La riabilitazione del bambino con disprassia: protocollo di intervento ...
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA...una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì...
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1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA
TOR VERGATA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea in Logopedia
Presidente: Prof. Carlo Francesco Caltagirone
LA DISPRASSIA VERBALE NELLA SINDROME DI
DIGEORGE:
L’USO DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA
ALTERNATIVA COME IMPORTANTE STRUMENTO DI
COMUNICAZIONE
Relatrice: Laureanda:
Dott.ssa De Lellis Cinzia Galtieri Miriana Giacoma
Anno Accademico 2015/2016
2
INDICE
INTRODUZIONE........................................................................................4
1. LA SINDROME DI DIGEORGE O
VELOCARDIOFACCIALE....................................................................7
1.1 Storia ed eziopatogenesi........................................................................7
1.2 Quadro clinico........................................................................................10
1.3 Le problematiche inerenti al linguaggio.........................................18
1.4 Il ruolo del logopedista nella sindrome di DiGeorge...................19
2. LA DISPRASSIA VERBALE IN ETA’ EVOLUTIVA........22
2.1 Definizione del termine “disprassia verbale”............................22
2.2 La disprassia verbale nella sindrome di DiGeorge....................30
2.3 Terapia ed approcci riabilitativi di attinenza logopedica..........34
3. DISPRASSIA VERBALE: L’IMPORTANZA DELLA
COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA.......40
3.1 La C.A.A.: definizione e cenni storici.......................................40
3.2 Ambiti e finalità degli interventi mediante l’ausilio della
C.A.A..............................................................................................44
3.3 Strumenti di C.A.A...................................................................49
3.3.1 Ausili low-tech.................................................................50
3.3.2 Ausili high-tech................................................................55
3
3.4 Uso della C.A.A. nella riabilitazione della disprassia verbale
evolutiva..........................................................................................59
4. PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO...........................63
4.1 Raccolta anamnestica................................................................63
4.2 Sviluppo cognitivo-linguistico e psicomotorio.........................67
4.3 Descrizione del trattamento logopedico attuato: uso della
Comunicazione Aumentativa Alternativa.......................................71
4.4 Il quadro clinico attuale.............................................................77
5. DESCRIZIONE DELLA DOMANDA DI RICERCA...........83
5.1 Definizione ed obiettivi della ricerca.......................................83
5.2 Materiali e metodi per la raccolta dei dati.................................84
5.3 Analisi dei dati e risultati..........................................................86
5.4 Discussione.............................................................................120
6. PROPOSTA D’INTERVENTO LOGOPEDICO IN UN
PAZIENTE CON SINDROME DI DIGEORGE ASSOCIATA A
DISPRASSIA VERBALE..............................................................123
6.1 Cenni anamnestici e storia clinica...........................................123
6.2 Valutazione neuropsicologica e logopedica............................125
6.3 Training logopedico................................................................129
6.4 Follow-up e conclusioni..........................................................134
CONCLUSIONI..........................................................................139
APPENDICE...............................................................................142
BIBLIOGRAFIA.........................................................................152
4
INTRODUZIONE
“Ogni persona indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto
fondamentale di influenzare mediante la comunicazione, le condizioni
della sua vita. Oltre a questo diritto di base, devono essere garantiti i
seguenti diritti specifici (…)” estratto dalla 'Carta dei Diritti alla
Comunicazione'1.
Il presente elaborato ha come focus la sindrome di DiGeorge, conosciuta
anche attraverso gli eponimi più noti di sindrome velocardiofacciale
(detta anche Sindrome di Shprintzen) o sindrome da delezione del
cromosoma 22q11.2; quest’ultimo termine suggerisce quella che è la
causa di questa malattia, ossia la delezione di una porzione del braccio
lungo del cromosoma 22, che si traduce con la manifestazione di oltre
180 sintomi e segni clinici, che ci offrono un quadro sindromico
altamente eterogeneo.
La sindrome si accompagna, nella maggior parte dei casi,a
malformazioni cardiache e del tronco aortico, anomalie del volto, deficit
immunologici da ipoplasia od aplasia del timo e delle paratiroidi,
frequenti infezioni, problematiche ortopediche e di carattere
odontoiatrico. Oltre a ciò,gli individui affetti da tale condizione
potrebbero manifestare disturbi neuropsicologici e cognitivi, ritardo
nell’acquisizione delle tappe di sviluppo psicomotorio e linguistico, in
aggiunta a problematiche anatomo-funzionali del cavo orale.
Nell’elaborazione della seguente tesi, particolare interesse è stato rivolto
alle difficoltà comunicativo - linguistiche, perché – da quanto emerge
anche in letteratura- i pazienti con sindrome di DiGeorge sono spesso
portati a sviluppare severi disturbi linguistici come la disprassia verbale,
1 National Joint Committee for Communication Needs of Persons with Severe
Disabilities, 1992; testo completo in Appendice la 'Carta dei diritti alla
Comunicazione' in forma completa
5
o nei casi più gravi l’aprassia verbale. Col termine disprassia verbale
intendiamo la difficoltà nella programmazione dei movimenti
articolatori, necessari alla produzione dei suoni; in questi pazienti, difatti,
vi è una complessità nel coarticolare insieme i singoli suoni e nell’
ordinarli nella giusta sequenza per formulare parole e frasi. Mentre, con
il termine aprassia verbale indichiamo la totale incapacità ed
impossibilità nel coordinare i movimenti della bocca per articolare i
suoni linguistici.
La causa di questi disturbi è da attribuire , essenzialmente, al fatto che la
sindrome di DiGeorge molto spesso comporta anomalie del palato -come
palatoschisi o labiopalatoschisi, insufficienza velofaringea – e/o
disfunzioni faringo-laringee che possono tradursi in rinolalia molto
accentuata, disturbi alimentari e della deglutizione, con ripercussioni sul
versante comunicativo - linguistico.
Questo spiegherebbe perché la professione del logopedista sia fortemente
implicata nel trattamento multidisciplinare della sindrome di DiGeorge,
specialmente, per quanto concerne le difficoltà cognitivo - linguistiche,
comportamentali e di apprendimento che i pazienti manifestano nel corso
del loro sviluppo.
L’attenzione nei confronti di questa malattia, tutt’oggi scarsamente
conosciuta nel nostro Paese, scaturisce dall’incontro con un paziente
affetto da tale condizione; la peculiarità di questo bambino è
rappresentata dall’assenza di linguaggio verbale, dovuta alla presenza di
una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì che F. presenti una
grande difficoltà nell’utilizzo della comunicazione orale, pertanto, per
permettergli di esprimersi- data la forte resistenza del bambino ad altre
tipologie d’intervento- si è intrapreso un trattamento logopedico basato
su ausili di Comunicazione Aumentativa Alternativa. Grazie a questa
metodica alternativa al linguaggio orale, basata essenzialmente su tabelle
comunicative con immagini, F. riesce a trasmettere la sua forte
intenzionalità comunicativa e a dialogare con familiari ed amici,
incrementando così sia le abilità comunicative che relazionali.
Lo scopo principale della tesi è quello di mostrare i vantaggi di un
metodo di comunicazione non verbale per pazienti con bisogni
comunicativi complessi; la C.A.A. è un insieme di conoscenze tecniche e
strategie che si possono attivare per facilitare e migliorare la
6
comunicazione di persone che presentano gravi disabilità motorie,
intellettive, linguistiche (Cafiero, 2009).
Il caso di F., nel quale troviamo riuniti quelli che sono gli argomenti
principali della tesi, ossia la Sindrome di DiGeorge, la disprassia verbale
e l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa, fonda le basi per la
domanda di ricerca ed occupa la prima parte della tesi.
In particolare, lo studio si pone come obiettivo quello di ricercare se vi
siano nel territorio nazionale altri pazienti con Sindrome di DiGeorge
associata a disprassia verbale o altre difficoltà nella produzione orale.
Come obiettivo secondario si è proceduto ad individuare se, nel
campione individuato, sia stato intrapreso un trattamento logopedico
mediante l’utilizzo di strumenti di Comunicazione Aumentativa
Alternativa, e se questi ultimi abbiano avuto un ruolo importante nello
sviluppo delle abilità e dei bisogni comunicativi.
Il campione selezionato per lo studio è rappresentato da soggetti di ogni
età con Sindrome di DiGeorge, reclutati attraverso le associazioni
Aidel22 a livello nazionale. Per la seguente indagine si è richiesta,
quindi, la collaborazione di alcuni membri iscritti all’associazione
AIdel22 (Associazione Italiana Delezione del cromosoma 22) , in
particolare logopedisti, genitori,etc., per poter ricavare informazioni sullo
sviluppo linguistico di ogni singolo campione, consultando le cartelle
cliniche o qualsiasi materiale che potesse fornire informazioni inerenti
all’ambito comunicativo - linguistico.
Nella seconda parte della tesi saranno discussi gli obiettivi dello studio, i
metodi ed i materiali utilizzati per la ricerca, e saranno, poi, analizzati i
dati raccolti ed i risultati ottenuti.
7
CAPITOLO I
LA SINDROME DI DIGEORGE O VELOCARDIOFACCIALE
''Tutta la diversità umana è il prodotto della varietà quasi infinita delle
combinazioni di geni. Noi tutti siamo formati della stessa polvere
cromosomica,nessuno di noi ne possiede un solo granello che possa
rivendicare come suo.È il nostro insieme che ci appartiene e ci fa nostri:noi
siamo un mosaico originale di elementi banali.'' (Jean Rostand)
1.1 Storia ed eziopatogenesi
La sindrome da delezione 22q11.2 , conosciuta anche come sindrome di
DiGeorge (DGS) è una condizione genetica che può insorgere
spontaneamente o per ereditarietà genetica con modalità autosomica
dominante, nonché una malattia rara che colpisce circa 1:4000-5000 nati
vivi. E’ considerata come la più comune microdelezione identificata
nell’uomo (De Vriendt,1988; Botto,2003), e può manifestarsi già nel
periodo prenatale o durante i primi anni di vita con un’evoluzione
cronica, che accompagna l’individuo durante tutto l’arco della sua
esistenza.
La causa di tale condizione è dovuta ad un disturbo dell’embriogenesi
della III e IV tasca branchiale e della cresta neurale da cui originano le
cellule mesenchimali a livello della III, IV e VI tasca faringea, da cui si
formano cartilagini, muscoli e vasi sanguigni2.
2 Shaikh tH, Kurahashi H, saitta sC, o’Hare AM, Hu P, Roe BA, et al. Chromosome
22-specific low copy repeats and the 22q11.2 deletion syndrome: genomic
organization and deletion endpoint analysis. Hum Mol Genet 2000; pp.489-501
8
Tale anomalia è riconducibile ad un’alterata differenziazione delle
cellule della cresta neurale, determinanti nello sviluppo di queste
tasche. Queste cellule sono presenti fugacemente nel corso dello
sviluppo embrionale, in quanto migrano precocemente in aree distanti
differenziandosi3; in particolare, si verificano delezioni più o meno
estese a carico del braccio lungo del cromosoma 22.
Tale sindrome fu descritta per la prima volta nel 1965 dal pediatra
statunitense di origini italiane, professor Angelo DiGeorge, il quale,
dopo aver osservato un gruppo di pazienti con caratteristiche comuni-
malformazioni cardiache, convulsioni neonatali dovute all’ipocalcemia
conseguente all’ipoparatiroidismo, infezioni ricorrenti per aplasia timica,
dimorfismi facciali 4- decise di racchiudere tale quadro clinico sotto il
nome di “sindrome di DiGeorge”, non riuscendo,però, a specificarne la
causa.
In seguito, nel 1976 un gruppo di ricercatori giapponesi seguiti dal dott.
Atsuyoshi Takao rilevò , in un gruppo di pazienti, la presenza di alcune
caratteristiche simili a quelle riscontrate nei pazienti con sindrome di
DiGeorge, vale a dire cardiopatia congenita e facies tipica; tale scoperta
fu denominata “sindrome da anomalie del volto e tronco-conali” (cono-
truncal anomaly face syndrome- CTAFS) per sottolineare, appunto, la
presenza di caratteristiche facciali atipiche e di alterazioni cardiache.
3Botto LD, M.K., Fernhoff PM et al., A population-based study of the 22q11.2
deletion: phenotype, incidence, and contribution to major birth defects in the
population. Pediatrics, 2003; pp. 101-107
4 AM D., Congenital absence of the thymus and its immunological consequences:
concurrance with congenital hypothyroidism. Birth Defects, 1968(4); pp. 116-121
9
Nel 1978 fu la volta del chirurgo plastico, dott. Robert J. Shprintzen, che
descrisse la“sindrome velocardiofacciale” (velocardiofacial syndrome-
VCFS), aggiungendo nuove caratteristiche cliniche alle sindromi
precedentemente scoperte; in particolare, emersero anomalie del palato,
cardiopatia congenita e facies tipica5.
Considerata l’eterogeneità del quadro clinico presentato dai pazienti
osservati dai tre medici, si può evincere che il comune denominatore sia
caratterizzato da una delezione genetica del cromosoma 22, esattamente
al locus 22q11.2; questo spiegherebbe perché si è soliti chiamare tale
malattia come “sindrome da delezione del cromosoma 22”(22q11.2 DS).
Ulteriori ricerche sono state condotte nel 1981 dal dott. Albert De la
Chapelle & coll., i quali descrissero una famiglia composta da quattro
figli affetti dalla sindrome e mostrarono una traslocazione cromosomica
sbilanciata risultante in una parziale trisomia del cromosoma e una
monosomia della regione 22q11, ipotizzando che l’emizigosi del braccio
lungo del cromosoma 22 potesse essere la causa della sindrome6.
L’eziologia correlata alla sindrome, fu rilevata definitivamente soltanto
nel 1992 grazie all’analisi FISH (ibridazione in situ fluorescente), che
permise di identificare un’aberrazione di materiale genetico in
corrispondenza del braccio lungo del cromosoma 22 (q). Ancora oggi, la
FISH per il cromosoma 22 si conferma la metodica più utilizzata per
diagnosticare la sindrome.
5C. Cancrini, B.M., A. Plebani, P.Rossi Sindrome da delezione 22q11.2, in I quaderni
dell’immunodeficienza. 2010
6 De la Chapelle, A., Herva, R., Koivisto, M., Aula, P. A deletion in chromosome 22
can cause DiGeorge syndrome. Hum. Genet. 57: 253-256, 1981
10
Recentemente, inoltre, si sta assistendo ad un progressivo aumento
dell’incidenza dovuto all’identificazione di genitori di bambini affetti
dalla sindrome di DiGeorge, portatori anch’essi della delezione
(McDonald-McGinn DM., Genet Med 2001). È presente in circa 1 su
68 bambini con cardiopatia congenita, ed è la più comune sindrome
associata ad anomalie del palato ed ad insufficienza velofaringea,
mentre rappresenta la seconda causa più comune di ritardo dello
sviluppo psicomotorio: circa il 2.4 % degli individui affetti (Perez E.,
Curr Opin Ped 2002; Woodin M., Genet Med 2001).
1.2 Quadro clinico
Le manifestazioni cliniche nei pazienti con sindrome di DiGeorge sono
estremamente variabili, tanto che costituiscono un quadro eterogeneo,
dato dalla compresenza di più segni e sintomi. In particolare, sono stati
associati alla sindrome oltre 180 caratteristiche cliniche (Shprintzen et
al., 1981; Goldberg et al., 1993; Shprintzen,2000), che possono
evidenziarsi nei primi anni di vita o rimanere silenti, ritardandone così
la diagnosi.
In seguito si illustreranno quelle che risultano essere le manifestazioni
più frequenti tra gli individui con sindrome di DiGeorge, e che, talvolta,
facilitano l’iter diagnostico.
a) Anomalie cardiovascolari
Le anomalie cardiovascolari, in particolare le cardiopatie congenite,
sono le manifestazioni più frequenti e costanti della sindrome, in quanto
sono presenti nel 75% dei casi, rappresentando la principale causa di
morbilità e mortalità . Per la maggior parte riguardano la zona tronco-
conale e consistono in anomalie del tratto di efflusso (Digilio
MC.1997); tra queste le più osservate sono: l’interruzione dell’arco
11
aortico (14%), la tetralogia di Fallot (17%), la persistenza del tronco
arterioso (9%), l’atresia polmonare con difetto interventricolare (10%), i
difetti del setto interventricolare (14%)7.
Oltre a queste, più raramente, sono state rilevate altre anomalie
cardiovascolari, come i difetti del setto interatriale, la coartazione
dell’aorta, l’atresia della valvola tricuspide, la trasposizione delle grandi
arterie, il ventricolo sinistro ipoplasico, il dotto arterioso, canale
atrioventricolare8.
Nell’ambito della sindrome di DiGeorge, la gravità clinica delle
cardiopatie è inversamente proporzionale all’età di esordio dei sintomi.
Se si associa una ipocalcemia grave o una sepsi neonatale, la prognosi è
nettamente peggiore; pertanto, è spesso consigliato l’intervento
cardochirurgico, associato ad un trattamento che prevede la profilassi
antibiotica, il controllo del livello sierico del calcio e le eventuali
trasfusioni con sangue irradiato.
b)Anomalie facciali (la facies tipica)
Il viso dei pazienti con sindrome di DiGeorge presenta delle
caratteristiche comuni, quali: microcefalia, faccia allungata con
eccesso mascellare, micrognazia da dislocamento posteriore
dell’articolazione temporo-mandibolare, spesso associata a
7 Oskardottir S., P.C., Eriksson BO., Fasth A., Presenting phenotype in 100 children
with the 22q11 deletion syndrome. Eur J Pediatr, 2005(164); pp. 146-153
8 Carotti A, D.M., Piacentini G et al. , Cardiac defects and results of cardiac surgery
in 22q11.2 deletion syndrome. Dev Disabil Res Rev, 2008(14)
12
malocclusione di II classe9; oltre a ciò, possiamo ritrovare il naso con
radice allargata, di forma tubulare con punta bulbosa ed ali
ipoplasiche, le rime palpebrali strette e rivolte verso l’alto, pienezza
periorbitale, il palato ogivale, bocca piccola e tenuta prevalentemente
aperta, filtro allungato, padiglioni auricolari con impianto basso,
estroflessi, piccoli e con note dismorfiche (DiGeorge AM. J Pediatr.
1965;67: pp.907-908).
Nel neonato e nel bambino le caratteristiche facciali possono essere
sfumate e spesso si ipotizza la diagnosi della sindrome partendo da
altri sintomi più rilevanti10
.
b) Deficit immunitario
Il difetto immunologico osservato nei pazienti con Sindrome di
DiGeorge è secondario all’ipoplasia o all’aplasia del timo. Questa
sindrome, infatti, è caratterizzata da un ampio spettro di alterazioni
immunologiche che variano da un normale profilo alla completa
assenza di cellule TCD3+11
.
Per questo motivo i pazienti sono suddivisi in due gruppi (Lisa J
Kobrynski et al. Lancet 2007): pazienti con difetto immunologico
parziale, con difetto lieve-moderato che riguarda in particolar modo i
linfociti T (pSDG) e pazienti con difetto immunologico completo, con
diminuzione importante dei linfociti e della loro funzione (cSDG).
9 Shprintzen et al., Phenotypic Charateristics of Velocardiofacial Syndrome, 1993
10
G. Igli Baroncelli, F.V., A. Bartoli, G. Saggese, Ipocalcemia: un sintomo dalle tante
"facies". Medico e bambino pagine elettroniche; 2008: p. 11
11 Ryan AK, G.J., Wilson DI et al., Spectrum of clinical features associated with
interstitial chromosome 22q11 deletions. J Med Genet, 1997(34): pp. 798-804
13
La forma cSDG è rara (0,5 - 1,5 %) e presenta un quadro di
immunodeficienza grave combinata, caratterizzato da linfopenia
marcata, da importante riduzione fino alla quasi assenza dei linfociti T,
per difettiva produzione delle cellule T da parte del timo; il che
comporta una prognosi sfavorevole e la necessità di un trapianto
timico12
.
Diversamente,nei pazienti compresi nel primo gruppo (pSDG)
l’immunodeficienza sembra non essere causata dall’assenza del timo,
ma da un’anormale migrazione embriologica del tessuto timico,
generalmente nel retrofaringe13
.
Oltre ad alterazioni riguardanti l’immunità cellulomediata, si possono
riscontrare anche difetti nell’immunità umorale, come
un’ipogammaglobulinemia, un deficit di IgA, di sottoclassi di IgG,
della risposta anticorpale specifica14
; in tal caso i pazienti sono più
suscettibili ad infezioni e/o a patologie autoimmuni (ad es., porpora
trombocitopenica, artrite reumatoide giovanile, pancitopenia
autoimmune, diabete, anemia emolitica autoimmune, epatite, tireopatia
autoimmune, vitiligine)15
.
12 L. Bartolozzi, E.B., G.R. BURGIO, A. Ceci, F. Chiarelli, S. Cucchiara, F. De Luca,
M. Duse, R. Iorio, E. Leva, A. Masseri, F. Mosca, P. Nucci, A. Pession, W.
Rigamonti, A.G.Ugazio, N. Zadra, Pediatria, principi e pratica clinica. IV ed. 2013
13
Meechan DW, M.T., GOpalakrishna D, Wu Y, LaMantia AS, When half is not
enough: gene expression and dosage in the 22q11.2 delection syndrome. Gene expr.,
2007(13): pp. 299-310
14
KE, S., The clinical, immunological, and molecular spectrum of chromosome
22q11.2 deletion syndrome. Curr Opin Allergy Clin Immunol, 2004(4): pp. 505-512
14
d)Anomalie otorinolaringee
Recenti studi hanno dimostrato che circa il 49% dei pazienti con del22
presenta anomalie otorinolaringee: frequenti sono le alterazioni del
palato e del cavo orale quali, insufficienza della valvola velofaringea,
schisi sottomucosa o totale del palato, labioschisi o labiopalatoschisi.
L’insufficienza velofaringea, riscontrabile nella maggior parte dei casi
già alla nascita, può portare ad una malnutrizione del bambino nel
periodo neonatale o nella prima infanzia, in quanto il cavo orale non è
separato dalle cavità nasali, e quindi il neonato non riesce ad espletare
la suzione; oltre a ciò, vi è anche il rischio di rigurgito nasale o di
aspirazione del cibo16
.
L’insufficienza velofaringea, inoltre, conferisce un timbro
ipernasale alla voce di questi pazienti, in contemporanea
all’iperplasia del tessuto tonsillare ed adenoideo17
.
Le anomalie del palato, associate alle anomali del condotto uditivo
sono fattori predisponenti di otiti frequenti, che frequentemente si
manifestano con versamento endotimpanico cronico. Spesso, difatti,
è riscontabile un’ipoacusia sia trasmissiva che neurosensoriale.
15 Gennery AR, B.D., O'Sullivan JJ, et al, Antibody deficiency and autoimmunity in
22q11.2 deletion syndrome. Arch Dis Child, 2002(86): pp. 442-425
16
Palmier M.M., Heyman M., Identification and management of the transitional
suck pattern in premature infants. J. Perinat. Neonatal. Nurse., 1993, 7 (1); pp.66-
75
17 Sullivan KE, J.A., Randall P et al. , Lack of correlation between impaired T cell
production, immunodeficiency, and other phenotypic features in chromosome 22q11.2
deletion syndrome. Clinic immunol immunopathol, 1998(86): pp. 141-146
15
Comuni sono anche alterazioni laringotracheali ed esofagee, come
la laringomalacia, la broncomalacia, la stenosi o l’atresia delle
coane.
e) Ipocalcemia
L’ipocalcemia indica un abbassamento dei livelli del calcio nel sangue,
dovuto ad aplasia od ipoplasia delle paratiroidi; in età neonatale, questo
può provare l’insorgenza di convulsioni, tremori o tetania neonatale, che
si traduce con spasmi muscolari. Nei casi in cui vi sia un’aplasia totale
delle ghiandole paratiroidee, l’ipocalcemia risulta essere molto grave ed
irreversibile, mentre nei casi di ipoplasia, il problema è più sfumato.
In alcuni casi l’ipocalcemia è latente, con manifestazione tardiva che
avviene in condizioni di stress, infezioni o traumi. In tal caso si
accompagna a dolori addominali, dolori agli arti, tremori, spasmi
muscolari che possono essere un sintomo di allerta.
Il trattamento dell’ipocalcemia sintomatica severa, richiede la rapida
somministrazione di calcio parenterale. Pertanto, i pazienti con
sindrome di DiGeorge sono monitorati periodicamente per il dosaggio
sierico del calcio, Vitamina D e paratormone18
.
18 Cotrupi M.C., G.R., Ferraù V., Cuppari C., Briuglia S., Rigoli L., Damiano CS., La
Sindrome DiGeorge: peculiarità cliniche e genetiche. Rivista di Immunologia e
Allergologia Pediatrica, 2008: pp. 37-48
16
f) Anomalie neuropsichiatriche
I pazienti con sindrome di DiGeorge, non sempre presentano un evidente
ritardo cognitivo, ma il loro quoziente intellettivo sembra variare tra il
normale e il ritardo di sviluppo di entità moderata, con un QI medio di
70, mentre difetti di sviluppo di entità grave sono rari in questa
sindrome. (Antshel KM.et al 2006; Basset AS.et al, Am J Psychiatry
2003).
Caratteristica comune alla maggior parte dei pazienti con questa
sindrome, è il ritardo nell’acquisizione e nello sviluppo motorio con
conseguente difficoltà nella coordinazione e la mancata deambulazione
entro il range fisiologico,ossia 18-24 mesi.
Emergono anche difficoltà sul versante linguistico, con ritardo nello
sviluppo del linguaggio che si manifesta, frequentemente, con ampia
variabilità che va dai disturbi di fonazione, probabilmente dovuti alle
anomalie otorinolaringoiatriche, ad un ritardo nell’inizio del
linguaggio; difatti, e prime parole compaiono raramente prima del
secondo anno di vita19
.
Altre problematiche, nella fattispecie i disturbi di apprendimento,
emergono durante l’età scolare, in particolare nelle capacità di calcolo
e nel ragionamento aritmetico.
19 C. Cancrini, P.P., MC Digilio, A. Soresina, S. Martino, R. Rondelli, R. Consolini,
EM Ruga, F.Cardinale, A. Finocchi, ML Romiti BSc PhD, Baldassarre Martire MD,
R. Bacchetta MD, V. Albano MD et al., Clinical features of a large cohort of 22q.11
del 22 syndrome: an Italian multicenter study
17
È frequente un deficit nell’area della processazione non verbale, delle
capacità visuo-spaziali, dell’attenzione, della memoria verbale
complessa, delle funzioni esecutive (pianificazioni e problem
solving), del ragionamento astratto e concettuale. E’ stato ipotizzato
che la riduzione di volume dei lobi parietale ed occipitale, dimostrata
all’osservazione di risonanze magnetiche di pazienti che presentavano
la delezione, possa essere alla base di questi disturbi neuropsichici20
.
Per quanto riguarda il comportamento, emergono caratteristiche come
l’impulsività, l’ansia, l’instabilità emotiva, l’inibizione e le difficoltà
nell’istaurare rapporti sociali. A ciò possono accompagnarsi disturbi
psichiatrici come: Sindrome da Deficit d’Attenzione/Iperattività
(ADHD) diagnosticata nel 30-40% degli individui con sindrome di
DiGeorge (Anthshel et al., 2006; Gothelf et al., 2003); disturbi dello
Spettro Autistico nel 10-30% dei casi (Antshel et al.,2007; Vortsman et
al., 2006); disturbi dell’umore, quali il Disturbo Depressivo Maggiore ed
il Disturbo Bipolare nel 20-30% (Antshel et al., 2006; Papolos et al.,
1996).
g) Altre anomalie e/o difficoltà
Accompagnate alle manifestazioni sopracitate, possiamo ritrovare anche:
anomalie di carattere odontoiatrico (mancanza di spazio tra i denti
permanenti, agenesie dentarie, ritardo della permuta dentaria, ipoplasia
dello smalto e/o deficit della mineralizzazione,carie dentali per anomalie
20 Lewandowski KE, S.V., Berry PM, Kwapil TR, Schizophrenic-like
neurocognitive deficits in children and adolescents with 22q11 deletion
syndrome. Am J Med Genet B Neuropsychiatr Genet, 2007(144): pp. 27-36
18
dello smalto e fragilità dentale, mal posizioni o malocclusioni dentarie
per alterazioni del palato), anomalie ortopediche (scoliosi, cifosi,
debolezza muscolare, anomalie scheletriche congenite come polidattilia,
piede torto e malformazioni vertebrali), anomalie dell’apparato uro-
genitale (ipoplasia renale, rene policistico, reflusso vescico-ureterale,
ipospadia, criptorchidismo, erne inguinali od ombelicali), disturbi della
alimentazione e gastrointestinali (reflusso gastroesofageo, stipsi,
esofagiti, rigurgiti), infezioni ricorrenti (otiti, faringiti, bronchiti,
broncopolmoniti, etc.).
In questo excursus tra i segni e sintomi clinici evidenziati nella gran
parte dei pazienti con sindrome di DiGeorge, appare evidente come il
quadro sindromico sia altamente eterogeneo, il che rende i singoli casi
clinici ben differenziati tra loro.
1.3 Le problematiche inerenti al linguaggio
Come già descritto in precedenza, nella sindrome possono essere
presenti problemi di comunicazione e di linguaggio; le problematiche
comunicative persistono nel tempo, pertanto, è importare intervenire
precocemente con terapia riabilitativa cosi da permettere una buona
comunicazione nel bambino.
I pazienti con sindrome di DiGeorge manifestano un’ampia gamma
di problemi orali e motori, malformazioni del palato e difficoltà
nella produzione linguistica sia per quanto riguarda l’articolazione
che per quanto riguarda la risonanza del suono e la voce.
Tali problematiche sono riconducibili ai difetti anatomo-funzionali tipici
del quadro sindromico, vale a dire, l’insufficienza velofaringea e le
schisi del palato. Emergono difficoltà come voce ipernasale e/o fuga
d’aria dal naso, e ciò va ad inficiare l’intelligibilità dell’eloquio;
19
possono presentarsi alterazioni del timbro vocale, quali la raucedine
dovuta alla presenza di noduli, edema o altre patologie che agiscono
sulle corde vocali, od anche ipofonia dovuta a traumi delle corde vocali,
secondari ad intubazione durante gli interventi chirurgici.
Le difficoltà sensoriali uditive- ad es. ipoacusie dovute ad otiti ricorrenti-
compromettono la recezione dei messaggi verbali, pertanto possono
esserci problemi di comprensione verbale; mentre, l’ipotonia dei muscoli
facciali può rendere altamente faticosa e difficile l’articolazione dei
suoni linguistici e, quindi, associarsi ad una disprassia verbale di vario
grado. Nei casi più gravi, può presentarsi un quadro di aprassia verbale
caratterizzata dall’incapacità di coordinare i movimenti richiesti durante
la produzione linguistica, non attribuibili a problemi di controllo
muscolare; in questo caso, i pazienti hanno difficoltà nella produzione di
suoni in sequenza, quindi nella coarticolazione dei fonemi, e nella
programmazione ed esecuzione dei pattern motori della parola21
.
1.4 Il ruolo del logopedista nella sindrome di DiGeorge
Data la varietà della sintomatologia clinica dei pazienti con sindrome di
DiGeorge, si richiede l’intervento di più specialisti; in questa presa in
carico multidisciplinare, un ruolo rilevante e, spesso, indispensabile è
riservato alla figura del logopedista. Le motivazioni che richiedono
l’intervento di questo professionista sono da ricercare, prevalentemente,
nelle problematiche deglutitorie ed in quelle linguistico - comunicative.
La valutazione logopedica è consigliata già entro il primo anno di vita, in
21 Nijland L., Maassen B., Van der Meulen S., et al., Planning of syllables in
children with developmental apraxia of speech. Clin Linguist Phonet, 2003; 17,
pp. 1-24
20
modo da rilevare ed abilitare precocemente le abilità deficitarie e
prevenire le conseguenze più deleterie, soprattutto per quel che riguarda
le difficoltà deglutitorie.
Dopo esser stati valutati per i problemi legati alla nutrizione e alla
deglutizione da lattante, i bambini con la sindrome dovrebbero essere
sottoposti a regolari visite di controllo per valutare e monitorare il
linguaggio e le abilità comunicative.
In primis, va effettuata una valutazione funzionale del palato e del cavo
orale, delle cavità nasali e delle abilità velofaringee mediante analisi
rinoendoscopica e/o videofluoroscopica, con l’aiuto di un foniatra; dai
risultati emersi, si decide se intraprendere, successivamente, un
trattamento chirurgico o procedere con il training logopedico.
Molti bambini con sindrome di DiGeorge hanno qualche tipo di ritardo del
linguaggio che può essere compensato fornendo loro tipi alternativi di
comunicazione, quali i gesti, il linguaggio dei segni in combinazione al
linguaggio, o gli strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa, per
prevenire la frustrazione fino a quando il linguaggio verbale non si
svilupperà. Oltre alla frustrazione, che potrebbe provocare sentimenti di
sfiducia in sé stesso e l'isolamento, altri fattori che spingono a sviluppare ed
incrementare le capacità interattive sono legati alla sfera relazionale.
Difatti, se il bambino ha difficoltà nel comunicare mediante il linguaggio
verbale, va spronato a ricercare altre misure per dar voce ai propri pensieri
e per essere compreso dai familiari, ma anche dai compagni di classe (dal
momento che queste problematiche si rendono più evidenti durante il
periodo prescolare).
Per quanto riguarda il versante espressivo e meramente logopedico, si
dovrà procedere alla correzione delle varie dislalie e difficoltà
articolatorie presenti, causate dalla conformazione anatomica
dell’apparato fono-articolatorio e, nello specifico, del palato e della
21
dentizione, sempre tenendo conto del problema di base e che la voce
nasale tenderà a permanere nel tempo.
Un lavoro importante è quello incentrato sulle prassie oro-bucco-
facciali, in modo da contrastare e ridurre l’ipotonia muscolare
fortemente presente in questi pazienti. I limiti più grossi che
condizionano la terapia sono, comunque, legati alla labilità attentiva di
questi pazienti; si dovrà, quindi cercare di allungare i tempi di
attenzione gradualmente sempre più per permettere a noi di lavorare in
maniera più proficua e per dare loro la possibilità di apprendere nel
miglior modo possibile tenendo sempre conto del fatto che tutto il
processo di maturazione cognitiva avverrà un pochino più a rilento
rispetto agli altri bimbi.
Per quanto riguarda le difficoltà cognitive, si dovrà procedere
all’ampliamento delle conoscenze in maniera concreta, attraverso
l’esperienza diretta, il contatto con oggetti e cose materiali, la
sperimentazione di nuovi contesti, etc., poiché possono comparire
difficoltà nel pensiero e nel ragionamento astratto. Sempre relativamente
al pensiero astratto, bisognerà tentare di parlare molto semplicemente
cercando di spiegare il significato delle frasi idiomatiche, proprio in virtù
del fatto che, mancando l’astrazione, i bimbi tendono a pensare in
maniera letterale, e questo potrebbe essere legato alle difficoltà recettive
e/o uditive che questi pazienti manifestano.
Lo scopo principale dell'intervento logopedico è in definitiva, quello di
portare questi pazienti alla maggiore autonomia possibile e, questo, è di
facile attuazione e di facile conseguimento, se il trattamento viene
eseguito costantemente e se è accompagnato da una partecipazione
attiva da parte dei contesti familiare ed ambientale con i quali il
bambino si approccia.
22
CAPITOLO II
LA DISPRASSIA VERBALE IN ETA’ EVOLUTIVA
Nel capitolo II si tratterà l'argomento inerente alla disprassia verbale
evolutiva, in quanto tale problematica, secondo alcuni studi, risulta
essere un elemento comune a molti pazienti con sindrome di DiGeorge.
Inoltre, sarà utile per la comprensione del caso clinico sul quale la tesi è
incentrata.
2.1 Definizione del termine “disprassia verbale”
Con il termine disprassia, che deriva dal greco πϱάξις (= azione) con
prefisso negativo διϭ (= difficoltà), intendiamo un disturbo che coinvolge
la coordinazione e il movimento finalizzati ad un atto motorio, da
intendersi quale insieme di movimenti semplici eseguiti sinergicamente
in vista di uno scopo definito (Rizzolatti et al., 2001).
Dunque, è precisamente un disturbo della prassi, intesa come quel
processo neuromotorio che coinvolge l'ideazione, la pianificazione e
l’esecuzione di una sequenza motoria (Ayres, 1985); la prassia è un atto
intenzionale, la capacità di compiere gesti coordinati e diretti ad un
determinato fine.
Nel corso dello sviluppo, l’acquisizione di una competenza prassica
prevede una successione in tre fasi22
:
22 Orefice C., Il cammino di un bambino disprassico, Edizioni Centro Studi Erickson
S.p.A.. 2016; pp.23-24
23
1)la preparazione, durante la quale vi è un controllo sulle singole parti
dell’azione, la quale di conseguenza viene eseguita lentamente;
2)la composizione, in cui l’azione viene eseguita più velocemente, ma
permangono errori di esecuzione;
3) l’automatizzazione della procedura, che si realizza quando l’azione è
svolta in modo fluente e con un minimo controllo attentivo.
L’ICD-10 (International Classification of Disease -10) classifica la
disprassia come disturbo evolutivo specifico della funzione motoria
(F82) che prevede un quadro caratterizzato da:difficoltà di
coordinazione,presente dalle prime fasi di sviluppo e non dipendente da
deficit neurosensoriali o neuromotori; compromissione di entità variabile
e modificabile in funzione dell’età; ritardo di acquisizione delle tappe di
sviluppo motorio,a volte accompagnato da ritardo dello sviluppo del
linguaggio (in particolare rispetto alle componenti articolatorie);
goffaggine nei movimenti; ritardo nell’organizzazione del gioco e del
disegno (tipo di deficit costruttivo); presenza, a volte, di segni
neurologici sfumati,privi di sicuro significato localizzatorio; difficoltà
scolastiche e problemi socio- emotivo- comportamentali.
Mentre, nel DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders – IV, American Psychiatric Association),la disprassia è
classificata all’interno dei DCD,ovvero come disturbo evolutivo della
coordinazione motoria. È spesso evidenziato che in esso coesistono
problemi di incoordinazione motoria e problemi percettivi,quindi
disprattognosia23
.
23 Sabbadini L., La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione e d’intervento;
Springer, 2005; p.1
24
In definitiva, si può affermare che la disprassia sia un disturbo
caratterizzato dalla difficoltà nell’esecuzione delle azioni quotidiane
comuni, che comporta deficit per quanto riguarda l’autonomia del
soggetto che ne è affetto, ma anche per quanto concerne gli
apprendimenti.
La disprassia va distinta dall’aprassia, che è un disturbo molto più grave
ed indica, invece, l’incapacità di compiere un movimento, anziché la
difficoltà, e solitamente è secondario ad un danno neurologico, vascolare,
etc.
Possiamo distinguere diverse tipologie di disprassia a seconda del tipo di
azione compromessa; possiamo ritrovare: d. verbale (si riferisce alla
difficoltà nella programmazione di frasi, nella sequenzialità dei suoni
all’interno delle parole, ed in generale nell’elaborazione dei movimenti
orali coinvolti nell’articolazione dei suoni); d. motoria (si riferisce alle
azioni coinvolte nel movimento, quali i movimenti automatizzati – es.
camminare, mangiare, etc.); d. oculare (è legata all’incapacità di
controllare i movimenti oculari e lo sguardo).
Queste sono le più comuni tipologie di disprassia riscontrabili in età
evolutiva, possiamo riscontrare inoltre: d. generalizzata (che
compromette la deambulazione e l’organizzazione del movimento nelle
attività della vita quotidiana), d. degli arti (difficoltà di esecuzione dei
movimenti delle mani, delle dita e delle articolazione), d.
dell’abbigliamento (difficoltà nel vestirsi), d. costruttiva (difficoltà nella
copia di modelli da ricostruire, nel disegno, nel gioco, nonché
nell’organizzazione spaziale del movimento, dovuta anche a deficit delle
funzioni visuo-spaziali), d. ideativa (difficoltà a pianificare una serie di
25
movimenti coordinati e nell’ordine corretto), d. ideomotoria (difficoltà a
convertire l’idea in azione motoria)24
.
Nella clinica è possibile trovare casi di disprassia primaria o pura, una
condizione piuttosto rara, non associata ad un’altra patologia e che
insorge per cause non ancora del tutto chiare in assenza di segni
neurologici evidenti; e casi di disprassia secondaria, che rappresenta la
conseguenza di una patologia o sindrome, alle quali si trova, quindi,
associata.
Particolare attenzione è riservata in questo capitolo alla disprassia
verbale in età evolutiva , un disturbo poco studiato fino a tempi recenti
(Denckla et al., 1992; McCabe et al., 1998) e ancora oggetto di
controverso dibattito.
In italiano l’espressione più frequente è disprassia verbale, spesso
accompagnata dagli aggettivi congenita o evolutiva: il primo sottolinea la
natura presumibilmente idiopatica del disturbo, di presunta origine
genetica e la cui origine risale quindi all’epoca perinatale; il secondo, già
più volte menzionato, pone l’accento sul processo di maturazione
neurobiologica del soggetto e, dunque, sulla manifestazione della
patologia durante la crescita e lo sviluppo del bambino, che, rispetto ai
coetanei, mostra particolare difficoltà nell’acquisizione di certe
competenze e abilità.
Secondo alcuni studi, il problema del disturbo risiede nel collegamento
tra il cervello e i muscoli; vengono a mancare istruzioni che permettono
la costruzione di azioni motorie necessarie per la produzione vocale.
Secondo l'ASHA (2007), i contesti clinici in cui il disturbo può
24 Munzio C., La disprassia: complessità clinica e ambiguità terminologiche. In C.
Huron, Il bambino disprassico, Trento, Erickson, 2014; pp.108-110
26
verificarsi sono tre: forma idiopatica, danno neurologico noto, danni
prenatali o perinatali25
. L'insorgenza di problemi durante la gravidanza o
durante il parto (ad es., le anossie cerebrali), possono portare a
complicazioni a livello cerebrale e causare danni alla zona cerebrale
coinvolta, dando luogo ad disprassia motoria, verbale, orale, etc.26
.
Un'ipotetica causa genetica potrebbe attribuirsi alla mutazione del gene
FOXP2 (forkhead box P2), gene coinvolto nella regolazione dello
sviluppo delle abilità linguistiche (ASHA, 2007).
Si può evidenziare durante la fase dello sviluppo neurobiologico, in
modo tale da compromettere l’apprendimento dei movimenti intenzionali
relativi all'apparato fono-articolatorio e finalizzati alla produzione
verbale. Difatti, la disprassia verbale indica un disturbo specifico nello
sviluppo linguistico, in assenza di problemi strutturali dell’apparato oro-
bucco-fonatorio o delle strutture cerebrali deputate, problemi neurologici
che compromettano i meccanismi orali. Tale disturbo non è causato,
inoltre, da difficoltà sensoriali, anomalie strutturali o deficit intellettivi.
L’American Psychiatric Association e l'ASHA (American Speech-
Language-Hearing Association) definiscono la disprassia verbale
evolutiva come un “disordine neurologico dell’età evolutiva che
coinvolge i suoni del linguaggio, compromettendo la precisione e la
sistematicità dei movimenti articolatori, necessari per la loro produzione,
in assenza di deficit neuromuscolari (per es., anormalità dei riflessi e del
tono muscolare); può verificarsi in seguito a danno neurologico
25 Sabbadini L., La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed
intervento,2007; p. 10.
26 Lorenzini I., Nicolai F., Graziosi V., Cipriani P., Chilosi A.M. Disprassia verbale
evolutiva: per un approccio multidisciplinare, 2015.
27
identificabile (per es. ictus intrauterino, infezione o trauma neonatale), in
comorbilità con disturbi neuropsicologici complessi di origine più o
meno nota, o come disordine idiopatico”27
.
La patologia è considerata, pertanto, un disturbo linguistico di
pianificazione e di programmazione motoria (Shriberg et al., 1997;
Terband, Maassen, Guenther & Brumberg, 2009)28
.
Il paziente disprattico presenta, in sostanza, difficoltà nella pianificazione
(identificazione e selezione di uno schema motorio astratto – es. la
rappresentazione fonologica), nella programmazione (traduzione della
rappresentazione fonologica in specifici gesti articolatori) e nell’
esecuzione (realizzazione motoria dei gesti articolatori) dei movimenti
articolatori necessari alla produzione di fonemi, suoni, sillabe e parole e
alla loro organizzazione sequenziale.
Il deficit nell’acquisizione del linguaggio si manifesta soprattutto a
livello espressivo; le caratteristiche della disprassia verbale sono
molteplici, e concorrono a dare una connotazione di grado lieve,
moderato o severo alla patologia. Tra queste ritroviamo29
:
babbling tardivo, scarso e/o poco variegato, povertà od assenza di
vocalizzi e/o gorgheggi;
27 ASHA (American Speech-Language-Hearing Association), Childhood apraxia of
speech: technical report (2007)
28 American Psychiatric Association, APA Diagnostic and statistical manual of mental
disorders, 2013; p. 44
29 Marotta L. & Caselli M. C. I disturbi del linguaggio. Caratteristiche, valutazione,
trattamento, 2014; p. 149
28
asincronia nell’ordine di acquisizione dei fonemi rispetto allo
sviluppo tipico (lo sviluppo del repertorio fonetico è lento e faticoso,
atipico e in ritardo rispetto all’ordine e ai tempi di acquisizione
tipici);
inventario fonologico sviluppato in ritardo, ed in forma ridotta;
incoerenza fonologica, errori incoerenti e imprevedibili
nell’emissione di suoni vocalici e consonantici, sia nella produzione
spontanea che nella ripetizione;
errori di coarticolazione, difficoltà nella transizione da un segmento
all'altro e da una sillaba all'altra, nella sequenza dei fonemi all’interno
delle parole, nella diadococinesi con suoni che, se isolati, vengono
prodotti correttamente;
alterazione della prosodia, per assenza di controllo della durata
temporale delle vocali e, da un punto di vista motorio, per scarsa
forza e durata dei muscoli linguali, ovvero tempo del loro utilizzo ad
un certo punto di forza per un dato periodo di tempo; difficoltà per
quanto riguarda la velocità dell’eloquio, l’intonazione ed il ritmo, con
conseguenti errori soprattutto nell’assegnazione dell’accento lessicale
e frasale, disarmonico e monotòno, a volte è presente eccessiva
nasalizzazione dei fonemi;
eloquio poco o scarsamente intellegibile, stentato (fenomeno del
groping, inteso nel suo significato figurato di procedere a tentoni);
difficoltà maggiore si presenta, di conseguenza, prevalentemente
nella produzione di parole o frasi lunghe, complesse o a bassa
frequenza d’uso;
29
in età scolare, compaiono difficoltà relative all’apprendimento della
letto-scrittura, alla produzione di rime e a compiti di tipo
metafonologico: compitare, segmentare, identificare il numero di
sillabe in una parola, distinguere tra consonanti e vocali, ecc.
Occorre fare un’importante precisazione per quanto riguarda la
differenziazione tra disprassia verbale e disturbo fonologico30
:
quest’ultimo indica un’alterazione della capacità di articolazione dei
fonemi dovuta a disordine di natura idiopatica di possibile origine
genetica, è dovuto ad un deficit di acquisizione e maturazione, nonché di
accesso (e/o di recupero) alle rappresentazioni fonologiche ( in
particolare allo “schema motorio” astratto dei fonemi). Nell’eloquio del
paziente con disturbo fonologico sono presenti, contrariamente
all’eloquio del paziente disprattico, errori costanti raggruppabili in
categorie (fronting, stopping, gliding, etc.), come sostituzioni,
cancellazioni, soprattutto in posizione finale, distorsioni, metatesi, etc.
Inoltre, sono scarse le alterazioni nella velocità, nel ritmo e
nell’accentazione dell’eloquio.
A conclusione di questa esposizione illustrativa in merito alla disprassia
verbale, è bene specificare che una caratteristica cardine di tale disturbo è
la dissociazione automatico-volontaria, cioè la conservazione del
movimento dal punto di vista automatico, ma non volontario degli stessi
gruppi muscolari; in altre parole, il bambino con disprassia verbale riesce
a produrre i movimenti fini della zona bucco- fonatoria in maniera
automatica, ma non riesce a produrli in maniera spontanea, soprattutto se
30
A. Ygual-Fernàndez, J.F. Cervera-Mèrida, Verbal dyspraxia: its clinical
characteristics and treatment with speech therapy. Rev Neurol, 2005; pp. 121-126
30
scollegati da un contesto (ad esempio, se il bambino deve riprodurre
l’azione del soffiare, in maniera volontaria non riesce; se gli si mette
davanti una candela, gli si elicita l’atto motorio da compiere ed è in
grado di eseguirlo automaticamente).
Di conseguenza, il paziente disprattico ha ben presente cosa vuole dire,
ma non riesce ad organizzare e programmare i movimenti della
mandibola, delle labbra e della lingua per poter produrre un messaggio
verbale.
2.2 La disprassia verbale nella sindrome di DiGeorge
Alcune ricerche scientifiche svolte in merito alla sindrome di DiGeorge o
sindrome velocardiofacciale, hanno dimostrato l’associazione tra questa
patologia e la presenza della disprassia od aprassia verbale.
In particolare, grazie alle immagini di risonanza magnetica (MRI), a
livello delle strutture cerebrali sono state rilevate alcune alterazioni
neurologiche quali: riduzione del volume del cervello sia per quanto
riguarda la sostanza bianca, che la sostanza grigia; ipoplasia cerebellare;
area del corpo calloso ampliata; malformazione di Chiari31
.
Queste alterazioni potrebbero contribuire a spiegare perché nei pazienti
con sindrome di DiGeorge vi siano quasi sempre problematiche a livello
linguistico, ipotonia, problematiche nella motricità grossolana e fine,
deficit cognitivi ed altri disturbi neuropsichiatrici.
31
Kummer A.W. et al., The prevalence of apraxia characteristics in patients with
velocardiofacial syndrome as compared with other cleft populations, Cleft Palate-
Craniofacial Journal, 2007; pp. 176-180
31
Per quanto concerne le difficoltà linguistiche, i bambini con la sindrome
in esame sono particolarmente a rischio di sviluppare importanti disturbi
linguistici, quali la disprassia verbale o, nei casi più gravi, l’aprassia
verbale.
Come già descritto in precedenza, tale disturbo è caratterizzato dalla
difficoltà -nel caso della disprassia - o dall’incapacità -nel caso
dell’aprassia- di coordinare i movimenti richiesti per la produzione
linguistica, non attribuibile ad altri problemi di controllo muscolare.
Una peculiarità tipica dei pazienti con sindrome di DiGeorge è
l’insufficienza velofaringea, associata, molto spesso, a schisi del palato,
schisi della sottomucosa o sottomucosa occulta; queste anomalie che
coinvolgono il distretto fono-articolatorio, potrebbero essere la causa dei
disturbi linguistici sopracitati (McDonald-McGinn et al., 1997; Nayak
and Sell,1998).
Le problematiche inerenti al linguaggio, se non individuate e trattate
precocemente, possono avere delle ripercussioni per quanto riguarda lo
sviluppo dell’individuo, sia in termini di sicurezza e crescita personale,
che di relazioni. Le difficoltà comunicative, difatti, impediscono al
paziente di esprimersi, di farsi comprendere; dall’incomprensione da
parte degli interlocutori, o dal senso di frustrazione e disagio che
l’individuo può avvertire quando prova a comunicare, possono
subentrare sentimenti di ostilità che possono condurlo verso l’isolamento
o verso la scarsa volontà di parlare (es. mutismo).
Solitamente, ci si accorge in tenera età della presenza di qualche
difficoltà inerente ad un ritardo di linguaggio: questi bambini, sovente,
hanno un babbling assente o scarsamente variegato, si esprimono con
vocalizzi o con il pianto; successivamente, tendono a sviluppare un
inventario fonetico molto ridotto, con prevalenza di suoni posteriori, di
32
consonanti sorde, di occlusiva glottidale sorda32
(definita anche colpo di
glottide). Oltre a ciò, ritroviamo un eloquio solitamente inintelligibile
caratterizzato da errori nella produzione dei suoni, importanti e severi
disturbi di articolazione, con persistente ipernasalità.
Alcuni studi condotti in merito alle capacità articolatorie dei bambini con
sindrome di DiGeorge, hanno riscontrato che33
:
-i pazienti con deficit cognitivi manifestano più difficoltà e ritardi
nell’elaborazione e nello sviluppo dei suoni linguistici, con ripercussioni
sulle abilità lessicali;
-le difficoltà uditive e percettive, scaturite dalla presenza di otiti
frequenti od altre problematiche affini che possono provocare ipoacusia,
ostacolano la corretta o completa recezione del segnale acustico e questo
può influenzare la percezione e la discriminazione dei suoni linguistici;
-in questi pazienti, vi è una ridotta capacità di apprendere nuove
rappresentazioni fonologiche per parole appena incontrate basate su
minime esposizioni, e questa è una difficoltà che è alla base dei problemi
di produzione in presenza di disturbi fonologici.
Il logopedista è, spesso, uno tra i primi professionisti a vedere i bambini
con sindrome di DiGeorge, data l’alta prevalenza di disturbi
comunicativo - linguistici e, successivamente, di apprendimento correlati
alla sindrome.
32 D’Antonio L. et al., Analysis of speech characteristics in children with
velocardiofacial syndrome (VCFS) and children with phenotypic overlap without
VCFS, Cleft Palate-Craniofacial Journal, 2001; pp.455-460
33 Baylis A.L., Moller K.T., Munson B., Factors affecting articulation skills in
children with velocardiofacial syndrome and children with cleft palate or
velopharyngeal dysfunction, Cleft Palate-Craniofacial Journal, 2008; pp. 1-12
33
Durante la valutazione di questi pazienti, occorre prestare attenzione
all’indagine di più domini; in primis, se vi è la presenza o meno dei
prerequisiti comunicativi, vale a dire l’intenzionalità comunicativa, il
contatto oculare, l’attenzione condivisa, la presenza dei gesti deittici
(frequentemente utilizzati anche come metodo compensativo e
sostitutivo al linguaggio verbale deficitario o assente), con particolare
riguardo anche verso le abilità cognitive coadiuvati, il più delle volte, da
un neuropsichiatra infantile.
Un altro aspetto importante da valutare è caratterizzato dalle abilità
percettivo-acustiche, prerequisito importante per la comprensione orale e
per l’apprendimento della forma corretta dei suoni linguistici.
Dopo di che, si esaminano le abilità prassico-articolatorie del bambino,
con particolare riguardo verso il tono muscolare del bambino
(caratterizzato, prevalentemente, da un quadro di ipotonia), il controllo
fonatorio e mandibolare, i movimenti dell’apparato oro-bucco-fonatorio
(in particolare, delle labbra e della lingua), tenendo conto delle anomalie
di tipo organico che possono trovarsi associate alla sindrome, di
competenza otorinolaringoiatra.
Successivamente, si esaminano le caratteristiche prettamente linguistiche
in merito alla produzione e all’articolazione di suoni e parole, al lessico,
alla struttura frasale, etc.
Come più volte ricordato, più tempestiva sarà la valutazione e la
rilevazione delle problematiche, maggiore sarà la possibilità che il
training logopedico si rilevi efficace. Senza tralasciare l’elemento più
indispensabile, rispetto a quanto detto, ossia che la collaborazione e le
attenzioni da parte della famiglia e delle persone vicine al bambino,
sicuramente, supportano in maniera positiva il percorso di crescita e di
sviluppo di questi pazienti.
34
2.3 Terapia e approcci riabilitativi di attinenza logopedica
Una volta rilevata la presenza di un problema di carattere logopedico, il
passo successivo alla valutazione è la presa in carico del paziente e
l’inizio del training abilitativo o riabilitativo.
In questo paragrafo si parlerà, in particolar modo, della riabilitazione
della disprassia verbale, ponendo l’accento su alcune delle metodiche
riabilitative più utilizzate a riguardo. Il percorso terapeutico è, di solito,
molto lungo e dev’essere necessariamente articolato in varie fasi,
differenziate a seconda degli obiettivi, dei metodi e degli strumenti; il
punto di partenza per lo sviluppo della comunicazione orale è quello di
costruire una rappresentazione più stabile del gesto fono-articolatorio,
compreso il programma motorio che lo costituisce34
.
L’obiettivo primario è quello di stabilire delle forme consistenti e
convenzionali di comunicazione (basate sui gesti, i suoni, le immagini,
etc.) per permettere al bambino di esprimere e comunicare significati
condivisi, in attesa che sviluppi il linguaggio orale.
Una preliminare strategia utilizzata in terapia è basata sulla
propriocezione sulla stimolazione per la sensibilità tattile, termica e
meccanica degli organi fono-articolatori: lingua, labbra, guance, etc. Si
invita il bambino ad intraprendere l’esplorazione del cavo orale e dei
denti in modo da prendere coscienza di una parte del proprio corpo e per
aiutarlo nella successiva ricerca dei punti articolatori di ciascun fonema.
Durante questi esercizi è possibile aiutarsi con cibi (es. nutella,
marmellata, gelato, lecca-lecca etc.), oggetti di uso comune (es.
spazzolino, cannucce, candeline,etc.), giochi (es. bolle di sapone,
34
Chilosi A.M. e Cerri B., Disprassia verbale. Attività di ricombinazione vocalico-sillabica
creativa, Erickson. pp. 18-19
35
girandole, strumenti musicali, etc.) ed altro materiale; inoltre, si può
utilizzare uno specchio, in modo tale che il bambino abbia un riscontro
visivo e possa rendersi ancora più consapevole dell’esecuzione degli
esercizi.
Vengono eseguiti, quindi, esercizi per le prassie oro-bucco-facciali per
contrastare l’eventuale ipotonia ed allenare i muscoli del distretto
facciale; le prassie possono essere svolte su imitazione del terapista o
veicolati da oggetti o personaggi animati, in forma singola o in sequenza
(stimolando, così, la memoria prassica sequenziale).
Questi esercizi, è importante che vengano riprodotti costantemente sia in
terapia che a casa; in un secondo momento, si cercherà di ridurre al
minimo le elicitazioni, in modo che il bambino possa generalizzare ed
automatizzare i movimenti. E’importante, inoltre, che il bambino sia
consapevole delle proprie difficoltà che riconosca i propri errori, per
portarlo all’autocorrezione.
Nell’ambito della disprassia verbale, sono state elaborate diverse
metodiche per sviluppare le abilità linguistico-espressive; tra le più
utilizzate ritroviamo: il P.R.O.M.P.T. (Prompts for Restructuring Oral
Muscular Phonetic Targets), la M.I.T. (Melodic Intonation Therapy) e la
C.A.A. (Comunicazione Aumentativa Alternativa).
Qui di seguito, verranno descritte le caratteristiche principali del metodo
P.R.O.M.P.T. e del metodo M.I.T., mentre la C.A.A. verrà approfondita
nel capitolo III.
Il PROMPT (= input per la riorganizzazione di target fonetici,orali e
muscolari) è stato elaborato originariamente nel 1980 da Hayden e
36
continuamente rivisitato e modificato negli anni successivi35
; è un
approccio multidimensionale, sviluppato specificatamente per il
trattamento cognitivo-comunicativo-linguistico, che riconosce nel deficit
del controllo motorio una parte delle difficoltà sperimentate dal paziente.
E’, ad esempio, il caso dei bambini con disprassia evolutiva verbale e
con disartria evolutiva, sia in forma isolata che nel contesto dei disturbi
evolutivi complessi (come il disturbo dello spettro autistico), ma anche
più in generale, dei bambini con disturbi o ritardi di linguaggio. Questo
programma è basato su input tattili e cinestesici che il logopedista
fornisce agli organi articolatori (mandibola, labbra e lingua) del paziente.
La loro somministrazione avviene sempre all’esterno del cavo ora ed ha
come scopo quello di guidare le traiettorie articolatorie, di inibire i
movimenti scorretti, di fornire informazioni sulla durate del movimento
articolatorio per ogni singolo fonema e sulla transizione tra un fonema e
quello successivo.
Il logopedista lavora, pertanto, su ogni singolo suono, dal momento che
ciascun fonema presenta modo e luogo di articolazione specifici, dati
dalle diverse contrazioni muscolari e da un determinato posizionamento
o movimento della mandibola, delle labbra, della lingua, del collo e del
torace per la produzione. Il terapista cerca di "insegnare" al paziente il
movimento dei muscoli per produrre un fonema correttamente,
stimolando tutti questi attraverso il tatto36
.
Il trattamento con il metodo PROMPT è valido in pazienti dai 6 mesi in
35
Dalea P.S. and Haydenb D.A., Treating Speech Subsystems in Childhood Apraxia
of Speech With Tactual Input: The PROMPT Approach, American Journal of Speech-
Language Pathology, 2013; pp. 644–661
36 www.promptinstitue.com
37
poi, ed ha come obiettivo, dunque, lo sviluppo e l’uso del linguaggio
orale nel contesto dell’interazione e di attività quotidiane significative
per il paziente.
Esempi illustrativi della riabilitazione di due fonemi, secondo metodo PROMPT.37
Il metodo MIT (= terapia di intonazione melodica), invece, è stato elaborato
nel 1973 da un gruppo di neurologi, Sparks, Helm, ed Albert38
, inizialmente
per pazienti adulti afasici in grado di comprendere il linguaggio verbale, ma
con difficoltà espressive. Questa metodica è caratterizzata dall’imitazione
della voce salmodiata o cantata del logopedista da parte del paziente; in
particolare, il modello che si propone al paziente è basato su un sistema di
salmodia, una tecnica vocale di recitazione di un testo su un'unica nota, o di
37 www.kidstalkmatters.com
38 Albert M. L., Sparks R. W. and Helm N., Melodic Intonation Therapy for aphasia.
Archives of Neurology, 1973; pp. 130-131
38
canto dapprima di singole note prive di componente verbale, sino ad arrivare
all’esecuzione di frasi.
Si sottolineano in maniera esagerata le caratteristiche tonali dei diversi suoni:
le sillabe toniche sono, spesso, più nitide e lunghe rispetto alle sillabe atone.
La melodia si ripete insistentemente, oscillando su poche note, il ritmo si
riduce adattandosi alle caratteristiche del paziente e rallentando la
coarticolazione senza deformare le transizioni tra i fonemi grazie alla
melodia39
; aumentando di livello, gli esercizi diventano sempre più
complessi, arrivando al termine del percorso in cui si abbandona lentamente
la melodia e si preserva il ritmo.
È una tecnica utilizzata per migliorare il linguaggio espressivo di pazienti
afasici, ma anche di pazienti con disprassia od aprassia verbale; nei bambini
si può utilizzare la MIT. associata a segni che rievocano i fonemi. La terapia
si basa sul presupposto che la musica stimoli diverse aree cerebrali e che
esista una stretta correlazione tra l’emisfero destro (quello, per così dire,
“musicale”) e quello sinistro (deputato al linguaggio). Dal momento che le
strutture del linguaggio e quelle della musica sono, per alcuni versi, simili,
l’ipotesi sulla quale si basa questa terapia è quella che stimolando l’emisfero
musicale, anche le aree deputate all’espressione verbale avranno dei
miglioramenti40
.
39 Helfrich-Miller KR, Melodic Intonation Therapy with developmentally apraxic
children. Perkins WH, Northern JL, eds. Seminars speech and language New York:
Thieme-Stratton, 1987; pp. 119-125
40 Santoro R., La Melodic Intonation Therapy, Salutare; p. 33
39
Esempio illustrativo di esercizi di M.I.T. in lingua inglese, suddivisi per i vari
livelli.41
In conclusione, occorre specificare che bisogna scegliere quello che si
ritiene essere il metodo ad hoc per quella determinata persona, tenendo
conto delle sue esigenze, dei suoi bisogni e dei suoi interessi, spaziando
con la creatività e trascendendo dal singolo metodo.
41 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2780359/#!po=16.6667 Melodic
intonation therapy
40
CAPITOLO III
DISPRASSIA VERBALE: L’IMPORTANZA DELLA
COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA
“Il silenzio di chi non parla non è mai d’oro. Tutti abbiamo bisogno di
comunicare e di entrare in contatto tra di noi, non solo in un modo, ma in tutti
i modi possibili. E’ un fondamentale bisogno umano, un fondamentale diritto
umano, e soprattutto un fondamentale potere umano.'' (B. Williams)
L’idea di riservare un capitolo a parte per la Comunicazione
Aumentativa Alternativa, nasce dall’esigenza di dare rilevo a questa
metodica all’interno della riabilitazione della disprassia verbale. La
C.A.A. è uno strumento importante perché allevia le sofferenze dei
pazienti che non sono in grado di utilizzare una comunicazione verbale
per una serie di vicissitudini, aiuta costoro ad esprimersi con mezzi
alternativi a seconda delle proprie esigenze e capacità. Ma non solo,
talvolta, la C.A.A. può essere utilizzata con pazienti molto piccoli per
supportare l’acquisizione del linguaggio orale.
In questo capitolo saranno illustrate le caratteristiche salienti di questo
metodo, partendo dalla sua storia ed evoluzione, arrivando alla
descrizione dei diversi strumenti a disposizione per poter,
successivamente, comprendere maggiormente il percorso terapeutico di
F. che sarà descritto nel prossimo capitolo.
3.1 La C.A.A.: definizione e cenni storici
La C.A.A. è l’acronimo di Comunicazione Aumentativa e Alternativa,
rappresenta un’area di ricerca e di pratica clinica che studia e cerca di
compensare la disabilità temporanee o permanenti, le limitazioni nelle
41
attività e le restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini
nella produzione del linguaggio e/o della parola e/o di
comprensione,relativamente a modalità di comunicazione orale e scritta
(ASHA, 2005)42
, mediante il potenziamento delle abilità comunicative
naturali e l’uso di modalità speciali.
L’aggettivo ‘aumentativa’ descrive le modalità di comunicazione volte
ad accrescere la naturale comunicazione delle persone che, per diverse
vicissitudini, non sono in grado di utilizzare il linguaggio verbale per
parlare abbastanza chiaramente da essere comprese dagli altri. Per
potenziare la comunicazione naturale e residua, occorre sfruttare al
meglio tutte le competenze espressive dell’individuo, vale a dire le
vocalizzazioni, il linguaggio verbale residuo, ma anche il linguaggio non
verbale sottoforma di gesti, segni, espressioni facciali, etc.
L’aggettivo ‘alternativa’, invece, si riferisce ai metodi utilizzati per
sostituire il linguaggio orale, nei casi in cui quest’ultimo non fosse
utilizzabile; pertanto, si adoperano altre modalità di comunicazione
alternative e diverse da quelle tradizionali43
.
Preme sottolineare che la C.A.A. non nasce come strumento alternativo
al linguaggio nella sua globalità, ma solo all’aspetto fonetico del
linguaggio44
; pertanto, non va a sostituirsi al linguaggio orale, e neppure
ne inibisce lo sviluppo quando questo è possibile. Si traduce sempre in 42
Beukelman D.R., Mirenda P., Manuale di Comunicazione Aumentativa Alternativa.
Interventi per bambini e adulti con complessi bisogni comunicativi, Erickson 2014;
pp.25-26
43 Rivarola A., Comunicazione Aumentativa e Alternativa, Milano 2009; p.3
44 Gava M. L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola, ed.
Franco Angeli, 2007
42
sostegno alla relazione, alla comprensione e all’espressione di pensiero
dell’individuo con bisogni comunicativi complessi.
La C.A.A. inizia il suo percorso nel Nord America intorno agli anni
Sessanta, soprattutto nell’ambito delle paralisi cerebrali infantili o di
disturbi espressivi; fino a quel momento l’impossibilità di utilizzare il
linguaggio verbale per comunicare era considerata come il sintomo
naturale di una malattia.
I primi strumenti di comunicazione aumentativa furono rappresentati da
tabelle comunicative composte da lettere, simboli ed immagini;
successivamente, verso gli anni Settanta vi furono progressi, in
particolare dal 1964 al 1974 presso l’ospedale universitario di Jowa City
venne condotto un primo programma di C.A.A. rivolto ai bambini con
paralisi cerebrale infantile. Contemporaneamente, avanzò anche l’idea
che la tecnologia potesse facilitare il superamento della disabilità
comunicativa e vennero, così, utilizzate macchine da scrivere adattate.
Il primo ausilio tecnologico specificatamente dedicato alla
comunicazione è stato il P.O.S.M. (Patient Operated Selection
Mechanism) finanziato dalla Polio Reseach Foundation ed utilizzato
durante gli anni Settanta.
Nel frattempo, anche nel Nord Europa vennero elaborati ausili che erano,
però, accessibili solo a soggetti alfabetizzati, ma comunque complessi da
utilizzare; nuovi passi avanti furono condotti da Shirley Mac Naughton
et coll., i quali avviarono presso l’Ontario Crippled Children Center di
Toronto un progetto di ricerca, utilizzando i simboli grafici con l’intento
di creare un linguaggio universale per eliminare le barriere tra le diverse
popolazioni. In particolare, tali simboli – basati sul significato, e non
sulla fonetica- erano appresi facilmente, anche da coloro i quali non
riuscivano ad acquisire il codice alfabetico, e permettevano l’espressione
43
di concetti anche molto elaborati. Questo nuovo sistema si diffuse in tutti
il mondo, divenendo il principale sistema grafico a livello mondiale.
Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati
creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di
disabilità comunicative; intorno agli anni Ottanta, iniziarono ad essere
pubblicati casi di persone che, attraverso programmi di comunicazione,
riuscivano a migliorare la qualità della loro vita.
Iniziarono a svolgersi conferenze internazionali sulla “Comunicazione
non verbale” a Toronto, e nella conferenza del 1982 si decise di creare
un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo clinico, ossia
l’ ISAAC (International Society for Augmentative and Aumentative
Communication).
In Italia, la diffusione della C.A.A. avviene negli anni successivi grazie
ai meeting internazionali; nel 1989 fu fondato il GISCAA (Gruppo
Italiano per lo Studio della Comunicazione Aumentativa Alternativa), e
dieci anni dopo fu creata la prima scuola annuale di formazione in
C.A.A. a Milano, presso il Centro Benedetta D’Intino Onlus45
.
La tappa più significativa per il nostro Paese è stata rappresentata dalla
fondazione del Chapter ISAAC Italy che raduna in Italia le persone
interessate e coinvolte nella C.A.A., ossia le persone che ne fanno uso, i
loro familiari ed amici, i professionisti, i tecnici e le aziende che
distribuiscono nel nostro territorio sia ausili che materiali di C.A.A.
Gli scopi dell’ISAAC Italy sono, essenzialmente: la diffusione delle
attuali conoscenze in merito alla C.A.A. (strumenti, codici, metodologie,
strategie specifiche); la promozione di studi e ricerche nel campo della
disabilità verbale; la creazione di una cultura della comunicazione
45
A. Rivarola, Comunicazione Aumentativa Alternativa, Milano 2009; pp.4-6
44
umana, con un’accezione più ampia del linguaggio orale, che comprenda
modalità complementari, ma anche alternative alla parola (compresi i
residui vocali, lo sguardo, la mimica, i gesti, la postura, i codici
alternativi, gli strumenti tecnologici ed altri ausili)46
.
La C.A.A. è stata, ed è tuttora, un approccio innovativo che ha rotto degli
schemi per ricercare nuove vie per il recupero comunicativo dei soggetti
con disabilità verbale.
3.2 Ambiti e finalità degli interventi mediante l’ausilio della
C.A.A.
L’ambito della C.A.A. risulta piuttosto vasto ed abbraccia individui di
età diverse e con patologie e problematiche molto varie: in particolare,
gli interventi con mezzi alterativi e/o aumentativi sono rivolti a coloro i
quali abbiano necessità di una particolare assistenza per parlare e/o
scrivere qualora la loro comunicazione gestuale, orale e/o scritta si riveli
inadeguata ad esprimere i loro bisogni comunicativi.
La disabilità verbale è la conseguenza di una patologia neurologica di
varia eziologia, che può insorgere in qualsiasi momento della vita di una
persona – per cause accidentali o patogene- e che può comportare
conseguenze differenti da individuo a individuo. Ogni situazione può
presentare diversi livelli di impedimento, non solo sul piano espressivo,
ma anche sul piano cognitivo, funzionale, motorio ed emotivo-affettivo.
46 Gava M.L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola. Le
possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive.
ed. Franco Angeli, 2013; pp. 23-24
45
L’adozione di strumenti di C.A.A. può essere temporanea o permanente,
a seconda dell’eziologia del disturbo e degli obiettivi dell’intervento; gli
ambiti di applicazione inizialmente erano rivolti a bambini con
linguaggio espressivo gravemente deficitario, ma con capacità recettive e
comprensione integre. Successivamente, il campo di applicazione della
C.A.A. è stato esteso anche ad altre condizioni di disabilità, in
particolare:
-patologie acquisite (laringectomia, trauma cranico, ictus, paralisi degli
adduttori delle corde vocali, interventi demolitivi del cavo orale,etc.);
-patologie congenite (disabilità intellettiva severa, deficit uditivo, ritardo
mentale, deficit prassico, disturbi generalizzati dello sviluppo, paralisi
cerebrale infantile, autismo, disprassia verbale);
-patologie temporanee (shock, intubazioni,etc.);
-patologie evolutive (sclerosi multipla, morbo di Parkinson,
leucodistrofia, distrofia muscolare, sclerosi laterale amiotrofica, atrofia
muscolare spinale, etc.).
Occorre stabilire con criterio quali siano i pazienti che necessitano degli
interventi di C.A.A. per poi attuare un iter riabilitativo personalizzato; a
tal proposito è opportuno verificare se siano presenti i pre-requisiti di
base ed effettuare alcune primarie distinzioni nell’ambito della
popolazione con disabilità verbali47
. Nelle attuali classificazioni, la
popolazione con disabilità verbale viene distinta in:
47
Gava M.L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola. Le
possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive.
ed. Franco Angeli, 2013; p. 25
46
a) individui con capacità di letto-scrittura e linguaggio intero strutturato,
che necessitano solamente di facilitatori per la comunicazione e di un
ausilio strumentale;
b) individui che non presentano abilità di letto-scrittura, ma che
possiedono i pre-requisiti per l’adozione di strumenti alternativi,
anche se presentano spesso problemi cognitivi;
c) individui che non presentano i pre-requisiti necessari per l’adozione
di strumenti alternativi, e che necessitano, dunque, di un intervento di
comunicazione iniziale in quanto, solitamente, non sono molto
compromessi il piano cognitivo e/o relazionale.
Tale suddivisione non è da intendersi in modo rigido, ad esempio i
soggetti indicati nel terzo gruppo possono nel tempo acquisire i pre-
requisiti, così come i soggetti del secondo gruppo possono apprendere la
letto-scrittura. Non ci sono dei pre-requisiti minimi necessari nel
paziente, non vi è un livello cognitivo minimo, di gravità o di età, al di
sotto del quale sia sconsigliato iniziare. Vi sono, invece, degli elementi
importanti da considerare prima di intraprendere un percorso di C.A.A.,
ossia l’intenzionalità comunicativa, le caratteristiche minime di
collaborazione e le capacità attentive da parte del soggetto; oltre a ciò,
occorre che l’ambiente in cui l’individuo si relaziona, aiuti e faciliti il
soggetto durante l’utilizzo degli strumenti di C.A.A..
Caratteristica comune ai vari modelli d’intervento sta nel fatto che essi si
riferiscono non solo alla persona con disabilità verbale, ma anche ai
caregivers, quali i familiari, gli insegnanti, gli operatori; tali figure si
dimostrano, infatti, fondamentali nella partecipazione alla terapia per
sostenere i processi comunicativi e relazionali del paziente. Costoro
possiedono sia il ruolo di facilitatori che di partner di comunicazione ed
47
hanno, inoltre, relazioni di natura sociale, educativa e di cura con
l’utente, collaborando allo scambio comunicativo tramite un lavoro di
co-costruzione dei messaggi che aiuta ad evitare cadute di
comunicazione (Beukelman et al., 2007).
Importante ai fini dell’efficacia degli strumenti di C.A.A. è che, in tale
percorso, il paziente con disabilità verbale abbiamo modo di confrontarsi
con un partner responsivo; con il termine ‘responsività’ si fa riferimento
alla collaborazione ed interazione con un partner di comunicazione48
che
sia in grado di rispondere a determinati pre-requisiti ed abbia specifiche
capacità, quali49
:
-la capacità di ascoltare ed osservare il soggetto con bisogni comunicativi
complessi, assumendo il suo punto di vista (atteggiamento empatico) e
partendo dal suo focus di interesse;
-la competenza di assumere un comportamento di attesa, concedendo al
soggetto più tempo per reagire e rispondere;
-l’abilità di dare risposte a tutti i suoi segnali comunicativi;
-la capacità di offrire opportunità di utilizzo degli strumenti di C.A.A.;
-la capacità di creare opportunità di comunicazione nel contesto delle
attività quotidiana.
48
Binger C. et al., Personnel roles in the AAC assessment process. Augmentative and
Alternative Communication, 2012; pp.278-288
49 Federizzi E., I disordini dello sviluppo motorio. Fisiopatologia. Valutazione
diagnostica. Quadri clinici. Riabilitazione,Piccin-Nuova Libraria, 2009; pp. 189-192
48
Il sistema di interazioni ed il contesto comunicativo devono avvenire in
modo del tutto naturale ed ecologico; attraverso la partecipazione è
possibile incrementare anche la qualità e la quantità della comunicazione.
Per quanto riguarda le finalità della C.A.A., sono volte a fornire alle
persone l’opportunità e la capacità di: comunicare messaggi in modo da
poter interagire durante le conversazioni; partecipare alla comunicazione
in casa, a scuola, a lavoro e durante le attività ricreative; imparare la
propria lingua madre; stabilire e mantenere i propri ruoli sociali (ad
esempio, amico, studente, coniuge, maestro e lavoratore); far fronte ai
propri bisogni personali; comunicare in modo preciso per guidare i
propri assistenti ed il personale medico50
.
In particolare, si potrebbero riassumere le finalità della C.A.A. in questo
modo51
:
:
50
D.R., Mirenda P., Manuale di Comunicazione Aumentativa Alternativa. Interventi
per bambini e adulti con complessi bisogni comunicativi, Erickson 2014; p. 44
51 www.varesepolis.it
49
Scopo della C.A.A. è, pertanto, quello di ridurre, contenere e compensare
la disabilità temporanea o permanente di persone che presentano un
grave disturbo della comunicazione sia sul versante espressivo che
recettivo, attraverso il potenziamento delle abilità presenti, la
valorizzazione delle modalità naturali e l’uso di modalità speciali; è un
approccio multidimensionale volto a migliorare la qualità della vita di
questi individui.
3.3 Strumenti di C.A.A.
Il percorso del paziente con disabilità verbale parte dai sui bisogni
comunicativi, gli strumenti che vengono forniti devono essere adattati
alle sue esigenze annuali, ma al tempo stesso devono essere flessibili ed
evolversi nel tempo parallelamente all’evoluzione della persona in tutti i
suoi aspetti cognitivi, emotivi e sociali. È importante sottolineare che gli
interventi di C.A.A. sono percorsi che non sempre arrivano a raggiungere
gli obiettivi prefissati in brevi periodi; specialmente nel casi di pazienti
con patologie congenite, il potenziamento e lo sviluppo delle competenze
comunicative, compresa la motivazione a comunicare, divengono
obiettivi irrinunciabili.
Gli strumenti che consentono a questi individui un by-pass tra pensiero e
mondo esterno, sono prevalentemente costituiti da codici alternativi; in
particolare, è possibile distinguere due tipologie di C.A.A.:
quella assistita (aided) indica le modalità comunicative che utilizzano
dispositivi esterni elettronici (high-tech o low-tech) o non elettronici;
quella non assistita (unaided) indica le modalità di comunicazione
che non si avvalgono di uno strumento o di dispositivi esterni per
comunicare, preferendo l’utilizzo delle competenze dell’individuo
50
stesso (espressioni del volto, sguardo, gesti, segni, vocalizzi,
linguaggio verbale residuo).
Qui di seguito verranno illustrati i principali strumenti di C.A.A.
assistita, suddivisi in ausili low-tech (a bassa tecnologia) ed high-tech (ad
alta tecnologia). Si definisce con il termine ‘ausilio’ qualsiasi prodotto,
strumento, attrezzatura o sistema tecnologico utilizzato per compensare,
alleviare od eliminare un problema temporaneo o permanente. Lo scopo,
come più volte ricordato, è dare maggiore autonomia e migliorare la
qualità della vita; gli ausili possono favorire il graduale sviluppo di
identità del bambino, prevenire le complicanze, favorire la
socializzazione e facilitare le attività nei diversi ambienti di vita del
soggetto.
3.3.1 Ausili low-tech
Sono ausili a bassa tecnologia, ossia non hanno componenti elettroniche,
batterie od emissioni di voce; sono creati con simboli, fotografie,
immagini, oggetti o materiali comuni, sono supporti sempre disponibili e
facilmente accessibili all’utente. Tra questi ritroviamo:
Tabelle cartacee per la comunicazione, sono supporti comunicativi
che raccolgono bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi:
oggetti concreti, miniature di oggetti, fotografie, disegni, sistemi
simbolici, lettere o parole; il soggetto comunica attraverso
l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner; queste tabelle
sono accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche
comunicative, fisiche, cognitive del soggetto, attraverso la raccolta
del lessico di base e la scelta dei contenuti da inserire, la selezione del
sistema rappresentazionale da utilizzare, la scelta delle dimensioni dei
simboli e della spaziatura tra essi, la selezione delle modalità di
51
accesso (indicazione diretta o a scansione), la scelta della forma, della
struttura e delle dimensioni della tabella in considerazione della
trasportabilità. Possiamo ritrovare ‘tabelle minime’ formate da pochi
simboli o oggetti e favoriscono la scelta, ‘tabelle a scelta multipla’
che permettono di aumentare le possibilità di scelta e sono spesso
costituite da foto o simboli, ‘tabelle a tema’ utili per interagire
durante una specifica attività o per raccontare qualcosa ed il
vocabolario viene selezionato in funzione dello specifico contesto
comunicativo, ‘tabelle a cascata’ formate da una tabella a scelta
multipla che si sviluppa con un insieme di tabelle a tema concatenate,
‘tabelle principali’ strutturate in modo da poter essere utilizzate
durante tutte le attività del soggetto e contengono il vocabolario di
base.
52
Esempi di contenuti presenti nelle tabelle comunicative52
.
E-Tran deriva dalla contrazione delle parole inglesi ‘eye transfer’
(scambio con lo sguardo), è uno strumento di straordinaria efficacia
per ampliare le possibilità espressive utilizzando l’indicazione di
sguardo. Consiste in una tabella che va costruita con pannelli
trasparenti di plexiglass o lexan, sui quali vengono impressi simboli,
lettere e numeri. Il pannello trasparente viene posto tra i due
interlocutori; quando il primo guarda una lettera sul pannello, il
secondo -dalla parte opposta- può vedere verso quale lettera si
dirigono gli occhi53
.
52
www.siriomedical.it
53 Ruoppolo G., Schindler A., Amitrano A., Genovese E., Manuale di foniatria e
logopedia, Società editrice Universo 2012; pp. 155-158
53
Esempi illustrativi di un dispositivo E-Tran e del suo utilizzo54
.
Il quaderno dei resti è uno strumento che permette al soggetto di
raccontare e condividere un’esperienza fatta precedentemente; la
tecnica dei resti consiste nel raccogliere ed organizzare gradualmente,
ad esempio, in un quaderno, i frammenti ed i resti concreti di
un’attività o di una situazione vissute direttamente dal soggetto e che
vengono utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica.
Le diverse tracce delle esperienze significative permetteranno
all’individuo di espandere le funzioni comunicative.
54 www.podistidamarte.it
54
Esempio di racconto personale inserito nel quaderno dei resti.
Il vocabolario dei gesti è uno strumento che permette, da una parte, la
consultazione veloce per consentire ai partner non familiari di
comprendere il significato dei gesti prodotti dal soggetto, dall’altra
invece, di valorizzare le competenze gestuali per sostenere
l’espansione del suo codice gestuale. Il vocabolario dei gesti
dev’essere redatto attraverso una ricognizione accurata del
patrimonio gestuale dell’individuo, facendo fotografie, disegnando o
descrivendo il gesto prodotto, annotando il significato specifico che
esso ha per quel soggetto.
55
Esempio di immagini di gesti e loro descrizioni55
.
3.3.2 Ausili high-tech
Gli ausili ad alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare
necessitano di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È
disponibile un’ampia gamma di ausili del genere in commercio. Tra i
principali ritroviamo:
VOCAs (Vocal Output Communication Devices), definiti anche
SGDs (Speech Generating Devices), sono ausili portatili di
comunicazione con uscita in voce che permettono di emettere un
messaggio sonoro precedentemente registrato; i messaggi possono
essere riprodotti premendo aree sensibili del dispositivo o attraverso
l’uso di un sensore. Questi strumenti sono di estrema importanza
perché consentono di utilizzare un simbolo e di associarvi il
55
www.treccani.it
56
corrispondente sonoro, consentendo un immediato feedback sia sul
soggetto stesso che sugli interlocutori56
.
Esempi di dispositivi VOCAs57
.
Comunicatori alfabetici sono dispositivi portatili dotati di sintesi
vocale di alta qualità che comprende sia una voce femminile che una
voce maschile. In alcuni casi questi comunicatori sono dotati di un
doppio display che consente a chi digita di controllare quanto viene
scritto, mentre contemporaneamente l’interlocutore – posto di fronte-
legge sull’altro display il contenuto del messaggio. Oltre alla sintesi
vocale, integrano un sistema di predizione delle parole: mentre
l’utente digita i primi caratteri di una parola nella prima riga del
display, nella seconda riga vengono visualizzati alcuni termini d’uso
56 Baugmart D., Augmentative and Alternative Communication system for persons
with moderate and severe disabilities, Paul H. Brookes, 1990
57 www.leonardoausili.com
57
frequente che iniziano con la medesima radice: con un semplice
comando l’utente può, così, completare rapidamente la parola e
passare alla successiva.
Esempi di due tipologie di comunicatori alfabetici58
.
Sistemi di puntamento oculare sono apparecchi che emulano il
movimento del mouse sfruttando l’eye tracking, ossia il puntamento
oculare diretto; alla base vi è una tecnologia ad infrarossi. Il
rilevamento della direzione dello sguardo è binoculare, particolare
che garantisce una buona precisione nel puntamento. Il sistema è in
grado di adattarsi ad utenti con caratteristiche diverse ed è altamente
personalizzabile; la scrittura dei messaggi avviene puntando gli occhi
sulle caselle e confermando col battito delle ciglia o mantenendo lo
sguardo sul tasto per alcuni secondi. Il messaggio completo può
essere ripetuto attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema.
58 www.aidalabs.com
58
Esempi di sistemi di puntamento oculare59
.
Questi sono i sistemi di C.A.A. frequentemente utilizzati, occorre notare
che nell’uso di questa metodica assumono una rilevanza specifica i
simboli; questi ultimi possono essere classificati in tre categorie: simboli
tangibili (oggetti veri, imitazioni di oggetti, miniature o parti di oggetti),
fotografie (personali, di giornali, di riviste, logo di prodotti), simboli
grafici (simboli trasparenti che sono spesso intuibili perché assomigliano
visivamente al concetto che rappresentano, e simboli opachi che non
hanno alcuna relazione con il concetto rappresentato e sono arbitrari).
Tali simboli sono esposti, visualizzati e selezionati secondo “tecniche di
esposizione”, in particolare possiamo distinguere:
Modalità di selezione diretta che avviene mediante l’indicazione
(l’utente può indicare attraverso l’uso delle dita delle mani, la
59
www.aidalabs.com
59
direzione dello sguardo, un ausilio di puntamento sul pugno o su un
caschetto, un’asta tenuta tra le labbra, etc.);
Modalità di selezione indiretta che può avvenire secondo due metodi,
ovvero la selezione a scansione (può essere assistita dal partner di
comunicazione o da sistemi elettronici che indicano uno per volta o
un gruppo di simboli e l’utente segnala la sua scelta) o la selezione a
codifica (che avviene attraverso l’uso di un codice di riferimento che
viene attribuito ad ogni elemento)60
.
3.4 Uso della C.A.A. nella riabilitazione della disprassia verbale
evolutiva
Come accennato nel capitolo II, la C.A.A. assurge ad un ruolo
importante nell’ambito della riabilitazione della disprassia verbale; in
particolare, l’uso di ausili di C.A.A. supportano lo sviluppo del
linguaggio dei bambini con disprassia evolutiva, oltre a facilitare
l’accesso e la partecipazione nelle interazioni comunicative61
.
Le strategie di C.A.A. facilitano il miglioramento sia del linguaggio
espressivo che recettivo, in quanto propongono modalità aumentative o
alternative per comunicare liberamente senza le difficoltà associate alla
60 Gava M. L., La comunicazione aumentativa alternativa tra pensiero e parola. Le
possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive,
2013; pp. 157-160
61 Cumley G. D. and Swanson Susan, Augmentative and Alternative Communication
options for children with developmental apraxia of speech: three case studies
60
produzione linguistica normale. È stato dimostrato che questi ausili,
infatti, compensano le difficoltà comunicative, indipendentemente dalla
lunghezza e dalla complessità del contenuto che si vuole esprime, che
come abbiamo visto precedentemente, inficiano l’eloquio del paziente
disprattico.
Applicando un sistema aumentativo – e nei casi più gravi, alternativo-
costituito da gesti o immagini che si usano non per sostituire il
linguaggio orale, ma per rinforzare l’aspetto deficitario in questi pazienti,
l’informazione uditiva del messaggio in entrata ridonda con
l’informazione visiva e l’esecuzione di gesti accompagna la produzione
verbale d’uscita. Questo tipo di sistema si usa, particolarmente, con
bambini molto piccoli perché il rinforzo gestuale o visivo aiutano nella
pronuncia di parole che risultano ostiche (ad esempio, se il bambino deve
dire una parola trisillabica, lo si aiuta con la sequenza di tre segni o di tre
immagini od oggetti); il bambino, così, riesce a ricordare la sequenza dei
movimenti o delle immagini e le associa ai fonemi corrispondenti.
Inizialmente, il paziente è unicamente capace di produrre parole grazie a
questi sistemi d’ausilio, che gli permettono di rievocare la sequenza dei
fonemi di una determinata parola; successivamente, arriva a ricordare la
sequenza dei suoni e la automatizza.
Alcuni autori spagnoli, quali Monfort M. e Juàrez-Sànchez A., hanno
proposto di utilizzare il gesto in appoggio ad un determinato fonema,
questo sistema è simile a quello utilizzato con i bambini sordi per
elicitare la corretta pronuncia. Si associa un gesto per ogni fonema e si
forniscono aiuti visivi, pittografici, che ricordano il gesto: in questo
modo il gesto a sostegno della pronuncia permettono al paziente di
acquisire la struttura fonologica utile per ricostruire le parole già note o
accedere a nuove parole.
61
Si può associare un fonema ad una parola-oggetto, ad esempio ‘palla’ si
associa al fonema /p/ e all’immagine corrispondente della palla;
successivamente, si può lavorare sulla sequenza dei suoni all’interno
delle parole, in questo caso occorre accompagnare le immagini a ciascun
fonema consonantico. Dunque, seguendo l’esempio riportato dagli autori
Monfort M. e Juàrez-Sànchez, la parola ‘barbecue’si associa a due
immagini di palla ('ball'), ed una della macchina fotografica ('càmera')
che ricordano la sequenza consonantica della parola.
BALL BALL CAMERA
/b/ /b/ /k/
Bar - Be - Cue
Esempio di parola trisillabica (barbecue) facilitata con immagini
corrispondenti al fonema iniziale di ciascuna sillaba.
Altri studi hanno, inoltre, dimostrato che l'ausilio di strumenti di C.A.A.
contribuisce ad incrementare il lessico del paziente che ne beneficia,
oltre a potenziare e sviluppare le capacità cognitive e di apprendimento.
Il trattamento della disprassia verbale risulta molto lungo: i pazienti sono
spesso molto lenti e manifestano difficoltà nei processi di
62
automatizzazione, pertanto restano a lungo ancorati agli ausili proposti
come compenso. Questa problematica che inficia il normale sviluppo del
linguaggio richiede sempre approcci terapeutici completi e globali, il cui
obiettivo primario è quello di rinforzare e facilitare la comunicazione dal
momento che la lingua viene acquisita in situazioni comunicative reali e
naturali; per questo motivo, c'è bisogno della capacità di adeguamento
dell'ambiente per fornire al paziente tutti i mezzi necessari ad esprimersi
ed a comprendere il linguaggio.
L'efficacia del trattamento dipende, quasi sempre, dall'intensità con cui si
svolgono gli esercizi; difatti, la pratica deve essere effettuata ogni giorno,
realizzando più sezioni di esercitazione di breve durata.
Si ribadisce, in conclusione, che tramite l'intervento di C.A.A. nel
paziente con disprassia verbale è possibile potenziare le risorse
comunicative, la comunicazione non verbale, le strategie di compenso e,
se necessario, l'ausilio di strumenti tecnologici. In più, è possibile
utilizzare tutta una serie di codici sostitutivi, come immagini, disegni,
simboli e/o gesti e di software specifici affinché possa esprimere il
contenuto del proprio pensiero verbale veicolandolo attraverso un canale
alternativo.
63
CAPITOLO IV
PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO
"Comunicare è essenziale e mi dà l'opportunità di farmi conoscere e
apprezzare. Io non ho mai parlato e mai parlerò e questa è una cosa che mi
manca tantissimo, molto di più che camminare, ma grazie alla CAA posso
COMUNICARE, mentre ci sono persone che pur sapendo parlare comunicano
il nulla!". (testimonianza di Marcello, utente CAA)
Nel presente capitolo si disquisirà in merito al caso clinico protagonista
della prima parte della tesi; F. è un bambino che attualmente ha un'età di
9 anni ed è affetto da una sindrome genetica codificata all'interno dei
sistemi diagnostici nosognafici internazionali con il nome di "Sindrome
di DiGeorge", che si manifesta con diverse problematiche, tra le quali vi
è un'importante compromissione del linguaggio verbale.
4.1 Raccolta anamnestica
Dall'anamnesi risulta che il bambino è unigenito, ed è nato il 12 ottobre
2007 da parto eutocico, preceduto da amnioressi. F. nasceva prematuro,
alla trentaquattresima settimana di gravidanza con un peso pari a 1860 g.
La gravidanza è stata caratterizzata nel primo trimestre da minacce
d'aborto, che hanno comportato l'assunzione di terapia farmacologica e
riposo per la madre. L'esame cromosomico in amniocentesi non
mostrava anomalie.
Alla nascita mostrava lieve distress respiratorio risoltosi con nasal CPAP
per 24 ore, ed ittero fisiologico trattato con fototerapia; il bambino è
rimasto in incubatrice per circa un mese, ed a soli sei giorni di vita è
stato sottoposto ad un intervento di erniotomia bilaterale. Durante la
64
degenza sono stati riscontrati anche difetto interventricolare sottoaortico
e sospetta torsione testicolare.
Veniva effettuata la Risonanza Magnetica Nucleare all'encefalo che
mostrava "ipoplasia del corpo calloso che risulta comunque
rappresentato in tutte le sue porzioni. Cisti del setto pellucido, cavum
vergae e cavum velum iterpositum. Modesta dilatazione dell'opercolo
fronto-temporale bilateralmente".
L'allattamento avveniva direttamente al biberon, la suzione risultava
essere valida e non veniva riferito alcun problema di deglutizione.
Lo sviluppo psicomotorio è risultato essere lievemente in ritardo: a 14
mesi era in grado di passare dalla posizione supina a quella seduta e di
rotolare autonomamente, ma non riusciva a mantenere la stazione eretta e
la navigazione costiera. La deambulazione autonoma è stata acquisita
intorno ai 18 mesi, inoltre, F. manifestava lentezza eccessiva durante i
movimenti.
Dal punto di vista linguistico, invece, F. a 14 mesi presentava un ritardo
di linguaggio sia nella comprensione che nella produzione verbale, oltre
nei pre-requisiti dello stesso: comunicazione gestuale e gioco di finzione.
In particolare, dalla compilazione del questionario Il Primo Vocabolario
del Bambino (PVB- Gesti e parole; Caselli, Casadio;1995) emergevano i
seguenti risultati:
Primi segnali di comunicazione: 100% ;
Comprensione di frasi: 13 (-1 ds);
Comprensione di parole: 37 (-1,5 ds);
Produzione di parole: 0 (-1 ds);
Azioni e gesti: 8 (-2,5 ds)
Gioco di finzione: assente
65
All'età di 2,3 anni F. presentava un quadro clinico caratterizzato da
ritardo motorio, ritardo del linguaggio, difficoltà di masticazione,
cardiopatia congenita (DIV sottoaortico risoltosi spontaneamente), fistola
sacrale, ernia inguinale operata, episodi convulsivi con EEG nei limiti
della norma; veniva effettuato, pertanto, un esame genetico che
confermava la presenza di una microdelezione cromosomica 22q11.2,
associata alla sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale che causava le
problematiche cliniche di F. .
Crescendo, il bambino ha cominciato a presentare altre problematiche
tipiche della sua sindrome, quali la facies tipica, il criptorchidismo
destro, artrite idiopatica giovanile poliarticolare, infezioni frequenti alle
vie aeree respiratorie ed otiti frequenti.
F. a 2,8 anni continuava a mostrare ritardo psicomotorio di grado medio-
lieve, caratterizzato da assenza di linguaggio orale, difficoltà di
masticazione, difficoltà a relazionarsi, scarsa collaborazione, condotte di
evitamento con tendenza all'autogestione; presentava l'uso dei gesti
deittici e, talvolta, referenziali , vocalizzava per rivolgersi a figure
familiari, prediligeva il gioco stereotipato (svuotamento/riempimento di
un contenitore), mostrando tempi di attenzione molto ridotti.
Il bambino veniva inviato dalla struttura ospedaliera Bambino Gesù di
Roma presso l'Asl di Palestrina (Rm), nella quale si suggeriva con
urgenza un inserimento in fisiokinesiterapia; tale trattamento iniziava nel
2010 e portava F. ad acquisire un discreto controllo dinamico e statico,
nonostante modulasse poco il movimento nelle attività bimanuali.
Inoltre, il bambino mostrava bocca aperta e scialorrea, per questo
motivo, in FKT lavorava anche per il controllo della rima labiale e la
funzione dei muscoli masticatori.
66
A settembre del 2010, F. era inserito all'interno della scuola materna con
AEC (Assistenza Educativa Culturale) e sostegno con intera copertura
dell'orario scolastico.
All'età di 3 anni , data la persistenza delle difficoltà alimentari, F. era
sottoposto alla valutazione delle abilità motorie orali e di deglutizione
presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Dall'esame obiettivo
emergeva un quadro caratterizzato da: ipotonia della muscolatura oro-
facciale, palato ogivale, schema linguale in suzione. Non presentava
difficoltà di deglutizione, ma vi era un ritardo di sviluppo delle abilità
motorie orali con alterazione della sensibilità orale (ipersensibilità con
conati di vomito).
L'alimentazione del bambino era costituita essenzialmente da yogurt e
cibi omogeneizzati o frullati; inoltre, non accettava spazzolini, e, quindi,
opponeva resistenza alle pratiche di igiene dentale.
In seguito, il bambino era avviato ad un percorso riabilitativo logopedico
per attivare la masticazione con training masticatorio e con terapia
miofunzionale, e per regolare la sensibilità orale e periorale con stimoli
orofacciali multipli.
Durante i successivi controlli, il bambino continuava a mostrare
difficoltà di masticazione, con forte abilità di suzione anche per uso di
ausili alimentari infantili come biberon ed ausili non alimentari come il
ciuccio, che utilizzava ancora, soprattutto per addormentarsi; F.
continuava ad alimentarsi con cibi omogeneizzati o frullati.
67
4.2 Sviluppo cognitivo-linguistico e psicomotorio
Come rimarcato più volte in precedenza, da sempre F. ha presentato
grandi problematiche nell'ambito comunicativo-linguistico, sia per
quanto riguarda la comprensione, che la produzione verbale.
Dunque, all'età di 3,6 anni F. effettuava una valutazione neurolinguistica
presso l' Asl di Palestrina dalla quale emergeva il seguente quadro:
utilizzo del gesto indicativo per richiedere i giochi;
scarsa condivisione dello sguardo;
assenza di regole;
difficoltà attentive;
disegno : scarabocchio;
assenza di linguaggio verbale (anche per suoni onomatopeici),
presenza di una sorta di pseudolinguaggio (cantilena) mentre gioca
da solo;
somministrazione delle "Prove di Thal e Bates", durante le quali
ripete le seguenze di gioco, ma senza alcun commento orale non è
possibile eseguire altri test a causa delle difficoltà di concentrazione
del bambino);
comprensione di ordine contestuale o situazionale.
Tali aspetti erano confermati da un'ulteriore visita neuropsicologica di
controllo effettuata alcuni mesi più tardi presso l'Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù; si evidenziavano progressi per quanto concerne gli
aspetti relazionali e comunicativi non verbali, mentre nel contesto
familiare persistevano comportamenti oppositivi con condotte di
evitamento e tendenza all'autogestione. F. vinceva l'iniziale inibizione,
68
mostrandosi maggiormente predisposto alla relazione e collaborando
durante lo svolgimento delle attività proposte.
Per quanto riguarda lo sviluppo psicomotorio emergevano difficoltà
negli aspetti locomotori, personali-sociali e linguistici: persistevano le
difficoltà di equilibrio statico e dinamico, non pronunciava il nome ed il
cognome su richiesta a causa dell'assenza di linguaggio, e mostrava lieve
resistenza all'interazione con gli altri.
Nello specifico, dalla somministrazione delle Scale di Sviluppo Griffiths
si otteneva il quoziente di sviluppo generale pari a 65, corrispondente a
29 mesi di età, indicando così un ritardo psicomotorio lieve con
maggiore compromissione delle abilità linguistiche in produzione.
Per quanto riguarda gli aspetti linguistici, nello specifico, la produzione
era limitata a due paroline ('mamma' e 'papà'), mentre la comprensione
risultava buona sia per singole parole che per richieste contestualizzate.
Si consigliava, pertanto, l'avvio del training logopedico a supporto delle
abilità comunicativo-linguistiche; così, F. all'età di 3,11 anni iniziava il
suo percorso logopedico individuale, con frequenza settimanale presso
l'Asl di Palestrina, seguito dalla dr.ssa De Lellis.
Inizialmente, gli obiettivi terapeutici riguardavano l'incremento
dell'interesse e dell'attenzione verso stimoli proposti all'interno del
setting riabilitativo, lo sviluppo del gioco simbolico ed il rispetto delle
regole.
L'intervento logopedico si è basato essenzialmente sulla strutturazione di
un setting favorevole all'interazione, ovvero dalla scelta di situazioni
altamente motivanti, partendo dagli interessi del bambino, il quale
manifestava la sua intenzionalità comunicativa attraverso delle modalità
69
non verbali: gesti, a volte accompagnati da vocalizzi modulati,
linguaggio del corpo e sguardi.
Si è lavorato per incrementare la già presente indicazione a scopo
dichiarativo e richiestivo e la capacità di esprimere il suo
assenso/dissenso tramite il movimento del capo o il movimento delle
mani accompagnati da vocalizzi modulati.
Un altro aspetto importante sul quale intervenire era il comportamento
del bambino, che poteva risultare problematico e tendente alla
frustrazione nel momento in cui non veniva capito dalle persone che lo
circondavano, oppure mostrava comportamenti oppositivo-provocatori;
pertanto, si è cercato sempre di sostenerlo e di motivarlo durante l'azione
comunicativa.
Un elemento importante trattato è stato quello dell'attenzione sostenuta
da parte di F., che presentava inizialmente una facile distraibilità e
tendenza all'agito. I tempi di attenzione sono stati progressivamente
aumentati attraverso il coinvolgimento in un'attività di gioco,
alimentando in continuazione l'interesse all'interno della medesima
attività e scoraggiando comportamenti di cambiamento continuo di
giochi.
Oltre a ciò, data l'evidente presenta di disprassia verbale, è stato
effettuato un training sulle abilità orali, in quanto F. non era in grado di
eseguire nè su imitazione, nè su comando verbale, alcun tipo di prassie
oro-bucco-facciali. Dalla valutazione logopedica effettuata nel maggio
2012 emergeva il seguente quadro:
70
distretto mandibolare: difficoltà nello spostare la mandibola a destra e a
sinistra;
muscoli labiali orbicolari: F. riesce a stirare le labbra (sorriso), anche se non in
maniera del tutto valida; presenti maggiori difficoltà nella protrusione delle
labbra (bacio);
distretto velare: difficoltà nel gonfiare le guance e nell'effettuare vocali in
saccadi;
distretto linguale: difficoltà nell'esecuzione linguale verticale verso l'alto e
laterale-sinistra; difficoltà nello schiocco linguale.
Contemporaneamente, come già esposto in precedenza, svolgeva anche il
training sull'alimentazione seguito dalla dr.ssa Cerchiari presso
l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro.
Il bambino ha lavorato sul rinforzo della muscolatura oro-facciale e
dell'organo linguale, oltre che sulla coordinazione di masticazione-
deglutizione-respirazione.
Per quanto riguarda il versante linguistico - comunicativo, si è cercato di
stimolare il linguaggio verbale attraverso metodologie e strumenti
diversi; F. riusciva a produrre spontaneamente le seguenti parole
'mamma', 'papà', 'me', 'ka' (=sì), mentre su ripetizione 'si' diventava 'ssss'.
Pertanto, considerando le difficoltà linguistiche in produzione, ma le
buone competenze comunicative (buona comprensione contestuale,
presenza della risposta dicotomica sì/no, uso del gesto deittico), si è
pensato che potesse essere utile supportare il lavoro sul piano linguistico
proponendo ausili di supporto alla comunicazione.
71
Così, valutate le buone competenze comunicative e la forte intenzionalità
comunicativa, ad ottobre 2012 F. veniva avviato ad un percorso sulla
Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A.), seguito dalla dott.ssa
De Lellis con frequenza trisettimanale, e successivamente anche dall'
Istituto Leonarda Vaccari di Roma.
4.3 Descrizione del trattamento logopedico attuato: uso della
Comunicazione Aumentativa Alternativa
In un primo momento, è stato proposto al bambino di comunicare
attraverso una tabella tematica, ossia una tabella costruita dall'operatore
e costituita da un display cartaceo contenente il vocabolario relativo ad
una determinata situazione; perciò, F. presentava più tabelle legate ad
uno specifico contesto.
Il bambino ha risposto fin da subito con entusiasmo a questa proposta,
utilizzandola al bisogno e con competenza. F. si mostrava pronto e
reattivo all'acquisizione di strategie alternative che gli hanno poi
permesso di ampliare il suo spazio comunicativo, in quanto presentava
un'esplicita necessità di comunicare e di raccontare e questo costituiva un
vantaggio per una comunicazione più ricca, ma inizialmente meno
rapida.
Nell'ambiente domestico, il bambino era capito in situazioni contestuali,
ricorrendo anche all'ausilio dei simboli presenti sul suo quaderno di
comunicazione; in altri ambienti, utilizzava le icone del suo quaderno su
sollecitazione e per rispondere alle domande che altri interlocutori gli
ponevano.
72
Esempio di tabella a tema utilizzata da F.; nella colonna gialla ritroviamo i
soggetti principali con i quali il bambino si relazionava, in quella verde sono
indicati i verbi principali usati da F., in quella rosa giochi od oggetti preferiti,
mentre in quella celeste sono descritti stati d'animo, 'sì/no', 'aspetta un minuto'
e 'non c'è simbolo'.
All'età di 5,6 anni F. è stato sottoposto ad una valutazione presso l'
ausilioteca dell'Istituto L. Vaccari per verificare se fossero presenti i pre-
requisiti per l'utilizzo di strumenti di C.A.A.; da tale valutazione è
emerso che il bambino fosse già in possesso delle competenze
comunicative di base - richiestiva, dichiarativa e narrativa- e le riuscisse
ad esplicitare anche in presenza di persone sconosciute attraverso i gesti,
la mimica facciale e l'indicazione.
Nel tempo e, per l'assenza di linguaggio verbale, il suo agìto era molto
sviluppato e veloce, pertanto la strategia di comunicazione aumentativa
che passava attraverso i simboli per lui risultava essere un rallentamento
all'interno della situazione comunicativa.
Dopo oltre un anno dall'inizio dell'intervento di C.A.A., F. mostrava una
buona comprensione ed interiorizzazione della valenza del simbolo come
73
risorsa comunicativa e la utilizzava in tutti i contesti, soprattutto
extrafamiliari per comunicare quando le sue modalità naturali si
mostravano insufficienti. Inoltre, si sono verificati miglioramenti per
quanto riguarda i tempi d'attenzione ed il grado di autonomia.
Si osservava, difatti, che:
F. era in grado di sostenere una relazione con due operatori differenti
all'interno del gioco, apparendo da subito molto interattivo,
sorridente e mantenendo il contatto di sguardo costantemente;
nello scambio con l'operatore utilizzava ed integrava varie modalità
comunicative: tabella cartacea in cui indicava in modo diretto e
veloce i simboli (sostantivi, verbi, emozioni, small talk rappresentati
sia attraverso fotografie, che attraverso simboli PCS trasparenti ed
opachi), gesti performativi e mimica facciale;
organizzava una sequenza di gioco simbolico articolata in poche
azioni, avvalendosi della presenza dei simboli per espandere ed
ampliare l'attività;
vi era una maturazione di tutte le competenze comunicative non
verbali e pragmatiche (attenzione condivisa, rispetto del turno, etc.).
I risultati, sin da subito, hanno mostrato un'evoluzione positiva per F. sia
in ambito comunicativo, ma anche in ambito socio-emozionale; il
bambino ha acquisto maggiore consapevolezza delle proprie strategie
naturali e dell'uso della sua tabella di comunicazione come strumento
necessario ed utile per comunicare con interlocutori non noti, e questo gli
ha permesso di potenziare le sue abilità di socializzazione anche
all'interno dell'ambiente scolastico.
74
Col tempo, F. ha utilizzato la tabella cartacea con dimestichezza,
indicando rapidamente i simboli, con la tendenza a preferire la creazione
di costrutti sintattici semplici (S-O) o messaggi di tipo olografico.
Esempio di strutturazioni frasali composte da F. durante la terapia logopedica.
Costantemente, si è proceduto con l'aggiornamento del vocabolario del
supporto di C.A.A. nel rispetto delle reali esigenze del bambino in modo
da permettere una semplice efficienza comunicativa e limitare le
situazioni di impossibilità a comunicare per mancanza di simboli.
Successivamente, con l'ingresso di F. alla scuola primaria, si è introdotto
l'uso della tabella a cascata costituita da una tabella generale, contenente
il vocabolario di base del bambino, e da tabelle tematiche; il termine 'a
cascata' suggerisce la presenza di varie sottotabelle concatenate in
successione l'una con l'altra. Ad esempio:
-tabella a scelta multipla per la scelta del gioco;
-tabella a scelta multipla per scegliere cosa fare con quel gioco;
-tabella per l'interazione per sviluppare il gioco scelto.
75
Dalla valutazione effettuata a luglio 2015 presso l'ausilioteca del
Vaccari, è emerso che F. presentava bisogni ed esigenze comunicative
che non poteva esprimere solo ed esclusivamente con le strategie unaided
possedute ed attraverso la sua tabella di comunicazione; questo
provocava tendenza all'agìto diretto, l'attivazione di comportamenti
provocatori ed oppositivi, la rinuncia del proprio atto comunicativo o
l'adattamento a contenuti simili, ma non corrispondenti al proprio
bisogno.
Occorreva individuare uno strumento il più possibile funzionale rispetto
alle esigenze del bambino, ipotizzando l'utilizzo di un supporto di
comunicazione organizzato secondo il sistema PODD (Pragmatic
Organization Dynamic Display).
Il sistema PODD è basato sul principio di fornire alla persona non
verbale la possibilità di avere a disposizione un vocabolario ricco ed
organizzato secondo funzione comunicativa ed esigenze dell'utente.
I simboli vengono organizzati secondo un criterio tassonomico
schematico in chiave pragmatica, dinamica e più espansa.
Dal punto di vista cartaceo, si è provveduto a strutturare un sistema
PODD su un'unica pagina con pannello laterale associato e contenente i
simboli regolatori della conversazione; tale sistema si differenzia
dall'approccio comunemente utilizzato nella realizzazione delle tabelle
comunicative sia per il numero che per la tipologia di simboli che
vengono inseriti, tali da consentire subito la costruzione di discorsi anche
di una certa complessità e struttura. Lo scopo principale è stato quello di
fare in modo che F. avesse piena autonomia comunicativa dei contenuti
('posso dire ciò che voglio), che è un concetto differente dalla
indipendenza comunicativa legata all'aspetto motorio ('posso sfogliare da
solo').
76
F. è stato sempre protagonista attivo durante questo processo che lo ha
visto direttamente coinvolto nella strutturazione del supporto sia per
quanto concerne la selezione dei vocaboli con i relativi simboli, che
nell'osservazione attiva per l'organizzazione dinamica dei supporti. Per
ricercare un simbolo necessario alla comunicazione F. utilizzava più
spontaneamente la modalità dello sfogliamento pagina per pagina e
saltuariamente le etichette poste lateralmente al supporto.
A febbraio 2016, a conclusione del ciclo d'interventi individuali di
C.A.A. presso l'Istituto Vaccari, con la collaborazione costante della
dr.ssa De Lellis, si è suggerito di utilizzare uno strumento high-tech,The
Grid 3 con PCS su pc-tablet con Microsoft Windows 10.
Il software The Grid 3 permette si creare tabelle di comunicazione con
varie tipologie di simboli tra cui i PCS; è importante aggiornare
costantemente le tabelle di F. per permettergli di avere un vocabolario
ampio e di usare in modo dinamico i simboli a seconda dell'esigenza
comunicativa indipendentemente dal contesto.
Al momento F. è in procinto di essere avviato a questo nuovo sistema
comunicativo, totalmente diverso da quelli usati in precedenza, in quanto
si tratta di un ausilio altamente tecnologico. Si dovrà procedere alla
personalizzazione dello strumento, rendendolo quanto più simile a quello
cartaceo, in modo tale che possa apprenderne facilmente l'utilizzo.
Grazie alla funzione della sintesi vocale, di cui è dotato tale dispositivo,
F. potrà essere facilmente compreso da molti, e questo farà sì che le sue
capacità comunicative siano ampliate maggiormente.
77
4.4 Il quadro clinico attuale
F. attualmente ha 9 anni e frequenta il terzo anno della scuola primaria, è
in grado di decodificare parole ad alta frequenza d'uso, di scrivere parole
sotto dettato utilizzando in modo discreto l'organizzazione dello spazio
del foglio ed avendo un buon uso del corsivo.
E' autonomo, ma richiede la costante supervisione dell'adulto,
nell'alimentazione, nella vestizione e nella cura personale; collabora,
sottoforma di gioco, in alcune attività domestiche.
A seguito dell'intervento logopedico della durata di cinque anni circa,
sono stati riscontrati molteplici miglioramenti sul piano della
comprensione verbale, del comportamento e della comunicazione.
Il setting terapeutico favorevole ha reso il bambino più collaborante e
partecipe alle attività proposte, incrementando le capacità di relazione
anche con persone sconosciute.
Il lavoro sull'attenzione sostenuta ha portato a delle modificazioni
positive: F. è ora in grado di portare a termine un compito proprio perchè
manifesta una durata maggiore dei tempi di attenzione. Occorre, tuttavia,
lavorare sull'aspetto dell'agìto che, seppur migliorato, non è ancora del
tutto controllato e gestito dal bambino, il quale tende ad essere
impulsivo.
Gli aspetti comportamentali non si sono del tutto modificati, in quanto
permangono ancora episodi di frustrazione o comportamenti oppositivo-
provocatori che, però, vengono gestiti. Permangono i problemi affettivi e
d'ansia, problemi somatici e difficoltà di attenzione o iperattività comuni
alla maggior parte dei pazienti con sindrome di DiGeorge.
La tendenza di F. ad assumere questi atteggiamenti dipende sia dalla
presenza di una lieve disabilità cognitiva, ma anche dalla situazione
78
familiare caratterizzata da contraddittorietà, aspettative adultomorfe nei
confronti del bambino stesso e scarsa collaborazione durante il percorso
riabilitativo, indice di una non totale accettazione della diagnosi
sindromica del figlio.
Il training logopedico sulle abilità motorie e sensoriali orali di
alimentazione e di deglutizione ha comportato dei miglioramenti; nello
specifico si è lavorato sullo sviluppo delle abilità motorie orali,
sull'adeguamento delle risposte sensoriali agli stimoli alimentari nella
cavità orale e nella zona periorali, sulla masticazione con rinforzo della
muscolatura oro-facciale e dell'organo linguale, sulla coordinazione
masticazione-deglutizione-respirazione, sulla regolazione dei tempi del
pasto, sulla comunicazione al pasto e sullo sviluppo di adeguate condotte
alimentari. F. , dunque, ha un'alimentazione varia di cibi, anche a
consistenza solida, assunti con la supervisione dell'adulto.
Ci sono stati dei miglioramenti anche sulle prassie oro-bucco-facciali,
anche se risultano ancora deficitarie.
Per quanto riguarda, invece, le esigenze comunicativo-linguistiche, esse
sono state soddisfatte ed incrementate con il supporto della C.A.A.,
portando F. ad ampliare la sua intenzionalità comunicativa mediante
l'uso di tabelle di comunicazione di vario genere (in Appendice è
possibile osservare i diversi strumenti di C.A.A. utilizzati da F. durante
questi anni).
L'evoluzione di F. rilevata durante le valutazioni di follow-up, è riassunta
schematicamente per aree nelle seguenti tabelle.
SVILUPPO PSICOMOTORIO
79
Tabella di valutazione dello sviluppo psicomotorio effettuata con 'Scala
Griffiths; 1984).
LIVELLO COGNITIVO NON VERBALE
Anni 4,7 5,7
Q.I. 89
Ragionamento Fluido 94
76
Ragionamento Fluido 75
Figure Ground p.g. 8
p.p. 6
p.g. 11
p.p. 7
Form Completion p.g. 16
p.p. 10
p.g.16
p.p.7
Sequential Order p.g. 7
p.p. 9
p.g.6
p.p.7
Repeated Patterns p.g. 6
p.p. 9
p.g.4
p.p.5
Tabella di valutazione del Livello Cognitivo non verbale effettuata con 'Scala
cognitiva non verbale Leiter- r; Batteria VR' (Roid e Miller; 2002).
Anni 2,8 3,9
Quoziente di sviluppo generale 55 65
Scala Locomotoria EE 1,7 aa
EE 2,3 aa
Scala Personale- Sociale EE 1,1 aa EE 2 aa
Scala Apprendimento e Linguaggio EE 0,8 aa EE 1,6 aa
Scala Coordinazione Manuale e
Visiva
EE 1,7 aa EE 2,10 aa
Scala Abilità non Verbali EE 1,9 aa EE 2,6 aa
Diagnosi Rit.Psicomotorio lieve Rit. Psicomotorio
lieve con maggiore
compromissione
delle ab. linguistiche
80
ABILITA' COMUNICATIVO-LINGUISTICHE
Ann
i
Test
Comprension
e
Produzion
e
Azion
i e
Gesti
Diagnosi
2,8 PVB 12-13 mesi (p.113)
8-9 mesi (p.1)
12-13
mesi (p.31)
Rit.Psicomotori
o lieve
3,9 PinG 28 mesi (p.16) Rit.Psicomotori
o lieve con
PVB 16-17 mesi (p.255)
10-11 mesi (p.2)
16-17
mesi (p.56)
maggiore
compromission
e delle ab. ling.
4,7 PinG 37 mesi (p.20) Rit.Psicomotori
o lieve con
maggiore
Rustioni
(protocoll
o 3)
Buono (p.81) compromission
e delle ab. ling
5,2 TPL 34-36 mesi (p.19)
34-36 mesi (p.18)
Discrepanza tra
produzione e
comprensione a
Rustioni
(protocoll
o 3)
Non superato (p.54.5)
favore di
quest'ultima
5,7 TFL 36 mesi (p.24) Dist. misto con
maggior
Rustioni
(protocoll
o 4A)
Scarso-
insufficiente (p. 36.9)
compromission
e delle comp.
ling
6,9 TFL 4-4,6 anni (p.
33)
Disab.
intellettiva, dist.
grave del ling.
Rustioni
(protocoll
o 4A)
Medio-alto (p.71.1)
espressivo,
disattenzione/
iperattività
7,7 Peabody 3,9 - 4,2 anni (p.48)
Q.I.Verbale <68
Dist.linguaggio
, deficit
attentivo, tratti
TROG-2 <1° percentile (p.57)
oppositivo-
provocatori
Tabella di valutazione delle competenze linguistico-comunicative effettuata
con i seguenti test: 'Primo Vocabolario del Bambino' (PVB- Gesti e parole;
Caselli, Casadio; 1995),'Parole n Gioco'(PinG; Bello, Caselli; 2010),'Prove di
Valutazione della Comprensione Linguistica' (PVCL; Rustioni; 1997), 'Test del
Primo Linguaggio' (TPL, Axia; 1995), 'Test Fono-Lessicale' (TFL; Vicari,
81
Marotta, Luci, 2007), 'Peabody Picture Vocabulary Test'(PPV; Dunn, ed.it.
Stella et al.; 2000) e 'Test di Comprensione Grammaticale' (TROG-2; Suraniti
et al.; 2010).
LIVELLO ADATTIVO
Tabella di valutazione del Livello Adattivo effettuata con 'Vineland Adaptive
Behaviour Scales'; Balboni, Pedrabissi, 2003.
Anni 2,8 3,9 4,7 5,7 6,9
Comunicazione p. 23
EE <1,6
aa
p. 51
EE <1,6
aa
p. 60
EE 1,7 aa
p. 69
EE 1,9 aa
p. 70
EE 1,9 aa
Abilità
Quotidiane p. 23
EE <1,6
aa
p. 64
EE 2aa
p. 106
EE 2,8 aa
p. 89
EE 2,4 aa
p. 124
EE 3,1 aa
Socializzazione p. 45
EE 1,6 aa
p. 66
EE 1,11
aa
p. 71
EE 2aa
p. 70
EE 2aa
p. 109
EE 3,2 aa
Abilità Motorie p. 63
EE <1,6
aa
p. 84
EE 2 aa
p. 90
EE 2,3aa
p. 112
EE 3 aa
p. 132
EE 4,6 aa
Diagnosi Rit.
Psicomot.
lieve
Rit.
Psicomot.
lieve con
maggiore
comprom.
delle ab.
linguist.
Rit.
Psicomot.
lieve con
maggiore
comprom.
delle ab.
linguist.
Dist. misto
con maggior
comprom.
delle
compet.
linguist.
Disab.
intellett.,
dist. grave
del ling.
espressiv.,
disattenz./
iperattiv.
82
Items
Punteggio Composito
Percentile
Dominio Generale di
Funzionamento Adattivo
50
<0.1°
Dominio Concettuale
61
0.5°
Dominio Sociale
64
0.8°
Dominio Pratico
46
<0.1°
Tabella di valutazione del funzionamento adattivo di F. all'età di 7,7 anni,
effettuata attraverso il questionario 'Adaptive Behaviour Assessment System'
(ABAS II; ed.it. Ferri, Orsini, Rea; 2014).
CAPACITA' PRASSICO-COSTRUTTIVE
Anni
4,7
5,7
6,9
7,7
Punteggio grezzo
6
8
12
15
Età Equivalente
3,6 aa
4,2 aa
5,6
6,6
Punteggio
standard
83
77
85
92
Percentile
13°
6°
16°
30°
Tabella di valutazione dell'integrazione visuo-motoria mediante il 'Test
VMI' (Beery, Buktenica;2000).
83
CAPITOLO V
DESCRIZIONE DELLA DOMANDA DI RICERCA
Il presente capitolo spiega le motivazioni, gli obiettivi e le domande alla
base dello studio, e descrive il metodo di ricerca usato per rispondere ai
quesiti emersi. E' stato condotto uno studio di tipo osservazionale-
descrittivo per analizzare se, nel territorio italiano, vi fossero altri casi di
pazienti con sindrome di DiGeorge, i quali presentassero assenza di
linguaggio per grave disprassia verbale.
Sono, altresì, discussi gli strumenti e le tecniche di raccolta ed analisi dei
dati emersi dalla seguente indagine.
5.1 Definizione ed obiettivi della ricerca
Il caso clinico di F. rappresenta un caso davvero interessante che pone
dinnanzi ad alcuni interrogativi, ai quali in letteratura non vi è ancora
risposta; invita, dunque, a condurre una ricerca più approfondita per
capire, in primis, se l'assenza di linguaggio, dovuta alla disprassia
verbale di grado severo, sia una peculiarità del singolo paziente o se si
riscontri in altri pazienti con sindrome di DiGeorge.
Come espresso già in precedenza, la disprassia verbale è una
problematica che può essere riabilitata attraverso metodiche differenti;
nel caso di F., sono stati vani i trattamenti che richiedevano la
stimolazione diretta dell'apparato fono-articolatorio perché il bambino
mostrava una forte resistenza al contatto, ma anche un'ipersensibilità del
cavo orale.
84
Si è proceduto in questo caso all'introduzione di ausili di Comunicazione
Alternativa (prevalentemente tabelle di comunicazione cartacee) che gli
hanno permesso di ampliare le sue abilità comunicative e di esprimersi,
pur conservando assenza di linguaggio verbale.
Nel caso di F. abbiamo la conferma dell'importanza della C.A.A. come
importante strumento di comunicazione; tale strumento, come dimostrato
anche in letteratura, è molto valido per la riabilitazione della disprassia
verbale, ed in casi più gravi - come appunto quello di F.- risulta essere un
compenso sostitutivo al linguaggio orale.
Dunque, un ulteriore obiettivo della ricerca è stato quello di verificare se,
tra i bambini con sindrome di DiGeorge che presentavano disprassia
verbale fosse stato intrapreso un percorso logopedico incentrato sull'uso
di strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa.
Il disegno di ricerca di tipo osservativazionale-descrittivo, considerando
che la sindrome di DiGeorge risulta essere ancora silente e poco nota nel
nostro Paese, è stato ritenuto il più idoneo per rispondere alle domande di
ricerca.
L' indagine è stata svolta in maniera telematica da marzo a settembre
2016, nel pieno rispetto della dignità e della privacy di ciascun
partecipante.
5.2 Materiali e metodi per la raccolta dei dati
Il campione che ha partecipato allo studio è stato reclutato grazie al
contributo offerto dalla Associazione Italiana Del cromosoma 22
(Aidel22) a livello nazionale; in particolare, sono stati contattati per via
telematica, attraverso e-mail, i responsabili dei gruppi Aidel22 a livello
regionale, alcuni dei quali hanno risposto attivamente al progetto di
85
ricerca, espandendo l'invito a collaborare a genitori, logopedisti ed altre
figure vicine ai pazienti con sindrome di DiGeorge.
In un primo momento, sono state condotte interviste telefoniche non
strutturate, grazie alle quali è stato possibile ricavare informazioni sulla
patologia e sulle problematiche associate, con particolare attenzione
rivolta ai problemi di linguaggio.
I dati raccolti riguardavano un campione costituito da 20 pazienti con
sindrome di DiGeorge, ma le informazioni reperite -trattandosi di
interviste libere- risultavano essere molto eterogenee tra loro e difficili da
analizzare; sono state importanti, però, le informazioni riguardo ai
trattamenti logopedici attuati.
Si è proceduto, dunque, alla formulazione di un questionario online
(illustrato in Appendice) organizzato in 18 domande, di cui 6 a risposta
aperta e 12 a risposta multipla. Il questionario è stato creato grazie
all'applicazione 'Google Drive', per accedervi occorreva un link che è
stato inviato tramite e-mail a tutti coloro i quali avessero acconsentito a
partecipare all'indagine.
Per tutelare i singoli partecipanti, si è scelto di compilarlo in forma
anonima in modo da ottenere risultati quanto più veritieri ed oggettivi;
sono state inserite informazioni personali soltanto in merito all'anno di
nascita ed al sesso del paziente.
Le domande del questionario riguardavano sia aspetti generali del quadro
clinico sindromico, sia domande specifiche in merito ad argomenti in
materia logopedica; nello specifico sono state richieste informazioni su:
storia della sindrome (diagnosi, caratteristiche cliniche, etc.);
caratteristiche e problematiche delle strutture oro-facciali
(palatoschisi, labioschisi, insufficienza velare, etc.);
86
problematiche del linguaggio espressivo e/o recettivo (disprassia
verbale, dislalia, etc.);
problemi di udito (ipoacusie, otiti, etc.);
interventi subìti;
training logopedico (efficacia, risultati, etc.);
problematiche cognitivo - comportamentali e di apprendimento.
La popolazione che ha partecipato alla ricerca è stata informata sulle
finalità dello studio e sulle modalità di raccolta ed archiviazione dei loro
dati.
5.3 Analisi dei dati e risultati
I dati raccolti attraverso il questionario sono stati organizzati ed
analizzati utilizzando la statistica descrittiva; sono stati individuati i
valori numerici e percentuali di ciascun item richiesto ed i risultati
emersi sono stati rappresentati attraverso grafici.
Sono stati compilati 27 questionari, dai quali sono emerse informazioni
riguardo al campione; in particolare, il campione è composto da 27
soggetti, dei quali 13 unità sono di sesso femminile (48,1%) e 14 unità
sono di sesso maschile (51,9% - grafico 1).
87
La distribuzione del campione per fascia d'età evidenzia che i soggetti
coinvolti sono prevalentemente di età compresa tra gli 1 ed i 28 anni.
In particolare, il 22,22% ha un'età compresa tra 0 e 5 anni (6 soggetti); la
maggioranza è costituita da soggetti di età compresa tra 6 e 10 anni (8
soggetti), con un valore percentuale pari a 29,63%; il 14,81% dei
soggetti ha un'età compresa tra 11 e 15 anni (4 soggetti); allo stesso
valore percentuale di 14,81% corrispondono anche i soggetti di età
compresa tra 16 e 20 anni (4 soggetti) e tra 21 e 25 anni (4 soggetti);
mentre il 3,7% è costituito da un solo soggetti di età compresa tra 25 e 30
anni (Grafico 2).
51,9%
48,1%
Grafico 1- Distribuzione del campione per sesso.
Valori percentuali
maschi
femmine
88
Alla terza domanda inerente alle figure genitoriali e non, coinvolte nella
compilazione del questionario, hanno risposto solo 23 unità.
Il questionario è stato compilato prevalentemente dalle mamme (16
unità), con un valore percentuale pari a 69,6 %; i papà che hanno
contribuito all'indagine sono stati solo 4, pari al 17,4%; mentre il 13% è
rappresentato da altre figure non genitoriali, ma vicine al campione, che
hanno fornito la loro collaborazione (3 unità).
Nessuno dei soggetti direttamente coinvolti ha contribuito alla
compilazione del questionario (Grafico 3).
22,22%
29,63%
14,81%
14,81%
14,81%
3,7%
Grafico 2- Distribuzione del campione per fasce d'età.
Valori percentuali
0-5 anni
6-10 anni
11-15 anni
16-20 anni
21-25 anni
26-30 anni
89
Dopo questa breve raccolta di informazioni generali sul campione, sono
state poste domande più specifiche in merito alla sindrome oggetto della
ricerca.
Nello specifico, la quarta domanda del questionario chiedeva quale
sindrome fosse stata diagnosticata, in quanto abbiamo visto
precedentemente che la sindrome può prendere varie nomenclature; la
scelta era tra ' Sindrome di DiGeorge' , 'Sindrome Velocardiofacciale' o
altro.
I risultati ottenuti hanno dimostrato una predominanza netta riferita alla
diagnosi di Sindrome di DiGeorge, registrata in 24 soggetti con una
percentuale pari all' 88,9%; mentre, nei restanti 3 soggetti è stata
riportata la diagnosi di Sindrome Velocardiofacciale (11,1% - Grafico 4).
69,6%
17,4%
0% 13%
Grafico 3- Distribuzione delle figure coinvolte nella
compilazione del questionario.
Valori percentuali.
madre
padre
diretto interessato
altro
90
La sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale risulta essere
caratterizzata da una moltitudine di sintomi e segni che rendono gli
individui che ne sono affetti diversi tra loro. Da questo quadro clinico
altamente eterogeneo, è possibile ricavare delle caratteristiche
predominanti. Gli items indicati erano:
palatoschisi
labioschisi
labiopalatoschisi
schisi della sottomucosa del palato
insufficienza velofaringea
insufficienza tubarica
disfagia o difficoltà alimentari
anomalie del viso
infezioni ricorrenti
anomali o problemi cardiaci
deficit visivi (es. astigmatismo, ipermetropia, etc.)
88,9%
11,1%
0 5 10 15 20 25 30
Sindrome di DiGeorge
Sindrome Velocardiofacciale
Grafico 4- Distribuzione del campione per diagnosi
Valori percentuali
91
difficoltà ortopediche
altro
In quest'ultimo item era possibile fornire altre problematiche non citate,
quindi era a risposta aperta.
La quinta domanda era, pertanto, inerente proprio alle problematiche
manifestate dai singoli individui; sono pervenute solo 23 risposte.
Ciascun compilatore poteva scegliere di dare più risposte; dai risultati è
emerso che le maggiori problematiche riguardano le anomalie o i
problemi cardiaci (43,5%), la presenza di infezioni ricorrenti (39,1%) e
le anomalie ortopediche (39,1%).
A seguire ritroviamo la presenza di insufficienza velofaringea (34,8%),
anomalie del viso (26,1%), disturbi visivi (17,4%), difficoltà alimentari o
disfagia (13,1%) e schisi sottomucosa del palato (13,1%).
In minor misura sono stati rilevati casi di palatoschisi (4,3) e di
insufficienza tubarica (4,3%).
Nei soggetti intervistati non sono state riscontrate problematiche inerenti
a labioschisi e labiopalatoschisi.
Per quanto riguarda, altresì, la risposta 'altro' sono emersi i seguenti
problemi: ipocalcemia (8,7%), ipoparatiroidismo ed ipotiroidismo
(8,7%), criptorchidismo (8,7%), ernie ombelicali e/o inguinali (8,7%),
problemi ai denti (8,7%), orticaria gigante (4,3%), piastrinopenia (4,3%),
assenza di timo (4,3%), epistassi (4,3%) ed agenesia renale (4,3% -
Grafico 5).
92
La sindrome di DiGeorge in alcuni casi può essere visibilmente
manifesta già durante i primi mesi di vita, ma talvolta può rimanere
silente per qualche anno tardando la diagnosi.
La sesta domanda era inerente all'età del campione nel momento della
diagnosi; dalle 27 risposte è emerso che la maggior parte dei soggetti ha
avuto diagnosi di sindrome di DiGeorge entro il primo anno di vita (16
soggetti) con una percentuale pari al 59,25%, di cui il 51,85% nei primi
sei mesi ed il 7,4% tra i 6 ed i 12 mesi di vita.
Per gli altri soggetti intervistati la diagnosi è avvenuta per il 18,52% tra i
2 ed i 3 anni (5 soggetti), per il 7,41% tra i 4 ed i 5 anni (2 soggetti), per
palatoschisi
schisi della
sottomucosa del
palato
insufficienza
velofaringea
insufficienza
tubarica
disfagia o
difficoltà
alimentari
anomalie del viso
infezioni
ricorrenti
anomali o
problemi
cardiaci
deficit visivi
difficoltà
ortopediche
ipoparatiroidism
o ed
ipotiroidismo ipocalcemia
criptorchidismo
Grafico 5- Distribuzione del campione in base alle
problematiche cliniche
93
l'11,11% tra i 6 ed i 9 anni (3 soggetti) e per il 3,7% a 21 anni (1 soggetto
- Grafico 6).
Prima di passare ad indagare le problematiche inerenti allo sviluppo
linguistico, considerando l'alta probabilità che questi pazienti hanno di
sviluppare infezioni alle vie respiratorie od i problemi connessi a
malformazioni otorinolaringee, nel settimo quesito si è rilevata la
presenza o l'assenza di problemi uditivi.
Questa informazione risulta importante anche per la valutazione dei
disturbi di linguaggio, in quanto deficit uditivi possono inficiare la
corretta recezione dei suoni linguistici, indispensabile sia per la
comprensione, ma anche per l'apprendimento dei fonemi durante lo
sviluppo del repertorio linguistico.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
entro 1
anno
2-3 anni 4-5 anni 6-9 anni 21 anni
N°
de
l cam
pio
ne
Grafico 6- Distribuzione del campione per fasce d'età alla
diagnosi
94
A tale domanda sono state rilevate 27 risposte dalle quali è risultato che
soltanto 12 soggetti abbiamo manifestato problemi uditivi, mentre i
restanti 15 hanno espresso il loro dissenso in merito alla presenza di tale
problema (Grafico 7).
Nella domanda successiva, coloro i quali avessero risposto
affermativamente alla domanda sui problemi uditivi, erano invitati a
specificare di cosa si trattasse. La scelta multipla era tra le seguenti
risposte:
infezioni frequenti (es. otite)
secrezioni dall'orecchio
ipoacusia
altro
55,6%
44,4%
Grafico 7- Distribuzione del campione in base alla
presenza/assenza di problemi uditivi
Valori percentuali
No
Sì
95
I risultati hanno affermato che tra questi 12 soggetti, il 72,7 % ha
presentato infezioni frequenti all'orecchio (8 soggetti), mentre il 45,5%
ha avuto problemi di ipoacusia (5 soggetti); il 18,2% ha sofferto di
secrezioni dall'orecchio (2 soggetti) e l'8,3% ha avuto un'altra
problematica non compresa tra le precedenti, ossia la malformazione
della chiocciola (1 soggetto- Grafico 8).
Tenendo conto delle molteplici problematiche ed anomalie emerse dai
precedenti risultati, è abbastanza frequente l'ospedalizzazione e, talvolta,
il ricorso ad interventi chirurgici da parte di questi pazienti.
Nella nona domanda si è pensato, pertanto, di sondare quali interventi
chirurgici fossero stati effettuati sul campione.
72,7%
18,2%
45,5%
8,3%
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Infezioni ricorrenti
Secrezioni dall'orecchio
Ipoacusia
Altro
Grafico 8- Distribuzione del campione in base al tipo di
problematica uditiva manifestata.
Valori percentuali
96
Tra le risposte a scelta multipla sono stati proposti quelli che, dall'analisi
della letteratura scientifica, sono risultati essere gli interventi più
frequenti nei pazienti con sindrome di DiGeorge, ossia:
intervento al palato
intervento alla faringe
intervento di sinechia velofaringea
faringoplastica
rimozione delle tonsille
rimozione delle adenoidi
intervento cardiaco
altro
A tale quesito sono pervenute solo 22 risposte, dalle quali si è evinto che
l'intervento cardiaco sia il più effettuato con un valore percentuale pari al
59,1% (13 soggetti); a seguire, ritroviamo l'intervento di sinechia
velofaringea nel 18,2% (4 soggetti), l'intervento al palato nel 9,1% (2
soggetti) e la rimozione delle adenoidi nel 9,1% (2 soggetti).
Non sono emerse risposte riguardo alle altre tipologie di intervento.
Nella voce 'altro' sono state registrate, invece, le seguenti risposte:
intervento ortopedico nel 22,73% dei casi(5 soggetti), intervento
urogenitale nel 13,64% (3 soggetti), erniotomia nel 13,64% (3 soggetti),
intervento odontoiatrico nel 9,1% (2 soggetti), intervento gastroesofageo
nel 9,1% (2 soggetti), intervento al cranio nel 4,54% (1 soggetto) e
drenaggio orecchio destro nel 4,54% (1 soggetto - Grafico 9).
97
Dopo aver raccolto informazioni generali in merito al quadro sindromico
manifestato dal campione in esame, prende avvio la parte rilevante
dell'indagine di attinenza prettamente logopedica.
La prima domanda è stata posta in merito allo sviluppo linguistico, per
rilevare la presenza o l' assenza di ritardo o disturbo di linguaggio.
Le risposte ottenute sono state 27 ed hanno registrato una marcata
presenza di tale problematica; difatti, l'85,2% ha confermato la presenza
di problemi di linguaggio (23 soggetti), mentre il 14,8% ha risposto
negativamente (4 soggetti - Grafico 10).
0
2
4
6
8
10
12
14
Grafico 9- Distribuzione del campione in base alla
tipologia di intervento chiururgico effettuato.
98
Per coloro i quali avessero risposto affermativamente, sono state poste
altre domande. In particolare, l'undicesima domanda era mirata a rilevare
l'età d'insorgenza di tale problematica; sono state registrate 22 risposte.
Dall'analisi di questi risultati è stato riscontrato che nel 36,35% dei casi il
problema di linguaggio sia emerso verso i 2 anni (8 soggetti), mentre nel
27,3% sia comparso entro il primo anno di vita (6 soggetti); nel 18,2% il
problema è stato riscontrato verso i 3 anni (4 soggetti), nel 9,1% verso i 4
anni (2 soggetti), nel 4,54% verso i 5 anni (1 soggetto) e nel 4,54% nei
verso i 6 anni (1 soggetto- Grafico 11).
14,8%
85,2%
Grafico 10 - Distribuzione del campione in base alla
presenza/assenza di problemi di linguaggio.
Valori percentuali
No
Sì
99
Dall'osservazione dei risultati emersi in merito all'età di comparsa dei
problemi linguistici, scaturisce una considerazione: è possibile notare
come i segnali predittivi di un potenziale disturbo del linguaggio si
rendano noti già entro i primi 2 anni di vita, il che presuppone l'avvio
precoce ad una valutazione logopedica ed al successivo trattamento
abilitativo/riabilitativo.
Dopo aver rilevato la presenza di problemi di linguaggio e l'età durante
la quale i segnali d'allarme siano stati riconosciuti, è bene indagare il tipo
di difficoltà manifestate; così, nella dodicesima domanda si è chiesto
quali problematiche siano state riscontrate.
Tra le risposte suggerite vi erano le seguenti:
difficoltà nello sviluppo linguistico recettivo (comprensione)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
entro 1
anno
2 anni 3 anni 4 anni 5 anni 6 anni
27,3%
36,35%
18,2%
9,1%
4,54% 4,54%
N°
de
l cam
pio
ne
Grafico 11- Distribuzione del campione in base all'età di
comparsa dei disturbi linguistici
100
difficoltà nello sviluppo linguistico espressivo (produzione verbale)
difficoltà fonologiche
difficoltà articolatorie
disprassia verbale (difficoltà nella coordinazione e nella sequenza dei
suoni linguistici all'interno delle parole)
disturbo del linguaggio (difficoltà nella formulazione di frasi,
concetti, elementi grammaticali e sintattici)
difficoltà vocali (raucedine, difficoltà respiratorie, voce affannata,
voce stridula, voce ipofonica, noduli vocali, etc.)
ipernasalità
balbuzie
fuga d'aria dal naso
altro
Per tale quesito è stato possibile registrare più risposte per ogni singolo
soggetto; dalle 23 risposte è stato possibile definire che la problematica
maggiormente emersa è inerente alla produzione verbale con un valore
percentuale pari al 78,3% (18 soggetti); a seguire abbiamo la presenza di
disturbo di linguaggio nel 65,2% dei casi (15 soggetti), difficoltà
articolatorie e difficoltà fonologiche nel 52,2% (12 soggetti), disprassia
verbale nel 39,1% (9 soggetti), ipernasalità e fuga d'aria dal naso nel
34,8%, difficoltà di comprensione nel 30,4% (7 soggetti) e difficoltà
vocali nel 17,4% (4 soggetti).
Nella risposta 'altro' in un soggetto è stata riscontrata assenza di
linguaggio orale, caratterizzato soltanto dall'emissione di alcuni suoni
coordinati.
Non sono stati riscontrati problemi di fluenza verbale, nella specifico
casi di balbuzie (Grafico 12).
101
Le problematiche di attinenza linguistico-comunicativa sono oggetto
d'interesse dei logopedisti; dunque, la successiva domanda è stata posta
per verificare se i soggetti, i quali manifestavano le problematiche
sopracitate, avessero effettuato un training logopedico.
Sono pervenute 26 risposte, dalle quali si è dedotto che l'80,8% dei
soggetti (21 soggetti) sia stato sottoposto a trattamento logopedico,
mentre il restante 19,2% ha risposto negativamente al quesito (5 soggetti-
Grafico 13).
30,4%
78,3%
52,2%
52,2%
39,1%
65,2%
17,4%
34,8%
0
34,8%
4,3%
difficoltà di comprensione
difficoltà di produzione verbale
difficoltà fonologiche
difficoltà articolatorie
disprassia verbale
disturbo di linguaggio
difficoltà vocali
ipernasalità
balbuzie
fuga d'aria dal naso
altro
Grafico 12- Distribuzione del campione in base al tipo di
problematica linguistica manifestata.
102
Si è proseguito, successivamente, ad indagare circa la durata del
trattamento logopedico intrapreso; trattandosi di una domanda a risposta
aperta, ciascun compilatore poteva specificare spontaneamente il periodo
del trattamento (es. dal...al) o la durata dello stesso (es. 2 anni).
Sono state fornite 21 risposte, dalle quali si è evinto che la maggior parte
del campione, ossia, il 38,1% attualmente è ancora in trattamento (8
soggetti); mentre, il 14,3% ha effettuato un training logopedico per 4
anni (3 soggetti) , il 9,5% ha eseguito il trattamento per 7 anni (2
soggetti), per 6 anni (2 soggetti) e per 2 anni (2 soggetti), solo il 4,8% ha
seguito un intervento logopedico per 10 anni (1 soggetto), per 9 anni (1
soggetto), per 5 anni (1 soggetto) e per alcuni mesi (1 soggetto - Grafico
14).
Sì
80,8%
No
19,2%
Grafico 13- Distribuzione del campione in base
all'attuazione o meno di trattamento logopedico.
Valori percentuali
103
Nella quindicesima domanda si è esaminata l'efficacia o meno che l'iter
logopedico abbia avuto nella risoluzione delle problematiche linguistiche
manifestate dal campione; dunque, è stato chiesto se, grazie alla terapia
logopedica, i problemi relativi al linguaggio fossero:
estinti
invariati
migliorati
Hanno risposto 23 soggetti, i quali hanno dichiarato che il 73,9% ha
avuto miglioramenti grazie al training logopedico effettuato (17
soggetti); il 21,7% ha risolto completamente i problemi linguistici
presentati (5 soggetti), mentre il 4,3 % non ha ottenuto alcun risultato
0
1
2
3
4
5
6
7
8
alcuni
mesi
2 anni 4 anni 5 anni 6 anni 7 anni 9 anni 10 anni in
corso
4,8%
9,5%
14,3%
4,8%
9,5% 9,5%
4,8% 4,8%
38,1%
Grafico 14- Distribuzione del campione in base alla durata
del training logopedico.
Valori percentuali
104
rilevante (1 soggetto), la situazione è rimasta invariata rispetto all'inizio
(Grafico 15).
Analizzando nel dettaglio il singolo percorso di ciascun campione, è
stato possibile effettuare una comparazione tra:
età del campione
problematiche anatomiche
problema comunicativo - linguistico emerso
età di comparsa del disturbo
durata ed efficacia del percorso logopedico
I dati relativi ad i singoli soggetti sono rappresentati nelle seguenti
tabelle:
4,3%
73,9%
21,7%
Grafico 15- Distribuzione del campione in base all'efficacia
del training logopedico.
Valori percentuali
invariati
migliorati
estinti
105
S1 13 anni
Problemi manifestati -palatoschisi
-insufficienza velofaringea
Interventi -sinechia velofaringea
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
-difficoltà vocali
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
9 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S2
6 anni
Problemi manifestati -schisi della sottomucosa del palato
-insufficienza velofaringea
Interventi
-sinechia velofaringea
-al palato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
-disprassia verbale
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico sì
106
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S3
3 anni
Problemi manifestati -ipoacusia
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
-ipernasalità
Età di comparsa
6 mesi
Training Logopedico
sì
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S4
3 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi
Non specificato
Età di comparsa
Alcuni mesi
Training Logopedico
sì
107
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S5
21 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-disturbo di linguaggio
-ipernasalità
Età di comparsa
4 anni
Training Logopedico
sì
Durata
2 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S6
18 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-difficoltà di comprensione
verbale
-disturbo fonologico
-disturbo articolatorio
-assenza di linguaggio verbale
Età di comparsa
5 anni
Training Logopedico
sì
108
Durata
mesi
Efficacia
I problemi sono invariati
S7
6 anni
Problemi manifestati Insufficienza velofaringea
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -disturbo articolatorio
-difficoltà vocali
-ipernasalità
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
4 anni
Training Logopedico
sì
Durata
2 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S8
9 anni
Problemi manifestati -insufficienza velofaringea
-ipoacusia
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-disturbo di linguaggio
-ipernasalità
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2,6 anni
Training Logopedico sì
109
Durata
4 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S9
14 anni
Problemi manifestati -insufficienza velofaringea
-problemi uditivi
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disprassia verbale
-disturbo di linguaggio
-ipernasalità
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
10 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S10
7 anni
Problemi manifestati -schisi della sottomucosa del palato
-problemi uditivi
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
110
-ipernasalità
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S11
3 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -disturbo fonologico
Età di comparsa
18 mesi
Training Logopedico
sì
Durata
in corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S12
16 anni
Problemi manifestati Ipoacusia
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
111
-disprassia verbale
Età di comparsa
3 anni
Training Logopedico
sì
Durata
6 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S13
21 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
-disprassia verbale
Età di comparsa
3 anni
Training Logopedico
sì
Durata
4 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S14
21 anni
Problemi manifestati Insufficienza velofaringea
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -disturbo di linguaggio
-difficoltà vocali
-ipernasalità
Età di comparsa Non specificato
112
Training Logopedico
No
Durata
//
Efficacia
I problemi sono migliorati
S15
20 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-disturbo di linguaggio
Età di comparsa
Non specificato
Training Logopedico
no
Durata
//
Efficacia
I problemi sono estinti
S16
19 anni
Problemi manifestati -Insufficienza tubarica
-schisi della sottomucosa del palato
-ipoacusia
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo fonologico
-difficoltà articolatorie
-disturbo di linguaggio
-disprassia verbale
-difficoltà vocali
Età di comparsa 18 mesi
113
Training Logopedico
sì
Durata
6 anni
Efficacia
I problemi sono estinti
S17
19 anni
Problemi manifestati Problemi uditivi
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo di linguaggio
Età di comparsa
Non specificato
Training Logopedico
sì
Durata
5 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
S18
13 anni
Problemi manifestati Problemi uditivi
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
7 anni
114
Efficacia
I problemi sono estinti
S19
9 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disprassia verbale
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
S20
7 anni
Problemi manifestati -insufficienza velofaringea
-problemi uditivi
Interventi
Sinechia velofaringea
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-difficoltà di produzione verbale
-disturbo di linguaggio
-disprassia verbale
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
6 anni
Training Logopedico
sì
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
115
S21
28 anni
Problemi manifestati Insufficienza velofaringea
Interventi
Sinechia velofaringea
Problemi linguistico-
comunicativi -ipernasalità
-fuga d'aria dal naso
Età di comparsa
2 anni
Training Logopedico
sì
Durata
6 anni
Efficacia
I problemi sono estinti
S22
6 anni
Problemi manifestati Non specificato
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di comprensione
verbale
-difficoltà di produzione verbale
-disturbo di linguaggio
-difficoltà articolatorie
-disturbo fonologico
Età di comparsa
3anni
Training Logopedico
sì
Durata
In corso
Efficacia
I problemi sono migliorati
116
S23
9 anni
Problemi manifestati Problemi uditivi
Interventi
Non specificato
Problemi linguistico-
comunicativi -difficoltà di produzione verbale
-disturbo di linguaggio
-difficoltà articolatorie
-disturbo fonologico
-disprassia verbale
Età di comparsa
3, 6 anni
Training Logopedico
sì
Durata
4 anni
Efficacia
I problemi sono migliorati
Dai risultati rilevati si nota come l'intervento logopedico abbia avuto un
forte impatto nel miglioramento dei disturbi linguistici manifestati; in
letteratura, emergono risultati positivi sia per quanto riguarda l'efficacia
della logopedia in merito alle problematiche linguistiche associate alla
sindrome di DiGeorge, ma anche in merito agli interventi chirurgici
attuati per risolvere i problemi anatomo-funzionali che interessano il
cavo orale e gli organi dell'apparato bucco-fonatorio.
A tal proposito, è stato chiesto grazie a quale intervento - logopedico,
chirurgico, etc.- si fossero manifestati i miglioramenti sul versante
linguistico.
Il quesito ha registrato 18 risposte, dalle quali è risultato che la quasi
totalità del campione ha ottenuto risultati soddisfacenti grazie
all'intervento logopedico, pari al 94,4% (17 soggetti); gli interventi
117
chirurgici attuati, associati alla logopedia, hanno permesso dei
miglioramenti nel 22,2% dei casi (4 soggetti - Grafico 16).
E' stato, inoltre, chiesto agli intervistati quale modalità di comunicazione
avessero utilizzato inizialmente i soggetti in esame (es. gesti,
vocalizzi,pianto, metodi di comunicazione non verbale, etc.) per far
fronte alle loro difficoltà comunicative e linguistiche.
Dalle 23 risposte è risultato che la maggior parte dei soggetti, circa
l'82,2%, abbia utilizzato i gesti per comunicare; nel 34,8% dei casi sono
state prodotte sillabe o paroline inintellegibili (8 soggetti), nel 30,4% il
linguaggio inizialmente era caratterizzato da vocalizzi (7 soggetti);
mentre, il 17,4% si aiutava con la mimica facciale (4 soggetti), ed il
94,4%
22,2%
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18
Logopedia
Intervento chirurgico
Grafico 16- Distribuzione del campione in base ai
miglioramenti ottenuti grazie all'intervento chiururgico e
logopedico.
Valori percentuali
118
4,3% con urla (1 soggetto) od immagini di vita quotidiana (1 soggetto -
Grafico 17).
Conclusa l'indagine attinente allo sviluppo linguistico ed alle
problematiche ad esso annesse, si è pensato di incentrare l'ultima
domanda sugli aspetti cognitivo - comportamentali e relativi
all'apprendimento.
Nella diciottesima domanda gli intervistati sono stati invitati ad indicare
quali tra le problematiche cognitivo - comportamentali e/o di
apprendimento proposte fossero emerse nel campione. Gli items
suggeriti sono stati:
difficoltà o disturbo di apprendimento
ritardo mentale
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
Gesti Vocalizzi Parole o
sillabe
inintell.
Immagini Urla Mimica
Facciale
82,2%
30,4% 34,8%
4,3% 4,3%
17,4%
Grafico 17- Distribuzione del campione in base alla
modalità comunicativa utilizzata inizialmente.
Valori percentuali
119
problemi cognitivi
ADHD (disturbo dell'attenzione ed iperattività)
disturbo dello spettro autistico
disturbo ossessivo-compulsivo
disturbo d'ansia
depressione
difficoltà nelle relazioni e nelle interazioni sociali
altro
Sono state rilevate 25 risposte, dalle quali si è desunto che il 64% dei
soggetti presenti difficoltà o disturbo di apprendimento (16 soggetti); il
48% manifesta difficoltà nelle interazioni e nelle relazioni sociali (12
soggetti); il 44% presenta problemi cognitivi (11 soggetti) ed il 28%
ritardo mentale (7 soggetti); il 16% ha un disturbo d'attenzione ed
iperattività (ADHD - 4 soggetti), l'8% soffre di depressione (2 soggetti),
di disturbo d'ansia (2 soggetti) e di disturbo ossessivo-compulsivo (2
soggetti); il 4% presenta un disturbo dello spettro autistico (1 soggetto).
Dalla voce 'altro' sono emersi, altresì, difficoltà di attenzione e problemi
emotivi nel 12% dei casi (3 soggetti); difficoltà visuo-spaziali (2
soggetti) ed irritabilità (2 soggetti) nell'8%; difficoltà mnesiche (1
soggetto) e lentezza (1 soggetto) nel 4% (Grafico 18).
120
5.4 Discussione
I risultati di questo studio, rilevati per mezzo del questionario online e
delle interviste telefoniche, hanno dimostrato come la sindrome di
DiGeorge abbia delle ripercussioni sull'intero funzionamento
dell'individuo.
64%
28%
44%
16%
4%
8%
8%
8%
48%
12%
8%
12%
4%
4%
8%
diff./dist. Di apprendimento
ritardo mentale
problemi cognitivi
ADHD
dist. Sprettro autistico
dist. Ossessivo-compulsivo
dist. D'ansia
depressione
diff. Relazioni/interazioni
sociali
diff. Attentive
diff. Visuo-spaziali
diff. Emotive
diff. Mnesiche
lentezza
irritabilità
Grafico 18- Distribuzione del campione in base al tipo di
problematica cognitivo-comportamentale e di
apprendimento manifestata.
Valori percentuali
121
Trattandosi di una ricerca prettamente di ambito logopedico, si è cercato
di approfondire le problematiche linguistiche e comunicative.
L'indagine ha permesso di rispondere ai quesiti scaturiti dall'analisi del
caso clinico di F., affetto da sindrome di DiGeorge associata a disprassia
verbale di grado severo, e caratterizzato da assenza di linguaggio verbale,
compensata grazie ad ausili di C.A.A..
Il primo interrogativo era volto ad indagare se nel territorio nazionale, tra
la popolazione con sindrome di DiGeorge, vi fossero pazienti che
presentassero assenza di linguaggio come F.; sia grazie alle interviste
telefoniche effettuate in precedenza, che alla compilazione del
questionario, i risultati emersi hanno confermato che F. sia l'unico
paziente con sindrome di DiGeorge che presenti assenza di linguaggio.
La causa che impedisce, in primis, a F. di comunicare è proprio la grave
disprassia verbale che egli manifesta sin dai primi anni di vita; si è
proceduto a rilevare, pertanto, la presenza di disprassia verbale in altri
pazienti con sindrome di DiGeorge.
Dal campione intervistato, è stato possibile dedurre che il 39,1%
presentasse difficoltà linguistiche dovute alla disprassia verbale.
Da ulteriori approfondimenti, è stato possibile verificare che questi
pazienti, grazie ad interventi logopedici attraverso diverse modalità
riabilitative, avessero ottenuto miglioramenti sul versante linguistico,
risolvendo completamente o parzialmente il problema.
Per quanto riguarda le metodiche utilizzate, è stato chiesto a genitori e
logopedisti di descrivere l'iter logopedico effettuato dal singolo paziente
per individuare le tecniche e le modalità d'intervento.
Da quest'ulteriore analisi, è emerso che la maggior parte dei pazienti sia
stato riabilitato con il metodo PROMPT, che come abbiamo visto nel
122
capitolo II, rappresenta una valida metodica per la riabilitazione della
disprassia verbale.
E' stato utilizzato, con successo, il metodo oralista cognitivo De Filippis,
elaborato inizialmente per la riabilitazione di bambini sordi e,
successivamente, intrapreso nel trattamento dei bambini con disprassia
verbale.
Nessuno dei soggetti intervistati ha fatto ricorso a strumenti di C.A.A.;
alcuni logopedisti si sono serviti di immagini, simili ai simboli PCS, per
elicitare visivamente la produzione dei fonemi.
E' stato individuato, inoltre, un trattamento del tutto particolare ed
originale grazie al quale si sono ottenuti miglioramenti nella produzione
verbale di un bambino affetto da sindrome di DiGeorge e disprassia
verbale; a tal proposito si rimanda al capitolo seguente.
Tra i limiti del presente studio ci sono, sicuramente, quelli relativi al
campione ridotto, che non permette una generalizzazione dei risultati; un
altro limite è caratterizzato dal reclutamento del campione, in quanto si
tratta di una sindrome poco conosciuta nel nostro Paese e difficilmente
diagnosticabile in età precoce.
Questo aspetto ha generato in me riflessioni estremamente significative
circa l'impatto che una ricerca sulle problematiche linguistico-
comunicative e sui limiti funzionali che il quadro clinico globale possa
avere nella vita dei pazienti oggetto della ricerca.
123
CAPITOLO VI
PROPOSTA D’INTERVENTO LOGOPEDICO IN UN
PAZIENTE CON SINDROME DI DIGEORGE ASSOCIATA
A DISPRASSIA VERBALE
Nel seguente capitolo, a conclusione della ricerca effettuata, verrà
illustrato un trattamento riabilitativo multimodale effettuato con un
paziente affetto da Sindrome di DiGeorge associata a disprassia verbale;
l'integrazione di diverse metodiche, quali il PROMPT, il metodo Zora
Drezancic, il gesto a supporto dell'articolazione e gli stimoli visivi, ha
permesso lo sviluppo del linguaggio, partendo dall'ampliamento
dell'inventario fonetico, arrivando alla composizione della struttura
frasale, degli elementi morfosintattici, etc.
6.1 Cenni anamnestici e storia clinica
Il paziente descritto è A., un bambino di 5,6 anni affetto da Sindrome di
DiGeorge; è secondogenito, nato da una gravidanza normodecorsa con
parto eutocico alla 35esima settimana ed un peso alla nascita di 2,080 kg
(Apgar non segnato in cartella clinica).
Per quanto attiene allo sviluppo psicomotorio e linguistico emerge che la
deambulazione sia stata acquisita intorno ai 16 mesi, mentre la lallazione
sia stata assente.
L'apparato fonatorio appariva estremamente deficitario con presenza di
ipotonia vistosa, scarso contatto bilabiale e respirazione orale, instabilità
nei movimenti verticali mandibolari, assenza di controllo nei movimenti
orizzontali labiofacciali, linguali e sequenziali, associato a marcate
124
difficoltà nel sostegno fonatorio; la lingua assumeva spesso una
posizione neutra, eseguendo movimenti limitati in direzione antero-
posteriore.
Non erano riferite dai genitori difficoltà di alimentazione o di
deglutizione.
A. giungeva presso il Centro "Tralerighe" di Neuropsicologia, Logopedia
e Psicoterapia sito in Roma, nel maggio 2015 all'età di 4 anni; la richiesta
di valutazione emergeva dal momento che il bambino mostrava un
vistoso ritardo neuromotorio ed una totale assenza di produzione verbale,
associata ad ipotonia diffusa.
A. mostrava un'adeguata intenzionalità comunicativa associata ad una
buona triangolazione di sguardo; era timido ed insicuro nel relazionarsi
ad un adulto meno familiare, specie se ad essere valutata era la sua
prestazione verbale.
Era presente un buon contatto oculare, sebbene si rilevasse da subito
un'inadeguata posturazione; ed era presente anche lo schema d'azione
con l'oggetto ed il gioco simbolico, quest'ultimo non in sequenza.
Inizialmente, il linguaggio di A. era quasi del tutto assente, caratterizzato
da fonemi occlusivi per lo più velari, singolarmente prodotti o all'interno
di strutture sillabiche semplici CV, non sempre prodotti in modo
intenzionale, associato all'uso di alcuni gesti comunicativi, deittici e
referenziali prodotti con approssimità esecutiva.
La produzione verbale, pertanto, era caratterizzata quasi esclusivamente
da suoni onomatopeici ed idiosincrasie.
125
6.2 Valutazione neuropsicologica e logopedica
Come già accennato nel precedente paragrafo, la valutazione
neuropsicologica e logopedica è stata effettutata tra maggio e giugno
2015; gli strumenti di osservazione utilizzati sono stati:
• Test Thal e Bates (D. Thal, E. Bates);
• Raccolta di un campione di Linguaggio Spontaneo;
• System Analysis Osservation and Motor Speech Hierarchy-
Approccio PROMPT.
Per quanto riguarda l'aspetto comportamentale, il bambino è stato
descritto dai familiari senza particolari difficoltà a relazionarsi con
l'adulto e con il coetaneo, anche se la sua apertura all'altro, spesso,
risultava essere inficiata dal forte carico di ansia prestazionale.
Ad un primo incontro con l'operatore, non si rilevavano particolari
problematiche a carico della sfera socio-relazionale.
L'esplorazione dell'ambiente prediligeva, da sempre, uno stile di tipo
percettivo - visivo. Presente fin da subito l'interazione viso a viso con
l'operatore, anche se con brevi tempi di fissazione.
Mentre, per quanto concerne l'area ludico-simbolica, nel test 'Thal-
Bates', A. non denominava gli oggetti presentati. L'etichetta gestuale era,
invece, presente anche se non in modo ricco e stabile.
Nel test di 'Donna-Thal', il bambino era in grado di effettuare il gioco
simbolico (far finta di...), ma non in sequenza. Il gioco simbolico era,
infatti, presente nelle sue primissime fasi, ed in relazione al quadro di
immaturità globale del bambino il setting ed il materiale dovevano essere
preliminarmente ordinati e strutturati, e solo successivamente è stato
proposto ad A. uno schema d'azione con l'oggetto preciso e puntuale.
126
Dalla somministrazione della 'System Analysis Observation and Motor
Speech Hierarchy' si osservava:
Funzione neuromotoria
• Tono del corpo
• Riflessi
compromissione al 100%
• vistosa ipotonia e posturazione
instabile
• integrati i principali riflessi
arcaici
Controllo fonatorio
compromissione al 66%
Controllo mandibolare
compromissione al 100%
• grading mandibolare emergente,
ma immaturo con compensi
labiali
• link per i fonemi motori /a/, /ɔ/,
/p/, /b/, /m/
• link per i fonemi motori /t/, /d/,
/n/
Controllo labio-facciale
• movimenti delle labbra
• movimenti dei muscoli
labio-facciali
compromissione al 100%
• assenza di controllo labio-
facciale e di indipendenza
nell'uso funzionale delle labbra
rispetto al movimento verticale
127
mandibolare, A. non riusciva a
retrarre e presentava alcune
difficoltà nella protrusione delle
labbra
• link per i fonemi motori /p/, /b/,
/m/, /u/, /o/, /e/, /i/
Controllo linguale
compromissione al 75%
• /t/, /d/, /n/ attraverso la
contrazione linguale /e/, /i/
raggiungendo un miglior
controllo sul piano labio-
facciale
Integrazione
• sequenzializzazione,
prosodia
compromissione al 100%
Dal quadro emerso durante la valutazione, è stato possibile stabilire
diversi obiettivi suddivisi per aree d'interesse. Nello specifico sono stati
individuati i seguenti obiettivi:
-area ludico-simbolica: gioco simbolico a più sequenze attraverso una
serie di script di azioni di vita quotidiana, centrate e decentrate,
accompagnate da verbalizzazione al fine di stimolare la produzione
verbale di A., in parallelo al lavoro svolto in ambito percettivo -
fonemico ed ai link per i fonemi motori stabiliti in base alla progressione
128
evolutiva fonemica ed attraverso la 'System Analysis Observation' della
Motor Speech Hierarchy; considerata l'immaturità globale del bambino,
il setting terapeutico doveva presentarsi precisamente strutturato ed
organizzato, e prevedere schemi d'azione con gli oggetti puntuali ed
accurati, per poi progressivamente procedere ad un incremento della
sequenza proposta; un altro obiettivo sul quale lavorare era attinente alla
gestualità in associazione all'output verbale, ossia all'uso del gesto
associato alla produzione verbale come sostegno e rinforzo dello stesso,
ed all'uso separato delle dita della mano;
-funzioni esecutive: potenziamento delle capacità di attenzione visiva ed
uditivo - verbale, e dell'autoregolazione corporea, attraverso attività
ludiche di tipo percettivo sempre in relazione alle attività specifiche
fonetico - fonologiche proposte ed alla costruzione di un lessico motorio
specifico, favorendo altresì l'allerta tonica e fasica all'interno di giochi ed
attività che prevedano anche il rispetto di semplici regole come la
turnazione (autoregolazione, aumento delay risposta, etc.);
-competenze motorio-prassiche: lavoro specifico sulla gestualità e sulla
microsequenzialità delle dita, per favorirne l'indipendenza distale;
essenziale prevedere all'interno del gioco strutturato un lavoro specifico
volto a far emergere una prima opposizione delle dita, attraverso l'uso di
materiale dalla consistenza diversa (es. pongo, carta, perline), in cui si
rende necessario regolare la pressione esercitata sull'oggetto, e sulla
gestualità simbolica per arrivare a potenziare anche la prestazione del
bambino in compiti di tipo manuale (autonomia), sempre in integrazione
con gli obiettivi proposti negli altri ambiti;
-competenze linguistiche e livello fonetico - fonologico: introduzione
dei giochi fonici per le vocali, privilegiando le vocali che implicano un
controllo dei movimenti sul piano verticale mandibolare /a/, /ɔ/;
129
presentazione dei giochi fonici partendo dai fonemi anteriori bilabiali /p/,
/b/ e /m/ attraverso un training percettivo ed articolatorio ed attraverso il
PROMPT, successivamente /t/, /d/ e /n/ e la comparsa di fonemi vocalici
e consonantici con necessità di controllo labio-facciale, e con contrazione
dell'apice linguale; lavoro specifico di diadococinesi e di sequenzialità
fonetico-articolatoria, partendo dalla sillaba nucleare (CV) con le vocali
inserite nel repertorio fonetico del bambino; essenziale prediligere in
questa prima fase i parameter PROMPT, lavorando sulla corretta
posturazione del corpo e del distretto oro-facciale ed agendo sul controllo
emergente del grading mandibolare, inserendo anche i Surface PROMPT
ed i Syllable PROMPT; lavoro specifico sequenziale (CV- VCV- VCCV-
CVCV- CVCCV) con i fonemi consonantici e vocalici introdotti in base
al controllo motorio raggiunto, dapprima in duplicazione e,
successivamente, con la variazione del fonema vocalico ed incremento
della produzione del bambino, con la creazione di un lessico specifico,
tenendo presenti i link motori per i fonemi, e la progressione fonemica
evolutiva in associazione al lavoro svolto in ambito ludico-simbolico ed
alla capacità di sequenziare di A.; lavoro in produzione fonetico-
articolatoria con gesto a supporto dell'articolazione e gesto PROMPT.
6.3 Training logopedico
A. inizia un trattamento logopedico con frequenza bisettimanale presso il
Centro "Tralerighe" di Roma, seguito dalla logopedista Eleonora Ciaglia.
Al suo arrivo mostrava una lieve insufficienza velare e per compensare
questa difficoltà aveva una tendenza a posteriorizzare i suoni; si
osservava un'ipotonia marcata e vistosa, che è tutt'ora presente, sulla
quale si è lavorato anche sull'addome, con contrazione addominale.
130
Presentava una lassità legamentosa ed un'ipotonia a livello delle dita,
pertanto, si è lavorato con la motricità fine intenzionale, attraverso abilità
manuali, posizione pollice-indice sempre in associazione all'aspetto
verbale.
Per quanto riguarda il controllo mandibolare, questo era estremamente
scarso, il grading mandibolare era adeguato ma piuttosto immaturo,
soprattutto per quanto riguarda il controllo della muscolatura oro-labio-
facciale, quindi il bambino non produceva quasi nulla di comprensibile.
Quando è arrivato utilizzava esclusivamente il metodo dell'anchilosi, era
ancorato ad un'immagine e basta, senza integrazione del verbale.
Sin dall'inizio si è cercato di lavorare su più cose; A. quando ha iniziato
il trattamento non presentava nemmeno un gioco simbolico in sequenza,
quindi si è lavorato sul gioco simbolico, al cui interno però vi era inserito
tutto il lessico motorio che occorreva: si è lavorato sui link motori che
sono emersi dal 'System Analysis Observation' del PROMPT, creando un
lessico motorio sia per immagini, sia da sviluppare concretamente
all'interno di attività ludiche.
Questo lessico motorio aveva un rinforzo sia visivo che cromatico, ad
esempio il colore 'rosso' per il soggetto, il colore 'verde' per i verbi ed il
colore 'blu' per il complemento oggetto.
Inizialmente non veniva richiesta nella strutturazione frasale, sia sul
piano visivo che nel gioco, né il verbo prodotto verbalmente, né il
complemento oggetto; altresì, veniva richiesto verbalmente soltanto il
soggetto, con aiuto attraverso i parameter PROMPT per l'aggiustamento
della mandibola - quindi la posturazione adeguata della mandibola- per
accompagnarla proprio, sia con i surface con i syllable PROMPT per
produrre il movimento labio-facciale che mancava e bisognava spostarlo
131
nella porzione più anteriore, proprio perché A. tendeva ad andare verso
la parte più posteriore del cavo orale.
Sono stati utilizzati questi livelli di prompt integrati per permettere ad A.
di produrre etichette adeguate per i soggetti, ma sempre prendendo in
considerazione il lessico motorio del bambino.
Ad esempio, la parola 'mamma' è prodotta senza spostamenti tra i piani
articolatori, implica un controllo sul livello verticale mandibolare;
quindi, per fargli produrre in maniera corretta questi fonemi in
successione si è lavorato con il metodo PROMPT, mentre per il fonema
consonantico o vocalico singolo con il metodo di Zora Drezancic.
Dopodiché, sono stati messi in sequenza: prima si è lavorato con la
sillaba 'ma' con delle sequenze (es. la mamma che va verso il papà) con il
rinforzo dei cubetti, quindi il rinforzo cinestesico.
Poi si è passati ad altre parole, ad esempio la parola 'peppa', nella quale
c'è uno spostamento di piano: c'è la /e/ che implica un controllo labio-
facciale con le labbra in retrazione, e subito dopo c'è un controllo sul
piano mandibolare verticale. Per produrre questo tipo di parola,
bisognava lavorare prima sul fonema consonantico /p/, poi metterlo in
sequenza alternata (CV-CV), in diadococinesi quindi in sequenzialità
ravvicinata (CVCCV).
Si è lavorato con il rinforzo visivo cromatico e cinestesico, con i cubetti
o con altri materiali per lavorare sulla sequenzialità all'interno di attività
ludiche; man mano A. ha costruito un lessico motorio ad hoc, accettando
comunque delle approssimazioni motorie (ad esempio, prima di dire
'peppa' ha imparato a dire 'pappa').
A. doveva produrre verbalmente l'etichetta del nome che è il soggetto, e
poi,invece, per il verbo utilizzava l'etichetta gestuale. Quindi, si è
132
introdotto da subito il gesto a supporto dell'articolazione per quanto
riguarda il verbale.
E' stato utilizzato il PROMPT in associazione alla gestualità simbolica,
ad esempio, prima le frasi erano prodotte all'interno del gioco, si faceva
scegliere ad A. se la mamma deve andare a fare la pappa o la nanna, e
pertanto il bambino deve dire 'mamma' accompagnato da qualunque
aiuto al bambino servisse in quel preciso istante, più l'etichetta gestuale
che in quel caso era il simbolo del 'mangiare' o del 'dormire'.
L'enunciato è una prassia, ed è una prassia sia articolatoria che mentale:
il bambino con disprassia verbale non sa rappresentarsi quello che deve
produrre, nè pianificare la sequenza degli elementi per arrivare a
produrlo, allo stesso identico modo in cui non sa ben pianificare la
sequenza che gli serve per andare a prendere un oggetto, quindi quello
che deve fare con la mano (disprassia generalizzata).
Bisogna, in primis, accompagnare il bambino a spezzettare un elemento,
dopodiché si aiuta a metterlo in sequenza, successivamente si aumenta la
complessità della sequenza.
Dunque, se in quel determinato momento il bambino mostrava difficoltà
perché chiedergli di dire oralmente 'mamma pappa' era chiedergli un
prolungamento più grosso della sequenza, gli si è chiesto di produrre
verbalmente soltanto 'mamma', prodotta in maniera più o meno corretta,
anche accettando approssimazioni motorie, associata all' etichetta
gestuale della 'pappa'.
Ma in lui già si stava costruendo la rappresentazione mentale di come
dovesse essere formulata la frase, perché la struttura frase suddivisa per
livelli cromatici differenti ( rosso = soggetto, etc.) era fatta fare per ogni
cosa : sequenza dei chiodini, sequenza con il mais, sequenza con i
cubetti, etc.
133
Variando le diverse consistenze, sono state svolte diverse attività
affinché il bambino abbia interiorizzato quella sequenza;
successivamente, è stato costruito un quaderno che è fatto col lessico
motorio (soggetto - verbo - complemento oggetto); anche qui, è stata
aumentata la sequenza cromatica ed il bambino man mano è stato portato
a fare la sequenza rosso-verde -blu.
A. ha il suo quadernino costituito da immagini concrete (foto), ed è in
continuo aumento rispetto alle richieste della vita quotidiana e tutto
questo egli lo esprime verbalmente. A. ha un quaderno funzionale per la
scuola, costituito dai vari elementi del lessico motorio che lui utilizza, lo
schema per le frasi (creato in power point, in word), i gesti a supporto
dell'articolazione perché il PROMPT, come già detto, è un supporto di
natura cinestesica, ma non sempre questo tipo di supporto è funzionale
per il bambino e non sempre in quel preciso istante. Dunque, si
accompagna il lessico motorio con il gesto a supporto dell'articolazione o
con il PROMPT, a seconda di quello che vedo che in quell'istante
funziona meglio. Non è escluso, pertanto, l'aspetto verbale, ma l'aspetto
verbale accompagna la costruzione della frase che lui ogni volta
compone.
Per allenare la discriminazione fonologica ed il suo controllo, ossia il
feedback a posteriori carente in questi bambini, si usa un supporto visivo
cromatico anche a livello fonologico: ad esempio, il fonema /p/ è di
colore blu, il fonema /t/ è di colore rosso, il fonema /k/ è di colore giallo,
etc.; lui queste cose le sa perché è stato allenato all'associazione fonema-
colore, quindi ogni volta che gli si dice di prendere un suono, lui prende
il colore associato, dopo di che viene prodotto in sequenza e lui deve
essere in gradi controllare il piano articolatorio. Sono prevalentemente
non parole; ad esempio nella parola 'PE-TA-PE' (illustrata nel riquadro
sottostante), si deve passare da un controllo orizzontale, poi verticale, ed
134
infine orizzontale; questo esercizio aiuta nella sequenzializzazione e
nella diadococinesi.
PE TA PE
Il bambino disprattico, sostanzialmente, ha una difficoltà di
automatizzazione delle procedure, ha un metodo di apprendimento molto
difficile, molto lento e quindi ha bisogno sostanzialmente di essere
bombardato di stimoli.
La disprassia, in generale, è una difficoltà di integrare gli stimoli , più
gliene vengono dati e meglio è, e spesso e volentieri non è detto che sia
lo stimolo cinestesico che manchi in quel momento al bambino.
L'ASHA (American Speech-Language-Hearing Association) sostiene, per
quanto attiene a tutta la gerarchia del controllo motorio, che la pratica nel
trattamento della disprassia verbale dev'essere costante ed estremamente
ripetitiva, si devono inserire delle variabili perché hanno bisogno di
costruire delle reti neurali variando i metodi all'interno.
6.4 Follow-up e conclusioni
Nel marzo 2016, all'età di 4,10 anni e dopo 10 mesi di terapia
logopedica, A. è stato rivalutato; dalla somministrazione della 'System
135
Analysis Observation and Motor Speech Hierarchy' è emerso il seguente
quadro:
Tono muscolare
compromissione al 50%
Controllo fonatorio
compromissione al 33%
Controllo
mandibolare
-1° priorità nel
trattamento logopedico:
lessico motorio specifico
-uso di Parameter,
Surface e Syllable
PROMPT
compromissione al 50%
• link per i fonemi motori /a/, /ɔ/, /p/,
/b/, /m/
• link per i fonemi motori /t/, /d/, /n/
attraverso la mandibola
Controllo labio-
facciale
-2° priorità nel
trattamento logopedico
compromissione al 33%
• il contatto bilabiale avviene in modo
maggiormente indipendente dalla
mandibola
Controllo linguale
-3° priorità nel
compromissione al 25%
• buoni i movimenti eseguiti con
136
trattamento logopedico contrazione apicale linguale; presenti
i movimenti linguali nella sezione
media e medio-posteriore
Integrazione
• ancora deficitaria, ma da favorire,
accettando approssimazioni nel
timing
La produzione verbale di A. si presenta molto più intenzionale, anche su
comando e richiesta specifica, e si rileva un notevole incremento del
lessico motorio; risultano ancora presenti produzioni a carattere
onomatopeico ed idiosincratico, spesso in momenti di disregolazione
emotiva e di agitazione motoria.
A. presenta, dunque, un maggior controllo motorio articolatorio sul piano
verticale mandibolare, sul piano orizzontale e labio-facciale e sul
controllo motorio linguale; ci sono miglioramenti anche nel sostegno
fonatorio, con possibile prolungamento nella stringa fonemica in
sequenza, e nel controllo sequenziale motorio.
A. è stato avviato alla strutturazione della frase nucleare Soggetto -
Verbo - Oggetto in condizioni di prompting con parole contenenti i
fonemi oggetto di trattamento e ad alta valenza comunicativa, anche in
modalità bimodale, in cui il gesto arricchisce e potenzia la componente
verbale. Comincia ad introdurre i funtori, le preposizioni, ed è in grado di
comporre domande.
Il bambino ha sviluppato, e continuerà ad incrementare, il vocabolario
recettivo ed espressivo attraverso materiale ludico di diverso genere e
mediante l'uso di rinforzi visivi, gestuali e cinestesici.
137
Ha elaborato un quaderno dei resti per raccogliere i suoi ricordi, e che
spesso utilizza per produrre frasi relative ad eventi vissuti direttamente
da A. , aiutandosi con oggetti che possano elicitarli il racconto.
A. utilizza il gesto a supporto dell'articolazione, in assenza delle
immagini incrementando il versante motorio - verbale. Talvolta, è
impulsivo e tende a non pianificare, evitando il gesto a supporto
dell'articolazione, elemento per lui indispensabile.
Permangono difficoltà di sequenzializzazione, soprattutto nel passaggio
repentino tra i diversi piani articolatori, ma sostanzialmente la
coarticolazione è buona.
Prevalentemente desonorizza i suoni, mostrando fatica a sonorizzarli, e
questa è una peculiarità dei bambini con disprassia verbale.
Dalla valutazione di controllo emergono miglioramenti anche per quanto
riguarda l'attenzione focalizzata e sostenuta al compito (focus e durata).
Il trattamento logopedico proseguirà per favorire il raggiungimento di un
controllo mandibolare ancora più maturo e stabile, favorendo il
raggiungimento della sequenzialità e della coarticolazione, attraverso
movimenti rapidi e di ridotta ampiezza, all'interno di una pratica costante
e ripetitiva (diadococinesi e sequenzialità fonetico-articolatoria). Inoltre,
si aumenterà la complessità sillabica CVCV, CVCCV e CVCVCV con
fonemi consonantici e vocalici duplicati, e solo successivamente con
variazione di vocale, con rinforzo visivo e cinestesico; produzione di
parole complete significative (aggancio semantico) ed incremento del
vocabolario.
In ambito motorio-prassico si continuerà a lavorare per il potenziamento
della tonicità e della motricità fine intenzionale delle dita, favorendo un
138
uso selettivo delle stesse (abilità motorie sequenziali in singolo compito
ed in attenzione simultanea).
Il percorso di A., sebbene sia ancora in una fase iniziale, pone le basi per
un buon recupero funzionale delle funzioni linguistico - comunicative.
Non è possibile stabilire un termine di paragone tra la storia di A., quella
di F. e quelle del campione che ha partecipato alla ricerca; ogni bambino
ha la sua storia clinica, ma soprattutto le sue difficoltà che non sempre
riescono a risolversi con la mera terapia logopedia e/o chirurgica.
La disprassia verbale può dipendere da problematiche anatomo-
funzionali (es. insufficienza velofaringea, palatoschisi, etc.) e può
presentarsi sotto varie forme, dalla forma lieve alla forma grave; in
quest'ultimo caso, i margini di miglioramento saranno ridotti e non
sempre sarà possibile stabilire una comunicazione verbale. Per tale
ragione, occorre scegliere il metodo riabilitativo più appropriato, tenendo
conto sia della gravità del problema, ma dei limiti che tale disturbo pone
allo sviluppo linguistico.
Lo scopo primario di ciascun metodo logopedico è sicuramente quello di
rispondere alle esigenze comunicativo - espressive del singolo paziente;
nei casi in cui sia possibile stabilire una comunicazione verbale (es.
disprassia verbale lieve-moderata) i metodi a disposizione saranno
sicuramente il metodo PROMPT, il metodo di Zora Drezancic, il metodo
De Filippis, etc. , ma nei casi più severi (es. disprassia verbale grave o
aprassia verbale) - come si può vedere nel caso di F. - si ricorrerà a
metodi di Comunicazione Aumentativa Alternativa permettendo al
soggetto di sfruttare tutto ciò che appartiene al linguaggio non verbale.
139
CONCLUSIONI
Il presente studio ci ha permesso sicuramente di approfondire la nostra
conoscenza in merito alla relazione tra la sindrome di DiGeorge e la
disprassia verbale, con particolare rilevo per quel che concerne il
trattamento riabilitativo di questa problematica linguistico -
comunicativa.
Si è cercato di dimostrare , attraverso la descrizione di un caso clinico, le
molteplici utilità derivanti dall'utilizzo di strumenti di Comunicazione
Aumentativa Alternativa in soggetti con disabilità linguistico -
espressive.
Tale metodologia, difatti, garantisce a F. l'imprescindibile diritto alla
comunicazione permettendogli di esprimersi e di comunicare
indipendentemente dall'uso del linguaggio orale ed offrendo allo stesso la
possibilità di avvalersi di ausili comunicativi.
L'ausilio di comunicazione non è un semplice dispositivo tecnico, ma un
tramite nelle relazioni tra la persona, i suoi ambienti di vita e le attività
che svolge: è uno strumento di cui è impossibile farne a meno.
Il caso di F. ha suggerito la presente ricerca per individuare se vi fossero
altri pazienti con la sua stessa condizione, ossia con sindrome di
DiGeorge ed assenza di linguaggio dovuta ad una grave disprassia
verbale.
Dopo aver condotto un’indagine preliminare, grazie alla quale sono stati
forniti molteplici racconti di ciascun paziente in merito alla storia clinica,
alle difficoltà emerse, ai trattamenti riabilitativi effettuati, etc., si è
140
pensato di elaborare un questionario online (inviato tramite e-mail a
coloro i quali abbiano deciso di collaborare volontariamente al progetto),
anonimo e di facile somministrazione.
La formulazione del questionario è subentrata dal momento che le
informazioni rilevate precedentemente attraverso interviste non
strutturate, condotte per via telematica, risultavano essere troppo
eterogenee tra loro e pertanto difficili da analizzare.
I dati raccolti dalla compilazione dei questionari sono stati trattati in
forma anonima e riservata, secondo quanto previsto dalla vigente
normativa sulla privacy.
Alla luce dei risultati ottenuti dalla compilazione di 27 questionari è
possibile concludere che la ricerca abbia fornito un esito negativo per
quanto riguarda la rilevazione di altri casi clinici caratterizzati da assenza
di linguaggio verbale.
Tra i pazienti che manifestavano disprassia verbale - il 39,1% del
campione, ossia 9 soggetti su 27- non sono stati individuati trattamenti
riabilitativi incentrati sulla C.A.A.
Tuttavia, sono state riscontrate altre tecniche riabilitative efficaci per lo
sviluppo del linguaggio verbale,e per la riabilitazione della disprassia
verbale evolutiva: il metodo PROMPT, il metodo De Filippis, etc.
Inoltre, è emerso che una peculiarità di questi pazienti sia la presenza di
fuga d'aria dal naso che si traduce, solitamente, con una
ipernasalizzazione che ne inficia l'intelligibilità della produzione verbale,
oltre alla presenza di disturbi di apprendimento in età scolare.
141
L'aspetto rilevante è rappresentato dal ruolo del logopedista, che risulta
essere molto importante all'interno della sindrome di DiGeorge; in
quanto quest'ultima è caratterizzata da diverse problematiche linguistico
- comunicative (disturbi di linguaggio, difficoltà di comprensione,
disturbo fonologico, difficoltà articolatorie, etc.), ma anche da difficoltà
nella deglutizione e nell'alimentazione che possono compromettere la
vita stessa del paziente.
In conclusione, si ricorda che nei pazienti con sindrome di DiGeorge
risulta indispensabile un intervento multidisciplinare dal momento che,
oltre alle problematiche precedentemente descritte, al quadro sindromico
sono associati problemi anatomo-funzionali, disturbi comportamentali,
difficoltà nelle relazioni sociali, etc.
Dunque, per quanto riguarda l'ambito logopedico, si consiglia una
valutazione delle abilità oro-motorie, deglutitorie, linguistiche e
comunicative già durante i primi mesi di vita: un intervento logopedico
precoce potrebbe costituire un elemento positivo per garantire lo
sviluppo di alcune abilità deficitarie, ma che assumono un'importanza
fondamentale per quel che riguarda anche la qualità della vita di questi
pazienti.
142
APPENDICE
Appendice -1 CARTA DEI DIRITTI ALLA COMUNICAZIONE
143
Appendice -2 QUESTIONARIO
1.Data di nascita: __________
2.Sesso:
M
F
3. Il questionario è compilato da:
Madre
Padre
Diretto interessato
Altro : __________
4. Quale tra le seguenti sindromi è stata diagnosticata?
Sindrome Velocardiofacciale
Sindrome di DiGeorge
Altro: __________
Il presente questionario verrà utilizzato per un’indagine logopedica
condotta dalla laureanda Miriana G. Galtieri in merito alla correlazione
tra la Sindrome di DiGeorge e la disprassia verbale.
I dati raccolti saranno trattati in forma anonima e riservata, secondo
quanto previsto dalla vigente normativa sulla privacy.
Grazie per l'attenzione e per la collaborazione.
144
5.Quali tra le seguenti caratteristiche ha riscontrato?
palatoschisi
labioschisi
labiopalatoschisi
schisi della sottomucosa del palato
insufficienza velofaringea
insufficienza tubarica
disfagia/ difficoltà alimentari
anomalie del viso
infezioni ricorrenti
anomalie/ problemi cardiaci
deficit visivi (es. astigmatismo, ipermetropia, etc.)
difficoltà ortopediche
altro: __________
6. A quanti anni è stata diagnosticata la sindrome? _____
7. Si sono manifestati problemi uditivi?
Si
No
8. Se sì, di che genere?
infezioni frequenti (es. otite)
secrezioni a carico dell’orecchio
ipoacusia
altro: __________
9. Interventi chirurgici effettuati: (anche più risposte)
intervento al palato
intervento alla faringe
intervento di sinechia velofaringea
faringoplastica
145
rimozione delle tonsille
rimozione delle adenoidi
intervento cardiaco
altro: __________
10. Sviluppo linguistico: è’ stato riscontrato un ritardo/ disturbo di
linguaggio?
sì
no
11.A che età è stato rilevato questo problema? __________
12. Indichi le problematiche riscontrate: (anche più risposte)
difficoltà nello sviluppo linguistico recettivo (comprensione verbale)
difficoltà nello sviluppo linguistico espressivo (produzione verbale)
difficoltà fonologiche
difficoltà articolatorie
disprassia verbale (difficoltà nella coordinazione e nella sequenza dei
suoni linguistici all'interno delle parole)
disturbo del linguaggio (difficoltà nella elaborazione di frasi, concetti,
elementi grammaticali e sintattici)
difficoltà vocali (raucedine, difficoltà respiratorie, voce affaticata,voce
stridula, voce ipofonica, noduli vocali, etc.)
ipernasalità
balbuzie
fuga d'aria dal naso
13. Ha effettuato un trattamento logopedico?
sì
no
146
14. Se sì, specifichi la durata (es. dal...al): _____
15. I problemi relativi al linguaggio sono:
migliorati
estinti
invariati
16. Ha avuto miglioramenti sul versante linguistico grazie a (intervento
chirurgico, logopedia, etc.):
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
17. Provi a descrivere il tipo e il modo di comunicazione utilizzata
inizialmente (es. gesti, vocalizzi, pianto, metodi di comunicazione non
verbale,etc.):
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
18. Aspetti cognitivo - comportamentali e Apprendimento: indichi quali
tra le seguenti problematiche sono state rilevate: (anche più risposte)
difficoltà/ disturbo di apprendimento
ritardo mentale
problemi cognitivi
ADHD (disturbo dell'attenzione ed iperattività)
disturbo dello spettro autistico
autismo
disturbo pervasivo dello sviluppo
disturbo ossessivo-compulsivo
disturbo d'ansia
depressione
difficoltà nelle relazioni e nelle interazioni sociali
altro: _____
147
Appendice -3 STRUMENTI DI C.A.A. UTILIZZATI DA F.
Tabelle comunicative cartacee
148
149
150
Tabelle comunicative - Sistema PODD
..
151
Tablet con tastiera incorporata - Sistema The Grid 3
152
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