Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a...

30
CALCOLO DIFFERENZIALE ANTONIO IANNIZZOTTO Sommario. Definizione di derivata. Classificazione delle singolarit` a. Calcolo differenziale elementare. Teoremi di Fermat, Rolle, Cauchy, Lagrange, de l’Hˆopital. Derivata prima e monotonia. Derivata seconda. Convessit` a e flessi. Derivate successive. Classificazione dei punti critici. Formule di Taylor, Maclaurin. Grafico di una funzione. Metodo di Newton. Queste note sono un mero supporto didattico, senza alcuna pretesa di completezza, originalit` a o precisione. Indice 1. Il concetto di derivata 1 2. Calcolo differenziale elementare 5 3. I teoremi classici 8 4. Derivate successive 13 5. Studio del grafico di una funzione 18 6. Approssimazione mediante polinomi 23 7. Il metodo di Newton 28 Riferimenti bibliografici 30 Versione del 12 novembre 2019 1. Il concetto di derivata Time may change me, but I can’t trace time. D. Bowie Uno dei motivi per cui si introduce la nozione di derivata di una funzione ` e la determinazione della retta tangente a una curva in un punto assegnato. Consideriamo per esempio la parabola di equazione y = x 2 e un suo punto P 0 =(x 0 ,x 2 0 )(x 0 R). Dato un altro punto P 1 =(x 1 ,x 2 1 ) (x 1 6= x 0 ), la retta che li congiunge ha equazione y - x 2 0 x 2 1 - x 2 0 = x - x 0 x 1 - x 0 , ovvero (semplificando) y =(x 1 + x 0 ) m(x 1 ) (x - x 0 )+ x 2 0 , dove il coefficiente angolare m(x 1 )` e pari al rapporto incrementale della funzione x 7x 2 fra i punti x 0 e x 1 . Quando x 1 x 0 , si ha lim x 1 x 0 m(x 1 )=2x 0 . Questo numero, detto derivata prima della funzione x 7x 2 nel punto x 0 ,` e il coefficiente angolare della retta tangente alla parabola in P 0 , che ha equazione completa y =2x 0 (x - x 0 )+ x 2 0 (fig. 1, 2). Formalmente: 1

Transcript of Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a...

Page 1: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE

ANTONIO IANNIZZOTTO

Sommario. Definizione di derivata. Classificazione delle singolarita. Calcolo differenziale elementare.

Teoremi di Fermat, Rolle, Cauchy, Lagrange, de l’Hopital. Derivata prima e monotonia. Derivata

seconda. Convessita e flessi. Derivate successive. Classificazione dei punti critici. Formule di Taylor,

Maclaurin. Grafico di una funzione. Metodo di Newton. Queste note sono un mero supporto

didattico, senza alcuna pretesa di completezza, originalita o precisione.

Indice

1. Il concetto di derivata 1

2. Calcolo differenziale elementare 5

3. I teoremi classici 8

4. Derivate successive 13

5. Studio del grafico di una funzione 18

6. Approssimazione mediante polinomi 23

7. Il metodo di Newton 28

Riferimenti bibliografici 30

Versione del 12 novembre 2019

1. Il concetto di derivata

Time may change me, but I can’t trace time.D. Bowie

Uno dei motivi per cui si introduce la nozione di derivata di una funzione e la determinazionedella retta tangente a una curva in un punto assegnato. Consideriamo per esempio la paraboladi equazione y = x2 e un suo punto P0 = (x0, x

20) (x0 ∈ R). Dato un altro punto P1 = (x1, x

21)

(x1 6= x0), la retta che li congiunge ha equazione

y − x20x21 − x20

=x− x0x1 − x0

,

ovvero (semplificando)

y = (x1 + x0)m(x1)

(x− x0) + x20,

dove il coefficiente angolare m(x1) e pari al rapporto incrementale della funzione x 7→ x2 fra i puntix0 e x1. Quando x1 → x0, si ha

limx1→x0

m(x1) = 2x0.

Questo numero, detto derivata prima della funzione x 7→ x2 nel punto x0, e il coefficiente angolaredella retta tangente alla parabola in P0, che ha equazione completa

y = 2x0(x− x0) + x20

(fig. 1, 2). Formalmente:1

Page 2: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

2 A. IANNIZZOTTO

Figura 1. La parabola y = x2

e una retta secante in (1, 1).Figura 2. La parabola y = x2

e la retta tangente in (1, 1).

Definizione 1.1. Siano I ⊆ R un intervallo1, f : I → R, x0 ∈ I. Se esiste l ∈ R t.c.

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= l,

la funzione f e detta derivabile in x0 e il numero Df(x0) = l e detto derivata di f in x0. Inoltre, fe detta derivabile in I se e derivabile in ogni punto di I, e in tal caso e definita la funzione derivataDf : I → R.

Notazioni equivalenti per la derivata di f in x0 sono f ′(x0), dfdx (x0), f(x0). Ovviamente, se esiste, la

derivata si puo esprimere anche come

(1.1) Df(x0) = limh→0

f(x0 + h)− f(x0)

h.

Osservazione 1.2. (Significato geometrico della derivata) Sia f : I → R derivabile in x0 ∈ I.L’equazione di una retta R passante per P0 (e non parallela all’asse ~y) e

y = m(x− x0) + f(x0),

dove il coefficiente angolare m ∈ R e arbitrario. Diremo che R e tangente a gr(f) in P0 se, detto(x, y) un punto di R, si ha

limx→x0

f(x)− yx− x0

= 0.

L’unica scelta di m che realizza questa condizione e m = Df(x0), dunque la retta di equazione

y = Df(x0)(x− x0) + f(x0)

e tangente a gr(f) in P0. Se invece

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= ±∞

(in particolare f non e derivabile in x0), la tangente a gr(f) in P0 e la retta di equazione x = x0. Peruna diversa interpretazione della derivata in base alla nozione fisica di velocita, ved. [5]. In generale,possiamo dire che la derivata di una funzione f in un punto x0 e un’altra funzione che descrive lavariazione di f vicino a x0 ma senza coinvolgere direttamente altri punti diversi da x0 stesso (se xrappresenta il tempo, lo scopo della derivata e condensare la variazione di f(x) in un’informazioneistantanea).

1Svolgeremo tutta la teoria per funzioni definite su un intervallo, per semplicita.

Page 3: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 3

In accordo con l’Osservazione 1.2 si introduce la seguente definizione:

Definizione 1.3. Una funzione f : I → R e detta differenziabile in x0 ∈ R se esiste una funzionelineare df(x0) : R→ R t.c.

limx→x0

f(x)− f(x0)− df(x0)(x− x0)x− x0

= 0.

In questo caso, la funzione df(x0) e detta differenziale (primo) di f in x0.

Una caratterizzazione della differenziabilita (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e laseguente condizione:

(1.2) f(x0 + h) = f(x0) +Df(x0)h+ o(h).

La Definizione 1.3 in effetti non introduce nulla di nuovo rispetto alla Definizione 1.1: infatti lefunzioni lineari definite in R sono in corrispondenza biunivoca con le costanti reali, e si dimostraimmediatamente che

f e differenziabile in x0 ⇔ f e derivabile in x0,

e che df(x0)(h) = Df(x0)h (i concetti di derivabilita e differenziabilita si distinguono nel contestodelle funzioni di piu variabili reali, ved. [5]).

Esempio 1.4. Generalizziamo il caso visto all’inizio alla funzione x 7→ xn (n ∈ N). Si ha allora perogni x0 ∈ R

limx→x0

xn − xn0x− x0

= limx→x0

(xn−1 + xn−2x0 + . . .+ xn−10 ) = nxn−10

(ovviamente per n = 0 abbiamo D(1) = 0).

Le funzioni elementari sono derivabili nei loro insiemi di definizione, e le derivate si deducono dairisultati di [2].

Esempio 1.5. Calcoliamo la derivata della funzione esponenziale x 7→ ex. Per ogni x0 ∈ R si ha

limx→x0

ex − ex0x− x0

= ex0 limx→x0

ex−x0 − 1

x− x0= ex0 .

Esempio 1.6. Calcoliamo la derivata della funzione trigonometrica x 7→ sin(x). Ricordiamo laformula di prostaferesi

(1.3) sin(α)− sin(β) = 2 sin(α− β

2

)cos(α+ β

2

).

Fissato x0 ∈ R, per ogni x 6= x0 si ha

sin(x)− sin(x0)

x− x0=[

sin(x− x0

2

) 2

x− x0

]cos(x+ x0

2

)→ cos(x0),

cosı che D sin(x) = cos(x).

Similmente si calcolano le seguenti derivate:

Dxα = αxα−1 (α ∈ R), Dax = ax ln(a) (a > 0), D cos(x) = − sin(x).

Teorema 1.7. Sia f : I → R derivabile in x0 ∈ I. Allora f e continua in x0.

Dimostrazione. Chiaramente x0 ∈ DI. Si ha per ogni x ∈ I, x 6= x0

f(x) =f(x)− f(x0)

x− x0(x− x0) + f(x0)→ f(x0),

cioe f e continua in x0. �

Introduciamo le derivate unilaterali:

Page 4: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

4 A. IANNIZZOTTO

Figura 3. y = |x|. Figura 4. y = 3√x.

Figura 5. y =√|x|. Figura 6. y = x sin

(1x

).

Definizione 1.8. Siano f : I → R, x0 ∈ I \ {sup I}. Se esiste l ∈ R t.c.

limx→x+0

f(x)− f(x0)

x− x0= l,

allora f e derivabile da destra in x0 e la derivata destra e D+f(x0) = l.

La definizione della derivata sinistra D−f(x0) e analoga. Ovviamente se

D+f(x0) = D−f(x0) = l,

allora f e derivabile in x0 con Df(x0) = l. L’uso delle derivate unilaterali2 permette di classificare lepiu comuni singolarita di una funzione. Siano f : I → R, x0 ∈ I t.c. f e continua ma non derivabilein x0:

• se esistono finite D±f(x0) = l± con l+ 6= l−, x0 e un angolo per f ;• se D+f(x0) = D−f(x0) = ±∞, o anche se x0 e uno degli estremi di I e l’unica derivata calcolabile

e ±∞, x0 e un punto a tangente verticale per f ;• se D+f(x0) = +∞ e D−f(x0) = −∞ (o viceversa), x0 e una cuspide per f .

I seguenti esempi illustrano vari tipi di punti di non-derivabilita:

2Qui usiamo, per semplicita di notazione, i simboli D± anche per indicare limiti infiniti.

Page 5: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 5

Esempio 1.9. La funzione f : R→ R, f(x) = |x| (fig. 3) non e derivabile in 0 in quanto

D+f(0) = 1, D−f(0) = −1,

si tratta quindi di un angolo.

Esempio 1.10. La funzione f : R→ R, f(x) = 3√x (fig. 4) non e derivabile in 0 in quanto

limx→0+

f(x)− f(0)

x= lim

x→0−

f(x)− f(0)

x= +∞,

il che fa di 0 un punto a tangente verticale.

Esempio 1.11. La funzione f : R→ R, f(x) =√|x| (fig. 5) non e derivabile in 0 in quanto

limx→0+

f(x)− f(0)

x= +∞, lim

x→0−

f(x)− f(0)

x= −∞,

il che fa di 0 una cuspide.

Esempio 1.12. La funzione f : R→ R (fig. 6) definita da

f(x) =

x sin(1

x

)se x 6= 0

0 se x = 0

e continua ma non derivabile in 0 in quanto non esistono i limiti

limx→0±

f(x)− f(0)

x,

e questa singolarita non rientra in alcuna delle classi precedenti.

Esercizio 1.13. Calcolare la derivata di x 7→ cos(x) mediante le formule di prostaferesi e quella dix 7→ ln(x) mediante limiti notevoli.

Esercizio 1.14. Determinare, se esiste, la retta tangente al grafico di f :]0,+∞[→ R, f(x) = x−ln(x)nel punto (1, 1).

Esercizio 1.15. Sia f : R → R una funzione pari (f(−x) = f(x)), derivabile nel suo dominio.Dimostrare che Df : R→ R e dispari (Df(−x) = −Df(x)). E se f e dispari?

Esercizio 1.16. Descrivere le singolarita delle funzioni

x+,√

1− x2, ln(|x|+ 1), e|x−2|.

2. Calcolo differenziale elementare

In questa sezione riportiamo alcuni risultati che permettono di calcolare le derivate di variecombinazioni di funzioni elementari.

Lemma 2.1. (Operazioni sulle derivate) Siano f, g : I → R derivabili in x0 ∈ I. Allora:

(i) D[f + g](x0) = Df(x0) +Dg(x0);(ii) D[fg](x0) = Df(x0)g(x0) + f(x0)Dg(x0);

(iii) se g(x0) 6= 0, D[1

g

](x0) = −Dg(x0)

g(x0)2;

(iv) se g(x0) 6= 0, D[fg

](x0) =

Df(x0)g(x0)− f(x0)Dg(x0)

g(x0)2;

Page 6: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

6 A. IANNIZZOTTO

Dimostrazione. La prova di (i) e banale. Dimostriamo (ii). Per ogni x ∈ I \ {x0} si ha

f(x)g(x)− f(x0)g(x0)

x− x0=f(x)− f(x0)

x− x0g(x) + f(x0)

g(x)− g(x0)

x− x0,

e passando al limite per x→ x0 concludiamo. Dimostriamo (iii). Per x ∈ I \ {x0} abbastanza vicinoa x0 si ha g(x) 6= 0 (Teorema di permanenza del segno, ved. [2]), da cui

g(x)−1 − g(x0)−1

x− x0=

1

g(x)g(x0)

g(x0)− g(x)

x− x0,

e passando al limite per x→ x0 concludiamo. Infine, (iv) e una combinazione delle precedenti. �

Esempio 2.2. Sia x ∈ R, x 6= π2 + kπ (k ∈ Z). Si ha per il Lemma 2.1 (iv)

D tan(x) = D[ sin(x)

cos(x)

]=

cos(x)2 + sin(x)2

cos(x)2=

1

cos(x)2.

Similmente, per ogni x ∈ R, x 6= kπ (k ∈ Z) si ha

D cot(x) = − 1

sin(x)2.

I seguenti lemmi permettono di considerare anche funzioni composte e inverse.

Lemma 2.3. (Derivata di funzione composta) Siano I, J ⊆ R intervalli, f : I → J , g : J → R,x0 ∈ I, y0 = f(x0) t.c. f e derivabile in x0 e g e derivabile in y0. Allora g ◦ f : I → R e derivabilein x0 e

D(g ◦ f)(x0) = Dg(y0)Df(x0).

Dimostrazione. In particolare f e continua in x0 e g in y0. Per semplicita, possiamo assumere chef(x) 6= f(x0) per ogni x ∈ I \ {x0} in un intorno di x0. Dunque abbiamo

g(f(x))− g(f(x0))

x− x0=g(f(x))− g(y0)

f(x)− y0f(x)− f(x0)

x− x0,

e passando al limite per x→ x0 concludiamo. �

Esempio 2.4. Si ha, per ogni x ∈ R ove le funzioni coinvolte siano definite e derivabili,

D[e√x] =

e√x

2√x, D[ln(sin(x))] = cot(x),

D[xx] = D[ex ln(x)] = xx(ln(x) + 1).

La funzione composta g ◦ f puo essere derivabile in un punto, senza che lo siano f e g.

Esempio 2.5. Siano f(x) = |x|, g(y) = y2. Allora f non e derivabile in 0, ma g ◦ f(x) = x2 sı.

Siano f(x) = 3√x, g(y) = y3. Allora f non e derivabile in 0, ma g ◦ f(x) = x sı.

Lemma 2.6. Siano I, J ⊆ R intervalli, f : I → J continua, biunivoca, x0 ∈ I t.c. f e derivabile inx0 e Df(x0) 6= 0. Allora f−1 : J → I e derivabile in y0 = f(x0) e

Df−1(y0) =1

Df(x0).

Dimostrazione. Si ha f−1 ◦ f = idI3. Dai risultati sui limiti di funzioni composte (ved. [2]) si ha

limy→y0

f−1(y)− f−1(y0)y − y0

= limx→x0

x− x0f(x)− f(x0)

=1

Df(x0)

da cui la tesi. �

3Per ogni insieme A ⊆ R, denotiamo idA : A→ A la funzione identita definita da idA(x) = x.

Page 7: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 7

In sintesi, se f : I → J e biunivoca e derivabile (in particolare continua) in I, si ha

D[f−1 ◦ f ](x) = D[x] = 1, D[f ◦ f−1](y) = D[y] = 1.

Esempio 2.7. Usando il Lemma 2.6 dimostriamo (o ri-dimostriamo) che per ogni y > 0

D ln(y) =1

y.

Infatti y 7→ ln(y) e la funzione inversa di x 7→ ex, quindi per ogni coppia (x, y) con y = ex si ha

D ln(y) =1

ex=

1

y.

Esempio 2.8. La funzione x 7→ sin(x), ristretta all’intervallo [−π2 ,

π2 ], e invertibile e la sua funzione

inversa e indicata con y 7→ arcsin(y), definita in [−1, 1]. Nei punti ±1 essa non e derivabile, ma perogni y ∈]− 1, 1[ si ha dal Lemma 2.6

D arcsin(y) =1

cos(x)=

1√1− y2

.

Similmente si trattano le funzioni inverse di cos e tan, nei rispettivi insiemi di definizione:

D arccos(y) = − 1√1− y2

, y ∈]− 1, 1[,

D arctan(y) =1

1 + y2, y ∈ R

(denotiamo y il punto per facilitare l’applicazione della formula).

Osservazione 2.9. I Lemmi 2.3 e 2.6 suggeriscono una delle piu importanti proprieta dell’operatore’derivata’, che noi denotiamo D: esso trasforma alcune operazioni funzionali in operazioni algebriche.Per esempio, D trasforma la composizione in un prodotto, e l’operazione di funzione inversa in quelladi reciproco.

Un altro modo di vedere la questione e basato sui differenziali: se f : I → J e g : J → R, ildifferenziale di g ◦ f : I → R in x0 ∈ I e l’applicazione lineare d[g ◦ f ](x0) : R→ R definita da

d[g ◦ f ](x0)(h) = D[g ◦ f ](x0)(h) = Dg(f(x0))Df(x0)(h),

cioe

d[g ◦ f ](x0) = dg(f(x0)) ◦ df(x0),

e similmente

df−1(f(x0)) = (df(x0))−1.

Questa proprieta viene ampiamente utilizzata nella teoria delle equazioni differenziali, specialmentequelle lineari, per ricondurre un problema di operazioni funzionali a uno algebrico (ved. [3]).

Se f : I → R e una funzione derivabile nel suo dominio, e Df : I → R e continua, si scrive f ∈ C1(I).In realta le funzioni derivabili sono ’quasi tutte’ di classe C1, ma esistono dei contro-esempi.

Esempio 2.10. Sia f : R→ R definita da

f(x) =

x2 sin(1

x

)se x 6= 0

0 se x = 0.

Per ogni x 6= 0 la funzione e derivabile in x per i Lemmi 2.1, 2.3 e si ha

Df(x) = 2x sin(1

x

)− cos

(1

x

).

Page 8: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

8 A. IANNIZZOTTO

Anche in 0 la funzione e derivabile, come si vede applicando la Definizione 1.1:

limx→0

f(x)− f(0)

x= lim

x→0x sin

(1

x

)= 0.

Tuttavia, il limite

limx→0

Df(x)

non esiste, quindi 0 e un punto di discontinuita (di terza specie) per Df .

Esercizio 2.11. Dimostrare che la derivata di un polinomio e

D(ahxh + ah−1x

h−1 + . . .+ a1x+ a0) = hahxh−1 + (h− 1)ah−1x

h−2 + . . .+ a1,

cioe un polinomio con grado diminuito di 1.

Esercizio 2.12. Calcolare le derivate delle funzioni

3x2 − x+ 4

x2 − x,x5 − 1

x− 1.

Esercizio 2.13. Calcolare (dove esistono) le derivate delle seguenti funzioni:

ln(x2 + 1), 2sin(x+1), max{ex, 1}.

Esercizio 2.14. Che accade nella dimostrazione del Lemma 2.3 se f(xn) = f(x0) per ogni n ∈ N,dove (xn) e una successione in I convergente a x0?

3. I teoremi classici

In questa sezione illustriamo alcuni dei principali usi della derivata nello studio di funzioni, sup-ponendo per semplicita che le funzioni siano definite in un intervallo chiuso e limitato [a, b], a < b(le estensioni ai casi di intervalli illimitati, o non chiusi, sono immediate). Cominciamo con unacondizione necessaria per la localizzazione degli estremi locali:

Teorema 3.1. (Fermat) Siano f : [a, b]→ R, x0 ∈]a, b[ t.c.

(i) x0 e un punto di estremo locale per f ;(ii) f e derivabile in x0.

Allora Df(x0) = 0.

Dimostrazione. Assumiamo che x0 sia un punto di minimo locale (il caso del massimo locale eanalogo). Esiste δ > 0 t.c. Bδ(x0) ⊆]a, b[ e f(x) > f(x0) per ogni x ∈ Bδ(x0), x 6= x0. Dunque, sex > x0 si ha

f(x)− f(x0)

x− x0> 0,

da cui per il Teorema del confronto (ved. [2]) segue D+f(x0) > 0. Similmente si prova cheD−f(x0) 6 0. Per (ii) abbiamo Df(x0) = 0. �

Un punto x t.c. Df(x) = 0 e detto punto critico per f . Dunque, il Teorema 3.1 afferma che i puntidi estremo locale di una funzione derivabile definita in un intervallo aperto sono critici.

Esempio 3.2. Sia f : R → R definita da f(x) = x3 − x. I suoi punti critici sono le soluzionidell’equazione

3x2 − 1 = 0,

ovvero ± 1√3. Precisamente, si ricava dallo studio locale che 1√

3e sede di un minimo locale e − 1√

3di

un massimo locale (non globali).

I punti di estremo locale non critici di una funzione continua appartengono a una delle classi seguenti:

Page 9: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 9

• punti singolari, in cui la derivata non esiste (per esempio 0 e un punto di minimo locale perx 7→ |x|);• estremi dell’intervallo, in cui la derivata puo non esistere o non essere nulla (per esempio la

funzione x 7→√

1− x2 ha minimi locali in ±1).

Viceversa, vi sono punti critici che non sono sedi di estremi locali, come 0 per la funzione (crescente)x 7→ x3.

Teorema 3.3. (Rolle) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b], derivabile in ]a, b[, t.c. f(a) = f(b).Allora esiste x0 ∈]a, b[ t.c. Df(x0) = 0.

Dimostrazione. Evitando casi banali, supponiamo f non costante. Per il Teorema di Weierstraß(ved. [2]) esistono x, x ∈ [a, b] t.c.

f(x) = min[a,b]

f, f(x) = max[a,b]

f.

Poiche f non e costante, f(x) < f(x). Dunque i punti di estremo globale non possono essere a e b,cioe almeno uno dei due e x0 ∈]a, b[. Per il Teorema 3.1 abbiamo Df(x0) = 0. �

Teorema 3.4. (Cauchy) Siano f, g : [a, b]→ R continue in [a, b], derivabili in ]a, b[. Allora esistex0 ∈]a, b[ t.c.

(f(b)− f(a))Dg(x0) = (g(b)− g(a))Df(x0).

Dimostrazione. Sia per ogni x ∈ [a, b]

ϕ(x) = (f(b)− f(a))g(x)− (g(b)− g(a))f(x).

Allora ϕ e continua in [a, b] e derivabile in ]a, b[, e si verifica che ϕ(a) = ϕ(b). Per il Teorema 3.3esiste x0 ∈]a, b[ t.c.

(f(b)− f(a))Dg(x0)− (g(b)− g(a))Df(x0) = Dϕ(x0) = 0,

da cui la tesi. �

Teorema 3.5. (Lagrange) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b], derivabile in ]a, b[. Allora esistex0 ∈]a, b[ t.c.

f(b)− f(a) = Df(x0)(b− a).

Dimostrazione. Applichiamo il Teorema 3.4 a f e alla funzione g(x) = x. �

Il significato geometrico del Teorema 3.5 e il seguente: se congiungiamo i punti estremi di gr(f), dicoordinate (a, f(a)) e (b, f(b)) mediante una retta R, questa ha equazione

y =f(b)− f(a)

b− a(x− a) + f(a).

Il teorema assicura l’esistenza di un punto (x0, f(x0)) t.c. la retta tangente in tale punto a gr(f) eparallela a R (fig. 7). In particolare, il Teorema 3.3 riguarda il caso in cui entrambe le rette sonoparallele all’asse ~x.

Esempio 3.6. Consideriamo la funzione f : [−1, 2] → R definita da f(x) = x2. Il suo grafico el’arco di parabola di equazione y = x2 compreso fra i punti (−1, 1) e (2, 4). La retta che congiungetali punti ha equazione y = x+ 2. Per il Teorema 3.5 esiste x0 ∈]− 1, 2[ t.c. Df(x0) = 1, ovvero t.c.la retta tangente in (x0, x

20) il grafico e parallela alla retta di equazione y = x+ 2 (fig. 7). Si ricava

facilmente x0 = 12 .

Le conseguenze dei teoremi precedenti sono molteplici. Il prossimo risultato esprime il legame fra ilsegno della derivata di una funzione e la monotonia della funzione stessa.

Page 10: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

10 A. IANNIZZOTTO

Figura 7. Rappresentazione grafica del Teorema di Lagrange.

Corollario 3.7. Sia f : I → R derivabile. Allora:

(i) f e non-decrescente se e solo se Df(x) > 0 per ogni x ∈ I;(ii) f e non-crescente se e solo se Df(x) 6 0 per ogni x ∈ I;

(iii) se Df(x) > 0 per ogni x ∈ I, f e crescente;(iv) se Df(x) < 0 per ogni x ∈ I, f e decrescente.

Dimostrazione. Proviamo (i), supponendo x ∈ int(I) (gli altri casi sono analoghi). Fissato x ∈ I,per h ∈ R \ {0} abbastanza piccolo si ha x+ h ∈ I, e per monotonia

f(x+ h)− f(x)

h> 0.

Passando al limite per h → 0 e applicando (1.1) e il Teorema del confronto (ved. [2]), abbiamoDf(x) > 0. Viceversa, se Df(x) > 0 per ogni x ∈ I, fissati x1, x2 ∈ I, x1 < x2, per il Teorema 3.5esiste x0 ∈]x1, x2[ t.c.

f(x2)− f(x1) = Df(x0)(x2 − x1) > 0,

quindi f e non-decrescente.

Proviamo (iii). Siano x1, x2 ∈ I, x1 < x2. Per il Teorema 3.5 esiste x0 ∈]x1, x2[ t.c.

f(x2)− f(x1) = Df(x0)(x2 − x1) > 0,

cioe f(x1) < f(x2). Dunque f e crescente.

Le dimostrazioni di (ii), (iv) sono analoghe. �

Esempio 3.8. La funzione f : [0, 2π] → R, f(x) = sin(x) e derivabile con Df(x) = cos(x).Studiando il segno di cos(x) si ricava che f e crescente in [0, π2 ], decrescente in [π2 ,

3π2 ] e di nuovo

crescente in [3π2 , 2π]. I punti di estremo globale sono π2 (massimo) e 3π

2 (minimo), cui si aggiungonoun minimo locale in 0 e un massimo locale in 2π (questi ultimi scompaiono estendendo f a R).

Osserviamo che le implicazioni (iii), (iv) del Corollario 3.7 non si invertono.

Esempio 3.9. La funzione f : R→ R, f(x) = x3 e crescente, ma Df(0) = 0.

Esempio 3.10. La funzione f : R \ {0} → R definita da f(x) = 1x non e ovviamente monotona,

anche se la sua derivata,

Df(x) = − 1

x2,

e sempre negativa. Cio non contraddice il Corollario 3.7 in quanto f non e definita su un intervallo.

Corollario 3.11. Sia f : I → R derivabile con Df(x) = 0 per ogni x ∈ I. Allora f e costante.

Page 11: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 11

Dimostrazione. Per ogni x1, x2 ∈ I, x1 < x2, per il Teorema 3.5 esiste x0 ∈]x1, x2[ t.c.

f(x2)− f(x1) = Df(x0)(x2 − x1) = 0,

dunque f(x1) = f(x2). �

Esempio 3.12. Sia f :]− 1, 1[→ R,

f(x) = arccos(x) + arcsin(x),

allora Df(x) = 0 per ogni x ∈]− 1, 1[. Infatti si ha f(x) = π2 per ogni x ∈]− 1, 1[.

Nel Corollario 3.11 e essenziale l’ipotesi che f sia definita in un intervallo.

Esempio 3.13. Siano A = [0, 1] ∪ [2, 3], f : A→ R definita da

f(x) =

{0 se x ∈ [0, 1]

1 se x ∈ [2, 3].

Allora Df(x) = 0 per ogni x ∈ A, ma f non e costante.

Una conseguenza particolare e il seguente risultato di ’estensione per continuita’ della derivata:

Corollario 3.14. Siano f : [a, b]→ R continua in [a, b], derivabile in ]a, b[, e l ∈ R t.c.

limx→a+

Df(x) = l.

Allora f e derivabile in a e D+f(a) = l.

Dimostrazione. Per ogni x ∈]a, b[, il Teorema 3.5 assicura l’esistenza di x′ ∈]a, x[ t.c.

f(x)− f(a)

x− a= Df(x′).

Passando al limite per x→ a+ si ha D+f(a) = l. �

Ovviamente un risultato analogo al Corollario 3.14 vale per D−f(b).

Esempio 3.15. Sia f : R→ R definita da

f(x) =

{x2 se x > 0

−x2 se x < 0.

Allora,

limx→0+

Df(x) = limx→0+

2x = 0,

e per il Corollario 3.14 abbiamo D+f(0) = 0. Similmente si ricava D−f(0) = 0, cosı che Df(0) = 0.Sintetizzando, abbiamo Df(x) = 2|x| per ogni x ∈ R (notiamo che Df : R→ R non e derivabile in0).

Mediante il Teorema 3.5 individuiamo una classe di funzioni lipschitziane (ved. [2]):

Corollario 3.16. Sia f : I → R derivabile t.c. Df : I → R e limitata. Allora f e lipschitziana.

Dimostrazione. Esiste L > 0 t.c. |Df(x)| 6 L per ogni x ∈ R. Fissati x1, x2 ∈ I, assumiamo x1 < x2.Per il Teorema 3.5 esiste x0 ∈]x1, x2[ t.c.

|f(x2)− f(x1)| = |Df(x0)(x2 − x1)| 6 L|x2 − x1|,

dunque f e lipschitziana con costante L. �

Esempio 3.17. La funzione x 7→ arctan(x) e lipschitziana con costante 1.

Page 12: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

12 A. IANNIZZOTTO

Il calcolo differenziale fornisce anche un utile strumento per la risoluzione dei limiti: si tratta deiTeoremi di de l’Hopital, relativi alle forme indeterminate 0

0 e ∞∞ , e che si possono sintetizzare nellaformula intuitiva

(3.1)f(x)

g(x)∼ Df(x)

Dg(x).

Illustriamo il caso piu semplice:

Teorema 3.18. (de l’Hopital) Siano f, g : I → R derivabili, x0 ∈ I, l ∈ R t.c.

(i) limx→x0

f(x) = limx→x0

g(x) = 0;

(ii) limx→x0

Df(x)

Dg(x)= l.

Allora

limx→x0

f(x)

g(x)= l.

Dimostrazione. L’ipotesi (ii) implica, in particolare, che Dg(x) 6= 0 in un intorno di x0. Per ilTeorema 1.7, f e g sono continue in x0, quindi f(x0) = g(x0) = 0. Fissato x ∈ I \ {x0}, per ilTeorema 3.4 esiste x′ ∈ I (compreso fra x0 e x) t.c.

f(x)

g(x)=f(x)− f(x0)

g(x)− g(x0)=Df(x′)

Dg(x′).

Passando al limite per x→ x0 (in particolare, x′ → x0), si ha la tesi. �

Con metodi analoghi, la formula (3.1) si dimostra nei casi seguenti:

• x0 ∈ R, l = ±∞• x0 = ±∞, l ∈ R• x0 = ±∞, l = ±∞,

e anche se l’ipotesi (i) viene sostituita da

limx→x0

f(x) = ±∞, limx→x0

g(x) = ±∞.

Esempio 3.19. Applicando il Teorema 3.18, ritroviamo facilmente il limite notevole

limx→0

sin(x)

x= lim

x→0cos(x) = 1.

Esempio 3.20. Calcoliamo, mediante il Teorema 3.18, il seguente limite:

limx→0

esin(x) − ex

x2= lim

x→0

esin(x) cos(x)− ex

2x

= limx→0

esin(x) cos(x)2 − esin(x) sin(x)− ex

2= 0.

Esercizio 3.21. Determinare l’insieme di definizione, il segno, gli asintoti, la monotonia e gli estremi(locali e globali) delle seguenti funzioni:

x2 − 5x+ 6

x+ 1,

√x2 − 1

|x|.

Esercizio 3.22. Studiare monotonia ed estremi delle seguenti funzioni nei rispettivi insiemi didefinizione:

sin(x) + cos(x), x− ln(x), arctan(x), xe1x .

Page 13: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 13

Esercizio 3.23. Ri-calcolare i limiti notevoli seguenti, facendo uso di (3.1):

limx→0

ex − 1

x, limx→+∞

ln(x)

x, limx→0+

x ln(x).

Esercizio 3.24. Calcolare i seguenti limiti, facendo uso di (3.1):

limx→π

2

ln(sin(x))

cos(x), limx→0

ex − cos(x)

x,

limx→+∞

arctan(x)− π2

ln(1 + 1x)

, limx→0+

tan(π2 − x)

ln(x).

Esercizio 3.25. (Difficile) Sia f :]0,+∞[→ R derivabile. Dimostrare che

• se f ha un asintoto verticale in 0, di equazione x = 0, allora limx→0+ Df(x) = ±∞;• se f ha un asintoto orizzontale destro, di equazione y = k (k ∈ R), allora limx→+∞Df(x) = 0;• se f ha un asintoto obliquo destro, di equazione y = mx+ q (m, q ∈ R), allora limx→+∞Df(x) =m.

4. Derivate successive

Le derivate di ordine superiore al primo vengono definite ricorsivamente.

Definizione 4.1. Siano f : I → R derivabile, x0 ∈ I t.c. Df : I → R e derivabile in x0. Allora f edetta derivabile due volte in x0 e la sua derivata seconda in x0 e

D2f(x0) = D[Df ](x0).

Inoltre f e detta derivabile due volte in I se lo e in ogni punto di I e in tal caso la sua derivataseconda e una funzione D2f : I → R.

Notazioni alternative: f ′′(x0),d2

dx2f(x0), f(x0). Piu in generale, per ogni n ∈ N0, sia f : I → R

derivabile n volte in I e Dnf : I → R sia derivabile in un punto x0 ∈ I. Allora diciamo che f ederivabile (n+ 1) volte in x0 e poniamo

Dn+1f(x0) = D[Dnf ](x0).

Se f e derivabile n volte in I con derivata n-esima continua (e quindi f e tutte le derivate di ordineinferiore continue, per il Teorema 1.7), si scrive f ∈ Cn(I). Chiaramente Cn+1(I) ⊆ Cn(I) per ognin ∈ N. Infine, se f ha derivate continue di qualunque ordine, si scrive f ∈ C∞(I). L’Esempio 2.10mostra una funzione che ammette, in 0, la derivata prima ma non la seconda.

Le funzioni elementari sono di classe C∞ nei rispettivi insiemi di definizione, per esempio per ognin ∈ N0 si ha

Dn[ex] = ex.

Esempio 4.2. Per ogni n ∈ N si ha

D2n[sin(x)] = (−1)n sin(x), D2n+1[sin(x)] = (−1)n cos(x).

La derivata seconda e strettamente legata alla proprieta geometrica della convessita. Richiamiamo eperfezioniamo la definizione data in [1]:

Definizione 4.3. Una funzione f : I → R e detta

(i) convessa se f((1− τ)x1 + τx2) 6 (1− τ)f(x1) + τf(x2) per ogni τ ∈ [0, 1], x1, x2 ∈ I;(ii) concava se −f e convessa;

(iii) strettamente convessa se f((1 − τ)x1 + τx2) < (1 − τ)f(x1) + τf(x2) per ogni τ ∈]0, 1[,x1, x2 ∈ I;

Page 14: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

14 A. IANNIZZOTTO

Figura 8. La funzione x 7→ x2 e convessa.

(iv) strettamente concava se −f e strettamente convessa.

Esempio 4.4. La funzione x 7→ x2 e strettamente convessa in R. Infatti, per ogni x1, x2 ∈ R,x1 6= x2 la diseguaglianza (

(1− τ)x1 + τx2)2< (1− τ)x21 + τx22

equivale a τ2 − τ < 0, che e verificata per ogni τ ∈]0, 1[ (fig. 8).

Illustriamo il significato geometrico della condizione (i)4. Dati x1, x2 ∈ I, x1 < x2, il segmento checongiunge i punti (x1, f(x1)) e (x2, f(x2)) si puo rappresentare come

S ={

((1− τ)x1 + τx2, (1− τ)f(x1) + τf(x2)) : τ ∈ [0, 1]},

invece il tratto di gr(f) che congiunge gli stessi punti si rappresenta come

G ={

((1− τ)x1 + τx2, f((1− τ)x1 + τx2)) : τ ∈ [0, 1]}.

Dunque, f e convessa se G e situato ’sotto’ S.

Nella Definizione 4.3 e essenziale che f sia definita in un intervallo, e che la condizione valga perogni coppia di punti x1, x2.

Esempio 4.5. La funzione x 7→ ex e strettamente convessa. La funzione x 7→ |x| e convessa ma nonstrettamente. La funzione x 7→ ln(x) e strettamente concava. La funzione x 7→ x− x+ e concava manon strettamente concava.

Lemma 4.6. Sia f : I → R. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti:

(i) f e convessa;

(ii)f(x2)− f(x1)

x2 − x16f(x3)− f(x1)

x3 − x16f(x3)− f(x2)

x3 − x2per ogni x1, x2, x3 ∈ I, x1 < x2 < x3.

Dimostrazione. Proviamo che (i) implica (ii). Si ha

x2 = (1− τ)x1 + τx3, τ =x2 − x1x3 − x1

.

Dunque, poiche f e convessa,

f(x2) 6x3 − x2x3 − x1

f(x1) +x2 − x1x3 − x1

f(x3),

da cui (ii). �

4Svolgeremo la teoria delle funzioni convesse, poiche quella delle funzioni concave e analoga.

Page 15: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 15

L’intepretazione geometrica del Lemma 4.6 e la seguente: il rapporto incrementale di f su unacoppia di punti e non-decrescente sia come funzione del primo punto, che come funzione del secondo.

Lemma 4.7. Siano f : [a, b]→ R convessa, x0 ∈]a, b[. Allora

(i) f e continua in x0;(ii) f ammette derivate destra e sinistra x0.

Dimostrazione. Dimostriamo solo (ii). Per il Lemma 4.6, la funzione

x 7→ f(x)− f(x0)

x− x0e non-decrescente in ]x0, b[. Inoltre, sempre per il Lemma 4.6, per ogni x ∈]x0, b[ si ha

f(x)− f(x0)

x− x0>f(x0)− f(a)

x0 − a,

dunque la funzione definita sopra e anche inferiormente limitata. Pertanto esiste l ∈ R t.c.

limx→x+0

f(x)− f(x0)

x− x0= l,

ovvero D+f(x0) = l. Similmente si dimostra l’esistenza di D−(fx0). �

Il Lemma 4.7 non esclude che una funzione convessa f : [a, b] → R sia non-derivabile o anchediscontinua in a o in b.

Esempio 4.8. La funzione f : [0, 1]→ R definita da

f(x) =

{0 se x ∈ [0, 1[

1 se x = 1

e convessa e discontinua in 1.

Esempio 4.9. La funzione f : [−1, 1]→ R, f(x) = −√

1− x2 e strettamente convessa e ha tangenteverticale in ±1.

Se una funzione e derivabile, la sua convessita si puo caratterizzare mediante le derivate prima eseconda. Preliminarmente osserviamo che se f : I → R e convessa e derivabile in un punto x0 ∈ I, siha per ogni x ∈ I

(4.1) f(x) > Df(x0)(x− x0) + f(x0),

come si deduce facilmente dal Lemma 4.7. In linguaggio geometrico, tutta la curva gr(f) e situata’sopra’ la retta ad esso tangente in (x0, f(x0)) (fig. 9).

Lemma 4.10. Sia f : I → R derivabile. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:

(i) f e convessa;(ii) Df : I → R e non-decrescente.

Dimostrazione. Proviamo che (i) implica (ii), per assurdo. Siano x1, x2 ∈ I t.c. x1 < x2 e Df(x1) >Df(x2). Allora esistono x3, x4 ∈ I, x1 < x3 < x4 < x2 t.c.

f(x3)− f(x1)

x3 − x1>f(x2)− f(x4)

x2 − x4,

contro il Lemma 4.6. �

Lemma 4.11. Sia f : I → R derivabile due volte. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:

(i) f e convessa;

Page 16: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

16 A. IANNIZZOTTO

Figura 9. La curva y = ex giace interamente al di sopra della sua tangente y = x+ 1.

(ii) D2f(x) > 0 per ogni x ∈ R.

Dimostrazione. Dal Lemma 4.10 e dal Corollario 3.7. �

Inoltre, si verifica facilmente che se D2f(x) > 0 per ogni x ∈ I, allora f e strettamente convessa(quest’ultima implicazione non si inverte, per esempio x 7→ x4 e strettamente convessa ma ha derivataseconda nulla in 0).

Lemma 4.12. Siano f : I → R derivabile e (strettamente) convessa, x0 ∈ I t.c. Df(x0) = 0. Allorax0 e un punto di minimo globale (proprio).

Dimostrazione. Per (4.1), si ha per ogni x ∈ If(x) > f(x0).

Inoltre, se f e strettamente convessa, nessun punto di gr(f) giace sulla retta tangente y = f(x0),dunque f(x) > f(x0) per ogni x ∈ I \ {x0}, ovvero x0 e un punto di minimo locale proprio. �

Se una funzione non e globalmente convessa o concava sul suo dominio, essa deve ’cambiare concavita’in un punto:

Definizione 4.13. Siano f :]a, b[→ R continua, x0 ∈]a, b[, δ > 0 t.c. f e strettamente convessa(concava) in ]x0 − δ, x0[ e strettamente concava (convessa) in ]x0, x0 + δ[. Allora x0 e detto punto diflesso per f .

Esempio 4.14. I punti kπ, k ∈ Z sono di flesso per x 7→ sin(x). I punti π2 + kπ, k ∈ Z sono di flessoper x 7→ cos(x). Il punto 0 e di flesso per x 7→ arctan(x).

Nei punti di flesso, se esiste la retta tangente a gr(f), si osserva come gr(f) ’scavalchi’ la tangentestessa. In particolare, i punti a tangente verticale visti in precedenza (ved. Esempio 1.10) sono flessi.

Lemma 4.15. Siano f : I → R derivabile due volte, x0 ∈ I un punto di flesso per f . AlloraD2f(x0) = 0.

Dimostrazione. Dalla Definizione 4.13 e dal Lemma 4.10 segue l’esistenza di δ > 0 t.c. Df e non-decrescente in ]x0 − δ, x0[ e non-crescente in ]x0, x0 + δ[ (o viceversa). Pertanto, x0 e un punto diestremo locale per Df , e dal Teorema 3.1 segue D2f(x0) = 0. �

Esempio 4.16. Riprendiamo dall’Esempio 3.2 lo studio della funzione f : R→ R, f(x) = x3 − x.Essa ammette derivata seconda D2f(x) = 6x, dunque per il Lemma 4.11 f e convessa in ]0,+∞[,concava in ]−∞, 0[, e ha un flesso in 0 (con tangente y = −x). Siamo ora in grado di tracciare ilgrafico di f (fig. 10).

Page 17: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 17

Figura 10. La curva y = x3−xe la sua tangente in (0, 0). Figura 11. y = sinh(x).

Esempio 4.17. Le funzioni iperboliche sono definite per ogni x ∈ R da

sinh(x) =ex − e−x

2, cosh(x) =

ex + e−x

2.

La funzione x 7→ sinh(x) e continua e dispari, priva di astintoti. Si ha

D sinh(x) = cosh(x), D2 sinh(x) = sinh(x),

pertanto la funzione e crescente, concava in ]−∞, 0[ e convessa in ]0,+∞[, con un flesso in 0 (fig.11).

Dai risultati precedenti (in particolare dal Lemma 4.12) si deduce che, se f :]a, b[→ R e derivabiledue volte e x0 ∈]a, b[ e un suo punto critico, si ha:

• se D2f(x0) > 0, x0 e un punto di minimo locale;• se D2f(x0) < 0, x0 e un punto di massimo locale.

Questa osservazione verra ripresa e generalizzata nel seguente Teorema 6.9.

Esercizio 4.18. Ricavare le formule corrispondenti a quelle dell’Esempio 4.2 per cos(x).

Esercizio 4.19. Per ogni n ∈ N, n > 2, 0 e un punto critico per x 7→ xn. Qual e la sua natura?

Esercizio 4.20. Sia f : [a, b]→ R convessa. Dimostrare che

max[a,b]

f = max{f(a), f(b)}.

Esercizio 4.21. Enunciare e dimostrare gli analoghi dei risultati sulle funzioni convesse, validi perle funzioni concave.

Esercizio 4.22. Tracciare il grafico della funzione x 7→ cosh(x).

Esercizio 4.23. La tangente iperbolica e definita per ogni x ∈ R da

tanh(x) =sinh(x)

cosh(x).

Studiare monotonia, asintoti, convessita e flessi di questa funzione, e tracciarne il grafico.

Page 18: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

18 A. IANNIZZOTTO

5. Studio del grafico di una funzione

Sia x 7→ f(x) la formula di una funzione. Un ottimo modo di studiare le proprieta di f e di darneuna rappresentazione sintetica consiste nel disegnare gr(f) (alcuni esempi sono stati dati in [1, 2]).Per farlo si puo seguire il seguente schema:

(1) determinare l’insieme di definizione A di f , cosı che f : A → R sia propriamente definita(talvolta lo studio si svolge in un dominio assegnato, che puo coincidere o no con l’insieme didefinizione, in tal caso questo passo e superfluo), ed eventuali simmetrie e periodicita (questopuo consentire di restringere i passi successivi a sottoinsiemi di A);

(2) studiare la continuita di f , individuando eventuali punti di discontinuita e classificandoli (inquesto passo emergono eventuali asintoti verticali);

(3) determinare il comportamento di f sulla frontiera di A e (se A non e limitato) a ±∞ (inquesto passo emergono eventuali ulteriori asintoti verticali, oltre che orizzontali e obliqui);

(4) determinare le eventuali intersezioni con gli assi ~x e ~y e quindi il segno di f ;(5) calcolare la derivata prima Df , classificando eventuali punti di non-derivabilita, e studiare la

monotonia e gli estremi (locali e globali) di f mediante il segno di Df ;(6) calcolare la derivata seconda D2f e studiare la convessita, la concavita e i flessi mediante il

segno di D2f .

Chiaramente lo schema potrebbe subire delle variazioni (per esempio, se la ricerca degli asintotirichiede l’applicazione dei Teoremi di de l’Hopital, sara necessario calcolare prima la derivata).Osserviamo che non sempre i punti notevoli (intersezioni con gli assi, punti critici, flessi...) si possonodeterminare esplicitamente, in tal caso e sufficiente localizzarli con quanta piu precisione possibile.

Esempio 5.1. Sia data la funzione

f(x) = e1x .

L’insieme di definizione e A =] − ∞, 0[∪]0,+∞[. In A la funzione e continua, e non presentaparticolari simmetrie o periodicita. Gli asintoti al grafico di f sono x = 0 (verticale) e y = 1(orizzontale), in quanto

limx→0+

f(x) = +∞, limx→±∞

f(x) = 1

(invece f(x)→ 0 per x→ 0−). Il grafico di f non interseca gli assi e f(x) > 0 per ogni x ∈ A. Laderivata prima e

Df(x) = −e1x

x2,

pertanto f e decrescente in ]−∞, 0[ e in ]0,+∞[, e non ha estremi locali. La derivata seconda e

D2f(x) =e

1x (2x+ 1)

x4,

pertanto f e concava in ] −∞,−12 [, ha un flesso nel punto (−1

2 , e−2), e convessa in ] − 1

2 , 0[ e in]0,+∞[ (fig. 12)

Esempio 5.2. Sia data la funzione

f(x) =x2 + 1

x− 1.

L’insieme di definizione e A =] − ∞, 1[∪]1,+∞[. In A la funzione e continua, e non presentaparticolari simmetrie o periodicita. Gli asintoti al grafico di f sono x = 1 (verticale) e y = x + 1(obliquo), in quanto

limx→1−

f(x) = −∞, limx→1+

f(x) = +∞, limx→+∞

f(x)

x= 1, lim

x→+∞(f(x)− x) = 1.

Page 19: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 19

Figura 12. La curva y = e1x . Figura 13. La curva y = x2+1

x−1 .

Il grafico di f interseca l’asse ~y in (0,−1) e non interseca l’asse ~x. La derivata prima e

Df(x) =x2 − 2x− 1

(x1)2,

pertanto f e crescente in ] − ∞, 1 −√

2[, ha un massimo locale in 1 −√

2 (altezza 2 − 2√

2), edecrescente in ]1−

√2, 1[ e in 1, 1 +

√2[, ha un minimo locale in 1 +

√2 (altezza 2 + 2

√2), infine e

crescente in ]1 +√

2,+∞[. La derivata seconda e

D2f(x) =4

(x− 1)3,

pertanto f e concava in ]−∞, 1[ e convessa in ]1,+∞[ (fig. 13).

Esempio 5.3. Sia data la funzione

f(x) =x2 + 2x+ 1

x2 − x.

L’insieme di definizione e A =]−∞, 0[∪]0, 1[∪]1,+∞[. In A la funzione e continua, e non presentaparticolari simmetrie o periodicita. Gli asintoti a gr(f) sono x = 0, x = 1 (verticali) e y = 1(orizzontale, sia a destra che a sinistra), in quanto

limx→−∞

f(x) = limx→+∞

f(x) = 1, limx→0−

f(x) = limx→1+

f(x) = +∞, limx→0+

f(x) = limx→1−

f(x) = −∞.

L’intersezione di gr(f) con l’asse ~x e (−1, 0), f e positiva in ]−∞, 0[∪]1,+∞[ (eccetto x = −1) enegativa in ]0, 1[ (si puo gia dire che −1 e un punto di minimo locale proprio). Si ha

Df(x) =−3x2 − 2x+ 1

(x2 − x)2,

dunque f e crescente in ]− 1, 0[ e in ]0, 13 [ (separatemente!) e decrescente in ]−∞,−1[, in ]13 , 1[ e in]1,+∞[ (separatemente!). I punti critici sono −1 (minimo locale proprio non globale, confermato) e13 (massimo locale proprio non globale), a quota rispettivamente f(−1) = 0, f(13) = −8. Si ha

D2f(x) = 23x3 + 3x2 − 3x+ 1

(x2 − x)3,

dunque esiste x < −1 (x ' −1, 704) t.c. f e convessa in ]x, 0[ e in ]1,+∞[ (separatamente!) econcava in ]−∞, x[ e in ]0, 1[ (separatamente!). L’unico punto di flesso e x (fig. 14).

Page 20: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

20 A. IANNIZZOTTO

Figura 14. La curva y = x2+2x+1x2−x . Figura 15. La curva y = x

ln(|x|) .

Esempio 5.4. Sia data la funzione

f(x) =x

ln(|x|).

Il suo insieme di definizione e A =]−∞,−1[∪]− 1, 0[∪]0, 1[∪]1,+∞[. In A la funzione e continua edispari, quindi e sufficiente studiare f in ]0, 1[∪]1,+∞[, dove f(x) = x

ln(x) . Si ha

limx→0+

f(x) = 0, limx→1−

f(x) = −∞, limx→1+

f(x) = +∞,

quindi x = 1 e un asintoto verticale (da entrambi i lati), inoltre

limx→+∞

f(x) = +∞, limx→+∞

f(x)

x= 0,

quindi non vi sono asintoti orizzontali od obliqui. La derivata prima e

Df(x) =ln(x)− 1

ln(x)2,

quindi f e decrescente in ]0, 1[ e in ]1, e[ e crescente in ]e,+∞[. L’unico punto critico e e, minimolocale proprio non globale (f(e) = e). La derivata seconda e

D2f(x) =2− ln(x)

x ln(x)3,

quindi f e concava in ]0, 1[ e in ]e2,+∞[ e convessa in ]0, e2[ e ha un flesso in e2 (f(e2) = e2

2 ). Ilgrafico completo si ottiene per simmetria rispetto all’origine (fig. 15).

Esempio 5.5. Sia data la funzione

f(x) = xe1

x−1 .

Il suo insieme di definizione e A =]−∞, 1[∪]1,+∞[. In A la funzione e continua, e non presentaparticolari simmetrie o periodicita. Chiaramente f(x) ha lo stesso segno di x. Si ha

limx→±∞

f(x) = ±∞, limx→±∞

f(x)

x= 1, lim

x→±∞(f(x)− x) = 1,

dunque y = x+ 1 e un asintoto obliquo sia a destra che a sinistra, mentre

limx→1−

f(x) = 0, limx→1+

f(x) = +∞,

Page 21: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 21

Figura 16. La curva y = xe1

x−1 . Figura 17. Ingrandimento.

dunque x = 1 e un asintoto verticale (solo da destra). La derivata prima e

Df(x) = e1

x−1x2 − 3x+ 1

(x− 1)2,

quindi f e crescente in ] −∞, 3−√5

2 [ e in ]3+√5

2 ,+∞[. I punti critici sono 3−√5

2 (massimo locale

proprio non globale) e 3+√5

2 (minimo locale proprio non globale), come si vede nella fig. 16. Laderivata seconda e

D2f(x) = e1

x−13x− 2

(x− 1)4,

dunque f e concava in ]−∞, 23 [ e convessa in ]23 , 1[ e in ]1,+∞[. In 23 f ha un flesso (fig. 17, abbiamo

omesso la determinazione delle altezze dei punti notevoli).

Esempio 5.6. Sia data la funzione

f(x) =sin(x) + 1

cos(x).

L’insieme di definizione e R \ {π2 + kπ : k ∈ Z}, ma la funzione e periodica di periodo 2π. Dunque

basta studiarla su A =]− π2 ,

π2 [∪]π2 ,

3π2 [, ove f e continua. Si ha per il Teorema 3.18

limx→(−π

2)+f(x) = lim

x→(−π2)+

cos(x)

− sin(x)= 0,

e similmentelim

x→( 3π2)−f(x) = 0,

mentrelim

x→(π2)−f(x) = +∞, lim

x→(π2)+f(x) = −∞,

pertanto x = π2 e un asintoto al grafico di f . La derivata prima e

Df(x) =sin(x) + 1

cos(x)2,

pertanto f e crescente in ]− π2 ,

π2 [ e in ]π2 ,

3π2 [. La derivata seconda e

D2f(x) =(sin(x) + 1)2

cos(x)3,

pertanto f e convessa in ]− π2 ,

π2 [ e concava in ]π2 ,

3π2 [. Le restanti parti del grafico di f si ottengono

per traslazione (fig. 18).

Page 22: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

22 A. IANNIZZOTTO

Figura 18. La curva y = sin(x)+1cos(x) . Figura 19. La curva y = x+ arctan

(x−1x

).

Esempio 5.7. Sia data la funzione

f(x) = x+ arctan(x− 1

x

).

L’insieme di definizione di f e A =] −∞, 0[∪]0,+∞[, in cui f e continua e priva di simmetrie operiodicita. Si ha

limx→0−

f(x) =π

2, limx→0+

f(x) = −π2,

dunque f ha un salto in 0, inoltre

limx→+∞

f(x) = +∞, limx→+∞

f(x)

x= 1, lim

x→+∞(f(x)− x) =

π

4,

quindi y = x+ π4 e un asintoto obliquo destro per gr(f), e similmente si vede che la stessa retta e

anche un asintoto obliquo sinistro. La derivata prima e

Df(x) =2x2 − 2x+ 2

2x2 − 2x+ 1,

dunque f e crescente in ]−∞, 0[ e in ]0,+∞[ (nessun punto critico). La derivata seconda e

D2f(x) =2− 4x

(2x2 − 2x+ 1)2,

dunque f e convessa in ] −∞, 0[ e in ]0, 12 [, e concava in ]12 ,+∞[, con un flesso in 12 ad altezza

f(12) = 12 −

π4 (fig. 19).

Esercizio 5.8. Tracciare i grafici delle funzioni degli Esercizi 3.21, 3.22.

Esercizio 5.9. Tracciare i grafici delle seguenti funzioni:

x arctan(x),3√x

x+ 1, ln

(x2 − 2|x|+ 1

x+ 1

),

√x2 + 1,

x|x|ln(|x|)

, ln(4− x|x||x|

),x− 2

e1x

,

arctan(

ln(x)2 + 1), arctan

( 1√x2 − 1

), xe

x−1x−2 ,

x(ln |x|)23 , x2 ln

( 1

x2

), xe

1x .

Page 23: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 23

6. Approssimazione mediante polinomi

La procedura vista nell’Osservazione 1.2 e un caso particolare del metodo di approssimazione di unafunzione mediante polinomi, che consente di individuare, per ogni funzione f : I → R abbastanzaregolare e ogni n ∈ N, un polinomio di grado n che rende minima la ’distanza’ da f . Questo metodo,motivato dalla relativa facilita di computare i polinomi anche di grado molto alto, e una delle basidel Calcolo Numerico (ved. [5]). Per illustrare questo metodo cominciamo con un risultato tecnico5:

Lemma 6.1. Siano ϕ ∈ Cn(R), n ∈ N0, e x0 ∈ R. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:

(i) limx→x0

ϕ(x)

(x− x0)n= 0;

(ii) Dhϕ(x0) = 0 per ogni h ∈ {0, 1, . . . n}.

Dimostrazione. Proviamo che (i) implica (ii). Procediamo per induzione su h: chiaramente si haϕ(x0) = 0. Fissato h ∈ {0, . . . n− 1}, supponiamo che ϕ(x0) = . . . = Dhϕ(x0) = 0, allora si ha per ilTeorema 3.18

Dh+1ϕ(x0) = limx→x0

Dhϕ(x)

x− x0= lim

x→x0

Dh−1ϕ(x)

2−1(x− x0)2= . . .

= limx→x0

ϕ(x)

(h!)−1(x− x0)h= h! lim

x→x0

ϕ(x)

(x− x0)n(x− x0)n−h = 0.

Proviamo che (ii) implica (i). Applicando n volte il Teorema 3.18 si ha

limx→x0

ϕ(x)

(x− x0)n= lim

x→x0

Dϕ(x)

n(x− x0)n−1= . . . = lim

x→x0

Dnϕ(x)

n!= 0,

da cui segue la tesi. �

La condizione (i) esprime il fatto che ϕ(x) e un infinitesimo di ordine superiore a n per x→ x0, insimboli

ϕ(x) = o((x− x0)n).

Definizione 6.2. Siano f : R→ R, x0 ∈ R t.c. f e derivabile n volte in x0 (n ∈ N0). Il polinomiodi Taylor di f di ordine n rispetto a x0 e

Tn,x0 [f ](x) =n∑k=0

Dkf(x0)

k!(x− x0)k.

Osserviamo che il grado di Tn,x0 [f ] e minore o uguale a n e che per ogni h ∈ {0, . . . n}, x ∈ R

DhTn,x0 [f ](x) =n∑k=h

Dkf(x0)

(k − h)!(x− x0)k−h,

in particolare DhTn,x0 [f ](x0) = Dhf(x0). Il polinomio di Taylor coincide con f in un intorno di f ameno di un o((x− x0)n), ed e l’unico polinomio di grado minore o uguale a n che soddisfa questacondizione:

Teorema 6.3. Siano f ∈ Cn(R) (n ∈ N0), x0 ∈ R, P : R → R un polinomio di grado minore ouguale a n. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:

(i) limx→x0

f(x)− P (x)

(x− x0)n= 0;

(ii) P (x) = Tn,x0 [f ](x) per ogni x ∈ R.

5Per semplicita supporremo tutte le funzioni definite in R, ma la teoria vale anche per funzioni definite su intervalli

con gli opportuni adattamenti. Inoltre useremo la notazione D0f = f e la convenzione 00 = 1.

Page 24: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

24 A. IANNIZZOTTO

Figura 20. La curva y = ex e alcuni suoi polinomi di Maclaurin.

Dimostrazione. Proviamo che (i) implica (ii). Sia P : R→ R un polinomio di grado minore o ugualea n verificante (i), che si puo rappresentare nella forma

P (x) =

n∑k=0

ak(x− x0)k (a0, . . . an ∈ R).

Definiamo ϕ ∈ Cn(R) ponendo per ogni x ∈ R

ϕ(x) = f(x)− P (x),

cosı che ϕ verifica la condizione (i) del Lemma 6.1. Pertanto si ha per ogni h ∈ {0, . . . n}

0 = Dhϕ(x0) = Dhf(x0)− h!ah,

da cui P = Tn,x0 [f ].

Proviamo che (ii) implica (i). Sia per ogni x ∈ R

ϕ(x) = f(x)− Tn,x0 [f ](x).

Allora ϕ ∈ Cn(R), ϕ(x0) = 0 e per ogni h ∈ {1, . . . n} abbiamo Dhϕ(x0) = 0. Per il Lemma 6.1 nesegue

limx→x0

ϕ(x)

(x− x0)n= 0,

che equivale a (i). �

La forma sintetica del Teorema 6.3 e la seguente formula di Taylor (con resto di Peano):

(6.1) f(x) = Tn,x0 [f ](x) + o((x− x0)n).

Osserviamo che per n = 1 la fomula (6.1) si riduce a (1.2). Nel caso x0 = 0 , (6.1) e nota anchecome formula di Maclaurin e si scrive Tn,0[f ] = Tn[f ]. Essa esprime l’approssimazione della funzionef(x), in un intorno del punto x0, mediante polinomi di grado n, che e tanto piu accurata quantomaggiore e n (fig. 20). Il ’resto’ dell’approssimazione ha un’espressione piu precisa se f ammetteun’ulteriore derivata:

Teorema 6.4. (Formula di Taylor con resto di Lagrange) Siano f ∈ Cn+1(R), x0 ∈ R. Allora, perogni x ∈ R \ {x0} esiste x ∈ R (compreso fra x0 e x) t.c.

f(x) = Tn,x0 [f ](x) +Dn+1f(x)

(n+ 1)!(x− x0)n+1.

Page 25: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 25

Dimostrazione. Assumiamo x > x0 (l’altro caso si tratta analogamente) e poniamo

f(x)− Tn,x0 [f ](x)

(x− x0)n+1= Rx.

Poniamo inoltre per ogni t ∈ [x0, x]

ψ(t) = f(x)−n∑k=0

Dkf(t)

k!(x− t)k −Rx(x− t)n+1.

La funzione ψ : [x0, x]→ R e derivabile con

Dψ(t) = −n∑k=0

Dk+1f(t)

k!(x− t)k +

n∑k=1

Dkf(t)

(k − 1)!(x− t)k−1 +Rx(n+ 1)(x− t)n

= −Dn+1f(t)

n!(x− t)n +Rx(n+ 1)(x− t)n.

Inoltre si ha (per definizione di Rx)

ψ(x0) = ψ(x) = 0.

Dunque, per il Teorema 3.3 esiste x ∈]x0, x[ t.c. Dψ(x) = 0, ovvero

Dn+1f(x)

(n+ 1)!= Rx,

da cui la tesi. �

Per n = 0, il Teorema 6.4 corrisponde al Teorema 3.5.

Esempio 6.5. Calcoliamo i polinomi di Maclaurin di ordine generale per le seguenti funzioni (tuttedi classe C∞):

Tn[ex] = 1 + x+x2

2+x3

3!+ . . .+

xn

n!,

Tn[ln(1 + x)] = x− x2

2+x3

3− . . .+ (−1)n+1x

n

n,

T2n+1[sin(x)] = x− x3

3!+x5

5!− . . .+ (−1)n

x2n+1

(2n+ 1)!,

T2n[cos(x)] = 1− x2

2+x4

4!− . . .+ (−1)n

x2n

(2n)!,

T2n+1[arctan(x)] = x− x3

3+x5

5− . . .+ (−1)n

x2n+1

2n+ 1.

La formula di Taylor si puo usare per calcolare approssimativamente i valori di una funzione:

Esempio 6.6. La serie a termini di segno alterno∞∑k=0

(−1)k+1

k

e convergente per il criterio di Leibniz (ved. [4]). Come visto nell’Esempio 6.5, la sua somma parzialedi indice n e il polinomio Tn[ln(1 + x)] calcolato per x = 1. Le derivate di x 7→ ln(1 + x) formanouna successione limitata uniformemente in [0, 2] (ved. [4]). Dunque, dal Teorema 6.4 abbiamo perogni n ∈ N0

ln(2) =n∑k=0

(−1)k+1

k+

C

(n+ 1)!

Page 26: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

26 A. IANNIZZOTTO

con C ∈ R indipendente da n. Passando al limite per n→∞, si ha∞∑k=0

(−1)k+1

k= ln(2).

Anche nell’Analisi astratta la formula di Taylor e di grande utilita. Per esempio, essa puo essereutilizzata per calcolare la somma di alcune serie o per risolvere alcuni limiti (per altri usi ved. [6]).

Esempio 6.7. Calcolare

limx→0

arctan(x)

sin(x).

Usando gli sviluppi dell’Esempio 6.5 e (6.1) abbiamo, per x→ 0,

arctan(x)

sin(x)=x+ o(x2)

x+ o(x2),

che tende a 1. Dunque

limx→0

arctan(x)

sin(x)= 1.

Esempio 6.8. Calcoliamo il seguente limite:

limx→0

x− sin(x)

x3.

Usando (6.1), abbiamo

x− sin(x)

x3=

1

6+

o(x3)

x3,

che tende a 16 .

Infine, mediante la formula di Taylor si possono classificare i punti critici di una funzione.

Teorema 6.9. Siano f ∈ Cn(R) (n ∈ N0), x0 ∈ R t.c. Dkf(x0) = 0 per ogni k ∈ {1, . . . n − 1},Dnf(x0) 6= 0. Allora:

(i) se n e pari e Dnf(x0) > 0, x0 e un punto di minimo locale proprio;(ii) se n e pari e Dnf(x0) < 0, x0 e un punto di massimo locale proprio;

(iii) se n e dispari, x0 non e un punto di estremo locale.

Dimostrazione. Proviamo (i). Applicando (6.1), si ha per x ∈ R \ {x0}f(x)− f(x0)

(x− x0)n=

1

(x− x0)n(Dnf(x0)

n!(x− x0)n + o((x− x0)n)

)=Dnf(x0)

n!+ o(1),

per x→ x0. Poiche Dnf(x0) > 0, esiste δ > 0 t.c. per ogni x ∈]x0 − δ, x0 + δ[, x 6= x0,

f(x)− f(x0)

(x− x0)n> 0,

da cui, ricordando che n e pari, f(x) > f(x0).

Similmente si prova (ii).

Infine proviamo (iii), supponendo Dnf(x0) > 0 (l’altro caso e analogo). Come sopra si trova δ > 0t.c. per ogni x ∈]x0 − δ, x0 + δ[, x 6= x0

f(x)− f(x0)

(x− x0)n> 0,

Page 27: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 27

quindi, poiche n e dispari, f(x) < f(x0) per ogni x ∈]x0 − δ, x0[ e f(x) > f(x0) per ogni x ∈]x0, x0 + δ[. �

Esempio 6.10. La funzione x → xn (n > 2) ha un unico punto critico in 0, che e un punto diminimo (globale proprio) se n e pari e di flesso se n e dispari.

Esempio 6.11. La funzione f : R→ R definita da

f(x) = sin(x)− ln(1 + x)

e derivabile due volte con derivate

Df(x) = cos(x)− 1

1 + x,

D2f(x) = − sin(x) +1

(1 + x)2.

Essa ha in 0 un punto critico con Df(0) = 0, D2f(0) = 1. Per il Teorema 6.9 (i), esso risulta unminimo locale proprio.

Esempio 6.12. La funzione f : R→ R definita da

f(x) = arctan(x)− sin(x)

e derivabile tre volte con derivate

Df(x) =1

x2 + 1− cos(x), D2f(x) = − 2x

(x2 + 1)2+ sin(x),

D3f(x) =6x2 − 2

(x2 + 1)3+ cos(x).

Essa ha in 0 un punto critico, con Df(0) = D2f(0) = 0 e D3f(0) = −1. Per il Teorema 6.9 (iii),esso non e un estremo locale (in effetti e un flesso).

Osservazione 6.13. Si potrebbe essere tentati di concludere che ogni punto critico di f ∈ C2(I),che non e di estremo locale, sia un punto di flesso, ma non e cosı in generale. Per esempio, la funzionef : R→ R definita da

f(x) =

x5 sin(1

x

)se x 6= 0

0 se x = 0

e di classe C2(R) con derivate

Df(x) =

5x4 sin(1

x

)− x3 cos

(1

x

)se x 6= 0

0 se x = 0,

D2f(x) =

(20x3 − x) sin(1

x

)− 8x2 cos

(1

x

)se x 6= 0

0 se x = 0.

Dunque Df(0) = D2f(0) = 0, ma 0 non e un punto di estremo locale ne di flesso per f . Perdimostrare che x0, t.c. Df(x0) = 0, e un punto di flesso per f occorre studiare il segno di D2f(x) inun intorno di x0.

Esercizio 6.14. Dimostrare le identita dell’Esempio 6.5.

Esercizio 6.15. La funzione x 7→ arctan(x)3 ha un punto critico in 0. Determinarne la natura.

Page 28: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

28 A. IANNIZZOTTO

Figura 21. Il metodo di Newton.

Esercizio 6.16. Calcolare, usando (6.1), i seguenti limiti:

limx→0

ex − esin(x)

x2, limx→0

sinh(x)

sin(x).

7. Il metodo di Newton

Concludiamo illustrando un’applicazione del calcolo differenziale alla risoluzione numerica (ovvero,approssimativa) delle equazioni non lineari. Supponiamo di voler risolvere

(7.1) f(x) = 0,

in un intervallo [a, b], dove f ∈ C2([a, b]) e una funzione crescente, convessa, t.c. f(a) < 0 < f(b). IlTeorema dei valori intermedi (ved. [2]) e la monotonia di f garantiscono che (7.1) ammette un’unicasoluzione r nell’intervallo ]a, b[, ma in generale non siamo in grado di determinare esplicitamente r.Pertanto cerchiamo di definire una successione (xn) in [a, b] t.c. xn → r.

A questo scopo si puo usare il metodo di Newton (o delle tangenti), che e basato sulla linearizzazionedell’equazione (7.1) e su un procedimento iterativo:

• cominciamo ponendo x0 = b;• tracciamo la retta tangente a gr(f) nel punto (x0, f(x0)), di equazione

y = f(x0) +Df(x0)(x− x0);

• questa interseca l’asse ~x nel punto

x1 = x0 −f(x0)

Df(x0),

e si ha r < x1 < x0 in quanto f e crescente e convessa, in particolare f(x1) > 0;• ripetiamo il procedimento partendo da (x1, f(x1)) (fig. 21).

In questo modo costruiamo una successione decrescente (xn) in [a, b], soddisfacente per ogni n ∈ Nla formula ricorsiva

(7.2) xn+1 = xn −f(xn)

Df(xn).

Essendo monotona e limitata, la successione (xn) converge a un punto x ∈ [r, b[. Passando al limitein (7.2) si ha

x = x− f(x)

Df(x),

da cui f(x) = 0. Per unicita della soluzione si ha x = r.

Page 29: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

CALCOLO DIFFERENZIALE 29

Il seguente risultato esprime il ragionamento precedente, esteso a una classe piu ampia di funzioni:

Teorema 7.1. Siano f ∈ C2([a, b]) una funzione che cambia segno in [a, b], t.c. Df(x), D2f(x) 6= 0per ogni x ∈ [a, b] e (xn) la successione definita ponendo, rispettivamente,

(i) x0 = b se f(b)D2f(b) > 0;(ii) x0 = a se f(a)D2f(a) > 0

e definendo xn+1 mediante (7.2) per ogni n ∈ N. Allora si ha

limnxn = r,

dove r ∈]a, b[ e l’unica soluzione di (7.1) in [a, b].

Esempio 7.2. Studiamo l’equazione

e−x = x

in [0, 1]. La funzione f : [0, 1]→ R definita da f(x) = e−x − x ha per ogni x ∈ [0, 1] derivate

Df(x) = −e−x − 1 < 0, D2f(x) = e−x > 0,

inoltre f(0) = 1, f(1) = e−1 − 1 < 0. Pertanto l’equazione ha un’unica soluzione r in [0, 1]. Si puoapplicare il Teorema 7.1, caso (ii). Poniamo x0 = 0 e per ogni n ∈ N usiamo (7.2), che in questocaso diventa

xn+1 =xn + 1

exn + 1.

Si ricava

x1 =1

2, x2 =

3/2√e+ 1

∼ 0, 566311, . . .

e si puo concludere che xn → r− con r ∼ 0, 567143.

Esempio 7.3. Studiamo l’equazione

sin(x) = x2

in [12 , 1]. Posto f(x) = sin(x)− x2, si ha f(12) > 0 > f(1). Inoltre, per ogni x ∈ [12 , 1] abbiamo

Df(x) = cos(x)− 2x < 0, D2f(x) = − sin(x)− 2 < 0.

Pertanto l’equazione ha un’unica soluzione r in [12 , 1]. Si puo applicare il Teorema 7.1, caso (i).Poniamo x0 = 1 e per ogni n ∈ N usiamo (7.2), che in questo caso diventa

xn+1 = xn −sin(xn)− x2n

cos(xn)− 2xn.

Si ricava

x1 ∼ 0, 891396, x2 ∼ 0, 876985, . . .

e si puo concludere che xn → r+ con r ∼ 0, 876726.

Osservazione 7.4. Il metodo di Newton, come tutti i metodi di tipo numerico, introduce un erroreche puo compromettere la determinazione della soluzione esatta di un’equazione: consideriamo adesempio l’equazione

ex = 1

nell’intervallo [−1, 1]. Ovviamente l’unica soluzione e r = 0. Tuttavia, se applichiamo il Teorema 7.1(i) otteniamo

x0 = 1, x1 = e−1, x2 = e−1e , . . . ,

complicando inutilmente il calcolo. Inoltre, l’ipotesi di convessita (o concavita) di f non puo essererimossa, altrimenti si perde la monotonia (e quindi la convergenza) di (xn). Per approfondimenti suquesto e altri metodi numerici, ved. [5].

Page 30: Università di Cagliari - CALCOLO DIFFERENZIALE...Una caratterizzazione della di erenziabilit a (scritta adoperando i simboli di Landau, ved. [2]), e la seguente condizione: (1.2)

30 A. IANNIZZOTTO

Esercizio 7.5. Applicando il metodo di Newton, risolvere approssimativamente le seguenti equazioni:

x5 + 3x2 − 1 = 0, cos(x)− x = 0, ln(x+ 1) + x− 1 = 0, ex − x2 = 0.

Riferimenti bibliografici

[1] A. Iannizzotto, Insiemi numerici. 13, 18

[2] A. Iannizzotto, Limiti e continuita. 3, 6, 8, 9, 10, 11, 18, 28

[3] A. Iannizzotto, Equazioni differenziali ordinarie. 7

[4] A. Iannizzotto, Serie numeriche e di funzioni. 25

[5] C.D. Pagani, S. Salsa, Analisi matematica 1, Zanichelli (2015). 2, 3, 23, 29

[6] S. Salsa, A. Squellati, Esercizi di analisi matematica 1, Zanichelli (2011). 26

Dipartimento di Matematica e Informatica

Universita degli Studi di Cagliari

Viale L. Merello 92, 09123 Cagliari, Italy

E-mail address: [email protected]