Un tragitto lungo la mia vita…” - Merate Online · giorno il papà con la sua nuova moglie...

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1 Un tragitto lungo la mia vita…”

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“Un tragitto lungo la mia vita…”

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UNA VITA DI RICORDI

PREFAZIONE:

Sulla scia del progetto realizzato in collaborazione con il Co.P.A.N e con la

Provincia di Lecco, “ANIMATORI DI RICORDI: il valore delle

MEMORIE degli anziani del territorio”, è nata l‟ idea tra noi animatrici

di portare avanti questo bellissimo progetto all‟interno della nostra Casa

di Riposo, dando così voce alle mille storie di vita vissuta dai nostri ospiti.

Questo lavoro ha la finalità di valorizzare la “nostra” Storia di cui

l‟anziano è stato testimone, le radici che ci legano agli altri ed al luogo da

dove veniamo.

Perché un lavoro sulle MEMORIE? L‟anziano è portatore dei ricordi di una

vita, il potersi raccontare attiva dentro di lui una percezione di pienezza e

permette alla comunità di accedere a quelle che concretamente sono le

radici comuni.

Lavorare sul tema della memoria e sul racconto come strumenti di

relazione privilegiata, permette di valorizzare le persone anziane, dare

dignità alla storia di ognuno, attivare le risorse individuali.

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PICCOLA PRESENTAZIONE DI ME

Sono Aurora Vergani, nata il 29 agosto del lontano 1927 a Pessano con

Bornago provincia di Milano. Questo paese ha un nome un po‟ particolare

perché tanto tempo fa Pessano e Bornago erano due paesini differenti,

ma il Comune era situato solo a Pessano. Ora i due paesini sono nominati

insieme.

Ho ottantatré anni, alla fine di agosto 2011 saranno ben ottantaquattro!

Ora vivo nella Casa di Riposo di Brivio in via Cartiglio, 2; mi piace stare

qui, anche se non è come vivere nella propria casa, comunque mi sono

ambientata da qualche tempo, mi sento protetta! Ormai la mia vita è

questa, non mi pesa per niente, se non avessi accettato le mie condizioni,

vivrei male sia con me stessa ma anche con il resto della comunità che c‟è

qui.

Ho frequentato le elementari a Brivio, poi, tre anni di scuola media a

Caprino Bergamasco presso il collegio delle suore Canossiane. Io ero

esterna, nel senso che una volta finite le lezioni, tornavo a casa mia, però

c‟erano anche delle ragazze, che per motivi quali la lontananza, vivevano lì.

Io andavo a scuola in bicicletta e quando il tempo era inclemente,

prendevo la corriera e in venti minuti arrivavo a destinazione. C‟era anche

il collegio maschile ma si trovava a Celana, sempre in provincia di Bergamo.

In quei tragitti, tra la scuola e casa mia, avevo conosciuto il mio primo

amore! Una volta completato il ciclo di studi, mi ero iscritta a un corso

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che si teneva a Milano di steno-dattilografia, e con il diploma rilasciato

dal corso, avevo incominciato a lavorare da impiegata per qualche tempo.

Nella mia vita ho fatto molti lavori, ma il più importante e duraturo è

stato quello che ho intrapreso dopo sposata insieme a mio marito.

Inizialmente avevo cominciato a lavorare nell‟albergo-ristorante da lui

gestito in una montagna del bergamasco, a Valcava. Dopo qualche tempo

però, per alcune ragioni, abbiamo dovuto lasciare quell‟impiego ed in

seguito abbiamo deciso di prendere un ristorante in località LA SOSTA a

Cisano Bergamasco. Il locale era a conduzione familiare, ma qualche tempo

dopo abbiamo di nuovo cambiato locale, optando per un bar ad Airuno che

tanti anni fa era in provincia di Como. Il bar si chiamava “LA PALMA”!!!

Questo è stato il nostro lavoro per molti anni e anche l‟ultimo, fino al

1979.

Mi sono sposata all‟età di 24 anni con Ezio Pallini che di anni ne aveva 26.

Dal matrimonio ho avuto due figlie: la prima Paola, la seconda Enrica.

Ora loro sono sposate, tant‟è vero che Enrica per seguire il marito è

andata a vivere in Toscana a Cerageto di Garfagnana provincia di Lucca.

Entrambe hanno figli, Paola ha un maschio di nome Marco mentre Enrica

ha due figlie, Aurora e Sonia, quest‟ultima è sposata ed ha una bambina di

nome Veronica. Ho un‟amica del cuore di nome Mariuccia, vive a Milano e ci

siamo conosciute a causa della guerra nel lontano 1943, ed è proprio in

questo periodo che ci siamo molto legate. Siamo amiche tutt‟ora, ci

sentiamo spesso e ci scriviamo molte lettere.

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Sono sempre stata una ragazza piacevole, di bell‟aspetto, mi piaceva

essere vestita bene. Ricordo che quando andavo alla S. Messa, al posto di

mettermi il velo (tanti anni fa era obbligatorio!), mettevo sempre dei

bellissimi cappelli (di paglia d‟estate, di panno in inverno).

Il mio carattere è particolare, sono abbastanza socievole, ma anche

apprensiva e nervosa. Cerco sempre di evitare discussioni in cui potrebbe

uscire la mia parte negativa. Cerco di trovare un equilibrio.

Non sono mai riuscita a viaggiare lontano o all‟estero, a causa del mio

lavoro impegnativo ma qualche giretto l‟ ho fatto anch‟io. La mia passione è

stata la lirica, ho avuto anche qualche occasione di andare a vedere alcuni

spettacoli. Faccio cruciverba da sempre, fin da ragazzina; ogni tanto mi

diverto a leggere qualche romanzo.

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DIDASCALIA:

1. ECCOMI, HO BEN OTTANTAQUATTRO ANNI!!

2. 2 AGOSTO 1952 E‟ NATA PAOLA;

3. 11 MARZO 1956 E‟ NATA ENRICA;

4. 1975 NOZZE DI ENRICA E AURELIO;

5. 1973 NOZZE DI PAOLA E LUIGI, A SINISTRA ENRICA CON AURELIO;

6. 1988 PAOLA CON IL FIGLIO MARCO, A LATO CI SONO ANCHE IO;

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7. AURORA E SONIA FIGLIE DI ENRICA, FOTO DI QUALCHE ANNO FA;

8. 2002 NOZZE DI SONIA MIA NIPOTE E DI SUO MARITO ROBERTO, NELLA FOTO DA SINISTRA:

IO, SONIA, IL MARITOE MARIUCCIA LA MIA CARISSIMA AMICA DI MILANO;

9. VERONICA FIGLIA DI SONIA COMPIRA‟ QUATTRO ANNI IL 29 SETTEMBRE 2011.

LE CASE DELLA MIA INFANZIA

Dandomi alla luce la mia mamma morì, fu difficile per tutti, soprattutto

per mio padre, doveva sopperire a tale mancanza con una neonata in casa.

L‟unico rimedio era quello della balia (metodo spesso usato ai miei tempi).

Mi portò così in una famiglia di contadini e ci rimasi circa nove mesi, non

mi ricordo molto di quel periodo, io ero molto piccola, ma ricordo che la

signora di nome Silvia aveva quattro figli naturali. Finito l‟allattamento,

dovevo andare via, ma senza una mamma e con il papà sempre occupato al

lavoro, non sapevano dove mettermi, così tutti i parenti si attivarono per

non farmi mancare nulla, ero un po‟ come un pacco postale: un mese stavo

da uno e un‟altro mese da altri, così facendo fino ai miei 3 anni circa. A un

certo punto la mia vita a poco a poco cominciò a cambiare, in quanto il papà

aveva conosciuto una ragazza di Brivio, infatti lui in quel periodo era stato

chiamato insieme al fratello Giuseppe a lavorare alla fornace di laterizi,

Sesana a Brivio. Proprio qui affittarono un piccolo appartamento per non

sottostare ogni giorno al lungo viaggio che divideva Brivio da Pessano. La

ragazza di cui si era innamorato mio papà inizialmente era stata chiamata

per un aiuto domestico. Dopo qualche tempo lei, di nome Ida, diventò la

mia seconda mamma!!!! Credo che mio papà l‟abbia sposata anche per farmi

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tornare a vivere con lui, eravamo sempre molto lontani. Così finalmente un

giorno il papà con la sua nuova moglie decise di venirmi a prendere, per

sempre, per una vita nuova insieme, quel giorno ricordo bene che entrambi

erano arrivati dai miei zii con una Balilla color nero. I miei parenti erano

contenti per me ma erano al contempo dispiaciuti perché mi avevano visto

crescere affezionandosi molto, si prodigarono affinché io stessi bene e

che in caso contrario sarebbero venuti subito a riprendermi!!

Le cose fortunatamente girarono sempre dalla parte giusta!! A poco a

poco cominciavo a conoscere tutta la famiglia della mia nuova mamma, il

nonno Giovanni, la nonna Raimonda e il resto dei parenti, mi accettarono

tutti affettuosamente. La nostra nuova casa era a Brivio in via Fossa

Castello. Era un condominio di tre piani, a pian terreno c‟era l‟osteria

“ANCORA”, al secondo e terzo piano c‟erano gli appartamenti, io abitavo

all‟ultimo piano. La casa era così disposta: ingresso, corridoio piccolo,

cucina abitabile con la stufa a legna e carbone e un piccolo divano, il

lavandino invece non c‟era così i piatti si lavavano all‟esterno in un

lavandino comune. Bisognava scaldare l‟acqua perché c‟era solo quella

fredda, ma non passò molto tempo che ci portarono un lavandino anche in

cucina. Due camere da letto una per me e una per i genitori, nel bagno

avevamo il water e il lavabo. Eravamo in affitto e il padrone ricordo che

era il signor Villa Italo, titolare oltretutto del nuovo lavoro di papà,

infatti dalla fornace era passato a lavorare come meccanico di auto-

rimorchi presso una casa vinicola situata a Brivio. Il suo compito era di

assicurarsi che i camion addetti ai trasporti funzionassero bene per i

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lunghi viaggi. La nostra era una casa carina, dalla mia finestra vedevo mio

papà lavorare e lui ogni tanto mi chiamava cantandomi una canzone che

faceva così: “LOLA QUANDO VAI A SCUOLA..DIMMI UNA PAROLA…” e

io mi affacciavo dal terrazzino per salutarlo. C‟era anche un pianerottolo,

dove le donne della casa si ritrovavano per passare qualche ora insieme

(cucivano, chiacchieravano, pregavano, eccetera). Abbiamo abitato in

questa casa per parecchi anni, qui ho visto nascere tutti i miei fratelli.

Cesare nel 1931, dopo due anni Vittorino che però morì a otto mesi per

un‟enterite, dopo tre anni dalla sua morte nacque Benedetta Maria

soprannominata Benita e nel 1943 nacque l‟ultima, Pierangela. Ero molto

contenta della nascita di questi altri figli, la mamma nuova e i fratelli non

mi hanno mai fatto sentire “diversa”. Quando compii circa vent‟anni il papà

aveva voluto cambiare lavoro, gestendo autonomamente un‟officina

meccanica vicino al ponte di Brivio, così la decisione fu di cambiare

abitazione. Anche questa casa era in affitto e il proprietario era un

signore di Lecco che aveva le corriere, mi pare che si chiamasse anche lui

Villa. Questa casa era molto più bella e più grande rispetto alla prima, era

una villetta situata a Brivio in via Al Ponte. C‟era un grande cortile con in

mezzo un melo che offriva ombra e frescura nelle calde estati. La casa

era su due piani: al piano terra c‟era la cucina abitabile e la sala spaziosa,

al primo piano c‟erano tre camere da letto e il bagno dotato di tutto il

necessario. Rimasi a vivere qui fino al mio matrimonio. I ricordi più belli

sono legati alla casa vecchia, tra i quali ricordo con piacere un ragazzino

di nome Francesco che viveva nel mio stesso condominio, spesso giocavamo

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insieme e aveva costruito uno xilofono con il vetro e le bacchette con i

tappi di sughero. Quel ragazzo nel periodo di guerra morì, che dispiacere.

DIDASCALIA:

1. NATALE 1934, FOTO DI GRUPPO CON I FIGLI DEGLI OPERAI DEL SIG. VILLA. OGNI NATALE ERA

SOLITO DISTRIBUIRE A TUTTI NOI DEI GIOCHI. GLI ULTIMI A DESTRA SIAMO IO E CESARE.

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VI PRESENTO LA MIA FAMIGLIA

La mia famiglia è così composta:

mamma Aurora, papà Ernesto, mamma Ida, i miei fratelli Cesare,

Vittorino, Benita, Pierangela.

Non ho mai conosciuto mamma Aurora, il destino ci ha voluto separare fin

dalla mia nascita, perché lei dopo il parto ha avuto forti complicazioni. Il

mio nome è in sua memoria. Ho conosciuto negli anni questa donna grazie a

tutte quelle persone che me ne hanno parlato. È morta a ventitre anni,

davvero molto giovane, era del 1904. Ho solo una sua foto in bianco e nero,

le assomiglio molto, noto che aveva comunque occhi e capelli scuri.

All‟epoca lei lavorava in una tessitura a Pessano e lì, proprio sul posto di

lavoro, aveva conosciuto Crocefissa la sua grande amica. Il destino vuole

che negli anni a venire, incontrassi questa donna per le strade di Brivio,

era venuta a vivere qui, in quanto il marito, giardiniere, era stato chiamato

dalla nota famiglia Meani per prestare servizio da loro. Mi voleva tanto

bene, fu mia madrina di Comunione e di Cresima. Lei spesso mi parlava

della mia mamma.

Papà Ernesto classe 1903 era davvero un ottimo papà, era la bontà in

persona, ci voleva bene. Era di mezza statura, piuttosto magro, aveva

sette fratelli, tre erano troppo grassi: Giuseppe, Ida, Maria; gli altri 3

erano troppo magri: mio papà, Libero, Adele!! Il settimo fratello non l‟ho

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mai conosciuto perché è morto al fronte, durante la prima guerra

mondiale. Mio papà spesso portava un baschetto sulla testa. Che io

ricordi, non l‟ho mai fatto arrabbiare, forse qualche volta le mie sorelle,

per la loro insistenza dopo una sua negazione per andare al cinema.

Comunque era molto buono!! Io ho il carattere di mio papà ma fisicamente

assomiglio di più alla mia mamma, a giudicare dall‟unica foto che ho di lei.

Mio papà era un grande lavoratore.

Mamma Ida classe 1908, era una donna più che normale, mi ha sempre

voluto bene come fossi da sempre sua figlia, forse anche di più!!!! Lei

aveva 14 fratelli: Alberto, Paolo, Pietro, Irene, Rina. Io mi ricordo solo di

loro, perché tutti gli altri purtroppo erano morti da piccoli. E‟ stata lei a

insistere per farmi studiare dalle suore Canossiane, ci teneva alla mia

istruzione. Donna di statura media, aveva capelli neri spesso sciolti, occhi

marroni, era una bella ragazza. Era una lavoratrice indefessa, mio papà

non voleva che lavorasse, ma se qualche parente o vicino di casa aveva

bisogno di commissioni (la spesa..) o aiuti nella faccende domestiche

(stirare, lavare..), lei si prestava sempre volentieri. Mio papà invece

insisteva sempre che si prendesse solo cura della casa e della famiglia.

Comunque era davvero felice insieme con lui, hanno avuto proprio un bel

matrimonio. Credo che mamma Ida non mi abbia mai sgridato una volta. Le

mie figlie sono state cresciute da lei, io e mio marito eravamo sempre

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molto presi dal nostro lavoro. Le piacevano tanto i bimbi!!!! Forse dava un

po‟ troppi vizietti!!

Cesare, nato nel 1931, è stato il mio primo fratello avuto dal secondo

matrimonio di mio papà. Ora vive con la sua famiglia a Cisano Bergamasco.

E‟ sposato con Iole ed hanno 4 figli: Monica, Marilena, Emanuela,

Alessandro. Cesare ed io siamo sempre andati d „ accordo, ci volevamo

bene e anche tutt‟ora è così. La sua carriera scolastica non è stata molto

lunga, infatti, dopo le elementari papà cominciò a portarlo con sé al lavoro,

istruendolo a dovere. Il suo primo lavoro fu nell‟officina della fornace

“Sesana” e lì lui c‟è rimasto fino alla pensione. Cesare è la bontà in persona

come il suo papà, sono una mela tagliata a metà!! Ai tempi era un bel

giovanotto, anche fisicamente assomigliava a lui.

Vittorino è il secondo fratello nato nel 1933, avevano deciso di chiamarlo

così in onore a Vittorino, un bimbo trovato morto affogato nel fiume

parecchi anni prima. Nella chiesa di Brivio c‟è l‟urna con all‟interno il suo

corpicino!! La sfortuna però volle che anche il nostro Vittorino morisse

presto, a nove mesi, a causa di un‟enterite, malattia ormai debellata, che

colpiva l‟intestino. Io avevo sei anni, questo evento me lo ricordo poco,

però ho in mente che qualche giorno prima del funerale mia mamma aveva

preparato dei rotolini di carta con dentro delle monete da dare ai bambini

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che sarebbero venuti a salutare per l‟ ultima volta Vittorino, come segno

di ringraziamento.

Benita nasce nel 1936, io e lei abbiamo nove anni di differenza!!!

Finalmente era nata una sorellina!!! Andavamo molto d‟ accordo e anche

ora è lo stesso. La sua carriera scolastica finì con le elementari, poiché

incominciò a lavorare in uno stabilimento tessile, prima a Brivio e poi a

Beverate. Il suo ultimo lavoro fu presso uno stabilimento a Brivio, dove si

lavorava la plastica. Da ragazza era molto bella, era alta, portava i capelli

sciolti con la permanente, lei non assomiglia a qualcuno in particolare, è un

miscuglio tra la mamma e il papà. Non si è sposata, non ha figli, è

bravissima nel cucito e a lavorare a maglia, mi ha fatto dei bei lavoretti!!!

Ha un bel carattere, è sempre molto disponibile, spesso viene qui in Casa

di Riposo a prestare servizio di volontariato, la conoscono tutti.

Pierangela è l‟ultima sorella nata nel 1943, abbiamo 16 anni di differenza!

Ricordo che le facevo un po‟ da mammina!! È sempre stata una bella

ragazza, di corporatura snella con capelli a caschetto sul biondo. Lei

assomiglia molto alla parte di mio papà. Finite le scuole elementari aveva

incominciato a lavorare in uno stabilimento di minuteria metallica (anelli,

spille, uncinetti, ferri per la maglia, spilli). Si è sposata con Luciano ma di

figli non ne sono arrivati. Ha un buon carattere, ma se si arrabbia . . . ! !

Abita al villaggio San Giuseppe di Brivio.

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DIDASCALIA:

1. MAMMA AURORA;

2. MAMMA IDA E PAPA‟ ERNESTO;

3. 1960, MIO FRATELLO CESARE CON LA MOGLIE IOLE E LA FIGLIA MARILENA;

4. 2003, FOTO RECENTE DI MIO FRATELLO CESARE E DI SUA MOGLIE IOLE NEL GIORNO DEL LORO

45°ANNO DI MATRIMONIO.

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RICORDI DÌ BAMBINA

Ricordo con molto affetto i nonni materni, genitori di mamma Aurora:

Luigia e Cornelio, e gli zii: Luigi, Alfredo, Alice, Vittoria. Ho sempre

mantenuto con loro i contatti, pur vivendo a distanza. Ogni vacanza la

trascorrevo presso di loro a Bornago. Mi divertivo tanto, tutti mi

volevano davvero molto bene e mi riversavano sempre mille attenzioni.

Durante il giorno ricordo che giravo tra i parenti per salutare tutti!! Mia

nonna dal suo portamento sembrava una matrona, era bella robusta ed era

molto buona; il nonno era un chiacchierone e molto estroverso. La nonna

non ha mai lavorato, invece il nonno faceva il “sensale”, vale a dire che si

preoccupava di contrattare i prezzi del bestiame dei contadini con gli

acquirenti, faceva proprio da tramite, ora questo lavoro non esiste più.

Da bambina trascorrevo i pomeriggi a giocare in cortile con le mie

compagne di scuola e gli altri bambini del vicinato, il sabato si andava dalle

suore, loro avevano le altalene belle grandi e poi si andava a fare la

catechesi. Ci divertivamo a giocare con palla; a mondo: si costruivano dei

cerchi nel terreno, bisognava tirarci dentro un sassolino e poi si dovevano

fare dei grandi salti per raggiungerli; si cantava; giocavamo con la

trottola, io ce l „avevo di metallo e vinceva quella che faceva più giri

rispetto a quelle degli altri; saltavamo la corda, era il mio gioco preferito

non mi stancavo mai di saltare; i maschietti si divertivano a giocare con le

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biglie. Con le bambole si giocava solo a casa, ogni bambina era gelosa della

propria. Le mie erano davvero belle, ne avevo varie tra le quali alcune

avevano la faccia in ceramica o cartapesta con il corpicino di tessuto, poi

ne avevo un„altra bellissima. Con quella però non potevo giocarci era di

bellezza, aveva la faccia e gli arti di ceramica, indossava un bellissimo

vestitino. La mia prima bambola mi è stata regalata dai nonni materni

quando avevo circa tre anni, non ricordo però di aver mai dato dei nomi

alle mie bambole. Io ero fortunata rispetto ad altre persone, perché

grazie allo stipendio di papà, ci potevamo permettere il lusso di comprare

di tutto, ottant‟anni fa non era da tutti!

Mi piaceva molto studiare e quasi ogni pomeriggio andavo dalla signora

Angela che mi seguiva nei compiti, abitava al fiume. La mia mamma aveva

conosciuto questa signora tramite suo marito, che era il direttore della

banca dove spesso andava a versare la mancette che ricevevo nelle varie

ricorrenze dagli zii e dai nonni. Mi aveva aperto un libretto “al portatore”

e parlando del più e del meno con quest‟uomo, era venuta a sapere che la

moglie era un‟insegnante e che avrebbe potuto seguirmi nei vari compiti. A

casa sua si studiava, poi mi mettevo a giocare con le sue due figlie: Carla

ed Enrica. Qualche volta potevo anche “strimpellare” al loro pianoforte, a

me piaceva tantissimo.

La mamma spesso mi chiedeva di sbrigare le faccende di casa, voleva che

imparassi bene a lavare i piatti, rifare i letti, scopare e via dicendo,

insomma le cose che una donna deve saper fare. Quando ero diventata più

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grandicella, voleva che la aiutassi anche a cucinare. Mi faceva andare

anche a compare il pane, il latte, andavo dal macellaio a prendere la carne.

Di solito la carne era un pranzo domenicale, ma noi potevamo permetterci

di mangiarla anche durante la settimana. La mamma era una buona cuoca e

ci teneva molto a preparare delle buone cose per tutti. Oltretutto il papà

faceva un mestiere molto impegnativo e quindi doveva mangiare bene.

Comunque lui era anche di ottima forchetta, infatti, non si faceva

mancare dei bei piatti di trippa, di bollito misto, ossi buchi, spezzatino e

tantissimi altri piatti. Era curioso come lui mangiava il risotto alla

milanese, infatti, ne metteva nel piatto una bella porzione, poi faceva un

buco in mezzo e ci versava del vino rosso, gustandoseli così insieme.

DIDASCALIA:

1. NONNA ROSA, MAMMA DI MIO PAPA‟; 2

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2. GENITORI DI MAMMA AURORA.

LA DOMENICA, UN GIORNO SPECIALE

La domenica mattina si andava alla S. Messa, io ero sempre contenta

perché potevo indossare gli abiti della festa. Ricordo che la mamma

andava a quella delle otto se non addirittura a quella delle sei di mattina,

così poi le rimaneva il tempo per i mestieri e soprattutto per cucinare il

pranzo domenicale. Il papà non era praticante, partecipava alla S. Messa

solo nelle occasioni importanti. Io e i miei fratelli andavamo a quella

solenne, dove potevamo incontrare anche tutti i nostri amici. Io ero molto

fortunata perché tutti gli abitini di festa, me li faceva mia zia Angela,

cognata di mia mamma. Era una bravissima sarta, lavorava autonomamente

e quando confezionava un vestitino per lei ne faceva uno anche per me; è

capitato anche di averne alcuni uguali nonostante la differenza di età. Era

un tipo molto giovanile. Tanto tempo fa durante la S. Messa bisognava

indossare il velo, io però preferivo i cappelli. Spesso le mie amiche mi

dicevano che ero fortunata perché ero sempre vestita molto bene, mi

guardavano con ammirazione. La mamma la domenica preparava sempre dei

pranzetti speciali a secondo della stagione, cucinava molto bene e noi tutti

eravamo sempre molto soddisfatti. Cucinava divinamente l‟arrosto di

vitello, poi cucinava il coniglio in salmì o con le verdure o con le olive, il

pollo con i funghi, qualche volta preparava il dolce, ma non sempre perchè

non c‟era quest‟abitudine. Di pomeriggio noi bambini andavamo in oratorio,

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dalle ore 14.00 alle 17.00, c‟erano le suore che ci facevano giocare,

aprivano anche il bancone dei dolci, vendevano: dei piccoli fiaschetti con

dentro il Rosolio (un liquore molto dolce), la liquirizia a rotella ma anche

quella lunga e in quest‟ultima, mettevano sopra una foglia d‟alloro per farla

profumare. D‟estate c‟era la granita fatta al momento ai gusti di limone o

fragola. I miei genitori davano a me e ai miei fratelli la mancia per

comprare qualche dolcetto. Ai tempi l‟oratorio era diviso, c‟era quello

maschile, che è proprio sopra la Casa di Riposo ed è tuttora funzionante;

quello femminile che era da parte alla chiesa. I preti si occupavano

dell‟oratorio maschile. Durante il pomeriggio oltre ai vari giochi c‟era

anche un momento di preghiera. Noi ragazzi siamo cresciuti così con gli

oratori divisi, per noi era la normalità.

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LA PRIMA COMUNIONE

Per la mia prima Comunione e per la Cresima ho avuto la stessa madrina,

l‟amica intima della mia defunta mamma, la signora Crocefissa. Lei ci

teneva tanto a starmi vicino anche nei momenti importanti, tant‟è vero

che gli abiti confezionati per le due cerimonie erano a sue spese,

compreso il pranzo e altri piccoli regali, come una catenina d‟oro con la

medaglietta che rappresentava la Madonna. Per i vestiti ricordo che mi

aveva accompagnato dalla sarta, una sua conoscente, per prendere le varie

misure e scegliere il tessuto. Il vestitino della prima Comunione era

bianco, con un bel corpetto liscio, la gonna era lunga quasi fino alle caviglie

e svasata leggermente in fondo. Ricordo che avevo un cerchietto con dei

fiorellini e la sarta aveva applicato un velo di tulle lungo fino alle spalle. Le

scarpe erano di vernice bianca, le classiche bebè con il bottone sulle

caviglie. Io ero contentissima. Le suore ci avevano preparato molto bene a

questa cerimonia, infatti, nelle settimane che precedevano la Comunione,

si andava alla catechesi sia il sabato che la domenica. Ci insegnavano come

fare la Confessione prima di ricevere il Corpo di Cristo. Il giorno della

funzione l‟altare era addobbato con tanti fiori bianchi, in mezzo alla

navata c‟erano dei tavoli disposti a ferro di cavallo, con l‟inginocchiatoio e

la panca; lì seduti c‟eravamo noi bambini con madrine e padrini. Per il

pranzo, io e la mia famiglia, eravamo andati a casa della signora Crocefissa

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che aveva badato a tutto: come primo piatto aveva preparato la sua

specialità, in altre parole, il risotto alla milanese (lei faceva tostare

tantissimo il riso, i chicchi diventavano scuri e poi ci versava il vino

bianco); come secondo piatto aveva preparato l‟arrosto con le verdure;

frutta e per finire una buonissima torta di mele fatta in casa. Ricordo con

piacere quella bella giornata. Nel pomeriggio però, a festeggiamenti finiti,

noi bambini che quel giorno avevamo ricevuto il sacramento, ci dovevamo

ritrovare in chiesa con preti e suore per un ultimo piccolo raccoglimento

di preghiera e di benedizione.

DIDASCALIA:

1. 1966, MAMMA IDA E PAPA‟ ERNESTO CON LE MIE FIGLIE NEL GIORNO DELLA PRIMA COMUNIONE

DI PAOLA.

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BRIVIO IN FESTA

A Brivio si festeggiano tre ricorrenze importanti: la festa di S. Antonio

Abate il 17 febbraio, c‟è una chiesetta in paese dedicata a questo Santo

in via S. Antonio. Questa festa viene così denominata da noi Briviesi: “IL

BORGO DEI TATER”, ovvero “il borgo di quelli che capiscono poco”,

questo perché tanto tempo fa vicino alla chiesetta c‟era un piccolo borgo

di case di proprietà di una signora, abitate da alcune famiglie e, ogni qual

volta questa signora passava a chiedere qualche informazione agli abitanti

di questo suo borgo, le risposte generali erano sempre: “NON SO”, così

era consueto che lei rispondesse: “TE SET PROPRI UN TATER”. Ecco

perché questa denominazione particolare. In questa giornata di festa

c‟erano due S. Messe, una la mattina e una verso il tardo pomeriggio. Si

faceva anche la processione per le vie del paese con la statua del Santo

trasportata sulle spalle dagli uomini, capitava che nevicava ma non si

rinunciava mai alla tradizione. Fuori dalla chiesa erano allestite le

bancarelle con tanti dolci e la sera c‟erano i fuochi d‟artificio. Questo

Santo è protettore degli animali e in chiesa, proprio davanti al Santo,

veniva posto un grandissimo cesto contenente dei sacchettini di sale

grosso, chi voleva, ma soprattutto chi aveva molti animali, badava a

prenderne un po‟ per proteggere le proprie bestie. Infatti, se qualche

d‟una stava poco bene, come scaramanzia si faceva sciogliere una puntina

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di sale benedetto in una ciotola di acqua per poi fargliela bere all‟animale

malato. A Brivio si festeggia la “Madonna della neve” il 5 agosto nella

chiesetta della frazione di Foppaluera. La storia racconta che tanti anni

fa proprio in questo giorno, insolitamente aveva nevicato, credo che sia

per questo motivo che la chiesetta sia stata dedicata alla Madonna della

neve. Ricordo che in questo giorno venivano celebrate due S. Messe, una al

mattino e una al pomeriggio ed il sagrato della chiesa veniva allestito a

festa con bancarelle di dolci e di giochi per bambini, vendevano anche i

palloncini. La festa di Brivio invece cade la terza domenica di settembre e

si festeggia la Madonna Addolorata. La statua è custodita nella chiesa di

S. Leonardo per tutto l‟anno ma, durante la festa, è portata in chiesa

prepositurale. Quest‟ultima è la festa più lunga, infatti, incomincia di

sabato e finisce il lunedì sera a venire, tre giorni dove il paese è davvero

in festa!!!! La domenica sera ci sono sempre i fuochi d‟artificio. E'

venerata la Madonna Addolorata, ai miei tempi si faceva la processione

per le vie del paese con la statua della Madonna, non solo, la processione

continuava anche sul fiume Adda, in questi ultimi anni quest‟usanza è

venuta meno, ma dall‟anno scorso sono state riprese le vecchie tradizioni.

Ai tempi il paese si animava tutto e si abbelliva con i colori della Madonna,

ogni donna badava a mettere alle finestre i tendaggi più belli per il

passaggio della Vergine, solitamente drappeggiati di rosso e di oro,

ricordo che si costruivano delle ghirlande di fiori da mettere sui cancelli o

sulle vetrate. La processione partiva dalla chiesa prepositurale, seguita

anche dalla banda, si faceva un pezzo di provinciale poi si scendeva verso

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il paese, dove c‟era la pesa pubblica e si proseguiva verso il fiume Adda,

dove ad attendere la Madonna c‟era una barca tutta addobbata a

cerimonia. La statua veniva posta al centro con attorno dei paggetti e i

portantini (coloro che per i vari trasporti se la caricavano sulle spalle). Si

costeggiava un bel pezzo di fiume per poi scendere e ritornare per la via

verso la chiesa. Ai tempi c‟era Monsignor Viganò che seguiva la

processione. In questi tre giorni di festa il paese di Brivio si trasformava

nel “paese dei balocchi”, infatti arrivavano le giostre e tantissime

bancarelle posizionate sul lungo fiume; vendevano di tutto: vestiario,

borsette, ombrelli, scarpe e tantissimi dolci!!!! Ricordo lo zucchero filato,

la tiraca (zucchero lavorato che si trasforma in stecche croccanti di

colore marroncino), torroni, frutti di marzapane, non mancavano i

banchetti di frutta secca, olive, acciughe, formaggi, insomma bancarelle

ricche di tutto e di più. Il lunedì c'era la festa del bestiame e così i

contadini portavano in piazza le migliori mucche, pecore, grossi polli e

altri animali ancora, così che la gente poteva comprarli. Il lunedì era

anche il giorno dell‟esposizione delle auto e delle macchine agricole e chi

era interessato, poteva ammirarle e credo anche acquistarle. Si poteva

partecipare ai giochi programmati dal ProLoco del paese, ricordo: “Il palo

della cuccagna”, questo gioco si faceva al fiume ponendo un palo tutto

unto sulla riva, all‟estremità era posto il premio che poteva essere un

salame, un bel pezzo di formaggio o altri generi alimentari e gli uomini,

per vincere il premio, dovevano camminarci sopra senza ovviamente

scivolare nel fiume! Si giocava a “tiro alla fune”; ricordo la corsa dei

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sacchi; c‟era anche la pesca di beneficienza dalle suore e la domenica

verso sera si giocava a tombola. Si respirava un bel clima ed erano in molti

a partecipare a questi giochi divertenti. Questi momenti erano una gioia

per i più piccoli, da bambina i miei genitori mi portavano sempre; da

ragazza ci andavo con qualche amica del paese, anche se per la verità,

sono sempre stata poco incline alla confusione.

DIDASCALIA:

1. 1946, SONO IO IN LOCALITA‟ “LA SOSTA” A BRIVIO DOVE PASSA IL FIUME, NON ERO ANCORA

SPOSATA.????????

1

28

1.

LA SCUOLA

Ho dei bellissimi ricordi delle scuole elementari, ai miei tempi le scuole

erano dove c‟è il Comune di Brivio. La mia prima maestra era stata la

signorina Bruna Valdata, arrivava dal Piemonte era molto brava, purtroppo

però insegnava solo nelle prime classi, quindi per tutti gli altri anni

scolastici era stata sostituita dalla signorina Maria Belloni di Milano. Con

affetto ricordo che lei soffriva del disturbo primaverile più diffuso: era

allergica ai pollini ma soprattutto non tollerava il taglio del fieno, era un

continuo starnutire e ciò non le permetteva il buon rendimento delle

lezioni. In quel periodo doveva sempre assentarsi qualche giorno per

riprendersi. In classe eravamo maschi e femmine, questi ultimi erano

molto dispettosi ne combinavano sempre di tutti i colori. Sono sempre

andata volentieri a scuola, mi piaceva, tant‟è vero che la mamma Ida aveva

voluto che continuassi gli studi frequentando la prima, seconda, terza

avviamento dalle suore Canossiane. Mi piacevano molto la matematica e

l‟italiano, poco la storia in quanto non riuscivo a ricordarmi le date dei vari

avvenimenti del tempo. Ricordo che la classe era una stanza color verdino

con tutti i banchi in legno. Ognuno aveva il proprio calamaio, la carta

assorbente la portavamo da casa, si comprava in cartoleria. Il mio

astuccio era sempre ordinato, avevo le matite colorate e la scatolina dei

pennini di riserva. Ricordo che alle medie ci avevano fatto imparare a

29

scrivere con i pennini a punta quadrata per fare il grosso ed il sottile

delle lettere. Calligrafia era una materia importante e veniva riportata

anche sulla pagella. Avevamo la divisa: noi femmine vestivamo un grembiule

nero con il colletto bianco e i maschi avevano un giubbetto nero.

Ovviamente avevo la cartella, era di pelle chiara, me l‟aveva comprata la

mamma, la portavo a mano. L‟orario delle lezioni era a tempo pieno, anche

se, alcuni pomeriggi, io e altri bambini tornavamo a casa perché c‟era il

dopo scuola, costituito per chi richiedeva recupero in qualche materia.

Fortunatamente io non ne avevo bisogno. Sono sempre stata una bambina

dolce, molto tranquilla, amica di tutti, in questo assomiglio al mio papà,

ricordo di non aver mai combinato una marachella.

30

ERA SPECIALE..

Mamma Ida, è lei la persona che reputo davvero speciale, che nel corso

della mia vita mi è stata vicina, ha saputo ascoltarmi e che non mi ha mai

fatto mancare niente, nemmeno l‟affetto caloroso come solo quello di una

mamma può essere. Lei ha sempre avuto tante attenzioni per me, non mi

ha mai fatto mancare nulla. Ha sempre avuto delle premure particolari, ci

siamo volute veramente bene. Anche da adulta mi è stata vicino, con il

lavoro e le figlie mi ha sempre dato una mano, si può dire che me le ha

fatte diventare grandi lei. Non posso che parlare bene di questa donna

alla quale ho sempre riversato un affetto particolare. Da lei ho imparato a

essere una vera donna, mi ha insegnato a fare del bene ricevendone

altrettanto, lei infatti ha sempre aiutato

tutti, me compresa.

DIDASCALIA:

1

31

1. 1930, IO A TRE ANNI SULLE GINOCCHIA DI MAMMA IDA.

LA GUERRA

La guerra l‟ho sentita poco, ovviamente i bombardamenti facevano paura,

gli aerei che volavano sopra la testa angosciavano, ma fortunatamente la

carestia della guerra non l‟ho vissuta. Tutto questo grazie a mio nonno

Giovanni, papà di mamma Ida, lui era molto amico dei contadini di Odiago,

piccola frazione di Villa D‟Adda. Il nonno andava quotidianamente ad

aiutare in fattoria per le semine, i raccolti, la cura degli animali e tanti

altri lavori di manodopera molto pesanti. I padroni ricompensavano il

nonno con vari prodotti, spesso lui tornava a casa dopo il lavoro con polli,

conigli, burro, salami, uova, latte e tanti altri cibi. Il nonno ci portava

tutte queste cose per sopperire alla carestia, ma, durante il tragitto che

doveva compiere per arrivare a casa, doveva prestare la massima

attenzione ai tedeschi che erano in giro per le strade, infatti se loro

avessero scoperto che lui aveva del cibo glielo avrebbero rubato,

lasciando noi a stomaco vuoto. Il nonno era molto astuto pertanto

nascondeva i vari cibi nel carniere della sua giacca di fustagno, che di

solito si usava per andare a caccia. Una volta ci aveva raccontato di aver

avuto molta paura perché percorrendo la strada per arrivare a casa, non

aveva incontrato i soliti tedeschi ma ce n‟erano altri e, non conoscendolo,

lo avevano fermato facendogli mille domande, fortunatamente non

avevano scoperto il cibo che stava trasportando. In tempo di guerra il

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nonno riusciva ad andare anche a caccia con il suo amico Saldarini, il

prestinaio, quello che ha il negozio proprio sotto il ponte di Brivio, tuttora

aperto e gestito dai suoi figli. Spesso di ritorno dalla caccia passavano dal

forno e lui regalava al nonno il pane giallo, lui se lo infilava nel carniere e

poi noi contentissimi lo mangiavamo nel latte caldo. Eravamo davvero

fortunati, zio Pierino, fratello di mamma Ida, lavorava presso una grossa

bonifica a Brivio vicino al ristorante “ La bella Venezia”, lì si coltivava di

tutto (patate, grano, granoturco e tante altre verdure). Il terreno era di

un padrone, mio zio era il capo dei coltivatori e organizzava i lavori

giornalieri, spesso il padrone regalava dei viveri ai lavoratori da portare

alle famiglie.

Durante i bombardamenti notturni ricordo che mio zio Pierino mi veniva a

svegliare e mi portava alla bonifica che era l‟unico spazio aperto lontano

dalle case che sarebbero potute caderci in testa! Il ponte di Brivio nel

1943/‟44 era stato bombardato, fortunatamente non c‟erano stati morti

ma per un bel po‟ il traffico era stato interrotto. A scuola facevamo la

ginnastica come voleva il pensiero del Duce, ed indossavamo la divisa da

“piccola italiana”. Non ho mai partecipato al sabato fascista e non ricordo

nemmeno le canzoni legate a quel periodo, in quanto non mi sono mai

interessata a cantarle. Ho un ricordo molto spaventoso in quanto mio papà

ha rischiato di essere deportato in Germania nei campi di

concentramento. Questo accadde per via della solita burocrazia:

nonostante lui fosse quasi il proprietario di un mezzo da lavoro che stava

finendo di pagare al suo precedente proprietario, (uomo rivelatosi in

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seguito molto disonesto, perchè durante un controllo da parte dei

tedeschi aveva riferito che il mezzo era già di mio padre!). Infatti i

tedeschi sequestravano i camion che a loro servivano per i lavori forzati.

Fortunatamente il cugino di una cognata di mamma Ida conosceva la lingua

tedesca e lavorava al consolato di Bergamo, quindi si era proposto come

interprete per andare a risolvere l‟equivoco che si era creato, per

liberare il papà dalla sua imminente deportazione. Fortunatamente questo

signore aveva risolto la situazione ma il mezzo fu perso per sempre. La

guerra nonostante avesse portato sangue, morte e distruzione, aveva

portato per me una persona speciale, un‟amica vera, di nome Mariuccia.

Era il lontano 1943 e i milanesi, tra cui Mariuccia e la sua famiglia,

venivano sfollati, per quanto possibile, da Milano che era assediata dai

bombardamenti giorno e notte. Loro capitarono qui a Brivio perché

conoscevano il proprietario del bar centrale del paese, il signor Bardone

che si era preoccupato di procurare alla famiglia un appartamento in

affitto. Rimasero qui a Brivio fino alla fine della guerra. Io e Mariuccia

eravamo conosciute tramite Bruno, amico di Ettore, quest‟ultimo era il

ragazzo che frequentavo quando avevo circa quindici anni, lui è stato il mio

primo amore!!!! Ricordo che era tempo di guerra e noi ragazzi passavamo

insieme i caldi pomeriggi d‟estate sul fiume Adda. Ciascuna coppia, perché

Mariuccia se la intendeva con Bruno, aveva una barchetta, Ettore una

canoa e, in dotazione, noi avevamo un giradischi e così ascoltavamo buona

musica, la nostra canzone preferita era “La barca dei sogni” del Trio

Lescano, faceva così:

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“ SENTO LA BARCA

CHE OSCILLA LEGGERA

MI CULLA, MI DICE DI SOGNAR..

TUTTO D’INTORNO CHE DOLCE SILENZIO,

LA LUNA SI SPECCHIA ED E’ CALMA,

SOTTO QUELL’IMMENSO CIEL

SI PERDE SOLITARIO IL CUOR,E,

SOGNO LA FELICITA’

E CERCO UN ALTRO CUOR CHE M’AMI!!”

Ogni tanto ci fermavamo per fare il bagno e chiacchierare, e tra una

risata e l‟altra ci scappava qualche bacetto. Il feeling con Ettore è durato

solo qualche mese in quanto il padre, uomo ricco, non voleva che il figlio

portasse avanti questa relazione, per lui aveva previsto una moglie

altrettanto ricca ed un matrimonio sfarzoso. Nonostante però fossimo

lontani questo affetto è durato nel tempo.

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DIDASCALIA:

1. MARIUCCIA; 2. PIERINO, FRATELLO DI MAMMA IDA,

MARITO DI ANGELA LA SARTA. LUI MI

VENIVA SEMPRE A PRENDERE LE NOTTI

CHE BOMBARDAVANO.

2

1

36

PRIMA DI INCONTRARE MIO MARITO..

Completato il ciclo di studi, avevo cominciato a lavorare a Brivio alla

tessitura Tovo, ma qualche tempo dopo mi licenziarono in quanto c‟era

esubero di personale, agli ultimi assunti non rinnovavano il contratto. In

seguito avevo trovato lavoro a Milano in una ditta, Salpa-Navi, che

costruiva navi, mi avevano fatto frequentare un corso di steno-dattilo-

grafia specializzandomi anche in questa mansione. Andare tutti i giorni a

Milano con i mezzi pubblici era faticoso, infatti prendevo la corriera che

partiva da Cisano e portava i briviesi alla stazione ferroviaria di Olgiate,

poi prendevo il treno fino alla stazione centrale di Milano e per finire

prendevo il tram, in tutto cinque ore di viaggio tra andare e tornare!!!

comunque mi trovavo molto bene, ma ad un certo punto questa ditta

doveva trasferirsi a Genova e così rimasi senza lavoro ancora una volta.

Per un po‟ di tempo ero finita a lavorare in un ufficio in centro Milano da

un parente, si occupavano di cambi monetari. Ero rimasta lì per poco in

quanto qualche tempo dopo avevo conosciuto mio marito, intraprendendo

così una carriera molto differente dalla precedente.

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L’INCONTRO CHE MI HA CAMBIATO LA VITA

Un avvenimento che ha cambiato il corso della mia vita è stato quando ho

conosciuto mio marito. L‟incontro è avvenuto per caso perché il bimbo di

mia zia Angela, la sarta, in quel periodo soffriva di pertosse, così il

dottore aveva raccomandato la famiglia di portarlo per qualche giorno in

montagna. Questo aveva causato dei piccoli disagi perchè zia Angela, a

causa del suo lavoro, non poteva permettersi di andare in montagna, infine

la decisione fu di mandare me con il bambino per qualche settimana a

Valcava. Io avevo accettato e il giorno della partenza oltre alla zia e allo

zio, c‟erano anche la signora Bruna Valdata, la mia ex insegnante delle

scuole elementari che era molto amica di famiglia. Per quelle settimane la

zia aveva affittato due locali molti carini. Ricordo che una volta arrivati in

paese la signora Bruna ci aveva raccomandati ai gestori dell‟albergo della

funivia, la famiglia Pallini suoi conoscenti, di avere un occhio di riguardo

per me e il bimbo, nel caso avessimo avuto bisogno di qualcosa nei giorni di

permanenza. L‟intraprendente giovanotto Ezio, (mio futuro marito)

rispose: “Certo non c‟è nessun problema, basta che si lascia prendere in

braccio”, (non sapendo che io ero una ragazza quasi sua coetanea!).

Quando mi vide per la prima volta disse: “Ah, è lei la signorina di cui

parlava la signora Bruna, mica tanto bambina..!!!!”. Da quel giorno abbiamo

cominciato a chiacchierare, frequentarci e così è nata la nostra storia

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d‟amore. La signora Bruna alla fine disse: “Vedo che la ragazza si è

lasciata prendere in braccio!!!”. Ogni dì andavo in paese con il passeggino a

prendere la frutta, il pane e così ne approfittavo per fare delle belle

passeggiate. A causa dell‟ appendicite che colpì mia madre dopo la mia

partenza, sono stata costretta a scendere da Valcava prima del previsto

per occuparmi di lei e dei miei

fratelli.

DIDASCALIA:

1. 1950, IO E MIO MARITO DA

FIDANZATI. FOTO SCATTATE A

VALCAVA.

2. CLEMENTINA E PAOLO, GENITORI DI

EZIO.

1

2

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IL MIO MATRIMONIO

Dopo un anno di fidanzamento, io ed Ezio, avevamo deciso di sposarci,

abitavamo distanti, infatti io vivevo qui a Brivio e lui a Valcava e per stare

un po‟ insieme lui doveva farsi un bel po‟ di chilometri a piedi. Spesso

rimaneva a casa mia a dormire, ma di mattina molto presto si metteva in

cammino per arrivare in orario e aprire l‟albergo. Ci siamo così sposati il

27 settembre 1951. Io avevo ventiquattro anni, lui due anni di più. Il

matrimonio fu celebrato qui a Brivio da Monsignor Viganò. Mia zia Angela

mi ha seguita ed aiutata durante i preparativi del matrimonio, è stata lei

che ha cucito il mio vestito da sposa. Avevo scelto un vestito a giacca,

simile ad un tailleur color grigio perla e gli accessori (borsetta, scarpe,

guanti, cappello) erano di colore blu. Particolare era il mio cappello, a lato

aveva una rondine. Mio marito invece si era fatto cucire un vestito color

grigio da un amico sarto, con accessori neri e camicia bianca. Il giorno del

matrimonio ero molto agitata, da casa mia ero partita a piedi per giungere

in chiesa, abitavo vicino. All‟altare mi aveva accompagnato mio papà e mi

ero molto commossa. La mia vera mamma quel giorno mi mancò molto. Gli

invitati erano circa una trentina. Per il pranzo di nozze avevamo scelto il

ristorante: “Albergo al ponte” a Brivio, organizzando un soirè, una specie

di buffet anche se eravamo tutti serviti ai tavoli, il pranzo doveva essere

veloce, non poteva durare più di due ore perchè da lì a poco dovevamo

partire per il nostro viaggio di nozze!!!!! Destinazione...Venezia!!!! Dopo il

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taglio della torta partimmo subito per la stazione di Milano, accompagnati

da mio papà, il treno non aspettava!!! Il nostro viaggio di nozze durò 25

giorni. Eravamo stati ospiti a casa di cari amici dei miei suoceri a Murano,

si erano conosciuti molto tempo prima nel viaggio di nozze dei genitori di

Ezio, nel 1920. Avevamo girato per tutte le strade di Venezia, visitando:

piazza S. Marco, la Fenice, palazzo Grassi, l‟arsenale, avevamo visto anche

gli interni di una nave attraccata al porto e poi tante altre cose, erano

stati giorni molto belli e molto intensi!! Per tutta la durata della nostra

carriera lavorativa, non abbiamo mai posseduto una casa vera e propria,

infatti abbiamo sempre vissuto adiacente alle nostre attività in due locali

o tre, che per noi erano comunque soddisfacenti. Per i primi tre anni di

matrimonio, fino a quando vendemmo l‟attività nel 1953 a causa della

rottura della funivia, vivevamo nell‟albergo a Valcava e di nostra proprietà

c‟era solo la camera da letto, il mobilio ce l‟aveva regalato i miei suoceri

per il matrimonio, mia figlia Paola nacque nel 1952. A causa della rottura

della funivia decidemmo di scendere per sempre e gestire un ristorante in

località “La Sosta,” a Cisano Bergamasco, lo gestivamo insieme ai miei

suoceri aiutati sovente da mia cognata. La nostra casa era proprio sopra

di esso, avevamo due locali che erano le camere da letto e il bagno.

Avevamo vissuto qui per nove anni e nel frattempo era nata anche la mia

seconda figlia Enrica nel 1956. A causa di una serie di complicazioni che si

erano verificate e che ci avevano impedito di continuare a gestire il

ristorante, avevamo deciso di vendere ancora e l‟ultima attività presa era

stato il bar “La Palma” ad Airuno. I nostri alloggi privati erano adiacenti

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al bar. Avendo avuto lavori sempre molto impegnativi, era difficile per noi

pensare di avere una vera casa tutta nostra. Essa arrivò, meglio tardi che

mai, con la cessazione nel 1979 del bar, nostro ultimo lavoro. Avevamo

deciso di andare ad abitare in una bella casa in riva al fiume a Brivio, lì ci

sono rimasta per molto tempo fino al 2002.

DIDASCALIA:

1. 1970, FOTO SCATTATA SUL TERRAZZO ADIACENTE AL BAR “LA PALMA”DI

AIRUNO. QUI METTEVO FUORI TUTTI I TAVOLINI DURANTE LA BELLA STAGIONE. DA

SINISTRA: MIA SORELLA BENITA, IO, MIA SORELLA PIERANGELA;

2. 1951, VIAGGIO DI NOZZE A VENEZIA.

1

2

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I NOSTRI VIAGGI

Nonostante il nostro lavoro richiedesse molta dedizione e sacrifici, siamo

riusciti a girare e vedere qualche posticino carino. Come precedentemente

ho detto, il mio viaggio di nozze l„avevo trascorso a Venezia e dieci anni

dopo mia suocera ci aveva fatto una bellissima sorpresa regalandoci un

viaggio itinerante di due settimane per il decimo di matrimonio, quasi un

secondo viaggio di nozze. Avevamo visitato: Velletri, Roma, la Costa

Amalfitana, Napoli, Capri, Pompei. Ricordo con gioia che era stato un

viaggio bellissimo. Comunque non ci spostavamo quasi mai, in agosto

raggiungevamo per qualche giorno le ragazze che partivano con le suore,

andavano in vacanza con loro perché era l‟ unico modo per mandarle da

qualche parte. Solo dopo aver finito l„attività abbiamo cominciato a girare

un po‟ di più. Infatti eravamo tornati a Venezia ospiti presso un nostro

fornitore di vini, ci aveva invitati a vedere i suoi vigneti e la sua azienda

dopo tanti anni di lavoro insieme. Ricordo le gite in Piemonte con la mia

amica Mariuccia, io e lei sole con la macchina, mio marito purtroppo era

già morto.

43

DIDASCALIA:

1. , FESTEGGIAMENTO DEI DIECI ANNI DI MATRIMONIO. Nella NELLA

PRIMA FOTO IO E MIO MARITO SIAMO A VELLETRI NELLA VILLA DELLA ZIA

MARIA PIA (SORELLA DELLA COGNATA DI MIA SUOCERA);

2. IO ED EZIO DIAMO LE SPALLE ALLA FONTANA DI TREVI, ROMA;

3. MARIUCCIA E LA SUA INSEPARABILE MACCHINA.

1

2

3

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LA CREATIVITA’ DI FRANCA

Mio marito aveva una sorella di nome Franca, classe 1926, lei era

insegnante di pianoforte, aveva studiato al conservatorio. Franca non si è

mai sposata, era una donna libera, le piaceva ballare, aveva tanti interessi,

sapeva fare tutto: cucire, ricamare, cucinare eccetera; aveva una mente

molto aperta. Era una donna da sposare come si diceva tempo fa. Era

davvero una ragazza piena di risorse, molto creativa, infatti oltre che ad

insegnare, si prodigava come volontaria ad aiutare le suore di Monza nel

loro laboratorio di cucito, nei lavori a maglia. Quando morirono i suoi

genitori fece delle scelte particolari che cambiarono il suo destino. Aveva

avuto l‟idea di fare un viaggio nello Zaire, da sola, una sorta di viaggio di

piacere. Durante questo lungo viaggio, ricordo che aveva incontrato dei

padri missionari che a quell‟epoca avevano bisogno di volontari, all‟interno

della comunità dove vivevano, per insegnare a uomini e donne a

confezionare vestiti. Ecco che Franca incantata da quella gente, rimase

nello Zaire per due anni circa, fino a quando Mobutu (ex dittatore dello

Zaire che governò per trent‟anni questo popolo), salì al potere scacciando

tutti gli italiani presenti nel suo stato e anche mia cognata fu‟ costretta a

lasciare il paese. Franca non si arrese, dedicarsi agli altri era la sua vita,

così dopo poco tempo era già in partenza per una nuova avventura, l‟India.

A Fatimanagar, aveva conosciuto un missionario di Cantu‟ del Pime, Padre

Augusto Colombo, anche lui le aveva proposto di rimanere e di allestire un

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laboratorio di cucito e ricamo, per dare lavoro alle ragazze del paese e

far si che avessero una ciotola di riso al dì da mangiare. Ricordo

l‟entusiasmo di mia cognata quando ci raccontava gli ottimi sviluppi che il

lavoro procurava alla comunità: ai lavoratori, dopo due anni di servizio,

veniva data anche una casa in muratura, tutto ciò rappresentava la

salvezza perché molti indiani non possedevano nulla, nemmeno un riparo,

rimanendo talvolta prede degli animali feroci soprattutto la notte. Il

laboratorio di cucito aveva avuto molto successo, in India si lavorava il

pizzo di Cantu‟ e d‟estate alcune ragazze italiane delle ditte della zona,

partivano per l‟India raggiungendo padre Augusto e Franca per prestare

la loro manodopera. Mia cognata prese anche la cittadinanza indiana,

questo le permetteva, oltre che di vivere lì senza problemi, di lasciare di

tanto in tanto l‟India per venire in Europa e vendere i loro prodotti nelle

varie aziende. Ricordo che spesso andava in Francia e in Germania. Rimase

in India per molti anni, il quattro marzo 1982 morì, aveva appena

cinquantasei anni. Ora Franca riposa in terra indiana in un sarcofago

all‟interno di un cimitero missionario italiano.

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DIDASCALIA:

1. FRANCA PALLINI AL PIANOFORTE;

2. SARCOFAGO DOVE FRANCA RIPOSA IN INDIA NEL CIMITERO

MISSIONARIO DI JAMPUR.

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I MIEI PENSIERI...PER VOI

Non voglio dimenticare nessuna delle persone che hanno avuto affetto per

me, voglio in qualche modo elencarli: il mio caro papà Ernesto, e la mia

cara mamma Ida, mio marito Ezio, sua sorella Franca, i miei suoceri Paolo

e Clementina, mio fratello Cesare, le mie sorelle Benita e Pierangela, le

mie adorate figlie Paola ed Enrica, i miei nipoti Sonia e Aurora e Marco,

non voglio dimenticare i miei generi che hanno sempre avuto attenzioni

per me. La mia mamma Aurora non l‟ho mai conosciuta ma nonostante ciò

ho sempre sentito dentro di me la sua mancanza. Il mio unico ricordo di lei

è la sua fotografia che custodisco e che ho sempre portato con me

ovunque.

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RINGRAZIAMENTI

Un caloroso ringraziamento alle animatrici Elisa e Manuela che con tanta

pazienza, fatica e professionalità si sono attivate per realizzare insieme

questo bellissimo scritto, raggiungendo in pieno tutti gli obiettivi iniziali

prefissati: la ricostruzione di una vita, la mia!! 84 anni sono tanti da

raccontare, spero di essermi ricordata tutto! Un piccolo ringraziamento è

rivolto anche ai miei parenti da cui ho attinto certi particolari che mi

sfuggivano, li ringrazio anche per la premurosa raccolta di materiali e

foto.

Aurora Vergani

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INDICE:

PREFAZIONE………………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 2

PICCOLA PRESENTAZIONE DI ME…………………………………………………………………………………….Pag. 3

LE CASE DELLA MIA INFANZIA………………………………………………………………………………………..Pag. 8

VI PRESENTO LA MIA FAMIGLIA……………………………………………………………………………………..Pag. 12

RICORDI DI BAMBINA………………………………………………………………………………………………………….Pag. 17

LA DOMENICA, UN GIORNO SPECIALE…………………………………………………………………………..Pag. 20

LA PRIMA COMUNIONE……………………………………………………………………………….……………………….Pag. 22

BRIVIO IN FESTA…………………………………………………………………………………………………………………..Pag. 24

LA SCUOLA………………………………………………………………………………………………………………………………..Pag. 28

ERA SPECIALE………………………………………………………………………………………………………………………….Pag. 30

LA GUERRA………………………………………………………………………………………………………………………………..Pag. 31

PRIMA DI INCONTRARE MIO MARITO………………………………………………………………………….Pag. 36

L‟INCONTRO CHE MI HA CAMBIATO LA VITA…………………………………………………………..Pag. 37

IL MIO MATRIMONIO…………………………………………………………………………………………………………Pag. 39

I NOSTRI VIAGGI………………………………………………………………………………………………………………….Pag. 42

LA CREATIVITA‟ DI MIA COGNATA FRANCA………………………………………………………………Pag. 44

I MIEI PENSIERI PER VOI………………………………………………………………………………………………….Pag. 47

RINGRAZIAMENTI……….………………………………………………………………………………………………….……Pag. 48

ALBERO GENEALOGICO