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Annali di Matematica pura ed applicata (IV), Vol. CLXVI (1994), pp. 63-99 Una struttura sintattica unitaria per le teorie della relativit~ ristretta e della meccanica classica(*). BRUNO CARBONARO Abstract. -A unified axiomatic scheme for both the Newtonian Mechanics and the Special The- org of Relativity is given, by setting two systems of Axioms that differ from each other in only one requirement about the possibility of measuring time-intervals by light reflections. The concept of ~observer,, is obtained as a derived concept, rather than a primitive one, as in some previous papers by other Authors. The status of Newtonian Mechanics as a ~limiting case~ of Special Relativity is rigorously deduced as a consequence of the result that the geo- metric structure of (neo)classical space-time is a limit of a family of relativistic geometric structures for the space-time. 1. - Posizione del problema. La Teoria della Relativit~ Ristretta ~ certamente una delle teorie fisico-matemati- che attualmente meglio consolidate: non solo il suo significato fisico appare oggi per- fettamente chiaro, ma si pub sostenere che gli elementi basilari del suo linguaggio ma- tematico facciano ormai parle del nostro patrimonio culturale. Tuttavia, la didattica ed il rigoroso sviluppo formale delle idee fisiche sulle quali essa si fonda presentano ancor oggi almeno due problemi, di natura epistemologica generate quanto didattica in senso stretto. I1 primo problema che ci si presenta ~ la ricerca di un'assiomatizzazione sintattica- mente completa ma fenomenologicamente significativa della teoria. Si tratta, a ben guardare, di un problema non nuovo della didattica e delranalisi dei fondamenti delle teorie fisiche: com'~ stato ben messo in luce dalle analisi di E. MACH[12], 10 stesso svi- luppo rigoroso della Meccanica newtoniana si trova a doverlo affrontare. Sembra perb che in Meccanica classica l'importanza di una soluzione per questo problema si palesi solanto quando si introducono le nozioni dinamiche (essenzialmente, le nozioni di -corpo,, -massa- e ,,forza,), mentre la Relativitfi Ristretta ne presenta girl nella fase preliminare, costitutiva del suo linguaggio geometrico, ossia in ambito puramente ci- (*) Entrata in Redazione il 28 gennaio 1991. Indirizzo dell'A.: Dipartimento di Matematica dell'Universit~ della Basilicata, Via Nazario Sauro 85, 85100 Potenza, Italy.

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Annali di Matematica pura ed applicata (IV), Vol. CLXVI (1994), pp. 63-99

U n a s t r u t t u r a s i n t a t t i c a u n i t a r i a per le teor ie de l la re la t iv i t~ r i s tre t ta e de l la m e c c a n i c a c lass ica(*) .

BRUNO CARBONARO

Abstract. - A unified axiomatic scheme for both the Newtonian Mechanics and the Special The- org of Relativity is given, by setting two systems of Axioms that differ from each other in only one requirement about the possibility of measuring time-intervals by light reflections. The concept of ~observer,, is obtained as a derived concept, rather than a primitive one, as in some previous papers by other Authors. The status of Newtonian Mechanics as a ~limiting case~ of Special Relativity is rigorously deduced as a consequence of the result that the geo- metric structure of (neo)classical space-time is a limit of a family of relativistic geometric structures for the space-time.

1. - Posizione del problema.

La Teoria della Relativit~ Ristretta ~ certamente una delle teorie fisico-matemati- che attualmente meglio consolidate: non solo il suo significato fisico appare oggi per- fettamente chiaro, ma si pub sostenere che gli elementi basilari del suo linguaggio ma- tematico facciano ormai parle del nostro patrimonio culturale. Tuttavia, la didattica ed il rigoroso sviluppo formale delle idee fisiche sulle quali essa si fonda presentano ancor oggi almeno due problemi, di natura epistemologica generate quanto didattica in senso stretto.

I1 primo problema che ci si presenta ~ la ricerca di un'assiomatizzazione sintattica- mente completa ma fenomenologicamente significativa della teoria. Si tratta, a ben guardare, di un problema non nuovo della didattica e delranalisi dei fondamenti delle teorie fisiche: com'~ stato ben messo in luce dalle analisi di E. MACH [12], 10 stesso svi- luppo rigoroso della Meccanica newtoniana si trova a doverlo affrontare. Sembra perb che in Meccanica classica l'importanza di una soluzione per questo problema si palesi solanto quando si introducono le nozioni dinamiche (essenzialmente, le nozioni di -corpo,, -massa- e ,,forza,), mentre la Relativitfi Ristretta ne presenta girl nella fase preliminare, costitutiva del suo linguaggio geometrico, ossia in ambito puramente ci-

(*) Entrata in Redazione il 28 gennaio 1991. Indirizzo dell'A.: Dipartimento di Matematica dell'Universit~ della Basilicata, Via Nazario

Sauro 85, 85100 Potenza, Italy.

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nematico. Cib si deve all'esplicita introduzione della luce non solo e non tanto come ,oggetto di studio, della teoria, ma come strumento fondamentale per la nostra stessa percezione delle propriet~ geometriche dello spazio, e per la nostra capacit~ di esegui- re operazioni di misura, sia di distanze spaziali che di intervalli temporali. Una de- scrizione dell'uso di questo strumento privilegiato in una serie di proposizioni suscet- tibili di manipolazione puramente sintattica (cio~ libera da riferimenti semantici semi- intuitivi), ma che tuttavia consentano, ove si voglia, un'interpretazione fenomenolo- gica immediata, e soprattutto tentino di riprodurre al meglio la genesi epistemologica della teoria, dovrebbe essere un obiettivo primario, sia sotto il profflo epistemologico che sotto il profilo didattico.

Qui si deve ben comprendere che il problema sollevato ha due aspetti ben precisi e distinti: da un lato, c'~ la necessit~ di fondare la teoria su enunciati chiaramente inter- pretabili in termini ,,empirici-, e questo problema sembra brillantemente risolto dalle esposizioni della Relativit~ Ristretta date dallo stesso E~NSTEIN [5, 6], e da quelle co- munemente adottate dai fisici nei corsi di loro competenza [!6, 22]. Dall'altro, si pone necessariamente l'obiettivo di esprimere tall enunciati in un linguaggio sintattica- mente rigoroso e completo: quantunque alcuni autorevoli critici dell'attivit~ matema- tica proclamino a gran voce [11] la pretesa inutilit~ di questo tipo d'indagine, bisogna infatti fissarsi bene in mente che una teoria dev'essere anzitutto una struttura lingui- stica integrata da un suo sistema di leggi di formazione e trasformazione degli enun- ciati. In assenza di una tale struttura, non possediamo una teoria, ma una collezione di informazioni non veramente dedotte n~ veramente empiriche, ma ibride. Cosi, in ter- mini generali, questo studio ~ destinato a chiarire in qual modo la decisione di adotta- re un qualche linguaggio matematico ci consente di trasformare una tale cotlezione in un teoria. Nell'ambito pifi specifico della Relativith, questo interrogativo generale si traduce spontaneamente nel problema che andiamo delineando, sulla base di una sem- plice osservazione: nella forma fenomenologicamente pifi significativa dei principi del- la Relativit~ Ristretta, e nella dimostrazione delle sue pifi importanti e dirette conse- guenze, le trasformazioni di Lorentz, appaiono parole come ,,osservatore,, ,duce,, -evento- e ,~raggio,, ed espressioni come ,,partenza (o mTiV0) del raggio luminoso,, fl cui uso sintattico, ben lungi dall'essere chiaramente prescritto, ~ soltanto tacitamente giustificato dall'intuizione o dall'uso comune. E, in vista della costruzione di una teo- ria che sia degna di questo home, questa ~ una grave carenza sintattica. D'altra parte, soltanto la soluzione di questo problema ~n entrambi i suoi aspetti pub metterci in con- dizione di comprendere e comunicare non soltanto il contenuto fisico della Teoria della Relativit~ Ristretta, ma anche la corretta utilizzazione logica delle nozioni di -even- to, ed ,osservatore, (in realtY, in sede didattica, si stenta a comprendere che ~ spesso pifi difficfle riferirsi in astratto ad esperienze possibili ma mai realizzate, che ragiona- re su oggetti puramente linguistici, che non siamo costretti a raffrontare con le nostre esperienze).

Sotto fi proffio epistemologico, del resto, ~ importante osservare che, com'~ stato- ben chiarito da C. HARRISON [10] e da W. NOLL [17, 18], la possibilit~ di costituire il linguaggio geometrico della Meccanica prerelati:~stica indipendentemente dall'enun-

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ciazione di un sistema di assiomi di carattere fenomenologico (ma espressi in linguag- gio strettamente matematico) ~ soltanto apparente. Gli assunti riguardanti la nostra percezione del mondo fisico sono soltanto celati, non certamente assenti.

Siamo cosi condotti alla considerazione di un secondo, cruciale problema: dare una precisa descrizione delle relazioni tra le strutture matematiche e linguistiche della Teoria della Relativit~ Ristretta e della Meccanica newtoniana. Si tratta di un proble- ma rilevante non soltanto sotto un profilo culturale ed epistemologico, ma anche tec- nico e linguistico: infatti, com'~ stato ben sottolineato in [8,9], esso coinvolge uno studio comparato dei linguaggi adottati nelle due teorie. Per comprenderlo appieno, bisogna riesaminare in breve la descrizione che di tali relazioni si dh oggi comune- mente.

Si deve riconoscere che le connessioni tra la Relativith Ristretta e la cosiddetta Meccanica prerelativistica risultano del tutto nebulose non appena si tenti di superare i meri raffronti operativi. Molti autori [7-10,16] (cfr. [9] anche per una bibliografia pifl completa) hanno tentato di analizzarle, almeno sotto l'aspetto semantico, adottando il linguaggio geometrico introdotto da H. MINKOWSKI [13-15], e, riferendosi all',univer- so degli eventi, 8 come dominio semantico di entrambe le teorie, raffrontando le strut- ture geometriche indotte su di esso dall'una e dall'altra. In tal modo, identificando cia- scun evento x~ 8 con la quaterna (x 1, x 2, x ~, t) delle sue coordinate rispetto ad un qualsiasi osservatore, si osserva c h e l a Meccanica prerelativistica induce su 8 una struttura di spazio fibrato, nel quale la metrica

d(x, ),) = (z - t) 2, Vx-~ (x 1, x 2, x 3, t), y--- (yl, y~, y3, ~:)

fornisce la distanza tra le fibre, mentre la Relativit~ Ristretta munisce ~ di una strut- tura di spazio puntuale pseudo-euclideo, con la pseudometrica

~ ( x , y ) = ( z - t ) 2 - e 3

-2 ~ ( y h _ x~)2 h = l

(cfr. G. G. EMCH [7]). Questo metodo (che, sia detto tra parentesi, pub rivelarsi molto utile, in prospetti-

va, per chiarire, di volta in volta, le relazioni tra teorie fisiche ben consolidate e teorie nuove, fondate su diverse concezioni epistemologiche del mondo delresperienza, e percib espresse da strutture logico-linguistiche affatto diverse da tutte quelle prece- dentemente usate) presenta il vantaggio di dare un'interpretazione unif icata, almeno sotto l'aspetto semantico, dei linguaggi delle due teorie. Inoltre, esso suggerisce che l 'inverso c-1 della velocit~ della luce possa considerarsi come una ~costante di accop- piamento- tra due metriche (la distanza tra le fibre e quella su ciascuna fibra dello spazio-tempo classico), che da esse ci consente di giungere ad una sola pseudo-metrica globale (quella dello spazio-tempo relativistico). Alloreh6 questa costante si annulla, le due metriche sono ~,disaccoppiate- e le distanze che esse misurano, risultano indi- pendenti l'una dall'altra.

Questo criterio di raffronto risulta nondimeno insoddisfacente sotto molti aspetti:

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anzitutto, l'origine fenomenologica della scelta delle due metriche d e 8, nonch~ della defmizione dei sistemi di coordinate nello spazio-tempo e della selezione di quelli che possono chiamarsi ~,osservatori., resta del tutto celata, oppure se ne d~ una descrizio- ne extra-teorica (e percib sintatticamente scadente) in termini di nozioni semi-empiri- che. Di conseguenza, ed in secondo luogo, l'interpretazione del coefficiente di accop- piamento c-2 come .inverso del quadrato della velocit~ della luce- pub darsi, in termi- ni sintatticamente rigorosi, ed attenendosi al puro significato geometrico delle due teorie, soltanto come definizione, e non pub tradursi in enunciato fondamentale di na- tura fenomenologica.

Nell'adottare questo metodo, infme, bisogna guardarsi dal condurre uno studio che risulti puramente metateorico, fl cui oggetto d'indagine, cio~, non coincida con quelli delle due teorie da paragonare, ma sia essenzialmente costituito dalle due teorie stesse e dai loro domini semantici (matematici). Un tale procedimento, ben lungi dal chiarire il mutamento di significato dei parametri caratteristici della teoria pifi vec- chia, che ha condotto alla sua evoluzione interna verso la teoria pifi recente (cfr. la ,(strategia del cuculo, descritta da J. L. SYNGE [22]), rende necessaria rintroduzione di una ,,misura, esterna, puramente logica, del divario epistemologico tra le due teo- tie, nonch~ del divario strutturale tra i loro modelli matematici. Si perde cosi la consa- pevolezza che, se i modelli matematici possono considerarsi, almeno strutturalmente, come distinti, il modello fenomenologico ~ pur sempre lo stesso. Per evitare questo pericolo, diviene indispensabile un'opportuna formalizzazione dei principi fenomeno- logici che hanno guidato la scelta dei modelli.

Quest'ultima osservazione si chiarisce interamente nel contesto pifi propriamente didattico, dove si adotta invece essenzialmente il punto di vista fenomenoIogico, limi- tandosi perb al raffronto delle trasformazioni di Lorentz con le corrispondenti trasfor- mazioni in Meccanica newtoniana (trasformazioni di Galilei). Si osserva che queste ul- time possono essere (,dedotte- dalle prime approssimando a zero il rapporto tra la ve- locit~ v di traslazione relativa dei due osservatori e la velocit~ della luce c (l'approssi- mazione diviene una deliberata scelta teorica se poniamo c = + ~) e, in virtfi di questa osservazione, ci si consente di affermare che ,da Meccanica Newtoniana ~ un limite, o, peggio ancora, ,,un caso particolare della Teoria della Relativit~ Ri- stretta-.

A parte l'ovvia assurdit~ contenuta nell'idea che la Meccanica -classica. possa es- sere un caso particolare della Relativith Ristretta (che comunque sara discussa nel se- guito), questo metodo di confronto sarebbe corretto se le trasformazioni di Galilei e di Lorentz potessero essere considerate come asserti di natura fenomenologica, e perci5 essere rispettivamente poste a fondamento dell'una o delraltra teoria. Purtroppo la loro traduzione in enunciati fondamentali (e la deduzione da esse dei risultati pifi im- portanti della Relativit~ Ristretta) richiede l'uso delle nozioni di ~(osservatore., di ,~simultaneit~., di ,ddentith di posizione, o (,genidentit~-[10] e, infine, di (,misura. (nonch~ di una giustificazione della scelta delle loro definizioni, senza la quale si an- nullerebbe la differenza storica tra l'ipotesi di Lorentz ed il principio di relativit~ di Einstein). I veri enunciati fenomenologici sarebbero allora quelli che definiscono que-

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ste nozioni, ed ~ su di essi che andrebbe condotto il raffronto. Ma gli enunciati di que- sto tipo dei quali disponiamo sono informali, e cosi sfumati da rendere del tutto malsi~ cure, nelle deduzioni successive, le nozioni che sono destinati ad introdurre.

I1 carattere assolutamente informale di questo procedimento, coi suoi difetti, sol- leva tuttavia il problema di stabilire in che senso sintattico o strutturale si possa so- stenere che la Meccanica classica ~ ,,un'approssimazione, della Teoria della Relativit~ Ristretta. E questo ~ un problema che, come abbiamo visto, uno studio puramente metateorico non pub risolvere, a meno di introdurre una misura del divario tra le teo- rie, ed esprimerla come funzione continua del parametro ,velocit~ della l u c e , .

Bisogna dunque giungere ad una sintesi dei due sistemi di raffronto, ed il primo passo in questa direzione deve comunque consistere nelradozione dello stesso lin- guaggio per entrambe le teorie, almeno limitatamente ai loro ,~indefmibili~ ed alla sin- tassi dei loro nomi. Su questa strada, i migliori risultati si debbono a C. HARRI- SON [10], A. NOLL [17, 18], J. W. SCHUTZ [20], P. SUPPES [19], G. SZEKERES [23] e A. G. WALKER [24,25]. Nessuno di questi Autori sembra tuttavia interessato, o comun- que giunge, ad un raffronto completo. Sebbene, nel suo ottimo lavoro, C. HARRI- SON [10] parta da assiomi e da definizioni rigorosamente dotati di diretta interpreta- zione fenomenologica, egli ~ interessato soprattutto ad una rifondazione logico-lingui- stica della Meccanica newtoniana in termini di ~,universo degli eventi,, e perci5 - - 1~ dove prospetta la possibilit~ di applicare i suoi procedimenti alla Relativit~ - - trascu- ra una compiuta giustificazione dell'introduzione della metrica lorentziana. In questo compito riesce pienamente W. NOLL [17], il quale peraltro si serve di una defmizione a prio~ di ,,osservatore, che non sembra del tutto giustificata sotto raspetto fenome- nologico: essa risulta infatti pressoch~ inutile, poich~ la struttura relativistica dello spazio-tempo ~ in [17] comunque derivata - - come del resto in P. SUPPES [21] - - dalla postulazione delresistenza di un metodo oggettivo per riconoscere e misurare la ,~di- versit~, tra due eventi. In vista di una formulazione strettamente fenomenologica de- gli assiomi, gli Scritti di J. W. SCHUTZ [20], G. SZEKERES [23] e A. G. WALKER [24, 25] presentano un ulteriore difetto: in nome dell'economia di pensiero, essi adottano tra le nozioni primitive quella di (,particella-, che invece non sembra fenomenologicamente abbastanza fondamentale (1).

Muovendo da considerazioni di questo tipo, si ~ proposto in [2] un sistema di soli cinque assiomi che sembrano adatti a consentire lo sviluppo dell'intera teoria cinema- tica della Relativit~ Ristretta, e sono anche suscettibili - - come spiegheremo detta- gliatamente nelle Sezioni 3 e 4 - - di un'interpretazione fenomenologica immediata: essi richiedono in sostanza, come nella formulazione puramente (~fisica, dei principi della Relativith Ristretta, che esista un criterio obiettivo di distinzione tra eventi, che tale criterio si traduca nella definibilith di una misura fisica, rispetto alla quale

(1) In effetti, una tale scelta sembra tradurre un pregiudizio di fondo circa l'impossibilit~ di giungere mai ad una formulazione matematica unificata di Relativitfi (generale) e Meccanica Quantistica.

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esistano per6 coppie di eventi ,,equivalenti-, o indistinguibili (che d'ora in avanti, pa- rafrasando C. HARRISON [10], potremmo convenire di chiamare ,,fenidentici-(2)), e che la misura del divario tra due eventi qualsiasi non fenidentici risulti sempre dalla loro ,congiungibilit~, tramite raggi luminosi (opportunamente definiti come oggetti geometrici). Si tratta, come si vede, esattamente dei principi enunciati da EINSTEIN e delle sue istruzioni operative circa la misura dei regoli e la sincronizzazione degli oro- logi. Si tratta anche degli stessi contenuti dell'assiomatica proposta da NOLL [17], espressi per6 in linguaggio pifi diretto e facilmente interpretabfle, e con lievi ma ira- portanti mutamenti di prospettiva che consentono di giungere ad una definizioni a po- steriori degli ,,osservatori,, che ne restituisce il significato classico. Questo procedi- mento sembra sen'altro epistemologicamente pifi corretto.

L'assiomatica proposta in [2] risulta tuttavia insoddisfacente sotto due aspetti: an- zitutto, essa non consente di chiarire la relazione epistemologica tra Relativit~ e Mec- canica newtoniana; in secondo luogo, l'esempio di C. HARRISON [10] mostra che essa non ~ ,abbastanza fenomenologica, (resta, ad esempio, celato fl procedimento logico che consente di dedurre la struttura di spazio puntuale affine del cronotopo dall'esi- stenza di eventi ,,oggettivamente- fenidentici).

In vista di queste osservazioni, il presente lavoro vuol essere un ulteriore passo verso un'assiomatizzazione sintatticamente rigorosa e fenomenologicamente espressi- va di entrambe le teorie. Si tratta comunque di un approccio iniziale, che non preten- de di risolvere entrambe le questioni sollevate: si rinuncia, per esempio, a qualsiasi tentativo di trascrivere gli assiomi nel linguaggio strettamente fenomenologico di C. HARRISON [10], e perci6 di dedurre l'assioma di esistenza di una misura oggettiva del divario tra gli eventi da un sistema di assiomi rigorosamente fenomenolog%i (ci si pro- pone di trattare questo problema in un articolo successivo). Si affronta invece la que- stione delle relazioni strutturali tra la Teoria della Relativit~ Speciale e la Meccanica newtoniana, delle quali si propone una possibile assiomatizzazione unificata. Natural- mente, l'unificazione completa ~ impossibile, trattandosi pur sempre di teorie distinte ed in mutua contraddizione, 1~ per5 possibile evidenziare che 1) esse posseggono un linguaggio comtme (questo ~ stato fatto da molti Auteri, compresi C. HARRISON [10] e W. NOLL [18], ma piuttosto sotto il profilo puramente grammaticale che assiomatico); 2) esse sono in accordo su tutti i presupposti, eccettuato soltanto quello riguardante la finitezza della velocit~ della luce (anche questo ~ stato opportunamente messo in evi- denza, ad esempio da R. GRASStNI [9], ma soltanto per quanto attiene la specificazione del valore del parametro c nel]'una e nell'altra teoria); 3) la struttura metrica del mo- dello della Meccanica classica ~ defmibile in termini di quella della Meccanica Relati- vistica, lasciando inalterata la descrizione matematica della nostra percezione della

(2) Questo nome risulta dalla contrazione delrespressione ~,fenomenologicamente identici,. La relazione di equivalenza tra eventi fenidentici si dir~ ~,fenidentit~-. La giustificazione fenome- nologica dell'ipotesi che esistano coppie di eventi fenidentici ~ - - come si vedr~ nel seguito - - del tutto immediata.

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distanza spazio-temporale ,oggettiva, tra due eventi. Quest'ultimo punto metre in lu- ce che, come sara chiarito nella Sezione 7, la scelta tra le due teorie si giustifica soltan- to in un ambito dinamico, e cio6 soltanto quando, nella costituzione stessa del linguag- gio di ciascuna deUe due, si fa ricorso a dispositivi sperimentali (realizzati da corpi,

dotati di massa, e perci5 descrivibili nel linguaggio della dinamica) che consentano di introdurre un criterio di distinzione tra eventi fenidentici.

In vista del tipo di trattazione unfficata or ora delineato, questo lavoro presenta (Sezione 3) un sistema di quattro assiomi, comuni alla Meccanica prerelativistica ed alla Relativit~ Ristretta, e mostra che tutta la differenza fenomenologica tra esse pu6 racchiudersi nell'enunciazione di un quinto assioma, specifico, per ciascuna delle due. Si osserva subito Che l'Assioma 5(~) - - che completa (Sezione 4) il sistema assiomatico della Relativit~ Speciale - - e l'Assioma 5(g) - - che completa (Sezione 5) queUo per la Meccanica newtoniana - - sono contrari logici, ossia ciascuno dei due implica la nega- zione logica dell'altro. Essi non sono, ng possono essere - - come spiegheremo in mag- g/or dettaglio nelle osservazioni conclusive (Sezione 7) - - proposizioni mutuamente contraddittorie, essendo entrambi necessariamente introdotti da quantificatori uni- versali. 1~ proprio questo, del resto, che li rende mutuamente traducibili l'uno nell'altro.

La Sezione 6 sar~ dedicata a mostrare come la Meccanica Classica, nel pieno uso non soltanto del vocabolario, ma dell'intera sintassi della RelativitY. Ristretta, ne co- stituisce il limite strutturale o ,~assiomatico,, non soltanto operativo. Naturalmente, questo risultato non fa altro che esprimere una circostanza che si considera intuitiva- mente evidente. Ma ~ appunto questo carattere apparentemente intuitivo che si ~ in- teso rimuovere, col presentare la relazione tra le due teorie come conseguenza rigoro- sa dell'esistenza di una base sintattica (non puramente lessicale) comune.

Dato il carattere formale della trattazione che segue, dedicheremo il prossimo pa- ragrafo (Sezione 2) a richiamare gli elementi basilari del linguaggio matematico (geo- metrico) nel quale si esprimeranno (seguendo MINKOWSKI [13-15] e gli altri autori cita- ti) le due teorie.

2. - R i c h i a m i m a t e m a t i c i .

Allo scopo di famfliarizzarci col linguaggio matematico che intendiamo adottare nella trattazione della Teoria della Relativit~ Ristretta e della Meccanica Newtonia- na, intendiamo in questa Sezione ricordare alcune nozioni matematiche basilari o di uso particolarmente frequente. Maggiori dettagli sono forniti in B. BOURBAKI [1] e W. NOLL [17].

Sia 8 un qualsiasi insieme non vuoto, i cui elementi saranno indicati con lettere mi- nuscole sans-s6rif, come x, y, z, etc. Sia poi

z:(x, y ) e ~ • ~-o ~(x, y ) e F~

una qualsiasi funzione non identicamente nulla, tale che ~(x, y ) = ~(y, x), per ogni

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(x, y) �9 82: essa, ovviamente, suddivide ~ • 8 in tre sottoinsiemi:

8_ = {(x, y) �9 ~ • ~tz(x, y) < 0} ,

to = {(x, y) �9 8 • 81=(x, y) = 0},

8+ = {(x, y) �9 8 • 8[z(x, y) > 0} .

Naturalmente, nulla impone che 8_, 8o e 8+ siano tutti e tre non vuoti, ma la condizio- ne che ~ non sia identicamente nulla comporta certamente 8_ U 8+ $ 9.

DEFINIZIONE 2 . 1 . - Un'applicazione biettiva

@: x �9 8 -o O(x) e

si dice isometria su 8 se e soltanto se

~(@(x), @(y)) = r y), Vx, y � 9 8.

I~ immediato riconoscere che, se @ e ~ sono isometrie, allora le applicazioni ~-1, ~v-1 e ~Vo O di 8 in 8 sono anch'esse isometrie. E poich~ l'identit~ x--~ x ~ ovviamente un'isometria, l'insieme I di tut te le isometrie su 8 risulta dotato della s t rut tura di gruppo rispetto alroperazione di composizione, per la quale d'ora in avanti adottere- mo la notazione additiva: ~Vo @ = ~ + @. Per coerenza con questa notazione, l'isome- tria identica I, defmita dalla condizione I(x) = x, Vx �9 8 sar~ indicata col simbolo 0, avendosi Oo O = Oo0 = 0 + @ = @+ 0 = ~b.

DEFINIZIONE 2.2. - Se esiste un sottogruppo E c I (i cui elementi saranno d'ora in avanti denotati con lettere corsive in grassetto) tale che

(1) E ~ commutativo;

(2) E ~ transitivo;

(3) se u �9 E, ed esiste un x � 9 8 tale che u(x) = x, allora u(y) = y, V y � 9 8;

(4) E ~ il gruppo additivo definito dall'operazione interna di uno spazio vetto- riale (che ha ancora E come sostegno),

allora ~ si dice funzione di separazione su 8, e 8 si dice spazio puntuale affine ed E si dice spazio (vettoriale) delle traslazioni su 8.

Ovviamente, 0 ~ E.

TEOREMA 2.1. - Assegnata comunque una funzione di separazione z su 8, su E b definita un'applicazione bilineare simmetrica

~ : ( x , y ) e E • E ~ ( x , y ) ~ R ,

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tale che

(2.1) Vu e E, Vxe 8, a(u, u) = =(x, u(x)),

1 V(u, v) e E 2, if(u, v) = ~[o-(u -t- v, it + v) - if(u, it) - ~(v, v)].

DEFINIZIONE 2.3. - S e e soltanto se la forma bilineare s immetrica ~ ~ u n p~vdotto

scalare, ossia soddisfa la condizione

o(u, v) = 0, V v e E ~ u = O ,

si dice spazio puntuale pseudoeuclideo, e si pone

(2.2) 6(u, v) = u . v , u . u = u 2.

In virtfi delle condizioni (2) e (3) della Definizione 2.2, si pub provare che, qualun- que siano i punti x e y in 8, esiste uno e un solo v E E tale c h e y = v(x), fl quale - - se- guendo un uso ormai consolidato - - pub scriversi nella forma v = y - x. In tal modo, per ogni x~ 8, possiamo convenire di porte v(x) = x + v, e scrivere la condizione (2.1) nella forma

( y - x) 2 = ~(x, y) Vx, y ~

(che, per le (2.2)2, potremo indifferentemente utflizzare sia nel caso che 8 sia soltanto uno spazio puntuale affine, sia in quello che ~ sia pseudoeuclideo).

Si deve osservare che la definizione di E fornita dalla Definizione 2.2 risulta lecita in quanto si dimostra (cfr. [1,17]) che, assegnata la ~, ed indipendentemente dalla sua forma, fl sottogruppo di isometrie soddisfacente le condizioni (1)-(4) ~ unico a meno di isomorfismi. Le propriet~ geometriche di 8, e le propriet~ algebriche di E dipendono

tuttavia dalla forma assegnata alla ~, cosicch~ fl problema prospettato nell'Introduzio- ne consiste precisamente nel descrivere tale forma tramite condizioni che risultino di immediata interpretazione fenomenologica od operativa. All'enunciazione di siffatte condizioni saranno dedicate le Sezioni successive. Per il momento, vogliamo limitarci a stipulare alcune convenzioni circa le notazioni adottate nel seguito.

Denoteremo col simbolo ~,dimE, la dimensione di E, e, porremo

E+ = { u E E l u 2 > O oppure u = 0 } ,

Eo = {u e E l u 2 = 0} ,

E_ = {u e E l u 2 < 0 oppure u = 0}.

Cib significa, ovviamente, che u = y - x e E + se e soltanto se x = y oppure =(x, y ) > 0; u = y - X E Eo se e soltanto se z(x, y ) = 0 e, infine u = y - X E E_ se e soltanto se x = y oppure =(x, y) < 0.

In accordo con le consuetudini della letteratura riguardante la Teoria della Relati- vith e riservandoci di discutere nel seguito le ragioni della nomenclatura adottata, da-

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72 BRUNO CARBONAR0: Una st,'uttura sintattica unitaria, ecc.

remo all'insieme E+ il nome di ,<cono temporale,, ad Eo quello di <,cono dei segnali- o -cono luce,, ed all'insieme E_ infine, quello di ,<cono spaziale-.

Chiameremo <<indice, di E, e denoteremo col simbolo <<indE, la massima dimen- sione dei sottospazi di E interamente contenuti in E+. Si deve osservare che questa convenzione ~ lecita in quanto E+ contiene certamente almeno un sottospazio di E, e cio~ il sottospazio {0}.

Come di consueto, per ogni u e E , span{u} ~ l'insieme {v ~Elv = ).u, ~ �9 R} e, per ogni sistema di vettori {ul, u2 . . . . . u~ },

s p a n { u l ' u 2 ' " " u ~ } = { v e E [ v= ~ ~hUh' ( ~ l ' " " ~ ) e R ~ }

(D'ora in avanti, ogniqualvolta sar~ necessario esprimere un numero o un vettore co- me somma di termini dipendenti da un indice, in forma di prodotti nei quali l'indice di sommazione appaia due volte, adotteremo la convenzione di Einstein sugli indiei ripe- tuti, eosiceh6 un elemento v di span {Ul, U2, ..., Un} risulter~ scritto nella forma v = ~hu~) .

Infine, dato comunque • Z ed un sottoinsieme (in particolare, un sottospazio) S c E, denoteremo col simbolo x + S l'insieme

{yeSly=x+u, uES}.

3. - U n m o d e l l o m a t e m a t i e o i n e o m p l e t o per il m o n d o de l l e e s p e r i e n z e .

Allo scopo di dare una trattazione unitaria della Relativit~ Speeiale e della Mecca- nica Newtoniana, ed in accordo con la maggior pa~*e dei pifi recenti studi sul linguag- gio della Meccanica (cfr. in particolare [8-10, 13-15, 17, 18, 21, 22]), adotteremo gli eventi come oggetti fondamentali ed indefinibili di entrambe le teorie. Si assumer~ come dato l'insieme ~ di tutti gli eventi: lo si chiamer~ <,spazio-tempo, oppure ,,uni- verso degli eventi,.

Cominceremo col dare un sistema fondamentale di assiomi che descriva questo og- getto matematico destinato a dare una rappresentazione formale del mondo delle esperienze.

ASSlOMA 1. - Su ~ ~ assegnata una funzione di separazione

~:(x, y) e ~ • Z-~ ~(x, y) e R

che munisce 8 della struttura di spazio puntuale affine.

ASSlOMA 2. - Detto E lo spazio vettoriale delle traslazioni di 8, si ha d ime = 4.

ASSmMA 3. - ~o\{(X, x)lx~ ~} ~ 0.

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BRUNO CARBONARO: Una s trut tura sintattica unitaria, ecc. 73

ASSlOMA 4. - Per ogni (&, xe) e ~0, esistono

y � 9 8 \ { x � 9 ~ lx = xl + 2(x2 - Xz), ,k �9 F~}

e ;~*�9 F~ tali che

~(x l + ~ * (x.,~ - x~), y) = o ;

inoltre, per ogni (Xl, x2, x3 ) e ~3 tale che (Xl, x~) e 3o e (xl, x3 ) �9 ~o, esistono

y � 9 ~ ; \ { x � 9 ~;I x = x~ + )~(xe - xl) + ,u(xa - x~),(2, ~) �9 ]R e }

e (~*, ~*) �9 R e tali che

=(x l + ,~* (xe - x l ) + ~ * ( x a - x~), y) = 0 .

Questi Assiomi sono suscettibili di un'interpretazione fisica diretta e immediata per quanto ancora non del tutto soddisfacente sotto il profflo fenomenologico. L'assio- ma 1 e l'Assioma 2 sono qui trattati ed enunciati come puramente preliminari, come proposizioni senza le quali sarebbe impossibile sviluppare una teoria abbastanza defi- nita e specifica per la realt~ fisica che intendiamo descrivere. I1 secondo assioma, in particolare, non ha per fl momento alcun'altra giustificazione che la nostra abitudine di associare ad ogni ,,evento, (che. tra l'altro, siamo per il momento costretti ad inter- pretare fenomenologicamente come un sistema di esperienze confmato in una regione abbastanza ristretta hello spazio e nel tempo) tre coordinate spaziali ed una tempora- !e. I1 primo assioma sembra avere una portata pifl ampia: esso asserisce l'esistenza di un criterio obiettivo di distinzione tra gli eventi, al quale per di pifl possa associarsi una tecnica di misura del divario tra due eventi. Quest'asserzione andrebbe giustifi- cata o, meglio ancora, dedotta dalle propriet~ di un sistema di relazioni analoghe a quelle introdotte da C. HARRISON [10]. Ma qui l'assunzione di una misura ~,assoluta- del divario tra due eventi ~ logicamente preliminare alla definizione di ,osservatore,, che ha invece una funzione basflare ai metodi di C. HARRISON [10], che percib in que- sto contesto non risultano pifl applicabili senza radicali modifiche. In vista degli scopi prospettati nella Sezione 1, ci atterremo perci6 senza ulteriori discussioni all'interpre- tazione pifl superficiale degli Assiomi 1 e 2.

I primi due assiomi naturalmente, condizionano il linguaggio dei successivi, cosic- ch~ anche l'Assioma 3 e l'Assioma 4 non potevano che essere espressi in termini della funzione di separazione ~, e cib ne limita alquanto la perspicuit~ sotto il profilo feno- menologico. Nondimeno, - - una volta recuperato, attraverso opportune definizioni, il linguaggio comune - - essi sono certamente i pifi ricchi di significati fisici controllabili.

L'evidente significato dell'Assioma 3 ~ che esistono coppie di eventi indistinguibili rispetto alia misura ~. Questo appare banale agli studiosi di RelativitY, che indicano come indistinguibfli due eventi qualsiasi appartenenti ad uno stesso raggio luminoso, quando come ~ si sceglia la metrica lorentziana. Qui per5 non si dispone ancora della

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74 BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica unitaria, ecc.

forma della (pseudo-)metrica z, e si deve porre rindistinguibilit~ di alcune coppie di eventi come conseguenza di un'analisi fenomenologica, ed indipendentemente dal fat- to che intendiamo sviluppare la teoria della Meccanica classica o quella della Relativi- th Ristretta.

A questo scopo, immaginiamo di fissare le stelle in una notte limpida ma senza luna, e da un luogo sufficientemente lontano da sorgenti luminose artificiali. La no- stra percezione visiva delle stelle si descrive come dovuta alremissione, da parte di ciascuna di esse, di un raggio luminoso (a) che colpisce il nostro occhio. Un attimo di ri- flessione ci rivela allora come evidente che tutti i punti del raggio luminoso di ciascu- na stella (i punti per i quali esso ~,passa-) sono indistinguibili ai nostri occhi, cosi come indistinguibfli sono i diversi istanti in cui la stella pub averlo emesso. Di fatto, fl rag- gio luminoso della stella potrebbe essere partito da uno qualsiasi dei suoi punti, in un qualsiasi istante precedente a quello in cui vediamo la stella, e persino nello stesso istante in cui la vediamo, tant'~ che tutte le stelle ehe vediamo ci appaiono poste alla stessa distanza, e tendiamo a dimenticare che le loro luci sono state emesse (come c'in- segna rAstronomia) in tempi diversi e tanti anni fa. Fissata una stella in particolare, alle domande (,di dove ~ partito fl raggio che vedo qui ed ora? quando ~ partito?, non sappiamo dare alcuna risposta basata suUe nostre percezioni, ovvero su misure dirette. Per noi gli eventi (,partenza del raggio dalla distanza do al tempo t0~), ((partenza del raggio dalla distanza dl al tempo t l , sono equivalenti, qualunque siano le distanze do e dl ed i tempi to e tl, e sono equivalenti anche gli eventi -partenza del raggio dalla di- stanza do adesso, e (,partenza del raggio dalla distanza dl adesso,. Dunque, l'esistenza di classi di elementi indistinguibfli risulta stabflita su basi strettamente fenomenolo- giche, indipendentemente dall'ambito teorico nel quale intendiamo asserirla. L'Assio- ma 3 deve perci5 considerarsi come una proposizione fondamentale della Meccanica Classica e della Relativit~ (Ristretta e Generale).

Le stesse osservazioni possono applicarsi all'Assioma 4. La prima parte di questo assioma esprime l'owia circostanza che ci ~ sempre possibfle percepire simultanea- mente due stelle distinte A e B: naturalmente, noi non pretendiamo di sapere che i due eventi corrispondenti alle emissioni dei raggi che colpiscono fl nostro occhio sono simultanei, poich~ lo sono certamente soltanto le nostre percezioni dei due raggi. In ogni caso, le emissioni dei due raggi appartengono a due classi ben distinte di eventi equivalenti, che hanno in comune un solo evento, e cio~ ,,l'occhio colpito dai due raggi qui ed ova,. La seconda parte dell'assioma stabflisce poi, altrettanto ovviamente, che, date comunque due stelle A e B percepite simultaneamente, siamo sempre in grado di osservare, simultaneamente ad esse, una terza stella C, non allineata con A e B.

]~ ora del tutto evidente che le considerazioni appena svolte si fondano sulla se- guente, implicita

(s) Per la veritY, si tratta di una successione di raggi luminosi: se ciascuna stella emettesse un solo raggio, la vedremmo per un solo istante, accendersi e poi spegnersi. Qaesto per6 non altera la sostanza della discussione che segue.

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BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica unitari~ ecc. 75

DEFINIZIONE 3.1. - Per ogni x e 8, e per ogni s E Eo, /a retta

{yegJy=x+vs, reF~} si dird segnale luminoso passante per x.

Vogliamo fmalmente ricordare ehe, in virtfl della definizione di =, si ha certamente ~+ t5 ~_ ~ 0. Siamo dunque autorizzati ad assumere

(3.1) g+ # 0.

Questa ipotesi - - ehe d'ora in avanti dovr~ sempre ritenersi sottintesa in tutti gli enunciati e in tut te le dimostrazioni - - serve unicamente a fissare le idee, e perci~ non deve annoverarsi tra gli assiomi della teoria. Se ad essa, infatti, sostituissimo l'ipote- si g_ ~ 0, tutti gli enunciati e le dimostrazioni che seguono, infatti, manterrebbero inalterati il proprio significato e la propria validitY, a patto di scambiare in essi 8+ e 8_. Inoltre, potremmo riformulare l'intero sistema assiomatico riferendoci, invece che alla ~, alla funzione di separazione =* = - ~, per la quale sarebbero comunque soddisfatti tutt i gli assiomi (questo si verifieher~ pi~ compiutamente helle Sezioni 4 e 5). Infme, ponendo

~ = { & . se 8_ # 0 ,

8+ se 8+ # 0,

tutti gli enunciati e le dimostrazioni che seguono potrebbero riformularsi sostituendo ~ a 8+ e 8 = [8_ U 8+ ] \ g r a 8_. Ci6, peraltro, introdurrebbe nella nostra esposizione notevoli complicazioni formali ehe si ~ ritenuto pi~ opportuno evitare. Per questo, d'ora in avanti, ci at terremo sempre - - pu t senza dichiararlo ogni volta esplicitamente - - alla eonvenzione (3.1).

Possiamo cosi concludere questa Sezione col dare un teorema che descrive una propriet~ comune allo spazio-tempo della Meccanica classica ed a quello della Relativi- t~ Ristretta, ed ~ perci6, sebbene molto semplice, di notevole importanza.

TEOREMA 3.1. - Se 8_ ;~ 0, allora, per ogni (Xl, xe )e ~_, esiste z e 8 tale che

~(x~, z ) = ~(z , x2) = o.

DIMOSTRAZIONE. - Nelripotesi (3.1), supponiamo 8_ ~ O, e sia (x, It) e 8_. Osser- viamo poi, preliminarmente, che, posto u = y - x , se esiste s E Eo tale che

(3.2) s . u ~ 0,

iI Teorema ~ provato. Infatti, nell'ipotesi (3.2), it vettore s ' = ~ u - s, con ~ = = 2(u 2 )-1 s . u ~ 0, appartiene ad E0, cosicch~ u = ~ - 1 s + ~ - 1 s' , e si pub porre z = x + + ~ - 1 s, che d~ anche y = z + ~ - 1 s' .

I1 nostro compito si riduce dunque a provare, per u �9 E_ arbitrariamente assegna- to, l'esistenza di un s e Eo soddisfacente la (3.2). A tale scopo, procederemo per assur- do, e supporremo che s - u --- 0 per ogni s e Eo, ossia E0 c [span {u}] ~. Ma ora l'Assio-

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76 BRUNO CARBONARO: Una strut tura sintattica unitaria, ecc.

ma 4 assicura l'esistenza di un sistema {si}l_<i.<3cEo linearmente indipendente, e poich6

dim (span {si }1-<i-<3) = dim ([span {u }]• ) = 3,

segue span {si }1.<i<-~ = [span {u}] • Se ora fosse

(~%)2 > 0

per un'opportuna terna ( ~ , ~2, ~ ) e R 3 \ { ( 0 , 0, 0)}, posto t = ~isi , per ~ = u 2 e = - t 2 risulterebbe simultaneamente

( ~ t + ~u)~ = O e ( ) , t + , ~ u ) . u = - t ~ u ~ > O,

contro ripotesi E0 c [span {u}] ' . Pereib, span {s~}~_<~<ac_Eo U E_. In conelusione, per ogni v e E, si pub serivere v = ~s + flu, con s e Eo ~ E_ ed

(~, ~) e X~. Si ha allora

V 2 = ( ~ .f. ~U)2 : aC2S2 + ~2//2 ~ 0 ,

per ogni v e E. Ma questo eontraddice ripotesi (3.1), e percib deve risultare E 0 \ [ s p a n {u}] ~ ~ ~. L'arbitrariet~ della seelta di u e E_ eompleta la dimostrazione del Teorema. []

Gli Assiomi 1-4 sono peraltro insufficienti a dare una struttura geometrica comple- ta ad 8: ~ necessario un quinto assioma. Nella Sezione 4, sceglieremo come tale un'.ipotesi fenomenologica, datla quale potr~ dedursi la struttura relativistica del continuo spazio-temporale.

4. - L o s p a z i o - t e m p o de l la Re la t iv i th Ris tre t ta .

Oltre che dalle proprietfi fenomenologiche espresse dagli assiomi elencati nella Se- zione 3, la Relativit~ Ristretta ~ caratterizzata dall'ipotesi che ,4a velocit~ della luce sia finita (rispetto a qualsiasi osservatore)., espressa dal seguente

ASSIOMA 5(~). - Per ogni terna (xo, xl, x2) E ~, tale ehe (Xo, Xl) e 8+ e (Xo, x2) e 8o (con xo ~ x2), esiste t~ = ~(xo, xl, x2) ~ R \ { 0 } tale che (xo + ~(xl - xo), x2) E ~o.

evidente che, qualunque sia la coppia (Xo, xt) e ~+, assegnato x2 e 8 \{Xo} tale che (x0, x2) e 80, esiste sempre un ~ E R tale da soddisfare la condizione

(4.1) z(x0 + ,~(xl - x0), x2) = 0 :

basta ovviamente porre/~ = 0. Questa ~ dunque condizione sufficiente per la relazione (4.1), ma dagli Assiomi 1-4 non ~ possibile dedurre se essa sia anche necessaria o no. La nostra scelta dell'Assioma 5(~) implica l'ipotesi che essa non lo sia. Questo assioma invero destinato ad esprimere una proprieth di grande rilievo fenomenologico nell'im-

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BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica unitaria, ecc. 77

postazione einsteiniana della Relativit~ Ristretta: dati due eventi Xo (-qui, ora , ) e Xl (~<qui, t ra z(xl , xo) unith di tempo,) , se l'evento x0 ~ l'emissione di un segnale lumino- so passante per un evento x2, esiste sempre un segnale luminoso del quale x2 possa considerarsi l'emissione, che passer~ ,qui, tra ~Z(Xl, Xo) unith di tempo, (ossia dopo un intervallo di tempo non nullo). In termini pifi perspicui, e pifi aderenti al senso co- mune: (a) in virtfi dell'Assioma 4, in ogni punto dello spazio ~ possibile disporre un -evento specchio, che rimandi ,qu i , un segnale luminoso emesso da ,<qui-; (b) il se- gnale luminoso riemesso dall',,evento specchio, giunge ,,qui, dopo un tempo finito.

t~ ora ovvio che, se vogliamo attenerci a questa interpretazione, anzich~ riferirci all'insieme 80, possiamo riformulare l'Assioma 5(~) in termini dell'insieme g~introdotto nella Sezione 3, ma dobbiamo svincolare la definizione dei vettori di tipo tempo dal se- gno di z. Un vettore u E E dovr~ aUora dirsi ,di tipo tempo- s e e soltanto se, posto u = y - x , la coppia (x, y) appartiene a 5:. Questo procedimento, formalmente com- plesso, si pub evitare attenendosi costantemente, come gi~ annunciato nella Sezione 3, alla convenzione (3.1).

Enunceremo ora le pifi semplici ma pifi importanti conseguenze del sistema d'As- siomi 1-4, 5(~). Per mantenere la lunghezza di questa trattazione entro limiti ragione- voli, ometteremo la maggior par te delle dimostrazioni, per le quali il lettore ~ rinviato a [2].

Cominciamo intanto con l 'osservare che l'Assioma 5(~) implica un'importante pro- priet~ della forma bilineare a indotta su E dalla funzione di separazione z (per la quale d'ora in avanti useremo la notazione usuale per il prodotto scalare, ponendo a(u, v) = = u . v per ogni coppia (u, v) ~E2) .

TEOREMA 4.1. - Per ogni (t, s) e (E+ ~ { 0 } ) • ( E o \ { 0 } ) , t ' s ~ O.

DIMOSTRAZIONE. - Sia Xo e 8 arbitrariamente assegnato, e si ponga x~ = xo + t, x2 = Xo + s. Essendo ~(Xo, x~ ) = t 2 > 0 e ~(xo, x2) = s 2 = 0, l'Assioma 5(~) ci garanti- sce l 'esistenza di un ~ ~ 0 tale che

( ~ t - s ) ~ = 0 ,

da cui segue

che prova il nostro asserto.

~ 2 t 2 - 2~t.s = O,

Si ha poi

TEOREMA 4.2. - Per ogni coppia (Xo, x~) ~ 8§ esiste y e 8 tale che

z (xo , y) = ~(y, x l ) = O.

DIMOSTRAZIONE. - Poniamo t = xl - xo. Sia poi s e Eo arbitrariamente assegnato, e sia x~ = Xo + s. Possiamo allora applicare l'Assioma 5(~) per trovare ~ = t~(Xo, xl, x2) tale che z(Xo + t~t, x~) = 0. Quindi, posto u = (Xo + ~t) - x2, si ha ~tt = s + u. Percib,

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78 B R U N O C A R B O N A R O : Una st,~ttura sintattica unitaria~ ecc.

posto y = Xo + ~ - l s , s iha a(Xo, Y) = t~-2s 2 = 0 e z(y, x~) = ~-2u2 = 0, il che completa

la dimostrazione del Teorema. []

TEOREMA 4.3. - 8_ ~ ~).

DIMOSTRAZIONE. - In virtfi del Teorema 4.2, assegnato comunque t �9 E+, possia- mo scrivere t = sl + s2, con (Sl, s2) e E~. Si consideri allora il vet tore u = sl - s2. Es- sendo t 2 = 2s1"s2 > 0, si ha u 2 = - t 2 < 0. Comunque si prenda x e 8, posto Iv= x + u,

risulta (x, y) e 8_, ed il Teorema ~ completamente provato. []

Grazie ai Teoremi 3.1 e 4.3, siamo ora in grado di provare una propriet~ basilare, che si presenta solitamente come una conseguenza owia della deflnizione della metri- ca lorentziana, ma che sembra part icolarmente interessante poter r i t rovare come con- seguenza di proposizioni facflmente interpretabili fisicamente, e come condizione suf- ficiente per tu t te le propriet/~ che consentono la deduzione delle trasformazioni di Lorentz.

TEOREMA 4.4. - Esiste una base {s~ } (4) di E tale che

S~ 'S~ = 1 - ~ ,

dove ~ ~ il ben noto simbolo di Kronecker.

II) Vogliamo che

DIMOSTRAZIONE. - La dimostrazione si articola in cinque fasi.

I) Si consideri in primo luogo un vet tore u e E+ \ { 0 } . Pe r il Teorema 4.2, pos-

s iamo scrivere u = eo + e l , con e~ = e~ = 0, e poich~

i t 2 e0"el = ~ - ,

si vede subito che, ponendo s~ = ~ e ~ (i = 1, 2), segue

S O ' 8 1 = 1 - - ~ o t .

ora provare ehe esiste un vet tore w e E \ s p a n { s o , s l } tale

(4.2) w 2 = 0 e w . u > O.

A tale scopo, sia u ' e E \ s p a n { s o , sl}. Se u' soddisfa le condizioni (4.2), non c'~ ovviamente nulla da provare. Se invece u ' 2 ~ 0, allora sono pososibiti due casi: (a) u ' . u ~ 0, e (b) u ' . u = O.

Nel caso (a), possiamo supporre u ' "u > 0 (in caso contrario, potremmo sempre considerare il vet tore - u ' in luogo u'). Di conseguenza, in virtfi dei Teoremi 3.1 e

(4) Gli indici greci variano da 0 a 3, mentre gli indici latini variano da 1 a 3.

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BRUNO CARBONARO: U n a s t r u t t u r a s i n t a t t i c a un i t a r ia , ecc. 79

4.2, si ha in ogni caso

u ' . u = (e~ + e { ) . u = e~.u + e~'u > O,

con e~ 2 = e~ 2 = 0. Ne consegue che e~ .u > 0 oppure e~ .u > 0. Questa condizione po- trebbe essere soddisfatta, ad esempio, con e~ e span {So, sl } ed e~ .u = 0. Ma se cosi fosse, posto u* = au + ~ (con a ~ 0), si avrebbe u .2 = a2ue = u * . u > 0 e, per rAs- sioma 5(,), esisterebbero un A ~ 0 ed un vettore e* e Eo tali che

u* = ~u + ~ e ~ = ~ - ~ ( e ' + e * ) ,

cib che comporterebbe u . 2 = ~ - l e ' . e * = O. La contraddizione ci consente dunque di concludere che e~ ~ span {So, sl } oppure e~. u ~ 0. Cib prova il nostro asserto nelle ipotesi considerate, con w = e~, w = e[ o w = - e ~ , secondo il caso.

Nell'ipotesi (b), consideriamo fl vettore w,---t~u' + u. Si ha

(4.4) w~ = ~2u'Z + u 2 e w , . u = u 2 > O ,

cosicch~, scegliendo opportunamente ,u, ricadiamo nel caso precedente, e possiamo ri- petere parola per parola la dimostrazione condotta nel caso (a), semplicemente sosti-

tuendo u ' con w , . Si deveinf ine considerare il caso che u '2 = 0 e u ' 'u = 0. Ma allora, con la stessa

definizione di w , data nel caso (b), per ogni ~ e R, valgono simultaneamente la (4.3)e e la w~ = u 2 > 0, e possiamo di nuovo ripetere alla lettera il ragionamento seguito nel

precedente caso (a).

III) Sia ora w un vettore soddisfacente le condizioni (4.2), e si ponga v =

= V2(uZ) - lu . Si ha

V 2 = 2 e

Se cerchiamo un vettore e2 tale che

e2 = ~W

troviamo

V ----$0 + 8 1 -

e e 2 " v = 2 ,

/ 2 ,u.w.v = tz ~ - ~ w ' u = 2 ,

ossia/~ = 2 ~ / ~ ( w . u ) -1. Ponendo dunque e2 = V ~ ( w ' u ) - l w , abbiamo

e~ = O e e 2 ' v = 2 ,

da cui segue

e ~ ( s o + s l ) = e2"so + e2"sl = 2,

onde uno almeno dei due prodotti scalali e2"so ed e2"sl dev'essere positivo.

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80 BRUNO CARBONARO: U n a s t r u t t u r a s i n ta t t i c a un i ta r ia , ecc.

IV) Supponiamo che e2"so > 0 e e2"sl = 0. Poich~, per ogni (a, fl) e R 2,

( ~ 1 + fle~) 2 = 2~f ls l 'e2 = O,

il vettore e 2 - 2sl appartiene ad E o \ { 0 } e risulta

(e 2 - 2 s 1)'v = 0 .

I1 Teorema 4.1 mostra ora che il verificarsi simultaneo di queste due circostanze ~ in contraddizione con lo stesso Assioma 5(~), cosicch6 dev'essere necessariamente e2"sl ~ O.

Possiamo ancora supporre the sia e2"Sl < 0. Ponendo allora go = - e2"sl e KI =

= e2"s0, questa ipotesi comporta

(~oS0 + K~s~)2 > 0, ( K o S o + ~ i s l ) ' e 2 = O ,

e questa coppia di relazioni contraddice nuovamente, per il Teorema 4.1, l'Assio- ma 5(r). N e consegue che dev'essere anche e2 . s 1 > O.

Infine, poniamo ~ = e2"so e

s2 1 - s0+ 1 - s l + --~(2 (y)

l~ semplicissimo verificare che s2"s2 = O e Se'So = s2"1 = 1.

V) l~ del tutto ovvio che possono ora ripetersi parola per parola le argomenta- zioni seguite helle fasi II) e I][I) per provare l'esistenza di un vettore s8 e E \ s p a n {So, sl, s2 }, soddisfacente le condizioni

S 2 = 0 e s8"80 = s 3 " s l = s s ' s 2 = 1 ,

ed il teorema ~ completamente provato. I

In tal modo, non soltanto si sono riprodotte tutte le proprieth dello spazio-tempo della Relativith Ristretta, quali sono elencate negli Assiomi 1-5 di [2], ma si ~ anche potuto ridimostrare (Teorema 4.4) il fondamentale Teorema 1 ivi provato, grazie al quale si possono facilmente dimostrare le seguenti proposizioni.

TEOREMA 4.5. - ind E = 1.

TEOREMA 4.6. - L a m a s s i m a d i m e n s i o n e dei so t tospaz i di E c o n t e n u t i i n Eo

~ 1 .

TEOREMA 4.7. - P e r ogni t e E+, [span {t}] I r E_.

Dunque, poich6 [span {t}] l ~ un sottospazio tridimensionale regolare di E, e quin- di certamente possiede una base ortonormale {uh }, supposto t 2 = 1, possiamo scrivere u = UhUh + u 4 t , qualunque sia U e E. In tal modo si ritrova l'espressione lorentziana

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BRUNO CARBONARO: Una stmtttura sintattica unitaria, eca 81

per la metrica o. Inoltre, dovendo risultare tl "t2 ~ 0, per ogni (tl, t2) e E~ \ { ( 0 , 0)}, possiamo ripartire i vettori di tipo tempo in due classi di equivalenza, ~0+ e V_, deft- nendo ,,equivalenti, tl e t2 quando e solo quando t~'t2 > 0. In tal modo, si ritrova la definizione delle due falde del cono temporale.

Infine, potendosi scrivere u = u~s~ per ogni u e E (dove {s~ } 6 la base di vettori di tipo segnale, la cui esistenza 6 garantita dal Teorema 4.4), possiamo introdurre le due funzioni su E

,~(u) = ~: u ~, ~ (u ) = ( u ~ ) 2, ~=0

grazie alle quali possono introdursi due relazioni in ~, indicate rispettivamente coi simboli ,, --~- e , ,<- , definite dalle condizioni

V(x, y) e ~2 Ix;~ y, x---~y r ~ ( y - x) = ~ ( y - x),

V(x, y) e z 2, x < y ,=, ~ ( y - x) > ~;(y - x ) .

I1 significato fisico di queste relazioni sar~ chiarito dalle seguenti definizioni.

DEFINIZIONE 4.1. - Per ogni (x, y) e ~2, tale che x---~y, l'insieme

(4.4) {xe~lz=x+~(y-x), )~e [0, + ~ ) }

si dir~ segnale luminoso emesso da x.

DEFINIZIONE 4.2. - L'evento x si dir& sorgente del segnale luminoso (4.4).

(E del tutto evidente che x - ~ z , per ogni evento z appartenente al segnale lumino- so emesso da x.)

DEFINIZIONE 4.3. - Per ogni u e E+, tale che

(4.5) $(u) > ~(u),

lo spazio span {u} si dir~ orologio su ~.

DEFINIZIONE 4.4. - Se u E E+ soddisfa la condizione (4.5), e (x, y) ~ ~ ~ tale che y - x = 2u, con ;~ > O, allora si dice x precede y (oppure y segue x) rispetto all'orolo- gio span {u}.

Si pub poi dimostrare [2] che due vettori u e v di E+ appartengono alla stessa falda de] cono temporale s e e soltanto se soddisfano entrambi la condizione (4.5) oppure nessuno dei due la soddisfa. In tal modo, troviamo un criterio operativo per orientare il cono temporale, e siamo autorizzati a dare la seguente

DEFtNIZIONE 4.5. - Si direr falda positiva ~+ del cono temporale l'insieme dei vet- tori di E+ soddisfacenti la (4.5).

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82 BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica unitaric~ ecc.

Un'altro importante risultato evidenzia il significato fisico della relazione <~--~ e i l suo legame con la relazione <~ < ~.

TEOREMA 4.8. - Sia x--=y. Allora per ogni u e ~+ tale che u s = 1,

x < x + [ ( y - x ) . u ] u .

In virtfi del Teorema 4.7 e della Definizione 4.5 possiamo ora introdurre le nozioni di ,,osservatore~ e di ,,spazio fisico di un osservatore,.

DEFINIZIONE 4.6. - Si dice osservatore ogni coppia t~ - (span {eo}, [span {eo}] 1 ), COn e o ~ ~+.

DEFINIZIONE 4.7. - Due eventi x e y si dicono genidentici oppure accaduti nello stesso posto rispetto ad un osservatore ~ -=- (span {eo }, [span {eo }]• ) see soltanto se x - y = ~eo, con ;~eR.

Ovviamente, la relazione di ,,genidentit~ rispetto ad un osservatore t~,, introdotta nella precedente definizione, ~ una relazione di equivalenza, che indicheremo col sim- bolo ],~. Proprio questa relazione (cfr. anche C. HARRISON [10]) consente di recupera- re in termini formalmente non ambigui la nozione intuitiva di ~,spazio fisico di un osservatore~.

DEFINIZIONE 4.8. - Ogni classe di equivalenza P rispetto alla relazione y~ si dir~ posto (o punto) dell'osservatore ~ =- (span {eo }, [span {eo }]1 ).

DEFINIZIONE 4.9. - L'insieme quoziente ~/],~, munito nel modo usuale della strut- tura di spazio puntuale euclideo tridimensionale, si dir& spazio fisico o spazio mate- riale dell'osservatore t9 =- (span {eo }, [span {eo }]~ ).

Si ha inoltre

DEFINIZIONE 4.10. - Sia ~ =- (span {eo }, [span {eo }]~ ) fissato. Per ogni coppia (P1, P2) e [~/y~]~, e per ogni x e P1, y e P2, l'insieme

[P1 IP2] = { z = x + ~ ( y - x ) +fleol~ e [0, 1], t i e R }

si dice regolo in quiete rispetto ad t~.

DEFINIZIONE 4.11. - Sia t~ =- (span {eo }, [span {eo }]• ) fissato, e sia {ei }1<_i,~ una qualsiasi base ortonormale di [span {eo }]i. Per ogni coppia (P1, P2) e [8/],a ]2, e per ogni x e P1, g e P2, lo scalare

~[P1 IF2 ]~/([(x - g) -e~] e~)2

si dir~ lunghezza propria del regolo [P1 I P2].

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BRUNO CARBONARO: Una strut tura sintattica unitaria, ecc. 83

DEFINIZIONE 4.12. - Sia [Pz IP2 ] un regolo in quiete rispetto ad u n osservatore ~.

Se ~ = (span {eo }, [span {eo }]~ ) ~ un altro qualsiasi osse~'vatore, posto

{x} = P1 A [span {e~}] • ,

{Y} = P2 A [span {e~ }]•

lo scalare z (x ,y ) si dir~ lunghezza del regolo [PIlP~] rispetto all'osservatore ~'.

Di notevole importanza sono anche le seguenti defmizioni

DEFINIZIONE 4.13. - Due eventi x e y si diranno simultanei rispetto all'osse~vatore

= (span {eo}, [span {eo }]~) se e sottanto se x - y e [span {eo }]•

DEFINIZIONE 4.14. - Siano x e y due qualsiasi eventi. S i dice che x precede y ri- spetto all'osservatore t 2 - (span {eo }, [span {eo }]~) e si scrive x <~y, se e soltanto se

x < x + [ ( y - x) 'eo]eo.

Due risultati, banali ma basilari, completano il significato fisico delle relazioni ,,---~ e ,~<,.

TEOREMA 4.9. - S e x < y, allora x < ~ y per ogni osservatore t~.

TEOREMA 4.10. - Se x---~y, allora x <~ y per ogni osservatore ~.

A proposito di questi teoremi, ~ importante osservare chela relazione ~ < - pub in- terpretarsi come una relazione causale generalizzata, cosicch~ i Teoremi 4.9, 4.10 (il primo, in particolare) esprimono in termini puramente matematici quello che in Fisica

spesso chiamato ,principio di causalitY,. I1 linguaggio e le nozioni introdotti in questa Sezione, grazie alle propriet~ dimo-

strate, forniscono tutti gli strumenti necessari e sufficienti allo sviluppo della Cine- matica della Relativit~t Ristretta cosi come si espone di solito nei testi di fisica, salvo il significato matematicamente definito dei termini semi-intuitivi e di origine sperimen- tale che vi compaiono. Non testa che ritrovare (in modo ovvio) la nozione di ,velocit~ dello spazio fisico di un osservatore t~ rispetto ad un osservatore ~ ' - , e scrivere le for- mule di trasformazione tra i due osservatori per ~%avare le trasformazioni di Lorentz nella forma consueta.

Cib che ~ importante osservare ~ che le caratteristiche della teoria dipendono es- senzialmente dalla scelta delrAssioma 5(r): negando (in maniera opportuna) questo Assioma, si pub ottenere infatti, senza alcuna altra modifica, lo svfluppo della Mecca- niea Classica. Questo ~ quanto ci proponiamo di fare nella Sezione successiva.

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84 BRUNO CARBONAR0: Una st~uttura sintattica unitaria, ecc.

5. - L o s p a z i o - t e m p o d e l l a M e c c a n i c a N e w t o n i a n a .

In accordo col programma prospettato nella Sezione 3, si assumer~ qui che una pri- ma, parziale descrizione delruniverso degli eventi nella Meccanica Classica sia data dagli stessi quattro assiomi ivi enunciati. La differenza strutturale ed epistemologica t ra la teoria prerelativistica e la Relativit~ Ristretta risulter~ dunque conseguenza della sola sostituzione deU'Assioma 5(~) con un altro che implica la sua diretta nega-

zione logica. Esso non ~ esattamente la negazione dell'Assioma 5(~) poich6, come que- st'ultimo, ~ introdotto da un quantificatore universale. Ci5 pub sembrare insoddisfa- cente sotto un profllo puramente logico, ma ~ certamente pifi aderente alrenunciazio- ne standard delle leggi fisiche, le quali sono - - per la loro natm'a di leggi generali quasi sempre introdotte da quantificatori universali.

ASSIOMA 5(g). - Per ogni terna (x0, x~, x2) e ~, tale che (Xo, xl ) e 8+ e (xo, x2) e go

(con xo .~ x~),

~(Xo + t~(x~ - x o ) , x2 ) = 0 ~ ,~ = O.

Questo Assioma consente di rfformulare, almeno in termini puramente formali, gran parte delle defmizioni date nella Sezione 4, ma conduce, per quanto concerne la s t rut tura geometrica di 8, a risultati piuttosto sorprendenti. Quelli che, t ra essi, ap- pariranno pifi contrari all'intuizione fisica, saranno discussi nella Sezione 7.

TEOREMA 5.1. - 8_ = 0.

DIMOSTRAZIONE. - Assumiamo 8_ ~ 0 e, per (x, y) e 8_, si ponga u = y - x. In virtfi dell'Assioma 4, esiste allora z e 8 tale che, posto sl = z - x e s2 = y - z, si abbia a(s l , s l ) = a(se, s2) = 0 e u = sl + s2. Per la bilinearit~ di a, si ha allora

z(u, u) = 2r s2) < 0.

e, considerato fl vettore t = Sl - s ~ , risulta

a ( t , t ) = - ~(sl , s2) > O.

Dunque, la terna di eventi (Xo~ xl = x0 + t, x2 = Xo + Sl ) soddisfa la condizione

~(Xo + ~(x~ - Xo), x2) = s~ = 0

con /z = 1. Questo contraddice l'Assioma 5(g~ e la contraddizione prova l'asser- to. m

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B R U N O C A R B O N A R O : Una struttura sintattica unitaria, ecc. 85

Questo Teorema mostra che anche E_ = 0, cosicch~ E = E+ U Eo, con E+ g1 Eo = = {0}. D'altra parte, si ha anche il seguente importante risultato.

TEOREM~ 5.2. - Per ogni t � 9 \ { 0 } e per ogni s �9 E o \ { 0 } , a(t , s) = 0. Di con- seguenza, ( t - / ~ ) z = t 2, per ogni t � 9 \ { 0 } e per ogni s � 9 o \ { 0 } .

DIMOSTRAZIONE. - La dimostrazione ~ del tutto ovvia, e la includiamo qui unica- mente per completezza.

Siano t e E + \ { 0 } e s � 9 arbitrariamente assegnati. Scelto comunque Xo E 6, e posto x~ = Xo + t e x2 = xo + s, si ha certamente (Xo, x~) �9 8+ e (Xo, x2) �9 to (con xo ~ xe). Per l'Assioma 5(g) e la definizione di ~, si ha

~(~t-s, ,~t-s)=0 ~ / z=0 ,

ossia, per la bilinearit~ e la simmetria di (r,

/z2t 2 - 2/xa(t, s) = 0 ~ ~ = 0.

Cib significa c h e l a condizione

t~t 2 - 2~(t , s) = 0

deve ammet tere la sola soluzione nulla, ossia, ovviamente

~(t, s) 2 - 0 ,

t 2

il che prova il nostro asserto, m

Se, per ogni v �9 E, conveniamo di denotare col simbolo [span {v}] • il sottospazio (che si constata facilmente essere tridimensionale) dei vettori w � 9 tali che a(u, w) = 0, il Teorema 5.2 stabilisce che Eo c [span {u}] • qualunque sia u �9 E+. Vo- gliamo ora provare che, per ogni u � 9 [span{u}] ~ c Eo, ossia

TEOREMA 5.3. - S e t �9 E+, e a(s, t) = 0, allora s �9 Eo.

DIMOSTRAZIONE. - A s s e g n a t o arbitrariamente t e E + , per il Teorema 5.2, sappia- m o c h e Eo c [span {t}] ~. D'altra parte, per l'Assioma 4, esiste un sistema {si}l<.i<.~ !inearmente indipendente, con si �9 Eo, per ogni i �9 {1, 2, 3}. Percib span {si }i.<i.<3 = = [span{t}] • Se ora esistesse una terna (a 1, ~2, ~ 3 ) � 9 [ F S \ { ( 0 , 0, 0)}] tale che

t '2 ---- ( o t i s i ) 2 > 0,

dovrebbero aversi simultaneamente

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86 BRUNO CARBONAR0: Una struttura sintattica unitaria, ecc.

e, sempre per fl Teorema 5.2, le relazioni

: 0 ( i : 1, 2 , 3 ) .

Percib, t '2> 0 implica t '2= O, e cib prova fl Teorema. �9

Dunque, assegnato comunque t e E + , abbiamo provato che [span{t}] • =Eo. Questo risultato, in completa analogia con quanto accade nello spazio-tempo relativi- stico, implica ancora la validit~ del Teorema 4.5, ossia chela massima dimensione dei sottospazi di E di vettori di tipo tempo ~ 1. Esso ha due altre conseguenze importanti: (a) [span{u}] • [span{v}] l , per ogni (u, v ) e (E+\{0})2 ; (b) ~(u, v ) = +_ 1, per ogni (u, v ) e ( E + \ { 0 } ) 2 tale che u 2= v 2= 1. Cib ci consente di dare la seguente

DEFINIZIONE 5.1. - Per ogni coppia di eventi (x, u e ~, lo scaIare [z(x, l/)] I/2 si dir~ intervallo temporale assoluto tra x e y.

Questa definizione pub completarsi con la seguente.

DEFINIZIONE 5.2. - See solo se (x, y) e 80, i due eventi x e y si dicono assolutamen- te simultanei.

Riferendoci alla Definizione 3.1, possiamo dunque stabilire che due eventi appar- tenenti allo stesso segnale luminoso sono assolutamente simultanei.

Inoltre, troviamo di nuovo che, definendo nuovamente ,,equivalenti, due vettori di tipo tempo u, v quando (e solo quando) 6(u, v) > 0, i vettori di tipo tempo si riparti- scono in due classi d'equivalenza ~§ e ~_. L'unione ~ = ~_ U ~+ U {0} si dir~ ancora cono temporale. ~V+ si dir~ falda positiva, e ~V_ falda negativa del cono temporale. Sfortunatamente, non ~ possibile assegnare rorientamento del cono temporale, cio~ stabilire l'appartenenza di un qualsiasi vettore t di tipo tempo all'una o all'altra delle due falde, senza aver assegnato a priori e convenzionalmente un elemento di uno di essi (5). Cosi, non ~ possibile dare una definizione ,~intrinseca, (6) delle relazioni ~,--~, e ,, < ,. La prima, in particolare, non ha alcun significato hello schema prerelativistico, poich~, essendo simultanei, la partenza e l'arrivo di ciascun raggio di luce debbono es- sere del tutto indistinguibili, almeno sulla base di informazioni puramente visive. Ciononostante, tutte le altre definizioni date nella Sezione precedente, a meno di ov- vie modifiche formali, mantengono inalterato il Ioro significato. Un ,,osservatore,, ad esempio, sar~ ancora una coppia t~ = (span {t}, [span {t}] ~ ), con l'importante diffe- renza che stavolta [span {t}] • ~ lo stesso sottospazio di E (cio~ E0) per tutti gli osser-

(~) ]~ questa la ragione per cui, nella sua definizione assiomatica dello spazio-tempo neoclassi- co, W. NOLL [181 ~ costretto ad assumere come fondamentale una relazione d'ordine temporale.

(6) Intrinseca, per intenderci, alla stessa stregua di quella del prodotto vettoriale nella teoria degli spazi vettoriali.

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BRUNO CARBONARO: Una st~attura sintattica unitaria, ecc. 87

vatori, e l'appartenenza di t a ~+ ~ condizionata dall'esistenza di un osservatore ,pri- vflegiato, ~9~ -- (span {t}, [span {v}] • ) tale che, per convenzione, v e ~+. In tal modo,

possibile definire una relazione - < r ' , che risulta inctipendente dal variare dell'osser- vatore e pub sostituire sotto ogni riguardo la relazione ,, < , della teoria relativistica. Fatte queste precisazioni, la relazione di genidentit& tra eventi, e le nozioni di ,,posto- e ,,spazio fisico di un osservatore t2,, nonch6 quella di ~,regolo in quiete rispetto ad t2~ sono ancora date dalle Defmizioni 4.7-4.10. Si deve anche osservare che gli spazi ma- teriali di due osservatori t3 ed t3' distinti sono ancora oggetti matematici distinti.

Per ogni x o � 9 8, sia ora ;~xo:(x, y ) � 9 [x 0 + Eo]2--~ ;~xo(X, y ) � 9 R + una funzione di separazione su Xo + Eo definita positiva, cio~ tale che ;~xo (x, y) = 0 ~ x = y, e soddi- sfacente le relazioni

2xo (X+u ,y+u)=2xo(X ,y ) , Vu eEo ,

;~xo(X, y) = ~ro(x, y), V(x0, Y0) �9 ~o,

arbitrariamente assegnata. Con la famiglia di metriche {2x}x~z cosi definita, 8 assu- me la struttura di spazio fibrato. Per ogni x0 �9 8, lo spazio puntuale (euclideo, in virtfi della definizione di ;~xo) ~ unafibra di 8 cosi strutturato. Le metriche definite sulle di- verse fibre sono in generale diverse e indipendenti l'una dall'altra, avendosi

)~r~( x + (Yo - Xo), Y + (Yo - Xo)) - )~xo(X, Y) = ~(Yo - Xo; x, y ) ,

V(x0, Yo) �9 82, V(x, y) �9 [Xo + Eo ]2,

con ~(Y0 - Xo ; x, y) = 0 se (x0, Yo ) e 80. Se la funzione ~ ~ identicamente nulla, agora, detto [PIlP2 ] un regolo in quiete rispetto ad un osservatore t2, esiste una costante

* �9 ]E +, tale che

;~x(X, y) = :~*, V(x, y) �9 P1 x P2 i(x, y) �9 80.

Cib ci consente di dare la seguente

DEFINIZIONE 5.3. - Sia t2 = (span{t}, E0) fissato. Per ogni coppia (P1, P 2 ) � 9 [8/;~o] 2, si dice lunghezza del regolo [FLIP2] /o scalare

~[PllP2]= 2x(X, y), Y(x, y) ePl X P21(x, y) �9

1~ a tal proposito ovvia, alla luce delle Definizioni 4.11, 4.12, la ragione per la quale si ~ omesso, in questa definizione, l'aggettivo ,~propria, riferito alla lunghezza del re- golo. Essendo infatti [span {t}] ~ lo stesso per ogni t e E+, ia lunghezza propria di un regolo ~ per definizione identica alla sua lunghezza rispetto a qualsiasi osservatore.

Sulla base delle definizioni e delle proprieth qui esposte, e dell'ovvia definizione di ,,velocita di un punto solidale ad un osservatore t~ rispetto ad un osservatore t~', che da esse si deduce, si ritrovano subito le trasformazioni di Galilei tra le coordinate spa- zio-temporali di uno stesso evento rispetto a due osservatori distinti. Si pub cosi rico- struire facilmente rintera cinematica relativa classica.

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88 BRUNO CARBONARO: Una s trut tura sintatt ica unitaria, ecc.

6. - L a M e c c a n i c a C l a s s i c a c o m e , , l i m i t e a s s i o m a t i c o - d e l l a M e c e a n i c a R e l a t i -

v i s t i c a .

Nelle due precedenti Sezioni, ci siamo sforzati di illustrare in termini strettamen- te matematici il carattere mutuamente contraddittorio, gi~ ad uno stadio assiomatico e fenomenologico, della Meccanica newtoniana e della Teoria della Relativit~ Ristret- ta o, meglio ancora, dei linguaggi cinematici da esse adottati. In questa Sezione, ci proponiamo di mostrare come la prima delle due teorie possa ottenersi come ~limite assiomatico- della seconda. Per chiarire il nostro obiettivo, sono necessarie (e suffi- cienti) alcune osservazioni.

II fatto che la struttura geometrica dello spazio-tempo galfleiano (o newtoniano) sia in qualche mode un ,limite- delle strutture geometriche di una famiglia di crone- topi relativistici corrispondenti ad assegnazioni di un valore sempre maggiore alla ve- locit~ della luce, traspare chiaramente dalle descrizioni comparate che di esse si d~nno in alcune tra le migliori trattazioni didattiche (cfr. G. G. EMCH [7]), o si desumono da alcuni importanti lavori di ricerca (cfro W. NOLL [17, 18]), Atla stessa conclusione si giunge (almeno intuitivamente) raffrontando le descrizioni contenute nelle precedenti Sezioni 4 e 5, nonch6 le metriche d e 8 richiamate nell'Introduzione. E ben facile im- maginare che, per ogni x0 e 8, il piano xo + E0 dello spazio-tempo galileiano debba considerarsi come una quadrica doppiamente degenere ottenuta dalla degenera- zione del cono-luce (inteso come la frontiera det cone temporale). Questo ~ in perfett0 accordo con due circostanze: 1) la metrica newtoniana attribuisce divario nullo a coppie di eventi connessi da traslazioni puramente spaziali; 2) la metrica d, che ha la stessa caratteristica, si ottiene come limite per c---) + ~ dalla metrica relativi- stica 8.

In matematica, nondimeno, due circostanze (o due emmciati) coerenti non sono ne- cessariamente connesse logicamente: pub non esservi alcuna implicazione tra esse. Nulla impone che la struttura dello spazio-tempo (neo)classico sia conseguenza di un'operazione di limite su quella dello spazio-tempo relativistico (di fatto, in sense storico, non lo ~), ed fl fatto che possa esserlo potrebbe t%ultare una mera coinciden- za. La stessa osservazione pus applicarsi al fatte che l a d sia contemporaneamente la metrica ,,naturale- per la struttura spazio-temporale descritta nella Sezione 5 e possa riguardarsi come limite per c -~ + cr della 8, a meno che non si espliciti roperazione di limite, mostrando soprattutto che essa non si riduce ad una semplice operazione di passaggio al limite in una formula, ma che gli assunti fenomenologici sui quali si fonda la Meccanica classica sono ,,forme limite, di quelli della Relativit~ Ristretta. Ed questo lo scope precipuo della presente $ezione.

In vista del nostro obiettivo, consideriamo anzitutto la funzione ~ = ~(xo, x~, x2)

introdotta nell'Assioma 5(~). Poich~ la condizione (4.1) pus ovviamente esprimersi nel- la forma

(6 . ! ) [(x2 - xo) - ~(x~ - xo)]2 = o ,

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BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica uni tar i~ ecc. 89

che equivale alla

- 2t~(x~ - Xo). (x~ - xo) + ,~x(x~ - xo) ~ = O,

ne segue che t~ dipende da (Xo, x~, xe) soltanto tramite i vettori x ~ - x o e x e - Xo. Ora, l'Assioma 5~) equivale ovviamente alla richiesta c h e l a (4.1) valga per tutte e

sole le terne di eventi (Xo, x~, x~) tall cbe ~(xo, x~) = 1 (con ~(Xo, xe) = 0), cosicch6 si pub fare riferimento alla seguente riformulazione dell'Assioma 5(~):

ASSIOMA 5(~). - Per ogni terna (Xo, xl , x2 ) e ~, tale che z(x0, xl ) = 1 e ~(Xo, x2) = 0 (con xo ~ x2), esiste ~ = ~(xo, xl , xe) ~ R \ { 0 } tale che sia soddisfatta la (6.1).

Di conseguenza, si pub t ra t tare ~ semplicemente come una funzione lineare del prodotto scalare ( x 2 - x o ) ' ( x ~ - xo). In l~articolare, r iguardata come fm~zione su [ E + \ { 0 } ] • Eo, la i~ soddisfa le condizioni

~(~t, s) = ~t~(t, s ) , ,~(t, as) = ~ ( t , s) (~ e R)

~ ( t , s ) = O ~ s = O .

D'altra parte, ~ evidente che, a meno di sostituire la funzione ~(xl - x0, x2 - xo) con un'opportuna altra ~ (x~- Xo, x 2 - xo), e per ogni h e F~ +, la (6.1) b equivalente alla

(6.2) (h(x2 - Xo) - ~(xl - xo)) = 0

(con (xl - xo)2 = 1). Ma ragionando all'inverso, e supponendo assegnata la forma bili- neare t~, si pub studiare s e e come varino le propriet~ della funzione di separazione de- finita su ~ al ~'ariare della scelta di h e (1, + ~ ). A tale scopo, giover~t anzitutto ricor- dare che, in conseguenza del Teorema 4.2, per ogni (t, s) e [ E § x [Eo \{0} ] , con t 2 = 1, esiste un s* e span{s} tale che ~( t , s* )= 1.

Fat ta questa premessa, passiamo a dimostrare un risultato chiave per il seguito~

TEOREMA 6.1. - Per ogni h ~ [1, + ~ ), esiste almeno una funzione di separazione zh : (x, y) e 82 -o ~h (x, y) e F~ su ~ soddisfacente le condizioni:

(1) : (x , y) > 0 ~ :h (x, y) > 0;

(2) lo spazio delle traslazioni Eh, associato ad ~ dalla zh, coincide con E;

(3) per ogni (x, y, z) e ~, tale che z(x, y) < 0 e z(y, z) > 0, esiste x* e ~ tale che ~ ( x , x*) = 0 e x* - x e s p a n { y - x, z - y}.

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90 BRUNO CARBONARO: Una struttura sintattica unitaria, ecc.

(4) Se ~(Xo, Xl)=O e x l - X o = ( Z - X o ) + ( X l - Z ) , con z(Z, Xo)>O e z(xt , z) = O, allora

~h(Xo, Xo + h-1/2~(Xo - z, xl - z)(xo - z), Xo + hl/2(x~ - Xo)) = O.

La forma bilineare ah definita su E tramite la condizione standard

1 (6.3) ah(u, v) = ~ [ % ( x , x + (u + v)) - zh(x, x + u) - zh(x, x + v)],

V x e ~ , V ( u , v ) e E 2,

soddisfa, in un'opportuna base {e~ }o~<=.<~ di E, ortonormale rispetto al prodotto sca- late a, con eo e E+ ed {ei }1.<~-<3 c [span {eo }].L, la condizione

3 1 ~,(ui)2 (u =u~e~). (6.4) ah (u, u) = (u~ 2 - - ~ i=1

DIMOSTRAZIONE. - Affinch6 il teorema sia provato, si deve mostrare che le condi- zioni (1)-(4) dfinno una definizione completa della funzione di separazione zh in termini della ~. Equivalentemente, in vista della condizione (2) e della (6.3), si potr~ mostrare che, una volta espresse in termini di vettori di E, le condizioni (1), (3) e (4) defmiscono completamente la forma bilineare ah su E. A tale scopo, la dimostrazione si articoler/~ in fasi.

I) Poniamo, in primo luogo, in maniera del tutto naturale,

~ ) = { ( x , y ) e ~ 2 1 z ~ ( x , y ) > 0 0 x = y } ,

8(0 h) = {(X, y)e ~/I=h(x, y)= 0},

~ ) = ((x, y ) e~2]zh (x , y ) < O o x = y} ,

E ( h ) = { u e E J a h ( u , u ) > O o u = 0 } ,

E $ ) = {u ~El~h(u, u) = o } ,

E(_ h) = {u EE[,Th(U, u) < 0 o u = 0 } .

0ra, la condizione (3) assicura che, assegnati comunque t e E+ e u e E _ , esiste un S le Eo (h) tale che

S 1 ---- ~ t "Jr f lU

per una scelta opportuna di (~, fl)e R 2. Se ora poniamo

1"1 = ~f -a(u, u)t + ~ u)u,

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BRUNO CARBONAR0: Una struttura sintattica unita~a, ecc. 91

essendo span {t, u} = span {t, IT }, si ha anche

11 = .~t + vlT

(con ~.= a - ~ / - [ a ( t , t)] -1 a(u, u) ed v =fl[a(t, t)]-1/2). Per la condizione (4), ora, fl vettore h - l~ (~ t , J T ) t - h l l appartiene ad Eo(h); esso perb appartiene anche a span {t, 11 }, e percib a span {t, 11" }. Dunque, posto le = h- l~(~ t , v l * ) t - hl i , si ha

12 = ~ ' t + ~ ' I T ,

(con ~' = h - ~ ( ~ t , v l*) - hi ed V' = - by) e necessariamente dev'essere ~ ~ ~' oppu- re V ~ V' (altrimenti risulterebbe contraddetta la condizione (1)). Sempre per la con- dizione (1) (e per essere span{/1, /2} = s p a n { t , / * } ) , si vede poi che se s ~ E0 (h) N span {li, 12 }, allora non pub che essere s = ~!1 oppure s = ~12 per qualche opportuno ~ ~ R. Posto percib kl = kl (t, l*) = E.V-1 e k2 = k2(t, l*) = ~'V ,-1, si trova che, per ogni s �9 Eo oh) ;7 span {il, 12 }, si ha

(6.5) s = ~[kl (t, IT) t + l* ] oppure s = Z[k2 (t, IT) t + 1T ],

che, con t = ),t e sl = ~lT, equivalgono a

s = ki(t , 1T)t + Sl (i = 1, 2).

Pifi in general�9 ponendo t* = vt e s T = dT (con z e ]R e v e R arbitrariamente scelti), otteniamo

s = v -1 [k~ ( t* , s T) t* + sT ] ( i = 1, 2 ) ,

purch6 si ponga ki(vt, ,~lT)= z - l v k i ( t , / T ) , per ogni (t, I T ) � 9 x E0 e per ogni (*, ~) �9 R 2.

D'altra page , posto l~ = ~(t, l T ) t - l~, e ripetendo il ragionamento, per ogni

s e Eo (h) A span {sl, s2 }, si trova

(6.6) s = ;~[kl (t, l* 2 ) t + l~* ] oppure s = k[k2 (t, l~* ) t + l~ ],

e ciascuna delle due ret te (6.6) coincide, ovviamente, con una delle due ret te (6.5). Cib consente, per ogni (t, l*) �9 E§ x Eo, di esprimere ks in funzione di kl, ponendo, ad esempio,

k z ( t , l * ) = - [ k i ( t , l * ) - ~ x ( t , l ~ ) ] ( i , j = l, 2; i c j ) .

In definitiva, troviamo che /a definizione di ~ comporta quella di una f~nzione ]~:(t, l*) � 9 x Eo --~ k( t, l* ) = k~ ( t, l* ) e R , soggetta alla condizione k( at, fls ) = = ~-If lk( t , l*), per ogni (~, ~) e R ~, e tale che (a) gli elementi di span {t , l*} che si scrivono nella forma

s = Z[k(t, s * ) t + / * ]

appartengano ad E(o ~) e (b) per ogni elemento s �9 ~), esista una coppia

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(t, s*) e E+ • Eo tale che

s =k(t, s*)t +s*.

II) Mostreremo ora che, supponendo nota la funzione k(t, I*), ~ possibile dare una completa definizione della ah, una volta che se ne sia assegnato il valore ah (t, t) in corrispondenza di un particolare t e E § arbitrariamente prefissato. Per cominciare, sia allora (t, l * ) e E+ • E0 arbitrariamente assegnata, e sia I e Eo (h) dato dalla (6.5)1 con ~ = 1, 11" = l* e, ovviamente, kl = k. Per la condizione (4), deve allora valere la relazione

(6.7) h - l k ~ ( t , l*) ah(t, t) - 2kah(t, ill) = 0

mentre, d'altra parte,

(6.S) k3~(t, l*) a(t , t) - 2ka(t , l*) = 0.

Raffrontando la (6.7) e la (6.8), si ottiene la relazione

(6.9) h_ 1 a(flt, i l l*) _ ah(flt, ill) r i t ) ~ ( i t , i i t ) '

valida per ogni assegnazione di 1 e E0 (h), t e E+ ed l* e E0 legati dalla relazione (6.5)1 (con ~ = 1).

In virtfi della (6.9), la (6.5)1 conduce, tramite semplici calcoli, alle relazioni

(6.10) ~h (l*, t) = 1 ~h (t, t) a(l*, t) -- ka~ (t, t) h r t)

~ [ Ch(t, t) (6.11) ah(1, t) = r t) - - a ( l , t) - k a h ( t , t ) ] .

Si deve osservare che la (6.10), per le proprieti~ della ~, pub scriversi

ah(l*' t )=[ ~(l*'t)2h k]ah(t,t).

Essendo inoltre, sempre per la (6.5)1,

ah (l*, l* ) = - 2k(t, l* ) ah (l, t) + k 2 (t, 1" ) ah (t, t ) ,

dalla (6.9) segue anche

(6.12) o" h (1", l* ) = eth (t, t) 2 k ( t , l * ) ~(l*, t) l* ]

h a(t, t) + k2(t' )

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BRUNO CARBONARO: Una strut tura sintatt ica unitaria, ecc. 93

oppure

(6.13) ~ h ( l , , 1 , ) = ~ h ( t , t ) [ k ( t , l , ) ~( t , / * ) ] h "

Essendo t e l* arbitrariamente assegnati, possiamo dunque asserire che la (6.10) definisce la ah su tutto E0 x E+.

Ricordando ora la defmizione della ~, e le sue propriet~ dimostrate nella Sezione 4, e facendo riferimento alla base {s~ }o~<~.<4 introdotta col Teorema 4.4, per la (6.10) si ha che, per ogni u = u~s~ �9 E, e per ogni t �9 E+,

1 ~h(t, t) (6.14) ~h (U, t) = U~h (S~, t) = - - ~(U, t) -- [U s k(t, s~)] ~h (t, t) .

h ~(t, t)

Se u e E+, oltre alla (6.14) deve anche sussistere la relazione

1 ah(u, u) ~h(u, t) - - - ~(u, t) - [t~k(u, s~)] ~h(u, u) , h ~(u, u)

che, raffrontata alla (6.14), fornisce

(6.15) ~h(u, u) = h ~(u, u) [t~k(u, s~)] h ~(t, t)

In definitiva, se fi valore di ah (t, t) (per un t �9 E§ fissato) ~ assegnato, e la funzione k(t, l*) ~ nota, allora fl valore di ~h (u, e) risulta ora assegnato ogniqualvolta almeno uno dei due argomenti della ~h appartiene ad E+. In partieolare, il valore di ~h(v, v) ~ noto per ogni .v �9 Eo U E+.

Sia infine v e E _ , seelto ad arbitrio. Dato eomunque u � 9 N [span{v}] -~, tale ehe ~(u, u) = - e(e, v), sia l* = u + v. Si ha subito

eh(v, v) = ~h(l*, l*) - 2~h(l*, u) + ~h(u, u),

ed i tre addendi a seeondo membro sono forniti rispettivamente, in termini della ~, della funzione k(t, l*), e del valore assegnato ~h(t, t), dalla (6.12) (o (6.13)), dalla (6.10) e dalla (6.14). In tal modo, la forma quadratiea ~h(v, v) risulta definita su tutto E, ossia la funzione di separazione ~h ~ definita su tutto ~ • ~, e perei6 fl prodotto sea- late ~h(u, v) (con (u, v) �9 [E0 U E_ ]2 e u ~ v) pub senz'altro rieavarsi dalla relazione (6.3).

III) Dobbiamo ora studiare le condizioni alle quali deve obbedire l'assegnazione della funzione k(t, l*), affinch~ la definizione di ~h risulti consistente. Anzitutto os- serveremo che, prendendo u = t = t=s= nella (6.14), si ottiene l'importante condizione sulla funzione

(6.16) t ~ k ( t ' s ~ ) = - ( 1 h ) "

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Pifi in generale, in virtfi delle propriet~ della a, per ogni t �9 E§ ed ogni s* e E0, si ha la condizione

[~(s*, t)]-~[k(t, t~t - s*) + k(t , s*)] = - ( 1 - 1 ) .

Inoltre, la (6.15) impone che debba esistere una funzione y = 7(u, t) > 0, soddisfacen- te la condizione ~-(2u, t~t) = 2-2,uz~'(u, t), tale che

1 a(u, t) (6.17) [t~k(u, s~)] = ~,

h ~(u, u) 1 a(u, t) [u~k(t, s.)]} h a(t , t)

e, se t ' e E+, dovendosi avere simultaneamente la (6.15) e le

~rh(t', t ') = 1 ~(t', t) [t~k(t ', s~)] 1 [t'~k(t, s~)] h ~(t ' , t ' ) h 6(t, t)

ah(t, t ) ,

ah(t', t ') = 1 a( t ' , u) [u~k(t , s~)]}-~{ l ~ ( t ' ' u ) h a(t ' , t ') ' h ~(u, u)

[t'=k(t, s=)]} ~h(u, u) ,

ne segue la condizione

(6.18) 1 6(t ' , t)

h r t') Et~ 1 a(t ' , t) [t '~k(t, s ~ ) ] / =

h ~(t, t) J }1( } _ 1 6(t ' , u) [u=k(t ', s=)] 1 6(t ' , u)

h a( t ' , t ' ) h a(u, u) [t'=k(u, s~)] •

• 1 a(u, t) [t~k(u, s~)] 1 [u~k(t, s~)] . h a(u, u) h a(t, t)

Queste condizioni definiscono le quattro funzioni k~: t �9 E + - . k~( t )= k(t, s~) �9 R e, ponendo k(t, I*) = l~k(t, s~) per ogni l* = l~s~ � 9 la funzione k ( t , ! * ) su tutto E+ • E0. In tal modo, assegnati ah(t, t) e k~(t, s~), per ogni ~ e {1, 2, 3, 4} ,per unf i s - sato t �9 E+, la ~ risulta completamente definita.

IV) Siano ora t �9 E + , l~ , I~ e Eo e l l , l~ e E(o h), con t = l* + l* , h - i t = I1 + 12 e lj = k(t, I~) t + l~ (j = 1, 2). Sia poi u = I1" - 1"2. Si ha allora

(6.19) l~ = k(t, i f ) + t + g u , 12 = k(t, l~) + t - g u ,

m e n ~ e

a~ (t, t) h - l a b ( t , lx) = h - l ~ h ( l , 12) = ~h(t, /2) = eh(ll, 12) - - - ,

2h 2

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BRUNO CARBONAR0: Una struttura sintattica unitaria, ece. 95

cosicch~

a~(u, t) = [k(t, l*) - k(t, /a*)] a~ (t, t ) .

Ne consegue immediatamente ehe, posto [span{v}] • { u e E l a h ( u , v ) = 0 } , per ogni v e E, allora per ogni t �9 E+, [span {t}] • = [span {t}] • see soltanto se k(t, s~) = = k(t, sz), per ogni ~,/~ �9 {0, 1, 2, 3}. In tal easo, ovviamente, k(t, l*) risulta eostante su ciascun insieme L , . (t) = {/* �9 Eo It~(l*, t) = ~ , }.

Supposto allora k(t, l~) = k(t, l*) nelle (6.19), si ha anche u = l~ - 12, ed avendosi 6h(u, u) = - 26h(/~, 12) = - h-2ah(t , t), se si impone ah(t, t) = a(t, t), si ha pure

~h(u, u) = h-2 ~(u, u). Ne eonsegue ehe nella base {e=} soddisfaeente le eondizioni *(eo, eo )= 1,

*(ei, ej) = ~ e k(eo, s=) = eostante, la forma bflineare a~ assume la forma (6.4). Un caleolo eoneettualmente semplice (sebbene tedioso ed alquanto lungo, almeno nel caso generale) ci eonsente poi di determinare il gruppo di trasformazioni tra basi (ortogo- nali rispetto al prodotto sealare a~) rispetto alle quali la forma (6.4) della metriea ~ resta invariante. �9

In virtfi della definizione intrinseca data alla za (e percib alla 6h), rappresentando gli elementi di E nella base {e~}0~3, troviamo subito che, assegnato comunque l eE(o h) dev'essere a(1,l)< 0, ed assegnato comunque l * e E o , deve risultare 6h (l*, l*) > 0.

1~ infine del tutto ovvio che

TEOREMA 6.2. - Per ogni h ~ (1, + ~ ) , /a funzione di separazione ~ definita dalle condizioni (1)-(4) del Teorema 6.1 soddisfa gli Assiomi 1-4, 5(~).

Si ha ora l'altro importante

TEORE~ 6.3. - Sia {zh }h~(1,+ ~) una famiglia di funzioni di separazione su ~, de- finite daUe condizioni (1)-(4) del Teorema 6.1. Si ha allora che

~ , (h ) ,- ~ ( h ' ) h' > h~E(o h~)cE() ) e ~0 ~ + ,

ossia E(+h)c E(Y ) (ed, equivalentemente, E(f) c E(~)).

DIMOSTRAZIONE. - Per quanto si ~ detto nella dimostrazione del Teorema 6.1, certamente possibile assegnare una base {e~ }o<~-~3 ehe risulti o~ogonale sia rispetto al prodotto scalare ache al prodotto ~h, ed anche una base {e" } 0 ~ 3 che risulti orto- gonale sia rispetto al prodotto scalare ache al prodotto 6h,. Poich~, come abbiamo vi- sto, l'assegnazione di queste basi ~ arbitraria, si pub certo fare in modo che esse coin- cidano. Perci6 si pub assumere che la base {e~ } o < ~ sia ortogonale tanto rispetto al prodotto scalare ah ehe al prodotto scalare ~rh,. Nella base {e~ }o~<s devono allora va-

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lere simultanemente la (6.4) e la

a~,(u, u) = (u~ 2 - - -

ossia, posto h ' / h = V > 1,

3

h!r2,/~I(U i ) 2 . = (u =u~e ~) ,

3 1 ~ ( u i ) 2 a h ( e i , ei) (u = u~e~). ah,(u, u) = (u~ a~ (eo, eo) - - ~ i=1

]~ dunque lecito ripetere parola per parola, riferendosi ai prodotti scalari ahe ah', rar- gomentazione proposta al Teorema 6.1, che prova l'asserto. "

I1 risultato espresso dal Teorema 6.2 ci consente di dare la seguente

DEFINIZIONE 6.1. - Si dirdt spazio-tempo (o universo) relativistico ogni terna %th-= (8, ~, ~h) soddisfacente le condizioni:

(a) ~ ~ u n insieme non vuoto;

(b) ~ ~ una funz ione di separazione su ~ verificante gli Ass iomi 1-4;

(c) ~h ~ una funz ione di separazione su ~ definita dalle condizioni (1)-(4) del Teorema 6.1.

Si conside~i ora la funzione ~ ~ : (x, y) e ~2 ~ ~ ~ (x, y) e F~ definita dalressere

(6.20) ~ ~ (x, y) = lira ~h (X, y) . h---) :r

Si ha subito

TEOREMA 6.4. - L a funz ione ~ ~ ~ una funz ione di separazione su ~. Essa soddisfa gli Ass iomi (1)-(4), 5(g) e /e condizioni (1)-(4) con h = + ~ , ed inoltre, con ovvio signi- ficato dei simboli,

E(+ ~1= U E(+ h), E(o ~ ) = ~ E(_ h), E(_~) = O. he(l,+ :r he(l,+ r

La dimostrazione di questo teorema ~ del tutto ovvia, e pub essere omessa. Possiamo ora dare la

DEFINIZIONE 6.2. - Si dird~ spazio-tempo (o universo) classico (o newtoniano, o ga- lileiano) ogni terna ~ - (8, ~, ~ ) tale che ~ ~ del tipo (6.20) e, per ogni h e (1, + r la teuna ~ta = (8, ~, z~) ~ uno spazio relativistico.

Per definizione, dunque, lo spazio-tempo classico ~ sempre il limite di una famiglia ad un parametro di universi relativistici.

importante osservare che il sistema di Assiomi 1-4, 5(g) risulta soddisfatto da una funzione di separazione che ~ il limite di una famiglia di funzioni di separazione

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che verificano tutte il sistema di Assiomi 1-4, 5(r). In questo senso, il sistema di Assio- mi 1-4, 5(g) ~ il limite del sistema di Assiomi 1-4, 5(r), e la Meccanica classica risulta un limite ,,assiomatico, (e non puramente algoritmico) della Relativit~ Ristretta.

7. - O s s e r v a z i o n i c o n c l u s i v e .

Gli Assiomi presentati nelle Sezioni 3, 4 e 5, ma soprattutto le conseguenze che se ne traggono, e quelle che non se ne sono tratte in questa sede, richiedono qualche pa- rola di commento.

Anzitutto, il raffronto tra l'Assioma 5(r) e l'Assioma 5(g) evidenzia il carattere mu- tuamente contraddittorio della Relativit~ Ristretta e della Meccanica galileiana. Ci si potrebbe domandare se non sarebbe pifl soddisfacente, sotto il profflo logico, riuscire a riformulare uno dei due in modo tale che esso risulti la proposizione logicamente contraddittoria dell'altro. Ma questo ~ concettualmente (oltre che tecnicamente) im- possibile: invero, una tale riformulazione implicherebbe che uno dei due assiomi deb- ba essere una proposizione introdotta da un quantificatore esistenziale, e non conte- nente alcun quantificatore universale. D'altra parte, entrambi gli Assiomi debbono esprimere leggi fisiche, ossia regole generali, cosicch~ la loro formulazione non pu6 evitare l'uso di quantificatori universali. Del resto, il raffronto mostra anche che la presenza del quantificatore universale in entrambi li rende formalmente, anche se soltanto parzialmente, traducibfli l'uno nell'altro.

Si deve poi osservare che nessuno dei due Assiomi introduce la possibilitfi di ani- sotropia ottica per alcun osservatore che sia definito come helle Sezioni 4 e 5. La stes- sa ipotesi che, tanto in Relativit~ Ristretta quanto in Meccanica Classica, alla funzio- ne di separazione risulti associato un unico spazio vettoriale delle traslazioni, garanti- sce l'isotropia ottica in entrambi i casi. In Meccanica prerelativistica, la contraddizio- ne ~ metodologica piuttosto che logica, e deriva dalla duplice funzione della luce: stru- mento di percezione (e perci6 fondamentale per ricavare le relazioni basilari tra misu- re spaziali e temporali) ed oggetto di studio; nel momento stesso in cui, utilizzandola come strumento di misura, ne deriviamo le trasformazioni di Galilei, stiamo postulan- do una legge (c = + ~) che risulter~ in contraddizione con l'evidenza sperimentale cluando riguarderemo la luce come fenomeno fisico e, perciS, come oggetto di studio.

Un'osservazione spiacevole si presenta subito nel considerare i risultati della Se- zione 5: l'ordine temporale ~ arbitrario, e non risulta definita alcuna misura delle di- stanze spaziali. Questa circostanza sottolinea la sostanziale incompletezza di qualsiasi sistema assiomatico che, come i precedenti, si basi unicamente su considerazioni cine- matiche o geometriche (ossia, equivalentemente, su informazioni puramente visive). Sembra ovvio, ad un'analisi appena un po' attenta, che le informazioni puramente vi- sive, se non integrate dalla registrazione di una certa quantit~ di dati tattili, non sono in grado di dirci nulla sulle dimensioni degli oggetti. Sono le interazioni di contatto a darci la nozione di distanza. L'introduzione di una ben definita ,,distanza spaziale, ri-

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chiede perci6 un certo numero di postulazioni di carattere dinamico. La definizione dei sistemi materiali e delle propriet~ delle loro interazioni deve dunque far parte del- la descrizione dello spazio-tempo.

Per quanto riguarda l'ordine temporale, le informazioni che possediamo in propo- sito sembrano derivare unicamente dall'esistenza, e dalla considerazione, di processi di evoluzione irreversibili. Ma l'irreversibilit~ (che, facendo riferimento ai cosiddetti ,,cicli-, pub essere definita senza far ricorso ad un ordine temporale dato a priori) una nozione termodinamica: questo sembra suggerire che anche la definizione dei si- stemi termodinamici e delle loro modalit~ d'interazione debba far parte dello schema assiomatico definitorio dello spazio-tempo.

Le precedenti osservazioni caratterizzano, meglio di qualsiasi obiezione circa l'in- tuitivit~ dei risultati, la natura di questo lavoro come ,,primo passo, o ,(primo approc- cio, ad una formulazione assiomatica sintatticamente rigorosa, fenomenologicamente perspicua ed unificatrice delle diverse teorie fisiche. La ricerca pub ora prendere due direzioni: verso la derivazione dei risultati gi~ ottenuti da nozioni dotate di significato fenomenologico pifi immediato, e di relazioni strutturali pifi semplici; oppure, verso l'introduzione nello schema assiomatico di definizioni ed assiomi che presentino op- portune leggi termodinamiche come propriet~ strutturali dell'universo fisico.

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