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Unità di apprendimento di Storia La grande migrazione Corso Speciale D.M. 85/2005 Silvia Ronci

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Unità di apprendimento di Storia

La grande migrazione

Corso Speciale D.M. 85/2005

Silvia Ronci

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Storie migranti

“ […] in un modo o nell’altro siamo tutti migranti. Sento di

condividere affinità con i migranti di tutto il mondo e sono portato

a considerare la storia umana in uno scenario globale, non relativo

semplicemente agli ultimi cinquant’anni o poco più, ma anche a

centinaia, anzi migliaia di anni fa.” 1

Presentazione

L’Unità di apprendimento La grande migrazione si rivolge ad un monoennio di un Istituto professionale e affronta il tema dell’emigrazione, per guardare da un altro punto di vista al fenomeno contemporaneo dell’immigrazione in Italia. Permette di sperimentare l’utilità delle conoscenze e delle competenze storiche allo scopo di conoscere la situazione contemporanea ed interpretarne i possibili sviluppi. Si propone come strumento efficace per far acquisire consapevolezza sui fenomeni e le tendenze attuali della civiltà e un’attitudine a interrogarsi su di esse. Questo obiettivo si può cogliere meglio assumendo il punto di vista del presente come una delle prospettive costanti da cui interrogare il passato. La tematica scelta è storicamente affrontata considerando il periodo di tempo tra il 1861 e il 1914, periodo appunto in cui si verificò una emigrazione di massa. Tuttavia si prende in considerazione un processo di trasformazione più lungo che, attraverso il secondo dopoguerra e il boom economico degli anni Cinquanta, conduce fino al presente. Circa un secolo di storia durante il quale l’Italia e il mondo sono profondamente cambiati sia economicamente che culturalmente. Italia, Europa, mondo come sistema globale in cui i fenomeni di emigrazione e di immigrazione, anche se protagonisti sono oggi altri popoli, avvengono con modalità simili ed evidenti sono perciò le analogie tra il passato e il presente. La riflessione si allarga inevitabilmente al tema del razzismo, nel confronto tra Italia paese di emigrati e Italia paese d'immigrazione, nonché ai temi così attuali dell’accoglienza, dell’integrazione, della multietnicità, della convivenza tra popoli e tra culture diverse. Per recuperare la memoria dell’esperienza migratoria e raccontare attraverso immagini, documenti, storie di vita, le vicende di un popolo partito in massa “per terre assai lontane”. Per capire il passato, per sapersi adeguare nel miglior modo possibile al nostro presente, alla società multietnica che si sta formando intorno a noi. Tra il 1861 e il 1914 milioni di italiani emigrarono nel continente americano e verso altri continenti, sia dalle regioni del nord che dalle regioni del sud Italia, per sfuggire alla miseria e alla disoccupazione. Gli emigranti viaggiavano a bordo di piroscafi a

1 Jan Nederveen Pieterse, Melànge globale, Roma, Carocci, 2005 (p.21)

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vapore in condizioni igienico sanitarie disastrose, le cosiddette navi di Lazzaro. I dati relativi ai movimenti migratori degli italiani all'estero, prima del 1860, sono quasi inesistenti ma, dopo questa data, la neonata Italia Unita comincia a valutare il fenomeno dell'emigrazione della popolazione italiana all'estero, sia in relazione alle dimensioni considerevoli che di anno in anno stava assumendo, sia per censire, in qualche modo, il grande esodo di manodopera cui l'Italia assisteva impotente, e per valutare il flusso di denaro che i lavoratori italiani all'estero mandavano ai loro congiunti rimasti in Italia. Inoltre, dai primi anni del XX secolo, quando i paesi di tutta Italia, ma soprattutto del mezzogiorno, si spopolavano a causa delle continue emigrazioni verso Paesi preferibilmente oltreoceano, la figura dell'emigrante, - di colui cioè che con coraggio aveva abbandonato tutto ciò che gli era noto e caro, per tentare la fortuna in Paesi lontani, di cui il più delle volte non sapeva nulla - era considerata, da chi rimaneva, piena di fascino. Non era raro trovare nelle case, custoditi con cura da madri, mogli, sorelle rimaste a casa in attesa di notizie, i ritratti di coloro che avevano lasciato il suolo natio per trovare soldi ed emancipazione altrove. Le mete scelte erano le più svariate, raggiunte dopo viaggi estenuanti fatti in condizioni disagiate, ed il lavoro che si andava a svolgere molte volte era umile e mal pagato. Pochi ammettevano, anche con loro stessi che la permanenza all'estero sarebbe stata definitiva, i più speravano che la lontananza dall'Italia sarebbe stata transitoria. Il sogno di diventare ricchi e importanti, per poi tornare al paese natio e riscattarsi da anni di privazioni e umiliazioni, era inseguito dalla maggior parte di coloro che emigravano. Oggi l’Italia, e l’Europa in generale, è paese di immigrazione in cui albanesi, marocchini, filippini, rumeni, cinesi, tunisini giungono con la speranza di trovare migliori condizioni di vita, dopo aver affrontato viaggi rischiosi e in condizioni disumane sulle loro navi di Lazzaro. Anche questi migranti del XXI secolo sono uomini e donne che abbandonano le loro terre, spesso in clandestinità, per cercare fortuna altrove, sognando condizioni di vita migliori che non sempre trovano nei paesi sviluppati. Alcuni arrivano per restare, con un progetto dunque di espatri definitivo, altri con un progetto di rientro. Guardare al fenomeno migrazioni permette quindi di interrogarsi sul presente, di analizzare le caratteristiche della nostra società multietnica, di comprendere meglio l’importanza dei diritti umani, attraverso un percorso che dal presente ci permetterà di recuperare il passato, per tornare a guardare al presente con maggiore consapevolezza.

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La struttura dell’Unità di apprendimento Il percorso si divide in tre grandi fasi: il presente, il recupero del passato, la problematizzazione del presente.

1. Presente: per recuperare le conoscenze già acquisite e possedute dagli allievi, riflettendo su alcuni problemi, concetti e tematiche attuali. Tali preconoscenze vengono sondate attraverso attività di brain storming e discussione guidata, con domande stimolo: “Perché tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento tanti italiani emigrarono in America o verso altri continenti e paesi?”; “Qualcuno di voi ha un bisnonno, un nonno o un parente che vive in America o in un altro paese?”; “Che cosa significa essere clandestino? ”; “Qualcuno di voi conosce una persona straniera giunta in Italia dopo aver intrapreso un viaggio attraverso il mare?” “Perché oggi l’Italia è paese di immigrazione?”. L’insegnante propone il confronto tra documenti scritti e iconografici per riflettere e guidare gli alunni. Le preconoscenze vengono organizzate tematicamente e cronologicamente. Gli alunni producono a loro volta materiale di lavoro, cercando lettere, documenti scritti e foto dell’album di famiglia per utilizzarli come fonti del loro percorso di ricerca. Discutono e mettono in comune le loro conoscenze, le organizzano e collocano cronologicamente le informazioni in loro possesso, associando ad ogni gruppo di informazioni le domande sorte che diventano guida e motivazione del loro percorso di ricerca.

2. Passato: per recuperare il passato in modo da capire il presente, si considera il fenomeno dell’emigrazione italiana all’estero nel periodo tra il 1861 e il 1950, riflettendo sul contesto economico, sociale e culturale dell’Italia che cambia e si trasforma da terra di emigrazione a terra di immigrazione. Questa seconda fase si suddivide a sua volta in sottotemi o indicatori cronologici: l’emigrazione italiana tra il 1861 e il 1913; l’emigrazione italiana durante il fascismo; l’emigrazione nel secondo dopoguerra. Si lavorerà sulle fonti storiche: lettere di emigranti, dati statistici, documenti ufficiali, testi storiografici per capire in quale situazione socio-economica maturò l’idea di emigrare, quale era il rapporto tra immigrati e popolazione autoctona, quali speranze e sentimenti si portavano dietro gli italiani che emigravano. Infine, per avvicinarci al presente, si analizzerà la trasformazione socio-economica e culturale avvenuta in Italia negli anni Cinquanta con il boom economico per capire come e perché l’Italia oggi sia un paese in cui emigrare.

3. Ritorno al presente: Si recuperano e ripropongono le domande della 1° fase problematizzando e stimolando con ulteriori domande la riflessione sul fenomeno emigrazione attuale, in un contesto spaziale locale e globale, attraverso una analisi anche terminologica di nuovi concetti quali: globalizzazione, transnazionale, multietnicità, multiculturalismo, integrazione, razzismo. Gli alunni recuperano le domande precedenti e verificano quelle a cui possono dare risposta grazie alla ricostruzione del processo: recuperano il

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brain storming iniziale, confrontano le carte geografiche, verificando la diversità dei flussi, mettono a confronto storie di vita diverse ma uguali, cogliendo analogie e differenze tra emigranti lontani e vicini, dando risposte nuove alle domande che sono state poste loro nella prima fase dell’UA.

Prerequisiti • Lettura selettiva di un testo • Disponibilità alla problematizzazione e alla precisione terminologica ed espositiva • Decodificazione di carte geografiche, politiche, tematiche • Decodificazione di grafici e tabelle • Comprensione e applicazione delle principali procedure logiche e metodologiche

proprie della Storia Obiettivi Obiettivi di conoscenza

• Conoscere azioni, fatti, spazi e tempi storici interrogati dal presente • Conoscere il contesto storico, economico, sociale, culturale di arrivo e di

provenienza: Stati Uniti d’America, Brasile, Argentina, Australia, regioni del nord e regioni del sud Italia

• Conoscere i concetti di integrazione, assimilazione, globalizzazione, razzismo, discriminazione

• Conoscere i flussi migratori dell’epoca attuale Obiettivi riguardanti gli operatori cognitivi

• Sistemare in ordine cronologico e per temi • Riconoscere e ricostruire periodizzazioni • Padroneggiare il linguaggio della disciplina • Sviluppare il senso storico tra passato e presente • Spiegare, problematizzare e descrivere un fenomeno o un processo storico

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Obiettivi riguardanti le abilità

• Lettura di una carta geografica • Selezione di informazioni da un testo • Costruzione di grafici temporali • Selezione di informazioni partendo da un’immagine

Metodi per il conseguimento degli obiettivi Per il raggiungimento degli obiettivi l’insegnante utilizzerà una pluralità di strategie

• Lezione aperta alle questioni poste dagli studenti, basate sulla sollecitazione all’intervento e sul dialogo

• Brain storming e discussione guidata • Cooperative learning e laboratorio con uso del metodo storico • Esercizi, attività, esperienze di apprendimento individuali e/o di gruppo

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Bibliografia

L’officina della storia. L’età contemporanea, vol. 3, A. Brusa, S. Guarracino, A. De Bernardi, Mondadori 2007

Armi, acciaio e malattie, breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, J. Diamond, Einaudi, Torino, 1998

Le navi di Lazzaro. Aspetti sanitari dell’emigrazione transoceanica italiana: il viaggio per mare, A. Molinari, Franco angeli, Milano 1998

Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti in America Latina 1876-1902, E. Franzina, Feltrinelli, Milano 1979

Diario italiano. Memorie, diari, epistolari dell’archivio di Pieve Santo Stefano, a cura di S. Tutino, Giunti, Firenze, 1991

E. de Martino, La fine del mondo, Einaudi, Torino, 2002

Spostamenti e migrazioni nel Bacino Mediterraneo, Poinard M.,Jaca Book/WIDE, Milano, 2002

Sitografia

www.ellisisland.org

www.caritasroma.it

www.comune.torino.it/cultura/intercultura/welcome.html

www.continente.org

www.cs.org

www.roma_intercultura.it

www.splcenter.org

www.unimondo.it

www.upter.it

www.unmondodistorie.it

Filmografia

Quando sei nato non puoi più nasconderti, Marco Tullio Giordana, 2005

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Il presente

Dopo aver svolto attività di brain storming e discussione guidata al fine di recuperare le conoscenze che gli alunni/e già possiedono riguardo al tema generale dell’emigrazione, si propone di dividersi in piccoli gruppi per analizzare, trarre informazioni e, successivamente, confrontare i seguenti documenti.

Il mondo moderno è diventato particolarmente sensibile ai problemi sollevati dalle diverse

patrie culturali e dai loro rapporti proprio perché viviamo in un’epoca di migrazioni, di

incontri e di confronti, e quindi anche di patrie culturali […] Ma è poi la crisi delle patrie

culturali un fenomeno che riguarda soltanto i non occidentali o i non sufficientemente

occidentalizzati, i primitivi, gli emigranti provenienti da zone sottosviluppate, insomma sempre

gli altri e mai noi? […] nostro in misura forse mai avvertita come oggi è il compito di

rimodellare questa nostra patria in modo da rendere il mondo significante e abitabile.2

Storie di vita

Storia di Irena (Albania): Non per me, ma per mio figlio…

Sono stata fidanzata in Albania con un ragazzo che nel ’90 è venuto in Italia. Io l’ho raggiunto

nel ‘94, avevo 28 anni. L’ho seguito anche perché in Italia potevo guardare con occhi diversi al

mio futuro. Come molti albanesi, son venuta con un peschereccio, c’era anche suo fratello.

Ricordo il viaggio, eravamo una trentina di persone, ognuna con i propri dispiaceri e le proprie

speranze. Era un viaggio emozionante, molto rischioso, ma io ero tranquilla, non so perché, forse

perché venivo da un paese dove durante il periodo della dittatura nessuno poteva uscire da lì. Era

il mio primo viaggio all’estero.

2 E. De Martino, La fine del mondo, Einaudi, Torino, 2002, pag. 478

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In Italia ho cominciato a vivere col mio ragazzo, all’inizio c’era anche suo fratello. Abitavamo a

Bracciano in campagna, in una baracca, un magazzino di attrezzi di lavoro, l’abbiamo sistemato

noi per poterci vivere. Volevo dividere con lui la mia vita. In Albania avevo un negozio comprato

durante la democrazia: aggiustavo ombrelli, riparavo macchine da scrivere, arnesi vari. E’ ancora

mio quel negozio, l’ho affittato…

…L’Italia mi è piaciuta fin dal primo momento: le strade, i paesaggi, il cielo, tutto sembrava

come da noi, solo un po’ diverso. Non mi ero portata niente, non ero sicura di poter rimanere in

Italia, come tutti i clandestini che non sanno quanto potranno stare. Poi nel ’98 c’è stata la legge e

ho fatto i documenti.

Io ho tre sorelle e un fratello, un po’ sparsi per il mondo. Ma stanno bene.

Io quando son rimasta sola avevo un desiderio grande grande di tornare in Albania, ma le leggi

lì non erano ancora formate e mi chiedevo “Che futuro avrà mio figlio?”. E allora ho deciso di

rimanere qui. Erald è cresciuto senza padre e con “mezza mamma”. Dico mezza perché lavoro

dodici-tredici ore al giorno e ho poco tempo per stare con lui. E’ tanto tempo che lui non vede il

padre. Mio nipote che è venuto qui per studiare, lo aiuta nei compiti.

…A volte penso “E se fossi rimasta in Albania?”, e allora mi immagino in Albania più felice di

qui, con meno solitudine e più compagnia perché quello è il mio paese, lì sono nata, la mia casa, i

miei affetti stanno lì. Lì hai anche una personalità che qui non puoi avere, qui forse non ce

l’avrai mai. Forse puoi avere un’altra fortuna, ma non è la stessa cosa… Però non rinnego il mio

desiderio d’essere venuta qui, il desiderio di uscire da un mondo chiuso, antico… In Albania,

anche se oggi le persone sono più libere, possono solo immaginare quanto fuori è diverso. Io

penso che viaggiando e cercando cose nuove si diventa più ricchi nell’anima…

…Se qualcuno parla male degli albanesi soffro tanto, perché la mia identità è albanese. Se sento

al TG che gli albanesi fanno qualcosa di male, io mi sento male, sento rabbia. Se tu stai fuori e

senti parlare male degli italiani senti rabbia… o no? Però non tutti gli albanesi sono delinquenti e

dico “Ma come stanno in Albania, i delinquenti ci sono anche qui!”…

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…Se fossi venuta a quindici anni mi sentirei “meno albanese”. Ma son venuta quasi a trenta

anni con una mentalità formata. Comunque in Italia son rimasta un po’ delusa, faccio solo

sacrifici, più per mio figlio che per me, da dieci anni non faccio una vera vacanza(…) 3

Karima (Marocco): Costretta a cambiar nome!

Il mio destino non era l’Italia, ma la Francia, perché mio fratello era già a Parigi e perché

conosco il francese. Dovevo prima passare dalla Spagna insieme a tanti altri che venivano dal

Nordafrica. Era esperienza già fatta da molti del Marocco e da mio fratello.

Ma la notte che con una barca clandestina ci mettono sul mare, scafisti dissero che era

pericoloso andare in Spagna perché Guardia Civil faceva controlli. E così cambiano direzione,

tutti protestiamo perché abbiamo pagato per andare in un posto sicuro della Spagna.

Per me crolla un sogno, ma scafisti sono anche armati e ci costringono a fare quello che dicono

loro. Solo quando il viaggio è terminato, abbiamo capito che era un inganno. Il viaggio diventò

molto lungo, anche per i guasti al motore… Si fermava, ripartiva, non capivi più che giorno era.

Poco cibo ma la mancanza più grande era l’acqua. E non tutti ce l’hanno fatta. Erano condizioni di

bestie, eravamo tanti tanti e non ce l’ha fatta Hamid, mio marito…

…Aveva 30 anni Hamid (io ne avevo 20, oggi ne ho 31), se n’è andato …scafisti l’hanno buttato

in mare … Dopo undici anni non ho superato questo, ancora piango se penso a quella tragedia,

non và via questo dolore… vederlo morire lentamente, dopo che ha perso conoscenza, senza che

lui ascolta il mio ultimo saluto. Ti dico, lui è morto tra le mie braccia ed io, disperata che non

immagini, volevo andare via con lui. Ho tentato il suicidio in mare… è un ricordo confuso, ero

pazza dal dolore, ricordo solo che compagni di viaggio mi hanno tenuta stretta stretta per mani e

piedi… Ancora ho dolore!

Arriviamo in Sicilia e qui con difficoltà perché sempre di nascosto, da clandestini, ci dividono. Io

con altri arrivo a Palermo dopo giorni da incubo, nascosti dentro un camion, altri non sappiamo

nemmeno dove li portano. Sono momenti difficili per tutti, qualcuno di noi parla un poco

d’italiano. “Ma per fortuna” penso “sto in compagnia”… Altro che compagnia! Quelli che ci

accompagnano avevano contatti con delinquenti, non so se proprio mafia, ma non gente bene.

Quando ci dividono capiamo che è tutto un inganno per venderci. Ci ho messo un poco, ma non

tanto e alla fine ho capito che il destino era per gli uomini un lavoro come schiavi in campagna e

per noi donne, tre donne, la strada. Non potevi ribellarti, ho pensato di nuovo al suicidio. Ricordo

3 AA.VV. Alì e altre storie, RAI Segretariato sociale, Roma, 1998

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la seconda sera, gli occhi dell’uomo che parlava francese mi facevano paura… Con la scusa di un

lavoro di assistenza a bambini mi ha divisa dal gruppo e mi porta in una casa dove bambini non

c’erano(…)4

Bienvenu (Rep. Dem. Del Congo)

Bienvenu Kasole ha ventisei anni anche se dall’aspetto sembra più giovane. E’ un tipo allegro, parla correttamente l’italiano e, a prima vista, con il tavolo pieno di libri e di appunti, ci sembra uno studente molto indaffarato. Lo incontriamo, infatti, in un giorno particolare, l’antivigilia del suo esame di Sociologia Politica. Alla facoltà di Scienze Politiche lo conoscono tutti, scambiano con lui qualche battuta, "alcuni anche per migliorare la pronuncia del francese". Bienvenu è un rifugiato politico, da più di tre anni è fuggito dal suo paese, la Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) ed ha fatto di Roma la sua nuova città. Undicimila persone attualmente vivono in Italia per sfuggire a guerre e persecuzioni, meno dell’uno per cento di quanti si trovano nel resto dell’Unione Europea. Nel mondo sono poco più di dodici milioni, il trenta per cento dei quali proviene dal continente africano. Nel novembre del 1999, le organizzazioni umanitarie Amnesty International e Human Right Watch con la complicità di alcuni diplomatici di paesi occidentali, hanno permesso la fuga di Bienvenu da un’Ospedale di Kinshasa, dove era agli arresti dopo aver subito due settimane di torture dalla polizia politica dell’ex dittatore Kabila. Studente di giurisprudenza all’Università di Bukavu, la sua città natale situata nel nord del Congo, ai confini con il Ruanda ed il Burundi ed occupata da un esercito irregolare sotto il controllo del governo ruandese, Bienvenu non era nuovo agli arresti ed alle torture. Prima della polizia di Kabila, infatti, lo avevano arrestato i ribelli ruandesi, la polizia keniana ed era stato espulso dal Burundi. Eppure, lo studente che abbiamo incontrato, non era un criminale od un combattente, non era nemmeno a capo di una fazione di oppositori o di un partito politico, era solamente uno dei membri di un’Associazione giovanile che cercava di sensibilizzare le popolazioni dell’Africa Centrale alla pace ed al rispetto dei diritti umani. Aveva denunciato pubblicamente, attraverso internet e le poche fonti di informazione non controllate dai regimi, le stragi, gli stupri etnici, la corruzione dei politici e la situazione insostenibile dei detenuti, la maggior parte dei quali oppositori politici, in Congo ed in Ruanda.

L’impegno politico

"In Africa non c’è impegno sociale che non sia politicamente rilevante, che non ti coinvolga come uomo, cittadino ed anche cristiano, a qualsiasi età".

Bienvenu a sedici anni era il responsabile del suo gruppo di Scout cattolici, faceva parte della comunità dei capi della regione e, tra le varie mansioni che doveva svolgere, c’era quella di coordinare i contatti tra gli scout e le varie realtà giovanili del territorio. Proprio con questo incarico di collegamento, nel 1997, entra a far parte del COJESKO (Coordinamento delle associazioni giovanili solidali del Congo). In questa organizzazione, fondata per promuovere lo sviluppo economico, i diritti umani e la pace, grazie alla sua disponibilità ed alle spiccate capacità comunicative, diventa il responsabile della Commissione Diritti Umani. Conferenze nelle università, incontri con i leaders politici e continui contatti con le organizzazioni umanitarie internazionali diventarono così parti della sua vita, insieme allo studio, ai sei fratelli più giovani ed

4 AA.VV ., Alì e altre storie, RAI Segretariato sociale, Roma, 1998

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ai genitori. A Bukavu, occupata dalle truppe ribelli filoruandesi, Bienvenu denuncia le atrocità commesse sia dai ribelli che dall’esercito regolare del Congo. I suoi appelli rilanciati dai maggiori siti internazionali e pubblicati sui giornali occidentali, soprattutto belgi (paese ex colonizzatore), parlano di violenze, stragi, violazione dei diritti, arresti e condanne arbitrarie.

"Erano cose che avevo sempre fatto, da quando, giovanissimo, parlavo al mio gruppo scout del messaggio evangelico, della democrazia come unica possibilità di sviluppo economico e dei diritti. La differenza era che non mi rivolgevo più ad un gruppo di adolescenti, ma ero il rappresentante di un’organizzazione nazionale".

La fuga dal Congo …

"Fui arrestato la prima volta dall’esercito di occupazione ruandese a Bukavu, mentre ero a casa. Le accuse non mi furono mai specificate e, per fortuna, non subii il processo perché riuscii a fuggire prima che questo avesse inizio".

Nel gennaio del 1999 quindi, Bienvenu subisce il suo primo arresto e grazie all’aiuto di alcuni amici del COJESKO, l’organizzazione in cui militava, riesce a corrompere alcuni miliziani ruandesi ed a fuggire in Burundi. Il Burundi purtroppo non accetta la sua presenza e gli intima l’espulsione, obbligandolo a lasciare al più presto il paese. Si dirige allora in Kenia dove, nuovamente, viene arrestato per immigrazione clandestina ed espulso. L’azione di alcune organizzazioni umanitarie fa si che il suo rimpatrio coatto non avvenga a Bukavu, dove sarebbe di nuovo arrestato dai ribelli ma nella capitale del Congo, Kinshasa. Tornato in patria, seppur impossibilitato a raggiungere la città natale, Bienvenu cerca di continuare la vita di prima. Si iscrive all’università e, soprattutto, continua la sua attività nel Coordinamento delle associazioni giovanili solidali. E’ il periodo più duro per il giovane scout che, pochi giorni dopo il suo ritorno in Congo, viene a conoscenza dell’assassinio della madre ad opera dei ribelli ruandesi come punizione per la sua fuga. Bienvenu non demorde e riprende la sua azione di sensibilizzazione nelle scuole e i contatti con le organizzazioni internazionali. Ben presto però gli appelli dell’Associazione COJESKO, oltre alle atrocità delle truppe ruandesi, cominciarono a denunciare anche le malefatte del dittatore Kabila, richiamando su Bienvenu l’attenzione della polizia politica.

"Mi arrestarono di nuovo, questa volta la polizia congolese e non le truppe di occupazione. Per circa due settimane mi tennero in isolamento torturandomi con l’elettricità. Volevano che denunciassi gli altri membri dell’organizzazione. Solo quando non resistetti più alle torture mi ricoverarono in un ospedale, sempre come prigioniero. Riuscii a fuggire quando i miei amici coinvolsero Amnesty International ed alcuni diplomatici occidentali per aiutarmi. Furono di nuovo corrotte le guardie dell’ospedale e mi vennero dati un visto per l’Italia ed un biglietto aereo per il Belgio. Mi portarono con un’auto dall’ospedale all’aeroporto e mi imbarcai subito. Così lasciai il mio paese".

… l’accoglienza in Italia

Nell’ultimo decennio le persone che hanno cercato soccorso in Italia sono notevolmente aumentate ma, nonostante l’ampliarsi del fenomeno, le leggi in materia sono ancora carenti. Il diritto d’asilo nel nostro paese è stato disciplinato nel corso degli anni dalle varie leggi sull’immigrazione che si sono succedute e, ove queste non arrivavano, con l’applicazione di trattati internazionali. Alla normativa attuale manca ancora una legge organica che regoli tali situazioni. Nel 1999, anno in cui Bienvenu Kasole ha chiesto di poter essere riconosciuto come rifugiato politico alla Commissione competente presso il Ministero dell’Interno, altri 33.000 stranieri hanno domandato di ottenere lo stesso status. Il conflitto in Kosovo appena concluso, i Kurdi perseguitati in Iraq ed in conflitto nella Turchia, le crisi africane e gli sbarchi sulle coste adriatiche di albanesi, afgani e srilankesi hanno

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favorito, nell’ultimo anno del millennio, un numero così elevato di richieste. Di quelle domande solamente una minima parte, circa ottocento, fu accolta. Alcune di esse, vennero accettate per un breve periodo con un diverso status detto di "motivi umanitari" o di "protezione temporanea". La metà delle persone che presentò la richiesta non ha mai ottenuto il colloquio presso la Commissione. Molti di loro, a seguito di controlli preliminari della polizia di frontiera, non furono ritenuti possibili perseguitati e quindi rimpatriati o espulsi; altri, preferirono approfittare del proprio permesso temporaneo per trasferirsi in Inghilterra e Germania. Il notevole incremento delle richieste lasciava comunque presupporre che, per molti, la procedura per ottenere lo status di rifugiati fosse piuttosto la strada per un ingresso clandestino. Le forze di polizia cominciarono allora ad essere più vigilanti su tali ingressi. Bienvenu fu una delle vittime di tale irrigidimento. "Ricordo quando sbarcai all’aeroporto di Bruxelles, videro il mio passaporto con il visto italiano e mi fecero attendere in una saletta il primo aereo per Roma. Viaggiai senza biglietto e quando arrivai a Fiumicino fui subito preso in consegna dalla polizia. Dopo aver raccontato la mia storia, mi dissero che dovevano verificare la validità del visto con l’Ambasciata di Kinshasa. Mi tennero rinchiuso tre giorni in uno stanzone con solo una panchina dove sedere. Non ho avuto niente da mangiare durante tutto il tempo. I miei vestiti consistevano in tre camicie ed un pantalone. Indossai tutto per proteggermi dal freddo". Dopo la permanenza forzata presso il posto di polizia dell’aeroporto, Bienvenu venne rilasciato. Aveva in tasca 160 mila lire. Gli dissero che doveva raggiungere al più presto la Questura per fare la richiesta di asilo politico. "Arrivai in treno a Roma Termini e la prima cosa che feci, quando era ormai quasi notte, è stata di comprare un panino: pagai tremila lire, ricordo la mia sorpresa. Cercai anche una stanza per dormire: ottanta mila lire. Finii quasi tutti i miei soldi. L’indomani mattina fui aiutato da alcuni stranieri incontrati nell’atrio della stazione, m’accompagnarono in Questura e riuscii così a fare i documenti" Bienvenu si mise in contatto con alcuni conoscenti in Belgio, con il loro tramite riuscì a raggiungere l’Esercito della Salvezza prima e la Caritas successivamente. Era iniziata la sua vita di rifugiato politico in Italia. Per i primi mesi, prima che la Commissione ministeriale esaminasse la sua domanda e gli fosse riconosciuto lo status, non poteva cercarsi un lavoro regolare né iscriversi all’università. Doveva per forza essere aiutato. "Questo è stato un grande handicap, mi faceva sentire sempre di peso a qualcuno. In realtà non era così, tutti coloro che mi hanno aiutato sono stati felici di farlo".

"aspettando di guarire"

Nel periodo di ‘attesa’, comune ad ogni rifugiato, Bienvenu ha lavorato in nero come pony, ha collaborato ad allestire alcune mostre in un museo ed ha anche fatto da guida ai suoi connazionali che partecipavano alla Giornata Mondiale della Gioventù. "Capii subito che dovevo cavarmela da solo, di non dover aspettare l’aiuto di nessuno, fin da quando i poliziotti di Fiumicino mi fecero uscire dalla sala d’attesa e mi dissero di andare in Questura. Non mi spiegarono come raggiungere la Stazione o un posto per dormire, mi dissero soltanto di cercare qualche straniero e di farmi aiutare". Oggi Bienvenu, oltre ad essere un brillante studente è impegnato come mediatore culturale. Cerca di aiutare i suoi connazionali ed i "fratelli africani" nei contatti con gli uffici pubblici e le associazioni di volontariato. Continua a lavorare saltuariamente, viene chiamato presso la Commissione dei rifugiati per fare da interprete. D’estate lavora part-time come custode di un museo. Nella sua posta elettronica ci sono messaggi provenienti dagli amici congolesi, anch’essi rifugiati all’estero. Nel computer Bienvenu ha anche un’altra casella di posta, che legge quasi quotidianamente e che cerca di inoltrare e diffondere in tutto il mondo, è quella dell’Associazione COJESKO. Continua a ricevere notizie di soprusi, violenze e, a volte, anche di stragi. Il governo di Kabila è caduto per lasciare il posto ad un altro dittatore, mentre la sua città continua ad essere occupata dall’esercito ruandese.5

5 http://www.caritasroma.it/pubblicazioni/romacaritas/1-2003/bienvenu.htm

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Esercizi

Dopo aver letto attentamente le storie di vita proposte, compila le schede

Età-sesso Paese di

provenienza

Come sono

giunte in

Italia

Motivazioni Aspettative Altro che ti sembra

importante

Irena

Karima

Bienvenu

Condizioni di vita

nei paesi di origine

Condizioni di vita in

Italia

Breve descrizione

del viaggio

Altro che ti sembra

importante

Irena

Karima

Bienvenu

Si propone inoltre la lettura e l’analisi di articoli di giornale che trattino il tema

immigrazione in Italia, e i sottotemi ad esso legati: clandestinità, condizioni degli

immigrati in Italia, nonché parti di testi di legge e interviste

ROMA - Da oggi, primi rilasci e rinnovi dei permessi di soggiorno si chiedono alle Poste. Terminata la fase di rodaggio avviata poco più di un mese fa in cinque province pilota, viene estesa in tutta Italia la nuova procedura che fa diventare un (brutto) ricordo le file di fronte a Questure e commissariati, uno dei "classici" dell'immigrazione in questo Paese. Intanto, in una decina di comuni pilota e nella provincia autonoma di Trento è partita anche una sperimentazione triennale per realizzare il passaggio di competenze sui permessi di soggiorno dalle Questure agli Enti Locali. Mentre il governo preparerà una modifica alla normativa, i comuni coinvolti studieranno il back office dei rinnovi per poter gestire direttamente un servizio così importante per la vita dei nuovi cittadini. Ma vediamo cosa cambia, cominciando da chi entra per la prima volta in Italia. Fermo restando che entro 8 giorni lavorativi dall'ingresso tutti i cittadini extra UE devono chiedere il rilascio del permesso di soggiorno, il nuovo sistema prevede percorsi diversi, a seconda del motivo per cui si arriva. I lavoratori subordinati che entrano con i flussi, la maggior parte dei "fuori quota" (come gli infermieri, i dirigenti, gli artisti) e gli stranieri che arrivano per motivi familiari dovranno passare necessariamente per lo Sportello Unico per l' Immigrazione, dove compileranno i moduli della richiesta che poi dovranno consegnare negli uffici postali abilitati. Andranno invece direttamente alle Poste, senza passare dallo Sportello unico, i lavoratori autonomi,

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gli studenti e i turisti. Alcuni particolari permessi di soggiorno, come quelli per asilo politico, affari, cure mediche o motivi umanitari, si continueranno infine a chiedere presso gli uffici Immigrazione delle Questure. Presenteranno domanda all'ufficio postale anche i cittadini extra UE che devono chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, oppure quelli che hanno maturato i requisiti per chiedere la carta di soggiorno. I cittadini di uno degli altri 24 paesi dell'Unione Europea, potranno chiedere la carta di soggiorno per cittadini UE sia presso gli uffici postali, che , come hanno fatto finora, presso gli uffici immigrazione delle Questure. I moduli per le domande di rilascio o di rinnovo sono distribuiti gratuitamente in tutti gli uffici postali, ma una volta riempiti potranno essere presentati solo in uno dei cinquemila sportelli abilitati. I patronati e alcuni Comuni (per ora Alba, Ancona, Brescia Calenzano, Cesena, Cuneo, Ferrara, Fondi, Ivrea, Lecce, Padova, Prato, Ravenna, Sperlonga, Consorzio Comuni Portogruaro) offrono assistenza gratuita per la compilazione, mentre per le informazioni è stato attivato il numero verde 800.309.309 che risponde in italiano, arabo, francese, inglese e spagnolo. Su www.portaleimmigrazione.it si possono trovare gli indirizzi di uffici postali, patronati e comuni e seguire l' iter della propria pratica. Dopo la domanda gli impiegati degli uffici postali hanno il compito di identificare gli stranieri che presentano la domanda, alla quale va allegata copia del permesso scaduto e altri documenti che variano a seconda della tipologia di permesso, e consegnano loro una ricevuta che vale come l'attuale "cedolino". Tra il costo del servizio di Poste, le marche da bollo e i versamenti previsti per la stampa del permesso, gli interessati dovranno sborsare più di 70 euro per ogni domanda. La domanda viene quindi girata al Centro Servizi amministrativi di Poste che la scannerizza (ma questo passaggio non c'è se è stata compilata elettronicamente presso patronati, comuni o Sportello Unico) e quindi li spedisce alle Questure competenti. I dati elettronici vanno invece al centro informativo del Viminale che procede ad una verifica sui precedenti penali del richiedente. Il cittadino straniero deve attendere due convocazioni in Questura, che arrivano per raccomandata. La prima volta deve consegnare 4 fotografie e lasciare le impronte digitali, indispensabili per la stampa del permesso di soggiorno elettronico, che sostituirà tutti quelli di carta che hanno una durata superiore ai 90 giorni. In quella occasione possono essere anche presentate, dietro richiesta, eventuali integrazioni alla domanda. Con un secondo appuntamento, si passerà invece a ritirare il nuovo permesso. La speranza è che questo nuovo sistema, oltre a eliminare le file riesca ad accorciare i lunghissimi tempi d'attesa per i rinnovi dei permessi: anche se meno evidente per la pubblica opinione, è questo il problema più grave. 6

6 Quotidiano La Repubblica, 11 dicembre 2006

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TITOLO II

Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato

Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno

Articolo 4

Ingresso nel territorio dello Stato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)

1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.

2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Il diniego del visto di ingresso o reingresso è adottato con provvedimento scritto e motivato che deve essere comunicato all'interessato unitamente alle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera.

3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1. Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone, con i limiti e le deroghe previsti nei suddetti accordi.

4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi, saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie. 7

7 http://www.studiocataldi.it/normativa/immigrazione/

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Esercizi Dopo aver letto i documenti proposti, aiutandoti con il vocabolario, scrivi il significato dei termini: Viminale: Clandestino: Visto: Direttiva: Permesso di soggiorno: Mezzi di sussistenza: Rifugiato

Se conosci qualche straniero che oggi vive in Italia intervistalo chiedendo notizie

sul viaggio intrapreso, famiglia, paese di provenienza, condizioni del viaggio,

motivazioni ecc

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Esercizi

Guardando il planisfero e la cartina politica dell’Europa, segnala con delle frecce i

flussi migratori dell’epoca contemporanea. Secondo te, da quali paesi europei o

extraeuropei provengono gli immigrati che vivono nel nostro paese?

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Il recupero del passato

Una emigrazione di massa Già nei primi decenni dell’Ottocento flussi migratori si erano diretti dall’Europa verso l’America, ma a partire dal 1870 si ebbe un impressionante aumento degli emigranti: se intorno al 1840 erano partiti per l’America circa 70.000-80.000 persone all’anno, nel 1880 lasciarono l’Europa ben 500.000 individui, nel 1900 un milione, per raggiungere nel 1910 addirittura i due milioni di persone. In questa nuova fase, la maggior parte degli emigranti non proveniva più dalla Gran Bretagna, ma dall’Italia e dalle regioni dell’Impero asburgico e russo, fuggivano anche dalle persecuzioni. La maggior parte degli italiani che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento si imbarcarono verso l’America erano contadini veneti e delle regioni meridionali. Che cosa spingeva un contadino di quell’epoca, che non aveva mai viaggiato e che non aveva mai visto una grande città moderna, a partire per un paese ignoto separandosi dalla sua famiglia? Innanzitutto la condizione di miseria, aggravata, dopo gli anni Settanta, dalla crisi economica; e poi un sogno: quello di riuscire a guadagnare soldi sufficienti per consentirgli di comprare un terreno da coltivare. A quel punto avrebbe potuto o chiamare la sua famiglia in America, o tornare nel suo paese di origine con il denaro necessario per diventare un piccolo o grande proprietario. L’America rappresentava la speranza di realizzare questo sogno. Ma per molti, una volta sbarcati, il sogno svaniva presto: chi si era diretto in America del sud, soprattutto Brasile e Argentina, difficilmente riuscì a diventare proprietario. La maggior parte degli immigrati lavorava come bracciante salariato, ma la paga era bassa così molti si trasferirono in città cercando lavoro nel commercio. Altri riuscirono a comprare un terreno facendo dei debiti con i grandi proprietari terrieri, che poi potevano pagare con i prodotti agricoli che il terreno produceva. Spesso, però, i contadini non riuscivano a saldare il debito e quindi rimanevano per sempre legati al terreno del grande proprietario. Svanito il sogno, molti emigrati avrebbero voluto tornare in Italia, ma non potevano farlo, perché avevano investito tutti i loro debiti per acquistare il biglietto di andata. Nel 1895 a Buenos Aires, la capitale dell’Argentina, ben il 78% degli abitanti era costituito da stranieri: essi venivano chiamati con il nome spagnolo di gringos. Gli argentini erano creoli, cioè discendenti degli europei che avevano colonizzato l’America del sud. Tuttavia l’integrazione fra gringos europei e creoli argentini non avvenne subito; solo con la seconda generazione, cioè con i figli degli immigrati, si verificò una vera fusione. Negli Stati Uniti la situazione era diversa: gli immigrati trovarono un paese altamente industrializzato e bisognoso di operai stranieri. Gli italiani lavoravano spesso in condizioni di pericolo, soprattutto come muratori o nelle industrie tessili. Inoltre era grande il disorientamento di chi arrivava da un mondo agricolo e si ritrovava in una città moderna, senza neppure conoscere la lingua del posto. Gli immigrati vivevano in quartieri poveri e squallidi. Un fenomeno tipico fu quello della nascita di zone della città nelle quali si insediavano tutti gli stranieri della stessa nazionalità: a New York era famoso il quartiere di Little Italy. Questo fenomeno si spiega con il desiderio, soprattutto per le prime generazioni di immigrati, di conservare la propria identità culturale in un mondo che aveva una cultura molto diversa A partire dal 1880, parte dell’opinione pubblica americana cominciò a chiedere limitazioni all’entrata degli immigrati. Le motivazioni presentate erano diverse: secondo alcuni non c’era più sufficiente spazio per tutti; altri sostenevano che gli immigrati provenivano da paesi che non conoscevano la democrazia; altri ancora davano agli stranieri la colpa degli atti di terrorismo; c’era

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perfino chi pensava che il massiccio afflusso di immigrati cattolici minacciasse la maggioranza protestante degli statunitensi. Dopo molte tensioni, i diversi gruppi etnici riuscirono nei decenni successivi ad integrarsi, e oggi gli Stati Uniti sono la nazione più multietnica del mondo.8 Ellis Island: la porta per gli Stati Uniti d’America

Ellis Island è un isolotto alla foce del fiume Hudson nella baia di New York. Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della sua chiusura, è stata la maggiore frontiera d'ingresso per gli immigranti che sbarcavano negli Stati Uniti.

Ellis Island

Il porto di Ellis Island ha accolto più di 20 milioni di aspiranti cittadini statunitensi, che all'arrivo dovevano esibire i documenti di viaggio con le informazioni della nave che li aveva portati a New York. Medici del Servizio Immigrazione controllavano brevemente ciascun emigrante, contrassegnando sulla schiena con un gesso, quelli che dovevano essere sottoposti ad un ulteriore esame per accertarne le condizioni di salute (ad esempio: PG per donna incinta, K per ernia e X per problemi mentali).

Chi superava questo primo esame, veniva poi accompagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione e precedenti penali. Ricevevano alla fine il permesso di sbarcare e venivano accompagnati al molo del traghetto per Manhattan.

I "marchiati" venivano inviati in un'altra stanza per controlli più approfonditi. "I vecchi, i deformi, i ciechi, i sordomuti e tutti coloro che soffrono di malattie contagiose, aberrazioni mentali e qualsiasi altra infermità sono inesorabilmente esclusi dal suolo americano" rammentava il vademecum destinato ai nuovi venuti. Tuttavia risulta che solo il due percento degli immigranti siano stati respinti. Per i ritenuti non idonei, c'era l'immediato reimbarco sulla stessa nave che li aveva portati negli Stati Uniti, la quale, in base alla legislazione americana, aveva l'obbligo di riportarli al porto di provenienza.

Dal 1917, modifiche alle norme d'ingresso, limitano i flussi immigratori. Viene introdotto il test dell'alfabetismo e dal 1924 vengono approvate le quote d'ingresso: 17.000 dall'Irlanda, 7.000 dal Regno Unito, 5.800 dall'Italia e 2.700 dalla Russia. La Depressione del 1929 diminuisce ulteriormente il numero degli immigrati, dai 241.700 del 1930 diventano 97.000 nel 1931 e 35.000 nel 1932. Contemporaneamente Ellis Island diventa un centro di detenzione per i rimpatri forzati: dissidenti politici, anarchici, senza mezzi e senza lavoro vengono obbligati a tornare al loro paese d'origine.

8 A. Brusa, S. Guerracino, A. De Bernardi, L’officina della storia. L’età contemporanea, Mondatori, Milano, 2007,

pp.133-136

21

Gli espulsi a forza dagli Stati Uniti sono 62.000 nel 1931, 103.000 l'anno successivo e diventano 127.000 nel 1933.

Durante la Seconda Guerra Mondiale vi vengono detenuti cittadini giapponesi, italiani e tedeschi e il 12 novembre 1954 il Servizio Immigrazione lo chiude definitivamente, spostando i propri uffici a Manhattan. Dopo una parziale ristrutturazione negli anni ottanta, dal 1990 ospita il Museo dell'Immigrazione.9

Quando a partire erano gli italiani

Emigranti europei sbarcano a Ellis Island, a New York, (USA), nel 1902

L'immigrazione è l'ingresso in un paese in maniera permanente o semipermanente di gruppi di persone provenienti da un altro paese. Un immigrato è colui che intende trasferirsi in una determinata località in modo permanente, non per turismo o per una visita casuale.

All'interno del concetto di immigrazione si possono includere le massicce migrazioni di popolazione avvenute prima della nascita degli Stati nazionali ed anche i movimenti interni ad un paese (le cosiddette migrazioni interne e il fenomeno dell'urbanizzazione). Un fenomeno inerente e parallelo all'immigrazione è l'emigrazione, che si riferisce all'uscita di una parte della popolazione dalla propria patria di origine.

Dal punto di vista economico si possono riconoscere due tipi di immigrazione. Paesi come gli Stati Uniti cercano e incentivano l'ingresso di manodopera qualificata da nazioni come l'India e la Cina. In Europa invece è molto più comune l'arrivo di manodopera non qualificata proveniente o da ex colonie o dai vicini paesi africani, che solitamente va a ricoprire posti di lavoro piuttosto umili.

Le persone si spostano dal loro paese essenzialmente per i seguenti motivi:

• motivazioni economiche (per sfuggire alla povertà, per cercare migliori condizioni di vita); o altruismo (andare a lavorare in un altro paese per mandare i soldi a casa ai loro

familiari); o lavoro (per trovare un impiego, per migliorare il proprio posto di lavoro);

9 www.ellisisland.org

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o istruzione (per frequentare una scuola e conseguire un titolo di studio); o trattato bilaterale in cui la merce-lavoro è scambiata con altri beni come materie

prime e energia, e il flusso emigratorio attenua un problema di sovrappopolazione o disoccupazione e povertà nel territorio nativo degli emigrati.

• persecuzioni e oppressioni (per evitare guerre, genocidi o la pulizia etnica); o di tipo politico (dittature o altri tipi di governi oppressivi); o di tipo religioso (impossibilità di praticare il loro culto religioso);

• disastri naturali (tsunami, alluvioni, terremoti);

• motivazioni personali (scelta ideologica, fidanzamento con un partner residente in un altro paese);

o raggiungimento della pensione (trasferimento in un luogo con clima migliore, minore costo della vita);

o di tipo sentimentale (riunificazione familiare) o di tipo criminale (per sfuggire alla giustizia del proprio paese, per evitare un arresto).

L'immigrazione è uno dei fenomeni mondiali più controversi. Tutte le nazioni cosiddette sviluppate (e buona parte di quelle in via di sviluppo) sono solite controllare severamente i flussi migratori, giustificando il comportamento in senso economico, ovvero sostenendo che ci sarebbe concorrenza sleale tra i lavoratori autoctoni e la manodopera a basso costo immigrata e che i nuovi arrivati graverebbero troppo sulle risorse dei servizi sociali pubblici.

A volte però, dietro a queste motivazioni economiche si nasconde un legittimo timore di vedere la cultura nazionale "annacquata" da un'ondata di immigrati, soprattutto quando quest'ultimi sono di un'altra religione e parlano una lingua diversa. Per questi motivi l'aumento dell'immigrazione in Europa ha portato ad una crescita dei movimenti nazionalisti.

L'immigrazione tende a creare preoccupazione nella popolazione autoctona ed attriti con le nuove comunità proporzionalmente al grado in cui esse sono riconoscibili come diverse, per aspetti sia di aspetto fisico che culturali o religiosi.

Inoltre tra coloro che cercano fortuna in un altro paese vi possono essere esponenti della criminalità del paese d'origine, organizzata o meno, e talvolta questo contribuisce ad aumentare la percezione negativa della popolazione nei confronti dei nuovi arrivati.

In seguito all'emergere del terrorismo islamico è emersa – in contrapposizione col multiculturalismo – la questione dell'integrazione, che consiste in tutti quei processi che rendono a tutti gli effetti degli individui membri di una determinata società, tra cui l'accettazione e il rispetto della sue leggi.10

10 www.wikipedia.it

23

Espatri e rimpatri

Da Storia dell’emigrazione italiana, P. Bevilacqua, E. Franzina, A. De Clementi, pag 116

24

Economia delle rimesse

25

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27

Da Gino Massullo, Economia delle rimesse, in Storia dell’economia italiana, pp. 161-164

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Lettere dall’America

Lettera di un emigrante italiano in Brasile

Santa Maria Boca di Monti, li 17 marzo 1978

Caro fratello,

dopo la mia partenza di Genova io vi ò scritto una lettera che stavo a Gibilterra, ai 17 dicembre,

adesso vi fo sapere il rimanente del viaggio, partiti che siamo di Gibilterra il nostro vapore andava

a golfie velle giorni buonissimi tempo placito infino ai 23 dicembre, ma il giorno 23 era una

buonissima giornata quando la circa le 4 e mezza pomeridiane che stavano tutti a cena in coperta

pacifichi, quando ad un tratto si sentì una voce che strilla e fogo e fogo e non vedendo che cielo

ed Acqua ad un tratto siamo tutti scoloriti tutti siamo venuti di mille colori da per tutto si sentiva a

piangere chi piglia a brazio il figlio chi abbrazia la moglie chi butava ordigni in mare chi recitava

le litanie de la madona chi stava in ginocchio con le mani giunte in conclusione erimo tutti

rassegniati al volere di Dio e poi graziando l’altissimo non è suzesso nulla. E cosa era? Avevano

aceso foco in stala dei manzi, e non è stato nulla, navigando sempre benissimo che il giorno di

santo Natale era un felicissimo giorno quando il giorno di san Stefano si alza una burrasca molto

cativa che erino in pericolo che a vedere il nostro naviglio a scombatere contro le onde che fece

terrore è durato 30 ore e poi è fatto placito e sereno quando poi siamo passati all’ultimo dell’anno

abbiamo trapassata la linea il locatore e avemo soferto 3 giorni di grande calore sopportabile i

rimanenti dei giorni li abiamo pasati pacifichi (…) Quando poi una lunga navigazione di 30 giorni

finalmente il giorno 11 gennaio di bel mattino sìa principiato a vedere le montagne del Brasile

alora tutti siamo messi a strillare e viva e viva la merica (…)

Tanti saluti… Mizzan Gio: Batta11

11 E. Franzina, Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti in America Latina

1876 - 1902, pp. 89-92

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Lettera di un emigrato trentino in Argentina inviata al giornale “La Voce cattolica”

Plata, 5 luglio 1883

Siamo partiti il giorno 17 aprile da Pinzolo (Trento); eravamo in 14 amici, 7 di Pinzolo e 7 di

Carisolo diretti coll’emigrazione dal sig. G Colajanni di Genova per la Plata. Il giorno 19 aprile

eravamo a bordo del vapore destinato a portarci a Buenos Aires, ed il giorno 20 alle 5

pomeridiane partimmo dal porto di Genova. Stando io in coperta ed osservando tutto minutamente

le persone che si trovavano a bordo, eravamo 446 tra emigranti e altri che avevano pagato. La

maggior parte Trentini, Veneti, Lombardi e Napoletani. Dopo feci una scrupolosa osservazione

allo stallo. Indovinate che cosa c’era? Erano 11 vacche assai più magre di quelle che si sognò il re

Faraone da 2000 a 1500 anni avanti Cristo che sortivano dal fiume Nilo; e queste da dove saranno

sortite, chi lo sa? Io ne feci cenno ai miei compagni e dissi: questa sarà la carne di bue fino, come

sta scritto sul biglietto, che ci daranno per nostro alimento lungo il viaggio. Cosa succede? Dopo

alcuni giorni di viaggio, come è di solito, il vapore “dindolava” dalle onde del mare e queste

povere bestie battevano ora le sponde ora la mangiatoia, ed erano tanto di dietro come davanti

tutte piene di piaghe, in una parola una alla volta sono morte tutte da sè; poi levavano quel poco di

sangue che era loro rimasto, e poi: mangiate emigranti! Il nostro cibo consisteva alla mattina ion

un po’ di caffè lungo (…); a pranzo un po’ di minestra di riso, carne e patate (…); a cena patate,

riso e carne (…). Quando cambiavamo era patate e riso, e riso e patate cattive assai. Alle volte ci

davano qualche pezzetto di formaggio, alle volte baccalà, sardelle putrefatte e pane crudo e poco;

anzi tre giorni prima di arrivare a Montevideo, non avendo farina da far pane, ci diedero solo riso

pure e poco. Insomma (…) abbiamo mangiato infamamente male; non c’era che il vino di buono,

tutti si lamentavano del cattivo vitto e poco12.

12 La Voce cattolica, 18 agosto 1883

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Ammalarsi sui piroscafi

Relazioni mediche e tabelle statistiche

Un medico del porto di Genova (1895)

La temperatura non è il solo fattore che rende irrespirabile l’atmosfera dei dormitori, vi concorre

il vapore acqueo e l’acido carbonico della respirazione, i prodotti tossici volatili che svolgono

dalla secrezione dei corpi, dagli indumenti dei bambini e talora degli adulti, che per tema o per

pigrizia, non esitano a emettere urine e feci negli angoli del locale ove stanno alloggiati coi loro

compagni. L’impressione di disgustosa ripugnanza che si riceve scendendo in una stiva dove

hanno dormito degli emigranti è tale che, provata una sola volta, non si dimentica più.

Uno studioso di igiene e sanità navale (1909)

Accovacciati sulla coperta, presso le scale, con i piatti tra le gambe, e il pezzo di pane tra i piedi, i

nostri emigranti mangiavano il loro pasto come poveretti alle porte dei conventi. E’ un

avvilimento dal lato morale e un pericolo da quello igienico, perché ognuno può immaginarsi che

cosa sia una coperta di piroscafo sballottato dal mare sul quale si rovesciano tutte le immondizie

volontarie e involontarie di quella popolazione viaggiante.13

13 A. Molinari, Le navi di Lazzaro. Aspetti sanitari dell’emigrazione transoceanica italiana: il viaggio per mare, pp

17-18, 22

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Queste tabelle statistiche riguardano le più diffuse malattie, contratte dagli

emigranti nel corso dei viaggi transoceanici; furono compilate dai medici di bordo

solo sui piroscafi dove funzionava un regolare servizio sanitario. Le percentuali

sono calcolate su mille imbarcati.

Viaggi di andata: America del Nord Viaggi di ritorno: America del Nord

data malaria morbillo Malattie

bronco-

polmonari

morbillo tubercolosi Malattie

mentali

1903 0,48 0,58 0,44 0,26 2,92 --

1904 0,46 0,54 0,34 0,43 2,57 0,46

1905 0,86 0,40 0,22 0,47 5,66 0,85

1906 0,71 0,77 0,24 0,34 5,61 0,86

1907 0,60 0,78 0,42 0,43 4,21 0,70

1908 0,49 0,52 0,21 0,65 2,77 0,42

1909 0,32 0,38 -- 0,34 9,71 1,91

1910 0,46 0,52 -- 0,80 9,24 1,36

1911 0,42 0,55 -- 0,51 4,81 1,16

1912 0,40 0,71 0,10 0,65 5,85 1,93

1913 0,52 0,51 0,05 0,77 5,58 2,12

1914 0,30 0,53 0,02 0,52 4,89 1,44

Viaggi di andata: America del Sud Viaggi di ritorno: America del Sud

data malaria morbillo Malattie

bronco-

polmonari

tracoma tubercolosi

1903 0,66 2,35 0,39 -- 1,51

1904 0,88 0,26 0,42 -- 1,78

1905 1,08 2,02 0,46 -- 1,80

1906 0,77 2,21 0,87 -- 1,65

1907 1,23 2,23 0,62 -- 1,74

1908 1,10 1,62 0,20 4,29 2,50

32

1909 0,64 1,69 0,10 0,29 2,11

1910 1,49 1,19 0,06 11,31 2,66

1911 0,30 1,78 0,08 7,26 2,79

1912 0,35 1,51 0,24 4,19 1,90

1913 0,57 2,91 0,09 6,71 2,55

1914 0,22 1,02 0,03 5,67 2,17

Fonte: Commissariato generale dell’emigrazione

Esercizi

Dopo aver analizzato e confrontato i dati della tabella, riporta su un grafico gli stessi dati.

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Immagini

Queste immagini sono state esposte nel museo “La nave di Sila”, in Calabria, per non dimenticare gli emigranti italiani. La mostra è stata dedicata a questi uomini e a queste donne e a Lorenzo di Renzo, un ragazzo meridionale che aveva venduto tutto ciò che aveva in Italia per partire per l'America e, dopo un viaggio durato 368 giorni, durante il quale avevano perso la vita numerosi bambini e anziani, nell'estate del 1914 venne trattenuto in quarantena a Ellis Island perché senza documenti. Dopo molte settimane di attesa, un funzionario di origine italiana gli disse che sarebbe stato espulso. Non sopportò la ''vergogna'' di tornare da ''fallito'' da quei compaesani a cui aveva promesso che in America avrebbe fatto fortuna e si uccise sotto la Statua della Libertà mentre la nave francese che lo riportava in Italia lasciava il porto di New York.

Emigranti sul ponte della nave in attesa di sbarcare

a New York. (Foto archivio Italy Italy Magazine)

Emigranti sul ponte di una nave durante il viaggio

verso l'America. (Foto Centro studi dell'emigrazione di New York in collaborazione con Italy Italy magazine)

Emigranti diretti in Svizzera raggiungono gli uffici dell'Opera assistenza emigranti. (Proprietà della

Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana, Lucca - 1900 circa)

Emigranti in partenza da una stazione italiana

(1908). (Foto Museo Narrante dell'Emigrazione "La nave della Sila'')

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Emigranti sul ponte di terza classe

di una nave. (Proprietà della Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana,

Lucca - 1900 circa)

Emigranti ad Ellis Island guardano Manhattan e la baia di New York nell'attesa di esservi

trasferiti. (Foto Corbis)

Bambini emigranti all'interno della nave

in viaggio per l'America. (Foto Museo Narrante dell'Emigrazione "La nave della Sila'')

Inizio novecento, interno di un conventillo a Buenos Aires. (Proprietà della Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione

italiana, Lucca)

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Emigranti clandestini in America. (Foto Museo Narrante dell'Emigrazione "La nave della Sila'')

Figli di emigranti a New York. (Foto Centro studi dell'emigrazione di New York in

collaborazione con Italy Italy magazine)

La ricostruzione delle cuccette di terza classe.

(Foto arch. Sila Barracco)

Saluto alla partenza della nave di una madre con il figlio. (Foto archivio Italy

Italy Magazine)

Esercizi

Osserva le immagini e scrivi un breve articolo di giornale in cui descrivi la vita

degli immigrati a fine Ottocento, mettendo in evidenza le condizioni economiche e

sociali, le modalità del viaggio, sogni, aspettative e paure.

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Interrogare le fonti

Esercizi

Rispondi alle domande, ricordando di citare sempre il documento o l’immagine da cui hai ricavato la notizia.

1. Come erano le condizioni igienico-sanitarie a bordo delle navi? Elencale in breve e riporta alcune parole o espressioni particolarmente significative per descrivere tali condizioni.

2. Facendo riferimento a quello che scrivevano gli emigranti nelle loro lettere, in che cosa consisteva e qual era la qualità del cibo a bordo delle navi?

3. Quali erano le condizioni di viaggio offerte dalle compagnie di navigazione agli emigranti?

4. Da tutti i documenti del tuo archivio ricava le informazioni relative ai motivi della partenza, ai preparativi, al numero delle persone imbarcate, alle caratteristiche sociali e familiari degli emigranti.

Il grande balzo economico: tra sviluppo e sottosviluppo.

L’Italia del boom economico

Terminata la II guerra mondiale, durante gli anni Cinquanta del Novecento vi fu un’intensa

ripresa della popolazione mondiale e questo fattore, insieme allo sviluppo del commercio,

all’innovazione tecnologica e al basso costo delle materie prime, genera una grande crescita

dell’economia e dei consumi. Il grande balzo economico non coinvolge però in modo equilibrato

tutti i paesi del mondo. Un primo elemento determinante per lo sviluppo economico del ventennio

1950-1970 fu proprio l’aumento delle popolazione che significò, infatti, sia un incremento dei

consumatori sia una crescita della disponibilità di manodopera in tutti i settori produttivi. Tra il

1950 e il 1970 il commercio mondiale si moltiplicò di cinque volte. In alcuni casi particolari,

come in Italia e in Germania, questa crescita economica fu ancora più marcata, al punto che gli

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economisti definirono lo sviluppo di questi paesi un vero e proprio boom. Il grande ciclo di

espansione economica coincise con il processo di decolonizzazione, ma la conquista

dell’indipendenza non significò per le ex colonie un aumento del benessere, anzi cominciò ad

emergere il grande divario sociale ed economico tra nord e sud del mondo.

A metà degli anni Cinquanta l’Europa (Urss compresa) e l’America del nord che rappresentavano

il 32% della popolazione del globo, beneficiavano dell’83% del reddito mondiale, mentre

l’America latina, con una popolazione complessiva del 7%, disponeva solo del 4,5% del reddito

totale. L’Africa, con un numero di abitanti equivalente, si sostentava con il 2% del reddito.

L’Asia, in cui viveva più della metà della popolazione mondiale, doveva accontentarsi

dell’11,5%. Per buona parte degli anni Cinquanta, il reddito medio degli abitanti dei paesi ex

coloniali fu meno di un terzo rispetto a quello di un cittadino degli Stati Uniti.. tra il 1950 e il

1970 quindi il mondo non è diviso solo tra stati capitalisti e stati comunisti; esso appare segnato

da una divisione ancora più profonda tra paesi sviluppati, che avevano raggiunto soglie di reddito

e consumi molto elevati, tra cui anche l’Italia, e paesi sottosviluppati , popolati complessivamente

da quasi due miliardi di uomini e donne in lotta con la miseria.

In Italia, come per gran parte del mondo occidentale, i decenni successivi alla seconda guerra

mondiale furono caratterizzati da profonde trasformazioni sociali, economiche e culturali. Già nei

primi anni Cinquanta infatti si ebbe una enorme crescita economica, che trasformò l’Italia in un

paese industriale, grazie anche all’enorme disponibilità di manodopera a basso costo. Questa era

prevalentemente formata da lavoratori meridionali i quali, a centinaia di migliaia ogni anno,

emigravano verso le regioni industrializzate del Nord. Il benessere che si diffuse, tuttavia, non

toccava tutti gli strati sociali della popolazione; in particolare ne erano esclusi gli operai meno

qualificati che rappresentavano la stragrande maggioranza dei lavoratori dell’industria. Lo

sviluppo industriale italiano fu rapido e travolgente, ma fu anche caotico e pieno di squilibri e di

limiti. 14

14 A. Brusa, S. guerracino, A. de Bernardi, L’officina della storia. L’epoca contemporanea, Mondatori, Milano,

2007, pp. 295-296, 319-320

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Ritorno al presente

Nel 1984, quando arrivai in Italia, si parlava molto degli immigrati.

Gli italiani si chiedevano: “Ma chi sono, ma da dove vengono, ma che cosa vogliono, ma che

lingua parlano questi immigrati?”. E ci facevano tantissime domande […]

C’erano molte risposte a queste domande, ma a rispondere erano sempre gli stessi italiani15

Dopo aver analizzato i documenti, raccolto informazioni e dati, interrogato le fonti e

ricostruito il passato, si riprende il brain storming iniziale e gli alunni sono chiamati

ad interrogarsi sui concetti nuovi che hanno appreso, a confrontare storie di vita,

motivazioni, condizioni socioeconomiche degli emigranti di oggi e di ieri. In questa

fase dell’Unità di apprendimento l’attenzione è focalizzata sul presente, sulle

trasformazioni avvenute e in essere. Si affronterà in particolare il tema

dell’accoglienza, dell’integrazione delle seconde generazioni, i figli degli emigrati

che oggi in Italia frequentano le scuole italiane, parlano la nostra lingua e sono in

bilico tra due culture mentre noi, come ricorda Ulf Hannerz, in La diversità

culturale, non dobbiamo perdere di vista il fatto che la cultura è il mezzo tramite il

quale gli esseri umani interagiscono. Con il ritorno al presente si vuole rendere

possibile nei ragazzi e nelle ragazze un cambiamento di “veduta”, soprattutto oggi

che le persone vengono e vanno in ogni luogo e direzione con una frequenza e

velocità impensabile fino a qualche decennio fa. Il tema dell’emigrazione-

immigrazione è una tematica che permette di guardare anche oltre l’epoca attuale,

dopo aver recuperato il passato, di gettare uno sguardo critico al nostro futuro. La

globalizzazione ha messo in crisi i confini territoriali e geografici dello stato-

nazione e nell’immaginario di tutti: il mondo ora si allarga, ora si restringe. Gli

15 Abdoulaye Khouma, Letteratura e migrazione

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alunni/e attraverso l’Ua La grande migrazione possono domandarsi cosa è cambiato

rispetto al passato e riflettere sul presente. Inoltre l’UA permette di affrontare la

tematica generale attraverso sottotematiche o “indicatori” che facilmente sono

applicabili anche al presente: il “passaggio” verso un altro paese (America del Sud e

America del Nord, l’Italia per gli emigranti di oggi), il motivo della migrazione, i

“vincoli” con la famiglia, l’esperienza del viaggio, l’economia delle rimesse, le

difficoltà iniziali (linguistiche, di adattamento, lavorative, ecc.), l’ambito

relazionale-affettivo di riferimento nel nuovo contesto, i lavori che hanno svolto e

in quali forme e condizioni, il rapporto con la religione, le aspettative e il “disegno”

futuro. In questa ultima fase l’UA assume anche un carattere interdisciplinare e

permette agli alunni di agganciare le conoscenze storiche al presente, al loro mondo

individuale e collettivo, alle loro esperienze vissute.

A conclusione del percorso

Rifletti e discuti con i compagni e l’insegnante i temi affrontati e prova a concludere

il tuo percorso con l’elaborazione di un testo dal titolo “Io, emigrato in Italia nel

2007”

Modalità di verifica finale

� Verifiche sommative

� Verifiche in itinere degli esercizi svolti

� Colloquio orale

� Produzione di un giornalino di classe, secondo la modalità del cooperative

learning, dal titolo “Scritture erranti” in cui saranno gli alunni/e a produrre

articoli, interviste, a ricercare immagini sull’emigrazione e l’immigrazione di

ieri e di oggi, ricostruendo il passato della grande emigrazione italiana verso

paesi lontani.