Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

16
A nove anni di distanza dall’istituzione della Legge 92 del 2004, istitutrice del Giorno del Ricordo, siamo indotti a riflettere sulla nostra storia, su ciò che è stato, sulle attività da noi condotte con così grande passione e sulla prospet- tiva futura del nostro popolo, alla luce di scenari che mutano e che trovano via via maggior accoglienza delle istanze da noi sollecitate con la semplice esi- stenza, o se si vuole, dalla nostra stessa peculiare identità. Quando finalmente fu vara- ta quella legge, ci sentimmo, in un certo senso, sdoganati da un silenzio atroce, da un isolamen- to ancor più terribile del dram- ma patito all’inizio della nostra vicenda umana; quel silenzio aveva spaventosamente pro- lungato negli anni la tragedia, estendendo nel tempo un’inter- minabile agonia verso cui le cir- costanze storiche condannavano la nostra identità. Negli anni del dramma umano vissuto da migliaia di nostri fratelli e sorelle, il dispe- rato attaccamento alla vita ed al senso di giustizia, di verità e di bellezza gelosamente custo- dito nei nostri animi grazie alla millenaria civiltà da noi rappre- sentata, ha saputo generare un fronte di resistenza, mai violen- to, ma fermamente determina- to, caparbio e ragionevolmente teso alla promulgazione fiera del nostro diritto all’esistenza. Guardiamoci attorno, fino al 2004 chi mai ci ha aiutato a rivendicare i nostri diritti se non noi stessi con la nostra paziente opera? Non poniamo in discussio- ne che negli anni bui qualche rara anima buona della società civile abbia teso una mano o abbia avuto compassione, ma è fuori di ogni dubbio che simili dimostrazioni di affetto ed at- tenzione siano emerse come casi isolati, non organicamente tese alla ricostituzione della nostra vitalità, da noi mai sopita né negata. ENTRARE NEL GRANDE GIOCO DELLA COMUNICAZIONE NAZIONALE D a una decina di anni la nostra storia è uscita dall’autoreferenzialità, eppu- re sembra che non sia successo nulla. Ma non è così! Da un lato, osserviamo come sui media nazionali, sulla grande stampa, nei canali tele- visivi principali, anche quest’an- no, a ridosso del 10 Febbraio, si sia parlato pochissimo di noi. Dall’altro lato constatiamo, per contro, un’esplosione esponen- ziale di iniziative, di convegni, di commemorazioni, di inaugu- razioni di lapidi e monumenti, di lezioni e presentazioni presso scuole, associazioni, istituzio- ni, di presenza nelle Tv e nelle radio locali, di articoli su ogni quotidiano a diffusione provin- ciale o regionale che raccontano le cronache delle celebrazioni condotte da qualcuno che ama la nostra storia, il nostro popolo e la nostra Terra. Esiste un problema innega- bile: riusciamo ad essere presenti sul territorio, nelle scuole e nelle istituzioni, riusciamo a coinvol- gere chi incontriamo ed a solle- citare l’animo altrui alla tutela ed alla compartecipazione delle nostre istanze, ma non riuscia- mo a catturare l’attenzione di chi governa il grande gioco della C ome insegnare le vicen- de del confine orientale d’Italia? A questa domanda, sot- tesa all’intero quarto Seminario sul confine orientale del quale abbiamo dato notizia nei prece- denti numeri, hanno inteso dare ricordiamo, «La vicenda complessa di questa regione è una storia che sta al centro dei problemi dell’Europa contemporanea» Il saluto di Lucio Toth a nome delle associazioni degli esuli al Seminario sul confine orientale di Trieste È stato affidato a Lucio Toth, vicepresidente della FederEsuli e presidente onoraio ANVGD, il com- pito di progere il saluto ai doicenti partecipanti al quarto Seminario sul confine orientale MIUR-AssoE- suli svoltosi a Trieste dal 14 al 16 marzo scorso. Ne riproduciamo al- cuni passaggi più significativi. […] «Chi crede che la vita sia soltanto nel domani e trascura la memoria, toglie il nervo al proprio svilup- po» Scriveva Giani Stuparich, lo scrittore di Lussino, socialista, volontario nella Grande Guerra, che non per- donò negli anni bui del secondo do- poguerra «di aver permes- so lo strazio di Zara, di Fiume, il suicidio di Pola e la tragedia di tutte le no- stre belle città, italianissime fin nelle pietre». Per questo sono qui a portare il saluto delle associazioni degli Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro Studi Padre Flaminio Rocchi ANNO XIX | N. 5 MAGGIO 2013 | POSTE ITALIANE SpA | SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE | D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 COMMA 2 DCB - ROMA LA REDAZIONE RISPONDE I beni disciplinati dall'art. 79 del trattato di pace. La Croazia: nessun diritto di restituzione. A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich 4 Didattica della storia, il Seminario apre nuovi orizzonti all’insegnamento segue a pagina 12 Trieste, Great Success for the MIUR-AssoEsuli Seminar On the Eastern border Region Trieste, pleno suceso del Seminario Miur-AssoEsuli sobre el confín oriental In english language to page 14 En lengua española en la página 15 Giorno del Ricordo 2013 Antonio Ballarin segue a pagina 16 Q Istria, Grisignana, i segni del lungo abbandono (foto www. tripadvisor.com) Padre Rocchi, una vocazione per gli Esuli Di Padre Flaminio Rocchi, che dal dopoguerra e sino agli anni Duemila ha lavorato a favore dei profughi giuliani e dal- mati e dell’ ANVGD è stato illustre e decisivo esponente, ricorre il 9 giugno il decennale della scomparsa e il 3 luglio prossimo il cen- tenario della nascita. Per ricordarLo ai “suoi” esuli, ai quali ha dedicato tutta la Sua opera assistenziale, tre i momenti comme- morativi: il primo, un ricordo a più voci il 6 giugno nella Biblio- teca di San Marco al Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, il 9 giugno una Messa in suffragio nel Convento dei Santi Quaranta in Trastevere - il “suo” Convento - nel quale verrà allestita una esposizione commemorativa, infine il 3 luglio una cerimonia li- turgica nella Chiesa di San Marco in Agro Laurentino, nel cente- nario della nascita. A pag. 12 pubblichiamo un estratto dal volume Padre Fla- minio Rocchi: l’uomo, il francescano, l’esule edito dall’ ANVGD. In occasione del centenario della nascita e del decennale della scomparsa, la famiglia Rocchi invita a ricordare a Roma la luminosa figura francescana dell'Apostolo degli Esuli giuliano-dalmati Padre Flaminio Rocchi (Neresine 3 luglio 1913 - Roma 9 giugno 2003) Chiesa dei Santi Quaranta (Via S. Francesco a Ripa 20, Trastevere) domenica 9 giugno ore 11 Santa Messa nel decennale della scomparsa con Esposizione commemorativa sabato 8 e domenica 9 giugno ore 9-12 e 17-19 Chiesa di S. Marco Ev. in A. L. (Piazza Giuliani e Dalmati) mercoledì 3 luglio ore 19 Santa Messa nel centenario della nascita con Esposizione commemorativa solo mercoledì 3 luglio ore 8-12 e 17-20 Biblioteca San Marco (Via Reiss Romoli 27, Giuliano-Dalmata) giovedì 6 giugno ore 18 Ricordo a più voci di Padre Flaminio Rocchi con la partecipazione di Patrizia C. Hansen, Marino Micich, Adriana Martinoli e i brani letti da Antonio De Lucia W Trieste, Seminario sul confine orientale 2013, due istantanee del tavolo dei relatori segue a pagina 2 Un’identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo Riflessioni sul percorso della memoria, tra obiettivi conseguiti e sfide ineludibili

Transcript of Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

Page 1: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

A nove anni di distanza dall’istituzione della

Legge 92 del 2004, istitutrice del Giorno del Ricordo, siamo indotti a rifl ettere sulla nostra storia, su ciò che è stato, sulle attività da noi condotte con così grande passione e sulla prospet-tiva futura del nostro popolo, alla luce di scenari che mutano e che trovano via via maggior accoglienza delle istanze da noi sollecitate con la semplice esi-

stenza, o se si vuole, dalla nostra stessa peculiare identità.

Quando fi nalmente fu vara-ta quella legge, ci sentimmo, in un certo senso, sdoganati da un silenzio atroce, da un isolamen-to ancor più terribile del dram-ma patito all’inizio della nostra vicenda umana; quel silenzio aveva spaventosamente pro-lungato negli anni la tragedia, estendendo nel tempo un’inter-minabile agonia verso cui le cir-costanze storiche condannavano la nostra identità.

Negli anni del dramma umano vissuto da migliaia di nostri fratelli e sorelle, il dispe-rato attaccamento alla vita ed al senso di giustizia, di verità e di bellezza gelosamente custo-dito nei nostri animi grazie alla millenaria civiltà da noi rappre-sentata, ha saputo generare un fronte di resistenza, mai violen-to, ma fermamente determina-to, caparbio e ragionevolmente

teso alla promulgazione fi era del nostro diritto all’esistenza.

Guardiamoci attorno, fi no al 2004 chi mai ci ha aiutato a rivendicare i nostri diritti se non noi stessi con la nostra paziente opera?

Non poniamo in discussio-ne che negli anni bui qualche rara anima buona della società civile abbia teso una mano o abbia avuto compassione, ma è fuori di ogni dubbio che simili dimostrazioni di aff etto ed at-tenzione siano emerse come casi isolati, non organicamente tese alla ricostituzione della nostra vitalità, da noi mai sopita né negata.

ENtRARE NEL GRANdE GIoCo dELLA

CoMUNICAZIoNE NAZIoNALE

Da una decina di anni la nostra storia è uscita

dall’autoreferenzialità, eppu-re sembra che non sia successo nulla. Ma non è così!

da un lato, osserviamo come sui media nazionali, sulla grande stampa, nei canali tele-visivi principali, anche quest’an-no, a ridosso del 10 febbraio, si sia parlato pochissimo di noi. dall’altro lato constatiamo, per contro, un’esplosione esponen-ziale di iniziative, di convegni, di commemorazioni, di inaugu-razioni di lapidi e monumenti, di lezioni e presentazioni presso scuole, associazioni, istituzio-ni, di presenza nelle tv e nelle radio locali, di articoli su ogni quotidiano a diff usione provin-ciale o regionale che raccontano le cronache delle celebrazioni condotte da qualcuno che ama la nostra storia, il nostro popolo

e la nostra terra.Esiste un problema innega-

bile: riusciamo ad essere presenti sul territorio, nelle scuole e nelle istituzioni, riusciamo a coinvol-gere chi incontriamo ed a solle-citare l’animo altrui alla tutela ed alla compartecipazione delle nostre istanze, ma non riuscia-mo a catturare l’attenzione di chi governa il grande gioco della

Come insegnare le vicen-de del confi ne orientale

d’Italia? A questa domanda, sot-tesa all’intero quarto Seminario sul confi ne orientale del quale abbiamo dato notizia nei prece-denti numeri, hanno inteso dare

risposte anche i workshop colla-terali previsti dal programma nella giornata di sabato 16 mar-zo: «La condizione dell’Adria-tico tra Venezia, gli Asburgo e l’Impero ottomano», con paolo Radivo e Guido Rumici; «Casi

didattici e buone pratiche at-traverso i viaggi di istruzione e le uscite didattiche», con Maria Elena depetroni e Chiara Vigi-ni; «Il confi ne orientale dal Ri-sorgimento alla Seconda guerra mondiale» con Marino Micich e Massimiliano Lacota; «La Lim

in classe come supporto all’inse-gnamento della storia» con Va-lentina feletti e Caterina Spez-zano: e «dall’esodo ad oggi» con Chiara Motka e donatella Schürzel.

Venerdì 15, ricordiamo,

si erano svolte le relazioni di Giorgio Siboni, Lo spazio del-la storia. Geografi a e cartografi a dell'Adriatico orientale (secoli XV-XX); di Bruno Crevato-Sel-vaggi, dal Ricordo alla Storia; di Raoul pupo, Venezia Giulia e dalmazia: fare storia di fron-

«La vicenda complessadi questa regione è una storia che sta al centro dei problemi dell’Europa contemporanea»

Il saluto di Lucio toth a nome delle associazionidegli esuli al Seminario sul confi ne orientale di trieste

È stato affi dato a Lucio Toth, vicepresidente della FederEsuli e presidente onoraio Anvgd, il com-pito di progere il saluto ai doicenti partecipanti al quarto Seminario sul confi ne orientale MIUR-AssoE-suli svoltosi a Trieste dal 14 al 16 marzo scorso. Ne riproduciamo al-cuni passaggi più signifi cativi.

[…] «Chi crede che la vita sia soltanto nel

domani e trascura la memoria, toglie il nervo al proprio svilup-po» Scriveva Giani Stuparich, lo scrittore di Lussino, socialista, volontario nella Grande Guerra,

che non per-donò negli anni bui del secondo do-poguerra «di aver permes-so lo strazio di Zara, di fiume, il suicidio di

pola e la tragedia di tutte le no-stre belle città, italianissime fi n nelle pietre».

per questo sono qui a portare il saluto delle associazioni degli

periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e dalmaziaCentro Studi Padre Flaminio Rocchi

ANNO XIX | N.

5MAGGIO 2013 | POSTE ITALIANE SpA | SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE | D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 COMMA 2 DCB - ROMA

LA REDAZIONE RISPONDEI beni disciplinati dall'art. 79 del trattato di pace.La Croazia: nessun diritto di restituzione.

A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich 4

didattica della storia, il

Seminario apre nuovi orizzonti

all’insegnamento

segue a pagina 12

Trieste, Great Success for the MIUR-AssoEsuli SeminarOn the Eastern border Region

Trieste, pleno suceso del Seminario Miur-AssoEsulisobre el confín oriental

In english language to page 14

En lengua española en la página 15

Giorno del Ricordo 2013

Antonio Ballarin

segue a pagina 16

Q Istria, Grisignana, i segni del lungo abbandono (foto www.tripadvisor.com)

padre Rocchi,una vocazione per gli Esuli

Di Padre Flaminio Rocchi, che dal dopoguerra e sino agli anni Duemila ha lavorato a favore dei profughi giuliani e dal-mati e dell’ANVGD è stato illustre e decisivo esponente, ricorre il 9 giugno il decennale della scomparsa e il 3 luglio prossimo il cen-tenario della nascita. Per ricordarLo ai “suoi” esuli, ai quali ha dedicato tutta la Sua opera assistenziale, tre i momenti comme-morativi: il primo, un ricordo a più voci il 6 giugno nella Biblio-

teca di San Marco al Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, il 9 giugno una Messa in suff ragio nel Convento dei Santi Quaranta in Trastevere - il “suo” Convento - nel quale verrà allestita una esposizione commemorativa, infi ne il 3 luglio una cerimonia li-turgica nella Chiesa di San Marco in Agro Laurentino, nel cente-nario della nascita.

A pag. 12 pubblichiamo un estratto dal volume padre Fla-minio Rocchi: l’uomo, il francescano, l’esule edito dall’ANVGD.

In occasione del centenario della nascita e del decennale della scomparsa, la famiglia Rocchi invita a ricordare a Roma

la luminosa figura francescana dell'Apostolo degli Esuli giuliano-dalmati

Padre Flaminio Rocchi (Neresine 3 luglio 1913 - Roma 9 giugno 2003)

Chiesa dei Santi Quaranta (Via S. Francesco a Ripa 20, Trastevere)

domenica 9 giugno ore 11 Santa Messa

nel decennale della scomparsa

con Esposizione commemorativa sabato 8 e domenica 9 giugno

ore 9-12 e 17-19

Chiesa dei Santi Quaranta Trastevere) ore 11

scomparsa

Esposizione commemorativa domenica 9 giugno

Chiesa di S. Marco Ev. in A. L. (Piazza Giuliani e Dalmati)

mercoledì 3 luglio ore 19 Santa Messa

nel centenario della nascita

con Esposizione commemorativa solo mercoledì 3 luglio

ore 8-12 e 17-20

Biblioteca San Marco (Via Reiss Romoli 27, Giuliano-Dalmata)

giovedì 6 giugno ore 18 Ricordo a più voci

di Padre Flaminio Rocchi con la partecipazione di

Patrizia C. Hansen, Marino Micich, Adriana Martinoli e i brani letti

da Antonio De Lucia

W Trieste, Seminario sul confi ne orientale 2013, due istantanee del tavolo dei relatori

segue a pagina 2

Un’identità riaff ermata, oltre il

Giorno del RicordoRifl essioni sul percorso della memoria, tra obiettivi conseguiti e sfi de ineludibili

Page 2: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

Croazia,l’Ue promuove Zagabria

agabria è pronta per fare il suo ingresso nell’Unio-

ne europea il 1° luglio 2013. Lo ha confermato il rapporto finale di monitoraggio della Commis-sione Ue, consegnato dal com-missario europeo all’allargamen-to, Stefan Fule, ai rappresentanti del governo croato. Dopo dieci anni di negoziati di adesione, dunque, la vicina Repubblica «fornisce garanzie su!cienti» per consentirle di entrare a pieno ti-tolo nel novero dei 27.

Quanto ai confini croati, che dal prossimo luglio divente-ranno quelli esterni dell’Unione,

gli osservatori non prevedono particolari problemi. La Croazia, comunque, che aspira ad entra-re nell’area Schengen, dovrà di-mostrare di avere un sistema di gestione e una politica di visti e controlli in linea con i requisiti europei. Su questo fronte, fanno sapere fonti europee, «ci sarà un rapporto sull’area di Schengen prima dell’adesione della Croa-zia». In attesa del fatidico 1° lu-glio, Zagabria attende che anche gli ultimi cinque Stati membri conducano a termine la ratifica: Germania, Olanda, Danimarca, Belgio, mentre la Slovenia ha adempiuto positivamente nei primissimi giorni di aprile dopo un lungo periodo di contenzio-si. La Germania, in particolare, si era riservata di valutare il rap-porto finale di Bruxelles prima di completare il processo di ratifica.

LE QUESTIONIIN SOSPESO

ra le questioni bilaterali ancora aperte tra Za-

gabria e Lubiana, oltre alla con-troversia sui confini marittimi nel golfo di Pirano, demandata ad un arbitrato internazionale e pertanto ancora lontana dal ri-solversi, v’era quella dei debiti della Nova Ljubljanska Banka,

una vicenda che riguardava i ri-sparmi di circa 130.000 cittadini croati, depositati nella banca poi divenuta slovena dopo la dissolu-zione della Jugoslavia. Un com-promesso finanziario tra i due Paesi era stato siglato dai due pri-mi ministri, Jan"a e Milanovic, di nuovo accordandosi perché la vicenda fosse risolta nell’ambito della Banca dei Regolamenti In-ternazionali.

Più critica, invece, la relazio-ne della Commissione Europea sulla lotta alla criminalità orga-nizzata e alla corruzione, temi su cui, secondo il documento, van-no completate le riforme, dando-vi una piena applicazione. «Ci si aspetta che la Croazia continui a seguire il suo percorso nel campo dello stato di diritto, in particola-re nella lotta contro la corruzio-ne», avverte l’esecutivo europeo.

Infine, secondo un recen-tissimo sondaggio condotto dall’agenzia “Ipsos Plus” per il canale Nova Tv meno della metà dei cittadini della Croazia (45,1%) crede nella correttezza della scelta europeista del Paese. Secondo la rilevazione, il 26,6% degli intervistati ritiene che l’adesione all’Unione Europea sia contemporaneamente un passo positivo e negativo, mentre un altro 25,6% percepisce negativa-mente l’integrazione europea.

tiera; di Ethel Serravalle, Libri di testo e normativa; di Roberto Spazzali, Non è# la stessa storia... Diacronie nazionali e didattica della storia; ed in"ne di Maria Ballarin, Il trattato di pace del 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia.

Un’attenzione particolare è stata pertanto rivolta alla sto-riogra"a scolastica nella quale notoriamente per decenni la «questione adriatica» non ha trovato descrizione e argomen-tazione adeguate, anzi rimasta frequentemente assente dai ca-pitoli dedicati alla formazione della nazione italiana e della storia del Novecento. In questa

circostanza gli enti organizzatori del Seminario (M%'(, Associa-zioni degli Esuli) hanno attri-buito un valore considerevole alla presenza, per la prima volta, della responsabile Settore Scuo-la dell’A%) (Associazione Italia-na Editori) Ethel Serravalle, alla quale - si apprende - è stato asse-gnato il compito di farsi porta-voce presso le case editrici delle esigenze emerse sia dagli inter-venti dei relatori del Seminario che dai tutor dei workshop.

La prof.ssa Serravalle ha inoltre assicurato che si sarebbe resa tramite presso gli editori delle istanze delle associazioni dell’esodo per avviare un dialo-go nel rispetto della libertà edi-toriale e scienti"ca. L’obiettivo comune deve essere infatti quel-lo di perfezionare la didattica scolastica, uno degli obiettivi di più vasta portata e prospettiva che il Gruppo di lavoro istitui-to nel 2009 presso il M%'( si è dato dalla sua costituzione.

RIPENSAREI CONCETTI DI

CONFINE, IDENTITÀ E IL PROFILO

DELL’ADRIATICO ORIENTALE

olto accurati e ri-gorosi sono stati

gli interventi di tutti i relatori i quali hanno contribuito ad arricchire la conoscenza e la ri-!essione sulla “questione adria-tica”», si legge nell’intervento di Laura Cumbo (una dei 170 do-centi italiani iscritti al Semina-rio) e pubblicato su www.albo-scuole.it: interventi che hanno consentito di reintrodurre nella ri!essione storica e didattica i concetti di con"ne, di identità e appartenenza nazionale, ma an-che la cartogra"a dell’Adriatico orientale, in una parola la com-posita storia della Venezia Giu-lia e della Dalmazia: categorie, queste, non soltanto storiogra-"che ma anche concettuali che sinora la scuola italiana ha larga-mente trascurato, privando così le giovani generazioni di cono-scenze essenziali per compren-dere l’evoluzione della nazione italiana nella più ampia cornice europea di incontri e contrasti con popoli contermini.

Molto interessante, a parere degli insegnanti cui il Seminario e i workshop sono stati dedicati, le ri!essioni e le comparazioni tra testi scolastici (Maria Bal-larin, Il trattato di pace del 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia), la quale, attraverso un confronto tra diversi libri di Storia in uso per le scuole, ha avuto modo di dimostrare quali di#erenze di prospettiva e di interpretazio-ne esistono relativamente alla «questione adriatica». Ma sarà la pubblicazione degli Atti di questo IV Seminario nella col-lana Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione (ne sono già usciti due volumi, del primo e del secondo Semi-nario, rispettivamente del 2010 e del 2011) ad o#rire ai docenti e a quanti vogliano approfon-dire la materia un completo e autorevole strumento di con-sultazione e di orientamento. I primi due, lo ricordiamo, sono già scaricabili dalla pagina Le vicende del con"ne orientale ed il mondo della scuola, Anno 2012, Numero 138 http://www.annaliistruzione.it/content/search?SearchText=&anno_f o r m = 2 0 1 2 & n u m e r o _f o r m = 1 3 8 & a r g o m e n t o _form=o#&categoria_form=o#; e Le vicende del con"ne orientale

ed il mondo della scuola, Anno 2012, Numero 138 http://www.annaliistruzione.it/content/search?SearchText=&anno_f o r m = 2 0 1 2 & n u m e r o _f o r m = 1 3 8 & a r g o m e n t o _form=o#&categoria_form=o#.

TCI_ANVGD,LA SETTIMA EDIZIONE

DEL CONCORSO “CLASSE TURISTICA”

ra gli interventi di Trie-ste da registrare anche

quello di Leonardo Devoti, de-legato del Touring Club Italiano al Gruppo di lavoro e responsa-bile dell’Area Giovani, Educa-zione e Scuola del T*%, il quale ha riferito dell’ottimo esito della prima edizione speciale dedicata al con"ne orientale di «Classe turistica. Festival del turismo scolastico», dedicata nel 2012 non soltanto a tutte le scuole su-periori d’Italia, come nelle edi-zioni precedenti, ma anche alle scuole appartenenti alle mino-ranze italiane di Istria, Fiume e Dalmazia. Un’edizione speciale emersa dall’attività del Tavolo di lavoro fra Miur e associazio-ni degli esuli istriani, "umani e dalmati e che si avvale del con-tributo dell’A+$,-.

Ora, Il Touring Club Italia-no, indice e organizza la settima edizione del Concorso nazionale «Classe turistica», la cui cerimo-nia di premiazione si terrà a Trie-ste dal 17 al 19 ottobre 2013. In particolare con l’edizione specia-le il Concorso intende promuo-vere nelle scuole italiane i viaggi d’istruzione che abbiano come meta i luoghi storici quali quelli espressione della civiltà istriana, "umana e dalmata, e accrescere la consapevolezza e la conoscen-za delle proprie origini culturali negli studenti italiani e in quel-li di lingua italiana residenti in Slovenia e Croazia.

Possono partecipare al Con-corso: le prime 4 Classi delle Scuole Secondarie di II grado, statali e paritarie di tutta Italia; le prime 4 Classi delle Scuole Medie Superiori delle minoran-ze italiane di Croazia e Slovenia. Ogni Scuola può partecipare con più Classi, ognuna delle quali potrà concorrere con un solo elaborato. Per tutti i det-tagli, le modalità di partecipa-zione e il modulo di iscrizione 2013 http://www.classeturistica.it/modulo-di-iscrizione-al-con-corso-classe-turistica-festival-del-turismo-scolastico/#EdiSpe

In"ne, un contributo di ri-!essione giunge anche dal prof. Fulvio Salimbeni, Insegnare il Giorno del Ricordo. Il ruolo fon-damentale della scuola, che pub-blichiamo alle pagine 5 e 6 di questo numero.

2FATTI e COMMENTI

W

X

Slovenia, allarme rosso per economia e "nanze

i sposti Cipro, avanti la Slovenia”: il “Wa-

shington Post” fotografa così l’emergenza economica nel Paese "nito di recente sotto i ri!ettori della crisi "nanziaria di Euro-landia. Ma c’è un altro fattore che preoccupa i mercati e cioè i rischi di contagio nella Nuova Europa. Infatti nella lista dei sor-vegliati speciali potrebbero "nire

W

Page 3: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

n lavoro certosino e paziente, quello che ha

dato corpo al volume Giuseppe Kaschmann Signore delle scene, curato da Giusy Criscione ed edito dalla Comunità di Lussin-piccolo / Associazione delle Co-munità Istriane (Trieste 2012, pp. 406, s. i. p.), nel quale hanno trovato collocazione ed ordine i molti materiali documentari del grande baritono lussignano che la vulgata croata contemporanea ha “tradotto” in Ka.man per ag-giungerlo alle glorie patrie.

La stesura del corposo sag-gio è proceduta contestualmente

alla donazione, da parte della fa-miglia Stuparich, in particolare della signora Giovanna, ultima "glia del grande scrittore istria-no, della documentazione e dei cimeli del baritono al Civico Museo Teatrale “Carlo Schmi-dl” di Trieste, dove hanno tro-vato de"nitiva e adeguata sede. Materiali che gli Stuparich, legati da vincoli di parentela al cantante d’opera, avevano rice-vuto dalla "glia di Kaschmann, Bianca, benché - come ricorda la curatrice nelle sue Note - a cau-sa dei disordini provocati dalla seconda guerra mondiale molto materiale è andato perduto.

Ma fortunatamente non ab-bastanza da non testimoniare, con ricchezza di documenti e di immagini e di oggetti, una sfol-gorante carriera internazionale iniziata con il debutto a Regio di Torino per approdare negli anni successivi nei teatri d’Eu-ropa, Russia, delle Americhe: «stile classico ed espressione mo-derna» fu il giudizio unanime dei critici, che ne rimarcarono «una gamma vastissima di mez-ze tinte, oltre che di estensione, robustezza, resistenza», come ha ricordato Giorgio Gualerzi nel suo contributo.

Nato nel 1850 a Lussinpic-colo, era, per madre Eugenia Ivancich, "glia benestante di capitani e armatori, e particolar-mente da lei assorbì i forti senti-menti di italianità che più tardi gli sarebbero costati il divieto, da parte delle autorità di Vienna, di esibirsi nei territori dell’impero austro-ungarico. Nel suo ap-prendistato musicale fu aiutato dal fratello maggiore, Venanzio, un medico appassionato di can-to, grazie al quale poté studiare a Udine mentre la madre non avrebbe visto di buon occhio la prospettiva di avere un "glio «teatrante», per quella di#usa opinione del tempo che imma-ginava gli artisti uomini senza Dio e senza moralità.

Il debutto al Teatro dell’Opera di Zagabria, nel 1870, fu accolto con entusia-stico favore dai giornali zaga-bresi, già intenti a quell’epoca a rivendicarne la nascita in terra croata. Ma il vero debutto egli lo ebbe al Teatro regio di Tori-no nel 1875 ne La favorita di Donizetti, e da lì a Venezia, a Trieste, a Roma, alla Scala di Milano i passi furono brevi. Nel 1878 venne richiamato dalle autorità militari austriache per prestare servizio nella mobili-tazione di truppe dell’impero nella Bosnia-Erzegovina, ma non fece rientro a causa di una indisposizione non riconosciu-ta dal Comando del suo reggi-mento che gli costò l’accusa di diserzione: decaduta appena nel

1909 quando venne promulga-ta un’amnistia generale.

Stabilitosi a Milano, ot-tenne la cittadinanza italiana, e dunque il passaporto che ne comprova l’incontestabile na-zionalità. Dal 1880, ormai ac-clamato baritono, intraprese la sua carriera all’estero, della quale il volume di Giusy Criscione dà puntuale e cospicua documen-tazione iconogra"ca e crona-chistica. Del 1883 è il debutto alla Metropolitan Opera House di New York con Lucia di Lam-mermoor, dell’anno successivo il trionfo al San Carlo di Napoli, del 1887 la prima tournée in Sud America, sino all’apoteosi - è il caso di dirlo - a Bayreuth nel 1892 e ’94 interprete di Wagner nel tempio della sua musica. La padronanza di ben sette lingue permise a Kaschmann di cantare

in tedesco, «primo - ne scrisse il Celletti - ad essere sensibile alle esigenze d’un cambiamento del repertorio».

Dalla Germania a San Pie-troburgo a Mosca, alla Spagna e al Portogallo all’Egitto, tra "ne Ottocento e primi Novecento il baritono si cimentò in un genere musicale piuttosto trascurato a quel tempo, quello dell’oratorio, il che gli permise di “riscoprire” autori di grande statura come Claudio Monteverdi e Domeni-co Cimarosa.

Rientrato presumibilmen-te per l’ultima volta a Lussino nel 1924, Kaschmann si sta-

bilì a Roma con la "glia Bian-ca, avendo perduto la moglie Emma nel 1918. La sua salute iniziò a declinare nel 1922, la morte sopravvenne nel febbraio 1925. Una storia collaterale è quella del busto che i lussigna-ni gli vollero dedicare nel 1927 a Lussinpiccolo, scomparso con l’avvento del comunismo jugo-slavo e rinvenuto negli anni Ses-santa, quindi restaurato e fuso in bronzo da uno scultore croato e dedicato a Josip Ka.man, com-pletato da una stella rossa sulla fronte. Successivamente la stella rossa è scomparsa, e il busto è posizionato nel piccolo giardino antistante la Chiesa di Sant’An-tonio, sulla Riva di Lussinpicco-lo.

È molto probabile, come scrive la curatrice del volume, che oggi quasi nessuno sap-

pia chi fosse quel personaggio che fu udito cantare a Roma dall’imperatore Francesco Giu-seppe , che ne apprezzò molto le doti interpretative ma non volle intervenire per annullare con la sua autorità l’accusa infamante di diserzione. Il saggio di Giusy Criscione, così come la dona-zione della famiglia Stuparich al Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, consegnano al lettore contemporaneo la storia di un personaggio e di un intero am-biente culturale e civile obliati dalla storia postuma di con!itti e di esodi.

3CULTURA e LIBRI

Kaschmann Signore delle scene,in volume la storiadel baritono lussignano

W

anche Ungheria e Croazia». Ne scrive “Il Piccolo” in un servizio apparso il 2 aprile scorso, ma gli allarmi sono rimbalzati su molte agenzie e siti di informazione.

Dopo una lunga agonia, il governo di centrodestra di Janez Jan.a ha dovuto lasciare il posto al centrosinistra. Ma la prima donna premier, Alenka Bratu.ek, ha ereditato una situazione de"-nita dagli osservatori «catastro"-ca» e non potrà esimersi dall’as-sumere decisioni largamente impopolari. La Slovenia si trova davanti un anno di previsioni e dati allarmanti: le imprese sono so#ocate dai debiti, le grandi ditte esportatrici segnalano una sensibile riduzione degli ordini e il sistema bancario nazionale è sull’orlo del baratro.

«Non è esagerato a#erma-re - scrive Primo/ Cirman su

www.presseurop.eu - che dopo cinque anni di crisi la Slovenia è quasi “clinicamente morta”. La recessione, accompagnata dagli eccessi umani ed etici delle éli-te politiche ed economiche, ha provocato grande frustrazione nella popolazione e ha fatto per-dere ogni speranza». «Le grandi imprese regionali chiudono una dopo l’altra, mentre gli ospedali non hanno più denaro per pagare i farmaci. I giovani lasciano il Pa-ese, mentre i vecchi hanno sem-pre più problemi ad arrivare alla "ne del mese e la classe media sta scomparendo».

In Slovenia, secondo un rap-porto del Gruppo Intesa San Pa-olo, «il rallentamento dell’attività e il deterioramento della qualità del credito hanno portato a un peggioramento dei risultati ban-cari in particolare in Ungheria e Slovenia». Il vicino Paese è stato gravemente colpito da una pro-fonda crisi bancaria, con crediti in so#erenza che pesano sulle tre maggiori banche, per sostenere le quali lo Stato si è dovuto inde-bitare oltre i limiti di guardia. E, come il giornale economico “Fi-nance” scrive, la solvibilità della Slovenia è garantita soltanto "no all’estate. Secondo il Fondo mo-netario internazionale gli istituti di credito sloveni necessitano di liquidità per circa un miliardo di euro, dei quali certo Lubiana non dispone.

W

Page 4: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

PRO ANVGDe “DIFESA ADRIATICA”

Questa rubrica riporta:- le elargizioni dei sostenitori di “Difesa Adriatica”;- le elargizioni dirette alla Sede na-zionale ANVGD;- le o$erte pro “Difesa Adriatica”;All’interno di ogni gruppo, i no-minativi sono elencati in ordine alfabetico. Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le o$erte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute dai singoli Comitati pro-vinciali dell’ANVGD.

ELARGIZIONIALLA SEDE NAZIONALE ANVGD (ccp 52691003)

ELARGIZIONIDA SOSTENITORI DI “DIFESA ADRIATICA” (conto corrente postale 32888000 intestato Difesa Adriatica-Roma o Iban IT34 N076 0103 2000 0003 2888 000).L’elenco comprende le elargizioni superiori a 30 euro.

GENNAIO 2013 STELLI Gui-do (Na) 0 50, STOCCO MO-RETTI Silvia (Vt) 0 50, SUPE-RINA Pietro (Mi) 0 50, SURAN Emilio (Vt) 0 50, TENTARDI-NI Enrico (Mi) 0 50, TOMA-SICH Arge (Na) 0 80 in memoria di Padre Rocchi, TOMASSONI Eleuterio (Bg) 0 50, TOMA-TIS Nicolò (To) 0 50, UGUSSI Gianfranco (Mi) 0 50, UNICH Gianni (Rm) 0 60, VANI Carlo (Ve) 0 50, VELICOGNA Alfredo Ottone (Ud) 0 50, VERBANO Lorenzo (Tv) 0 50, VERNIER Dario (Rm) 0 50, VIOLA Italo (Tn) 0 50, WANKE Enrico (Ge) 0 100, WOLF Anna Maria (Rm) 0 100, ZANFABRO Livio (To) 0 50, ZVIETICH Benito (Fi) 0 60, ZVIETICH Vittorio (Fi) 0 35.

FEBBRAIO 2013 ALIFAX SpA (Pd) 0 50, ANDREUZZI Pietro (Mi) 0 50, BABONI Attilio (Lc) 0 40, BEDENDO MORO Mir-ta (Ve) 0 50, BENUSSI Paolo (Vr) 0 50, BERTOSSA Giovan-ni (Bg) 0 40, BRACCO Bruna (Ts) 0 50, BRECCIA Anita Bru-na (Al) 0 40, CEGLIAN Rosa-ria (Ve) 0 35, COLAGRANDE Emidio (Ve) 0 50, COVACICH Ena Maria (Mb) 0 50, DANDRI Livio (Ts) 0 32, DRIZZI Vittorio (Si) 0 50, GIURINA Lucio (Co) 0 100, GRASSI CIULLI Maria (Rm) 0 50, JURMAN Nadia (To) 0 50, LEGOVICH Antonia (Bo) 0 50, LEMESSI M. Luisa (Rm) 0 50, LIVRAGHI Giu-seppe (Lo) 0 50, MARSI Tullio (Mi) 0 50, MASSIDDA Paolico (Ge) 0 35, MATTIAZZI Orietta (Mi) 0 40 in memoria dei genitori, MENESINI Silvana (Rm) 0 50, MIZZAN Antonio (Va) 0 50, OLOVINI CANALETTI Im-macolata (Rm) 0 35, POCORNI

Oreste (Ra) 0 35, SORGAREL-LO Grazia Maria (Tn) 0 50, TOMISSICH Egle (Ud) 0 50, VALENTI Umberto (To) 0 50, VENTURINI Erminio (Cr) 0 40, VITALI Lidia (Ap) 0 50, ZE-RAUSCHEK Mario (Fi) 0 100.

OFFERTEPRO “DIFESA ADRIATICA”(ccp 32888000)L’elenco comprende coloro che han-no versato un'o$erta a sostegno di "Difesa Adriatica" !no a 30 euro.

GENNAIO 2013 ALESSAN-DRIA Canciani Andrino, Chi-ghine M. Giuseppina, Giorgini Francesco, Piutti Graziano, Qua-rantotto Luciano, Tonsi Ersilia. ANCONA Bugatti Ugo, Cice-roni Fabio, Damiani Arianna, Giantomassi Mirella, Manoni Alceo, Mogioni Silvana, Tiblias Aldo. AREZZO Ausilio Claudio, Giadrossich Gianni. ASTI Da-miani Gino. AVELLINO Persich Carlo. BARI Contento Lia, De Lombardo Claudio, Francisco Livia. BARLETTA ANDRIA TRANI Schiaroli Elio. BELLU-NO Brescak Gabriele, Costantini Adelia Orietta, Fornasar Lucia-no, Malusà Giuseppe, Mezzacasa M. Elisa, Nasazio De Pol Silvana, Parisi Marco, Pilla Aldo, Randich Antonio. BERGAMO Barca Vincenzo, Bellan Italo, Carloni Santa, Cosatto Melita, Dorcich Miranda, Fabi Nello, Marussich Ettore, Matulich Aldo, Paoletti Ottilia, Stanziola Marisa. BIEL-LA Baretich Erica, Cheria Corra-

do, Leinweber Zerbo Antonietta. BOLOGNA Bernabeo Ra#aele Alberto, Colonnello Giovanni, Crisman Guido, Decastello Na-talina, Giachin Antonio, Marcel-lino Teresa Maria, Mateglian Ele-na, Ober Tullio, Saggini Tullio, Stipcevich Pietro. BOLZANO Biblioteca “Claudia Augusta”, Bittner Ilda, Buttignoni Fodor Arianna, Franco Franolich Du-ilio, Rizzi Mariarosa, Salghetti Drioli Giovanni, Sascor Stelio, Solis Loretta, Valdemarin Mari, Vianello M. Grazia. BRESCIA Biagini Cecilia, Carlini Giovan-ni, Casalaz Vito, Cattunar Gio-vanni, Cerni Bolzoni Fernanda, Clapci Piccoli Nevia, Duiella Franco, Fioretti Silvio, Frani-chievich Sergio, Gelleni Lidia, Greco Gianni Guido, Mariotto Craincevich Bruna, Matulich Sergio, Salvador Paolo, Sardo Silvana. CAMPOBASSO Da-miani Sara, Lombardi Ottorino, Persich Bruno, Tomasello Ange-lo. CASERTA Ciurcovich Bru-no. CATANIA Bettanin Gio-vanni, Musina Livio. COMO Cassani Liliana, Gallessi Danie-la, Giurina Maria, Ruzich Ma-ria. COSENZA Matessich Giu-seppe. CREMONA Mariconti Giacomo, Penotti Fabiano, Ziz-zi Maria Pia. CUNEO Blasco-vich Bruno, Gaiero Giuseppina. FERRARA Favretto M. Luisa, Gelleni Roberto. FIRENZE Anticaglia Giancarlo, Bellasich Silvana, Cipolla Ruggero, Cir-ri Umberto, D'Alessio Rober-to, Demarin Lidia, Gasparini Banchieri Iole, Grego Laura.

Che possibilità ci sono, di riottenere la proprietà dei beni immobili si-tuati sul territorio appartenente all’ex Jugoslavia prima dell’entrata in vigore del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 (ovvero beni disciplinati dall’art. 79 del medesimo accordo) per i cittadini italiani che furono co-stretti ad abbandonare tali beni in seguito alla seconda guerra mondiale?

ome più volte da me esposto, l’attuale legge croata sulla de-nazionalizzazione prevede che «I diritti prescritti da questa

legge (ovvero diritto alla restituzione-risarcimento) possono essere acquisiti anche dalle persone "siche e giuridiche straniere se ciò vie-ne stabilito con accordi interstatali».

Sulla questione della restituzione dei beni nel territorio croato agli ex proprietari aventi la cittadinanza italiana, vi sono stati negli ultimi anni molti incontri tra i vertici del Governo italiano ed i vertici del Governo croato, ma la Croazia si è sempre ri"utata di concedere le restituzioni ai cittadini italiani, giusti"cando il pro-prio operato con il fatto che l’Italia, con il Trattato di Osimo, aveva de"nito tutta la questione relativa ai beni situati sul territorio della ex Jugoslavia ed appartenuti a coloro che dopo la seconda guerra mondiale avevano optato per la cittadinanza italiana.

Anche le amministrazioni croate, che hanno emanato provvedi-menti a seguito di richieste di restituzioni presentate da cittadini italia-ni, hanno sempre (in base alle mie esperienze su tali questioni) respinto tali richieste, giusti"cando il rigetto delle domande con il presupposto che le questioni attinenti ai beni dei cittadini italiani erano state risolte in base agli accordi internazionali stipulati tra l’Italia e la Jugoslavia.

LA COMMISSIONE LEANZA 120012:Le categorie di beni non rientranti negli accordi

italo-jugoslavi

ulla base di quanto risulta dal rapporto "nale della Commis-sione mista Ministero degli A#ari Esteri / Federazione degli

Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati del 22 dicembre 2001 (c.d. Com-missione Leanza), molti dei beni abbandonati nella ex Jugoslavia dai cittadini italiani a seguito della seconda guerra mondiali non possono in nessun modo essere ricompresi nei trattati di pace e nei successivi accordi internazionali, e che pertanto per tali beni la Croazia erra nel non concedere la restituzione adducendo come motivazione la risoluzione del problema a seguito della "rma dei predetti accordi.

La Commissione Leanza ha infatti individuato diverse categorie di beni non rientranti negli accordi italo-jugoslavi e precisamente:a) I beni esclusi, in quanto incamerati prima del Trattato di pace a seguito di misure oblative generali (art. 79);b) I beni esclusi, in quanto incamerati prima del Trattato di pace a seguito di provvedimenti ad personam;c) I beni esclusi per carenza della condizione di optante riguardo a soggetti già in Italia o fuggiti clandestinamente;d) I beni che risultano ancora iscritti in favore di esuli e nella loro libera disponibilità;e) I beni espropriati in violazione della legislazione jugoslava.

RIGETTATE TUTTE LE DOMANDE

n tutti questi casi, sulla base di quanto a#ermato dalla Com-missione Leanza, la Repubblica croata non avrebbe alcun di-

ritto di negare il diritto alla restituzione nei confronti dei cittadini italiani, in quanto tali beni non erano assolutamente ricompresi negli accordi italo-jugoslavi.

Sulla base delle mie personali conoscenze, purtroppo, Zagabria non ha ancora mai riconosciuto il diritto alla restituzione a cittadini italiani pur nelle ipotesi sopra contemplate, ritenendo di rigettare le domande di restituzione presentate dai nostri connazionali, a#er-mando che tutte le questioni relative ai beni degli italiani sono state tutte disciplinate con gli accordi italo-jugoslavi.

I beni disciplinati dall’art. 79 del trattato di pace.La Croazia: nessun dirittoalla restituzione

4

Gaetano La Rocca,un fotografo professionistaal servizio dell’immagine

ichelino La Rocca, esule dall’Istria, è l’alfiere del Comitato A#$%& di Roma, città nella quale ha piantato le sue radi-

ci strappate dalla sua terra. Ha messo su famiglia nella capitale ma come tante famiglie italiane anche la sua deve fare i conti con la crisi.

Ci segnala quindi il figlio Gaetano, fotografo professionista, specializzato nella realizzazione di servizi fotografici per cerimonie. Preciso ed a!dabile, non lascia mai nulla al caso. Svolge il suo lavoro con consapevolezza e la garanzia di cogliere i Vostri momenti indi-menticabili, anche quelli più imprevedibili.

O're quindi a tutti Voi e alle Vostre famiglie la sua disponibilità per servizi fotografici su matrimoni e cerimonie, per foto destinate ai siti internet, ai cataloghi prodotti, brochure e dépliant, book foto-grafici e fotolibri, fotomontaggi. Naturalmente è disposto a collabo-rare anche con chi già opera professionalmente nel settore.

In particolare vi segnaliamo la sua esperienza nel restauro accurato di foto antiche, anche molto danneggiate o strappate, sia originali da spedirgli per po-sta, che scansionate ed inviabili via mail. Nelle nostre famiglie ce ne sono sicuramente molte!

Data la sua formazione tec-nica, è anche disponibile per le-zioni di Photoshop per chi vuol imparare a ritoccare le foto a li-vello professionale.

Per contattare Gaetano la Rocca la mail [email protected] o il telefono 340 0511926.

W

Page 5: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

5

Perché non basta ricordare

Un contributo di ri%essioni e di pro-poste, questo che ci perviene dal prof. Fulvio Salimbeni, docente di Storia Contemporanea nell’Università di Udine, che volentieri pubblichiamo.

nche quest’anno è passato il Giorno del Ricordo, con

i consueti discorsi di circostanza delle autorità, testimonianze di superstiti di quelle drammatiche vicende e in-terventi di studiosi, ma di tutto ciò quanto resta ai giovani, per i quali in particolare tale ricorrenza, come quella della Memoria, è stata istitui-ta, a3nché queste dolorose pagine di

storia non cadano nell’oblio e possa-no servire, invece, da e3cace monito a3nché tutto ciò non si ripeta?

Chi scrive il 10 febbraio scorso è stato invitato a tenere il discorso u3ciale alla cerimonia organizzata dal Comitato udinese dell’A+$,-: pubblico numeroso e attento, in-terventi non retorici, ma sentiti, del prefetto e dei rappresentanti del Co-mune e della Provincia, proiezione di interessanti documentari, tutto bene, quindi, ma con un «però».

Di studenti, infatti, neppure l’ombra e rari pure i docenti, per lo più esuli o loro discendenti, men-tre la maggior parte dei presenti era costituita da persone direttamente coinvolte nella storia rievocata. Il problema che, allora, almeno a no-stro avviso, si pone è quello d’an-dare oltre la ritualità e l’u3cialità, pensando a programmi di vasto respiro e organici, che non s’esauri-scano in una giornata, dopo di che tutto continua come prima sino al prossimo 10 febbraio.

INVESTIRE PIÙE MEGLIO SUL

VERSANTE SCOLASTICO

e veramente si vuole che il ricordare abbia un autenti-

co senso e signi"cato, pare doveroso ripensare radicalmente l’attuale for-mulazione, investendo al massimo sul versante scolastico, che è quello decisivo. A tal "ne non bastano un seminario annuale d’aggiornamen-to per docenti (circa un centinaio), promosso dal Ministero, che dura un paio di giorni, articolandosi su alcune relazioni di esperti, o qual-che singola conferenza nelle scuole, che lasciano, sostanzialmente, il tempo che trovano, per corrispon-dere alle richieste della legge istitu-tiva, al riguardo essendo necessario ben di più e di meglio.

Quanto viene rievocato essen-do un aspetto speci"co d’una storia che non è a#atto locale, meramen-te adriatica, né circoscrivibile al solo periodo del secondo con!itto mondiale e degli anni immediata-mente successivi, ciò comporta un ripensamento complessivo dell’in-tera questione, da collocare in un contesto metodologico, didattico e storiogra"co maggiormente am-pio, che rimanda alla dimensione geopolitica europea e a una crono-logia che spazia almeno dalla metà dell’Ottocento al secondo dopo-guerra. Posto che ricordare non basta, se non si spiega e non si fa comprendere come e perché certe catastro" siano potute avvenire, tutto sarà inutile, e tanto varrebbe nemmeno onorare il 10 Febbraio.

È, pertanto, necessario che tutte le associazioni della diaspora: A+-$,-, Associazione delle Comunità Istriane, Coordinamento Adriatico, Unione degli Istriani, così come la Lega Nazionale, sempre sensibile a tali tematiche, mettano insieme le forze e i mezzi disponibili per un progetto organico, pluriennale, di vasto respiro, mirato speci"camente al mondo della scuola, coinvolgen-do anche le istituzioni scienti"che espressione di quel mondo, e tutte del pari benemerite, dalla Società Istriana di Archeologia e Storia patria alla Società di Studi Fiumani, dalle Deputazioni Dalmate di storia patria di Roma e di Venezia all’I(*%, che a titolo individuale già qualche cosa in tale direzione negli ultimi anni hanno fatto e che dovrebbero aprire stabilmente alla questione didattica i fascicoli delle loro pregevoli riviste.

CONTESTUALIZZARE LA STORIA

GIULIANO4DALMATA

uando si lamenta che i giovani nulla sappiano di

foibe ed esodo si dovrebbe aver pre-sente che, in realtà, essi molto poco sanno per"no del XX secolo, igno-rando quasi tutto della stessa storia nazionale, come si può facilmente veri"care agli esami di storia con-temporanea. Quando, a inizio corso chi scrive chiede agli studenti fre-quentanti "n dove sono arrivati con

il programma liceale di storia, anno dopo anno la risposta è la medesima: pochissimi al 1989 e alla "ne della Guerra Fredda, un certo numero a quella del Vietnam, circa la metà al 1945, non pochi nemmeno al fa-scismo, e ciò dopo che da quindici anni la direttiva del ministro Berlin-guer richiede che nell’ultimo anno delle superiori si copra, almeno nelle grandi linee, tutto il Novecento.

Se poi si chiede loro se a scuola abbiano mai sentito parlare di foibe ed esodo, la risposta quasi unanime, salvo rarissime eccezioni, è negativa. È chiaro, perciò, che si tratta d’af-frontare prima di tutto tale proble-ma, perché altrimenti gli studenti

non conosceranno, né capiranno mai la cornice storica in cui la que-stione del nostro con"ne orientale si colloca, dato che essa è solo un aspetto, benché rilevante, d’un tema storico di portata generale, che, con lo scatenarsi dei nazionalismi, ma-turati nei decenni precedenti, e con l’a#ermarsi di ideologie totalitarie, che volevano costruire uomini, raz-ze e società nuove, ha portato ai ben noti lutti, che hanno segnato in par-ticolare l’Europa centro-orientale, crogiolo di popoli, di lingue e di fedi diverse, per secoli convissute paci"camente in seno agli impe-ri plurinazionali degli Asburgo, di Russia e degli Ottomani.

Il 16 febbraio scorso, a questo proposito, è stato presentato a Trie-ste il volume di Antonio Ferrara e Niccolò Pianciola, L’età delle migra-zioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa: 1853-1953 (Il Mulino, Bologna 2012), che correttamente contestualizza la vicenda giuliana, "umana e dalmata nel quadro con-tinentale di politiche “sempli"catri-ci” delle complessità etniche. Se la storiogra"a accademica, dunque, sta compiendo il proprio dovere in merito, e ormai non si contano i lavori d’approfondimento com-parsi anche in ambito locale, do-vuti a studiosi come Giannantonio Paladini, Marina Cattaruzza, Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Gianpa-olo Valdevit e altri facenti capo all’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, è sul versan-te scolastico che mancano speci"ci strumenti ad hoc.

Obiettivo prioritario dovreb-be, quindi, essere per un verso quello d’impostare corsi nazionali d’aggiornamento per insegnanti di storia, ma in genere delle discipli-ne umanistiche, strutturati su base regionale e fondati su un modello standard messo a punto da quali-"cati esperti, che fornisca ai parte-cipanti una storicizzazione rigorosa degli eventi adriatici nel contesto del “secolo criminale, genocida, as-sassino” partendo dall’ottocentesca “primavera dei popoli” e dall’“in-venzione” della Nazione.

FAR CONOSCER LA CULTURA E LA CIVILTÀ

DELL’ADRIATICO ORIENTALE

a il discorso in materia non può, né deve esau-

rirsi nella dimensione politica, di-plomatica, militare e istituzionale, di grande importanza essendo far conoscere pure la civiltà "orita nei secoli sull’altra sponda adriatica e i suoi rappresentanti maggiori, dai "loso" rinascimentali Pierpaolo Vergerio sr. e Francesco Patrizi allo scienziato settecentesco Ruggero Boscovich, dal sommo Niccolò Tommaseo a linguisti quali il Bar-toli, il Vidossi, l’Ive e il Goidanich, per giungere agli scrittori contem-poranei Franco Vegliani, Enrico Morovich, Fulvio Tomizza e lo stes-so Enzo Bettiza, a parte germanisti e magiaristi quali Ladislao Mittner e Paolo Santarcangeli, lo storico della "loso"a Giorgio Radetti, lo storico Ernesto Sestan e il politico e storico Leo Valiani, tutte perso-nalità di prestigio e rilievo non solo nazionale, favorendo pure la cono-scenza delle loro opere, magari tra-mite la pubblicazione di antologie letterarie, così da far lavorare i gio-vani direttamente sui testi.

A ciò dovrebbero accompa-gnarsi convegni annuali su temi particolari di storia della civiltà adriatica nei suoi diversi aspetti, momenti e componenti, con parti-colare attenzione al contesto italia-no, centro-europeo e balcanico di riferimento, data la complessità di questa regione di frontiera, punto di con!uenza e d’incontro di mon-do romanzo, germanico e slavo.

Avendo presente quello che in tale ottica per l’età contemporanea nel suo insieme da tempo merito-riamente va facendo l’Istituto na-zionale per la storia del movimento di liberazione con le sue articola-zioni provinciali, tutto ciò, inoltre, dovrebbe tradursi in idonee pub-blicazioni per la scuola, rifacendosi al precedente dell’I(*%, che con tali "nalità già vent’anni fa pubblicò un riuscito volumetto sulla storia dell’Istria, da tempo esaurito, uno simile essendo in cantiere per ini-ziativa della Società Istriana di ar-cheologia e storia patria, mentre sta per uscire la seconda edizione, rivi-sta e ampliata, d’una storia della Ve-nezia Giulia, a cura di Maria Grazia Ziberna, promossa dal Comitato goriziano dell’A+$,-, che di re-

cente ha dato alle stampe pure la nuova edizione d’un utile diziona-rio biogra"co dei giuliani, "umani e dalmati; di questi giorni, in"ne, è l’uscita, per i tipi della Fondazione Rustia Traine, d’un dizionario dei dalmati illustri, "rmato da Daria Garbin e Renzo de Vidovich.

PROGETTI PLURIDISCIPLINARI

ppena edito è pure un documentato volume di

Alessandro Cuk su La questione giuliana nei documentari cinema-togra!ci (Alcione, Venezia-Mestre 2013), che, riprendendo e inte-grando l’indagine avviata con Il ci-nema di frontiera: il con!ne orientale (del medesimo autore ed editore, 2007), opportunamente amplia il discorso alla dimensione visuale

e al fronte "lmico, dalle indubbie potenzialità educative, se corretta-mente impiegato. Sono, però, tut-te opere a prevalente circolazione regionale o nel mondo degli esuli, mentre il coordinamento delle isti-tuzioni di cui s’è detto con le loro varie rappresentanze territoriali po-trebbe facilmente di#onderle tra le scuole di tutta Italia.

Ricordando, inoltre, che gli attuali programmi di storia corret-tamente richiedono di dare adegua-to spazio a quella localizzata e alla microstoria come risvolto speci"co della storia generale e della cosid-detta macrostoria, diventa ancor più facile proporre alle scuole un articolato progetto pluridisciplinare (storia, letteratura, arte, musica, "-loso"a) in materia, andando oltre la casualità e l’occasionalità, facendo sì che quello che sino ad ora è proprio solo di alcune scuole, in cui opera-no insegnanti motivati e preparati, divenga realtà e#ettiva del loro com-plesso su base nazionale. Sarebbe bene, dunque, che le già menzionate associazioni e istituzioni convocasse-ro una sorta di stati generali, in cui, superando divisioni e rivalità, a#ron-tare in maniera seria e rigorosa tale questione, concentrando su essa le loro energie e risorse morali e ma-teriali, perché solo così sarà possibi-le svolgere un ragionamento serio e responsabile sul Giorno del Ricordo, portandolo nelle aule scolastiche con un’accurata preparazione dei docen-ti, con strumentazione scienti"ca e didattica idonea, operando in ma-niera coerente sul territorio secondo linee guida comuni, messe a punto da specialisti, e non a3dandosi solo all’onda emotiva della memoria e del vissuto individuale, pur importanti.

Insegnare il Giorno del Ricordo.Il ruolo fondamentale della scuola

W

R

Page 6: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

6Nasce dalla collaborazione tra un

giornalista, Jan Bernas, autore del for-tunato saggio Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani (Mursia 2010) e Simone Cristicchi, tra i più apprezza-ti cantautori contemporanei, il primo spettacolo teatrale e musicale sul tema dell’esodo, che debutterà il 22 ottobre prossimo al Teatro Stabile di Trieste, con il titolo Magazzino 18. Per com-prendere le circostanze e le ragioni di questo inedito incontro tra due autori attivi in settori diversi della comuni-cazione, abbiamo rivolto loro alcune domande. Iniziando a Bernas.

Bernas, Lei, giornalista di origini polacche, come e quando si è avvicinato alla storia dell’esodo giuliano-dalmato?

Sono da sempre un appassiona-to di storia patria. Il mio primo in-contro o meglio scontro con la storia dell’esodo giuliano-dalmata l’ho avu-to al Liceo. Chiesi alla mia professo-ressa di Storia come mai tutte quelle persone stavano lasciando la propria terra all’indomani del con!itto. Lei sprezzante mi gelò: «tutti fascisti in fuga». Ecco quella risposta mi ha la-sciato una ferita aperta nel cuore per anni che sono riuscito a rimarginare solo attraverso lo studio, l’approfon-dimento della complessa questione del con"ne orientale e l’esperienza diretta maturata nei miei viaggi in Istria e in Dalmazia. Il mio libro in fondo vuole essere una risposta, credo obiettiva, a tutti i giovani che cerca-no la verità e che sono stu" dell’uso strumentale e politico della memoria.

La Sua origine dall’Europa dell’Est ha in qualche misura orien-tato il Suo interesse per quei terri-tori orientali dell’Italia, trovatisi ad un certo momento del secolo scorso schiacciati da opposti sistemi ideo-logici e feroci conflitti etnici?

Ho avuto la fortuna nel corso dei miei studi all’estero di conoscere tanti amici dell’ex-Jugoslavia: Croati, Serbi, Macedoni. Loro sanno poco di questa storia e quel poco che sanno è chiaramente viziato dalla dicotomia preconcetta: italiani tutti fascisti e cattivi. Slavi solo vittime. Ho impara-to a riconoscere le loro ragioni. Loro hanno compreso i soprusi subiti da esuli e rimasti ma soprattutto hanno imparato che prima del fascismo o delle foibe, c’è stata una popolazione - quella italiana – che per secoli ha plasmato culturalmente, economica-mente e socialmente l’Istria, Fiume e parte della Dalmazia.

Dalle Sue ricerche e dalle Sue interviste agli esuli è nato un libro che ha avuto ottimi riscontri in termini di di!usione e di apprez-zamento, Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani, edito da Mursia nel 2010. Dal punto di vista umano cosa Le è rimasta di quella indagine?

Non scorderò mai gli occhi di tutte le persone che ho intervistato. Le loro lacrime. Sia di chi ha deci-so di partire esule, sia di chi invece preferì restare, scoprendosi stranie-ro a casa propria. Mi hanno aperto la porta del loro cuore con dignità e so#erenza ma con un grande desi-derio di tramandare ciò che aveva-no vissuto nella speranza che questa tragedia non fosse più considerata

solo come la loro storia ma come la storia di tutti. Storia d’Italia.

E dal punto di vista professio-nale?

Il mio desiderio più grande è sempre stato quello di entrare nelle scuole. Forse proprio perché a scuo-la è sorto il mio interesse per questa storia. Vorrei che i giovani italiani e i giovani italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia imparassero a cono-scersi meglio, a riconoscersi, a sen-tirsi "gli dello stesso popolo, anche se divisi dalla storia. Il libro resta per me uno strumento attraverso il quale ricostruire una memoria di popolo.

Come è avvenuto l’incontro con il cantautore Simone Cristic-chi? E come è sorta l’idea di un pro-getto comune a partire dal Suo libro per giungere alla canzone d’autore?

Non ringrazierò mai abbastanza Simone Cristicchi per il coraggio e la sensibilità dimostrata nell’approc-ciare questa pagina di storia. In un certo senso è facile – quanto giusto e doveroso – parlare della Resistenza o della Shoah. Occuparsi di foibe, degli esuli e dei rimasti, farne uno spettacolo di teatro civile, è assai più rischioso perché purtroppo è una questione che suscita ancora oggi opposti ciechi ideologismi. Chi osa avvicinarcisi, spesso, rischia il lin-ciaggio mediatico. Solo un animo sensibile e curioso come quello di Simone Cristicchi poteva arrischiarsi a portare a teatro questa pagina di-menticata del nostro Paese. Quan-do Simone mi ha contattato per dirmi che aveva letto il mio libro e partendo da questo voleva realizzare uno spettacolo teatrale, il pensiero è andato immediatamente a tutte le persone che ho incontrato in Italia e in Istria nel corso delle mie ricerche. Un piccolo dono, un atto di giusti-zia nei loro confronti che li ripaga in parte di tante lacrime versate. E anche per questo ringrazio Simone.

Lei ha visitato il Silos di Trie-ste? Quali sensazioni ne ha ricava-to e cosa ha ritenuto di trasmette-re a Cristicchi per coinvolgerlo in un’idea di elaborazione musicale di un’esperienza storica?

Mi rammarico di non aver an-cora visitato il Silos di Trieste. Sarà l’occasione per andarci con Simone anche perché, essendo la fotogra"a

una mia grande passione, abbiamo pensato di realizzare una mostra fo-togra"ca itinerante sul Magazzino 18 che accompagni lo spettacolo nei teatri d’Italia e in Istria dove vorremmo portare lo spettacolo a Pola e a Fiume. Un altro modo per far entrare lo spettatore, anche visi-vamente, nella complessa storia che Simone rappresenterà dal palco.

Simone Cristicchi è un artista poliedrico, tra i pochi rimasti in Italia a produrre e ispirare cultura piuttosto che limitarsi a sfornare merce da vendere sul mercato. Non mi stupisce quindi che abbia saputo intravedere e fare proprio lo spirito che ha animato il mio libro: rendere omaggio a tutti gli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, siano essi esuli o rimasti, per la lezione di dignità e attaccamento alla propria terra impartita ad un’Italia che inve-ce cinicamente si è voltata dall’altra parte per bieco opportunismo.

Ci chiamavano fascisti. Erava-mo italiani e ancor più Magazzino 18 nascono come opere di educa-zione alla memoria. Un ponte ide-ale tra italiani divisi dalla storia ma pronti "nalmente a riconoscersi in una memoria e in un senso d’ap-partenenza comune.

CRISTICCHI: 5QUARTIERE

GIULIANO DALMATA6: 5MA QUESTO SIGNOR GIULIANO DALMATA,

CHI ERA?6

Recentemente Lei è stato defi-nito da un quotidiano nazionale uno degli «alfieri di quella “seconda generazione” di cantautori capitoli-ni che a partire dagli anni Novanta ha segnato una svolta nella canzo-ne d’autore». Come è arrivato a dedicare una canzone all’esodo dei giuliani e dalmati? La storia, tanto più quella di cui trattiamo, non è esattamente un tema prediletto dal-la musica leggera…

Ho scoperto la storia dell’eso-do grazie al libro di Jan Bernas Ci chiamavano fascisti, eravamo ita-liani. Lo comprai perché il titolo mi incuriosiva. Non sapevo nulla, anche perché questa è una pagina di storia che non insegnano nelle scuole. Poi, un anno fa, mentre ero alla ricerca di storie e testimonian-ze sulla seconda guerra mondiale, capitai a Trieste e volli visitare il magazzino 18 del porto vecchio. Appena entrato, trovandomi in mezzo a quei duemila metri cubi di masserizie abbandonate, ho pro-vato una sensazione fortissima, ho “visto” la tragedia, e ho deciso che avrei fatto qualcosa per dare voce a quegli oggetti e ai loro proprietari dimenticati. La canzone ha avuto

una lunga gestazione; soprattutto il testo, che avrei potuto scrivere in mille modi. Alla "ne ho scelto di immedesimarmi nel "glio di un esule che va a cercare nel magazzino le tracce di un padre tanto amato, un padre che non è morto in una foiba, ma per via di un male sottile e permanente: la malinconia.

Nei Suoi testi scolastici di sto-ria, le vicende del confine orientale erano chiaramente trattate?

Nei libri scolastici non ricordo che si parlasse di quelle vicende. Forse arrivammo a studiare solo l’avvento del fascismo...

Lei ha incontrato Jan Bernas, un professionista dell’informazione autore di un volume che raccoglie molte significative testimonianza di esuli giuliano-dalmati. Quali im-pressioni ha ricavato dalla lettura di quel libro?

Il libro di Jan l’ho letto 4 volte, ed ogni volta è stato fonte di grande stupore ed emozione mista a rab-bia. Mi ha colpito perché ho rivisto il metodo di lavoro che anche io ho adoperato per «Centro di Igiene Mentale»e la mia ultima fatica «Mio nonno è morto in guerra», dove ho scritto e raccolto le testimonianze degli ultimi reduci viventi della se-conda guerra mondiale. Lo stesso Jan mi ha concesso di pubblicare una delle storie del suo libro.

Leggendolo, ho avuto la sen-sazione di trovarmi proprio davanti alle persone che raccontavano. Ma l’impressione più forte, alla "ne della lettura, è stata quella di constatare quante sfaccettature abbia l’evolversi di questa vicenda. L’esodo, i campi profughi, l’accoglienza in Italia, i monfalconesi, Goli Otok, i rimasti... E pensare che per cinque anni, nel tragitto che l’autobus 765 faceva per portarmi al Liceo, c’era una ferma-ta. Vicino a quella fermata c’era un cartello, una specie di targa con su scritto «Quartiere Giuliano Dalma-ta». Ogni volta che ci passavo davan-ti, leggevo quel cartello, e nella mia ignoranza mi chiedevo: «Ma questo signor Giuliano Dalmata, chi era?». Meno male che non l’ho mai chiesto a nessuno...Poi negli anni mi sono reso conto di quanti ancora ignora-no il senso di quel cartello. Quante persone, giovani e adulti, gente del popolo o sapientoni, si saranno fatte la mia stessa domanda?

Quando e come la conoscenza di quegli eventi si è mutata in idea di canzone, di testo e di musica? Aspettando il nuovo spettacolo tea-trale, cosa ha ritenuto di dover met-tere meglio e più in evidenza?

Probabilmente è stato un sen-so di vergogna, a spingermi a fare qualcosa. Vergogna per non aver saputo, per tanti anni. Poi, il fortis-simo impatto emotivo davanti alle masserizie degli esuli, e la lettura di

diversi libri dopo quello di Jan Ber-nas, mi hanno spinto a realizzare un monologo di teatro civile, genere che “frequento” con passione da 4 anni. Con l’aiuto prezioso di Jan, coautore del testo dello spettacolo, abbiamo lavorato sodo in quest’ultimo anno alla costruzione del racconto, e alla ricerca di una forma di narrazione, un linguaggio semplice che possa appassionare un pubblico giovane. Io interpreterò vari personaggi, tra i quali uno sprovveduto quanto igno-rante archivista romano, inviato dal Ministero a fare un inventario di tutte le masserizie. Con lo spettacolo che debutterà a Trieste il prossimo ottobre, non vogliamo certo aizzare polemiche desuete, o essere accusati di faziosità o revisionismo storico. Vorremmo solo utilizzare la musica, le parole, le immagini, a3nché lo spettatore esca dal teatro con una sua idea, un bagaglio di emozioni e me-

moria. E soprattutto, vorremmo che lo spettacolo sia il degno omaggio a tutti gli istriani "umani e dalmati dimenticati e o#esi dalla storia (in questo caso con la “s” minuscola”).

C’è qualcosa di «1947» di En-drigo nella Sua elaborazione del brano dedicato al Silos di Trieste?

Sicuramente, la cosa che acco-muna i due brani, è il senso della malinconia degli esuli. Nel testo parlo di un esule che letteralmente “muore” di malinconia. E questo è stata – a mio avviso – l’altra faccia delle foibe. Quanta gente si è tolta la vita perché non poteva più vedere la propria casa, la propria terra? La canzone «1947» è un piccolo capola-voro di semplicità e poesia, che solo un grande cantautore come Endrigo poteva scrivere. Io ho avuto l’onore di poter incidere un duetto con Ser-gio, qualche anno prima che moris-se, e tutt’ora non c’è un concerto o uno spettacolo dove non ricordi dal palco questo mio grande maestro.

Nella Sua esperienza, anche formativa, vediamo esserci stata at-tenzione per i temi sociali e umani: cosa Le ha trasmesso, come musicista e come uomo, l’incontro con la realtà storica dei profughi italiani che Lei ha intraveduto oggi nelle masserizie accatastate allora nel Silos?

Conoscere questa storia mi ha insegnato innanzitutto la grande dignità del popolo degli esuli e dei rimasti, che silenziosamente e con grande forza d’animo hanno rico-struito in qualche modo la loro vita, lontano dalla loro terra rubata. Il loro esempio ci aiuta a sentirci più “italia-ni”, nel senso più nobile del termine.

«Educazione alla memoria»:Jan Bernas e Simone Cristicchiper la storia giuliano-dalmata

W

W

Page 7: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

7

Prosegue su questo numero, e sui successivi, la pubblicazione delle cronache delle manifestazioni promosse dai Comitati e dalle De-legazioni provinciali in occasione del 10 Febbraio sul territorio na-zionale e in collaborazione con le istituzioni. Naturalmente tutti gli aggiornamenti in tempo reale sul sito www.anvgd.it.

***

COMITATODI ALESSANDRIA

enerdì 8 febbraio, presso la Sala consiliare del Co-

mune di Alessandria, si è tenuta la cerimonia commemorazio-

ne del Giorno del Ricordo, nel corso della quale la classe quinta dell’Istituto “Fermi-Nervi” , coor-dinata dalla prof.ssa Maria Teresa Bianchi, ha presentato una ricerca multimediale sull’esodo e gli ecci-di delle Foibe durante e dopo la seconda guerra mondiale. Ricerca molto approfondita, arricchita da interviste di testimoni che hanno vissuto l’esodo. Presenti alla mani-festazione, oltre alla rappresentan-za del Comune di Alessandria , il prefetto e le alte cariche di Guar-dia di Finanza, Carabinieri, Pub-blica Sicurezza e Vigili del Fuoco.

Alle ore 18.00, presso la Pre-fettura, alla presenza del ministro della Sanità Renato Balduzzi, il prefetto Romilda Tafuri, ha con-segnato una medaglia d’onore

alla memoria e un diploma, con-cesso dal Presidente della Repub-blica, ai nipoti del sig Donato Summa, vittima delle Foibe.

Nella giornata di domenica 10 febbraio, a Tortona presso i Giardini di Corso della Repub-blica, il cappellano militare Don Augusto Piccolo ha celebrato un momento di ricordo in onore del Vice Questore di Fiume Giovan-ni Palatucci, morto a soli 36 anni nel campo di sterminio di Da-chau dopo aver salvato dalla de-portazione innumerevoli persone di religione ebraica.

Alle ore 11, presso la Parroc-chia di San Michele, è stata cele-brata la S. Messa in memoria di tutte le vittime delle Foibe; succes-

sivamente, presso il Sacello dedicato agli esuli, (ex Ca-serma Passalacqua che ha visto negli anni del dopo-guerra il passaggio di migliaia di pro-fughi giuliano-dal-mati), il sindaco di Tortona Massimo Berruti e il presi-dente del Comi-tato provinciale A+$,- Brunilde Boniciolli, dopo un breve discorso, hanno posto una corona d’alloro in ricordo delle po-polazioni istriane, " umane dalma-te e rimpatriati, che hanno sostato dal l ’ immediato

dopoguerra sino agli anni Settanta nel campo profughi di Tortona. È stata allestita inoltre, presso lo stes-so Comune, una mostra fotogra" -ca a cura della Regione Piemonte sull’esodo che ha interessato circa 350.000 italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia.

***

DELEGAZIONEDI AREZZO

omenica 3 febbraio, nei locali dell’oratorio di Le-

vane, si è tenuta la celebrazione del Giorno del Ricordo. Per l’occasio-ne, per «Lettori al ca# è», evento organizzato dal Comune e dalla Biblioteca di Montevarchi, la prof. ssa Cristina Ulivieri con gli stu-denti della classe 3.a B dell’Istituto Comprensivo “F. Mochi” e gli esuli istriani Claudio Ausilio (Delegato A+$,-), Giulio Sabatti e Manlio Giadrossich, hanno letto brani tratti dal libro di Stefano Zecchi Quando ci batteva forte il cuore. Gli esuli citati hanno inoltre fornito importanti fotogra" e, documenti e testimonianze sulla loro storia.

È stata una occasione impor-

tante per i molti studenti presenti, ai quali è stato dato modo di con-frontarsi con il pubblico, di leggere il romanzo e di studiare una impor-tante ma purtroppo dimenticata pagina di storia. La storia di Sergio, protagonista del racconto di Zec-chi ha visibilmente appassionato i giovani lettori perché ha permesso loro di “vivere” la condizione degli istriani, " umani e dalmati che da un giorno all’altro si ritrovarono ad essere profughi in Italia.

Presente anche il sassofonista Carmelo Librizzi che ha improvvi-sato al sax le emozioni della serata.

Arezzo ricorda le vittime delle foibe

er commemorare le vit-time delle Foibe e l’eso-

do italiano dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, domenica 10 Febbraio alle 12.00 si è svolta la cerimonia di deposizione di una corona di alloro in Largo Martiri delle Foibe, presenti le autorità cittadine e militari.

***

COMITATODI BOLOGNA

Tutte le iniziative nel capoluogo e in Provincia

nche quest’anno il Gior-no del Ricordo ha visto

organizzate nu-merose inizia-tive, di diverso tipo, a Bologna e provincia. Gra-zie all’impegno del Comitato provinciale di Bologna, in par-ticolare del suo presidente Mari-no Segnan e con il contributo or-

ganizzativo di Provincia, Comu-ne di Bologna, Comuni di San Lazzaro di Savena, Zola Predosa e Casalecchio, Budrio, Bentivo-glio, Molinella e Imola, Quartie-ri San Donato e San Vitale, per dieci giorni ha preso vita un " tto

programma di commemorazio-ni, conferenze, letture e concerti.

Il primo momento signi" -cativo si è svolto lunedì 4 feb-braio: il Consiglio Provinciale si è riunito in seduta solenne, presente la presidente, Beatrice

Draghetti, per celebrare il gior-no del Ricordo, ascoltando una relazione di Luciano Monzali, studioso e docente della Facoltà di Scienze Politiche dell’Univer-sità degli Studi di Bari. Egli ha ri-percorso gli eventi che portarono a quell’intensi" carsi di violenze che costrinse gli italiani a lasciare le proprie terre, culminando con le esecuzioni sommarie di tanti connazionali. Monzali ha anche analizzato l’accoglienza da parte delle popolazioni locali degli esu-li e il loro progressivo radicamen-to segnato dal successo di tanti che nella Penisola hanno trovato nuova casa.

Anche il Consiglio Comuna-le di Bologna si è riunito in sedu-ta solenne per celebrare il Giorno del Ricordo, alla presenza del sindaco, Virginio Merola e della presidente del Consiglio, Simona Lembi. Venerdì 8 febbraio, avan-ti ad un folto pubblico, com-prendente anche alcune classi delle scuole superiori “Galvani” e “Itis Belluzzi”, Marina Catta-ruzza, docente di Storia contem-poranea dell’Istituto di Storia dell’Università di Berna, ha pre-sentato una relazione su L’esodo dall’Adriatico orientale tra storia e memoria [disponibile integral-mente sul sito www.anvgd.it per gentile concessione dell’Autrice e pubblicata in forma ridotta su “Difesa” di Aprile 2013, ndr].

L’autrice, autorevole studiosa della storia dei Paesi dell’Adria-tico, ha invitato a guardare gli eventi dell’esodo all’interno di un contesto più ampio, che di esodi ne ha visto innumerevoli. All’analisi dei fatti puntuale e do-cumentata è seguita una seconda parte in cui è stato spesso citato il libro Bora di Nelida Milani e Anna Maria Mori, attendibili testimoni oculari degli eventi, racconto prezioso e lucido, che riporta i fatti storici con qualità letteraria.

Domenica 10 si sono svolte diverse manifestazioni: la matti-na, alle ore 10.00, è stata deposta una corona d’alloro sulla lapide posta nella Stazione centrale, al primo binario, che ricorda il passaggio del treno che condu-

DAI COMITATI Giorno del Ricordo 2013

W

W

X

W

X

Page 8: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

ceva gli esuli nelle varie città di destinazione. Presenti l’assessore Matteo Lepore e la presidente del Consiglio comunale Simona Lembi. Alle ore 11.00, è stata deposta una corona d’alloro alla rotatoria Martiri delle Foibe, in via Cristoforo Colombo.

Restaurata e ripristinata la lapide in ricordo degli Esuli

n altro appuntamento di grande signi"cato si

è svolto sabato 16 febbraio. Alle ore 11.00, in via dell’Artigiano, nel Quartiere San Donato dove sorgeva il Villaggio Giuliano, da-vanti ad un numeroso pubblico è stata ricollocata una lapide7 ri-trovata e restaurata nella quale si legge «La Nazione ai giuliani e ai dalmati fedeli nel dolore delle memorie alla patria immortale». È stata anche posta una targa con

una sintetica spiegazione del si-gni"cato della lapide e della pre-senza di tanti esuli. La cerimonia, alla quale hanno preso parte il presidente del Quartiere San Do-nato, Simone Borsari, autorità civili e militari ed Esuli, ha susci-tato un vivo interesse tra giovani e meno giovani, rinnovando i ri-cordi di chi nel «villaggio giulia-no» è vissuto e facendo conoscere questa realtà (che oggi non esiste più, in quanto le casette del vil-laggio sono state abbattute circa vent’anni fa e oggi al suo posto sorge una recente costruzione) alle nuove generazioni.7

Il «Concerto per il Giorno del Ricordo»

a cerimonia è stata ac-compagnata dalle mu-

siche eseguite da un gruppo di studenti di tromba della scuola

Media “Besta”. Domenica 17, nella Sala Silentium del Quar-tiere San Vitale, il Coro San Mi-chele in Bosco - A+$,-, diretto da Alberto Spinelli ha presentato il «Concerto per il Giorno del Ricordo». L’appuntamento, alla sua seconda edizione, ha visto i posti della sala rapidamente esauriti. Il programma presen-tava musica corale alternata a musica per pianoforte a quattro e sei mani. Il Coro ha eseguito il ra3nato Cantique de Jean Ra-cine di Gabriel Fauré, un brano per Coro femminile a tre voci di Gioachino Rossini, La Carità, il tormentato Canto autunnale di Felix Mendelssohn, concludendo con due brani verdiani: O Signore dal tetto natio e Va’ pensiero. Ac-compagnava sul bel pianoforte Steinway della Sala, il Maestro Paolo Passaniti. Il direttore, Al-berto Spinelli, e Paolo Passaniti hanno quindi eseguite a quattro mani musiche la Danza slava op. 46 n. 3 di Antonin Dvorak e una trascinante Ouverture da La gaz-za ladra di Rossini. Il Concerto si è concluso con la bella Fantasia da l’opera La Traviata scritta per pianoforte a sei mani dal compo-sitore Giusto Dacci. Al pianofor-te Filippo Bergonzoni, Andrea Corridoni e Alberto Spinelli. Alla "ne applausi entusiasti per tutti.

Sabato 23 febbraio, una delegazione del Comitato pro-vinciale A+$,- di Bologna ha deposto una corona d’alloro al cippo collocato nel Giardino Martiri dell’Istria, Venezia Giu-lia e Dalmazia, via Don Luigi Sturzo, 42. Da segnalare, in"ne, che verranno tenute delle confe-renze in alcuni Istituti Superiori e che la presidenza del Consiglio comunale, con la collaborazione del Comitato provinciale A+$,- ha predisposto e inviato a tutti gli istituti superiori di Bologna e provincia il Dvd «Esodo. Una storia dimenticata» perché sia di-sponibile come supporto didat-tico a completamento di quella parte di storia non ancora scritta su molti libri di testo.

Altre iniziative ancora fuori provincia. Sabato 9 febbraio, a Quattro Castella (Reggio Emilia), dove riposano le spoglie di Gra-ziano Udovisi, unico sopravvis-suto alle Foibe, presso la scuola media si è svolta la cerimonia di premiazione degli allievi del-le scuole ed è stata consegnata la targa intitolata a «Graziano Udovisi un Testimone Italiano» a Rossana Mondoni, studiosa delle vicende storiche del con"ne orientale dopo la II Guerra mon-diale. L’iniziativa è a cura della Famiglia Udovisi e del Comitato A+$,- di Bologna.

A San Lazzaro di Savenael pomeriggio a San Lazzaro di Savena si è

svolta una suggestiva e parteci-pata cerimonia u3ciale. Davanti al monumento ai Martiri delle Foibe, nella Via loro dedicata,

sono intervenuti il sindaco di San Lazzaro, Marco Macciantelli; il presidente provinciale A+$,- Marino Segnan; la presidente Giunta Regionale Emilia Roma-gna, Palma Costi, del parroco di San Lazzaro, mons. Domenico Nucci e diverse autorità civili e militari. Davanti ad un pubblico numeroso, alla presenza dei gon-faloni di Provincia e Regione e ai labari di diverse associazioni d’ar-ma, mentre veniva eseguito il Si-lenzio, è stata deposta una corona d’alloro ai piedi del monumento dell’artista Achille Ghidini.

A Zola Predosa e Casalecchio di Reno

ltri momenti sono se-guiti nei giorni succes-

sivi. Lunedì 11, nel Comune di Zola Predosa, è stato proiettato il documentario sull’esodo «La memoria negata». È seguita una conferenza di Marino Segnan, Paolo Jelic e Maria Grazia Benci, testimone di un doppio esodo. Presentazione dell’Assessore alla cultura, Antonio Buccelli.

Martedì 12, nella Casa del-la Conoscenza, a Casalecchio di Reno, si è tenuta una serata, promossa dal Comune, intito-lata «Storie della frontiera occi-dentale». I volontari del gruppo «Legg’io» hanno magistralmente letto brani da libri di Stefano Zecchi, Fulvio Tomizza, Anna Maria Mori, Nelida Milani, Ma-risa Madieri e Carlo Sgorlon. Dietro di loro scorrevano le im-magini del documentario «La memoria negata».

***

COMITATODI PADOVA

Un impegnativo calendario di interventi per il Giorno

del Ricordo

artenza veloce quest’an-no e particolarmente ric-

ca di interventi per il Comitato ancor prima del Giorno solen-ne del Ricordo. Dal 2 febbraio numerosi sono stati gli incon-tri nelle sedi somunali e nelle scuole. E un apprezzabile rilievo è stato dato dalla stampa e dalle emittenti locali, con interviste e servizi, tra i quali: il 5 febbraio «T$7 Gold», con Italia Giacca e Adriana Ivanov; l’8 febbraio «T$7 alle sette» Tri-Veneta, con Italia Giacca, Adriana Ivanov, Franco Luxardo; il 10 febbraio «Tele Nuovo», con Italia Giacca; il 14 febbraio «Rete Veneta», con Adriana Ivanov.

E di seguito le iniziative pro-mosse dal Comitato padovano.

Il 5 febbraio, nell’Aula Ma-gna dell’Istituto Tecnico Statale Commerciale e per il Turismo “Luigi Einaudi”, l’Assessorato alle Politiche Scolastiche ed Edu-cative del Comune di Padova in collaborazione con l’U3cio Sco-lastico Territoriale di Padova ha

organizzato un Seminario di ri-!essione e di studio rivolto ai di-rigenti scolastici e agli insegnanti delle scuole secondarie di 1° e di 2° grado, in occasione del quale è stato presentato dagli autori, Pa-ola Dalla Costa e Nicola Carraro, il fascicolo didattico Una questio-ne del ‘900. Le vicende ai con!ni orientali d’Italia dall’Armistizio di Villa Giusti, Padova 1918, ai giorni nostri. All’incontro erano presenti Chiara Saonara, vicedi-rettrice dell’Istituto Veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea che ha messo in rilievo l’importanza della memo-ria e la necessità di conoscere la storia; Graziella Fiorentin che ha reso testimonianza e Italia Giacca, presidente del Comita-to Provinciale A+$,- che ne ha presentato la genesi e le funzioni, ieri e oggi.

Il 7 febbraio, al Cinema “Porto Astra” è stato proiettato il "lm di Luigi Zampa Cuori senza frontiere, presentazione e testimo-nianza di Italia Giacca e Mario Bonifacio. L’8 febbraio, nella Sala Polivalente “Paride Piasenti” del Museo dell’Internato Ignoto di Terranegra, è stato rappresentato uno spettacolo teatrale dal titolo Il lungo esodo a cura della compa-gnia teatrale Belteatro e Terracrea. Autrice del testo una giovane pa-dovana che si è esibita assieme ad altri due attori, tutti molto bravi. Sorprendente in giovani non giu-liano-dalmati l’adesione alle no-stre tragiche vicende e la perfetta conoscenza delle stesse, segno di attenzione e studio.

Il 9 febbraio, nel Centro Cul-turale Altinate-San Gaetano Pa-dova, inaugurazione della Mostra

Istria, ieri e oggi, nelle immagini. Dopo i saluti dell’assessore alla Cultura del Comune di Padova, Cristina Toso, la presidente Italia Giacca ne ha spiegato la genesi. La mostra si presenta come un assemblaggio tra quella inaugura-ta a Trieste da Mariuccia Ragaù e alcuni pannelli realizzati da Tullio Canevari in collaborazione con

8

W

X

W

Page 9: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

Mario Grassi e Franco Dazzara.Il 17 febbraio, nell’Audito-

rium del centro culturale “Altina-te- S.Gaetano”, dopo i saluti della rappresentante comunale Cristi-na Toso, Italia Giacca e Giampie-ro Vecchiato hanno brevemente tratteggiato il libro Istria d’amo-re, lasciandone la presentazione all’autore, Ulderico Bernardi , che ha coinvolto il numeroso pubblico presente in un viaggio attraverso una terra composita e a#ascinante che ha amato "n dal 1960 e che gli è entrata nel cuore.

A Padova la cerimonia istituzionale del 10

Febbraiol 10 Febbraio, davanti a Palazzo Moroni, sede del

Municipio di Padova, ha avuto luogo la cerimonia istituzionale di commemorazione del Giorno del Ricordo alla presenza delle autorità civili e militari. La so-lennità del momento è iniziata con la deposizione di una corona d’alloro sulla lapide che ricorda i martiri delle Foibe, con l’ac-

compagnamento della fanfara dei Bersaglieri in congedo, tra i labari delle Associazioni combat-tentistiche e d’Arma e i gonfaloni del Comune, della Provincia e dell’Università. Così ha esordito il Vicesindaco, Ivo Rossi: «Nove anni dalla istituzione del Giorno del Ricordo sono ancora troppo pochi per riparare una doppia ingiustizia, quella delle foibe e dell’esodo». Concetto ribadito subito dopo anche dall’assessore provinciale Enrico Pavanetto.

Intenso come sempre l’in-tervento della presidente Giacca che, citando il pensiero di Pablo Neruda «La parola è un’ala del si-lenzio» ha detto che l’espressione ben si adatta alla nostra storia… Anche noi dopo lunghi anni di silenzio mettiamo «le ali» a paro-le messaggere di sentimenti, scri-gno dell’animo umano….. Il te-stimone sta passando alla nuova generazione che è in grado di far sua quella parte di responsabilità storica e culturale con una gran-de battaglia di civiltà e di cultura, principi che non si spengono - come ha detto il neo presidente nazionale, Antonio Ballarin - con lo spegnersi di una generazione».

È seguita la S. Messa in ono-re delle vittime delle Foibe.

Le manifestazioni in provincia

8 febbraio, nella Sala Agostiniani del Comune

di Polesella, interventi vari sul tema Gli esuli di Fiume e della Dalmazia. Presenti il sindaco Ornella Astol" che ha salutato e ringraziato, l’as-sessore alla Cultura, Daniele Mi-lan, il delegato A+$,- di Rovigo Lorenzo Maggi. Serata di commo-zione con gli interventi dei testi-moni delle tristi vicende, Adriana Ivanov, esule da Zara e Nidia Ze-mella Colmanni, esule da Fiume.

Nel Comune di Fontani-va, conferenza di Elio Ricciardi. Successivamente, scoprimento di una lapide alle vittime delle Foi-be e celebrazione della S. Messa.

Nel Comune di Este, proie-zione del "lm Cuori senza frontie-re, presentazione di Italia Giacca, excursus storico di Adriana Ivanov.

Nel Comune di Maserà, in-terventi di Italia Giacca e Adria-na Ivanov, cui ha fatto seguito la rappresentazione teatrale E la barca va…

Nella Sala comunale di Ca-doneghe, il 14 febbraio, proiezio-ne de La città dolente, presenta-zione e testimonianze di Italia Giacca e Mario Grassi.

Nella Biblioteca comunale di Battaglia Terme, il 15 febbraio, Tullio Canevari ha presentato la Mostra Istria fecunda e industrio-sa, sulla villa romana di Loron (Parenzo).

Nel Comune di Saonara, presso l’Auditorium di Villatora, commemorazione del Giorno del Ricordo, testimonianze di Dario Odoni e Italia Giacca.

Nell’Auditorium del Comu-ne di Limena, il 16 febbraio, pro-iezione del "lm La città dolente con presentazione di Italia Giac-ca, preceduta dai saluti del sin-daco, dell’assessore alla Cultura e un intervento di Franca Dapas sul signi"cato dell’esodo.

Il Viaggio della Memorial 18 febbraio, con par-tenza da Padova, sei classi

di altrettanti Istituti Superiori hanno partecipato al Viaggio della Memoria e del Ricordo promosso come ogni anno dal Comune di Padova - Assessora-to alle Politiche Giovanili, con destinazione Trieste e visite alla Risiera di S. Sabba, alla Foiba di Basovizza, all’ex campo profughi di Padriciano. Accompagnatori per il Comune Chiara Saonara, vicedirettrice dell’Istituto per la Resistenza, Annarosa Davi, co-mandata allo stesso Istituto e Franca Dapas, in rappresentanza dell’A+$,- di Padova. Signi"ca-tivo l’impegno del Comune «per di#ondere la conoscenza della storia alle nuove generazioni e per promuovere i valori di pace, libertà, democrazia, solidarietà».

Sempre il 18 febbraio, nel-la Sala Polivalente del Museo Internamento, Elio Ricciardi ha presentato il "lmato Vento dell’Adriatico.

Altre iniziativenoltre, con la collabora-zione della Delegazione

A+$,- di Rovigo, sono stati pro-mossi i seguenti interventi: il 4 febbraio, nell’Istituto Compren-sivo di Rovigo 3, Scuola Secon-daria Primo Grado “G.B. Casali-ni”, Graziella Fiorentin, esule da Canfanaro e autrice del libro Chi ha paura dell’uomo nero? è inter-venuta con la sua testimonianza sull’esperienza personale, mentre Daniele Milan, collaboratore della

delegazione di Rovigo, ha parlato del «signi"cato della Giornata del Ricordo». Presente anche un’esule da Fiume, la signora Nidia Col-mani Zemella che ha reso una toccante testimonianza sulla sua triste vicenda con la sparizione del padre, catturato il 2 maggio 1945 e non più ritrovato. Gli stessi in-terventi vengono ripetuti lo stesso giorno nell’Istituto Compressivo di Polesella, Scuola Secondaria pri-mo Grado “ Nino Sera"ni”.

Il 5 febbraio, ore 11 nell’Isti-tuto Comprensivo Rovigo1, Scuola Secondaria di primo gra-do, “G.Bonifacio”, dopo i saluti e i ringraziamenti del dirigente scolastico e la presentazione di Daniele Milan, il Delegato A+-$,- di Rovigo, Lorenzo Maggi, è intervenuto sul signi"cato del Giorno del Ricordo e Franca Da-pas ha reso la sua testimonian-za di esule da Rovigno d’Istria, inserita in un excursus storico, mentre l’esule da Fiume, Nidia Colmani Zemella, ha commosso tutti con la narrazione della sua tragedia familiare.

Molti gli interventi nelle Scuole Medie Inferiori e Superio-ri, con la presenza di Mario Gras-si, Elio Ricciardi, Italia Giacca e, in particolare, di Adriana Ivanov e Franca Dapas, interventi che sono continuati "no al mese di aprile per far conoscere ai gio-vani la nostra storia, ma soprat-tutto per «far di#ondere l’antica e fondamentale presenza italiana nell’Adriatico Orientale» come si è espresso il presidente nazionale Ballarin nell’ultimo numero del-la “ Difesa Adriatica”.

***

COMITATODI PALERMO

L’omaggio al Cippo Martiri delle Foibe

onostante le avverse condizioni atmosfe-

riche, il 10 Febbraio è stato cele-brato dal Comitato palermitano presieduto da Gino Zambiasi e dalla Amministrazione cittadi-na nel corso di una cerimonia svoltasi davanti al Cippo eretto in ricordo dei Martiri delle Foi-be e avvolto per l’occasione nelle bandiere italiana istriana, "uma-na e dalmata. La manifestazione ha visto la presenza di un buon gruppo di esuli istriani che non mancano mai di intervenire col cuore ed il sentimento. Signi"-cativa la partecipazione di diver-se autorità civili e militari che si sono unite alla cerimonia con i rispettivi labari.

L’amministrazione provincia-le ha aderito alle manifestazioni del Giorno del Ricordo, rappre-sentata dall’assessore Dario Fal-zone. «Durante la cerimonia - ha commentato Zambiasi - ho avuto modo di stringere la mano anche a tanta gente comune alla quale mi è capitato di rispondere circa il

perché di questa indimenticabile giornata. Si deve sicuramente ri-cordare la presenza del Generale di Brigata Gualtiero Consolini, presidente U+'*% della Sicilia, nativo di Pola, che non manca mai di presenziare la cerimonia unitamente alle altre Associazioni d’Arma con labari e Bandiere».

Dopo la Cerimonia alla «Vil-la Martiri delle Foibe» (dove si trova il Cippo), i convenuti si sono recati alla Chiesa di Maria SS. Consolatrice, situata a breve distanza, dove il parroco Don Giuseppe Spataro ha celebrato la S. Messa. Nella Chiesa, la ce-rimonia si è svolta non solo alla presenza degli esuli, ma di nume-rosi fedeli locali.

Il giorno 8 febbraio il presi-dente del Comitato Gino Zam-biasi si è recato all’Istituto “ Duca degli Abruzzi” dove ha commen-tato un Dvd di immagini illustra-tive delle vicende storiche della popolazione giuliana e dalmata di fronte ad un centinaio di stu-denti con i rispettivi insegnanti, rimasti ammutoliti di fronte a quelle toccanti immagini.

Il 9 febbraio, presso il Liceo “Garibaldi” si è svolta una mani-festazione, sempre in relazione al Giorno del Ricordo, durante la quale, purtroppo, non è stata consentita la presenza di persone estranee all’Istituto.

***

COMITATODI PISA

La commemorazione in Palazzo Gambacorti

L’omaggio alle donne giu-liane e dalmate

omenica 10 febbraio a Pisa le cerimonie in me-

moria dei martiri delle Foibe orga-nizzate dal Comune di Pisa, dalla Provincia di Pisa, dalla Prefettura di Pisa e dal Comitato provinciale A+$,- guidato da Rossella Bari.

Le manifestazioni hanno avuto inizio a Marina di Pisa, al Villaggio Profughi di Via Milazzo 55, con la deposizione della co-rona di alloro al Cippo «Martiri delle Foibe». Quindi, al Cimitero suburbano di Pisa, nella Chiesa di San Gregorio, la celebrazione della S. Messa, o3ciata da mons. Egidio Crisman alla presenza del-le massime autorità cittadine. Nel corso dell’omelia egli, profugo da Fiume, ha ricordato la tragedia dell’esodo e delle foibe. È seguita la deposizione della corona d’al-loro al Cippo Vittime delle Foi-be e degli esuli giuliano-dalmati alla presenza del prefetto di Pisa Francesco Tagliente, del sindaco Marco Filippeschi, del presidente della Provincia Andrea Pieroni e di una quali"cata rappresentanza dell’A+$,-. Sono state deposte le corone della Prefettura, del Co-mune, della Provincia e dell’A+-

9

W

X

Page 10: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

$,-, mentre un trombettiere eseguiva il Silenzio. La presidente Rossella Bari ha quindi letto la Preghiera degli infoibati scritta da mons. Antonio Santin.

Alle ore 12.00, a Palazzo Gambacorti sede del Comune, la solenne commemorazione del Giorno del Ricordo, alla quale sono intervenuti il prefetto di Pisa Francesco Tagliente, il sin-daco di Pisa Marco Filippeschi, il presidente della Provincia Andrea Pieroni.

Nel suo intervento, il prefet-to Tagliente ha rivolto un pensie-ro a tutti i familiari delle vittime dei massacri delle Foibe ed ai rap-presentanti delle associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia e dell’esodo di intere po-polazioni, sottolineando il grande impegno a non dimenticare, regi-strato negli ultimi anni da parte delle Istituzioni. «Stragi come quelle delle Foibe e dell’Olocau-sto non devono essere dimentica-te - ha sottolineato Tagliente - ma devono costituire un monito per le nuove generazioni, a3nché sviluppino un profondo spirito di comprensione e solidarietà verso tutti i nostri simili, qualunque sia la loro estrazione geogra"ca, sto-rica, politica, religiosa e sociale».

Al termine la presidente del Comitato A+$,- ha ringraziato i rappresentanti delle istituzioni per la disponibilità e la collabo-razione avuta nell’organizzare il Giorno del Ricordo e ha sottoli-neato la necessità che le vicende drammatiche del con"ne orien-tale siano studiate con obiettivi-tà, con onestà intellettuale senza pregiudizi ideologici.

Il 20 marzo, a cura del Co-mune e del Comitato provin-ciale, nell’ambito delle varie manifestazioni previste dall’Am-ministrazione comunale nel mese di marzo dedicato alle donne, è stato presentato nella Sala Regia di Palazzo Gambacorti il volume La donna in Istria e in Dalmazia nelle immagini e nelle storie edito dalla A+$,- nazionale a cura di

Giusy Criscione, nel quale sono con!uiti i materiali iconogra"ci e documentari della mostra omo-nima allestita nel 2005 dall’A+-$,- nella Biblioteca Nazionale di Roma. A presentare il volume la stessa curatrice.

***

COMITATODI VERONA

La XII edizione del Premio «Generale Loris Tanzella»

l 22 marzo scorso, presso il Foyer del Teatro Nuovo di

Verona, si è svolta la cerimonia di premiazione della XII edizione del Premio Letterario Nazionale «Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Comitato di Verona - Gen. Loris Tanzella». La cerimonia di premiazione ha concluso le manifestazioni orga-nizzate dal Comitato di Verona in collaborazione con l’Ammini-strazione comunale per celebrare il Giorno del Ricordo.

In una sala gremita di pubbli-co, il consigliere Antonia Pavesi, delegato alla cultura, ha portato il saluto del sindaco di Verona, Flavio Tosi, sottolineando l’im-portanza della manifestazione nel mantenere viva la memoria di eventi che hanno segnato tragica-mente le popolazioni dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e la profonda condivisione della causa giuliano dalmata da parte dell’Amministrazione Comunale sempre vicina al Comitato A+$,- di Verona.

La presidente del Comitato, avv. Francesca Briani, ha rivolto ai numerosissimi ospiti un caloroso saluto ed ha ringraziato in par-ticolare mons. Roberto Tebaldi, vicario del vescovo di Verona e il prof. Maurizio Zangarini, do-cente di Storia Contemporanea dell’Ateneo veronese e presidente dell’Istituto veronese per la Storia della Resistenza e dell’Età Con-temporanea. La presidente ha poi

sottolineato come il Premio, attra-verso le opere in concorso, o#ra l’opportunità di conoscere i tanti risvolti della storia e della tradizio-ne culturale delle terre italiane del con"ne orientale. Ha ringraziato inoltre i componenti della Giuria del Premio, la presidente, prof.ssa Loredana Giose3 e i consiglieri Tullia Manzin, Donatella Stefani Veronesi, Dolores Ribaudo e Giu-seppe Piro, per il lavoro impegna-tivo che quest’anno hanno svolto in considerazione della qualità e dell’elevato numero delle opere in concorso.

La prof.ssa Loredana Giose3 ha quindi illustrato le "nalità del Premio istituito dal Comitato di Verona dell’A+$,- per salvaguar-dare e divulgare il patrimonio culturale, storico, artistico e lin-guistico delle terre dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e far co-noscere la causa giuliano-dalmata nei suoi molteplici, complessi e tragici risvolti. Le novità che ca-ratterizzano questa XII edizione del Premio, riguardano alcuni la-vori che evidenziano, da un lato un approccio originale, moderno alle vicende del con"ne orientale come mai si era veri"cato nelle edizioni precedenti e dall’altro la-vori di ricerca, di notevole interes-se e molto speci"ci nei contenuti, "nora mai a#rontati e strutturati in modo innovativo. Numerosis-sime anche quest’anno le opere in concorso che la Giuria ha suddivi-so nelle seguenti sezioni: Narrati-va, Storia, Lingua, Testimonianze e Sezione Giovani.

La presidente della Giuria Loreda-na Giose3 ha quindi aperto la XII edizio-ne del Premio con il conferimento del Pri-mo Premio assoluto

al dott. David Di Paoli Paulovich autore dell’opera Così Rovigno canta e prega a Dio. La grande tra-dizione religiosa, liturgica e musi-cale di Rovigno d’Istria. Un’opera ponderosa dal valore inestimabile, che sorprende per la sua compiu-tezza, ha sottolineato la presiden-te, in quanto riporta in vita un patrimonio culturale che il dram-ma dell’esodo aveva disgregato e frammentato. Si tratta di una ricerca capillare svolta dall’autore con ferma ostinazione (e «metico-losa e in"nita pazienza» per usare le sue stesse parole) che ha per og-getto la liturgia e la musica sacra

della grande tradizione religiosa di Rovigno d’Istria. Questo patrimo-nio trae le sue origini nell’antica tradizione del patriarcato di Vene-zia e di Grado e ancor prima di Aquileia, come tramandato nelle liturgie cattoliche di rito latino delle più antiche ed insigni chie-se dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia.

Rovigno fu esempio di catto-licità per tutta l’Istria, parrocchia modello mai eguagliata. La reli-giosità dei suoi abitanti era espres-sione di una fede bimillenaria, fondamento della civiltà istriana e le tradizioni liturgiche erano parte dell’identità stessa dell’esse-re rovignese. L’opera, pertanto, ha un valore inestimabile, in quanto salva questo patrimonio che si era sviluppato nel corso dei secoli e lo salva perché la tragedia dell’esodo che, nel corso del secondo con-!itto mondiale e nell’immediato dopoguerra, travolse e disperse la popolazione giuliano-dalmata, provocò una devastante disgrega-zione e frammentazione culturale. Conseguentemente le generazio-ni depositarie e custodi delle più diverse tradizioni, quindi anche quella religiosa, o si erano estinte o erano irraggiungibili.

Con le riforme attuate dal Concilio Vaticano II, poi, le litur-gie o3ciate nelle chiese di Rovi-gno o furono abolite o del tutto trasformate. Il lavoro dell’Autore si rivela quindi di straordinaria importanza e per questo la Giuria ha deciso di conferirgli il Primo

Premio Assoluto della XII edizio-ne. L’importante riconoscimen-to è stato consegnato a Di Paoli dalle presidenti Francesca Briani e Loredana Giose3, alla presenza del vicario del vescovo di Verona, mons. Roberto Tebaldi. La moti-vazione del Premio è stata invece letta dall’esule rovignese Giuseppe Giose3 con comprensibile com-mozione e orgoglio, anche in con-siderazione del fatto che risulta presente in una foto del volume premiato come allievo della ban-da dell’oratorio salesiano di Rovi-gno nel 1934, all’età di 13 anni. L’attore del Teatro Nuovo Mirco Segalina ha letto i versi toccanti di due poesie presenti nell’opera premiata dal titolo Chiesa, chiese, chiesette di Rovigno di A. Inchiostri e A douti i ruvignisi sparnissadi di Antonio Benussi Moro. La ceri-monia, in un’atmosfera di sentita commozione e partecipazione, è proseguita con il conferimento dei premi assegnati

Premio LetterarioA#$%&-Comitato

di Verona«Gen. Loris Tanzella».

I premiati della XII Edizione e le motivazioni

rimo Premio Assoluto «Così Rovigno canta e

prega a Dio», di David di Pa-oli Paulovich. «Opera di gran mole, che, attraverso un lavoro ventennale di ricerca minuziosa ed appassionata, riporta in vita la grande tradizione religiosa,

10

W

X

Q

Q

X

W

X

Page 11: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

liturgica e musicale di Rovigno d’Istria, riunendo tutte le fon-ti oggi disponibili in materia. Questo patrimonio, espressione sublime della bimillenaria civil-tà istriano-veneta, si ricompone come in un mosaico dopo che le dolorose vicende dell’esodo e le trasformazioni operate dalla ri-forma post-conciliare ne avevano determinato la sua disgregazio-ne, annullando al tempo stesso tutte le tradizioni popolari ad esso collegate. La religiosità, pro-fondamente radicata nel tessuto socio-culturale della comunità rovignese senza alcuna distinzio-ne di ceto e di età, ne permeava il vivere quotidiano e si esprimeva nelle svariate forme di devozione popolare, nella solennità dei riti e nella bellezza delle melodie, grazie alle quali la parrocchia di Rovigno aveva primeggiato nei secoli».

Sezione Storia - Primo Premio «Il con" ne orientale da Campo-formio all’approdo europeo», di Giorgio Federico Siboni. «Di-samina precisa e minuziosa dei mutamenti del con" ne orientale come conseguenza delle guerre degli ultimi due secoli. L’im-pianto segue un ordine crono-logico necessario per inquadrare le complesse vicende di un’area di frontiera dove le di# erenze etniche, culturali e alla " ne poli-tiche hanno scatenato tensioni e lacerazioni " no al tragico epilogo delle foibe e dell’esodo. Data la ricchezza dei documenti esami-nati, quest’opera potrebbe essere la fonte per ulteriori svolgimenti di più ampio respiro anche in ambito scolastico, in un percorso che prelude all’unione degli stati europei».

Sezione Storia - Secondo Pre-mio «“Mosaico dalmata”. Storie di dalmati italiani», di Guido Rumici. «L’interessante volume raccoglie un’introduzione storica sulle comunità italiane in Dal-mazia fra il 19° e 20° secolo, con valorizzazioni di documenti poco noti alla storiogra" a u3 ciale, importanti per la ricostruzione delle politiche culturali nell’epo-ca della dominazione asburgica. All’introduzione segue la sezio-ne “Saggi e testimonianze” che arricchisce i dati d’archivio con quelli delle memorie personali e familiari degli italiani in Dalma-zia fra l’età asburgica e gli anni dell’ultimo esodo».

Sezione Storia - Terzo Premio «Miniere d’Arsia tra eventi stori-ci e sociali», di Antonio Zett.

«L’evoluzione storica della zona mineraria dell’Arsia coin-volge le vicende di un periodo e di una regione più vaste. L’at-tenzione dell’autore si rivolge alla vita e alle problematiche sociali dei minatori, una popolazione variegata, di diversa provenien-za geogra" ca, che ha svolto un duro lavoro con un forte senso di appartenenza. Alle vicende tra-giche, legate alla pericolosità in-trinseca dell’attività mineraria, si

sono aggiunte nel corso della sto-ria le persecuzioni, le deportazio-ni nei campi di concentramento, gli eccidi delle foibe che hanno resi martiri questi lavoratori oggi dimenticati».

Menzione d’Onore - Sezio-ne Storia «Le Cinque Giornate di Fiume», di Silvia Moscati. Menzione d’Onore - Sezione Sto-ria «Guida agli attori giuliano dalmati», di Alessandro Cuk. Menzione d’Onore - Sezione Sto-ria «Piccola storia di Fiume 1847 - 1947», di Rodolfo Decleva.

Sezione Lingua - Primo Pre-mio «La lingua veneta e i suoi dialetti», di Giovanni Rapelli.

«L’autore, valente lingui-sta, svolge un lavoro minuzioso di ricerca dove traspare anche il suo amore per la terra e la lingua di origine. La lingua veneta per secoli ebbe importanza europea grazie alla Repubblica di Venezia e fu usata in diplomazia, negli scambi commerciali, nella Com-media dell’Arte e in letteratura. L’opera, non voluminosa nella mole, ma densa di contenuti, mette in risalto la continuità del-la cultura italiano-veneta in Istria ed in Dalmazia. La ricerca sui dialetti, un tempo più radicati di oggi, rappresenta un patrimonio culturale da trasmettere alle nuo-ve generazioni».

Menzione d’Onore - Sezione Lingua «Voci veneto-italiane nel-la parlata della città di Lesina», di Ferruccio Delise.

Sezione Testimonianze - Pri-mo Premio «Parenzo. Gente, luo-ghi, memoria», di Aulo Crisma.

«Nella testimonianza dell’autore si nota un’appassio-nata ricerca del passato, dopo il so# erto esodo, di persone e luo-ghi, ripercorrendo le strade che lo hanno visto ragazzo e poi gio-vane studente alle Magistrali. La vita quotidiana della comunità parentina si anima nel racconto di aneddoti e di fatti curiosi, nel-le descrizioni bonarie di persone note del paese, suscettibili di ca-ricature, dalle felici espressioni dialettali, curiose nel loro signi" -cato. Prosa vivace e ritmo narra-tivo avvincente che catturano il lettore come un " lm di luoghi e persone».

Sezione Testimonianze - Se-condo Premio «I gatti di Pirano. Dal mare istriano al campo di Fossoli», di Anna Malavasi e Ma-rino Piuca.

«In quest’opera gli autori raccontano le peripezie di una famiglia che dalla natia Pirano segue la sorte di centinaia di mi-gliaia di persone esuli dall’Istria e dalla Dalmazia dopo il secondo con! itto mondiale, costrette ad abbandonare la terra d’origine. La descrizione passa attraverso la nostalgica ricerca dell’infanzia perduta del piccolo Marino con il distacco dalle quotidianità di quel luogo meraviglioso sul mare " no ad arrivare, attraverso alcu-ni passaggi di campi profughi, al Villaggio San Marco di Fossoli

di Carpi in Emilia. Il racconto è intervallato da brani di scrittori triestini ed istriani, legati come l’autore, a quei luoghi».

Menzioni d’Onore - Sezione Testimonianze «Mare e Fiume nel cuore», di Reneo Lenski. «Lonta-ni anni verdi. Ricordi di un mu-leto polesan», di Glauco Dinelli. «24 maggio. Sogni e speranze», di Mario Lorenzutti. «Quei de Via Carpaccio.Zibaldone», a cura dei “Quattro Moschettie-ri”, di Ruggero Botterini, Bruno Carra, Francesco Tromba, Venie-ro Venier. «Come Eva ma sensa pecà», di Amina Dudine.

Conferimento Targa Pisani “Per non dimenticare”. Il Gen. Pisani ha consegnato la sua bel-lissima targa “Per non dimenti-care” alla Signora Tiziana Pulich Dabovic, giornalista presso la casa editrice E-%8 di Fiume e di-rettrice del giornalino per ragazzi “Arcobaleno” per la sua raccolta di poesie.

Sezione Narrativa - Primo Premio «I cento veli», di Massi-miliano Comparin.

«Opera moderna scritta da un giovane che coinvolgerà an-che i giovani. Un crescendo di suspence accompagna l’intera narrazione con imprevedibili colpi di scena quasi a presagire la tragicità dell’epilogo. Nel clima di una Trieste mitteleuropea si inseriscono personaggi dal pro" -lo ambiguo e tenebroso, coinvol-ti nelle vicende storiche veri" ca-tesi dopo l’otto settembre 1943».

Menzioni d’Onore - Sezione Narrativa «9 gennaio 1944», di Giuliana Donorà. «Dedicato a mio padre esule " glio di una ter-ra perduta», di Rita Muscardin.

Sezione Giovani - Pre-mio Unico «Il grande esodo. Me-morie di un’esule istriana», di Martina Raimondo. «La giovane autrice, nel riproporre la testi-monianza dell’esodo da Cittano-va d’Istria della nonna paterna, fa conoscere non solo il dramma della famiglia di origine, ma an-che le tragiche vicende di tante vite di perseguitati istriani, tra-volte dal vento della Storia. Il suo lavoro, organico e lineare, frutto di un lodevole impegno e di una spiccata sensibilità, si avvale di opportuni e puntuali riferimenti storici e si arricchisce di signi" cative citazioni letterarie inerenti al tema del distacco dalla terra natia e dallo sradicamento da essa senza prospettiva di ritor-no, nella diversità delle situazioni storiche, sociali e individuali».

Menzione di Merito - Classe V Sezione A Istituto Professiona-le per l’Agricoltura e l’Ambien-te “Giuseppe Medici”, Porto di Legnago (Verona) «Le foibe: da cavità naturali del Carso a nere culle di orribili massacri».

Attestati di Partecipazione «Questo è uno, uno dei tanti», di Guerrino Kotlar. «Raccolta di poesie», di Mariella Potocco Barbato. «Dindio che pensa» Miscellanea di Silvia Sizzi.

COMITATODI VICENZA

in Palazzo Trissino

l Giorno del Ricordo è stato celebrato a Vicenza

sabato 9 febbraio nella Sala de-gli Stucchi di Palazzo Trissino, sede del Comune. La cerimonia è stata organizzata dall’Ammi-nistrazione cittadina in collabo-razione con il Comitato A+$,- vicentino guidato da Coriolano Fagarazzi. Questi, nel corso del suo intervento ha rievocato gli eventi richiamati dalla legge istitutiva del Giornata del Ri-cordo. Sono seguiti la lettura di alcuni brani e poesie e un con-certo degli allievi del Conserva-torio “Arrigo Pedrollo”.

Domenica 10 febbraio mo-mento celebrativo al Cimitero maggiore, con la deposizione della corona d’alloro e gli onori ai Martiri delle Foibe, il saluto dell’Amministrazione comuna-le e del presidente del Comitato provinciale A+$,- Coriolano Fagarazzi e la lettura dell’in-vocazione per le vittime delle Foibe.

«Foibe, alcune scuole rifi utano di parlarne»

a denuncia è partita dall’A+$,-, alla quale

ha fatto eco il sindaco Variati: «Inaccettabile che siano stati ri-" utati gli incontri con i testimo-ni. Le loro storie sono importan-ti per i più giovani».

«Nel Dopoguerra - ha di-chiarato Fagarazzi nel corso della cerimonia a Palazzo Tris-sino riportato dal “Giornale di Vicenza” - la vicenda degli esuli

giuliano dalmati era conosciuta. Dopo è stata taciuta per oppor-tunità politica. Noi andiamo nelle scuole per testimoniarla, ma troviamo ostilità e in alcune non possiamo ancora entrare. E questo lo dico con dolore». Fagarazzi ha voluto sottolineare le di3 coltà incontrate nel dif-fondere una memoria rimossa e ancora non condivisa.

«Veniamo tacciati di fasci-smo - ha proseguito il presiden-te del Comitato A+$,-, nato nel campo profughi di Vicenza

- ma di fascisti in Istria ce n’era-no come in Veneto o in Cala-bria. Eravamo parte dell’Italia. Avremmo dovuto infoibare tutti i fascisti italiani? C’erano fasci-sti come antifascisti, partigiani, carabinieri infoibati. Abbiamo espresso esponenti di ogni parte politica. Noi non siamo fuggiti in Italia, eravamo Italia. Sia-mo scappati dalle persecuzioni dell’invasione straniera del regi-me comunista». E non ha man-cato di ricordare i signi" cativi interventi del Presidente Napo-litano «che nel suo settennato ha sempre commemorato questa tragedia, parlando di “pulizia etnica” e mettendo in evidenza lo stuolo di negazionisti e giu-sti" cazionisti. Le date comme-morative hanno lo scopo di far ri! ettere, ma noi abbiamo anche il dovere di guardare al futuro».

11

In memoria delle Vittime delle Foibe, dell’esodo Giuliano-Dalmata,

delle vicende del confine orientale.

10 FEBBRAIO 2013Giorno del Ricordo

Comune di Vicenzae Associazione Nazionale

Venezia Giulia e DalmaziaComitato Provinciale di VicenzaIL PRESIDENTE

Corio lano Fagarazz iIL SINDACO

Achi l l e Var ia t i

W

X

Page 12: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

Esodo e patria nelle ri!essioni di Padre Flaminio Rocchi

Per onorare la !gura e l’ope-ra di Padre Flaminio Rocchi - del quale ricorre il 3 luglio prossimo il centenario della na-scita e il 9 giugno il decennale della scomparsa - prosegue su questo numero la pubblicazio-ne di alcuni estratti dal volu-me Padre Flaminio Rocchi: l’uomo, il francescano, l’esule edito nel 2007 dalla stessa AN-VGD a cura di Fabio Rocchi. Per chi lo desideri, il volume è ancora disponibile e può essere richiesto alla Sede nazionale ai numeri di telefono 06.5816852 (dalle ore 10.00 alle 13.00), di fax 06.6220 7985, via mail a [email protected]

opo 1’8 settembre 1943 la piccola

Istria è stata teatro di una guer-riglia feroce: spettatrice e vitti-ma la popolazione. Ai tede-schi, disperati per la scon"tta, irritati per l’abbandono italia-no, braccati dai partigiani, non basta l’occhio per l’occhio, ma dieci italiani per un tedesco ucciso. Deportano nei campi di sterminio 3.215 giuliani. I partigiani slavi galvanizzati da una vittoria insperata contro l’invincibile Hitler, umiliati dall’attacco di Mussolini, si vendicano contro i primi ita-

liani che incontrano. […]La collaborazione diventa

una parola maledetta. Un pez-zo di pane può condannarti a morte. Hai paura di avere una spia anche in casa. Un soldato, un politicante improvvisato si diverte a giudicare, a condan-nare, a uccidere. Preti che ospi-tano capi partigiani e preti che sbattono la porta a un confra-tello perseguitato. Senzadio che spaccano croci"ssi nelle scuole e nei cimiteri e altri che chiedo-no il viatico. […] Focolari ob-bligati a cuocere una sera mi-nestroni e galline per i tedeschi

e la sera dopo per i partigiani. Un "glio nell’esercito italiano e un altro mobilitato dai par-tigiani. Sei interrogato, ma non rispondi perché hai paura di sbagliare, perché non conosci il croato e una parola in italiano può rovinarti. Il vento ti porta in casa dalla vicina Foiba l’odo-re acre della catasta di corpi

in decomposizione, compreso quello di tuo marito, di tua "-glia. Ma tu non ti puoi a#accia-re, non puoi deporre un "ore perché quei morti sono stati de"niti “criminali”. L’unico av-venire dei tuoi "gli è il comuni-smo balcanico.

Devi abbandonare la chie-sa, smettere di pregare, marciare dietro la bandiera rossa, ignorare di essere nato italiano, imparare una nuova lingua, denunciare anche i parenti sospetti perché vengano eliminati. […] Non c’è un’autorità alla quale rivolgersi. In questo clima di morti strazia-

ti e di vivi di-sperati nasce la terribile parola: esodo. Risuona sui campi e sui focolari, sulle barche e nei ne-gozi, negli u3-ci e nei cantieri, nei conventi e nelle canoni-che, per"no nei palazzi vescovi-li. […]

« L’ e s o d o dei giuliani

comincia alla "ne del 1943 e raggiunge il massimo negli anni 1947-1948. Per l’esule perse-guitato che fugge tutti i mezzi sono buoni: il treno-merci e il carro-agricolo, il piroscafo e il trabaccolo, la fuga notturna at-traverso i boschi e la barchetta a remi. È una lunga, dolorosa processione che si snoda at-traverso tutte le strade d’Italia perché i 109 Campi di Raccolta sono disseminati in tutte le re-gioni. […]

L’esodo è quello dello stu-dioso che saluta il Leone di S. Marco, ma anche del contadi-

no che stacca le scarpe dalla sua terra; dello storico che abban-dona la loggia veneziana e della casalinga che spegne l’ultima brace del suo focolare; del pre-te che bacia il suo altare e della vecchia che accarezza la croce del suo cimitero; del sindaco che chiude il portone del mu-nicipio e del campagnolo che

scioglie la cavezza dell’asino che resta; del patriota che stringe la sua bandiera e dell’operaio che ripiega la tuta; del deportato, dell’infoibato e del bimbo in braccio che guarda e non com-prende le lacrime della madre. Pazzia, disperazione, ribellione, brandelli di anima rimasti im-pigliati nei ricordi, tanta, forte, cieca speranza. L’esodo non è una barca che può ritornare. È una radice strappata dalla crepa di una pietra sacra. […]

«Esodo doloroso, spesso drammatico, ma che si è ri-velato come unico mezzo per sfuggire alla morte […] Lo confermano le continue fughe di coloro che per vent’anni hanno cercato inutilmente una coesistenza dignitosa e che poi hanno tentato di riconquistare la libertà attraverso l’Adriatico col rischio di venir presi e de-portati e con la sola prospet-tiva di "nire in un campo di raccolta in Italia, senza citta-dinanza e senza alcun diritto. […]

I profughi sentono il peso e la responsabilità della fuga. Hanno paura. Passano alla peri-feria delle città e si chiudono in un dignitoso riserbo nei campi vuoti dei prigionieri di guer-ra. Non portano per le piazze il loro esodo. Forse anche per questo è poco conosciuto. […]

INTERVENTODI PADRE FLAMINIO

IN UNA TRASMISSIONE

RADIO RAI DEL 25 SETTEMBRE 1957

Istituto Centrale di Statistica, con

la recentissima pubblicazio-ne di un volume sui morti dell’ultima guerra, ha dato il più ambito riconoscimento ai profughi giuliani, fiumani e dalmati. La nostra regione detiene il primato dei Ca-duti per la Patria. Primato durissimo, ma che attraver-so la pesante ed inoppugna-

bile eloquenza delle cifre, dice che noi non siamo dei patrioti sentimentali, capa-ci soltanto di scampanella-re per l’Italia le nostalgiche campane di S. Giusto, o di invocare la Patria nel tono ampolloso o dolciastro di certa politica o poesia pa-triottarda.

La travagliata vita di frontiera ci ha insegnato ad amare l’Italia con la rinun-cia, la sofferenza, col sacrifi-cio della vita. Se la media di tutte le regioni nell’ultima guerra è di 10 morti per ogni mille abitanti, se il Friuli rag-giunge il massimo di 16 per mille, la Venezia Giulia con Fiume e Zara raggiunge qua-si il 30 per mille. […] Quan-ta storia di gloria e di dolore sotto il velo anonimo di que-ste cifre! Domani i posteri non potranno rimproverarci nulla. […]

Tanto sacrificio di san-gue e di lacrime avrà placa-to il sonno tormentato dei 600.000 che caddero per la nostra Redenzione dal 1915 al 1918. Possiamo affermare che i nostri morti hanno fatto l’impossibile per conservare alla Italia quelle terre. A qual-cuno potrà sembrare esagera-to questo glorioso primato; non ai giuliani e ai dalmati il cui patriottismo, per molti incomprensibile, si è alimen-tato ed è cresciuto nel clima aspro di una frontiera diffici-le e insidiosa, dove non c’era posto per la sonnolenza; non alla nostra gente che, col ri-schio di scandalizzare, non si vergogna di piangere ancora per la Patria».

12

Esuli italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia. Vi spiegherò le loro varie denominazioni perché in esse è il segno della loro origine, fatta di speranza e di disperazione insieme. Quando gli alberi ven-gono squassati da una tempesta, anzi sradicati dalla terra, gli uccelli fuggono dai nidi e vanno a fon-dare un nido nuovo, di qua e di là, dove li porta il vento. Per te-nersi uniti e non perdere l’anima si scambiano segnali nella lingua che conoscono, come se quella lingua, quel dialetto anzi - che per noi è l’istro-veneto e il dalmato-veneto - conservasse il calore e il sapore del nido che hanno lascia-to. […] Chiese e strade che per benevolenza del destino stanno ancorà là, malgrado le devastazio-ni delle guerre. Quelle «7 insena-ture di mare turchino che pene-trano nel verde della campagna» (Stuparich) e che sono rimaste nel nostro sguardo perché introvabili in qualsiasi altra parte del mondo.

L’ANVGD, DA NORD A SUD I SUOI COMITATI

Comincio dall’Asso-ciazione Nazionale

Venezia Giulia e Dalmazia, di cui sono stato presidente e alla qua-le ero iscritto da ragazzo. Nacque negli anni Cinquanta riunendo i primi Comitati giuliani e dalmati che si erano venuti costituendo in varie città italiane già nell’estate del 1945, quando tutta la Venezia Giulia di allora (che si estendeva oltre dieci volte la Venezia Giu-lia di oggi) era sotto occupazione straniera: iugoslava o anglo-ame-ricana. Nel distintivo dell’A+-$,- sono infatti rappresentati gli stemmi non solo di Pola, Fiume e Zara, province poi consegnate alla ex-Iugoslavia, ma anche di Gori-zia e Trieste che la Repubblica Ita-liana è riuscita a recuperare.

I profughi in quegli anni avevano bisogno soprattutto di assistenza materiale. Ma le asso-ciazioni si impegnarono anche a livello politico per difendere per quanto possibile la sovranità ita-liana su quei territori. Ne face-

W

W

Q

Page 13: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

vano parte anche ex combattenti della guerra di Liberazione o della Repubblica Sociale Italiana, uni-ti dal " ne comune di difendere l’italianità di quelle terre, là dove la storia e la composizione etnica della popolazione lo consentiva.

Questa infatti è una regione plurale abitata da secoli da popoli di lingua e origine diversa. I più dei nostri profughi trovarono ac-coglienza nei «campi di raccolta» sparsi per tutta Italia, dalla Sici-lia alla Sardegna, al Piemonte. Ecco il perché di tanti comitati della A+$,-, da Napoli a Vene-zia, che copriva quindi i fuggia-schi da tutte le province investite dall’esodo, e dell’attuale presenza un po’ ovunque degli iscritti di tutte le nostre associazioni.

[…] Siamo qui raccolti - con la collaborazione del Ministero per l’Istruzione,7 l’Università e la Ricerca, nel quadro del Tavolo di coordinamento istituito dalla Presidenza del Consiglio - non per parlarvi soltanto di noi, cioè della sorte di noi esuli, ma per farvi conoscere tutta questa stra-na regione di frontiera che va dalle Alpi Giulie (Julijske Alpe in sloveno, Julische Alpen in tede-sco) alla pianura friulana, come è stata nel tempo e come è oggi.

Vaste programme, direte. Ma a# ascinante, perché vi consenti-

rà di aprire una " nestra che per la maggior parte degli italiani è rimasta chiusa: la realtà di una regione plurale dove hanno con-vissuto per secoli culture diver-se: l’italiana, le due culture slave croata e slovena, quella tedesca e anche quella ungherese.

UNA VISIONE PROVINCIALE

GUARDARE SOLO DENTRO I NOSTRI CONFINI POLITICI

a tragedia delle Foibe, dove alla " ne della II

guerra mondiale sono stati preci-pitati migliaia di italiani di queste terre e il drammatico Esodo che ne seguì, con mezzi spesso fortu-nosi e sotto la minaccia di armi nemiche, diventano l’occasione per esplorare una storia millena-ria dell’Adriatico orientale e dei popoli che vi si a# acciano. Per-ché soltanto questa lunga storia,

che non comincia nel 1918 o nel 1941, ma ha radici lontane, può farci capire quella tragedia e quel dramma e insieme aprirci con ge-nerosa e curiosa intelligenza alla storia di 7«altri», di chi per l’insor-gere di ideologie esclusive sono diventati nostri nemici per oltre un secolo. Ma il «secolo breve», irto di odi e rancori tra popoli europei, è alle nostre spalle. Dob-biamo guardare avanti al presente e all’avvenire. L’uno e l’altro ci resterebbero indecifrabili senza conoscere il passato. Come si può costruire una casa comune se non si conosce il terreno dove deve sorgere e le fondamenta stesse di una cultura comune, pur nelle sue profonde diversità7?

È una visione provinciale guardare solo dentro i nostri con-" ni politici, dimenticando le di-mensioni europee dei problemi, le di3 coltà che ne derivano ma anche i vantaggi che ne possiamo trarre. […] La vicenda comples-sa di questa regione può essere esaltante o tragica. Ma è una sto-ria che sta al centro dei proble-mi dell’Europa contemporanea, dall’Ottocento al Novecento " no ai nostri giorni, che ne hanno ereditato i nodi irrisolti. […] La posizione geogra" ca dell’Italia la colloca tra il continente europeo e il Mediterraneo e questa regio-

ne in particolare è la porta verso il nord germanico, l’oriente slavo e il sud greco. Perchè è qui, tra Aquileia e Venezia, Fiume e Trie-ste, Zara e Ragusa di Dalmazia (Dubrovnik) che queste anime d’Europa si sono incontrate nel tempo. I loro segni sono nelle pietre delle nostre città, nel loro tessuto urbano, nel paesaggio, nella loro arte. Sono negli archivi religiosi e civili, nei mosaici, negli a# reschi, nei quadri delle chiese.

CERTAMENTE UNA PREVALENZA DELLA CULTURA ITALIANA

a pluralità di queste ter-re, dal Friuli al Carso, al

Quarnaro, alle Bocche di Cattaro, si manifestava e ancora si mani-festa in tutte le forme della vita quotidiana, dal cibo alle canzoni,

che sono le espressioni primarie del sentire di un popolo e ne rive-lano i tratti comuni. Certamente una prevalenza della cultura italia-na, nelle arti, nelle lettere e nelle scienze non può essere negata, con una sorta di damnatio memo-riae che o# ende l’intelligenza, pri-ma ancora di ferire il cuore di chi di quella cultura è legittimo erede.

Ma essa non derivava da una supposta superiorità cultu-rale. Nessun popolo e nessuna lingua è superiore o inferiore, perché non sono che un diverso modo di sentire e di vivere valori comuni all’animo umano. Na-sceva dal fatto oggettivo di una vicinanza geogra" ca che pone-va la costa orientale adriatica in contatto diretto con un Paese, come l’Italia, più esteso e abitato e collegato a sua volta all’area eu-ropea occidentale, che dal Medio Evo in poi è stata il fulcro della civiltà occidentale. Un Paese che aveva espresso in prima persona Umanesimo e Rinascimento ed era stato poi interessato dall’Il-luminismo di origine inglese e francese. Era naturale quindi che letterati, poeti, artisti, scienziati dell’Adriatico orientale si servis-sero della lingua italiana come in passato si erano serviti di quella latina e dalla cultura italiana tra-essero idee e ispirazione. Ed era

naturale che la popolazione au-toctona di quelle terre sia passata dal latino popolare alle lingue ro-manze e poi, con l’in! uenza ve-neziana, alla lingua italiana nella sua variante veneta. Convivendo insieme con popolazioni di lin-gua slava, che da secoli vi si erano insediate e determinando strati-" cazioni sociali e connotazioni etniche diverse da luogo a luogo nel rapporto tra maggioranze e minoranze, come vi verrà obiet-tivamente spiegato.

LA CAPACITÀ DI INTEGRAZIONE DELLE

NOSTRE CITTÀ

essuna sorpresa quindi che un Francesco Patri-

zi di Cherso o un De Dominis di Arbe, i due Laurana di Zara, Giorgio Orsini il Dalmatico o i

musicisti istriani Giuseppe Tar-tini e Luigi Dallapiccola siano espressioni alte della cultura ita-liana. Così come l’opera di Ni-colò Tommaseo sia un passaggio fondante nella de" nizione della nostra lingua. La capacità di in-tegrazione delle nostre città ha trasformato per secoli in istriani, in " umani e in dalmati italiani chiunque venisse a vivere sui no-stri lidi, quale che ne fosse l’ori-gine. Così non deve sorprendere che patrioti italiani si chiamasse-ro Scipio Slataper, Gianni e Carlo Stuparich o Guglielmo Oberdank e che lo scrittore Ettore Schmitz si facesse chiamare Italo Svevo. Né può sorprendere che persona-lità di rilievo di queste terre fac-ciano parte integrante della vita italiana, dalle attività produttive allo sport, allo spettacolo.

[…] Oggi siamo qui, in que-sta città, in questa terra tra l’alpe e il mare, per conoscerle e contu-inuare ad amarle come una parte di noi stessi, della nostra identità di italiani e di europei. «Una città - diceva Stuparich di Trieste - che ha la possibilità di una cultura nuova, moderna, che sarà viva nell’Europa di domani, fusione di civiltà, di sud e di nord, d’oc-cidente e d’oriente». E mi fa pia-cere che sia tra noi per la prima volta una delegazione dell’A%) (Associazione Italiana Editori), per darci i giusti consigli per que-sto compito… immane.

In questi primi anni del XXI secolo l’integrazione in un’Euro-pa unita dovrebbe far superare contrapposizioni scioviniste e no-stalgie totalitarie anacronistiche, in nome di valori comuni. È a questo che siamo impegnati. […]

13

W

NOTE DOLOROSE

È venuto a mancare il 18 marzo 2013 a Bologna

Bruno Raccamarichvedovo Silvana Garutti.

Lo annunciano le " glie Ma-ria Chiara e Silvia con le loro fa-miglie, i cinque nipoti e i dodici pronipoti.

Nato a Pago il 4 aprile, Mag-giore T.O., era reduce ed ultimo u3 ciale del Battaglione Bersa-glieri “Zara” , classe 1920.

Volontario universitario, sottotenente di fanteria dei ber-saglieri 10 gennaio 1943, com-battente di guerra 1940-’43, due campagne di guerra, due croci al merito, profugo da Zara dal gen-naio 1944.

Professore di lettere e Preside nella Scuola Media, ha ricostru-ito la Sua vita nella città di Bo-logna dove aveva incontrato la moglie.

W W

Page 14: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

n Trieste, the 4th annual Seminar on the Eastern

Border region was held recently, organized by the Ministry of Public Education and the Giuliani-Dalmati associations which comprise the Work Group in this sector. At the Revoltella Civic Museum auditorium, at the seat of the I()* (Institute for the Culture of Istria, Fiume and Dalmatia) and at the regional Education Board o! ce, over 200 teachers from various regions had the precious opportunity for formation and delving deeper into knowledge of pages that were overlooked for decades in national history.

+ e Seminar was inaugurated at the Prefecture in Trieste, on March 14th, with a welcoming of the teachers on the part of institutional and association representatives along with an opening concert of Trieste’s “Giuseppe Tartini” Conservatory orchestra, who recently made a highly apprised showing at the Quirinale. Lucio Toth, vice-president of the FederEsuli and honorary president of the A#$%&, made the opening remarks, and Giovanni Stelli, historian and professor from Fiume,

opened the fi rst day’s session. Part of the event was a visit to the Basovizza foiba and the Padriciano refugee center.

+ is year’s theme was " e History of the Eastern Border in scholastic teaching: present state and future prospects. Work began on Friday the 16th at the Revoltella museum, with Daniela Beltrame, general director of the regional scholastic o! ce, o' ering opening remarks. Enrico Conte, the city’s education head, underlined the “civic duty” of telling history together with the Exiles’ associations for the benefi t of the younger generations, and to supply teachers with adequate instruments to do so. After regional councilman Adele Pino spoke on hopes that Slovenia and Croatia would accept the Foibe and Exodus in a European framework of getting over the confl ict, Carmela Palumbo, director of M*,(’s scholastic autonomy o! ce (which held the fi rst work group, in 2009) announced that editors, who were present this year for the fi rst time, would hopefully be verifying the utility of new teaching tools.

At this point, the main planned

speeches began. Professor Giorgio Federico Siboni summarized the changes in geopolitics from the 15th through the 20th century, in the eastern regions. Bruno Crevato-Selvaggi, from Rome’s Dalmatian Patrician History Society, discussed Julian and Dalmatian history from the Roman age to our own times, to underline the importance of reading an ample slice of history in this region. Professor Raoul Pupo the discussed the birth of the concept of nationhood, in the 19th century. Notable was the examination of the conditions, after 1918, in which ethnic minorities found themselves, not only from ex-Austria-Hungary, but elsewhere: they fell victim to discrimination, forced assimilation or expulsion. After the Second World War, these procedures were, in a word, fi ne-tuned, to the point of violent repression, as shown through the foibe murders of antifascists who were against annexation to Yugoslavia, and the massacre at Porzûs.

+ ere was much anticipation of Professor Ethel Serravalle’s speech: she represented the Italian Editors’ Association as a consultant for scholastic publishing. She recommended prudence in applying a “digital revolution” that would do away with most traditional books. + is, she argued, would not serve the purposes set out in the Seminar.

On this subject, Professor Roberto Spazzali spoke out on the perplexities shown in the so-called “liquid book”, as defi ned in new

teaching methods. He also focused on supplementary History texts in Slovenian schools (used also in Slovenian schools in Italy) and in Croatia, where texts are inspired by a historiography that is openly nationalistic and ethnocentric. For example, Spazzali stated that, in Slovenian textbooks, it is taught that the “ethnic territory of Slovenia” is more vast than its political domain, the 1945 Slavic occupation of Julia is termed “liberation”, there is no mention of the foibe, and reference to the Exodus is made only

regarding a return to Italy proper of Italians who had come to Slovenia after 1918.

In the June edition, there will be more details on various Workshops held on specifi c themes by professors from Exiles’ associations, all of whom have been committed to eastern border issues for years.

14

Trieste, Great Success for theMIUR-AssoEsuli SeminarOn the Eastern border RegionTeachers’ places were immediately sold out

ENGLISH

or all lovers of culture, history, linguistics and

good taste, 2013 means something special: it is the 150th year since his birth (in Pescara, March 12th, 1863) and the 75th year since his death (In Gardone Riviera, in his sumptuous home at “Vittoriale degli Italiani”). Unquestionable protagonist of Italian and European literature in the 19th and 20th centuries, his was a wealthy and refi ned production of literature, and he lent his name to the “Fiume Exploit” of 1919-20. We’ll be publishing an in-depth

look at this, in the June issue.+ roughout Italy, events are

being planned to commemorate d’Annunzio. In Turin, in May, the International Book Fair, will be hosting a large exhibit of objects, autographs, documents and rare books, coming from the “Vittorial” collection, which o' ers a great creative season for building a rare model for life and poetry. + ere will also be conventions on d’Annunzio and his ability to build up himself as larger-than-life, his strategy in communication, and his lead role in the “Fiume Exploit” as a laboratory of modernity; besides this, there will be prestigious re-publications, such as the two volumes on d’Annuzio’s theater in Mondadori’s “Meridiani” collection.

In September 1919, d’Annunzio, having placed himself at the head of volunteer troops of the Italian Army, moved towards the Adriatic city of Fiume, disputed by Italy and the Yugoslav kingdom. After the First World War, in fact, Fiume’s

National Council, established to represent the mahority Italian population, proclaimed the city’s annexation to Italy, starting from October 1918.On August 12th, 1920, d’Annunzio proclaimed the “Reggenza del Carnaro”, a region to which he gave complete civil and military self-government and power. + e Rapallo Treaty (November 12th, 1920) made Fiume a Free and Independent State, but d’Annunzio didn’t recognize it as such. On November 28th, he and his legionaries opposed the regular troops of General Caviglia, sent by the government in Rome to squelch the Exploit, but not before December 31st, after harsh battles known as the “Christmas of Blood”, the general gave rise to a new, temporary government. + e matter, much more complex than space permits here, was resolved only in 1924, through the Rome Accords in which Yugoslavia recognized Fiume as part of Italy.

W

Croatia to enter the European Union July 1st, 2013.After ten years of negotiations

agreb is fi nally poised to enter the European Union, on July 1st, 2013. + e news comes at the end of the E, Commission’s

monitoring report, published by Stefan Fule, the EU’s Commissioner for Expansion, for Croatian government representatives. After ten long years of negotiations for adhesion, European Union sources feel that Croatia’s work to consolidate its state of law and justice, and its fi ght against corruption and organized crime, “give su! cient guarantees” to allow it to enter as a full member of the 27-nation Union.

Regarding the borders of Croatia, which, starting from July 2013 will be the European Union’s outer border, the E, source states that “we don’t foresee any major problems.” Croatia, which continues to work on its future entrance into the Schengen area, needs to show that its system and policies for visas and border checks are in line with European requisites. In the meantime, Zagreb awaits the last fi ve states to fi nalize the ratifi cation process: Germany, Holland, Denmark, Belgium and Slovenia. Germany, especially, was waiting for the fi nal report from Brussels before completing its ratifi cation.

ZAGREB’S FIRST EUROPEAN ELECTIONS.

WITH PLENTY OF SKEPTICISM.

roatia’s fi rst European Union encounter was on

April 14th, when its almost 4 million voters went to the polls to elect the country’s 12 representatives to the European Parliament. + e twelve will remain in o! ce until Spring of 2014, when elections will be held for parliamentary elections in all 28 member states.

Among the candidates, according to several Croatian dailies, there are many avowed anti-Europeans, ultra-nationalists, and anti-foreigners. And there are plenty of famous people from the world of sports and show business. Among these, the London 2012 Olympian Giovanni Cernogoraz, an Istrian Italian Community member.

However, Croatian public opinion has not been found to take European prospects seriously. Several polls have shown a consistent skepticism, if not worse, regarding the candidates’ trustworthiness. According to those interviewed, candidates are only motivated by hopes of securing the 8,000 euros promised pay of a parliamentarian. And observers note that Croatian political parties have not discussed any pressing European themes, due to the average citizen’s partial or complete ignorance of the mechanisms and procedures of E, institutions.

To complete the picture, up to now the Croatian national political scene has concentrated mainly on its administrative elections to be held in May, while other elections are also of more pressing importance: namely, the national elections, which have been moved up.

W

A D’Annunzio-" lled 2013, in honor of his 150th Birthday

Page 15: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

e ha mantenido en Trieste el cuarto Seminario sobre

el confín oriental organizado por el Ministerio de la Publica Instrucción y por las asociaciones giuliano-dalmatas componentes del Grupo de trabajo situado en el Ministerio. En el audi-tórium del Civico Museo Revoltella, en la sede del I(*% (Instituto per la Cultura Istriana, Fiumana y Dalmata) y de la O" cina Escolástica Regional poco menos de 200 docentes prove-nientes de diversas Regiones han teni-do una ocasión preciosa de formación y de profundización relativamente sobre páginas descuidadas durante de-cenios por la historia nacional.

La inauguración ha tenido lugar el 14 de marzo en la Prefectura, don-de los participantes han sido acogidos por los representantes de las institu-ciones y de las mismas asociaciones con un concierto de bienvenida en-comendado a la orquesta del conser-vatorio “Giuseppe Tartini” de Trieste, apreciada en el Quirinale. El saludo ha sido encargado a Lucio Toth, vicepre-sidente de la FederEsuli y presidente honorí" co de la A+$,-, mientras que la apertura del trabajo de la primera jornada a la disertación de Giovanni Stelli, historiador y docente " umano.

Están previstas, como el año pasado, visitas a la Foiba de Basovizza y al Centro de Recogida de prófugos de Padriciano.

Tema del Seminario 2013 La hi-storia del confín oriental en la enseñan-za escolar: actualidad y perspectivas futuras. El trabajo ha sido iniciado el viernes 16 en el Auditorium del Ci-vico Museo “Revoltella”, por Daniela Beltrame, director general de la O" ci-na Escolar Regional del Friuli Venezia Giulia. El director del Área Educación del Municipio, Enrico Conte, ha subrayado el «deber civil» de contar la historia en colaboración con las asociaciones de los desterrados a las jóvenes generaciones y proporcionar a los docentes instrumentos didácticos adecuados. Después de la interven-ción del asesor provincial Adele Pino, que ha anhelado la recepción, por parte de Eslovenia y de Croacia, de las vicisitudes de las Foibe y del Éxodo en un cuadro europeo de superación de los con! ictos, Carmela Palumbo, director general del Orden escolar y la Autonomía escolar del M%'( (en el que se encuentra el Grupo de trabajo constituido en el 2009), ha preanun-ciado que con los editores - presentes en el seminario por primera vez - se

espera veri" car la utilidad de los nue-vos instrumentos didácticos.

Han iniciado las disertaciones previstas en el programa. El prof. Giorgio Federico Siboni ha resumi-do los cambios geopolíticos que han tenido lugar durante los siglos XV al XX en los territorios orientales. Bru-no Crevato-Selvaggi, de la Sociedad Dalmata de Historia Patria de Roma, se ha detenido en la historia giuliano-dalmata del periodo de la romaniza-ción hasta nuestros días, para remar-car la necesidad de una lectura de larga duración de las vicisitudes y de los pasos históricos de aquella región. El prof. Raoul Pupo ha tenido ha sido encargado de evocar el nacimiento de la idea de nación en el siglo XIX. Es interesante el examen de las condicio-nes en las que se encontraron, después de 1918, las minorías nacionales del ex impero austro-húngaro y no solo éstas, víctimas de discriminaciones, asimilaciones forzadas o expulsiones. Después de la Segunda guerra mun-dial aquellos instrumentos fueron, por decir de alguna manera, perfecciona-dos hasta el punto de conducir a las represiones violentas, como demo-straron los enfoibamentos también de exponentes antifascistas contrarios a la anexión a Yugoslavia y a la masacre de Porzûs.

Hay una grande ansia por la reu-nión - la primera en absoluto - con los representantes de la A%) (Asociación Italiana Editores), en la persona de la prof. Ethel Serravalle, consultora de la editorial escolástica. La delegada A%), por lo que re" eren las crónicas, ha recomendado tener prudencia en

la aplicación de la «revolución digital» dirigida a sustituir en buena parte al libro tradicional, pues a su parecer, la progresiva marginalidad no será de soporte para la profundización de los temas que son objeto del Seminario.

En relación a esto, el Prof. Ro-berto Spazzali está de acuerdo sobre la perplejidad manifestada sobre lo que es de" nido el «libro liquido» así como está delineado por las nuevas didácti-cas. Él se ha detenido además sobre los susidios de historia de las escuelas eslo-venas (en uso también en los institutos eslovenos en Italia) y croatas, inspira-dos en una historiografía mani" esta-mente nacionalista y etnocéntrica. Por

ejemplo, en los textos eslovenos - ha expuesto Spazzali - se remarca que el «territorio étnico esloveno» es más va-sto del político, se de" ne «liberación» a la ocupación de los territorios giulia-nos en el 1945, se ignoran las Foibe y se re" ere al éxodo como una vuelta a la península de los italianos que llega-ron después del 1918.

En el número de Junio habrá ulteriores profundizaciones sobre los Workshop mantenidos sobre temas especí" cos por docentes de las asocia-ciones de los Desterrados comprome-tidos desde hace años en la didáctica del confín oriental.

l 2013 es, para todos los amantes de la cultura, de

la historia, de la lengua y del gu-sto, el año de Gabriele d’Annun-zio, del que celebramos los 150 años de su nacimiento (en Pesca-ra el 12 marzo 1863) y los 75 de la muerte (en Gardone Riviera, en su suntuosa demora del «Vit-toriale degli Italiani»). Protago-nista indiscutible de la historia y de la literatura italiana y europea de los siglos XIX y XX, ha liga-do su nombre a una riquísima y re" nada producción literaria y a la llamada «Empresa de Fiume» del 1919-‘20. Sobre este asunto publicaremos una remembranza histórica en el número de Junio.

Han sido tantas las iniciati-vas puestas en acto en toda Italia por el aniversario. Entre otras, el Salón Internacional del Libro de Torino hospeda en mayo una amplia muestra de objetos, autó-grafos, documentos y libros ra-ros, provenientes de las coleccio-nes del «Vittoriale», que propone de nuevo una fecunda estación creativa orientada a constituir un modelo inimitable de vida y de poesía. Y también convenios sobre d’Annunzio constructor del mito de sí mismo, habilísi-mo estratega de la comunica-ción, intrépido comandante de la «Empresa de Fiume» como laboratorio de la modernidad; y reediciones prestigiosas, como los dos volúmenes del Teatro dannunziano en la colección Me-ridiani de Mondadori.

En el septiembre 1919 d’An-nunzio, puesto a la cabeza de re-partos voluntarios del ejército ita-liano, fue hacia la ciudad adriática

de Fiume, contendida entre Italia y el Reino de Yugoslavia. De he-cho, al " nal de la Primera Guer-ra mundial, el Consejo nacional " umano, constituido para re-presentar a la población italiana mayoritaria, había proclamado la anexión a Italia desde " nales de octubre 1918. El 12 agosto 1920 d’Annunzio proclamó la «Reg-genza del Carnaro», atribuyén-dole todos los poderes civiles y militares. El tratado de Rapallo (12 noviembre 1920) constituyó Fiume un Estado libre e inde-pendiente, pero d’Annunzio no lo reconoció. El 28 de noviembre se opuso con sus legionarios a las tropas regulares del gen. Cavi-glia enviadas por el gobierno de Roma para poner " n a la Empre-sa, pero el 31 de diciembre, de-spués de duros enfrentamientos conocidos como «la Navidad de sangre», esto atribuyó el poder a un nuevo gobierno provisional. La cuestión, que aquí solo se per-" la, fue resuelta solo en el 1924 con los acuerdos de Roma en los que Yugoslavia concedía Fiume a Italia.

ESPAÑOL

15

Trieste, pleno sucesodel Seminario Miur-AssoEsuli sobre el confín orientalLos puestos a disposición de los docentes se han agotado en seguida

Croacia entra en la Unión Europea el 1 de julio del 2013después de diez años de negociaciones

or " n Zagabria está preparada para su ingreso en la Unión Europea el 1 de julio 2013. La noticia viene de la relación " nal de la moni-

torización de la Comisión U), entregado por el comisario europeo al alarga-miento, Stefan Fule, a los representantes del gobierno croata. Tras diez años de negociaciones de adhesión, según las fuentes de la Unión Europea el trabajo de Croacia para consolidar el Estado de derecho y la justicia, la lucha contra la corrupción y la criminalidad organizada, «proporciona su" cientes garantías» para permitirle entrar a pleno título en la Euro-pa de los 27.

En cuanto a los con" nes croatas, que desde julio 2013 serán los con" nes externos de la Ue, «no prevemos grandes problemas», añaden las fuentes comunitarias. Croacia, que continúa trabajando para entrar en el área Schengen, debe demostrar que tiene un si-stema de gestión y una política de visados y controles en línea con los requisitos europeos. Mientras tanto Zagabria espera a que los últimos cinco Estados miembros -Alemania, Holanda, Dinamarca, Bélgica y Eslovenia- lleven a término el proceso de rati" cación. Alemania en particular esperaba el informe " nal de Bruselas antes de completar la rati" cación.

LAS PRIMERAS ELECCIONES EUROPEAS PARA ZAGABRIA. CON MUCHO ESCEPTICISMO

a primera cita con la Unión Europea para Croacia será el 14 de abril, cuando los electores, son casi 4 millones los que tienen dere-

cho, se dirigirán a las urnas para elegir a los 12 representantes para el Euro parlamento que tendrán el cargo hasta la primavera del 2014 cuando se tendrán las elecciones parlamentarias en los 28 Estados de la U).

Entre los candidatos, como han referido varios diarios cotidianos cro-atas, muchos son anti-europeístas declarados, ultranacionalistas y xenó-fobos. Y no faltan entre los aspirantes a parlamentarios europeos muchos nombres del deporte y del espectáculo. Entre estos, el jugador olímpico de tiro al plato de Londres 2012 Giovanni Cernogoraz, exponente de la comunidad nacional italiana presente en Istria.

Pero la opinión publica croata no parece tomar en serio la cita euro-pea: de diversos sondeos efectuados emerge un consistente escepticismo, si no peor, a cerca de la " abilidad de los candidatos, que - según los en-trevistados - en realidad son movidos exclusivamente por la esperanza de asegurarse los honorarios de ocho mil euros de eurodiputados. Y según los observadores, los partidos croatas han tratado poco los temas de la jornada electoral europea, de cara al escaso o nulo conocimiento de los mecanismos de las instituciones comunitarias por parte de los ciudadanos.

Para completar el cuadro, hasta ahora la política nacional croata se ha concentrado sobre todo en las elecciones administrativas de mayo, mientras empiezan a tener sitio otras elecciones, las políticas nacionales anticipadas.

Un 2013 a todo d’Annunzio por los 150 años del nacimiento

Q

W

Page 16: Un'identità riaffermata, oltre il Giorno del Ricordo

iuseppe Massari abita a Gravina in Puglia,

cittadina in provincia di Bari a 10 chilometri di distanza dall’ex Campo profughi che ricadeva nel territorio di Al-tamura. In qualità di socio del «Comitato 10 Febbraio» della sua città, unitamente ad alcuni amici, ha intrapreso un lavoro di ricerca storica sull’Esodo giuliano-dalmata. Per questo è alla ricerca di testimonianze e documentazioni sulla vita nel Campo profughi, sull’organiz-zazione e di ogni dettaglio in merito, ovvero di racconti e di singoli episodi di vita quoti-diana vissuti dai giuliano-dal-mati che vi transitarono.

Per contatti: Giuseppe

Massari, Via G. Salvemini 5, 70024 Gravina in Puglia (Bari), e-mail [email protected].

Allo scopo di inquadrare storicamente la vita del Cam-po profughi di Altamura, ecco come lo descrive Padre Flaminio Rocchi ne L’Esodo dei 350mila giuliani fiumani e dalmati.

«Il Campo era stato costru-ito per i prigionieri di guerra in una pietraia squallida e deser-ta, battuta dal vento e dal sole. Esso è composto da casermette in tufo, prive di infissi, circon-date da una siepe aggroviglia-ta di filo di ferro spinato ed arrugginito e da una seconda recinzione di filo spinato, alta 4 metri. Ai quattro angoli ci sono ancora le torrette per le

sentinelle con le feritoie per le mitragliatrici. Qui sono passati prigionieri inglesi, americani, greci, polacchi, tedeschi e italia-ni. Lo confermano le numerose scritte ed immagini lasciate sui muri. Con l’arrivo dei nostri profughi nulla è cambiato.

Siamo a 6 chilometri da Altamura, ma non c’è un mez-zo di collegamento. I bambini vanno a scuola a piedi. Alta-mura è una piazza depressa per il lavoro. I profughi vivono col sussidio delle 100 lire giorna-liere. Nella stagione dei rac-colti i più fortunati lavorano presso i contadini e portano ai

figli qualche chilogrammo di pomodori. Il salario in denaro provoca l’immediata cessazio-ne del sussidio. Scrivono let-tere, petizioni in tutta Italia. Così per 2, per 5, per 10 anni. Le famiglie italiane chiedono soltanto “serve”.

I profughi non hanno mai dato un colore politico di parte alla loro tragedia. Non hanno neanche mai lanciato né grida, né sassate contro le finestre delle Prefetture, ne-anche quando, nel 1954, han-no appreso che il consenso di Tito per il ritorno di Trieste all’Italia era stato pagato con

una parte (46 miliardi di lire di allora) delle loro proprie-tà, abbandonate nella Venezia Giulia. Nel Campo di Altamu-ra trovo il signor Domenico di Rovigno: “Finalmente vi ho trovato. Sapete che il Ministro della Difesa Pacciardi vi cerca per darvi una medaglia d’ar-gento che vi era stata proposta in Russia”. “Padre - risponde calmo e sorridente - la mia giacca di povero profugo non è degna di portare una medaglia d’argento. Ma dica al signor Ministro che il mio amore per l’Italia è sempre d’oro”».

comunicazione nazionale. Così come non riusciamo a racconta-re la nostra storia e rivendicare con e3cacia i nostri diritti al di fuori dell’Italia. Insomma, tut-ta la vicenda umana dramma-ticamente segnata da migliaia di eccidi, dalla pulizia etnica e dall’esodo resta avviluppata nei lacci di una logica perversa che relega la nostra questione come locale, regionale, periferica in-somma, limitata e non di por-tata universale in quanto lesiva, in maniera aberrante, dei diritti fondamentali della persona.

LE RADICI DEL NEGAZIONISMO

nche coloro che ancora oggi negano, per pura

strumentalizzazione ideologi-ca, l’esodo e la pulizia etnica, davanti alle indiscutibili testi-monianze, alle prove ed alle documentazioni scienti"che, non possono che arrendersi all’evidenza del tentato genoci-dio perpetrato non solo quan-do abitavamo la nostra Terra, ma anche nei luoghi dove sia-mo stati ospitati. Quel geno-cidio, prima di tutto, nasce ed ha radici nell’odio viscerale alla nostra cultura e trova sponda in patria presso coloro che, con l’eliminazione prima "sica e poi ideologica, sperava di poter far scordare le responsabilità di generazioni di governi compli-ci, prima, ed ammiccanti, poi, ai nostri carne"ci.

Ci rendiamo conto che per coloro che non ci amano, restare davanti alle proprie re-sponsabilità, spalanca il bara-

tro nelle loro coscienze, ed è innegabile che, piuttosto che so#ermarsi a rimirare il buio profondo delle colpe dirette od indirette, sia più facile negare e giusti"care. Oppure spostare il problema sulle cause, sui per-ché e sui percome, tentando di sviare l’attenzione da questioni ancora aperte, come i diritti di una minoranza, la nostra, mai adeguatamente presi in consi-derazione, né in Italia e nep-pure, ovviamente, nei consessi internazionali.

L’ANVGD, SPINA DORSALE

DELL’IDENTITÀ GIULIANO4DALMATA

l lavoro svolto dalla no-stra Associazione è vera-

mente ponderoso. I nostri Co-mitati e le nostre Delegazioni costituiscono la spina dorsale di un’identità che non muore. Nonostante una comunicazio-ne che non conquista i grandi schermi o passa in cavalleria davanti a produzioni televisi-ve sciocche e vuote, assistia-mo ad un fervore crescente. Da città in cui mai avremmo pensato di poter istituire una nostra comunità organizzata, giungono richieste per una presenza stabile. Ed è fuori di ogni dubbio che tali richieste nascono dal desiderio umano e ragionevole di considerare in maniera adeguata sia la tra-gedia sia la prospettiva. Una prospettiva che vede a, set-tant’anni di distanza, gli esu-li ed i loro discendenti, così come le comunità autoctone

nell’Adriatico orientale, pren-dere coscienza della loro iden-tità indissolubilmente legata a null’altro che alla Terra.

In questa prospettiva il grande successo comportato dal tavolo di lavoro istituito presso il Ministero dell’Istru-zione, dell’Università e della Ricerca, permette la diffusio-ne capillare di una storia ne-gata o trattata male sui libri di scuola. Non solo, l’incontro con i giovani che di tutto ciò poco o nulla sanno, registra un coinvolgimento delle nuo-ve generazioni, così sensibi-li ed attente ai diritti negati, desiderose di capire il perché di una tragedia, tutta italiana, accuratamente nascosta.

Le persone che incontria-mo ci chiedono di essere fatti partecipi della vicenda umana che noi rappresentiamo, do-nandoci non solo quelle carez-ze dell’animo di cui la nostra gente ha sempre sofferto la mancanza, ma un’energia cari-ca di prospettiva.

Le persone che incontria-mo ci chiedono di vedere i luoghi dove ci hanno sbattu-to per l’Italia, ci chiedono di conoscere la nostra cultura, i luoghi di provenienza. Ci chiedono di tornare con loro nella nostra Terra, per capi-re, conoscere, ricostruire. Ci chiedono di parlare la nostra meravigliosa lingua, l’istro-veneto, da molti di noi ab-bandonato per l’ansia di essere facilmente accettati, oppure trascurata per una vergogna indotta da un razzismo stri-sciante che mal sopportava la nostra presenza.

UN’IDENTITÀ RIAFFERMATA

bbene, oggi, nel 2013, osserviamo un fiorire

di attività, che vanno dalla costituzione di un Tavolo di lavoro per porre la questione dei diritti disattesi al primo punto nell’ordine del giorno del nostro popolo, alla gene-razione di nuovi Comitati, dalla presenza sempre più ca-pillare nelle scuole, all’esten-sione delle attività in merito al Giorno del Ricordo ben al di là della fine di febbraio, dalla ricerca di forme di comunica-zioni tese a valicare i confini

nazionali, ai viaggi del ritorno di scolaresche e amanti della nostra storia, viaggi che ven-gono guidati seguendo la to-ponomastica nella nostra lin-gua e che fanno perno presso le comunità autoctone ancora presenti nella nostra Terra.

Chi pensava che saremmo scomparsi non aveva messo in conto la nostra aspirazione alla giustizia, il nostro pro-fondo desiderio di una vita degna, l’amore sconfinato per la nostra Terra e la granitica certezza in un’identità riaffer-mata.

Progetto gra"co e impaginazione Massimo Stasi

16

Q Campo profughi di Altamura,si cercano testimonianze