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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Logopedia Presidente: Prof. Carlo Francesco Caltagirone LA DISPRASSIA VERBALE NELLA SINDROME DI DIGEORGE: L’USO DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA COME IMPORTANTE STRUMENTO DI COMUNICAZIONE Relatrice: Laureanda: Dott.ssa De Lellis Cinzia Galtieri Miriana Giacoma Anno Accademico 2015/2016

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA

TOR VERGATA

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea in Logopedia

Presidente: Prof. Carlo Francesco Caltagirone

LA DISPRASSIA VERBALE NELLA SINDROME DI

DIGEORGE:

L’USO DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA

ALTERNATIVA COME IMPORTANTE STRUMENTO DI

COMUNICAZIONE

Relatrice: Laureanda:

Dott.ssa De Lellis Cinzia Galtieri Miriana Giacoma

Anno Accademico 2015/2016

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INDICE

INTRODUZIONE........................................................................................4

1. LA SINDROME DI DIGEORGE O

VELOCARDIOFACCIALE....................................................................7

1.1 Storia ed eziopatogenesi........................................................................7

1.2 Quadro clinico........................................................................................10

1.3 Le problematiche inerenti al linguaggio.........................................18

1.4 Il ruolo del logopedista nella sindrome di DiGeorge...................19

2. LA DISPRASSIA VERBALE IN ETA’ EVOLUTIVA........22

2.1 Definizione del termine “disprassia verbale”............................22

2.2 La disprassia verbale nella sindrome di DiGeorge....................30

2.3 Terapia ed approcci riabilitativi di attinenza logopedica..........34

3. DISPRASSIA VERBALE: L’IMPORTANZA DELLA

COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA.......40

3.1 La C.A.A.: definizione e cenni storici.......................................40

3.2 Ambiti e finalità degli interventi mediante l’ausilio della

C.A.A..............................................................................................44

3.3 Strumenti di C.A.A...................................................................49

3.3.1 Ausili low-tech.................................................................50

3.3.2 Ausili high-tech................................................................55

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3.4 Uso della C.A.A. nella riabilitazione della disprassia verbale

evolutiva..........................................................................................59

4. PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO...........................63

4.1 Raccolta anamnestica................................................................63

4.2 Sviluppo cognitivo-linguistico e psicomotorio.........................67

4.3 Descrizione del trattamento logopedico attuato: uso della

Comunicazione Aumentativa Alternativa.......................................71

4.4 Il quadro clinico attuale.............................................................77

5. DESCRIZIONE DELLA DOMANDA DI RICERCA...........83

5.1 Definizione ed obiettivi della ricerca.......................................83

5.2 Materiali e metodi per la raccolta dei dati.................................84

5.3 Analisi dei dati e risultati..........................................................86

5.4 Discussione.............................................................................120

6. PROPOSTA D’INTERVENTO LOGOPEDICO IN UN

PAZIENTE CON SINDROME DI DIGEORGE ASSOCIATA A

DISPRASSIA VERBALE..............................................................123

6.1 Cenni anamnestici e storia clinica...........................................123

6.2 Valutazione neuropsicologica e logopedica............................125

6.3 Training logopedico................................................................129

6.4 Follow-up e conclusioni..........................................................134

CONCLUSIONI..........................................................................139

APPENDICE...............................................................................142

BIBLIOGRAFIA.........................................................................152

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INTRODUZIONE

“Ogni persona indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto

fondamentale di influenzare mediante la comunicazione, le condizioni

della sua vita. Oltre a questo diritto di base, devono essere garantiti i

seguenti diritti specifici (…)” estratto dalla 'Carta dei Diritti alla

Comunicazione'1.

Il presente elaborato ha come focus la sindrome di DiGeorge, conosciuta

anche attraverso gli eponimi più noti di sindrome velocardiofacciale

(detta anche Sindrome di Shprintzen) o sindrome da delezione del

cromosoma 22q11.2; quest’ultimo termine suggerisce quella che è la

causa di questa malattia, ossia la delezione di una porzione del braccio

lungo del cromosoma 22, che si traduce con la manifestazione di oltre

180 sintomi e segni clinici, che ci offrono un quadro sindromico

altamente eterogeneo.

La sindrome si accompagna, nella maggior parte dei casi,a

malformazioni cardiache e del tronco aortico, anomalie del volto, deficit

immunologici da ipoplasia od aplasia del timo e delle paratiroidi,

frequenti infezioni, problematiche ortopediche e di carattere

odontoiatrico. Oltre a ciò,gli individui affetti da tale condizione

potrebbero manifestare disturbi neuropsicologici e cognitivi, ritardo

nell’acquisizione delle tappe di sviluppo psicomotorio e linguistico, in

aggiunta a problematiche anatomo-funzionali del cavo orale.

Nell’elaborazione della seguente tesi, particolare interesse è stato rivolto

alle difficoltà comunicativo - linguistiche, perché – da quanto emerge

anche in letteratura- i pazienti con sindrome di DiGeorge sono spesso

portati a sviluppare severi disturbi linguistici come la disprassia verbale,

1 National Joint Committee for Communication Needs of Persons with Severe

Disabilities, 1992; testo completo in Appendice la 'Carta dei diritti alla

Comunicazione' in forma completa

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o nei casi più gravi l’aprassia verbale. Col termine disprassia verbale

intendiamo la difficoltà nella programmazione dei movimenti

articolatori, necessari alla produzione dei suoni; in questi pazienti, difatti,

vi è una complessità nel coarticolare insieme i singoli suoni e nell’

ordinarli nella giusta sequenza per formulare parole e frasi. Mentre, con

il termine aprassia verbale indichiamo la totale incapacità ed

impossibilità nel coordinare i movimenti della bocca per articolare i

suoni linguistici.

La causa di questi disturbi è da attribuire , essenzialmente, al fatto che la

sindrome di DiGeorge molto spesso comporta anomalie del palato -come

palatoschisi o labiopalatoschisi, insufficienza velofaringea – e/o

disfunzioni faringo-laringee che possono tradursi in rinolalia molto

accentuata, disturbi alimentari e della deglutizione, con ripercussioni sul

versante comunicativo - linguistico.

Questo spiegherebbe perché la professione del logopedista sia fortemente

implicata nel trattamento multidisciplinare della sindrome di DiGeorge,

specialmente, per quanto concerne le difficoltà cognitivo - linguistiche,

comportamentali e di apprendimento che i pazienti manifestano nel corso

del loro sviluppo.

L’attenzione nei confronti di questa malattia, tutt’oggi scarsamente

conosciuta nel nostro Paese, scaturisce dall’incontro con un paziente

affetto da tale condizione; la peculiarità di questo bambino è

rappresentata dall’assenza di linguaggio verbale, dovuta alla presenza di

una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì che F. presenti una

grande difficoltà nell’utilizzo della comunicazione orale, pertanto, per

permettergli di esprimersi- data la forte resistenza del bambino ad altre

tipologie d’intervento- si è intrapreso un trattamento logopedico basato

su ausili di Comunicazione Aumentativa Alternativa. Grazie a questa

metodica alternativa al linguaggio orale, basata essenzialmente su tabelle

comunicative con immagini, F. riesce a trasmettere la sua forte

intenzionalità comunicativa e a dialogare con familiari ed amici,

incrementando così sia le abilità comunicative che relazionali.

Lo scopo principale della tesi è quello di mostrare i vantaggi di un

metodo di comunicazione non verbale per pazienti con bisogni

comunicativi complessi; la C.A.A. è un insieme di conoscenze tecniche e

strategie che si possono attivare per facilitare e migliorare la

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comunicazione di persone che presentano gravi disabilità motorie,

intellettive, linguistiche (Cafiero, 2009).

Il caso di F., nel quale troviamo riuniti quelli che sono gli argomenti

principali della tesi, ossia la Sindrome di DiGeorge, la disprassia verbale

e l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa, fonda le basi per la

domanda di ricerca ed occupa la prima parte della tesi.

In particolare, lo studio si pone come obiettivo quello di ricercare se vi

siano nel territorio nazionale altri pazienti con Sindrome di DiGeorge

associata a disprassia verbale o altre difficoltà nella produzione orale.

Come obiettivo secondario si è proceduto ad individuare se, nel

campione individuato, sia stato intrapreso un trattamento logopedico

mediante l’utilizzo di strumenti di Comunicazione Aumentativa

Alternativa, e se questi ultimi abbiano avuto un ruolo importante nello

sviluppo delle abilità e dei bisogni comunicativi.

Il campione selezionato per lo studio è rappresentato da soggetti di ogni

età con Sindrome di DiGeorge, reclutati attraverso le associazioni

Aidel22 a livello nazionale. Per la seguente indagine si è richiesta,

quindi, la collaborazione di alcuni membri iscritti all’associazione

AIdel22 (Associazione Italiana Delezione del cromosoma 22) , in

particolare logopedisti, genitori,etc., per poter ricavare informazioni sullo

sviluppo linguistico di ogni singolo campione, consultando le cartelle

cliniche o qualsiasi materiale che potesse fornire informazioni inerenti

all’ambito comunicativo - linguistico.

Nella seconda parte della tesi saranno discussi gli obiettivi dello studio, i

metodi ed i materiali utilizzati per la ricerca, e saranno, poi, analizzati i

dati raccolti ed i risultati ottenuti.

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CAPITOLO I

LA SINDROME DI DIGEORGE O VELOCARDIOFACCIALE

''Tutta la diversità umana è il prodotto della varietà quasi infinita delle

combinazioni di geni. Noi tutti siamo formati della stessa polvere

cromosomica,nessuno di noi ne possiede un solo granello che possa

rivendicare come suo.È il nostro insieme che ci appartiene e ci fa nostri:noi

siamo un mosaico originale di elementi banali.'' (Jean Rostand)

1.1 Storia ed eziopatogenesi

La sindrome da delezione 22q11.2 , conosciuta anche come sindrome di

DiGeorge (DGS) è una condizione genetica che può insorgere

spontaneamente o per ereditarietà genetica con modalità autosomica

dominante, nonché una malattia rara che colpisce circa 1:4000-5000 nati

vivi. E’ considerata come la più comune microdelezione identificata

nell’uomo (De Vriendt,1988; Botto,2003), e può manifestarsi già nel

periodo prenatale o durante i primi anni di vita con un’evoluzione

cronica, che accompagna l’individuo durante tutto l’arco della sua

esistenza.

La causa di tale condizione è dovuta ad un disturbo dell’embriogenesi

della III e IV tasca branchiale e della cresta neurale da cui originano le

cellule mesenchimali a livello della III, IV e VI tasca faringea, da cui si

formano cartilagini, muscoli e vasi sanguigni2.

2 Shaikh tH, Kurahashi H, saitta sC, o’Hare AM, Hu P, Roe BA, et al. Chromosome

22-specific low copy repeats and the 22q11.2 deletion syndrome: genomic

organization and deletion endpoint analysis. Hum Mol Genet 2000; pp.489-501

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Tale anomalia è riconducibile ad un’alterata differenziazione delle

cellule della cresta neurale, determinanti nello sviluppo di queste

tasche. Queste cellule sono presenti fugacemente nel corso dello

sviluppo embrionale, in quanto migrano precocemente in aree distanti

differenziandosi3; in particolare, si verificano delezioni più o meno

estese a carico del braccio lungo del cromosoma 22.

Tale sindrome fu descritta per la prima volta nel 1965 dal pediatra

statunitense di origini italiane, professor Angelo DiGeorge, il quale,

dopo aver osservato un gruppo di pazienti con caratteristiche comuni-

malformazioni cardiache, convulsioni neonatali dovute all’ipocalcemia

conseguente all’ipoparatiroidismo, infezioni ricorrenti per aplasia timica,

dimorfismi facciali 4- decise di racchiudere tale quadro clinico sotto il

nome di “sindrome di DiGeorge”, non riuscendo,però, a specificarne la

causa.

In seguito, nel 1976 un gruppo di ricercatori giapponesi seguiti dal dott.

Atsuyoshi Takao rilevò , in un gruppo di pazienti, la presenza di alcune

caratteristiche simili a quelle riscontrate nei pazienti con sindrome di

DiGeorge, vale a dire cardiopatia congenita e facies tipica; tale scoperta

fu denominata “sindrome da anomalie del volto e tronco-conali” (cono-

truncal anomaly face syndrome- CTAFS) per sottolineare, appunto, la

presenza di caratteristiche facciali atipiche e di alterazioni cardiache.

3Botto LD, M.K., Fernhoff PM et al., A population-based study of the 22q11.2

deletion: phenotype, incidence, and contribution to major birth defects in the

population. Pediatrics, 2003; pp. 101-107

4 AM D., Congenital absence of the thymus and its immunological consequences:

concurrance with congenital hypothyroidism. Birth Defects, 1968(4); pp. 116-121

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Nel 1978 fu la volta del chirurgo plastico, dott. Robert J. Shprintzen, che

descrisse la“sindrome velocardiofacciale” (velocardiofacial syndrome-

VCFS), aggiungendo nuove caratteristiche cliniche alle sindromi

precedentemente scoperte; in particolare, emersero anomalie del palato,

cardiopatia congenita e facies tipica5.

Considerata l’eterogeneità del quadro clinico presentato dai pazienti

osservati dai tre medici, si può evincere che il comune denominatore sia

caratterizzato da una delezione genetica del cromosoma 22, esattamente

al locus 22q11.2; questo spiegherebbe perché si è soliti chiamare tale

malattia come “sindrome da delezione del cromosoma 22”(22q11.2 DS).

Ulteriori ricerche sono state condotte nel 1981 dal dott. Albert De la

Chapelle & coll., i quali descrissero una famiglia composta da quattro

figli affetti dalla sindrome e mostrarono una traslocazione cromosomica

sbilanciata risultante in una parziale trisomia del cromosoma e una

monosomia della regione 22q11, ipotizzando che l’emizigosi del braccio

lungo del cromosoma 22 potesse essere la causa della sindrome6.

L’eziologia correlata alla sindrome, fu rilevata definitivamente soltanto

nel 1992 grazie all’analisi FISH (ibridazione in situ fluorescente), che

permise di identificare un’aberrazione di materiale genetico in

corrispondenza del braccio lungo del cromosoma 22 (q). Ancora oggi, la

FISH per il cromosoma 22 si conferma la metodica più utilizzata per

diagnosticare la sindrome.

5C. Cancrini, B.M., A. Plebani, P.Rossi Sindrome da delezione 22q11.2, in I quaderni

dell’immunodeficienza. 2010

6 De la Chapelle, A., Herva, R., Koivisto, M., Aula, P. A deletion in chromosome 22

can cause DiGeorge syndrome. Hum. Genet. 57: 253-256, 1981

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Recentemente, inoltre, si sta assistendo ad un progressivo aumento

dell’incidenza dovuto all’identificazione di genitori di bambini affetti

dalla sindrome di DiGeorge, portatori anch’essi della delezione

(McDonald-McGinn DM., Genet Med 2001). È presente in circa 1 su

68 bambini con cardiopatia congenita, ed è la più comune sindrome

associata ad anomalie del palato ed ad insufficienza velofaringea,

mentre rappresenta la seconda causa più comune di ritardo dello

sviluppo psicomotorio: circa il 2.4 % degli individui affetti (Perez E.,

Curr Opin Ped 2002; Woodin M., Genet Med 2001).

1.2 Quadro clinico

Le manifestazioni cliniche nei pazienti con sindrome di DiGeorge sono

estremamente variabili, tanto che costituiscono un quadro eterogeneo,

dato dalla compresenza di più segni e sintomi. In particolare, sono stati

associati alla sindrome oltre 180 caratteristiche cliniche (Shprintzen et

al., 1981; Goldberg et al., 1993; Shprintzen,2000), che possono

evidenziarsi nei primi anni di vita o rimanere silenti, ritardandone così

la diagnosi.

In seguito si illustreranno quelle che risultano essere le manifestazioni

più frequenti tra gli individui con sindrome di DiGeorge, e che, talvolta,

facilitano l’iter diagnostico.

a) Anomalie cardiovascolari

Le anomalie cardiovascolari, in particolare le cardiopatie congenite,

sono le manifestazioni più frequenti e costanti della sindrome, in quanto

sono presenti nel 75% dei casi, rappresentando la principale causa di

morbilità e mortalità . Per la maggior parte riguardano la zona tronco-

conale e consistono in anomalie del tratto di efflusso (Digilio

MC.1997); tra queste le più osservate sono: l’interruzione dell’arco

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aortico (14%), la tetralogia di Fallot (17%), la persistenza del tronco

arterioso (9%), l’atresia polmonare con difetto interventricolare (10%), i

difetti del setto interventricolare (14%)7.

Oltre a queste, più raramente, sono state rilevate altre anomalie

cardiovascolari, come i difetti del setto interatriale, la coartazione

dell’aorta, l’atresia della valvola tricuspide, la trasposizione delle grandi

arterie, il ventricolo sinistro ipoplasico, il dotto arterioso, canale

atrioventricolare8.

Nell’ambito della sindrome di DiGeorge, la gravità clinica delle

cardiopatie è inversamente proporzionale all’età di esordio dei sintomi.

Se si associa una ipocalcemia grave o una sepsi neonatale, la prognosi è

nettamente peggiore; pertanto, è spesso consigliato l’intervento

cardochirurgico, associato ad un trattamento che prevede la profilassi

antibiotica, il controllo del livello sierico del calcio e le eventuali

trasfusioni con sangue irradiato.

b)Anomalie facciali (la facies tipica)

Il viso dei pazienti con sindrome di DiGeorge presenta delle

caratteristiche comuni, quali: microcefalia, faccia allungata con

eccesso mascellare, micrognazia da dislocamento posteriore

dell’articolazione temporo-mandibolare, spesso associata a

7 Oskardottir S., P.C., Eriksson BO., Fasth A., Presenting phenotype in 100 children

with the 22q11 deletion syndrome. Eur J Pediatr, 2005(164); pp. 146-153

8 Carotti A, D.M., Piacentini G et al. , Cardiac defects and results of cardiac surgery

in 22q11.2 deletion syndrome. Dev Disabil Res Rev, 2008(14)

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malocclusione di II classe9; oltre a ciò, possiamo ritrovare il naso con

radice allargata, di forma tubulare con punta bulbosa ed ali

ipoplasiche, le rime palpebrali strette e rivolte verso l’alto, pienezza

periorbitale, il palato ogivale, bocca piccola e tenuta prevalentemente

aperta, filtro allungato, padiglioni auricolari con impianto basso,

estroflessi, piccoli e con note dismorfiche (DiGeorge AM. J Pediatr.

1965;67: pp.907-908).

Nel neonato e nel bambino le caratteristiche facciali possono essere

sfumate e spesso si ipotizza la diagnosi della sindrome partendo da

altri sintomi più rilevanti10

.

b) Deficit immunitario

Il difetto immunologico osservato nei pazienti con Sindrome di

DiGeorge è secondario all’ipoplasia o all’aplasia del timo. Questa

sindrome, infatti, è caratterizzata da un ampio spettro di alterazioni

immunologiche che variano da un normale profilo alla completa

assenza di cellule TCD3+11

.

Per questo motivo i pazienti sono suddivisi in due gruppi (Lisa J

Kobrynski et al. Lancet 2007): pazienti con difetto immunologico

parziale, con difetto lieve-moderato che riguarda in particolar modo i

linfociti T (pSDG) e pazienti con difetto immunologico completo, con

diminuzione importante dei linfociti e della loro funzione (cSDG).

9 Shprintzen et al., Phenotypic Charateristics of Velocardiofacial Syndrome, 1993

10

G. Igli Baroncelli, F.V., A. Bartoli, G. Saggese, Ipocalcemia: un sintomo dalle tante

"facies". Medico e bambino pagine elettroniche; 2008: p. 11

11 Ryan AK, G.J., Wilson DI et al., Spectrum of clinical features associated with

interstitial chromosome 22q11 deletions. J Med Genet, 1997(34): pp. 798-804

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La forma cSDG è rara (0,5 - 1,5 %) e presenta un quadro di

immunodeficienza grave combinata, caratterizzato da linfopenia

marcata, da importante riduzione fino alla quasi assenza dei linfociti T,

per difettiva produzione delle cellule T da parte del timo; il che

comporta una prognosi sfavorevole e la necessità di un trapianto

timico12

.

Diversamente,nei pazienti compresi nel primo gruppo (pSDG)

l’immunodeficienza sembra non essere causata dall’assenza del timo,

ma da un’anormale migrazione embriologica del tessuto timico,

generalmente nel retrofaringe13

.

Oltre ad alterazioni riguardanti l’immunità cellulomediata, si possono

riscontrare anche difetti nell’immunità umorale, come

un’ipogammaglobulinemia, un deficit di IgA, di sottoclassi di IgG,

della risposta anticorpale specifica14

; in tal caso i pazienti sono più

suscettibili ad infezioni e/o a patologie autoimmuni (ad es., porpora

trombocitopenica, artrite reumatoide giovanile, pancitopenia

autoimmune, diabete, anemia emolitica autoimmune, epatite, tireopatia

autoimmune, vitiligine)15

.

12 L. Bartolozzi, E.B., G.R. BURGIO, A. Ceci, F. Chiarelli, S. Cucchiara, F. De Luca,

M. Duse, R. Iorio, E. Leva, A. Masseri, F. Mosca, P. Nucci, A. Pession, W.

Rigamonti, A.G.Ugazio, N. Zadra, Pediatria, principi e pratica clinica. IV ed. 2013

13

Meechan DW, M.T., GOpalakrishna D, Wu Y, LaMantia AS, When half is not

enough: gene expression and dosage in the 22q11.2 delection syndrome. Gene expr.,

2007(13): pp. 299-310

14

KE, S., The clinical, immunological, and molecular spectrum of chromosome

22q11.2 deletion syndrome. Curr Opin Allergy Clin Immunol, 2004(4): pp. 505-512

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d)Anomalie otorinolaringee

Recenti studi hanno dimostrato che circa il 49% dei pazienti con del22

presenta anomalie otorinolaringee: frequenti sono le alterazioni del

palato e del cavo orale quali, insufficienza della valvola velofaringea,

schisi sottomucosa o totale del palato, labioschisi o labiopalatoschisi.

L’insufficienza velofaringea, riscontrabile nella maggior parte dei casi

già alla nascita, può portare ad una malnutrizione del bambino nel

periodo neonatale o nella prima infanzia, in quanto il cavo orale non è

separato dalle cavità nasali, e quindi il neonato non riesce ad espletare

la suzione; oltre a ciò, vi è anche il rischio di rigurgito nasale o di

aspirazione del cibo16

.

L’insufficienza velofaringea, inoltre, conferisce un timbro

ipernasale alla voce di questi pazienti, in contemporanea

all’iperplasia del tessuto tonsillare ed adenoideo17

.

Le anomalie del palato, associate alle anomali del condotto uditivo

sono fattori predisponenti di otiti frequenti, che frequentemente si

manifestano con versamento endotimpanico cronico. Spesso, difatti,

è riscontabile un’ipoacusia sia trasmissiva che neurosensoriale.

15 Gennery AR, B.D., O'Sullivan JJ, et al, Antibody deficiency and autoimmunity in

22q11.2 deletion syndrome. Arch Dis Child, 2002(86): pp. 442-425

16

Palmier M.M., Heyman M., Identification and management of the transitional

suck pattern in premature infants. J. Perinat. Neonatal. Nurse., 1993, 7 (1); pp.66-

75

17 Sullivan KE, J.A., Randall P et al. , Lack of correlation between impaired T cell

production, immunodeficiency, and other phenotypic features in chromosome 22q11.2

deletion syndrome. Clinic immunol immunopathol, 1998(86): pp. 141-146

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Comuni sono anche alterazioni laringotracheali ed esofagee, come

la laringomalacia, la broncomalacia, la stenosi o l’atresia delle

coane.

e) Ipocalcemia

L’ipocalcemia indica un abbassamento dei livelli del calcio nel sangue,

dovuto ad aplasia od ipoplasia delle paratiroidi; in età neonatale, questo

può provare l’insorgenza di convulsioni, tremori o tetania neonatale, che

si traduce con spasmi muscolari. Nei casi in cui vi sia un’aplasia totale

delle ghiandole paratiroidee, l’ipocalcemia risulta essere molto grave ed

irreversibile, mentre nei casi di ipoplasia, il problema è più sfumato.

In alcuni casi l’ipocalcemia è latente, con manifestazione tardiva che

avviene in condizioni di stress, infezioni o traumi. In tal caso si

accompagna a dolori addominali, dolori agli arti, tremori, spasmi

muscolari che possono essere un sintomo di allerta.

Il trattamento dell’ipocalcemia sintomatica severa, richiede la rapida

somministrazione di calcio parenterale. Pertanto, i pazienti con

sindrome di DiGeorge sono monitorati periodicamente per il dosaggio

sierico del calcio, Vitamina D e paratormone18

.

18 Cotrupi M.C., G.R., Ferraù V., Cuppari C., Briuglia S., Rigoli L., Damiano CS., La

Sindrome DiGeorge: peculiarità cliniche e genetiche. Rivista di Immunologia e

Allergologia Pediatrica, 2008: pp. 37-48

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f) Anomalie neuropsichiatriche

I pazienti con sindrome di DiGeorge, non sempre presentano un evidente

ritardo cognitivo, ma il loro quoziente intellettivo sembra variare tra il

normale e il ritardo di sviluppo di entità moderata, con un QI medio di

70, mentre difetti di sviluppo di entità grave sono rari in questa

sindrome. (Antshel KM.et al 2006; Basset AS.et al, Am J Psychiatry

2003).

Caratteristica comune alla maggior parte dei pazienti con questa

sindrome, è il ritardo nell’acquisizione e nello sviluppo motorio con

conseguente difficoltà nella coordinazione e la mancata deambulazione

entro il range fisiologico,ossia 18-24 mesi.

Emergono anche difficoltà sul versante linguistico, con ritardo nello

sviluppo del linguaggio che si manifesta, frequentemente, con ampia

variabilità che va dai disturbi di fonazione, probabilmente dovuti alle

anomalie otorinolaringoiatriche, ad un ritardo nell’inizio del

linguaggio; difatti, e prime parole compaiono raramente prima del

secondo anno di vita19

.

Altre problematiche, nella fattispecie i disturbi di apprendimento,

emergono durante l’età scolare, in particolare nelle capacità di calcolo

e nel ragionamento aritmetico.

19 C. Cancrini, P.P., MC Digilio, A. Soresina, S. Martino, R. Rondelli, R. Consolini,

EM Ruga, F.Cardinale, A. Finocchi, ML Romiti BSc PhD, Baldassarre Martire MD,

R. Bacchetta MD, V. Albano MD et al., Clinical features of a large cohort of 22q.11

del 22 syndrome: an Italian multicenter study

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17

È frequente un deficit nell’area della processazione non verbale, delle

capacità visuo-spaziali, dell’attenzione, della memoria verbale

complessa, delle funzioni esecutive (pianificazioni e problem

solving), del ragionamento astratto e concettuale. E’ stato ipotizzato

che la riduzione di volume dei lobi parietale ed occipitale, dimostrata

all’osservazione di risonanze magnetiche di pazienti che presentavano

la delezione, possa essere alla base di questi disturbi neuropsichici20

.

Per quanto riguarda il comportamento, emergono caratteristiche come

l’impulsività, l’ansia, l’instabilità emotiva, l’inibizione e le difficoltà

nell’istaurare rapporti sociali. A ciò possono accompagnarsi disturbi

psichiatrici come: Sindrome da Deficit d’Attenzione/Iperattività

(ADHD) diagnosticata nel 30-40% degli individui con sindrome di

DiGeorge (Anthshel et al., 2006; Gothelf et al., 2003); disturbi dello

Spettro Autistico nel 10-30% dei casi (Antshel et al.,2007; Vortsman et

al., 2006); disturbi dell’umore, quali il Disturbo Depressivo Maggiore ed

il Disturbo Bipolare nel 20-30% (Antshel et al., 2006; Papolos et al.,

1996).

g) Altre anomalie e/o difficoltà

Accompagnate alle manifestazioni sopracitate, possiamo ritrovare anche:

anomalie di carattere odontoiatrico (mancanza di spazio tra i denti

permanenti, agenesie dentarie, ritardo della permuta dentaria, ipoplasia

dello smalto e/o deficit della mineralizzazione,carie dentali per anomalie

20 Lewandowski KE, S.V., Berry PM, Kwapil TR, Schizophrenic-like

neurocognitive deficits in children and adolescents with 22q11 deletion

syndrome. Am J Med Genet B Neuropsychiatr Genet, 2007(144): pp. 27-36

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dello smalto e fragilità dentale, mal posizioni o malocclusioni dentarie

per alterazioni del palato), anomalie ortopediche (scoliosi, cifosi,

debolezza muscolare, anomalie scheletriche congenite come polidattilia,

piede torto e malformazioni vertebrali), anomalie dell’apparato uro-

genitale (ipoplasia renale, rene policistico, reflusso vescico-ureterale,

ipospadia, criptorchidismo, erne inguinali od ombelicali), disturbi della

alimentazione e gastrointestinali (reflusso gastroesofageo, stipsi,

esofagiti, rigurgiti), infezioni ricorrenti (otiti, faringiti, bronchiti,

broncopolmoniti, etc.).

In questo excursus tra i segni e sintomi clinici evidenziati nella gran

parte dei pazienti con sindrome di DiGeorge, appare evidente come il

quadro sindromico sia altamente eterogeneo, il che rende i singoli casi

clinici ben differenziati tra loro.

1.3 Le problematiche inerenti al linguaggio

Come già descritto in precedenza, nella sindrome possono essere

presenti problemi di comunicazione e di linguaggio; le problematiche

comunicative persistono nel tempo, pertanto, è importare intervenire

precocemente con terapia riabilitativa cosi da permettere una buona

comunicazione nel bambino.

I pazienti con sindrome di DiGeorge manifestano un’ampia gamma

di problemi orali e motori, malformazioni del palato e difficoltà

nella produzione linguistica sia per quanto riguarda l’articolazione

che per quanto riguarda la risonanza del suono e la voce.

Tali problematiche sono riconducibili ai difetti anatomo-funzionali tipici

del quadro sindromico, vale a dire, l’insufficienza velofaringea e le

schisi del palato. Emergono difficoltà come voce ipernasale e/o fuga

d’aria dal naso, e ciò va ad inficiare l’intelligibilità dell’eloquio;

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19

possono presentarsi alterazioni del timbro vocale, quali la raucedine

dovuta alla presenza di noduli, edema o altre patologie che agiscono

sulle corde vocali, od anche ipofonia dovuta a traumi delle corde vocali,

secondari ad intubazione durante gli interventi chirurgici.

Le difficoltà sensoriali uditive- ad es. ipoacusie dovute ad otiti ricorrenti-

compromettono la recezione dei messaggi verbali, pertanto possono

esserci problemi di comprensione verbale; mentre, l’ipotonia dei muscoli

facciali può rendere altamente faticosa e difficile l’articolazione dei

suoni linguistici e, quindi, associarsi ad una disprassia verbale di vario

grado. Nei casi più gravi, può presentarsi un quadro di aprassia verbale

caratterizzata dall’incapacità di coordinare i movimenti richiesti durante

la produzione linguistica, non attribuibili a problemi di controllo

muscolare; in questo caso, i pazienti hanno difficoltà nella produzione di

suoni in sequenza, quindi nella coarticolazione dei fonemi, e nella

programmazione ed esecuzione dei pattern motori della parola21

.

1.4 Il ruolo del logopedista nella sindrome di DiGeorge

Data la varietà della sintomatologia clinica dei pazienti con sindrome di

DiGeorge, si richiede l’intervento di più specialisti; in questa presa in

carico multidisciplinare, un ruolo rilevante e, spesso, indispensabile è

riservato alla figura del logopedista. Le motivazioni che richiedono

l’intervento di questo professionista sono da ricercare, prevalentemente,

nelle problematiche deglutitorie ed in quelle linguistico - comunicative.

La valutazione logopedica è consigliata già entro il primo anno di vita, in

21 Nijland L., Maassen B., Van der Meulen S., et al., Planning of syllables in

children with developmental apraxia of speech. Clin Linguist Phonet, 2003; 17,

pp. 1-24

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20

modo da rilevare ed abilitare precocemente le abilità deficitarie e

prevenire le conseguenze più deleterie, soprattutto per quel che riguarda

le difficoltà deglutitorie.

Dopo esser stati valutati per i problemi legati alla nutrizione e alla

deglutizione da lattante, i bambini con la sindrome dovrebbero essere

sottoposti a regolari visite di controllo per valutare e monitorare il

linguaggio e le abilità comunicative.

In primis, va effettuata una valutazione funzionale del palato e del cavo

orale, delle cavità nasali e delle abilità velofaringee mediante analisi

rinoendoscopica e/o videofluoroscopica, con l’aiuto di un foniatra; dai

risultati emersi, si decide se intraprendere, successivamente, un

trattamento chirurgico o procedere con il training logopedico.

Molti bambini con sindrome di DiGeorge hanno qualche tipo di ritardo del

linguaggio che può essere compensato fornendo loro tipi alternativi di

comunicazione, quali i gesti, il linguaggio dei segni in combinazione al

linguaggio, o gli strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa, per

prevenire la frustrazione fino a quando il linguaggio verbale non si

svilupperà. Oltre alla frustrazione, che potrebbe provocare sentimenti di

sfiducia in sé stesso e l'isolamento, altri fattori che spingono a sviluppare ed

incrementare le capacità interattive sono legati alla sfera relazionale.

Difatti, se il bambino ha difficoltà nel comunicare mediante il linguaggio

verbale, va spronato a ricercare altre misure per dar voce ai propri pensieri

e per essere compreso dai familiari, ma anche dai compagni di classe (dal

momento che queste problematiche si rendono più evidenti durante il

periodo prescolare).

Per quanto riguarda il versante espressivo e meramente logopedico, si

dovrà procedere alla correzione delle varie dislalie e difficoltà

articolatorie presenti, causate dalla conformazione anatomica

dell’apparato fono-articolatorio e, nello specifico, del palato e della

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dentizione, sempre tenendo conto del problema di base e che la voce

nasale tenderà a permanere nel tempo.

Un lavoro importante è quello incentrato sulle prassie oro-bucco-

facciali, in modo da contrastare e ridurre l’ipotonia muscolare

fortemente presente in questi pazienti. I limiti più grossi che

condizionano la terapia sono, comunque, legati alla labilità attentiva di

questi pazienti; si dovrà, quindi cercare di allungare i tempi di

attenzione gradualmente sempre più per permettere a noi di lavorare in

maniera più proficua e per dare loro la possibilità di apprendere nel

miglior modo possibile tenendo sempre conto del fatto che tutto il

processo di maturazione cognitiva avverrà un pochino più a rilento

rispetto agli altri bimbi.

Per quanto riguarda le difficoltà cognitive, si dovrà procedere

all’ampliamento delle conoscenze in maniera concreta, attraverso

l’esperienza diretta, il contatto con oggetti e cose materiali, la

sperimentazione di nuovi contesti, etc., poiché possono comparire

difficoltà nel pensiero e nel ragionamento astratto. Sempre relativamente

al pensiero astratto, bisognerà tentare di parlare molto semplicemente

cercando di spiegare il significato delle frasi idiomatiche, proprio in virtù

del fatto che, mancando l’astrazione, i bimbi tendono a pensare in

maniera letterale, e questo potrebbe essere legato alle difficoltà recettive

e/o uditive che questi pazienti manifestano.

Lo scopo principale dell'intervento logopedico è in definitiva, quello di

portare questi pazienti alla maggiore autonomia possibile e, questo, è di

facile attuazione e di facile conseguimento, se il trattamento viene

eseguito costantemente e se è accompagnato da una partecipazione

attiva da parte dei contesti familiare ed ambientale con i quali il

bambino si approccia.

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22

CAPITOLO II

LA DISPRASSIA VERBALE IN ETA’ EVOLUTIVA

Nel capitolo II si tratterà l'argomento inerente alla disprassia verbale

evolutiva, in quanto tale problematica, secondo alcuni studi, risulta

essere un elemento comune a molti pazienti con sindrome di DiGeorge.

Inoltre, sarà utile per la comprensione del caso clinico sul quale la tesi è

incentrata.

2.1 Definizione del termine “disprassia verbale”

Con il termine disprassia, che deriva dal greco πϱάξις (= azione) con

prefisso negativo διϭ (= difficoltà), intendiamo un disturbo che coinvolge

la coordinazione e il movimento finalizzati ad un atto motorio, da

intendersi quale insieme di movimenti semplici eseguiti sinergicamente

in vista di uno scopo definito (Rizzolatti et al., 2001).

Dunque, è precisamente un disturbo della prassi, intesa come quel

processo neuromotorio che coinvolge l'ideazione, la pianificazione e

l’esecuzione di una sequenza motoria (Ayres, 1985); la prassia è un atto

intenzionale, la capacità di compiere gesti coordinati e diretti ad un

determinato fine.

Nel corso dello sviluppo, l’acquisizione di una competenza prassica

prevede una successione in tre fasi22

:

22 Orefice C., Il cammino di un bambino disprassico, Edizioni Centro Studi Erickson

S.p.A.. 2016; pp.23-24

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1)la preparazione, durante la quale vi è un controllo sulle singole parti

dell’azione, la quale di conseguenza viene eseguita lentamente;

2)la composizione, in cui l’azione viene eseguita più velocemente, ma

permangono errori di esecuzione;

3) l’automatizzazione della procedura, che si realizza quando l’azione è

svolta in modo fluente e con un minimo controllo attentivo.

L’ICD-10 (International Classification of Disease -10) classifica la

disprassia come disturbo evolutivo specifico della funzione motoria

(F82) che prevede un quadro caratterizzato da:difficoltà di

coordinazione,presente dalle prime fasi di sviluppo e non dipendente da

deficit neurosensoriali o neuromotori; compromissione di entità variabile

e modificabile in funzione dell’età; ritardo di acquisizione delle tappe di

sviluppo motorio,a volte accompagnato da ritardo dello sviluppo del

linguaggio (in particolare rispetto alle componenti articolatorie);

goffaggine nei movimenti; ritardo nell’organizzazione del gioco e del

disegno (tipo di deficit costruttivo); presenza, a volte, di segni

neurologici sfumati,privi di sicuro significato localizzatorio; difficoltà

scolastiche e problemi socio- emotivo- comportamentali.

Mentre, nel DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental

Disorders – IV, American Psychiatric Association),la disprassia è

classificata all’interno dei DCD,ovvero come disturbo evolutivo della

coordinazione motoria. È spesso evidenziato che in esso coesistono

problemi di incoordinazione motoria e problemi percettivi,quindi

disprattognosia23

.

23 Sabbadini L., La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione e d’intervento;

Springer, 2005; p.1

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24

In definitiva, si può affermare che la disprassia sia un disturbo

caratterizzato dalla difficoltà nell’esecuzione delle azioni quotidiane

comuni, che comporta deficit per quanto riguarda l’autonomia del

soggetto che ne è affetto, ma anche per quanto concerne gli

apprendimenti.

La disprassia va distinta dall’aprassia, che è un disturbo molto più grave

ed indica, invece, l’incapacità di compiere un movimento, anziché la

difficoltà, e solitamente è secondario ad un danno neurologico, vascolare,

etc.

Possiamo distinguere diverse tipologie di disprassia a seconda del tipo di

azione compromessa; possiamo ritrovare: d. verbale (si riferisce alla

difficoltà nella programmazione di frasi, nella sequenzialità dei suoni

all’interno delle parole, ed in generale nell’elaborazione dei movimenti

orali coinvolti nell’articolazione dei suoni); d. motoria (si riferisce alle

azioni coinvolte nel movimento, quali i movimenti automatizzati – es.

camminare, mangiare, etc.); d. oculare (è legata all’incapacità di

controllare i movimenti oculari e lo sguardo).

Queste sono le più comuni tipologie di disprassia riscontrabili in età

evolutiva, possiamo riscontrare inoltre: d. generalizzata (che

compromette la deambulazione e l’organizzazione del movimento nelle

attività della vita quotidiana), d. degli arti (difficoltà di esecuzione dei

movimenti delle mani, delle dita e delle articolazione), d.

dell’abbigliamento (difficoltà nel vestirsi), d. costruttiva (difficoltà nella

copia di modelli da ricostruire, nel disegno, nel gioco, nonché

nell’organizzazione spaziale del movimento, dovuta anche a deficit delle

funzioni visuo-spaziali), d. ideativa (difficoltà a pianificare una serie di

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25

movimenti coordinati e nell’ordine corretto), d. ideomotoria (difficoltà a

convertire l’idea in azione motoria)24

.

Nella clinica è possibile trovare casi di disprassia primaria o pura, una

condizione piuttosto rara, non associata ad un’altra patologia e che

insorge per cause non ancora del tutto chiare in assenza di segni

neurologici evidenti; e casi di disprassia secondaria, che rappresenta la

conseguenza di una patologia o sindrome, alle quali si trova, quindi,

associata.

Particolare attenzione è riservata in questo capitolo alla disprassia

verbale in età evolutiva , un disturbo poco studiato fino a tempi recenti

(Denckla et al., 1992; McCabe et al., 1998) e ancora oggetto di

controverso dibattito.

In italiano l’espressione più frequente è disprassia verbale, spesso

accompagnata dagli aggettivi congenita o evolutiva: il primo sottolinea la

natura presumibilmente idiopatica del disturbo, di presunta origine

genetica e la cui origine risale quindi all’epoca perinatale; il secondo, già

più volte menzionato, pone l’accento sul processo di maturazione

neurobiologica del soggetto e, dunque, sulla manifestazione della

patologia durante la crescita e lo sviluppo del bambino, che, rispetto ai

coetanei, mostra particolare difficoltà nell’acquisizione di certe

competenze e abilità.

Secondo alcuni studi, il problema del disturbo risiede nel collegamento

tra il cervello e i muscoli; vengono a mancare istruzioni che permettono

la costruzione di azioni motorie necessarie per la produzione vocale.

Secondo l'ASHA (2007), i contesti clinici in cui il disturbo può

24 Munzio C., La disprassia: complessità clinica e ambiguità terminologiche. In C.

Huron, Il bambino disprassico, Trento, Erickson, 2014; pp.108-110

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26

verificarsi sono tre: forma idiopatica, danno neurologico noto, danni

prenatali o perinatali25

. L'insorgenza di problemi durante la gravidanza o

durante il parto (ad es., le anossie cerebrali), possono portare a

complicazioni a livello cerebrale e causare danni alla zona cerebrale

coinvolta, dando luogo ad disprassia motoria, verbale, orale, etc.26

.

Un'ipotetica causa genetica potrebbe attribuirsi alla mutazione del gene

FOXP2 (forkhead box P2), gene coinvolto nella regolazione dello

sviluppo delle abilità linguistiche (ASHA, 2007).

Si può evidenziare durante la fase dello sviluppo neurobiologico, in

modo tale da compromettere l’apprendimento dei movimenti intenzionali

relativi all'apparato fono-articolatorio e finalizzati alla produzione

verbale. Difatti, la disprassia verbale indica un disturbo specifico nello

sviluppo linguistico, in assenza di problemi strutturali dell’apparato oro-

bucco-fonatorio o delle strutture cerebrali deputate, problemi neurologici

che compromettano i meccanismi orali. Tale disturbo non è causato,

inoltre, da difficoltà sensoriali, anomalie strutturali o deficit intellettivi.

L’American Psychiatric Association e l'ASHA (American Speech-

Language-Hearing Association) definiscono la disprassia verbale

evolutiva come un “disordine neurologico dell’età evolutiva che

coinvolge i suoni del linguaggio, compromettendo la precisione e la

sistematicità dei movimenti articolatori, necessari per la loro produzione,

in assenza di deficit neuromuscolari (per es., anormalità dei riflessi e del

tono muscolare); può verificarsi in seguito a danno neurologico

25 Sabbadini L., La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed

intervento,2007; p. 10.

26 Lorenzini I., Nicolai F., Graziosi V., Cipriani P., Chilosi A.M. Disprassia verbale

evolutiva: per un approccio multidisciplinare, 2015.

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27

identificabile (per es. ictus intrauterino, infezione o trauma neonatale), in

comorbilità con disturbi neuropsicologici complessi di origine più o

meno nota, o come disordine idiopatico”27

.

La patologia è considerata, pertanto, un disturbo linguistico di

pianificazione e di programmazione motoria (Shriberg et al., 1997;

Terband, Maassen, Guenther & Brumberg, 2009)28

.

Il paziente disprattico presenta, in sostanza, difficoltà nella pianificazione

(identificazione e selezione di uno schema motorio astratto – es. la

rappresentazione fonologica), nella programmazione (traduzione della

rappresentazione fonologica in specifici gesti articolatori) e nell’

esecuzione (realizzazione motoria dei gesti articolatori) dei movimenti

articolatori necessari alla produzione di fonemi, suoni, sillabe e parole e

alla loro organizzazione sequenziale.

Il deficit nell’acquisizione del linguaggio si manifesta soprattutto a

livello espressivo; le caratteristiche della disprassia verbale sono

molteplici, e concorrono a dare una connotazione di grado lieve,

moderato o severo alla patologia. Tra queste ritroviamo29

:

babbling tardivo, scarso e/o poco variegato, povertà od assenza di

vocalizzi e/o gorgheggi;

27 ASHA (American Speech-Language-Hearing Association), Childhood apraxia of

speech: technical report (2007)

28 American Psychiatric Association, APA Diagnostic and statistical manual of mental

disorders, 2013; p. 44

29 Marotta L. & Caselli M. C. I disturbi del linguaggio. Caratteristiche, valutazione,

trattamento, 2014; p. 149

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asincronia nell’ordine di acquisizione dei fonemi rispetto allo

sviluppo tipico (lo sviluppo del repertorio fonetico è lento e faticoso,

atipico e in ritardo rispetto all’ordine e ai tempi di acquisizione

tipici);

inventario fonologico sviluppato in ritardo, ed in forma ridotta;

incoerenza fonologica, errori incoerenti e imprevedibili

nell’emissione di suoni vocalici e consonantici, sia nella produzione

spontanea che nella ripetizione;

errori di coarticolazione, difficoltà nella transizione da un segmento

all'altro e da una sillaba all'altra, nella sequenza dei fonemi all’interno

delle parole, nella diadococinesi con suoni che, se isolati, vengono

prodotti correttamente;

alterazione della prosodia, per assenza di controllo della durata

temporale delle vocali e, da un punto di vista motorio, per scarsa

forza e durata dei muscoli linguali, ovvero tempo del loro utilizzo ad

un certo punto di forza per un dato periodo di tempo; difficoltà per

quanto riguarda la velocità dell’eloquio, l’intonazione ed il ritmo, con

conseguenti errori soprattutto nell’assegnazione dell’accento lessicale

e frasale, disarmonico e monotòno, a volte è presente eccessiva

nasalizzazione dei fonemi;

eloquio poco o scarsamente intellegibile, stentato (fenomeno del

groping, inteso nel suo significato figurato di procedere a tentoni);

difficoltà maggiore si presenta, di conseguenza, prevalentemente

nella produzione di parole o frasi lunghe, complesse o a bassa

frequenza d’uso;

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in età scolare, compaiono difficoltà relative all’apprendimento della

letto-scrittura, alla produzione di rime e a compiti di tipo

metafonologico: compitare, segmentare, identificare il numero di

sillabe in una parola, distinguere tra consonanti e vocali, ecc.

Occorre fare un’importante precisazione per quanto riguarda la

differenziazione tra disprassia verbale e disturbo fonologico30

:

quest’ultimo indica un’alterazione della capacità di articolazione dei

fonemi dovuta a disordine di natura idiopatica di possibile origine

genetica, è dovuto ad un deficit di acquisizione e maturazione, nonché di

accesso (e/o di recupero) alle rappresentazioni fonologiche ( in

particolare allo “schema motorio” astratto dei fonemi). Nell’eloquio del

paziente con disturbo fonologico sono presenti, contrariamente

all’eloquio del paziente disprattico, errori costanti raggruppabili in

categorie (fronting, stopping, gliding, etc.), come sostituzioni,

cancellazioni, soprattutto in posizione finale, distorsioni, metatesi, etc.

Inoltre, sono scarse le alterazioni nella velocità, nel ritmo e

nell’accentazione dell’eloquio.

A conclusione di questa esposizione illustrativa in merito alla disprassia

verbale, è bene specificare che una caratteristica cardine di tale disturbo è

la dissociazione automatico-volontaria, cioè la conservazione del

movimento dal punto di vista automatico, ma non volontario degli stessi

gruppi muscolari; in altre parole, il bambino con disprassia verbale riesce

a produrre i movimenti fini della zona bucco- fonatoria in maniera

automatica, ma non riesce a produrli in maniera spontanea, soprattutto se

30

A. Ygual-Fernàndez, J.F. Cervera-Mèrida, Verbal dyspraxia: its clinical

characteristics and treatment with speech therapy. Rev Neurol, 2005; pp. 121-126

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scollegati da un contesto (ad esempio, se il bambino deve riprodurre

l’azione del soffiare, in maniera volontaria non riesce; se gli si mette

davanti una candela, gli si elicita l’atto motorio da compiere ed è in

grado di eseguirlo automaticamente).

Di conseguenza, il paziente disprattico ha ben presente cosa vuole dire,

ma non riesce ad organizzare e programmare i movimenti della

mandibola, delle labbra e della lingua per poter produrre un messaggio

verbale.

2.2 La disprassia verbale nella sindrome di DiGeorge

Alcune ricerche scientifiche svolte in merito alla sindrome di DiGeorge o

sindrome velocardiofacciale, hanno dimostrato l’associazione tra questa

patologia e la presenza della disprassia od aprassia verbale.

In particolare, grazie alle immagini di risonanza magnetica (MRI), a

livello delle strutture cerebrali sono state rilevate alcune alterazioni

neurologiche quali: riduzione del volume del cervello sia per quanto

riguarda la sostanza bianca, che la sostanza grigia; ipoplasia cerebellare;

area del corpo calloso ampliata; malformazione di Chiari31

.

Queste alterazioni potrebbero contribuire a spiegare perché nei pazienti

con sindrome di DiGeorge vi siano quasi sempre problematiche a livello

linguistico, ipotonia, problematiche nella motricità grossolana e fine,

deficit cognitivi ed altri disturbi neuropsichiatrici.

31

Kummer A.W. et al., The prevalence of apraxia characteristics in patients with

velocardiofacial syndrome as compared with other cleft populations, Cleft Palate-

Craniofacial Journal, 2007; pp. 176-180

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31

Per quanto concerne le difficoltà linguistiche, i bambini con la sindrome

in esame sono particolarmente a rischio di sviluppare importanti disturbi

linguistici, quali la disprassia verbale o, nei casi più gravi, l’aprassia

verbale.

Come già descritto in precedenza, tale disturbo è caratterizzato dalla

difficoltà -nel caso della disprassia - o dall’incapacità -nel caso

dell’aprassia- di coordinare i movimenti richiesti per la produzione

linguistica, non attribuibile ad altri problemi di controllo muscolare.

Una peculiarità tipica dei pazienti con sindrome di DiGeorge è

l’insufficienza velofaringea, associata, molto spesso, a schisi del palato,

schisi della sottomucosa o sottomucosa occulta; queste anomalie che

coinvolgono il distretto fono-articolatorio, potrebbero essere la causa dei

disturbi linguistici sopracitati (McDonald-McGinn et al., 1997; Nayak

and Sell,1998).

Le problematiche inerenti al linguaggio, se non individuate e trattate

precocemente, possono avere delle ripercussioni per quanto riguarda lo

sviluppo dell’individuo, sia in termini di sicurezza e crescita personale,

che di relazioni. Le difficoltà comunicative, difatti, impediscono al

paziente di esprimersi, di farsi comprendere; dall’incomprensione da

parte degli interlocutori, o dal senso di frustrazione e disagio che

l’individuo può avvertire quando prova a comunicare, possono

subentrare sentimenti di ostilità che possono condurlo verso l’isolamento

o verso la scarsa volontà di parlare (es. mutismo).

Solitamente, ci si accorge in tenera età della presenza di qualche

difficoltà inerente ad un ritardo di linguaggio: questi bambini, sovente,

hanno un babbling assente o scarsamente variegato, si esprimono con

vocalizzi o con il pianto; successivamente, tendono a sviluppare un

inventario fonetico molto ridotto, con prevalenza di suoni posteriori, di

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32

consonanti sorde, di occlusiva glottidale sorda32

(definita anche colpo di

glottide). Oltre a ciò, ritroviamo un eloquio solitamente inintelligibile

caratterizzato da errori nella produzione dei suoni, importanti e severi

disturbi di articolazione, con persistente ipernasalità.

Alcuni studi condotti in merito alle capacità articolatorie dei bambini con

sindrome di DiGeorge, hanno riscontrato che33

:

-i pazienti con deficit cognitivi manifestano più difficoltà e ritardi

nell’elaborazione e nello sviluppo dei suoni linguistici, con ripercussioni

sulle abilità lessicali;

-le difficoltà uditive e percettive, scaturite dalla presenza di otiti

frequenti od altre problematiche affini che possono provocare ipoacusia,

ostacolano la corretta o completa recezione del segnale acustico e questo

può influenzare la percezione e la discriminazione dei suoni linguistici;

-in questi pazienti, vi è una ridotta capacità di apprendere nuove

rappresentazioni fonologiche per parole appena incontrate basate su

minime esposizioni, e questa è una difficoltà che è alla base dei problemi

di produzione in presenza di disturbi fonologici.

Il logopedista è, spesso, uno tra i primi professionisti a vedere i bambini

con sindrome di DiGeorge, data l’alta prevalenza di disturbi

comunicativo - linguistici e, successivamente, di apprendimento correlati

alla sindrome.

32 D’Antonio L. et al., Analysis of speech characteristics in children with

velocardiofacial syndrome (VCFS) and children with phenotypic overlap without

VCFS, Cleft Palate-Craniofacial Journal, 2001; pp.455-460

33 Baylis A.L., Moller K.T., Munson B., Factors affecting articulation skills in

children with velocardiofacial syndrome and children with cleft palate or

velopharyngeal dysfunction, Cleft Palate-Craniofacial Journal, 2008; pp. 1-12

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33

Durante la valutazione di questi pazienti, occorre prestare attenzione

all’indagine di più domini; in primis, se vi è la presenza o meno dei

prerequisiti comunicativi, vale a dire l’intenzionalità comunicativa, il

contatto oculare, l’attenzione condivisa, la presenza dei gesti deittici

(frequentemente utilizzati anche come metodo compensativo e

sostitutivo al linguaggio verbale deficitario o assente), con particolare

riguardo anche verso le abilità cognitive coadiuvati, il più delle volte, da

un neuropsichiatra infantile.

Un altro aspetto importante da valutare è caratterizzato dalle abilità

percettivo-acustiche, prerequisito importante per la comprensione orale e

per l’apprendimento della forma corretta dei suoni linguistici.

Dopo di che, si esaminano le abilità prassico-articolatorie del bambino,

con particolare riguardo verso il tono muscolare del bambino

(caratterizzato, prevalentemente, da un quadro di ipotonia), il controllo

fonatorio e mandibolare, i movimenti dell’apparato oro-bucco-fonatorio

(in particolare, delle labbra e della lingua), tenendo conto delle anomalie

di tipo organico che possono trovarsi associate alla sindrome, di

competenza otorinolaringoiatra.

Successivamente, si esaminano le caratteristiche prettamente linguistiche

in merito alla produzione e all’articolazione di suoni e parole, al lessico,

alla struttura frasale, etc.

Come più volte ricordato, più tempestiva sarà la valutazione e la

rilevazione delle problematiche, maggiore sarà la possibilità che il

training logopedico si rilevi efficace. Senza tralasciare l’elemento più

indispensabile, rispetto a quanto detto, ossia che la collaborazione e le

attenzioni da parte della famiglia e delle persone vicine al bambino,

sicuramente, supportano in maniera positiva il percorso di crescita e di

sviluppo di questi pazienti.

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34

2.3 Terapia e approcci riabilitativi di attinenza logopedica

Una volta rilevata la presenza di un problema di carattere logopedico, il

passo successivo alla valutazione è la presa in carico del paziente e

l’inizio del training abilitativo o riabilitativo.

In questo paragrafo si parlerà, in particolar modo, della riabilitazione

della disprassia verbale, ponendo l’accento su alcune delle metodiche

riabilitative più utilizzate a riguardo. Il percorso terapeutico è, di solito,

molto lungo e dev’essere necessariamente articolato in varie fasi,

differenziate a seconda degli obiettivi, dei metodi e degli strumenti; il

punto di partenza per lo sviluppo della comunicazione orale è quello di

costruire una rappresentazione più stabile del gesto fono-articolatorio,

compreso il programma motorio che lo costituisce34

.

L’obiettivo primario è quello di stabilire delle forme consistenti e

convenzionali di comunicazione (basate sui gesti, i suoni, le immagini,

etc.) per permettere al bambino di esprimere e comunicare significati

condivisi, in attesa che sviluppi il linguaggio orale.

Una preliminare strategia utilizzata in terapia è basata sulla

propriocezione sulla stimolazione per la sensibilità tattile, termica e

meccanica degli organi fono-articolatori: lingua, labbra, guance, etc. Si

invita il bambino ad intraprendere l’esplorazione del cavo orale e dei

denti in modo da prendere coscienza di una parte del proprio corpo e per

aiutarlo nella successiva ricerca dei punti articolatori di ciascun fonema.

Durante questi esercizi è possibile aiutarsi con cibi (es. nutella,

marmellata, gelato, lecca-lecca etc.), oggetti di uso comune (es.

spazzolino, cannucce, candeline,etc.), giochi (es. bolle di sapone,

34

Chilosi A.M. e Cerri B., Disprassia verbale. Attività di ricombinazione vocalico-sillabica

creativa, Erickson. pp. 18-19

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35

girandole, strumenti musicali, etc.) ed altro materiale; inoltre, si può

utilizzare uno specchio, in modo tale che il bambino abbia un riscontro

visivo e possa rendersi ancora più consapevole dell’esecuzione degli

esercizi.

Vengono eseguiti, quindi, esercizi per le prassie oro-bucco-facciali per

contrastare l’eventuale ipotonia ed allenare i muscoli del distretto

facciale; le prassie possono essere svolte su imitazione del terapista o

veicolati da oggetti o personaggi animati, in forma singola o in sequenza

(stimolando, così, la memoria prassica sequenziale).

Questi esercizi, è importante che vengano riprodotti costantemente sia in

terapia che a casa; in un secondo momento, si cercherà di ridurre al

minimo le elicitazioni, in modo che il bambino possa generalizzare ed

automatizzare i movimenti. E’importante, inoltre, che il bambino sia

consapevole delle proprie difficoltà che riconosca i propri errori, per

portarlo all’autocorrezione.

Nell’ambito della disprassia verbale, sono state elaborate diverse

metodiche per sviluppare le abilità linguistico-espressive; tra le più

utilizzate ritroviamo: il P.R.O.M.P.T. (Prompts for Restructuring Oral

Muscular Phonetic Targets), la M.I.T. (Melodic Intonation Therapy) e la

C.A.A. (Comunicazione Aumentativa Alternativa).

Qui di seguito, verranno descritte le caratteristiche principali del metodo

P.R.O.M.P.T. e del metodo M.I.T., mentre la C.A.A. verrà approfondita

nel capitolo III.

Il PROMPT (= input per la riorganizzazione di target fonetici,orali e

muscolari) è stato elaborato originariamente nel 1980 da Hayden e

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36

continuamente rivisitato e modificato negli anni successivi35

; è un

approccio multidimensionale, sviluppato specificatamente per il

trattamento cognitivo-comunicativo-linguistico, che riconosce nel deficit

del controllo motorio una parte delle difficoltà sperimentate dal paziente.

E’, ad esempio, il caso dei bambini con disprassia evolutiva verbale e

con disartria evolutiva, sia in forma isolata che nel contesto dei disturbi

evolutivi complessi (come il disturbo dello spettro autistico), ma anche

più in generale, dei bambini con disturbi o ritardi di linguaggio. Questo

programma è basato su input tattili e cinestesici che il logopedista

fornisce agli organi articolatori (mandibola, labbra e lingua) del paziente.

La loro somministrazione avviene sempre all’esterno del cavo ora ed ha

come scopo quello di guidare le traiettorie articolatorie, di inibire i

movimenti scorretti, di fornire informazioni sulla durate del movimento

articolatorio per ogni singolo fonema e sulla transizione tra un fonema e

quello successivo.

Il logopedista lavora, pertanto, su ogni singolo suono, dal momento che

ciascun fonema presenta modo e luogo di articolazione specifici, dati

dalle diverse contrazioni muscolari e da un determinato posizionamento

o movimento della mandibola, delle labbra, della lingua, del collo e del

torace per la produzione. Il terapista cerca di "insegnare" al paziente il

movimento dei muscoli per produrre un fonema correttamente,

stimolando tutti questi attraverso il tatto36

.

Il trattamento con il metodo PROMPT è valido in pazienti dai 6 mesi in

35

Dalea P.S. and Haydenb D.A., Treating Speech Subsystems in Childhood Apraxia

of Speech With Tactual Input: The PROMPT Approach, American Journal of Speech-

Language Pathology, 2013; pp. 644–661

36 www.promptinstitue.com

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37

poi, ed ha come obiettivo, dunque, lo sviluppo e l’uso del linguaggio

orale nel contesto dell’interazione e di attività quotidiane significative

per il paziente.

Esempi illustrativi della riabilitazione di due fonemi, secondo metodo PROMPT.37

Il metodo MIT (= terapia di intonazione melodica), invece, è stato elaborato

nel 1973 da un gruppo di neurologi, Sparks, Helm, ed Albert38

, inizialmente

per pazienti adulti afasici in grado di comprendere il linguaggio verbale, ma

con difficoltà espressive. Questa metodica è caratterizzata dall’imitazione

della voce salmodiata o cantata del logopedista da parte del paziente; in

particolare, il modello che si propone al paziente è basato su un sistema di

salmodia, una tecnica vocale di recitazione di un testo su un'unica nota, o di

37 www.kidstalkmatters.com

38 Albert M. L., Sparks R. W. and Helm N., Melodic Intonation Therapy for aphasia.

Archives of Neurology, 1973; pp. 130-131

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38

canto dapprima di singole note prive di componente verbale, sino ad arrivare

all’esecuzione di frasi.

Si sottolineano in maniera esagerata le caratteristiche tonali dei diversi suoni:

le sillabe toniche sono, spesso, più nitide e lunghe rispetto alle sillabe atone.

La melodia si ripete insistentemente, oscillando su poche note, il ritmo si

riduce adattandosi alle caratteristiche del paziente e rallentando la

coarticolazione senza deformare le transizioni tra i fonemi grazie alla

melodia39

; aumentando di livello, gli esercizi diventano sempre più

complessi, arrivando al termine del percorso in cui si abbandona lentamente

la melodia e si preserva il ritmo.

È una tecnica utilizzata per migliorare il linguaggio espressivo di pazienti

afasici, ma anche di pazienti con disprassia od aprassia verbale; nei bambini

si può utilizzare la MIT. associata a segni che rievocano i fonemi. La terapia

si basa sul presupposto che la musica stimoli diverse aree cerebrali e che

esista una stretta correlazione tra l’emisfero destro (quello, per così dire,

“musicale”) e quello sinistro (deputato al linguaggio). Dal momento che le

strutture del linguaggio e quelle della musica sono, per alcuni versi, simili,

l’ipotesi sulla quale si basa questa terapia è quella che stimolando l’emisfero

musicale, anche le aree deputate all’espressione verbale avranno dei

miglioramenti40

.

39 Helfrich-Miller KR, Melodic Intonation Therapy with developmentally apraxic

children. Perkins WH, Northern JL, eds. Seminars speech and language New York:

Thieme-Stratton, 1987; pp. 119-125

40 Santoro R., La Melodic Intonation Therapy, Salutare; p. 33

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39

Esempio illustrativo di esercizi di M.I.T. in lingua inglese, suddivisi per i vari

livelli.41

In conclusione, occorre specificare che bisogna scegliere quello che si

ritiene essere il metodo ad hoc per quella determinata persona, tenendo

conto delle sue esigenze, dei suoi bisogni e dei suoi interessi, spaziando

con la creatività e trascendendo dal singolo metodo.

41 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2780359/#!po=16.6667 Melodic

intonation therapy

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40

CAPITOLO III

DISPRASSIA VERBALE: L’IMPORTANZA DELLA

COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA

“Il silenzio di chi non parla non è mai d’oro. Tutti abbiamo bisogno di

comunicare e di entrare in contatto tra di noi, non solo in un modo, ma in tutti

i modi possibili. E’ un fondamentale bisogno umano, un fondamentale diritto

umano, e soprattutto un fondamentale potere umano.'' (B. Williams)

L’idea di riservare un capitolo a parte per la Comunicazione

Aumentativa Alternativa, nasce dall’esigenza di dare rilevo a questa

metodica all’interno della riabilitazione della disprassia verbale. La

C.A.A. è uno strumento importante perché allevia le sofferenze dei

pazienti che non sono in grado di utilizzare una comunicazione verbale

per una serie di vicissitudini, aiuta costoro ad esprimersi con mezzi

alternativi a seconda delle proprie esigenze e capacità. Ma non solo,

talvolta, la C.A.A. può essere utilizzata con pazienti molto piccoli per

supportare l’acquisizione del linguaggio orale.

In questo capitolo saranno illustrate le caratteristiche salienti di questo

metodo, partendo dalla sua storia ed evoluzione, arrivando alla

descrizione dei diversi strumenti a disposizione per poter,

successivamente, comprendere maggiormente il percorso terapeutico di

F. che sarà descritto nel prossimo capitolo.

3.1 La C.A.A.: definizione e cenni storici

La C.A.A. è l’acronimo di Comunicazione Aumentativa e Alternativa,

rappresenta un’area di ricerca e di pratica clinica che studia e cerca di

compensare la disabilità temporanee o permanenti, le limitazioni nelle

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41

attività e le restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini

nella produzione del linguaggio e/o della parola e/o di

comprensione,relativamente a modalità di comunicazione orale e scritta

(ASHA, 2005)42

, mediante il potenziamento delle abilità comunicative

naturali e l’uso di modalità speciali.

L’aggettivo ‘aumentativa’ descrive le modalità di comunicazione volte

ad accrescere la naturale comunicazione delle persone che, per diverse

vicissitudini, non sono in grado di utilizzare il linguaggio verbale per

parlare abbastanza chiaramente da essere comprese dagli altri. Per

potenziare la comunicazione naturale e residua, occorre sfruttare al

meglio tutte le competenze espressive dell’individuo, vale a dire le

vocalizzazioni, il linguaggio verbale residuo, ma anche il linguaggio non

verbale sottoforma di gesti, segni, espressioni facciali, etc.

L’aggettivo ‘alternativa’, invece, si riferisce ai metodi utilizzati per

sostituire il linguaggio orale, nei casi in cui quest’ultimo non fosse

utilizzabile; pertanto, si adoperano altre modalità di comunicazione

alternative e diverse da quelle tradizionali43

.

Preme sottolineare che la C.A.A. non nasce come strumento alternativo

al linguaggio nella sua globalità, ma solo all’aspetto fonetico del

linguaggio44

; pertanto, non va a sostituirsi al linguaggio orale, e neppure

ne inibisce lo sviluppo quando questo è possibile. Si traduce sempre in 42

Beukelman D.R., Mirenda P., Manuale di Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Interventi per bambini e adulti con complessi bisogni comunicativi, Erickson 2014;

pp.25-26

43 Rivarola A., Comunicazione Aumentativa e Alternativa, Milano 2009; p.3

44 Gava M. L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola, ed.

Franco Angeli, 2007

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42

sostegno alla relazione, alla comprensione e all’espressione di pensiero

dell’individuo con bisogni comunicativi complessi.

La C.A.A. inizia il suo percorso nel Nord America intorno agli anni

Sessanta, soprattutto nell’ambito delle paralisi cerebrali infantili o di

disturbi espressivi; fino a quel momento l’impossibilità di utilizzare il

linguaggio verbale per comunicare era considerata come il sintomo

naturale di una malattia.

I primi strumenti di comunicazione aumentativa furono rappresentati da

tabelle comunicative composte da lettere, simboli ed immagini;

successivamente, verso gli anni Settanta vi furono progressi, in

particolare dal 1964 al 1974 presso l’ospedale universitario di Jowa City

venne condotto un primo programma di C.A.A. rivolto ai bambini con

paralisi cerebrale infantile. Contemporaneamente, avanzò anche l’idea

che la tecnologia potesse facilitare il superamento della disabilità

comunicativa e vennero, così, utilizzate macchine da scrivere adattate.

Il primo ausilio tecnologico specificatamente dedicato alla

comunicazione è stato il P.O.S.M. (Patient Operated Selection

Mechanism) finanziato dalla Polio Reseach Foundation ed utilizzato

durante gli anni Settanta.

Nel frattempo, anche nel Nord Europa vennero elaborati ausili che erano,

però, accessibili solo a soggetti alfabetizzati, ma comunque complessi da

utilizzare; nuovi passi avanti furono condotti da Shirley Mac Naughton

et coll., i quali avviarono presso l’Ontario Crippled Children Center di

Toronto un progetto di ricerca, utilizzando i simboli grafici con l’intento

di creare un linguaggio universale per eliminare le barriere tra le diverse

popolazioni. In particolare, tali simboli – basati sul significato, e non

sulla fonetica- erano appresi facilmente, anche da coloro i quali non

riuscivano ad acquisire il codice alfabetico, e permettevano l’espressione

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43

di concetti anche molto elaborati. Questo nuovo sistema si diffuse in tutti

il mondo, divenendo il principale sistema grafico a livello mondiale.

Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati

creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di

disabilità comunicative; intorno agli anni Ottanta, iniziarono ad essere

pubblicati casi di persone che, attraverso programmi di comunicazione,

riuscivano a migliorare la qualità della loro vita.

Iniziarono a svolgersi conferenze internazionali sulla “Comunicazione

non verbale” a Toronto, e nella conferenza del 1982 si decise di creare

un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo clinico, ossia

l’ ISAAC (International Society for Augmentative and Aumentative

Communication).

In Italia, la diffusione della C.A.A. avviene negli anni successivi grazie

ai meeting internazionali; nel 1989 fu fondato il GISCAA (Gruppo

Italiano per lo Studio della Comunicazione Aumentativa Alternativa), e

dieci anni dopo fu creata la prima scuola annuale di formazione in

C.A.A. a Milano, presso il Centro Benedetta D’Intino Onlus45

.

La tappa più significativa per il nostro Paese è stata rappresentata dalla

fondazione del Chapter ISAAC Italy che raduna in Italia le persone

interessate e coinvolte nella C.A.A., ossia le persone che ne fanno uso, i

loro familiari ed amici, i professionisti, i tecnici e le aziende che

distribuiscono nel nostro territorio sia ausili che materiali di C.A.A.

Gli scopi dell’ISAAC Italy sono, essenzialmente: la diffusione delle

attuali conoscenze in merito alla C.A.A. (strumenti, codici, metodologie,

strategie specifiche); la promozione di studi e ricerche nel campo della

disabilità verbale; la creazione di una cultura della comunicazione

45

A. Rivarola, Comunicazione Aumentativa Alternativa, Milano 2009; pp.4-6

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44

umana, con un’accezione più ampia del linguaggio orale, che comprenda

modalità complementari, ma anche alternative alla parola (compresi i

residui vocali, lo sguardo, la mimica, i gesti, la postura, i codici

alternativi, gli strumenti tecnologici ed altri ausili)46

.

La C.A.A. è stata, ed è tuttora, un approccio innovativo che ha rotto degli

schemi per ricercare nuove vie per il recupero comunicativo dei soggetti

con disabilità verbale.

3.2 Ambiti e finalità degli interventi mediante l’ausilio della

C.A.A.

L’ambito della C.A.A. risulta piuttosto vasto ed abbraccia individui di

età diverse e con patologie e problematiche molto varie: in particolare,

gli interventi con mezzi alterativi e/o aumentativi sono rivolti a coloro i

quali abbiano necessità di una particolare assistenza per parlare e/o

scrivere qualora la loro comunicazione gestuale, orale e/o scritta si riveli

inadeguata ad esprimere i loro bisogni comunicativi.

La disabilità verbale è la conseguenza di una patologia neurologica di

varia eziologia, che può insorgere in qualsiasi momento della vita di una

persona – per cause accidentali o patogene- e che può comportare

conseguenze differenti da individuo a individuo. Ogni situazione può

presentare diversi livelli di impedimento, non solo sul piano espressivo,

ma anche sul piano cognitivo, funzionale, motorio ed emotivo-affettivo.

46 Gava M.L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola. Le

possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive.

ed. Franco Angeli, 2013; pp. 23-24

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45

L’adozione di strumenti di C.A.A. può essere temporanea o permanente,

a seconda dell’eziologia del disturbo e degli obiettivi dell’intervento; gli

ambiti di applicazione inizialmente erano rivolti a bambini con

linguaggio espressivo gravemente deficitario, ma con capacità recettive e

comprensione integre. Successivamente, il campo di applicazione della

C.A.A. è stato esteso anche ad altre condizioni di disabilità, in

particolare:

-patologie acquisite (laringectomia, trauma cranico, ictus, paralisi degli

adduttori delle corde vocali, interventi demolitivi del cavo orale,etc.);

-patologie congenite (disabilità intellettiva severa, deficit uditivo, ritardo

mentale, deficit prassico, disturbi generalizzati dello sviluppo, paralisi

cerebrale infantile, autismo, disprassia verbale);

-patologie temporanee (shock, intubazioni,etc.);

-patologie evolutive (sclerosi multipla, morbo di Parkinson,

leucodistrofia, distrofia muscolare, sclerosi laterale amiotrofica, atrofia

muscolare spinale, etc.).

Occorre stabilire con criterio quali siano i pazienti che necessitano degli

interventi di C.A.A. per poi attuare un iter riabilitativo personalizzato; a

tal proposito è opportuno verificare se siano presenti i pre-requisiti di

base ed effettuare alcune primarie distinzioni nell’ambito della

popolazione con disabilità verbali47

. Nelle attuali classificazioni, la

popolazione con disabilità verbale viene distinta in:

47

Gava M.L., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa tra pensiero e parola. Le

possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive.

ed. Franco Angeli, 2013; p. 25

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46

a) individui con capacità di letto-scrittura e linguaggio intero strutturato,

che necessitano solamente di facilitatori per la comunicazione e di un

ausilio strumentale;

b) individui che non presentano abilità di letto-scrittura, ma che

possiedono i pre-requisiti per l’adozione di strumenti alternativi,

anche se presentano spesso problemi cognitivi;

c) individui che non presentano i pre-requisiti necessari per l’adozione

di strumenti alternativi, e che necessitano, dunque, di un intervento di

comunicazione iniziale in quanto, solitamente, non sono molto

compromessi il piano cognitivo e/o relazionale.

Tale suddivisione non è da intendersi in modo rigido, ad esempio i

soggetti indicati nel terzo gruppo possono nel tempo acquisire i pre-

requisiti, così come i soggetti del secondo gruppo possono apprendere la

letto-scrittura. Non ci sono dei pre-requisiti minimi necessari nel

paziente, non vi è un livello cognitivo minimo, di gravità o di età, al di

sotto del quale sia sconsigliato iniziare. Vi sono, invece, degli elementi

importanti da considerare prima di intraprendere un percorso di C.A.A.,

ossia l’intenzionalità comunicativa, le caratteristiche minime di

collaborazione e le capacità attentive da parte del soggetto; oltre a ciò,

occorre che l’ambiente in cui l’individuo si relaziona, aiuti e faciliti il

soggetto durante l’utilizzo degli strumenti di C.A.A..

Caratteristica comune ai vari modelli d’intervento sta nel fatto che essi si

riferiscono non solo alla persona con disabilità verbale, ma anche ai

caregivers, quali i familiari, gli insegnanti, gli operatori; tali figure si

dimostrano, infatti, fondamentali nella partecipazione alla terapia per

sostenere i processi comunicativi e relazionali del paziente. Costoro

possiedono sia il ruolo di facilitatori che di partner di comunicazione ed

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47

hanno, inoltre, relazioni di natura sociale, educativa e di cura con

l’utente, collaborando allo scambio comunicativo tramite un lavoro di

co-costruzione dei messaggi che aiuta ad evitare cadute di

comunicazione (Beukelman et al., 2007).

Importante ai fini dell’efficacia degli strumenti di C.A.A. è che, in tale

percorso, il paziente con disabilità verbale abbiamo modo di confrontarsi

con un partner responsivo; con il termine ‘responsività’ si fa riferimento

alla collaborazione ed interazione con un partner di comunicazione48

che

sia in grado di rispondere a determinati pre-requisiti ed abbia specifiche

capacità, quali49

:

-la capacità di ascoltare ed osservare il soggetto con bisogni comunicativi

complessi, assumendo il suo punto di vista (atteggiamento empatico) e

partendo dal suo focus di interesse;

-la competenza di assumere un comportamento di attesa, concedendo al

soggetto più tempo per reagire e rispondere;

-l’abilità di dare risposte a tutti i suoi segnali comunicativi;

-la capacità di offrire opportunità di utilizzo degli strumenti di C.A.A.;

-la capacità di creare opportunità di comunicazione nel contesto delle

attività quotidiana.

48

Binger C. et al., Personnel roles in the AAC assessment process. Augmentative and

Alternative Communication, 2012; pp.278-288

49 Federizzi E., I disordini dello sviluppo motorio. Fisiopatologia. Valutazione

diagnostica. Quadri clinici. Riabilitazione,Piccin-Nuova Libraria, 2009; pp. 189-192

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48

Il sistema di interazioni ed il contesto comunicativo devono avvenire in

modo del tutto naturale ed ecologico; attraverso la partecipazione è

possibile incrementare anche la qualità e la quantità della comunicazione.

Per quanto riguarda le finalità della C.A.A., sono volte a fornire alle

persone l’opportunità e la capacità di: comunicare messaggi in modo da

poter interagire durante le conversazioni; partecipare alla comunicazione

in casa, a scuola, a lavoro e durante le attività ricreative; imparare la

propria lingua madre; stabilire e mantenere i propri ruoli sociali (ad

esempio, amico, studente, coniuge, maestro e lavoratore); far fronte ai

propri bisogni personali; comunicare in modo preciso per guidare i

propri assistenti ed il personale medico50

.

In particolare, si potrebbero riassumere le finalità della C.A.A. in questo

modo51

:

:

50

D.R., Mirenda P., Manuale di Comunicazione Aumentativa Alternativa. Interventi

per bambini e adulti con complessi bisogni comunicativi, Erickson 2014; p. 44

51 www.varesepolis.it

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49

Scopo della C.A.A. è, pertanto, quello di ridurre, contenere e compensare

la disabilità temporanea o permanente di persone che presentano un

grave disturbo della comunicazione sia sul versante espressivo che

recettivo, attraverso il potenziamento delle abilità presenti, la

valorizzazione delle modalità naturali e l’uso di modalità speciali; è un

approccio multidimensionale volto a migliorare la qualità della vita di

questi individui.

3.3 Strumenti di C.A.A.

Il percorso del paziente con disabilità verbale parte dai sui bisogni

comunicativi, gli strumenti che vengono forniti devono essere adattati

alle sue esigenze annuali, ma al tempo stesso devono essere flessibili ed

evolversi nel tempo parallelamente all’evoluzione della persona in tutti i

suoi aspetti cognitivi, emotivi e sociali. È importante sottolineare che gli

interventi di C.A.A. sono percorsi che non sempre arrivano a raggiungere

gli obiettivi prefissati in brevi periodi; specialmente nel casi di pazienti

con patologie congenite, il potenziamento e lo sviluppo delle competenze

comunicative, compresa la motivazione a comunicare, divengono

obiettivi irrinunciabili.

Gli strumenti che consentono a questi individui un by-pass tra pensiero e

mondo esterno, sono prevalentemente costituiti da codici alternativi; in

particolare, è possibile distinguere due tipologie di C.A.A.:

quella assistita (aided) indica le modalità comunicative che utilizzano

dispositivi esterni elettronici (high-tech o low-tech) o non elettronici;

quella non assistita (unaided) indica le modalità di comunicazione

che non si avvalgono di uno strumento o di dispositivi esterni per

comunicare, preferendo l’utilizzo delle competenze dell’individuo

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50

stesso (espressioni del volto, sguardo, gesti, segni, vocalizzi,

linguaggio verbale residuo).

Qui di seguito verranno illustrati i principali strumenti di C.A.A.

assistita, suddivisi in ausili low-tech (a bassa tecnologia) ed high-tech (ad

alta tecnologia). Si definisce con il termine ‘ausilio’ qualsiasi prodotto,

strumento, attrezzatura o sistema tecnologico utilizzato per compensare,

alleviare od eliminare un problema temporaneo o permanente. Lo scopo,

come più volte ricordato, è dare maggiore autonomia e migliorare la

qualità della vita; gli ausili possono favorire il graduale sviluppo di

identità del bambino, prevenire le complicanze, favorire la

socializzazione e facilitare le attività nei diversi ambienti di vita del

soggetto.

3.3.1 Ausili low-tech

Sono ausili a bassa tecnologia, ossia non hanno componenti elettroniche,

batterie od emissioni di voce; sono creati con simboli, fotografie,

immagini, oggetti o materiali comuni, sono supporti sempre disponibili e

facilmente accessibili all’utente. Tra questi ritroviamo:

Tabelle cartacee per la comunicazione, sono supporti comunicativi

che raccolgono bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi:

oggetti concreti, miniature di oggetti, fotografie, disegni, sistemi

simbolici, lettere o parole; il soggetto comunica attraverso

l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner; queste tabelle

sono accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche

comunicative, fisiche, cognitive del soggetto, attraverso la raccolta

del lessico di base e la scelta dei contenuti da inserire, la selezione del

sistema rappresentazionale da utilizzare, la scelta delle dimensioni dei

simboli e della spaziatura tra essi, la selezione delle modalità di

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51

accesso (indicazione diretta o a scansione), la scelta della forma, della

struttura e delle dimensioni della tabella in considerazione della

trasportabilità. Possiamo ritrovare ‘tabelle minime’ formate da pochi

simboli o oggetti e favoriscono la scelta, ‘tabelle a scelta multipla’

che permettono di aumentare le possibilità di scelta e sono spesso

costituite da foto o simboli, ‘tabelle a tema’ utili per interagire

durante una specifica attività o per raccontare qualcosa ed il

vocabolario viene selezionato in funzione dello specifico contesto

comunicativo, ‘tabelle a cascata’ formate da una tabella a scelta

multipla che si sviluppa con un insieme di tabelle a tema concatenate,

‘tabelle principali’ strutturate in modo da poter essere utilizzate

durante tutte le attività del soggetto e contengono il vocabolario di

base.

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52

Esempi di contenuti presenti nelle tabelle comunicative52

.

E-Tran deriva dalla contrazione delle parole inglesi ‘eye transfer’

(scambio con lo sguardo), è uno strumento di straordinaria efficacia

per ampliare le possibilità espressive utilizzando l’indicazione di

sguardo. Consiste in una tabella che va costruita con pannelli

trasparenti di plexiglass o lexan, sui quali vengono impressi simboli,

lettere e numeri. Il pannello trasparente viene posto tra i due

interlocutori; quando il primo guarda una lettera sul pannello, il

secondo -dalla parte opposta- può vedere verso quale lettera si

dirigono gli occhi53

.

52

www.siriomedical.it

53 Ruoppolo G., Schindler A., Amitrano A., Genovese E., Manuale di foniatria e

logopedia, Società editrice Universo 2012; pp. 155-158

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53

Esempi illustrativi di un dispositivo E-Tran e del suo utilizzo54

.

Il quaderno dei resti è uno strumento che permette al soggetto di

raccontare e condividere un’esperienza fatta precedentemente; la

tecnica dei resti consiste nel raccogliere ed organizzare gradualmente,

ad esempio, in un quaderno, i frammenti ed i resti concreti di

un’attività o di una situazione vissute direttamente dal soggetto e che

vengono utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica.

Le diverse tracce delle esperienze significative permetteranno

all’individuo di espandere le funzioni comunicative.

54 www.podistidamarte.it

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54

Esempio di racconto personale inserito nel quaderno dei resti.

Il vocabolario dei gesti è uno strumento che permette, da una parte, la

consultazione veloce per consentire ai partner non familiari di

comprendere il significato dei gesti prodotti dal soggetto, dall’altra

invece, di valorizzare le competenze gestuali per sostenere

l’espansione del suo codice gestuale. Il vocabolario dei gesti

dev’essere redatto attraverso una ricognizione accurata del

patrimonio gestuale dell’individuo, facendo fotografie, disegnando o

descrivendo il gesto prodotto, annotando il significato specifico che

esso ha per quel soggetto.

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55

Esempio di immagini di gesti e loro descrizioni55

.

3.3.2 Ausili high-tech

Gli ausili ad alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare

necessitano di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È

disponibile un’ampia gamma di ausili del genere in commercio. Tra i

principali ritroviamo:

VOCAs (Vocal Output Communication Devices), definiti anche

SGDs (Speech Generating Devices), sono ausili portatili di

comunicazione con uscita in voce che permettono di emettere un

messaggio sonoro precedentemente registrato; i messaggi possono

essere riprodotti premendo aree sensibili del dispositivo o attraverso

l’uso di un sensore. Questi strumenti sono di estrema importanza

perché consentono di utilizzare un simbolo e di associarvi il

55

www.treccani.it

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56

corrispondente sonoro, consentendo un immediato feedback sia sul

soggetto stesso che sugli interlocutori56

.

Esempi di dispositivi VOCAs57

.

Comunicatori alfabetici sono dispositivi portatili dotati di sintesi

vocale di alta qualità che comprende sia una voce femminile che una

voce maschile. In alcuni casi questi comunicatori sono dotati di un

doppio display che consente a chi digita di controllare quanto viene

scritto, mentre contemporaneamente l’interlocutore – posto di fronte-

legge sull’altro display il contenuto del messaggio. Oltre alla sintesi

vocale, integrano un sistema di predizione delle parole: mentre

l’utente digita i primi caratteri di una parola nella prima riga del

display, nella seconda riga vengono visualizzati alcuni termini d’uso

56 Baugmart D., Augmentative and Alternative Communication system for persons

with moderate and severe disabilities, Paul H. Brookes, 1990

57 www.leonardoausili.com

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57

frequente che iniziano con la medesima radice: con un semplice

comando l’utente può, così, completare rapidamente la parola e

passare alla successiva.

Esempi di due tipologie di comunicatori alfabetici58

.

Sistemi di puntamento oculare sono apparecchi che emulano il

movimento del mouse sfruttando l’eye tracking, ossia il puntamento

oculare diretto; alla base vi è una tecnologia ad infrarossi. Il

rilevamento della direzione dello sguardo è binoculare, particolare

che garantisce una buona precisione nel puntamento. Il sistema è in

grado di adattarsi ad utenti con caratteristiche diverse ed è altamente

personalizzabile; la scrittura dei messaggi avviene puntando gli occhi

sulle caselle e confermando col battito delle ciglia o mantenendo lo

sguardo sul tasto per alcuni secondi. Il messaggio completo può

essere ripetuto attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema.

58 www.aidalabs.com

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58

Esempi di sistemi di puntamento oculare59

.

Questi sono i sistemi di C.A.A. frequentemente utilizzati, occorre notare

che nell’uso di questa metodica assumono una rilevanza specifica i

simboli; questi ultimi possono essere classificati in tre categorie: simboli

tangibili (oggetti veri, imitazioni di oggetti, miniature o parti di oggetti),

fotografie (personali, di giornali, di riviste, logo di prodotti), simboli

grafici (simboli trasparenti che sono spesso intuibili perché assomigliano

visivamente al concetto che rappresentano, e simboli opachi che non

hanno alcuna relazione con il concetto rappresentato e sono arbitrari).

Tali simboli sono esposti, visualizzati e selezionati secondo “tecniche di

esposizione”, in particolare possiamo distinguere:

Modalità di selezione diretta che avviene mediante l’indicazione

(l’utente può indicare attraverso l’uso delle dita delle mani, la

59

www.aidalabs.com

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59

direzione dello sguardo, un ausilio di puntamento sul pugno o su un

caschetto, un’asta tenuta tra le labbra, etc.);

Modalità di selezione indiretta che può avvenire secondo due metodi,

ovvero la selezione a scansione (può essere assistita dal partner di

comunicazione o da sistemi elettronici che indicano uno per volta o

un gruppo di simboli e l’utente segnala la sua scelta) o la selezione a

codifica (che avviene attraverso l’uso di un codice di riferimento che

viene attribuito ad ogni elemento)60

.

3.4 Uso della C.A.A. nella riabilitazione della disprassia verbale

evolutiva

Come accennato nel capitolo II, la C.A.A. assurge ad un ruolo

importante nell’ambito della riabilitazione della disprassia verbale; in

particolare, l’uso di ausili di C.A.A. supportano lo sviluppo del

linguaggio dei bambini con disprassia evolutiva, oltre a facilitare

l’accesso e la partecipazione nelle interazioni comunicative61

.

Le strategie di C.A.A. facilitano il miglioramento sia del linguaggio

espressivo che recettivo, in quanto propongono modalità aumentative o

alternative per comunicare liberamente senza le difficoltà associate alla

60 Gava M. L., La comunicazione aumentativa alternativa tra pensiero e parola. Le

possibilità di recupero comunicativo nell’ambito delle disabilità verbali e cognitive,

2013; pp. 157-160

61 Cumley G. D. and Swanson Susan, Augmentative and Alternative Communication

options for children with developmental apraxia of speech: three case studies

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produzione linguistica normale. È stato dimostrato che questi ausili,

infatti, compensano le difficoltà comunicative, indipendentemente dalla

lunghezza e dalla complessità del contenuto che si vuole esprime, che

come abbiamo visto precedentemente, inficiano l’eloquio del paziente

disprattico.

Applicando un sistema aumentativo – e nei casi più gravi, alternativo-

costituito da gesti o immagini che si usano non per sostituire il

linguaggio orale, ma per rinforzare l’aspetto deficitario in questi pazienti,

l’informazione uditiva del messaggio in entrata ridonda con

l’informazione visiva e l’esecuzione di gesti accompagna la produzione

verbale d’uscita. Questo tipo di sistema si usa, particolarmente, con

bambini molto piccoli perché il rinforzo gestuale o visivo aiutano nella

pronuncia di parole che risultano ostiche (ad esempio, se il bambino deve

dire una parola trisillabica, lo si aiuta con la sequenza di tre segni o di tre

immagini od oggetti); il bambino, così, riesce a ricordare la sequenza dei

movimenti o delle immagini e le associa ai fonemi corrispondenti.

Inizialmente, il paziente è unicamente capace di produrre parole grazie a

questi sistemi d’ausilio, che gli permettono di rievocare la sequenza dei

fonemi di una determinata parola; successivamente, arriva a ricordare la

sequenza dei suoni e la automatizza.

Alcuni autori spagnoli, quali Monfort M. e Juàrez-Sànchez A., hanno

proposto di utilizzare il gesto in appoggio ad un determinato fonema,

questo sistema è simile a quello utilizzato con i bambini sordi per

elicitare la corretta pronuncia. Si associa un gesto per ogni fonema e si

forniscono aiuti visivi, pittografici, che ricordano il gesto: in questo

modo il gesto a sostegno della pronuncia permettono al paziente di

acquisire la struttura fonologica utile per ricostruire le parole già note o

accedere a nuove parole.

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61

Si può associare un fonema ad una parola-oggetto, ad esempio ‘palla’ si

associa al fonema /p/ e all’immagine corrispondente della palla;

successivamente, si può lavorare sulla sequenza dei suoni all’interno

delle parole, in questo caso occorre accompagnare le immagini a ciascun

fonema consonantico. Dunque, seguendo l’esempio riportato dagli autori

Monfort M. e Juàrez-Sànchez, la parola ‘barbecue’si associa a due

immagini di palla ('ball'), ed una della macchina fotografica ('càmera')

che ricordano la sequenza consonantica della parola.

BALL BALL CAMERA

/b/ /b/ /k/

Bar - Be - Cue

Esempio di parola trisillabica (barbecue) facilitata con immagini

corrispondenti al fonema iniziale di ciascuna sillaba.

Altri studi hanno, inoltre, dimostrato che l'ausilio di strumenti di C.A.A.

contribuisce ad incrementare il lessico del paziente che ne beneficia,

oltre a potenziare e sviluppare le capacità cognitive e di apprendimento.

Il trattamento della disprassia verbale risulta molto lungo: i pazienti sono

spesso molto lenti e manifestano difficoltà nei processi di

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automatizzazione, pertanto restano a lungo ancorati agli ausili proposti

come compenso. Questa problematica che inficia il normale sviluppo del

linguaggio richiede sempre approcci terapeutici completi e globali, il cui

obiettivo primario è quello di rinforzare e facilitare la comunicazione dal

momento che la lingua viene acquisita in situazioni comunicative reali e

naturali; per questo motivo, c'è bisogno della capacità di adeguamento

dell'ambiente per fornire al paziente tutti i mezzi necessari ad esprimersi

ed a comprendere il linguaggio.

L'efficacia del trattamento dipende, quasi sempre, dall'intensità con cui si

svolgono gli esercizi; difatti, la pratica deve essere effettuata ogni giorno,

realizzando più sezioni di esercitazione di breve durata.

Si ribadisce, in conclusione, che tramite l'intervento di C.A.A. nel

paziente con disprassia verbale è possibile potenziare le risorse

comunicative, la comunicazione non verbale, le strategie di compenso e,

se necessario, l'ausilio di strumenti tecnologici. In più, è possibile

utilizzare tutta una serie di codici sostitutivi, come immagini, disegni,

simboli e/o gesti e di software specifici affinché possa esprimere il

contenuto del proprio pensiero verbale veicolandolo attraverso un canale

alternativo.

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63

CAPITOLO IV

PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

"Comunicare è essenziale e mi dà l'opportunità di farmi conoscere e

apprezzare. Io non ho mai parlato e mai parlerò e questa è una cosa che mi

manca tantissimo, molto di più che camminare, ma grazie alla CAA posso

COMUNICARE, mentre ci sono persone che pur sapendo parlare comunicano

il nulla!". (testimonianza di Marcello, utente CAA)

Nel presente capitolo si disquisirà in merito al caso clinico protagonista

della prima parte della tesi; F. è un bambino che attualmente ha un'età di

9 anni ed è affetto da una sindrome genetica codificata all'interno dei

sistemi diagnostici nosognafici internazionali con il nome di "Sindrome

di DiGeorge", che si manifesta con diverse problematiche, tra le quali vi

è un'importante compromissione del linguaggio verbale.

4.1 Raccolta anamnestica

Dall'anamnesi risulta che il bambino è unigenito, ed è nato il 12 ottobre

2007 da parto eutocico, preceduto da amnioressi. F. nasceva prematuro,

alla trentaquattresima settimana di gravidanza con un peso pari a 1860 g.

La gravidanza è stata caratterizzata nel primo trimestre da minacce

d'aborto, che hanno comportato l'assunzione di terapia farmacologica e

riposo per la madre. L'esame cromosomico in amniocentesi non

mostrava anomalie.

Alla nascita mostrava lieve distress respiratorio risoltosi con nasal CPAP

per 24 ore, ed ittero fisiologico trattato con fototerapia; il bambino è

rimasto in incubatrice per circa un mese, ed a soli sei giorni di vita è

stato sottoposto ad un intervento di erniotomia bilaterale. Durante la

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degenza sono stati riscontrati anche difetto interventricolare sottoaortico

e sospetta torsione testicolare.

Veniva effettuata la Risonanza Magnetica Nucleare all'encefalo che

mostrava "ipoplasia del corpo calloso che risulta comunque

rappresentato in tutte le sue porzioni. Cisti del setto pellucido, cavum

vergae e cavum velum iterpositum. Modesta dilatazione dell'opercolo

fronto-temporale bilateralmente".

L'allattamento avveniva direttamente al biberon, la suzione risultava

essere valida e non veniva riferito alcun problema di deglutizione.

Lo sviluppo psicomotorio è risultato essere lievemente in ritardo: a 14

mesi era in grado di passare dalla posizione supina a quella seduta e di

rotolare autonomamente, ma non riusciva a mantenere la stazione eretta e

la navigazione costiera. La deambulazione autonoma è stata acquisita

intorno ai 18 mesi, inoltre, F. manifestava lentezza eccessiva durante i

movimenti.

Dal punto di vista linguistico, invece, F. a 14 mesi presentava un ritardo

di linguaggio sia nella comprensione che nella produzione verbale, oltre

nei pre-requisiti dello stesso: comunicazione gestuale e gioco di finzione.

In particolare, dalla compilazione del questionario Il Primo Vocabolario

del Bambino (PVB- Gesti e parole; Caselli, Casadio;1995) emergevano i

seguenti risultati:

Primi segnali di comunicazione: 100% ;

Comprensione di frasi: 13 (-1 ds);

Comprensione di parole: 37 (-1,5 ds);

Produzione di parole: 0 (-1 ds);

Azioni e gesti: 8 (-2,5 ds)

Gioco di finzione: assente

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All'età di 2,3 anni F. presentava un quadro clinico caratterizzato da

ritardo motorio, ritardo del linguaggio, difficoltà di masticazione,

cardiopatia congenita (DIV sottoaortico risoltosi spontaneamente), fistola

sacrale, ernia inguinale operata, episodi convulsivi con EEG nei limiti

della norma; veniva effettuato, pertanto, un esame genetico che

confermava la presenza di una microdelezione cromosomica 22q11.2,

associata alla sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale che causava le

problematiche cliniche di F. .

Crescendo, il bambino ha cominciato a presentare altre problematiche

tipiche della sua sindrome, quali la facies tipica, il criptorchidismo

destro, artrite idiopatica giovanile poliarticolare, infezioni frequenti alle

vie aeree respiratorie ed otiti frequenti.

F. a 2,8 anni continuava a mostrare ritardo psicomotorio di grado medio-

lieve, caratterizzato da assenza di linguaggio orale, difficoltà di

masticazione, difficoltà a relazionarsi, scarsa collaborazione, condotte di

evitamento con tendenza all'autogestione; presentava l'uso dei gesti

deittici e, talvolta, referenziali , vocalizzava per rivolgersi a figure

familiari, prediligeva il gioco stereotipato (svuotamento/riempimento di

un contenitore), mostrando tempi di attenzione molto ridotti.

Il bambino veniva inviato dalla struttura ospedaliera Bambino Gesù di

Roma presso l'Asl di Palestrina (Rm), nella quale si suggeriva con

urgenza un inserimento in fisiokinesiterapia; tale trattamento iniziava nel

2010 e portava F. ad acquisire un discreto controllo dinamico e statico,

nonostante modulasse poco il movimento nelle attività bimanuali.

Inoltre, il bambino mostrava bocca aperta e scialorrea, per questo

motivo, in FKT lavorava anche per il controllo della rima labiale e la

funzione dei muscoli masticatori.

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A settembre del 2010, F. era inserito all'interno della scuola materna con

AEC (Assistenza Educativa Culturale) e sostegno con intera copertura

dell'orario scolastico.

All'età di 3 anni , data la persistenza delle difficoltà alimentari, F. era

sottoposto alla valutazione delle abilità motorie orali e di deglutizione

presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Dall'esame obiettivo

emergeva un quadro caratterizzato da: ipotonia della muscolatura oro-

facciale, palato ogivale, schema linguale in suzione. Non presentava

difficoltà di deglutizione, ma vi era un ritardo di sviluppo delle abilità

motorie orali con alterazione della sensibilità orale (ipersensibilità con

conati di vomito).

L'alimentazione del bambino era costituita essenzialmente da yogurt e

cibi omogeneizzati o frullati; inoltre, non accettava spazzolini, e, quindi,

opponeva resistenza alle pratiche di igiene dentale.

In seguito, il bambino era avviato ad un percorso riabilitativo logopedico

per attivare la masticazione con training masticatorio e con terapia

miofunzionale, e per regolare la sensibilità orale e periorale con stimoli

orofacciali multipli.

Durante i successivi controlli, il bambino continuava a mostrare

difficoltà di masticazione, con forte abilità di suzione anche per uso di

ausili alimentari infantili come biberon ed ausili non alimentari come il

ciuccio, che utilizzava ancora, soprattutto per addormentarsi; F.

continuava ad alimentarsi con cibi omogeneizzati o frullati.

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4.2 Sviluppo cognitivo-linguistico e psicomotorio

Come rimarcato più volte in precedenza, da sempre F. ha presentato

grandi problematiche nell'ambito comunicativo-linguistico, sia per

quanto riguarda la comprensione, che la produzione verbale.

Dunque, all'età di 3,6 anni F. effettuava una valutazione neurolinguistica

presso l' Asl di Palestrina dalla quale emergeva il seguente quadro:

utilizzo del gesto indicativo per richiedere i giochi;

scarsa condivisione dello sguardo;

assenza di regole;

difficoltà attentive;

disegno : scarabocchio;

assenza di linguaggio verbale (anche per suoni onomatopeici),

presenza di una sorta di pseudolinguaggio (cantilena) mentre gioca

da solo;

somministrazione delle "Prove di Thal e Bates", durante le quali

ripete le seguenze di gioco, ma senza alcun commento orale non è

possibile eseguire altri test a causa delle difficoltà di concentrazione

del bambino);

comprensione di ordine contestuale o situazionale.

Tali aspetti erano confermati da un'ulteriore visita neuropsicologica di

controllo effettuata alcuni mesi più tardi presso l'Ospedale Pediatrico

Bambino Gesù; si evidenziavano progressi per quanto concerne gli

aspetti relazionali e comunicativi non verbali, mentre nel contesto

familiare persistevano comportamenti oppositivi con condotte di

evitamento e tendenza all'autogestione. F. vinceva l'iniziale inibizione,

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mostrandosi maggiormente predisposto alla relazione e collaborando

durante lo svolgimento delle attività proposte.

Per quanto riguarda lo sviluppo psicomotorio emergevano difficoltà

negli aspetti locomotori, personali-sociali e linguistici: persistevano le

difficoltà di equilibrio statico e dinamico, non pronunciava il nome ed il

cognome su richiesta a causa dell'assenza di linguaggio, e mostrava lieve

resistenza all'interazione con gli altri.

Nello specifico, dalla somministrazione delle Scale di Sviluppo Griffiths

si otteneva il quoziente di sviluppo generale pari a 65, corrispondente a

29 mesi di età, indicando così un ritardo psicomotorio lieve con

maggiore compromissione delle abilità linguistiche in produzione.

Per quanto riguarda gli aspetti linguistici, nello specifico, la produzione

era limitata a due paroline ('mamma' e 'papà'), mentre la comprensione

risultava buona sia per singole parole che per richieste contestualizzate.

Si consigliava, pertanto, l'avvio del training logopedico a supporto delle

abilità comunicativo-linguistiche; così, F. all'età di 3,11 anni iniziava il

suo percorso logopedico individuale, con frequenza settimanale presso

l'Asl di Palestrina, seguito dalla dr.ssa De Lellis.

Inizialmente, gli obiettivi terapeutici riguardavano l'incremento

dell'interesse e dell'attenzione verso stimoli proposti all'interno del

setting riabilitativo, lo sviluppo del gioco simbolico ed il rispetto delle

regole.

L'intervento logopedico si è basato essenzialmente sulla strutturazione di

un setting favorevole all'interazione, ovvero dalla scelta di situazioni

altamente motivanti, partendo dagli interessi del bambino, il quale

manifestava la sua intenzionalità comunicativa attraverso delle modalità

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non verbali: gesti, a volte accompagnati da vocalizzi modulati,

linguaggio del corpo e sguardi.

Si è lavorato per incrementare la già presente indicazione a scopo

dichiarativo e richiestivo e la capacità di esprimere il suo

assenso/dissenso tramite il movimento del capo o il movimento delle

mani accompagnati da vocalizzi modulati.

Un altro aspetto importante sul quale intervenire era il comportamento

del bambino, che poteva risultare problematico e tendente alla

frustrazione nel momento in cui non veniva capito dalle persone che lo

circondavano, oppure mostrava comportamenti oppositivo-provocatori;

pertanto, si è cercato sempre di sostenerlo e di motivarlo durante l'azione

comunicativa.

Un elemento importante trattato è stato quello dell'attenzione sostenuta

da parte di F., che presentava inizialmente una facile distraibilità e

tendenza all'agito. I tempi di attenzione sono stati progressivamente

aumentati attraverso il coinvolgimento in un'attività di gioco,

alimentando in continuazione l'interesse all'interno della medesima

attività e scoraggiando comportamenti di cambiamento continuo di

giochi.

Oltre a ciò, data l'evidente presenta di disprassia verbale, è stato

effettuato un training sulle abilità orali, in quanto F. non era in grado di

eseguire nè su imitazione, nè su comando verbale, alcun tipo di prassie

oro-bucco-facciali. Dalla valutazione logopedica effettuata nel maggio

2012 emergeva il seguente quadro:

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distretto mandibolare: difficoltà nello spostare la mandibola a destra e a

sinistra;

muscoli labiali orbicolari: F. riesce a stirare le labbra (sorriso), anche se non in

maniera del tutto valida; presenti maggiori difficoltà nella protrusione delle

labbra (bacio);

distretto velare: difficoltà nel gonfiare le guance e nell'effettuare vocali in

saccadi;

distretto linguale: difficoltà nell'esecuzione linguale verticale verso l'alto e

laterale-sinistra; difficoltà nello schiocco linguale.

Contemporaneamente, come già esposto in precedenza, svolgeva anche il

training sull'alimentazione seguito dalla dr.ssa Cerchiari presso

l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro.

Il bambino ha lavorato sul rinforzo della muscolatura oro-facciale e

dell'organo linguale, oltre che sulla coordinazione di masticazione-

deglutizione-respirazione.

Per quanto riguarda il versante linguistico - comunicativo, si è cercato di

stimolare il linguaggio verbale attraverso metodologie e strumenti

diversi; F. riusciva a produrre spontaneamente le seguenti parole

'mamma', 'papà', 'me', 'ka' (=sì), mentre su ripetizione 'si' diventava 'ssss'.

Pertanto, considerando le difficoltà linguistiche in produzione, ma le

buone competenze comunicative (buona comprensione contestuale,

presenza della risposta dicotomica sì/no, uso del gesto deittico), si è

pensato che potesse essere utile supportare il lavoro sul piano linguistico

proponendo ausili di supporto alla comunicazione.

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Così, valutate le buone competenze comunicative e la forte intenzionalità

comunicativa, ad ottobre 2012 F. veniva avviato ad un percorso sulla

Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A.), seguito dalla dott.ssa

De Lellis con frequenza trisettimanale, e successivamente anche dall'

Istituto Leonarda Vaccari di Roma.

4.3 Descrizione del trattamento logopedico attuato: uso della

Comunicazione Aumentativa Alternativa

In un primo momento, è stato proposto al bambino di comunicare

attraverso una tabella tematica, ossia una tabella costruita dall'operatore

e costituita da un display cartaceo contenente il vocabolario relativo ad

una determinata situazione; perciò, F. presentava più tabelle legate ad

uno specifico contesto.

Il bambino ha risposto fin da subito con entusiasmo a questa proposta,

utilizzandola al bisogno e con competenza. F. si mostrava pronto e

reattivo all'acquisizione di strategie alternative che gli hanno poi

permesso di ampliare il suo spazio comunicativo, in quanto presentava

un'esplicita necessità di comunicare e di raccontare e questo costituiva un

vantaggio per una comunicazione più ricca, ma inizialmente meno

rapida.

Nell'ambiente domestico, il bambino era capito in situazioni contestuali,

ricorrendo anche all'ausilio dei simboli presenti sul suo quaderno di

comunicazione; in altri ambienti, utilizzava le icone del suo quaderno su

sollecitazione e per rispondere alle domande che altri interlocutori gli

ponevano.

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Esempio di tabella a tema utilizzata da F.; nella colonna gialla ritroviamo i

soggetti principali con i quali il bambino si relazionava, in quella verde sono

indicati i verbi principali usati da F., in quella rosa giochi od oggetti preferiti,

mentre in quella celeste sono descritti stati d'animo, 'sì/no', 'aspetta un minuto'

e 'non c'è simbolo'.

All'età di 5,6 anni F. è stato sottoposto ad una valutazione presso l'

ausilioteca dell'Istituto L. Vaccari per verificare se fossero presenti i pre-

requisiti per l'utilizzo di strumenti di C.A.A.; da tale valutazione è

emerso che il bambino fosse già in possesso delle competenze

comunicative di base - richiestiva, dichiarativa e narrativa- e le riuscisse

ad esplicitare anche in presenza di persone sconosciute attraverso i gesti,

la mimica facciale e l'indicazione.

Nel tempo e, per l'assenza di linguaggio verbale, il suo agìto era molto

sviluppato e veloce, pertanto la strategia di comunicazione aumentativa

che passava attraverso i simboli per lui risultava essere un rallentamento

all'interno della situazione comunicativa.

Dopo oltre un anno dall'inizio dell'intervento di C.A.A., F. mostrava una

buona comprensione ed interiorizzazione della valenza del simbolo come

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risorsa comunicativa e la utilizzava in tutti i contesti, soprattutto

extrafamiliari per comunicare quando le sue modalità naturali si

mostravano insufficienti. Inoltre, si sono verificati miglioramenti per

quanto riguarda i tempi d'attenzione ed il grado di autonomia.

Si osservava, difatti, che:

F. era in grado di sostenere una relazione con due operatori differenti

all'interno del gioco, apparendo da subito molto interattivo,

sorridente e mantenendo il contatto di sguardo costantemente;

nello scambio con l'operatore utilizzava ed integrava varie modalità

comunicative: tabella cartacea in cui indicava in modo diretto e

veloce i simboli (sostantivi, verbi, emozioni, small talk rappresentati

sia attraverso fotografie, che attraverso simboli PCS trasparenti ed

opachi), gesti performativi e mimica facciale;

organizzava una sequenza di gioco simbolico articolata in poche

azioni, avvalendosi della presenza dei simboli per espandere ed

ampliare l'attività;

vi era una maturazione di tutte le competenze comunicative non

verbali e pragmatiche (attenzione condivisa, rispetto del turno, etc.).

I risultati, sin da subito, hanno mostrato un'evoluzione positiva per F. sia

in ambito comunicativo, ma anche in ambito socio-emozionale; il

bambino ha acquisto maggiore consapevolezza delle proprie strategie

naturali e dell'uso della sua tabella di comunicazione come strumento

necessario ed utile per comunicare con interlocutori non noti, e questo gli

ha permesso di potenziare le sue abilità di socializzazione anche

all'interno dell'ambiente scolastico.

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Col tempo, F. ha utilizzato la tabella cartacea con dimestichezza,

indicando rapidamente i simboli, con la tendenza a preferire la creazione

di costrutti sintattici semplici (S-O) o messaggi di tipo olografico.

Esempio di strutturazioni frasali composte da F. durante la terapia logopedica.

Costantemente, si è proceduto con l'aggiornamento del vocabolario del

supporto di C.A.A. nel rispetto delle reali esigenze del bambino in modo

da permettere una semplice efficienza comunicativa e limitare le

situazioni di impossibilità a comunicare per mancanza di simboli.

Successivamente, con l'ingresso di F. alla scuola primaria, si è introdotto

l'uso della tabella a cascata costituita da una tabella generale, contenente

il vocabolario di base del bambino, e da tabelle tematiche; il termine 'a

cascata' suggerisce la presenza di varie sottotabelle concatenate in

successione l'una con l'altra. Ad esempio:

-tabella a scelta multipla per la scelta del gioco;

-tabella a scelta multipla per scegliere cosa fare con quel gioco;

-tabella per l'interazione per sviluppare il gioco scelto.

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Dalla valutazione effettuata a luglio 2015 presso l'ausilioteca del

Vaccari, è emerso che F. presentava bisogni ed esigenze comunicative

che non poteva esprimere solo ed esclusivamente con le strategie unaided

possedute ed attraverso la sua tabella di comunicazione; questo

provocava tendenza all'agìto diretto, l'attivazione di comportamenti

provocatori ed oppositivi, la rinuncia del proprio atto comunicativo o

l'adattamento a contenuti simili, ma non corrispondenti al proprio

bisogno.

Occorreva individuare uno strumento il più possibile funzionale rispetto

alle esigenze del bambino, ipotizzando l'utilizzo di un supporto di

comunicazione organizzato secondo il sistema PODD (Pragmatic

Organization Dynamic Display).

Il sistema PODD è basato sul principio di fornire alla persona non

verbale la possibilità di avere a disposizione un vocabolario ricco ed

organizzato secondo funzione comunicativa ed esigenze dell'utente.

I simboli vengono organizzati secondo un criterio tassonomico

schematico in chiave pragmatica, dinamica e più espansa.

Dal punto di vista cartaceo, si è provveduto a strutturare un sistema

PODD su un'unica pagina con pannello laterale associato e contenente i

simboli regolatori della conversazione; tale sistema si differenzia

dall'approccio comunemente utilizzato nella realizzazione delle tabelle

comunicative sia per il numero che per la tipologia di simboli che

vengono inseriti, tali da consentire subito la costruzione di discorsi anche

di una certa complessità e struttura. Lo scopo principale è stato quello di

fare in modo che F. avesse piena autonomia comunicativa dei contenuti

('posso dire ciò che voglio), che è un concetto differente dalla

indipendenza comunicativa legata all'aspetto motorio ('posso sfogliare da

solo').

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F. è stato sempre protagonista attivo durante questo processo che lo ha

visto direttamente coinvolto nella strutturazione del supporto sia per

quanto concerne la selezione dei vocaboli con i relativi simboli, che

nell'osservazione attiva per l'organizzazione dinamica dei supporti. Per

ricercare un simbolo necessario alla comunicazione F. utilizzava più

spontaneamente la modalità dello sfogliamento pagina per pagina e

saltuariamente le etichette poste lateralmente al supporto.

A febbraio 2016, a conclusione del ciclo d'interventi individuali di

C.A.A. presso l'Istituto Vaccari, con la collaborazione costante della

dr.ssa De Lellis, si è suggerito di utilizzare uno strumento high-tech,The

Grid 3 con PCS su pc-tablet con Microsoft Windows 10.

Il software The Grid 3 permette si creare tabelle di comunicazione con

varie tipologie di simboli tra cui i PCS; è importante aggiornare

costantemente le tabelle di F. per permettergli di avere un vocabolario

ampio e di usare in modo dinamico i simboli a seconda dell'esigenza

comunicativa indipendentemente dal contesto.

Al momento F. è in procinto di essere avviato a questo nuovo sistema

comunicativo, totalmente diverso da quelli usati in precedenza, in quanto

si tratta di un ausilio altamente tecnologico. Si dovrà procedere alla

personalizzazione dello strumento, rendendolo quanto più simile a quello

cartaceo, in modo tale che possa apprenderne facilmente l'utilizzo.

Grazie alla funzione della sintesi vocale, di cui è dotato tale dispositivo,

F. potrà essere facilmente compreso da molti, e questo farà sì che le sue

capacità comunicative siano ampliate maggiormente.

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4.4 Il quadro clinico attuale

F. attualmente ha 9 anni e frequenta il terzo anno della scuola primaria, è

in grado di decodificare parole ad alta frequenza d'uso, di scrivere parole

sotto dettato utilizzando in modo discreto l'organizzazione dello spazio

del foglio ed avendo un buon uso del corsivo.

E' autonomo, ma richiede la costante supervisione dell'adulto,

nell'alimentazione, nella vestizione e nella cura personale; collabora,

sottoforma di gioco, in alcune attività domestiche.

A seguito dell'intervento logopedico della durata di cinque anni circa,

sono stati riscontrati molteplici miglioramenti sul piano della

comprensione verbale, del comportamento e della comunicazione.

Il setting terapeutico favorevole ha reso il bambino più collaborante e

partecipe alle attività proposte, incrementando le capacità di relazione

anche con persone sconosciute.

Il lavoro sull'attenzione sostenuta ha portato a delle modificazioni

positive: F. è ora in grado di portare a termine un compito proprio perchè

manifesta una durata maggiore dei tempi di attenzione. Occorre, tuttavia,

lavorare sull'aspetto dell'agìto che, seppur migliorato, non è ancora del

tutto controllato e gestito dal bambino, il quale tende ad essere

impulsivo.

Gli aspetti comportamentali non si sono del tutto modificati, in quanto

permangono ancora episodi di frustrazione o comportamenti oppositivo-

provocatori che, però, vengono gestiti. Permangono i problemi affettivi e

d'ansia, problemi somatici e difficoltà di attenzione o iperattività comuni

alla maggior parte dei pazienti con sindrome di DiGeorge.

La tendenza di F. ad assumere questi atteggiamenti dipende sia dalla

presenza di una lieve disabilità cognitiva, ma anche dalla situazione

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familiare caratterizzata da contraddittorietà, aspettative adultomorfe nei

confronti del bambino stesso e scarsa collaborazione durante il percorso

riabilitativo, indice di una non totale accettazione della diagnosi

sindromica del figlio.

Il training logopedico sulle abilità motorie e sensoriali orali di

alimentazione e di deglutizione ha comportato dei miglioramenti; nello

specifico si è lavorato sullo sviluppo delle abilità motorie orali,

sull'adeguamento delle risposte sensoriali agli stimoli alimentari nella

cavità orale e nella zona periorali, sulla masticazione con rinforzo della

muscolatura oro-facciale e dell'organo linguale, sulla coordinazione

masticazione-deglutizione-respirazione, sulla regolazione dei tempi del

pasto, sulla comunicazione al pasto e sullo sviluppo di adeguate condotte

alimentari. F. , dunque, ha un'alimentazione varia di cibi, anche a

consistenza solida, assunti con la supervisione dell'adulto.

Ci sono stati dei miglioramenti anche sulle prassie oro-bucco-facciali,

anche se risultano ancora deficitarie.

Per quanto riguarda, invece, le esigenze comunicativo-linguistiche, esse

sono state soddisfatte ed incrementate con il supporto della C.A.A.,

portando F. ad ampliare la sua intenzionalità comunicativa mediante

l'uso di tabelle di comunicazione di vario genere (in Appendice è

possibile osservare i diversi strumenti di C.A.A. utilizzati da F. durante

questi anni).

L'evoluzione di F. rilevata durante le valutazioni di follow-up, è riassunta

schematicamente per aree nelle seguenti tabelle.

SVILUPPO PSICOMOTORIO

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Tabella di valutazione dello sviluppo psicomotorio effettuata con 'Scala

Griffiths; 1984).

LIVELLO COGNITIVO NON VERBALE

Anni 4,7 5,7

Q.I. 89

Ragionamento Fluido 94

76

Ragionamento Fluido 75

Figure Ground p.g. 8

p.p. 6

p.g. 11

p.p. 7

Form Completion p.g. 16

p.p. 10

p.g.16

p.p.7

Sequential Order p.g. 7

p.p. 9

p.g.6

p.p.7

Repeated Patterns p.g. 6

p.p. 9

p.g.4

p.p.5

Tabella di valutazione del Livello Cognitivo non verbale effettuata con 'Scala

cognitiva non verbale Leiter- r; Batteria VR' (Roid e Miller; 2002).

Anni 2,8 3,9

Quoziente di sviluppo generale 55 65

Scala Locomotoria EE 1,7 aa

EE 2,3 aa

Scala Personale- Sociale EE 1,1 aa EE 2 aa

Scala Apprendimento e Linguaggio EE 0,8 aa EE 1,6 aa

Scala Coordinazione Manuale e

Visiva

EE 1,7 aa EE 2,10 aa

Scala Abilità non Verbali EE 1,9 aa EE 2,6 aa

Diagnosi Rit.Psicomotorio lieve Rit. Psicomotorio

lieve con maggiore

compromissione

delle ab. linguistiche

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ABILITA' COMUNICATIVO-LINGUISTICHE

Ann

i

Test

Comprension

e

Produzion

e

Azion

i e

Gesti

Diagnosi

2,8 PVB 12-13 mesi (p.113)

8-9 mesi (p.1)

12-13

mesi (p.31)

Rit.Psicomotori

o lieve

3,9 PinG 28 mesi (p.16) Rit.Psicomotori

o lieve con

PVB 16-17 mesi (p.255)

10-11 mesi (p.2)

16-17

mesi (p.56)

maggiore

compromission

e delle ab. ling.

4,7 PinG 37 mesi (p.20) Rit.Psicomotori

o lieve con

maggiore

Rustioni

(protocoll

o 3)

Buono (p.81) compromission

e delle ab. ling

5,2 TPL 34-36 mesi (p.19)

34-36 mesi (p.18)

Discrepanza tra

produzione e

comprensione a

Rustioni

(protocoll

o 3)

Non superato (p.54.5)

favore di

quest'ultima

5,7 TFL 36 mesi (p.24) Dist. misto con

maggior

Rustioni

(protocoll

o 4A)

Scarso-

insufficiente (p. 36.9)

compromission

e delle comp.

ling

6,9 TFL 4-4,6 anni (p.

33)

Disab.

intellettiva, dist.

grave del ling.

Rustioni

(protocoll

o 4A)

Medio-alto (p.71.1)

espressivo,

disattenzione/

iperattività

7,7 Peabody 3,9 - 4,2 anni (p.48)

Q.I.Verbale <68

Dist.linguaggio

, deficit

attentivo, tratti

TROG-2 <1° percentile (p.57)

oppositivo-

provocatori

Tabella di valutazione delle competenze linguistico-comunicative effettuata

con i seguenti test: 'Primo Vocabolario del Bambino' (PVB- Gesti e parole;

Caselli, Casadio; 1995),'Parole n Gioco'(PinG; Bello, Caselli; 2010),'Prove di

Valutazione della Comprensione Linguistica' (PVCL; Rustioni; 1997), 'Test del

Primo Linguaggio' (TPL, Axia; 1995), 'Test Fono-Lessicale' (TFL; Vicari,

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Marotta, Luci, 2007), 'Peabody Picture Vocabulary Test'(PPV; Dunn, ed.it.

Stella et al.; 2000) e 'Test di Comprensione Grammaticale' (TROG-2; Suraniti

et al.; 2010).

LIVELLO ADATTIVO

Tabella di valutazione del Livello Adattivo effettuata con 'Vineland Adaptive

Behaviour Scales'; Balboni, Pedrabissi, 2003.

Anni 2,8 3,9 4,7 5,7 6,9

Comunicazione p. 23

EE <1,6

aa

p. 51

EE <1,6

aa

p. 60

EE 1,7 aa

p. 69

EE 1,9 aa

p. 70

EE 1,9 aa

Abilità

Quotidiane p. 23

EE <1,6

aa

p. 64

EE 2aa

p. 106

EE 2,8 aa

p. 89

EE 2,4 aa

p. 124

EE 3,1 aa

Socializzazione p. 45

EE 1,6 aa

p. 66

EE 1,11

aa

p. 71

EE 2aa

p. 70

EE 2aa

p. 109

EE 3,2 aa

Abilità Motorie p. 63

EE <1,6

aa

p. 84

EE 2 aa

p. 90

EE 2,3aa

p. 112

EE 3 aa

p. 132

EE 4,6 aa

Diagnosi Rit.

Psicomot.

lieve

Rit.

Psicomot.

lieve con

maggiore

comprom.

delle ab.

linguist.

Rit.

Psicomot.

lieve con

maggiore

comprom.

delle ab.

linguist.

Dist. misto

con maggior

comprom.

delle

compet.

linguist.

Disab.

intellett.,

dist. grave

del ling.

espressiv.,

disattenz./

iperattiv.

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Items

Punteggio Composito

Percentile

Dominio Generale di

Funzionamento Adattivo

50

<0.1°

Dominio Concettuale

61

0.5°

Dominio Sociale

64

0.8°

Dominio Pratico

46

<0.1°

Tabella di valutazione del funzionamento adattivo di F. all'età di 7,7 anni,

effettuata attraverso il questionario 'Adaptive Behaviour Assessment System'

(ABAS II; ed.it. Ferri, Orsini, Rea; 2014).

CAPACITA' PRASSICO-COSTRUTTIVE

Anni

4,7

5,7

6,9

7,7

Punteggio grezzo

6

8

12

15

Età Equivalente

3,6 aa

4,2 aa

5,6

6,6

Punteggio

standard

83

77

85

92

Percentile

13°

16°

30°

Tabella di valutazione dell'integrazione visuo-motoria mediante il 'Test

VMI' (Beery, Buktenica;2000).

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CAPITOLO V

DESCRIZIONE DELLA DOMANDA DI RICERCA

Il presente capitolo spiega le motivazioni, gli obiettivi e le domande alla

base dello studio, e descrive il metodo di ricerca usato per rispondere ai

quesiti emersi. E' stato condotto uno studio di tipo osservazionale-

descrittivo per analizzare se, nel territorio italiano, vi fossero altri casi di

pazienti con sindrome di DiGeorge, i quali presentassero assenza di

linguaggio per grave disprassia verbale.

Sono, altresì, discussi gli strumenti e le tecniche di raccolta ed analisi dei

dati emersi dalla seguente indagine.

5.1 Definizione ed obiettivi della ricerca

Il caso clinico di F. rappresenta un caso davvero interessante che pone

dinnanzi ad alcuni interrogativi, ai quali in letteratura non vi è ancora

risposta; invita, dunque, a condurre una ricerca più approfondita per

capire, in primis, se l'assenza di linguaggio, dovuta alla disprassia

verbale di grado severo, sia una peculiarità del singolo paziente o se si

riscontri in altri pazienti con sindrome di DiGeorge.

Come espresso già in precedenza, la disprassia verbale è una

problematica che può essere riabilitata attraverso metodiche differenti;

nel caso di F., sono stati vani i trattamenti che richiedevano la

stimolazione diretta dell'apparato fono-articolatorio perché il bambino

mostrava una forte resistenza al contatto, ma anche un'ipersensibilità del

cavo orale.

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Si è proceduto in questo caso all'introduzione di ausili di Comunicazione

Alternativa (prevalentemente tabelle di comunicazione cartacee) che gli

hanno permesso di ampliare le sue abilità comunicative e di esprimersi,

pur conservando assenza di linguaggio verbale.

Nel caso di F. abbiamo la conferma dell'importanza della C.A.A. come

importante strumento di comunicazione; tale strumento, come dimostrato

anche in letteratura, è molto valido per la riabilitazione della disprassia

verbale, ed in casi più gravi - come appunto quello di F.- risulta essere un

compenso sostitutivo al linguaggio orale.

Dunque, un ulteriore obiettivo della ricerca è stato quello di verificare se,

tra i bambini con sindrome di DiGeorge che presentavano disprassia

verbale fosse stato intrapreso un percorso logopedico incentrato sull'uso

di strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Il disegno di ricerca di tipo osservativazionale-descrittivo, considerando

che la sindrome di DiGeorge risulta essere ancora silente e poco nota nel

nostro Paese, è stato ritenuto il più idoneo per rispondere alle domande di

ricerca.

L' indagine è stata svolta in maniera telematica da marzo a settembre

2016, nel pieno rispetto della dignità e della privacy di ciascun

partecipante.

5.2 Materiali e metodi per la raccolta dei dati

Il campione che ha partecipato allo studio è stato reclutato grazie al

contributo offerto dalla Associazione Italiana Del cromosoma 22

(Aidel22) a livello nazionale; in particolare, sono stati contattati per via

telematica, attraverso e-mail, i responsabili dei gruppi Aidel22 a livello

regionale, alcuni dei quali hanno risposto attivamente al progetto di

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ricerca, espandendo l'invito a collaborare a genitori, logopedisti ed altre

figure vicine ai pazienti con sindrome di DiGeorge.

In un primo momento, sono state condotte interviste telefoniche non

strutturate, grazie alle quali è stato possibile ricavare informazioni sulla

patologia e sulle problematiche associate, con particolare attenzione

rivolta ai problemi di linguaggio.

I dati raccolti riguardavano un campione costituito da 20 pazienti con

sindrome di DiGeorge, ma le informazioni reperite -trattandosi di

interviste libere- risultavano essere molto eterogenee tra loro e difficili da

analizzare; sono state importanti, però, le informazioni riguardo ai

trattamenti logopedici attuati.

Si è proceduto, dunque, alla formulazione di un questionario online

(illustrato in Appendice) organizzato in 18 domande, di cui 6 a risposta

aperta e 12 a risposta multipla. Il questionario è stato creato grazie

all'applicazione 'Google Drive', per accedervi occorreva un link che è

stato inviato tramite e-mail a tutti coloro i quali avessero acconsentito a

partecipare all'indagine.

Per tutelare i singoli partecipanti, si è scelto di compilarlo in forma

anonima in modo da ottenere risultati quanto più veritieri ed oggettivi;

sono state inserite informazioni personali soltanto in merito all'anno di

nascita ed al sesso del paziente.

Le domande del questionario riguardavano sia aspetti generali del quadro

clinico sindromico, sia domande specifiche in merito ad argomenti in

materia logopedica; nello specifico sono state richieste informazioni su:

storia della sindrome (diagnosi, caratteristiche cliniche, etc.);

caratteristiche e problematiche delle strutture oro-facciali

(palatoschisi, labioschisi, insufficienza velare, etc.);

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problematiche del linguaggio espressivo e/o recettivo (disprassia

verbale, dislalia, etc.);

problemi di udito (ipoacusie, otiti, etc.);

interventi subìti;

training logopedico (efficacia, risultati, etc.);

problematiche cognitivo - comportamentali e di apprendimento.

La popolazione che ha partecipato alla ricerca è stata informata sulle

finalità dello studio e sulle modalità di raccolta ed archiviazione dei loro

dati.

5.3 Analisi dei dati e risultati

I dati raccolti attraverso il questionario sono stati organizzati ed

analizzati utilizzando la statistica descrittiva; sono stati individuati i

valori numerici e percentuali di ciascun item richiesto ed i risultati

emersi sono stati rappresentati attraverso grafici.

Sono stati compilati 27 questionari, dai quali sono emerse informazioni

riguardo al campione; in particolare, il campione è composto da 27

soggetti, dei quali 13 unità sono di sesso femminile (48,1%) e 14 unità

sono di sesso maschile (51,9% - grafico 1).

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La distribuzione del campione per fascia d'età evidenzia che i soggetti

coinvolti sono prevalentemente di età compresa tra gli 1 ed i 28 anni.

In particolare, il 22,22% ha un'età compresa tra 0 e 5 anni (6 soggetti); la

maggioranza è costituita da soggetti di età compresa tra 6 e 10 anni (8

soggetti), con un valore percentuale pari a 29,63%; il 14,81% dei

soggetti ha un'età compresa tra 11 e 15 anni (4 soggetti); allo stesso

valore percentuale di 14,81% corrispondono anche i soggetti di età

compresa tra 16 e 20 anni (4 soggetti) e tra 21 e 25 anni (4 soggetti);

mentre il 3,7% è costituito da un solo soggetti di età compresa tra 25 e 30

anni (Grafico 2).

51,9%

48,1%

Grafico 1- Distribuzione del campione per sesso.

Valori percentuali

maschi

femmine

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Alla terza domanda inerente alle figure genitoriali e non, coinvolte nella

compilazione del questionario, hanno risposto solo 23 unità.

Il questionario è stato compilato prevalentemente dalle mamme (16

unità), con un valore percentuale pari a 69,6 %; i papà che hanno

contribuito all'indagine sono stati solo 4, pari al 17,4%; mentre il 13% è

rappresentato da altre figure non genitoriali, ma vicine al campione, che

hanno fornito la loro collaborazione (3 unità).

Nessuno dei soggetti direttamente coinvolti ha contribuito alla

compilazione del questionario (Grafico 3).

22,22%

29,63%

14,81%

14,81%

14,81%

3,7%

Grafico 2- Distribuzione del campione per fasce d'età.

Valori percentuali

0-5 anni

6-10 anni

11-15 anni

16-20 anni

21-25 anni

26-30 anni

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Dopo questa breve raccolta di informazioni generali sul campione, sono

state poste domande più specifiche in merito alla sindrome oggetto della

ricerca.

Nello specifico, la quarta domanda del questionario chiedeva quale

sindrome fosse stata diagnosticata, in quanto abbiamo visto

precedentemente che la sindrome può prendere varie nomenclature; la

scelta era tra ' Sindrome di DiGeorge' , 'Sindrome Velocardiofacciale' o

altro.

I risultati ottenuti hanno dimostrato una predominanza netta riferita alla

diagnosi di Sindrome di DiGeorge, registrata in 24 soggetti con una

percentuale pari all' 88,9%; mentre, nei restanti 3 soggetti è stata

riportata la diagnosi di Sindrome Velocardiofacciale (11,1% - Grafico 4).

69,6%

17,4%

0% 13%

Grafico 3- Distribuzione delle figure coinvolte nella

compilazione del questionario.

Valori percentuali.

madre

padre

diretto interessato

altro

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La sindrome di DiGeorge o Velocardiofacciale risulta essere

caratterizzata da una moltitudine di sintomi e segni che rendono gli

individui che ne sono affetti diversi tra loro. Da questo quadro clinico

altamente eterogeneo, è possibile ricavare delle caratteristiche

predominanti. Gli items indicati erano:

palatoschisi

labioschisi

labiopalatoschisi

schisi della sottomucosa del palato

insufficienza velofaringea

insufficienza tubarica

disfagia o difficoltà alimentari

anomalie del viso

infezioni ricorrenti

anomali o problemi cardiaci

deficit visivi (es. astigmatismo, ipermetropia, etc.)

88,9%

11,1%

0 5 10 15 20 25 30

Sindrome di DiGeorge

Sindrome Velocardiofacciale

Grafico 4- Distribuzione del campione per diagnosi

Valori percentuali

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difficoltà ortopediche

altro

In quest'ultimo item era possibile fornire altre problematiche non citate,

quindi era a risposta aperta.

La quinta domanda era, pertanto, inerente proprio alle problematiche

manifestate dai singoli individui; sono pervenute solo 23 risposte.

Ciascun compilatore poteva scegliere di dare più risposte; dai risultati è

emerso che le maggiori problematiche riguardano le anomalie o i

problemi cardiaci (43,5%), la presenza di infezioni ricorrenti (39,1%) e

le anomalie ortopediche (39,1%).

A seguire ritroviamo la presenza di insufficienza velofaringea (34,8%),

anomalie del viso (26,1%), disturbi visivi (17,4%), difficoltà alimentari o

disfagia (13,1%) e schisi sottomucosa del palato (13,1%).

In minor misura sono stati rilevati casi di palatoschisi (4,3) e di

insufficienza tubarica (4,3%).

Nei soggetti intervistati non sono state riscontrate problematiche inerenti

a labioschisi e labiopalatoschisi.

Per quanto riguarda, altresì, la risposta 'altro' sono emersi i seguenti

problemi: ipocalcemia (8,7%), ipoparatiroidismo ed ipotiroidismo

(8,7%), criptorchidismo (8,7%), ernie ombelicali e/o inguinali (8,7%),

problemi ai denti (8,7%), orticaria gigante (4,3%), piastrinopenia (4,3%),

assenza di timo (4,3%), epistassi (4,3%) ed agenesia renale (4,3% -

Grafico 5).

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La sindrome di DiGeorge in alcuni casi può essere visibilmente

manifesta già durante i primi mesi di vita, ma talvolta può rimanere

silente per qualche anno tardando la diagnosi.

La sesta domanda era inerente all'età del campione nel momento della

diagnosi; dalle 27 risposte è emerso che la maggior parte dei soggetti ha

avuto diagnosi di sindrome di DiGeorge entro il primo anno di vita (16

soggetti) con una percentuale pari al 59,25%, di cui il 51,85% nei primi

sei mesi ed il 7,4% tra i 6 ed i 12 mesi di vita.

Per gli altri soggetti intervistati la diagnosi è avvenuta per il 18,52% tra i

2 ed i 3 anni (5 soggetti), per il 7,41% tra i 4 ed i 5 anni (2 soggetti), per

palatoschisi

schisi della

sottomucosa del

palato

insufficienza

velofaringea

insufficienza

tubarica

disfagia o

difficoltà

alimentari

anomalie del viso

infezioni

ricorrenti

anomali o

problemi

cardiaci

deficit visivi

difficoltà

ortopediche

ipoparatiroidism

o ed

ipotiroidismo ipocalcemia

criptorchidismo

Grafico 5- Distribuzione del campione in base alle

problematiche cliniche

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l'11,11% tra i 6 ed i 9 anni (3 soggetti) e per il 3,7% a 21 anni (1 soggetto

- Grafico 6).

Prima di passare ad indagare le problematiche inerenti allo sviluppo

linguistico, considerando l'alta probabilità che questi pazienti hanno di

sviluppare infezioni alle vie respiratorie od i problemi connessi a

malformazioni otorinolaringee, nel settimo quesito si è rilevata la

presenza o l'assenza di problemi uditivi.

Questa informazione risulta importante anche per la valutazione dei

disturbi di linguaggio, in quanto deficit uditivi possono inficiare la

corretta recezione dei suoni linguistici, indispensabile sia per la

comprensione, ma anche per l'apprendimento dei fonemi durante lo

sviluppo del repertorio linguistico.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

entro 1

anno

2-3 anni 4-5 anni 6-9 anni 21 anni

de

l cam

pio

ne

Grafico 6- Distribuzione del campione per fasce d'età alla

diagnosi

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A tale domanda sono state rilevate 27 risposte dalle quali è risultato che

soltanto 12 soggetti abbiamo manifestato problemi uditivi, mentre i

restanti 15 hanno espresso il loro dissenso in merito alla presenza di tale

problema (Grafico 7).

Nella domanda successiva, coloro i quali avessero risposto

affermativamente alla domanda sui problemi uditivi, erano invitati a

specificare di cosa si trattasse. La scelta multipla era tra le seguenti

risposte:

infezioni frequenti (es. otite)

secrezioni dall'orecchio

ipoacusia

altro

55,6%

44,4%

Grafico 7- Distribuzione del campione in base alla

presenza/assenza di problemi uditivi

Valori percentuali

No

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I risultati hanno affermato che tra questi 12 soggetti, il 72,7 % ha

presentato infezioni frequenti all'orecchio (8 soggetti), mentre il 45,5%

ha avuto problemi di ipoacusia (5 soggetti); il 18,2% ha sofferto di

secrezioni dall'orecchio (2 soggetti) e l'8,3% ha avuto un'altra

problematica non compresa tra le precedenti, ossia la malformazione

della chiocciola (1 soggetto- Grafico 8).

Tenendo conto delle molteplici problematiche ed anomalie emerse dai

precedenti risultati, è abbastanza frequente l'ospedalizzazione e, talvolta,

il ricorso ad interventi chirurgici da parte di questi pazienti.

Nella nona domanda si è pensato, pertanto, di sondare quali interventi

chirurgici fossero stati effettuati sul campione.

72,7%

18,2%

45,5%

8,3%

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Infezioni ricorrenti

Secrezioni dall'orecchio

Ipoacusia

Altro

Grafico 8- Distribuzione del campione in base al tipo di

problematica uditiva manifestata.

Valori percentuali

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96

Tra le risposte a scelta multipla sono stati proposti quelli che, dall'analisi

della letteratura scientifica, sono risultati essere gli interventi più

frequenti nei pazienti con sindrome di DiGeorge, ossia:

intervento al palato

intervento alla faringe

intervento di sinechia velofaringea

faringoplastica

rimozione delle tonsille

rimozione delle adenoidi

intervento cardiaco

altro

A tale quesito sono pervenute solo 22 risposte, dalle quali si è evinto che

l'intervento cardiaco sia il più effettuato con un valore percentuale pari al

59,1% (13 soggetti); a seguire, ritroviamo l'intervento di sinechia

velofaringea nel 18,2% (4 soggetti), l'intervento al palato nel 9,1% (2

soggetti) e la rimozione delle adenoidi nel 9,1% (2 soggetti).

Non sono emerse risposte riguardo alle altre tipologie di intervento.

Nella voce 'altro' sono state registrate, invece, le seguenti risposte:

intervento ortopedico nel 22,73% dei casi(5 soggetti), intervento

urogenitale nel 13,64% (3 soggetti), erniotomia nel 13,64% (3 soggetti),

intervento odontoiatrico nel 9,1% (2 soggetti), intervento gastroesofageo

nel 9,1% (2 soggetti), intervento al cranio nel 4,54% (1 soggetto) e

drenaggio orecchio destro nel 4,54% (1 soggetto - Grafico 9).

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97

Dopo aver raccolto informazioni generali in merito al quadro sindromico

manifestato dal campione in esame, prende avvio la parte rilevante

dell'indagine di attinenza prettamente logopedica.

La prima domanda è stata posta in merito allo sviluppo linguistico, per

rilevare la presenza o l' assenza di ritardo o disturbo di linguaggio.

Le risposte ottenute sono state 27 ed hanno registrato una marcata

presenza di tale problematica; difatti, l'85,2% ha confermato la presenza

di problemi di linguaggio (23 soggetti), mentre il 14,8% ha risposto

negativamente (4 soggetti - Grafico 10).

0

2

4

6

8

10

12

14

Grafico 9- Distribuzione del campione in base alla

tipologia di intervento chiururgico effettuato.

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Per coloro i quali avessero risposto affermativamente, sono state poste

altre domande. In particolare, l'undicesima domanda era mirata a rilevare

l'età d'insorgenza di tale problematica; sono state registrate 22 risposte.

Dall'analisi di questi risultati è stato riscontrato che nel 36,35% dei casi il

problema di linguaggio sia emerso verso i 2 anni (8 soggetti), mentre nel

27,3% sia comparso entro il primo anno di vita (6 soggetti); nel 18,2% il

problema è stato riscontrato verso i 3 anni (4 soggetti), nel 9,1% verso i 4

anni (2 soggetti), nel 4,54% verso i 5 anni (1 soggetto) e nel 4,54% nei

verso i 6 anni (1 soggetto- Grafico 11).

14,8%

85,2%

Grafico 10 - Distribuzione del campione in base alla

presenza/assenza di problemi di linguaggio.

Valori percentuali

No

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Dall'osservazione dei risultati emersi in merito all'età di comparsa dei

problemi linguistici, scaturisce una considerazione: è possibile notare

come i segnali predittivi di un potenziale disturbo del linguaggio si

rendano noti già entro i primi 2 anni di vita, il che presuppone l'avvio

precoce ad una valutazione logopedica ed al successivo trattamento

abilitativo/riabilitativo.

Dopo aver rilevato la presenza di problemi di linguaggio e l'età durante

la quale i segnali d'allarme siano stati riconosciuti, è bene indagare il tipo

di difficoltà manifestate; così, nella dodicesima domanda si è chiesto

quali problematiche siano state riscontrate.

Tra le risposte suggerite vi erano le seguenti:

difficoltà nello sviluppo linguistico recettivo (comprensione)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

entro 1

anno

2 anni 3 anni 4 anni 5 anni 6 anni

27,3%

36,35%

18,2%

9,1%

4,54% 4,54%

de

l cam

pio

ne

Grafico 11- Distribuzione del campione in base all'età di

comparsa dei disturbi linguistici

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100

difficoltà nello sviluppo linguistico espressivo (produzione verbale)

difficoltà fonologiche

difficoltà articolatorie

disprassia verbale (difficoltà nella coordinazione e nella sequenza dei

suoni linguistici all'interno delle parole)

disturbo del linguaggio (difficoltà nella formulazione di frasi,

concetti, elementi grammaticali e sintattici)

difficoltà vocali (raucedine, difficoltà respiratorie, voce affannata,

voce stridula, voce ipofonica, noduli vocali, etc.)

ipernasalità

balbuzie

fuga d'aria dal naso

altro

Per tale quesito è stato possibile registrare più risposte per ogni singolo

soggetto; dalle 23 risposte è stato possibile definire che la problematica

maggiormente emersa è inerente alla produzione verbale con un valore

percentuale pari al 78,3% (18 soggetti); a seguire abbiamo la presenza di

disturbo di linguaggio nel 65,2% dei casi (15 soggetti), difficoltà

articolatorie e difficoltà fonologiche nel 52,2% (12 soggetti), disprassia

verbale nel 39,1% (9 soggetti), ipernasalità e fuga d'aria dal naso nel

34,8%, difficoltà di comprensione nel 30,4% (7 soggetti) e difficoltà

vocali nel 17,4% (4 soggetti).

Nella risposta 'altro' in un soggetto è stata riscontrata assenza di

linguaggio orale, caratterizzato soltanto dall'emissione di alcuni suoni

coordinati.

Non sono stati riscontrati problemi di fluenza verbale, nella specifico

casi di balbuzie (Grafico 12).

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101

Le problematiche di attinenza linguistico-comunicativa sono oggetto

d'interesse dei logopedisti; dunque, la successiva domanda è stata posta

per verificare se i soggetti, i quali manifestavano le problematiche

sopracitate, avessero effettuato un training logopedico.

Sono pervenute 26 risposte, dalle quali si è dedotto che l'80,8% dei

soggetti (21 soggetti) sia stato sottoposto a trattamento logopedico,

mentre il restante 19,2% ha risposto negativamente al quesito (5 soggetti-

Grafico 13).

30,4%

78,3%

52,2%

52,2%

39,1%

65,2%

17,4%

34,8%

0

34,8%

4,3%

difficoltà di comprensione

difficoltà di produzione verbale

difficoltà fonologiche

difficoltà articolatorie

disprassia verbale

disturbo di linguaggio

difficoltà vocali

ipernasalità

balbuzie

fuga d'aria dal naso

altro

Grafico 12- Distribuzione del campione in base al tipo di

problematica linguistica manifestata.

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102

Si è proseguito, successivamente, ad indagare circa la durata del

trattamento logopedico intrapreso; trattandosi di una domanda a risposta

aperta, ciascun compilatore poteva specificare spontaneamente il periodo

del trattamento (es. dal...al) o la durata dello stesso (es. 2 anni).

Sono state fornite 21 risposte, dalle quali si è evinto che la maggior parte

del campione, ossia, il 38,1% attualmente è ancora in trattamento (8

soggetti); mentre, il 14,3% ha effettuato un training logopedico per 4

anni (3 soggetti) , il 9,5% ha eseguito il trattamento per 7 anni (2

soggetti), per 6 anni (2 soggetti) e per 2 anni (2 soggetti), solo il 4,8% ha

seguito un intervento logopedico per 10 anni (1 soggetto), per 9 anni (1

soggetto), per 5 anni (1 soggetto) e per alcuni mesi (1 soggetto - Grafico

14).

80,8%

No

19,2%

Grafico 13- Distribuzione del campione in base

all'attuazione o meno di trattamento logopedico.

Valori percentuali

Page 103: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA...una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì che F. presenti una grande difficoltà nell’utilizzo della comunicazione orale,

103

Nella quindicesima domanda si è esaminata l'efficacia o meno che l'iter

logopedico abbia avuto nella risoluzione delle problematiche linguistiche

manifestate dal campione; dunque, è stato chiesto se, grazie alla terapia

logopedica, i problemi relativi al linguaggio fossero:

estinti

invariati

migliorati

Hanno risposto 23 soggetti, i quali hanno dichiarato che il 73,9% ha

avuto miglioramenti grazie al training logopedico effettuato (17

soggetti); il 21,7% ha risolto completamente i problemi linguistici

presentati (5 soggetti), mentre il 4,3 % non ha ottenuto alcun risultato

0

1

2

3

4

5

6

7

8

alcuni

mesi

2 anni 4 anni 5 anni 6 anni 7 anni 9 anni 10 anni in

corso

4,8%

9,5%

14,3%

4,8%

9,5% 9,5%

4,8% 4,8%

38,1%

Grafico 14- Distribuzione del campione in base alla durata

del training logopedico.

Valori percentuali

Page 104: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA...una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì che F. presenti una grande difficoltà nell’utilizzo della comunicazione orale,

104

rilevante (1 soggetto), la situazione è rimasta invariata rispetto all'inizio

(Grafico 15).

Analizzando nel dettaglio il singolo percorso di ciascun campione, è

stato possibile effettuare una comparazione tra:

età del campione

problematiche anatomiche

problema comunicativo - linguistico emerso

età di comparsa del disturbo

durata ed efficacia del percorso logopedico

I dati relativi ad i singoli soggetti sono rappresentati nelle seguenti

tabelle:

4,3%

73,9%

21,7%

Grafico 15- Distribuzione del campione in base all'efficacia

del training logopedico.

Valori percentuali

invariati

migliorati

estinti

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105

S1 13 anni

Problemi manifestati -palatoschisi

-insufficienza velofaringea

Interventi -sinechia velofaringea

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

-difficoltà vocali

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

9 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S2

6 anni

Problemi manifestati -schisi della sottomucosa del palato

-insufficienza velofaringea

Interventi

-sinechia velofaringea

-al palato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

-disprassia verbale

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico sì

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Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S3

3 anni

Problemi manifestati -ipoacusia

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

-ipernasalità

Età di comparsa

6 mesi

Training Logopedico

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S4

3 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi

Non specificato

Età di comparsa

Alcuni mesi

Training Logopedico

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107

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S5

21 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-disturbo di linguaggio

-ipernasalità

Età di comparsa

4 anni

Training Logopedico

Durata

2 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S6

18 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-difficoltà di comprensione

verbale

-disturbo fonologico

-disturbo articolatorio

-assenza di linguaggio verbale

Età di comparsa

5 anni

Training Logopedico

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108

Durata

mesi

Efficacia

I problemi sono invariati

S7

6 anni

Problemi manifestati Insufficienza velofaringea

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -disturbo articolatorio

-difficoltà vocali

-ipernasalità

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

4 anni

Training Logopedico

Durata

2 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S8

9 anni

Problemi manifestati -insufficienza velofaringea

-ipoacusia

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-disturbo di linguaggio

-ipernasalità

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2,6 anni

Training Logopedico sì

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109

Durata

4 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S9

14 anni

Problemi manifestati -insufficienza velofaringea

-problemi uditivi

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disprassia verbale

-disturbo di linguaggio

-ipernasalità

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

10 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S10

7 anni

Problemi manifestati -schisi della sottomucosa del palato

-problemi uditivi

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

Page 110: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA...una severa disprassia verbale evolutiva. Questo fa sì che F. presenti una grande difficoltà nell’utilizzo della comunicazione orale,

110

-ipernasalità

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S11

3 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -disturbo fonologico

Età di comparsa

18 mesi

Training Logopedico

Durata

in corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S12

16 anni

Problemi manifestati Ipoacusia

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

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111

-disprassia verbale

Età di comparsa

3 anni

Training Logopedico

Durata

6 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S13

21 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

-disprassia verbale

Età di comparsa

3 anni

Training Logopedico

Durata

4 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S14

21 anni

Problemi manifestati Insufficienza velofaringea

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -disturbo di linguaggio

-difficoltà vocali

-ipernasalità

Età di comparsa Non specificato

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112

Training Logopedico

No

Durata

//

Efficacia

I problemi sono migliorati

S15

20 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-disturbo di linguaggio

Età di comparsa

Non specificato

Training Logopedico

no

Durata

//

Efficacia

I problemi sono estinti

S16

19 anni

Problemi manifestati -Insufficienza tubarica

-schisi della sottomucosa del palato

-ipoacusia

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo fonologico

-difficoltà articolatorie

-disturbo di linguaggio

-disprassia verbale

-difficoltà vocali

Età di comparsa 18 mesi

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113

Training Logopedico

Durata

6 anni

Efficacia

I problemi sono estinti

S17

19 anni

Problemi manifestati Problemi uditivi

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo di linguaggio

Età di comparsa

Non specificato

Training Logopedico

Durata

5 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

S18

13 anni

Problemi manifestati Problemi uditivi

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

7 anni

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114

Efficacia

I problemi sono estinti

S19

9 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disprassia verbale

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

S20

7 anni

Problemi manifestati -insufficienza velofaringea

-problemi uditivi

Interventi

Sinechia velofaringea

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-difficoltà di produzione verbale

-disturbo di linguaggio

-disprassia verbale

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

6 anni

Training Logopedico

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

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S21

28 anni

Problemi manifestati Insufficienza velofaringea

Interventi

Sinechia velofaringea

Problemi linguistico-

comunicativi -ipernasalità

-fuga d'aria dal naso

Età di comparsa

2 anni

Training Logopedico

Durata

6 anni

Efficacia

I problemi sono estinti

S22

6 anni

Problemi manifestati Non specificato

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di comprensione

verbale

-difficoltà di produzione verbale

-disturbo di linguaggio

-difficoltà articolatorie

-disturbo fonologico

Età di comparsa

3anni

Training Logopedico

Durata

In corso

Efficacia

I problemi sono migliorati

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S23

9 anni

Problemi manifestati Problemi uditivi

Interventi

Non specificato

Problemi linguistico-

comunicativi -difficoltà di produzione verbale

-disturbo di linguaggio

-difficoltà articolatorie

-disturbo fonologico

-disprassia verbale

Età di comparsa

3, 6 anni

Training Logopedico

Durata

4 anni

Efficacia

I problemi sono migliorati

Dai risultati rilevati si nota come l'intervento logopedico abbia avuto un

forte impatto nel miglioramento dei disturbi linguistici manifestati; in

letteratura, emergono risultati positivi sia per quanto riguarda l'efficacia

della logopedia in merito alle problematiche linguistiche associate alla

sindrome di DiGeorge, ma anche in merito agli interventi chirurgici

attuati per risolvere i problemi anatomo-funzionali che interessano il

cavo orale e gli organi dell'apparato bucco-fonatorio.

A tal proposito, è stato chiesto grazie a quale intervento - logopedico,

chirurgico, etc.- si fossero manifestati i miglioramenti sul versante

linguistico.

Il quesito ha registrato 18 risposte, dalle quali è risultato che la quasi

totalità del campione ha ottenuto risultati soddisfacenti grazie

all'intervento logopedico, pari al 94,4% (17 soggetti); gli interventi

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chirurgici attuati, associati alla logopedia, hanno permesso dei

miglioramenti nel 22,2% dei casi (4 soggetti - Grafico 16).

E' stato, inoltre, chiesto agli intervistati quale modalità di comunicazione

avessero utilizzato inizialmente i soggetti in esame (es. gesti,

vocalizzi,pianto, metodi di comunicazione non verbale, etc.) per far

fronte alle loro difficoltà comunicative e linguistiche.

Dalle 23 risposte è risultato che la maggior parte dei soggetti, circa

l'82,2%, abbia utilizzato i gesti per comunicare; nel 34,8% dei casi sono

state prodotte sillabe o paroline inintellegibili (8 soggetti), nel 30,4% il

linguaggio inizialmente era caratterizzato da vocalizzi (7 soggetti);

mentre, il 17,4% si aiutava con la mimica facciale (4 soggetti), ed il

94,4%

22,2%

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

Logopedia

Intervento chirurgico

Grafico 16- Distribuzione del campione in base ai

miglioramenti ottenuti grazie all'intervento chiururgico e

logopedico.

Valori percentuali

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4,3% con urla (1 soggetto) od immagini di vita quotidiana (1 soggetto -

Grafico 17).

Conclusa l'indagine attinente allo sviluppo linguistico ed alle

problematiche ad esso annesse, si è pensato di incentrare l'ultima

domanda sugli aspetti cognitivo - comportamentali e relativi

all'apprendimento.

Nella diciottesima domanda gli intervistati sono stati invitati ad indicare

quali tra le problematiche cognitivo - comportamentali e/o di

apprendimento proposte fossero emerse nel campione. Gli items

suggeriti sono stati:

difficoltà o disturbo di apprendimento

ritardo mentale

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

Gesti Vocalizzi Parole o

sillabe

inintell.

Immagini Urla Mimica

Facciale

82,2%

30,4% 34,8%

4,3% 4,3%

17,4%

Grafico 17- Distribuzione del campione in base alla

modalità comunicativa utilizzata inizialmente.

Valori percentuali

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problemi cognitivi

ADHD (disturbo dell'attenzione ed iperattività)

disturbo dello spettro autistico

disturbo ossessivo-compulsivo

disturbo d'ansia

depressione

difficoltà nelle relazioni e nelle interazioni sociali

altro

Sono state rilevate 25 risposte, dalle quali si è desunto che il 64% dei

soggetti presenti difficoltà o disturbo di apprendimento (16 soggetti); il

48% manifesta difficoltà nelle interazioni e nelle relazioni sociali (12

soggetti); il 44% presenta problemi cognitivi (11 soggetti) ed il 28%

ritardo mentale (7 soggetti); il 16% ha un disturbo d'attenzione ed

iperattività (ADHD - 4 soggetti), l'8% soffre di depressione (2 soggetti),

di disturbo d'ansia (2 soggetti) e di disturbo ossessivo-compulsivo (2

soggetti); il 4% presenta un disturbo dello spettro autistico (1 soggetto).

Dalla voce 'altro' sono emersi, altresì, difficoltà di attenzione e problemi

emotivi nel 12% dei casi (3 soggetti); difficoltà visuo-spaziali (2

soggetti) ed irritabilità (2 soggetti) nell'8%; difficoltà mnesiche (1

soggetto) e lentezza (1 soggetto) nel 4% (Grafico 18).

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5.4 Discussione

I risultati di questo studio, rilevati per mezzo del questionario online e

delle interviste telefoniche, hanno dimostrato come la sindrome di

DiGeorge abbia delle ripercussioni sull'intero funzionamento

dell'individuo.

64%

28%

44%

16%

4%

8%

8%

8%

48%

12%

8%

12%

4%

4%

8%

diff./dist. Di apprendimento

ritardo mentale

problemi cognitivi

ADHD

dist. Sprettro autistico

dist. Ossessivo-compulsivo

dist. D'ansia

depressione

diff. Relazioni/interazioni

sociali

diff. Attentive

diff. Visuo-spaziali

diff. Emotive

diff. Mnesiche

lentezza

irritabilità

Grafico 18- Distribuzione del campione in base al tipo di

problematica cognitivo-comportamentale e di

apprendimento manifestata.

Valori percentuali

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Trattandosi di una ricerca prettamente di ambito logopedico, si è cercato

di approfondire le problematiche linguistiche e comunicative.

L'indagine ha permesso di rispondere ai quesiti scaturiti dall'analisi del

caso clinico di F., affetto da sindrome di DiGeorge associata a disprassia

verbale di grado severo, e caratterizzato da assenza di linguaggio verbale,

compensata grazie ad ausili di C.A.A..

Il primo interrogativo era volto ad indagare se nel territorio nazionale, tra

la popolazione con sindrome di DiGeorge, vi fossero pazienti che

presentassero assenza di linguaggio come F.; sia grazie alle interviste

telefoniche effettuate in precedenza, che alla compilazione del

questionario, i risultati emersi hanno confermato che F. sia l'unico

paziente con sindrome di DiGeorge che presenti assenza di linguaggio.

La causa che impedisce, in primis, a F. di comunicare è proprio la grave

disprassia verbale che egli manifesta sin dai primi anni di vita; si è

proceduto a rilevare, pertanto, la presenza di disprassia verbale in altri

pazienti con sindrome di DiGeorge.

Dal campione intervistato, è stato possibile dedurre che il 39,1%

presentasse difficoltà linguistiche dovute alla disprassia verbale.

Da ulteriori approfondimenti, è stato possibile verificare che questi

pazienti, grazie ad interventi logopedici attraverso diverse modalità

riabilitative, avessero ottenuto miglioramenti sul versante linguistico,

risolvendo completamente o parzialmente il problema.

Per quanto riguarda le metodiche utilizzate, è stato chiesto a genitori e

logopedisti di descrivere l'iter logopedico effettuato dal singolo paziente

per individuare le tecniche e le modalità d'intervento.

Da quest'ulteriore analisi, è emerso che la maggior parte dei pazienti sia

stato riabilitato con il metodo PROMPT, che come abbiamo visto nel

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capitolo II, rappresenta una valida metodica per la riabilitazione della

disprassia verbale.

E' stato utilizzato, con successo, il metodo oralista cognitivo De Filippis,

elaborato inizialmente per la riabilitazione di bambini sordi e,

successivamente, intrapreso nel trattamento dei bambini con disprassia

verbale.

Nessuno dei soggetti intervistati ha fatto ricorso a strumenti di C.A.A.;

alcuni logopedisti si sono serviti di immagini, simili ai simboli PCS, per

elicitare visivamente la produzione dei fonemi.

E' stato individuato, inoltre, un trattamento del tutto particolare ed

originale grazie al quale si sono ottenuti miglioramenti nella produzione

verbale di un bambino affetto da sindrome di DiGeorge e disprassia

verbale; a tal proposito si rimanda al capitolo seguente.

Tra i limiti del presente studio ci sono, sicuramente, quelli relativi al

campione ridotto, che non permette una generalizzazione dei risultati; un

altro limite è caratterizzato dal reclutamento del campione, in quanto si

tratta di una sindrome poco conosciuta nel nostro Paese e difficilmente

diagnosticabile in età precoce.

Questo aspetto ha generato in me riflessioni estremamente significative

circa l'impatto che una ricerca sulle problematiche linguistico-

comunicative e sui limiti funzionali che il quadro clinico globale possa

avere nella vita dei pazienti oggetto della ricerca.

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CAPITOLO VI

PROPOSTA D’INTERVENTO LOGOPEDICO IN UN

PAZIENTE CON SINDROME DI DIGEORGE ASSOCIATA

A DISPRASSIA VERBALE

Nel seguente capitolo, a conclusione della ricerca effettuata, verrà

illustrato un trattamento riabilitativo multimodale effettuato con un

paziente affetto da Sindrome di DiGeorge associata a disprassia verbale;

l'integrazione di diverse metodiche, quali il PROMPT, il metodo Zora

Drezancic, il gesto a supporto dell'articolazione e gli stimoli visivi, ha

permesso lo sviluppo del linguaggio, partendo dall'ampliamento

dell'inventario fonetico, arrivando alla composizione della struttura

frasale, degli elementi morfosintattici, etc.

6.1 Cenni anamnestici e storia clinica

Il paziente descritto è A., un bambino di 5,6 anni affetto da Sindrome di

DiGeorge; è secondogenito, nato da una gravidanza normodecorsa con

parto eutocico alla 35esima settimana ed un peso alla nascita di 2,080 kg

(Apgar non segnato in cartella clinica).

Per quanto attiene allo sviluppo psicomotorio e linguistico emerge che la

deambulazione sia stata acquisita intorno ai 16 mesi, mentre la lallazione

sia stata assente.

L'apparato fonatorio appariva estremamente deficitario con presenza di

ipotonia vistosa, scarso contatto bilabiale e respirazione orale, instabilità

nei movimenti verticali mandibolari, assenza di controllo nei movimenti

orizzontali labiofacciali, linguali e sequenziali, associato a marcate

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difficoltà nel sostegno fonatorio; la lingua assumeva spesso una

posizione neutra, eseguendo movimenti limitati in direzione antero-

posteriore.

Non erano riferite dai genitori difficoltà di alimentazione o di

deglutizione.

A. giungeva presso il Centro "Tralerighe" di Neuropsicologia, Logopedia

e Psicoterapia sito in Roma, nel maggio 2015 all'età di 4 anni; la richiesta

di valutazione emergeva dal momento che il bambino mostrava un

vistoso ritardo neuromotorio ed una totale assenza di produzione verbale,

associata ad ipotonia diffusa.

A. mostrava un'adeguata intenzionalità comunicativa associata ad una

buona triangolazione di sguardo; era timido ed insicuro nel relazionarsi

ad un adulto meno familiare, specie se ad essere valutata era la sua

prestazione verbale.

Era presente un buon contatto oculare, sebbene si rilevasse da subito

un'inadeguata posturazione; ed era presente anche lo schema d'azione

con l'oggetto ed il gioco simbolico, quest'ultimo non in sequenza.

Inizialmente, il linguaggio di A. era quasi del tutto assente, caratterizzato

da fonemi occlusivi per lo più velari, singolarmente prodotti o all'interno

di strutture sillabiche semplici CV, non sempre prodotti in modo

intenzionale, associato all'uso di alcuni gesti comunicativi, deittici e

referenziali prodotti con approssimità esecutiva.

La produzione verbale, pertanto, era caratterizzata quasi esclusivamente

da suoni onomatopeici ed idiosincrasie.

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6.2 Valutazione neuropsicologica e logopedica

Come già accennato nel precedente paragrafo, la valutazione

neuropsicologica e logopedica è stata effettutata tra maggio e giugno

2015; gli strumenti di osservazione utilizzati sono stati:

• Test Thal e Bates (D. Thal, E. Bates);

• Raccolta di un campione di Linguaggio Spontaneo;

• System Analysis Osservation and Motor Speech Hierarchy-

Approccio PROMPT.

Per quanto riguarda l'aspetto comportamentale, il bambino è stato

descritto dai familiari senza particolari difficoltà a relazionarsi con

l'adulto e con il coetaneo, anche se la sua apertura all'altro, spesso,

risultava essere inficiata dal forte carico di ansia prestazionale.

Ad un primo incontro con l'operatore, non si rilevavano particolari

problematiche a carico della sfera socio-relazionale.

L'esplorazione dell'ambiente prediligeva, da sempre, uno stile di tipo

percettivo - visivo. Presente fin da subito l'interazione viso a viso con

l'operatore, anche se con brevi tempi di fissazione.

Mentre, per quanto concerne l'area ludico-simbolica, nel test 'Thal-

Bates', A. non denominava gli oggetti presentati. L'etichetta gestuale era,

invece, presente anche se non in modo ricco e stabile.

Nel test di 'Donna-Thal', il bambino era in grado di effettuare il gioco

simbolico (far finta di...), ma non in sequenza. Il gioco simbolico era,

infatti, presente nelle sue primissime fasi, ed in relazione al quadro di

immaturità globale del bambino il setting ed il materiale dovevano essere

preliminarmente ordinati e strutturati, e solo successivamente è stato

proposto ad A. uno schema d'azione con l'oggetto preciso e puntuale.

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Dalla somministrazione della 'System Analysis Observation and Motor

Speech Hierarchy' si osservava:

Funzione neuromotoria

• Tono del corpo

• Riflessi

compromissione al 100%

• vistosa ipotonia e posturazione

instabile

• integrati i principali riflessi

arcaici

Controllo fonatorio

compromissione al 66%

Controllo mandibolare

compromissione al 100%

• grading mandibolare emergente,

ma immaturo con compensi

labiali

• link per i fonemi motori /a/, /ɔ/,

/p/, /b/, /m/

• link per i fonemi motori /t/, /d/,

/n/

Controllo labio-facciale

• movimenti delle labbra

• movimenti dei muscoli

labio-facciali

compromissione al 100%

• assenza di controllo labio-

facciale e di indipendenza

nell'uso funzionale delle labbra

rispetto al movimento verticale

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mandibolare, A. non riusciva a

retrarre e presentava alcune

difficoltà nella protrusione delle

labbra

• link per i fonemi motori /p/, /b/,

/m/, /u/, /o/, /e/, /i/

Controllo linguale

compromissione al 75%

• /t/, /d/, /n/ attraverso la

contrazione linguale /e/, /i/

raggiungendo un miglior

controllo sul piano labio-

facciale

Integrazione

• sequenzializzazione,

prosodia

compromissione al 100%

Dal quadro emerso durante la valutazione, è stato possibile stabilire

diversi obiettivi suddivisi per aree d'interesse. Nello specifico sono stati

individuati i seguenti obiettivi:

-area ludico-simbolica: gioco simbolico a più sequenze attraverso una

serie di script di azioni di vita quotidiana, centrate e decentrate,

accompagnate da verbalizzazione al fine di stimolare la produzione

verbale di A., in parallelo al lavoro svolto in ambito percettivo -

fonemico ed ai link per i fonemi motori stabiliti in base alla progressione

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evolutiva fonemica ed attraverso la 'System Analysis Observation' della

Motor Speech Hierarchy; considerata l'immaturità globale del bambino,

il setting terapeutico doveva presentarsi precisamente strutturato ed

organizzato, e prevedere schemi d'azione con gli oggetti puntuali ed

accurati, per poi progressivamente procedere ad un incremento della

sequenza proposta; un altro obiettivo sul quale lavorare era attinente alla

gestualità in associazione all'output verbale, ossia all'uso del gesto

associato alla produzione verbale come sostegno e rinforzo dello stesso,

ed all'uso separato delle dita della mano;

-funzioni esecutive: potenziamento delle capacità di attenzione visiva ed

uditivo - verbale, e dell'autoregolazione corporea, attraverso attività

ludiche di tipo percettivo sempre in relazione alle attività specifiche

fonetico - fonologiche proposte ed alla costruzione di un lessico motorio

specifico, favorendo altresì l'allerta tonica e fasica all'interno di giochi ed

attività che prevedano anche il rispetto di semplici regole come la

turnazione (autoregolazione, aumento delay risposta, etc.);

-competenze motorio-prassiche: lavoro specifico sulla gestualità e sulla

microsequenzialità delle dita, per favorirne l'indipendenza distale;

essenziale prevedere all'interno del gioco strutturato un lavoro specifico

volto a far emergere una prima opposizione delle dita, attraverso l'uso di

materiale dalla consistenza diversa (es. pongo, carta, perline), in cui si

rende necessario regolare la pressione esercitata sull'oggetto, e sulla

gestualità simbolica per arrivare a potenziare anche la prestazione del

bambino in compiti di tipo manuale (autonomia), sempre in integrazione

con gli obiettivi proposti negli altri ambiti;

-competenze linguistiche e livello fonetico - fonologico: introduzione

dei giochi fonici per le vocali, privilegiando le vocali che implicano un

controllo dei movimenti sul piano verticale mandibolare /a/, /ɔ/;

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presentazione dei giochi fonici partendo dai fonemi anteriori bilabiali /p/,

/b/ e /m/ attraverso un training percettivo ed articolatorio ed attraverso il

PROMPT, successivamente /t/, /d/ e /n/ e la comparsa di fonemi vocalici

e consonantici con necessità di controllo labio-facciale, e con contrazione

dell'apice linguale; lavoro specifico di diadococinesi e di sequenzialità

fonetico-articolatoria, partendo dalla sillaba nucleare (CV) con le vocali

inserite nel repertorio fonetico del bambino; essenziale prediligere in

questa prima fase i parameter PROMPT, lavorando sulla corretta

posturazione del corpo e del distretto oro-facciale ed agendo sul controllo

emergente del grading mandibolare, inserendo anche i Surface PROMPT

ed i Syllable PROMPT; lavoro specifico sequenziale (CV- VCV- VCCV-

CVCV- CVCCV) con i fonemi consonantici e vocalici introdotti in base

al controllo motorio raggiunto, dapprima in duplicazione e,

successivamente, con la variazione del fonema vocalico ed incremento

della produzione del bambino, con la creazione di un lessico specifico,

tenendo presenti i link motori per i fonemi, e la progressione fonemica

evolutiva in associazione al lavoro svolto in ambito ludico-simbolico ed

alla capacità di sequenziare di A.; lavoro in produzione fonetico-

articolatoria con gesto a supporto dell'articolazione e gesto PROMPT.

6.3 Training logopedico

A. inizia un trattamento logopedico con frequenza bisettimanale presso il

Centro "Tralerighe" di Roma, seguito dalla logopedista Eleonora Ciaglia.

Al suo arrivo mostrava una lieve insufficienza velare e per compensare

questa difficoltà aveva una tendenza a posteriorizzare i suoni; si

osservava un'ipotonia marcata e vistosa, che è tutt'ora presente, sulla

quale si è lavorato anche sull'addome, con contrazione addominale.

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Presentava una lassità legamentosa ed un'ipotonia a livello delle dita,

pertanto, si è lavorato con la motricità fine intenzionale, attraverso abilità

manuali, posizione pollice-indice sempre in associazione all'aspetto

verbale.

Per quanto riguarda il controllo mandibolare, questo era estremamente

scarso, il grading mandibolare era adeguato ma piuttosto immaturo,

soprattutto per quanto riguarda il controllo della muscolatura oro-labio-

facciale, quindi il bambino non produceva quasi nulla di comprensibile.

Quando è arrivato utilizzava esclusivamente il metodo dell'anchilosi, era

ancorato ad un'immagine e basta, senza integrazione del verbale.

Sin dall'inizio si è cercato di lavorare su più cose; A. quando ha iniziato

il trattamento non presentava nemmeno un gioco simbolico in sequenza,

quindi si è lavorato sul gioco simbolico, al cui interno però vi era inserito

tutto il lessico motorio che occorreva: si è lavorato sui link motori che

sono emersi dal 'System Analysis Observation' del PROMPT, creando un

lessico motorio sia per immagini, sia da sviluppare concretamente

all'interno di attività ludiche.

Questo lessico motorio aveva un rinforzo sia visivo che cromatico, ad

esempio il colore 'rosso' per il soggetto, il colore 'verde' per i verbi ed il

colore 'blu' per il complemento oggetto.

Inizialmente non veniva richiesta nella strutturazione frasale, sia sul

piano visivo che nel gioco, né il verbo prodotto verbalmente, né il

complemento oggetto; altresì, veniva richiesto verbalmente soltanto il

soggetto, con aiuto attraverso i parameter PROMPT per l'aggiustamento

della mandibola - quindi la posturazione adeguata della mandibola- per

accompagnarla proprio, sia con i surface con i syllable PROMPT per

produrre il movimento labio-facciale che mancava e bisognava spostarlo

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nella porzione più anteriore, proprio perché A. tendeva ad andare verso

la parte più posteriore del cavo orale.

Sono stati utilizzati questi livelli di prompt integrati per permettere ad A.

di produrre etichette adeguate per i soggetti, ma sempre prendendo in

considerazione il lessico motorio del bambino.

Ad esempio, la parola 'mamma' è prodotta senza spostamenti tra i piani

articolatori, implica un controllo sul livello verticale mandibolare;

quindi, per fargli produrre in maniera corretta questi fonemi in

successione si è lavorato con il metodo PROMPT, mentre per il fonema

consonantico o vocalico singolo con il metodo di Zora Drezancic.

Dopodiché, sono stati messi in sequenza: prima si è lavorato con la

sillaba 'ma' con delle sequenze (es. la mamma che va verso il papà) con il

rinforzo dei cubetti, quindi il rinforzo cinestesico.

Poi si è passati ad altre parole, ad esempio la parola 'peppa', nella quale

c'è uno spostamento di piano: c'è la /e/ che implica un controllo labio-

facciale con le labbra in retrazione, e subito dopo c'è un controllo sul

piano mandibolare verticale. Per produrre questo tipo di parola,

bisognava lavorare prima sul fonema consonantico /p/, poi metterlo in

sequenza alternata (CV-CV), in diadococinesi quindi in sequenzialità

ravvicinata (CVCCV).

Si è lavorato con il rinforzo visivo cromatico e cinestesico, con i cubetti

o con altri materiali per lavorare sulla sequenzialità all'interno di attività

ludiche; man mano A. ha costruito un lessico motorio ad hoc, accettando

comunque delle approssimazioni motorie (ad esempio, prima di dire

'peppa' ha imparato a dire 'pappa').

A. doveva produrre verbalmente l'etichetta del nome che è il soggetto, e

poi,invece, per il verbo utilizzava l'etichetta gestuale. Quindi, si è

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introdotto da subito il gesto a supporto dell'articolazione per quanto

riguarda il verbale.

E' stato utilizzato il PROMPT in associazione alla gestualità simbolica,

ad esempio, prima le frasi erano prodotte all'interno del gioco, si faceva

scegliere ad A. se la mamma deve andare a fare la pappa o la nanna, e

pertanto il bambino deve dire 'mamma' accompagnato da qualunque

aiuto al bambino servisse in quel preciso istante, più l'etichetta gestuale

che in quel caso era il simbolo del 'mangiare' o del 'dormire'.

L'enunciato è una prassia, ed è una prassia sia articolatoria che mentale:

il bambino con disprassia verbale non sa rappresentarsi quello che deve

produrre, nè pianificare la sequenza degli elementi per arrivare a

produrlo, allo stesso identico modo in cui non sa ben pianificare la

sequenza che gli serve per andare a prendere un oggetto, quindi quello

che deve fare con la mano (disprassia generalizzata).

Bisogna, in primis, accompagnare il bambino a spezzettare un elemento,

dopodiché si aiuta a metterlo in sequenza, successivamente si aumenta la

complessità della sequenza.

Dunque, se in quel determinato momento il bambino mostrava difficoltà

perché chiedergli di dire oralmente 'mamma pappa' era chiedergli un

prolungamento più grosso della sequenza, gli si è chiesto di produrre

verbalmente soltanto 'mamma', prodotta in maniera più o meno corretta,

anche accettando approssimazioni motorie, associata all' etichetta

gestuale della 'pappa'.

Ma in lui già si stava costruendo la rappresentazione mentale di come

dovesse essere formulata la frase, perché la struttura frase suddivisa per

livelli cromatici differenti ( rosso = soggetto, etc.) era fatta fare per ogni

cosa : sequenza dei chiodini, sequenza con il mais, sequenza con i

cubetti, etc.

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Variando le diverse consistenze, sono state svolte diverse attività

affinché il bambino abbia interiorizzato quella sequenza;

successivamente, è stato costruito un quaderno che è fatto col lessico

motorio (soggetto - verbo - complemento oggetto); anche qui, è stata

aumentata la sequenza cromatica ed il bambino man mano è stato portato

a fare la sequenza rosso-verde -blu.

A. ha il suo quadernino costituito da immagini concrete (foto), ed è in

continuo aumento rispetto alle richieste della vita quotidiana e tutto

questo egli lo esprime verbalmente. A. ha un quaderno funzionale per la

scuola, costituito dai vari elementi del lessico motorio che lui utilizza, lo

schema per le frasi (creato in power point, in word), i gesti a supporto

dell'articolazione perché il PROMPT, come già detto, è un supporto di

natura cinestesica, ma non sempre questo tipo di supporto è funzionale

per il bambino e non sempre in quel preciso istante. Dunque, si

accompagna il lessico motorio con il gesto a supporto dell'articolazione o

con il PROMPT, a seconda di quello che vedo che in quell'istante

funziona meglio. Non è escluso, pertanto, l'aspetto verbale, ma l'aspetto

verbale accompagna la costruzione della frase che lui ogni volta

compone.

Per allenare la discriminazione fonologica ed il suo controllo, ossia il

feedback a posteriori carente in questi bambini, si usa un supporto visivo

cromatico anche a livello fonologico: ad esempio, il fonema /p/ è di

colore blu, il fonema /t/ è di colore rosso, il fonema /k/ è di colore giallo,

etc.; lui queste cose le sa perché è stato allenato all'associazione fonema-

colore, quindi ogni volta che gli si dice di prendere un suono, lui prende

il colore associato, dopo di che viene prodotto in sequenza e lui deve

essere in gradi controllare il piano articolatorio. Sono prevalentemente

non parole; ad esempio nella parola 'PE-TA-PE' (illustrata nel riquadro

sottostante), si deve passare da un controllo orizzontale, poi verticale, ed

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infine orizzontale; questo esercizio aiuta nella sequenzializzazione e

nella diadococinesi.

PE TA PE

Il bambino disprattico, sostanzialmente, ha una difficoltà di

automatizzazione delle procedure, ha un metodo di apprendimento molto

difficile, molto lento e quindi ha bisogno sostanzialmente di essere

bombardato di stimoli.

La disprassia, in generale, è una difficoltà di integrare gli stimoli , più

gliene vengono dati e meglio è, e spesso e volentieri non è detto che sia

lo stimolo cinestesico che manchi in quel momento al bambino.

L'ASHA (American Speech-Language-Hearing Association) sostiene, per

quanto attiene a tutta la gerarchia del controllo motorio, che la pratica nel

trattamento della disprassia verbale dev'essere costante ed estremamente

ripetitiva, si devono inserire delle variabili perché hanno bisogno di

costruire delle reti neurali variando i metodi all'interno.

6.4 Follow-up e conclusioni

Nel marzo 2016, all'età di 4,10 anni e dopo 10 mesi di terapia

logopedica, A. è stato rivalutato; dalla somministrazione della 'System

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Analysis Observation and Motor Speech Hierarchy' è emerso il seguente

quadro:

Tono muscolare

compromissione al 50%

Controllo fonatorio

compromissione al 33%

Controllo

mandibolare

-1° priorità nel

trattamento logopedico:

lessico motorio specifico

-uso di Parameter,

Surface e Syllable

PROMPT

compromissione al 50%

• link per i fonemi motori /a/, /ɔ/, /p/,

/b/, /m/

• link per i fonemi motori /t/, /d/, /n/

attraverso la mandibola

Controllo labio-

facciale

-2° priorità nel

trattamento logopedico

compromissione al 33%

• il contatto bilabiale avviene in modo

maggiormente indipendente dalla

mandibola

Controllo linguale

-3° priorità nel

compromissione al 25%

• buoni i movimenti eseguiti con

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trattamento logopedico contrazione apicale linguale; presenti

i movimenti linguali nella sezione

media e medio-posteriore

Integrazione

• ancora deficitaria, ma da favorire,

accettando approssimazioni nel

timing

La produzione verbale di A. si presenta molto più intenzionale, anche su

comando e richiesta specifica, e si rileva un notevole incremento del

lessico motorio; risultano ancora presenti produzioni a carattere

onomatopeico ed idiosincratico, spesso in momenti di disregolazione

emotiva e di agitazione motoria.

A. presenta, dunque, un maggior controllo motorio articolatorio sul piano

verticale mandibolare, sul piano orizzontale e labio-facciale e sul

controllo motorio linguale; ci sono miglioramenti anche nel sostegno

fonatorio, con possibile prolungamento nella stringa fonemica in

sequenza, e nel controllo sequenziale motorio.

A. è stato avviato alla strutturazione della frase nucleare Soggetto -

Verbo - Oggetto in condizioni di prompting con parole contenenti i

fonemi oggetto di trattamento e ad alta valenza comunicativa, anche in

modalità bimodale, in cui il gesto arricchisce e potenzia la componente

verbale. Comincia ad introdurre i funtori, le preposizioni, ed è in grado di

comporre domande.

Il bambino ha sviluppato, e continuerà ad incrementare, il vocabolario

recettivo ed espressivo attraverso materiale ludico di diverso genere e

mediante l'uso di rinforzi visivi, gestuali e cinestesici.

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Ha elaborato un quaderno dei resti per raccogliere i suoi ricordi, e che

spesso utilizza per produrre frasi relative ad eventi vissuti direttamente

da A. , aiutandosi con oggetti che possano elicitarli il racconto.

A. utilizza il gesto a supporto dell'articolazione, in assenza delle

immagini incrementando il versante motorio - verbale. Talvolta, è

impulsivo e tende a non pianificare, evitando il gesto a supporto

dell'articolazione, elemento per lui indispensabile.

Permangono difficoltà di sequenzializzazione, soprattutto nel passaggio

repentino tra i diversi piani articolatori, ma sostanzialmente la

coarticolazione è buona.

Prevalentemente desonorizza i suoni, mostrando fatica a sonorizzarli, e

questa è una peculiarità dei bambini con disprassia verbale.

Dalla valutazione di controllo emergono miglioramenti anche per quanto

riguarda l'attenzione focalizzata e sostenuta al compito (focus e durata).

Il trattamento logopedico proseguirà per favorire il raggiungimento di un

controllo mandibolare ancora più maturo e stabile, favorendo il

raggiungimento della sequenzialità e della coarticolazione, attraverso

movimenti rapidi e di ridotta ampiezza, all'interno di una pratica costante

e ripetitiva (diadococinesi e sequenzialità fonetico-articolatoria). Inoltre,

si aumenterà la complessità sillabica CVCV, CVCCV e CVCVCV con

fonemi consonantici e vocalici duplicati, e solo successivamente con

variazione di vocale, con rinforzo visivo e cinestesico; produzione di

parole complete significative (aggancio semantico) ed incremento del

vocabolario.

In ambito motorio-prassico si continuerà a lavorare per il potenziamento

della tonicità e della motricità fine intenzionale delle dita, favorendo un

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uso selettivo delle stesse (abilità motorie sequenziali in singolo compito

ed in attenzione simultanea).

Il percorso di A., sebbene sia ancora in una fase iniziale, pone le basi per

un buon recupero funzionale delle funzioni linguistico - comunicative.

Non è possibile stabilire un termine di paragone tra la storia di A., quella

di F. e quelle del campione che ha partecipato alla ricerca; ogni bambino

ha la sua storia clinica, ma soprattutto le sue difficoltà che non sempre

riescono a risolversi con la mera terapia logopedia e/o chirurgica.

La disprassia verbale può dipendere da problematiche anatomo-

funzionali (es. insufficienza velofaringea, palatoschisi, etc.) e può

presentarsi sotto varie forme, dalla forma lieve alla forma grave; in

quest'ultimo caso, i margini di miglioramento saranno ridotti e non

sempre sarà possibile stabilire una comunicazione verbale. Per tale

ragione, occorre scegliere il metodo riabilitativo più appropriato, tenendo

conto sia della gravità del problema, ma dei limiti che tale disturbo pone

allo sviluppo linguistico.

Lo scopo primario di ciascun metodo logopedico è sicuramente quello di

rispondere alle esigenze comunicativo - espressive del singolo paziente;

nei casi in cui sia possibile stabilire una comunicazione verbale (es.

disprassia verbale lieve-moderata) i metodi a disposizione saranno

sicuramente il metodo PROMPT, il metodo di Zora Drezancic, il metodo

De Filippis, etc. , ma nei casi più severi (es. disprassia verbale grave o

aprassia verbale) - come si può vedere nel caso di F. - si ricorrerà a

metodi di Comunicazione Aumentativa Alternativa permettendo al

soggetto di sfruttare tutto ciò che appartiene al linguaggio non verbale.

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CONCLUSIONI

Il presente studio ci ha permesso sicuramente di approfondire la nostra

conoscenza in merito alla relazione tra la sindrome di DiGeorge e la

disprassia verbale, con particolare rilevo per quel che concerne il

trattamento riabilitativo di questa problematica linguistico -

comunicativa.

Si è cercato di dimostrare , attraverso la descrizione di un caso clinico, le

molteplici utilità derivanti dall'utilizzo di strumenti di Comunicazione

Aumentativa Alternativa in soggetti con disabilità linguistico -

espressive.

Tale metodologia, difatti, garantisce a F. l'imprescindibile diritto alla

comunicazione permettendogli di esprimersi e di comunicare

indipendentemente dall'uso del linguaggio orale ed offrendo allo stesso la

possibilità di avvalersi di ausili comunicativi.

L'ausilio di comunicazione non è un semplice dispositivo tecnico, ma un

tramite nelle relazioni tra la persona, i suoi ambienti di vita e le attività

che svolge: è uno strumento di cui è impossibile farne a meno.

Il caso di F. ha suggerito la presente ricerca per individuare se vi fossero

altri pazienti con la sua stessa condizione, ossia con sindrome di

DiGeorge ed assenza di linguaggio dovuta ad una grave disprassia

verbale.

Dopo aver condotto un’indagine preliminare, grazie alla quale sono stati

forniti molteplici racconti di ciascun paziente in merito alla storia clinica,

alle difficoltà emerse, ai trattamenti riabilitativi effettuati, etc., si è

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pensato di elaborare un questionario online (inviato tramite e-mail a

coloro i quali abbiano deciso di collaborare volontariamente al progetto),

anonimo e di facile somministrazione.

La formulazione del questionario è subentrata dal momento che le

informazioni rilevate precedentemente attraverso interviste non

strutturate, condotte per via telematica, risultavano essere troppo

eterogenee tra loro e pertanto difficili da analizzare.

I dati raccolti dalla compilazione dei questionari sono stati trattati in

forma anonima e riservata, secondo quanto previsto dalla vigente

normativa sulla privacy.

Alla luce dei risultati ottenuti dalla compilazione di 27 questionari è

possibile concludere che la ricerca abbia fornito un esito negativo per

quanto riguarda la rilevazione di altri casi clinici caratterizzati da assenza

di linguaggio verbale.

Tra i pazienti che manifestavano disprassia verbale - il 39,1% del

campione, ossia 9 soggetti su 27- non sono stati individuati trattamenti

riabilitativi incentrati sulla C.A.A.

Tuttavia, sono state riscontrate altre tecniche riabilitative efficaci per lo

sviluppo del linguaggio verbale,e per la riabilitazione della disprassia

verbale evolutiva: il metodo PROMPT, il metodo De Filippis, etc.

Inoltre, è emerso che una peculiarità di questi pazienti sia la presenza di

fuga d'aria dal naso che si traduce, solitamente, con una

ipernasalizzazione che ne inficia l'intelligibilità della produzione verbale,

oltre alla presenza di disturbi di apprendimento in età scolare.

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L'aspetto rilevante è rappresentato dal ruolo del logopedista, che risulta

essere molto importante all'interno della sindrome di DiGeorge; in

quanto quest'ultima è caratterizzata da diverse problematiche linguistico

- comunicative (disturbi di linguaggio, difficoltà di comprensione,

disturbo fonologico, difficoltà articolatorie, etc.), ma anche da difficoltà

nella deglutizione e nell'alimentazione che possono compromettere la

vita stessa del paziente.

In conclusione, si ricorda che nei pazienti con sindrome di DiGeorge

risulta indispensabile un intervento multidisciplinare dal momento che,

oltre alle problematiche precedentemente descritte, al quadro sindromico

sono associati problemi anatomo-funzionali, disturbi comportamentali,

difficoltà nelle relazioni sociali, etc.

Dunque, per quanto riguarda l'ambito logopedico, si consiglia una

valutazione delle abilità oro-motorie, deglutitorie, linguistiche e

comunicative già durante i primi mesi di vita: un intervento logopedico

precoce potrebbe costituire un elemento positivo per garantire lo

sviluppo di alcune abilità deficitarie, ma che assumono un'importanza

fondamentale per quel che riguarda anche la qualità della vita di questi

pazienti.

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APPENDICE

Appendice -1 CARTA DEI DIRITTI ALLA COMUNICAZIONE

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Appendice -2 QUESTIONARIO

1.Data di nascita: __________

2.Sesso:

M

F

3. Il questionario è compilato da:

Madre

Padre

Diretto interessato

Altro : __________

4. Quale tra le seguenti sindromi è stata diagnosticata?

Sindrome Velocardiofacciale

Sindrome di DiGeorge

Altro: __________

Il presente questionario verrà utilizzato per un’indagine logopedica

condotta dalla laureanda Miriana G. Galtieri in merito alla correlazione

tra la Sindrome di DiGeorge e la disprassia verbale.

I dati raccolti saranno trattati in forma anonima e riservata, secondo

quanto previsto dalla vigente normativa sulla privacy.

Grazie per l'attenzione e per la collaborazione.

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5.Quali tra le seguenti caratteristiche ha riscontrato?

palatoschisi

labioschisi

labiopalatoschisi

schisi della sottomucosa del palato

insufficienza velofaringea

insufficienza tubarica

disfagia/ difficoltà alimentari

anomalie del viso

infezioni ricorrenti

anomalie/ problemi cardiaci

deficit visivi (es. astigmatismo, ipermetropia, etc.)

difficoltà ortopediche

altro: __________

6. A quanti anni è stata diagnosticata la sindrome? _____

7. Si sono manifestati problemi uditivi?

Si

No

8. Se sì, di che genere?

infezioni frequenti (es. otite)

secrezioni a carico dell’orecchio

ipoacusia

altro: __________

9. Interventi chirurgici effettuati: (anche più risposte)

intervento al palato

intervento alla faringe

intervento di sinechia velofaringea

faringoplastica

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rimozione delle tonsille

rimozione delle adenoidi

intervento cardiaco

altro: __________

10. Sviluppo linguistico: è’ stato riscontrato un ritardo/ disturbo di

linguaggio?

no

11.A che età è stato rilevato questo problema? __________

12. Indichi le problematiche riscontrate: (anche più risposte)

difficoltà nello sviluppo linguistico recettivo (comprensione verbale)

difficoltà nello sviluppo linguistico espressivo (produzione verbale)

difficoltà fonologiche

difficoltà articolatorie

disprassia verbale (difficoltà nella coordinazione e nella sequenza dei

suoni linguistici all'interno delle parole)

disturbo del linguaggio (difficoltà nella elaborazione di frasi, concetti,

elementi grammaticali e sintattici)

difficoltà vocali (raucedine, difficoltà respiratorie, voce affaticata,voce

stridula, voce ipofonica, noduli vocali, etc.)

ipernasalità

balbuzie

fuga d'aria dal naso

13. Ha effettuato un trattamento logopedico?

no

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14. Se sì, specifichi la durata (es. dal...al): _____

15. I problemi relativi al linguaggio sono:

migliorati

estinti

invariati

16. Ha avuto miglioramenti sul versante linguistico grazie a (intervento

chirurgico, logopedia, etc.):

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

17. Provi a descrivere il tipo e il modo di comunicazione utilizzata

inizialmente (es. gesti, vocalizzi, pianto, metodi di comunicazione non

verbale,etc.):

_______________________________________________________________

_______________________________________________________________

18. Aspetti cognitivo - comportamentali e Apprendimento: indichi quali

tra le seguenti problematiche sono state rilevate: (anche più risposte)

difficoltà/ disturbo di apprendimento

ritardo mentale

problemi cognitivi

ADHD (disturbo dell'attenzione ed iperattività)

disturbo dello spettro autistico

autismo

disturbo pervasivo dello sviluppo

disturbo ossessivo-compulsivo

disturbo d'ansia

depressione

difficoltà nelle relazioni e nelle interazioni sociali

altro: _____

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Appendice -3 STRUMENTI DI C.A.A. UTILIZZATI DA F.

Tabelle comunicative cartacee

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Tabelle comunicative - Sistema PODD

..

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Tablet con tastiera incorporata - Sistema The Grid 3

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