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I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI 302 Col Saglia Imagines Seconda edizione Copyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005 2 Roma e la cultura germanica CESARE LA VITA E LE OPERE Caio Giulio Cesare (100 - 44 a.C.), oltre che uno dei più rap- presentativi personaggi della storia romana, fu anche uomo di vastissimi e raffinati inte- ressi letterari.Testimonianza della sua versatilità letteraria erano opere che non ci sono giunte, ma che comunque dovevano verosimilmente avere la funzione di esercitazione o passatempo dilettantesco: un poema, Laudes Herculis; una tragedia, Oedipus; una raccolta di frasi memorabili, Dicta collectanea; un poema sulla spedizione in Spagna del 45 a.C., Iter ; due libri di stampo polemico contro la memoria di Catone Uticense, Anticato, e un trattato De Analogia (di cui ci rimangono solo pochi frammenti), nel quale si atteneva alla teoria della scuola filologica di Alessandria: la lingua era fondata sulla ratio («norma») e appunto sull’analogia («rispetto dei modelli») e non sulla libera creazione e sull’evoluzio- ne spontanea. Anche se delle orazioni di Cesare noi oggi sappiamo troppo poco per darne un giu- dizio preciso (ma Cicerone, Quintiliano e Tacito ne furono entusiasti), i princìpi analogisti e atticisti vennero da lui largamente applicati nelle due opere giunte fino a noi: i Commen- tarii de bello Gallico, in sette libri seguiti da un ottavo probabilmente scritto dal luogote- nente Irzio, e i Commentarii de Bello Civili, in tre libri a cui si aggiunsero altri tre (Bellum A- lexandrinum, Bellum Africum, Bellum Hispaniense) composti da anonimi ufficiali. Cesare concepì l’attività di poeta come lusus (cioè come svago), quella di saggista e soprattutto di storico come strumento di lotta politica. Queste opere letterarie furono infatti da lui composte non in periodi di ozio forzato (come accadeva a Sallustio e Cice- rone), ma nel bel mezzo delle sue imprese belliche e della lotta per il potere. CESARE E L’INTERESSE ETNOGRAFICO Anche se i Commentarii de bello Gal- lico, almeno nella concezione dell’autore e del lettore antico, non si presentano formal- mente come opera di storiografia in senso stretto, Cesare tiene presente i modelli più autorevoli di questo genere anche nella scelta e nella disposizione degli argomenti. Poco dopo la metà del V secolo a.C. era stato proprio il greco Erodoto, considerato il padre della storiografia, a inserire nelle sue Storie amplissime digressioni etnografiche, che pren- devano spunto dalla narrazione dell’espansione persiana in Asia e in Egitto. Anche nel mondo romano, comunque, era presente l’interesse per lo straniero. Forse già Fabio Pit- tore, il primo storico romano, aveva scritto qualcosa sulle popolazioni celtiche, contro cui aveva combattuto nel 255 a.C. Di certo Catone il Censore, nella prima metà del II seco- lo a.C., aveva considerato queste popolazioni con rispetto e simpatia, da quanto possia- mo intuire dai pochi frammenti rimastici della sua opera storiografica, le Origines. Cesare si inserisce dunque in una tradizione antica e prestigiosa, quando interrompe la narrazione delle proprie campagne militari per descrivere usi e costumi delle popola- zioni con cui entra in conflitto; vi sono però differenze fondamentali tra Cesare e la tradi- zione erodotea. Dal punto di vista quantitativo gli excursus dei Commentarii sono di di- mensioni più ridotte: quello più ampio, nel libro VI, dedicato ai Galli e ai Germani, è di 18 capitoli (su 64 dell’intero libro), mentre in Erodoto i primi quattro libri dei nove comples- sivi sono in buona parte dedicati all’illustrazione di usi e costumi di popoli stranieri. Per quanto riguarda il tono della descrizione, Cesare non indulge quasi mai al pittoresco o al meraviglioso (con l’eccezione nel libro VI della descrizione della Selva Ercinia, popolata da animali fantastici), al contrario di Erodoto, che accanto a notizie sostanzialmente fondate (e confermate da altre fonti storiche e archeologiche) riporta voci assolutamente fanta- stiche, anche se spesso da queste prende le distanze con un certo scetticismo, come quando cita gli Schiapodi, un popolo di uomini con un piede solo, che vivrebbero nell’e- misfero opposto al nostro. Mentre Erodoto è mosso dalla curiosità per un mondo diverso dal suo e dal deside- rio di colpire l’attenzione del pubblico, gli intenti di Cesare sono principalmente quelli di spiegare le motivazioni alla guerra dei nemici, di chiarire in quali condizioni si trovò a combattere l’esercito romano e quindi di mettere in risalto i meriti del generale e dei Unità

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I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI302Col Saglia Imagines Seconda edizione

Copyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

2 Roma e la cultura germanicaCESARELA VITA E LE OPERE Caio Giulio Cesare (100 - 44 a.C.), oltre che uno dei più rap-presentativi personaggi della storia romana, fu anche uomo di vastissimi e raffinati inte-ressi letterari.Testimonianza della sua versatilità letteraria erano opere che non ci sonogiunte, ma che comunque dovevano verosimilmente avere la funzione di esercitazione opassatempo dilettantesco: un poema, Laudes Herculis; una tragedia, Oedipus; una raccoltadi frasi memorabili, Dicta collectanea; un poema sulla spedizione in Spagna del 45 a.C.,Iter ; due libri di stampo polemico contro la memoria di Catone Uticense, Anticato, e untrattato De Analogia (di cui ci rimangono solo pochi frammenti), nel quale si atteneva allateoria della scuola filologica di Alessandria: la lingua era fondata sulla ratio («norma») eappunto sull’analogia («rispetto dei modelli») e non sulla libera creazione e sull’evoluzio-ne spontanea.

Anche se delle orazioni di Cesare noi oggi sappiamo troppo poco per darne un giu-dizio preciso (ma Cicerone, Quintiliano e Tacito ne furono entusiasti), i princìpi analogistie atticisti vennero da lui largamente applicati nelle due opere giunte fino a noi: i Commen-tarii de bello Gallico, in sette libri seguiti da un ottavo probabilmente scritto dal luogote-nente Irzio, e i Commentarii de Bello Civili, in tre libri a cui si aggiunsero altri tre (Bellum A-lexandrinum, Bellum Africum, Bellum Hispaniense) composti da anonimi ufficiali.

Cesare concepì l’attività di poeta come lusus (cioè come svago), quella di saggista esoprattutto di storico come strumento di lotta politica. Queste opere letterarie furonoinfatti da lui composte non in periodi di ozio forzato (come accadeva a Sallustio e Cice-rone), ma nel bel mezzo delle sue imprese belliche e della lotta per il potere.

CESARE E L’INTERESSE ETNOGRAFICO Anche se i Commentarii de bello Gal-lico, almeno nella concezione dell’autore e del lettore antico, non si presentano formal-mente come opera di storiografia in senso stretto, Cesare tiene presente i modelli piùautorevoli di questo genere anche nella scelta e nella disposizione degli argomenti. Pocodopo la metà del V secolo a.C. era stato proprio il greco Erodoto, considerato il padredella storiografia, a inserire nelle sue Storie amplissime digressioni etnografiche, che pren-devano spunto dalla narrazione dell’espansione persiana in Asia e in Egitto.Anche nelmondo romano, comunque, era presente l’interesse per lo straniero. Forse già Fabio Pit-tore, il primo storico romano, aveva scritto qualcosa sulle popolazioni celtiche, contro cuiaveva combattuto nel 255 a.C. Di certo Catone il Censore, nella prima metà del II seco-lo a.C., aveva considerato queste popolazioni con rispetto e simpatia, da quanto possia-mo intuire dai pochi frammenti rimastici della sua opera storiografica, le Origines.

Cesare si inserisce dunque in una tradizione antica e prestigiosa, quando interrompela narrazione delle proprie campagne militari per descrivere usi e costumi delle popola-zioni con cui entra in conflitto; vi sono però differenze fondamentali tra Cesare e la tradi-zione erodotea. Dal punto di vista quantitativo gli excursus dei Commentarii sono di di-mensioni più ridotte: quello più ampio, nel libro VI, dedicato ai Galli e ai Germani, è di 18capitoli (su 64 dell’intero libro), mentre in Erodoto i primi quattro libri dei nove comples-sivi sono in buona parte dedicati all’illustrazione di usi e costumi di popoli stranieri. Perquanto riguarda il tono della descrizione, Cesare non indulge quasi mai al pittoresco o almeraviglioso (con l’eccezione nel libro VI della descrizione della Selva Ercinia, popolata daanimali fantastici), al contrario di Erodoto, che accanto a notizie sostanzialmente fondate(e confermate da altre fonti storiche e archeologiche) riporta voci assolutamente fanta-stiche, anche se spesso da queste prende le distanze con un certo scetticismo, comequando cita gli Schiapodi, un popolo di uomini con un piede solo, che vivrebbero nell’e-misfero opposto al nostro.

Mentre Erodoto è mosso dalla curiosità per un mondo diverso dal suo e dal deside-rio di colpire l’attenzione del pubblico, gli intenti di Cesare sono principalmente quelli dispiegare le motivazioni alla guerra dei nemici, di chiarire in quali condizioni si trovò acombattere l’esercito romano e quindi di mettere in risalto i meriti del generale e dei

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ROMA E LA CULTURA GERMANICA 303Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

soldati. Le digressioni perciò non sono disposte a caso né si allontanano troppo dal temacentrale sottinteso a tutta l’opera: la missione civilizzatrice di Roma nei confronti di po-poli selvaggi e pericolosi.

Cesare, per attuare il modello erodoteo di inserimento di digressioni etnografiche inun testo d’argomento storico, utilizza come fonte letteraria principale le Storie di Posido-nio (135 - 50 a.C.), in cui ampie sezioni erano dedicate alla raccolta sistematica di notiziesu territori, usi, costumi e istituzioni dei popoli dell’Europa occidentale e centrale. Que-st’opera è andata perduta, ma lunghe citazioni ci sono riportate da altri autori greci, lostorico Diodoro Siculo (I secolo a.C.) e il geografo Strabone (63 a.C. - circa 30 d.C.). Ce-sare aggiunse però alle notizie letterarie anche molto di suo, frutto dell’osservazione per-sonale e dei resoconti sia di mercanti romani sia di informatori locali. Le digressioni etno-grafiche non hanno la pretesa di costituire una trattazione completa ed esauriente, masolo di inquadrare i paesi, gli usi, i costumi, gli aspetti della mentalità che più avevano inte-ressato o colpito il generale nelle sue azioni di guerra. In queste pagine è comunque vivoil desiderio di dimostrare le proprie conoscenze e insieme di soddisfare la curiosità dellettore romano. Soprattutto per questo Cesare cerca – ovunque gli sia possibile e dovesussista una qualche somiglianza con il mondo romano – di rendere più comprensibile lasua descrizione con l’interpretatio, ovvero la «traduzione», non riportando i termini origi-nali del popolo che sta descrivendo, ma adottando parole che siano familiari all’uomo ro-mano (vedi, per esempio VI, 21, 2 a pag. 307).Tale procedimento non è certamentescientifico, ma ha il vantaggio di esprimere definizioni chiare e immediate. Del resto, néCesare né i suoi lettori romani avevano presente un concetto che invece lo storico gre-co Erodoto aveva già sviluppato: quello cioè del relativismo culturale, per cui ogni popoloelabora una propria cultura, rispondente ai suoi bisogni e quindi degna di essere rispetta-ta per quello che è, al di fuori di ogni assurda pretesa di confronto qualitativo.

I SUEBI, I PIÙ BELLICOSI (Cesare, TRA I GERMANI De bello Gallico, IV, 1)

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Nel quarto anno di guerra, il 55 a.C., Cesare tornò a scontrarsi con i Germani, da lui giàsconfitti nel 58, quando erano comandati da Ariovisto. I Germani non costituivano unapopolazione compatta etnicamente né tantomeno si sentivano una nazione nel sensomoderno del termine, ma erano ugualmente pericolosi per i loro vicini, perché abituati acompiere razzie nelle terre confinanti. Oltre ai Galli (come narrato nel libro I), vittimedei loro soprusi erano anche popolazioni dello stesso ceppo germanico, gli Usìpeti e iTéncteri, che ogni anno vedevano i loro campi e loro villaggi assaliti in massa dai Suebi.La situazione fornì a Cesare il destro per intervenire militarmente, con lo scopo di tron-care una volta per tutte le velleità di egemonia germanica al di qua del Reno, sorta diconfine naturale tra il mondo celtico e poi romano da un lato e quello germanico dall’al-tro. Prima di addentrarsi nella narrazione di questa nuova campagna di guerra, l’autorelatino fornisce alcune importanti notizie sui Suebi, sia per rispettare il modello storio-grafico greco – in particolare di Erodoto, che nel V secolo a.C. aveva inserito molte di-gressioni etnografiche nelle sue Storie – sia per chiarire ai lettori romani quali erano leparticolarità e le difficoltà di questo nuovo conflitto.

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1. Ea quae secuta est hieme, qui fuit annus Cn. Pompeio, M. Crasso con-sulibus, Usipetes Germani et item Tencteri magna [cum] multitudine ho-minum flumen Rhenum transierunt, non longe a mari, quo Rhenus influit.2. Causa transeundi fuit quod ab Suebis complures annos exagitati bellopremebantur et agri cultura prohibebantur. 3. Sueborum gens est longemaxima et bellicosissima Germanorum omnium. 4. Hi centum pagos ha-bere dicuntur, ex quibus quotannis singula milia armatorum bellandi cau-sa ex finibus educunt. Reliqui, qui domi manserunt, se atque illos alunt; 5.hi rursus in vicem anno post in armis sunt, illi domi remanent. 6. Sic ne-que agri cultura nec ratio atque usus belli intermittitur.

1. Ea… hieme: iperbato (vedi il glossario apag. 337); nella traduzione questo sostantivova collocato dopo l’attributo Ea e prima dellarelativa oggettiva.

– qui fuit annus: altro iperbato.– Cn. … consulibus: cioè nel 55 a.C. �Nei

testi in prosa l’anno era solitamente indicatocon la citazione dei due consoli in carica inquel lasso di tempo (i due nomi venivano acco-stati senza congiunzione coordinante); datoche noi siamo in grado di ricostruire con buo-na precisione, grazie alle fonti storiche, l’elen-co di tali magistrati, possiamo quindi anche ri-salire alla cronologia assoluta. Un sistema al-ternativo era quello di posporre all’ablativo an-no il numerale ordinale come attributo, segui-to dalla formula ab Urbe condita («dalla fonda-zione di Roma»).

– Cn. Pompeio, M. Crasso:�Gneo Pom-peo e Marco Crasso si erano accordati con Ce-sare nel cosiddetto convegno di Lucca, nel 56a.C., dando origine al primo triumvirato: a Ce-sare il proconsolato in Gallia venne prolunga-to per altri cinque anni, mentre gli altri due ot-tennero il consolato e un imperium di cinqueanni rispettivamente in Spagna e Siria.

– Usipetes et… Tencteri:� erano stanziatisulla riva destra del basso Reno, rispettivamen-te a nord e a sud del Lippa flumen (attuale fiu-me Lippe, affluente del Reno).

– quo: «in cui, dove» avverbio relativo dimoto a luogo.2. transeundi: ricorda che il latino preferisceutilizzare il verbo al posto del sostantivo perindicare l’azione; in italiano, però, è megliorendere «della [loro] migrazione».

– quod… premebantur et… prohibeban-tur: proposizioni dichiarative («il fatto che… eche…»).

– a Suebis: � con la denominazione diSuebi Cesare intendeva indicare non una solapopolazione, ma un gruppo di genti germani-che, i cui territori si estendevano largamentelungo la riva destra del medio Reno. Nel libro I

del De bello Gallico era già stata narrata la vit-toria del generale romano sul loro re Ariovisto.

– complures annos: accusativo di tempocontinuato.

– cultura: ablativo di allontanamento.3. gens: vedi la scheda lessicale I termini indi-canti il «popolo» a pag. 306.

– longe: rafforza i superlativi relativi maxi-ma e bellicosissima.4. Hi: si riferisce ai Suebi.

– pagos: all’incirca «distretti» o «cantoni».� I pagi sono le suddivisioni del territoriodelle popolazioni germaniche, le quali nonavevano vere e proprie città, ma piccoli inse-diamenti, come afferma anche Tacito in Ger-mania 16, 1.

– singula: il numerale distributivo si giusti-fica sia con la presenza dell’avverbio quotannissia con il fatto che ogni distretto forniva millecombattenti.

– bellandi causa: complemento di fine.– ex finibus educunt: il complemento di

moto da luogo e il prefisso e- del verbo indica-no l’uscita e chiariscono che la ragione era rap-presentata soprattutto da spedizioni offensive,motivate più da semplici razzie che dall’espan-sione territoriale. Il bottino di guerra era desti-nato a essere venduto almeno in parte, comedice Cesare nel primo paragrafo del capitolosuccessivo.

– Reliqui: aggettivo tratto dal tema del ver-bo relinquo («lascio»), indica «i rimanenti»,«tutti gli altri». Gli uomini sono ogni anno di-visi in due gruppi: quelli che vanno a combat-tere e gli altri che provvedono al sostentamen-to alimentare della comunità.

– domi: locativo; «a casa», nel senso di «inpatria».5. rursus in vicem: «a loro volta».

– illi: cioè quelli che avevano combattutonell’anno precedente.6. ratio atque usus: sono rispettivamente «teo-ria e pratica», ma, intendendo l’espressione co-me un’endiadi (vedi il glossario a pag. 337), si

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può rendere «l’attività regolata dalla tattica».7. privati ac separati agri: il genitivo si spiegacome partitivo in dipendenza da nihil; l’interaespressione si può tradurre «nessuna proprietàterriera privata e riservata». Cesare allude quin-di a una sorta di comunismo primitivo, in cui icampi erano posseduti dalla collettività.

– anno: ablativo perché secondo termine diparagone, in dipendenza da longius.

– uno in loco: anastrofe (vedi il glossario apag. 337) per la normale sequenza in uno loco;noi diciamo però «nello stesso luogo».

– licet: sottintende iis, cioè Suebis. L’argo-mento è per Cesare tanto importante che vi ri-tornerà in D.b.G. VI, 22, 3 (vedi pag. 309).8. maximam partem: accusativo avverbiale.

– pecore: da pecus, -coris, indica il bestiame ingenere, non solo il gregge di ovini; qui per meto-nimia (vedi il glossario a pag. 337) la «carne».

– sunt in venationibus: più liberamente «sidedicano alle battute di caccia».9. quae: in italiano si può lasciare il relativo ointerpretarlo come nesso: «e questa».

– res: soggetto di alit e di efficit.– et… vitae: esempio dell’abilità retorica di

Cesare, che – come tutti i Romani di un certo li-vello culturale e sociale – si era formato allascuola degli oratori; compaiono qui il polisinde-to (et… et… et) e la variatio (vedi il glossario apag. 337) con la sequenza genitivo + ablativo /attributo + ablativo / ablativo + genitivo (cibigenere / cotidiana exercitatione / libertate vitae).

– a pueris: «fin da bambini».– immani corporum magnitudine: più libe-

ramente «di straordinaria prestanza fisica».– homines: predicativo retto da efficit, men-

tre il complemento oggetto eos è sottinteso.10. in eam se consuetudinem: iperbato (vedi ilglossario a pag. 337). L’aggettivo dimostrativoeam posto prima di una consecutiva o di unarelativa caratterizzante assume spesso il valoredi «tale» («un’abitudine tale che...») o «capacedi, in grado di»; in questo caso potrebbe peròanche interpretarsi come anticipatore o prolet-tico della dichiarativa o complementare direttaut… habeant… et laventur e quindi essereomesso nella traduzione («l’abitudine di…»).

– se…adduxerunt: «si sono portati», quindi«sono giunti».

– ut: introduce una proposizione che ha co-me predicati verbali habeant e laventur e chepuò essere intesa o come consecutiva o comedichiarativa (vedi nota ad eam…consuetudi-nem).

– locis: stato in luogo senza preposizione in,costruzione normale per il sostantivo locus ac-compagnato da attributo.

– frigidissimis: è opportuno dare una sfuma-tura concessiva a questo attributo, cioè «benchéfreddissimi».

– vestitus: genitivo partitivo dipendente dalpronome quicquam.

– quarum… est: pur dipendendo da unasubordinata con il congiuntivo, questa propo-sizione relativa mantiene l’indicativo perchéindica un dato obiettivo in sé e per sé; quarumsi riferisce a pelles.

Rispondi alle seguenti domande di comprensione del testo letto, facendo riferimento alle parole del brano.

a. Elencando e interpretando le espressioni dell’autore (avverbi e complementi ditempo, tempi verbali), indica se il conflitto tra Usipeti e Tencteri da una parte eSuebi dall’altra era limitato nel tempo o continuato.

I SIGNIFICATIDEL TESTO

7. Sed privati ac separati agri apud eos nihil est, neque longius anno rema-nere uno in loco colendi causa licet. 8. Neque multum frumento, sedmaximam partem lacte atque pecore vivunt multumque sunt in venationi-bus; 9. quae res et cibi genere et cotidiana exercitatione et libertate vitae,quod a pueris nullo officio aut disciplina adsuefacti nihil omnino contravoluntatem faciunt, et vires alit et immani corporum magnitudine homi-nes efficit. 10. Atque in eam se consuetudinem adduxerunt ut locis frigi-dissimis neque vestitus praeter pelles habeant quicquam, quarum propterexiguitatem magna est corporis pars aperta, et laventur in fluminibus.

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I termini indicanti il «popolo». Elenchiamo i diversi termini latini che identi-ficano il concetto di popolo.Natio, -onis: dalla radice (g)na- (da cui anche il verbo nascor) + suffisso -tio indi-cante l’astratto significa:

– «nascita, origine»;– «stirpe, razza», cioè l’insieme degli uomini nati nel luogo in cui abitano;

Gens, entis: dalla radice gen-, può assumere i seguenti significati:– «gente» del medesimo ceppo, casato, clan, insieme di uomini composto di

molte famiglie discendenti da uno stesso antenato; corrisponde al grecoghénos. All’inizio solo i patrizi erano inseriti in una gens, poi anche i plebei;

– in senso lato indicava tutto un «popolo», cioè tutti gli abitanti di una stessacittà: per esempio gens Faliscorum, «il popolo dei Falisci»;

– in senso ancora più ampio, una «nazione», cioè tutti i popoli di una vastaregione accomunati da legami di sangue: per esempio gens Gallorum;

– può quindi indicare anche un insieme di nationes; il rapporto tra i terminipuò tuttavia essere invertito;

– in epoca imperiale gentes indica i «barbari», mentre populus designa i Ro-mani.

Civitas, atis: termine astratto derivato da civis, indica:– la «città» nel senso di «insieme dei cittadini» che vivono nello stesso luogo

e secondo un unico sistema giuridico (corrisponde quindi per questo valoreal greco pólis);

– per i popoli «barbari», una popolazione della stessa natio che abita in cittào è dispersa in villaggi, ma usa comunque le medesime leggi;

– il «diritto di cittadinanza»;– solo nel latino tardo civitas ha sostituito urbs («città» nel senso di insieme di

edifici) e oppidum.

Populus, i: parola di origine italica o forse etrusca, corrispondente al greco dé-mos. Cicerone (Rep. I. 25,39) così definisce il concetto: «Popolo non è un insie-me di uomini in qualsiasi modo aggregato, ma l’unione di uomini stretta dallacondivisione di un unico sistema di diritto e dalla comunanza di interessi». In e-poca repubblicana il termine si riferisce unicamente a Romani e alleati italici; so-lo in epoca imperiale il suo significato si avvicina ormai a quello di «plebe».

Plebs, plebis: indica la «plebe», parte del popolo romano che non rientra nel pa-triziato; differisce da populus perché con quest’ultimo termine si definisce tuttala cittadinanza nel suo complesso. Corrisponde al greco pléthos.

b. Dopo aver individuato e riconosciuto la costruzione del primo periodo del para-grafo 4, rispondi a questa domanda: le informazioni di Cesare derivano da un’os-servazione diretta dell’autore e sono state tratte da racconti di altri?

c. Utilizzando i dati forniti da Cesare nei par. 4 e 5 (posto che le cifre siano attendi-bili), stabilisci quanti erano gli uomini atti alle armi fra i Suebi; considerando poi lapresenza delle mogli, di uno o due figli per famiglia e degli anziani, ipotizza un nu-mero minimo e uno massimo di componenti di questa popolazione nel 55 a.C.

d. Quali sono le principali attività economiche o di sostentamento dei Suebi?e. Quali sono i motivi della straordinaria prestanza fisica di queste popolazioni?f. Considerando i valori culturali e morali da cui partiva Cesare, ti sembra che egli

valuti la libertas dei Suebi (positivamente o negativamente) o che non prenda e-splicita posizione? Rispondi in tre righe, citando almeno due parole-chiave del te-sto latino.

SCHEDALESSICALE

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RELIGIONE ED EDUCAZIONE (Cesare, DEI GERMANI De bello Gallico, VI, 21)

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Dopo aver narrato all’inizio del libro VI le spedizioni contro Nervi, Sénoni e Menàpi,Cesare apre una nuova lunga digressione, che occupa tutta la parte centrale del librostesso, per descrivere usi e costumi dei popoli contro cui si trova a combattere. L’excur-sus è diviso in due sezioni, di lunghezza analoga, secondo una certa simmetria: la primadedicata al mondo gallico (capp. 13-20), la seconda a quello germanico (21-28). All’in-terno di quest’ultima si possono ulteriormente distinguere una prima parte propriamen-te etnografica (21-24) e una seconda d’argomento naturalistico, sulla Selva Ercinia e sul-la sua fauna (25-28), con la consueta simmetria di dimensioni.

I capitoli 21-24 del libro VI riprendono i primi tre del libro IV, ma aggiungono alcunenotizie e ne approfondiscono altre, già accennate per sommi capi in precedenza, perché diver-se sono le finalità delle due descrizioni. Nel libro IV si trattava infatti di presentare per la pri-ma volta al lettore romano i Germani – mai conosciuti neppure per nome prima d’allora – edi indicare la loro pericolosità. Nel libro VI, invece, Cesare si propone di spiegare le differen-ze tra Galli e Germani («quo differant hae nationes inter sese proponere», D.b.G. VI, 11).

1. Germani multum ab hac consuetudine differunt. Nam neque druideshabent, qui rebus divinis praesint, neque sacrificiis student. 2. Deorumnumero eos solos ducunt, quos cernunt et quorum aperte opibus iuvan-tur, Solem et Vulcanum et Lunam, reliquos ne fama quidem acceperunt.3. Vita omnis in venationibus atque in studiis rei militaris consistit: ab par-vulis labori ac duritiae student. 4. Qui diutissime impuberes permanse-

1. ab hac consuetudine: si riferisce a tutto ilcomplesso di usi e costumi gallici descritti dal-l’autore negli otto capitoli precedenti.

– differunt: vedi la scheda lessicale Differo apag. 308.

– qui… praesint: proposizione relativa conil congiuntivo caratterizzante («che presieda-no a») o finale («con la funzione di presiederea»). I Germani non hanno dunque una castasacerdotale, come quella dei Druidi in Gallia.

– student: «si curano troppo di»; Cesarenon vuole dire che i Germani non celebrinosacrifici, ma che questi non hanno presso di lo-ro una importanza particolare o paragonabilea quella che rivestono presso i Galli. 2. Deorum numero… ducunt: espressioneidiomatica che letteralmente vale «conducononel numero degli dei», ma conviene rendere«annoverano tra gli dei», «considerano dei».

– quos… iuvantur: secondo Cesare, la reli-gione germanica è costituita da una sorte dianimismo, che venera le forze della natura.

– quos… quorum: poliptoto (vedi il glossa-rio a pag. 337).

– opibus: ablativo di causa efficiente, che quisi può rendere con il singolare «dalla potenza».

– Solem: come per i due nomi seguenti, èun esempio di interpretatio («traduzione») daparte dell’autore, il quale, invece di riportare iltermine germanico o di traslitterarlo in formalatineggiante, ha impiegato un nome che fosse

immediatamente comprensibile per il lettoredella sua lingua. � Il cielo illuminato dal soleera dagli Indoeuropei venerato come padredegli dei; questa antichissima credenza ha poiverosimilmente originato il culto di Wotan-Odino, il più importante dio germanico.

– Vulcanum: latinizzazione per la personifi-cazione del fuoco.

– Lunam: la presenza di questa divinità – le-gata alla notte, al buio, ma anche al mondo fem-minile – fa pensare che le donne svolgessero unruolo importante, almeno all’interno della vitafamiliare.

– ne…quidem: questa congiunzione copu-lativa nega il termine interposto fama: «neppu-re per sentito dire».3. in studiis rei militaris: «nell’addestramento(alla vita) militare».

– labori ac duritiae: le due parole, avendo si-gnificato affine, si possono considerare un’en-diadi (vedi il glossario a pag. 337); convienedunque rendere uno dei due sostantivi con unaggettivo, per esempio «alla dura fatica».4. Qui: è sottinteso il termine di riferimento ii,soggetto di ferunt.

– diutissime: superlativo dall’avverbio diu:«(il) più a lungo».

– impuberes permanserunt: il perfetto sigiustifica con l’idea di anteriorità, che il latinosente più dell’italiano, rispetto alla reggente:«si sono mantenuti casti».

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– maximam… laudem: iperbato (vedi il glossa-rio a pag. 337).

– ali… ali: l’iterazione, ossia ripetizione de-gli infiniti passivi dipendenti da putant, raffor-za il loro significato.5. Intra: nel senso di «prima di».

– vero: avverbio.– feminae notitiam: «rapporto sessuale con

una donna».habuisse: oggetto di habent: «considerano

l’aver avuto».– cuius rei: non si riferisce a notitiam, ma

più in generale alla sfera della fisicità.– nulla est occultatio: «non si fa mistero».– quod: introduce le due proposizioni cau-

sali coordinate per polisindeto et… et.– parvis renonum tegimentis: l’ablativo

strumentale è retto da utuntur, mentre il geni-tivo da r(h)eno, -onis è una parola rara d’origi-ne celtica; letteralmente «corte coperture dipellicce» ossia «corti indumenti di pelliccia»,che coprivano spalle e petto.

– magna … parte nuda: ablativo assolutocon valore avversativo.

Rispondi alle seguenti domande di comprensione del testo letto, facendo riferimento alle parole del brano.

Differo. Differo è composto dal prefisso dis- (che indica separazione) + fero; ol-tre al significato originario di «portare qua e là, spargere» ha assunto altri signifi-cati traslati: «spargere la voce (spesso infamante)»; con questo senso regge untermine all’accusativo come, per esempio, rumorem o famam (complemento og-getto) o un ablativo strumentale come sermonibus, mentre la notizia o diceriaviene espressa da una proposizione oggettiva; «differire (transitivo), rinviare,procrastinare», per esempio differre aliquid in aliud tempus / donec, «rimandarequalcosa a un altro momento / finché».Da ricordare la costruzione nihil differre quin + congiuntivo, «non tardare a». Infine,«differire (intransitivo), distinguersi» è usato solo nei tempi semplici; la persona o lacosa da cui si differisce si può esprimere con a/ab o cum + ablativo, con il dativo o coninter + accusativo; l’elemento di distinzione è posto all’ablativo (di limitazione).

a. Quale importanza attribuiscono i Germani alla religione?b. Con quale criterio sono identificati gli dei da venerare?c. A quali attività dedicano tutto il loro tempo i Germani?d. Quale parola compare sia nel secondo sia nel quarto periodo? Quale concezione

della vita vuole sottolineare questa ripetizione?e. Quale comportamento i Germani ritengono più lodevole e perché?f. Quale abitudine particolare è messa in evidenza da Cesare nell’ultimo periodo?

I SIGNIFICATIDEL TESTO

SCHEDALESSICALE

runt, maximam inter suos ferunt laudem: hoc ali staturam, ali vires nervo-sque confirmari putant. 5. Intra annum vero vicesimum feminae notitiamhabuisse in turpissimis habent rebus; cuius rei nulla est occultatio, quodet promiscue in fluminibus perluuntur et pellibus aut parvis renonum te-gimentis utuntur magna corporis parte nuda.

ROMA E LA CULTURA GERMANICA 309Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

Dopo aver parlato dell’educazione dei giovani presso i Germani, Cesare dedica un inte-ro capitolo alla loro economia, soffermandosi però in particolare sui criteri e sulle moti-vazioni della distribuzione annuale dei terreni, benché affermi proprio all’inizio che l’a-gricoltura non è certo l’attività principale di questo popolo. L’assegnazione dei campi daparte dei capi, in base alle esigenze di ogni gruppo di famiglie e l’obbligo di cambiare se-de ogni anno, certamente hanno attirato l’attenzione dell’autore e sono destinate a de-stare meraviglia nel lettore romano, abituato a considerare non solo normale, ma addi-rittura sacro il legame con la terra e la proprietà. Cesare riporta una serie di motivazio-ni, senza dirci se queste sono addotte dai Germani o da informatori o da fonti letterarie.Forse non ha torto chi vede nelle giustificazioni riportate un riferimento a certe degene-razioni del mondo romano nel I secolo a.C.: le prepotenze dei latifondisti sui piccolicontadini, l’abnorme sviluppo edilizio delle città, il divario economico tra ricchi e pove-ri, le lotte politiche. Certo, malgrado l’autore eviti di esprimere giudizi espliciti, il mon-do germanico non viene visto come un modello da imitare, né tanto meno Cesare paresuggestionato da una visione romantica ante litteram del «buon selvaggio». I Germanivengono osservati con meraviglia, ma rimangono un popolo bellicoso e quindi pericolo-so, da combattere senza pietà, come avverrà appunto di lì a poco.

1. Agriculturae non student, maiorque pars eorum victus in lacte, caseo,carne consistit. 2. Neque quisquam agri modum certum aut fines habetproprios; sed magistratus ac principes in annos singulos gentibus cogna-tionibusque hominum, qui una coierunt, quantum et quo loco visum estagri attribuunt atque anno post alio transire cogunt. 3. Eius rei multas ad-

1. student: con significato analogo a quello delprimo periodo del precedente capitolo, vuoldire che i Germani non trascurano del tutto l’a-gricoltura, ma «non dedicano molte energie».2. quisquam: pronome indefinito usato dopole congiunzioni negative; è soggetto di habet.La prima parte del periodo è caratterizzatadell’iperbato (vedi il glossario a pag. 337).

– agri… proprios: la mancanza di proprietàprivata, già evidenziata in D.b.G. IV, 1, 6 (vedipag. 304), doveva risultare particolarmentestrana per i Romani, abituati a considerare laproprietà terriera come fonte di ogni ricchezzavera e onorevole.

– magistratus: poiché nel capitolo seguenteCesare dirà che in periodo di pace non esisto-no magistrati comuni a tutte le tribù dei Ger-mani, con questa traduzione (interpretatio) deltermine germanico l’autore intende riferirsi oai periodi di guerra o, più probabilmente, a ca-pi di distretti.

– principes: sono gli uomini più autorevoliper ricchezza e nobiltà, «i maggiorenti».

– in annos singulos: l’uso del distributivo sigiustifica con il senso stesso dell’espressione:«di anno in anno», «da un anno all’altro».

– gentibus cognationibusque: con gens(dalla radice gen- collegata all’idea di «genera-

re») si intende qui la famiglia estesa o clan, cheha in comune un antenato capostipite; con co-gnatio (da cum + radice na- seguito dal suffissodell’astratto -ti) viene invece indicata una pa-rentela per nascita, ma di origine più recente.

– una: avverbio («insieme»).– coierunt: il perfetto (da coeo, composto

da co<cum + eo), come il seguente visum est,esprimono anteriorità rispetto al presente dellaprincipale, ma anche iterazione, ossia ripeti-zione; in italiano si possono tradurre anch’essicon il presente.

– agri: genitivo partitivo dipendente daquantum («quanto terreno»); nota il forte iper-bato (vedi il glossario a pag. 337).

– visum est: si può sottintendere attribuere;ha qui il significato di «pare opportuno».

– post: avverbio riferito ad anno.– alio: avverbio di moto a luogo: «altrove».

3. adferunt: non è facile capire quale sia il sog-getto sottinteso. All’ipotesi che siano i Germa-ni stessi si oppone la considerazione che essiben difficilmente avrebbero parlato di questiargomenti con Cesare nei pochi momenti incui fu possibile un dialogo diretto; più proba-bilmente si tratta delle fonti letterarie (il geo-grafo greco Posidonio, vissuto a cavallo tra isecoli II e I a.C., e altri a noi non noti) e degli

PERCHÉ I GERMANI NON HANNO (Cesare,PROPRIETÀ PRIVATA De bello Gallico, VI, 22)

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I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI310Col Saglia Imagines Seconda edizione

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informatori che poteva consultare in quei luo-ghi, mercanti o Galli dei territori confinanti.

– causas: «spiegazioni». � Queste popola-zioni erano dedite all’allevamento (vedi para-grafo 1 e D.b.G. IV, 1, 8 a pag. 305) e all’agricol-tura di puro sostentamento, ottenendo terreniutilizzabili per le loro attività soprattutto dall’ab-battimento e dall’incendio di foreste. Quando ilsottile strato coltivabile, non concimato, esauri-va la sua fertilità, i Germani erano di fatto co-stretti a migrare. Certamente è possibile chequesta necessità sia stata poi tradotta e sentita daquesti popoli come tratto culturale e morale, cheli distingueva dalle altre genti. Cesare riporta levarie spiegazioni forse perché superficialmenteinformato, forse in quanto suggestionato da unluogo comune dell’etnografia antica, secondocui i barbari temevano che l’attaccamento allaterra infiacchisse gli animi e distogliesse dall’a-more per la guerra; comunque egli pare interes-sato a connotare questi popoli come potenzial-mente pericolosi e quindi bisognosi, per così di-re, di un freno da parte della civiltà romana, deicui interessi si presenta difensore.

– ne: introduce una finale negativa, come glialtri tre ne seguenti, con cui forma una qua-drupla anafora (vedi il glossario a pag. 337).

– adsidua consuetudine: ablativo di causaefficiente; l’aggettivo adsiduus, formato dalprefisso ad («presso») e dalla radice del verbosideo («stare seduto»), ha in sé sia il significatooriginario di «chi sta in un luogo fisso» siaquello traslato di «assiduo, perseverante, per-sistente»; conviene lasciare questa ambivalen-za di significato, rendendo «da un’abitudinesedentaria».

– studium: vedi la scheda lessicale Studiuma pag. 311.

– commutent: il soggetto sottinteso è Ger-mani, come per le quattro proposizioni finaliseguenti.

– latos fines: è oggetto dell’infinito parare, ilquale sottintende sibi («procurarsi vasti territori»).

– potentioresque: soggetto di expellant, men-tre humiliores è complemento oggetto.

– accuratius: comparativo assoluto dell’av-verbio: «troppo accuratamente».

– ad… vitandos: complemento di fine oproposizione finale implicita; il gerundivo èmaschile perché concordato con il più vicinoaestus, ma si riferisce anche a frigora; il pluraledei due sostantivi indica l’alternarsi delle variestagioni nei diversi anni.

– qua: aggettivo riferito a cupiditas; dopo lecongiunzioni negative (qui ne) è normale l’usodella forma semplice e più antica al posto diquella composta con il prefisso ali-.

– qua ex re: iperbato (vedi il glossario a pag.329) piuttosto comune in presenza del prono-me relativo; re si riferisce a cupiditas. Senza cheil significato cambi, l’espressione può essereresa «dalla quale condizione» o «e da questacondizione», interpretando il pronome comenesso relativo, o ancora «condizione della qua-le», se si considera il sostantivo apposizione dicupiditas e poi attratto nel caso del relativo.

– factiones dissensionesque: si può ancheritenere che i due sostantivi costituiscanoun’endiadi (vedi il glossario a pag. 337) («di-scordie politiche»), ma anche che il secondorappresenti uno sviluppo logico del primo(«divisioni e quindi discordie»).

– nascuntur: era opinione ampiamente dif-fusa nella letteratura antica che l’avidità di ric-chezza generasse discordia.4. animi aequitate: più che la «equanimità,moderazione» dei capi, sembra qui indicare la«tranquillità» degli umili, che accettano senzaproteste il loro stato; aequitas designa la condi-zione di chi o che cosa sta allo stesso livello dise stesso o degli altri. L’intera proposizione po-trebbe quindi essere tradotta con «per mante-nere tranquilla la plebe».

– plebem: con la consueta interpretatio Ce-sare introduce un termine familiare al lettoreromano, anche per stabilire un confronto conil suo mondo, gravemente sconvolto dalle lotteper le riforme agrarie nel II e nel I secolo a.C.

– opes: ha come attributo suas ed è soggettodell’infinito aequari, retto da cum quisque videat.

– cum potentissimis: equivale a cum opibus(o illis) potentissimorum; si tratta quindi di unacomparatio compendiaria («paragone abbrevia-to»).

ferunt causas: ne adsidua consuetudine capti studium belli gerendi agri-cultura commutent; ne latos fines parare studeant, potentioresque humi-liores possessionibus expellant; ne accuratius ad frigora atque aestus vi-tandos aedificent; ne qua oriatur pecuniae cupiditas, qua ex re factionesdissensionesque nascuntur; 4. ut animi aequitate plebem contineant, cumsuas quisque opes cum potentissimis aequari videat.

Rispondi alle seguenti domande di comprensione del testo letto, facendo riferimento alle parole del brano.

Studium. Significa «zelo, impegno, passione» oppure «inclinazione, occupazio-ne prediletta» o solo più raramente «applicazione allo studio» (quest’ultima ac-cezione è la più vicina al significato italiano della parola «studio»). Analogamente, anche il verbo studeo significa «dedicarsi a, occuparsi di» oppu-re «aspirare a, sforzarsi di, parteggiare per» o solo più raramente «applicarsi allostudio, studiare».

a. Quale attività economica è meno importante e quali lo sono di più presso i Ger-mani (pensa a quali sono i modi in cui si poteva ottenere la carne)?

b. Pensando all’impressione che questo capitolo intende suscitare nel lettore roma-no, quale significato profondo devono avere le negazioni che compaiono nei pri-mi due periodi ?

c. Quali sono i legami sociali più importanti presso i Germani?d. Completa la seguente tabella relativa al paragrafo 3, tenendo presente che l’ordi-

ne delle proposizioni non è quello del testo di Cesare.

e. Alla fine del paragrafo 3, quale differenza di significato implica l’uso dell’indicativonascuntur al posto del pur possibile sintatticamente nascantur?

I SIGNIFICATIDEL TESTO

ROMA E LA CULTURA GERMANICA 311Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

Finalità Circostanza da evitare Proposizioneo da attuare nel testo di Cesare

Mantenere la pace socialeSorgere del latifondismoUguaglianza economica

ne adsidua consuetudine captistudium belli gerendiagricultura commutent

Evitare l’infiacchimentopsicofisico

SCHEDALESSICALE

LA GUERRA, LA POLITICA E I RAPPORTI (Cesare,CON GLI STRANIERI De bello Gallico, VI, 23)

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Cesare aveva già parlato nel terzo capitolo del libro IV dei rapporti conflittuali tra i Sue-bi e i confinanti; ora riprende lo stesso argomento, estendendolo però a tutti i Germanie traendone spunto per trattare della loro organizzazione politica. In effetti le varie tribùtrovano unità di intenti e d’azione solo nei periodi di guerra contro nemici comuni,mentre in tempo di pace esse non sentono il bisogno di un’organizzazione statale. L’au-tore non accenna qui ad alcun organo legislativo o esecutivo, ma si limita a dire che lagiustizia è affidata normalmente a una piccola aristocrazia locale. A questo gruppo socia-le fanno comunque capo le decisioni più importanti: oltre al potere giudiziario, i perso-naggi più ricchi e influenti gestiscono anche la distribuzione delle terre (vedi il capitoloprecedente) e il comando delle operazioni militari.

Dalla descrizione emerge il quadro di una società piuttosto primitiva, non priva di va-lori ma difficile da comprendere da parte di un Romano. La stessa considerazione delle

I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI312Col Saglia Imagines Seconda edizione

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1. Civitatibus: «Per le (varie) comunità»; vedila scheda lessicale Civis a pag. 297.

– quam latissime: l’avverbio rafforza il su-perlativo latissime: «per uno spazio il più am-pio possibile».

– vastatis finibus: ablativo assoluto con va-lore temporale-causale: «in seguito a devasta-zioni di territori».

– solitudines: «zone spopolate».2. Hoc: prolessi (vedi il glossario a pag. 337)del dimostrativo in accusativo, che anticipa equindi enfatizza le due proposizioni infinitiveexpulsos… cedere, neque quemquam… audere;nella traduzione si può omettere o, al contra-rio, sottolineare: «appunto questo».

– existimant: soggetto sottinteso sono i Ger-mani, così come per arbitrantur.

– finitimos…quemquam: soggetti rispetti-vamente di cedere e di audere.

– prope: avverbio di luogo riferito a consi-stere, retto da audere: «stanziarsi nelle (loro)vicinanze».3. hoc: costituisce con hoc del paragrafo prece-dente un’anafora e un poliptoto (vedi il glossa-rio a pag. 337, anche per «prolettico»), stabilen-do un parallelismo nella costruzione; anche quiil dimostrativo è prolettico dell’infinitiva se fore.

– timore sublato: ablativo assoluto; timoreregge repentinae incursionis, creando allittera-zioni della t e della r.4. bellum: è oggetto sia di defendit («fronteggia/ si difende da») sia di infert; nel primo caso hacome predicativo inlatum («quando è porta-to/a (contro di essa)».

– Inlatum… infert: derivano entrambi dainfero e dunque costituiscono un poliptoto(vedi il glossario a pag. 337).

– magistratus: soggetto di deliguntur. Conla consueta interpretatio, Cesare designa conun termine latino dei capi, le cui funzioni mili-tari e il cui potere di vita o di morte sono para-gonabili a quelli del dittatore a Roma.

– qui… praesint: relativa con valore finale,che a sua volta regge la proposizione finaleut… habeant potestatem.5. In pace: stato in luogo figurato.

– principes regionum atque pagorum: «gliuomini più autorevoli delle regioni o dei di-stretti». Ogni civitas era dunque suddivisa inregiones e pagi, ma Cesare non chiarisce qualedifferenza vi sia tra queste circoscrizioni.

– ius… minuunt: espressioni del linguaggiogiuridico: «amministrano la giustizia e appia-nano le controversie».6. Latrocinia: in italiano bisogna farlo imme-diatamente seguire dalla traduzione della rela-tiva quae… fiunt.

– nullam habent infamiam: «non hanno insé alcun marchio d’infamia».

– cuiusque: come si può vedere da quest’e-sempio, Cesare usa l’aggettivo quisque più li-beramente di quanto vorrebbero alcune gram-matiche scolastiche moderne, che qui avrebbe-ro voluto uniuscuiusque.

– ea… fieri: proposizione oggettiva retta dapraedicant, che ha come soggetto Germani.

– iuventutis… causa: complemento di fine o

razzie presso i popoli confinanti appare degna di nota a Cesare, ma non compresa appienodall’osservatore: si tratta in effetti di un uso non raro tra i popoli antichi (basti pensare a-gli Spartani) e finalizzato alla iniziazione dei maschi giovani, che devono dimostrare conqueste incursioni in terra nemica di aver acquisito coraggio e abilità nell’uso delle armi.Uno dei pochi punti di contatto tra il mondo classico e quello dei Germani è l’alta consi-derazione dell’ospitalità, che dimostra come queste popolazioni tengano molto a mante-nere le loro tradizioni, ma non siano d’altra parte totalmente chiuse a rapporti con glistranieri.

1. Civitatibus maxima laus est quam latissime circum se vastatis finibussolitudines habere. 2. Hoc proprium virtutis existimant, expulsos agris fi-nitimos cedere, neque quemquam prope audere consistere: 3. simul hocse fore tutiores arbitrantur repentinae incursionis timore sublato. 4. Cumbellum civitas aut inlatum defendit aut infert, magistratus, qui ei bellopraesint, ut vitae necisque habeant potestatem, deliguntur. 5. In pace nul-lus est communis magistratus, sed principes regionum atque pagorum in-ter suos ius dicunt controversiasque minuunt. 6. Latrocinia nullam habentinfamiam quae extra fines cuiusque civitatis fiunt, atque ea iuventutis

ROMA E LA CULTURA GERMANICA 313Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

proposizioni finali implicite, espresse con il ge-rundivo. L’uso dell’astratto iuventutis al postodel concreto iuvenum si spiega forse con la vo-lontà di mantenere il parallelismo tra due sin-golari femminili, il quale genera così un omeo-teleuto (vedi il glossario a pag. 337) tra exercen-dae e minuendae, rafforzando il concetto.7. ubi… dixit: proposizione temporale, con l’in-dicativo perfetto per esprimere l’anteriorità ri-spetto alla proposizione principale consurguntii. Da segnalare, poi, la variatio (vedi il glossarioa pag. 337) ossia il brusco cambiamento di co-struzione di dixit: esso regge infatti prima la pro-posizione oggettiva se ducem fore, poi la volitiva(ut ii sottintesi) profiteantur (id). In italiano con-viene rendere dixit con due verbi al presente:«dice che… e invita coloro… a dichiararlo».

– quis: equivale ad aliquis.– ducem: si tratta con tutta probabilità del

magistratus citato nel paragrafo 5, ma qui si in-siste sulla funzione di «comandante» dell’eser-cito.

– qui… velint: in questa proposizione rela-tiva il congiuntivo esprime eventualità.

– et… et: polisindeto (vedi il glossario apag. 337).

– suumque… pollicentur atque… collau-dantur: coordinate alla principale.8. qui… secuti non sunt: proposizione relativaprolettica (vedi il glossario a pag. 337), con ilperfetto per indicare l’anteriorità rispetto allaprincipale (ii) ducuntur.

– ex his: partitivo; si riferisce a coloro che inassemblea hanno assicurato il proprio aiuto.

– in…numero ducuntur: «sono annoveratitra» ossia «sono considerati come».

– omniumque… rerum: genitivo oggettivo:«in ogni atto»; nota l’iperbato (vedi il glossarioa pag. 337), che circonda e quindi evidenzial’interposto his, cioè i traditori.

– fides derogatur: non esiste quindi un co-dice scritto o una magistratura coercitiva che

stabilisca una vera e propria pena, ma per tra-dizione tribale «è tolta la credibilità / fiducia»e ciò, in una comunità di questo tipo, dovevarappresentare una punizione infamante e in-sopportabile.9. Hospitem: vedi la scheda lessicale L’ospite ela hostess a pag. 314.

– violare: oggetto di putant, ha come predi-cativo fas.

– fas: sostantivo indeclinabile, dalla radicefa- da cui si forma anche il verbo difettivo fari(«parlare»), indica la parola per eccellenza,cioè il «comando divino»; da qui il significatodi «diritto divino» e quindi, come predicativoo nome del predicato, l’accezione di «confor-me al volere divino, concesso [dagli dei]».

– qui… venerunt: proposizione relativaprolettica (vedi il glossario a pag. 337), con ilperfetto per indicare l’anteriorità rispetto altempo del predicato verbale della principale,prohibent.

– quacumque de causa: anastrofe (vedi ilglossario a pag. 337), piuttosto consueta in Ce-sare per il complemento di causa con attributo.

– ab iniuria: complemento di allontana-mento: «dall’offesa». L’esito italiano del so-stantivo – ingiuria – ha molto indebolito il si-gnificato etimologico del termine, che indicavaun atto compiuto contro (vedi il prefisso in-) ildiritto umano naturale (ius, diverso dal fas ci-tato prima, che è invece il diritto divino).

– sanctos: predicativo retto da habent, cheha come oggetto sottinteso hos o eos, «li consi-derano inviolabili»; sanctus, con valore qui diaggettivo, è participio perfetto da sancio, cheha come significato originario proprio quellodi «rendere sacro / inviolabile», poi più gene-ricamente «stabilire, sancire», sempre comun-que con un valore di irrevocabilità.

– hisque: zeugma (vedi il glossario a pag.337), in quanto retto sia da patent sia da com-municatur.

exercendae ac desidiae minuendae causa fieri praedicant. 7. Atque ubiquis ex principibus in concilio dixit se ducem fore, qui sequi velint, profi-teantur, consurgunt ii qui et causam et hominem probant suumque auxi-lium pollicentur atque a multitudine collaudantur: 8. qui ex his secuti nonsunt, in desertorum ac proditorum numero ducuntur, omniumque his re-rum postea fides derogatur. 9. Hospitem violare fas non putant; qui qua-cumque de causa ad eos venerunt, ab iniuria prohibent, sanctos habent,hisque omnium domus patent victusque communicatur.

I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI314Col Saglia Imagines Seconda edizione

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Rispondi alle seguenti domande di comprensione del testo letto, facendo riferimento alle parole del brano.

L’ospite e la hostess. Hospes, -pitis deriva da un ricostruibile hosti-potis ed etimo-logicamente è quindi lo «straniero che può» vivere in una comunità o in una dimo-ra non sua, a differenza dell’hostis che è lo «straniero» estraneo alla comunità equindi «nemico». L’ospite era considerato sotto la protezione della divinità e, inquanto tale, non solo accettato, ma addirittura tutelato da una condizione giuridicaprivilegiata.Il termine latino indica sia colui che è ricevuto sia colui che dà accoglienza e ciò e-sprime appunto la reciprocità di diritti e doveri che legava chi entrava in questorapporto: l’ospitato era obbligato, se si presentava l’occasione, a ricambiare l’acco-glienza nella propria dimora. Questo uso, comune a molti popoli antichi, si giustifi-ca sia con l’assenza di strutture ricettive pubbliche, che potessero offrire ricovero,sia con l’opportunità di stringere tra individui di comunità lontane rapporti di ami-cizia e collaborazione, utili a chi si trovava allora a viaggiare. Nell’italiano moderno,invece, l’accezione più comune designa colui che gode dell’ospitalità.Oltre a «ospite» e ai suo composti, da hospes e dai suoi derivati latini vengono itermini italiani «ospedale» e derivati (da hospitale, aggettivo neutro attributo dicubiculum, «stanza per gli ospiti»), «ospizio» (da hospitium, «albergo, apparta-mento per gli ospiti»), «ostello»; tramite il francese antico sono giunti in italianosia «oste» e poi il composto «osteria» (da hoste) sia il globalizzato «hotel». Cu-rioso infine il percorso di «hostess»: dal latino è passato all’antico francese ho-stess («ostessa»), quindi all’inglese e di qui anche all’italiano.

a. Individua ed elenca tutti i termini e le espressioni che in questo capitolo si riferi-scono alle sfere lessicali diguerra / pace giustizia / ingiustizia onore / disonore.

b. Quali sono i rapporti tra le varie comunità di Germani?c. Per quali motivi essi vogliono avere vasti territori spopolati intorno a sé?d. I Germani hanno un’organizzazione statale paragonabile a quella romana?e. In quale occasione i Germani eleggono un capo comune? Con poteri analoghi a

quelli di quale magistrato romano?f. Da chi viene amministrata la giustizia?g. Quale potere ha la massa nelle assemblee dei Germani?h. Perché presso i Germani l’ospite è protetto da tutte le offese?

I SIGNIFICATIDEL TESTO

SCHEDALESSICALE

Prima di passare alla descrizione della Selva Ercinia, Cesare, nell’ultimo capitolo propria-mente etnografico, mette a confronto Galli e Germani per quanto riguarda due aspetti che,agli occhi dei Romani, sono molto importanti: il valore in guerra e le disponibilità econo-miche. Egli nota come nel tempo la situazione si sia ribaltata: mentre nell’antichità i Gallierano più poveri ma più bellicosi rispetto ai Germani, ora i rapporti si sono capovolti. Lavicinanza con la civiltà romana ha causato un arricchimento dei primi, mentre i secondi so-no rimasti nelle medesime ristrettezze di un tempo, ma hanno saputo mantenere la lorocombattività e hanno potuto imporsi sui Galli, ormai infiacchiti dalla relativa civilizzazio-ne. Si tratta di una conclusione molto importante: lo storico, generale e uomo politico met-

VALORE GUERRIERO E TENORE DI VITA: (Cesare,GALLI E GERMANI A CONFRONTO De bello Gallico, VI,24)

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ROMA E LA CULTURA GERMANICA 315Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005

1. Ac: «Eppure».– cum… superarent, … inferrent, … mitte-

rent: proposizioni temporali, coordinate perasindeto (vedi il glossario a pag. 337), con ilpredicato al congiuntivo, meno comune del-l’indicativo – ma non raro – con la reggentefuit tempus; in italiano si può rendere con «incui erano in grado di battere, … portare, … in-viare…».

– Germanos Galli: l’accostamento di ogget-to e soggetto rafforza il concetto.

– ultro: ablativo di ulter che, sottintenden-do loco, ha assunto valore di avverbio. Dal si-gnificato originario di «dall’altra parte» è pas-sato a indicare un’azione che avviene senza in-flussi o stimoli e quindi «spontaneamente, dipropria iniziativa»; qui tuttavia conviene ren-dere con «per primi».

– propter… inopiam: si potrebbero renderei due complementi di causa con l’espressione«per l’eccessiva pressione demografica». �Questa motivazione era effettivamente alla ba-se di tutti i movimenti dei popoli celtici e ger-manici nell’antichità e come tale era già stataindividuata da Cesare in D.b.G. I, 2, 5, a pro-posito della migrazione compiuta dagli Elvezinel 58 a.C.

– colonias: in realtà i Germani non avevanouna vera e propria madrepatria, come i Greci ei Latini; si tratta dunque dell’abituale interpre-tatio da parte dello scrittore, a uso dei lettoriromani.2. ea: attributo di loca, a sua volta oggetto dioccupaverunt; nota l’iperbato (vedi il glossarioa pag. 337).

– Germaniae: genitivo partitivo, retto dafertilissima.

– Hercyniam silvam: di essa rimane solouna parte, l’attuale Foresta Nera. Cesare la de-

scrive nei quattro capitoli successivi, non ri-portati qui.

– Eratostheni:� Eratostene di Cirene, vis-suto tra il 275 e il 194 a.C., erudito, matemati-co, storico, filosofo, diresse anche la famosaBiblioteca di Alessandria; fu il primo a calcola-re con buona approssimazione la circonferen-za terrestre; era ed è considerato il massimogeografo dell’antichità.

– fama: si coglie qui una punta d’ironia neiconfronti degli studiosi greci, che hanno parla-to di questi luoghi «solo per sentito dire» enon per conoscenza autoptica – ossia per visio-ne diretta, con i propri occhi – come nel casodi Cesare. Di qui anche la sottolineatura unpo’ pedante dell’errore commesso dai suoipredecessori, che hanno storpiato il nome del-la selva in Orcynia.

– illi: riferito a Eratostene e agli altri geogra-fi greci.

– Volcae Tectosages:� popolazione il cuinucleo originario era stanziato ai piedi dei Pi-renei, nella zona compresa tra le attuali Tolosae Narbona. Nel III secolo a.C. una parte di es-sa emigrò verso nord, fermandosi appunto neipressi della Selva Ercinia.3. quae: nesso relativo.

– ad hoc tempus: complemento di tempo:«fino a oggi».

– his sedibus: complemento di stato in luo-go senza preposizione in.

– sese: raddoppiamento di se.– summamque: attributo di opinionem («fa-

ma»); l’iperbato (vedi il glossario a pag. 337)rafforza il significato.

– iustitiae et bellicae laudis: leggera variatio(vedi il glossario a pag. 337), con l’aggettivoche rompe il parallelismo della costruzione:«di giustizia e valore in guerra».

te implicitamente in evidenza i motivi per cui la campagna doveva essere portata a terminecon l’assoggettamento dei Galli, mentre i Germani dovevano essere solo riportati all’ordi-ne entro i loro confini. Mentre le popolazioni celtiche appaiono – e in effetti sono – assimi-labili con relativa facilità alla civiltà romana, perché più vicine per organizzazione socialeed economica, le genti al di là del Reno sono irriducibili. I Germani, infatti, si dimostranochiusi nel loro mondo, assolutamente non interessati a un rapporto costruttivo con Roma etanto meno affascinati da una civiltà da loro percepita come ostile e pericolosa.

1. Ac fuit antea tempus, cum Germanos Galli virtute superarent, ultrobella inferrent, propter hominum multitudinem agrique inopiam transRhenum colonias mitterent. 2. Itaque ea quae fertilissima Germaniae suntloca circum Hercyniam silvam, quam Eratostheni et quibusdam Graecisfama notam esse video, quam illi Orcyniam appellant, Volcae Tectosagesoccupaverunt atque ibi consederunt; 3. quae gens ad hoc tempus his sedi-bus sese continet summamque habet iustitiae et bellicae laudis opinio-

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4. Nunc: in antitesi (vedi il glossario a pag.337) con fuit antea tempus del primo para-grafo.

– inopia, egestate, patientia: i tre sostantivisono uniti per asindeto (vedi il glossario apag. 337), per dare un ritmo incalzante, e laloro collocazione in serie forma la figura reto-rica di disposizione chiamata trìcolon (la qua-le può essere data anche da tre aggettivi o treverbi ecc.), finalizzata a evidenziare il loro le-game di significato. Dal punto di vista del si-gnificato, infatti, inopia (formato dal prefissoprivativo in- e dalla radice di ops, opis, «ric-chezza») indica la «mancanza di mezzi», ege-state «la povertà» derivata, patientia «(l’abitu-dine al)la sopportazione» richiesta da questecondizioni.

– utuntur: ha ancora come soggetto Germani.– victu et cultu corporis: endiadi (vedi il

glossario a pag. 337); il primo sostantivo nonindica il solo «vitto», ma più in generale «ilmodo di vita», mentre il secondo designa, consignificato analogo, «il trattamento», cioè il ve-

stiario, l’igiene, la cura ecc. L’intera espressio-ne si può perciò rendere con «tenore di vita».

– provinciarum: si riferisce alla Gallia Nar-bonese e alla Spagna.

– transmarinarum rerum: «delle merci d’ol-tremare», che arrivavano principalmente attra-verso il porto di Marsiglia, nella Gallia Narbo-nese.

– multa: oggetto di largitur, che è alla terzapersona singolare in quanto concordato con ilsoggetto più vicino notizia, ma è predicato verba-le anche di propinquitas; in italiano occorre natu-ralmente il plurale: «offrono molti vantaggi».

– ad copiam atque usus: complemento di fi-ne: «per il benessere e i bisogni».5. paulatim: occorre premettere nella resa unacongiunzione avversativa «ma», per renderel’antitesi (vedi il glossario a pag. 337) di signifi-cato rispetto alla proposizione precedente.

– adsuefacti… victi: participi perfetti, con-giunti al soggetto sottinteso Germani.

– ne…quidem: «neppure».– virtute: ablativo di limitazione.

Rispondi alle seguenti domande di comprensione del testo letto, facendo riferimento alle parole del brano.

a. Quale parola compare con la stessa funzione nel primo e nell’ultimo periodo? Tisembra un fatto casuale o finalizzato alla sottolineatura di un concetto?

b. Per quali motivi alcuni Volci Tectosagi sono migrati al di là del Reno nell’antichità?c. Quale errore e quale carenza metodologica conseguente Cesare imputa a Erato-

stene e agli altri geografi greci?d. Quale vantaggi, secondo Cesare, hanno i Galli rispetto ai Germani dal punto di vi-

sta economico?

I SIGNIFICATIDEL TESTO

nem. 4. Nunc quod in eadem inopia, egestate, patientia Germani perma-nent, eodem victu et cultu corporis utuntur; Gallis autem provinciarumpropinquitas et transmarinarum rerum notitia multa ad copiam atque u-sus largitur, 5. paulatim adsuefacti superari multisque victi proeliis ne sequidem ipsi cum illis virtute comparant.

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Copia. Copia, ae è derivato da copis o cops, copis («ricco, abbondante», aggetti-vo ormai disusato in età classica), a sua volta formato da cum- (> co-, con l’ideadi «accumulo») e ops («ricchezza», a sua volta da una radice op- con l’idea di«lavoro, produzione»; vedi anche opus, eris). Il significato originario è quindi:

– «abbondanza, ricchezza», contrapposta a inopia (con prefisso privativo in-);– per traslato «disponibilità, facoltà, occasione, opportunità», eventualmente

con il genitivo del sostantivo o del gerundio o gerundivo, più raramentecon l’infinito o con ut e il congiuntivo;

– personificato, Copia, dea dell’abbondanza; così da Cornu Copiae si è avuto«cornucopia»;

– al plurale «mezzi, ricchezza» e quindi in ambito militare «forze, risorse inuomini», «truppe».

In italiano «copia» ha mantenuto il significato latino originario solo nel linguag-gio letterario; molto più spesso indica una «riproduzione» più o meno fedele diun’opera originale o la «stesura» di uno scritto (per esempio « brutta e bella co-pia») o l’esemplare di una stampa (di libro o fotografia), partendo dal significato«facoltà» inteso come «facoltà di riprodurre».

SCHEDALESSICALE

Danebury

AlesiaBibracte

BRITANNI

BELGI

GERM

ANI

ELVEZI

La TeneEDUI

VINDELICI

BOI

DACI

SLAVI

CIMBRIBALTICI

ARVERNI

ROMA

IBERI Entremont

Gergovia

Stradonice

Manching

C E L T I

GALLIA NARBONESE

Nome di popoloOPPIDALimite settentrionale della circolazione monetariaLimite settentrionale della diffusione delle anfore romane

EDUI

Incursioni celtiche in Italia(390 a.C. sacco di Roma)

60 a.C.

I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI318Col Saglia Imagines Seconda edizione

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LETTURE

L’autoree l’opera

(Germania, 1-28)

La Germania

Dello storico Cornelio Tacito non conosciamo con precisione né il praenomen (Publio oforse Gaio) né il luogo di nascita (forse Terni, forse la Gallia Narbonese) né l’anno esattodi nascita, comunque compreso tra il 55 e il 58 d.C. Senza dubbio era di condizione so-ciale elevata, dato che frequentò la scuola dei più famosi maestri di retorica, tra cui proba-bilmente Quintiliano. Seguì il cursus honorum: iniziata la propria carriera politica sotto i Fla-vi (dal 69 al 96), fu pretore nell’88 d.C., sotto Domiziano, e nel 97 ricoprì la carica di con-sul suffectus («supplente», cioè sostituto di un console morto); fu infine proconsole nellaprovincia d’Asia nel 112 d.C. Morì attorno al 120, nei primi anni del principato di Adriano.

Già da tempo famoso come oratore,Tacito cominciò a scrivere dopo la morte di Do-miziano (96 d.C.). A parte il Dialogus de oratoribus, di attribuzione incerta, la prima operasicuramente sua è Agricola (dopo il 96 d.C.), una biografia encomiastica, in cui esalta ilsuocero – di nome Agricola, appunto – che si era distinto nel governo della Britannia enelle guerre di espansione sull’isola. Dopo la Germania, di cui si tratta più estesamentesotto,Tacito compose le sue due principali opere storiografiche: le Historiae scritte tra il100 e il 110 d.C. in 14 (o 12) libri (ci rimangono però solo i libri I – IV e parte del V, rela-tivi agli anni 69 e 70 d.C.), che dovevano narrare il periodo della dinastia dei Flavi; gli An-nales, iniziati dopo il 110 e rimasti incompiuti per la morte dell’autore, in 16 (o 18) libri (cisono pervenuti solo i libri I –VI, la seconda metà del XI, XII, XVI), che si proponevano di il-lustrare la storia della dinastia giulio-claudia, dal 14 al 68 d.C.

La Germania, composta nel 98 d.C., è l’unica opera intera specificamente etnograficadella letteratura latina a noi pervenuta. Si divide in due parti:

– la prima (dal capitolo 1 al 27,1) consiste in una descrizione generale della Germania(confini, clima, paesaggio) e dei tratti comuni delle sue popolazioni, con particolareriferimento alla struttura della società, alla religione e alla politica;

– la seconda (dal capitolo 27,2 all’ultimo, il 45) tratta delle singole popolazioni con va-rie curiosità, per concludere con notizie favolose, come quelle relative a genti convolto umano e membra animali.

Tacito usò principalmente fonti letterarie, come i Bella Germaniae di Plinio il Vecchio (23 -79 d.C.), ma probabilmente si avvalse anche di testimonianze di soldati, mercanti e prigio-nieri.

I Germani al tempo di Cesare vivevano in condizioni di seminomadismo,dediti essenzialmente alla caccia e alla pastorizia; l’agricoltura rivestiva scar-sa importanza a causa dei continui cambiamenti di sede delle tribù. La pro-prietà terriera stabile non esisteva, poiché i terreni erano distribuiti fra icomponenti della tribù per il periodo di permanenza sul suolo momentanea-mente occupato.

La Germania di Tacito riflette invece un’epoca in cui il nomadismo è altramonto, almeno tra i Germani occidentali: le migrazioni non costituisconopiù la regola, anche se rimangono relativamente frequenti, nella speranzadi trovare zone più fertili al posto dei territori boscosi e non di rado paludosidel suolo germanico. L’agricoltura è ormai diffusa, la proprietà privata ha as-sunto fisionomia stabile e comincia a circolare anche la moneta.

L’argomento dell’opera è costituito dagli usi e dalle abitudini dei Germa-ni, ma per Tacito Roma, pur con la corruzione dei suoi costumi, rappresentail punto di riferimento continuo. Lo storico latino è sospeso tra due atteggia-menti contrastanti: da una parte egli ammira la morale semplice dei barbari,i quali rispettano le virtù che erano proprie della Roma del buon tempo anti-co e vivono in un sistema politico che conserva la libertas ormai scomparsa

TACITO

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LETTURE

dalla capitale dell’impero; dall’altra mostra un atteggiamento di superioritàverso una vita ancora tanto rozza, sottolineandone i vizi come l’oziosità, lepassioni per il gioco e il vino, la rissosità.

Riportiamo qui alcuni passi tratti dalla prima sezione. Il primo brano èinteressante dal punto di vista formale per cogliere l’importanza dei modelliper l’antico storico: l’analogia con l’inizio dell’opera di Cesare (citato espres-samente nel cap. 28) è tanto evidente quanto ricercata da Tacito, il quale se-gnala in questo modo non tanto una dipendenza, quanto la volontà di inse-rirsi in una tradizione prestigiosa. Gli altri passi stimolano il confronto dalpunto di vista del contenuto: mirano ora alla correzione, ora all’approfondi-mento, ora all’aggiornamento del lavoro dell’illustre predecessore.

1Germania omnis a Gallis Raetisque et Pan-noniis Rheno et Danuvio fluminibus, a Sar-matis Dacisque mutuo metu aut montibusseparatur: cetera Oceanus ambit, latos sinuset insularum inmensa spatia complectens,nuper cognitis quibusdam gentibus ac regi-bus, quos bellum aperuit.

4Ipse eorum opinionibus accedo, qui Ger-maniae populos nullis aliis aliarum natio-num conubiis infectos propriam et since-ram et tantum sui similem gentem exstitis-se arbitrantur. Unde habitus quoque cor-porum, tamquam in tanto hominum nume-ro, idem omnibus: truces et caerulei oculi,rutilae comae, magna corpora et tantum adimpetum valida: laboris atque operum noneadem patientia, minimeque sitim aestum-que tolerare, frigora atque inediam caelosolove adsueverunt.

1Due fiumi, il Reno e il Danubio, separano tut-to l’insieme della Germania dalla Gallia, dallaRezia e dalla Pannonia; la paura reciproca o imonti la dividono dalla Sarmazia e dalla Da-cia. Tutto il resto è circondato dall’Oceano,che cinge ampie penisole e isole vastissime, icui popoli e i cui sovrani ci ha fatti conoscerela guerra recente.

4Per parte mia, accetto il parere di coloro iquali ritengono che gli abitanti della Germa-nia, non contaminati da nozze con altre po-polazioni, siano una gente a parte, di sanguesomigliante solo a se stessa. Onde l’aspettofisico è lo stesso, per quanto è possibile in co-sì grande numero di uomini: occhi fieri e ce-rulei, chiome rossastre, corporature gigante-sche e valide soltanto nel primo impeto. Nonaltrettanta resistenza hanno al lavoro e allafatica; e a tollerare la sete non sono affatto a-bituati, mentre il clima e la povertà li avvezzaa sopportare il freddo e la fame.

Cesare, De bello Gallico I. 11. Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae,aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appel-lantur. 2. Hi omnes lingua institutis legibus inter se differunt.3. Gallos ab Aquitanis Garunna flumen, a Belgis Matrona et Sequana di-vidit.

I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI320Col Saglia Imagines Seconda edizione

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LETTURE

51. Terra etsi aliquanto specie differt, in uni-versum tamen aut silvis horrida aut paludi-bus foeda, umidior qua Gallias, ventosiorqua Noricum ac Pannoniam adspicit; satisferax, frugiferarum arborum impatiens, pe-corum fecunda, sed plerumque improcera.Ne armentis quidem suus honor aut gloriafrontis: numero gaudent, eaeque solae et gra-tissimae opes sunt. 2. Argentum et aurumpropitiine an irati di negaverint dubito.

62. Equi non forma, non velocitate conspicui.Sed nec variare gyros in morem nostrum do-centur: in rectum aut uno flexu dextros a-gunt, ita coniuncto orbe, ut nemo posteriorsit.

71. Reges ex nobilitate, duces ex virtute su-munt. Nec regibus infinita aut libera pote-stas, et duces exemplo potius quam imperio,si prompti, si conspicui, si ante aciem agant,admiratione praesunt. Ceterum neque ani-madvertere neque vincire, ne verberare qui-dem nisi sacerdotibus permissum, non quasiin poenam nec ducis iussu, sed velut deo im-perante, quem adesse bellantibus credunt.

51. L’aspetto del territorio non manca di qual-che varietà: in generale, però, è irto di selve osquallido di paludi, più umido verso le Gal-lie, più ventoso verso il Norico e la Pannonia;fertile di biade, inadatto invece agli alberi dafrutto; abbondante il bestiame, ma per lo piùdi piccola statura. Nemmeno i buoi hanno lamaestà che è loro propria, o l’ornamento del-la fronte: [i Germani] danno importanza alnumero e quella degli armenti è la sola e mol-to apprezzata ricchezza. 2. Gli dei hanno ne-gato a essi l’argento e l’oro: se in ciò benigniod ostili, è per me dubbio.

62. I cavalli non sono notevoli per bellezza néper velocità. Non vengono neppure adde-strati a volteggiare, come da noi: li spingonoin avanti o li fanno piegare verso destra, conuna manovra circolare così serrata che nem-meno uno resta indietro.

71. Nella scelta dei re guardano alla nobiltàdel sangue, in quella dei comandanti al valo-re. I re non hanno potere illimitato o arbitra-rio, quanto ai comandanti si fanno ubbidirecon l’esempio e con l’ammirazione se sonoaudaci, se attirano gli sguardi, se negli scon-tri si battono in prima fila. D’altronde puni-re, imprigionare, frustare è lecito soltanto aisacerdoti, non per castigo né su ordine delcomandante, ma quasi per imposizione diun dio, che essi credono assista ai combatti-menti.

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LETTURE

81. Memoriae proditur quasdam acies inclina-tas iam et labantes a feminis restitutas con-stantia precum et obiectu pectorum et mon-strata comminus captivitate, quam longe im-patientius feminarum suarum nomine ti-ment, adeo ut efficacius obligentur animi ci-vitatum, quibus inter obsides puellae quoquenobiles imperantur. 2. Inesse quin etiamsanctum aliquid et providum putant, nec autconsilia earum aspernantur aut responsa ne-glegunt.

91. Deorum maxime Mercurium colunt, cuicertis diebus humanis quoque hostiis litarefas habent. Herculem et Martem concessis a-nimalibus placant. Pars Sueborum et Isidi sa-crificat: unde causa et origo peregrino sacro,parum comperi, nisi quod signum ipsum inmodum liburnae figuratum docet advectamreligionem. 2. Ceterum nec cohibere parieti-bus deos neque in ullam humani oris spe-ciem adsimulare ex magnitudine caelestiumarbitrantur: lucos ac nemora consecrant deo-rumque nominibus appellant secretum illud,quod sola reverentia vident.

101. Auspicia sortesque ut qui maxime obser-vant: sortium consuetudo simplex. Virgamfrugiferae arbori decisam in surculos ampu-tant eosque notis quibusdam discretos supercandidam vestem temere ac fortuito spar-gunt. Mox, si publice consultetur, sacerdoscivitatis, sin privatim, ipse pater familiae,precatus deos caelumque suspiciens ter sin-gulos tollit, sublatos secundum impressamante notam interpretatur. Si prohibuerunt,nulla de eadem re in eundem diem consulta-tio; sin permissum, auspiciorum adhuc fidesexigitur. 2. Et illud quidem etiam hic notum,

81. È tradizione che degli eserciti già vacillantie quasi in rotta siano stati ricondotti all’assal-to dalle donne, con l’insistenza delle suppli-che, con l’opporre il petto ai fuggiaschi e conil mostrare la minaccia incombente della pri-gionia, che essi temono per le loro donne piùche per sé; a tal punto che si tengono legatecon più sicuro vincolo quelle popolazionidalle quali si esigono, tra gli ostaggi, anchedelle nobili fanciulle. 2. Credono persino chein queste vi sia qualcosa di profetico, e nonne disdegnano i consigli e ne considerano al-tamente i responsi.

91. Tra gli dei venerano soprattutto Mercurio,a cui credono lecito compiere sacrifici propi-ziatori anche con vittime umane in giorni sta-biliti. Placano invece Ercole e Marte con gli a-nimali consentiti. Una parte dei Suebi sacrifi-ca anche a Iside; da dove derivino la ragione el’origine di questo culto straniero non sonoriuscito ad accertare, ma il fatto che il suo stes-so simbolo sia configurato in forma di liburnadimostra che si tratta di una religione impor-tata. 2. Non giudicano però commisurato allagrandezza delle divinità celesti costringere glidei tra le pareti di un tempio, né il rappresen-tarli in nessuna specie di fattezza umana; con-sacrano boschi e selve e chiamano con nomidivini quel mistero che vedono con i soli occhidella devozione religiosa.

101. Più di tutti gli altri popoli osservano scru-polosamente auspici e sortilegi. Hanno unmodo semplice per interrogare la sorte. Ta-gliato un ramoscello di un albero che dà frut-to, lo spezzettano in bastoncini e, dopo averlicontraddistinti con certi segni, li spargonoassolutamente a caso su un drappo candido.Poi il sacerdote della tribù, se il consulto èpubblico, o lo stesso padre di famiglia, se èprivato, dopo aver invocato gli dei e guar-dando al cielo, li solleva ciascuno tre volte e auno a uno li interpreta, secondo il segno chevi è impresso. Se il responso è stato negativo,

Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI322

LETTURE

avium voces volatusque interrogare; pro-prium gentis equorum quoque praesagia acmonitus experiri. Publice aluntur isdem ne-moribus ac lucis, candidi et nullo mortali o-pere contacti; quos pressos sacro curru sa-cerdos ac rex vel princeps civitatis comitan-tur hinnitusque ac fremitus observant. 3.Nec ulli auspicio maior fides, non solum a-pud plebem, sed apud proceres, apud sacer-dotes; se enim ministros deorum, illos con-scios putant.

111. De minoribus rebus principes consultant;de maioribus omnes, ita tamen, ut ea quo-que, quorum penes plebem arbitrium est, a-pud principes pertractentur. Coeunt, nisiquid fortuitum et subitum incidit, certis die-bus, cum aut incohatur luna aut impletur;nam agendis rebus hoc auspicatissimum ini-tium credunt. […]2. Ut turbae placuit, considunt armati. Silen-tium per sacerdotes, quibus tum et coercendiius est, imperatur. Mox rex vel princeps,prout aetas cuique, prout nobilitas, prout de-cus bellorum, prout facundia est, audiuntur,auctoritate suadendi magis quam iubendipotestate. Si displicuit sententia, fremitu a-spernantur; sin placuit, frameas concutiunt.Honoratissimum adsensus genus est armislaudare.

non s’interroga più la sorte su quel medesi-mo argomento; se invece è stato favorevole,si richiede ancora la conferma dei presagi.2. Anche qui è noto l’uso d’interrogare i can-ti e i voli degli uccelli; è però specifico diquesto popolo vagliare presagi e moniti deicavalli. Questi, che vengono allevati a spesepubbliche nelle selve e nei boschi prima cita-ti, sono bianchissimi e non contaminati da al-cun lavoro al servizio degli uomini; aggiogatial carro sacro, il sacerdote e il re o il capodella popolazione li accompagnano e ne stu-diano i nitriti e i fremiti. 3. Né vi è auspicio alquale si dia più credito, non solo presso laplebe, ma anche presso i capi e i sacerdoti; ri-tengono infatti se stessi gli esecutori, i cavallii veri conoscitori della volontà divina.

111. Sugli affari di minor conto deliberano i ca-pi, sui più seri tutti quanti: però anche quellidi cui è arbitra la plebe vengono trattati pre-ventivamente dai capi. Si radunano, se nonaccade un evento imprevisto e improvviso, ingiorni stabiliti, in occasione della luna nuovao del plenilunio, perché credono che sia ilmomento più favorevole per dare inizio alleattività da compiere. […]2. Quando pare opportuno alla folla, siedonoarmati. Il silenzio è imposto dai sacerdoti,che allora hanno il diritto anche di costrizio-ne. Subito dopo il re o uno dei capi, secondol’età, il prestigio, il valore militare di ciascu-no, viene ascoltato, per autorevolezza d’opi-nione più che per potere di comando. Se laproposta non incontra l’approvazione, espri-mono il disaccordo con un mormorio; se in-vece piace, scuotono le lance contro gli scudi:approvare con le lance è il genere di assensopiù onorevole.

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LETTURE

141. Cum ventum in aciem, turpe principi vir-tute vinci, turpe comitatui virtutem principisnon adaequare. Iam vero infame in omnemvitam ac probrosum superstitem principi suoex acie recessisse. Illum defendere, tueri, suaquoque fortia facta gloriae eius adsignarepraecipuum sacramentum est. Principes provictoria pugnant, comites pro principe. 2. Sicivitas, in qua orti sunt, longa pace et otiotorpeat, plerique nobilium adulescentiumpetunt ultro eas nationes, quae tum bellum a-liquod gerunt, quia et ingrata genti quies etfacilius inter ancipitia clarescunt magnum-que comitatum non nisi vi belloque tueare;exigunt enim principis sui liberalitate illumbellatorem equum, illam cruentam victri-cemque frameam. Nam epulae et quamquamincompti, largi tamen apparatus pro stipen-dio cedunt. 3. Materia munificentiae per bel-la et raptus. Nec arare terram aut exspectareannum tam facile persuaseris quam vocarehostem et vulnera mereri. Pigrum quin immoet iners videtur sudore adquirere quod possissanguine parare.

141. Ogni volta che si giunge al combattimento,è disonorante per il capo essere superato invalore, per il séguito non uguagliare il valoredel capo. È poi infamia e vituperio per la vitaintera ritornare dalla battaglia superstiti alproprio capo. Difenderlo, guardargli le spal-le, ascrivere a gloria sua anche i propri atti dieroismo è il più sacro degli impegni: i capilottano per la vittoria, il seguito per il suo ca-po. 2. Se la tribù in cui sono nati s’impigriscein una pace lunga e nell’inerzia, molti dei gio-vani nobili si recano volontariamente versoquelle popolazioni che in quel periodo com-battano una qualche guerra, poiché non soloè sgradita a quel popolo la tranquillità, matra i rischi è anche più facile mettersi in evi-denza e inoltre non si potrebbe mantenereun séguito numeroso se non con la violenza ela guerra. Si attendono infatti dalla genero-sità del loro capo proprio quel cavallo daguerra, proprio quella lancia insanguinata evittoriosa; infatti banchetti e imbandigioniabbondanti, anche se non raffinate, prendo-no il posto dello stipendio. 3. Le risorse perla munificenza provengono da guerre e sac-cheggi, né si potrebbe tanto facilmente per-suadere ad arare la terra o ad aspettare il rac-colto annuale quanto a provocare il nemico ea guadagnarsi delle ferite. Sembra a loro pi-grizia e anzi inettitudine acquisire con il su-dore ciò che potrebbero procurarsi con ilsangue.

Col Saglia Imagines Seconda edizioneCopyright © Zanichelli editore S.p.A. 2005I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI324

LETTURE

151. Quotiens bella non ineunt, non multumvenatibus, plus per otium transigunt, deditisomno ciboque, fortissimus quisque ac belli-cosissimus nihil agens, delegata domus et pe-natium et agrorum cura feminis senibusqueet infirmissimo cuique ex familia; ipsi he-bent, mira diversitate naturae, cum idem ho-mines sic ament inertiam et oderint quietem.2. Mos est civitatibus ultro ac viritim confer-re principibus vel armentorum vel frugum,quod pro honore acceptum etiam necessitati-bus subvenit. Gaudent praecipue finitima-rum gentium donis, quae non modo a singu-lis, sed et publice mittuntur, electi equi, ma-gna arma, phalerae torquesque; iam et pecu-niam accipere docuimus.

171. Tegumen omnibus sagum fibula aut, si de-sit, spina consertum: cetera intecti totos diesiuxta focum atque ignem agunt. Locupletis-simi veste distinguuntur, non fluitante, sicutSarmatae ac Parthi, sed stricta et singulos ar-tus exprimente. Gerunt et ferarum pelles,proximi ripae neglegenter, ulteriores exquisi-tius, ut quibus nullus per commercia cultus.Eligunt feras et detracta velamina sparguntmaculis pellibusque beluarum, quas exteriorOceanus atque ignotum mare gignit. 2. Necalius feminis quam viris habitus, nisi quod fe-minae saepius lineis amictibus velantur eo-sque purpura variant, partemque vestitus su-perioris in manicas non extendunt, nudaebrachia ac lacertos; sed et proxima pars pec-toris patet.

151. Quando non entrano in guerra, trascorro-no non molto tempo nelle battute di caccia,di più nell’ozio, dediti al sonno e al cibo, poi-ché tutti i più forti e bellicosi non esercitanoalcuna attività, lasciata la cura della casa, deiPenati e dei campi alle donne e ai vecchi e aipiù deboli della famiglia; essi intanto poltri-scono ed è strana l'incoerenza della loro na-tura, per cui i medesimi uomini a tal punto a-mano l’indolenza e odiano la tranquillità. 2.È tradizione per le tribù portare tutti insiemeai capi, spontaneamente e da parte di ciascu-no, una certa quantità di bestiame o di rac-colto, che, ricevuta come segno di rispetto,serve anche a far fronte alle necessità. Sicompiacciono soprattutto dei doni delle po-polazioni confinanti, i quali sono inviati nonsolo da singoli individui, ma anche a nome dicollettività: cavalli di prima scelta, armi ma-gnifiche, fàlere e collane; ormai noi Romaniabbiamo insegnato loro ad accettare anchesoldi.

171. Abito comune a tutti è un saio trattenutoda una fibbia o, se manca questa, allacciatocon una spina; scoperti nelle altre parti delcorpo, passano intere giornate presso il foco-lare acceso. I più ricchi si distinguono per unaveste, non fluttuante come quella dei Sarmatie dei Parti, ma attillata e tale da mettere in e-videnza le membra. Portano anche pelli di a-nimali selvatici, senza raffinatezze i Germanivicini alla riva romana, con più eleganza quel-li dell’interno, proprio perché presso di loronon esiste alcun altro lusso introdotto con icommerci. Scelgono gli animali e screziano ivelli scuoiati con inserti di pelli di animali ge-nerati dall’Oceano esterno e dal mare ignoto.2. Le donne non hanno un abbigliamento di-verso da quello degli uomini, se si eccettua ilfatto che si coprono per lo più con tessuti dilino e li guarniscono di porpora e non prolun-gano la parte superiore del vestito fino a for-mare delle maniche, rimanendo nude sullebraccia e sulle spalle; ma anche la parte supe-riore del petto rimane scoperta.

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LETTURE

201. In omni domo nudi ac sordidi in hos artus,in haec corpora, quae miramur, excrescunt.Sua quemque mater uberibus alit, nec ancil-lis ac nutricibus delegantur. Dominum acservum nullis educationis deliciis dignoscas:inter eadem pecora, in eadem humo degunt,donec aetas separet ingenuos, virtus adgno-scat. 2. Sera iuvenum venus, eoque inexhau-sta pubertas. Nec virgines festinantur; eademiuventa, similis proceritas: pares validaequemiscentur, ac robora parentum liberi refe-runt.

212. Convictibus et hospitiis non alia gens effu-sius indulget. Quemcumque mortalium arce-re tecto nefas habetur; pro fortuna quisqueapparatis epulis excipit. Cum defecere, quimodo hospes fuerat, monstrator hospitii etcomes; proximam domum non invitati a-deunt. Nec interest: pari humanitate acci-piuntur. Notum ignotumque quantum ad iushospitis nemo discernit. Abeunti, si quid po-poscerit, concedere moris; et poscendi in vi-cem eadem facilitas. Gaudent muneribus,sed nec data imputant nec acceptis obligan-tur.

201. I bambini crescono in ogni casa nudi esporchi, fino a quelle membra, quelle corpo-rature che noi guardiamo con meraviglia.Tutti vengono allattati dalla propria madre enon sono affidati ad ancelle o a nutrici. Nonsi potrebbe distinguere il padrone dal servoper nessuna raffinatezza di educazione: tra-scorrono la vita tra gli stessi animali domesti-ci e sulla stessa terra, finché l’età non distin-gua dagli altri i [nati] liberi e il coraggio nonli faccia riconoscere. 2. I giovani conosconotardi l’amore e perciò la loro virilità è inesau-ribile. Né si fa fretta alle fanciulle; uguale èl’età giovanile, uguale la statura: vengono u-nite in matrimonio quando sono forti al paridei maschi e i figli hanno anche loro la forzadei genitori.

212. Nessun altro popolo indulge con maggiorlarghezza ai conviti e all’ospitalità. Non è ri-tenuto lecito tenere fuori alcuno, chiunque e-gli sia; ognuno accoglie l’ospite con la tavolaimbandita, secondo i propri mezzi. Quando ibanchetti vengono a mancare, colui che finoa quel momento aveva fatto da ospite diventaguida a un altro luogo di ospitalità e compa-gno: senza bisogno d’invito si presentano allacasa vicina. E non c’è differenza: vengono ac-colti con lo stesso riguardo. Tra conosciuto esconosciuto, per quanto riguarda il diritto diospitalità, nessuno distingue. A colui che sene va è usanza accordare ciò che eventual-mente egli abbia chiesto: e la facilità del chie-dere è reciproca. I doni piacciono loro mol-to; ma né mettono in conto quelli che hannodato né si ritengono obbligati da quelli chehanno ricevuto.

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LETTURE

231. Potui humor ex hordeo aut frumento, inquandam similitudinem vini corruptus;proximi ripae et vinum mercantur. Cibi sim-plices, agrestia poma, recens fera aut lac con-cretum: sine apparatu, sine blandimentis ex-pellunt famem. Adversus sitim non eademtemperantia. Si indulseris ebrietati suggeren-do quantum concupiscunt, haud minus facilevitiis quam armis vincerentur.

262. Agri pro numero cultorum ab universis invices occupantur, quos mox inter se secun-dum dignationem partiuntur; facilitatempartiendi camporum spatia praestant. 3. Ar-va per annos mutant, et superest ager. Nec e-nim cum ubertate et amplitudine soli laborecontendunt, ut pomaria conserant et prataseparent et hortos rigent: sola terrae segesimperatur.

281. Validiores olim Gallorum res fuisse sum-mus auctorum divus Iulius tradit; eoque cre-dibile est etiam Gallos in Germaniam tran-sgressos: quantulum enim amnis obstabatquo minus, ut quaeque gens evaluerat, occu-paret permutaretque sedes promiscuasadhuc et nulla regnorum potentia divisas?

231. Come bevanda usano un liquido ricavatodall’orzo o dal grano, fermentato fino ad ave-re qualche somiglianza con il vino; i più vici-ni alla riva [del Reno] comprano anche vinodai mercanti. I cibi sono semplici: frutta sel-vatica, cacciagione fresca e latte rappreso:scacciano la fame senza sontuosità e senzaraffinatezze culinarie. Contro la sete nonhanno la stessa temperanza; e se si assecon-derà la loro tendenza all’inebriarsi, fornendoloro quanto desiderano, saranno vinti dai vizinon meno facilmente che dalle armi.

262. I terreni sono occupati da tutti di volta involta in base al numero di coltivatori e poi liripartiscono all’interno della loro tribù secon-do la dignità; la vasta estensione delle pianurefacilita la spartizione.3. Ogni anno cambiano aree coltivate e tutta-via resta ancora della terra. E infatti non simettono a combattere, con fatica, con la ferti-lità e con la vastità del suolo, per piantarefrutteti, limitare prati e irrigare giardini: allaterra si chiede solo il grano.

281. Il divo Giulio, storico di somma autorità,tramanda che in passato la potenza dei Gallifu maggiore; è perciò credibile che anche deiGalli siano passati in Germania. Quale pic-colo ostacolo, infatti, costituiva un fiume ache, ogni volta che una popolazione prevale-va, occupasse o cambiasse insediamenti an-cora in comune e non separati da alcuna po-tenza di regni.

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Rileggi i passi di Tacito e rispondi alle seguenti domande, individuando ecitando i brani che trattano dell’argomento in questione.

a. Quali sono le caratteristiche fisiche dei Germani?b. Quali sono – a parte la guerra – le loro principali occupazioni?c. Quale ruolo ha la donna nella società germanica?d. In quanti e quali gruppi sociali si può dividere la società germanica?e. Quale importanza ha il culto religioso tra i Germani?f. Quali analogie esistono tra la civiltà germanica e quella romana?

Ora completa la seguente tabella, mettendo a confronto i brani di Tacito con quelli delDe bello Gallico presenti in questa unità.

I SIGNIFICATIDEL TESTO

Argomento trattato Tacito (cap., par.) Cesare, D.b.G. (libro,cap., par.)

Abbigliamento IV, 1, 10Agricoltura IV, 1, 6-7Alimentazione 23,1

11,1 VI, 23, 7-8BestiameCaccia 15Capi, magistrati e re 7,1Costituzione fisica VI, 21,4Distribuzione della terraDivinazione e presagi 10, 1-2Educazione VI, 21,3Ospitalità VI, 23,9PovertàRapporti con i capi 14Rapporti con i confinanti VI, 23,1Rapporto uomo-donna VI, 21,5Valore in guerra

1. Disponi in ordine cronologico i fatti storici scegliendo per ciascuno una data tra quelle proposte nella colon-na di destra (fai attenzione: certe date non corrispondono ad alcun fatto fra quelli citati).

...................... i Romani s’impadroniscono di tutta l’Italia meridionale.

...................... i Romani adottano l’alfabeto greco della città di Cuma.

...................... culti di divinità greche sono assorbiti dalla religione romana.

...................... popolazioni germaniche raggiungono il Reno.

...................... a Pidna, Lucio Emilio Paolo sconfigge Pérseo, re di Macedonia.

...................... campagna di Cesare contro Ariovisto.

...................... Roma espugna e distrugge Corinto; la Grecia è annessa alla Macedonia.

...................... Caracalla concede la cittadinanza agli abitanti dell’impero romano.

...................... organizzazione augustea delle province di Rezia e Norico.

...................... Mario batte i Teutoni ad Aquae Sextiae.

...................... campagne di Cesare in Gallia.

500 a.C102 a.C.58-51 a.C.295 a.C.VII-VI sec. a.C.168 a.C..58 a.C.70-69 a.C.212 d.C.16-15 a.C.VI-V sec. a. C.272 a.C.

VERIFICHE FINALI

I ROMANI E GLI ALTRI POPOLI: GRECI E GERMANI328Col Saglia Imagines Seconda edizione

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2. Indica, segnando con una crocetta, se l’affermazione è vera o falsa.. V F

Catone teme che i Greci con la loro cultura distruggano tutti i valori morali dei Romani. ❐ ❐Catone ammette che i Romani sono dei barbari rispetto ai Greci. ❐ ❐Plauto trova i Greci divertenti più che pericolosi. ❐ ❐Plauto disprezza ogni aspetto della cultura greca. ❐ ❐Cicerone ammette la superiorità dei Greci in campo culturale. ❐ ❐Secondo Cicerone le leggi greche sono rozze e ridicole in confronto a quelle romane. ❐ ❐Virgilio considera i Romani vendicatori dei Troiani sui Greci. ❐ ❐Virgilio sostiene che i Greci possono collaborare con i Romani nella gestione del potere. ❐ ❐Cesare presenta i Germani come un insieme di tribù selvagge e pericolose. ❐ ❐I Germani sono diversi dai Galli per lingua, ma simili per credenze religiose. ❐ ❐Cesare non nutre alcuna ammirazione per i Germani. ❐ ❐Cesare nella descrizione dei Germani utilizza solo informazioni che egli stesso ha raccolto. ❐ ❐Cesare cerca di far comprendere appieno ai Romani gli usi e i costumi dei Germani. ❐ ❐

3. Indica, segnando con una crocetta, quale delle tre affermazioni è vera.uno xenofobo. ❐un razzista. ❐culturalmente arretrato. ❐è sostanzialmente d’accordo con Catone. ❐propone di eliminare o limitare l’immigrazione di Greci a Roma. ❐propone scenette che incontrino il gusto del pubblico medio. ❐mostra disprezzo per tutti i Greci. ❐distingue tra molti onesti e colti e molti malvagi e ignoranti. ❐pensa soprattutto a screditare i testimoni dell’accusa. ❐giustifica il dominio universale dei Romani. ❐ritiene che i Greci siano troppo compiaciuti del loro passato mitico. ❐pensa che le loro capacità non garantiscano la pace e la legge. ❐descrive usi e costumi dei Germani in modo assolutamente obiettivo. ❐lascia talvolta trasparire il suo giudizio tramite scelte lessicali e stilistiche. ❐si sofferma sugli aspetti etnografici, ma non tralascia curiosità legateal piacere della descrizione. ❐

4. Individua ed elenca gli elementi lessicali (sostantivi, aggettivi, verbi ecc.) e i procedimenti stilistici (iperbole,metafora ecc.) a tuo parere più significativi per definire il giudizio dei vari autori sui Greci e sui Germani.

5. Esponi in una serie di brevi testi (massimo dieci righe ciascuno) la tua risposta motivata ai seguenti quesiti.a. I Romani ebbero tutti lo stesso atteggiamento verso i Greci nelle varie epoche?b. Quali aspetti del mondo greco furono guardati con sospetto e quali altri considerati con ammirazione dai

Romani?c. Come i Romani del I secolo a.C. pensano si debbano impostare i rapporti con i Germani?d. In quale misura si può dire che i Romani siano stati razzisti o xenofobi?

Cesare nel De bello Gallico

Virgilio

Nella Pro FlaccoCicerone

Plauto

Catone si potrebbedefinire