UN’AVVENTURA NELL’ANTICA ROMA

15
RACCONTO SCRITTO DAGLI ALUNNI DELLA CLASSE V ELEMENTARE CRISTO RE A.S. 2010-2011

description

RACCONTO SCRITTO DAGLI ALUNNI DELLA CLASSE V ELEMENTARE CRISTO RE A.S. 2010-2011

Transcript of UN’AVVENTURA NELL’ANTICA ROMA

RACCONTO SCRITTO DAGLI ALUNNI DELLA

CLASSE V ELEMENTARE CRISTO RE

A.S. 2010-2011

2

UN’AVVENTURA NELL’ANTICA ROMA

Capitolo primo Era un sabato di aprile, una bella giornata piena d i sole, e i bambini della classe V si riunirono davanti una bib lioteca per mantenere una promessa fatta alla loro maestra: que lla di trascorrere una giornata insieme dedicandola alla l ettura. Appena tutti arrivarono, entrarono insieme e cominc iarono ad esplorare i corridoi con gli scaffali colmi di libr i di ogni tipo. Nella biblioteca molte persone erano immerse nella lettura silenziosa di testi presi dagli scaffali; non si se ntiva volare una mosca, solo i passi dei ragazzi e qualche bisbi glio tra loro rompeva il silenzio, causando sguardi scocciati da parte degli altri. Ben presto si separarono andando ognuno verso il se ttore di libri che più lo interessava: fantascienza, storia, avven tura, polizieschi… ce n’era per tutti i gusti, e così pia no piano ognuno scelse un libro e cominciò ad immergersi nella lett ura. Dopo un po’ di tempo, Raoul, Lorenzo, Jacopo e Umbe rto, finito di leggere, o meglio di leggicchiare, decisero di alza rsi e di trovare qualche altro libro. Si alzarono e silenzio samente si avviarono verso un altro corridoio dove erano passa ti prima e dove avevano visto negli scaffali molti volumi sulla sto ria di Roma antica. Camminando lungo il corridoio notarono una porticin a chiusa. - Perché non entriamo ragazzi?- disse Lorenzo. - Ma sì tanto sarà un’apertura che porta ad un altr o corridoio! – replicò Jacopo. - Ok, va bene! –risposero gli altri. Aprirono con circospezione la porta e si trovarono davanti una stanza illuminata a malapena dalla luce che filtrav a da una piccola finestra. Dopo aver trovato l’interruttore, la stanza si illuminò e i ragazzi sbigottiti notarono che tutti quegli scaffali erano sì pieni di libri, ma anche pieni di polvere e di ragnatele! Chissà da quanto tempo nessuno entrava lì. - Forse abbiamo fatto male ad aprire questa porta! Se ci scoprono ci pigliamo pure una strillata! - Ma dai Umberto! Tranquillo! Nessuno se n’è accor to! – rispose Raoul – Piuttosto guardate qui! Si era avvicinato ad un tavolo al centro della stan za dove c’era un grosso libro chiuso con una copertina tutta deco rata. Poggiato sul libro c’era un cartello con scritto:

DANGER Che forza! Abbiamo scoperto un libro che sicurament e nasconde un segreto! – esclamò Lorenzo euforico. - Perché non l’apriamo? – domandò Jacopo. - Sentite c’è scritto Danger mi pare, vuol dire per icolo! Perché lo dobbiamo aprire? E’ pericoloso! –replicò Umberto . - Ma dai non fare il solito, sono sicuro che al mas simo possiamo mirire… dal ridere! –continuò Jacopo.

3

- Ma sì che vuoi che succeda? – disse Raoul – proba bilmente è uno scherzo di qualcuno. Dai apriamolo! - Sarà ma sento che non dovremmo farlo! – continuò dubbioso Umberto. Alla fine si avvicinarono e con attenzione comincia rono a trafficare con una chiusura di metallo che fermava l’apertura… finché non riuscirono ad aprirla. - Hai visto che non è successo niente? – esclamò Ja copo. Improvvisamente però cominciò a crearsi un mulinell o che fece richiudere violentemente la porta, come se una fola ta di vento improvviso fosse entrata dalla finestrella. Si guardarono in faccia stupiti e anche un po’ spav entati e si accorsero che qualcosa non andava. Intorno a loro e ra tutto cambiato: i mobili erano diversi e sugli scaffali n on c’erano più libri ma tantissime pergamene tutte arrotolate. Sem pre più stupiti si osservarono e notarono che anche i loro vestiti erano diversi! - Ma come siamo vestiti? - Che diamine è successo? - Che fine hanno fatto i nostri jeans? - L’avevo detto io che non dovevamo toccarlo quel l ibro! I ragazzi indossavano delle tuniche corte e ai pied i avevano dei calzari. Erano spaventati ma non capivano bene quel lo che era successo. - Stiamo calmi, dev’essere uno scherzo, secondo me siamo su “Scherzi a Parte” – esclamò Raoul. - Ma non dire sciocchezze! Apriamo la porta e torni amo di là – disse Jacopo. - Vestiti così? Sai come ci prenderanno in giro? –r eplicò Lorenzo. - Ci penseremo dopo, dai aiutatemi ad aprire la por ta – disse Jacopo. Tutti e quattro cercarono di riaprire quella porta, ma niente sembrava completamente bloccata e non sapendo cosa fare tutti insieme decisero di provare ad uscire dalla finest rella, tanto la biblioteca era al piano terra. Piano piano misero una sedia sotto la finestra e un o alla volta uscirono sulla strada ma il sollievo di essere usc iti durò ben poco perché quello che comparve davanti ai loro oc chi non era ciò che si aspettavano di vedere. Le strade erano affollate di persone vestite come l oro che camminavano animatamente, ogni tanto passava una bi ga trainata da cavalli guidate da soldati , c’erano anche bambini come loro che giocavano rincorrendosi e facendo girare dei cerchi . Non sapevano più cosa fare né cosa pensare. Dov’era no finiti i compagni, le strade, i negozi e i palazzi di Roma? Perché erano Impauriti si sedettero in un angolo e cominciarono a pensare. - Deve essere stato quello stupido libro che abbiam o aperto!- esclamò Umberto. - Era magico! Ecco perché c’era scritto non toccare ! Era come un portale per passare nel passato!- gli rispose Raoul . - Già e adesso siamo nella Roma antica! Come faccia mo, noi siamo abituati a vivere nel 2000?- disse Jacopo. - Non lo so! So solo che deve essere ora di pranzo, perché comincio ad avere fame! Chissà mamma che cosa mi av eva preparato

4

di buono oggi! Se penso a quello che mangiano i rom ani mi sento male!- aggiunse Umberto. - Non ti preoccupare, vedrai che gli altri ci aiute ranno, ormai dovrebbero essersi accorti che manchiamo!- concluse Lorenzo.

5

Capitolo secondo In effetti nella libreria i compagni li stavano cer cando perché dovevano andare a mangiare. Girando per i corridoi nella speranza di incontrarli capitarono di fronte alla stessa por ticina che i loro compagni avevano aperto poco prima. - Proviamo di qua, non ci sono da nessun’altra part e! Vuoi vedere che come al solito si sono infilati dove non doveva no? – esclamò Lucrezia. Entrarono tutti i maschi facendosi coraggio mentre le compagne più titubanti esitavano. All’interno però non c’era nes suno e dopo averli chiamati inutilmente qualcuno si accorse del libro sul tavolo e lo sfogliò. Improvvisamente come prima una violenta folata di v ento chiuse la porta di colpo bloccandoli dentro e lasciandoli di stucco quando tutti si resero conto che non avevano più i loro ab iti: anche loro come i compagni prima erano vestiti come gli antich i romani.

- Dove sono le mie scarpe nuove da ginnastica? – co minciò a strillare Cecilia. - E i capelli allora? Guarda come siamo pettinate s trane? Le rispose Giulia - Almeno abbiamo i nastri intonati al colore delle tuniche – rispose Yaqi. - Le femmine! Pensano ai vestiti e ai capelli! Dobb iamo uscire forza apriamo la porta! – disse Gabriele. Tutti i ragazzi cercarono di aprirla ma niente era bloccata. - Cosa facciamo? Siamo chiusi dentro! – esclamò Cec ilia.

6

- Calmi ragazzi non facciamoci prendere la panico! – esclamò Alessandro - c’è una finestra aperta, possiamo prov are ad uscire di là, che ne dite? Tutti concordi lentamente si arrampicarono sul dava nzale e scesero per strada dove camminava tanta gente vestita come loro. Stupefatti si guardarono intorno, era come vivere n elle pagine del libro di storia! - Ragazzi, che avventura fantastica, ma vi rendete conto? Non so come ci siamo arrivati ma siamo all’epoca della Rom a imperiale! – esclamò Tommaso guardandosi intorno stupefatto. - Ma come è possibile? – chiese Paola. -Deve’essere stato il libro! È l’unica spiegazione possibile sfogliandolo abbiamo fatto un salto indietro di 200 0 anni – spiegò Edoardo. - Allora può essere che anche gli altri siano qui!- disse Beatrice – proviamo a cercarli! - D’accordo, però stiamo insieme, già siamo in un g uaio almeno restiamo uniti! – concluse Daniele. Cominciarono a camminare tra quella gente così dive rsa, impauriti ma anche completamente affascinati da quell’avventu ra che stavano vivendo: passeggiare nelle strade di Roma imperiale ! Era tutto vero, anche se sembrava impossibile! Dopo poco arrivarono in una piazza dove dei bambini tiravano dei calci ad una palla. - Guardate, facciamo una partita a calcio? – esclam ò Gabriele - Ma ti pare il momento? Sei il solito! Pensi al pa llone anche in un momento come questo! – rispose Ludovica. Tutti si erano girati a guardare quei bambini e all ’improvviso Gaia gridò: - Ragazzi li abbiamo trovati! Sono Raoul, Jacopo, L orenzo e Umberto guardate giocano anche loro! Tutti si precipitarono verso i compagni che sentend osi chiamare cominciarono a correre verso di loro. - Che bello, ci siete anche voi,cominciavamo a sent irci un po’ soli!- cominciò Raoul. - Ma si può sapere perché vi siete allontanati!- ag giunse Angelica – guardate in che pasticcio siamo! - E’ vero abbiamo fatto male, ma ragazzi pensate, q uando ci ricapita un’altra volta un’avventura come questa? P ossiamo vedere dal vivo tutto quello che abbiamo studiato sui libr i- continuò Lorenzo. - Sarà ma io dico che dobbiamo trovare il modo di t ornare indietro, non mi piace per niente questa situazione !-concluse Alessandro. - Ha ragione Ale – disse Irene- dobbiamo tornare ai nostri tempi. Tommaso che era stato in silenzio aggiunse – Per or a non possiamo fare nulla, quindi approfittiamone e visitiamo Roma . Cristian e Gabriele,che si erano avvicinati ad un g ruppo di persone, tornarono dai compagni e dissero. – Ragazzi, perché non andiamo al Colosseo,se giriam o per quella strada si vede, tutta questa gente va lì, ci devono essere dei giochi! Tutti quanti furono entusiasti dell’idea e decisero quindi di seguire la folla.

7

Stretti vicini, per non perdersi di nuovo, arrivaro no ben presto di fronte all’enorme costruzione.

Erano tutti stupefatti e affascinati da quello che vedevano: il Colosseo nel suo splendore, non come erano abituati a vederlo quando ci passavano vicino in macchina, ma pieno di marmi bianchi e statue nelle arcate. - Che meraviglia – esclamarono con il naso all’insù . Poi cominciarono ad entrare mischiati alle altre pe rsone, salirono le scale fino ad arrivare dentro, dove videro uno s pettacolo fantastico: migliaia di persone che riempivano le g radinate. Restando vicini si sedettero anche loro, non riusci vano a credere a quello che gli stava capitando. Improvvisamente degli squilli di tromba fecero urla re tutta quella gente e loro alla fine capirono il perché: era entr ato nel palco d’onore l’imperatore per assistere ai giochi. Dopo essersi accomodato tutta la gente si sedette di nuovo e nel l’arena tra le urla della gente scese un gladiatore. Probabilmente era famoso perché tutti lo acclamavano e Cristian preso dall’e mozione cominciò a strillare anche lui. Subito dopo ne entrò anche un altro e ben presto c ominciarono a lottare, tra gli incitamenti della folla. - Ma che razza di gusto, è orribile divertirsi perc hé due persone lottano per sopravvivere! – esclamò Maria Vittoria. - Hai ragione, non capisco cosa ci sia di bello!- a ggiunse Margherita. - Bisogna sperare che l’imperatore decida che alla fine chi perde potrà vivere! – continuò Beatrice.

8

Mentre le ragazze erano un po’ spaventate da quello spettacolo i compagni invece si divertivano e quando alla fine l ’imperatore alzò il pollice per indicare che il perdente potev a vivere, urlarono così forte che attiranono l’attenzione di alcune guardie. Avvicinandosi gli chiesero: - Che fate qui, con chi siete? I ragazzi presi alla sprovvista non seppero rispond ere subito. -Come mai voi ragazzi non siete a scuola, e voi rag azze perché siete qui da sole? Dovreste stare a casa! –continua rono le guardie. - Ma come anche qui la scuola, è una persecuzione! – esclamò Gabriele. - Stai zitto, non mi sembra il caso di fare storie! – aggiunse Ginevra. - Veramente signora guardia noi non siamo di qui- c ontinuò Angelica – cioè sì siamo di Roma ma… veniamo da Rom a moderna… veniamo dal 2000! Le guardie mam mano che Angelica parlava cambiavano espressione, prima attenti, poi stupiti e alla fine le loro facc e non preannunciavano niente di buono! Non capendo quello che dicevano pensarono che li prendessero in giro. - Ma guarda questi mocciosi, bene vi va di scherzar e? Ora venite con noi forza, vediamo come vi divertite adesso! Nonostante le spiegazioni e le preghiere le guardie scortarono i ragazzi fuori dal Colosseo, dove li divisero, i mas chi sarebbero andati a scuola e le femmine presso la domus di una ricca matrona.

9

Capitolo terzo

I ragazzi riuscirono appena a salutarsi promettendo si di fare il possibile per ritrovarsi. Preoccupate di come stavano andando le cose le rag azze camminavano stringendosi vicine, non sapendo quello che le aspettava. Beatrice allora per distrarsi disse: - Ragazze, domani ci sarà l’interrogazione in stori a, che ne dite di approfittare e di ripassare, in fondo se osservi amo bene tutto domani sapremo rispondere! - Ma come fai ad essere così tranquilla, chissà dom ani che succederà? – concluse Giulia. - Comunque ha ragione Bea, tanto non possiamo fare nulla quindi…- disse Yaqi. Decisero quindi di osservare attentamente tutto: i grandi edifici ricoperti di marmo, gli acquedotti, le piazze piene di monumenti e statue, le strade lastricate di pietre, il Foro e l a zona dei mercati , tutta la città brulicava di gente. - E’ bellissima, molto più bella di come si vede su i libri! Esclamò Paola. Chissà quanto manca alla dom…- - Siamo arrivati!- disse la guardia – la pacchia è finita! Si fermarono davanti ad una grande casa e la guard ia bussò al cancello. Venne ad aprire un servitore che li fece accomodare all’interno dell’atrio. Le ragazze si guardavano intorno ammirando le grand i sale che si intravedevano e il giardino con al centro una picco la vasca piena di acqua. - Guardate! Vi ricordate quante volte abbiamo visto sui cartelloni in classe com’era fatta una domus? C’erano tutte qu este stanze e questo cortile? Come si chiamava questa vasca? – di sse Giulia. - Mi pare Impluvium ma non sono sicura - rispose Lu dovica. Mentre le ragazze erano assorte a guardare arrivò una matrona, vestita elegantemente. Aveva una tunica bianca con un drappo verde e in testa i capelli erano raccolti e tenuti da un nastro dello stesso colore. Al collo aveva una collana d’oro e s ulle braccia portava dei bracciali molto spessi. La sua espressione non era cattiva e accolse le rag azze con un sorriso. - Cosa è successo? – chiese alla guardia. - Queste ragazze stavano in giro da sole, è meglio tenerle da lei finchè non capiamo da dove arrivano, parlano una li ngua strana. Detto questo la guardia la salutò e andò via lascia ndo le ragazze con quella signora. Questa fece il cenno di seguirla e ben presto si r itrovarono in una stanza con altre ragazze che pulivano il pavime nto e i mobili. Le ragazze vennero accompagnate in una stanza dove c’erano molti utensili per pulire: stracci, delle specie di scope , catini e tante altre cose. Ognuna di loro prese qualcosa e t ornarono nell’ampia sala piena di vasi, statue e triclini.

10

Angelica si avvicinò ad un oggetto che la colpì. - Guardate che bello! – disse alle compagne. Era un vaso celeste con dei bellissimi fiori bianch i dipinti. Cominciò a spolverarlo ma improvvisamente questo va cillò e cadde per terra rompendosi in mille pezzi. Angelica con gli occhi spaventati guardò le compagn e che le si avvicinarono. - Accipicchia e adesso che facciamo? – esclamò Paol a. - Calma. Non è successo niente – aggiunse Giulia – ora prendiamo i cocci e li andiamo a buttare, ne hanno talmente tan ti che probabilmente non se ne accorgeranno. Insieme raccolsero tutti i pezzi e si diressero ver so la cucina che avevano visto prima. Era bellissima ed enorme, anche se molto diversa da lle cucine delle loro case. Era piena di tavoli e mensole con utensili di ogni tipo, tanti vasi per conservare l’olio e gli a ltri alimenti e un grande forno a legna. - Hai ragione, non si accorgeranno del vaso rotto, guardate quanti ne hanno! Disse Lucrezia. - Ragazze forza, dobbiamo trovare la spazzatura! – intervenne Beatrice. - Io non vedo nulla, mi sa che qui fanno diversamen te – concluse Margherita. - E allora che facciamo? Non possiamo farci trovare con i cocci in mano – aggiunse M. Vittoria. - Proviamo a guardare dalla finestra, magari tengon o dei contenitori per i rifiuti in giardino – concluse Ya qi.

11

- Non credo proprio facciano la raccolta differenzi ata!- esclamò Gaia. Tutte si affacciarono al finestrone della cucina e cominciarono ad osservare. Davanti ai loro occhi c’era sulla sinist ra un bellissimo cortile lastricato in pietre, adornato d a statue in marmo e con una fontana al centro. - Questa famiglia deve essere molto ricca, guadate che posto!- esclamò Irene. Mentre guardavano meravigliate Ludovica esclamò: - Guardate a destra, non è possibile, non ci credo! - Dove? Che cosa c’è? – esclamarono in coro. - Lì, guardate nel cortile a destra, ci sono i nost ri compagni! Li vedete? – continuò Ludo tutta agitata. - E’ vero, sono loro – disse Giulia – chiamiamoli f orza! Cominciarono così a chiamarli e a fare cenni finchè i compagni si accorsero di loro. Non erano così vicini da sentirsi e allora aiutand osi con l’alfabeto dei muti decisero di provare ad uscire d i nascosto per incontrarsi e scappare.

12

Capitolo quarto

I ragazzi erano stati portati dalle guardie in una scuola dove solo i maschi potevano entrare e quando le compagne li chiamarono stavano tutti vicini nel cortile perché era l’ora d ella ricreazione. - Accidenti, adesso sì che siamo nei guai, come fac ciamo ad uscire da questa situazione?- disse Edoardo. - Non lo so, non lo so proprio! – aggiunse Cristian . - Non capisco perché ci hanno separato, meno male c he almeno sappiamo dove stanno – esclamò Alessandro. Osservando gli altri ragazzi che giocavano in corti le Gabriele osservò: Avete visto come sono diversi i giochi di questi bambini dai nostri? Tutti si volsero a guardare, in effetti c’era chi g iocava a testa o croce, chi con le trottole, chi a moscacieca, chi con i carrettini o a nascondino. Dopo cinque minuti, nei quali i ragazzi erano assorti nei loro pensieri un po’ bui, si sent ì il suono di un corno, la ricreazione era finita, si doveva torn are in classe! Sulle loro facce si dipinse un’espressione tutt’alt ro che felice, ancora peggio di quella che facevano quando suonava la campanella al Cristo Re. In silenzio entrarono nell’aula, ben diversa dalla loro. Al posto dei banchi c’erano delle sedie e il maestro sedeva tra di loro. Non conoscendoli cominciò subito a fargli delle dom ande in latino ma naturalmente nessuno capiva. Tommaso allora facendosi coraggio cercò di parlare per provare a spiegargli chi erano e che cosa facevano lì. Man mano che Tommaso parlava gli occhi del maestro cambiavano espressione, prima stupefatti, poi increduli e poi entusiasti. - Ragazzi, non so com’è possibile – cominciando a p arlare in italiano, tra lo stupore dei ragazzi - ma sono sicu ro che voi arriviate dallo stesso posto da dove provengo io: d al futuro. Daniele allora balbettando chiese: - Quindi sei andato nella biblioteca di viale Eritr ea e hai aperto quel libro che ci ha catapultato nel passato? - Sì, però questa è solo una parte della mia vita! Accogliendo la richiesta dei ragazzi di raccontargl i tutta la storia, il maestro dette un compito agli altri e si sedette in mezzo ai ragazzi cominciando a raccontare. - Quando , per colpa di quel libro sono arrivato qu i, mi imprigionarono, ma poi l’imperatore Diocleziano cap endo che era più sapiente di tutti, mi mise a fare il maestro in questa scuola. Un giorno riuscii a scappare e mi rifugiai nelle ca tacombe dove avevo raccolto nel corso del tempo un po’ di volumi e alla fine riuscii a inventare la formula per ritornare al nos tro tempo, però prima di riuscire a pronunciarla i soldati mi catt urarono di nuovo e mi riportarono in questa scuola. Tutti i ragazzi erano incuriositi e affascinati da questa storia. - Ma che lavoro fa nel nostro tempo? – chiese Crist ian. - Sono uno scienziato ed è per questo motivo che er o in quella biblioteca, per continuare le mie ricerche. L’unico molto nervoso era Gabriele.

13

- La volete smettere di parlare? Dov’è questa formu la? – chiese alla fine. - L’ho nascosta nelle catacombe, quando mi sono acc orto dei soldati; è in una piccola sala, ben nascosto - risp ose il maestro. - E allora che stiamo aspettando? Andiamo, passiamo a prendere le compagne, andiamo in queste catacombe e leggiamo la formula, così torniamo nel nostro tempo! Non ne posso più di ques ti abiti! – concluse Daniele. - Sì, però c’è un problema, avevo fatto una mappa d elle catacombe e l’avevo nascosta qui a scuola, ma ora non riesco più a trovarla e senza quella è impossibile rintracciare la formul a!- disse il maestro. Accidenti – disse Tommaso con la faccia tutta rossa – e adesso come facciamo siamo al punto di partenza! - Ragazzi, magari tutti insieme riusciamo a trovarl a!- disse Alessandro. E così iniziò una caccia al tesoro molto importante : il premio era la possibilità di ritornare a casa! Si separarono e iniziarono una ricerca minuziosa di tutte le pergamene che c’erano e alla fine dopo più di un’or a di ricerca trovarono la mappa tra grandi esclamazioni di gioia . Gabriele andò in cortile e fece cenno alle compagne che stavano ancora affacciate in attesa di notizie, di vedersi in strada appena riuscivano ad uscire non viste.

14

Capitolo quinto

Quando cominciò ad imbrunire i ragazzi uscirono con lo scienziato e aspettarono in strada finché non arrivarono anche le compagne. Dopo essersi salutati felici di essersi riuniti,si avviarono per una strada stretta e un po’ buia. Le torce che avevano gli permettevano di vedere dov e camminare, anche se molte ragazze avevano un po’ di paura. Alla fine di quella strada stretta e buia c’era l’i ngresso seminascosto della catacomba e con molta attenzione vi entrarono. Era tutto buio e freddo, illuminato solo dalle torc e e quel poco che si vedeva faceva venire i brividi: ragni e ragn atele, corridoi stretti e bui ma soprattutto molti scheletri che si intravedevano nei ripiani laterali: non c’era da meravigliarsi in fondo le catacombe erano anche un luogo di sepoltura, solo c he un conto è leggerlo sui libri di scuola e un altro e vederlo d al vivo. Seguendo la mappa, lo scienziato si addentrò sempre di più provocando urla di paura da parte delle ragazze, me ntre i maschi facendo finta di nulla cercavano di mostrarsi corag giosi. Camminavano tutti in silenzio tenendosi per mano, u no dietro l’altro quando all’improvviso un rumore assordante li fece girare di colpo: una parte del soffitto dove erano appena passati era crollata bloccando la strada. Ora si doveva andare avanti per forza! Finalmente lo scienziato si fermò davanti ad una ri entranza e oltrepassandola si trovarono tutti in una sala molt o più grande, con le pareti dipinte. - E’ qui – disse- dobbiamo trovare la formula, non ricordo dove l’ho messa ma se cerchiamo attentamente sono sicuro che la troviamo! I ragazzi si misero subito alla ricerca, oramai era no diventati bravissimi e ad un certo punto infatti Edo esclamò: - Forse ho trovato qualcosa!

15

Capitolo sesto Subito tutti gli si avvicinarono e lo scienziato pr ese in mano il piccolo cofanetto tutto impolverato nascosto sotto una pietra. - E’ qui dentro, ora ricordo! Ci furono urla di gioia, abbracci, baci, tutti eran o felicissimi: - Allora venite qui, teniamoci per mano, passatevi la formula ,leggetela a bassa voce; quando tutti l’avrete lett a la pronunceremo insieme a voce alta , così ritorneremo finalmente a casa! Tutti fecero come aveva detto lo scienziato e appen a pronunciarono insieme quelle parole… una folata di vento li avvolse, com’era successo nella biblioteca e si rit rovarono nella stessa stanzetta dove era cominciata la loro strao rdinaria avventura. Non credendo ancora a quello che era successo comin ciarono tutti ad urlare dalla felicità, mentre lo scienziato con le lacrime agli occhi li ringraziava, perché senza di loro sarebbe stato ancora nel passato. Dopo averli salutati uscì per tornare dalla moglie e dal figlio, non li vedeva da dieci anni e ne aveva di cose da r accontargli e farsi raccontare. Anche i ragazzi tornarono alle loro case, per riabb racciare i loro genitori che si meravigliarono di come furono affet tuosi e ubbidienti. Ognuno poi con calma raccontò in famig lia quello che gli era accaduto anche se all’inizio non vennero pr esi sul serio. Nei giorni successivi portarono il foglietto con la formula in classe e ne parlarono con la maestra. All’inizio an che lei pensò a uno scherzo ma poi quando lo scienziato arrivò in c lasse per salutare i ragazzi la maestra capì che quello che a vevano raccontato era vero. La formula segreta gli aveva permesso di viaggiare nel tempo e così divennero tutti bravissimi in storia. Decisero alla fine tutti insieme di consegnare allo scienziato la formula e di mantenere per sempre il segreto sulla loro fantastica avventura!