Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 147 (48.471) Città del Vaticano martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!_!"!#! Riflessioni di un giorno di mezzo anno Il tempo che stiamo vivendo tra rischi e speranze di ANDREA MONDA L a prima metà di questo anno 2020 sta passando ed è forse un momento buono per fare il punto, raccogliere le idee. Sarà che ogni anno, allo scadere del me- se di giugno, la comunità de «L’Osservatore Romano» sente particolarmente questo passaggio, visto che il primo di luglio del 1861 è la data in cui i documenti e gli storici ricordano la nascita di que- sto quotidiano e quindi anche og- gi, “vecchi” di 159 anni, sentiamo di fermare per un attimo la corsa del tempo per guardare in entram- be le direzioni, indietro e avanti, e provare a dire qualcosa, tracciare un bilancio, indicare una prospetti- va. Non fosse altro per ringraziare. Siamo arrivati a questa data e non è qualcosa di scontato, soprat- tutto in un anno come questo che è già passato alla storia come l’an- no della pandemia da coronavirus. La riflessione quindi oggi sarà tutta incentrata non sulla lunga storia del quotidiano, per questo possia- mo rinviare all’anno prossimo (an- niversario più “rotondo”), ma sul periodo, più breve ma molto inten- so, di questo primo semestre del presente anno. Un periodo pur- troppo contrassegnato duramente dal segno della morte, anzi dei morti. Perché “la morte” rischia di diventare un “tema” di cui parlare, giacché “si muore”, ma i morti, con tanto di nome e di volto, sono un’altra cosa, sono persone, sono storie. Più di trentamila in Italia sono i morti dall’inizio della pan- demia e grande è la paura di un ri- torno, di un “rimbalzo” del conta- gio. Terribile, su tutti gli aspetti collegati con il covid-19, è stato detto e ripetuto spesso in queste settimane, è che queste persone so- no morte quasi sempre da sole, ab- bandonate per motivi di “sicurez- za”. La morte, che già è l’esperien- za massima della solitudine, vissuta nel più totale isolamento, ermetico, asettico. Il corpo come grande as- sente. Questo forse il dolore mag- giore di tutti, davanti al quale è difficile trovare le parole al punto da sembrare quasi insensato. Altri due aspetti di questa particolare pandemia, che purtroppo non è poi così “particolare” visto che la storia dell’umanità può essere letta come un susseguirsi di epidemie, pestilenze più o meno devastanti e come la reazione che l’uomo ha sa- puto organizzare nel corso degli ul- timi millenni, facendo indubbiamen- te grandi progressi, meritano lo spa- zio di una pausa utile per riflettere. Un male asintomatico Il primo aspetto è quello relativo al fatto che il covid-19 manifesta spesso il carattere della asintomati- cità. Si manifesta a-sintomatico, cioè si manifesta nel suo non mani- festarsi. È un virus infido, subdolo che si insinua nell’organismo (in quello della singola persona e quindi dell’intera società) senza da- re segni, senza che nessuno se ne accorga, per il malato che si sente bene, pensa di stare bene ma in realtà sta male. È un aspetto inte- ressante se lo applichiamo alla di- mensione morale e psicologica. Nella Bibbia leggiamo che il Mali- gno è uno spirito che agisce so- prattutto ingannando, usando la menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “bene” ciò che è male e viceversa. Come un lento piano in- clinato che conduce ad un intorpi- dimento di quel “sensore” che è la coscienza per cui non percepiamo più il suo segnale e non reagiamo più di fronte ai suoi “sintomi”. Il male quindi si presenta spesso asintomatico, ci convince che è ne- cessario farlo, perché in realtà ci conduce al bene (il nostro). Gesù nel Vangelo si scontra spesso con- tro la mentalità di chi si crede a posto, di essere (nel) giusto, di chi è arrivato ad un livello così dram- matico di “asintomaticità” che l’unica cura possibile è quella di una scossa benefica alle radici. E quindi per svegliare dal “torpore” usa parole anche molto dure e aspre come “ipocriti, sepolcri im- biancati, guide cieche...”. Papa Francesco ha spesso predi- cato in tal senso distinguendo tra il peccatore e il corrotto: il primo ha ancora attivo il “senso” del pecca- to, sente il morso del male che compie, per lui il male è ancora sintomatico. Non così il corrotto. Quest’ultimo ha spento, tagliato i nervi sensibili, non sente più nulla ed è convinto di fare il bene, di coincidere quasi con il bene stesso. Viene in mente una battuta dello scrittore inglese C.S. Lewis: «Se è inevitabile avere un tiranno, “un barone ladrone” è assai meglio di un inquisitore. La crudeltà del ba- rone può talvolta assopirsi, la sua cupidigia saziarsi; e poiché intuisce confusamente di far male, potrebbe anche pentirsi. Ma l’inquisitore, che scambia la propria crudeltà e sete di potenza e di terrore con la voce celeste, ci tormenterà all’infi- nito perché ci tormenta con l’ap- provazione della propria coscienza, e i suoi impulsi migliori gli appari- ranno come tentazioni». Paradossalmente questo virus asintomatico ha sviluppato un ef- fetto di segno opposto, ha rivelato cioè una situazione che si era già affermata e consolidata da anni, ci ha fatto cioè notare che, come ha detto il Papa, noi eravamo già am- malati ma, appunto, non ce ne ac- corgevamo. La sera del 27 marzo, da solo in piazza San Pietro, Fran- cesco lo ha detto chiaramente: il nostro mondo era già ammalato. Le ingiustizie, le diseguaglianze, gli abusi e gli sprechi, il delirio di onnipotenza della scienza e della tecnica, erano tutti mali già presen- ti nella società contemporanea, una società in cui la grande solitudine delle persone, soprattutto di quelle socialmente più fragili, era la cifra dominante. Il covid-19 costringen- doci all’isolamento, spietato e dolo- roso, ha solo rivelato e fatto emer- gere il vero virus che attanaglia, non dal 2020 ma da sempre, il cuo- re dell’uomo: l’egoismo di chi vive solo per “tenere la propria vita” an- ziché donarla per gli altri. Il male asintomatico di questo virus è stato il grande sintomo che ha fatto fer- mare per un po’ di tempo (e spe- la buona notizia Il Vangelo della XIV Domenica del Tempo ordinario (Matteo 11, 25-30) Il “luogo” dell’esistenza cristiana CONTINUA A PAGINA 8 NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 9 Messaggio alla Catholic Press Association Uniti contro razzismo e ingiustizia PAGINA 8 Lettera della Congregazione per la dottrina della fede L’eutanasia atto inammissibile PAGINA 8 Pontifica Accademia delle scienze Per una difesa responsabile della biodiversità PAGINA 3 Dante e i Papi Leone XIII GABRIELLA M. DI PAOLA DOLLORENZO A PAGINA 4 A 165 anni dalla morte di Antonio Rosmini MICHELE GIULIO MASCIARELLI E ROBERTO CUTAIA A PAGINA 5 La Chiesa nell’Asia centrale in tempo di pandemia Sostenuti dal Vangelo e dalla speranza PAOLO AFFATATO A PAGINA 6 ALLINTERNO La sfida africana della terza età GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 Papa Francesco celebra nella basilica vaticana la solennità dei santi Pietro e Paolo Unità e profezia per una Chiesa rinnovata Nella comunità dei credenti «c’è sempre chi distrugge l’unità e chi spegne la profezia»; ma il Signore chiama ciascuno a lasciarsi «provo- care da Gesù» per trovare il corag- gio di diventare «pietre vive con cui costruire una Chiesa e un’umanità rinnovate». Lo ha detto Papa Fran- cesco all’omelia della messa della so- lennità dei santi Pietro e Paolo, cele- brata nella mattina di lunedì 29 giu- gno, nella basilica Vaticana, alla pre- senza di un piccolo gruppo di fedeli, nel rispetto delle misure di sicurezza adottate a causa della pandemia. Proprio per questo motivo il Ponte- fice, contrariamente agli anni scorsi, non ha potuto personalmente conse- gnare il pallio ai cinquantaquattro metropoliti nominati nell’ultimo an- no, ma li ha simbolicamente affidati al cardinale Re, decano del Collegio cardinalizio. Unità e profezia sono state ap- punto le due «parole-chiave» scelte dal Papa per la sua riflessione. Ri- chiamando l’esperienza della Chiesa delle origini, Francesco ha ricordato che di fronte alle persecuzioni i cri- stiani pregavano e nessuno di loro si lamentava degli altri. Da qui l’invito a chiedere «la grazia di saper prega- re gli uni per gli altri», in particolare per i governanti. «Dio — ha afferma- to il Pontefice — si attende che quando preghiamo ci ricordiamo an- che di chi non la pensa come noi, di chi ci ha chiuso la porta in faccia, di chi fatichiamo a perdonare». Perché «solo la preghiera scioglie le catene, come a Pietro; solo la preghiera spiana la via all’unità». Dopo aver rivolto un pensiero all’«amato fratello Bartolomeo» — a causa della pandemia la delegazione del Patriarcato ecumenico non ha potuto partecipare, com’è consuetu- dine, alla celebrazione dei santi Pie- tro e Paolo — Francesco ha rimarca- to la necessità della «profezia vera» per la Chiesa: oggi infatti c’è biso- gno «non di parolai che promettono l’impossibile, ma di testimonianze che il Vangelo è possibile». Questa, ha insistito, è «la profezia che cam- bia la storia». Anche all’Angelus, recitato succes- sivamente con i fedeli in piazza San Pietro, il Pontefice ha richiamato il senso della solennità dei patroni di Roma, rivolgendo un particolare pensiero agli anziani abbandonati e auspicando che ciascuno nell’Urbe «possa vivere con dignità e possa in- contrare la lieta testimonianza del Vangelo». Durante la preghiera mariana del giorno precedente il Papa aveva espresso le sue preoccupazioni per la Siria, con l’invito a trovare soluzioni di pace per le popolazioni dell’intera regione. Il pensiero di Francesco era andato anche ai bambini dello Ye- men, colpito da una «gravissima cri- si umanitaria», e all’Ucraina occi- dentale messa in ginocchio da forti alluvioni. PAGINE 9 E 10 Il vice premier apre al possibile rinvio del piano di annessioni dei Territori Gantz si smarca da Netanyahu TEL AVIV, 30. «La data del primo luglio non è sacra». Queste le parole usate dal ministro delle difesa e vice ministro israeliano Benny Gantz parlando ieri con Avi Berkowitz, l’inviato speciale del presidente statunitense Donald Trump in medio oriente. Parole che sono state interpretate dalla stampa come una «sfida» al premier e alleato di governo Benjamin Netanyahu che ha an- nunciato per il primo luglio l’avvio del piano di annes- sioni unilaterali di parti dei Territori palestinesi. Gantz — dicono fonti di stampa — sarebbe propenso a rinvia- re l’applicazione del piano. Inoltre, vi sarebbero «aper- ti dissensi» — secondo la stampa — fra i dirigenti israe- liani circa la opportunità e le dimensioni delle annes- sioni, che sono collegate al piano di pace proposto dall’amministrazione Usa. Da segnalare, intanto, l’intervento dell’alto commis- sario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet. In una dichiarazione rilasciata ieri a Ginevra, Bachelet ha detto che «il piano di annessioni israeliano è totalmen- te illegale». Le «onde d’urto» del piano «dureranno per decenni» e avranno un impatto non solo sui pale- stinesi ma sull’intera regione. E questo riguarda «qual- siasi annessione, sia che si tratti del 30% della Cisgior- dania, sia che si tratti del 5%». Dura la replica del mi- nistero degli esteri israeliano, che ha definito la dichia- razione di Bachelet «politicizzata e parziale». di CARLO DE MARCHI T ra le promesse esplicite di Gesù ce n’è una particolarmente consolante: «Troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11, 29). Si tratta della risposta a uno dei nostri desideri più profondi, che spesso si trova alla base di una certa stanchezza e insoddisfa- zione che sentiamo senza capirne bene il motivo. A volte ci trovia- mo ad affrontare problemi grandi e drammatici, come è successo a molti nei tempi più acuti della pandemia o nell’attuale incertezza e instabilità che si respira dentro e intorno alle nostre case. Ma anche quando la situazione esterna non è così problematica, spesso abbia- mo una sensazione di malessere e oppressione che si riassume in due frasi: “qui non sto bene” e “adesso non ho tempo”. Qui, cioè a casa mia, nel mio attuale lavoro, in mezzo ai vincoli che mi tengo- no bloccato e mi impediscono di andare altrove, dove penso che vivrei meglio. E adesso, cioè prima di questa scadenza che mi ango- scia, in questa stagione troppo calda, in questo periodo in cui non ho mai tempo per me e, quando finalmente lo trovo, mi viene mal di testa… «Non si è mai contenti dove si sta», dice il controllore al Piccolo Principe che si domanda dove vadano i passeggeri sui treni che sfrecciano senza sosta. Gesù sembra rispondere proprio a questo bisogno che ognuno sente nel profondo del cuore, quando dice: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28). Non siamo abituati a pensare che a Dio stia a cuore il nostro riposo, co- me se la vita secondo il Vangelo fosse «una sorta di “ginnastica” di santità, qualcosa che le persone normali non riescono a fare», come disse una volta Ratzinger, mettendo in luce il frequente malinteso legato alla parola “eroico”, come se Dio pretendesse dalle sue crea- ture una prestazione impeccabile: «Virtù eroica propriamente non significa che uno ha fatto grandi cose da sé, ma che nella sua vita appaiono realtà che non ha fatto lui, perché lui è stato trasparente e disponibile per l’opera di Dio». È proprio il Creatore che ci ha insegnato che il bisogno di ripo- so è nel cuore della realtà, e l’ha fatto dedicando al riposo un inte- ro giorno dei sette che hanno scandito la creazione. A Dio non in- teressa tanto la nostra efficienza quanto la nostra gioia, qui e ades- so. L’invito di Gesù è duplice: «Venite», come a dire che il ristoro promesso lo troveremo insieme alle persone che abbiamo intorno a noi. I vincoli familiari, professionali e amicali non soltanto non so- no ostacoli per la nostra gioia, ma sono l’unico luogo dove potre- mo mai trovarla. E «prendete il mio giogo sopra di voi»: nel mo- mento in cui smetterai di subire i vincoli che hai e ti deciderai ad accoglierli, anzi a sceglierli con amore, ti accorgerai che «il mio giogo è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 29). E i doveri che ti opprimono diventano più sostenibili, il luogo dove ti trovi più abi- tabile, il tempo più riposato. «È la vita ordinaria il vero “luogo” della vostra esistenza cristiana», insegna san Josemaría Escrivá: «Lì dove sono gli uomini vostri fratelli, lì dove sono le vostre aspirazio- ni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il po- sto del vostro quotidiano incontro con Cristo». Abbiamo bisogno di riscoprire che il Creatore vuole riposare con ognuno dei suoi figli, lì dove si trovano adesso, uno per uno e tutti insieme. Perché Dio è Padre di tutte le «cose create». E quando in- vece il luogo dove siamo ci sembra diventare una prigione, forse abbiamo bisogno di rivolgerci alla Madre di Dio che, come insegna sant’Anselmo, è «Madre delle cose ricreate». La Madonna è capa- ce, in ogni luogo e in ogni momento, con la sua sensibilità femmi- nile e materna, di farci ritrovare la via della ricreazione e della fidu- cia nel Padre.

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 147 (48.471) Città del Vaticano martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

.

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Riflessioni di un giorno di mezzo anno

Il tempo che stiamo vivendotra rischi e speranze

di ANDREA MONDA

La prima metà di questo anno2020 sta passando ed è forseun momento buono per fare

il punto, raccogliere le idee. Saràche ogni anno, allo scadere del me-se di giugno, la comunità de«L’Osservatore Romano» senteparticolarmente questo passaggio,visto che il primo di luglio del 1861è la data in cui i documenti e glistorici ricordano la nascita di que-sto quotidiano e quindi anche og-gi, “vecchi” di 159 anni, sentiamodi fermare per un attimo la corsadel tempo per guardare in entram-be le direzioni, indietro e avanti, eprovare a dire qualcosa, tracciareun bilancio, indicare una prospetti-va. Non fosse altro per ringraziare.

Siamo arrivati a questa data enon è qualcosa di scontato, soprat-tutto in un anno come questo cheè già passato alla storia come l’an-no della pandemia da coronavirus.La riflessione quindi oggi sarà tuttaincentrata non sulla lunga storiadel quotidiano, per questo possia-mo rinviare all’anno prossimo (an-niversario più “ro t o n d o ”), ma sulperiodo, più breve ma molto inten-so, di questo primo semestre delpresente anno. Un periodo pur-troppo contrassegnato duramentedal segno della morte, anzi deimorti. Perché “la morte” rischia didiventare un “tema” di cui parlare,giacché “si muore”, ma i morti, contanto di nome e di volto, sonoun’altra cosa, sono persone, sonostorie. Più di trentamila in Italiasono i morti dall’inizio della pan-demia e grande è la paura di un ri-torno, di un “rimbalzo” del conta-gio. Terribile, su tutti gli aspetticollegati con il covid-19, è statodetto e ripetuto spesso in questesettimane, è che queste persone so-no morte quasi sempre da sole, ab-bandonate per motivi di “s i c u re z -za”. La morte, che già è l’esp erien-za massima della solitudine, vissutanel più totale isolamento, ermetico,asettico. Il corpo come grande as-sente. Questo forse il dolore mag-giore di tutti, davanti al quale èdifficile trovare le parole al puntoda sembrare quasi insensato. Altridue aspetti di questa particolarepandemia, che purtroppo non èpoi così “p a r t i c o l a re ” visto che lastoria dell’umanità può essere lettacome un susseguirsi di epidemie,pestilenze più o meno devastanti ecome la reazione che l’uomo ha sa-puto organizzare nel corso degli ul-

timi millenni, facendo indubbiamen-te grandi progressi, meritano lo spa-zio di una pausa utile per riflettere.

Un male asintomaticoIl primo aspetto è quello relativo

al fatto che il covid-19 manifestaspesso il carattere della asintomati-cità. Si manifesta a-sintomatico,cioè si manifesta nel suo non mani-festarsi. È un virus infido, subdoloche si insinua nell’organismo (inquello della singola persona equindi dell’intera società) senza da-re segni, senza che nessuno se neaccorga, per il malato che si sentebene, pensa di stare bene ma inrealtà sta male. È un aspetto inte-ressante se lo applichiamo alla di-mensione morale e psicologica.Nella Bibbia leggiamo che il Mali-gno è uno spirito che agisce so-prattutto ingannando, usando lamenzogna come arma. Cioè fa sìche l’uomo non chiami più le cosecon il loro nome, ma finisca perchiamare “b ene” ciò che è male eviceversa. Come un lento piano in-clinato che conduce ad un intorpi-dimento di quel “s e n s o re ” che è lacoscienza per cui non percepiamopiù il suo segnale e non reagiamopiù di fronte ai suoi “sintomi”.

Il male quindi si presenta spessoasintomatico, ci convince che è ne-cessario farlo, perché in realtà ciconduce al bene (il nostro). Gesùnel Vangelo si scontra spesso con-tro la mentalità di chi si crede aposto, di essere (nel) giusto, di chiè arrivato ad un livello così dram-matico di “asintomaticità” chel’unica cura possibile è quella diuna scossa benefica alle radici. Equindi per svegliare dal “torp ore”usa parole anche molto dure easpre come “ipocriti, sepolcri im-biancati, guide cieche...”.

Papa Francesco ha spesso predi-cato in tal senso distinguendo tra ilpeccatore e il corrotto: il primo haancora attivo il “senso” del pecca-to, sente il morso del male checompie, per lui il male è ancorasintomatico. Non così il corrotto.Quest’ultimo ha spento, tagliato inervi sensibili, non sente più nullaed è convinto di fare il bene, dicoincidere quasi con il bene stesso.Viene in mente una battuta delloscrittore inglese C.S. Lewis: «Se èinevitabile avere un tiranno, “unbarone ladrone” è assai meglio diun inquisitore. La crudeltà del ba-rone può talvolta assopirsi, la suacupidigia saziarsi; e poiché intuisceconfusamente di far male, potrebbeanche pentirsi. Ma l’i n q u i s i t o re ,che scambia la propria crudeltà esete di potenza e di terrore con lavoce celeste, ci tormenterà all’infi-nito perché ci tormenta con l’ap-provazione della propria coscienza,e i suoi impulsi migliori gli appari-ranno come tentazioni».

Paradossalmente questo virusasintomatico ha sviluppato un ef-fetto di segno opposto, ha rivelatocioè una situazione che si era giàaffermata e consolidata da anni, ciha fatto cioè notare che, come hadetto il Papa, noi eravamo già am-malati ma, appunto, non ce ne ac-corgevamo. La sera del 27 marzo,da solo in piazza San Pietro, Fran-cesco lo ha detto chiaramente: ilnostro mondo era già ammalato.Le ingiustizie, le diseguaglianze,gli abusi e gli sprechi, il delirio dionnipotenza della scienza e dellatecnica, erano tutti mali già presen-ti nella società contemporanea, unasocietà in cui la grande solitudinedelle persone, soprattutto di quellesocialmente più fragili, era la cifradominante. Il covid-19 costringen-doci all’isolamento, spietato e dolo-roso, ha solo rivelato e fatto emer-gere il vero virus che attanaglia,non dal 2020 ma da sempre, il cuo-re dell’uomo: l’egoismo di chi vivesolo per “tenere la propria vita” an-ziché donarla per gli altri. Il maleasintomatico di questo virus è statoil grande sintomo che ha fatto fer-mare per un po’ di tempo (e spe-

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izia Il Vangelo della XIV Domenica del Tempo ordinario (Matteo 11, 25-30)

Il “luogo” dell’esistenza cristiana

CO N T I N UA A PA G I N A 8

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 9

Me s s a g g i oalla Catholic Press Association

Uniti contro razzismoe ingiustizia

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Lettera della Congregazioneper la dottrina della fede

L’eutanasiaatto inammissibile

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Pontifica Accademia delle scienze

Per una difesaresp onsabiledella biodiversità

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Dante e i Papi

Leone XIII

GABRIELLA M. DI PAOLA DOLLORENZOA PA G I N A 4

A 165 anni dalla mortedi Antonio Rosmini

MICHELE GIULIO MASCIARELLIE ROBERTO CU TA I A A PA G I N A 5

La Chiesa nell’Asia centralein tempo di pandemia

Sostenuti dal Vangeloe dalla speranza

PAOLO AF FATAT O A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

La sfida africanadella terza età

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

Papa Francesco celebra nella basilica vaticana la solennità dei santi Pietro e Paolo

Unità e profeziaper una Chiesa rinnovata

Nella comunità dei credenti «c’èsempre chi distrugge l’unità e chispegne la profezia»; ma il Signorechiama ciascuno a lasciarsi «provo-care da Gesù» per trovare il corag-gio di diventare «pietre vive con cuicostruire una Chiesa e un’umanitàrinnovate». Lo ha detto Papa Fran-cesco all’omelia della messa della so-lennità dei santi Pietro e Paolo, cele-brata nella mattina di lunedì 29 giu-gno, nella basilica Vaticana, alla pre-senza di un piccolo gruppo di fedeli,nel rispetto delle misure di sicurezzaadottate a causa della pandemia.Proprio per questo motivo il Ponte-fice, contrariamente agli anni scorsi,non ha potuto personalmente conse-gnare il pallio ai cinquantaquattrometropoliti nominati nell’ultimo an-no, ma li ha simbolicamente affidatial cardinale Re, decano del Collegioc a rd i n a l i z i o .

Unità e profezia sono state ap-punto le due «parole-chiave» sceltedal Papa per la sua riflessione. Ri-chiamando l’esperienza della Chiesa

delle origini, Francesco ha ricordatoche di fronte alle persecuzioni i cri-stiani pregavano e nessuno di loro silamentava degli altri. Da qui l’invitoa chiedere «la grazia di saper prega-re gli uni per gli altri», in particolare

per i governanti. «Dio — ha afferma-to il Pontefice — si attende chequando preghiamo ci ricordiamo an-che di chi non la pensa come noi, dichi ci ha chiuso la porta in faccia, dichi fatichiamo a perdonare». Perché

«solo la preghiera scioglie le catene,come a Pietro; solo la preghieraspiana la via all’unità».

Dopo aver rivolto un pensieroall’«amato fratello Bartolomeo» — acausa della pandemia la delegazionedel Patriarcato ecumenico non hapotuto partecipare, com’è consuetu-dine, alla celebrazione dei santi Pie-tro e Paolo — Francesco ha rimarca-to la necessità della «profezia vera»per la Chiesa: oggi infatti c’è biso-gno «non di parolai che promettonol’impossibile, ma di testimonianzeche il Vangelo è possibile». Questa,ha insistito, è «la profezia che cam-bia la storia».

Anche all’Angelus, recitato succes-sivamente con i fedeli in piazza SanPietro, il Pontefice ha richiamato ilsenso della solennità dei patroni diRoma, rivolgendo un particolarepensiero agli anziani abbandonati eauspicando che ciascuno nell’Urb e«possa vivere con dignità e possa in-contrare la lieta testimonianza delVa n g e l o » .

Durante la preghiera mariana delgiorno precedente il Papa avevaespresso le sue preoccupazioni per laSiria, con l’invito a trovare soluzionidi pace per le popolazioni dell’interaregione. Il pensiero di Francesco eraandato anche ai bambini dello Ye-men, colpito da una «gravissima cri-si umanitaria», e all’Ucraina occi-dentale messa in ginocchio da fortialluvioni.

PAGINE 9 E 10

Il vice premier apre al possibile rinvio del piano di annessioni dei Territori

Gantz si smarca da NetanyahuTEL AV I V, 30. «La data del primo luglio non è sacra».Queste le parole usate dal ministro delle difesa e viceministro israeliano Benny Gantz parlando ieri con AviBerkowitz, l’inviato speciale del presidente statunitenseDonald Trump in medio oriente. Parole che sono stateinterpretate dalla stampa come una «sfida» al premiere alleato di governo Benjamin Netanyahu che ha an-nunciato per il primo luglio l’avvio del piano di annes-sioni unilaterali di parti dei Territori palestinesi. Gantz— dicono fonti di stampa — sarebbe propenso a rinvia-re l’applicazione del piano. Inoltre, vi sarebbero «aper-ti dissensi» — secondo la stampa — fra i dirigenti israe-liani circa la opportunità e le dimensioni delle annes-

sioni, che sono collegate al piano di pace propostodall’amministrazione Usa.

Da segnalare, intanto, l’intervento dell’alto commis-sario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet. Inuna dichiarazione rilasciata ieri a Ginevra, Bachelet hadetto che «il piano di annessioni israeliano è totalmen-te illegale». Le «onde d’urto» del piano «durerannoper decenni» e avranno un impatto non solo sui pale-stinesi ma sull’intera regione. E questo riguarda «qual-siasi annessione, sia che si tratti del 30% della Cisgior-dania, sia che si tratti del 5%». Dura la replica del mi-nistero degli esteri israeliano, che ha definito la dichia-razione di Bachelet «politicizzata e parziale».

di CARLO DE MARCHI

Tra le promesse esplicite di Gesù ce n’è una particolarmenteconsolante: «Troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11, 29).Si tratta della risposta a uno dei nostri desideri più profondi,

che spesso si trova alla base di una certa stanchezza e insoddisfa-zione che sentiamo senza capirne bene il motivo. A volte ci trovia-mo ad affrontare problemi grandi e drammatici, come è successo amolti nei tempi più acuti della pandemia o nell’attuale incertezza einstabilità che si respira dentro e intorno alle nostre case. Ma anchequando la situazione esterna non è così problematica, spesso abbia-mo una sensazione di malessere e oppressione che si riassume indue frasi: “qui non sto bene” e “adesso non ho tempo”. Qui, cioè acasa mia, nel mio attuale lavoro, in mezzo ai vincoli che mi tengo-no bloccato e mi impediscono di andare altrove, dove penso chevivrei meglio. E adesso, cioè prima di questa scadenza che mi ango-scia, in questa stagione troppo calda, in questo periodo in cui nonho mai tempo per me e, quando finalmente lo trovo, mi viene maldi testa… «Non si è mai contenti dove si sta», dice il controllore alPiccolo Principe che si domanda dove vadano i passeggeri sui treniche sfrecciano senza sosta.

Gesù sembra rispondere proprio a questo bisogno che ognunosente nel profondo del cuore, quando dice: «Venite a me voi tuttiche siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28). Nonsiamo abituati a pensare che a Dio stia a cuore il nostro riposo, co-me se la vita secondo il Vangelo fosse «una sorta di “ginnastica” disantità, qualcosa che le persone normali non riescono a fare», comedisse una volta Ratzinger, mettendo in luce il frequente malintesolegato alla parola “e ro i c o ”, come se Dio pretendesse dalle sue crea-ture una prestazione impeccabile: «Virtù eroica propriamente non

significa che uno ha fatto grandi cose da sé, ma che nella sua vitaappaiono realtà che non ha fatto lui, perché lui è stato trasparentee disponibile per l’opera di Dio».

È proprio il Creatore che ci ha insegnato che il bisogno di ripo-so è nel cuore della realtà, e l’ha fatto dedicando al riposo un inte-ro giorno dei sette che hanno scandito la creazione. A Dio non in-teressa tanto la nostra efficienza quanto la nostra gioia, qui e ades-so. L’invito di Gesù è duplice: «Venite», come a dire che il ristoropromesso lo troveremo insieme alle persone che abbiamo intorno anoi. I vincoli familiari, professionali e amicali non soltanto non so-no ostacoli per la nostra gioia, ma sono l’unico luogo dove potre-mo mai trovarla. E «prendete il mio giogo sopra di voi»: nel mo-mento in cui smetterai di subire i vincoli che hai e ti deciderai adaccoglierli, anzi a sceglierli con amore, ti accorgerai che «il miogiogo è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 29). E i doveri che tiopprimono diventano più sostenibili, il luogo dove ti trovi più abi-tabile, il tempo più riposato. «È la vita ordinaria il vero “luogo”della vostra esistenza cristiana», insegna san Josemaría Escrivá: «Lìdove sono gli uomini vostri fratelli, lì dove sono le vostre aspirazio-ni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il po-sto del vostro quotidiano incontro con Cristo».

Abbiamo bisogno di riscoprire che il Creatore vuole riposare conognuno dei suoi figli, lì dove si trovano adesso, uno per uno e tuttiinsieme. Perché Dio è Padre di tutte le «cose create». E quando in-vece il luogo dove siamo ci sembra diventare una prigione, forseabbiamo bisogno di rivolgerci alla Madre di Dio che, come insegnasant’Anselmo, è «Madre delle cose ricreate». La Madonna è capa-ce, in ogni luogo e in ogni momento, con la sua sensibilità femmi-nile e materna, di farci ritrovare la via della ricreazione e della fidu-cia nel Padre.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

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La sfida africanadella terza età

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Per una difesa responsabiledella biodiversità

«Ogni anno scompaiono migliaiadi specie vegetali e animali che nonpotremo più conoscere, che i nostrifigli non potranno vedere, perseper sempre. La stragrande maggio-ranza si estingue per ragioni chehanno a che fare con qualche atti-vità umana. Per causa nostra, mi-gliaia di specie non daranno gloriaa Dio con la loro esistenza né po-tranno comunicarci il proprio mes-saggio. Non ne abbiamo il diritto».Le parole di Papa Francesco nellaLaudato si’ sono senza dubbio ilmigliore manifesto in difesa dellabiodiversità e la critica più acutadel modello attuale di società e divita.

Ispirandosi all’insegnamento delPapa, la Pontificia Accademia dellescienze animata dal suo cancelliere,il vescovo Marcelo Sánchez Soron-do, ha organizzato la conferenza«Scienza e azioni per la protezionedelle specie — Arche di Noè per ilXXI secolo» con la partecipazionedi partner internazionali provenien-ti da musei di storia naturale, giar-dini zoologici e orti botanici, inclu-so l’intervento di specialisti in pro-tezione della biodiversità e consu-lenti politici.

Il primo obiettivo della confe-renza è stato quello di lanciare l’al-larme sullo stato della biodiversitàsul nostro pianeta. «Si stima che,nei prossimi decenni, un quinto ditutte le forme di vita (a parte i bat-teri) sarà a rischio di estinzione.Entro la fine del XXI secolo potreb-be addirittura estinguersi la metàdelle specie, un buon 80 per centodelle quali è ancora scientificamen-te sconosciuta» si legge nella di-chiarazione finale della conferenza.«Il tasso di estinzione attuale è sti-mato a 1.000 volte il tasso storico,ed è in continuo aumento. Siamoovviamente consapevoli che l’estin-zione ha sempre fatto parte delprocesso evolutivo: oggi, tuttavia,non sono i processi naturali la cau-sa dominante della perdita di spe-cie. In questo momento storico, in-fatti, la causa principale dell’estin-zione delle specie e della perdita dibiodiversità sono le attività umane,soprattutto lo sfruttamento compe-titivo della terra e l’acqua, l’inqui-namento generato dall’uomo e leazioni che incidono sul clima esull’ambiente globale in generale».

I musei di storia naturale, i giar-dini zoologici e gli orti botanicipossono svolgere una funzione es-senziale nella denuncia di questostato di cose. «Le comunità mon-diali dei musei di storia naturale edei giardini zoologici — si leggeancora nella dichiarazione — svol-gono un’attività catalizzatrice e si-gnificativa nella spinta globale ver-so la protezione delle specie e laconservazione della natura. Il no-stro comune interesse e il nostroruolo di amministratori delle cono-scenze e del patrimonio naturale ciportano a preservare le specie mi-nacciate sia dalla distruzione am-bientale causata dall’uomo, sia daicambiamenti climatici».

Tuttavia, l’azione culturale e lapreservazione del mondo naturalepotrebbero non bastare. Se oggi laprima minaccia alla biodiversità èl’essere umano, occorre cambiare lostile di vita e i modelli di consumodelle nostre società. Questa missio-

ne è inevitabile. «Occorre — si sot-tolinea nella dichiarazione finale —un cambiamento sociale radicale,che comprenda una riduzionedell’impronta ecologica e modellidi consumo più consapevoli. L’usodi combustibili fossili, lo sprecoalimentare, i cambiamenti nella de-stinazione del suolo e la deforesta-zione sono, infatti, i principali mo-tori dei cambiamenti climatici cheportano alla perdita di biodiversitàe all’estinzione delle specie» Perquesto motivo, tali modelli di com-portamento sociale vanno comple-tamente rivisti. «I nostri sistemieconomici devono diventare circo-lari su base biologica per crearemeno conflitti tra umanità e natu-ra. Per poter mettere in atto unabioeconomia sostenibile, adeguataalle circostanze locali, scienza e in-novazione devono andare di paripasso ad una sana governance e aincentivi per l’industria e l’agricol-tura».

Nella dichiarazione si esprime lapiena disponibilità alla collabora-zione internazionale per favorireun approccio responsabile alla que-stione ambientale su scala globale.«Riteniamo che la ConferenzaOnu sulla biodiversità (Cop15),prevista per il mese di ottobre 2020in Cina, rappresenti un’imp ortanteopportunità di azione a livello in-ternazionale. Infatti, la Convenzio-ne Onu sulla Diversità Biologica(Cbd) è dedicata alla promozionedello sviluppo sostenibile, avendocome obiettivo la salvaguardia del-la biodiversità (ecosistemi, specie erisorse genetiche), l’uso sostenibiledei suoi componenti e la condivi-sione equa e giusta dei benefici de-rivanti dall’uso delle risorse geneti-che, in particolare quelle destinateall’uso commerciale». La conven-zione, tuttavia, «non è stata finoraparticolarmente efficace, poiché dal1993, anno della sua entrata in vi-gore, è stato abbattuto circa unquarto delle foreste tropicali nelmondo. La minaccia reale è chequeste foreste possano sparire addi-rittura prima della fine del secolo.Ci auspichiamo, dunque, che laConvenzione post-2020 diventi piùambiziosa che in passato, in parti-colare nel facilitare la cooperazionetra nazioni, al fine di salvaguardareil più possibile, finché siamo anco-ra in tempo, la biodiversità esisten-te nel mondo».

Occorre lavorare a una soluzione politica duratura

Macron: la Francianon sostiene Haftar

Il presidente del Malawinomina il nuovo governoIl re Filippo del Belgio

chiede scusa per le ferite del colonialismo

«I n Africa ogni anziano chemuore è una biblioteca chebrucia». È una delle frasi

più celebri di Amadou Hampâté Bâ,scrittore, storico, poeta maliano. In-tellettuale, nell’accezione più ampiadel termine, grazie alle sue numero-

foss’altro perché ogni cultura ha isuoi punti di forza e i suoi punti didebolezza. Ecco che allora la tipolo-gia dei saperi che la ricerca antropo-logica è interessata a raccogliere inriferimento agli anziani è variegata,in un contesto territoriale, quellosubsahariano, vastissimo per dimen-sioni. Stiamo parlando dei saperidella vita, della manualità, delle mo-dalità di stare nel mondo che ogniindividuo possiede attraversoun’esperienza di vita prolungata ne-gli anni. Sta di fatto che la globaliz-zazione ha investito anche il conti-nente africano, condizionando ilruolo degli anziani che in alcuni casihanno perso molto del controllo sul-le risorse strategiche comunitarie, inquanto i giovani adulti hanno perse-guito le opzioni nei nuovi ordinieconomici e politici in cui ricchezza,prestigio e potere non dipendononecessariamente dagli anziani. Il si-stema educativo formale e le nuovetecnologie hanno in particolare mi-nato la rilevanza della conoscenzadegli anziani e ridotto il loro ruolodi guide sociali. Molte cose stannodunque cambiando, ma nell’immagi-nario africano un anziano è sempree comunque una persona degna dirispetto. Chi scrive ricorda moltobene una conversazione avuta annifa alla Kenyatta University di Nairo-bi con alcuni studenti che intende-vano sapere se fosse vero che gli an-ziani in Europa vengono rinchiusied abbandonati negli ospizi. La ri-sposta fu prudente e comunque, al-meno in parte, affermativa. A quelpunto la reazione non si fece atten-dere: «Ma come è possibile — escla-mò un giovane ricercatore — chel’uomo bianco sia sbarcato sulla Lu-na, abbia inventato le più assurdediavolerie tecnologiche di questomondo, e non sia capace di avere ri-spetto per i propri anziani!». Si levòuna sorta d’indignazione perché co-me recita un proverbio dell’etnia ka-niana Kamba «le parole di un anzia-no non cadono mai per terra». Ri-mane il fatto che l’Africa è in cresci-ta demografica progressiva. Secondoil Dipartimento per gli affari econo-

mici e sociali delle Nazioni Unite(Undesa) la popolazione africanapasserà da circa 1,3 miliardi del 2019ad almeno 2,4 miliardi prima del2030, rendendo il continente africa-no quello con l’incremento più rapi-do ed espansivo grazie al migliora-mento della salute e a una maggiorelongevità. E se da una parte è veroche oggi il 60 per cento della popo-lazione africana è sotto i 25 anni, siprevede un ciclo espansivo ancheper gli anziani. Attualmente in Afri-ca ci sono circa 66,6 milioni di per-

sone con un’età di 60 anni o supe-riore; entro il 2030 nel continente cisaranno 103 milioni di anziani, forsemolti di più. Non a caso durante il26° Summit dei Capi di Stato e diGoverno africani dell’Unione africa-na (Ua), tenutosi nel gennaio del2016 ad Addis Abeba (Etiopia), èstato adottato il Protocollo alla Car-ta africana sui diritti umani e deipopoli riguardo ai diritti degli an-ziani. Tra le molte questioni fonda-mentali, questo Protocollo chiede gliStati membri di adottare provvedi-menti legislativi e istituzionali pergarantire che gli anziani godano, adesempio, del diritto al reddito informa di pensione oppure altri prov-vedimenti di tutela sociale. Il cam-mino è comunque ancora lungo e ledifficoltà che l’economia continenta-le sta attraversando — soprattutto inquesta stagione segnata dal c o ro n a -v i ru s — rendono le riforme in moltiPaesi non certo facili. Inoltre, esisto-no delle difficoltà oggettive: nellezone rurali, dove i registri delle na-scite non sono accurati o non esisto-no del tutto, per determinare l’etàdegli anziani ci si riferisce normal-mente all’aspetto fisico nello stimarel’età delle persone; il colore dei ca-pelli, lo stato della vista e cose delgenere costituiscono un’indicazioneper definire quando una persona èormai vecchia. Comunque, andandoal di là di qualsivoglia pregiudiziosulla terza età, vale la pena sempre ecomunque riflettere su un proverbiodell’etnia Fang in Gabon: «Tuo pa-dre ha visto le formiche prima dite». Vale a dire, chi è venuto primadi noi, ci trasmette l’esperienza dellavita reale e non quella dei libri discuola o dei social. Sagge parole!

di GIULIO ALBANESE

se opere che ha consegnato ai poste-ri nel corso della sua intensa vita(1900-1991), Hampaté Bâ è semprestato convinto della centralitàdell’oralità nelle culture africane.D’altronde è proprio attraverso laparola “detta” che si trasmette tuttoil sapere antico, le conoscenze, lacosmogonia, la saggezza degli anzia-ni riuniti intorno al fuoco, con legiovani generazioni attente ai lororacconti. Un’autorevolezza che, adesempio, nella cultura del popoloLango del Nord Uganda si evincedalle modalità del governo comuni-tario, da tempi ancestrali di perti-nenza del collegio degli anziani (JoAd o n g o ), sotto la presidenza del lorocapo (Rwot Adwong). Da rilevare cheprima della conquista coloniale essiaffermavano lo stato di diritto senzache vi fosse la necessità di ricorreread un corpo di armati che tutelassela loro incolumità. Emblematica è latradizione dell’etnia Mossì del Bur-kina Faso secondo cui il potere(Naam) viene esercitato dagli anzia-ni come servizio, essendo manifesta-zione della parola degli antenati cheessi devono far rispettare; dunquenon un potere fine a se stesso. Unconcetto che nella tradizione oralein lingua Mooré, idioma dei Mossì,è entrato a pieno titolo nella narra-zione popolare. «Un giorno tre fra-telli si videro ciascuno consegnareuna bisaccia contenente il simbolodella loro futura vocazione. La bor-sa del primo fratello conteneva semidi miglio, ed egli infatti divenneagricoltore. La sacca del secondofratello racchiudeva del ferro, e que-sti divenne fabbro. La terza sporta,infine, non conteneva nulla: il terzofratello divenne dunque un capo».Non è un caso se proprio in questalingua Mooré, la parola “Nàaba” ab-bia il doppio significato di “cap o” edi “s e r v i t o re ”. Viene spontaneo do-mandarsi se ancora oggi nell’AfricaSubsahariana questa rappresentazio-ne degli anziani come depositari ecustodi della tradizione orale abbiaancora senso e significato. Indubbia-mente, in questo primo segmentodel Terzo Millennio le cose stannocambiando. Come afferma l’a n t ro -pologo Mario Aime, «nelle città irapporti stanno mutando, anchemolto rapidamente, e tra giovani eanziani le relazioni sono spesso am-bigue: da un lato si vuole spezzare ilcordone della tradizione, che lega igiovani al passato, dall’altro c’è unasorta di timore che la presunta mo-dernità delle realtà urbane non sem-bra avere cancellato». È evidenteche il ruolo degli anziani, guardan-do al passato e al presente, non puòcertamente essere idealizzato, non

TRIPOLI, 30. «La Francia non so-stiene Khalifa Haftar, ma fa di tut-to perché si arrivi ad una soluzionepolitica duratura della crisi libica».Lo ha dichiarato il presidente fran-cese Emmanuel Macron durante laconferenza stampa con il cancellieretedesco Angela Merkel, al castellodi Meseberg vicino Berlino. «Il no-stro obiettivo — ha affermato — èquello della pace e della stabilità».

«Nel luglio 2017 sono stato ilprimo a riunire insieme Fayez al-Serraj, premier del Governo di ac-cordo nazionale, e Haftar», ha ri-cordato il presidente francese.«Nella primavera del 2018 — spiega— per la prima volta tutte le partilibiche si ritrovarono per firmare aParigi» un documento incentratosulla prospettiva di organizzazionedelle elezioni nel Paese nordafrica-no. «La Francia — ribadisce — haquindi sempre mantenuto questoruolo. E se nell’aprile del 2019 Haf-tar ha deciso di avviare un’op era-zione militare l’ha fatto in totale di-saccordo con la Francia».

La crisi libica intanto non si pla-ca. Nei giorni scorsi, l’aviazione diHaftar — autoproclamato generaledell’Esercito nazionale libico — hacondotto raid aerei contro milizie

del governo libico a ovest di Sirte.«L’aviazione ha lanciato tre raidcontro milizie sostenute dalla Tur-chia» vicino «al ponte Sadadah aest della città di Misurata». Lo haannunciato la scorsa notte la pagi-na Facebook «Divisione informa-zione di guerra» delle forze di Haf-tar. Sirte, oltre ad essere il fulcrodello scontro tra le due parti, è an-che la porta verso i giacimenti dellaMezzaluna petrolifera libica.

E relativamente alla questionedel greggio, la compagnia petrolife-ra libica (Noc) ha confermato che«nelle ultime settimane» sono statiintrapresi «negoziati» fra il gover-no di Tripoli, la stessa Noc e im-precisati «Paesi della regione, sottola supervisione dell’Onu e degliStati Uniti», per porre fine al bloc-co delle esportazioni di petroliodalla Libia. Con implicito riferi-mento alla chiusura di impianti eterminal imposta fin da gennaio daforze legate a Haftar, la Noc si dice«determinata» a raggiungere un’in-tesa «che garantisca trasparenza»ed equa distribuzione dei proventidella vendita del greggio. Comenoto, Haftar sostiene che la Nocnella ripartizione dei proventi, fa-vorisca il governo di al-Serraj.

LILONGWE, 30. Il neo presidentedel Malawi, Lazarus Chakwera, hanominato i primi componenti delsuo gabinetto, dopo aver prestatogiuramento domenica in seguito al-la vittoria elettorale in cui ha otte-nuto quasi il 59% delle preferenze.Fra le nomine sei nuovi ministri etre alti funzionari. Al voto dellasettimana scorsa Chakwera ha bat-tuto il presidente uscente PeterMutharika, dopo 13 mesi di divisio-ne per le contestate elezioni del2019, il cui risultato è stato annul-lato dai tribunali. Felix Mlusu èstato nominato ministro delle Fi-

nanze, mentre la guida del ministe-ro della Giustizia e degli Affari co-stituzionali è andata a ModecaiMsiska. Quest’ultimo è stato a ca-po dei legali che hanno fatto ricor-so per irregolarità alla Corte costi-tuzionale dopo le elezioni di mag-gio. La Corte il 3 febbraio con unasentenza ha ordinato nuove elezio-ni entro 150 giorni dal verdetto,confermato anche dalla Corte su-prema cui ha fatto appello, con esi-to negativo, Mutharica. È la primavolta in cui una rielezione ha por-tato alla sconfitta del leader in cari-ca.

BRUXELLES, 30. Sono parole storichequelle pronunciate dal re Filippo delBelgio, il quale si è detto «profon-damente rammaricato per le ferite,la sofferenza e l’umiliazione» inflittedurante il periodo coloniale alla Re-pubblica Democratica del Congo.In una lettera indirizzata al presi-dente del Paese africano, Félix Tshi-sekedi, in occasione dei sessant’annidell’indipendenza, il sovrano belga— per la prima volta nella storia delPaese — ha scritto: «Ci tengo adesprimere il mio più profondo di-spiacere per le ferite del passato, il

cui dolore è oggi ravvivato dalle di-scriminazioni ancora presenti nellaso cietà».

È la prima volta che nel Paese unregnante riconosce la responsabilitàdella propria storia coloniale. Altempo dello Stato indipendente delCongo, quando il territorio era diproprietà non belga ma esclusiva dire Leopolo II, furono commessi attidi inaudita violenza e crudeltà «checontinuano a pesare sulla nostra me-moria collettiva», ha detto re Filip-po, che regna dal 2013.

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L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020 pagina 3

Merkel e Macron confermano il sostegno al Recovery Fund per il post-pandemia

Per l’Oms «il peggiodeve ancora arrivare»

A colloquio con Romolo Infusino, membro del direttivo scientifico dell’associazione Ambientevivo

Il tramonto del nucleareinizia dalla Francia

Teheran vuolearrestare Trumpper l’uccisionedi Soleimani

TEHERAN, 30. A quasi sei mesidall’uccisione del generale Qas-sem Soleimani in un raid a Ba-ghdad, Teheran chiede l’a r re s t odel presidente degli Stati UnitiDonald Trump. La procura diTeheran ha emesso ieri 36 man-dati di cattura contro cittadini diStati Uniti e altri Paesi ritenuti avario titolo responsabili del raid,chiedendo all’Interpol di emette-re un’allerta rossa per permetter-ne l’arresto e l’estradizione. «Ilpresidente Trump è in cima allalista e continuerà a essere perse-guito anche al termine del suomandato presidenziale» ha di-chiarato il procuratore di Tehe-ran, Ali Alqasi-Mehr. Le accusesono «omicidio» e «terrorismo»per aver ordinato, preparato o at-tuato l’uccisione di Soleimani.

GINEVRA, 30. Nuovo allarme del-l’Oms sul covid-19. «Il peggio deveancora arrivare. Mi dispiace dirlo,ma con questo ambiente e in questecondizioni, noi temiamo il peggio.Un mondo diviso aiuta il virus adiffondersi», ha detto ieri il diretto-re generale dell’O rganizzazionemondiale della sanità, Tedros Adha-nom Ghebreyesus, sottolineandoche «alcuni Paesi stanno adesso vi-vendo una ripresa dei casi dopo lariapertura delle loro economie e so-cietà».

Secondo il direttore generaledell’Oms, il covid-19 «ha ancoramolta libertà di movimento, la que-stione cruciale che tutti i Paesi af-fronteranno nei prossimi mesi è co-me vivere con questo virus: questa èla nuova normalità».

La pandemia, quindi, è ancoralontana dalla fine. «Nei prossimimesi — ha aggiunto Adhanom Ghe-breyesus — avremo bisogno di anco-ra più resilienza, pazienza e genero-sità», sottolineando che «a livelloglobale» i casi stanno crescendo. Inumeri, del resto, parlano chiaro: ilcovid-19 finora ha colpito 10 milionidi persone in tutto il mondo e neha uccise 502.000. Con un tasso diinfezioni raddoppiato dal 21 maggioed un milione di nuovi contagi inappena 6 giorni.

Intanto, sul piano politico, per laprima volta dall’inizio della crisi sa-nitaria — 6 mesi fa ci fu il primo al-larme di focolai di polmonite dallacausa sconosciuta in Cina —, il pre-sidente francese, Emmanuel Ma-cron, si è recato ieri in Germaniaper incontrare il cancelliere tedesco,Angela Merkel. L’emergenza virus èstato uno degli argomenti principaliin discussione. Francia e Germaniasono alcuni dei principali promotoridel Recovery fund, il piano per aiu-tare le economie dei Paesi europeipiù colpiti dal covid-19. «Non serve

un’altra proposta», hanno spiegato idue leader, affermando che il «Re-covery fund va chiuso a luglio».«Questa è l’assoluta priorità», haprecisato il presidente Macron,mentre anche da Bruxelles il presi-dente dell’Ue, Ursula von der Le-yen, ha insistito per un accordo pri-ma della pausa estiva.

E le eventuali modifiche che risul-teranno dal negoziato sulla propostadella Commissione dell’Ue (un fon-do da 750 miliardi di euro) non do-vranno compromettere la solidità de-gli interventi e del piano. «Per me èimportante che alla fine venga fuoridal dibattito uno strumento forte.Deve restare un fondo che aiuti, eche aiuti soprattutto i paesi più col-piti dalla crisi», ha scandito Merkel,alle prese dal 1° luglio con una deli-cata presidenza semestrale di turnodell’Unione europea.

Berlino e Parigi, hanno comun-que sottolineato che faranno ognisforzo per convincere i Paesi contra-ri al Recovery fund (soprattutto Au-stria, Danimarca, Paesi Bassi e Sve-zia) ad arrivare a un’intesa.

Tra gli altri temi del colloquio traMacron e Merkel — rilevano leagenzie di stampa internazionali —,anche le sfide climatiche e i grandidossier internazionali, come le mi-grazioni e la difficile situazione inLibia.

Protesta di Stati Uniti, Unione europea e Gran Bretagna

Hong Kong: varatala nuova legge sulla sicurezza

Tweet del Papa

L’imp egnodell’O nu

per la SiriaGINEVRA, 30. «Oggi si tiene laquarta Conferenza dell’Unioneeuropea e delle Nazioni Uniteper “sostenere il futuro della Si-ria e della regione”. Preghiamoper questo incontro, perché alprimo posto ci sia il bene dei po-poli, che hanno bisogno di cibo,di cure mediche, di scuole, di la-v o ro » . Così si è espresso PapaFrancesco in un tweet pubblicatosull’account twitter @Pontifex,nel ricordare l’importanza del-l’impegno dell’Onu a favore del-la popolazione siriana colpita dalconflitto.

L’obiettivo delle Nazioni Uniteè raccogliere quasi 10 miliardi didollari (3,8 miliardi per aiutiall’interno della Siria, 6,4 miliardiper i paesi che ospitano i rifugia-ti siriani). A prendere parte all’in-contro organizzato dall’Unioneeuropea saranno circa 60 agenziegovernative e non. In un rappor-to pubblicato la scorsa settimana,Bruxelles ha detto che l’annoscorso i donatori sono riusciti araccogliere 10 miliardi di dollaridistribuiti, oltre che alla Siria,anche a Turchia, Egitto, Iraq,Giordania, Libano (paesi limitro-fi che ospitano numeri ingenti dirifugiati siriani).

«Le necessità non sono maistate così grandi» ha commentatoCorinne Fleischer del Program-ma alimentare mondiale delleNazioni Unite. I numeri parlanoda soli: in Siria, secondo l’O nu,più di 11 milioni di persone han-no bisogno di aiuto e protezione.Senza poi dimenticarsi che 6,6milioni sono scappati fuori dalPaese. A più di 9,3 milioni di si-riani manca cibo adeguato e lasituazione umanitaria potrebbepeggiorare a causa del coronavi-rus. Uno studio del Programmaalimentare mondiale mostra infat-ti come la crisi economica e lemisure di lockdown imposte perfrenare la diffusione del covid-19abbiano portato ad un aumentovertiginoso dei prezzi del cibo, avolte persino 200 volte più alti ri-spetto allo scorso anno.

Successo dei Verdinelle municipali

francesiPARIGI, 30. Il partito ecologistadei Verdi, Europe Ecologie-LesVerts (Eelv), ha vinto nelle princi-pali città della Francia in cui, do-menica 28 giugno, si è svolto il se-condo turno delle elezioni munici-pali. La formazione ecologista havinto in centri come Lione, Borde-aux, Strasburgo, Poitiers, Besan-çon e, contro ogni aspettativa aMarsiglia. Il partito del presidenteMacron è uscito sconfitto in moltecittà. Si è affermato a Le Havre,dove presentava il primo ministroPhilippe. Macron ha commentatodicendosi «preoccupato» per l’altaastensione (superiore al 60 percento) e annunciando una svoltapolitica ecologista, con un referen-dum per inserire i principi am-bientali nella Costituzione. A Pari-gi si è confermata Anne Hidalgo.

P re s i d e n z i a l iin Polonia:

sarà ballottaggio

Il capo esecutivo di Hong Kong Carrie Lam (Reuters)

HONG KONG, 30. La Cina ha appro-vato oggi la nuova legge sulla sicu-rezza nazionale per Hong Kong. Loriportano i media dell’ex colonia bri-tannica, riferendo i lavori del Comi-tato permanente del Congresso na-zionale del popolo, ramo legislativodel Parlamento di Pechino. Il voto,secondo Cable Tv, è maturatoall’unanimità.

La mossa — vista come una strettaall’ampia autonomia di Hong Kongprevista al momento del passaggiodella città dalla sovranità di Londraa quella di Pechino — ha causato ladura opposizione di Stati Uniti,Unione europea e Gran Bretagna.

Per la Cina, la nuova legge pren-derà di mira solo un piccolo gruppodi persone, avendo lo scopo di col-pire separatismo, sovversione, terro-rismo e interferenze straniere e pun-tando a riportare l’ordine a HongKong, dopo un anno di aspri e vio-lenti scontri. Il capo Esecutivodell’ex colonia britannica, CarrieLam, ha affermato di ritenere «nonappropriato in questo momentocommentare qualsiasi tema legato al-la legge sulla sicurezza nazionale».

Da Washington, il segretario diStato americano, Mike Pompeo, haannunciato che gli Stati Uniti mette-ranno fine all’export di materialebellico verso Hong Kong. «Nonpossiamo più sapere in che mani fi-nisce questo materiale», ha detto.

VA R S AV I A , 30. Sarà necessario ilballottaggio in Polonia per decre-tare il nuovo presidente che gui-derà il Paese nei prossimi 5 anni.Nel primo turno delle elezionipresidenziali, svoltosi domenica 28giugno con un’affluenza recordsuperiore al 64 per cento, il presi-dente uscente, Andrzej Duda, so-stenuto dai conservatori al potere,non è andato oltre il 43,5% deiconsensi. Domenica 12 luglio do-vrà vedersela con Rafal Trzasko-wski, sindaco di Varsavia e leaderdel partito liberale Piattaforma Ci-vica, che ha ottenuto il 30,46% deivoti. Il ballottaggio dipenderà daquale direzione prenderanno lepreferenze raccolte al primo turnodal giornalista cattolico SzymonHolownia (13,87%), e dal naziona-lista Ryszard Bosak (6,78%).

di FAU S TA SPERANZA

Mentre in Francia i Verdi as-saporano il trionfo alle mu-nicipali, segnato dal secon-

do turno tenutosi domenica scorsa,chiude la centrale simbolo del nu-cleare in Francia e si discute sui ri-schi dell’impianto attualmente piùimportante d’Europa, con sede sem-pre in territorio francese a Graveli-nes. Si tratta dell’inizio di una nuo-va era, e non solo politica, ma a benguardare il declino del nucleare èsegnato più da motivi economiciche da ragioni ecologiste, come cispiega nella nostra intervista Romo-lo Infusino, già ricercatore dell’Eneae attuale membro del direttivoscientifico dell’associazione Ambien-tevivo, sottolineando che è tempo dinuove scommesse. Resta la sfidadelle sfide indicata da Papa France-sco: una tecnologia a dimensioneumana.

Il successo senza precedenti deileader ecologisti segna un cambio disensibilità, che bisognerà valutarequanto legato all’allarme pandemia.In ogni caso, la percezione dell’ur-genza di ripensare il rapporto trauomo e natura, come invocato cin-que anni fa dall’enciclica di PapaFrancesco Laudato si’, sembra farsistrada un po’ ovunque.

Proprio due giorni dopo il voto,con una di quelle combinazioni chela storia regala — le municipali in-fatti si sarebbero svolte ad aprile senon ci fosse stato il lockdown — laFrancia assiste alla seconda opera-zione, dopo quella di febbraio, de-stinata a chiudere l’impianto per laproduzione di energia nucleare piùemblematico del Paese: la strutturadi Fessenheim, in Alsazia, con duereattori PWR da 880 MW ognuno, idue più vecchi finora funzionantinel Paese. E solo pochi giorni fa èarrivato l’avvertimento per l’impian-to in piena funzione di Gravelines,nella regione di Hauts-de-France. Èstata definita «a rischio esplosionidi origini esterne». È stata l’autoritàfrancese di sicurezza nucleare (Asn)ad avvertire la Edf Energy, che ge-stisce l’impianto, del fatto che unpotenziale incendio al vicino termi-nal del gas di Dunkerque, o su unanave che trasporti gas in mare nellevicinanze, potrebbe compromettere imeccanismi di raffreddamento dellacentrale nucleare, portare al suo sur-riscaldamento e scatenare un disa-stro. Il richiamo è a proteggere me-glio i reattori che devono essere resi«in grado di far fronte a un’esplo-sione esterna ad alta intensità». Unavvertimento del genere era già sta-to fatto nel 2015. Ci si chiede comesi esprimeranno i candidati ecologi-sti che hanno conquistato grandicittà come Lione, Bordeaux e Stra-sburgo, ma hanno vinto di fatto an-che a Parigi e Marsiglia, seppure inmodo indiretto imponendosi in ac-cordi di governo.

In ogni caso, sembra proprio sidebba parlare di tramonto del nu-cleare, che ha fatto la storiadell’energia in parte del dopoguerra.Dopo la crisi di Hiroshima, sonostate avviate le centrali per produrreenergia elettrica in primis negli StatiUniti, poi la Francia ha sviluppatoun sistema energetico — anche per-ché funzionale al relativo progettomilitare — basato proprio sul nu-cleare che ha prodotto una grandequantità di energia. Il punto è chel’investimento ha presentato il suoconto. Si è partiti infatti dall’ip otesiche l’energia nucleare fosse più eco-nomica rispetto all’energia da com-bustibili fossili. Lo era se non siprendeva in considerazione il de-commissioning, lo smantellamento,la chiusura del ciclo nucleare, che —ricorda Infusino — ha dei costi esor-bitanti. Per cui il messaggio del ri-cercatore è chiaro: «L’energia nu-cleare va in pensione, oltre che permotivi di sicurezza, soprattutto per-ché non è più vantaggiosa dal pun-to di vista economico». Chiude ilsuo ciclo sulla base della valenza,della convenienza e dell’economici-tà.

A Infusino abbiamo chiesto inche modo questa sorta di evento-spartiacque del covid-19 abbia ripor-tato l’attenzione sull’ambiente. Ri-corda che sembra accertato che ilcoronavirus sia stato scatenato dalcattivo utilizzo di risorse alimentaridi origine animale selvatica e sotto-linea, quindi, che «l’attenzioneall’ambiente è fondamentale per lasalvaguardia della salute mondiale».Considerando che le realtà sono in-terconnesse, non si può dimenticareche qualsiasi pandemia in qualsiasiparte del mondo si diffonde ormai auna velocità inimmaginabile rispettoalle pandemie storiche che ci sonostate.

E dunque Infusino focalizza lasfida centrale: «Il problema che si

pone adesso è ripartire dal punto divista economico, ridisegnare unnuovo progetto economico a livellonazionale e anche mondiale, basatosulla sostenibilità. Il covid-19 è unacceleratore di questo processo dicambiamento del sistema energeticoe anche del sistema di produrre».Lo sguardo è di speranza: «Ritengoche d’ora in poi in qualsiasi orga-nizzazione industriale, in qualsiasirilancio di progetto industriale, ven-ga fatta una valutazione su base del-le sostenibilità, l’unica base che puòdare un futuro al pianeta e anche alsistema produttivo industriale per-ché l’impatto non sia letale».

In definitiva, Infusino esprimeuna consapevolezza: «Il covid-19 èuno spartiacque. È stato una sciagu-ra per l’umanità, ma è un momentodi riflessione per ripensare una nuo-va umanità più rispettosa dell’am-biente, che possa progettare i suoiservizi — perché di servizi ne ha bi-sogno — nell’ambito di una convi-venza con gli equilibri naturali an-che sulla base di quanto il SantoPadre ha detto nella sua EnciclicaLaudato si’, con la sua tanta atten-zione sull’ambiente come rilancio diuna nuova umanità».

Se l’orizzonte deve essere umani-stico, la ricerca deve essere più con-creta che mai. Infusino ci chiariscele attuali potenzialità: «Le nuovetecnologie ci permettono orizzontisoft. Ciò che era pesante non ha piùragione di esistere. Le tecnologie in-formatiche faranno una rivoluzionesu altre tecnologie soft, leggere, pra-ticamente immateriali». E poi il giàricercatore dell’Enea indica una viaprecisa da imboccare: «Dal puntodi vista energetico ritengo che vadavalorizzato il progetto idrogeno, chevuol dire produrre energia senza in-quinare l’ambiente. Ci sono progettidi ricerca per la produzione di idro-geno da fonti fotovoltaiche o dafonti rinnovabili ed è prevista la suautilizzazione nel ciclo energetico,per uso industriale e nella mobili-tà». Si parla di auto elettrica e Infu-sino assicura: «Sta facendo progressiinimmaginabili prima. Ritengo chel’auto a idrogeno possa avere un fu-turo molto interessante per una mo-bilità a dimensione umana».

L’apertura alla tecnologia è con-fermata dalla stessa Laudato si’, incui però Papa Francesco riprende iltema fondamentale della capacitàdella tecnologia di modificare la no-stra percezione della realtà e il no-stro rapporto con le persone e conla conoscenza. Il Papa avverte cheall’origine di molte difficoltà c’è ilfatto che il mondo occidentale uti-lizza il pensiero tecnico-scientificocome «paradigma di comprensione»per spiegare «tutta la realtà, umanae sociale». Spiega che «la specializ-zazione propria della tecnologia im-plica una notevole difficoltà ad ave-re uno sguardo d’insieme» e sebbe-ne consenta di ottenere applicazioniconcrete, «spesso conduce a perdereil senso della totalità, delle relazioniche esistono tra le cose». Non man-ca l’indicazione della via da percor-rere pensando o ripensando qualun-que tecnologia: «Ciascuna specializ-zazione — chiarisce Papa Francesco— dovrebbe tener conto di tutto ciòche la conoscenza ha prodotto nellealtre aree del sapere», riconoscendoanche gli «orizzonti etici di riferi-mento», senza i quali «la vita diven-ta un abbandonarsi alle circostanzecondizionate dalla tecnica, intesacome la principale risorsa per inter-pretare l’esistenza».

Vittoria schiacciantedel presidente

uscente in Islanda

RE Y K J AV Í K , 30. Risultato dellepresidenziali in Islanda secondo leprevisioni. Il capo dello Statouscente, l’indipendente GuðniThorlacius Jóhannesson, ha prati-camente dominato il suo sfidante,il sovranista Guðmundur FranklínJónsson, ottenendo un clamoroso92,2 per cento dei consensi. Gui-derà il Paese per un altro qua-driennio.

«Il risultato di questa elezione— ha commentato il presidenteJóhannesson, dopo la netta vitto-ria — è, per me, la prova del fattoche i miei concittadini islandesi,hanno approvato il modo in cuimi sono avvicinato a questa caricae mi hanno dato il mandato dicontinuare a svolgere questo ruolocome ho fatto negli ultimi quattroanni».

Page 4: Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “b ene”

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

Umanesimo cristiano e dibattito politico e sociale nella seconda metà dell’O ttocento

Leone XIIIe il dantismo contemporaneo

La cetra di DavideSul potere lenitivo e consolatore della musica

di CRISTIAN CARRARA

È un’esperienza quoti-diana quella del-l’ascoltare musica perconsolarci, per riflet-tere, per estraniarci

da una situazione poco gradevo-le. La sensazione, diffusa e co-mune, è quella che la musicapossegga un potere lenitivo ecurativo. Quasi fosse una medi-cina, appare in grado di guariree alleviare il dolore. Questo mo-do di intendere la musica ha ra-dici antichissime: nei papiri egi-zi di 2600 anni fa, si parla dicanti magici atti a curare la ste-rilità; nella cultura ellenistica si

gli occhi e gentile d’asp etto».David, che poi succederà a Saul,diventando il Re che stabilirà aGerusalemme la propria dinastiaportandovi l’Arca dell’Alleanza,entra al suo servizio in un modoalquanto significativo.

Il grande pittore olandeseRembrandt, maestro nell’usodella luce, immortala questomomento nel suo Saul e Davide,che dipinse tra il 1651 e il 1658.Si vede il giovane David intentoa suonare la propria cetra. Il suosguardo si posa sulle mani chedolcemente pizzicano le corde.Il suo volto è disteso, la luce nedescrive i tratti gentili e sereni.Accanto a lui Saul, seduto,ascolta. Con un mano porta alviso un telo, quasi per asciugarsile lacrime. Il suo sguardo fissoesprime tensione o, forse, com-mozione.

«Lo spirito del Signore si eraritirato da Saul ed egli venivaatterrito da uno spirito cattivo,da parte del Signore», raccontail L i b ro di Samuele. Il silenziodi Dio, quello del non ascolto,cala su Saul e lo rende folle,malato. Incubi si impossessanodi lui. I suoi servi lo consiglianoe gli suggeriscono di cercare unuomo abile con la cetra che suo-ni per lui nei momenti di dispe-razione, quando sarà investitodallo spirito malvagio. Saul se-gue i consigli e la scelta cade suDavid che «sa suonare ed è for-te e coraggioso, abile nelle armi,saggio di parole, di bell’asp ettoe il Signore è con lui». Il Signo-re è con lui, a differenza di Saulche invece era stato abbandona-to dallo spirito del Signore. Da-vid è descritto come uomo pie-no di virtù ma il suo ingresso alservizio di Saul avviene graziealle sue abilità musicali. «Quan-do dunque lo spirito sovrumanoinvestiva Saul, Davide prendevain mano la cetra e suonava: Saulsi calmava e si sentiva meglio elo spirito sovrumano si ritiravada lui», racconta ancora il librodi Samuele.

In queste poche righe il testobiblico descrive il potere curati-vo, quasi sovrannaturale, dellamusica ma lo limita ad alcunechiare condizioni. David non èun musicista tra i tanti, è uomovirtuoso che ha con sé il Signoreed è quest’ultima caratteristicache rende la sua musica “p oten-te”. Produrre musica, suonareuno strumento, non è qualcosadi meccanico. Non è il semplicegesto delle dita che sfiorano lecorde in maniera ordinata. Il ve-ro musicista immette nella suainterpretazione qualcosa di im-materiale, qualcosa di profonda-mente suo, quasi sé stesso. Inqualche modo, suonando, si tra-sfigura e comunica all’altro, conle note, qualcosa che, fragile eprofondo, lo descrive compiuta-mente. È questo atto, di totalenudità, che permette di entrarein una comunicazione vera conl’altro, in qualche modo, curan-dolo.

Sarebbe bello sapere cosa Da-vid suonasse a Saul, perché lascelta del “rep ertorio” non è

estranea all’effetto che si vuoleottenere. Alcune musiche posso-no consolare, altre infondere co-raggio, altre ancora ingeneraretristezza. Saper scegliere cosasuonare per produrre nell’ascol-tatore l’effetto desiderato è com-petenza rara.

Ciò che sappiamo è che quel-la che comunemente viene tra-dotta come la cetra, o la lira, delRe David, era un Kinnor, stru-mento la cui invenzione vieneattribuita in Genesi a Jubal, «ilpadre di tutti coloro che suona-no arpa e flauto», e che assomi-gliava a quella lira che i grecichiamavano Kithara. È probabi-le avesse la forma di un anticocandelabro ebraico, con i duebracci paralleli a formare un se-micerchio. Era piccola, proba-bilmente costruita in legno dicipresso e con le corde in bu-dello di pecora. Le corde veni-vano pizzicate con un plettro eveniva prevalentemente usataper accompagnarsi nel canto.Non è detto però che Davidcantasse a Saul, accompagnan-dosi con la lira. Il fatto che al-cune traduzioni suggeriscano alposto di «prendeva in mano lacetra e suonava», «e lo suonòcon la sua mano», potrebbesuggerire il fatto che David suo-nasse senza plettro, come sisuona comunemente un’arpa,secondo una modalità di esecu-zione esclusivamente strumenta-le.

È probabile che David suo-nasse per Saul melodie gioiose,ricche di vitalità, incompatibilicon espressioni dolorose. Questoinfatti era l’utilizzo che gli ebreifacevano del Kinnor, tanto cherifiutarono di suonarlo durante

Sin dall’antichità si vedevanella musica una medicinaNei papiri egizisi parla di canti magiciatti a curare la sterilità

riteneva che il suono del flautoguarisse dalla sciatica; lo stessoAlessandro Magno, si racconta,fu guarito dal suono di una lira.E, ancora, vi è Farinelli, il piùfamoso sopranista del Settecentoche, cantando ripetutamentel’aria preferita da Filippo V diSpagna, lo liberò da un malec ro n i c o .

Tra i tanti esempi di questogenere, ve n’è uno che ha un fa-scino del tutto particolare.Nell’Antico Testamento, nel pri-mo libro di Samuele, si narra dicome sia avvenuto il primo in-contro tra Saul, Re di Israele eDavid, giovane «fulvo, con be-

Papa Leone XIII

Rembrandt, «Saul e Davide» (1651-1658)

Nel romanzo «Sidera Addere Caelo» di Elfriede Gaeng

Raffaello tra fantasy e thriller

Nell’alchimia tra le notescritte dal compositoree la disposizionedell’e s e c u t o rea farsi prossimo all’a l t rosta la chiavedella musica che cura

l’esilio babilonese, appendendoquesti strumenti ai salici. Erauno strumento gioioso, allegro,capace di stimolare nell’uomo lecorde della serenità.

Possiamo solo immaginarequel momento, in cui Saul coltodalla follia, si rifugiava nellamusica di David e ne usciva ras-serenato, e raffrontarlo con lanostra esperienza. Ognuno dinoi ha certamente vissuto situa-zioni di tristezza e sconforto edha trovato consolazione in unbrano musicale e in qualcuno,un musicista o un orchestra, chelo eseguiva. In questa misteriosaalchimia tra le note scritte dalcompositore e la disposizionedell’esecutore a farsi prossimoall’altro totalmente, sta la chiavedella musica che cura e, talvolta,salva.

di GABRIELLA M. DI PAOLADOLLORENZO

Se dovessimo consideraremanzonianamente la storiacome manifestazione dellaProvvidenza divina, potrem-mo dire che il papato di

Leone XIII spalanca le porte al danti-smo papale contemporaneo, quelloche porta i nomi dei Papi santi del se-colo XX, ma senza abbandonare laprospettiva estetica, morale e teologi-ca, seguita da Pio II nel Quattrocentoe da Alessandro VII nel Seicento,quella dell’umanesimo cristiano.

Il dantismo di Leone XIII da unaparte coincide con la fine del poteretemporale dei Papi, dall’altra si “tra-duce” nella dottrina sociale dellaChiesa, espressa a chiare lettere nellaRerum novarum. Citiamo subito la sualettera indirizzata all’arcivescovo Se-bastiano Galeati, quando si decise di

di legislazione antiecclesiastica di Ca-vour e Rattazzi del 1855), divenutostato italiano nel 1861, provoca l’irrigi-dimento di Pio IX (che pure nel luglio1846 aveva decretato un’amnistia per idelitti politici) e le conseguenti affer-mazioni contenute nell’enciclicaQuanta cura – Sillabo. In questo climanasce il nostro quotidiano (1 luglio1861), con la sottotestata “Giornalep olitico-morale” poi sostituita da“Giornale quotidiano politico-religio-so”, inserita tra Unicuique suum (daiDigesta Giustinianei di Ulpiano) e Nonp re v a l e b u n t ( Ma t t e o , 16, 18): è un cli-ma politicamente e culturalmente in-fuocato ed è quello stesso che conno-ta gli anni del cursus honorum di Vin-cenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pec-ci.

Dopo una raffinatissima formazioneletteraria presso i Gesuiti, nel 1832, a22 anni, entra nell’Accademia dell’Ar-cadia col nome di Neandro Ecatéo.

volta umanesimo cristiano, in cui ilpensiero e la parola di Dante sono ilsicuro sentiero da seguire perché quelsentiero conduce a Dio. L’avvio di co-desto progetto è l’enciclica Aeterni pa-tris (4 agosto 1879), in cui si invitanoteologi e cristianità allo studio dellaSumma di Tommaso d’Aquino, intesacome forma organizzata di conoscen-za razionale, finalizzata a Dio. Manon si creda che la ricezione di Dantein chiave tomista conduca Leone XIIIsolo agli echi danteschi nelle sue poe-sie, tutt’altro, il suo dantismo è lachiave d’ingresso per intervenire neldibattito politico e sociale della secon-da metà dell’Ottocento, proprio comeaveva fatto Dante in tutto l’arco dellasua vita, prima e dopo l’esilio. Fra il1881 e il 1883 Papa Leone apre ai let-tori sia la Biblioteca Vaticana chel’Archivio Segreto, così come fondal’Istituto Leoniano di Alta Letteratura(15 gennaio 1887), all’interno del qualeaffida a monsignor Giacomo Polettola cattedra di Teologia dantesca, pri-ma cattedra di studi danteschi nata inItalia. Fu proprio monsignor Polettoa ricostruire il rapporto tra il danti-smo di Leone e la Rerum novarum nelvolume La riforma sociale di Leone XIII

e la dottrina di Dante Alighieri (Siena1898). Già dal 1881 Papa Pecci avevavoluto e attuato una revisione dell’In-dice dei Libri Proibiti (catalogo del1564), decidendo di escludere e rende-re fruibile il trattato politico Mo n a r -chia di Dante. L’operazione rimandaal mittente chi aveva impugnato iltrattato dantesco come principale do-cumento anticlericale di Dante e saràulteriormente avvalorata dalle encicli-che Diuturnum illud (29 giugno 1881),in cui si condanna il mancato ricono-scimento, da parte dello Stato laico li-berale, dell’importanza della religione,e Immortale Dei (1 novembre 1885), incui il Papa ritorna sui rapporti traStato italiano e Santa Sede, rapportinon facili perché fondati sul pregiudi-zio di un’inimicizia del Vaticano versol’Italia. Infine il complesso impiantoconoscitivo della Rerum novarum (15maggio 1891) affonda le sue radici nelpensiero politico dantesco.

Per Leone XIII è necessaria nonchélegittima la separazione e l’autonomiadei due poteri, quello spirituale equello temporale, entrambi di originedivina. Lo Stato deve occuparsi epreoccuparsi del potere temporale, laChiesa di quello spirituale, non incontrasto ma in armonia con lo Statomedesimo. Entrambi concorrono alBene comune poiché sia le virtù spiri-tuali che quelle civili si fondano subasi rispettivamente metafisiche e mo-rali. La fine del potere temporale del-la Chiesa ha quindi dato inizio adun’epoca nuova già profetizzata daD ante.

Col suo progetto politico culturalee pastorale Leone XIII dimostra che ladottrina politica dantesca è un formi-dabile strumento di rinnovamentodella Chiesa nel suo incontro con lamodernità: la storia del papato del XXsecolo gli avrebbe dato ragione.

sul trattato Mo n a rc h i a . Quello stessopensiero laico ottocentesco non consi-derava la fortuna del trattato, dopo ilconcilio di Basilea convocato da Mar-tino V nel 1431, presente nelle argo-mentazioni del giurista Antonio deRosellis, precettore di Enea Silvio Pic-colomini, Papa Pio II. Le affermazioniappena citate riconducono Dante atutto titolo nell’alveo della Cristianitàe della Sapienza cristiana.

I due secoli che separano la finedel papato di Alessandro VII (1667)dall’inizio del papato di Leone XIII(1878) segnano lo scontro, che grada-tamente si trasformerà in incontro, trala Chiesa e la modernità. Dopo lotsunami teologico di Lutero, la Chiesacattolica affronta quello culturaledell’Illuminismo, che non solo mettein discussione il dogma in quanto ta-le, ma la legittimità stessa dello Statopontificio. Eppure, nello svolgersi del-le vicende storico-politiche, che culmi-narono nell’arresto di Pio VI da partedi Napoleone Bonaparte, non possia-mo non ricordare gesti culturalmentesignificativi come l’ampliamento dellaBiblioteca Vaticana da parte di Ales-s a n d ro VIII (1689-1691) e di ClementeXI (1700-1721), l’inaugurazione dellascalinata di Trinità dei Monti da partedi Benedetto XIII (1724-1730), la pas-sione culturale di Benedetto XIV, cheavviò nel 1750 il 18° giubileo, e le deci-sioni di Leone XII (1823-1829) che ri-confermò l’ordine dei Gesuiti e tolsedall’Indice le opere di Galileo. Fonda-mentale nel contesto storico del seco-lo XIX il papato di Pio IX (1846-1878),predecessore di Leone XIII. Fo n d a -mentale perché l’anno dopo la suaelezione, nel 1847, il Papa apre alla li-bertà di stampa e conseguentemente,nel 1849, un giornale con la denomi-nazione «Osservatore Romano» vedela luce a Roma sotto la direzionedell’abate Francesco Battelli. L’esasp e-rato laicismo dello stato sabaudo (ve-

Singolari consonanze con la formazio-ne di Pio II e di Alessandro VII sonotestimoniate dall’Elegia latina (1878) edai Carmina (1883), affiancate dall’ap-passionata conoscenza dell’opera diDante che lo accompagnerà fino agliultimi istanti di vita, quando (8 luglio1903), secondo la testimonianza dimonsignor Marzolini, Leone XIII chie-se di avere ancora tra le mani il librodella Divina Commedia. Cultura classi-ca e dantismo diventano ancora una

di GIULIA ALBERICO

Elfriede Gaeng costruisce in Sidera Addere Caelo(Lanciano, Carabba editore, 2020, pagine 200,euro 16) un romanzo complesso per l’i n t re c c i o

incalzante, avvincente e scorrevolissimo per il lettore.Una vicenda ambientata ai giorni nostri che peròchiede di immergersi continuamente in quellosplendore che fu Roma tra la fine del XV e inizi delXVI secolo, quando la città eterna vide un concentratodi artisti geniali di cui l’antesignano fu Raffaello,insieme a Bramante, Michelangelo, Sebastiano delPiombo, Baldassarre Peruzzi e tanti altri. La vicenda:in occasione dello svolgimento a Roma dei mondialidi calcio nel 1990 viene chiusa momentaneamentel’Accademia di San Luca. Questo luogo è il cuore delromanzo, insieme ai personaggi che vi gravitano: UgoZardi, segretario, uomo ambizioso e cinico, teso a farecarriera, Taddeo Dal Monte, custode dell’Accademiae fine conoscitore del prezioso patrimonio custoditonel palazzo Carpegna, Federica Santangelo, unabiologa amica dall’infanzia di Zardi, Lora Altieri,storica dell’arte di vasta cultura e dotata di sensibilitàe sensitività fuori dal comune. C’è anche l’anzianopresidente dell’Accademia, Claudio Guerrera, che staper cessare il lavoro e che ha mantenuto, negli anni,l’abitudine di scrivere un diario quotidiano. Questi

suoi diari si riveleranno di enorme importanza pertanti colpi di scena, svelamenti e illuminazioni che,molti anni dopo, nel 2015, vedranno un apertoscioglimento delle vicende. Saranno nel frattempoentrati in scena Luca Zardi, figlio di Ugo, e PhillysWhite, una giovane americana giunta a Roma peruno studio sulle opere di Raffaello. Impossibile diredi più per non togliere al lettore il gusto di unalettura trascinante, un intreccio originalissimo chemescola suspence, fantasy, un po’ di thriller.Immergersi in questa storia significa anche esoprattutto percorrere in lungo e in largo le piazze, lestrade, le dimore del centro storico di Roma e iPalazzi vaticani, immergersi in quell’età d’oro perRoma, grazie al mecenatismo dei Papi, al loro amoreper la bellezza e per l’arte. Senza di loro il mondosarebbe stato privo di quella fioritura che fu ilRinascimento romano che col divino Raffaelloraggiunse il culmine. L’urbinate e la sua arteinimitabile aleggiano fin dall’inizio sulla vicendanarrata e hanno un ruolo inimmaginabile e centrale.Il romanzo di Elfriede Gaeng è anche il risultato diun lavoro di studio certosino dell’epoca e dei dipintidi Raffaello, l’autrice mostra capacità di immergersinel tempo e, con una soluzione imprevedibile, dilegare quel tempo a oggi.

DANTE E I PAPI – IV EFFETTI MUSICALI

erigere a Ravenna(1892) un mausoleodedicato a Dante (let-tera che accompagna-va un notevolissimocontributo economi-co). «Degnissimi cer-tamente di approva-zione e di plauso sti-miamo coloro che di-visarono d’innalzare inRavenna al nostroDante un mausoleocol contributo di tuttii popoli (…) Per quel-lo che in particolare ciriguarda, siamo spe-cialmente mossi dal ri-flettere quanto splen-dido ornamento siadel Cristianesimo.Poiché quantunquespinto all’ira dalleamarezze dell’esilio eper ispirito di parteerrasse talvolta neisuoi giudizi, non fuperò mai ch’ei fosse dianimo avverso alle ve-rità della cristiana sa-pienza». La culturalaica dell’O ttocentoaveva provveduto al“recup ero” di Dante,soprattutto in chiaveanticlericale, conside-rando, dopo BonifacioVIII, coloro che nellaChiesa avevano perse-guitato perfino le ope-re dantesche, come ilcardinale Bertrand dePouget, accanitosi, do-po la morte di Dante,

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L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020 pagina 5

alla provincializzazione nei cui stretticonfini è rimasta la conoscenza diAntonio Rosmini: «Il più grandepensatore del mondo moderno» è«disgraziatamente quasi sconosciutoo disconosciuto fuori d’Italia» (L’in-teriorità oggettiva, Milano 1952, p.88); ma anche in patria il pensierorosminiano non è fatto circolare ab-bastanza. Persino nella manualisticagiuridico-politica il nome di Rosminiè spesso taciuto. Fortunatamente, daqualche tempo a questa parte, pos-siamo anche parlare di una sua risco-perta e di un ritorno al pensiero diRosmini. Nel lontano 1935, GiuseppeCapograssi esprimeva l’augurio di unritorno allo studio dell’opera di Ro-smini, condotto in modo tale da sa-per superare una comprensione «sco-lastica del suo pensiero e capace in-sieme di saperne cogliere il “corsofluviatile” e la “straordinaria forza”»(Per Antonio Rosmini, 1935, ora inO p e re , voll. I-I V, Milano 1959, pp.103-104).

Si tratta della riscoperta di un fi-losofo che illumina l’intero orizzonteculturale dell’Ottocento italiano, incui la figura del Roveretano si sta-glia imponente in tutta la sua gran-dezza. Convince il giudizio di padreGiuseppe Bozzetti: «Tra gli spiriti

giche che ebbero ben presto favore-vole e rispettosa accoglienza nellacultura sia italiana che europea.Nell’agosto del 1848 venne inviatoda Carlo Alberto a Roma, per com-piere un delicato passo diplomaticopresso Pio IX, al fine di creare, con ilconcorso del Papa, le premesse perl’unità d’Italia; di questa sua fervidaattività politica in quegli anni, Ro-smini lasciò, postuma, una preziosamemoria: Della missione a Roma diAntonio Rosmini Serbati ( To r i n o1881).

Fu intensa la sua opera diplomati-ca. Pio IX, conosciuto il Rosmini dipersona, lo trattenne presso di sé egli ingiunse di disporsi al cardinala-to per il Concistoro che si sarebbesvolto a dicembre. Dopo l’assassiniodi Pellegrino Rossi (15 novembre)Rosmini seguì il Papa nella sua fugaa Gaeta, dove tentò invano di disto-glierlo dal nuovo indirizzo conserva-tore circa le libertà politiche e il mo-vimento nazionale, a cui gradata-mente Pio IX si volgeva. La missionenon ebbe successo. Ritiratosi a Stre-sa dove si era stabilito fin dal 1836,Rosmini si dedicò, fino alla morte,alla riflessione filosofica e alla guidadel suo Istituto, confortato dalle fre-quenti visite dell’amico Manzoni.

Scrive Dante Morando in proposito:«Il Rosmini è esposto al guaio ditutti i conciliatori, che è quello d’es-sere spesso vivacemente condannatidall’una e dall’altra parte, per averconcesso troppo o troppo poco»(Dopo il centenario di Antonio Rosmi-ni, nel volume collettaneo An t o n i oRosmini nel primo centenario dellamorte, p. 155).

Fra gli Anni Quaranta e Cinquan-ta dell’Ottocento il pensiero rosmi-niano venne sempre di più suscitan-do diffidenza, polemica e opposizio-ne sia dal punto di vista filosoficoche politico. Per questo GregorioXVI, nel 1843, impose il silenzio atutti i contendenti. Nel 1849 riesplo-

Rosmini. Queste, lungamente esami-nate, nella seduta solenne (3 luglio1854) della Congregazione dell’Indi-ce a cui il Papa volle presiedere inpersona, vennero assolte dalle molte-plici accuse di eterodossia, con divie-to di ripeterle o di accamparne dinuove (cfr. Giorgio Giannini, Esamedelle Quaranta proposizioni rosminiane,Stresa 1985; Remo Bessero Belti, La«questione rosminiana», Stresa 1988).

Neppure dopo la morte il nomedi Rosmini ha avuto pace. Egli si èconfermato a lungo un segno dicontraddizione. È difficile dare unaspiegazione a questa strana sorte diRosmini; ma, forse, non è fuori po-sto dire che anche questo è un se-

gno, oltre che della elevatezza e del-la complessità del suo pensiero, del-lo sforzo grande da lui prodotto peresprimere il pensiero cristiano fratradizione e modernità.

Sotto il pontificato di Papa LeoneXIII, il 7 marzo 1888 veniva pubbli-cato un decreto del Sant’Uffizio Postobitum (preparato già il 14 dicembre1887): con esso vengono condannatequaranta proposizioni di Rosmini,tratte dalle sue opere postume, per-ché «catholicae veritati haud consonaevidebantur». Per l’abrogazione dellacondanna contenuta nel decreto Postobitum si sono battuti a lungo gliammiratori del filosofo-teologo e iseguaci della sua Congregazione,diffusi in paesi europei ed extraeuro-p ei.

Un pensiero«mirabilmente inattuale»

Accostandosi a Rosmini, occorreràsvolgere il compito ermeneutico (cheè un dovere di fedeltà) e quello direvisione (che è un dovere di onestàcritica) saranno da assolvere insieme:occorrerà insomma conoscere, capi-re, interpretare, attualizzare la filoso-fia rosminiana. Compito non facile èl’interpretazione “ermeneutica” diRosmini, perché le sue opere sonotante e così ricche di fermenti chepuò non apparire difficile il piegarlealle più varie interpretazioni. Nelsuo pensiero, per esprimerci conl’espressione di Benedetto Croce, c’èqualcosa di vivo e qualcosa di morto(Mario Sancipriano, Il pensiero politi-

co di Haller e Rosmini, Milano 1968,p. 143).

Il vaglio ermeneutico sarà il risul-tato di due operazioni: di un’op era-zione di riconoscimento (scorgereciò che è vivo) e di un’operazione discelta (scegliere solo ciò che è vivo).Non si tratterà soltanto di rinveniree scegliere ciò che è, vivo, ma d’indi-viduare anzitutto ciò che è più vivo,cioè il principio animatore dell’inte-ro rosminianesimo. In riferimento alquadro socio-politico-culturale in cuis’esprime, esso «rappresenta, soprat-tutto nel campo filosofico, culturale,religioso e politico, l’estremo co-sciente tentativo di una completaoriginale conciliazione tra la vecchiae la nuova cultura, tra la tradizionee il progresso, tra il mondo medioe-vale e il mondo moderno» (ibidem).

Considerato in sé, oltre che in ri-ferimento al quadro filosofico in cuiè germinato, il rosminianesimo trovail suo principio animatore in un per-sonalismo coerente e ricco di svilup-pi. Una lettura ermeneutica non èsolo utile e necessaria per noi (diver-samente Rosmini sarebbe non «mi-rabilmente inattuale», come s’espri-me il Capograssi, ma stupidamenteinattuale); essa rende giustizia, altre-sì, allo stesso Rosmini (Per AntonioRosmini [1935], in Opere, vol. I V, Mi-lano 1959, p. 101).

Il convincimento amaro di molti èche la condanna di Rosmini, la vera,sia dovuta o alla mancata lettura oalla interpretazione tendenziosa oimperita della sua opera. Una letturadella vasta opera rosminiana condot-ta con preoccupazione ermeneuticaporta a individuarne il tratto specifi-co nella riscoperta del «sensodell’essere». Al riguardo Prini scrivecose suggestive e calzanti: «Il Ro-smini si è trovato al limite forseestremo di un’età filosofica che ave-va consumato un processo di disso-luzione del senso dell’essere, un veroe proprio “oblio dell’e s s e re ”, comedirebbe Heidegger; il suo merito in-discutibile è stato di avesse ripropo-sto il recupero al centro degli inte-ressi filosofici, come il fondamento ela condizione di ogni genuina teore-ticità. Senza dubbio, l’Idea dell’esse-re e la pietra angolare della filosofiarosminiana, la sua “scop erta” fonda-mentale, quella per cui si può dire aragione che Rosmini è presente nellafilosofia moderna» (Francesco Mer-cadante, Il regolamento della modalitàdei diritti, 1981 p. 9).

Quel filosofo che illumina l’intero orizzonte culturale dell’Ottocento italiano

Un pensierovasto come un fiume

Un particolare della locandinadel Rosmini Day 2018

Una pedagogia ancora attuale

Dalla parte delle «anime semplicette»

Durante tutta la sua vita, il sacerdote roveretanosi è esposto agli effetti collaterali di tutti i conciliatoriChe trovandosi in mezzo alle disputevengono spesso duramente condannatidall’una e dall’altra parte per aver concessodi volta in volta troppo o troppo poco

di MICHELE GIULIO MASCIARELLI

Accostare Antonio Rosmi-ni (1797-1855) nella suagrande umanità è la mi-gliore premessa per ca-pirne e gustarne il pen-

siero. C’è sempre una nota autobio-grafica nelle elaborazioni teoretichedi un filosofo, anche in quelle che ciappaiono al massimo oggettive e di-s i n t e re s s a t e .

Una preordinata armonia

L’uomo è uno solo, nel suo cuoree nel suo pensiero. Questa unità divita la si nota talora in modo piùevidente e forte in alcuni pensatorianziché in altri: in Rosmini è tal-mente solida da poter dire che ilpensiero illumina la vita in ogni an-golo. La famiglia Rosmini-Serbativantava antichi e consolidati titolinobiliari, mentre la madre apparte-neva alla famiglia dei conti Formentidi Riva.

La radice sana e ricca di linfe spi-rituali di cui si è nutrito negli annidi formazione familiare segnerà lasua vita di uomo e di prete conno-tandola, fra l’altro, di una profondae larga signorilità spirituale. I molte-plici aspetti della personalità del Ro-veretano, anche per la forte matriceculturale e spirituale della sua fami-glia, sono infatti tra loro connessi dauna grande coerenza ed armonia.Soprattutto la profonda educazionereligiosa ricevuta radicò la sua vitain quella del suo nobile e antico ca-sato in modo da «respirare col respi-ro degli avi» (Umberto Muratore,Rosmini profeta obbediente, Milano1995, pp. 7-8).

Un santo padredel Risorgimento

C’è del vero nel lamento elevatoda Michele Federico Sciacca intorno

magni del Risorgimento difficilmen-te se ne potrebbe trovare uno chesuperi Rosmini per altezza d’animoe d’ingegno e per santità di vita»(La vita di Rosmini, in Antonio Ro-smini nel primo centenario della morte,a cura di Clemente Riva, Firenze1958, p. 3).

Lo stesso Cavour aveva di Rosmi-ni un’alta stima, tanto da definirloun santo padre del Risorgimento.Rosmini è una pietra miliare nellastoria della filosofia moderna italia-na; è un filosofo col quale convienefare i conti; a non considerarlo c’èsolo da perdere. Scrive il Mercadan-te: «Una cosa ci pare da dire, ed èche Rosmini da solo, con la sua for-za personale di filosofo, può saltareun’epoca. C’è nella sua filosofiaquanto basta per dimostrare che sen-za di lui e contro di lui il “p ensieromo derno” ha fatto e rifatto il periplodel mondo, standosene chiuso inun’aula universitaria» (FrancescoMercadante, Il regolamento della mo-dalità dei diritti. Contenuto e limitidella funzione sociale secondo Rosmini,Roma 1974, p. 8).

Un fine diplomatico

Nel 1848 il governo piemontesegli affida una missione diplomaticapresso la Santa Sede, che fallisce an-che per la politica filoaustriaca delcardinale Antonelli. Nel 1849 ritornaa Stresa, dove si è stabilito dal 1836,e continua la sua attività di scrittoree di guida degli istituti da lui fonda-ti senza ribellarsi per la messa all’In-dice di due sue opere: Le cinque pia-ghe della Santa Chiesa, e Costituzionesecondo la giustizia sociale. Su propo-sta del vescovo d’Ivrea, scrive unaserie di articoli in difesa della libertàd’insegnamento. È in relazione con ipiù noti pedagogisti del Risorgimen-to italiano.

Gli anni immediatamente seguentiRosmini li dedicò alla pubblicazionedi opere filosofiche, politiche, teolo-

Un segno di contraddizione

Il filosofo Michele Federico Sciac-ca, grande rosminista e fondatore,con i padri rosminiani della “catte-dra” di Stresa a lui dedicata, ebbe adefinirlo «il più grande pensatoredel tempo moderno». Va aggiuntoche questa grandezza fu fortementecontrastata. Non è solo la grandezzaciò che di Rosmini attira; egli attraealtresì per la complessità del suopensiero, che intende essere, in qual-che modo, enciclopedico, e per esse-re stato il rosminianesimo, nell’O tto-cento, un signum contradictionis, cosache continua a restare, almeno inparte, anche oggi. Del resto, c’è inRosmini, anche sul tema della socie-tà civile, lo sforzo di evitare sial’estremismo del «movimento» (pro-gressismo), sia l’estremismo della«resistenza» (conservatorismo).

Conseguentemente, la lettura deltesto rosminiano si è prestata soven-te a interpretazioni contrastanti.

se la polemica con la messa all’Indi-ce delle opere Delle cinque piaghe del-la Santa Chiesa e La Costituzione se-condo la Dottrina sociale. La sotto-missione di Rosmini fu pronta e sin-cera.

Intanto, Pio IX avocò a sé la que-stione, rinnovando l’obbligo del si-lenzio e nominando una commissio-ne per l’esame di tutte le opere di

La biblioteca della casa dove è nato Antonio Rosmini

Si tratta di un metodo educativoche parte dall’osservazioneEd è un invito a non porsinei confronti dei ragazzicon le stesse categorie degli adulti

Rosmini fa spiegare leali degli educatori edegli educandi, libe-randoli dagli inconclu-denti ideali dell’illumi-nismo — in primis diRousseau e dell’enci-clopedismo empiristico— sedimentati negli ul-timi due secoli a scapi-to di un metodo edu-cativo capace di ripro-porre senza frammen-

di ROBERTO CU TA I A

La pubblicazione dell’O p e raomnia di Antonio RosminiSerbati prosegue grazie

all’impegno del Centro internazio-nale di studi rosminiani di Stresa,ubicato sulla sponda piemontesedel lago Maggiore tanto cara adErnest Hemingway, che vi ambien-tò la parte finale di Addio alle ar-mi. Ne sono prova gli Scritti peda-gogici di Rosmini (32° volume, Ro-ma, Città Nuova, 2019, pagine 572,euro 55) con la curatela di Fernan-do Bellelli.

Il testo contiene, per ricorrere allessico del golf, il vero swing, il ca-polavoro della pedagogia rosmi-niana risalente al 1839-40, ossiaDel principio supremo della metodicae di alcune sue applicazioni in servi-gio dell’umana educazione. Correda-ta da cinque appendici, l’opera èsuddivisa in due parti, la secondadelle quali, rimasta purtroppo in-compiuta, si occupa delle azioniche l’educatore deve mettere in at-to nei confronti dell’educando ov-vero «scienza che contiene i docu-menti della grand’arte di educarela gioventù».

Il criterio della pedagogia ro-sminiana richiama lo spirito dellaprima fase del sistema galileiano,cioè quello dell’osservazione siste-matica. E diventa anche un invitoper l’attuale pensiero pedagogicodi liberarsi dell’adultismo, cioèquello di porsi nei confronti deglieducandi con le medesime catego-rie degli adulti.

Trattare oggi della pedagogia diRosmini implica di ripercorrere ilmare sterminato del suo pensiero,la ratio studiorum del “sistema dellaverità” concepito come una pirami-de a forma di tetraedro, «nel qualela piramide finisce e che rappre-senta Iddio, o la scienza di Dio(…) giacché Iddio è la ragione ul-tima e piena di tutte le cose cheesistono nell’universo» (I n t ro d u z i o -ne alla filosofia, 1979).

Ma soprattutto la pedagogia di

vi si rivolga con trasporto, che laricerchi con ansietà, che la ritrovipiù rattamente dell’adulto medesi-mo; ed appartiene assai più a Dioche all’uomo il comunicarsi all’ani-ma semplicetta che sa nulla e chepure intende il suo fattore».

E a proposito di religione il Ro-smini trova l’autorevole supportoin uno dei concetti espressi nellaCritica della ragion pratica sull’edu-cazione del filosofo Immanuel Kantdove raccomanda che bisogna cer-

Merita inoltre sottolineare chel’interesse per la pedagogia si svi-luppa in Rosmini fin dalla giovaneetà, tant’è che emerge già primadel Nuovo saggio sull’origine delleidee, edito nel 1830, almeno tempo-ralmente negli scritti a partire dallatraduzione dal latino del De cate-chizandis rudibus di sant’Agostino(del 1821), Della educazione cristia-na (1823) e il Saggio sull’unitàdell’educazione (1825).

L’opera princeps della pedagogiarosminiana appare dunque caratte-rizzata dalla “Legge della grada-zione”: essa non è imposta dalmondo esterno, ma segue sponta-neamente la persona secondo unordine logico delle idee dall’uni-versale al particolare. Si tratta del-la legge scaturita dalla singolarecognizione raccolta e maturata apartire dal Sofista di Platone e ret-ta dalla rosminiana “conciliazionedelle sentenze” in un minuziosoconfronto con i maggiori esponen-ti della pedagogia universale, daAgostino a Tommaso d’Aquino,senza dimenticare Guarino Guari-ni, Vittorino da Feltre, Silvio An-toniano, Francesco Bacone, Gio-vanni Comenio, Giambattista Vi-co, Raffaello Lambruschini, Ales-sandro Pestalozza e Madame Nec-ker De Saussure. Dulcis in fundo,ci pare di buon auspicio il fattoche Rosmini sia stato incluso, inItalia, nel programma concorsualedella classe A 18 (Filosofia e scien-ze umane) tra i pedagogistidell’Ottocento del calibro diJohann Heinrich Pestalozzi, Frie-drich Fröbel ed Émile Durkheim.

tarlo il fine ultimo dell’esistenzaumana, e conseguentemente diuna visione “re l i g i o s a ” della vita.Dal momento che, come direbbeRosmini, l’unico modo per garan-tire l’unità educativa è il cristiane-simo inteso nel suo senso più altodi religione interiore. «Lo SpiritoSanto è il pedagogo della fede diDio» come si legge nel Catechi-smo della Chiesa Cattolica.

«Veramente invano volleRousseau far credere che il cultodella deità non fosse opera da lin-gua che chiama babbo e mamma.Anzi il tenero infante, quasi più vi-cino all’origine sua, egli pare che

care per tempo d’imprimere neifanciulli alcuni concetti religiosi.Ed ecco dunque il modello di edu-cazione integrale proposto dal Ro-veretano, nel quale gli ambiti filo-sofico, religioso e pedagogico s’in-tersecano e non si esauriscono nel-le opere dichiaratamente pedago-giche; certamente l’acme si rag-giunge nel libro Del principio su-premo della metodica, ma le opere sicompendiano tra loro e maturanocome frutti di un medesimo terre-no in volumi quali la Logica, laFilosofia del diritto, la Filosofiadella politica e la Teosofia (l’opusmagnum di Rosmini).

A 165 anni dalla morte del beato Antonio Rosmini

Page 6: Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “b ene”

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

L’esperienza della Chiesa nell’Asia centrale in tempo di pandemia

Sostenuti dal Vangeloe dalla speranza

di PAOLO AF FATAT O

In Asia centrale la pandemia nonferma l’evangelizzazione. LeChiese nelle nazioni dell’ex

Unione sovietica, abituate nella lorovita a vivere con umiltà e mitezza illoro stato di “minoranze”, in un tes-suto sociale spesso a maggioranzaislamica o buddista, sono piccole co-munità che vivono il paradigma del-la loro intrinseca fragilità secondo ilversetto di san Paolo «Quando sonodebole, è allora che sono forte».L’essere inermi e lo scarso peso eco-

nomico, politico, sociale, religiosonon fanno altro che rimandare allanecessità quotidiana di una graziache viene dall’alto, dono di Cristoistante per istante, e che fa superarele tentazioni dell’autoreferenzialità edell’autosufficienza compiaciuta.

È vero che in Uzbekistan il lock-down ha avuto l’effetto di bloccarela procedura di costruzione e regi-strazione di una nuova parrocchianella città di Angren, centro dovevive un gruppo di 25 cattolici. Lapiccola comunità locale — t re m i l abattezzati e cinque parrocchie in tut-to il paese — aveva iniziato a racco-gliere i documenti necessari perl’apertura ufficiale di un nuova chie-sa e di una nuova unità pastorale,ma tutto si è fermato a causa dellapandemia, data la chiusura degli uf-fici amministrativi.

Ma «la cifra di questa attesa è lapazienza, accompagnata dalla pre-ghiera» riferisce a «L’O sservatoreRomano» l’amministratore apostoli-co dell’Uzbekistan, il francescanoJerzy Maculewicz. Lungi dall’a r re n -dersi o dal chiudersi a guscio, unfervente dialogo interreligioso carat-terizza la vita dei cattolici nel paesedell’Asia centrale, che promuovonocostanti e continui contatti con lea-der e fedeli di religione islamica, checostituiscono il 90 per cento dellapopolazione di trenta milioni di abi-tanti. Soprattutto i sacerdoti piùgiovani, inoltre, hanno messo incampo i mezzi tecnologici per rima-nere in contatto con i fedeli duranteil tempo di isolamento, trasmetten-do liturgie, momenti di preghiera eincontri biblici su piattaforme onli-ne.

Quell’attesa che è sempre vissutacon lo spirito della speranza, una“speranza certa” perché fondata suDio stesso, caratterizza la Chiesa inKazakhstan, vasta nazione dove sicontano quattro diocesi, per un tota-le di 70 parrocchie e 91 sacerdoti, trai quali 61 diocesani e 30 religiosi, suuna popolazione di 17 milioni diabitanti, in maggioranza musulmanie al 26 per cento cristiani (tra i qualil’uno per cento cattolici). Negli ulti-mi giorni si è diffusa negli ambientiecclesiali una notizia che ha destatouna certa preoccupazione: sacerdotie religiosi missionari, così come tuttigli stranieri presenti sul territorionazionale, potrebbero riscontrareproblemi di permanenza nel paesecentroasiatico a causa delle nuovedisposizioni in materia di ingresso esoggiorno, legate al diffondersi delcovid-19. Don Guido Trezzani, mis-sionario italiano in Kazakhstan efondatore del Villaggio dell’Arca aTalgar, nei pressi di Almaty, dove siaccolgono bambini orfani, disabili edisagiati, ricorda che «chiunque ab-bia il visto in scadenza dovrà torna-re nel proprio paese di origine echiederne il rinnovo; ma, al momen-to sembra che nessuna ambasciatakazaka nel mondo stia concedendoil documento», date le nuove dispo-

sizioni legate all’emergenza corona-virus che si fa sentire nelle tre cittàdi Nur-Sultan, Almaty e Karaganda.Le nuove misure di contenimentopotrebbero rallentare anche l’inau-gurazione di un centro diurno dedi-cato ai bambini con sindrome diDown, realizzato da Caritas Kaza-khstan nella città di Almaty e finan-ziato dalle autorità locali. Il missio-nario, però, resta fiducioso e ritieneche «l’apertura sarà solo posticipa-ta», in quanto l’opera è stata forte-mente voluta dalla comunità cattoli-ca locale ma anche notevolmente

apprezzata dalle autorità e rappre-senta un fecondo esempio di part-nership tra istituzioni religiose e ci-vili, insieme impegnate per il benecomune del paese.

Fa suo l’invito evangelico a «nontemere» padre Giorgio Marengo,missionario della Consolata, di re-cente nominato da Papa Francescoprefetto apostolico di Ulaanbaatar:«Al di là del blocco delle attivitàpastorali e sociali — in un paese do-ve i casi di coronavirus sono comun-que decisamente limitati — la missio-ne non è un mestiere, ma un’op eradi Dio, una dimensione dello spiritoche in qualche modo trasfigura ognimissionario», osserva. Il protagoni-sta di ogni opera missionaria e diogni annuncio del Vangelo è lo Spi-rito santo e il blocco forzato impo-sto dalla pandemia — quando preti,religiosi e laici si trovano costretti

L’opera di Acs accanto ai cristiani perseguitati

Un soccorsoindisp ensabile

all’inattività — può servire a «far ri-scoprire l’essere al posto del fare, ladimensione interiore piuttosto chequella esteriore», spiega il prefettoapostolico notando che «sono sorteiniziative personali di fedeli e giova-ni in sostegno alla fede», spesso at-traverso i social network. Marengoricorda l’esperienza di san Paoloche, da prigioniero dice: «Non sonopiù io che vivo, ma è Cristo che vivein me», riconoscendo la fiorituradella fede in Mongolia, dove è rina-ta a partire dal 1992 e dove oggi vi-vono circa 1.300 battezzati, come

“dono di Dio” e restituendola al Si-g n o re .

Con lo stesso spirito i vescovi deipaesi dell’Asia centrale hanno vissu-to i propri esercizi spirituali, neltempo dell’isolamento e della crisisanitaria mondiale, in forma perso-nale, ognuno nella propria sede, mauniti in comunione di preghiera.Racconta il gesuita Anthony Corco-ran, amministratore apostolico delKyrgyzstan: «Abbiamo dovuto an-nullare l’appuntamento assembleare,ma abbiamo riflettuto e pregato in-tensamente qui a Bishkek, unendocispiritualmente a tutti coloro che so-no bloccati nelle proprie case o inun letto d’ospedale. Abbiamo segui-to gli esercizi spirituali secondo lamodalità di sant’Ignazio di Loyolaanche attraverso l’uso dell’applica-zione Skype, in modo che chiunquepotesse unirsi alla preghiera. Voglia-

mo dire che il coronavirus non avràl’ultima parola, sarà Gesù Cristo adaverla».

Ne è profondamente convinto an-che padre Andrzej Madej, che svol-ge servizio pastorale in Turkmeni-stan dal 1997, quando san GiovanniPa o l o II istituì la missio sui iuris nelpaese, dove oggi esiste una piccolaChiesa costituita da circa 250 fedeli.In una nazione con cinque milionidi abitanti al 90 per cento musulma-ni, la piccola comunità dei battezza-ti continua il suo percorso di cresci-ta: quattro persone stanno vivendoun percorso di preparazione ai sa-cramenti della riconciliazione e dellacomunione.

La comunità si riunisce, in tempinormali, nella cappella della Trasfi-gurazione del Signore, nella capitaleAshgabat, guidata da due sacerdotioblati di Maria Immacolata. «Du-rante il periodo di dominazionedell’Unione sovietica — racconta ilsuperiore della missio sui iuris — icattolici sono giunti in terra turkme-na da paesi come Polonia, Russia,Ucraina e consideravano la fede illoro valore più grande. Hanno pa-gato un grande prezzo per proteg-gerla dall’imposizione dell’ateismo.Oggi però si avverte la difficoltà ditrasmetterla ai loro figli. Il parados-so è che è più difficile trasmettere lafede in una situazione di libertàpiuttosto che nella repressione. No-nostante ciò, la nostra comunità,seppur lentamente, continua a cre-scere: se prima battezzavamo soloadulti, da poco il sacramento delbattesimo viene ricevuto anche daibambini», ha precisato.

Il cammino, spiega il religioso, èbasato sulla Parola di Dio. «I nostrifedeli sono molto legati alla letturadel Vangelo. Prima dell’e m e rg e n z acovid-19, gruppi biblici si incontra-vano per leggere la Parola di Dio siain cappella che nelle case. Celebria-mo ogni giorno l’Eucaristia in lin-gua russa e la domenica anche inlingua inglese». Negli ultimi tempi,si è fatta strada la necessità di ap-prendere il turkmeno e «se Dio vor-rà, un terzo sacerdote, sempre deglioblati di Maria Immacolata — auspi-ca padre Madej — potrà unirsi a noie, durante il suo primo anno di per-manenza, si dedicherà a studiare lalingua». Anche questo è un segno di“inculturazione” e di immersione inuna realtà, perché il seme evangelicopiantato possa fiorire e dare frutto.

ROMA, 30. Oltre 106 milioni di eurosono stati raccolti nel corso dell’ul-timo anno dalla fondazione di dirit-to pontificio, Aiuto alla Chiesa chesoffre (Acs), per sostenere i cristianiperseguitati in tutto il mondo. At-traverso le sue 23 sedi nazionali egrazie ad oltre 330.000 privati bene-fattori, Acs ha finanziato progettiper un totale di 111,2 milioni di eu-ro, grazie anche a circa 5 milioniprovenienti da donazioni dell’annofinanziario precedente.

Soddisfazione per il risultato rag-giunto è stata espressa dal presiden-te internazionale di Acs, il cardinalePenitenziere maggiore, Mauro Pia-cenza, il quale ha sottolineato cheproprio nel 2019, «l’anno che forseè stato più drammatico se si pensaallo Sri Lanka», sono stati finanzia-ti 5.230 progetti in 139 nazioni, 211iniziative in più rispetto al 2018,mentre le diocesi beneficiarie sonostate 1.162.

L’Africa è il continente che hausufruito del 29,6 cento dei fondi,grazie ai quali sono stati realizzati1.766 progetti. Un totale di oltre 3milioni di euro sono stati destinatia 121 progetti per la Nigeria, 91 peril Camerun e 52 per il Burkina Fa-so, nazioni in cui l’estremismo isla-mico e il terrorismo jihadista stannoseminando caos e disperazione. Un

totale di 3,3 milioni di euro, per larealizzazione di 268 progetti, sonoandati a beneficio della martoriataRepubblica Democratica del Con-go, afflitta da gravi conflitti che se-minano dolore nella quasi totale in-differenza internazionale.

Il 22,1 per cento dei fondi è statodestinato alle minoranze cristianeminacciate del Medio oriente. InSiria, i progetti sono stati 132, pre-valentemente aiuti di emergenza,per un totale di quasi 7,6 milioni.In Iraq, dopo la ricostruzione di ol-tre 6.000 abitazioni realizzatanell’anno precedente, il 2019 ha vi-sto l’inizio della riedificazione diluoghi di culto e di monasteri. Fra iprincipali 50 progetti iracheni ap-provati da Aiuto alla Chiesa chesoffre, per un totale di 5,6 milionidi euro, è particolarmente rilevantela ricostruzione della cattedrale Al-Tahira di Qaraqosh, la più grandechiesa cristiana del Paese.

Un’altra nazione oppressa daconflitti e povertà, ma spiritualmen-te molto ricca, è l’Ucraina. Ad essasono stati destinati quasi 300 pro-getti per oltre 4 milioni.

In America Latina, invece, lemaggiori preoccupazioni hanno ri-guardato il Venezuela, e per questoAcs ha finanziato 108 progetti percontribuire alla sopravvivenza dellaChiesa e della popolazione, oppres-se dalla grave crisi politico-econo-mica.

In Asia, le priorità della fonda-zione sono state le comunità cristia-ne minacciate dagli estremismi isla-mico e indù. In particolare, in Paki-stan sono stati realizzati progettiper oltre 905.000 di euro, mentrenella vicina India sono stati desti-nati oltre 5,2 milioni.

Nel 2019 i benefattori di Acshanno fornito sostegno attraverso leofferte per la celebrazione di1.378.635 messe, circa il 15,9 percento del totale delle donazioni. Isacerdoti così sostenuti sono stati40.096, circa 1 su 10 in tutto ilmondo. Per loro tramite sono statiaiutati anche i loro fedeli, mentre lereligiose che hanno beneficiato delsostegno di Acs sono state 13.000, iseminaristi circa 16.200.

Sempre nel corso del 2019, lafondazione di diritto pontificio haintensificato la propria attività disostegno dei cristiani perseguitatinelle sedi istituzionali internaziona-li, in particolare Nazioni Unite eUnione europea. Centinaia di mo-numenti sono stati illuminati di ros-so in quattro continenti per richia-mare la pubblica attenzione sulleviolazioni della libertà religiosa.

Il complesso dell’attività di Aiutoalla Chiesa che soffre nel 2019, co-me ogni anno, «non è semplice-mente un sostegno “solidaristico” —ha precisato il cardinale Piacenza —ma è un sostegno mosso dalla pre-ghiera e quindi dalla carità». Acs,secondo il cardinale, ha anche datoun grosso contributo al camminoverso il sacerdozio dei seminaristi,all’azione di suore e religiosi chenelle situazioni più disagiate cerca-no di portare i conforti cristiani,con la parola, con la preghiera econ le opere. Il porporato ha anchericordato, fra l’altro, «l’app oggiostraordinario del Santo Padre» allacampagna di preghiera organizzatanel 2019 dalla fondazione a favoredei cristiani di Siria.

Avviato in Siria un progetto per i giovani della Fondazione Opera Don Bosco di Milano

Unire le forze per fare il beneMI L A N O, 30. Una raccolta fondi per trasformarein realtà un sogno di tanti giovani siriani, cri-stiani e musulmani: costruirsi un futuro e met-tersi definitivamente alle spalle anni di sofferen-ze e di fragili speranze. È l’iniziativa, o meglioancora, la sfida lanciata dalla Fondazione OperaDon Bosco onlus di Milano che, in partnershipcon quella di Lugano, ha avviato un progetto ri-guardante la costruzione di un centro salesianoa Jaramana, quartiere popolare a maggioranzacristiana nell’area metropolitana di Damasco, incui migliaia di persone vivono in condizioni diestrema vulnerabilità e povertà. Qui i salesianianimano una parrocchia e un piccolo centro gio-vanile che accoglie un numero rilevante di bam-bini e ragazzi che arrivano — e arrivavano anchedurante i giorni più intensi di combattimenti —da molte zone della città. La nuova struttura,per la quale è già stato acquistato un primo ter-reno ora in fase di ampliamento, si aggiungerà aparrocchia e centro salesiano permettendo di«ampliare e migliorare gli spazi adibiti alle atti-vità sportive e offrendo la possibilità di estende-re l’impegno educativo e il bacino di giovani be-neficiari anche in ambito formativo», è scrittosul sito dell’o rg a n i s m o .

Numerosi gli edifici che sorgeranno all’internodel complesso: un centro di formazione profes-sionale che assicurerà a giovani e adulti in con-dizioni di disagio sociale di Jaramana percorsieducativi tecnico-professionali in vari campi ac-curatamente scelti per soddisfare le esigenze delmercato locale. I destinatari del progetto potran-no scegliere tra una varietà di programmi di di-verso livello e indirizzo a seconda del back-ground e delle competenze di base. Attraversol’offerta di borse di studio e costi commisuratialle possibilità economiche individuali, si garan-tirà la possibilità di accesso ai più bisognosi emeritevoli. Previsti inoltre un ambulatorio medi-co “so ciale” aperto sia agli studenti e a coloroche frequentano l’oratorio sia all’intera collettivi-tà della zona, garantendo l’offerta di adeguatiservizi sanitari di base soprattutto alle fasce so-

ciali più povere. La struttura sarà attrezzata peril primo intervento, per visite mediche speciali-stiche, odontoiatriche e oculistiche. A ciò si ag-giungono anche un luogo di incontro giovanilecostruito per ospitare oltre un migliaio di bam-bini e giovani e dedicato allo svolgimento di at-tività pastorali (catechismo, ritiri, animazione,incontri di formazione e condivisione), ludico ri-creative (teatro, musica, giochi, feste) ed educa-tive (doposcuola); una chiesa in grado di acco-gliere circa settecento fedeli, un auditorium mul-tifunzionale per ospitare eventi e iniziative delcentro giovanile, di quello di formazione profes-sionale, di eventuali gruppi salesiani ed ancheesterni, e per svolgere ritiri spirituali, conven-tion, convegni e conferenze, oltre a campi dagioco sportivi, una palestra e un’area verde. Un

impegno complesso e affascinante ma anche ar-duo dal punto di vista dei costi, spiegano i re-sponsabili del programma, che però non hannotimori sul raggiungimento degli obiettivi: «Lacosa importante — sottolineano — è non fermarsiall’aspetto economico, ma provare a ribaltare laprospettiva, partendo dal sogno e unendo le for-ze per fare del bene».

Da questa visione, infatti, è partito il percorsoper ridare la fiducia nel cambiamento, in unpaese dilaniato negli ultimi anni da un conflittosenza fine e ancora alle prese con una situazionepotenzialmente esplosiva generata anche dallapandemia di coronavirus. Situazione che non halasciato indifferente l’oratorio Don Bosco diAleppo il quale ha distribuito gratuitamenteventimila mascherine, prodotte da quindici vo-

lontari, a bambini e ragazziche frequentano il centro sa-lesiano e quelli catechisticidella città, e ai giovani deglialtri oratori del paese, a Da-masco e Kafroun. «Don Bo-sco stesso sperimentòun’epidemia simile a quellache viviamo oggi — hannoaffermato i promotori dell'i-niziativa — quando nell’O t-tocento scoppiò l’epidemiadi colera a Torino: insiemeai suoi figli spirituali e amamma Margherita vissequel periodo in un autenticospirito di servizio verso i piùbisognosi, e lui stesso e isuoi ragazzi poterono speri-mentare per primi l’accom-pagnamento della Provvi-denza. Oggi, ai nostri tempi,la nostra risposta è stataun’idea attuale e pragmaticache potesse rispondere alleesigenze delle famiglie, deigiovani e dei bambini».

La cattedrale ortodossa dell'Ascensione di Almaty, in Kazakhstan

Page 7: Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “b ene”

L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020 pagina 7

Una risposta sinodaleal grido della Terra

Nata la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia

QU I T O, 30. È nata online (cometante cose realizzate in questo tem-po di pandemia), nella solennità deisanti Pietro e Paolo, come «atto disperanza unito al magistero di PapaFrancesco, che ha accompagnato davicino tutto il processo». La costitu-zione della Conferenza ecclesialedell’Amazzonia è frutto di quattrogiorni di lavoro, dal 26 al 29 giu-gno, di un’assemblea che ha riunitosul web, da luoghi diversi del piane-ta, i presidenti del Consiglio episco-pale latinoamericano (Celam), arci-vescovo Héctor Miguel Cabrejos Vi-darte, e della Rete ecclesiale pana-mazzonica (Repam), cardinale Cláu-dio Hummes, i vescovi dei territoriamazzonici, rappresentanti della Ca-ritas e dei popoli originari. «In que-sti tempi difficili ed eccezionali perl’umanità, mentre la pandemia col-pisce con forza la regione panamaz-zonica e le realtà di violenza, esclu-sione e morte contro il bioma e ipopoli che lo abitano reclamanoun’urgente quanto imminente con-versione integrale, la Conferenza ec-clesiale dell’Amazzonia — recita ladichiarazione ufficiale — vuole esse-re una buona notizia e una rispostaopportuna al grido dei poveri e del-la sorella madre Terra, così comeuno strumento efficace per assume-re, a partire dal territorio, molte del-le proposte nate nell’Assemblea spe-ciale del Sinodo dei vescovi per laregione panamazzonica, celebratanell’ottobre 2019, e un ponte cheanimi altre reti e iniziative ecclesialie socio-ambientali a livello conti-nentale e internazionale».

Ha trovato dunque risposta laproposta dei padri sinodali di creareun organismo episcopale che pro-muova la sinodalità tra la Chiesadella regione panamazzonica, «aiutia delineare il volto amazzonico dellaChiesa» e «continui nell’impegno ditrovare nuovi cammini per la mis-sione evangelizzatrice» (Documentofinale del Sinodo per l’Am a z z o n i a ,115). Come ha trovato risposta la ri-chiesta di Papa Francesco, unito aisuoi quattro sogni per questo terri-torio e per la Chiesa tutta, espressinell’esortazione apostolica postsino-dale Querida Amazonia «che i pasto-ri, i consacrati, le consacrate e i fe-

deli laici dell’Amazzonia si impegni-no nella sua applicazione» (4).

Questa assemblea realizzata gra-zie ai canali digitali è stata «una no-vità dello Spirito e si inserisce inquesto k a i ró s di speranza che conti-nua il percorso sinodale per aprirenuovi cammini per la Chiesa e perun’ecologia integrale nella regionepanamazzonica». E non è un casoche la nascita della Conferenza ec-clesiale dell’Amazzonia avvenga nelgiorno dedicato ai santi Pietro ePaolo: si tratta di un segno speciale,di un gesto «della loro vocazione aporsi al servizio della Chiesa, dellaloro opzione profetica e della loroazione missionaria in uscita che sor-ge come una chiamata ineludibiledel tempo presente». Ma è inoltre«un gesto di azione di grazie per ilservizio del Santo Padre», un attodi speranza.

La composizione dell’assembleariflette «l’unità nella diversità» dellaChiesa e la sua chiamata a una sem-pre maggiore sinodalità. Unitàespressa anche «dalla preziosa pre-senza e dall’accompagnamento per-manente da parte di importantiesponenti della Santa Sede che spe-rimentano una relazione diretta euna forte vicinanza con il Sinodo

sull’Amazzonia e con la missionedella Chiesa in questo territorio. At-teggiamento che senza dubbio con-tinueranno ad avere, accompagnan-do, dai loro rispettivi incarichi, que-sti nuovi cammini». La votazionesul nome (Conferenza ecclesialedell’Amazzonia) e su identità, com-posizione e regole generali di fun-zionamento (statuto) è stata rag-giunta in modo unanime. A capodel nuovo organismo è stato elettoil cardinale Hummes, mentre monsi-gnor David Martínez de AguirreGuinea, vicario apostolico di PuertoMaldonado, è stato nominato vice-presidente. Per il comitato esecutivosono stati scelti monsignor EugenioCoter, vicario apostolico di Pando,come vescovo rappresentante delleconferenze episcopali del territorioamazzonico, insieme alle presidenzedelle istanze ecclesiali regionali cheaccompagneranno questo processoin modo organico (Celam, Repam,Clari, Caritas ALyC) e ai tre rappre-sentanti dei popoli originari desi-gnati ovvero Patricia Gualinga per ilpopolo Kichwa-Sarayakú (Ecua-dor), suor Laura Vicuña Pereira peril popolo Kariri (Brasile) e Delio Si-ticontzi per il popolo Asháninka( Pe r ú ) .

Dalla Cei una lettura biblico-spirituale dell’esperienza della pandemia

Germi di risurrezioneROMA, 30. Un’impiegata, uno stu-dente, un bambino, un avvocato, uncappellano, un medico, una casalin-ga, un adolescente, un volontario,una segretaria: sono le loro voci, leloro brevi, intense testimonianze adaprire il documento «È risorto il ter-zo giorno». Una lettura biblico-spiri-tuale dell’esperienza della pandemia,traccia di riflessione elaborata dallaCommissione episcopale per la dot-trina della fede, l’annuncio e la cate-chesi della Cei per accompagnareequipe diocesane, catechisti e quantisono impegnati sul fronte dell’ini-ziazione cristiana e del messaggioevangelico. Un testo — spiega unanota di presentazione — destinato acredenti e non credenti, che prendele mosse da un ascolto attento dellepaure, dei bisogni e delle attese del-le persone che, nel proprio contestoe con i propri strumenti, si sono tro-vate ad affrontare l’emergenza sani-taria da covid-19. Persone che pon-gono interrogativi sulla sofferenza,sul disorientamento e sulla morte,ma che testimoniano anche la capa-cità di resilienza, la creatività e la ri-scoperta della dimensione domesticadella fede.

È con lo spirito del concilio Vati-cano II (si cita la costituzione pasto-rale Gaudium et spes, sulla Chiesanel mondo contemporaneo), conapertura di cuore, «che vogliamo la-sciarci interrogare sulle conseguenzeche segnano il nostro Paese — e nonsolo — all’indomani della pandemiada coronavirus. Rivolgendoci ideal-mente sia ai credenti che ai non cre-denti, come pastori intendiamo pro-porre una “lettura spirituale e bibli-ca” di questa esperienza, che ci ri-guarda tutti in primo luogo comepersone umane». Per i cristiani, inparticolare, «lo sguardo su ogni av-venimento della vita passa attraver-so la lente del mistero pasquale, checulmina nell’annuncio che Cristo “èrisorto il terzo giorno” (1 Corinzi, 15,4). Lì, in quel momento, «per noi iltempo degli uomini e l’eternità diDio si sono incontrati, divenendo ilcentro della storia, il criterio fonda-mentale, la chiave interpretativadell’intera realtà».

È tempo di ascoltare la voce delloSpirito, di approfondire la verità diquanto accade, facendo tesoro dellepagine della Bibbia. Nella traccia, lacommissione della Conferenza epi-scopale italiana colloca gli eventi re-centi sullo sfondo del mistero pa-squale di Gesù: dal dramma del Ve-nerdì della morte in croce sino allasperanza della Domenica di risurre-zione, attraverso il silenzio del Sa-bato della deposizione nel sepolcro,evidenziando che «una lettura pa-squale dell’esperienza della pande-mia non può prospettare il sempliceritorno alla situazione di prima». Lacroce e il sepolcro, infatti, «possonodiventare cattedre che insegnano atutti a cambiare, a convertirsi, a pre-stare orecchio e cuore ai drammicausati dall’ingiustizia e dalla vio-

lenza, a trovare il coraggio di porregesti divini nelle relazioni umane:pace, equità, mitezza, carità». Sonoquesti «i germi di risurrezione, ilampi della Domenica, che rendonoconcreto e credibile l’annuncio dellavita eterna». Ecco perché, nell’ascol-tare e dare dignità all’umanità ferita,la Commissione episcopale rilancial’invito di Papa Francesco a racco-gliere la sfida dell’audacia e dellacreatività nel «ripensare gli obiettivi,le strutture, lo stile e i metodi evan-gelizzatori delle proprie comunità»(Evangelii gaudium, 33), per riparti-re, conclude l’organismo della Cei,in un cammino creativo, «come co-munità ecclesiale sui passi dell’uo-mo del nostro tempo, animati da te-nerezza e comprensione, da unasperanza che non delude».

Una linea telefonicaper sostenere le famiglie

ROMA, 30. Un numero di telefonoe un’indirizzo di posta elettronica,centinaia di operatori sparsi in tut-ta Italia, e un solo obiettivo: ascol-tare i bisogni delle famiglie e sup-portarle in questa fase delicata del-la ripartenza, segnata dall’incertez-za, dalle difficoltà economiche, daproblematiche legate alla disabili-tà: parte il 1° luglio Rete che ascol-ta, il progetto della Chiesa italianache collega attualmente 63 consul-tori familiari e mette a disposizio-ne le competenze di 309 operatoriattraverso il numero 06.81159111 e,per le persone con disabilità, attra-verso l’indirizzo mail [email protected].

L’iniziativa è promossa dall’Uf-ficio nazionale della Cei per la pa-storale della famiglia, dal Servizionazionale per la pastorale dellepersone con disabilità e dalla Cari-tas italiana, in collaborazione conla Conferenza dei consultori fami-

liari di ispirazione cristiana el’Unione consultori italiani prema-trimoniali e matrimoniali. Il pro-getto intende essere «una forma diprossimità alle tante persone che,nella fase 2 e 3 della pandemia, vi-vono situazioni di disorientamentoe disagio, oltre che l’offerta di unservizio reticolare a 360°». Chi ri-correrà al servizio troverà dal lune-dì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle15 alle 19, un consulente formatoall’ascolto, in particolare a quellotelefonico, che potrà offrire un so-stegno attraverso tre modalità: in-dividuare una soluzione al proble-ma nell’immediato; indirizzare alConsultorio attivo sul territorioper avviare percorsi specifici; op-pure, in caso di problemi afferentialle sfere della povertà e/o dell’as-sistenza, reindirizzare allo sportelloCaritas o ad un’equipe della pasto-rale per le persone con disabilità.

La visita a Sofia del cardinale Ayuso in una prospettiva ecumenica e interreligiosa

La Bulgaria si rilanciacome laboratorio di dialogo

«Accanto ai santi Pietro e Paolo,trovandomi qui in Bulgaria, vorreidire quanto ci può essere d’aiutol’esempio dei fratelli Cirillo e Meto-dio: sono stati ponti che collegava-no l’Oriente e l’Occidente, hannounito culture e tradizioni differentiin una ricca eredità per l’intera fa-miglia umana superando l’odio conil bene e praticando la carità e lagiustizia». È a Sofia, con un ab-braccio ecumenico e interreligioso,che il cardinale Miguel Ángel Ayu-so Guixot ha celebrato la solennitàdei santi Pietro e Paolo durante ilsuo viaggio — da sabato 27 giugno amercoledì 1° luglio — in Bulgaria.

Presiedendo la celebrazione euca-ristica nella concattedrale latina diSan Giuseppe, nel pomeriggio didomenica 28, il presidente del Pon-tificio Consiglio per il dialogo inter-religioso ha rilanciato l’attualità del-la testimonianza dei due santi fratel-li Cirillo e Metodio, «che PapaFrancesco, durante il suo viaggioapostolico in Bulgaria, ha definito“uomini santi e dai grandi sogni”» eche san Giovanni Paolo II pro clamòcompatroni d’E u ro p a .

«Chiediamo a Dio — ha detto ilcardinale Ayuso nell’omelia — che,anche attraverso l’intercessione diquesti testimoni della fede, sostengai passi del nostro cammino di disce-poli e ci faccia essere, a nostra volta,testimoni della luce della verità per-ché possiamo dire insieme a sanPaolo: “Ho combattuto la buonabattaglia, ho terminato la corsa, hoconservato la fede”».

Il presidente del dicastero haquindi affidato il dialogo tra tutti«gli uomini di buona volontà»all’intercessione della «Beata Vergi-ne Maria venerata qui come Ma-donna di Nesebar — tanto cara aPapa Roncalli — che, come ha ricor-dato Papa Francesco durante il Re-gina Caeli recitato qui a Sofia, si-gnifica “Porta del cielo”».

Con il cardinale Ayuso hannoconcelebrato, tra gli altri, l’a rc i v e -scovo Anselmo Guido Pecorari,nunzio apostolico in Bulgaria; mon-signor Christo Proykov, eparca diSan Giovanni XXIII di Sofia e presi-dente della Conferenza episcopaleinterrituale della Bulgaria; monsigorGeorgi Yovchev, vescovo di Sofia-Plovdiv; monsignor Strahil Kavale-nov, vicario generale della diocesidella Nicopoli in rappresentanza delvescovo Petko Christov, e alcuni sa-cerdoti dei due riti. La concattedraleè affidata a tre religiosi cappuccinip olacchi.

Nell’omelia il cardinale ha anchesuggerito una meditazione «su treparole che il Signore ci ha rivoltonelle letture che abbiamo ascoltato:alzarsi; salvezza; risposta persona-le». L’incontro con Gesù, ha spiega-to, «comporta proprio di alzarcidalla nostra vita mediocre, dal no-stro peccato, dai nostri ritardi; alzar-ci e fare in fretta».

Indicando l’attualità della testi-monianza degli apostoli, ha poi ri-cordato che «il ministero di Pietrosi perpetua nel vescovo di Roma.Egli, in quanto successore di Pietroe vescovo di Roma “è il perpetuo evisibile principio e fondamentodell’unità sia dei vescovi sia dellamoltitudine dei fedeli”», come fapresente il Catechismo della Chiesacattolica.

«Oggi quindi — ha affermato ilporporato — è il giorno per pregaree ringraziare Dio per la persona e ilministero del Papa; per ravvivare esuscitare in noi l’apprezzamento ef-fettivo e affettivo per lui e per il suoeminente magistero rivolto a tutti; per pensare al ruolo insostituibile earduo del Papa per tutta la Chiesa eper ogni cristiano».

Nel corso della sua visita a Sofia,il cardinale Ayuso ha anzitutto in-contrato, nel pomeriggio di sabato27 giugno, il patriarca ortodossoNeofit, nell’aula del Santo Sinodo.Erano presenti il vescovo Policarpo,vicario generale del metropolia diSofia, e il vescovo Gerasimo, segre-

tario del Santo Sinodo e presidentedella cattedrale patriarcale Sant’Ale-xander Nevski.

Lunedi 29 giugno il cardinale havisitato la cattedrale della metropo-lia ortodossa di Santa Nedelya, perpoi visitare la vicina facoltà di Teo-logia e, in particolare, il dipartimen-to Religione in Europa dove si svol-gono corsi sulle varie religioni tenu-ti da docenti cattolici, musulmanied ebrei. Ad accogliere il cardinale èstato il decano della Facoltà, IvayloNaydenov, che è ortodosso.

Non è mancato, nella sede dellanunziatura, l’incontro con GeorgGeorgiev, vice ministro degli Affariesteri, competente per le questionisulle libertà religiose e i diritti uma-ni, e con Plamen Bonchev, direttoregenerale della direzione degli Affariglobali.

Martedì 30 giugno, infine, il car-dinale ha incontrato il gran mufti,Mustafa Hadzi, nella sede del lea-der musulmano. E, successivamente,ha accolto in nunziatura i tre rap-presentanti dell’Alleanza protestan-te. Quindi il porporato ha visitatola sinagoga di Sofia, dove è statoaccolto da Sofia Cohen, responsabi-le della comunità ebraica di Bulga-ria, e da Alexander Oscar, presiden-te dell’associazione Shalom che riu-nisce gli ebrei in Bulgaria. Il rientrodel cardinale Ayuso in Vaticano èprevisto per la mattina di mercoledì1° luglio.

Oltre 60.000 pasti distribuiti dalla Chiesa in Messico

Una risposta alla crisi socialeCITTÀ DEL ME S S I C O, 30. Grandepartecipazione dei messicani all’ini-ziativa di solidarietà Famiglie senzafame, lanciata dalla Commissioneepiscopale della pastorale sociale.Una mobilitazione che finora haconsentito di fornire oltre 60.000pasti a nuclei famigliari in difficoltà.

La campagna ha come scopo laraccolta di beni alimentari e di me-dicine per sfamare e curare personeche, a causa della crisi provocatadalla pandemia da covid-19, sono ri-maste senza lavoro o senza stipen-dio. Come in tanti altri Paesi lati-noamericani, molti precari non rie-scono a guadagnare il salario di unagiornata lavorativa e quindi non so-no in grado di portare cibo alle lorofamiglie. In queste ultime settimanein America Latina la pandemia con-tinua a essere sempre più minaccio-sa. Secondo i dati della John Hop-kins University, in Messico le perso-ne infette da covid-19 hanno supera-to i 220.000, mentre i decessi sonopiù di 27.100. Pensionati soli o an-che con le loro famiglie, dinanziall’emergenza sanitaria e con gliospedali al collasso dinanzi al co-vid-19, hanno deciso addirittura dipartire verso gli Stati Uniti. Ed èproprio in queste situazioni di emer-genza che la Chiesa locale sta cer-cando in tutti i modi di andare in-contro alle esigenze della popolazio-ne. Infatti, l’iniziativa di solidarietàFamiglie senza fame ha rappresenta-to una delle risposte più convincentialla grave crisi sociale ed economicaprovocata dalla pandemia. In totale,informa una nota dell’episcopatomessicano, sono stati oltre 140 mi-

lioni i pesos (pari a circa 5 milioni emezzo di euro) raccolti online, at-traverso il sito www.donadespen-sas.mx, che hanno permesso di do-nare oltre 61.000 pasti ai nuclei fa-miliari più bisognosi. Al contempo,però, i vescovi sottolineano chel’emergenza non è finita: «Attraver-so la Caritas nazionale, abbiamo ri-cevuto altre 68.000 richieste di aiutoda diverse parti del Paese — spiega-no — il che significa che servono ul-teriori fondi per consegnare altri sei-mila pasti alle famiglie in stato dinecessità». Di qui, i presuli rinnova-no l’appello «affinché ciascuno ade-risca al nostro impegno solidale inmodo generoso, continuando a do-nare e ad aiutare i più bisognosi».

Sempre attraverso i social media,si continua a partecipare alla messae a diversi incontri di riflessione epreghiera, i sacerdoti continuano adandare negli ospedali e nelle struttu-re di accoglienza per anziani per

portare un messaggio di solidarietàe di amore cristiano ai malati e allepersone sole senza famiglia.

Per poter a raggiungere più per-sone possibili, Caritas Messico hadelegato alla gestione della catenadi solidarietà tutti i suoi sforzi, arti-colati in 74 centri diocesani e 850referenti parrocchiali. Inoltre, il nu-mero verde nazionale è stato recen-temente «integrato da un servizio disupporto psicologico, poiché a cau-sa della quarantena sono aumentatii casi di violenza domestica».All’iniziativa dei vescovi hanno ade-rito anche diverse associazioni d’im-presa, numerosi movimenti laicalicattolici e molte ong internazionali.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

Comunicatodella Sala stampa della Santa Sede

A seguito della recente promulgazione del motu proprio Sulla trasparen-za, il controllo e la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione dei cont ra t t ipubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, Papa France-sco, lunedì 29 giugno, ha nominato commissario straordinario per laFabbrica di San Pietro il nunzio apostolico monsignor Mario Giordana.Lo ha reso noto, la mattina di martedì 30 giugno, la Sala stampa dellaSanta Sede che, in un comunicato, specifica che il Pontefice ha affidatoall’arcivescovo l’incarico di aggiornare gli Statuti, fare chiarezza sull’am-ministrazione e riorganizzare gli uffici amministrativo e tecnico dellaFabbrica. In questo delicato compito il commissario sarà coadiuvato dauna commissione.

Tale scelta — si legge ancora nel comunicato — segue anche una segna-lazione proveniente dagli uffici del revisore generale, che ha portato, nel-la stessa mattina di martedì, all’acquisizione di documenti e apparati elet-tronici presso gli uffici tecnico e amministrativo della Fabbrica di SanPietro. Quest’ultima operazione è stata autorizzata con decreto del pro-motore di Giustizia del Tribunale, Gian Piero Milano, e dell’aggiunto,Alessandro Diddi, previa informativa alla Segreteria di Stato.

Messaggio alla Catholic Press Association

I media cattolici uniticontro razzismo e ingiustizia

Lettera della Congregazione per la dottrina della fede

L’eutanasiare s t a

un atto inammissibile

Il tempo che stiamo vivendo tra rischi e speranzeCO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Pubblichiamo la lettera che il cardina-le prefetto della Congregazione per ladottrina della fede ha indirizzato alsuperiore generale dei Fratelli dellaCarità, René Stockman, in merito allaquestione dell’eutanasia negli ospedalipsichiatrici della medesima congrega-zione del Belgio.

Reverendissimo Fr. Renè, SuperioreGenerale

nel marzo 2017, sul sito del ramobelga della Congregazione dei“Fratelli della Carità”, è stato pub-blicato un documento che ammette— a certe condizioni — la prassidell’eutanasia in una struttura ospe-daliera cattolica. Tale prassi, soste-nuta dall’Associazione P ro v i n c i a l a tdes Frères de la Charité asbl, si basafondamentalmente su tre criteri: lainviolabilità della vita, l’autonomiadel paziente e il rapporto di cura.Un tale documento, però, non fariferimento né a Dio, né alla SacraScrittura, né alla visione cristianadell’uomo.

La Congregazione per la Dottri-na della Fede ha scritto al Superio-re Generale, che aveva già disap-provato tale documento, chiedendodelucidazioni e nell’Udienza del 20maggio 2017, l’allora Prefetto delDicastero ha informato il Santo Pa-dre circa la gravità del caso.

Dal 27 giugno 2017 e fino ad ora,si sono susseguiti i contatti e gli in-contri tra la Congregazione per laDottrina della Fede, la Congrega-zione per gli Istituti di Vita Consa-crata e le Società di Vita Apostoli-ca, la Segreteria di Stato, i Rappre-sentanti dei Fr è re s e dell’Asso ciazio-ne Provincialat des Frères, come pu-re i Rappresentanti della Conferen-za Episcopale Belga, intesi ad offri-re occasioni e spazi di dialogo suun tema estremamente delicato e ditrovare, così, in spirito di sinceraecclesialità, una convergenza sullaDottrina cattolica in merito.

Vanno ricordate le numerose riu-nioni interdicasteriali del 31 agostoe del 7 novembre 2017, del 1° feb-braio, 15 marzo, 20 giugno e 12 ot-tobre del 2018 e del 20 luglio 2019,la lettera di questo Dicastero al Su-periore Generale dei Fr è re s del 30giugno 2017, il documento Principida rispettare nell’accompagnamentodei pazienti negli ospedali psichiatricie l’incontro allargato a Roma del 21marzo 2018. In questa sede, il Se-gretario di Stato e i Prefetti dellaCongregazione per la Dottrina del-la Fede e della Congregazione pergli Istituti di Vita Consacrata e leSocietà di Vita Apostolica hannochiesto ai Rappresentanti dei Fr è re se dell’Associazione Provincialat desFrères di affermare per iscritto e inmodo inequivocabile la loro adesio-ne ai principi della sacralità dellavita umana e dell’inaccettabilitàdell’eutanasia, e, come conseguen-za, il rifiuto assoluto di eseguirlanelle istituzioni da essi dipendenti.Purtroppo, le risposte pervenutenon hanno dato assicurazioni suquesti punti.

L’eutanasia resta un atto inam-missibile, anche in casi estremi, per-ché «è una grave violazione dellaLegge di Dio, in quanto uccisionedeliberata moralmente inaccettabiledi una persona umana. Tale dottri-na è fondata sulla legge naturale esulla Parola di Dio scritta, è tra-smessa dalla Tradizione della Chie-sa ed insegnata dal Magistero ordi-nario ed universale» (GiovanniPa o l o II , Evangelium vitae, n. 65).

Da parte sua, Papa Francesco haaffermato che «il contesto socio-culturale attuale sta progressiva-mente erodendo la consapevolezzariguardo a ciò che rende preziosa lavita umana. Essa, infatti, semprepiù spesso viene valutata in ragionedella sua efficienza ed utilità, alpunto da considerare “vite scartate”o “vite indegne” quelle che non ri-spondono a tale criterio. In questasituazione di perdita degli autenticivalori, vengono meno anche i dove-ri inderogabili della solidarietà edella fraternità umana e cristiana.In realtà, una società merita la qua-lifica di “civile” se sviluppa gli anti-corpi contro la cultura dello scarto;se riconosce il valore intangibiledella vita umana; se la solidarietà è

fattivamente praticata e salvaguar-data come fondamento della convi-venza» (Fr a n c e s c o , Discorso ai par-tecipanti all’Assemblea Plenaria dellaCongregazione per la Dottrina dellaFe d e , 30 gennaio 2020). Ha ribaditoinoltre, che «l’approccio relazionale— e non meramente clinico — con ilmalato, considerato nella unicità eintegralità della sua persona, impo-ne il dovere di non abbandonaremai nessuno in presenza di mali in-guaribili. La vita umana, a motivodella sua destinazione eterna, con-serva tutto il suo valore e tutta lasua dignità in qualsiasi condizione,anche di precarietà e fragilità, e co-me tale è sempre degna della massi-ma considerazione» (ibidem).

In queste ultime parole, PapaFrancesco tocca il tema della “com-passione”, che sempre più si invocadall’opinione pubblica a giustifica-zione dell’eutanasia.

Già Giovanni Paolo II chiarivainequivocabilmente che l’eutanasiaè «una falsa pietà, anzi una preoc-cupante “p erversione” di essa: la ve-ra “compassione”, infatti, rende so-lidale col dolore altrui, non soppri-me colui del quale non si può sop-portare la sofferenza. E tanto piùperverso appare il gesto dell’eutana-sia se viene compiuto da coloro che— come i parenti — dovrebbero assi-stere con pazienza e con amore illoro congiunto o da quanti — comei medici — per la loro specifica pro-fessione, dovrebbero curare il mala-to anche nelle condizioni terminalipiù penose» (Evangelium vitae, n.66).

In sintesi dunque, l’insegnamen-to cattolico afferma il valore sacrodella vita umana; l’importanza dellacura e dell’accompagnamento deimalati e dei disabili; il valore cri-stiano della sofferenza; l’inaccetta-bilità morale dell’eutanasia; l’im-possibilità di introdurre tale praticanegli Ospedali cattolici, nemmenoin casi estremi, come pure di colla-borare al riguardo con le istituzionicivili.

Pare evidente che la posizionedel gruppo dei Fratelli della Caritàin Belgio non risponde a tali princi-pi. Essa infatti: 1.) rifiuta l’assolu-tezza del rispetto per la vita, ovveromette in dubbio che la vita di unessere umano innocente debba esse-re rispettata “s e m p re ”, lasciandoaperta la possibilità di eccezioni; 2.)per ciò che riguarda l’imp ortanzadella cura e dell’accompagnamentodei pazienti psichiatrici, si riferiscealla legge belga sull’eutanasia,aprendone in modo chiaro la possi-bilità per i pazienti psichiatrici nonterminali; 3.) lascia al medico la re-sponsabilità e il diritto di accettarela richiesta di eutanasia o di rifiu-tarla (“atto medico”), escludendocosì la scelta dell’Ospedale; 4.)mantiene la possibilità dell’eutana-sia all’interno dell’Istituto con lagiustificazione di evitare ai familiarila fatica di dover trovare un’altrasoluzione.

Anche il rapporto del VisitatoreApostolico, Sua Ecc.za Mons. JanHendriks, non ha registrato passi inavanti, in quanto da esso si evincela profonda difficoltà a mantenere illegame tra le opere e la Congrega-zione dei Fratelli della Carità, dalmomento che i responsabili non ac-cettano l’impegno a trovare una so-luzione praticabile che eviti ogniforma di responsabilità dell’istitu-zione per l’eutanasia.

Pertanto, al termine di questolungo e sofferto cammino e consta-tando la mancanza di volontà di ac-cettare la Dottrina cattolica in meri-to all’eutanasia, pur con profondatristezza, si comunica che gli Ospe-dali psichiatrici gestiti dall’Asso cia-zione Provincialat des Frères de laCharité asbl in Belgio non potrannopiù, d’ora innanzi, ritenersi enti cat-tolici.

Profitto volentieri della circostan-za per confermarmi con sensi di re-ligioso ossequio.

LUIS F. Card. LADARIA, S.I.P re f e t t o

GIACOMO MORANDIArcivescovo titolare di Cerveteri

S e g re t a r i o

Un appello all’impegno «per superarele malattie del razzismo, dell’ingiustiziae dell’indifferenza che deturpano ilvolto della nostra famiglia comune» èstato rivolto dal Papa agli operatoridella comunicazione cattolica in unmessaggio inviato nel pomeriggio dimartedì 30 giugno ai membri dellaCatholic Press Association in occasionedella sua annuale conferenza. Nepubblichiamo di seguito il testoitaliano.

Ai membridella Catholic Press Association

Quest’anno, per la prima volta nellastoria, l’Associazione della StampaCattolica terrà la sua annuale Con-ferenza in modalità virtuale, a causadell’attuale situazione sanitaria. Per-mettetemi innanzitutto di esprimerela mia vicinanza a quanti sono staticolpiti dal virus e a quanti, anche arischio della propria vita, si sonoprodigati e continuano a impegnarsiper assistere i nostri fratelli e sorellenel momento del bisogno.

Il tema scelto per la Conferenzadi quest’anno, Together While Apart,esprime in modo eloquente il sensodi unione emerso, paradossalmente,dall’esperienza della distanza socialeimposta dalla pandemia. Nel Mes-saggio per la Giornata Mondialedelle Comunicazioni Sociali delloscorso anno, riflettevo su come lacomunicazione ci permette di essere,come dice San Paolo, “membra gliuni degli altri” (cfr. Ef 4, 25), chia-mati a vivere in comunione all’inter-no di una rete di relazioni in conti-nua espansione. Una verità che, acausa della pandemia, tutti noi ab-biamo apprezzato più pienamente.In effetti, l’esperienza di questi ulti-mi mesi ha dimostrato quanto siaessenziale la missione dei media pertenere unite le persone, accorciando

le distanze, fornendo le informazioninecessarie e aprendo le menti e icuori alla verità.

È stata proprio questa presa dicoscienza che ha portato alla crea-zione dei primi giornali cattolici nelvostro Paese, oltre al costante inco-raggiamento offerto dai pastori dellaChiesa. Questo è evidente nel casodel Catholic Miscellany, pubblicatonel 1822 a Charleston dal VescovoJohn England seguito da molti gior-nali e periodici. Oggi, come allora,le nostre comunità hanno bisogno digiornali, radio, tv e social media percondividere, comunicare, informareed unire.

E pluribus unum, l’ideale dell’uni-tà in mezzo alla diversità, nel mottodegli Stati Uniti, deve ispirare ancheil servizio che offrite al bene comu-ne. Questo bisogno è ancora più ur-gente oggi, in un’epoca caratterizza-ta da conflitti e polarizzazioni dacui non sembra essere immune nep-pure la comunità cattolica. Abbiamobisogno di media capaci di costruireponti, difendere la vita e abbattere imuri, visibili e invisibili, che impedi-scono il dialogo sincero e la vera co-municazione tra le persone e le co-munità. Abbiamo bisogno di mediache possano aiutare le persone, so-prattutto i giovani, a distinguere ilbene dal male, ad elaborare giudizicorretti, basati su una presentazionedei fatti chiara ed imparziale, a com-prendere l’importanza di impegnarsiper la giustizia, la concordia socialee il rispetto della casa comune. Ab-biamo bisogno di uomini e donne diprincipio che proteggano la comuni-cazione da tutto ciò che la potrebbedistorcere o piegare ad altri scopi.

Vi chiedo, allora, di essere uniti esegno di unità anche tra di voi. Imedia possono essere grandi o pic-coli, ma nella Chiesa non sono que-ste le categorie che contano. Nella

Chiesa tutti siamo stati battezzatinell’unico Spirito e fatti membri diun solo corpo (cfr. 1 Cor 12, 13). Co-me in ogni corpo, sono spesso lemembra più piccole quelle che allafine sono necessarie. Così è con ilcorpo di Cristo. Ognuno di noi,ovunque si trova, è chiamato a con-tribuire, attraverso la professionedella verità nell’amore, alla crescitadella Chiesa verso la piena maturitàin Cristo (cfr. Ef 4, 15).

Sappiamo che la comunicazionenon è solo una questione di compe-tenza professionale. Il vero comuni-catore dedica tutto se stesso o sestessa al benessere degli altri, adogni livello, dalla vita di ogni indivi-duo alla vita dell’intera famigliaumana. Non possiamo veramente

comunicare se non veniamo coinvol-ti in prima persona, se non attestia-mo personalmente la verità del mes-saggio che trasmettiamo. Ogni co-municazione ha la sua fonte ultimanella vita del Dio uno e trino, checondivide con noi la ricchezza dellasua vita divina e ci chiede, a nostravolta, di comunicare quel tesoro aglialtri, uniti nel servizio alla sua veri-tà.

Cari amici, invoco su di voi e sullavoro della vostra Conferenza i do-ni di saggezza, comprensione ebuon consiglio dello Spirito Santo.Solo lo sguardo dello Spirito ci per-mette di non chiudere gli occhi da-vanti a coloro che soffrono e di cer-care il vero bene per tutti. Solo conquello sguardo possiamo lavorare ef-ficacemente per superare le malattiedel razzismo, dell’ingiustizia edell’indifferenza che deturpano ilvolto della nostra famiglia comune.Attraverso la vostra dedizione e ilvostro lavoro quotidiano, potete aiu-tare gli altri a contemplare situazionie persone con gli occhi dello Spiri-to. Laddove il nostro mondo parlatroppo spesso con aggettivi e avver-bi, possano i comunicatori cristianiparlare con nomi che riconoscano epromuovano la rivendicazione silen-ziosa della verità e favoriscano la di-gnità umana. Laddove il mondo ve-de conflitti e divisioni, guardate allasofferenza e ai poveri per dare vocealla richiesta dei nostri fratelli e so-relle bisognosi di misericordia ec o m p re n s i o n e .

Ieri la Chiesa ha celebrato la so-lennità degli Apostoli Pietro e Pao-lo. Possa lo spirito di comunionecon il Vescovo di Roma, che è sem-pre stato un segno distintivo dellastampa cattolica nei vostri Paesi,mantenere tutti voi uniti nella fede eforti rispetto alle fugaci mode cultu-rali che non hanno il profumo dellaverità evangelica. Continuiamo apregare insieme per la riconciliazio-ne e la pace nel mondo. Assicuro ilmio sostegno e le mie preghiere avoi e alle vostre famiglie. E vi chie-do, per favore, di ricordarmi nellevostre preghiere.

Vaticano, 30 giugno 2020

FRANCESCO

riamo che questa pausa continui esia feconda) la folle corsa del benes-sere al posto dell’essere, un benesse-re forzato, propri di chi si ripeteva“va tutto bene, io sto bene” senzarendersi conto di quello che diceva.

Un vaccino che non c’èUn secondo aspetto di questa

pandemia che merita di essere ripen-sato è il fatto che il vaccino di que-sto virus non c’è. Non nel senso chenon si troverà, questo è l’augurioche tutti gli uomini rivolgono nelleloro preghiere a prescindere dal pro-prio cammino personale di fede.Non si sa se si troverà un vaccino,da qui le preghiere: forse sarà comequello per l’influenza che ogni annosi deve rifare ma che non debellamai del tutto e con certezza gli ef-fetti del male o forse sarà come l’HIVche a distanza di anni ancora nonha un vaccino ma in qualche modoè stato contenuto e incanalato versola “c ro n i c i z z a z i o n e ” della malattia.Questi due esempi inducono ad unariflessione. Il vaccino che noi pen-siamo, quel farmaco che arriva e di-strugge radicalmente e per sempre ilmale, non esiste, non può esistere.Per i motivi che sono stati rilevatiprima: il vero virus non è il covid-19ma è l’egoismo, la bramosia dispera-

ta dell’avere che soppianta il sensodi gratitudine dell’essere. Controquesto virus più profondo, non esi-ste un farmaco che come per magia,debelli il contagio una volta persempre. Gesù ce lo ha detto chiara-mente, ad esempio, nella paraboladella zizzania. Siamo noi tutti comequei servi zelanti che si stupisconofino all’indignazione della presenzadella zizzania (del male) nel campo(nel mondo) e vorremmo andare lìcon l’ascia e la vanga per estirparlatutta in una volta, con un taglio net-to e definitivo. Non è questa la logi-ca di Dio. La logica, realistica, diChi ha creato e ama la realtà delmondo e degli uomini, è quella diavere e dare speranza. Dio non è unmago che risolve i problemi e il ma-le nel mondo con un colpo di bac-chetta magica. Bene e male sono mi-schiati nel “camp o” della storia cheè quindi un campo di battaglia, pie-no di feriti (da qui il compito dellaChiesa, essere l’ospedale sempreaperto per chi soffre) e la guerra èaperta fino all’ultimo giorno. Ognitanto gli uomini promettono l’av-vento del paradiso nella storia, ci in-dicano il male da estirpare e ci con-vincono che quel “taglio” sarà la fi-ne della presenza del male nel mon-do. Tutti i paradisi promessi su que-sta terra hanno poi rivelato volti in-fernali, non solo quelli politici figlidelle grandi ideologie totalitarie ma

anche quelli più piccoli, come i pa-radisi “artificiali” della droga pernon parlare di quelli “fiscali”, regnidell’indifferenza e dell’ingiustizia.Tutti “luoghi” asintomatici: il droga-to e il corrotto perseguono il lorobene e chiamano le cose con il no-me sbagliato, avendo perso total-mente il contatto con i sintomi delmale che li avvolge.

In fondo è come nei nostri com-puter. Ogni tanto vengono assalitidai virus. A quel punto si chiama iltecnico che non distrugge il nostro

computer né lo sostituisce ma ci im-pianta l’antivirus, “c ro n i c i z z a n d o ” lamalattia o, meglio, il conflitto. Viruse antivirus dovranno combattere inmodo diuturno fino alla fine deigiorni, anche per questo è importan-te ogni tanto “a g g i o r n a re ” l’antivi-rus. E ancora più importante, alla fi-ne di ogni operazione, “s a l v a re ” ilfile che abbiamo creato. Il linguag-gio, squisitamente religioso, che cir-conda il nostro mondo informatico edigitale rivela un senso più profon-do. La vita non è un gioco di ma-gia, ma un gioco onesto, vero, senzatrucco, che si deve condurre seria-mente con tenacia ripartendo sem-pre da capo. In questo campo dibattaglia che è la vita il cristianonon è solo. Ha un “a n t i v i ru s ” p oten-te che è Gesù stesso ancora presentegrazie all’opera incessante dello Spi-rito Santo e alla presenza dellaChiesa e quindi dei sacramenti. Daquesto punto di vista Gesù è insie-me il tecnico che inserisce l’a n t i v i ru se l’antivirus stesso, che, dentro dinoi, pensiamo ad esempio all’eucari-stia, ci sostiene nell’avventura quoti-diana della vita.

Sono semplici riflessioni al termi-ne del primo semestre di quest’anno,rivisto con spirito di gratitudine e disperanza e con questo spirito offerteal lettore di questo giornale che oggicompie 159 anni di vita.

Page 9: Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “b ene”

L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020 pagina 9

All’Angelus di domenica 28 giugno il Papa prega anche per lo Yemen e per l’Ucraina

Soluzioni di pacealla drammatica crisi della Siria

Siria, Yemen e Ucraina: all’An g e l u sdi domenica 28 giugno il pensierodel Papa è andato alle popolazionidi questi tre Paesi che stanno vivendosituazioni di emergenza provocate dagravi crisi politiche, sociali eumanitarie. Francesco ne ha parlatoal termine della preghiera mariana —recitata con i fedeli riuniti in piazzaSan Pietro nel rispetto delle misure disicurezza adottate per la pandemia —dopo una riflessione dedicata al branoevangelico (Matteo 10, 37-42) dellaliturgia domenicale.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!In questa domenica, il Vangelo (cfr.Mt 10, 37-42) fa risuonare con forzal’invito a vivere in pienezza e senzatentennamenti la nostra adesione alSignore. Gesù chiede ai suoi disce-poli di prendere sul serio le esigenzeevangeliche, anche quando ciò ri-chiede sacrificio e fatica.

La prima richiesta esigente cheEgli rivolge a chi lo segue è quelladi porre l’amore verso di Lui al disopra degli affetti familiari. Dice:«Chi ama padre o madre, […] figlioo figlia più di me non è degno dime» (v. 37). Gesù non intende dicerto sottovalutare l’amore per i ge-nitori e i figli, ma sa che i legami diparentela, se sono messi al primoposto, possono deviare dal vero be-

ne. Lo vediamo: alcune corruzioninei governi, vengono proprio perchél’amore alla parentela è più grandedell’amore alla patria, e mettono incarica i parenti. Lo stesso con Gesù:quando l’amore [per i familiari] èpiù grande di [quello per] Lui nonva bene. Tutti potremmo portaretanti esempi al riguardo. Senza par-lare di quelle situazioni in cui gli af-fetti familiari si mischiano con sceltecontrapposte al Vangelo. Quandoinvece l’amore verso i genitori e i fi-gli è animato e purificato dall’a m o redel Signore, allora diventa piena-mente fecondo e produce frutti dibene nella famiglia stessa e molto aldi là di essa. In questo senso Gesùdice questa frase. Ricordiamo anchecome Gesù rimprovera i dottori del-la legge che fanno mancare il neces-sario ai genitori con la pretesa didarlo all’altare, di darlo alla Chiesa(cfr. Mc 7, 8-13). Li rimprovera! Ilvero amore a Gesù richiede un veroamore ai genitori, ai figli, ma se cer-chiamo prima l’interesse familiare,questo porta sempre su una stradasbagliata.

Poi, Gesù dice ai suoi discepoli:«Chi non prende la propria croce enon mi segue, non è degno di me»(v. 38). Si tratta di seguirlo sulla viache Egli stesso ha percorso, senzacercare scorciatoie. Non c’è vero

amore senza croce, cioè senza unprezzo da pagare di persona. E lodicono tante mamme, tanti papà chesi sacrificano tanto per i figli e sop-portano dei veri sacrifici, delle croci,perché amano. E portata con Gesù,la croce non fa paura, perché Lui èsempre al nostro fianco per sorreg-gerci nell’ora della prova più dura,per darci forza e coraggio. Neancheserve agitarsi per preservare la pro-pria vita, con un atteggiamento ti-moroso ed egoistico. Gesù ammoni-sce: «Chi avrà tenuto per sé la pro-pria vita, la perderà, e chi avrà per-duto la propria vita per causa mia —cioè per amore, per amore a Gesù,per amore al prossimo, per il servi-zio degli altri —, la troverà» (v. 39).È il paradosso del Vangelo. Ma an-che di questo abbiamo, grazie a Dio,tantissimi esempi! Lo vediamo inquesti giorni. Quanta gente, quantagente, sta portando croci per aiutaregli altri! Si sacrifica per aiutare glialtri che hanno bisogno in questapandemia. Ma, sempre con Gesù, sipuò fare. La pienezza della vita edella gioia si trova donando sé stessiper il Vangelo e per i fratelli, conapertura, accoglienza e benevolenza.

Così facendo, possiamo sperimen-tare la generosità e la gratitudine diDio. Ce lo ricorda Gesù: «Chi acco-glie voi accoglie me, […]. Chi avrà

dato da bere anche un solo bicchiered’acqua fresca a uno di questi picco-li […] non perderà la sua ricompen-sa» (vv. 40; 42). La gratitudine gene-rosa di Dio Padre tiene conto anchedel più piccolo gesto di amore e diservizio reso ai fratelli. In questigiorni, ho sentito un prete che eracommosso perché in parrocchia glisi è avvicinato un bambino e gli hadetto: “Padre, questi sono i miei ri-sparmi, poca cosa, è per i suoi pove-ri, per coloro che oggi hanno biso-gno per la pandemia”. Piccola cosa,ma grande cosa! È una riconoscenzacontagiosa, che aiuta ciascuno di noiad avere gratitudine verso quanti siprendono cura delle nostre necessità.Quando qualcuno ci offre un servi-zio, non dobbiamo pensare che tuttoci sia dovuto. No, tanti servizi sifanno per gratuità. Pensate al volon-tariato, che è una delle cose piùgrandi che ha la società italiana. Ivolontari… E quanti di loro hannolasciato la vita in questa pandemia!Si fa per amore, semplicemente perservizio. La gratitudine, la ricono-scenza, è prima di tutto segno dibuona educazione, ma è anche undistintivo del cristiano. È un segnosemplice ma genuino del regno diDio, che è regno di amore gratuito ericonoscente.

Maria Santissima, che ha amatoGesù più della sua stessa vita e lo ha

seguito fino alla croce, ci aiuti ametterci sempre davanti a Dio concuore disponibile, lasciando che lasua Parola giudichi i nostri compor-tamenti e le nostre scelte.

Al termine dell’Angelus il Pontefice si èrivolto con queste parole ai fedelipresenti in piazza e a quanti si sonocollegati attraverso i mezzi dicomunicazione.

Cari fratelli e sorelle,martedì prossimo, 30 giugno, si terràla quarta Conferenza dell’Unioneeuropea e delle Nazioni Unite per“sostenere il futuro della Siria e del-la regione”. Preghiamo per questoimportante incontro, perché possamigliorare la drammatica situazionedel popolo siriano e dei popoli vici-ni, in particolare del Libano, nelcontesto di gravi crisi socio-politicheed economiche che la pandemia hareso ancora più difficili. Pensate checi sono bambini con la fame, chenon hanno da mangiare! Per favore,

che i dirigenti siano capaci di fare lapace.

Invito a pregare anche per la po-polazione dello Yemen. Anche qui,specialmente per i bambini, che sof-frono a causa della gravissima crisiumanitaria. Come pure per quantisono stati colpiti dalle forti alluvioninell’Ucraina occidentale: possanosperimentare il conforto del Signoree il soccorso dei fratelli.

Rivolgo il mio saluto a tutti voi,romani e pellegrini provenientidall’Italia e da altri Paesi. Vedo ban-diere: polacca, tedesca, e tanti! Inparticolare, saluto quanti hanno par-tecipato questa mattina qui a Romaalla Messa in rito congolese, pregan-do per la Repubblica Democraticadel Congo. Saluto la delegazionecongolese qui presente. Sono braviquesti congolesi!

Auguro a tutti voi una buona do-menica. Per favore, non dimenticate-vi di pregare per me. Buon pranzo!E arrivederci a domani per la festadei Santi Pietro e Paolo.

NOSTRE INFORMAZIONI

Lutto nell’episcopato

Monsignor Pierre Antoine Jean Bach, della Societàdelle Missioni straniere, già vicario apostolico di Sa-vannaketh, in Laos, è morto venerdì 26 giugno, nelSt. Louis Hospital di Bangkok. Il compianto presuleera nato a Commercy, in diocesi di Verdun (Francia),il 29 luglio 1932 ed era stato ordinato sacerdote il 27dicembre 1959 per la Società delle Missioni straniere.Eletto alla Chiesa titolare di Tituli di Proconsolare enominato, al contempo, vicario apostolico di Savan-naketh il 28 giugno 1971, aveva ricevuto l’o rd i n a z i o n eepiscopale il 10 ottobre successivo. Il 10 luglio 1975aveva rinunciato al governo pastorale del vicariatoapostolico. Fino al 2019 ha continuato a prestare ser-vizio pastorale come responsabile dell’Ufficio per lapromozione dell’apostolato tra i Laotiani, visitandole varie comunità della diaspora. Le esequie sono sta-te celebrate nella cattedrale di Tharé, in Thailandia.

Nomine episcopali

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governopastorale della Diocesi di Popokabaka (Repubbli-ca Democratica del Congo), presentata da SuaEccellenza Monsignor Louis Nzala Kianza.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al gover-no pastorale della Diocesi di Tarawa and Nauru(Kiribati e Nauru), presentata da Sua EccellenzaMonsignor Paul Eusebius Mea Kaiuea, M.S.C.

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato Vescovo della Dio-

cesi di Gregorio de Laferrere (Argentina) Sua Ec-cellenza Monsignor Jorge Martín Torres Carbo-nell, trasferendolo dall’ufficio di Vescovo titolaredi Acque di Bizacena e Ausiliare di Lomas de Za-mora.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Kilmo-re (Irlanda) il Reverendo Martin Hayes, del clerodell’Arcidiocesi di Cashel and Emly, finora Diret-tore di Programmazione e Sviluppo Pastorale.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Dio-cesi di Popokabaka (Repubblica Democratica delCongo) il Reverendo Bernard Marie Fansaka Bi-niama, del clero di Kenge, finora Formatore resi-dente presso il Seminario Interdiocesano di Filo-sofia St Augustin, di Kalonda.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Dio-cesi di Tarawa and Nauru (Kiribati e Nauru), ilReverendo Monsignore Koru Tito, del medesimoclero finora Vicario Generale della stessa Sede.

Nominadi Vescovo Coadiutore

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiuto-re della Diocesi di Taungngu (Myanmar) il Reve-rendo Monsignore John Saw Gawdy, del clerodella medesima Diocesi, finora Docente presso ilSeminario Maggiore Interdiocesano San Giovan-ni Maria Vianney in Loikaw.

Nominadi Vescovi Ausiliari

Il Santo Padre ha nominato Vescovi Ausiliaridell’Arcidiocesi di Kinshasa (Repubblica Demo-cratica del Congo): il Reverendo MonsignoreJean-Crispin Kimbeni Ki Kanda, del clerodell’Arcidiocesi di Kinshasa, finora Officiale dellaCongregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli,ed Amministratore parrocchiale di Santa MariaAssunta in Cielo, Borgo Pineto, Diocesi di CivitaCastellana, assegnandogli la sede titolare di Dra-gonara; il Reverendo Vincent Tshomba ShambaKotsho, del clero di Kinshasa, finora Parroco di“Saint Albert le Grand”, Cappellano diocesano diGiustizia e Pace, membro del Consiglio presbite-rale, assegnandogli la sede titolare di Esco; il Re-verendo Charles Ndaka Salabisala, del clero diPopokabaka, finora Rettore del Seminario Mag-giore Teologico di Kikwit, assegnandogli la sedetitolare di Liberalia.

Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Argentina,Irlanda, Repubblica Democratica del Congo, Kiribati eNauru, e Myanmar.

Jorge Martín Torres Carbonellvescovo di Gregorio de Laferrere

( A rg e n t i n a )

È nato a Buenos Aires il 22 aprile 1954. Ha compiutogli studi di Teologia e Filosofia nel seminario maggioredella capitale argentina e ha ricevuto l’ordinazione sa-cerdotale il 18 novembre 1983. È stato vicario parroc-chiale di San Cayetano di Belgrano, parroco delle Par-rocchie Santa Clara, Niño Jesùs, Nuestra Señora de laEsperanza e del santuario di San Cayetano, responsabi-le della pastorale giovanile dell’arcidiocesi di BuenosAires e del pellegrinaggio a Luján, vicario episcopalepara las Villas de Emergencia, decano e membro del con-siglio presbiterale. Il 21 novembre 2014 è stato nominatovescovo titolare di Acque di Bizacena e ausiliare di Lo-mas de Zamora, ricevendo l’ordinazione episcopale il 27febbraio 2015. In seno alla Conferenza episcopale argen-tina è membro della commissione episcopale per la li-turgia e di quella della comunicazione sociale.

Martin Hayesvescovo di Kilmore (Irlanda)

È nato il 24 ottobre 1959 a Two-Miles-Borris, Thurles,nella contea di Tipperary e in arcidiocesi di Cashel andEmly. Dopo aver ricevuto la prima formazione presso iFratelli delle Scuole cristiane di Thurles e la scuolapubblica di contabilità presso Limerick, ha compiuto glistudi filosofici e teologici presso il seminario diocesanodi Thurles. È stato ordinato sacerdote, per l’arcidio cesidi Cashel and Emly, il 10 giugno 1989. Dopo l’o rd i n a -zione è stato inviato a Roma dove ha conseguito la li-cenza in Filosofia presso l’Angelicum. Tornato in dioce-si, è stato docente di Filosofia ed economo presso il col-legio di San Patrizio a Thurles (1991-2001). Dopo unanno sabbatico di studio teologico e rinnovamento spi-rituale, è stato nominato vice-parroco a Thurles (2002-2006), amministratore della cattedrale (2007-2017) e infi-ne direttore di programmazione e sviluppo pastoralenell’arcidiocesi, dove è anche presidente del consigliopastorale.

Bernard Marie Fansaka Biniamavescovo di Popokabaka

(Repubblica Democratica del Congo)

È nato il 29 giugno 1959 a Misay, nella provincia delBandundu (diocesi di Kenge), nella Repubblica Demo-cratica del Congo. Ha compiuto gli studi secondari nelseminario minore St. Charles Lwanga a Katende. Dal1980 al 1983 ha frequentato la facoltà di Filosofia nel se-minario maggiore interdiocesano di St. Augustin a Ka-londa e di Teologia, dal 1983 al 1987, nel seminariomaggiore interdiocesano di St. Cyprien, a Kikwit. È sta-to ordinato sacerdote il 21 febbraio 1988, per la diocesidi Kenge. Ha insegnato nel seminario minore di StCharles Lwanga dal 1981 al 1991. In seguito ha frequen-tato le Facultés Catholiques de Kinshasa (ora UCC - Uni-versité Catholique du Congo) e nel 1994 ha ottenuto lalicenza in Teologia biblica. Dal 1994 al 1998 ha svolto ilservizio di insegnante nel seminario maggiore St.Cyprien, a Kikwit. Tra il 1998 e il 2001 ha conseguito iltitolo di dottore in Teologia biblica all’Institut Catholi-que de Yaoundé (Camerun). Dal 2003 al 2016 è statoparroco a Notre Dame du Rosaire, a Bandundu-Ville.Nel 2003 ha fondato il Centre des Etudes Ethnologi-ques et Sociologiques de Bandundu (CEESBA), a Ban-dundu-Ville, di cui è ancora direttore. Nel 2006 è statoeletto moderatore del clero diocesano. Nel 2008 è di-ventato segretario provinciale della commissione Politicae sociale dell’Assemblea episcopale della provincia eccle-siastica di Kinshasa. Dal 2018 è formatore residentepresso il seminario interdiocesano di Filosofia di Kalon-

da. Inoltre insegna nel seminario maggiore St. Cypriendi Kikwit.

Koru Titovescovo di Tarawa and Nauru

(Kiribati e Nauru)È nato il 30 settembre 1960 a Tabiteuea, in Kiribati,

nella diocesi di Tarawa and Nauru. Ha conseguito il di-ploma in Educazione all’University of the South Pacifica Fiji (1977-1979) e ha compiuto l’iter di studi filosofici eteologici presso il Pacific Regional Seminary di Fiji(1981-1985). Per un anno è stato al St. Paul’s NationalSeminary, Kensington, in Australia (1990-1991). Possiedeil dottorato in Teologia con specializzazione in Spiritua-lità conseguito presso la Pontificia università San Tom-maso d’Aquino, a Roma. È stato ordinato sacerdote il20 giugno 1987, per la diocesi di Tarawa and Nauru.Dopo l’ordinazione ha svolto i seguenti incarichi: parro-co nelle Isole Beru, Nikumanu e Onotoa (1987-1989);assistente della parrocchia St. Andrew’s South Clayton,Victoria, in Australia (1990-1991); parroco nelle IsoleKuria, Aranuka e Abemanna (1991-1993). Dopo gli studiper licenza e dottorato in Teologia, con specializzazionein Spiritualità, compiuti presso la Pontificia universitàSan Tommaso d’Aquino, a Roma (1993-2000), è statodocente al Pacific Regional Seminary (2001-2008) e col-laboratore nella parrocchia cattedrale di Tarawa andNauru (2008-2010). Dal 2010 è vicario generale delladiocesi di Tarawa and Nauru.

John Saw Gawdycoadiutore di Taungngu (Myanmar)

È nato il 21 ottobre 1955 nel villaggio di Domapholi,nella parrocchia di Leiktho, in Taungngu. Appartiene algruppo etnico Kayan, tribù Gheba. Proviene da unabuona famiglia cattolica. Ha svolto gli studi di Filosofiae Teologia presso il seminario maggiore San Giuseppe aYangon. Ha conseguito il master in Teologia biblicapresso il Collegio pontificio Josephinum, Yonker (Ohio,Stati Uniti). È stato ordinato sacerdote il 9 aprile 1983per la diocesi di Taungngu. Dopo l’ordinazione sacer-dotale ha svolto gli incarichi di direttore del Centro deicatechisti a Leiktho (1983-1984) e di professore di Filo-sofia presso il seminario maggiore nazionale San Giu-seppe in Pyin Oo Lwin (1984-1990). Dopo gli studicompiuti negli Stati Uniti (1990-1993), è stato parrocodella chiesa di Leiktho (1993-1997); rettore del seminariominore San Paolo, a Leiktho, in Taungngu (1997-2007);vicario generale e parroco della chiesa di Leiktho (2007-2016). Dal 2017 è professore nel seminario maggiore in-terdiocesano San Giovanni Maria Vianney in Loikaw;membro del collegio dei consultori, del consiglio presbi-terale, pastorale, finanziario e del tribunale diocesano.

Jean-Crispin Kimbeni Ki Kandaausiliare di Kinshasa

(Repubblica Democratica del Congo)È nato a Kinshasa il 22 ottobre 1969. Dopo le scuole

primarie e secondarie, è entrato nel seminario propedeu-tico Saint Jean-Marie Vianney, completando gli studi diFilosofia e Teologia rispettivamente nei seminari mag-giori Saint-André Kaggwa e Saint Jean XXIII. Nel 2011ha conseguito un master in Bioetica presso l’istituto in-ternazionale Camillianum (Roma), affiliato alla Pontifi-cia università Lateranense, proseguendo gli studi nelmedesimo istituto e conseguendo, poi, il dottorato inTeologia pastorale della salute nel 2019. È stato ordinatosacerdote il 30 maggio 1999 per l’arcidiocesi di Kinsha-sa. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha compiuto gli stu-di per la licenza in Filosofia e abilitazione all’insegna-mento nell’Università cattolica del Congo (1999-2001).Quindi è stato: formatore e docente nel seminario pro-

pedeutico Cardinale Malula (1999-2002); vice-segretarioe cancelliere dell’arcidiocesi di Kinshasa e vice-rettoredel santuario Notre-Dame de la Paix de Fátima (2001-2002). Dal 2002 è officiale presso la Congregazione perl’evangelizzazione dei popoli. Dal 2017 è amministratoreparrocchiale di Santa Maria Assunta in Cielo, Borgo Pi-neto, in diocesi di Civita Castellana.

Vincent Tshomba Shamba Kotshoausiliare di Kinshasa

(Repubblica Democratica del Congo)È nato il 22 gennaio 1963 a Kinshasa. Ha svolto gli

studi di Filosofia nel seminario maggiore Saint Kaggwa(1981-1984) e quelli di Teologia nel seminario maggioreSaint Jean XXIII (1985-1989), sempre in Kinshasa. È sta-to ordinato sacerdote il 1° agosto 1990 per l’arcidio cesidi Kinshasa. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto iseguenti incarichi: vicario parrocchiale di Saint Augu-stin (1990-1994); vicario parrocchiale di Saint André(1994-1996); parroco di Mama wa Bosawa (1996-2003);parroco di Saint Frédéric (1996-1997); parroco di SaintMarc e parroco decano (2003-2008); parroco di SaintAugustin e parroco decano di Saint Gabriel (2008-2014); parroco di Saint Joseph e parroco decano (2014-2018). Dal 2018 è parroco di Saint Albert le Grand, cap-pellano diocesano di Giustizia e pace, membro del con-siglio presbiterale.

Charles Ndaka Salabisalaausiliare di Kinshasa

(Repubblica Democratica del Congo)È nato il 4 gennaio 1973 a Popokabaka. Dopo le

scuole primarie e secondarie a Kasongo (1979-1991), èentrato nel seminario propedeutico di Popokabaka(1991-1992). Ha studiato poi Filosofia nel seminarioSaint Augustin di Kalonda, nella diocesi di Kenge(1993-1996), e Teologia nel seminario maggiore Saint-Cyprien Mbuka di Kikwit (1996-2000). È stato ordinatosacerdote il 9 settembre 2001 per il clero di Popokaba-ka. Dopo l’ordinazione ha svolto i seguenti incarichi: vi-cario parrocchiale a St. Joseph a Imbela, Kwango(2001-2004); vicario parrocchiale a Saints Pierre et Paula Kasongo (2004-2005); animatore spirituale nel semina-rio propedeutico di Popokabaka e nel contempo cancel-liere e segretario del vescovo (2005-2010). Dopo gli stu-di superiori (2010-2017) compiuti in Spagna, dove haconseguito un dottorato in Teologia dogmatica e unmaster in Psicologia presso l’Università di Navarra -Pamplona (durante il soggiorno ispanico ha prestatoservizio pastorale in diverse parrocchie della diocesi diCalahorra y La Calzada-Logroño), dal 2017 è rettore delseminario maggiore di Kikwit e decano della facoltà diTeologia dell’Università cattolica di Grand Bandundu.

Page 10: Unità e profezia per una Chiesa rinnovata tra rischi e …...menzogna come arma. Cioè fa sì che l’uomo non chiami più le cose con il loro nome, ma finisca per chiamare “b ene”

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 martedì 30 giugno - mercoledì 1 luglio 2020

Anche la solennità dei santi Pietro e Paolo, lunedì 29 giugno, è stata toccatadall’emergenza sanitaria a causa del covid-19. Papa Francesco ha celebrato lamessa all’altare della Cattedra della basilica vaticana, durante la quale habenedetto i palli destinati a cinquantaquattro metropoliti nominati nell’ultimoanno. Un numero ristretto di fedeli ha partecipato alla messa e, contrariamenteagli anni scorsi, il Pontefice non ha potuto personalmente consegnare il pallio aivari metropoliti, ma li ha simbolicamente affidati al cardinale Giovanni BattistaRe, decano del Collegio cardinalizio. Come novità introdotta anni fa persottolineare il legame con la Chiesa locale, l’imposizione vera e propria avverrànelle diocesi di origine dei presuli per mano del rappresentante pontificio. ConPapa Francesco hanno concelebrato dieci porporati, fra i quali, oltre al decano, ilcardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. Le preghiere dei fedeli sono stateelevate per il Papa e i vescovi, per i governanti e i giudici, per i perseguitati, peri missionari e i catechisti, per i poveri, i sofferenti e le persone sole. Dopo labenedizione conclusiva il Papa si è raccolto in preghiera davanti alla statua dellaVergine mentre è stato intonato il Salve Regina.

a salvarsi la pelle, nessuno abbando-na gli altri, ma tutti pregano insieme.Dalla preghiera attingono coraggio,dalla preghiera viene un’unità piùforte di qualsiasi minaccia. Il testodice che «mentre Pietro era tenutoin carcere, dalla Chiesa saliva inces-santemente a Dio una preghiera perlui» (At 12, 5). L’unità è un principioche si attiva con la preghiera, perchéla preghiera permette allo SpiritoSanto di intervenire, di aprire allasperanza, di accorciare le distanze,di tenerci insieme nelle difficoltà.

Notiamo un’altra cosa: in queifrangenti drammatici nessuno si la-menta del male, delle persecuzioni,di Erode. Nessuno insulta Erode — enoi siamo tanto abituati a insultare iresponsabili. È inutile, e pure noio-so, che i cristiani sprechino tempo alamentarsi del mondo, della società,di quello che non va. Le lamentelenon cambiano nulla. Ricordiamociche le lamentele sono la secondaporta chiusa allo Spirito Santo, co-me vi ho detto il giorno di Penteco-ste: la prima è il narcisismo, la se-conda lo scoraggiamento, la terza ilpessimismo. Il narcisismo ti porta al-lo specchio, a guardarti continua-mente; lo scoraggiamento, alle la-mentele; il pessimismo, al buio,all’oscurità. Questi tre atteggiamentichiudono la porta allo Spirito Santo.Quei cristiani non incolpavano mapregavano. In quella comunità nes-suno diceva: “Se Pietro fosse statopiù cauto, non saremmo in questasituazione”. Nessuno. Pietro, umana-mente, aveva motivi di essere critica-to, ma nessuno lo criticava. Nonsparlavano di lui, ma pregavano perlui. Non parlavano alle spalle, maparlavano a Dio. E noi oggi possia-mo chiederci: “Custodiamo la nostraunità con la preghiera, la nostra uni-tà della Chiesa? Preghiamo gli uniper gli altri?”. Che cosa accadrebbese si pregasse di più e si mormorassedi meno, con la lingua un po’ tran-quillizzata? Quello che successe aPietro in carcere: come allora, tanteporte che separano si aprirebbero,tante catene che paralizzano cadreb-bero. E noi saremmo meravigliati,come quella ragazza che, vedendoPietro alla porta, non riusciva adaprire, ma corse dentro, stupita perla gioia di vedere Pietro (cfr. At 12,10-17). Chiediamo la grazia di saperpregare gli uni per gli altri. San Pao-lo esortava i cristiani a pregare pertutti e prima di tutto per chi gover-na (cfr. 1 Tm 2, 1-3). “Ma questo go-vernante è…”, e i qualificativi sonotanti; io non li dirò, perché questonon è il momento né il posto per di-re i qualificativi che si sentono con-tro i governanti. Che li giudichi Dio,ma preghiamo per i governanti! Pre-ghiamo: hanno bisogno della pre-ghiera. È un compito che il Signoreci affida. Lo facciamo? Oppure par-liamo, insultiamo, e basta? Dio si at-tende che quando preghiamo ci ri-cordiamo anche di chi non la pensacome noi, di chi ci ha chiuso la por-ta in faccia, di chi fatichiamo a per-donare. Solo la preghiera scioglie lecatene, come a Pietro; solo la pre-ghiera spiana la via all’unità.

Oggi si benedicono i palli, chevengono conferiti al Decano delCollegio cardinalizio e agli Arcive-scovi Metropoliti nominati nell’ulti-mo anno. Il pallio ricorda l’unità trale pecore e il Pastore che, come Ge-sù, si carica la pecorella sulle spalleper non separarsene mai. Oggi poi,secondo una bella tradizione, ciuniamo in modo speciale al Patriar-cato ecumenico di Costantinopoli.Pietro e Andrea erano fratelli e noi,quando possibile, ci scambiamo visi-te fraterne nelle rispettive festività:non tanto per gentilezza, ma percamminare insieme verso la meta cheil Signore ci indica: la piena unità.Oggi, loro non sono riusciti a veni-re, per il problema dei viaggi a moti-vo del coronavirus, ma quando iosono sceso a venerare le spoglie diPietro, sentivo nel cuore accanto ame il mio amato fratello Bartolo-meo. Loro sono qui, con noi.

La seconda parola, p ro f e z i a . Unitàe profezia. I nostri Apostoli sono statiprovocati da Gesù. Pietro si è sentitochiedere: “Tu, chi dici che io sia?”(cfr. Mt 16, 15). In quel momento hacapito che al Signore non interessa-no le opinioni generali, ma la sceltapersonale di seguirlo. Anche la vitadi Paolo è cambiata dopo una pro-vocazione di Gesù: «Saulo, Saulo,

perché mi perseguiti?» (At 9, 4). IlSignore lo ha scosso dentro: più chefarlo cadere a terra sulla via di Da-masco, ha fatto cadere la sua presun-zione di uomo religioso e per bene.Così il fiero Saulo è diventato Paolo:Paolo, che significa “piccolo”. Aqueste provocazioni, a questi ribalta-menti di vita seguono le profezie:«Tu sei Pietro e su questa pietra edi-ficherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18); ea Paolo: «È lo strumento che hoscelto per me, affinché porti il mionome dinanzi alle nazioni» (At 9,15). Dunque, la profezia nasce quan-do ci si lascia provocare da Dio: nonquando si gestisce la propria tran-quillità e si tiene tutto sotto control-lo. Non nasce dai miei pensieri, nonnasce dal mio cuore chiuso. Nasce senoi ci lasciamo provocare da Dio.Quando il Vangelo ribalta le certez-ze, scaturisce la profezia. Solo chi siapre alle sorprese di Dio diventaprofeta. Ed eccoli Pietro e Paolo,profeti che vedono più in là: Pietroper primo proclama che Gesù è «ilCristo, il Figlio del Dio vivente»(Mt 16, 16); Paolo anticipa il finaledella propria vita: «Mi resta soltantola corona di giustizia che il Signoremi concederà» (2 Tm 4, 8).

Oggi abbiamo bisogno di profe-zia, ma di profezia vera: non di pa-rolai che promettono l’imp ossibile,ma di testimonianze che il Vangelo èpossibile. Non servono manifestazio-ni miracolose. A me fa dolore quan-do sento proclamare: “Vogliamo unaChiesa profetica”. Bene. Cosa fai,perché la Chiesa sia profetica? Ser-vono vite che manifestano il miraco-lo dell’amore di Dio. Non potenza,ma coerenza. Non parole, ma pre-ghiera. Non proclami, ma servizio.Tu vuoi una Chiesa profetica? Inco-mincia a servire, e stai zitto. Nonteoria, ma testimonianza. Non ab-biamo bisogno di essere ricchi, madi amare i poveri; non di guadagna-re per noi, ma di spenderci per glialtri; non del consenso del mondo,quello stare bene con tutti — da noisi dice: “stare bene con Dio e con ildiavolo”, stare bene con tutti —; no,questo non è profezia. Ma abbiamobisogno della gioia per il mondo cheverrà; non di quei progetti pastoraliche sembrano avere in sé la propriaefficienza, come se fossero dei sacra-menti, progetti pastorali efficienti,no, ma abbiamo bisogno di pastoriche offrono la vita: di innamorati diDio. Così Pietro e Paolo hanno an-

nunciato Gesù, da innamorati. Pie-tro, prima di essere messo in croce,non pensa a sé ma al suo Signore e,ritenendosi indegno di morire comeLui, chiede di essere crocifisso a te-sta in giù. Paolo, prima di venire de-capitato, pensa solo a donare la vitae scrive che vuole essere «versato inofferta» (2 Tm 4, 6). Questa è profe-zia. Non parole. Questa è profezia,la profezia che cambia la storia.

Cari fratelli e sorelle, Gesù haprofetizzato a Pietro: “Tu sei Pietroe su questa pietra edificherò la miaChiesa”. Anche per noi c’è una pro-fezia simile. Si trova nell’ultimo li-bro della Bibbia, dove Gesù promet-te ai suoi testimoni fedeli «una pie-truzza bianca, sulla quale sta scrittoun nome nuovo» (Ap 2, 17). Come ilSignore ha trasformato Simone inPietro, così chiama ciascuno di noi,per farci pietre vive con cui costruireuna Chiesa e un’umanità rinnovate.C’è sempre chi distrugge l’unità echi spegne la profezia, ma il Signorecrede in noi e chiede a te: “Tu, vuoiessere costruttore di unità? Vuoi es-sere profeta del mio cielo sulla ter-ra?”. Fratelli e sorelle, lasciamociprovocare da Gesù e troviamo il co-raggio di dirgli: “Sì, lo voglio!”.

La messa del Papa nella solennità dei santi Pietro e Paolo

Unità e profeziaper una Chiesa rinnovata

All’Angelus l’“abbraccio” spirituale del Pontefice al patriarca Bartolomeo

A Roma tutti possano vivere con dignitàA Roma «ogni persona possa viverecon dignità e possa incontrare la lietatestimonianza del Vangelo». Èl’auspicio espresso dal Papa altermine dell’Angelus della solennitàdei santi Pietro e Paolo, recitato coni fedeli riuniti in piazza San Pietro.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Festeggiamo oggi i santi patroni diRoma, gli Apostoli Pietro e Paolo.Ed è un dono ritrovarci a pregarequi, vicino al luogo in cui Pietromorì martire ed è sepolto. Però, laLiturgia odierna ricorda un episo-dio del tutto differente: raccontache diversi anni prima Pietro fu li-berato dalla morte. Era stato arre-stato, si trovava in prigione e laChiesa, temendo per la sua vita,pregava incessantemente per lui.Allora un angelo scese a liberarlodal carcere (cfr. At 12, 1-11). Ma an-che anni dopo, quando Pietro eraprigioniero a Roma, la Chiesa avràcertamente pregato. In quell’o cca-sione, tuttavia, la sua vita non fu ri-sparmiata. Come mai prima fu libe-rato dalla prova e poi no?

Perché c’è un percorso nella vitadi Pietro, che può illuminare il per-corso della nostra vita. Il Signoregli concesse tante grazie e lo liberòdal male: fa così anche con noi.Anzi, noi spesso andiamo da Luisolo nei momenti del bisogno, achiedere aiuto. Ma Dio vede piùlontano e ci invita ad andare oltre,a cercare non solo i suoi doni, ma acercare Lui, che è il Signore di tuttii doni; ad affidargli non solo i pro-blemi, ma ad affidargli la vita. Cosìpuò finalmente darci la grazia piùgrande, quella di donare la vita. Sì,donare la vita. La cosa più impor-tante della vita è fare della vita undono. E questo vale per tutti: per i

ovunque, a casa e al lavoro, e versochiunque abbiamo vicino. Dio desi-dera farci crescere nel dono: solocosì diventiamo grandi. Noi crescia-mo se ci doniamo agli altri. Guar-diamo a san Pietro: non è diventatoun eroe per essere stato liberato dalcarcere, ma per aver dato la vitaqui. Il suo dono ha trasformato unluogo di esecuzioni nel bel luogo disperanza in cui ci troviamo.

base di ogni giornata; e lei interce-da per noi perché possiamo, con lagrazia di Dio, fare della nostra vitaun dono.

Al termine della preghiera mariana ilPontefice ha rivolto un particolaresaluto ai romani e ha “a b b ra c c i a t o ”spiritualmente il patriarcaBartolomeo, ricordando che a causadella pandemia la delegazione del

Il saluto del cardinale decano

Con spirito di fraternità e solidarietà

Al l ’inizio della celebrazione il cardina-le decano Giovanni Battista Re harivolto il seguente saluto al Pontefice.

Beatissimo Padre,in questa prima concelebrazioneeucaristica che il dramma del coro-navirus permette, sia pure con unapresenza ridotta di partecipanti, fa-cendomi voce del Collegio cardina-lizio vorrei ringraziare Vostra San-tità per il sostegno, la forza e ilconforto che, in questo periododifficile, lei ha dato a tante personenel mondo con la sua parola e conla sua vicinanza spirituale.

Il dover restare in casa per evita-re il diffondersi del contagio delcovid-19 ha fatto riscoprire l’utilitàdella comunicazione a distanza edha suscitato un interesse straordi-nario di vedere e di ascoltare il Pa-pa, oltre che di seguire le celebra-zioni e le parole dei vescovi e deiparro ci.

La messa trasmessa ogni mattinada Santa Marta è stata molto se-guita, e le lunghe serie di intenzio-ni di preghiera, con le quali VostraSantità ha abbracciato tutti i colpitidal virus ma anche tutte le catego-rie di persone coinvolte nel curare,assistere ed accompagnare i malatied i moribondi, sono state fari diluce e di incoraggiamento a donar-si per gli altri, e sono risultate disostegno e di conforto. Molti han-no pregato in unione con PapaFrancesco e hanno meditato i suoiinsegnamenti, traendone frutti perun rinnovamento spirituale.

Ugualmente le celebrazioni dellaSettimana santa, nello scenariomaestoso ma vuoto di piazza SanPietro o quelle in questa basilica,sono rimaste negli occhi e nei cuoridella gente; e le parole di VostraSantità negli Angelus o ReginaCaeli domenicali e nelle catechesidel mercoledì sono entrate nelle ca-se di tante famiglie, anche non cat-toliche, e sono state di sollievo e di

consolazione per l’intera famigliaumana.

In questi mesi la Chiesa si è ri-velata una volta di più amica deipoveri e dei feriti della vita, e lavoce del Papa ha acquistato nelmondo un’eco più grande e nuovorisalto.

Felice è stata l’iniziativa di isti-tuire, per la diocesi di Roma, ilFondo di solidarietà Gesù lavorato-re allo scopo di fornire i beni diprima necessità alle persone prova-te dalla crisi della pandemia.

Esprimo poi sentimenti di vivagratitudine per l’appello alla soli-darietà rivolto a tutti i livelli, anchesul piano internazionale, ricordan-do che siamo parte di un’unica fa-miglia e dobbiamo sostenerci e aiu-tarci l’un l’altro. Non possiamo an-dare avanti ciascuno per conto pro-prio, ma dobbiamo avere cura gliuni degli altri.

La pandemia ha messo a duraprova tutti gli abitanti della terra, atutte le latitudini, ma ha fatto an-che crescere lo spirito di fraternitàe di solidarietà e ha spinto a ritro-vare la fede e la fiducia in Dio e,in non pochi casi, anche a reimpo-stare la rotta della propria vita ver-so Dio.

Con questa comunione di pen-sieri e di cuore, con l’unità di senti-menti che ispira questa basilicaeretta sopra la tomba di San Pie-tro, tutti la ringraziamo, PadreSanto, per quanto fatto e sta facen-do con straordinario ardore aposto-lico e con insonne impegno per ilbene della Chiesa e dell’umanità.

La nostra riconoscenza va al Si-gnore, rinnovando a lui la nostraprofessione di fede con le paroledell’apostolo Pietro «Tu sei il Cri-sto, il Figlio del Dio vivente»; alcontempo, rinnoviamo piena e af-fettuosa adesione a Vostra Santità,vicario di Cristo e pietra dell’unitàdella Chiesa.

Il Signore la conservi a lungo,Santità.

vente. Qual è allora il segreto diuna vita beata, qual è il segreto diuna vita felice? Riconoscere Gesù,ma Gesù come Dio vivente, non co-me una statua. Perché non importasapere che Gesù è stato grande nel-la storia, non importa tanto apprez-zare quel che ha detto o fatto: im-porta quale posto gli do io nellamia vita, quale posto do io a Gesùnel mio cuore. È a quel punto cheSimone si sentì dire da Gesù: «Tusei Pietro e su questa pietra edifi-cherò la mia Chiesa» (v. 18). Non

Patriarcato ecumenico non ha potutopartecipare, com’è consuetudine, allacelebrazione dei santi Pietro e Paolo.

Cari fratelli e sorelle,rivolgo prima di tutto il mio salutoa tutti i romani e a quanti vivono inquesta città, nella festa dei santi Pa-troni, gli Apostoli Pietro e Paolo.Per loro intercessione, prego che aRoma ogni persona possa viverecon dignità e possa incontrare lalieta testimonianza del Vangelo.

In questa ricorrenza è tradizioneche venga a Roma una delegazionedel Patriarcato Ecumenico di Co-stantinopoli, ma quest’anno non èstato possibile a causa della pande-mia. Pertanto, mando spiritualmen-te un abbraccio al caro fratello ilPatriarca Bartolomeo, nella speran-za che possano riprendere al piùpresto le nostre reciproche visite.

Celebrando la solennità di SanPietro e San Paolo, vorrei ricordarei tanti martiri che sono stati decapi-tati, bruciati vivi e uccisi, special-mente al tempo dell’imperatore Ne-rone, proprio su questa terra nellaquale voi vi trovate ora. Questa èterra insanguinata dai nostri fratellicristiani. Domani celebreremo la lo-ro commemorazione.

Saluto voi, cari pellegrini quipresenti: vedo bandiere del Canada,del Venezuela, della Colombia e al-t re … Tanti saluti! La visita alletombe degli Apostoli rafforzi la vo-stra fede e la vostra testimonianza.

E a tutti auguro una buona festa.Per favore, non dimenticatevi dipregare per me. Buon pranzo e ar-r i v e d e rc i .

Nella festa dei due Apostoli di que-sta città, vorrei condividere con voidue parole-chiave: unità e profezia.

Unità. Celebriamo insieme due fi-gure molto diverse: Pietro era un pe-scatore che passava le giornate tra iremi e le reti, Paolo un colto fariseoche insegnava nelle sinagoghe.Quando andarono in missione, Pie-tro si rivolse ai giudei, Paolo ai pa-gani. E quando le loro strade si in-crociarono, discussero in modo ani-mato, come Paolo non si vergognadi raccontare in una lettera (cfr. Gal2, 11ss.). Erano insomma due perso-ne tra le più differenti, ma si sentiva-no fratelli, come in una famiglia uni-ta, dove spesso si discute ma sempre

ci si ama. Però la familiarità che lilegava non veniva da inclinazioninaturali, ma dal Signore. Egli non ciha comandato di piacerci, ma diamarci. È Lui che ci unisce, senzauniformarci. Ci unisce nelle differen-ze.

La prima Lettura di oggi ci portaalla sorgente di questa unità. Rac-conta che la Chiesa, appena nata, at-traversava una fase critica: Erode in-furiava, la persecuzione era violenta,l’Apostolo Giacomo era stato ucciso.E ora anche Pietro viene arrestato.La comunità sembra decapitata, cia-scuno teme per la propria vita. Ep-pure in questo momento tragico nes-suno si dà alla fuga, nessuno pensa

Ecco che cosa chie-dere a Dio: non solo lagrazia del momento, mala grazia della vita. IlVangelo oggi ci mostraproprio il dialogo checambiò la vita di Pie-tro. Egli si sentì chie-dere da Gesù: “Chi so-no io per te?”. E rispo-se: «Tu sei il Cristo, ilFiglio del Dio viven-te». E Gesù: «Beatosei tu, Simone, figliodi Giona» (Mt 16, 16-17). Gesù lo dice bea-to, cioè, alla lettera, fe-lice. Sei felice per averdetto questo. Notiamo:Gesù dice Tu sei beatoa Pietro che gli avevadetto Tu sei il Dio vi-

genitori verso i figli e per i figli ver-so i genitori anziani. E qui mi ven-gono in mente tanti anziani, che so-no lasciati soli dalla famiglia, come— mi permetto di dire — come sefossero materiale di scarto. E questoè un dramma dei nostri tempi: lasolitudine degli anziani. La vita deifigli e dei nipoti non si fa dono pergli anziani. Farci dono per chi èsposato e per chi è consacrato; vale

derando tutto il resto spazzatura,per guadagnare Cristo.

Oggi, davanti agli Apostoli, pos-siamo chiederci: “E io, come impo-sto la vita? Penso solo ai bisognidel momento o credo che il mio ve-ro bisogno è Gesù, che fa di me undono? E come costruisco la vita,sulle mie capacità o sul Dio viven-te?”. La Madonna, che si è affidatatutta a Dio, ci aiuti a metterlo alla

Oggi ricordiamo i primi martiridella Chiesa di Roma

Essi ci consegnano un’e re d i t àda custodire e imitare: il Vangelo

dell’amore e della misericordia.I martiri cristiani di tutti i tempi

sono uomini e donne di pace,nonostante le persecuzioni.

(@Pontifex_it 30 giugno 2020)

fu chiamato “p i e t ra ” p er-ché era un uomo solidoe affidabile. No, faràtanti sbagli dopo, nonera tanto affidabile, faràtanti sbagli, arriverà pu-re a rinnegare il Mae-stro. Però scelse di co-struire la vita su Gesù, lapietra; non — dice il te-sto — su “carne e san-gue”, cioè su sé stesso,sulle sue capacità, ma suGesù (cfr. v. 17), che è lapietra. È Gesù la rocciasu cui Simone è diventatop i e t ra . Lo stesso possia-mo dire dell’Ap ostoloPaolo, che si donò total-mente al Vangelo, consi-