Una Cena Molto Originale (Txt)

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    UNA CENA MOLTO ORIGINALE.

    A cura di Amina Di Munno.Copyright 1995 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.Titolo originale dell'opera: "A Very OriginalDinner".Prima edizione Oscar Piccoli classici giugno 1995.Su concessione Arnoldo Mondadori Editore.

    INDICE.

    Una cena molto originale: pagina 3.Il furto della Villa delle Vigne: pagina 38.

    Nota critica, di Amina Di Munno: pagina 54.Note: pagina 67.

    Una cena molto originale.

    "Dimmi cosa mangi, ti dir chi sei".Qualcuno.

    1.Fu durante la quindicesima sessione annuale della Societ diGastronomia di Berlino che il Presidente, Herr Prosit, fece il famosoinvito ai suoi membri. La sessione era naturalmente un banchetto.Durante il dessert nacque un'accesa discussione sull'originalitdell'arte culinaria. Era un cattivo momento per tutte le arti.L'originalit era in declino. Anche nella gastronomia c'erano undeclino e un indebolimento. Tutti i prodotti della cucina che sidefinivano "nuovi" non erano altro che varianti di piatti gi noti.Una salsa diversa, un modo lievemente diverso di condire o insaporire

    - in questo differiva il piatto nuovo da quello tradizionale. Non vierano vere e proprie novit, ma solo innovazioni. Tutte queste cosefurono deplorate unanimemente al banchetto, con una variet di toni ediversi gradi di veemenza.

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    Mentre si discuteva con calore e convinzione vi era tra noi un uomoche, sebbene non fosse l'unico a tacere, era tuttavia l'uomo il cuisilenzio maggiormente si notava, perch da lui pi che da ogni altroci si poteva aspettare un intervento. Quest'uomo era naturalmente HerrProsit, presidente della Societ e anche di questa riunione. HerrProsit era l'unico uomo che non partecipasse alla discussione - eglistava in silenzio pi che disattento. Si sentiva la mancanzadell'autorit della sua voce. Era pensieroso - lui, Prosit, stava insilenzio - lui, Prosit; appariva serio - lui, Wilhelm Prosit,presidente della Societ di Gastronomia.Il silenzio di Herr Prosit era per la maggior parte degli uomini unacosa rara. Egli somigliava (mi si conceda il paragone) a un uragano.Il silenzio non gli era congeniale. Lo stare cheto non era unaprerogativa del suo temperamento. E come una tempesta (per seguire lasimilitudine), se qualche volta si manteneva silenzioso questoavveniva solo come una pausa e un preludio alla pi grande delleesplosioni. Questa era l'opinione che si aveva di lui.Il Presidente era un uomo per molti aspetti eccezionale. Era un uomoallegro e affabile, ma lo era con una vivacit eccessiva, con unaesuberanza nel comportamento che rivelava una costante artificiositdi attitudine. La sua socievolezza sembrava patologica; la sua facezia

    e i suoi scherzi, pur non essendo in alcun modo forzati, sembravanoimposti dall'interno da una facolt dello spirito che non quelladell'arguzia. Il suo umore sembrava manierato, la sua irrequietudinenaturalmente posticcia.In compagnia dei suoi amici - e ne aveva molti - manteneva unacorrente continua di ilarit, era tutto gioia e riso. Eppure sorprendente come questo strano uomo non mostrasse, nella suaespressione abituale, una manifestazione di allegria o di gioia.Quando smetteva di ridere, quando dimenticava di sorridere, per ilcontrasto che il suo viso tradiva, sembrava cadere in una serietinnaturale, come qualcosa di simile al dolore.Se questo fosse dovuto alla fondamentale tristezza del suo carattere,o alle pene della sua vita passata, o a qualsiasi altro male del suo

    spirito - io che riferisco questo, difficilmente potrei presumere diaffermarlo. Inoltre, questa contraddizione del suo carattere o almenodelle sue manifestazioni era notata solo da chi l'osservasse, glialtri non la vedevano, n vi era alcuna necessit che lo facessero.Come in una notte di bufere in cui si susseguono le une alle altre, maa intervalli, colui che ne testimone considera l'intera notte unanotte di tempesta, dimenticando gli intervalli tra i momenti piviolenti e attribuendo alla notte la caratteristica che lo ha colpitodi pi; cos seguendo un'inclinazione dell'animo umano, si diceva cheProsit fosse un uomo allegro, perch ci che pi colpiva in lui era lasua allegria fragorosa, la sua gioia rumorosa. Nella tempesta iltestimone dimenticava il profondo silenzio degli intervalli. Diquest'uomo dimenticavamo facilmente, per il suo riso selvaggio, il

    silenzio triste, la cupa pesantezza degli intervalli della sua naturasociale.Il volto del Presidente, ripeto, aveva questa contraddizione e latradiva. Quel viso sorridente mancava di animazione. Il suo eternosorriso sembrava la smorfia grottesca di coloro nei cui visi picchiail sole; "l" una naturale contrazione dei muscoli dinanzi a una luceforte; "qui" una espressione estremamente innaturale e grottesca.Era voce comune (tra coloro che lo conoscevano) che si fosse dato auna vita spensierata per sfuggire a una specie di malattia nervosaereditaria o, tutt'al pi a uno stato patologico, poich era figlio diun epilettico e aveva avuto tra gli antenati, per non menzionare moltidei casi pi stravaganti, parecchi di inequivocabili nevrotici. Eglistesso avrebbe potuto essere affetto da malattia nervosa. Ma non posso

    parlarne con assoluta certezza.Quello che posso dare come verit inconfutabile che Prosit era statointrodotto nella societ di cui parlo da un giovane ufficiale, anchelui amico mio, un tipo allegro che lo aveva conosciuto chiss dove e

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    aveva trovato irresistibili i suoi scherzi.Questa societ - quella di cui Prosit entr a far parte - era, a direil vero, una di quelle dubbie e non rare societ eccentriche che sonoformate da elementi di alto rango e di basso rango in una curiosasintesi, simile a una trasformazione chimica, per cui i componentivengono ad acquisire una nuova peculiare caratteristica, diversa dallaloro natura originaria. Questa era una societ le cui arti - percharti devono chiamarsi - erano quelle di mangiare, bere e fareall'amore. Era artistica indubbiamente. Era volgare, ancor piindubbiamente. E coniugava questi elementi senza disarmonia.Di questo gruppo di persone, socialmente inutili, umanamente corrotte,Prosit era il capo, perch era il pi volgare di tutti. Non possoovviamente penetrare nella psicologia semplice e insieme intricata diquesto caso. Non so spiegare, qui, la ragione per cui il capo di unasimile societ fosse stato scelto tra gli iscritti di rango pi basso.In tutta la letteratura molto acume, molto intuito sono stati spesi inenigmi di questo tipo. Si tratta di casi che hanno un'origineindubbiamente patologica. Poe ha dato ai complessi sentimenti che liispirano, credendoli uno solo, il nome generico di "perversit", maper non divagare vorrei limitarmi al caso in questione. L'elementofemminile della societ venuto, convenzionalmente parlando, dal

    basso, l'elemento maschile dall'alto. Il pilastro di questa intesa, iltratto d'unione di questo composto - anzi, meglio, l'agente cataliticodi questa trasformazione chimica - era il mio amico Prosit. I centri,i luoghi d'incontro della societ erano due: un certo ristorante o ilrispettabile hotel X, a seconda che la festa fosse una gozzovigliaspensierata, o una sobria, virile, artistica sessione della Societ diGastronomia di Berlino. Per quanto riguarda la prima, impossibilepronunciarsi, non possibile neppure un accenno senza rasentarel'indecenza, poich Prosit non era volgare in modo discreto, ma in unmodo abnorme e la sua influenza poteva rendere ancora pi basso illivello dei pi bassi desideri dei suoi amici. Quanto alla Societ diGastronomia, era migliore; diciamo che rappresentava il latospirituale delle concrete aspirazioni del gruppo.

    Ho appena detto che Prosit era volgare. E' vero, era cos. La suaesuberanza era volgare, i suoi stati d'animo si manifestavano in modotriviale. Riferisco tutto ci con obiettivit; il mio fine non scrivere encomi n calunnie, ma disegnare un personaggio nel modo pichiaro possibile e riferire con la verit che mi consente la mia piintima convinzione.Ma Prosit era triviale, senza dubbio, perch persino nella societdove, essendo a contatto con elementi della sfera sociale elevata, eraa volte costretto a vivere, non aveva perso molto della sua innatabrutalit. Vi indulgeva quasi consciamente. I suoi scherzi non eranosempre inoffensivi o graditi; erano quasi tutti di cattivo gusto, perquanto a coloro che sapevano apprezzare "il punto" di tali esibizioni,essi potessero sembrare abbastanza divertenti, spiritosi, ben

    congegnati.Il migliore aspetto di questa trivialit era la sua impulsivit, ilsuo fervore; perch il Presidente si impegnava con ardore in tutte lecose che intraprendeva, specialmente nelle imprese culinarie e nellerelazioni amorose; riguardo alle prime era un poeta del gusto, ognigiorno acquisiva ispirazione; quanto alle ultime, la sua bassezzad'animo era di infimo livello. Tuttavia il suo ardore e l'impulsivitdella sua allegria non si potevano mettere in dubbio. Trascinava glialtri con s per la foga della sua energia, trasmetteva loro calore,rinvigoriva i loro impulsi senza rendersene conto. Eppure la sua fogaera dedicata a lui stesso, era fine a se stessa, era una necessitorganica: e non intesa a stabilire un rapporto con il mondo esteriore.Questo fervore, in realt, non poteva reggere a lungo; ma, finch

    durava, la sua influenza sugli altri, anche se inconscia, era enorme.Ma, si noti che, per quanto il Presidente fosse impetuoso, impulsivo ein definitiva volgare e villano, non conosceva l'ira. Nessuno riuscivaa irritarlo. Inoltre era sempre pronto a rendersi gradevole, sempre

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    pronto a evitare una discussione. Sembrava desiderare sempre che tuttiandassero d accordo con lui. Era curioso osservare come dominasse lasua ira, come la reprimesse con una fermezza che nessuno gli avrebbesospettato, tanto meno coloro che lo conoscevano come uomo impetuoso eimpulsivo.Era soprattutto grazie a ci, suppongo, che Prosit godeva di tantapredilezione. Infatti anche se era volgare, brutale, impulsivo, mavisto che non si comportava mai in modo scorretto con manifestazionidi collera e di aggressivit, vi deponevamo le basi della nostraamicizia. Inoltre, c'era il fatto che era sempre disposto a rendersigradevole e a essere affabile. Che fosse rozzo, tra uomini contavapoco, perch il Presidente era una brava persona.E' ovvio, dunque, che il fascino (chiamiamolo cos) di Prositconsisteva in questo: nella sua capacit di non adirarsi, nel suo zeloper rendersi piacevole, nel peculiare fascino esercitato dalla suagrossolana esuberanza, forse persino, in definitiva, nella intuizioneinconscia del lieve enigma che la sua personalit presentava.Ma basta. La mia analisi della personalit di Prosit, forse esageratanei dettagli, tuttavia lacunosa, perch, come credo, ha omesso otralasciato gli elementi che portano a una sintesi conclusiva. Mi sonoavventurato al di l delle mie capacit. La mia comprensione non pu

    accompagnarsi con la chiarezza che desidero. Non aggiunger altro.Nondimeno da ci che ho detto una cosa almeno chiara: l'aspettoesteriore del Presidente. E per il resto, a tutti gli effetti, HerrProsit era un uomo allegro, uno strano individuo, vero, ma di solitocontento, che stupiva per la sua allegria, un personaggio in vistanella sua societ, un uomo che aveva molti amici. Le suecaratteristiche volgari, se da una parte caratterizzavano la societnella quale viveva; se, voglio dire, creavano un ambiente, da un'altraparte passavano inosservate per eccesso di evidenza, scivolavanogradualmente nel dominio del non avvertibile, diventavanoimpercettibili, finivano con lo scomparire.

    La cena stava per finire. La conversazione cresceva, il numero dei

    conversatori aumentava; e aumentava il rumore delle voci che siintrecciavano, che discutevano, che si contraddicevano. Prositmanteneva il silenzio. Il pi acceso conversatore, il capitano Greiwe,teneva un tono lirico, direi. Il suo discorso verteva sulla mancanzadi immaginazione (cos la chiamava) che rendeva insipida la cucinamoderna. Il suo entusiasmo aumentava. Nell'arte della gastronomia,osserv, erano sempre necessari nuovi piatti. Il suo modo di vedereera ovviamente limitato all'arte che conosceva. Egli sostenevaerroneamente, dava a intendere che solo nella gastronomial'innovazione fosse di fondamentale importanza. E questo pu esserestato un modo sottile per dire che la gastronomia era l'unica scienzae l'unica arte. Arte benedetta, url il capitano dove l'ideaconservatrice un eterna rivoluzione! Di questa potrei dire

    continu ci che Schopenhauer dice del mondo: che si preservaattraverso la sua distruzione.Perch, Prosit chiese un membro dall'estremo capo della tavola,notando il silenzio del Presidente. Perch, Prosit, non avete ancoraespresso la vostra opinione! Dite qualcosa, perbacco, siete forsedistratto; o malinconico? Non vi sentite bene?Tutti gli occhi si posarono sul Presidente Il Presidente sorrise nelsuo modo abituale, col suo solito sorriso malizioso, misterioso, mezzocorrucciato. Eppure "il suo" sorriso aveva un significato;preannunciava in qualche modo la stranezza delle sue parole.Prosit ruppe il silenzio che si era fatto in attesa della suarisposta.Ho una proposta da farvi, un invito disse. Ho la vostra attenzione?

    Posso parlare?Appena ebbe detto queste parole, il silenzio sembr farsi piprofondo. Tutti gli sguardi si concentrarono su di lui. Ognimovimento, ogni gesto si ferm a quel punto, perch tutti furono presi

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    dalla pi grande attenzione.Signori, cominci Herr Prosit nell'invitarvi a questa cena ososostenere che nessuno di voi ha mai partecipato a nulla di simile. Ilmio invito al medesimo tempo una sfida. Pi tardi vi spiegher.Ci fu una breve pausa. Nessuno si mosse, tranne Prosit, che gustava unbicchiere di vino.Signori, egli ripet, in modo eloquentemente diretto la mia sfida atutti i presenti consiste nel fatto che fra dieci giorni offrir unanuova sorta di cena, "una cena molto originale". Considerateviinvitati.Mormorii di spiegazione e domande si levarono da ogni parte. Perchquel tipo di invito? Che cosa voleva dire? Cosa significava? Perchquell'oscurit di espressione? Qual era, in altri termini, la sfidache lanciava?A casa mia, disse Prosit nella piazza.Bene.Voi trasferirete a casa vostra il luogo di riunione della nostrasociet? chiese qualcuno.No, sar solo per quest'occasione.E sar una cosa davvero cos originale, Prosit? indag ostinatamenteun altro con curiosit.

    Molto originale. Una assoluta novit.Bravo! L'originalit della cena, disse il Presidente, parlando come seavesse riflettuto non consiste in quello che vi appare, ma in quelloche significa, in quello che contiene. Io sfido chiunque qui presente(e vorrei dire chiunque in ogni luogo), a dire, dopo aver finito, inche cosa essa originale. Nessuno, ve lo assicuro, indoviner. Questa la mia sfida. Forse avrete pensato che si tratti di qualcosa per cuinessuno potrebbe offrire un banchetto pi originale. Ma no, non cos. E' molto pi originale. E' originale al di l delle vostreaspettative.Possiamo sapere chiese un membro il motivo del vostro invito?Sono spinto a questo spieg Prosit, e lo sguardo fisso gli dava

    un'espressione sarcastica da una disputa che ho avuto prima di cena.Alcuni dei miei amici qui presenti avranno sentito la discussione.Possono spargere la voce. Il mio invito fatto. Accettate?Certo! Certo! giunsero grida da ogni parte della tavola.Il Presidente assent e sorrise. E palesando una soddisfazione cheforse gli veniva da una sua visione interiore fin il suo discorso.Quando Herr Prosit ebbe fatto il suo stupefacente invito, laconversazione cadde sul motivo reale di quanto egli aveva detto.Alcuni erano dell'opinione che si trattasse di un altro scherzo delPresidente; altri che Prosit volesse dare un'altra prova delle suecapacit culinarie, il che era del tutto gratuito, poich (dicevanoquesti) nessuno le aveva messe in dubbio, egli voleva forse solosoddisfare la sua vanit in quest'arte. Altri ancora erano sicuri che

    il motivo dell'invito fossero certi giovani di Francoforte tra i qualie il Presidente esisteva una rivalit in fatto di gastronomia. Risultsubito, come vedranno i lettori, che il motivo della sfida eraeffettivamente il terzo - lo scopo immediato, intendo dire, poichessendo il Presidente un essere umano e, soprattutto molto originale,il suo invito, recava psicologicamente le tracce delle tre intenzioniche gli erano imputate.Il motivo per cui non si credette subito che la vera ragionedell'invito di Prosit fosse la disputa (come egli stesso avevaaffermato), era che la sfida era troppo vaga, troppo misteriosa perapparire come una risposta a una provocazione, come nulla pi che unavendetta. Alla fine, comunque, gli si dovette credere.La discussione menzionata dal Presidente era avvenuta tra lui e cinque

    giovani di Francoforte. Questi giovanotti non avevano di particolareche il fatto di essere gastronomi; penso che quello fosse l'unicotitolo degno della nostra attenzione. La loro contesa era stata, perquanto si ricordi, sul fatto che un qualche piatto inventato da uno di

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    loro, o una cena da loro offerta, fosse superiore alle impresegastronomiche del Presidente. Su questo era sorta la disputa; attornoa questo centro il ragno della discordia aveva ingegnosamente tessutola sua tela.I ragazzi avevano preso parte alla discussione con una certa foga;Prosit aveva controbattuto in modo sommesso e moderato. Era suaabitudine, come ho detto, non cedere mai all'ira. In questa occasione,tuttavia, si era quasi irritato per la foga delle risposte dei suoicontendenti. Si credette, ora che si sapeva, che il Presidente avrebbegiocato uno dei suoi giganteschi tiri ai cinque ragazzi per vendicarsia modo suo di quella disputa. Perci l'aspettativa presto divennegrande; cominciarono a circolare voci circa un brutto scherzo, storiesu una vendetta straordinariamente originale. Dato il caso e l'uomo,queste voci si giustificavano da sole; erano goffamente costruitesulla verit. Prima o poi furono tutte riferite a Prosit; maascoltandole egli scuoteva la testa e mentre sembrava fare giustiziaalla loro intenzione, deplorava la loro banalit. Nessuno, diceva, haindovinato. Era impossibile che qualcuno indovinasse. Doveva essereuna sorpresa. Congetture, supposizioni, ipotesi erano ridicole einutili.Queste dicerie, naturalmente, circolarono pi tardi. Torniamo alla

    cena durante la quale era stato fatto l'invito. Si era appena finito.Stavamo andando verso il "fumoir" quando ci imbattemmo in cinquegiovanotti dall'aspetto raffinato che salutarono Prosit piuttostofreddamente.Ah! amici miei, il Presidente spieg voltandosi a noi questi sonocinque giovani gentiluomini di Francoforte che io una volta ho battutoa un concorso di gastronomia...Sapete, veramente non credo che voi ci abbiate battuti replic unodei ragazzi, con un sorriso.Allora, lasciamo le cose come stanno o come stavano. In realt, amicimiei, la sfida che ho appena fatto alla Societ di Gastronomia (con unampio gesto della mano indicava noi) di un'importanza molto maggioree di natura molto pi artistica. Lo spieg ai cinque. Essi

    ascoltarono il pi scortesemente possibile.Quando ho lanciato questa sfida, proprio ora, signori, ho pensato avoi!Ah! s, davvero? E noi cosa c'entriamo?Ah! lo vedrete presto! La cena fra due settimane, il diciassette.Non vogliamo sapere la data, non ne abbiamo bisogno.No, avete ragione! ridacchi il Presidente. Non occorre. Non sarnecessario. Tuttavia, aggiunse sarete presenti alla cena.Cosa? grid uno dei tre ragazzi. Degli altri due, uno fece unasmorfia e l'altro sgran gli occhi. Il Presidente sogghign inrisposta. S, e vi contribuirete nella maniera pi concreta.I cinque ragazzi manifestarono apertamente il loro dubbio e il loroscarso interesse per la questione.

    Venite, venite! disse il Presidente mentre se ne andavano. Quandomi propongo una cosa la faccio sul serio e io vi dico che saretepresenti alla cena e che contribuirete alla sua buona riuscita.Questo fu detto in un tono di cos ovvia e acuta canzonatura che igiovanotti andarono su tutte le furie e si precipitarono gi per lescale.L'ultimo si volt.Forse saremo presenti con lo spirito, disse pensando al vostroinsuccesso.No, no; voi sarete realmente l. Sarete fisicamente con i vostricorpi, ve lo assicuro. Non preoccupatevi. Lasciate ogni cosa a me.Un quarto d'ora pi tardi, quando tutto era finito, seguii Prosit giper le scale.

    Credete che riuscirete a farli venire, Prosit? gli chiesi mentre simetteva il cappotto.Certamente, disse ne sono sicuro.Uscimmo insieme e ci salutammo sulla porta dell'albergo.

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    2.Arrivo cos il giorno della cena di Prosit. La cena ebbe luogo a casadi Prosit alle sei e mezzo del pomeriggio.La casa - quella che Prosit aveva indicato si trovava nella piazza -non era, in realt, la sua casa, ma quella di un suo vecchio amico cheviveva fuori Berlino e che la prestava a Prosit quando questi neavesse bisogno. Era sempre a sua disposizione, anche se egli lautilizzava raramente. Alcuni dei primi festini della Societ diGastronomia si erano tenuti l, fino a quando non ci si era accortiche per comodit, signorilit e localizzazione, l'albergo offrivamaggiori vantaggi. Nell'albergo Prosit era molto conosciuto e i piattierano eseguiti secondo le sue direttive. La sua capacit inventivaaveva tanto sfogo l quanto a casa sua, con cuochi sia suoi che deglialtri membri o di qualche ristorante; e non solo la sua abilit avevaun vasto campo d'azione, ma anche l'esecuzione dei suoi piani era pirapida, migliore; essi erano eseguiti pi precisamente eaccuratamente.Quanto alla casa di Prosit, nessuno sapeva dove fosse, n sipreoccupava di saperlo. Per alcuni banchetti veniva usata la casa di

    cui ho appena parlato, per gli appuntamenti amorosi egli aveva unpiccolo appartamento. Era infine iscritto a un club - forse a due - edera spesso visto nell'hotel.Come dicevo nessuno conosceva la casa di Prosit: che pero ne avesseuna, oltre ai luoghi menzionati, da lui frequentati, era un fattocerto. Non conoscevamo neppure le persone che abitavano con lui.Prosit non ci aveva mai fatto sapere chi fossero i compagni del suoritiro; non ci aveva mai detto neppure che esistevano. Si trattavasemplicemente di una nostra congettura. Prosit aveva vissuto (e questonoi lo sapevamo, anche se non mi ricordo per mezzo di chi) nelleColonie - in Africa, o in India o in qualche altro luogo - dove avevaaccumulato un patrimonio del quale ora viveva. Diciamo che, sapendoneabbastanza, avevamo ritenuto ozioso indagare sul resto.

    Il lettore conosce ora sufficientemente il quadro della situazione dapoter fare a meno di mie ulteriori informazioni circa il Presidente ela casa in questione. Veniamo dunque alla famosa cena.La stanza dove era stata imbandita la tavola per il banchetto eralunga e larga, ma non imponente. Sulle pareti non vi erano finestre,ma solo porte che davano su diverse stanze. A una estremit, dallaparte della strada, si stagliava una finestra alta e larga, splendida,che sembrava respirare tutta per s l'aria che lasciava entrare.Suddivisa in tre parti dagli stessi scomparti del battente, occupavaesattamente lo spazio di tre comuni, ampie finestre. Bench la stanzafosse grande, questa sola finestra era pi che sufficiente, dava lucee aria a tutto l'insieme.Al centro della sala era stata imbandita una lunga tavola per il

    banchetto, a capo della quale sedeva il Presidente, di spalle allafinestra. Il sottoscritto, in qualit di membro pi anziano, sedevaalla sua destra. Altri dettagli sono superflui. Eravamo cinquantaduepartecipanti. La stanza era illuminata da tre lampadari chesovrastavano la tavola. Attraverso un'abile disposizione dei loroornamenti, le luci erano singolarmente concentrate sulla tavola, inmodo da lasciare piuttosto oscuri gli spazi tra questa e i muri.L'accorgimento ricordava la sistemazione delle luci sui tavoli dabiliardo. Tuttavia, poich qui tale effetto non era ottenuto come inquelli, attraverso un espediente il cui fine era ovvio, ci che sinotava era tutt'al pi una sensazione di stranezza. Se ci fosserostate altre tavole, l'oscurit fra l'una e l'altra sarebbe risultataalquanto molesta; ma poich vi era una sola tavola, ci non si notava.

    Io stesso lo notai solo pi tardi, come il lettore potr constatare.Sebbene anch'io, come tutti i presenti, nell'entrare mi guardassiintorno in cerca di qualcosa di strano, non notai nulla diparticolare.

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    In quale modo la tavola fosse orientata, apparecchiata e decorata, nonricordo esattamente e ci non mi pare essenziale. Rispetto ad altretavole da pranzo non c'era nessuna differenza sostanziale, nessunaoriginalit. In tal caso qualsiasi descrizione sarebbe sterile einutile.I membri della Societ di Gastronomia (cinquantadue, come ho detto)cominciarono ad arrivare alle sei meno un quarto. Tre, se ben ricordo,arrivarono solo un minuto prima dell'ora della cena. L'ultimo arrivnel momento in cui ci sedevamo a tavola. In queste cose, come eraproprio degli artisti, non si faceva molta cerimonia. Nessuno ebbe aridire per il ritardo.Ci sedemmo a tavola, in uno stato di contenuta aspettativa, di dubbioe sospetti. Questa doveva essere, ognuno di noi lo ricordava, "unacena molto originale". Tutti eravamo stati sfidati a scoprire in checosa consistesse la sua originalit. E questo era il difficile.L'originalit stava in qualcosa di non apparente o in qualcosa diovvio? Stava in qualche piatto, in qualche salsa o in qualche addobbo?Consisteva in qualche particolare triviale della cena? O, magari,stava nel carattere generale del banchetto?Poich ogni cosa era possibile, ogni cosa vagamente probabile, ognicosa ragionevolmente improbabile, impossibile; tutto ci forniva un

    motivo di sospetto, di dubbio, di disorientamento. Era ll'originalit? Era quello lo scherzo?Cosicch non appena ci fummo tutti seduti per cenare, cominciammo ascrutare minutamente, curiosamente le decorazioni e i fiori sul tavoloe non solo questi, ma anche i disegni dei piatti, la disposizione deicoltelli e delle forchette, i bicchieri, le bottiglie di vino. Moltidi noi avevano gi esaminato le sedie. Non pochi, con fareindifferente, girarono intorno al tavolo, intorno alla stanza. Unoaveva guardato sotto il tavolo, un altro lo aveva tastato rapidamentee accuratamente nella parte inferiore. Un altro ancora fece cadere iltovagliolo e si pieg per raccoglierlo, cosa che fece con alquantogoffa difficolt. Voleva vedere, mi disse poi, se non ci tosse unatrappola che a un certo punto del banchetto avrebbe inghiottito il

    tavolo o noi e il tavolo insieme.Non riesco a ricordare ora con precisione quali fossero le miesupposizioni o congetture. Tuttavia ricordo distintamente che eranoabbastanza ridicole, dello stesso tipo di quelle che vi ho descrittoparlando degli altri. Nella mia mente si susseguivano fantastici estraordinari pensieri attraverso una associazione di idee puramentemeccanica. Era tutto suggestivo e insoddisfacente allo stesso tempo.Considerandole bene, tutte le cose avevano una loro singolarit (cos di ogni cosa, d'altronde), ma nulla presentava chiaramente,nitidamente un segno tale che risultasse essere la chiave delproblema, la parola nascosta dell'enigma.Il Presidente ci aveva sfidati tutti a indovinare l'originalit dellacena. Data la sfida, data l'abilit di Prosit per gli scherzi, nessuno

    avrebbe potuto dire se l'originalit fosse ridicolmente insignificantea bella posta, se si nascondesse in una indiscrezione stravagante,oppure, dal momento che una simile cosa era possibile, consistesse nelfatto di non avere assolutamente niente di originale. Questo era lostato d'animo col quale tutti gli ospiti - lo dico senza esagerazione- presero posto per consumare "una cena molto originale".La nostra attenzione era concentrata su ogni cosa.E la prima cosa da osservare fu che il servizio era composto da cinquecamerieri negri. I loro visi non si potevano vedere bene, non solo pervia dei costumi alquanto stravaganti che indossavano (compreso unostrano turbante), ma anche per la singolarit delle luci per cui, comenelle sale da biliardo, sebbene non con lo stesso artificio, la luceera diretta verso il tavolo e lasciava tutto il resto nell'oscurit.

    I cinque camerieri negri erano ben addestrati, forse nonperfettamente, ma bene. Lo rivelavano molti particolari, avvertibilida uomini come noi, a contatto quotidianamente con camerieri inoccasioni importanti. Apparentemente sembravano istruiti molto bene,

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    per una cena in cui servivano per la prima volta. Questa l'impressioneche il loro servizio aveva fatto ai miei occhi esperti; ma la scartaimomentaneamente, non vedendoci niente di straordinario. Non sitrovavano camerieri da nessuna parte. Forse, pensai in quel momento,Prosit li ha portati dall'estero, da un suo viaggio. Il fatto che ionon li conoscessi non era una ragione per non crederlo, perch, comeho detto, la vita privata di Prosit, cos come la sua dimora, non cierano conosciute: Prosit le teneva segrete per ragioni tutte sue esulle quali non sarebbe stato delicato indagare o fare apprezzamenti.Le mie riflessioni sui camerieri negri furono semplicemente queste.La cena era dunque cominciata. E la nostra perplessit aumentava. Lepeculiarit che essa presentava erano, a ben riflettere, cosinsignificanti che se ne rendeva inutile qualsiasi interpretazione.Sono eloquenti in proposito le osservazioni fatte scherzosamente dauno degli ospiti verso la fine della cena: L'unica cosa che la miamente attenta e perspicace riesca a vedere di originale disse convoluta pomposit un membro titolato , innanzi tutto, che i nostricamerieri sono scuri e che per di pi si muovono nel buio, ma inrealt al buio ci siamo noi. In secondo luogo, che se tutto ci ha unsignificato, il suo significato che non significa un bel nulla. Nonsento odore di tranelli: l'unico odore che sento, del resto squisito,

    quello del pesce. (1)Queste banali osservazioni furono ben accolte dai commensali, anche senon si possono definire spiritose. Tutti, comunque, avevano notato lestesse cose; ma nessuno credeva che lo scherzo di Prosit nonsignificasse altro che questo. Guardarono il Presidente per verificarese l'espressione del suo sorriso tradisse uno stato d'animo, qualchesegno di un'attitudine particolare; ma il suo sorriso era normale einespressivo. Forse era leggermente pi largo, forse aveva ammiccatoquando l'ospite titolato fece quelle osservazioni, forse era diventatopi malizioso; ma non potrei affermarlo con sicurezza.Dalle sue parole disse infine Prosit a colui che aveva parlato sonocontento di constatare un inconsapevole riconoscimento della miaabilit nel dissimulare, nel far apparire una cosa diversa da quel che

    . Vedo infatti che stato ingannato dalle apparenze. Vedo che ancora lontano dalla verit, dalla burla. E' ben lontanodall'indovinare in cosa consiste l'originalit della cena; e devoaggiungere che se c' qualcosa di ingannevole, cosa che non nego, non certamente il pesce. Tuttavia la ringrazio per il suo elogio. E ilPresidente si inchin in modo canzonatorio.Il mio elogio?Il suo elogio, perch lei non ha indovinato e, cos facendo, haproclamato la mia abilit. Io la ringrazio!Una risata mise fine a quest'episodio.Nel frattempo io, che avevo riflettuto durante tutto questo tempo,arrivai improvvisamente a una strana conclusione: riandando con lamemoria alle parole dell'invito e al giorno in cui era stato fatto,

    ricordai a un tratto che la cena era il risultato di una discussionedel Presidente con i cinque gastronomi di Francoforte. Ricordail'espressione di Prosit in quel momento. Egli aveva detto ai cinquegiovanotti che essi sarebbero stati presenti alla cena, che viavrebbero contribuito "materialmente". Aveva usato proprio questotermine.Ora questi ragazzi non erano ospiti... Subito la vista di uno deicamerieri negri mi fece notare la loro assenza; e anche il fatto cheerano cinque. La scoperta mi fece trasalire. Guardai i camerieri, pervedere se i loro visi tradissero qualcosa, ma le loro facce nere eranonell'ombra. E in quell'istante notai l'estrema abilit con cui ladisposizione delle luci concentrava tutta l'illuminazione sullatavola, lasciando parzialmente all'oscuro il resto della stanza,

    soprattutto all'altezza delle teste dei cinque servitori. Per quantofosse strano e sconcertante non mi rimanevano dubbi. Ero assolutamentesicuro che i cinque gentiluomini di Francoforte fossero diventati, perl'occasione, i cinque camerieri negri. L'assoluta incredibilit della

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    cosa mi trattenne per un attimo, ma le mie conclusioni erano molto bentratte, erano pi che logiche. Non poteva essere diversamente.Ricordai immediatamente che, circa cinque minuti prima, nello stessobanchetto, avendo i camerieri negri naturalmente attiratol'attenzione, uno dei membri, Herr Kleist, un antropologo, avevachiesto a Prosit di quale razza fossero (poich gli era assolutamenteimpossibile vedere i loro volti) e da dove li avesse fatti venire. Ildisappunto che il Presidente aveva manifestato sarebbe potuto passaredel tutto inosservato; se non che io notai chiaramente, perfettamentel'imbarazzo di Prosit e ne rimasi meravigliato. Poco dopo - come ebbia notare senza rendermene conto - mentre uno dei camerieri teneva ilpiatto vicino a Prosit, questi gli disse qualcosa a bassa voce; e ilrisultato fu che i cinque "negri" si allontanarono nell'ombra,esagerando forse la distanza, per chi stesse attento alla manovra.Il timore del Presidente era certamente del tutto naturale. Unantropologo come Herr Kleist un esperto delle razze umane, dei lorotipi e delle loro caratteristiche somatiche, avrebbe inevitabilmentescoperto l'inganno se avesse visto le loro facce. Da qui l'estremairrequietudine di Prosit alla domanda, da qui la sua richiesta che icamerieri si tenessero prudentemente nel buio. In che modo avesseeluso la domanda, non ricordo; mi pare che affermasse che i camerieri

    non erano i suoi, che ignorava la loro razza e il modo in cui eranogiunti in Europa. Ad ogni modo nel dare questa risposta egli parveabbastanza a disagio, forse per il timore che Herr Kleist, proprio perconoscere la loro razza, chiedesse di esaminare i negri. Ma chiaroche, avendo dichiarato che i domestici non gli appartenevano, nonavrebbe potuto dire a quale razza appartenessero, poich essendoignorante in fatto di razze, e sapendo di esserlo, avrebbe dovutocercare di indovinare un tipo, le cui caratteristiche pi elementaried evidenti, come per esempio la statura, avrebbero potuto essere inaperta contraddizione con quella dei cinque camerieri. Ricordovagamente che dopo questa risposta, Prosit devi la conversazione conun pretesto qualsiasi, cercando di far convergere l'attenzione sullacena o sulla gastronomia e distogliendola dai camerieri.

    L'elaborato condimento dei piatti, la bizzarra novit della loropresentazione (particolari non insignificanti che, oltre alla cenaspeciale dipendevano dall'abilit culinaria del Presidente) misembrarono quisquilie, escogitate di proposito per deviarel'attenzione, tanto evidente mi parve la loro assurdit, la grettezza,l'ostentato anticonformismo. Devo aggiungere che nessuno, dopo averleesaminate, le ritenne importanti.Il fatto in s, in realt, era incredibilmente, indicibilmente strano;una ragione di pi, allora, dissi tra me, per avvalorare l'originalitdi Prosit. Era infatti sconcertante che avesse potuto avverarsi. Come?Come avevano potuto cinque giovani assolutamente ostili al Presidenteessere convinti, preparati e obbligati a rappresentare la parte deicamerieri a una cena, una cosa sgradita a ogni uomo di una certa

    condizione sociale? Era una cosa che aveva del grottesco, come uncorpo di donna con la coda di pesce. Si aveva la sensazione che ilmondo andasse alla rovescia.Il fatto che sembrassero negri era facilmente spiegabile. Prosit nonpoteva certo presentare i cinque giovani ai membri della societ nellaloro vera apparenza. Era naturale che si avvalesse della vagaconoscenza che avevamo delle sue permanenze nelle Colonie perrealizzare il suo scherzo facendoli sembrare negri. L'angosciosadomanda era come avesse fatto; e QUESTO solo Prosit poteva rivelarlo.Potevo capire che qualcuno si prestasse a fare la parte del cameriereper un grande amico o per scherzo, e come un grande favore. Ma incodesto caso!Pi riflettevo e pi la cosa mi sembrava straordinaria, ma, allo

    stesso tempo, considerate tutte le prove che offriva, dato ilcarattere del Presidente era pi probabile, pi certo che la burla diProsit fosse proprio l. Poteva ben sfidarci a trovare l'originalitdel banchetto! L'originalit, cos come avevo intuito, non stava

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    propriamente nella cena, ma in qualcosa connesso con la cena: neicamerieri. Quasi mi stupii di non averlo capito prima: che ilbanchetto essendo offerto per i cinque giovani non poteva non avereattinenza con loro come una vendetta, e poich riguardava loro, chiaro che non poteva in nessun modo essere pi direttamente connessocon la cena che attraverso i camerieri.Queste argomentazioni, questi ragionamenti che ho qui esposto inalcuni paragrafi passarono nella mia mente in pochi minuti. Io ne eroconvinto, sconcertato, soddisfatto. La chiarezza razionale del casodissip la sua straordinaria natura dalla mia mente. Colsi chiaramentee accuratamente nel segno. Avevo vinto la sfida di Prosit.La cena era quasi alla fine, eravamo vicini al dessert.Decisi che la mia abilit doveva essere riconosciuta e parlai a Prositdella mia scoperta. Riconsiderai che non dovevo fare errori,manchevolezze; la stranezza del problema, cos come lo concepivo, lotramutava in certezza. Infine mi chinai verso Prosit e a bassa vocegli dissi:Prosit, amico mio, ho capito il trucco. Questi cinque "negri" e icinque ragazzi di Francoforte...Ah! Lei ha indovinato che c' una connessione tra di loro! Lo dissetra il canzonatorio e il dubbioso, tuttavia mi accorsi che era seccato

    e irritato dall'acutezza del mio ragionamento, che certo non siaspettava. Sembr a disagio e mi guard con attenzione. Pensai diavere ragione.Naturalmente, replicai; essi SONO i cinque. Non ho dubbi. Ma comediamine ha fatto?Forza bruta, mio caro. Ma non dica niente agli altri.Certamente; ma come, con la forza bruta, mio caro Prosit?Be', un segreto che non si pu svelare. E' segreto quanto lamorte.Ma come possono essere cos rassegnati. Ne sono stupito. Non scappanon si rivoltano?Il Presidente fu scosso da una risata repressa. Non c' da temeredisse con una smorfia pi che significativa. Non possono scappare -

    non loro. E' assolutamente impossibile. E mi guard in silenzio, confare malizioso, misterioso.Infine eravamo alla fine della cena - no non alla fine della cena -un'altra singolarit, apparentemente ideata ad effetto - quando Prositpropose un brindisi. Eravamo tutti attenti per questo brindisi propriodopo l'ultimo piatto e prima del dessert. Tutti si meravigliarono,tranne me che vedevo in ci un'altra stravaganza senza senso perstornare l'attenzione. Comunque i bicchieri erano tutti colmi. Ementre questi si riempivano, il comportamento del Presidente sialterava visibilmente. Egli si agitava nella sedia tutto eccitato, conil fervore di un uomo che voglia parlare, di qualcuno che abbia darivelare un grande segreto, che debba fare un'importante rivelazione.Questa condotta fu notata all'improvviso. Prosit ha qualcosa da

    rivelarci - LO scherzo. E' Prosit, proprio lui! Avanti, Prosit,veniamo al punto!Mano a mano che si avvicinava il momento del brindisi, il Presidentesembrava impazzire di eccitazione; si agitava nella sedia, sicontorceva, sogghignava, sorrideva, faceva smorfie, ridacchiava senzamotivo e senza fine.I bicchieri erano tutti colmi. Tutti erano pronti. Si fece un profondosilenzio. Nella tensione del momento, ricordo di aver udito due passiper strada e d'essermi irritato al suono di due voci - una di un uomo,l'altra di una donna - che conversavano nella piazza l sotto. Non cifeci pi caso. Prosit si alz, anzi balz in piedi, facendo quasicadere la sedia.Signori, disse vi riveler il mio segreto, lo scherzo, la sfida. E'

    molto divertente. Voi sapete che avevo detto ai cinque ragazzi diFrancoforte che essi sarebbero stati presenti a questo banchetto, chevi avrebbero collaborato nel pi materiale dei modi? Il segreto tutto qui, in questo, voglio dire. Il Presidente parlava in fretta,

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    incoerentemente nella foga di arrivare al punto.Signori questo TUTTO ci che ho da dire. Ora il primo brindisi, ilgrande brindisi. Esso riguarda i miei cinque poveri rivali... Perchnessuno ha indovinato la verit, neppure Meyer (si riferiva a me);neppure lui.Il Presidente esit; poi, alzando la voce fino a gridare, disse: Iobevo ALLA MEMORIA dei cinque ragazzi di Francoforte, CHE SONO STATIPRESENTI FISICAMENTE A QUESTA CENA E VI HANNO CONTRIBUITO NEL MODOPIU' MATERIALE POSSIBILE. E stravolto, selvaggio, COMPLETAMENTEinfuriato, indic con eccitazione i RESTI DI CARNE IN UN PIATTO cheaveva fatto in modo fossero lasciati sul tavolo.Appena furono pronunciate queste parole, un orrore che supera ogniimmaginazione cadde con strana freddezza su tutti noi. Rimanemmosopraffatti dall'inimmaginabile rivelazione. Nell'intensit diquell'orrore, nel suo silenzio, sembrava che nessuno avesse sentito,che nessuno avesse capito. La pazzia al di l di ogni immaginazioneera orribile nella sfera della realt. Un silenzio che dur un attimoe che tuttavia sembr, per l'emozione e per l'orrore, durare secoli,un silenzio di cui nulla di simile mai stato sognato o pensato. Nonriesco a immaginare l'espressione che avesse ciascuno di noi, cheavessimo tutti noi. Ma quei visi devono aver avuto un aspetto che

    nessuno ha mai ancora visto.Tutto ci per un momento breve, logorante, profondo.Il mio proprio orrore, la mia propria emozione sono impensabili. Tuttele bizzarre immaginazioni e le supposizioni che avevo con naturalezzae con innocenza connesso alla mia ipotesi sui cinque camerieri negri,assumevano ora il loro pi profondo e orribile significato. Tutto ilmalizioso tono sommesso, il carattere allusivo della voce di Prosit -tutto ci che ora mi si rivelava nella sua vera luce mi scosse e mifece rabbrividire di una paura indicibile. L'intensit stessa del mioterrore sembr impedirmi di svenire. Per un momento io, al pari deglialtri, ma con pi paura e a maggior ragione, ricaddi sulla mia sedia efissai Prosit con un orrore che le parole non riuscirebbero adesprimere.

    Questo per un attimo, non pi che per un attimo. Poi, tranne alcuni dinoi, i pi deboli che erano svenuti, tutti gli ospiti fuori di s, conuna furia giusta e incontrollabile, ci precipitammo selvaggiamente sulcannibale, sul folle autore di quest'impresa pi che orrenda. Sarebbestata, per un ignaro spettatore, una scena orribile vedere quegliuomini colti, ben vestiti, raffinati, animati da una furia pi chebestiale. Prosit era furibondo, ma in quel momento lo eravamo anchenoi. Egli non aveva alcuna possibilit contro di noi - assolutamentenessuna. Infatti in quel momento eravamo pi inferociti di lui. Ancheuno solo di noi, nello stato di esaltazione in cui eravamo, sarebbebastato per punire orribilmente il Presidente.Io stesso, primo fra tutti, colpii l'assassino con una collera costerribile da farmi sembrare quella di un altro, e mi pare tuttora

    cos, perch il ricordo che ho di essa quello di una percezioneindistinta. Afferrai la caraffa di vino che era vicino a me e lascagliai, con un violento scatto d'ira, sul capo di Prosit. Lo colpiiin pieno e sul suo viso si mescolarono sangue e vino. Io sono mite,sensibile e il sangue mi ripugna. Pensandoci ora, non riesco a capirecome abbia potuto eseguire un atto che, per il mio temperamento, eratremendamente crudele, bench giusto, perch specialmente per lacollera che lo ha ispirato, stato crudele, crudelissimo. Quale sarstata dunque la mia furia e la mia follia! E quale quella degli altri!Fuori dalla finestra! grid una voce terribile. Fuori dallafinestra! url un formidabile coro. Il tumulto degli animi era taleche il solo modo per aprire la finestra sembr quello di fracassarla.Qualcuno vi dette una forte spallata scagliando l'asse centrale nella

    piazza sottostante.Pi di una dozzina di mani animalesche ghermirono avidamente Prosit lacui follia era eccitata dalla indicibile paura. Con un movimentobrusco egli fu scagliato contro la finestra, ma non l'attravers

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    perch riusc ad afferrarsi a uno dei battenti.Di nuovo le mani lo ghermivano, pi nervosamente, pi brutalmente, piselvaggiamente ancora. E con un'erculea congiunzione di forze, con unordine, con un accordo perfettamente diabolico, in un simile momento,facevano dondolare il Presidente nell'aria e lo spingevano conincalcolabile violenza. Con un colpo che avrebbe abbattuto i piforti, ma che rasserenava i nostri animi ansiosi e impetuosi, ilPresidente cadde sulla piazza a circa un metro e mezzo di l delmarciapiede.Dopo, senza una parola scambiata n un cenno, tutti chiusi nel proprioorrore, ognuno di noi usc da quella casa. Una volta fuori, passata lacollera e l'orrore che facevano sembrare il tutto un sogno, provammol'inenarrabile terrore di imbatterci di nuovo nella normalit. Tuttisenza eccezione ci sentimmo male e molti, prima o poi, svennero. Iosvenni proprio sulla soglia di casa.I cinque camerieri negri di Prosit (erano davvero negri, vecchi piratidi una trib feroce e abominevole costoro) fiutato il pericolo eranoscappati durante la zuffa, ma furono presi - tutti ad eccezione diuno. Sembra che Prosit per poter effettuare il suo straordinarioscherzo avesse, con un'abilit perfettamente diabolica, poco a poco,svegliato in loro gli istinti brutali assopiti dalla civilt. Essi

    erano stati in ogni... (2) i coadiutori del Presidente. Era statoordinato loro di rimanere il pi lontano possibile dalla tavola, inzone oscure, in considerazione della paura, dettata dall'ignoranza edalla malvagit, che Prosit aveva di Herr Kleist, l'antropologo che(per tutto quel che Prosit sapeva circa la sua scienza) avrebbe potutovedere nelle sembianze dei negri le stimmate della patologicapredisposizione alla criminalit. I quattro furono puniti a dovere.

    NOTE.

    Nota 1. Gioco di parole intraducibile tra "fishy" che in inglese vuoldire "dubbio, equivoco, sospetto, incredibile" e "fish", "pesce".

    Nota 2. Parola illeggibile nel manoscritto.

    Il furto della Villa delle Vigne.

    [Per una pi immediata comprensione dei frammenti di questo testo parso opportuno farli precedere da una breve nota che situassel'azione e unirli dove era necessario con interpolazioni esplicative.L'azione si svolge, una sera di settembre del 1905, nella Villa delleVigne, dove sono presenti: il proprietario Jos Mendes Borba, suofiglio Jos Alves Borba, Donna Adelaide, sorella del padrone di casa;Maria Adelaide, figlia di Donna Adelaide; Manuel Barata, allievoufficiale, cugino dei Borba e un'amica di Maria Adelaide, Elisa. Ilracconto, in prima persona, fatto da Augusto Claro, un ingegnereamico del proprietario della Villa, che vi era stato invitato. Iprecedenti del racconto di Augusto Claro sono i seguenti. Una sera,intorno alla mezzanotte, si sentita un'esplosione. Accorsi sul luogo

    dove era avvenuta, si trovata aperta la cassaforte di casa con laserratura sfondata. Erano scomparsi cento titoli in valuta estera. Equalche giorno pi tardi i titoli erano rientrati nella circolazionebancaria senza che l'autore dell'operazione fosse stato sorpreso

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    durante i rispettivi passaggi bancari.Avviate le indagini, i sospetti del questore Lima cadono sul figliodel padrone della Villa, non solo perch costui si trova in unatravagliata situazione economica, ma anche - e questo era gi notoalla polizia - perch una volta aveva sottratto al padre una sommarilevante. Col procedere delle indagini si viene inoltre a sapere cheJos Alves Borba socio di un certo Manoel, spacciatore di monetafalsa Altro elemento a carico del sospettato, perch il furto subitodal padre non avrebbe potuto avere luogo senza la complicit di unabitante della casa. Inoltre, durante le indagini, la polizia accertache la sera del furto erano presenti a cena tutte le persone chedimoravano nella Villa, e che alle ventitr, tranne il padrone di casae l'ingegnere Claro, tutti si erano ritirati nelle proprie stanze.All'investigatore risultano particolarmente strane due circostanze:che l'ingegner Augusto Claro fosse andato a cercare le sigarette alprimo piano (dove si trovava la cassaforte), poco prima delladetonazione; e che gli assalitori avessero scelto un'ora tantopericolosa e un'esecuzione cos allarmante, con il rischio di esseresorpresi. Confortato nella sua idea che il furto sarebbe statopossibile solo grazie all'aiuto interno, il questore fa arrestare ilgiardiniere, Jos Algarvio, che ha l'alibi pi debole di tutti, pur

    mantenendo i suoi sospetti sul figlio del padrone di casa.Stando cos le cose, l'ingegner Augusto Claro cerca il dottor Quaresmaperch gli chiarisca il mistero e aiuti il giardiniere, convinto com'della sua innocenza. La narrazione condotta dall'ingegner Claro inprima persona.]

    Sebbene, detto fra noi, mi seccasse abbastanza l'idea di andare araccontare al dottor Quaresma tutta la storia del furto, non potevocertamente evitare di farlo. Perci, rassegnatomi con serenit, gliesposi, riassumendoli il pi possibile, tutti i fatti che esporr nelcorso di questo racconto. Ritenni opportuno fare alcune omissioni: nonparlai dei precedenti penali di Jos Alves, della questione deicinquecento scudi, e tanto meno dei discorsi che il questore Lima

    aveva fatto a questo proposito Non potei comunque evitare di parlaredell'ipotesi della polizia su di una fantomatica banda aiutata da uncomplice della Villa. Se non lo avessi detto, l'arresto di JosAlgarvio sarebbe stato incomprensibile. E del resto il dottor Quaresmalo avrebbe appreso direttamente alla polizia.Il dottor Quaresma mi ascolt con molta attenzione, ma, se cos possodire, con una attenzione divisa. Sembrava che, mentre mi ascoltava congli occhi, ascoltasse con gli orecchi una voce che non era la mia. Mirendo conto dell'assurdit del mio modo di esprimermi, ma mi limito adannotare l'impressione che ne ebbi. In realt, pur seguendomi conattenzione, pareva che Quaresma seguisse un suo suggerimentointeriore, un ragionamento e una congettura insieme che erano indiretta relazione con quanto gli stavo raccontando.

    Concluso il mio racconto mi sentii pi leggero. Ma il dottor Quaresma,che non aveva mai detto una parola fino a quel momento, incominci afarmi domande. Mi chiese una descrizione particolareggiata dellepersone che erano in casa al momento del furto. La mia descrizionediretta era stata sommaria. Di ciascuno volle sapere et, professione,condizioni economiche e tutto il resto. Cominciai a sentirmi meno amio agio, specialmente quando Jos Alves era l'oggettodell'interrogatorio. Io non potevo dire tutta la verit su Jos Alves,ma non potevo neppure, per giustizia nei confronti di colui che era incarcere, nascondere completamente i fatti. E poi non ero molto sicuroche il dottor Quaresma, parlando con la polizia, non si sarebbeaccorto che l'ipotesi del questore Lima aveva un certo fondamento.Decisi di parlare di certe difficolt finanziarie di Jos Alves, senza

    spiegare il gioco che aveva addotto come motivazione, n fareriferimento al furto precedente.A un certo punto per cominciai a confondermi perch Quaresma ponevale domande di sbieco, per vie traverse. Mi chiese se i rapporti tra

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    padre e figlio erano stati sempre buoni, al che risposi che misembrava di s. Ma lo stesso verbo "sembrare" mi suon troppo prudentee temetti che fornisse al dottor Quaresma un'informazione superiore aquella che non volessi dargli. Con queste ed altre domande miintrattenne, senza che in verit ci trovassi molto gusto, per circa unora e mezzo.

    [Si pu desumere che il narratore chieda al dottor Quaresma se pusalvare dalla prigione il giardiniere Jos Algarvio.]

    Posso farlo solo prendendo il vero criminale.Allora lo faccia, dottor Quaresma.Quaresma spieg le mani, allung la destra e mi tocc la spalla.Infine, si alz dalla sedia e si diresse verso un attaccapanni doveaveva il cappello.Non le dispiace uscire? chiese. Vorrei concludere un mioragionamento facendo una piccola passeggiata.Non mi dispiace per niente. E uscimmo.Scendemmo per la Rua dos Fanqueiros. Era un bel pomeriggio d'autunno.Camminavamo fianco a fianco, entrambi in silenzio e, in fondo allastrada, seguendo l'indicazione di Quaresma, girammo a destra, verso il

    Terreiro do Pao. Il dottor Quaresma avanz lentamente, a capo chino,le mani sempre incrociate dietro la schiena, fino al muricciolo disinistra. L si ferm, e io assieme a lui, e contempl vagamente ilfiume. Stette cos un momento. Poi mi guard con l'espressione grave ediretta di quei suoi occhi sempre un po' febbrili.Lo salvo Jos Algarvio disse. Ma prima devo studiare moltoattentamente come procedere. E' un elemento favorevole che mi abbiacercato proprio lei, Seor Claro, perch con lei che devo studiareseriamente la soluzione del problema. Mi dica una cosa: ha mai pensatoche Jos Alves potesse essere incolpato?Se ci ho pensato? No. Ma lei come sa che egli o potrebbe essereincolpato?L'ho concluso dalle parole che lei non mi ha detto, egregio

    Ingegnere. Fece una pausa. Mi sarebbe dispiaciuto che lei avessepensato che Jos Alves potesse venire incolpato. E' un suo amico, non vero?

    [L'ingegner Claro era, effettivamente, molto amico di Jos AlvesBorba. Era stato lui a invitarlo nella Villa delle Vigne.]

    Ma se io faccio rilasciare Jos Algarvio, Jos Alves sarinevitabilmente arrestato.Forse no gli dissi.Lo sar certamente. Sar arrestato e condannato E' facile dimostrarel'innocenza di Jos Algarvio, il mio aiuto non affatto rilevante; maJos Alves non ne viene fuori. Peccato, o meglio, non ne viene fuori

    se il caso segue il suo corso nelle mani della polizia. C' solo unamaniera per salvarlo: scoprire il vero ladro. Ma la polizia non capace di farlo perch fin dal principio incorsa in un errorefondamentale, quello stesso errore nel quale il ladro voleva checadesse.E lei sa chi il criminale?Lo so. Vuole che io salvi Jos Alves?S risposi incerto, senza immaginare quello che sarebbe successo.

    [Si arriva cos al ragionamento conclusivo del dottor Quaresma, checonduce alla logica soluzione del caso.Ora l'Io narrante il dottor Quaresma, non pi l'ingegner Claro.]

    Il criterio di investigazione che adotto, poich lo trovo il pirazionale di tutti, consiste nel suddividere l'indagine preliminare intre tempi. Il primo tempo consiste nel determinare quali sono i fattiincontestabili, assolutamente incontestabili, scartando tutti gli

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    elementi che non lo siano, o perch non se ne ha la certezza assolutao perch sono conclusioni - logiche, forse inevitabili - tratte daquesti fatti, ma comunque solo conclusioni e non fatti. Far unesempio per chiarire meglio ci che voglio dire. Supponiamo che sia ungiorno di pioggia e che io mi trovi in casa. Mi si presenta unindividuo con l'abito tutto inzuppato. Sarebbe naturale pensare:"Quest'uomo ha camminato sotto la pioggia e si bagnato". Ma pubenissimo darsi che non camminasse sotto l'acqua, semplicementepotrebbero avergli rovesciato dell'acqua addosso qui dentro casa. Lamaggior parte delle persone penserebbe che abbia camminato sotto lapioggia. una conclusione logica, ma solo una conclusione, o unadeduzione. Se io fossi stato alla finestra e avessi visto l'individuoin questione aggirarsi per strada sotto una pioggia fitta, anche se ioavessi pensato che costui era inzuppato per un motivo che nondipendeva dalla pioggia, sicuro che un po' di pioggia lo avrebbecomunque bagnato, e io avrei potuto, in ogni caso, affermare chequell'uomo era stato sotto la pioggia. Questo sarebbe un fatto.Ora, nel caso del furto della Villa delle Vigne, ci sono alcuni fattiche sembrano incontestabili (dico "sembrano", perch essi si fondanosu testimonianze che potrebbero essere volontariamente oinvolontariamente false).

    Questi fatti sono: che verso la mezzanotte di un certo giorno disettembre si verificata un'esplosione di dinamite nella serraturadella cassaforte dello studio della Villa delle Vigne; che questostudio e il salotto attiguo erano chiusi dall'interno; che la finestradel salotto era aperta e che due cani erano stati avvelenati; chevenne constatata la scomparsa dalla cassaforte di alcuni titoli invaluta estera, prima serie; che non furono trovati individui sospettidurante le ricerche organizzate immediatamente nelle vicinanze dellacasa; che tutti i titoli rubati, di cui fu fatta la verifica deinumeri grazie a una lista in possesso del proprietario, furono immessinella circolazione bancaria senza riuscire a bloccarli durante leoperazioni di passaggio. Fatti, semplicemente fatti, questi sono ifatti. Tutto il resto soltanto congettura.

    Stabiliti i fatti incontestabili, veniamo al secondo tempodell'indagine. Esso consiste nello scoprire qual l'ipotesi che piperfettamente unisce e spiega i fatti incontestabili. Ma, trovataquesta ipotesi, si possono trovare anche altre ipotesi le quali, purcon minore apparente probabilit, potrebbero unire i fatti di cuisopra. E tali ipotesi sono formulabili grazie a un procedimento moltosemplice: formulata l'ipotesi pi probabile, le si oppone l'ipotesicontraria e si prende in esame il grado di probabilit diquest'ultima. Fatto questo sar possibile esaminare le altre ipotesi,cio quelle intermedie tra l'ipotesi pi probabile e quella piimprobabile; e verificare, volta per volta, le probabilit diciascuna. Nel nostro caso l'ipotesi apparentemente pi probabile quella che tutti hanno subito accettato istintivamente, ritenendola

    tanto probabile da prenderla, addirittura, come fatto e non comeipotesi o conclusione. Questa ipotesi che il furto sia opera di unindividuo o di individui estranei alla Villa delle Vigne, che costoroabbiano avvelenato i cani, siano entrati furtivamente in casa, abbianomesso la dinamite, abbiano rubato i titoli e infine siano fuggititanto in fretta da non essere visti. Considerata questa ipotesi,stabiliremo quella contraria.Ora, che probabilit si pu attribuire a tale ipotesi contraria?Poich l'ipotesi pi probabile, la pi immediata per tutti che ilfurto sia opera di estranei, e nelle circostanze che sappiamo,l'ipotesi contraria sar realmente probabile solo in un caso se c'stata l'intenzione di simulare il furto da parte di estranei. Inquesto caso l'ipotesi contraria probabile quanto la prima.

    Ci troviamo, dunque, di fronte a due ipotesi probabili e tra di loroopposte. Quale delle due pi probabile? Dobbiamo prendere in esamele circostanze dirette del furto, e cio considerando: primo il luogodel furto; secondo l'ora in cui avvenuto; terzo la natura

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    dell'oggetto rubato. Questi sono i tre elementi materiali direttidell'accaduto.Si pu considerare il luogo del furto sotto due aspetti - il luogo inse stesso e la scelta di questo luogo per il furto; cio il fatto cheil furto sia avvenuto nello studio della Villa delle Vigne e chequesta villa sia stata scelta quale luogo per il furto. Per quantoconcerne la circostanza che il furto sia avvenuto nello studio dellaVilla, non c' niente di straordinario, poich la cassaforte l e ilfurto doveva avvenire necessariamente l. Ma in quanto alla sceltadella Villa delle Vigne come luogo dove andare a rubare, il caso diverso. Cosa faceva presumere che la cassaforte della Villa delleVigne fosse pi proficua di qualsiasi altra cassaforte? Qualeprobabilit di questo tipo esisteva per degli estranei? Chi era dotatodi abilit e di metodi per rubare quali sono stati dimostrati inquesto caso, perch avrebbe proprio scelto la Villa delle Vigne,quando, senza sperpero di abilit, n rischi maggiori, avrebbeottenuto migliori vantaggi attaccando un'altra cassaforte? Laprobabilit in questo caso depone, dunque, contro una persona nonestranea alla casa; capace di forzare questa cassaforte, poich non neha un'altra a portata di mano - motivo abbastanza valido e chiaro -che si sente nella necessit di simulare un furto compiuto da estranei

    per sviare l'attenzione dagli abitanti della casa, compreso se stesso.E ora veniamo all'ora del furto. Proprio in considerazione dell'ora, pi strano ritenere che il furto sia stato opera di estranei che diqualcuno della casa. Quando un ladro penetra in una casa lasciapassare il tempo necessario per essere certo o avere la massimaprobabilit che tutti dormano. Perch agire subito, sapendo chequalcuno potrebbe ancora essere a pianterreno? Per un estraneo l'orapi errata che si possa immaginare. Ma per qualcuno della casa chevolesse simulare un furto compiuto da estranei, sarebbe esattamentel'ora prescelta. Erano quasi tutti a letto, ma qualcuno era ancora inpiedi. Non c'erano abbastanza persone in piedi da correre il rischiodi incontrare qualcuno; e tuttavia c'era il numero sufficiente dipersone per segnare l'ora - in questo caso l'ora convenuta - del furto

    e per segnalare che il furto era stato commesso.E ora, la natura dell'oggetto rubato. Se il furto fosse stato commessoda estranei, essi avrebbero rubato solo i titoli oppure avrebberopreso tutto quanto avessero trovato. Contro l'ipotesi che andasseroalla cieca di sostegno la stessa natura del furto; infine, il modoin cui stato utilizzato l'oggetto rubato denota una preparazioneprevia della sua futura utilizzazione.

    Nell'indagine di un fatto di cui si ignora la natura e la si vuolconoscere o di cui si ignora l'autore e lo si vuole scoprire, ci checonta, innanzitutto, mettere in evidenza qualche elemento che,essendo assolutamente certo sia, contemporaneamente, inaspettato ostrano. Questo furto contiene due elementi inaspettati e strani - le

    circostanze del furto e il fatto che gli autori siano riusciti amettere in circolazione i titoli senza imbattersi in ostacoli. E'dunque opportuno iniziare l'indagine da almeno uno di questi fatti.Ma, una volta isolati i fatti strani e la cui esistenza indubitabile(ritenendo, beninteso, che ce ne sia pi di uno), sceglieremo, comevero inizio dell'indagine, il fatto che sia meno suscettibile diinterpretazioni, cio quello pi misterioso. Ora il deposito deititoli suscettibile di varie interpretazioni: pu esistere unaqualche complicit con la persona di una banca o della borsa; puesserci un errore nell'elenco dei titoli; pu esserci stato unoscambio inavvertito dei titoli e quindi una mancata verifica deinumeri. Ma sulle circostanze del furto in s non ci sono molte ipotesiplausibili. E' soltanto strano.

    S. Il furto avvenuto, per quanto si sa, in maniera rumorosa, e aun'ora della sera non sufficientemente tarda per cui il ladro fossesicuro che gli abitanti della casa fossero tutti a letto (e difattinon lo erano). Sebbene la cassaforte avesse potuto essere forzata

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    anche in modo che non facesse rumore, si scelse proprio un metodorumoroso; e, per giunta, un metodo non comune. Insomma: si scelse unmetodo non comune perch non necessario e perch creava il panico -esattamente per le ragioni contrarie a quelle che avrebbero indotto ascegliere una maniera non comune. Che l'intenzione fosse quella dirubare i titoli era evidente, primo perch il modo misterioso in cuisi sono impiegati i titoli deve essere stato, comunque, oggetto dipremeditazione; secondo perch, avvenuto il furto con persone dentrocasa, non ci sarebbe stato il tempo di rubare niente altro che ititoli.Queste circostanze ci portano a una conclusione: che il procedimentoadottato per il furto ebbe il preciso scopo di provocare paura. Oranon si crea confusione se non per un fine: per indurre in erroresull'ora del furto. E se consideriamo che la dinamica del furto - unacarica esplosiva - pu essere predisposta da qualcuno in modo daavvenire quando questo qualcuno non sia presente, arriviamo aun'ulteriore conclusione: che il furto non avvenne in seguito allacarica esplosiva. Se cos fu, si usarono delle chiavi false e, in talcaso, chi rub era una persona della casa, che, con la caricaesplosiva, ha voluto far credere che il ladro venisse da fuori. Ma sequesta persona voleva far credere di non essere il ladro, avrebbe

    dovuto completare la sua messa in scena facendo in modo che lovedessero dov'era nel momento della deflagrazione e cos assicurarsiun "alibi" credibile. Al momento dello scoppio tutti gli abitantidella casa erano coricati tranne due: Borba padre e Lei. E poichBorba il proprietario dei titoli, il primo sospetto ricade su diLei.Per avere una conferma del sospetto, o una ulteriore conferma, bisognainnanzitutto verificare se un po' prima dello scoppio Lei non siauscito dalla stanza da pranzo con un pretesto e non si sia attardatoper predisporre la messa in scena - una questione di pochi minuti perchi, avendo calcolato tutto, pu lavorare rapidamente.

    [La narrazione torna ora ad essere condotta dall'ingegner Claro, sul

    quale cadono i sospetti di Quaresma.]

    Il dottor Quaresma, che procedeva con le mani dietro la schiena, migett un'occhiata rapida e inespressiva e, stendendo all'improvviso lamano destra, mi tocc la spalla. Poi riprese la posizione di prima, lemani di nuovo dietro la schiena, strette, e lo sguardo perduto sulTago.Come una bolla di sapone, senza rumore, il mio animo si frantum.Rimasi sospeso in un vuoto interiore, senza ragione, senza parola,senza gesti. Se il dottor Quaresma avesse detto qualcosa, avreirisposto qualcosa; avrei avuto un riferimento al quale adattare la miaragione e la mia voce. Al suo silenzio non potei rispondere niente. Ilsuo gesto era agghiacciante. Nel lungo spazio di pochi secondi cercai

    disperatamente di assumere un atteggiamento, di formulare una parola,un cenno, qualsiasi cosa... Non mi riusc... e allora mi resi contoquasi con violenza del potere che esercita su di noi, se stimolata, lacoscienza della colpevolezza. Se fossi stato innocente, avrei dettoqualcosa, qualcosa sarebbe successo. A ogni frazione di secondo delmio silenzio la mia colpevolezza riempiva lo spazio. A ogni frazionedella mia colpevolezza del mio silenzio aumentava la mia incapacit diparlare, di agire, di difendermi. La mia sconfitta era totale.Dovevano essere passati solo pochi secondi e me ne rendevoperfettamente conto.Il dottor Quaresma distolse lo sguardo dal Tago, ma non mi guard. Sigir di spalle verso il fiume e mi disse, con il tono di chi non hadetto niente di importante: E se ce ne andassimo?. E visto che si

    avviava verso l'Arco della Rua Augusta, mi avviai silenzioso al suofianco, schiacciato dall'accusa incontrobattibile che non era stataproferita.In mezzo alla piazza il dottor Quaresma gir il viso verso di me, non

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    lo sguardo e disse: Cosa pensa di fare?.Ebbi una gran voglia di piangere, di chiedergli perdono, a lui a cuinon avevo fatto niente. Per un attimo non potei parlare. Poi,ritrovando la mia voce gli dissi: Non so. E aggiunsi: Lei dirquello che vorr.Il dottor Quaresma mi guard allora dritto negli occhi e mi disse congran semplicit: Io non ho niente da dire. Come ha gi capito, hodecifrato - e posso dire con molta facilit - il suo caso. Il restodipende da Lei.

    Nota critica.

    Lettura di un racconto "fantastico" di Alexander Search.

    Nel lascito di Pessoa sono compresi gli inediti in lingua inglese,custoditi in tre buste catalogate rispettivamente: "Env. 79", "Env.79-1-"; "Env. 79A". Ad Alexander Search, primo eteronimo di Fernando

    Pessoa, se si esclude quel Chevalier de Pas dell'infanzia attraversoil quale, secondo le sue stesse parole "scriveva lettere a se stesso"(1) (ma che, in realt, non ha lasciato alcun segno tangibile del suopassaggio), si devono varie poesie giovanili scritte tra il 1903 e il1909 che, se da una parte possono considerarsi il pilastro dell'operainglese fino alla maturit, (2) dall'altra costituiscono anche unasorta di apprendistato dell'eteronimia, una sua pratica oprogettazione. A Search si deve anche una attraente produzione inprosa ove spicca un racconto, "A Very Original Dinner", datato giugno1907 (3) che per la sua compiutezza merita un'attenzione speciale. Chesignificato pu avere, nel contesto della produzione pessoana, unracconto che, con spirito classificatorio - anche se necessariamenteapprossimativo - potremmo definire di un genere tra il fantastico e il

    "giallo"? L'affinit tematica, l'atmosfera cupa e ambigua esoprattutto la volont dell'originalit a tutti i costi,suggerirebbero un plausibile accostamento, anche se indubbiamentearbitrario, con un personaggio "minore" della letteratura portoghesedi poco precedente, Alvaro de Carvalhal (1844-1868). (4) Se non altroperch, scritti a distanza di circa quarant'anni l'uno dall'altro, "AVery Original Dinner" e "Os Canibais", l'ultimo racconto dei "Contos"di Carvalhal, pare siano gli unici esempi di "cannibalismo" nellastoria della letteratura portoghese. (5) E tuttavia, sia pure nonpotendo escludere categoricamente che Pessoa conoscesse l'esigua operadi Carvalhal, alla luce delle dichiarazioni di Pessoa, che misura losplendore dei periodi letterari attraverso i suoi massimirappresentanti (6) e che, ancora adolescente orienta le sue letture

    secondo una scelta ben definita e a un livello costantemente elevato,ci sembra improbabile che i "Contos" possano costituire una fontediretta. Tale fonte potr ricercarsi semmai in un contesto letterariopi ampio a cui peraltro, come gi Carvalhal, sembra attingere ancheil giovane Pessoa: i romantici di lingua inglese (in particolare Poe)e il grande Shakespeare il cui modello poetico e drammatico haaccompagnato, com' noto, tutta l'opera pessoana.A risolvere il problema che ci presenta l'interpretazione dellatematica di questa "Cena molto originale", pu forse giovare larilettura di quanto lo stesso Pessoa dichiara in diversi momenti dellesue pagine di estetica: A obra de arte uma produao do instinto;A obra de arte procede de uma impressao ou emoao do artista que aconstr. (7) L'opera d'arte, cio, una produzione dell'istinto e

    procede da una emozione o impressione dell'artista che la costruisce.Il suo merito quindi quello di rendere tale impressioneobiettivamente comprensibile perch ciascun individuo traduca in modopersonale, secondo le proprie connotazioni, la sensazione che ha

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    ricevuto.Nello stesso anno della composizione del suo racconto, AlexanderSearch scriveva che: The aim of art is not to please.... How do weexplain the taste of so many authors for subjects which are coarse,unpleasant, repugnant? How are we to explain the Black Cat of EdgarAllan Poe? One reason for this taste is, I believe, to be found in thescientific and analytic spirit of the author. Another consists in theoriginality of the subject. (8)Nel racconto qui presentato, il cui tema preannunciato da unasibillina epigrafe di sapore proverbiale, (9) l'originalit perseguitada Search forse ravvisabile pi che nella presenza di contenutinuovi, nell'assenza di strumenti consueti, come, per esempio, quellodi un abusato clich: il binomio amore-morte che correda grande partedel filone letterario in cui, per convenzione, abbiamo inserito il"Very Original Dinner". L'autore ne ha espunto l'elemento femminile;all'amore qui si fa allusione solo molto fugacemente, e nei termini diun incontro mercenario e occasionale (For some banquets the house wasused of which I have just spoken, for love affairs he had a smallsuite of rooms...). (10)Fernando Pessoa riconosce a Edgar Allan Poe una straordinariagenialit, ammira sia il misticismo e la melodiosit del poeta come la

    metafisica del prosatore, tanto da farne il corifeo della suainiziazione letteraria. Sul Search di "A Very Original Dinner" ilcredito del poeta americano certamente notevole. Il problema deirapporti che legano i due autori gi stato affrontato e sul pianostilistico tassonomico e su quello della tematica. (11) Per quantoconcerne questo racconto in particolare, alle varie affinit rilevatesarebbe opportuno aggiungere quella della sproporzione fra lapunizione assegnata al colpevole e la sua colpa. "A Very OriginalDinner", infatti si chiude con la crudele e paradossale punizione dicinque giovanotti che diventano pasto umano alla festa del follepresidente di una dubbia e quanto meno equivoca Societ diGastronomia, per una "colpa" assolutamente ridicola: hanno osatosfidare il presidente in fatto di arte culinaria. La medesima

    sproporzione alla base della novella "Hop-Frog" di Poe, in cui unsovrano e i suoi sette ministri, rei di aver fatto schiavi Hop-Frog eTrippetta, sono condannati a una morte efferata. Questa considerazioneinduce la mente speculativa di Pessoa, attento lettore delle teoriepsichiatriche dell'epoca, (12) a formulare il postulato secondo ilquale la sproporzione fra lo stimolo e la reazione criminale ecaratteristica del criminale folle, ossia del folle che diventacriminale, o del criminale in cui esiste una componente di follia.(13) E nel racconto in questione, la descrizione puntigliosa delcomportamento del protagonista lascia ben presto intravedere i segnidi una mente patologica.Se dunque l'esempio offerto da Poe nutre le prime esperienze delprecoce scrittore alloglotta, indipendentemente dalla problematica

    delle fonti, alcune immagini abbozzate in "A Very Original Dinner"rappresentano un potenziale significativo, poich sopravviveranno inmodo reiterato nel Pessoa maturo e nei suoi eteronimi maggiori, finoad assumere contorni metaforici, attribuibili peraltro a un nucleotematico divenuto consueto nella lirica pessoana. quello dellafinestra intesa paradigmaticamente come metafora spaziale e temporale,come simbolo della ineluttabile solitudine dell'uomo. (14) Solitudineche per l'uomo Pessoa, lungi dall'essere una figura retorica, unacondizione reale e immutabile. Privo di legami affettivi, attraversoun volontario isolamento mentale, egli trova rifugio nel mondodell'immaginazione, cercando di colmare il vuoto con un mondo fittizioche, proprio perch tale, non pu che rivelare la misura della suavacuit.

    La finestra, dunque, "apertura" verso l'esterno, evoca simbolicamentel'incontro di due realt in conflitto tra di loro: quella intrinseca equella estrinseca all'Io. Meno astrattamente, ma con una implicitapolisemia, nell'opera giovanile inglese, nel luogo stesso del fatidico

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    banchetto, un'unica, enorme finestra, funzionalmente deputata ailluminare la sala, rappresenta pure un mezzo punitivo, lo strumentoattraverso il quale viene fatta giusta vendetta del brutale misfattodi Prosit: "out of the window!" cried a terrible voice. "Out of thewindow!" shrieked a formidable chorus. (15) L'escursione nel pensieroautointerpretativo del Poeta si arresta di fronte a una dichiarazionealquanto sconcertante: Non ho scritto una storia o delle storie eperci non adopero personaggi, se non la variet delle persone che iosono stato. (16)Chi dunque il protagonista di questa storia che per il suo materialenarrativo presenta tutte le tinte dell'orrido, del mostruoso e deldiabolico volgarizzate dai romanzi "neri" del secolo scorso? Chi lavittima? In diverso grado tutti sono vittime, Prosit lo della suatruculenta follia, vittime sono gli uccisi e, in definitiva, gliignari ospiti del banchetto che, loro malgrado, consumano il macabropastoIl giovane Pessoa/Search, fautore dell'arte per l'arte, a cui estraneo ogni fine morale o sociale sulle orme del "maestro" Poe e diun languido Decadentismo "fin-de-sicle", accede a un mondo irrealedove ogni cosa possibile e ammissibile, dove, in nome della Bellezzae dell'Arte, la follia e il peccato perdono ogni negativit e

    l'anormalit rientra nei limiti del normale. Per Search come per Poe:The world is a world in which abnormality has become normal, and thisin the name of the beauty and art (17) Il poeta in una nota del 1906rende esplicita la sua attrazione per le "ghost-story", cedendo a quel"fascino del terrore" esercitato dalla letteratura tardo-romantica:The earliest literary food of my childhood was in the numerous novelsof mystery and of horrible adventure. (18)Con il breve racconto "A Very Original Dinner", che precede il generedi "novela polici ria", cui Pessoa si dedicher pi tardi, Search sicimenta dunque in un campo di cui era grande estimatore e ci introducenell'inesplicabile mondo del fantastico. I fenomeni da lui descrittinon appartengono alla sfera dell'irreale, del soprannaturale, purtuttavia si tratta di avvenimenti che contravvenendo alle leggi della

    natura producono lo strano e il meraviglioso: e che trovano una loroben precisa collocazione nella grammatica del fantastico compilata daTodorov. (19)Il banco di prova costituito dall'equilibrio tra gli avvenimenti checoncorrono a creare la tensione e il culmine dell'azione, attraversoun climax ascendente, anche se qui ci imbattiamo nell'ingenuitnarrativa del giovane Search: descrizioni troppo minuziose,anticipazioni e indizi che finiscono per ridurre l'elemento d'effetto,l'agghiacciante sorpresa finale, di modo che il lettore assiste conuna certa noncuranza all'orrore che sconvolge gli invitati al momentodella rivelazione del "mistero". Per contro tutto il racconto permeato da una sottile quanto pungente ironia, quell'"essenzadell'ironia" che Joao Gaspar Simoes definisce humour britannico e che

    introduce quell'elemento di ambiguit, costante in tutta l'opera diPessoa, che suggerisce sempre una certa cautela esegetica al criticoavvertito, anche quando Pessoa d l'impressione di giocarescopertamente. Un'interpretazione di derivazione psicoanalitica, peresempio, coglierebbe facilmente nel fantastico di questa cenaoriginale la necessit dell'autore di nascondere, di autocensurarealcuni tab dietro l'allegoria e il simbolo. (20)La scelta artistica di Alexander Search deriverebbe pertanto, oltreche dal gusto per un genere molto in voga all'inizio del secolo, dallanecessit di liberarsi delle sue frustrazioni e dalle idee altrimentiinesprimibili attraverso il processo narrativo. In termini freudiani,cio, la letteratura come "ritorno del rimosso". E' noto d'altrondecome Pessoa, nel 1930, riferendosi ai poemetti erotici, "Antinous"

    (1915) ed "Epithalamium" (1913), in una lettera indirizzata all'amicoJoao Gaspar Simoes, sentisse la necessit di spiegare le ragioni diuna tematica tanto cruda e inconsueta nella sua poesia. C' inciascuno di noi, che si pu manifestare istintivamente nell'oscenit,

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    una certa componente di quest'ordine, la cui quantit, ovviamente,varia da persona a persona. Poich questi elementi, per piccolo chesia il loro grado, sono un ostacolo ad alcuni processi mentalisuperiori, ho deciso, per due volte, di eliminarli attraverso ilsemplice procedimento di esprimerli intensamente. Su ci si fonda ciche lei potrebbe interpretare come violenza assolutamente inaspettatache si rivela in quelle due poesie. (21)Ora, se tralasciamo il postulato romantico secondo cui l'opera d'artenon necessita di giustificazione, al contenuto stravagante e grottescodi "A Very Original Dinner" non sembra azzardato trasporre la stessaanticipazione, intesa appunto come giustificazione di un processoliberatorio tendente a manifestarsi attraverso il meccanismonarrativo. E a questo punto un riferimento biografico, seppure"facile", pare indispensabile. Non bisogna dimenticare che il periodoin cui Pessoa elabora in quanto Alexander Search il "Very OriginalDinner" corrisponde a uno dei pi difficili della sua esistenza.Ritornato definitivamente a Lisbona da Durban nell'agosto del 1905, lapresa di coscienza della sua condizione di "rimpatriato" gli evidenziadei problemi di difficile soluzione. Il diciassettenne Pessoa, pertemperamento timido, introverso, tendenzialmente depresso, a contattocon un ambiente in tutto e per tutto diverso da quello in cui si era

    lasciato "britannizzare", si chiude ulteriormente in se stesso e nellapropria vita intellettuale. "A Very Original Dinner", scritto ininglese e da un autore "altro da s" potrebbe pertanto sembrare, allaluce di questo contesto biografico, un mascherato grido di denuncia,l'espressione esacerbata delle proprie frustrazioni. La schedaanagrafica di Alexander Search non , al pari di quella degli altrieteronimi, redatta con tenace puntigliosit, con esasperatapignoleria. Il suo apprendistato poetico inizia in Sudafrica nel 1903(a tale data risalgono i primi manoscritti) e si prolunga fecondo finoal 1909 quando Search improvvisamente tace. Di lui non sappiamo se nonquello che ci dicono le sue poesie, e si espressa l'ipotesi cheSearch non sia un eteronimo, ma pi propriamente uno pseudonimo diFernando Pessoa uno pseudonimo com um nome simbolicamente adequado

    sua condiao de aprendiz de poesia, (22) con un nome simbolicamenteadeguato alla sua condizione di apprendista poeta.E proprio attraverso questo apprendistato, attraverso le notericorrenti del Pessoa ripiegato su se stesso, svincolato dal mondoesteriore, emerge un primo inventario delle sue apprensioni, delle suepaure, del suo sentirsi incompreso e isolato dalla societ. Un isolatoe un genio (Pessoa ha sempre ben presente la propria genialit) cheintrattiene un rapporto speciale con la "follia". Non a casol'"Entartung" di Max Nordau, che Pessoa lesse nella versione francese,ebbe su di lui notevole influenza. Egli riscopriva in s, nellapropria personalit, le relazioni esistenti tra genio e follia,peraltro gi stabilite dalle teorie di Lombroso, che Pessoa avevaprecocemente lette a Durban e che probabilmente lo avevano

    suggestionato. Come afferma un autorevole studioso di Pessoa, (23)l'ossessione della follia si manifesta con la massima intensit neglianni 1907-1908, e non poche delle composizioni poetiche di quell'epocastanno a dimostrare quanto Search fosse angustiato dalla paura dellapazzia. Significativa a questo proposito la poesia del 16 ottobredel 1907, (24) in cui il mistero, i simboli, la follia, l'amaraantitesi fra "normalit" e demenza indicano in modo emblematico chealcuni temi dell'opera poetica di Search e quelli del "Very OriginalDinner" si basano su principi pressoch comuni fondati sul "misterodel mondo" e su un'estetica decadente filtrata dal "tdio" iberico diun giovane poeta cresciuto alla cultura anglosassone.

    Dal fantastico al poliziesco.

    All'interno della strabiliante molteplicit dell'Io narrante edesistenziale di Fernando Pessoa si rivela una continuit tematica,

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    oltre che formale e strutturale, tra le varie personalit letterariedegli eteronimi e il Pessoa ortonimo. Nella raccolta di opere in prosadi Pessoa curate da Cleonice Berardinelli (F. Pessoa, "Obras emProsa", Editora Nova Aguilar, Rio de Janeiro 1976) figurano tutti iracconti, anzi i frammenti di racconti, poich nessuno completo, e ititoli, progetti di lavoro del genere poliziesco - definiti da Pessoacome "novelas polici rias" - che in un certo qual modo si avvicinanoal "Very Original Dinner" di Alexander Search, per il senso di misteroe di suspense che li caratterizza Esemplificativo a tale riguardo ilracconto "Il furto della Villa delle Vigne", scritto in portoghese efirmato Fernando Pessoa. Si tratta di un testo non datato, mapresumibilmente di molto posteriore all'opera giovanile di Search, se,ancora nel 1935, nella famosa lettera-confessione all'amico AdolfoCasais Monteiro, a proposito del suo dubbio sul criterio dipubblicazione delle proprie opere, Pessoa affermava di non sapere secominciare dalle poesie o da un racconto poliziesco che non erariuscito ancora a completare.Lo schema, la tecnica di queste "detective-novels" sono quelliclassici: si giunge alla scoperta del colpevole grazie a una serie disottili supposizioni, di argomentazioni e di deduzioni, attraverso unprocesso insieme empirico e estremamente razionalista che pertanto

    richiede da parte dell'investigatore una notevole capacit diraziocinio.Nelle note personali di Pessoa (F. Pessoa, "P ginas Intimas e de Auto-interpretaao", Atica, Lisboa s.d.) sono ampiamente esposte le sueteorie sull'intelligenza, che egli suddivide in tre tipi:l'intelligenza scientifica, l'intelligenza filosofica e l'intelligenzacritica. Risiede in questi tre tipi d'intelligenza la chiave delsillogismo che conduce alla soluzione dell'enigma, alla rivelazionedel mistero. Ed ecco perch, come osserva Louis Vax, il"soprannaturale" nelle narrazioni poliziesche immesso solo peressere soppresso; appare cio all'inizio dell'azione come elementocatalizzatore, ma piano piano si dilegua per poi scomparire con laspiegazione del mistero. Nel racconto fantastico l'impostazione

    diametralmente opposta: il soprannaturale, assente all'inizio,raggiunge il suo climax gradualmente, provocando nel lettore unaconfidenza col meraviglioso. Il soprannaturale si insinua disoppiatto, velatamente, per assopire la ragione piuttosto chestimolarla.Fernando Pessoa, convinto com'era della "doppia esistenza dellaverit", ha saputo assolvere perfettamente alla struttura di dueracconti che presuppongono una visione del reale diametralmenteopposta.Amina Di Munno.NOTE.

    Nota 1. Come si apprende dalla "Lettera a Adolfo Casais Monteiro" del

    13-1-1935.Nota 2. A tale riguardo interessante l'articolo di Anne Terlinden,"Fernando Pessoa e a sua obra em ingles", in Persona 2, Centro dEstudos Pessoanos, Porto 1978, pp. 66-68, che fornisce l'elencocompleto delle poesie in inglese, integralmente o parzialmentepubblicate, e una lista, compilata dallo stesso Pessoa, di poesiescritte fino all'et di sedici anni.Nota 3. La pubblicazione del manoscritto di "A Very Original Dinner",accompagnato dalla traduzione portoghese e da uno studio critico, sideve a Maria Leonor Machado de Sousa, "Fernando Pessoa e a Literaturade Ficao", Novaera, Lisboa 1978.Nota 4. Alvaro de Carvalhal, "Contos" da uno studio biografico di J.Simoes Dias, Coimbra 1868. (Per una ristampa moderna confronta

    l'edizione della Arc dia Editore, Lisboa 1978.)Nota 5. Giacoma Di Munno, "Nota su un'opera dimenticata del tardoromanticismo portoghese: 'I Contos' di Alvaro do Carvalhal", in Studifilosofici e letterari dell'Istituto di filologia romanza e

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    ispanistica dell'Universit di Genova, Bozzi, Genova 1978, pagine 103-110.Nota 6. Confronta l'opera critica recentemente raccolta in volume diGeorg Rudolf Lind, "Estudos sobre Fernando Pessoa", Imprensa Nacional"Casa da Moeda", Lisboa 1981, pagine 30-31.Nota 7. Fernando Pessoa, "P ginas de Esttica e de Teoria e CriticaLiter rias", Edioes Atica, Lisboa 1973, pagina 7.Nota 8. Ibidem, pagine 25-26.Nota 9. "Tell me what thou eatest and I'll / tell thee what thou art /Somebody". E' la concisa sentenza che, sulla falsariga di un anticoproverbio, si legge nel manoscritto di Pessoa pubblicato da MariaLeonor Machado de Sousa, (opera citata, pagina 25.Nota 10. Ibidem, pagine 55-56.Nota 11. Confronta Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagine124-125.Nota 12. Come testimonia Joao Gaspar Simoes, "Vida e Obra de FernandoPessoa. Histria de uma geraao", seconda edizione rivista e corredatadi una nuova prefazione, Livraria Bertrand, Lisboa 1970, pagina 253.Nota 13. Fernando Luso Soares, "A novela Pilicial-Dedutiva em FernandoPessoa", Lisboa 1976, pagina 105.Nota 14. Stephen Reckert, "Fortuna e metamorfosi di un 'topos' nella

    poesia di Pessoa", in Quaderni portoghesi, numero 1, primavera 1977,pagine 60 e seguenti.Nota 15. Maria Leonor Machado de Sousa, opera citata, pagina 41.Nota 16. Dichiarazione attribuita ad Alvaro de Campos e riportata daJoao Gaspar Simoes, opera citata, pagina 663.Nota 17. Badiaa Bourennane Baker, "Fernando Pessoa and Edgar Allan Poe/ Fernando Pessoa and Walt Whitman", Autori Vari, in "Arquivos doCentro Cultural Portugus", volume 15, Fundaao Calouste Gulbenkian,Paris 1980, pagina 271.Nota 18. Fernando Pessoa, "P ginas Intimas e de Auto-Interpretaao",Edioes Atica, Lisboa s.d., pagina 11.Nota 19. Confronta Tzvetan Todorov, "La letteratura fantastica", citodalla traduzione italiana di Elina Klersy Imberciadori, Garzanti,

    Milano 1977, pagina 48: Nelle opere che appartengono allo stranopuro, si narrano avvenimenti che si possono spiegare mediante le leggidella ragione, ma che in un modo o nell'altro sono incredibili,straordinari impressionanti, singolari, inquietanti, insoliti.Nota 20. Confronta Peter Penzoldt in una citazione riportata daTzvetan Todorov, opera citata, pagina 161: Per molti autori, ilsoprannaturale non era che un pretesto per descrivere cose che nonavrebbero mai osato menzionare