. La Laf è la vecchia palazzina del laminatoio a freddo. Lì dentro
vengono rinchiusi e costretti all’ozio 69 dipendenti per non aver accettato il
91
declassamento professionale. I patti sono chiari: chi non accetta la novazione
del rapporto di lavoro viene alienato nel capannone, e non è uno scherzo.
Occhi fissi sui muri, un telefono abilitato solo a chiamare e non a ricevere,
finestre senza vetri, bagni piccoli e sporchi, poche sedie e qualche tavolo; una
pattuglia di vigilantes fuori a controllare che nessuno esca; in orario a timbrare
il cartellino per stare lontani dal mondo ed immersi nei propri pensieri; stesse
facce, stessi discorsi, emarginazione sociale e personale. E, anche quando ci si
fa forza a vicenda convincendosi che la strada giusta sia non desistere, Angelo
Greco, caporeparto, è lì a ricordare la forza e il potere dell’azienda,
riproponendo l’ipotesi di retrocessione.
I racconti sono agghiaccianti. La palazzina Laf, dopo qualche settimana, è già
un laboratorio in grado di produrre gli effetti dell’alienazione umana. Gente
che passeggia avanti e indietro contando i mattoni del pavimento o i buchi dei
muri, gente che prende a calci le sedie o le scaraventa per terra, persone che
fanno ginnastica o giocano a carte senza fermarsi mai, oppure che urlano a
squarciagola tutti i pomeriggi alla stessa ora, o che camminano a testa bassa
parlando da sole e ripetendo che loro sono lì per sbaglio e che usciranno
presto. Ma c’è anche chi si arrampica su una gru e minaccia di spiccare il
volo.89
La diffidenza si sostituisce alla solidarietà delle prime settimane di reclusione:
il tempo di permanenza è dato dal grado di resistenza di ognuno dei
“laffizzati”. C’è chi è tenace e lotta fino a rasentare l’implosione mentale. E
c’è chi sarà costretto a ricorrere alle cure psichiatriche e ne ha ben d’onde:
crisi isteriche, disturbi del sonno, idee suicide.
È la legge del più forte, di chi ha il coltello dalla parte del manico, di chi ha il
potere di decidere la tua sorte. E non è un semplice eufemismo. È una
89
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
92
constatazione di fatto. Le regole son dettate dal Kapo e lui dice che: non devi
scioperare e fare attività sindacale o politica, devi attenerti agli orari di lavoro
senza straordinari e accettare ogni tipo di lavoro ed ogni forma di
calpestazione morale ed etica pur di sfamare la tua famiglia. In silenzio. In
ginocchio. Amen.
Se ne accorge Franco Sebastio che, a seguito della segnalazione
dell’Ispettorato del lavoro, il 9 novembre 1998 irrompe, accompagnato dai
carabinieri all’interno dello stabile.
Il 7 dicembre 2001, il Tribunale di Taranto emette undici condanne per tentata
violenza privata per mobbing: leggermente ridotte in appello e confermate in
Cassazione (un anno e sei mesi per Riva, un anno e otto mesi per il direttore
dello stabilimento Luigi Capogrosso).
La Corte d’Appello di Lecce non parla di mobbing. Parla di bossing: ossia la
strategia aziendale volta a ridurre o eliminare personale o dipendenti non
graditi, inducendoli alle dimissioni.
Riva, Capogrosso e un terzo dirigente sono condannati anche per frode
processuale nei lavori di aggiustamento fatti dall’azienda nella palazzina, al
fine di renderla più vivibile, proprio prima che arrivasse l’ispezione: pitturare i
muri, aggiustare bagni e plafoniere delle lampade, mettere qualche pianta
ornamentale. Cose da niente. Tanto nessuno va in galera.
Forse non è un caso: un pò di processi a carico, qualche condanna di poco
conto, qualche querela fatta per intimidire, ma nemmeno un giorno di carcere.
Nel febbraio del 2007, per esempio, Emilio e il figlio Claudio, vengono
rispettivamente condannati a tre e diciotto mesi di reclusione per omissione di
cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento,
sempre con riferimento all’impianto pugliese (pena confermata in secondo
93
grado).90
Nel 2008, la situazione addirittura peggiora: il ritrovamento di tracce
di diossina nel latte, formaggi e carni provenienti da sette masserie adiacenti lo
stabilimento di Taranto, preoccupano e non poco la Regione, la quale
subordina il proprio benestare, nell’ambito della procedura di autorizzazione
ambientale in corso, all’intervento migliorativo dell’azienda in campo
ecologico. Nessun pericolo, però: si “scopre” che le misurazioni fatte dagli
uffici regionali non sono attendibili. Lo dice il Ministero dell’Ambiente
guidato da Stefania Prestigiacomo, in cui, guarda caso, il direttore generale è
proprio Corrado Clini, autore del famoso decreto 231 Salva – Ilva, nostro
migliore amico al Ministero91
, secondo l’ambasciata americana come risulta
da un’intercettazione di WikiLeaks.
Il ministro Prestigiacomo ed il suo entourage, sono i primi, in tal senso, a dar
vita al valzer dei facili lasciapassare: per evitare la chiusura dell’impianto nel
2011, il decreto governativo del 4 agosto, autorizza Ilva a proseguire per sei
anni la produzione. Nella nuova Aia vengono fissati limiti e controlli, ma nulla
più. Il siderurgico è necessario. Il siderurgico non deve chiudere.
Emilio Riva è noto alle cronache anche per una serie di amicizie. Amicizie che
hanno portato ad accordi ad alleanze, spesso poco rispondenti con il profilo del
ragioniere: votato alla siderurgia, confinato nel suo mercato, lontano da
operazioni finanziate da banche ed intrecci d’interessi.
Nel 2008, però, in questa prospettiva, accade qualcosa.
Silvio Berlusconi gli propone di partecipare alla cordata Cai. Lui non si tira
indietro. L’alleanza salva Alitalia, compagnia di bandiera ed oggetto del
desiderio della compagnia pubblica Air France – Klm, promossa dal governo
Prodi: allestita con il Progetto Fenice da Intesa San Paolo, guidata da Corrado
90
G. Dragoni, Ilva. Il Padrone delle Ferriere, Chiarelettere ebook, original, 2012 91
S. Maurizi, Clini l’americano, L’Espresso, 2012
94
Passera, ex ministro dello Sviluppo Economico del governo Monti, vanta la
presenza di altri venti soci italiani.
Dovremmo essere sempre grati a questi capitani coraggiosi.92
Silvio Berlusconi, 18 agosto 2008
Nel 2009, poi, mentre Air France – Klm acquista il 25% della nuova Alitalia,
(costo dell’operazione: 323 milioni di euro93
) il Gruppo Riva (primo dei soci
italiani) sborsa 120 milioni di euro per averne il 10,62%.
L’operazione viene spacciata come una grande manifestazione di patriottismo,
ma non è così.
Le amicizie si sa, aiutano. Ancora di più, se poi, a finanziare il Gruppo ci
pensa proprio Intesa San Paolo, promotrice dell’iniziativa Alitalia: 106,8
milioni di dollari utilizzati per la copertura finanziaria parziale
dell’investimento relativo alla costruzione di due nuove navi tipo bulk
carrier,94
commissionate ad un cantiere cinese ed in grado di trasportare un
enorme quantitativo di minerale di ferro, proprio da utilizzare nello
stabilimento di Taranto.
Già, l’Ilva. Già Taranto. Nessuno se ne preoccupa. Ci si ricorda della sua
esistenza solo quando c’è da salvare l’amico fraterno dell’acciaio, magari con
336 milioni di euro, come avviene nell’agosto del 2012:
92
G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009 93
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Alitalia 94
V. Malagutti, Mister Acciaio ha trovato un miliardo, L’Espresso, 2009
95
Il governo farà di tutto per evitare la chiusura dell’Ilva, per questo bisogna
andare oltre la sterile contrapposizione tra istituzioni e magistratura.95
Corrado Passera,
ex ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti,
Governo Monti
Per non parlare dei: 245 mila euro per la campagna elettorale di Forza Italia;
98 mila per quella di Pierluigi Bersani (non per il partito di Bersani, i Ds, ma
proprio per lui che era responsabile industria del partito e stava diventando
ministro dello Sviluppo Economico, cioè il controllore politico dell’Ilva). Poi,
Federacciai, l’associazione di categoria di cui vicepresidente è Nicola Riva,
dona 110 mila euro in 4 anni a Bersani. E poi la faccenda del senatore Roberto
della Seta e dell’onorevole Ludovico Vico.96
Insomma: chi più ne ha, più ne metta.
Ora, non nascondiamo la testa sotto la sabbia. Non prendiamoci in giro.
Numeri della magistratura alla mano… bastano i 386 morti per emissioni
industriali in 13 anni (30 decessi, in media, ogni anno) per potere definire tutto
questo come un ignobile baratto?.
95
P. Festuccia, Bisogna evitare la chiusura sarebbe un danno irreparabile, La Stampa, 2012 96
Fonte: Servizio Pubblico, La crosta, 2012
96
3.4 DUE SEQUESTRI.
22 maggio 2013: Sequestri per 1,2 miliardi euro bloccati nei paradisi fiscali e
perquisizioni nelle abitazioni di alcuni componenti della famiglia Riva a
Milano. L'indagine riguarda una maxi evasione fiscale con soldi della
famiglia Riva sottratti indebitamente alle casse dell'azienda. I fratelli Emilio e
Adriano, patron del Gruppo cui fa capo anche il siderurgico di Taranto, sono
indagati a Milano per trasferimento fittizio di beni e truffa ai danni dello
Stato. Altri due professionisti risultano indagati per riciclaggio.97
Immobili, titoli e disponibilità finanziarie: tutto custodito nel paradiso fiscale
di Jersey. Attraverso complesse operazioni societarie su partecipazioni
detenute da società di diritto olandese e lussemburghese, avrebbero fatto
confluire nei trust accesi a Jersey soldi frutto "di molteplici delitti di
appropriazione indebita aggravata in danno delle varie società del Gruppo
industriale di riferimento, frode fiscale, infedeltà patrimoniale e false
comunicazioni sociali".98
Occultando, di fatto, la reale titolarità delle
medesime, i Riva potevano godere di vantaggi derivanti dall’utilizzo dello
“scudo fiscale” del 2009, voluto da Tremonti: beni formalmente all’estero, ma,
effettivamente, a disposizione della famiglia.
La Guardia di Finanza ha anche accertato che il reale proprietario del
gruppo è Emilio Riva, in virtù di un patto di famiglia che gli consente di
«decidere da solo sulle questioni di maggiore rilevanza per la società».99
Sequestri e perquisizioni anche tra chi ha curato la pianificazione fiscale:
Franco Pozzi ed Emilio Gnech, sono accusati di riciclaggio. L'ipotesi della
Procura è che gran parte dei beni sequestrati, siano stati, tra il ’96 e il 2006,
sottratte alle casse del siderurgico per la compravendita di azioni.
97
G. Foschini e M.Diliberto, Riciclaggio e truffa, indagati i fratelli Riva "Il tesoro dell'Ilva sui conti off-shore", La Repubblica, 2013 98
Ibidem 99
A. Mincuzzi, Riva, sequestrati 1,2 miliardi, Il Sole 24 ore, 2013
97
Un sistema di vera ingegneria finanziaria, che conferma come e quanto i Riva
tenessero a porre i propri bene inattaccabili. L'idea di affidarle a un trust era
proprio per rendere il patrimonio non aggredibile. Ma in questo caso, secondo
il giudice, il trust era falso, "si trattava di un mero espediente per creare un
diaframmma" che eludesse "le ragioni creditorie dei terzi, comprese quelle
dell'Erario ". A supporto di questa teoria, il giudice cita il "patto di famiglia "
siglato nel 2005 attraverso il quale i Riva si erano autoregolamentati per
gestire l'azienda. Da un lato c'era un "capo indiscusso ", Emilio, che decideva
"da solo sulle questioni di maggior rilevanza" e, dall'altro, il consiglio di
famiglia, con divisione tra membri "attivi" con diritto di voto, membri
"onorari" e "osservatori".
24 maggio 2013: Sequestro da oltre otto miliardi di euro all'Ilva. I militari
della guardia di Finanza di Taranto hanno avviato questa mattina il
provvedimento di sequestro per equivalente disposto dal gip Patrizia Todisco
su richiesta del pool guidato dal procuratore capo Franco Sebastio, titolare
dell'inchiesta per disastro ambientale in cui è indagato anche il presidente
dell'Ilva Bruno Ferrante. La procura ha ottenuto il sequestro di beni
riconducibili alla famiglia Riva e in particolare alla società Riva Fire spa.100
Il provvedimento si muove partendo da un presupposto: il mancato
risanamento degli impianti e dei reparti dell’area a caldo ha comportato un
guadagno per i Riva. Un guadagno quantificato dai consulenti dei pubblici
ministeri che hanno potuto verificare come l’azienda abbia contratto profitti
dovuti al mancato abbattimento dell’impatto ambientale, non acquisendo,
appunto, le tecnologie necessarie rivolte alla tutela della salute pubblica.
Medesimo discorso inerisce: la mancanza di sicurezza all’interno dello
stabilimento, causa di morte alle volte, e l’inquinamento del mar Grande,
documentato da Arpa Puglia.
100
M. Diliberto e G. Foschini, Ilva, sequestro record da 8,1 miliardi ai Riva Il procuratore: "La fabbrica non si tocca", La Repubblica, 2013
98
"La ratio del sequestro è quella di bloccare le somme sottratte agli
investimenti per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica". "La
produzione non si tocca - ha sottolineato Sebastio, che ha aggiunto: "Si tratta
di un sequestro preventivo per equivalente sulla base della legge 231 del 2001
sulla responsabilità giuridica delle imprese" che dal 2011 contempla anche i
reati ambientali.101
Ovviamente, gli effetti del sequestro potranno colpire anche i beni (tranne
quelli funzionali alla produzione) della Ilva Spa, qualora la Riva Fire non sia
in grado di ottemperare a quanto disposto dalla magistratura.
Nelle 46 fitte pagine del decreto di sequestro si trova una raccapricciante
illustrazione del funzionamento di una grandissima fabbrica, e della sua
influenza sull'umanità di dentro e di fuori. La città di Taranto è la piccola
appendice di un gigantesco mondezzaio.102
1995 – 2013: fine di una egemonia?
101
Ibidem 102
A. Sofri, Mega-sequestro da 8 miliardi ai Riva. Lo scandalo Ilva è il doppio dell'Imu, La Repubblica, 2013
99
CAPITOLO 4: LE PROSPETTIVE FUTURE
4.1 CONFLITTI DISINTERESSATI
La legge ‘salva Ilva‘ è costituzionale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale al
termine dell’udienza con la quale ha dichiarato inammissibili o infondati i
ricorsi proposti dalla magistratura ionica. Per la prima volta in Italia, il
diritto alla salute viene posto in secondo piano rispetto al lavoro.103
È il 9 aprile 2013. La Consulta, dopo aver giudicato inammissibili i due ricorsi
presentati dalla procura di Taranto sul conflitto di attribuzione, in ordine alla
legge di conversione e al decreto, poi convertito nella legge 231, rispedisce al
mittente le accuse di illegittimità.
In quanto atto amministrativo, rimangono comunque possibili gli ordinari
rimedi giurisdizionali previsti dall'ordinamento, volti a verificare
l’inosservanza delle prescrizioni ambientali e l’accertamento delle eventuali
responsabilità in sede penale.
Un successo per il Governo. Un fallimento per le associazioni ambientaliste e
per qualche politico realmente interessato alla vicenda (vedi Angelo Bonelli).
Un colpo basso nei confronti: della magistratura tarantina, del suo operato e di
coloro i quali hanno riposto, in quest’ultimo, enorme fiducia.
Alla speranza di un futuro diverso si sostituiscono rabbia e sgomento.
Il cambiamento appare un’utopia.
Il rafforzamento di questo generale senso di rassegnazione si ripercuote nel
referendum consultivo del 14 aprile: presentato dal comitato Taranto Futura,
dopo una lunga battaglia contro il Comune dinanzi al Tar di Lecce, poneva
103
F. Casula, Salva Ilva, Consulta respinge ricorso Tribunale e gip: “Costituzionale”, Il Fatto Quotidiano, 2013
100
due quesiti a cui erano legittimati a rispondere i soli residenti nel comune di
Taranto.
1° QUESITO: volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra
salute nonché la salute dei lavoratori contro l’inquinamento, proporre la
chiusura dell’Ilva?
2° QUESITO: volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra
salute e quella dei lavoratori, proporre la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva,
maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi
minerali?
L’esito è sconcertante.
Ha votato il 19,52 per cento degli elettori tarantini: 33mila 774 su 173mila e
61 (il totale degli aventi diritto). Il quorum era oltre gli 86mila voti (50,1 per
cento). I numeri dell’affluenza alle urne nei quartieri fotografano la realtà. A
ripudiare il referendum sono stati i quartieri operai. Tamburi e Paolo VI
hanno fatto registrare i dati più bassi di affluenza alle urne, rispetto agli altri
rioni cittadini. Ai Tamburi, lì dove più sentito è il problema ambientale per la
vicinanza alle acciaierie, ha votato il 14,5 per cento e a Paolo VI il 9,7, molto
al di sotto del dato finale. Più generoso, ma sempre al di sotto della media, il
dato offerto, per esempio, dai quartieri Italia Montegranaro-Salinella (23,3
per cento).104
Al primo quesito hanno risposto SI l’81,29% dei votanti e NO il 17,25%.
Al secondo quesito hanno risposto SI il 92,62% dei votanti e NO il 5,30%.
Il risultato referendario viene accolto in maniera contrastante: Alessandro
Marescotti, fondatore dell’associazione ambientalista PeaceLink, non demorde
e ricorda che, anche quelle 30 mila persone, non son poche per portare avanti
104
F. Colucci, Referendum sull'Ilva non raggiunge quorum vota solo il 19 per cento, La Gazzetta del Mezzogiorno, 2013
101
“la battaglia”; Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, invece, lancia pesanti
accuse alla macchina organizzativa messa a disposizione del comitato
referendario dalle istituzioni.
È stata fatta una scientifica opera di boicottaggio!! Non solo non c’è stata
un’informazione adeguata in grado di raggiungere tutta la popolazione ma
l’amministrazione comunale ha tagliato del 50% i seggi elettorali e gli
scrutatori.105
Certamente, il referendum consultivo (inefficace e privo di effetti, anche
qualora si fosse raggiunto il quorum) desta una serie di ulteriori interrogativi:
la mancata estensione ai residenti dei comuni della Provincia (all’Ilva è forte
la presenza di operai provenienti dai medesimi) e la data (14 aprile) scelta per
il voto.
Su quest’ultimo punto appare non chiaro il ruolo del sindaco Ippazio Stefàno,
finito sulla graticola per una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza di
Taranto:
Quel 29 luglio 2010 fu Archinà a chiamare Stefàno per chiedere di fissare il
referendum cittadino sulla chiusura dell’Ilva il più tardi possibile. “La data la
più lontana possibile” chiese Archinà ottenendo un primo “va bene” dal
sindaco per poi motivare la richiesta dicendo “per farci lavorare un po’
tranquilli” e ricevendo una nuova rassicurazione dal sindaco “tranquilli!!! Va
benissimo! Ciao Girolamo”.106
Così si procede. Nel bene o nel male si procede: sì, al dissequestro di un
milione e settecentomila tonnellate di tubi e coils (valore stimato: un miliardo
di euro) sequestrato il 26 novembre 2012 dalla procura di Taranto perché
ritenuto provento di reato; sì, alla continuazione dell’attività produttiva per un
105
A. Spinelli Barrile, Referendum Ilva di Taranto, niente quorum: risultati definitivi, Ecoblog, 2013 106
F. Casula, Ilva Taranto, sindaco Stefàno indagato per abuso e omissione di atti d’ufficio, Il Fatto Quotidiano, 2013
102
periodo di trentasei mesi, nel rispetto del cronopogramma stabilito
dall'Autorizzazione Integrata Ambientale.
Nonostante questo però, le disposizioni riguardanti i parchi minerali, le
acciaierie, gli altiforni e i nastri trasportatori vengono puntualmente disattese:
stato di avanzamento dei lavori per i nastri trasportatori stimato al 20%,
fenomeno slopping non eliminato (249 casi in un anno, denuncia l’Arpa), su
tutti.
I guai per l’Ilva sono dietro l’angolo: i sequestri operati dalla procura di
Taranto e da quella di Milano, mettono in ginocchio un’azienda in cui, già da
tempo, regna il caos generale.
Il mancato rispetto delle prescrizioni imposte dall’Aia, le incertezze poste alla
continuità aziendale da provvedimenti della Magistratura e le difficoltà
contingenti al mercato, portano il cda a dimettersi.
La necessità di un provvedimento urgente porta all’emanazione di un decreto
con il quale l’azienda viene commissariata temporaneamente (12 mesi
rinnovabili fino a 3 anni). Ad Enrico Bondi, amministratore delegato di Ilva,
dimissionario dopo soli cinquanta giorni dalla sua nomina, viene affidato il
salvataggio dell’azienda: un mandato con obiettivi precisi al termine del quale
i soci proprietari resteranno proprietari107
, afferma il ministro dello Sviluppo
Flavio Zanonato. Due i sub commissari: uno è Edo Ronchi, ex ministro
dell’Ambiente. All’attuale ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, è invece
affidato il compito di nominare un comitato di 5 esperti che, entro 60 giorni
dalla nomina, stilerà "il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale
e sanitaria dei lavoratori e della popolazione e di prevenzione del rischio di
incidenti rilevanti".108
107
M. Diliberto e Giuliano Foschini, Ilva, il governo vara un 'salva-Ilva' bis. Ecco il decreto, Bondi commissario, La Repubblica, 2013 108
Ibidem
103
Bondi? È come prendere il centravanti della squadra avversaria e farlo
arbitro". "Sai quei film western, dove arriva il castigamatti, e il vecchio che
fabbrica le bare si frega le mani. Solo che Bondi fa tutte e due le parti". "Si
sono ripresi tutto, il comando, e i miliardi".109
L’Ilva va avanti. L’Ilva deve andare avanti.
La chiusura della fabbrica costerebbe circa 8 miliardi all'anno: Sei miliardi
circa riguarderebbero la crescita delle importazioni, 1,2 miliardi tra sostegno
al reddito e minori introiti per l'amministrazione pubblica, 500 milioni per la
minore capacità di spesa per il territorio.110
Flavio Zanonato,
ministro dello Sviluppo Economico
109
A. Sofri, Ilva, tra gli operai esplode la rabbia:"Bondi? Il centravanti avversario fa l'arbitro", La Repubblica, 2013 110
M. Diliberto e Giuliano Foschini, Ilva, il governo vara un 'salva-Ilva' bis. Ecco il decreto, Bondi commissario, La Repubblica, 2013
104
4.2 OVERCAPACITY: TRA IL MODELLO LINZ E LO SPETTRO
DI BAGNOLI
L'Ilva fermerà da oggi l'altoforno 2 per la crisi del mercato siderurgico.
Resterà inattivo per circa tre mesi, periodo nel quale, utilizzando la fermata,
saranno effettuati, in anticipo sul programma dell'Autorizzazione integrata
ambientale, i lavori di ammodernamento che riguarderanno fra l'altro il
sistema di raffreddamento e la parte alta dell'altoforno. La fermata
dell'altoforno 2, insieme con quella dell'acciaieria 1, era già stata annunciata
a metà giugno.111
Altoforno 2: la produzione a regime è di circa 5.000 tonnellate di ghisa al
giorno. Il blocco, che ha già colpito (8 dicembre) l’altoforno 1 porterà
l’azienda ad utilizzare i soli altiforni 4 e 5, essendo già il 3 da tempo inattivo.
Nei prossimi giorni verrà fermata anche l'acciaieria 1: rispetto all’altoforno 2
per il quale sono stati previsti 3 mesi, lo stop sarà più contenuto e l’azienda
utilizzerà la sola acciaieria 2. La prossima estate, poi, verrà fermato l’altoforno
5, il più grande d’Europa.
L'intervento sull'altoforno 2, prescritto dall’Aia del 26 ottobre, però, non era
previsto in questa fase.
L'andamento negativo del mercato ha spinto l'Ilva ad anticipare la fermata e
quindi anche i lavori. Con questo ulteriore stop la produzione giornaliera di
ghisa scende da 17-18mila tonnellate a 14-15mila al giorno. Prima che si
fermasse l'altoforno 1 si producevano 21-22mila tonnellate di ghisa sempre al
giorno.112
Ottocento i lavoratori in esubero, per i quali si farà ricorso ai contratti di
solidarietà.
111
Agi, Crisi del mercato siderurgico l'Ilva ferma anche l'altoforno 2, La Repubblica, 2013 112
Ibidem
105
Ma il punto non è questo o, almeno, non è solo questo: l’acciaio è in crisi.
Sono tutti in negativo i numeri del settore siderurgico: -5,3% la produzione
interna, -23,2% il consumo, -4,7% la produzione europea, mentre a livello
globale nel 2013 bisognerà fare i conti con una sovrapproduzione di 500
milioni di tonnellate. Solo per quanto riguarda l'Italia, l'eccesso di capacità
produttiva è pari a una volta e mezza quella dell'Ilva di Taranto.113
Si produce più acciaio di quanto il mercato ne richieda: 1,8 miliardi di
tonnellate di acciaio prodotte all’anno, a fronte di un consumo di 1,5.
Si chiama overcapacity. Il Wall Street Journal evidenzia un quadro di
riferimento destinato a peggiorare ulteriormente.
Roberto Capezzuoli, ex giornalista del Sole 24ore ed esperto delle questioni
riguardanti i mercati delle materie prime, afferma che: dall’inizio del 2008 ad
oggi, negli Usa, i prezzi dei coils laminati a caldo hanno perso il 35%,
arrivando a 636 dollari per tonnellata. Ne ha fatto le spese la RG Steel, il
quarto gruppo siderurgico statunitense, che ha dichiarato bancarotta e ha
fermato impianti la cui capacità è di 7,5 milioni di tonnellate annue.114
L’Ilva è un grande produttore di coils (lamiere di acciaio arrotolate in bobine).
I termini della crisi dell'acciaio europeo sono questi: domanda -27% dai
livelli pre-crisi, 40mila posti di lavoro persi, sovracapacità produttiva 80
milioni di tonnellate (dato globale 572 mln di cui 200 mln in Cina). Con un
aumento della domanda ai tassi di crescita attuali, la Commissione europea
calcola che sarebbero necessari 5-7 anni per raggiungere l'equilibrio tra
domanda e capacità.115
113
G. Dossena, I conti della crisi dell’acciaio, Corriere della Sera, 2013 114
R. Capezzuoli, Il mondo dell’acciaio ha un problema, l’eccesso di capacità produttiva, First online, 2012 115
A. P. Salimbeni, Acciaio: Ue vara piano per contrastare crisi e concorrenza sleale, EuroParlamento24, 2013
106
E poi, ci sono: le concorrenti Russia, Ucraina, Turchia, India, Cina e Usa;
l’accentuata tendenza a proteggere i produttori nazionali, con condizioni di
disparità all’interno del mercato stesso.
Le problematiche inerenti costi dell'energia e le politiche ambientali ed
energetiche completano il quadro.
Aumenta il costo delle materie prime ed in particolare del minerale di ferro
(+65% nel febbraio di quest’anno116
) e, per l’eccesso dell’offerta sulla
domanda, si determina una riduzione del profitto (e non un aumento del prezzo
di vendita, come dovrebbe ragionevolmente attendersi).
Situazione industrialmente insostenibile117
, tale da portare un colosso come
ArcelorMittal, a ridurre il numero di altiforni funzionanti da 28 (nel 2008) a 18
(oggi).
Secondo Siderweb, il portale della siderurgia, risulta tanto chiara
l’impossibilità futura per l’Europa di rimanere un produttore di materiale
grezzo standardizzato (commodity), da rendere necessario l’investimento in
settori innovativi (cosa che l’Ilva non ha fatto, a differenza delle aziende
tedesche).
L’unico punto a favore dell’Ilva risulta essere la contemporanea produzione di
ghisa e di energia (a basso costo per autoconsumo): ciò le garantisce un
risparmio di costi notevoli.
Come può la più grossa realtà industriale italiana versare in simili condizioni?
La risposta è piuttosto semplice se vogliamo: un’azienda “spremuta come un
limone”, prima dallo Stato e poi dai Riva (una gestione rivolta a macinare
profitti da “imboscare” nei molti in paradisi fiscali con l’obiettivo, poi, di
rimpatriarne una parte esentasse grazie allo scudo fiscale di Tremonti).
116
A. Marescotti, Ilva traslocherà in Cina?, Il Fatto Quotidiano, 2013 117
Ibidem
107
Riva ha sfruttato gli impianti mettendo in conto di abbandonarli, una volta
diventati non più redditizi: lo ha potuto certamente fare perché favorito, a più
riprese e in più circostanze, da decreti ad aziendam. Un pò come avviene nel
2010 con la concessione dell’AIA da parte del Ministero dell’Ambiente, il cui
ministro è Stefania Prestigiacomo ed in cui il direttore è, da tempo immemore,
Corrado Clini. Marco Travaglio, giornalista e vice direttore de Il Fatto
Quotidiano, racconta, all’interno del programma di Michele Santoro, Servizio
Pubblico, la telefonata del 22 luglio 2010 tra l'avvocato Perli e Fabio Riva,
all’interno della quale si discute dell’inerzia di Luigi Pelaggi (capo
commissione IPCC) nel rilasciare l’AIA, a causa del superamento delle
emissioni inquinanti.
Su sta roba salta la Prestigiacomo e noi mettiamo in mobilità 5-6000 persone.
Cioè, cosa dobbiamo fare di più? Ve l'abbiamo scritta noi!118
Ma la politica industriale, anche quando privata, può interamente basarsi sul
raggiungimento del profitto, prescindendo dalle questioni di carattere
ambientale?
Crises famously serve to prompt therapeutic change. This can't happen if all a
leader feels he can do is keep a moribund nation on life support in the hope
that a miracle drug might be discovered.119
Le crisi notoriamente servono per chiedere un cambiamento terapeutico.
Questo può non accadere se tutto quello che può sentirsi di fare un politico è
mantenere in vita una nazione moribonda in vita nella speranza che una
miracolosa medicina possa essere scoperta.
C’è una nazione, l’Irlanda, che ha deciso di affrontare la crisi non solo con il
piano di salvataggio speciale disposto dal Fondo Monetario Internazionale
118
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013 119
T. Parks, European politics are impotent, moribund and in need of life support, The Guardian, 2012
108
(1,17 miliardi di dollari): popolazione e Governo hanno deciso, infatti, di
operare attivamente e di comune accordo, basando la propria strategia
sull’utilizzo delle energie rinnovabili.
Secondo l'Economist, l'Irlanda dovrebbe essere in grado di riportare il
rapporto deficit-Pil al di sotto della soglia del 2% grazie a una crescita che
potrebbe a sua volta raggiungere un "miracoloso" 2%. Tutto questo è stato
possibile anche grazie a un nuovo modello di tassazione sull'utilizzo di
combustibili fossili, attraverso il principio, stavolta davvero messo in pratica,
del più inquini più paghi.120
In tal modo, l’aumento (dal 5 al 10%) del costo di petrolio, gas naturale e
cherosene, diventa insostenibile per la popolazione.
Il Paese esce dalla crisi e lo fa in modo sano con livelli di emissioni calati del
15% dal 2008 e del 6,7% nel solo 2011.
Di fronte all'imposizione della carbon tax, che in tre anni ha permesso al
governo irlandese di raccogliere circa un miliardo di euro, di cui 400 milioni
solo nel 2012, i partiti irlandesi non hanno battuto ciglio e la popolazione ha
risposto investendo in energie rinnovabili e riciclaggio rifiuti.121
Poi c’è un’altra nazione, l’Austria, che ha voluto continuare il proprio
“cammino siderurgico”, a condizioni differenti.
Linz, terza città austriaca per popolazione, capoluogo dello Stato federato
dell'Alta Austria.
A Linz c’è un’industria: la VoestAlpine.
Linz, trent’anni fa, era proprio come Taranto.
120
S. Ficocelli, L'Irlanda ha sconfitto la crisi economica diventando 'green': il pil in salita del 2%, La Repubblica, 2013 121
Ibidem
109
Fino a qualche anno fa la città di Linz era la più inquinata dell’Austria.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, infatti, diventa la capitale nazionale
della produzione industriale pesante. L’economia gira ma condanna gli
abitanti a respirare quello che si respira anche a Taranto: polveri e fumi
tossici dei camini delle acciaierie e delle industrie chimiche. Le foreste della
zona stavano morendo e i danni alla salute delle persone si vedevano già nei
bambini. Negli anni ’80 i cittadini decidono di riprendersi il loro diritto alla
salute e Linz diventa teatro di proteste e manifestazioni. La politica li ascolta
e l’obiettivo del sindaco dell’epoca è far diventare Linz la città più pulita del
paese. Vengono varati dei pacchetti di misura antinquinamento e dopo
vent’anni di applicazione delle leggi e controlli sulle emissioni l’aria di Linz è
pulita.122
I punti di forza dello stabilimento austriaco sono: l’utilizzo delle migliori
tecniche produttive disponibili (BAT); una politica aziendale incentrata sulla
salute e la sicurezza dei propri addetti.
Le BAT, sono state sviluppate in collaborazione con la Siemens VAI, casa
leader nella costruzione di impianti per le lavorazioni siderurgiche,
sviluppando e implementando nel 2007 il processo “MEROS” (Riduzione
massimizzata delle emissioni dell’agglomerato) che ha consentito di ridurre le
emissioni: si tratta di una serie di trattamenti in cui le polveri e i componenti
inquinanti ancora presenti nelle emissioni dopo il passaggio nei filtri
elettrostatici vengono ulteriormente abbattute con ulteriori trattamenti di
ricircolo e filtraggio. Si calcola che MEROS, considerato ad oggi il più
moderno e potente mezzo per ridurre le emissioni, consenta una riduzione fino
al 90% di anidridi solforose, polveri sottili, metalli pesanti, diossine, furani e
altro.123
122
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013 123
G. Caforio, L’acciaio fra le Alpi. La fabbrica – modello di Linz, Radio Fiom, 2012
110
La partecipazione attiva dei lavoratori ai “circoli della salute”, inoltre, ha
portato al miglioramento delle politiche di sicurezza interna: l’introduzione di
programmi di esercizio fisico e di servizi di assistenza sociale; la
predisposizione di asili nido aziendali e orari part-time; sale per il riposo e
relax hanno permesso una facile conciliazione tra le esigenze lavorative
dell’acciaieria e la vita privata di ognuno lavoratori.
Le emissioni di diossine e furani a Linz si attestano a un livello prossimo a 0,1
µg/m³ (ben al di sotto dei 0,2-0,4 prescritti dal Protocollo Aarhus e degli 0,4
della legge regionale pugliese). Il livello di soddisfazione del personale è
aumentato ed è diminuito dal 7,9% al 7,2% il tasso di assenteismo per
malattia, gli infortuni sul lavoro sono scesi dallo 0,9% allo 0,8%. Completa il
quadro il ruolo di primaria importanza nella promozione del territorio che la
VoestAlpine svolge sostenendo vari programmi di rinnovamento urbano e
incentivando strutture e iniziative prettamente culturali e artistiche.124
Lo stabilimento di Linz: fattura oltre 12 miliardi di euro l’anno ed è il primo
per produzione industriale in tutta l’Austria con 5 milioni di tonnellate
prodotte ogni anno e quasi 50mila dipendenti occupati in 60 paesi nel mondo.
Il budget previsto in ricerca e sviluppo passa dai 30 milioni di euro del 2001 ai
132 investiti quest’oggi. Negli ultimi 25 anni risultano investiti un miliardo di
euro per abbattere l’inquinamento ed altri 200 milioni di euro, ogni anno, per
la manutenzione degli impianti di filtraggio e la protezione ambientale. Linz è
la seconda città dell’Austria per l’aria più pulita.125
Ma a quanto ammonta la spesa dell’Ilva, in ordine alla protezione ambientale?
I dati sono piuttosto eloquenti: una redditività netta complessiva pari a 1,4
miliardi di euro, interamente mantenuta all'interno dell'azienda. Un totale di
124
Ibidem 125
Fonte dati: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013
111
6,1 miliardi di euro investiti, di cui 1,1 destinati alla salvaguardia
ambientale.126
Male, molto male. Tentiamo di riacciuffare un’azienda oramai al collasso.
Verificando l’attuale situazione delle importazioni, infatti, i numeri dicono:
Turchia (+280%), India (+176%), Corea del sud (+114%), Russia (+89%),
ma anche Paesi Bassi (+400%), Belgio (+91%), Austria (+32%) e, in misura
minore, Germania (+1,2%). Le importazioni straniere di acciaio in Italia
vanno di corsa. I «signori dell'acciaio» invadono il mercato italiano, andando
a riempire, in molti casi, i «buchi» lasciati dall'Ilva nei mesi scorsi, quando
gli impianti pugliesi sono stati costretti a marciare a singhiozzo. «Nel breve e
medio periodo la situazione potrebbe essere più devastante. Se non si risolve
la situazione in Puglia, senza dubbio i cinesi, i turchi e le altre acciaierie
europee acquisiranno ulteriori quote sul mercato interno».127
L'inquinamento industriale delle più grandi sorgenti di emissione europee,
inoltre, è costato ai cittadini dell'Unione tra i 102 e i 169 miliardi di Euro: è
quello che si legge in un recente studio (pubblicato il 24 novembre 2011) della
European Environment Agency128
, l'Agenzia ufficiale dell'Unione Europea
incaricata del monitoraggio ambientale.
L'impianto Ilva di Taranto è al 52mo posto in classifica: il danno alla salute e
all'ambiente è valutabile tra i 283 e i 463 milioni di euro.
Il rischio di una nuova Bagnoli, forse, non è così lontano.
126
M. Meneghello, Ilva, utili per 1,4 miliardi 1,1 investiti per l'ambiente, Il Sole 24 ore, 2012 127
M. Meneghello, Boom delle importazioni di acciaio, Il Sole 24 ore, 2013 128
Fonte: www.eea.europa.eu
112
4.3 UN’OCCASIONE PERDUTA?
Sono arrivato infine nella vetusta molle Tarentum, e mi è parso di respirare
un'aria più dolce, come appena sono arrivato nei dintorni della città. Non so
se vi abbia contribuito la mia immaginazione esaltata dai ricordi dell'antica
Tarentum, così felice una volta e così temuta, o se il clima delizioso abbia
avuto particolare influenza sul mio corpo; certo è che ho sentito un generale
benessere. Non appena sono entrato nell'antica colonia del fiero Phalantus(...)
Nelle ore pomeridiane, abitualmente passeggiavo lungo la costa orientale del
Mar Piccolo, di cui il bellissimo bacino a guisa di uno specchio, misura sedici
miglia e mezzo di circonferenza, e le cui rive, sinuose e variate da seminati di
grano, da vigneti, da piantagioni di fichi e di alberi di aranci, presentavano
ad ogni passo un punto di vista nuovo ed interessante.
Carl Ulysses von Salis-Marschlins,
Viaggio nel Regno delle Due Sicilie nel 1789
Il 21 dicembre 2012, Tim Parks, nell’articolo pubblicato sul The Guardian, nel
commentare le condizioni e le vicissitudini dell’acciaio, e dei suoi produttori
europei, si chiedeva, tra le altre cose, se fosse possibile un’alternativa:
un’alternativa meno vincolata alla necessità di produrre acciaio.
L’alternativa esiste. Le alternative esistono e come.
A Dortmund c’è il Museo della birra, a Duisburg un grande parco naturale
costruito sulle ceneri dell’acciaieria. A Pittsburgh va forte il settore
biomedico mentre a Bilbao è stato costruito il Guggenheim, tra i musei più
importanti al mondo.129
129
S. Cannavò, Dalla Ruhr a Bilbao: le città che hanno detto basta all’inquinamento, Il Fatto Quotidiano, 2012
113
Germania: città della Ruhr. Nonostante la Ruhrgebiet sia la più grande regione
industriale d’Europa, il panorama offre scorci di natura davvero incantevoli.
Certamente, il territorio ha risentito del suo recente passato, ma si è saputo
riconvertire: ha trasformato le vecchie aree industriali in accoglienti città e i
vecchi siti in musei, sia di storia tecnica e sociale, sia di arte contemporanea. È
così la regione della Ruhr è diventata “strada della cultura industriale” lungo la
quale si incontrano le città di Dortmund, Duisburg, Oberhausen, Essen,
Bochum: rappresentano l’esempio di come la riqualificazione industriale sia
possibile se fatta in maniera programmatica.
Il bacino della Ruhr, ricco di carbone e di ferro, ha conosciuto un notevole
sviluppo, nel corso del XIX secolo, nelle attività estrattive e metallurgiche.
Poi l’inversione di tendenza. Viene elaborato negli anni Ottanta un imponente
piano di riconversione dell’area: circa 6000 ettari di aree industriali dismesse,
una dimensione pari al 70 per cento delle aree abbandonate della Germania
dell’Est. Il processo ha visto l’intervento diretto dello Stato e delle autorità
locali con una serie di finanziamenti straordinari, ma soprattutto con
l’attivazione dei fondi europei e di sviluppo regionale con un costo
complessivo superiore ai 2 miliardi di euro.130
Ed oggi?
Oggi si presenta come uno degli agglomerati urbani più grandi d'Europa, con
cinque milioni di abitanti e uno dei panorami culturali più ricchi dell'intero
continente. Sono ancora in piedi gli altiforni, i gasometri e le torri d'estrazione:
sono simboli ben visibili dell'eredità industriale della Regione ed, ancora oggi,
un tratto tipico del bacino della Ruhr. Tuttavia, “il sostegno” non va più
all'estrazione del carbone, bensì al teatro, alla musica, alla pittura, alla danza,
alle più svariate forme artistiche.
130
Ibidem
114
Cinque città capofila: Dortmund, Duisburg, Oberhausen, Essen, Bochum.
Eventi internazionali di grande portata come la Ruhrtriennale, il festival del
pianoforte e il festival della Ruhr coinvolgono l'intera regione, offrendo eventi
tra i più coinvolgenti dell'odierno panorama teatrale e musicale tedesco. Gli
spazi espositivi della Ruhr danno vita alla concentrazione più elevata del
mondo di musei dedicati all'arte moderna: 20 centri in 15 città, tutti a pochi
km l'uno dall'altro.
Dortmund è la più grande città della Regione e la settima città in Germania
per numero di abitanti. In questi ultimi decenni Dortmund si è trasformata da
città industriale a centro tecnologico: un tempo note per la lavorazione
dell’acciaio e del carbone, ora le aziende si dedicano ai servizi, alla ricerca e
alle alte tecnologie. Forte è la passione per la birra Dortmunder e per il
Borussia Dortmund, la squadra di calcio della città. La cokeria, dismessa nel
1992, viene utilizzata come museo della birra: accanto ha i musei Ostwall e
Adleturm e teatri di opera e prosa; da lontano si vede risplendere all'orizzonte
un'imponente "U" (alta nove metri) dell'ex magazzino e camera di
fermentazione del birrificio Union, che oggi ospita il nuovo centro per l'arte, la
creatività e l'economia; spostandosi in direzione sud-est si raggiunge la fonte
del fiume Emscher, una volta considerato uno dei percorsi d'acqua più
inquinati della Germania, ed ora, in via di recupero (dopo mastodontici lavori
di risistemazione dei suoi 83 km di lunghezza potrebbe trasformarsi, entro il
2020, in un modello di depurazione dai liquami, tanto da risultare balneabile.
Sono al lavoro 1.500 operai dell’impresa più avanzata nel trattamento delle
acque reflue). Dortmund diviene Capitale Europea della Cultura nel 2010.
A Duisburg, il parco Duisburg – Nord: un complesso industriale dismesso
trasformato in un'area multifunzionale. Gli altiforni vengono illuminati di
notte e accanto c’è un grande parco naturale; il vecchio magazzino del ferro è
stato trasformato in una parete per arrampicate; l’ex gasometro (45 metri di
115
diametro) è stato riempito d’acqua divenendo il più grande sito artificiale
sottomarino d’Europa esplorato, ora, da centinaia di sub. E poi i musei: nel
Museum der Deutschen Binnenschiffahrt, si ripercorre la storia
dell’evoluzione della navigazione fluviale tedesca; nel Wilhelm Lehmbruck
Museum, edificio in vetro e cemento, si raccolgono le opere di Wilhelm
Lehmbruck, ma anche di Picasso e Dalì; nel Museo Kuppersmuhle, all’interno
di un vecchio mulino, vengono esposte le opere di artisti tedeschi del
dopoguerra; il porto fluviale, è il più importante d’Europa ed è possibile
visitarlo con un battello.
Oberhausen, a pochi chilometri di distanza: Zinkfabrik Altenberg, una
vecchia fabbrica di zinco, chiusa nel 1981 e riconvertita in museo della storia
dell’industria metallurgica; il gasometro, situato tra il canale Reno-Herne, è la
seconda torre di stoccaggio del gas più grande del mondo (un cilindro di
acciaio di 117 metri di altezza e 68 di diametro, la più grande d’Europa),
riconvertita, nel 1994, per ospitare mostre, spettacoli teatrali e concerti; l'area
per lo shopping e il tempo libero CentrO, è un gigante di acciaio costruito nel
1929 come deposito per lo stoccaggio dei gas di cokeria, oggi rappresenta uno
degli spazi espositivi più singolari di tutta Europa. Tutta la città è stata
rimodellata: arricchita di giardini, parchi e di verde che fa scomparire alla vista
e, quasi anche al ricordo, le torri delle miniere e le ciminiere. Migliora la
qualità dell’aria, pur persistendo, ancora, l’odore pungente e polveroso dei
fumi di qualche fabbrica rimasta in funzione.
Essen, importante centro economico, ospita attività industriali e terziarie
anche di rilievo mondiale. La città è indissolubilmente legata alla famiglia
Krupp: nel 1811 Friedrich Krupp creò la sua prima fabbrica e ne fece il fiore
all’occhiello dell’allora panorama industriale europeo. Oggi, Essen è sede di
uno dei due quartieri generali della ThyssenKrupp, la principale azienda
siderurgica europea, nata nel 1999 dalla fusione tra la Thyssen della vicina
116
Duisburg e l’azienda della famiglia Krupp. Diverse le attrattive anche qui:
Zeche Zollverein XII, distretto minerario, non è solo un sito del patrimonio
dell'umanità dell'UNESCO, ma anche il simbolo per eccellenza della
trasformazione dell'intera Regione. È possibile effettuare dei tour che
permettono di scoprire tutte le fasi di lavorazione del carbone, dall’estrazione
al prodotto finale; nella sala caldaie di un edificio del sito dello Zollverein, si
trova l’originale museo Red Dot, dedicato al design (circa 1.000 icone del
mondo del design, coprono una superficie che supera i 4.000 metri quadrati);
Villa Hugen, circondata da uno spettacolare giardino, ove si trova la residenza
dei Krupp; Museum Folkwang e Ruhulandmuseum Essen, due musei che si
trovano nello stesso edificio: il primo espone importanti collezioni dei più
grandi pittori europei del XIX e XX secolo (circa 800.000 visitatori l'anno), il
secondo riguarda la vita della regione della Ruhr del secolo scorso. Nel 2010
Essen è stata Capitale Europea della Cultura.
Sempre nei paraggi troviamo Bochum, che ospita il punto focale della
Ruhrtriennale: il centro eventi Jahrhunderthalle (uno dei primi esempi di
architettura moderna e funzionale e uno dei simboli del nuovo carattere della
Regione). E poi: il museo tedesco dell'industria mineraria (il più grande del
mondo nel suo genere) dove oltre 400.000 visitatori si avventurano ogni anno
negli abissi delle miniere, per poi salire sulla torre di estrazione alta 63 metri,
da cui si gode di uno splendido panorama su Bochum e sulla Regione
circostante; il planetario Zeiss, da cui è possibile ammirare le stelle; l’elevata
concentrazione di teatri sparsi per tutta la città.
Oltre alla Germania, c’è: la Spagna con Bilbao, la Francia con Metz, gli Stati
Uniti con Pittsburgh, la Svezia con Stoccolma.
A Bilbao c’è il Guggenheim Museum: costruito in una città che viveva di
industria, di cantieri navali, di fumi e di inquinamento (proprio come Taranto)
è considerato un capolavoro dell’architettura del ’900. Fa parte di un piano di
117
ristrutturazione urbana iniziato nel 1989 e rivolto al rilancio di un’area della
Spagna fortemente depressa: un Palazzo dei Congressi, un Aeroporto
Internazionale, un piano di sistemazione delle rive del Nervion e una nuova
metropolitana. Aperto nel 1997, il museo, nel primo anno di attività, ha attirato
100 mila visitatori l’anno e milioni nei successivi.
Metz, capitale della Lorena mineraria storicamente contesa dalla Germania:
qui, Centre Pompidou (un museo francese dedicato principalmente all'arte
moderna e contemporanea, ubicato nel distretto dell'anfiteatro, vicino alla
stazione dei TGV e al centro della città). Festeggia i 600mila visitatori, nel suo
secondo anno di vita, a dispetto della crisi economica dalla quale risulta
anch’essa colpita.
La città di Pittsburgh, negli Stati Uniti, rappresenta, forse, “l’esempio” per
antonomasia.
Oggi Pittsburgh è una delle dieci città più pulite d'America secondo la
classifica Forbes del 2007. Ed è la città più vivibile del paese secondo la
classifica dell'Economist del 2009. Ha una delle orchestre migliori d'America,
la Pittsburgh National Symphony, musei di fama internazionale come il
Carnegie Art Museum e l'Andy Warhol Museum, due università rinomate a
livello internazionale, la Carnegie Mellon University e la University of
Pittsburgh, dove Jonas Salk sviluppò il vaccino antipolio.131
Due milioni e mezzo di abitanti. Centro industriale che produce metà
dell’acciaio americano per oltre un secolo e fornisce le armi utilizzate in ogni
conflitto a partire dal 1861. Poi la crisi degli anni ’70 e il cambiamento:
A partire dalla fine degli anni 70 la città ha effettuato investimenti nelle
infrastrutture, nell'istruzione, nelle università, negli spazi pubblici preparando
il terreno per il rilancio dell'economia. Dopo la chiusura degli stabilimenti di
131
D. Roveda, Pittsburgh dall'acciaio alla soft economy, Il Sole 24 ore, 2009
118
acciaio, gli imprenditori sono fioccati a Pittsburgh, attratti da prezzi
immobiliari bassi e una qualità della vita elevata.132
Le grandi industrie vengono così riconvertite in produzione per la robotica, la
biomedicina, l’ingegneria nucleare, la finanza e i servizi. Tutto questo
produce un giro di affari di circa 11 miliardi di dollari. Pittsburgh è ora la
sede di Google mentre il Pittsburgh Medical Center dà lavoro a oltre 48.000
persone. E nel 2009 la città ha organizzato il G20.133
Ed infine la Svezia, sud di Stoccolma.
Hammarby Sjöstad, il futuro è qui: il primo quartiere totalmente
ecocompatibile, con 10.000 appartamenti e 25.000 residenti. Il progetto
iniziale era stato concepito per accogliere il villaggio olimpico nel 2004,
utilizzando una ex area industriale. Successivamente, perduta la candidatura ai
Giochi, si è trasformato in un progetto urbanistico con il quale il Comune ha
imposto requisiti di ecosviluppo a tutto il quartiere. L'acqua del lago Mälaren
che bagna la città, rappresenta la fonte principale di energia. Tramite le turbine
dei purificatori, poi, è possibile ottenere acqua potabile.
Si gira in bicicletta, il car sharing è diffusissimo e le case, con pareti di vetro,
hanno tutte una doppia esposizione per favorire la ventilazione e ridurre il
consumo di elettricità (comunque rigorosamente fornita da pannelli solari e
da lampadine a basso consumo). Hammarby sfrutta il concetto di metabolismo
circolare: gli abitanti riescono a produrre il 50% dell'energia di cui hanno
bisogno per illuminare, riscaldare e cucinare. L'energia è prodotta da una
centrale di biogas derivato dalla combustione dei rifiuti domestici. Il rigoroso
senso estetico nazionale non prevede cumuli di spazzatura accatastati agli
angoli delle strade in attesa dei camion: i rifiuti, già separati in origine,
vengono raccolti da un sistema pneumatico sotterraneo e convogliati nella
132
Ibidem 133
S. Cannavò, Dalla Ruhr a Bilbao: le città che hanno detto basta all’inquinamento, Il Fatto Quotidiano, 2012
119
centrale. Il Modello Hammarby è già stato esportato in Russia e in Gran
Bretagna.134
Ma in Italia, e con l’Ilva, è possibile proporre un modello che preveda il
concetto di riconversione industriale?
La risposta è affermativa. Anzi, secondo Alessandro Marescotti, fondatore di
PeaceLink, è l’unica alternativa possibile:
E l’unica prospettiva, dunque, è quella di includere Taranto – come Trieste –
in un piano di riconversione industriale, utilizzando l’articolo 27 del Decreto
Sviluppo 2012 (“Misure per la crescita sostenibile”). 135
L’articolo 27 recita:
Nel quadro della strategia europea per la crescita, al fine di sostenere la
competitività del sistema produttivo nazionale, l’attrazione di nuovi
investimenti nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali nei casi di
situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica
industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di
riconversione e riqualificazione industriale.136
Dunque, volere è potere. Anzi, volere è dovere:
Visto che la crisi dell’Ilva sembra irreversibile, in un quadro gravato da una
forte ‘overcapacity’, il nodo della riconversione è la questione chiave. Se non
affrontata con anticipo e con competenza, rischia di essere un’occasione
perduta per chi ha veramente a cuore la sorte dei lavoratori dell’Ilva e della
siderurgia italiana.137
134
E. Dallorso, Stili di vita a impatto zero, Il Sole 24 ore 135
A. Marescotti, Ilva traslocherà in Cina?, Il Fatto Quotidiano, 2013 136
Fonte: Misure per la crescita sostenibile, Art.27, Decreto Sviluppo 2012 137
A. Marescotti, Ilva traslocherà in Cina?, Il Fatto Quotidiano, 2013
120
4.4 DUE LETTERE
When you crack the sky, scrapers fill the air.
Will you keep on building higher
'til there's no more room up there?
Will you make us laugh, will you make us cry?
Will you tell us when to live, will you tell us when to die?
I know we've come a long way,
We're changing day to day,
But tell me, where do the children play?
Cat Stevens,
Where do the children play,
Tea for the Tillerman, 1970
Quando rompi il cielo, si sente l'aria a pezzi
vuoi continuare a costruire sempre più in alto
fintanto che non ci saranno più camere lassù?
vuoi farci ridere, vuoi farci piangere?
vuoi dirci quando vivere, vuoi dirci quando morire?
lo so abbiamo percorso una lunga strada
stiamo cambiando giorno dopo giorno
ma dimmi, dove giocano i bambini?
121
Chi decide cosa è importante e cosa non lo è? Esistono bambini di serie A e
bambini di serie B?
A Taranto se lo domandano in tanti. Forse in troppi. Forse troppo spesso.
Due lettere:
Piero Tinelli, ex operaio Ilva, alcuni giorni prima che si ponesse tragicamente
fine alla non – vita di Eluana Englaro, scrive una lettera aperta, mai
pubblicata:
“Sono disturbato e dispiaciuto per la storia di Eluana. Di lei si è occupata
l’Italia politica, religiosa, giuridica e sociale. Ma qui a Taranto ci sono tante
Eluana. Sono ammalate e hanno problemi connessi alle industrie. E nessuno si
preoccupa. Qui c’è in gioco la vita di tanti bambini, uomini, anziani indifesi,
imbavagliati. Per loro non c’è clamore. In gioco non c’è la difesa di alcuni
interessi di parte politica o la competizione elettorale. Per questo sono triste e
provo dolore”. Infine, due parole al ministro per l’Ambiente in carica:”Caro
ministro Prestigiacomo, io ho lavorato all’Ilva e abito a ridosso dell’Ilva. In
Italia si discute tanto del diritto alla vita, ma a Taranto si muore lentamente.
Vorrei chiederle perché quando si tratta di salvare la vita delle tante Eluana,
certe persone non ci sono mai”.138
Tonia Marsella, mamma di Taranto, all'indomani della firma del decreto
“salva – Ilva” del Governo da parte del Quirinale, scrive a Giorgio Napolitano:
“Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona
per bene, che difendesse la nostra Costituzione. Credevo che quei valori, di
cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento
per ogni sua azione, per ogni sua decisione. Credevo che avrebbe scelto la
vita e non la morte.. E invece ha firmato la nostra condanna. La condanna di
una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale,
138
C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione Ambiente, 2009
122
abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli,
plurindagati e pluricondannati e tutt'oggi agli arresti domiciliari o addirittura
latitanti. Come credere ancora nello Stato Italiano? Come credere nella
politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune..e invece ci
ha rubato anche il diritto alla vita? A Taranto c’è un'ordinanza del sindaco
che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all'area
industriale...ma in quei 20 km noi ci viviamo. Vivono i nostri bambini. Le
pecore e le capre sono state uccise...ora lo Stato uccide anche noi...per
decreto. Ho bisogno di sapere da lei, signor presidente, cos’hanno di diverso i
bambini di Genova rispetto ai nostri. Perché lì l'area a caldo è stata chiusa in
quanto incompatibile con la città, e la produzione spostata a Taranto? Chi ha
compiuto il "miracolo" rendendola "compatibile"? Venga qui venga a visitare
i nostri bambini devastati dal cancro (e non solo), li guardi negli occhi e
sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito
darli in pasto al Mostro, quel mostro che ha distrutto il nostro mare,
violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo. Dica alle loro mamme che
la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il Pil".139
139
Fonte: La Repubblica, 2012
123
CONCLUSIONI: FIGLI DELL’ILVA, ALIENI NEL DESERTO
Non è l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma sono i mezzi di
produzione che adoperano l’operaio; invece di venire da lui consumati come
elementi materiali della sua attività produttiva, essi consumano lui come
fermento del loro processo vitale; e il processo vitale del capitale consiste
solo nel movimento di valore che valorizza se stesso.140
La proprietà privata aliena l’uomo da sé.
Il fine del processo lavorativo non è più l’uomo ma il capitale.
Nella società capitalista l’uomo è passato dall’essere il fine all’essere il
mezzo.
Chi ha studiato filosofia conosce bene questi concetti. Potremmo definirli
degli assiomi o, ancor meglio, postulati: costituiscono il punto di partenza per
l’elaborazione di qualsivoglia teoria.
Il “sistema Ilva” ha sovvertito ogni logica: ha portato una città ad identificarsi
con un’azienda, ha portato un’azienda ad identificarsi con una città.
Ha spazzato via migliaia di anni di miti e gloriose storie: ha lasciato spazio ad
un deserto sahariano di idee e contenuti, ricolmo di demagogia e di ipocrisia,
dove le “alternative” son state ben poche.
L’acciaio ha comprato e ha tolto tutto. Ha comprato il pensiero e la dignità di
essere chiamati uomini. Ha portato morte e disperazione sotto ricatto
occupazionale.
A Taranto, la morte è rosa141
, diceva Alessandro Sortino nel corso del suo
Malpelo.
140
K. Marx, Il Capitale, 1867 141
Fonte: Malpelo, 2008
124
A Taranto la morte ha tanti colori, tante sfumature. Facciamo persino fatica a
seppellire quei morti di cui tanto si parla:
Cimitero inquinato e salme nelle celle frigorifero. Sono tre i defunti che non
trovano pace da oltre venti giorni. Sono parcheggiati nei freezer del
camposanto, in attesa che arrivino delle mascherine per i necrofori.142
E questo perché? Perché nei terreni sono stati riscontrati inquietanti livelli di
diossina, pcb, piombo e berillio.
In teoria i familiari dei defunti parcheggiati nei freezer avrebbero anche
dovuto pagare per la sosta nelle celle frigorifero. La tariffa è di sei euro al
giorno, ma almeno questa umiliazione sarà risparmiata.143
La solita storia. Oramai siamo abituati a morire ogni giorno senza nemmeno
accorgercene. Tutto è incolore. Tutto è insapore.
Persino le cozze, simbolo per antonomasia della gastronomia tarantina, non
possiamo più mangiarle, né venderle. A Venezia, sui cartelli delle pescherie,
c’è scritto: “Non vendiamo le cozze di Taranto.”144
“Erano il nostro documento di riconoscimento. Ce lo stanno stracciando”.145
Taranto è l’ultima per la qualità della vita. Avevate dubbi?
Sul totale degli abitanti, il numero di giovani è sceso del 6% in dieci anni;
105esimi su 107 in Italia per l'imprenditorialità dei 18-29enni; tassi di
disoccupazione alle stelle; il turismo che va a picco e l’Hotel Delfino cita per
danni l’Ilva e l’Arpa.146
E allora cosa fare?
142
M. Diliberto, Cimitero inquinato dall’Ilva le salme restano nel freezer, La Repubblica, 2013 143
Ibidem 144
M. Pennetti, Gli operai che allevano cozze. «Così l'Ilva ha cambiato il mare», Corriere del Mezzogiorno, 2013 145
Ibidem 146
G. Foschini, Turismo a picco, l’hotel di Taranto cita per danni l’Ilva e l’Arpa, La Repubblica, 2013
125
Allora si è costretti a partire, a lasciare la propria città, i propri affetti, i propri
cari: in cerca di un lavoro dignitoso, che garantisca lo stipendio ogni dodici del
mese, o di un Università che, magari, possa essere chiamata tale.
Ma perché?
In fondo, Taranto è una città meravigliosa. La chiamano “la città dei due mari”
perché ha una caratteristica unica al mondo: due quartieri, il Borgo e la Città
Vecchia, separati da due mari, il mar Piccolo e il mar Grande.
Due sono anche i ponti che la congiungono: il Ponte Girevole, per mezzo del
quale le navi entrano nella pancia della città, e il Ponte Punta Penna, questa
struttura imponente dal sapore brooklyniano che si innalza tra i pali delle
cozze e dalla quale è facile cogliere il succo di tutto, il sapore della spaccatura.
E, proprio percorrendo questo pezzo d’asfalto, che diventa piuttosto semplice
accorgersi di quanto la linea di confine sia netta: da un lato una città splendida,
baciata dal sole, dal mare e dalla storia e, dall’altro, un quadro dell’Inghilterra
di fine Ottocento con, sullo sfondo, una fabbrica che lavora incessantemente
h24, senza né pause né interruzioni, una coltre di fumo che ingrigisce il cielo,
oscura il sole e rende l’aria irrespirabile.
Forse Taranto ha due volti: quello degli irriducibili e quello degli ignavi.
Il gruppo degli irriducibili è ancora “in formazione”: capitanato dagli
ambientalisti, da Alessandro Marescotti e PeaceLink, da Fabio Matacchiera e
il Fondo Anti Diossina, da Taranto Futura; dalla Magistratura che fa le veci
della politica, da Patrizia Todisco e Franco Sebastio; dai medici coscienziosi
che protestano contro la salva – Ilva assieme alla gente comune, agli ammalati,
alle famiglie delle vittime, a chi ci crede, a chi si informa.
Il gruppo degli ignavi è folto. Ci sono un pò tutti dentro: gli operai che fanno i
cortei pro – azienda per “un pugno di noccioline”; quelli il cui pensiero è
126
nascosto dietro l’alibi del ricatto occupazionale; quelli che preferiscono morire
da militi ignoti in uno stabilimento assassino che garantirsi, e garantire alla
propria famiglia, un futuro migliore; quelli che sono morto se perdo il
lavoro147
; gli ignoranti che non leggono i giornali, i libri, non si documentano,
prendono la macchina per fare 100 metri per buttare tutto nell’indifferenziato
o, per terra, per risparmiare tempo; quelli del “ce mene futt'a mme?”148
che non
vanno a votare e credono che tutto sia lontano e nulla possa mai colpirli; quelli
che continuano a vivere tra il sentito dire e il menefreghismo dell’apparenza
indebitata; quei 9 mila che circondano il palazzo di giustizia per protestare
contro “il complotto delle toghe rosse”, in occasione del primo processo per
mafia che vede imputato l’ex sindaco Giancarlo Cito149
; quelli che “Mi
raccomando: tutti a piazza Ebalia se il Taranto viene promosso!”.
I componenti di questo gruppo hanno una particolarità: l’incoerenza che vien
dalla malattia e dalle sofferenze, dalla consapevolezza di essere fragili e quindi
esseri umani. Forse, però, una sottile linea di coerenza vien mantenuta: si resta
comunque ignavi, si rimane comunque sottesi ad una legge, quella del più
forte, quella che passa dal potere esercitato dal siderurgico a quello imposto
dalla malattia.
Alieni? Automi? I figli dell’Ilva sono questi: incapaci di reagire, rassegnati al
proprio destino.“Gli parlo di tragedie e ti guardano con l'aria dei concorrenti
al quiz televisivo in difficoltà, nella speranza di un aiutino...”150
Tommaso Blonda,
ex commissario straordinario del Comune di Taranto
Due falsità, due perizie, due sequestri, due lettere, due quesiti referendari, due
mari, due ponti, due volti, due gruppi. 147
F. Colucci, Antonio: sono morto se perdo il lavoro, La Gazzetta del Mezzogiorno 148
G. Buccini, Vent’anni di omissioni dietro un dramma nazionale, Corriere della Sera, 2013 149
Fonte: C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 2007 150
Ibidem
127
Due? Ma che numero è?
È solo un numero come tanti altri scelto per creare contrasto, opposizione, per
mettere in antitesi delle tesi divergenti.
È solo un modo come un altro scelto dalla stampa o dalla politica per stabilire
se “sei d’attualità” oppure no, se appartieni alla “categoria dei tutelati” oppure
no.
Di Taranto se ne parla ogni tanto per qualcosa che magari succede però poi
ci si dimentica molto facilmente. Amo definirla “lo zerbino d’Italia”, perché è
un pò il tappeto sotto il quale nascondere la polvere…e noi di polvere ce ne
abbiamo abbastanza.151
Michele Riondino,
attore tarantino e figlio operaio Ilva
Michele Riondino avrebbe fatto l’operaio dell’Ilva come il papà e gli zii, se
non avesse deciso di lasciar tutto ed andare a Roma per iscriversi alla scuola di
recitazione.
Primo maggio: è lui ad organizzarlo, assieme ai “Cittadini e Lavoratori Liberi
e Pensanti”. Così anche Taranto, come Roma, ha il suo “concertone". Fiorella
Mannoia, Francesco Baccini, Luca Barbarossa, Elio Germano, Roy Paci: sono
solo alcuni degli artisti che si sono esibiti e hanno portato il loro contributo
alla causa tarantina.
Circa 40 mila persone a rivendicare il proprio diritto al lavoro e alla salute. E
da qui che bisogna partire: un futuro programmato sulla cultura, sulla cultura
che abbatte le ciminiere che, a prescindere da tutto, sarà il tempo e le
congiunture economiche a portare via.
151
Fonte: The Show Must Go Off, La 7, 2012
128
Un percorso che parta dal basso: entri nelle scuole, educhi i bambini al rispetto
del prossimo, delle leggi, dell’ambiente in cui si vive.
Non basta una campagna pubblicitaria milionaria della Regione, né tantomeno
proporre la candidatura di Taranto come Capitale Europea della Cultura 2019.
Non abbiamo ancora le strutture fisiche, mentali e culturali per farlo.
È un lavoro lento e costante, che può passare dallo sfruttamento del mare e
dell’energie rinnovabili, a patto di evitare che si ripetano gli errori del passato.
Un lavoro in cui tutti devono essere partecipi: anche lo Stato e i politici, anche
coloro che erano in dormiveglia e sentivano tutto, anche coloro che sono stati
consapevolmente assenti e son rinsaviti al calo del Pil.
È un problema nazionale e, come tale, va affrontato, tenendo conto di un
territorio martoriato anche: dai gas (che periodicamente invadono la città) e
dal petrolio (che si riversa spesso in mare) dell’Eni; dalle scorie
dell’inceneritore di Massafra; dalle emissioni della Cementir.
Non basta la legge 257/92, a farci dimenticare dell’amianto che i Cantieri
Navali e l’Arsenale Militare han portato, assieme all’Italsider, sul nostro
territorio e nel nostro mare.
E se le ceneri del vulcano islandese Eyjafjöll, nel 2010, hanno paralizzato il
traffico aereo di un continente intero, non crediate che le polveri dell’Ilva non
possano arrivare altrove.
Due è solo un numero, come lo sono gli altri: serve solo per creare confusione,
quando non supportato dai fatti.
La bufala dei 40mila posti di lavoro per destare preoccupazione (L’indotto a
Taranto oggi conta circa 3 mila lavoratori. Tutto il Gruppo Riva nel mondo
129
ammonta a 21.711 dipendenti. A Taranto sono 12.859152
); la discrasia tra
Vulpio e Attino su quanti alberi d’ulivo vengono abbattuti (20mila o 40mila?);
“l’inattendibilità” dei morti sul lavoro o dei morti di tumore presi da un
registro (si dice) attivo da più di due anni.
Le contrapposizioni si creano così: il tuo numero ha lo stesso valore di quello
del tuo avversario.
A Taranto si è fatto di peggio: si son creati una serie di ossimori per “vendere i
giornali”.
Salute e lavoro ad esempio.
Come è possibile mettere in contrasto questi due sacrosanti diritti?
Morire per lavorare. Lavorare per morire.
Provando la chemio ho capito che non si può pensare di barattare un posto di
lavoro per la salute.153
Massimo Falcone, 27 anni
Danno genotossico: da Taranto non si può scappare.
La Sla è una patologia rara. Nel solo quartiere Tamburi ci sono tre casi.
Tumori a Taranto? Colpa delle sigarette154
, afferma il commissario Ilva Enrico
Bondi.
Sull’insegna del cimitero di San Brunone, qualcuno sotto la scritta “cimitero”
ha aggiunto “Ilva”.
Lorenzo Semeraro, ex operaio Ilva, me l’ha detto: “ E chi li conosce i numeri e
i morti dell’Ilva? Non si sanno nemmeno lì dentro”.
152
A. Marescotti, Ilva, la bufala dei 40 mila posti a rischio, Il Fatto Quotidiano, 2013 153
Fonte: Presa diretta, Lavoro sporco, 2013 154
D. Palmiotti, Tumori a Taranto? «Colpa delle sigarette». Bufera su Enrico Bondi, commissario Ilva. Il ministro lo convoca (e nomina tre esperti), Il Sole 24 Ore, 2013
130
Un “burlone”, al telefono, ci scherza su:
"Due casi di tumore in più all'anno? Una minchiata".155
Fabio Riva,
vicepresidente Riva Group
arrestato il 21 gennaio 2013 dalla polizia di Londra
Allora, è proprio vero: a Taranto, le morti non contano.
155
Arresti Ilva, nelle carte spunta Vendola. Clini: "Possibili effetti devastanti", La Repubblica, 2012
131
Tratta bene la Terra.
Non ci è stata data dai nostri padri,
ci è stata prestata dai nostri figli.
Massima dei pastori nomadi del Kenya
132
BIBLIOGRAFIA
- G. Foschini, Quindici Passi, Fandango Libri, 2009
- T. Attino, Generazione Ilva, Gli ulivi, le industrie, il boom, il declino, l’inquinamento. La
tragica parabola di una terra illusa dall’acciaio, tradita dallo Stato, Salento Books, Besa
Editrice, 2012
- M. Diliberto, Terremoto Ilva: 7 arresti, sigilli all'acciaio. Arrestato ex assessore, indagato
Ferrante, La Repubblica, 26.11.2012
- A. Marescotti, Ilva: caro Prodi, a Taranto ha sbagliato lo Stato non i cittadini, Il Fatto
Quotidiano, 29.05.2013
- A. Marescotti, Ilva, picchi di sabbia sahariana a Taranto? Peacelink smentisce Bondi,
Comunicato Stampa, Inchiostro Verde, 24.06.2013
- Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III penale, n. 38936 del 28.09.2005, depositata il
24.10.2005
- A. Marescotti, Ilva, Bondi e la sabbia sahariana. Un video lo smentisce, Il Fatto
Quotidiano, 24.06.2013
- M. Bartoloni, «Accertate 11 violazioni ambientali», Il Sole 24 ore, 07.06.2013
- A. Marescotti, I nastri trasportatori dell’Ilva, una commedia all’italiana, Il Fatto
Quotidiano, 08.06.2013
- C. Vulpio, La città delle nuvole, Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa, Edizione
Ambiente, 2009
- Conferenza Stampa, Rapporto, Ambiente e Salute a Taranto: Evidenze disponibili ed
indicazioni di sanità pubblica, Taranto 22.10.2012
- Sintesi della perizia chimica (a cura di M.A. Vigotti), Epidemiologia & Prevenzione,
agosto 2012
- Sintesi della perizia epidemiologica (a cura di M.A. Vigotti), Epidemiologia & Prevenzione,
agosto 2012
- Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265, Art. 216-217 ,Testo unico delle leggi sanitarie
- W. Tobagi, Il “metalmezzadro”: protagonista dell’economia sommersa del Sud, Corriere
della Sera, 15.10.1979
- R. Saviano, Quel voto che uccide la democrazia, Repubblica, 11.02.2013
133
- G. Buccini, Vent’anni di omissioni dietro un dramma nazionale, Corriere della Sera,
26.05.2013
- M. Diliberto e G. Foschini, "Ilva, autorizzazioni illecite per ottenere l'Aia". 4 arresti, in
manette presidente della Provincia, La Repubblica, 15.05.2013
- C. Bonini e G. Foschini, Ilva, presidente della provincia sotto inchiesta: "Concussione per
dare l'ok alla discarica", La Repubblica, 01.12.2012
- F. Casula, Ilva, Florido “pilotato” da Archinà: “Amministrazione asservita all’azienda”, Il
Fatto Quotidiano, 15.05.2013
- A. Congedo, Ilva, l’arresto di Florido – Pressioni su dirigenti – E Romandini era la “peste”,
Inchiostro Verde, 15.05.2013
- D. Fumarola, Oggi sarà domani, Per uno sviluppo di Taranto eco – sostenibile
(10.09.2002) , Pubblicazione della Cisl di Taranto, 2012
- C. Maltese, Bancarotta e Fatalismo: così si muore a Taranto, La Repubblica, 3.03.2007
- Dopo condanna, sindaco Taranto si dimette, Gazzetta del Mezzogiorno, 25.02.2006
- P. A. Amicelli, Taranto: la contestualità, Corriere del Mezzoggiorno, 01.08.2012
- C. Vulpio, Cito, il sindaco tuttofare, Corriere della Sera, 24.09.1995
- M. Ventura, Ezio Stefàno, sindaco "pistolero" contro l'antipolitica, Panorama, 23.05.2012
- «Il Ponte» n.3, ottobre 2011, p. 19
- F. Casula, Ilva, il sindaco di Taranto vieta l’accesso alle aree verdi del rione Tamburi,
22.08.2012
- A. Congedo, Rapporti tra Ilva e giornalisti, indaga l’Ordine, Inchiostro Verde, 30.09.2012
- M. Diliberto, “Grazie Ilva”, Taranto si spacca, La Repubblica, 03.11.2007
- Ilva, il gip: “Regia di Vendola dietro le pressioni sull’Arpa”, La Stampa, 30.11.2012
- A. Marescotti, Ilva, quello che il “dossier” di Nichi Vendola non dice, Il Fatto Quotidiano,
09.01.2013
- F. Casula, Ilva, Riva al telefono: “Ho visto Vendola, vendiamo fumo”, Il Fatto Quotidiano,
15.08.2012
- G. Fasano, Il governatore ai Riva «State tranquilli: Non mi sono defilato», Corriere della
Sera, 27.09.2012
- Vendola-Bersani-Ilva, tutta la verità. La ragnatela politica dei Riva, Affariitaliani.it
29.11.2012
134
- Arcidiocesi di Taranto e Ilva: un patto d’“acciaio”?, Adista notizie n.30, Archivio Anno
2012
- G. Foschini, Quei diecimila euro per il vescovo. La donazione fantasma dell’Ilva,
Repubblica, 21.08.2012
- G. Foschini, Quel ricco circolo aziendale: nove milioni ai sindacati per sport, cinema e
concerti, La Repubblica, 31.05.2013
- G. Dragoni, Ilva. Il Padrone delle Ferriere, Chiarelettere ebook, original, 2012
- G. Fontanelli, Emilio Riva. Ilva, la vera storia dell’uomo accusato di avvelenare la città,
Panorama, 27.08.2012
- S. Maurizi, Clini l’americano, L’Espresso, 16.08.2012
- P. Di Nicola e M. Lillo, Chi paga i partiti, L’Espresso, 13 marzo 2008
- G. Foschini, Quei diecimila euro per il vescovo. La donazione fantasma dell’Ilva,
Repubblica, 21.08.2012
- P. Festuccia, Bisogna evitare la chiusura sarebbe un danno irreparabile, La
Stampa,13.08.2012
- V. Malagutti, Mister Acciaio ha trovato un miliardo, L’Espresso,21.05.2009
- G. Foschini e M.Diliberto, Riciclaggio e truffa, indagati i fratelli Riva "Il tesoro dell'Ilva sui
conti off-shore", La Repubblica, 22.05.2013
- A. Mincuzzi, Riva, sequestrati 1,2 miliardi, Il Sole 24 ore, 23.05.2013
- M. Diliberto e G. Foschini, Ilva, sequestro record da 8,1 miliardi ai Riva Il procuratore: "La
fabbrica non si tocca", La Repubblica, 24.05.2013
- A. Sofri, Mega-sequestro da 8 miliardi ai Riva. Lo scandalo Ilva è il doppio dell'Imu, La
Repubblica, 25.05.2013
- F. Casula, Salva Ilva, Consulta respinge ricorso Tribunale e gip: “Costituzionale”, Il Fatto
Quotidiano, 09.04.2013
- F. Colucci, Referendum sull'Ilva non raggiunge quorum vota solo il 19 per cento, La
Gazzetta del Mezzogiorno, 15.04.2013
- A. Spinelli Barrile, Referendum Ilva di Taranto, niente quorum: risultati definitivi, Ecoblog,
14.04.2013
- M. Diliberto e Giuliano Foschini, Ilva, il governo vara un 'salva-Ilva' bis. Ecco il decreto,
Bondi commissario, La Repubblica, 04.06.2013
135
- A. Sofri, Ilva, tra gli operai esplode la rabbia:"Bondi? Il centravanti avversario fa l'arbitro",
La Repubblica, 05.05.2013
- Agi, Crisi del mercato siderurgico l'Ilva ferma anche l'altoforno 2, La Repubblica,
01.07.2013
- G. Dossena, I conti della crisi dell’acciaio, Corriere della Sera, 19.03.2013
- A. P. Salimbeni, Acciaio: Ue vara piano per contrastare crisi e concorrenza sleale,
EuroParlamento24, 11.06.2013
- R. Capezzuoli, Il mondo dell’acciaio ha un problema, l’eccesso di capacità produttiva, First
online, 28.11.2012
- A. Marescotti, Ilva traslocherà in Cina?, Il Fatto Quotidiano, 27.06.2013
- G. Caforio, L’acciaio fra le Alpi. La fabbrica – modello di Linz, Radio Fiom, 12.12.2012
- M. Meneghello, Ilva, utili per 1,4 miliardi 1,1 investiti per l'ambiente, Il Sole 24 ore,
10.10.2012
- M. Meneghello, Boom delle importazioni di acciaio, Il Sole 24 ore, 29.05.2013
- S. Cannavò, Dalla Ruhr a Bilbao: le città che hanno detto basta all’inquinamento, Il Fatto
Quotidiano, 11.08.2012
- D. Roveda, Pittsburgh dall'acciaio alla soft economy, Il Sole 24 ore, 24.09.2009
- E. Dallorso, Stili di vita a impatto zero, Il Sole 24 ore
- S. Ficocelli, L'Irlanda ha sconfitto la crisi economica diventando 'green': il pil in salita del
2%, La Repubblica, 03.01.2013
- T. Parks, European politics are impotent, moribund and in need of life support, The
Guardian, 21.12.2012
- M. Diliberto, Terremoto Ilva: 7 arresti, sigilli all'acciaio. Arrestato ex assessore, indagato
Ferrante, La Repubblica, 26.11.2012
- K. Marx, Il Capitale, 1867
- Art.27, Misure per la crescita sostenibile, Decreto Sviluppo 2012
- Arresti Ilva, nelle carte spunta Vendola. Clini: "Possibili effetti devastanti", La Repubblica,
26.11.2012
- A. Marescotti, Ilva, la bufala dei 40 mila posti a rischio, Il Fatto Quotidiano, 27.05.2013
- F. Colucci, Antonio: sono morto se perdo il lavoro, La Gazzetta del Mezzogiorno
- M. Diliberto, Cimitero inquinato dall’Ilva le salme restano nel freezer, La Repubblica,
07.04.2013
136
- M. Pennetti, Gli operai che allevano cozze. «Così l'Ilva ha cambiato il mare», Corriere del
Mezzogiorno, 07.06.2013
- G. Foschini, Turismo a picco, l’hotel di Taranto cita per danni l’Ilva e l’Arpa, La Repubblica,
06.07.2013
- D. Palmiotti, Tumori a Taranto? «Colpa delle sigarette». Bufera su Enrico Bondi,
commissario Ilva. Il ministro lo convoca (e nomina tre esperti), Il Sole 24 Ore, 14.07.2013
SITOGRAFIA
- http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/36647.html
- http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/08/08/ilva-clini-farei-crescere-nipote-quartiere-
tamburi-taranto/203229/
- http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/
- www.legambientetaranto.eu
- www.peacelink.it
- www.rivagroup.com
- www.arpapuglia.it
- www.regionepuglia.it
- www.repubblica.it
- http://it.wikipedia.org/wiki/Ilva
- http://legamionicicontroinquinamento.wordpress.com/
- http://www.ilfattoquotidiano.it/
- www.ilsole24ore.com
- www.adnkronos.com
- www.arpa.fvg.it
- www.iss.it
- http://www.corriere.it/
- www.grr.rai.it
- http://www.tarantobuonasera.it/
- http://www.tarantooggi.it/
- http://www.epiprev.it/
- www.tarantosociale.org
- www.salastampa.salute.gov.it
137
- www.lastampa.it
- www.presadiretta.rai.it
- www.youtube.com
- www.lagazzettadelmezzogiorno.it
- www.cnr.it
- www.rai.it
- www.eea.europa.eu
APPROFONDIMENTI
- Servizio Pubblico, La crosta, puntata del 29.11.2012
- Malpelo, puntata del 26.11.2008
- L’infedele, puntata del 01.10.2012
- Piazza Pulita, puntata del 30.11.2012
- Presa diretta, Lavoro sporco, puntata del 27.01.2013
- Tv7
- Servizio tg3, Linea Notte, 01.11.2010
- Tg Studio 100 Tv, 10.05.2011
- The Show Must Go Off, La 7, 04.03.2012