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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Giorgio Samorini. GLI ALLUCINOGENI NEL MITO. RACCONTI SULL'ORIGINE DELLE PIANTE PSICOATTIVE. Nautilus, Torino 1995. Questi testi non sono sottoposti ad alcun copyright. INDICE. Introduzione: pagina 5. Yaj (ayahuasca): pagina 17. Cannabis: pagina 41. Solanacee: pagina 73. - Datura: pagina 75. - Mandragora: pagina 94. - Tabacco: pagina 102. Polveri da fiuto: pagina 119. Iboga: pagina 128. San Pedro: pagina 154. Jurema: pagina 162. Kava: pagina 167. Funghi: pagina 184. - Amanita muscaria: pagina 187. - Altri funghi: pagina 212. Piante eccitanti: - Coca: pagina 222. - Caff : pagina 229. - T : pagina 233. Cola: pagina 235. Piante e bevande alcoliche: - Vite e vino: pagina 238. - Maguey e pulque: pagina 250. Note: pagina 257. Bibliografia: pagina 284. Pagina 1

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Giorgio Samorini. GLI ALLUCINOGENI NEL MITO. RACCONTI SULL'ORIGINE DELLE PIANTE PSICOATTIVE. Nautilus, Torino 1995.

Questi testi non sono sottoposti ad alcun copyright.

INDICE.

Introduzione: pagina 5.

Yaj (ayahuasca): pagina 17. Cannabis: pagina 41. Solanacee: pagina 73. - Datura: pagina 75. - Mandragora: pagina 94. - Tabacco: pagina 102. Polveri da fiuto: pagina 119. Iboga: pagina 128. San Pedro: pagina 154. Jurema: pagina 162. Kava: pagina 167. Funghi: pagina 184. - Amanita muscaria: pagina 187. - Altri funghi: pagina 212. Piante eccitanti: - Coca: pagina 222.

- Caff : pagina 229. - T : pagina 233.

Cola: pagina 235. Piante e bevande alcoliche: - Vite e vino: pagina 238. - Maguey e pulque: pagina 250.

Note: pagina 257. Bibliografia: pagina 284.

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Desidero rivolgere un ringraziamento, per gli utili consigli e per la documentazione fornitami, al botanico Francesco Festi, del museo Civico di Rovereto, a Luis Eduardo Luna, del Swedish School of Economic di Helsinki, e alle antropologhe Bonnie Glass-Coffin

dell'Universit dell'Utah e Stacy Schaefer della Pan American University of Texas. Rivolgo un sentito ringraziamento anche agli amici di Nautilus, in particolare a Claudio Barbieri per l'interessamento alla pubblicazione di questo testo, e a Paola per la paziente opera di revisione del medesimo.

INTRODUZIONE.

Alcuni comportamenti accompagnano l'uomo da sempre, ovvero da quando egli ®diventato¯ uomo, e, in un certo qual senso, lo caratterizzano

e lo definiscono. Ad esempio, l'uomo produce arte, mosso da un'impulso artistico che lo accompagna sin dalle sue origini. Ne abbiamo una dimostrazione considerando la datazione delle

rappresentazioni artistiche, ritenute pi antiche, che sono giunte fino a noi: pitture preistoriche rupestri localizzate in Tanzania e in Australia, datate attorno ai 45 mila - 40 mila anni fa (una data ®vicina¯ a quella generalmente attribuita all'ultimo, in ordine cronologico, degli Ominidi, l'Homo sapiens) (1). Questi atavici comportamenti umani - tra cui l'impulso artistico - possono essere considerati come ®costanti comportamentali¯, che continuamente rinnovano il divenire dell'uomo. Si tratta di impulsi comportamentali irreprimibili, che si manifestano all'interno della

societ degli uomini, senza distinzione di razze o popoli: sono comportamenti trans-culturali.

Un'altra di queste ®costanti¯ la tendenza dell'uomo a cercare,

attraverso i pi disparati metodi, di modificare il suo stato di coscienza ordinario, allo scopo di vivere esperienze psico-fisiche in altri stati mentali; stati mentali che, per loro natura, sono possibili e ®naturali¯ nel medesimo modo in cui riteniamo ®naturale¯ lo stato di coscienza in cui ordinariamente conduciamo la nostra

esistenza. Tale considerazione risulta avvallata dall'atavicit insita nell'impulso a vivere questo tipo di esperienze, e dalla loro

insopprimibilit , storicamente accertata. La storia del rapporto fra l'uomo e i suoi stati modificati di coscienza, dimostra come questi siano in stretta relazione con

un'altra importante ®costante¯ umana: l'impulso religioso. Non pu essere casuale il fatto che, presso tutti i popoli, i rapimenti

estatici e di transe - considerati fra gli stati pi elevati della

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt coscienza - vengano culturalmente interpretati come fenomeni di

squisito carattere mistico, spirituale, religioso. Anzi, da ritenere che l'origine del rapporto dell'uomo con gli stati modificati di coscienza sia direttamente connessa alla nascita del suo impulso

religioso. V' anche chi ritiene che, nella storia del genere umano, la coscienza sia apparsa originalmente come quello che viene ora

chiamato lo ®stato mistico di coscienza¯ . Ci spiegherebbe il motivo

per cui i mistici parlano di una ®et dell'oro¯ in cui le visioni

mistiche erano molto comuni (2). La modificazione dello stato di coscienza, oltre a presentarsi in casi forse malamente definiti ®spontanei¯, viene indotta attraverso un ampio spettro di tecniche, che l'uomo ha via via scoperto ed elaborato nel corso della sua storia. Dalle tecniche di deprivazione sensoriale e di mortificazione fisica, a quelle meditative e ascetiche, sino a quelle che utilizzano, come fattori scatenanti gli stati di transe e di possessione, la danza e il suono di determinati strumenti musicali; infine (non certo in ordine di importanza), le tecniche che prevedono

l'uso di vegetali dotati di effetti psicoattivi, per lo pi di tipo allucinogeno. Quest'ultima una delle pi antiche tecniche di

modificazione della coscienza, e origina quasi certamente dalla lunga Et della Pietra.

In tutto il mondo sono diffuse piante e funghi, il cui consumo induce nell'uomo allucinazioni e visioni, accompagnate da profondi stati emotivi intuitivi, ®illuminanti¯, ®rivelatori¯, e in tutti i cinque continenti sono esistite e continuano a esistere culture che utilizzano questi particolari vegetali come strumenti per trascendere

la realt ordinaria e per comunicare con il mondo degli spiriti e degli dei, con l'al di l , con l'Altro.

La maggior parte di queste piante rientra nel gruppo dei cosiddetti "allucinogeni", noti anche come "psichedelici" (®rivelatori della

mente¯ ) o come "enteogeni" (®che rivelano la divinit che in te¯ ), con esplicito riferimento al fatto che lo scopo principale del loro

impiego quello di ottenere stati mentali di ispirazione religiosa (3). Numerose culture hanno posto il vegetale sacro al centro del loro sistema religioso e come fulcro del sistema interpretativo dei diversi

aspetti della realt e della vita, allo stesso modo in cui popolazioni, trib e sette, hanno posto le tecniche meditative e

ascetiche, e le esperienze mentali conseguenti, come fulcro della loro vita spirituale e terrena. Piante e funghi psicoattivi sono stati ovunque considerati come un

dono lasciato agli uomini dalle divinit , e, a volte, sono stati identificati totalmente con un dio. E' il caso del Soma dei RigVeda -

i pi antichi testi religiosi indiani - considerato al contempo un dio e una bevanda dell'immortalit , ricavata, seguendo l'ipotesi di

Richard G. Wasson, dal fungo psicoattivo "Amanita muscaria" (4). Il Soma veniva preparato ritualmente e consumato dagli officianti nel corso di precise cerimonie religiose. Un noto inno dei RigVeda recita: ®Abbiamo bevuto il Soma / siamo diventati immortali / siamo giunti alla luce / abbiamo incontrato gli dei¯ (5). Dagli Huichol del Messico, il cactus del peyote, identificato con il

cervo e con il mais, considerato ®fonte della loro vita¯ . Gli shivaiti indiani utilizzano gli effetti del "bhang" (marijuana) per comunicare con il dio Shiva. I Fang del Gabon, durante alcuni riti

iniziatici, consumano enormi quantit di radice di iboga - un potente allucinogeno - che provoca un prolungato stato di coma, durante il quale l'anima dell'iniziando compie un ®viaggio¯ sino alle ®radici

della vita e al contatto diretto con Nzam ¯ , il loro dio. Le piante sacre sono utilizzate anche per scopi curativi, sebbene tale

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt uso non sia separabile da un pi generale contesto spirituale-

religioso: nelle culture tradizionali gli enteogeni non vengono considerati mere medicine per il corpo umano, bens• medicine sacre, per il sistema inscindibile mente/corpo. I sistemi di cura tradizionali, incentrati sulla figura dello sciamano (o, comunque, dello ®specialista¯ - sciamano, "curandero", vegetalista - che conduce la cerimonia visionaria collettiva), che si basano sull'impiego di un enteogeno, operano attraverso un meccanismo che alcuni studiosi occidentali definiscono ®sociopsicoterapeutico¯. Nella maggior parte dei casi - fra i quali ricordiamo le "veladas" mazateche (Messico), sedute di cura in cui vengono utilizzati i funghi allucinogeni, e le

"mesadas" del Per andino, in cui viene utilizzato il potente cactus del San Pedro - la pianta psicoattiva viene consumata da tutti i partecipanti alla cerimonia, malati compresi. Nel corso del successivo stato visionario, lo sciamano ®capta¯ i messaggi inviati dallo spirito

della pianta, o dall'entit spirituale o divina ch'essa rappresenta, e li ®traduce¯ per la collettivit . Si tratta di un fenomeno di

®diagnosi magica¯ mediante il quale le entit sovrannaturali, che ®abitano¯ nella pianta, comunicano allo sciamano le cause della malattia e quali rimedi utilizzare (ad esempio, quali piante medicinali impiegare). In diverse culture questi vegetali vengono impiegati anche per scopi magici, ovvero per indurre poteri psichici paranormali, mediante i quali effettuare operazioni magiche: prevedere il futuro, vedere e comunicare con persone distanti, ritrovare un oggetto smarrito, individuare il colpevole di un misfatto, eccetera. Gli stati modificati di coscienza - secondo quanto affermano coloro che vivono queste esperienze - possono essere accompagnati dalla liberazione di poteri paranormali. Si incontra, ad esempio, un parallelismo di questo fenomeno nei "siddhi" (poteri psichici), acquisiti dagli "yogin"

indiani nel corso delle loro pratiche ascetiche, e non casuale che nel Bengala la canapa indiana venga denominata con il medesimo termine "siddhi". Vi sono casi in cui la medesima pianta viene utilizzata per differenti scopi, a seconda del contesto e degli specifici presupposti culturali. E' il caso, ad esempio, del "peyote", il cactus allucinogeno considerato come un'ostia sacra (il ®Cristo Rosso¯) dalle

trib di Indiani del Nord America. Tali trib hanno dato vita, dalla met del secolo scorso, mediante l'uso rituale collettivo di questo

cactus, al consolidato movimento religioso della "Native American Church". Nel Messico settentrionale, i Tarahumara continuano invece a utilizzare il peyote esclusivamente durante le cerimonie di cura dei loro malati, mentre gli Aztechi del Messico precolombiano - secondo quanto riportano le fonti del periodo della Conquista - ne facevano uso a scopi magici, per ritrovare un oggetto smarrito, per predire avvenimenti futuri, o per smascherare un colpevole. Il grado di socializzazione delle esperienze che prevedono il consumo di vegetali sacri varia notevolmente, a seconda del contesto sociale e del tipo di approccio culturale connesso all'esperienza. Nel rito del Soma, la bevanda veniva consumata unicamente dagli officianti. E' questo un esempio di uso di vegetali inebrianti riservato esclusivamente alla casta prelatizia, o a singoli individui prescelti come intermediari, mediante i quali avveniva il contatto fra gli dei e il popolo. Anche nelle culture religiose sciamaniche, probabile culla d'origine del sentimento religioso umano, lo sciamano funge da

intermediario fra la sua gente e l'al di l . Le esperienze visionarie, all'interno delle sedute, possono essere vissute da un folto gruppo di individui, ma lo sciamano resta comunque la figura-chiave

dell'esperienza collettiva. Frequente pure il caso di movimenti religiosi al cui interno la consumazione della pianta psicoattiva

avviene in maniera pi apertamente collettiva, a mo' di comunione,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt allargata a tutti i partecipanti al rito. In tali contesti, l'allucinogeno viene considerato e vissuto come intermediario

individuale fra ciascun individuo e la divinit (6). Lo stretto rapporto che si viene a creare fra l'uomo e le piante psicoattive giunge naturalmente a influenzare anche i miti e le credenze dei popoli che fanno uso di tali piante, sino al punto in cui

- soprattutto se questo rapporto di origine locale, e non di importazione - esse arrivano a ricoprire un significativo ruolo simbolico nelle cosmogonie e nelle antropogonie di queste popolazioni. Fra i miti e i racconti che trattano di piante psicoattive si evidenziano - per numero e per ricchezza d'elaborazione - quelli che trattano della loro origine, o dell'origine del rapporto di questi con l'uomo. Riguardo a molte di queste piante, la scienza occidentale, e

particolarmente l'etnobotanica, non tuttora in grado di spiegare in che modo, e con quali logiche deduttive, l'uomo sia arrivato a

scoprirne le particolari propriet psicoattive, spesso confinate unicamente ad alcune loro parti (fiori, semi, radici, eccetera), o accompagnate da effetti tossici tali da far ritenere la pianta

velenosa, ancor prima che psicoattiva. Per alcune piante plausibile la scoperta casuale, mentre per altre si fatto riferimento

all'osservazione compiuta dall'uomo sul comportamento di alcuni animali, dopo che questi avevano consumato la pianta, rimanendone inebriati (tali osservazioni vengono, in effetti, riportate in vari miti). Ad esempio, le popolazioni della Siberia che utilizzano l'agarico muscario - il noto e vistoso fungo dal cappello rosso cosparso di macchie puntiformi bianche - affermano di averne scoperto gli effetti osservando le renne che, dopo averlo ingerito, ne rimanevano inebriate. Ma vi sono anche vegetali psicoattivi la cui scoperta da parte

dell'uomo rimane enigmatica. E' il caso dello "yaj ", una bevanda allucinogena diffusa nell'Amazzonia, ricavata cucinando insieme due distinte piante, entrambe indispensabili ai fini degli effetti visionari della bevanda; se assunta da sola, ciascuna di queste piante

non induce alcun effetto. V' quindi da chiedersi come abbiano potuto gli abitanti dell'Amazzonia, migliaia di anni fa, scoprire che ®questa pianta¯ e ®quella pianta¯, fra le migliaia della foresta, solo se utilizzate contemporaneamente potevano indurre un effetto allucinogeno. Per gli indigeni il problema non sussiste: non l'hanno

di certo appreso da loro, ma stato lo spirito della foresta o lo Spirito dello "yaj ", meglio noto come Donna-Yaj , che, un giorno,

tanto tempo fa, glielo ha personalmente indicato. Di qui, il ®mito d'origine¯ della pianta psicoattiva, pi o meno

elaborato, che spiega, motiva - e continuamente fonda - la sua esistenza e il suo rapporto causale con l'uomo. Frequentemente, in questi racconti gli enteogeni originano da

un'emanazione diretta delle divinit , per volont delle quali le piante sacre vengono donate all'umanit , come mezzo di comunicazione con le realt extra-umane. Nella mitologia dei Fang del Gabon, gli

spiriti dei morti indicano a Bandzioku, una donna, la pianta dell'iboga, e le insegnano come utilizzarla, affinch essa possa

®vederli¯ e comunicare con loro. Fra gli Indiani del Nord America, lo Spirito del Peyote si presenta in sogno a un uomo (o a una donna) e indica loro il peyote, la sacra radice, come strumento di salvezza

della sua trib . Diversi miti trattano dell'origine della pianta fuoriuscente dal

cadavere o dalla tomba di un uomo, il pi delle volte un eroe culturale che, dopo aver fondato le regole tribali, i riti di passaggio, i principi dell'agricoltura, o altre importanti istituzioni

sociali, elargisce un ultimo dono alla sua trib trasformandosi, al momento della sua morte, nel vegetale psicoattivo. Questi racconti

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt rientrano nel pi vasto insieme dei miti relativi all'origine delle

piante coltivate dall'uomo, peculiari dei popoli coltivatori, e caratterizzati dal motivo della trasformazione di uno spirito - di un "dema", per dirla con Jensen (7) - spesso mediante smembramento, nella pianta omonima. Per una medesima pianta possono esistere differenti miti relativi alla sua origine, e per ciascuno di questi possono essere state riportate

differenti versioni: ci avviene soprattutto in base alla diffusione geoetnografica dell'utilizzo della pianta. Ad esempio, si conoscono decine di versioni del medesimo mito d'origine dell'uso del peyote presso gli Indiani del Nord America; in pratica, ne esiste una

versione per ogni trib indiana che ha adottato questo cactus allucinogeno come droga sacramentale. Si presentano casi in cui un mito tratta contemporaneamente il tema dell'origine della pianta e quello dell'origine del suo uso da parte dell'uomo, soprattutto in quei racconti in cui l'origine dell'uomo e l'origine della pianta sacra sono in stretta relazione temporale fra di loro (nel tempo del mito, si intende). In numerosi altri casi, invece, i racconti trattano esclusivamente dell'origine del rapporto dell'uomo con la pianta, considerando questa come preesistente all'evento raccontato nel mito, senza specificarne l'origine.

Fra i miti qui riportati, si rileva una certa variabilit nel grado di ®purezza etnografica¯. Vari racconti hanno sub•to le influenze e le interpretazioni di culture esterne, fino a perdere, in alcuni casi, le caratteristiche di mito d'origine, sepolte sotto una spessa coltre di

modificazioni interpretative. In diversi casi ci che ci pervenuto un racconto, una storiella o un semplice aneddoto, frutto della secolare volgarizzazione e folclorizzazione degli antichi miti. Quelle popolazioni la cui cultura e la cui religione sono state soggette a un fenomeno dl sincretismo con religioni esterne, quali il cristianesimo, l'islamismo, il buddhismo, hanno elaborato e adattato la loro mitologia attraverso un processo di sovrapposizioni e di comparazioni simboliche, che si riflettono anche sui miti d'origine delle piante psicoattive. Ad esempio, in alcune versioni del mito

d'origine dell'uso del peyote tra gli Indiani del Nord America, non

pi lo Spirito del Peyote, bens• Ges Cristo, che si rivela all'indiano per indicargli la sacra radice.

Come ricercatore nel campo di indagine multidisciplinare dell'utilizzo umano dei vegetali psicoattivi, e senza pretesa di usurpare campi di ricerca pertinenti agli studiosi specialisti della mitologia, dell'antropologia e della storia delle religioni, con il presente lavoro ho inteso ordinare e offrire un insieme di materiali mitologici - la maggior parte inedita in Italia - ritenendo utile, o per lo meno soggettivamente interessante, il fatto dl potere leggere, uno di seguito all'altro, i racconti sulle origini della marijuana, del tabacco, del peyote, dell'amanita muscaria, della mandragora,

eccetera. Accanto a una pi estesa presentazione dei miti riguardanti le piante allucinogene (enteogeni), ho riportato alcuni miti relativi alle piante eccitanti e alle piante dalle quali si ricavano bevande alcooliche.

YAJE' (AYAHUASCA).

Lo "yaj ", altrimenti noto come "ayahuasca", "caapi", "natem", il pi importante allucinogeno della foresta amazzonica. Il suo impiego per scopi religiosi e magico-terapeutici attualmente diffuso presso la maggior parte delle trib che occupano l'area di foresta tropicale

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt distribuita fra Per , Ecuador, Colombia e Brasile. Le sue origini si

perdono nel lungo neolitico tropicale: la documentazione archeologica ne avrebbe evidenziata un'antichit di 5000 anni (1). Lo "yaj " si presenta come una bevanda ottenuta dalla prolungata

cottura di una liana della famiglia delle Malpighiaceae - "Banisteriopsis caapi" (Spr. ex Griseb.) Morton - assieme alle foglie di un arbusto - "Psychotria viridis" Ruiz & Pavon, della famiglia

delle Rubiaceae. Una peculiarit di questo allucinogeno consiste nella necessaria compresenza di entrambi i tipi di vegetali affinch si

manifesti l'effetto visionario. Frequentemente, alla bevanda-base vengono aggiunti altri ingredienti vegetali che influiscono sull'effetto allucinogeno, offrendo una serie di esperienze psichiche tradizionalmente ben collaudata. Dai tempi di Richard Spruce (1851), il botanico che per primo, fra gli

europei, entr a contatto con questa bevanda e ne descrisse gli usi e le propriet , numerosi antropologi ed etnografi hanno osservato le trib amazzoniche che fanno uso dello "yaj ", descrivendone i riti e riportando un ricco materiale mitologico. L'uso della bevanda

tradizionalmente legato alle pratiche sciamaniche, e anche nell'utilizzo collettivo, la distribuzione dello "yaj " sotto il diretto controllo dello sciamano. Lo "yaj " viene bevuto allo scopo di

raggiungere il mondo sovrannaturale e contattare gli spiriti della foresta, ottenere poteri sovrannaturali, o anche curare le frequenti vittime di malefici. Quest'ultimo tipo di cura si basa sull'individuazione e sulla rimozione dal corpo del paziente di particolari oggetti magici (quali le ®frecce magiche¯, "virotes"), che

rappresentano le armi invisibili pi temute degli stregoni e dei fattucchieri. Presso molte trib amazzoniche le esperienze visionarie ottenute con lo "yaj " rappresentano una fonte di informazioni d'importanza primaria per l'interpretazione della realt e degli

accadimenti della vita. I temi pi comuni delle visioni indotte dalla bevanda riguardano, per

gli indios, anaconde, altri rettili, e diversi animali, in particolare il giaguaro. Il rettile rappresenta la liana dello "yaj ", e il suo

simbolismo raggiunge le immagini e gli eventi che possono essere oggetto di una ®rettilificazione¯: dalla complessa rete fluviale della foresta sino all'atto del vomitare, frequente sintomo fisiologico conseguente all'ingestione della bevanda, interpretato come la fuoriuscita di un serpente dal corpo del consumatore, attraverso la

bocca. Il giaguaro il tipico animale nel quale si trasforma lo sciamano. Una comune esperienza riguarda la separazione dell'anima dal corpo dello sciamano, con conseguente sensazione di ®volare¯; anche la

sensazione di vedere spiriti e divinit , cos• come quella di poter vedere luoghi e persone distanti, o i responsabili dell'invio di malattie attraverso pratiche stregoniche, fanno parte delle comuni esperienze vissute dagli sciamani (2).

Verificato il ruolo centrale assunto da questa bevanda nelle credenze e nell'interpretazione del mondo di queste popolazioni, v' da

presupporre l'esistenza di miti relativi alla sua origine specifici e ben strutturati.

Il seguente mito stato raccolto da Reichel-Dolmatoff presso i Tukano della regione del Vaup s, nell'estrema zona Sud-Est della Colombia, ai

confini con il Brasile. Gli eventi narrati sono riferiti all'epoca della comparsa dei primi uomini sulla terra. Nel mito, Ipanor il luogo ove i primi indiani del fiume Vaup s discesero dal cielo, portati da una canoa a forma di anaconda. La Casa delle Acque il

luogo in cui fu eretta dagli uomini la prima capanna ("maloca"):

®I primi uomini si erano riuniti nella Casa delle Acque, situata in

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt una macchia proprio sotto Ipanor , sul fiume Vaup s inferiore, e

stavano preparando "cashiri" (3). Stavano cercando una bevanda, una pozione intossicante che li avrebbe portati oltre gli stretti confini dell'esperienza di ogni giorno, per cui stavano preparando differenti tipi di birra fermentata. Il Padre-Sole aveva promesso loro una bevanda miracolosa; aveva detto loro che stavano per riceverla come supremo dono che avrebbe per sempre legato la gente di questa terra con i poteri splendenti delle forze celesti. Gli uomini erano in aspettativa; si erano riuniti per ricevere il favore esaltato, e, attendendolo, bevevano e cantavano nella Casa delle Acque. Una donna era fra loro, la prima donna della Creazione, e mentre l'eccitazione degli uomini aumentava e la casa iniziava a riempirsi delle voci e dei movimenti della folla, essa si mosse inosservata e usc•. La donna portava un bambino (nel grembo). Quando il Padre-Sole

la cre nella Casa delle Acque, egli aveva ingravidato il corpo di lei attraverso gli occhi; guardando il suo splendore si ingravid (4), e ora stava per partorire, per cui lasci la casa e cammin nel buio

della foresta. Mentre gli uomini continuavano a cantare, lei diede vita a un bambino, un bambino che stava per diventare lo "yaj ", la

liana narcotica, un bambino superumano che era nato in un accecante bagliore di luce. La donna - Donna Yaj era il suo nome - tagli il

cordone ombelicale, quindi prese alcune foglie rosso-scure della pianta "carayur " (5), e inizi a strofinare con queste il corpo del

bambino. Di seguito, prese una manciata di foglie di "tooka" (6), che sono verdi sulla superficie superiore ma rosse brillanti su quella

inferiore, e nuovamente sfreg con queste il corpo del bambino. E mentre stava sfregando e pulendo il bambino, diede forma al suo piccolo corpo, la sua testa, le sue braccia e le sue gambe, una per una. Quando il bambino fu luminoso e risplendente, lo prese fra le braccia

e torn verso la Casa delle Acque. Cammin per tutta la notte, la via le era mostrata dalla luce emanata dal corpo del bambino. Quando giunse alla fine del sentiero, di fronte alla casa, si reggeva ancora in piedi. All'interno gli uomini erano seduti e ora, improvvisamente, si sentirono paralizzati e agitati. Non era dovuto alla bevanda che avevano bevuto; era per qualcos'altro, ma nessuno sapeva cosa fosse. Si sentivano storditi e intorpiditi, e stavano tutti guardando attraverso la porta la donna che si ergeva in piedi al termine del

sentiero, di fronte alla casa. Lentamente, la Donna Yaj cammin verso la casa ed entr . Tenendo il bambino fra le sue braccia si dispose nel

mezzo della grande stanza, ove era collocato un paniere con ornamenti di piume, vicino al focolare, e qui si ferm . Gli uomini la guardavano

e si sentivano impallidire; la luce brillante e la vista del bambino rosso sangue stava causando loro la perdita dei sensi. Si sentivano come se stessero affogando in acque vorticose.

La donna si guard attorno e chiese: "Chi il padre di questo bambino?" Un uomo che le era seduto vicino disse: "Sono io suo padre!"

Togliendosi uno dei suoi orecchini di rame, lo ruppe a met per il lato della sua lunghezza e, afferrando il bambino, tagli via un pezzo

del cordone ombelicale con la lama affilata dell'orecchino. Un altro uomo si alz ed esclam : "Sono io il padre del bambino!" e strapp via

la gamba destra del bambino. Quindi tutti gli uomini si alzarono e urlarono: "Siamo tutti padri del bambino" e si precipitarono sul corpo

dell'infante e lo ridussero a pezzi. Ciascun uomo ne strapp una parte e se la tenne per se, fino a che nulla fu lasciato.

E da allora, ogni trib , ogni gruppo di uomini, ebbe la sua propria liana narcotica."

Lo stesso Reichel-Dolmatoff (8) aveva raccolto, alcuni anni prima, una versione del medesimo mito presso i Desana, una trib appartenente

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt alla medesima famiglia linguistica tukanoide, stanziata lungo il ramo

colombiano del Rio Papur• . In questa versione, l'avvento dello "yaj " presso gli uomini collocato pi esplicitamente ®al principio del tempo¯ . Presso le trib Tukano, un motivo comune riguarda l'arrivo dei

primi uomini sulla terra, portati da una grande canoa celeste a forma di anaconda: la Canoa-Anaconda, che viva ed guidata da Pamur¡- mahs , il ®germinatore¯ , un essere sovrannaturale, diretta emanazione

del Padre-Sole ("Pamur¡" significa ®fermentare¯). Mentre la canoa risaliva i fiumi per diffondere su tutta la terra la razza umana,

apparve Donna Yaj . L'origine dello "yaj " viene quindi posta in stretta relazione

temporale con l'origine degli uomini: dopo essere stati depositati nella foresta dall'Anaconda celeste, e dopo aver costruito la prima "maloca", giunge innanzi a loro, come prima donna, la madre dello

"yaj ", e il primo parto di una donna, avvenuto in questo mondo, riguarda non un essere umano, bens• la sacra liana.

Secondo un altro mito (9) della medesima regione del Vaup s colombiano, i primi abitanti della terra giunsero dalla Via Lattea in una canoa trascinata da una anaconda che trasportava un uomo, una donna e tre piante, tutte dotate di effetti inebrianti: "cassava",

"coca" e "caapi" ("yaj "). Ogni sciamano Tukano ("pay ") possiede particolari oggetti,

considerati basilari strumenti magici della sua professione. Fra questi si annoverano degli orecchini di rame, che il "pay " ottiene direttamente dal Tuono - una divinit in relazione con lo spirito del

giaguaro - durante il suo apprendistato. E' il Tuono stesso che indossa questi monili, utilizzandoli per produrre il fulmine (10). Il

fatto che strumenti magici peculiari del "pay " vengano, nel mito, portati e utilizzati dai primi uomini per fare a pezzi il Bambino

Yaj , fa supporre che questi primi uomini fossero contemporaneamente i primi sciamani. Anche la preparazione e la ricerca di bevande

inebrianti competenza degli sciamani, e in un altro mito Desana (11) si specifica che Pamur¡-mahs , il ®germinatore¯ del genere umano, era

un "pay ", allo stesso modo del Padre-Sole. Nella versione Desana si riporta che gli avi di tutti i gruppi dei Tukano si erano riuniti nella Casa delle Acque per ricevere il

rampicante "yaj ". ®Il Bambino Yaj fu partorito mentre gli uomini cercavano un modo di intossicarsi¯ (12). Analogamente, nella versione Tukano esiste un esplicito riferimento al fatto che i primi uomini che

vennero a contatto con lo "yaj " lo stavano cercando e attendendo, secondo quanto aveva comunicato loro lo stesso Padre-Sole. L'elemento di anticipata consapevolezza del sopraggiungere del nuovo vegetale sacro e della sua ricerca, si presenta solo in questo mito, fra tutti i miti di origine delle diverse piante qui prese in considerazione. Il mito riporta che gli uomini cos• riuniti, alla ricerca della bevanda promessa dal Padre-Sole, stavano realizzando "cashiri" e

®differenti tipi di birra fermentata¯ ; ci potrebbe essere un indizio

di una pi antica presenza delle bevande fermentate rispetto a quella dello "yaj ". Va tuttavia osservato, che lo stato di stupore in cui si ritrovano gli uomini non causato dalle bevute di "cashiri"- come viene esplicitato nel testo - bens• dovuto alla presenza del bambino-yaj o, nella versione Desana, tale stupore si manifestato

dal momento stesso della sua nascita. Come ha giustamente posto in rilievo Reichel-Dolmatoff (13), il

sacrificio finale del bambino-yaj , compiuto dai primi uomini mentre si trovavano in uno stato di stupore e di agitazione - ®uno stato di transe narcotica¯ (14) - riveste il mito di un tono dionisiaco. La versione Desana di questa parte del mito, che inizia col rientro

della Donna Yaj nella "maloca" dopo aver partorito, offre ulteriori e interessanti particolari:

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®La donna si era portata al centro della "maloca". Vi erano una scatola di copricapi fatti con piume e un focolare. Quando entr ,

soltanto uno degli uomini aveva tenuto la testa a posto e non si era stordito. Gli uomini stavano bevendo quando la donna aveva avuto il bambino, e subito erano stati presi dallo stordimento. Prima si erano sentiti afferrare dalle vertigini; poi era sopraggiunta una luce rossa, ed essi vedevano colori rossi, il sangue del parto. Quindi essa era entrata con il bambino, e quando aveva attraversato la porta, tutti avevano perso i sensi. Solo uno di essi aveva resistito e aveva

afferrato il primo ramo di "yaj ". Fu in quel momento che il nostro avo ag• come un ladro; si tolse uno dei suoi orecchini di rame e lo

spezz in due, e con la parte tagliente recise il cordone ombelicale. Ne tagli un grosso pezzo. Questa la ragione per cui lo "yaj "

cresce a forma di rampicante. Tutti strapparono brandelli del bambino (...)¯ (15).

Da questo brano risalta l'associazione esistente fra la liana dello "yaj " e il cordone ombelicale, dovuta alla rassomiglianza nella forma, e alle comuni valenze simboliche. Pi oltre si verificher

anche l'associazione simbolica fra la liana-cordone ombelicale e il serpente, un animale frequentemente citato nelle allucinazioni indotte

dallo "yaj ". Il tema centrale delle differenti versioni di questo mito suscettibile di interpretazioni di natura sessuale. Fra i

Tukano, la grande casa comune, la "maloca", rappresenta un utero; la porta della casa simboleggia una vagina; anche la scatola nella quale

sono contenuti gli ornamenti di piume legata a un simbolismo femminile, poich le stesse piume di uccelli, specifici ornamenti per

gli uomini, vengono interpretati come loro ®fertilizzanti¯. La scena

della Donna-Yaj che entra nella porta-vagina e penetra nella casa- utero, in mezzo allo stordimento degli uomini, equivarrebbe, quindi, a un atto sessuale. Lo stato emotivo-visionario indotto dall'assunzione

dello "yaj " e quello del momento del coito vengono considerati dai Tukano equivalenti; un'equivalenza che si rispecchia nell'affinit tra

le rispettive parole che li designano (16). In un'altra versione del medesimo mito Tukano, il Bambino-Yaj

sopravvisse e si trasform in un anziano, che custodiva gelosamente il segreto dell'azione allucinogena: ®Da questo vecchio formarono il

seme, poich fu il possessore dello "yaj ". Il desiderio di possedere questo pene port alla creazione del seme. Il vecchio era un dono dello "yaj ", cio , il dono dell'atto sessuale. Essi erano i figli ed

egli era il padre¯ (17). In questa variante del mito viene

maggiormente esplicitata l'identit fra lo "yaj " e il membro virile, analogamente a quella esistente tra gli effetti allucinatori della liana e l'atto sessuale.

Un "pay " Desana, commentando alcuni passi del mito d'origine dello "yaj "- in particolare le motivazioni che avrebbero portato il Padre

Sole a donare la sacra bevanda agli uomini - fornisce una spiegazione che ci illumina sul rapporto fra l'uomo e i suoi allucinogeni presso questa popolazione:

®Era la luce gialla. Le persone erano come animali; essi non sapevano come usare la luce gialla. Il Padre Sole doveva insegnare loro come

usarla (...) L'umanit aveva bisogno di un mezzo di comunicazione; era per questo motivo che il Padre Sole stava cercando lo "yaj " (...) Egli pens e pens , fino a che trov il giusto colore che le persone

avrebbero usato quando scelgono le loro donne. Egli diede il colore alla gente; diede loro la luce gialla. Diede loro lo "yaj ". E dando lo "yaj ", diede loro la loro vita; diede loro le regole con le quali avrebbero vissuto. Una volta che ebbero "yaj ", essi trovarono i loro

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt argomenti, le loro conversazioni. Ora avevano trovato il loro posto, anche se era in mezzo ad affanni ed errori. L• seduti, nella Casa delle Acque, avevano trovato il loro modo di vivere¯ (18).

In un'altro passo relativo al mito di creazione, si riporta che il Padre Sole cre l'umanit quando ebbe l'®intenzione gialla¯ . Questa

espressione si riferisce all'atto sessuale. Il colore giallo per i

Desana il colore dell'atto sessuale e, al contempo, per l'identificazione simbolica fra questo e la bevanda, il colore dello

"yaj " (19). Questo passo esprime un concetto basilare della cultura Desana e, pi in generale, delle diverse popolazioni tribali che utilizzano lo "yaj ": questo allucinogeno la fonte

dell'®umanizzazione¯ dell'uomo, promotore del processo di acculturazione umana.

Anche fra i Desana che vivono lungo la parte brasiliana del Rio Vaup s - separati da quelli della regione colombiana, oltre che dal confine politico, dall'insediamento di un gruppo di Indiani Witoto, di lingua

e cultura tup• - conosciuta una versione del mito di origine del "caapi", inserita in una lunga cosmogonia, che aiuta a comprendere

meglio il rapporto e la simultaneit tra gli eventi relativi al parto del "caapi" da parte di una donna originaria, e gli uomini testimoni interattivi di questa nascita sovrannaturale. Pronipote del Mondo, generato da Bisnonna del Mondo (il primo essere autocreatosi dal

nulla), il Creatore del Mondo; Bol ka il primo uomo, il primo sciamano e il capo della stirpe dei Desana. La Grande Casa del Maestro

di Canto considerata la casa pi importante (la trentesima) fra le sessantanove Case successivamente visitate dalla lunga trama

cosmogonica. Gahap¡ una variante locale di Caap¡:

®Quando Pronipote del Mondo giunse alla Grande Casa del Maestro di Canto, insieme al fratello Bol ka, Uomo dell'Universo, nacque l'Essere

Misterioso chiamato Gahap¡ Mahsan, Persona di Gahap¡. Ecco come avvenne.

Creatore del Mondo e Bol ka fecero un rito con sigaro [di tabacco] e "ipad£" ["coca'' (20)] per le due prime donne che Terzo Tuono, Serpente Trasformatore, aveva creato dal loro vomito. Una di esse

mastic "ipad£", l'altra fum sigaro. Quella che mastic "ipad£" partor•, e nacquero da questo parto gli uccelli "ara" e "jap£" e altri uccelli ancora, dai colori variopinti. Fu cos• possibile a tutti avere gli ornamenti di piume.

La donna che fum sigaro partor• , e da questo parto nacque Persona di Gahap¡, nel giorno in cui il Creatore distribu• i linguaggi alle varie

trib . Quando avvert• le doglie, le sue gambe cominciarono a tremare e il suo tremito si trasmise alle gambe degli uomini che si trovavano nella Grande Casa del Maestro di Canto. Quando poi ebbe il sussulto

del parto, questo si comunic anche all'umanit , che era nella Grande Casa. Per riscaldarsi attizz il fuoco, il cui calore si trasmise ugualmente a tutta l umanit . Essa colloc sul suolo su cui doveva cadere il nascituro degli

intrecci di "aruma" di differenti colori: stuoia di aruma-ranocchio di foresta; stuoia di aruma-manioca grattugiata; stuoia di aruma-pioggia;

stuoia di aruma-serpente. La visione della molteplicit dei colori di quegli intrecci penetr negli occhi dell'umanit , che si trovava nella

Grande Casa del Maestro di Canto. Mentre bevevano "caap¡" (21), il "bai ", il "kum£" e i danzatori videro i disegni sulle stuoie intrecciate che erano apparse magicamente quando nacque Persona di Gahap¡. Il "kum£" proclamava ad alta voce, uno per uno, il nome dei

disegni, affinch fossero ricordati. Tali nomi erano: quarti di "beij£", ginocchio di fantasma, picciolo di peperoncino, losanga, ramo d albero.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Prima che Persona di Gahap¡ nascesse, la madre perdette sangue. Il

rosso di quel sangue impregn gli occhi dell'umanit . Dopo la nascita del bambino, la madre recise il cordone ombelicale. Nella visione che gli uomini ebbero, il cordone apparve come piccoli serpenti. Poi la

madre and a lavare il figlio, che a contatto con l'acqua rabbrivid• di freddo. Anche questo tremito raggiunse gli uomini. Subito dopo dipinse il volto del bambino con il colore estratto dalle foglie della liana "carajur£" e con argilla bianca, rossa e gialla. Gli uomini, stimolati dal "caap¡", videro in visione i colori della pittura del volto del bambino. Successivamente, la madre introdusse il figlio nella "maloca" dove si

trovava l'umanit , cio nella Grande Casa del Maestro di Canto. Quando Persona di Gahap¡ entr nella "maloca", le visioni erano cos• numerose che nessuno riusciva pi a vedere, anzi non riuscivano neppure a

riconoscersi tra loro¯ (22).

Segue la scena sacrificale dello smembramento del bambino-yaj da parte degli uomini presenti nella "maloca".

Le diverse trib del gruppo linguistico tukano hanno creato un particolare sistema di classificazione delle immagini percepite

durante lo stato allucinatorio indotto dallo "yaj ". Esse distinguono quelle percepite durante il primo stadio dell'effetto, chiamate

"nom ri" (®dipingere con punti colorati¯ ), caratterizzate da forme geometriche semplici, da quelle percepite durante un secondo stadio,

chiamate "tere", caratterizzate da forme geometriche pi complesse (griglie, linee a zig-zag, ondulate, eccetera), sino a quelle

percepite in uno stadio ancora pi avanzato dell'effetto allucinatorio, costituite da immagini figurative e pittoriche,

interpretate dagli indios per lo pi come scene mitologiche. Dalle immagini "nom rie tere", fra le quali rientrano quelle citate nel mito sopra riportato, influenzata non solo tutta l'arte tukano, ma anche

il loro sistema classificatorio e relazionale del mondo esterno (23). L'instancabile Reichel-Dolmatoff pubblic la versione Desana di un differente mito di origine dello "yaj ", in associazione a quello

della pianta della "coca", nel quale il tema del parto divino continua a giocare un ruolo centrale. In questo caso, la portatrice

sovrannaturale dello "yaj " una delle figlie di Va• -mahs , il Signore degli Animali. "Vih¢" una polvere da fiuto allucinogena

ricavata dai bacelli di piante della famiglia delle leguminose (24):

®Il Sole aveva la polvere "vih¢" nel suo ombelico, ma una f glia di Va• -mahs possedeva la pianta "yaj ". Era gravida, e con le doglie del parto and sulla spiaggia e, stesa al suolo, si contorceva nel dolore. Una vecchia donna Desana volle aiutarla e afferr la sua mano, ma la figlia di Va• -mahs si contorse cos• duramente che ella ruppe il suo

dito, e la vecchia donna lo prese. Mise il dito nella sua "maloca", ma un giovane uomo lo rub e lo piant . La pianta "yaj " origin da questo dito. La stessa cosa successe con un'altra figlia di Vai-mahs .

Quando ebbe le doglie del parto, si contorse sdraiata sulla spiaggia, e una vecchia donna giunse in suo aiuto. Afferr la sua mano e ruppe

una delle dita della ragazza e lo seppell•. La pianta di "coca" origin da questo dito¯ (25).

La continuazione del racconto non spiega cosa accada in seguito alle figlie di Va• -mahs , in tal modo mutilate, e ai loro figli, ma v' da

supporre che i figli siano considerati oggetti del sacrificio attraverso cui avviene la trasformazione in pianta. L'informatore Desana del racconto precedente fece un breve riferimento a un mito in cui sono coinvolte le dita delle mani e le droghe allucinogene: queste ultime ®furono rubate, in forma di un dito o di un fallo, da aquile

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt che le portarono nella Via Lattea¯ (26) (nella cosmovisione dei Tukano

la Via Lattea la dimora delle allucinazioni e delle visioni). In un altro mito Desana riportato che ®l'aquila rub il dito della pianta della "coca" e lo mangi fino a che non ne fu satollo¯ (27).

Ritroviamo il simbolismo delle dita in un mito d'origine dello "yaj "

degli Indiani Witoto - gruppo etnico disperso fra i fiumi tributari del Rio delle Amazzoni, in particolare a occidente del porto di Leticia - inserito nel racconto noto come ®storia di Un maray¯. Questo

eroe culturale scopr• le propriet dello "yaj " mentre studiava le virt delle diverse liane della foresta: ®Afferr la liana dello "yaj " per il suo apice, che non era altro che il dito indice del dio

della saggezza, Un mara¯ (28).

Fra i miti cosmogonici dei Tariana, una trib Tukano che abita in una zona vicino a quella dei Desana e dei Tukano veri e propri, lungo il

corso del Rio Papur¡, presente un mito di origine del "caapi" inserito in un pi articolato racconto della creazione (29). Agli

inizi dei tempi, Coadidop, una fanciulla giovane e vergine, viveva sola nello spazio vuoto. Con il fumo di tabacco, impregnato del latte

del suo seno, cre un uomo, il Tuono, e gli impart• il compito di creare altri uomini. Per prima cosa, questo primo uomo-Tuono cre

altri tre fratelli Tuoni. Coadidop, da parte sua, e sempre con l'ausilio del tabacco e del latte dei suoi seni, cre due ragazze vergini, due sorelle, Cai aro e Paramano. Il racconto prosegue con la

descrizione della creazione della terra e dell'istituzione dei rituali femminili del passaggio dalla pubert all'adolescenza. A un certo

punto, i Tuoni, dopo aver fallito nel tentativo di autoingravidarsi, invitarono le due sorelle a un incontro festoso, durante il quale esse vennero magicamente ingravidate, con l'apparente assenza dei Tuoni,

mentre mangiavano, l'una l'"abil" (30), e l'altra "ipad ". Cai aro - apparentemente la sorella che aveva mangiato "abil"- diede alla luce un bambino tutto pieno di buchi, Jurupar•, un noto eroe culturale

delle trib tukanoidi, mentre Paramano, che aveva mangiato "ipad " (®coca¯), diede alla luce il "caapi":

®Era il tempo in cui Daxsea, Uanana, Pir -tapuya, Arapa o, Tuyuca (31) arrivavano in forma di pesci, risalendo il fiume (noi Tariana siamo stati creati diversamente). Un serpente era la loro canoa. Avvicinarono la canoa alla riva e scesero; i pesci diventarono gente. Essi videro l'altra delle due sorelle (Paramano) che stava riposando, e dissero: "Questa deve avere un bambino". Il figlio della prima sorella (Jurupar•) fu allevato dai Tuoni, il figlio della seconda da questa gente, e fu il padre del "caapi". Da lui fecero il "caapi". Tutti bevvero il "caapi" creato da quel fanciullo¯ (32).

Incontriamo ancora una volta il tema del sacrificio di un bambino ®sovrannaturale¯, mediante il quale il genere umano ottiene la pianta

sacra. Secondo un differente racconto Tariana (33), Jurupar• stesso a fare dono del "caapi" agli uomini, poco prima di scomparire definitivamente dalla loro vista: il "caapi" sarebbe il suo sangue.

Nella pur ricca mitologia delle diverse trib Shuar dell'Ecuador, che utilizzano la medesima bevanda, da essi denominata "natem", non sembra siano presenti veri e propri miti d'origine dell'allucinogeno, ad eccezione, forse, di un ®mito di Natem¯ riportato da Plutarco Naranjo, raccolto tra i Jivaro (34). Il racconto tratta di un uomo molto saggio e veggente, una specie di eroe culturale, chiamato Natem, il quale,

dopo avere insegnato alla sua trib la maniera di cacciare gli animali e di curare i malati, divenuto ormai vecchio ed essendo in procinto di lasciare questa terra, fece s• che il suo spirito si reincarnasse

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt nella pianta del "natem", affinch gli uomini avessero ancora la possibilit di incontrarlo (sotto l'effetto visionario) e di

chiedergli dei consigli. Appaiono tracce di un mito d'origine della liana allucinogena in un odierno testo didattico Shuar, dedicato alla corretta preparazione e utilizzo della bevanda (35). Un cacciatore dei tempi antichi, nel raccogliere liane e altre piante dalle quali ricavare il veleno per le

frecce, raccolse un giorno la sacra liana e la port a casa. Durante la notte ebbe un sogno rivelatore delle propriet visionarie e

curative di quella liana. Presso le popolazioni urbane meticce dell'Amazzonia Peruviana, l'uso

della bevanda allucinogena - qui denominata "ayahuasca" - strettamente finalizzato alla diagnosi e alla cura delle malattie. Le sedute terapeutiche sono guidate dal "vegetalista", lo sciamano

conoscitore delle erbe e delle loro propriet . L'ormai secolare influenza delle missioni cattoliche ha portato, presso queste popolazioni, un certo grado di sincretismo col cristianesimo riguardo il simbolismo e l'interpretazione dell'esperienza visionaria (36). Luis Eduardo Luna ha riportato un mito d'origine dell'"ayahuasca" raccontato da Pablo Amaringo, un ex-"vegetalista" di Pucallpa (Dipartimento dell'Ucayalli), noto per i suoi dipinti influenzati dall'esperienza visionaria indotta dalla bevanda:

®Questo ci che vidi in una visione che quasi mi uccise. Posso attestare che fra le pi remote trib del Per , ve n' una chiamata

Shiris, di grandi guerrieri. Fra loro v'era un re chiamato Sinchihuyacui, il quale, dopo essere stato sconfitto da un'altra

trib , giunse, affranto dal dolore, in un giardino ove egli aveva piantato diversi alberi. L• egli mor•, e venne seppellito nei dintorni.

Alcuni anni pi tardi, egli apparve in sogno a sua moglie, regina Gaamacuina, e le chiese di andare presso la sua tomba con alcune delle sue principesse, portando con se il suo scudo, la sua lancia, la sua mazza di bronzo da guerra e la sua fionda, la zucca dalla quale era solito bere, e il suo vaso per la "chicha" [birra di mais]. Le diede quindi alcune istruzioni riguardo la pianta che era cresciuta sulla sua tomba. La regina fece come indicato, e mentre stava lasciando le armi del marito vicino alla tomba, vide con gran terrore che egli emergeva dalla tomba, col suo corpo brillante e radiante di luce, portante una mazza da guerra d'oro fra le mani. La regina e le sue compagne stramazzarono al suolo inorridite, in faccia al terreno, incapaci di

guardare direttamente il re. Una di loro inizi a urlare: "Ayaruna!! Reimi!! Ayaruna!!" Il re disse: "Non abbiate paura, 'sumac huarmicitas'. Ascoltate le mie

parole, affinch in futuro siate in grado di comunicare con me. Morii triste e amareggiato a causa di una sconfitta che non fui in grado di prevedere. Ogni volta che lo desiderate, potete ricevere buoni consigli e conoscenza su altri mondi. Ho fatto crescere una pianta

fuori dai miei capelli. Questa liana cresciuta e si arrampicata all'albero vicino alla mia tomba, e li fiorita, producendo semi. Da

questa pianta prenderete delle fette, e la chiamerete 'ayahuasca' (37). Ecco perch le canzoni (38) che questa pianta insegna sono

tristi e melanconiche, come se fossero suonate su arpe e 'quenas' (39). E dovete mescolarla con la pianta chiamata 'chacruna' (40) che sta crescendo vicino ai miei piedi. Con l'aiuto di queste due piante sarete in grado di vedere colori fantastici e suoni, e sarete in grado di sviluppare la vostra psiche e acquisire profonda conoscenza dalle culture del passato"¯ (41).

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Siamo ben lontani dalla ricchezza simbolica e dall'originalit dei

miti precedenti; inoltre, dell'origine sovrannaturale della sacra pianta, collocata "in illud tempore", ai tempi delle origini

dell'umanit , non v' pi traccia. Uno degli informatori mestizo di Luna afferm che fra gli Zaparo

dell'Ecuador amazzonico si riteneva che la liana dell'"ayahuasca" crebbe dalla carne e dalle ossa di un uomo ucciso da suo fratello; dal

suo corpo si form la pianta "chacruna" (42). Citiamo, ancora, un mito d'origine dell'uso della bevanda, registrato

nel 1948 da Alfred M traux presso la piccola trib dei Cashinahua, stanziata lungo il Rio Curanja, nel Per sud-orientale:

®Le propriet intossicanti dell'"honi" ("ayahuasca") furono rivelate agli uomini da uno spirito femminile dell'acqua. Un uomo che aveva osservato le sue [dello spirito dell'acqua] relazioni intime con il

tapiro, riusc• a catturarla. Essa lo port sott'acqua e gli diede un decotto di "honi", che provoc strani turbamenti in lui, ma anche gli fece vedere visioni meravigliose. Torn in questo mondo e rivel il segreto agli uomini della trib . Fu inghiottito successivamente da

numerosi serpenti, ma gli rimase ancora il tempo per insegnare agli (altri) uomini come usare l'"ayahuasca" (43).

Pi recentemente, A. Marcel (44) ha riportato un'estesa versione di questo mito, il cui nucleo non si discosta dalla precedente. Anche presso i Piaroa del Venezuela del Sud la sacra bevanda, chiamata

"d 'd ", viene offerta all'eroe culturale Wahari da un serpente gigante, Ohuoda'e, suo antenato sovrannaturale (45).

PEYOTE.

Il peyote (1) un piccolo cactus che vive nelle zone desertiche del Messico settentrionale e degli adiacenti territori degli Stati Uniti. Le popolazioni che vissero e si susseguirono per diversi millenni su questo territorio, hanno fatto un largo impiego di questo allucinogeno, per scopi magici, religiosi e terapeutici. I dati archeologici hanno confermato un interesse dell'uomo nei confronti del peyote della durata di almeno 3000 anni, ovvero risalente alle epoche preistoriche della formazione delle culture messicane. Nei vasellami e nell'arte plastica di queste culture, non mancano rappresentazioni esplicite del peyote, inserite in scene a carattere religioso (2). Ai tempi della Conquista, i primi cronisti spagnoli riportarono l'uso del "peyotl" presso i Chichimechi e i Toltechi, e, nonostante i tentativi dei colonizzatori spagnoli di reprimere questa usanza fra gli indigeni, l'uso del peyote per scopi magico-religiosi venne praticato e tramandato segretamente sino ai nostri giorni. Attualmente, l'uso del peyote viene liberamente praticato da un certo

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt numero di trib messicane, in particolare da Huichol, Tarahumara e

Cora. Nella seconda met del secolo scorso, alcune trib di Indiani del Nord

America, a seguito di ripetute scorrerie nel Messico settentrionale, ebbero l'opportunit di conoscere le propriet meravigliose del

cactus, e lo adottarono come sacramento nell'ambito dei propri riti religiosi. Fu cos• che il peyote si diffuse presso le trib degli

Indiani nordamericani, in particolare quelli delle grandi pianure, dando vita a un esteso movimento pan-Indiano di rinnovata identit

culturale e di identificazione razziale, rappresentato dalla "Native American Church", una religione sincretica con il Cristianesimo, nella quale il peyote, identificato con il Cristo Rosso, ricopre il ruolo di sacramento e di fattore salvifico. Gli Huichol abitano nella Sierra Madre, nello stato messicano di Nayarit, un territorio nel quale il peyote non cresce. Per procurarselo, gruppi di indiani affrontano ogni anno una lunga marcia, attraverso un percorso di circa trecento miglia, fino a raggiungere il deserto di San Luis Potos¡, nei dintorni di Real de Catorce, sede della mitica Wirik£ta, ove dimorano gli spiriti, i "kakauyarixi", i Grandi Antenati. Qui l'"h¡kuri"- il nome huichol del peyote - appare agli indiani come l'Anziano Fratello Cervo, la cui cattura e consumazione permette di ®trovare la propria vita¯. I primi cactus incontrati vengono ritualmente ®cacciati¯ e consumati sul luogo; segue la raccolta massiva del peyote, in scorte

sufficienti a soddisfare l'uso annuale della trib . Infine, dopo le dovute offerte e cerimonie di ringraziamento e di saluto agli spiriti del posto, il gruppo di pellegrini riprende la strada del ritorno.

Il pellegrinaggio a Wirik£ta la manifestazione pi sacra nel ciclo delle cerimonie religiose huichol, ed considerato come un viaggio

iniziatico, che ogni indiano peyotista aspira a eseguire almeno una volta durante la sua vita. Gli sciamani della trib - i "mara'ak me"

acquistano i pieni poteri della professione solo dopo avere completato il quinto pellegrinaggio (3).

Parlando di Wirik ta, lo sciamano Ram¢n Silva diceva alla sua interlocutrice, Barbara Myerhoff: ®II Nostro Grande Padre pass di qui

nei Tempi Antichi; fu lui a metterlo [il peyote] qui, fu nei Tempi Antichi che gli venne dato il suo nome, quando il Nostro Grande Padre

pass di qui, quando Kauyumari pass di qui. E' un posto molto bello, grandioso¯ (4).

Il peyote onnipresente nella cultura huichol, e viene utilizzato nei pi disparati contesti: per comunicare con gli dei, gli antenati e gli

spiriti della natura, per suonare, per controllare la pioggia, per curare, per benedire le persone, per localizzare il cervo durante le cacce rituali, in occasione delle elezioni dei rappresentanti governativi huichol, e in molte altre occasioni. Lo stato visionario

indotto dal peyote anche fonte primaria di ispirazione della ricca arte prodotta da questi indiani (5). Gli Huichol identificano il peyote con il cervo, e considerano la pianta come il Padrone sovrannaturale delle Specie dei Cervi. Nei tempi antichi, il mais - alimento basilare degli Huichol, che praticano un'agricoltura piuttosto primitiva - avrebbe avuto l'aspetto di peyote, e mais, cervo e peyote, sono in una certa maniera la

medesima entit : un ®complesso¯ simbolico che si colloca alle radici dell'intera cultura huichol. In un mito raccolto da C. Lumholtz agli inizi di questo secolo, si afferma che:

®L'"hi'kuli" (peyote) e l'"hau'tsima" (acqua) sorsero dalla fronte di un cervo. Fu un cervo (un dio cervo) a lasciare le piante di "hi'kuli" nella sua impronta, la prima volta che apparve nella regione dove crescono le piante, per poi mutare in un "hi'kuli" di grande

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt dimensione, e fu in quel momento che gli d i sentirono per la prima

volta gli effetti stimolanti che produce l'"hi'kuli". Questi [gli effetti] provenivano da una pozione magica, ricavata pestando in un mortaio corno di cervo, e non "hi'kuli", mescolato con acqua¯ (6).

E' qui esplicito il riferimento al peyote come cibo inebriante degli dei.

Il motivo della nascita del cactus dalle orme lasciate dal cervo

presente anche nel seguente mito, dove il sacro cervo altro non che il Fratello Maggiore, Tama'ts Palisi'ke, dio dei venti o dell'aria, il quale era apparso agli indiani sotto forma di questo animale (Bisnonno

Coda di Cervo una specie di ®Signore degli Animali¯ , figlio di

Tate'vali, la principale divinit huichol del fuoco):

®Molto tempo fa, quando gli antenati degli Huichol giunsero per la prima volta nel luogo dove attualmente cresce l'"hi'kuli", essi videro un cervo che fece appena cinque passi, e quindi spar•. Quando si avvicinarono alle orme [del cervo], scoprirono che ciascuna era un "hi'kuli". In totale erano cinque, uno per ogni impronta. Essi lanciarono frecce verso ciascun "hi'kuli", senza ferirlo, due in cima a ciascuno, di modo che la parte posteriore di una delle frecce segnalava verso l'est e l'altra verso l'ovest. Nel luogo ove il cervo era scomparso, venne trovato un "hi'kuli" di grandi dimensioni, che venne chiamato Pa'li o Wapa'li. Dopo qualche tempo, estrassero le frecce, e le custodirono nelle faretre. Lasciarono solamente quelle che avevano conficcato sull'"hi'kuli" maggiore, come era stato ordinato loro da Bisnonno Coda di Cervo. Quindi, si sedettero e

mangiarono l'"hi'kuli". Tama'ts Palisi'ke rest nel luogo ove era apparso per la prima volta l'"hi'kuli", e oggi lo si pu vedere in

forma di altare. E' l'ara principale, un grande "hi'kuli"¯ (7).

Ancora oggi gli Huichol, nel loro pellegrinaggio a Wirik£ta, sono soliti ®cacciare¯ il cervo-peyote, eseguendo la medesima cerimonia delle frecce, come indicato nel mito. In effetti, ad ogni pellegrinaggio, gli indiani rinnovano il ricordo della prima mitica ricerca del peyote da parte degli dei, e, da un preciso momento del

tragitto in poi, i pellegrini assumono l'identit di spiriti, poich solo in questo stato possono ripetere le ancestrali gesta divine della caccia, dell'uccisione, e della raccolta del cervo-peyote. Infatti, nei tempi mitici, fu Tatewar•, il Grande Sciamano Fuoco, Nostro Nonno, a guidare gli dei alla ricerca del peyote:

®Si racconta che il dio del fuoco venne presso di loro [gli dei] mentre stavano seduti in circolo in un tempio Huichol, e ognuno si lamentava di un disturbo diverso. Richiesto di rivelare quale era la causa dei loro mali, il Grande Sciamano Fuoco rispose che essi

soffrivano perch non erano andati a cacciare il divino Cervo a Wirik£ta, come avevano fatto gli antichi avi, e cos• erano privi dei poteri terapeutici della sua carne miracolosa. Decisero di prendere arco e frecce e seguire Tatewar• verso la terra lontana del Cervo- Peyotl, alla "ricerca della propria vita"¯ (8).

Il motivo dei malanni di cui soffrono gli dei e della loro guarigione, mediante il sacro cactus, trova riscontro nell'utilizzo del peyote quale agente psicodiagnostico, nel corso delle cerimonie di cura

guidate dal "mara'ak me". Durante la sacra caccia nel paese di Wirik£ta, gli indiani colpiscono con le frecce il primo peyote che incontrano, identificandolo con il cervo (personificazione del dio dei venti Tama'ts Palisi'ke) che appar• ai loro antenati, e dalle cui orme nacquero le prime piante di peyote. Le altre piante che verranno in

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt seguito raccolte sono considerate germogliate dalle corna, dalla schiena, dagli zoccoli, e da altre parti del corpo del cervo-peyote ucciso. L. Diguet - che scrisse, come Lumholtz, agli inizi del '900 - raccolse un differente mito huichol, nel quale il peyote viene fatto originare da cocci di vasellame:

®Quando il loro grande capo Majakuagy ["Coda di Daino"] ebbe riunito fra le trib Guachichile i suoi partigiani per andare a fondare il suo

regno sui luoghi poco accessibili e naturalmente ben difesi della sierra di Nayarit, egli e i suoi partigiani furono raggiunti dagli avversari delle loro dottrine. Vennero dispersi e vennero distrutti i loro utensili che servivano per attingere l'acqua e preparare gli alimenti. Gli dei, volendo mostrarsi compassionevoli nei confronti delle sventure di quelli che erano rimasti fedeli ai precetti del Legislatore, procurarono loro il mezzo di continuare la peregrinazione; per questo trasformarono i cocci degli utensili in una pianta meravigliosa, che avrebbe permesso loro

di affrontare le marce pi penose attraverso il deserto, senza doversi preoccupare delle necessit della vita¯ (9).

Prima di abbandonare gli Huichol, ricordiamo che essi, oltre al peyote, conoscono e utilizzano un gruppo di altri cactus e piante allucinogene. Tra queste, gioca un ruolo significativo nella mitologia la "Datura innoxia Mill." (10), il "toloache" dei Messicani, chiamato

"ki ri" nella lingua huichol. Nella mitologia, questa pianta viene impersonificata da Ki ri T wiy ri, Persona-Datura, considerato il capo

sovrannaturale degli stregoni. Gli Huichol hanno elaborato un complesso racconto che tratta della lotta fra Persona-Datura e l'eroe culturale K uy£mari, cervo sacro e spirito-aiutante degli sciamani,

che vince tale confronto. Il racconto narra degli sforzi di Ki ri T wiy ri per distrarre gli Huichol dall'uso del peyote, allo scopo di

attrarli all'uso della datura, e della sua uccisione finale da parte di K uy£mari, con la sua conseguente trasformazione nella pianta

omonima. In quanto mito d'origine della Datura, esso verr riportato e discusso nel capitolo dedicato a queste piante; ci basti qui osservare come questa contrapposizione a livello mitologico abbia potuto

verosimilmente rappresentare (idealizzare) una conflittualit e un'ostilit effettivamente presentatesi fra i due culti del peyote e

della datura ad un certo momento della storia religiosa huichol.

La diffusione dell'uso per scopi religiosi del peyote fra gli Indiani del Nord America, in particolare quelli delle Grandi Pianure, origin

nel diciottesimo secolo, attraverso il contatto di gruppi di Indiani con le popolazioni del Messico settentrionale, che gi facevano uso

del cactus. Si ritiene che i primi Indiani a ricevere la conoscenza del peyote dai Carrizo del Messico nordorientale furono i Lipan Apache, in una data precedente a qualsiasi esteso contatto con l'uomo bianco.

Attorno agli inizi del ventesimo secolo, l'uso del peyote era gi

saldamente diffuso presso le pi importanti trib di Indiani delle Pianure, fra i quali ricordiamo gli Oto, i Caddo, gli Arapaho, i

Delaware e i Cheyenne. Attualmente, la "Peyotl Religion" diffusa presso la maggior parte delle trib degli Stati Uniti, e ha raggiunto anche alcune trib del Canada, stanziate a migliaia di chilometri di

distanza dalle aree di crescita del cactus. La storia di questo movimento religioso che alcuni studiosi interpretano come un culto

®nativista¯ , ®revitalista¯ o ®di crisi¯ delle trib indiane (11) - ricca di personaggi carismatici, di ®profeti del peyote¯, promotori di innovazioni teologiche e rituali che di frequente hanno dato origine a

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt sette e a frammentazioni interne al culto.

Il pi noto di questi profeti John Wilson, vissuto a cavallo del 1900, riconosciuto dalla maggior parte degli Indiani come il fondatore

della religione del peyote negli Stati Uniti. Egli elabor una cerimonia del peyote, chiamata Grande Luna, che si svolgeva per tutto il corso di una notte all'interno di un "tipi" riservato a queste occasioni. I partecipanti siedono in circolo attorno al fuoco, consumano il peyote, suonano e cantano sino al sopraggiungere dell'alba, seguendo un complesso insieme di regole e di ruoli

cerimoniali. La Grande Luna di Wilson caratterizzata da una significativa influenza del Cristianesimo.

Un altro noto profeta peyotista, Elk Hair, della trib dei Delaware, elabor una differente cerimonia del peyote, la Piccola Luna, dai

connotati fortemente anti-cristiani e in netta contrapposizione con la visione di Wilson. Per Hair, il peyote doveva essere usato esclusivamente dagli Indiani, e si doveva evitare qualunque associazione con la religione dell'uomo Bianco. Questo movimento,

fortemente nativista, venne in seguito riassorbito dal pi generale culto sincretico con il Cristianesimo.

Nel corso di un secolo la religione del peyote si rafforz e si struttur sempre pi , dando vita alla Native American Church, una

®Chiesa Peyotista¯ che, dopo una lunga e tormentata battaglia giuridica e parlamentare, venne legalmente riconosciuta dal governo degli Stati Uniti. Nel 1922 i peyotisti erano stimati attorno a 13 mila individui; nel 1970 i membri della Native American Church erano 250 mila (12). Gli Indiani non hanno un vero e proprio mito d'origine del peyote, ma possiedono un mito d'origine dell'uso del cactus,

comune a tutte le trib . Di tale mito sono state riportate numerose versioni; in pratica, ogni gruppo di Indiani ne ha elaborata una personale, con differenze generalmente di poco rilievo. La seguente

versione stata raccolta nel 1950 da C. S. Brant presso gli Apache- Kiowa:

®C' una storia di molto tempo fa sull'origine del peyote. Essa raggiunge i tempi in cui gli Indiani combattevano gli uni contro gli altri. Dall'altro lato del Nuovo Messico era accampato un gruppo di Indiani, il quale venne attaccato da altre bande. Le montagne l• erano

molto alte. La trib che venne attaccata si disperse. Rimasero solo una donna e suo figlio. Essi erano Lipan Apache. Faceva molto caldo ed

era secco l• . L'acqua era tutta evaporata. Essi non avevano n cibo, n acqua, e non c'era nessuno l• attorno.

La donna disse al suo ragazzo: "Sono stanca, affamata e assetata. Tu vai avanti. Se non trovi nulla probabile che morirai da qualche

parte". Era mattino presto. Il ragazzo and verso i monti. Sua madre gli aveva

detto di guardarsi attorno per vedere se riusciva a scorgere qualcuno. Egli cammin nei paraggi. Quindi, qualcuno dall'alto gli parl . Disse:

"So che sei affamato. Guarda in basso davanti a te. Vedrai qualcosa di verde. Mangialo". Egli vide una pianta verde, la scalz fuori e si mise a mangiarla. Guard attorno e ne scorse molte altre. Ne mangi

alcune. Presto la sua fame se ne and via, come se avesse mangiato una quantit di carne. Estrasse qualche altra pianta e la prese per sua

madre. Egli le rifer• della voce che gli aveva parlato. La madre mangi alcune piante, e si sent• come se avesse mangiato un grosso

pasto di carne. La sua fame se ne era andata. Verso la met del pomeriggio faceva molto caldo. Essa disse: "Non so chi ci abbia dato ci , ma voglio pregarlo". Preg per l'acqua e per trovare nuovamente la sua gente. Pi tardi una nube inizi a oscurare

il cielo e v'era il tuono. La pioggia cadde e l'acqua flu• lungo le montagne. Essi bevvero e si riposarono l• quella notte.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Durante la notte la donna fece un sogno. Qualcuno si rivolse a lei

dicendo: "Guarda lass e vedrai un certo monte". Essa guard e vide della gente che si muoveva lungo le colline. C'era un ruscello nei dintorni. Era ad est di dove ella e il suo ragazzo erano sdraiati. Nel sogno le venne detto di salire al mattino su di un alto monte e di

guardare [da lass ], e avrebbe visto la sua gente. Le venne detto di portare il peyote alla sua gente e che sarebbe stato fatto in modo che tutto questo accadesse. La mattina seguente si lavarono e mangiarono qualche peyote. Essa

parl del sogno a suo figlio. Salirono il monte e osservarono dall'alto, come le era stato detto nel sogno. Essa vide della gente sistemata in un accampamento. Sapeva dal suo sogno che sarebbero stati

degli Indiani. Con il ragazzo si incammin verso di loro. Un uomo li incontr . Li riconobbe per quelli in precedenza perduti. Furono felici

di vedersi gli uni con gli altri. Quando raggiunsero l 'accampamento egli inform tutti della loro presenza. Il ragazzo aveva il peyote con s . Dopo che si furono sistemati, il

ragazzo chiese a sua madre di fissare un tipi, separato, tutto per lui. Egli disse che vi sarebbe entrato quella notte e avrebbe mangiato il peyote, e dopo di che sarebbe andato sui monti ove si sarebbe sdraiato. Si sedette dentro al tipi e mise il peyote sul terreno, disponendolo proprio nel modo in cui era disposto quando lo scorse la

prima volta. Preg allo spirito che gli aveva mostrato il peyote: "Tu mi hai aiutato. Quando mangio peyote questa notte voglio che tu mi aiuti per trovare una via per lui". Egli aveva un arco e una freccia,

e tamburell sulla corda con la freccia. Cant due canzoni. Fum una pipa ricavata dall'osso di una zampa di cervo. Tamburell e cant per tutta la notte. Presto al mattino and sui monti e vi rimase per tutto il giorno e tutta la notte. Il mattino seguente torn indietro. Fece questo numerose volte. Mont un tipi e cant e tamburell per tutta la notte, e poi si rec sui monti.

Presto gli uomini iniziarono a parlare fra di loro. Dissero: "Quel ragazzo conosce qualcosa".

Una volta, un vecchio uomo si avvicin al tipi del ragazzo. Lo chiam e gli chiese: "Hai paura di lasciarmi entrare? Voglio entrare". Il ragazzo gli disse di entrare, e il vecchio uomo si sedette accanto a lui. Il ragazzo gli diede da fumare la pipa e la depose vicino al fuoco. Poi il ragazzo gli diede da mangiare il peyote. Al mattino presto, salirono sui monti e tornarono all'accampamento poco prima che facesse buio. La madre del ragazzo aveva nel frattempo smontato il tipi. Dopo di che, la gente chiese al vecchio uomo che cosa era successo. Essi dissero che la volta seguente sarebbero tutti entrati nel tipi.

Non molto tempo dopo il ragazzo mont nuovamente il tipi. Venne il vecchio uomo. Un altro uomo sopraggiunse e chiese di poter entrare. Gli venne detto di entrare in senso orario e di accudire al fuoco. Il mattino seguente i tre salirono sui monti e vi rimasero sino al cadere

del sole. La madre del ragazzo smont il tipi. Il giorno dopo il ragazzo disse loro che stavano terminando le provviste di peyote e sarebbe andato per [procurarsene] dell'altro.

And dove cresceva e ne port indietro dell'altro. La volta seguente montarono il tipi ed ebbero un incontro, giunse un quarto uomo. Gli dissero di sedersi sul lato nord. Il giorno dopo andarono tutti sui monti come [avevano fatto] prima. L'uomo chiese se potevano arrivare altri, egli venne detto che sarebbero stati i benvenuti. Quando vi fu un nuovo incontro, arrivarono tutti quegli uomini e si sedettero, iniziando dal lato sud lungo il perimetro del tipi.

Poich si svolse un incontro dopo l'altro, arrivarono sempre pi uomini, fino a che il tipi ne fu pieno.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Per tutto il tempo il ragazzo si chiedeva come migliorare il suono del

suo arco e freccia. Egli tagli un lungo bastone e pens : "User questo per pregare, cos• che quando divento vecchio posso usarlo per camminare". Prese un corno e vi mise dei sassi per fare un sonaglio.

Al seguente incontro egli utilizz quelle cose. Tenendo il bastone e agitando il corno, cant alcune canzoni che aveva composto. Poi trov

un contenitore di legno, gi formato. Vi vers dell'acqua e vi allacci sopra una pelle. Costru• una bacchetta per tamburo con un

gambo di yucca. Durante il seguente incontro diede il tamburo all'uomo [che sedeva] vicino a lui, affinch suonasse per lui mentr'egli

cantava. Al mattino disse all'uomo vicino a lui di slacciare il tamburo. Egli disse: "Forse a causa di questo corno avremo un pasto. Il suono di questo tamburo mi ricorda il tuono che udii, e l'acqua [presente]. In esso mi ricorda la pioggia che giunse. Pensate alle

cose che sar buono avere qui". Gli altri appresero le canzoni da per loro, e presto ogni cosa inizi ad adattarsi nel giusto modo durante

gli incontri. Diverse persone aggiunsero nuove cose. Le pietre (13) sul tamburo rappresentavano i pali del tipi; la cinghia rappresentava la fune che lega i pali del tipi in cima.

Pi tardi Nayokogal apprese del peyote e lo port a noi. Col tempo arriv a nord fra i Dakota. Attualmente la nostra religione. Anche oggigiorno diversi uomini

aggiungono cose per eseguirlo meglio. Il ragazzo disse a loro, tempo fa, di pensare alle cose da aggiungere per farlo meglio. Ora gli

incontri si svolgono durante le festivit , quali il giorno del Ringraziamento e la Pasqua, e vi stato aggiunto il pasto

comunitario¯ (14).

Il racconto costituito di due parti: un mito relativo all'origine dell'uso del peyote, seguito da un mito dell'origine del suo culto. Questa seconda parte, che riguarda la laboriosa ricerca del rituale

pi appropriato per il peyote da parte del suo scopritore, e la successiva partecipazione al rito di un gruppo sempre pi numeroso di uomini della trib , assente in molte versioni.

In varie versioni, la prima parte inizia con un riferimento a una guerra in atto fra trib indiane, o fra Indiani e trib messicane. A

seguito di una rovinosa battaglia, e di una fuga generale, un uomo (o un ragazzo) rimane solo e sperduto in territorio nemico, affamato, assetato, e consapevole di essere sul punto di morire. In alcune versioni - come nella prima delle quattro versioni delaware, raccolte da Vincenzo Petrullo (15) - sono gli Indiani in fuga che abbandonano una donna malata con un bambino, e sono questi a trovarsi in uno stato di fame e di sete, di pericolo per la loro vita. Nella versione

tramandata dai K iowa, una donna si trova in uno stato di disperazione perch ritiene che i suoi due fratelli, partiti per una spedizione di

guerra, siano morti (16). In un altro gruppo di varianti, un ragazzo, un uomo, o entrambi, stanno cacciando assieme ad altri indiani, ma si perdono e finiscono per trovarsi anch'essi affamati, assetati, e in

pericolo di vita, o, pi precisamente, sul ®punto di morire¯ . Questo stato precario, di pericolo, di ®crisi¯ della vita umana, precedente e

predisponente l'incontro fra l'uomo e la pianta sacra, un motivo che si presenta con una certa frequenza fra i miti inerenti le piante psicoattive. A questo punto del racconto, subentra una voce misteriosa che indica al ragazzo, alla donna, o all'uomo, il peyote che cresce sul terreno circostante, e dice loro di mangiarlo. In alcuni casi la voce misteriosa si presenta in sogno; in altri si manifesta non solo la voce, bens• la figura intera di una persona. In una versione Sioux, si tratta della ®figura di un uomo ondeggiante nell'aria circa quattro passi sopra la testa¯ (17); in una delle versioni delaware egli appare

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ®come un Indiano, vestito alla maniera dei grandi capi del proprio popolo¯ (18). Un'altra versione delaware arriva a specificare che quell'uomo era Peyote (lo ®Spirito del Peyote¯) (19) e in alcune altre

- come quella winnebago pi sotto riportata (20) - questa persona viene identificata con Ges Cristo. Nella stragrande maggioranza dei casi dunque un'entit sovrannaturale che indica il sacro cactus agli Indiani. In alcuni casi sembra essere l'uomo stesso a scoprire, da s , le propriet del cactus, mangiandolo perch affamato e non avendo

altro cibo a portata di mano; ma durante il conseguente stato visionario, sar sempre un'entit sovrannaturale a presentarsi,

affermando di essere stata l'artefice di quell'incontro. A questo punto, l'entit sovrannaturale insegna come usare il peyote,

quali canti cantare per l'occasione, e spiega il motivo per cui ha portato il peyote fra gli uomini. Infine, indica la strada del ritorno, e il ragazzo, la donna, o l'uomo, raggiungono sani e salvi i

compagni della loro trib , portando con se il sacro cactus. In una versione raccolta da James Mooney fra i Kiowa dell'Oklahoma, fu una giovane ragazza, perdutasi a seguito di una spedizione di guerra,

a incontrare il peyote, e a portarlo fra la gente della sua trib . Questa ragazza viene ora venerata come la ®Donna Peyote¯ (21). La seguente versione, raccontata a Paul Radin da Albert Hensley, un

indiano della trib dei Winnebago del Wisconsin, caratterizzata da forti influenze cristiane:

®Un tempo, nel sud, un Indiano proveniente dalla trib chiamata Mescalero Apache, stava girovagando nel territorio chiamato Messico;

and a cacciare negli alti monti, e si perdette. Per tre giorni gir

senza acqua e senza cibo. Stava quasi per morire di sete, ma continu [a girovagare], fino a che raggiunse i piedi di una certa collina, sulla cui cima avrebbe potuto trovare l'ombra sotto un albero che

cresceva l• . Desiderava morire l• . Fu con grande difficolt che raggiunse il luogo e, quando fu l• , si sdrai sulla schiena e rimase

cos•, col corpo disteso verso il sud e la testa appoggiata a qualcosa. Distese il braccio destro verso ovest e il braccio sinistro verso est,

e appena fatto ci , sent• qualcosa di freddo toccare le sue mani: "Cos' ?" si chiese. C'era dell'acqua al suo interno, sebbene contenesse anche del cibo. Quindi prese ci che era vicino alla sua mano destra, se lo port alla bocca e lo mangi . Quindi, sdraiato sul terreno, uno spirito sacro entr in lui e, prendendo lo spirito dell'Indiano, lo port via nelle regioni superiori. L• [l'indiano] vide un uomo che gli parl : "Sono stato io a farti passare attraverso questa sofferenza, poich se non avessi fatto cos• , non avresti mai

potuto sentire la giusta [religione]. E' per questo motivo che ho posto della santit in ci che hai mangiato. Mio Padre me lo diede e mi fu permesso di portarlo sulla terra. Mi anche stato permesso di

riprenderlo indietro e di darlo a qualche altro Indiano. Per il momento questa religione esiste a sud, ma ora desidero che si estenda

a nord. Voi Indiani state combattendo gli uni contro gli altri, ed

allo scopo di fermare ci , che potete stringervi le mani e partecipare assieme al cibo che vi sto donando come peyote. Ora vi dovete amare

l'un l'altro. Il creatore della terra mio padre. Tempo fa inviai questo vangelo attraverso l'oceano, ma non lo comprendevate. Ora ti

insegner come comprenderlo". Quindi, lo condusse in una dimora dove stavano mangiando peyote. L• gli insegn le canzoni e tutto ci che

proveniva da questa cerimonia. Poi gli disse: "Ora vai dal tuo popolo e insegna loro tutto ci che ti ho detto. Vai dalla tua gente al nord e insegna loro. Ho posto la mia sacralit in ci che mangi. Ci che

mio padre mi diede, l'ho posto l• dentro". Quindi gli disse di tornare a casa. Egli pens di essere morto, ma era in realt il suo spirito

che lo aveva lasciato. In breve tempo l'uomo si sent• nuovamente bene.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt C'erano molte piante di peyote attorno al luogo dove era giaciuto, e

le raccolse prima di partire. Quindi torn alla sua dimora. Egli aveva creduto di essersi perso, ma gli sembr difficilmente possibile che ci fosse stato frutto del caso. Il suo essersi perduto per le montagne gli sembr simboleggiasse la condizione della gente prima di

aver mangiato il peyote; si sarebbero perduti e avrebbero poi ritrovato la loro via¯ (22).

Il racconto prosegue con una interpretazione personale del narratore, Hensley, che chiarisce il motivo per cui lo spirito del peyote

(Cristo) afferma che nelle sue possibilit riprendersi indietro la pianta e donarla a qualche altro Indiano: la bellicosa trib dei Mescalero Apache, pur utilizzando il peyote, continu a fare le guerre

e le razzie di bestiame, e per questo venne quasi completamente distrutta dalle altre trib . Fu in questo modo che il peyote venne ®ripreso indietro¯ e donato ad altre trib (23).

Infine, presso alcune trib , fra le quali i Lipan Apache del Texas (24), il mito delle origini dell'uso e del culto del peyote si riduce a un racconto piuttosto realistico, che narra di come un indiano della

trib , partecipando in qualit di ospite al rito peyotista di un'altra trib , ne apprese l'uso e le relative cerimonie, diffondendole poi fra la gente della propria trib ; viene in tal modo giustificato con motivi di diffusione culturale ci che altre trib giustificano con

motivi di interposti interventi divini.

CANNABIS.

La canapa indiana, altrimenti nota come "marijuana" - "Cannabis sativa" L. (1), famiglia delle Cannabaceae - di origine asiatica,

utilizzata da millenni come pianta psicoattiva, medicinale, e da fibra; i suoi effetti psicoattivi hanno influenzato e continuano a influenzare il pensiero e le abitudini di vita di milioni di individui. La canapa si presenta in due forme, sessualmente complementari: la pianta femminile e quella maschile. Le foglie e le cime fiorifere della canapa femmina vengono fumate, oppure, come avviene in India e nell'Africa settentrionale, esse vengono lavorate per ricavarne una resina solidificata, l'"hashish", che viene fumata o ingerita. In Cina, i dati archeologici hanno dimostrato che l'uso della canapa risale ad almeno 8000 anni fa, e, relativamente all'uso della sua

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt fibra vegetale, stata uno dei pi affermati cultigeni delle civilizzazioni euroasiatiche delle Et del Bronzo e del Ferro (2). E'

d'altronde impensabile un'ignoranza relativa ai suoi effetti sulla mente umana, accompagnata a un uso della medesima pianta come fibra tessile, dal momento che risulta possibile rimanere vittime dei suoi effetti, durante le fasi della lavorazione come fibra (3). Dall'Asia, la marijhuana si diffuse presso i Germani, i Greci, i Romani e altri popoli europei e del bacino del Mediterraneo, prima dell'era cristiana. Raggiunse l'Africa in epoche pre-islamiche, e

approd in America attorno alla met del quindicesimo secolo d.C. (4). Attualmente, viene utilizzata come droga psicoattiva da estese fasce di popolazioni distribuite nei cinque continenti, comprese quelle di cultura occidentale. In India, questa pianta, chiamata "bhang", assume un importante significato religioso, in quanto specie prediletta del dio Shiva; i devoti induisti la utilizzano come fonte di ispirazione mistica. Nella letteratura religiosa indiana, viene denominata principalmente "vijaya", ®vittoria¯, e in alcuni antichi scritti sanscriti viene chiamata "indracarana", ®cibo degli dei¯. Un tema sanscrito sull'origine della canapa la fa apparire ai tempi mitologici dell'evento cosmico conosciuto come il ®Frullamento

dell'Oceano Primordiale¯ , attribuendole quindi una priorit assoluta nella cosmogenesi, rispetto al resto del mondo vegetale e allo stesso uomo. Nel mito del ®Frullamento¯, gli dei e i titani, in lotta per il dominio del mondo, conclusero un'alleanza temporanea allo scopo di

estrarre l'"amrta", l'Elisir dell'Immortalit , dal Mare Universale. Dopo che essi ebbero lavorato all'impresa per mille anni, dal latte

dell'universo, cos• ®frullato¯ , emersero numerose entit , quali, ad esempio, la dea Loto e l'elefante bianco, Airavata. Alla fine, apparve il medico degli dei, che portava l'"amrta" in una ciotola dal colore

latteo (5). La canapa sarebbe emersa, assieme alle altre entit divine, come frutto di questo evento cosmogonico (6). Una variante popolare di questo mito riporta che, quando l'"amrta" venne prodotto dal ®frullamento¯ dell'oceano primordiale, si rese necessario purificarlo con qualche cosa di appropriato. Mahadev - ritenuto uno

dei pi grandi asceti Yogi, qui divinizzato e preposto alla creazione della canapa - risolse il problema della purificazione dell'"amrta",

creando il "bhang" (canapa). Mahadev lo cre direttamente dal suo corpo, e per questo la pianta viene chiamata da alcuni "angaj", ®nata dal corpo¯. Secondo un altro racconto, alcune gocce di "amrta", al momento della sua creazione, caddero sul terreno, e nel punto in cui

caddero germogli una pianta di "bhang" (7). Accanto al "bhang", anche la pianta della "datura" ("dhurdhura") un

allucinogeno prescelto da Shiva. Un mito riportato durante il periodo medievale indiano, ma dai connotati pi arcaici, fa originare la marijuana dal succo di "datura", costituendo con ci uno di quei rari casi di interazione a livello mitologico fra due o pi piante sacre,

tutte dispensatrici di dimensioni estatiche e di ®vie¯ verso le regioni del sovrannaturale:

®In Jhinjhgarh viveva Korwassi Dewar il Baiga e sua moglie Andaro. Avevano una figlia il cui nome era Suknibai. Mahadeo venne per

servirla come Lamsena, e lavor per cinque anni nella loro casa. Ma il Dewar e sua moglie non diedero cibo a sufficienza al ragazzo, con il risultato ch'egli crebbe molto magro. Quando il servizio di cinque anni fu completato, il Dewar e sua moglie dissero a Mahadeo: "Ora vai e chiama i tuoi parenti e celebreremo il

tuo matrimonio". Mahadeo chiam tigri, orsi, serpenti, scorpioni, e li port alla sua festa di matrimonio. Il Dewar aveva raccolto una grande

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt quantit di cibo e di liquore, e quando vide gli animali e i rettili alla festa di matrimonio di Mahadeo, si arrabbi molto, poich diceva: "Chi manger il festino che ho procurato?". Allora Mahadeo, con il suo

potere magico, fece in modo che gli animali dicessero che avrebbero bevuto il liquore del Ba ga, ma i serpenti e gli scorpioni dissero:

"Noi dobbiamo avere 'ganja' (canapa)". Il Ba ga offr• le tazze di liquore agli orsi e alle tigri per bere, ma non aveva "ganja", e si domand come ottenerla. Alla fine, invi sua moglie a raccogliere foglie di "datura" e, quando le port a casa, le

spremette fino a che cadde a terra una goccia di succo. Da questa goccia nacque la pianta di canapa. Allora, il Ba ga prese l'acqua di dodici taniche e fece una pipa grossa come dodici aie. Miscel le

foglie di "datura" con l'acqua, riemp• la pipa, e la offr• da bere ai serpenti e agli scorpioni. Presto divennero ebbri e si misero a danzare. Mentre i serpenti danzavano - a quei giorni avevano la posizione eretta come gli uomini - i loro posteriori si ruppero, e da allora strisciarono piatti sul terreno¯ (8).

Il rapporto fra "ganja" e "datura" qui ambivalente, sino a giungere a una certa identificazione delle due piante nel passo in cui la pozione acquosa di "datura" viene offerta ai serpenti e agli scorpioni - entrambi animali velenosi - dentro a una pipa, strumento comunemente impiegato per fumare la canapa e la sua resina. A rigor di logica, la canapa appena creata, e non la "datura", dovrebbe essere offerta dal

Ba ga ai serpenti e agli scorpioni, ma la sostituzione nel testo potrebbe voler proprio sottolineare l'equivalenza simbolica e funzionale fra le due piante. Il seguente racconto, tratto dalla medesima serie di quello

precedente, anch'esso ambientato in un mondo zoo-mitologico fantastico arcaico:

®Maisur Dewar viveva nella giungla Ranjhukarola, e si manteneva filando i vestiti. Un giorno, quando era nella profonda foresta, trov

un cobra nero femmina e se ne innamor . Prese l'abitudine quotidiana di andare a massaggiare le sue mani e i suoi piedi. Un giorno lo fece

con tanto vigore, che si sent• stanco e si lament profondamente. Il cobra femmina pens : "Il mio Dewar stanco, come posso mandargli via la stanchezza?". Si graffi la testa ed estrasse due semi e glieli

offr•. "Pianta questi - disse - e quando gli alberi cresceranno, raccogli le foglie, fai una pipa di terracotta, e fuma(le)". Ma Dewar

per errore prese le foglie con acqua, e ci lo rese cos• ubriaco che non pot n vedere, n udire¯ (9).

In questo racconto, come in quello precedente, riscontrabile un'associazione simbolica fra la canapa e i serpenti; in quest'ultimo, anzi, i primi semi della pianta originano dalla testa di un cobra. Questo rapporto simbolico potrebbe essere molto arcaico, e potrebbe essere stato elaborato nelle regioni meridionali dell'India. Va

ricordato anche, che il cobra il serpente sacro a Shiva; esso accompagna costantemente la divinit nelle rappresentazioni

iconografiche. Il motivo dell'errore commesso nella preparazione e nell'assunzione della prima dose di droga vegetale, con conseguente eccesso di inebriamento di colui (o di coloro) che la esperimentano, si presenta anche in altri miti che riguardano differenti piante psicoattive. I mistici sufi della Persia tramandano una leggenda sulla scoperta degli effetti psicoattivi della canapa, dovuta all'attenta osservazione e all'intuizione di un monaco. Riportiamo la versione proposta da Paolo Mantegazza nel 1871:

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ®Haider, capo degli asceti e dei flagellanti, viveva fra le pi rigide

privazioni su di un monte fra Nishabor e Rama, dove aveva fondato un convento di fachiri. Egli viveva gi da dieci anni in quella

solitudine, senz'averla mai lasciata per un'ora; quando in un giorno ardente d'estate part• tutto solo pei campi. Al ritorno il suo volto

brillava di gioia, accolse le visite dei suoi confratelli e li invit

alla conversazione. Interrogato sulla sua letizia narr come avesse trovato nella sua gita una pianta, che sotto il calore pi soffocante

sembrava ballare al sole piena di gioia, mentre tutte le altre se ne stavano torpide e tranquille. Egli allora raccolse di quelle foglie e

ne mangi . Condusse col i suoi frati; tutti ne mangiarono e tutti divennero allegri. Pare per che lo sceicco Haider usasse specialmente di una tintura alcoolica di canape, perch un poeta arabo canta la

coppa di smeraldo di Haider. Questi sopravvisse dieci anni alla sua scoperta, e quando mor•, i suoi discepoli, assecondando un suo desiderio, piantarono sulla sua tomba una pianta di canape. Da quella tomba santa si sparse l'haschisch nel Khorasan¯ (10).

E' probabile che, originariamente, questo racconto venisse tramandato segretamente fra i membri delle sette sufi, i quali adottarono l'uso della canapa fra le tecniche di modificazione della coscienza ch'essi praticavano per scopi mistico-rivelatori.

La canapa considerata anche un potente afrodisiaco, una propriet che emerge dalla seguente leggenda nepalese riguardante il dio Shiva e la sua sposa divina Parvati:

®Shiva, il creatore e distruttore del mondo, viveva con la sua compagna Parvati sulla cima del monte Himalaya, il tetto del mondo. Ma non rimaneva mai in casa, bens• amava vagare sulle montagne, ove si

dava ai piaceri conviviali con le ninfe celesti. Ci dispiaceva a Parvati. Cos• ella si mise a cercare un mezzo per legare lo sposo a s

e alla casa. Trov una pianta di canapa, della quale port con s i resinosi fiori femminili. Appena Shiva fece ritorno a casa, Parvati gli diede da fumare la canapa. Immediatamente Shiva, colto da grande

eccitazione e da infinita concupiscenza, afferr la sua compagna. Con divina beatitudine essi si unirono. Shiva speriment un'estasi santa, che pi tardi doveva aprire le porte del paradiso ai suoi adoratori.

Da allora, Shiva rimase con la sua sposa Parvati. E sempre, prima di unirsi, fumavano la canapa. Per questo, la canapa il miglior afrodisiaco: stata donata agli esseri umani perch possano vivere

insieme felici nella pace domestica¯ (11).

La motivazione dell'uso della canapa come afrodisiaco ®per la pace domestica¯ ha un carattere pi profano delle motivazioni del suo uso,

a scopo strettamente religioso, del monaco sufi del passo precedente; un fatto che tradisce una certa modernit del racconto. Inoltre,

questo non tratta dell'origine della canapa: Parvati ®trova¯, e non

crea, la pianta che far fumare allo sposo divino. Riportiamo, ancora, un'antica leggenda cinese, nella quale il motivo

degli effetti visionari della canapa accompagnato da una descrizione sarcastica e ridicolizzante della loro scoperta:

®Un contadino aveva raccolto una specie di canapa e, dopo averla fatta seccare in un capanno, l'aveva venduta al governo, che aveva bisogno di corde per le navi della marina imperiale. Un anno, l'aiutante del

contadino - un ragazzo grasso e pigro - s'addorment mentre sorvegliava il fuoco nel capanno dove si seccava la canapa. Poco dopo,

una favilla incendi il capanno, e fu una fortuna se il ragazzo riusc• a svegliarsi in tempo e a correre per chiamare il contadino. Quando tornarono, il capanno bruciava allegramente, e per un caso fortunato,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt un colpo di vento soffi quel fumo infernale verso di loro. Tossendo e

quasi soffocando per quello che avevano respirato, il contadino e il ragazzo si diressero verso un grande campo l• vicino, dove furono vinti da un lungo sonno da ubriachi, pieno di sogni paradisiaci e di donne lascive. Quei sogni furono cos• vividi che il contadino, al suo risveglio, decise di rinunciare a picchiare il ragazzo, e di mettersi invece subito al lavoro per costruire un altro capanno e fare un altro raccolto di canapa. Quando il nuovo capanno fu riempito di canapa

fresca, il padrone diede fuoco a una fascina, ve la gett dentro e si inumid• un dito per vedere da che parte tirava il vento. Ancora una volta respirarono fumo in abbondanza e furono sopraffatti da sogni decisamente lascivi; una volta svegliatisi, costruirono, riempirono e incenerirono un altro capanno. Altri capanni si consumarono tra le

fiamme, mentre il contadino e l'aiutante fumavano sempre di pi quella canapa che faceva sognare¯ (12).

Si evidenzia in questa leggenda uno sfondo denigratorio nei confronti degli effetti della canapa o, forse, solamente, nei confronti del rapporto dei contadini con la pianta. E' interessante notare come il tipo di canapa che provoca i sogni visionari ai due contadini sia quella coltivata per le sue fibre, un fatto che dimostra una consapevolezza di antica data circa il potenziale psicoattivo anche di questo tipo di canapa.

SOLANACEE.

La grande famiglia delle Solanacee annovera generi e specie di piante di grande importanza alimentare per l'uomo: la patata, il pomodoro, e anche un folto gruppo di piante medicinali, tossiche e allucinogene. Diverse specie, ora largamente impiegate in tutti i continenti, sono

originarie delle Americhe, e la loro diffusione extracontinentale datata ai periodi post-colombiani. Fra gli allucinogeni vegetali, le solanacee psicoattive rappresentano

il pi folto gruppo biochimico (1). Si tratta di specie tossiche, oltre che psicoattive; a certi dosaggi, gli effetti sull'uomo risultano prevalentemente psicoattivi, mentre, con dosaggi a volte di poco superiori, subentrano effetti maggiormente tossici per il corpo, spesso letali. Per quel che riguarda il loro effetto psichico, queste piante inducono

un tipo particolare di esperienza, e non un fatto casuale che alcuni studiosi le abbiano classificate in una categoria a parte, quella dei ®delirogeni¯. Un'altra caratteristica riscontrata frequentemente nell'uso di tali piante, a dosaggi medio-alti, risiede nella

difficolt di ricordare, in seguito, ci che si vissuto durante l'esperienza. Il loro utilizzo in dosi sbagliate e in un contesto

inadeguato, pu provocare effetti devastanti sulla psiche umana (di tipo, per l'appunto, deliranti). Di ci sono ben consapevoli i

consumatori tradizionali, che hanno elaborato sistemi cerimoniali di purificazione e di preparazione fisico-psichica all'uso di queste piante, allo scopo di assicurare una buona riuscita dell'esperienza

(ovvero, di assicurare la risposta esperienziale pi attesa e meglio interpretabile nel contesto culturale in cui essa avviene). Le solanacee allucinogene sono utilizzate dai tempi preistorici come enteogeni, strumenti magico-divinatori, e medicine dagli effetti portentosi. Era probabilmente una solanacea - nella fattispecie la mandragora - l'erba "moly" della maga Circe in Omero, tanto celebrata dai poeti greci e romani. E' una solanacea - una specie di "Datura" o di "Solandra" - la malevola pianta-spirito che, presso gli Huichol del Messico, e a un livello mitologico, osa sfidare il potente e benevolo

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt spirito del peyote, rimanendone sopraffatta. E' ancora una solanacea,

una "datura", la pianta che, insieme alla canapa indiana, prescelta dal dio indiano Shiva e dai suoi devoti. Inoltre, un gruppo di ben note solanacee europee - mandragora, giusquiamo, belladonna, datura -

da considerare come la fonte principale delle esperienze visionarie delle ®streghe¯ dei periodi medievali, le quali mescolavano con dovuta perizia questi ingredienti nella preparazione degli unguenti impiegati per ®volare¯ (3). Nonostante l'importanza che queste piante hanno avuto nella storia delle culture europee, l'opera secolare dell'Inquisizione sembra essere riuscita nel suo intento di smantellare le relative conoscenze acquisite e tramandate per secoli. Anche i miti e le credenze relative a queste piante europee hanno fortemente risentito dell'opposizione ecclesiastica, col risultato che ci sono pervenuti solo rari passi che le riguardano, con motivi originali sepolti dalle stratificate incrostazioni dell'"interpretatio" cristiana.

- Datura.

Tutte le specie del genere "Datura" sono potenti allucinogeni. Si presentano come arbusti piuttosto ramificati, e alcune specie del Sud America, caratterizzate da dimensioni arboree, sono state recentemente inserite dai botanici in un distinto genere di Solanacee, quello delle "Brugmansia". Le dature hanno fiori a calice molto appariscenti, di

colore variabile; i frutti sono per lo pi spinosi, e contengono ciascuno centinaia di semi. Nell'impiego a scopo allucinogeno della

pianta, le foglie, la radice e i semi sono le parti pi frequentemente utilizzate; vengono consumate direttamente o ne viene preparato un decotto. Potendo essere consumate direttamente, il loro uso, in varie

parti del mondo, potrebbe avere un'et molto antica, originando nei periodi neolitici dell'umanit , o essere ancora precedente. Nonostante ci , i dati archeologici a riguardo sono pochi, concentrati

principalmente in Nord America, dove riguardano le antiche popolazioni Pueblo e altri gruppi di proto-Indiani (4). Nelle Americhe, le Dature (5) sono largamente utilizzate nei riti iniziatici e in altri tipi di cerimonie religiose. Possono essere

considerate come gli allucinogeni pi diffusi nel Nuovo Mondo, fra gli apici generativi di quel ®complesso narcotico¯ amerindiano, evidenziato da Weston La Barre (6). Presso gli Zuni - indiani pueblo del Nuovo Messico - la "D. inoxia", chiamata "a-neg-la-kya", viene utilizzata dagli ®sciamani della pioggia¯ durante le sedute notturne: essi ne masticano la radice per comunicare con gli spiriti. Per gli Zuni, questa pianta ha un'origine divina, e appartiene agli sciamani della pioggia, che sono gli unici

ai quali concesso raccoglierla. Questi ritengono che, quando uno sciamano consuma una certa quantit di radice di datura, ®la pioggia verr sicuramente il giorno dopo la consumazione della medicina (datura), a meno che colui alla quale stata data non abbia un cuore

malvagio¯. Un altro curioso utilizzo della pianta riguarda l'individuazione del responsabile di un furto. La persona derubata si appella allo sciamano della pioggia, il quale raggiunge di sera l'abitazione del derubato, portando con se un pezzo di radice di datura; nelle dovute condizioni

di oscurit e di assenza di fuoco, lo sciamano fa consumare al derubato la sacra medicina, lo rinchiude in una piccola stanza dell'abitazione, e si mette in attento ascolto in una stanza attigua. Quando gli effetti della ®medicina¯ iniziano a farsi sentire, il derubato si muove, scalpita, e parla dicendo cose apparentemente senza senso; durante il suo delirio verbale, si ritiene ch'egli pronunci il nome di colui che lo ha derubato. Tale nome viene prontamente captato

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt dallo sciamano in ascolto. La mattina seguente, il derubato non

ricorda nulla di ci che ha detto o ha fatto durante la notte, ma sar lo sciamano a rivelargli il nome del responsabile del furto (7).

M. C. Stevenson riport il seguente racconto zuni sull'origine dell'"a-neg-la-kya" (i Divini sono figli gemelli del Padre Sole):

®Nei tempi antichi, un ragazzo e una ragazza, fratello e sorella (il nome del ragazzo era A'neglakya e il nome della ragazza A'neglakyatsi'tsa), vivevano nell'interno della terra, ma di frequente venivano nel mondo esterno e girovagavano, osservando molto attentamente ogni cosa che vedevano e udivano, e ripetendo tutto alla loro madre. Questo costante parlare non piaceva ai Divini. Incontrando il ragazzo e la ragazza, i Divini chiesero: "Come state?" e il fratello e la sorella risposero: "Siamo felici" (A volte A'neglakya e A'neglakyatsi'tsa apparivano sulla terra come persone vecchie). Essi dissero ai Divini come potevano fare un sonno e vedere spiriti, e come potevano camminare per un po' e vedere uno che aveva commesso un furto. Dopo questo incontro, i Divini conclusero che A'neglakya e A'neglakyatsi'tsa sapevano troppo e che sarebbero stati esiliati per sempre da questo mondo; cos•, i Divini causarono la scomparsa del fratello e della sorella nella terra per sempre. Nel luogo dove i due discesero, spuntarono dei fiori - fiori esattamente come quelli ch'essi portano su ogni lato delle loro teste quando sono in visita sulla terra (8). I Divini chiamarono la pianta "a'neglakya", dal nome del ragazzo. La pianta originale ha molti bambini sparsi sulla terra; alcuni fiori sono tinti di giallo, alcuni di blu, alcuni di rosso, alcuni sono tutti bianchi - i colori che provengono dai quattro punti cardinali¯ (9).

®Vedere spiriti¯ e ®vedere il responsabile di un furto¯ sono propriet magiche e paranormali, considerate tipiche degli effetti delle dature, possedute nel racconto dalla coppia di ragazzi - fratello e sorella - e trasferite, in seguito, alla prima pianta di datura, nella quale sembrano implicitamente confluire entrambe le valenze, maschile e femminile, dello stato modificato di coscienza (spesso in forma di vera e propria ®possessione¯) indotto da questa droga.

Nel capitolo dedicato al peyote, trattando della mitologia degli Huichol del Messico settentrionale, si era accennato al fatto che in

essa presente un racconto, appartenente al ciclo cosmogonico, che riferisce di una lotta mitica fra l'eroe culturale K uy£mari - qui nel

ruolo di ®spirito del peyote¯ - e Ki ri T wiy ri, Persona-Datura, personificazione della "D. innoxia", il "toloache" dei Messicani. Gli

Huichol considerano questa pianta (chiamata "ki ri" o "ki li", o anche "Arbol del Viento") come il capo sovrannaturale degli stregoni, e le attribuiscono poteri malvagi, in netta contrapposizione ai poteri

benevoli elargiti dal peyote. Nel racconto, K uy£mari a uscire vittorioso dalla lotta, uccidendo Persona-Datura. Come hanno posto giustamente in rilievo Peter Furst e Barbara Myerhoff, che hanno

raccolto e discusso un'estesa versione del mito di Ki ri T wiy ri (10), questa contrapposizione fra le due figure mitologiche molto probabilmente frutto dell'idealizzazione di una conflittualit di

poteri realmente verificatasi all'interno della storia religiosa e culturale huichol, fra il culto del peyote e quello della datura. Questi due autori sono giunti alla conclusione che gli Huichol utilizzarono la datura prima di adottare il peyote, nonostante, nel mito, il peyote sia considerato pre-esistente alla nascita di Persona- Datura, e quindi alla sua trasformazione nell'omonima pianta.

Il ciclo di Ki ri T wiy ri inizia con la nascita di questo essere sovrannaturale dal vento. Sin da piccolo, dalla sua bocca fuoriescono

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt pipistrelli, lupi, serpenti, e altre creature identificate con la

stregoneria, con le malattie e con la morte. Ki ri T wiy ri agisce come un vero sciamano, un "mar 'ak me" utilizza il tamburo sciamanico, le sacre frecce cerimoniali, e offre ad altri la datura; alcune delle sue vittime impazziscono, altre apprendono l'arte della stregoneria, potendo cos• inviare malattie e morte. A questo punto del racconto interviene K uy£mari, il quale affronta Persona-Datura.

Inizialmente, questi cerca di sfuggire al destino mutando pi volte la sua forma; quindi, chiedendo aiuto al Padre Sole, fa un ultimo tentativo di sfuggire al duello offrendo a K uy£mari tutto il suo

sapere in cambio della vita, ma egli rifiuta, poich gi conosce tutto ci che gli serve sui segreti del rivale. Nella lotta che segue, K uy£mari lancia delle frecce contro Ki ri, il quale tenta invano di

difendersi, vomitando tutti i tipi di cose cattive in forma di colori brillanti. Ma K uy£mari (o Kauym li) neutralizza il potere del suo

nemico per mezzo del peyote, e uccide infine Ki ri con una freccia al cuore. In realt , Ki ri non muore, non pu morire, e viene quindi

trasformato nella pianta della datura:

®Quando [Ki ri] mor• , non mor• . Solamente la sua anima ritorn al vento, dove era nato. Quando mor•, quando le frecce di K uy£mari lo

uccisero, si trasform . Giunse a una rupe dove poter crescere, per essere trasformato in Albero. Poich Nostro Nonno e Nostro Padre non lo avrebbero ammesso in alcun luogo: "Sei malvagio. Perci resti qui

in questo mondo!". Giunse alla rupe e l• cadde la sua anima, cadde come una pietra. L• si trasform in Albero, che cominci a crescere, a

crescere verso l'alto, sino ad arrivare al quinto livello; un albero con cinque rami. Allora il vento ebbe compassione; lo soffi per di qua e per di l , nelle cinque direzioni. Gli disse: "L , in quei campi; l stai verde, l puoi crescere"¯ (11).

Ki ri non ha un sesso ben definito: a volte uomo, a volte donna. Pi specificatamente, viene riferito che uomo quando la persona che ne rimane posseduta una donna, mentre donna quando la persona posseduta un uomo. (12). Il numero cinque ricorrente nel simbolismo huichol: ricordiamo le

cinque direzioni, le cinque frecce necessarie per catturare il cervo- peyote, le cinque impronte dell'orma lasciata da un cervo, e le cinque costolature di cui sono normalmente dotate le piante di peyote,

considerate le pi sacre e le predilette dagli sciamani. Riportiamo di seguito una versione estesa dello stesso mito, raccolta da R. M. Zingg nel 1934:

®Per , quando erano passati appena 10 giorni da quando Kauym li aveva ammansito il Sole e aveva fatto sparire la malattia mediante i suoi

canti e le sue cerimonie, il perverso sciamano Kieli Tew¡ali ingann la gente facendosi pagare per un canto falso. Attraverso il crepit•o

del fuoco, Tateval¡ (Nonno Fuoco) disse a Kauym li che ci non avrebbe causato alcun danno importante, sempre che si fossero messi a intonare

canti corretti in altra cerimonia. La malattia ancora una volta inizi ad attraversare il mondo. Per tanto, Kauym li si mise a cantare, usando al contempo le sue piume di sciamano con i crotali di serpente a sonagli. Per mezzo di questo

pennacchio da sciamano afferr una "te ka" (13). La "te ka" venne gettata al fuoco. Dopo, gli animali vennero puliti ritualmente con erba, per curarli. Il pasto contaminato venne poi bruciato. Sebbene Datura, lo stregone, avesse fabbricato le "ul£ t£weli" (14), Kauym li non ne aveva paura. Si impadron• di queste frecce e le

scagli contro gli animali e il mais, prima che Datura avesse offerto il polline della datura ai quattro punti cardinali.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Nel canto che segu•, a Kauym li venne detto di catturare il perverso sciamano, Datura, e di tagliargli l'orecchio e l'alluce del piede

affinch fuoriuscisse il sangue. Questo sarebbe stato il castigo per Datura per la sua stregoneria. Oltre a questo, a Kauym li venne

ordinato di legare il perverso sciamano, e di portarlo fino al fal all'interno del tempio. Poi, seguendo le istruzioni delle grandi dee

del mare, doveva bruciare la Datura nel fal e seppellire il suo corpo in un luogo molto lontano.

Quando Kauym li fece ci , dal corpo bruciato dello stregone spunt una pietra.

Poich il Sole temeva ancora le grandi dee del mare, decise di aiutare Datura, sempre che questo gli promettesse di aiutarlo nelle sue lotte

con le dee della pioggia. Di conseguenza, il Sole trasform Datura affinch fosse meno cattivo. Gli consegn una "rancher¡a" in un luogo

vicino al mare, dove ci sono cinquanta scogliere. L• crebbe la datura. Il perverso sciamano [ne] mangi un pezzetto di foglia, e in tal modo non pot pi toccare il peyote. Prepar i suoi parafernalia allo stesso modo in cui lo fanno gli huichol per una cerimonia. Poi celebr

la prima cerimonia di magia nera, che ancora oggi eseguono gli huichol malvagi. Le grandi dee del mare inviarono a Datura un armadillo femmina. Questo

animale divenne sua sposa. Poich Datura era ancor pi malvagio che buono, Armadillo smise di essere una grande dea del mare per

trasformarsi in un animale. Agli huichol mangia le zucche, perch nei primi tempi le aveva mangiate per disseminare i semi nelle quattro regioni del mondo. Le venne comandato anche di mangiare larve e vermi. Ancora oggi l'armadillo si nutre in questo modo¯ (15).

Gli sciamani huichol che praticano la magia nera (stregoneria) mangiano un pezzo di foglia di datura, ma non devono toccare il peyote. Gli Huichol ritengono che, se qualcuno mangiasse datura e peyote assieme, potrebbe inebriarsi fino a morire. La versione di Zingg prosegue con il tentativo di Kauym li di contrastare gli effetti nocivi della magia nera della Datura, dal cui cadavere (prima di essere trasformato nella pianta omonima) erano fuoriusciti lupi, serpenti, felini, e altri animali che ancora oggi terrorizzano gli Huichol. Kauym li decide, per questo, di consultare il dio Sole, con l'ausilio del peyote:

®Per questo scopo venne preparata una cerimonia. Come auspici di buon esito, il Sole colloc dieci collane di peyote (16) sull'altare. Ci

rese felice la gente. Macinarono il peyote e lo mescolarono con il "tesguino" (17). Ci nonostante, commisero l'errore di bere la miscela

prima della conclusione della cerimonia, e si ubriacarono, e impazzirono al punto che Kauym li temette per la loro vita. Ma

Kauym li pot risanarli sputando (18) sul peyote che era rimasto. Diede quindi agli uomini un pezzetto di questo peyote, per via del quale essi si calmarono e poterono rimanere seri durante tutto il canto del mito¯ (19).

Mediante la cerimonia di consultazione e durante questo canto, Kauym li apprende che il dio Sole avrebbe placata la sua collera provocata dal falso canto della Datura, solo se gli fossero stati offerti parafernalia cerimoniali nel paese del peyote (nel mitico luogo di Wirikuta, presso San Luis Potos¡), e se fosse stata eseguita la danza del peyote in determinate cerimonie (la cui nascita trova un'origine causale proprio in questo mito).

L'incompatibilit fra datura e peyote, segnata da precisi tab

rituali, descritta anche in altri racconti mitologici. In uno di questi, raccolto da T. Knab, viene riferito di come Kayuyam ri una

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt volta cerc di prendere un ramo della pianta-dio "ki li" con lo scopo

di ®rubare la sua magia¯. Come punizione per tale audace azione, Kayuyam ri venne trasformato in pietra. Tuttavia, essendo un dio, il

suo cuore, dopo aver assunto la forma di un frammento di quarzo, torn

alla grotta degli dei; in tal modo egli continu a vivere. La formazione rocciosa che si dice sia il corpo di Kayuyam ri, pu essere oggi vista sulla scogliera, sopra la particolare pianta-dio "ki li",

della quale Kayuyam ri aveva cercato di rubare un ramo (20). Lo stesso autore offre un'altra versione del mito d'origine del

"ki li", ma identifica la pianta con alcune specie di "Solandra", appartenenti alla medesima famiglia delle Solanaceae, e anch'esse potenti allucinogeni, dagli effetti affini a quelli della datura.

Queste piante, chiamate "ki litsa", ®cattivo "ki li"¯ , vengono

impiegate dagli sciamani huichol nel corso di riti segreti, ed questo stato di segretezza a creare una certa confusione fra gli

antropologi e gli etnobotanici nell'identificazione del "ki li". Nella versione di Knab della battaglia fra Ki ri T wiyari e K uy£mari, viene specificato che Ki ri vomit tutta la sua stregoneria sul mondo per fermare K uy£mari, cosicch egli non ebbe pi nulla per sconfiggere K uy£mari (21). In questa versione, Ki ri T wiyari appare potente e pericoloso, ma non totalmente malevolo e, dopo che si trasformato in

pianta (Datura o Solandra che sia), gli viene affidato il compito di governare sui venti.

Presso l'attuale gruppo etnico Tepehuan del Messico Occidentale, stato raccolto un racconto che tratta del "toloache". Questo termine deriva dal n huatl "toloatzin", ®testa inclinata¯, cos• chiamata

poich si ritiene che i semi di tale pianta abbiano la propriet di fare addormentare, quindi di fare ®inclinare la testa¯. A una attenta osservazione, il racconto parrebbe contenere la trama di un mito delle origini della pianta, trasfigurato in seguito all'interpretazione cristiana:

®C'erano due fratelli che erano molto pigri ed erano entrambi musicisti. Non volevano cercare n mais n altro, e la madre li rimprover perch non cercavano mais. Essi si misero a camminare fino

a giungere a una pianura. Si avvicinarono a un burrone che stava su un'alta rupe e videro che l• v'era una vasca d'acqua. Stavano morendo per la sete, e abbassarono le loro facce per bere acqua. Ma non era

acqua ci che brillava: era denaro. Allora presero tutto il denaro. Il Fratello maggiore se ne and con tutto il denaro lasciando l• il

minore, nel mezzo del burrone. Passarono cinque giorni, e dopo cinque giorni cadde una scala di denti

di vipera ("cuamecate"). Allora, poich Dio lo aiut , egli (22), sal• fino in cima, e l sul bordo trov il suo violino, e si mise a suonare guardando a oriente. L scorse un fumo molto alto fino al cielo, e

allora disse: "Che Dio mi dia il permesso di giungere fino a quel fumo". Cos• and per il piano suonando fino a che vi giunse, e tutto

era nebbia. Si stava riposando, quando giunse una ragazza molto bella alla laguna. Le propose il matrimonio e la ragazza acconsent•. Vissero insieme per

un anno, e il Toloache ritorn con le sue cose e con la consorte. Arrivando, disse a sua madre di sistemare la casa, di erigere un

piccolo altare, poich ritornava con moglie. Quando la vecchia se ne and , non vide altro che una vipera. La vecchia si arrabbi col figlio e and a prendere la moglie. E la port e la mise in un altare. Dalla

fattoria della vecchietta, l'acqua si trovava molto lontano, e la moglie chiese in prestito una brocca per andare ad attingere l 'acqua. La vecchia le disse che avrebbe impiegato un giorno intero per andare

e tornare. Afferr la brocca e immediatamente, l• vicino, comparve un

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt pozzo. E torn a casa. Arrivando, disse alla suocera che aveva fame. La vecchia le disse che non aveva n tortillas, n mais. La donna le

disse di avvicinarsi alla madia per vedere se era vero. Si sporsero, e la madia era piena di mais; si avvicinarono a un'altra, e questa era piena fino in cima di mais colorato, e l'altra di mais giallo. E vissero cos• alcuni giorni di piacere.

Allora il Toloache si cerc una donna, un'amante. Le amanti erano la Tlacoache e Corvo-femmina. Usciva tutte le notti per ballare. Poi

inizi a sospettare il Mais, che era la moglie di Toloache. Allora Toloache fugg• e la donna se ne torn dalla madre. Ed egli and presso di lei, e le chiese perdono e torn a prenderla. E vissero alcuni

giorni in accordo. In seguito, egli riprese a mortificarla e Mais se ne and dal padre, Dio Nostro Signore; gli disse che se avesse

accordato le sette parole, l'avrebbe perdonato, altrimenti no. Non pot accordare le sette parole; giunse appena a cinque.

Poi Dio Nostro Signore disse a San Giovanni Battista e a San Giuseppe di battezzarlo, ma egli non si prest . Allora lo afferrarono e gli

inchiodarono la testa in un "tepetate"¯ (23).

Probabilmente, la parte finale del racconto originale riguardava la trasformazione di Toloache nella pianta omonima; l'influenza cristiana, eliminando questo motivo e sostituendolo con quello del rifiuto del battesimo e dell'uccisione di Toloache, senza la successiva rinascita vegetale, ha svuotato di significato l'intero racconto.

Un interessante mito sulle origini di differenti specie di datura presente fra il gruppo J¡varo degli Aguaruna, stanziato lungo il corso

superiore del Rio Mayo, nel Per settentrionale. Gli Aguaruna utilizzano quattro specie di Datura (24), ciascuna con specifiche

modalit e finalit d'uso: per curare, per stregare, per l'acquisizione di visioni. Una di queste specie, chiamata

"mamaba¡kua", non viene coltivata dagli indigeni, bens• raccolta allo stato selvatico. Le altre tre specie, chiamate "baikua", "b£kute", "ts£ak", vengono coltivate, e nel mito vengono fatte originare dal corpo di un uomo, che personifica la prima specie di datura, quella selvatica:

®Tempo fa, un giovane uomo si trov ad essere affamato mentre tornava da un viaggio di caccia. Si ferm a mangiare i frutti di "mamaba¡kua",

non conoscendo la pianta, e presto cadde in un profondo sonno come fosse morto. Venne trovato dalla sua famiglia, la quale lo port alla sua casa. Dopo molto tempo si svegli e parl delle visioni che aveva

avuto. Egli era ora un "waimaku" (25). Altri giovani iniziarono a piantare la pianta "mamaba¡kua", cos• da poter ricercare i sogni che li avrebbero resi "waimaku". Un altro giovane (chiamato Bikut in molte versioni del mito), che non aveva mai avuto rapporti sessuali con una donna, bevve il succo di "mamaba¡kua" venti volte. Dopo aver preso "mamaba¡kua" cos• tante volte, egli poteva vedere le cose come uno sciamano. Se una donna lasciava la casa per commettere adulterio, egli lo vedeva e le tagliava la testa con un macete. Egli poteva dire se un uomo era venuto a mangiare dopo aver defecato senza essersi lavato le mani. Egli vedeva se un uomo aveva commesso incesto, e uccideva sempre una simile persona con la sua lancia dicendo agli altri: "Non vedete che questa era una persona cattiva, che aveva appena avuto rapporti

sessuali con sua sorella o qualcun'altra nella sua famiglia? Egli qui giunto con i suoi vestiti coperti di vermi. Un uomo coraggioso che mangia con lui diviene un codardo", egli disse. Uccise molte persone, e alla fine venne legato con corde dagli altri.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Durante questo tempo, era in atto una guerra con quelli della parte inferiore del fiume (Huambisa). Costoro uccisero molti Aguaruna. Il

giovane Bikut venne slegato e gli venne data la sua lancia affinch

potesse combattere. Egli si bagn , tir indietro i suoi capelli e si svest• . Poi and incontro ai suoi nemici. Poich il suo sogno era cos• forte, uccise molti Huambisa. Uno di quelli della parte inferiore del fiume si rec presso un riparo nella

foresta per cercare una visione uguale a quella di Bikut. Egli ottenne una visione, e fer• Bikut in battaglia. Infine, i nemici della parte inferiore del fiume uccisero Bikut. Essi lasciarono il suo corpo sul terreno, e venne bruciato dalla sua famiglia. Dal femore destro del corpo di Bikut crebbe "shiw ng baiku ", e dal femore sinistro crebbe "tahimat bikut". Dalla sua spina crebbe "munt£k ts£ak". Da queste piante, i nostri antenati presero le piante che abbiamo oggi: "baiku ", "b¡kut" e "ts£ak"¯ (26).

Nel testo non viene affrontato il tema dell'origine della datura selvatica, il "mamaba¡kua", ma in un altro racconto aguaruna, registrato da Brent Berlin nel 1977 (27), si riporta che il "mamaba¡kua" venne creato quando N£ngkui, un ®donatore¯ mitologico di

manioca e di tutte le altre piante coltivate, trasform molte di queste in specie simili, ma meno utili. Esiste una relazione di

reciprocit fra l'eroe e le piante del mito. Seguendo Michael F. Brown, ®Bikut acquista i suoi poteri attraverso l'uso del

"mamaba¡kua", ed implicito che i tre discendenti del "mamaba¡kua" che sorgono dalle sue ossa acquistano il loro potere per virt delle

sue gesta come visionario e guerriero. Egli, cos•, aiuta le piante nel trasformarsi da uno stato naturale a uno culturale, ed esse ricambiano, trasformandolo da una persona ordinaria a un eroe culturale¯ (28). Anche in questo racconto, come in quelli degli Huichol, risalta la stretta relazione esistente tra la pianta - o meglio, tra gli effetti della pianta - e la stregoneria. Tale

relazione ambivalente, conseguentemente all'ambivalenza della stessa stregoneria, nei suoi opposti aspetti funzionali benevoli e malevoli.

Nel racconto aguaruna l'eccesso di chiaroveggenza, indotto da un forte uso della datura, che trasforma Bikut da un personaggio

socialmente benefico a uno socialmente dannoso. Le trib Huachipaire e Zapiteri del gruppo indigeno Mashco, stanziate nei dipartimenti peruviani amazzonici di Cuzco e Madre de Dios, utilizzano la "Brugmansia x insignis" (Barb. Rodr.) Lockwood, chiamata "xay pa", per curare e per ottenere delle visioni. Per gli Huachipaire, Xay pa era

un uomo che, un giorno, si avvicin alla fattoria annunciando la sua trasformazione in una ®medicina¯ , e quindi si mut in pianta (29).

Nel Vecchio Mondo, la "Datura metel" L., di origine asiatica, la specie pi diffusa e la pi utilizzata come narcotico, fra le popolazioni euroasiatiche. In India, essa ritenuta una delle piante

sacre a Shiva, e i suoi appariscenti fiori bianchi vengono offerti sugli altari, nei giorni dedicati all'adorazione di questa divinit . I fiori di datura sono anche tra i pi frequenti attributi

nell'iconografia del dio, collocati sulle sue trecce insieme a un teschio e all'immagine di un quarto di luna (30). Nel "Vamana Purana", si riporta che questa pianta nacque originalmente dal petto di Shiva

(31). La stessa "Datura metel" citata nel testo cinese di Materia Medica "'Peu tsao kang mu", scritto nel 1590 da Li-Shi-Chen; questo

autore riporta che il nome della pianta, "man t'o lohua", preso da un noto "sutra" buddista, in cui si afferma che quando Buddha predica un sermone, i cieli irrorano i petali dei fiori di questa pianta con

gocce di pioggia. Secondo una pi antica tradizione taoista, il nome della pianta quello di una delle stelle circumpolari, e si ritiene

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt che ogni messaggero, mandato da questa stella sulla terra, tenga nella sua mano uno di questi fiori. Per tale motivo, i Cinesi chiamano questo fiore con lo stesso nome della stella (32). Si potrebbe qui ravvisare la traccia di un antico mito d'origine della pianta, che la descriveva come originaria del mondo astrale.

- Mandragora.

Presso le culture del bacino del Mediterraneo, la mandragora (33) possiede una lunga tradizione come pianta magica, afrodisiaca,

allucinogena e medicinale. E' una delle pi rinomate piante della stregoneria medievale europea, ma le sue virt sono note fin dal secondo millennio a.C. La conoscenza di questa pianta infatti

testimoniata da reperti archeologici egiziani a partire dal quattordicesimo secolo a.C. (durante la Quinta Dinastia), e immagini della pianta sono state identificate in antichi bassorilievi a Boghaz- keui. Assieme alla ninfea (34) e al papavero da oppio - anch'esse

piante dotate di propriet psicoattive - veniva impiegata per fare unguenti capaci di indurre stati ipnotici, di transe ed estatici (35).

Conosciuta dagli antichi Germani, dai Greci e dai Romani, stata suggerita l'identificazione di questa pianta con l'enigmatica erba "moly" di Omero (36). Nel racconto, inserito nel decimo libro

dell'Odissea, il dio Hermes, il ®messaggero degli dei¯ , a donare la

magica erba a Ulisse, affinch egli possa utilizzarla come agente protettivo contro gli effetti maligni del filtro della maga Circe, capace di trasformare gli uomini che ne bevono, in animali, nella fattispecie in maiali. Nel racconto omerico, l'erba "moly" svolge dunque una funzione opposta a quella delle classiche erbe magiche: evita la trasformazione in

animale, anzich indurla. Per Omero ®la radice era nera, simile al latte il fiore, "moly" la chiamano i numi. Strapparla difficile per le creature mortali, ma gli dei tutto possono¯ (37). La difficolt di

estirpazione della pianta un motivo che si presenter secoli pi tardi, anche nei racconti medievali sulla mandragora; un motivo che ha provocato timore nei confronti dell'erba, ma che ha anche dato impulso all'elaborazione di particolari pratiche magiche protettive per la sua raccolta. A partire dalla sua prima apparizione nelle opere di Omero, l'erba

"moly" stata celebrata a pi riprese dagli autori greci e latini, e ha influenzato la fantasia di non pochi autori medievali. Alcuni autori tardo-latini ci hanno tramandato un mito d'origine del "moly". Nella versione di Eustazio, il gigante Picoloo si era perdutamente innamorato di Circe, ed era intenzionato a rapirla dall'isola in cui dimorava; ma il dio Helios (Sole), padre di Circe, venne in aiuto della figlia uccidendo il gigante:

®E dal sangue del gigante sparso sulla terra germogli il "moly", che prende nome dalla "fatica della battaglia". Ma il suo fiore, dal biancore abbagliante come quello del latte, proviene dall'abbagliante Helios, che vinse il combattimento; la nera radice spunta dal nero

sangue del gigante, ovvero, se ne pu spiegare la natura col fatto che Circe diviene spettralmente smorta per lo spavento¯ (38).

Le caratteristiche del "moly", come vengono riportate dalla lunga serie di autori classici e del periodo medievale, sono state oggetto di una serie di rielaborazioni e di fantasiose interpretazioni, e nessuna descrizione - neppure quella originaria di Omero - corrisponde a quella della pianta della mandragora. L'identificazione botanica del "moly" rimane una questione aperta, come lo sono, del resto, quelle

relative a un folto gruppo di piante dalle propriet magiche e

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt psicoattive descritte dagli autori classici.

La mandragora nota nella cultura ebraica ed presente nell'Antico Testamento (39). Essa viene citata in un racconto dalle connotazioni piuttosto ®pagane¯, in cui la pianta viene utilizzata come mezzo di

scambio per le sue propriet afrodisiache e fecondanti (40). In effetti, questa pianta stata considerata, un po' ovunque, come un

portentoso afrodisiaco, e non a caso Afrodite, la dea greca dell'Amore, aveva l'appellativo di ®Mandragoritis¯. La grossa radice e i frutti (bacche rosse) erano le parti della pianta utilizzate per gli effetti medicinali e psicoattivi. Da tempi remoti nella forma della radice si sono volute ravvisare le fattezze di un uomo o di una donna, e questa antropomorfizzazione, con la distinzione

fra mandragore ®maschio¯ e ®femmina¯ , stata fonte di ispirazione nella mitologia, nelle credenze e nei riti relativi a questa pianta. Come aveva evidenziato Mircea Eliade (41), i racconti sulla mandragora

hanno influenzato un pi vasto cerchio di miti riguardanti piante dalla grossa radice, e fortemente antropomorfizzate nella loro interpretazione simbolica. Un'altra nota radice del medesimo gruppo

mitologico il "ging-seng". In diverse fonti dei periodi medievali, riportata la credenza

secondo la quale, quando un condannato a morte viene impiccato, nel momento in cui muore, emette il suo seme, o la sua urina, che, cadendo al suolo, danno origine alla mandragora. A questo tema segue solitamente la descrizione del procedimento per la raccolta della pianta: si riteneva che chiunque tentasse di sradicarla, ma anche chiunque vi inciampasse inavvertitamente, o vi passasse troppo vicino, ne morisse. La raccolta si basava sul sacrificio di un cane, per lo

pi nero, che veniva legato per la coda o per il collo, alla radice della pianta: nel momento in cui, correndo in direzione opposta alla radice, l'avesse sradicata, il cane sarebbe morto. E' un racconto diffuso nei paesi germanici, in Islanda, in Francia e altrove (42). E' probabile che il tema della nascita della mandragora dalle gocce di sperma o dall'urina di un impiccato, facesse originariamente parte di un mito di origine della pianta. La persona impiccata - un condannato a morte per reati gravi, oppure per furto, ma innocente, come viene specificato in diverse fonti - sarebbe quindi stata un certo uomo, probabile protagonista del racconto originario: nella trasformazione del mito in credenza popolare, scompare il motivo della condanna iniqua, e l'analogia viene riferita a ogni condannato impiccato. Il

rapporto fra mandragora e morte presente in altre credenze, come quella che associa la sua presenza a luoghi ove siano seppelliti dei cadaveri (i dintorni di un cimitero sarebbero il suo habitat preferito).

Nella cultura greca, stato evidenziato un certo rapporto fra la mandragora, il cane, e la dea Ecate (43); il regno di questa tenebrosa

divinit dell'oltretomba identificato proprio con i cimiteri. A un differente mito originario potrebbero essere fatti risalire un gruppo di racconti popolari e mitologici presenti nelle culture europee, arabe e asiatiche. Da questi racconti emerge un tema collocato al tempo delle origini dell'uomo, nel quale l'uomo stesso viene fatto originare dalla mandragora, sfruttando, a questo scopo, l'immagine fortemente antropomorfa (o antropomorfizzata) della sua radice. ®I primi uomini sarebbero stati una famiglia di gigantesche mandragore sensitive, che il sole avrebbe animato e che, da sole, si sarebbero distaccate dalla terra¯; oppure, ®l'uomo apparve originariamente sulla terra in forma di mostruose mandragore, animate da una vita istintiva,

e che il soffio dell'Altissimo costrinse, trasmut , sgross , e infine sradic , per farne degli esseri dotati di pensiero e di movimento proprio (...) Da ci potremmo dedurre che la mandragora legata a un

mito d'origine dell'uomo¯ (44). Sebbene non si tratti di un mito

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt d'origine della mandragora, interessante notare come, in queste cosmogonie, l'origine della pianta sia ritenuta pi antica di quella

dell'uomo. Un mito d'origine della mandragora presente nella seguente leggenda,

raccolta in Siria da M. R. Puaux:

®Quando Dio cre il mondo, si riserv la creazione degli esseri viventi sulla terra, nelle acque e nell'aria; ma, nel suo contratto con Satana, aveva dimenticato il sotto-suolo. Lo spirito del Male, geloso del Creatore, volle, anche lui, fabbricare degli uomini e delle donne viventi sotto terra. Il suo genio inventivo, ma incompleto, non

port che alla plasmazione informe delle mandragore. Dal momento che queste, strappate da terra, penetrano nel regno di Dio, cessano di vivere¯ (45).

Come si vede, un mito d'origine della mandragora vero e proprio, ben strutturato, non ci pervenuto; solo qualche traccia isolata e

continuamente rimaneggiata ha incontrato una certa fortuna nella credenza popolare e nella favolistica. Resta il fatto che la

mandragora stata considerata una pianta primordiale, creata prima, o ai primordi, dell'umanit , ed probabile che, seguendo Massimo Izzi,

®la localizzazione della mandragora in Paradiso (o comunque in un giardino primordiale, teatro della creazione primigenia), sia antecedente al cristianesimo¯ (46).

Forse, ci che si avvicina maggiormente a un mito d'origine, se non proprio della pianta, del suo uso, lo incontriamo nelle fonti pi

antiche che trattano della mandragora, nella cultura egiziana. Si tratta di un racconto chiamato "Distruzione e salvataggio del genere

umano", che si conservato in varie tombe regali, e appartiene alla letteratura egiziana di carattere strettamente religioso. In questo racconto, il dio solare Ra ha intenzione di punire gli

uomini perch non lo venerano. Invia quindi la dea Hathor a distruggere l'umanit . Ma cambia idea, ed escogita uno stratagemma per fermare la dea, che gi pronta alla strage:

®Disse allora Ra: "Chiamatemi messaggeri che corrano rapidamente, che si affrettino come l'ombra di un corpo". Furono portati allora questi messaggeri sull'istante. E disse quindi

la Maest di questo dio: "Recatevi a Elefantina, e portatemi 'didit' in quantit ". Gli furono portate queste "didit", e la Maest di questo

dio grande fece che il Chiomato (47) che abita a Eliopoli macinasse queste "didit", e che inoltre schiave spremessero l'orzo per farne birra. Quindi, furono poste queste "didit" in questa bevanda, ed essa fu come il sangue degli uomini.

Si fecero 7000 brocche di birra. Venne quindi la Maest del re della Valle e re del Delta Ra con questi dei per vedere questa birra. Ora, venne la mattina dell'uccisione degli uomini da parte della dea nel giorno in cui essi rientravano.

Disse allora la Maest di Ra: "Quanto bello questo! Con questo io protegger gli uomini!". Disse Ra: "Portatelo al luogo dove essa vuole

uccidere gli uomini". Si lev presto la Maest del re della Valle e re del Delta Ra, al

termine della notte, per fare che si versasse questa bevanda soporifera. Furono cos• sommersi i campi per tre palmi sotto l'acqua

(48), per la potenza della Maest di questo dio. Venne allora questa dea del mattino presto, e trov questo sommerso.

Bella ne fu la sua faccia, ed essa si mise a bere, e fu una cosa gradita al suo cuore, tanto che se ne venne ubriaca, e non riconobbe gli uomini.

Disse allora la Maest di Ra a questa dea: "Benvenuta in pace, o

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt diletta! (Jamyt)". E questa fu l'origine delle Giovanette di Jamu¯ (49).

Disse allora la Maest di Ra a questa dea: "Si facciano per lei bevande soporifere nella celebrazione della festa annuale, e si

distribuiscano alle schiave". Questa l'origine del fare bevande soporifere in distribuzione alle schiave per la festa di Hathor da parte di tutti gli uomini fino al primo giorno¯ (50).

Le piante "didit", come le "d'dym" in ugaritico e le "duda'im" in ebraico, sono le mandragore. Concordiamo con le conclusioni di Izzi: ®Non siamo di fronte a un semplice resoconto di una terapia: siamo al cospetto di una sorta di seconda antropogenesi, di un salvataggio

dell'umanit . La mandragora qui non un semplice sonnifero, ma una radice di vita, lo strumento scelto dal dio per la salvezza del mondo¯ (51); un mito d'origine dell'uso della mandragora, attraverso l'istituzione di un culto che prevede il suo consumo rituale.

- Tabacco.

In un recente articolo, Silvio Pagani presenta la pianta del tabacco come segue: Il tabacco - nelle sue due principali specie "Nicotiana

tabacum" L. e "N. rustica" L. - originario dell'America del Sud e di quella Centrale. La sua diffusione e il suo utilizzo come droga voluttuaria fra i popoli occidentali, sono storicamente frutto del contatto fra il Nuovo e il Vecchio Mondo (in maniera analoga ad altre specie vegetali originarie delle Americhe, destinate a diventare cultigeni primari nelle economie agricole di tutto il mondo, quali il

mais, la patata, il pomodoro, eccetera). Nelle Americhe, il tabacco stato e viene ancora impiegato come un puro allucinogeno, capace di indurre modificazioni dello stato di coscienza che frequentemente raggiungono la transe e l'®uscita¯ dal corpo. L'uso del tabacco rientra nella maggior parte dei riti religiosi dell'America indigena, e tale pianta viene utilizzata come mezzo di comunicazione con gli spiriti. E' inoltre ritenuta una indispensabile ®medicina¯ nelle cerimonie sciamaniche di cura, insieme ad altri allucinogeni (ayahuasca, datura, eccetera), oppure da solo, ricoprendo efficacemente il ruolo di vegetale sacro, di strumento ®psicodiagnostico¯ (52). Una pratica diffusa fra gli sciamani dell'Amazzonia consiste nell'espellere i mali dal corpo del malato attraverso il fumo del tabacco, precedentemente inalato dallo sciamano

(53); inoltre, il fumo del tabacco denso di valenze sovrannaturali che si rispecchiano nei numerosi luoghi mitologici amerindiani (il Grande Fumo, la Casa del Fumo, eccetera).

Presso le culture originarie, il tabacco dunque considerato e interpretato come una pianta visionaria ed enteogena; un fatto

contraddittorio con la nocivit e l'assenza di effetti allucinogeni attribuite a questa droga dalla cultura occidentale. V' chi ha

cercato di porre un rimedio a questa stridente contraddizione chiamando in causa vari fattori: le differenze nei modi di assunzione, dei processi dl lavorazione della pianta, le differenze biochimiche

fra i cultivar. D'altro lato, v' chi ritiene che le differenze nell'approccio culturale al tabacco siano la causa di reazioni cos• contrastanti. Ricordiamo che, in Europa, il tabacco (54) fu inizialmente considerato come una miracolosa pianta medicinale, e che

l'idea che esso sia dannoso alla salute una recente appropriazione della cultura occidentale. Nell'America del Nord, il tabacco viene soprattutto fumato, ma

nell'America del Sud, diverse trib l'assumono per via nasale, orale (succhiandone le foglie, tenute fra le gengive, o, pi direttamente,

bevendone un infuso), e persino rettale. Il rapporto dell'uomo con il

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt tabacco potrebbe essere molto antico, millenario, e la sua ricca e sedimentata mitologia avvalorerebbe questa ipotesi. E' noto che i principali popoli centro- e sud-americani del periodo della Conquista avevano riservato un ruolo significativo al tabacco all'interno delle pratiche religiose, cos• come nei pantheon divini, e i resti archeologici aztechi e maya sono ricchi di vestigia di tale culto (55).

I miti sull'origine del tabacco e sul suo uso sono numerosissimi: in pratica, ogni trib indigena americana ha elaborato un mito d'origine

della pianta. Anche fra le popolazioni indigene del Vecchio Mondo, che hanno adottato da alcuni secoli il tabacco come loro droga, o pianta sacra - come quelle africane o indiane - ritroviamo miti in cui la

scoperta del tabacco considerata di origine divina, o sovrannaturale.

Il seguente racconto stato raccolto presso i Warrau della Guiana. Esso contiene tutti gli elementi relativi all'approccio sacro con la pianta, adottato da questa popolazione:

®Un uomo aveva vissuto con una donna per molto, molto tempo: questa era bravissima a fare le amache, ma non poteva avere bambini. Allora egli prese con se una seconda compagna; da essa ebbe un bambino, e cos• fu felice. Il bambino, Kurusiwari, crebbe rapidamente, e mentre la matrigna tesseva l'amaca, soleva andare ad attaccarsi alla corda sospesa,

allentandola. La vecchia sopport per un po' tutte queste noie, ma un giorno che il bambino era ancora pi fastidioso del solito, gli disse: "Va' via e mettiti a giocare laggi ". Il piccolo obbed• , si allontan , ma presto trotterell indietro e di nuovo prese a giocare con la

corda. Allora la donna lo respinse, di modo che il bambino cadde per terra e pianse. Nessuno not l'incidente, e nessuno lo vide uscire

dalla casa. Suo padre e sua madre intanto giacevano insieme nella loro amaca, ed era giorno inoltrato quando s'accorsero della sua mancanza.

Il bambino non si trov da nessuna parte, cosicch essi andarono da un loro vicino e l• videro il loro bambino che giocava con alcuni altri bambini. Spiegarono ai loro vicini la ragione della loro visita, come fossero venuti a cercare il loro piccolo e cos•, passando da una cosa a un'altra, entrarono in animata conversazione, e dimenticarono il loro vero scopo, col risultato che quando ebbero finito di

chiacchierare, non si trov pi non solo il loro bambino, Kurusiwari, ma neppure uno dei bambini dei loro vicini, Matura-wari. Cos•, i quattro genitori si misero alla ricerca dei due bambini, e andarono alla casa di un vicino, dove li videro giocare con un terzo bambino,

K waiwari. Ma anche in questa casa accadde ci che era accaduto nell'altra: tutti i genitori cominciarono a chiacchierare e

dimenticarono il loro vero scopo, finch si accorsero che tutti e tre i bambini mancavano. Si ebbero cos• sei genitori alla ricerca di tre

bambini; ma, alla fine del primo giorno, la terza coppia abbandon la ricerca, e alla fine del secondo giorno la seconda coppia fece altrettanto. Nel frattempo, i tre bambini avevano continuato a vagabondare, facendo amicizia con le "marabuntas" [vespe variopinte], che a quei tempi parlavano ma non pungevano. Furono questi bambini che dissero alle vespe nere di pungere la gente e alle vespe rosse di dar loro anche la febbre. E fu quando i bambini arrivarono sulla spiaggia del mare, ch'essi furono raggiunti dalla prima coppia di genitori. Ma essi ormai non

erano pi bambini, bens• ragazzi grandi. I genitori espressero la loro gioia per averli finalmente ritrovati, e, naturalmente, si aspettavano di vederli tornare a casa; ma il capo dei tre - Kurusiwari, il ragazzo

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt che era mancato dalla prima casa - disse: "Io non posso tornare. Quando la mia matrigna mi ha respinto, sono caduto e ho pianto, mentre

voi non mi avete neppure rivolto uno sguardo. Non torner ". Ma quando il padre e la madre lo implorarono con le lacrime agli occhi di ritornare, egli cedette e promise loro che, se avessero costruito una adatta "hebu-anoku" ["Casa dello Spirito"] e lo avessero "chiamato" con il tabacco, lo avrebbero visto. Egli e gli altri due ragazzi attraversarono il mare, e i genitori tornarono a casa.

Non appena vi furono giunti, il padre cominci a costruire la "Casa dello Spirito", e quando questa fu finita, vi bruci foglie di papaia, foglie di cotone e foglie di caff , ma tutte furono inutili: non c'era

"forza" in nessuna di queste, e una simile forza poteva essere fornita solo dal tabacco. Ma a quei tempi non avevamo qui questa pianta:

cresceva lontano, in un'isola al di l del mare. Non so se quest'isola fosse Trinidad o no, ma noi Warrau la chiamiamo Nibo-yuni ["senza

uomini"], perch era popolata soltanto da donne, secondo quel che ne raccontano i nostri vecchi. Dunque, il padre addolorato sped• una specie di airone (56) a prendere qualche seme di tabacco; ma questo

uccello non torn , ed egli invi varie altre specie di uccelli marini, uno dopo l'altro, e tutti ebbero la stessa sorte. Venivano uccisi dalla donna che stava di guardia, non appena si posavano sul campo di tabacco. Perduta ogni speranza di veder mai tornare nessuno dei suoi

messaggeri, egli si rec a consultare un fratello, che gli port una gru. Quest'uccello and a cercarsi un posto, per passarvi la notte

sulla riva del mare, in modo da essere pronto a partire di buon'ora il mattino seguente. Mentre si stava riposando, venne il suo piccolo

amico, il colibr• , e gli domand cosa stesse facendo: "Mi preparo per domattina - gli rispose - debbo volare fino a Nibo-yuni per prendere il seme di tabacco". Il colibr• si offr• di andare lui in sua vece, ma

l'altro consider assurda la proposta, e gli ricord che la sua barca era troppo piccola e che sarebbe andata a fondo. Per nulla

scoraggiato, per , l'uccellino si svegli prima del giorno, com' sua abitudine, e, dicendo "Io vado", si alz in volo. All'alba, la gru apr• le ali e, navigando maestosamente, gi aveva percorso met del

viaggio, quando vide il colibr• che lottava nell'acqua. Questi aveva fatto un coraggioso tentativo, ma naturalmente non poteva

avanzare contro vento. La gru lo raccolse e se lo pos sulla parte posteriore delle cosce, che sporgevano all'indietro. Questa posizione

and benissimo per il piccolo colibr• fintanto che non capit alcun incidente; ma quando la gru si mise a fare i propri bisogni, la faccia

del colibr• s'insudici , ed egli si trov costretto a fidarsi ancora delle proprie ali, sicch raggiunse Nibo-yuni per primo, e vi attese

la sua grande amica che giunse poco dopo. Egli disse alla gru di rimanere l• mentre sarebbe andato al campo del tabacco; era piccolo, poteva volare velocemente, e nessuno lo avrebbe visto mentre rubava il seme. Stava dunque mettendo in opera il suo piano, quando la donna di

guardia cerc di colpirlo, ma egli era troppo astuto e, saltando rapidamente di fiore in fiore, subito raccolse quanto seme gli

occorreva e torn dalla gru. "Amica - disse - torniamo a casa adesso" e facendo seguire l'atto alle parole, l'uccellino prese il volo, e questa volta, sospinto dal vento, giunse a casa per primo e senza

incidenti. Qui consegn il seme al padrone della gru, e questi lo pass a suo fratello, dicendogli di piantarlo. Una volta piantato, il

seme crebbe rapidamente, e quando le foglie furono diventate ben grandi, il fratello gli mostr come preparare il tabacco. Il fratello lo mand anche a cercare della corteccia per avvolgere la foglia (57), ed egli port il "winnam¢ru" che era proprio quello che serviva. Lo mand poi a cercare l'"hebu-mataro" [sonaglio], ed egli port zucche di tutte le dimensioni, ma alla fine torn con una zucca che aveva

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt staccato dal lato ad est dell'albero; questo era quel che ci voleva.

Il padre senza figliolo cominci dunque a "cantare" con il sonaglio, e il figlio e gli altri due giovani vennero alla sua chiamata; adesso essi erano tre spiriti, e tutti e tre, rivolgendosi a lui come a un padre, chiesero del tabacco, ch'egli dette loro. Sono questi medesimi tre spiriti del Tabacco, Kurusi-wari, Matura-wari e K wai-wari, che sempre rispondono quando il sonaglio del "piai" (58) li chiama, e, naturalmente, fu il povero padre abbandonato che divenne il primo "piai", tutto per il gran dolore che ebbe per aver perduto il suo bambino e per il desiderio di rivederlo ancora una volta¯ (59).

C. L vi-Strauss, che riporta un riassunto e discute questo mito nelle sue "Mythologiques", fa notare come questo sia da ricollegare a un pi

generale gruppo di miti guianesi, riguardanti l'origine delle bevande narcotiche, fra le quali figura il tabacco macerato in acqua (60). In

questo e in altri racconti Warrau, il tabacco considerato presente, nei tempi mitici, in un'isola al di l del mare o in mezzo al mare, luogo privilegiato poich sede dell'al di l e del regno dei morti e

degli spiriti. Il fatto che il primo uomo - il padre citato nel racconto - che impieg il tabacco per contattare gli spiriti, sia divenuto, per diretta conseguenza, il primo sciamano, significativo

dell'importanza attribuita a questa pianta nelle teorie e nelle pratiche sciamaniche. Nella mitologia amerinda, si incontrano numerosi riferimenti che associano il colibr• con il tabacco, come nel racconto warrau in cui

l'uccello l'artefice principale del recupero dei semi di tabacco. Ci pu essere in parte spiegato con il fatto che questi piccoli

uccelli sono soliti nidificare presso questa pianta. Il colibr• il personaggio principale anche del seguente racconto mitologico dei Cherokee, una trib nord-americana, attualmente

stanziata in un territorio fra il Tennessee, l'Alabama e la Georgia:

®Agli inizi del mondo, quando uomini e animali erano simili, c'era una sola pianta di tabacco, presso la quale tutti si recavano per

[prendere] il loro tabacco, fin quando le oche Dag l'k la rubarono e la portarono lontano verso sud. La gente soffriva senza di essa, e c'era una vecchia donna che divenne cos• magra e debole, che ciascuno

pens che sarebbe presto morta se non fosse stato possibile darle del tabacco per mantenerla in vita. Diversi animali si offrirono per andare a cercarlo, uno dopo l'altro,

prima i pi grandi e poi i pi piccoli, ma i Dag l'k li vedevano e li uccidevano tutti quanti, prima che potessero raccogliere la pianta.

Dopo gli altri, la piccola Talpa tent di raggiungerla viaggiando sotto terra, ma i Dag l'k scorsero la sua traccia e la uccisero appena sbuc fuori.

Alla fine si offr• il Colibr•, ma gli altri gli dissero che era troppo piccolo e che avrebbe ben potuto starsene a casa. Egli li supplic di

lasciarlo tentare, e cos• essi gli mostrarono una pianta in un campo, e gli dissero di mostrar loro il modo in cui si sarebbe avvicinato [alla pianta]. Il momento dopo egli era andato, ed essi lo videro seduto sulla pianta, e poi il momento dopo era nuovamente dietro, ma

nessuno lo aveva visto andare o venire, poich era molto veloce. "Questo il modo in cui agir ", disse il Colibr• , e cos• lo lasciarono tentare. Vol verso est, e quando giunse in vista del tabacco, i Dag l'k erano tutti alla sua ricerca, ma non erano in grado di vederlo poich era cos• piccolo e volava rapidamente. Egli si lanci sulla pianta - tsa! - e strapp via la cima con le foglie e i semi, ed era gi lontano quando i Dag l'k compresero cosa era

accaduto. Prima di giungere a casa con il tabacco, la vecchia donna aveva

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt perduto i sensi, e la si credette morta, ma egli [il Colibr• ] soffi

il fumo [di tabacco] nelle sue narici, e con un grido di "Ts 'l !"

["Tabacco!"] ella apr• gli occhi e fu di nuovo in vita¯ (61).

Il tabacco assume in questo racconto il valore di ®erba dell'immortalit ¯ , che riporta in vita i moribondi; una pianta dalla

quale dipende il benessere di tutta la comunit . Il colibr• un

uccello sciamanico, adottato per simboleggiare il ®volo¯ dello sciamano, e anzi, nel racconto cherokee rappresenta probabilmente lo stesso sciamano. E' infatti questo uccello a ridare vita alla vecchia donna, soffiando nelle sue narici il fumo di tabacco: un'operazione magico-terapeutica peculiare delle pratiche degli sciamani amerindi. Non mancano, un po' ovunque, miti che fanno originare il tabacco dal cadavere o dalle tombe di persone decedute per morte violenta (62), o dalle ceneri di uno spirito della foresta bruciato mentre risiedeva in un albero (63). In altri racconti, la pianta o i semi di tabacco vengono donati agli uomini da certi animali, in particolare uccelli,

considerati spiriti protettori degli sciamani; cos• , presso gli Iran

(Munku), vicini dei Mundurucu, un avvoltoio a donare la pianta a un uomo (64), mentre presso gli Yano ma dell'Alto Orinoco (Venezuela) si

ritiene che ®quando gli animali erano gente, Wasci (pipistrello) fu il primo che coltiv il tabacco. Un giorno, incontr un uomo Yano ma, e lo invit a provare il tabacco (...)¯ (65). In un racconto degli

Shuar dell'Amazzonia equadoriana, noto come ®mito di Etsa¯, il tabacco

nasce dai genitali di un mostro, dopo che questi stato affrontato e ucciso da Etsa, un eroe culturale che si trasformer , alla fine delle

sue gesta terrene, nel sole (66). In vari racconti cosmogonici e antropogonici sudamericani, il tabacco gioca un ruolo-chiave, inserito nelle storie della creazione, quale agente fondante del divenire e del comportamento umano (67). Esso gioca un significativo ruolo anche nelle mitologie degli Indiani del Nord America, i quali hanno fatto del tabacco e della sacra pipa i loro principali oggetti di culto.

In uno di questi racconti, della trib dei Piedi Neri, la consapevolezza delle magiche propriet del tabacco, e l'opportuna

maniera di trattarlo e di utilizzarlo, vengono ricevute in sogno da quattro uomini di potere, fratelli fra di loro, i quali, tuttavia, non intendono condividere questa conoscenza con gli altri uomini e,

costituendo fra loro una Societ del Tabacco, ne mantengono segreto il culto. Eppure, proprio la mancanza della pianta fra la gente comune

causa di irrequietezza di spirito, di tensioni, di guerre, e di malvagit . Un giovane uomo, di nome Discorre da Solo, riceve allora

dai castori la pianta, e la conoscenza dei canti e dei riti ad essa dedicati, e insieme alla moglie porta il sacro tabacco a tutte le

trib (68). Appare sottinteso che, con il diffondersi del tabacco fra tutti gli uomini, sia terminata l'era della discordia e della

malvagit . I Crik di lingua maskoki dell'Alabama possiedono un mito in cui la prima pianta di tabacco nasce nel luogo dove una giovane coppia aveva consumato un rapporto sessuale, e questa associazione fra il vegetale

psicoattivo e l'amplesso ancora pi significativa se si considera che i Crik chiamano la pianta del tabacco "hitci", ma quando la fumano la denominano nello stesso modo con cui indicano l'amplesso, "haisa"

(69). Abbiamo gi incontrato una simile identificazione fra lo stato modificato di coscienza, indotto da un vegetale psicoattivo, e lo stato mentale al momento dell'amplesso, presso le popolazioni tukanoane dell'Amazzonia, trattando dell'ayahuasca. Riportiamo una versione di questo mito degli Indiani Hitchiti, che vivono contigui ai Crik:

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ®Un uomo aveva perso i suoi cavalli e li stava cercando. Anche una donna stava cercando dei cavalli. Essi, l'uomo e la donna, si incontrarono e si misero a conversare. Si sedettero parlando assieme sotto a un albero "hickory" che faceva una buona ombra. La donna disse: "Sono in cerca di alcuni cavalli che si sono nascosti". L'uomo disse: "Anch'io sto cercando dei cavalli". Mentre parlavano seduti,

qualcosa avvenne nell'uomo, ed egli cos• parl alla sua compagna: "Io sto cercando dei cavalli, anche tu stai cercando dei cavalli. Permetti che diventiamo amici, e giaciamo assieme qui, dopo di che

ripartiremo". La donna consider la questione e disse: "Va bene". Entrambi si sdraiarono, e quando si rialzarono l'uomo se ne and per la sua strada e la donna se ne and per la sua.

L'estate seguente, l'uomo era nuovamente alla ricerca di cavalli, e gli capit di passare nel luogo dove aveva parlato con la donna. L'uomo pens : "Andr in quel luogo per guardarlo". Quando lo

raggiunse, vide che una pianta si ergeva dove avevano giaciuto, ma egli non la conosceva. Stette a osservarla per qualche tempo, e poi ripart•.

Viaggi e parl della pianta agli uomini anziani [della trib ]. Disse: "Ho visto qualche cosa [fatta] cos• e cos• crescere". Uno di loro

rispose: "Esaminala per vedere se buona. Quando sar matura scoprirai che cosa ". Successivamente, l'uomo part• per andarla a vedere. Vide che era diventata ancora pi grande. Zapp attorno alla

pianta per rendere soffice il terreno, e cos• crebbe meglio. Ne ebbe cura, e vide le foglie diventare sempre pi grandi. Quando fior• , i fiori erano graziosi, e vide che erano grossi. Quando matur , il seme

era molto piccolo. Egli prese i semi dal guscio, raccolse delle foglie, e port il tutto agli anziani. Essi li osservarono, ma non

riconobbero alcuna pianta a loro nota. Dopo aver osservato i semi e le foglie per qualche tempo, si arresero. Poi, uno di loro polverizz le

foglie e le mise in una pipa ricavata da una pannocchia di mais, l'accese, e la fum . L'aroma era gradevole. Tutti gli anziani dissero:

"Le foglie di quella cosa sono buone" e le diedero un nome. La chiamarono "hitci" (che significa sia "vedere" che "tabacco"). In tal modo, la donna e l'uomo insieme crearono il tabacco¯ (70).

Ancora per il Nord America, citiamo un mito degli Indiani Wasco, di lingua chinook, abitanti lungo il corso del fiume Columbia. Nel racconto, una donna e suo figlio ottengono il tabacco in un mondo sovrannaturale, dove viene loro offerto dagli abitanti del luogo; essi lo portano quindi sulla terra diffondendolo fra gli altri uomini. L'interessante di questo racconto risiede nella descrizione del luogo fantastico:

®La collina che dominava la casa era ricoperta di tabacco selvatico. Il vecchio passava tutto il suo tempo a fare punte di frecce, e quando la faretra era piena, saliva sulla montagna. Poi ridiscendeva con la faretra vuota, ma con le mani piene di tabacco. Sia egli che sua figlia si nutrivano esclusivamente di fumo di tabacco, e si servivano di una pipa che aveva il fornello aperto nel prolungamento del

cannello. Per la verit , quell'uomo era un cacciatore, ma la moltitudine del tabacco costituiva la sua unica selvaggina¯ (71).

Nel mondo sovrannaturale - suo luogo d'origine e di dimora - il tabacco assume le sembianze di un animale a cui dare la caccia come

selvaggina. Ci ricorda un'altra pianta sacra e animale al contempo, il peyote e il cervo, e la raccolta/caccia degli Huicholes del Messico del peyote/cervo, che culmina con la sua uccisione a colpi di freccia.

I Portoghesi introdussero la pianta del tabacco in India nel

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt sedicesimo secolo, e presto il suo uso si diffuse e si radic fra la moltitudine di etnie di cui popolato il subcontinente, entrando

prontamente a far parte, come soggetto, delle mitologie tribali. In un racconto, una divinit rivela in sogno a un uomo la conoscenza

della pianta, considerata abitante originaria della foresta. In un altro, incontriamo il motivo della ragazza amata da nessuno che, per questo, si suicida, e dalle sue ceneri nasce la pianta di tabacco, che

sar , da quel momento, cercata e amata da tutti (72). In realt , il motivo della ®ragazza amata da nessuno¯ caratteristico di un diffuso

mito d'origine del papavero da oppio, dal quale stato, in questo caso, tratto e adattato alla pianta del tabacco. Citiamo, infine, un mito d'origine del tabacco dei Kamba, popolo di agricoltori sedentari del Kenya. In questo racconto africano, un uomo,

entrando nella tana di un porcospino, raggiunge l'al di l , dove incontra i suoi genitori defunti; questi gli fanno dono di alcuni semi

della pianta di tabacco, ch'egli porta con s al ritorno sulla terra (73).

POLVERI DA FIUTO.

Numerose droghe vegetali sono assumibili per via nasale. E' sufficiente ricordare l'uso di fiutare il tabacco nell'Europa del diciannovesimo secolo, un costume importato dall'America, ben presto abbandonato da una popolazione - quella occidentale - storicamente non abituata alle tecniche inalatorie. In effetti, il ®complesso¯ delle

polveri da fiuto sviluppato essenzialmente nel Nuovo Mondo, in particolare nell'America del Sud, da cui sembra originare. In America Latina, le principali fonti vegetali delle polveri da fiuto - polveri dagli effetti allucinogeni - sono alberi dei generi "Anadenanthera" e "Virola" (1), dei quali vengono impiegati rispettivamente i bacelli e la corteccia. I bacelli vengono abbrustoliti, ridotti in polvere, frequentemente arricchiti di una miscela alcalina o di cenere; dalla corteccia, invece, si ricava un estratto che, fatto essiccare e polverizzato, viene inalato (2). Per inalare queste polveri, gli indigeni si avvalgono dell'aiuto di tubi inalatori, il cui materiale costitutivo e le cui dimensioni e forme sono variabili, a seconda delle etnie e della aree geografiche interessate. Un tipo di inalatore molto comune consiste di un tubicino a forma di Y ricavato da ossa, legno, o plasmato con la terracotta, la

cui doppia estremit viene inserita nelle narici. Alcune trib amazzoniche, come quella degli Yanohami, hanno elaborato una tecnica inalatoria in cui lunghe canne vengono utilizzate in coppia: un estremo della canna viene ®caricato¯ di polvere allucinogena e

inserito quindi nella narice di un uomo; l'altra estremit (3) viene portata alla bocca di un secondo uomo, il quale soffia con forza nella

cavit della canna, provocando una istantanea e violenta introduzione della polvere nelle profondit del condotto nasale del primo uomo.

I reperti archeologici, costituiti soprattutto di tubi inalatori e di tavolette impiegate come supporto per le polveri al momento dell'uso,

sono numerosissimi, sparsi fra i manufatti delle pi svariate culture del Sud- e Centro-America, e coprono un periodo di almeno 3000 anni. Nonostante si presenti un'elevata concentrazione di questi reperti sia nell'antica cultura Taino delle Antille (dove la droga veniva chiamata "cohoba"), che, all'altro estremo geografico, nell'antica cultura del deserto di San Pedro de Atacama, nel Cile settentrionale, si sono volute ritenere come aree originarie dell'uso delle polveri da fiuto le regioni amazzoniche e quelle sub-andine (4). Recentemente, nel

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt deserto di Atacama, stata rinvenuta una serie completa di

parafernalia per l'inalazione di polveri, facente parte di un corredo funebre datato al 780 d.C. In un contenitore era ancora conservata una parte della droga polverizzata, la cui analisi chimica ha rivelato la presenza dei principi attivi (D.M.T. e altre indolalchilamine) (5). Tubi e tavolette sono spesso arricchite da motivi artistici, soprattutto immagini di felini (giaguari) e di uccelli (aquile, condor), animali caratteristici delle rappresentazioni e delle simbologie del ®volo¯ sciamanico. Droghe allucinogene e spiriti aiutanti zoomorfi (felini, uccelli, rettili) fanno intrinsecamente parte della sfera d'azione dello sciamano. Attraverso l'assunzione delle droghe, lo sciamano si trasforma in un animale, e sotto questa forma si muove e agisce nel suo mondo visionario-mitologico. Il ®complesso¯ delle polveri da fiuto, appartenente a culture di cacciatori e raccoglitori, si inserisce perfettamente in questo contesto sciamanico. I primi cronisti spagnoli - in particolare Ferdinandez Colombo,

Bartolom de las Casas e Ramon Pane - riportarono un uso della "cohoba" nelle Antille (6), per scopi magici e divinatori, in

associazione con il culto di entit sovrannaturali, chiamate "cemis". Rappresentazioni lignee di questi "cemis" venivano conservate in capanne costruite in luoghi lontani dal villaggio, in cui venivano praticate le cerimonie che contemplavano l'inalazione della "cohoba". L'uso di questa polvere era proibito alle donne. Attualmente, le polveri da fiuto vengono ancora utilizzate presso

numerose trib dell'Amazzonia. In alcune regioni, come nel Vaup s colombiano, queste droghe - chiamate "yakee" o "yato" - vengono usate unicamente dagli sciamani per la diagnosi e il trattamento delle

malattie, o per scopi magico-divinatori. Al contrario, fra le trib del Rio Negro (in Brasile) e dell'Alto Orinoco (in Venezuela), la

polvere, chiamata " pena" (7), viene utilizzata nella vita di tutti i giorni, sia individualmente che collettivamente, oltre che per scopi cerimoniali. Non sembra siano stati riportati miti specifici sull'origine delle polveri da fiuto, sebbene sia probabile la loro esistenza, e, forse,

si stanno tuttora tramandando fra le trib dedite a queste droghe. Quel poco individuato proviene quasi completamente dalle popolazioni

tukanoidi della regione del Vaup s, sia del lato colombiano che di quello brasiliano. Abbiamo gi incontrato la mitologia dei gruppi Tukano trattando dello "yaj ", la bevanda allucinogena comunemente

utilizzata da queste stesse popolazioni, e della quale ci sono pervenuti estesi miti sulle sue origini, inseriti in lunghi racconti

cosmogonici. Nella cosmogonia dei Desana (8), il Sole il grande Dio creatore, preesistente, assieme alla Luna, al resto del creato. Egli

cre diversi esseri sovrannaturali, assegnando a ciascuno di questi uno specifico ruolo; fra di essi ricordiamo: Pamur¡-mahs , creatore del genere umano, chiamato anche il ®germinatore¯ , che guid la Canoa-

Anaconda dalle sfere celesti verso la terra, dove dissemin le diverse razze e le varie trib umane; Em k¢ri-mahs , o Signore del Giorno, responsabile delle regole della vita spirituale umana; Diro -mahs , o

Signore del Sangue, responsabile della salute e della buona vita corporea dell'uomo. Il racconto cos• prosegue:

®Egli [il Sole] cre quindi Vih¢-mahs , l'Essere del "Vih¢" (9), e gli ordin di servire come un intermediario affinch , attraverso le

allucinazioni, la gente potesse mettersi in contatto con tutti gli altri esseri sovrannaturali. La stessa polvere di "vih¢" proveniva dal Sole, il quale l'aveva tenuta nascosta nel suo ombelico, ma la Figlia del Sole aveva graffiato il suo ombelico e aveva trovato la polvere.

Mentre Em k¢ri-mahs e Diro -mahs rappresentano sempre il principio

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt del bene, il Sole diede a Vih¢-mahs il potere di essere buono e

cattivo, e lo mise nella Via Lattea come padrone delle malattie e della stregoneria¯ (10).

I Desana considerano la Via Lattea come la dimora delle malattie, ma anche la zona delle allucinazioni e delle visioni. Questa area del

cielo dominata da Vih¢-mahs : in uno stato di perenne transe, indotto dalla polvere "vih¢", egli viaggia lungo la via celeste, osservando la terra e i suoi abitanti.

Durante la loro transe, gli sciamani desana ("pay ") salgono sulla Via Lattea per parlare con Vih¢-mahs , affinch interceda per loro presso le altre divinit (11).

Nel racconto, la polvere "vih¢" origina direttamente dalla massima divinit , il Sole. Il motivo dell'ombelico potrebbe avere una valenza

sessuale, come avviene in molti altri temi mitologici tukano, alcuni gi incontrati trattando dello "yaj ". L'associazione della polvere "vih¢" con la sfera sessuale resa ancora pi evidente in un altro mito desana, secondo cui "vih¢" ® il

seme del Sole, e venne ottenuto, agli inizi dei tempi, dalla Figlia del Sole, in un'unione incestuosa con suo padre¯ (12). Inoltre, v' un

tipo di polvere da fiuto (13) chiamata "abe yer£ vih¢", ®polvere del pene del sole¯, che viene impiegata durante le iniziazioni

sciamaniche; ad essa mescolata polvere bianca, ricavata da una specie di fungo d'albero. La ricca simbologia sessuale legata alle polveri da fiuto e, ancora

pi estesamente, allo "yaj ", trova giustificazione nel fatto che le popolazioni tukano identificano l'atto del coito, e il relativo stato psichico di piacere, con l'assunzione della droga e con gli stati

visionari da questa indotti. Da ci ne consegue l'equivalenza simbolica fra il seme maschile e la polvere da fiuto.

Anche i Barasana stanziati lungo la parte brasiliana del Vaup s inseriscono la polvere da fiuto - che chiamano "paric " - nella propria cosmogonia, seppure in maniera frammentaria e senza alcun riferimento alle circostanze della sua origine. Infatti, nel racconto, il "paric " sembrerebbe essere presente sin dagli inizi della creazione del mondo, e, certamente, preesistente all'uomo. Gran parte del racconto tratta del viaggio sulla terra intrapreso dalla Canoa- Serpente (Canoa-Anaconda) allo scopo di diffondervi il genere umano.

In questo caso, la Canoa-Serpente guidata da tre personaggi: Creatore, Pronipote del Mondo, Bol ka. Quest'ultimo Uomo dell'Universo, il Capo degli Indio Desana, ed anche il primo "paj " (sciamano). La Canoa-Serpente compie un viaggio sulla terra, che

rappresentata in modo mitico, soffermandosi in luoghi di potere, denominati Case, via via creati dai conducenti della Canoa-Serpente (14). A un certo punto del racconto leggiamo:

®Sulla sponda del Grande Lago, di fronte alla Casa di Latte, esisteva un'altra casa, la Casa di "Paric ". Questa casa era stata sistemata da

Bol ka, all'insaputa di Creatore, e doveva servire come Casa-Difesa dell'Albero di "Paric ". Era perci destinata ad abitazione dello stesso Bol ka, primo grande "paj ", e di tutti gli sciamani

discendenti da lui e che dovevano a lui succedere. La casa era quindi soltanto sua¯ (15).

In un altro passo dello stesso racconto, al momento in cui Bol ka si accinse a suddividere e organizzare gli uomini in trib , leggiamo:

®Tuttavia, prima di dividerli, egli esercit con essi i suoi poteri e li distribu• loro. In primo luogo suddivise il "paric ", detto anche Legno del Sole, che

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt trasmette all'uomo il potere sciamanico. Il "paric " degli Uomini

dell'Universo il potere pi efficace che ci sia. Per appropriarsene, Bol ka aveva collocato una casa, la Casa del "Paric ", sulla sponda destra del Lago di Latte, come abbiamo gi detto.

Per diventare sciamano, era necessario fiutare "paric ", come appunto aveva fatto Bol ka, il pi grande sciamano, fin dalle origini. Bol ka fiut "paric " con loro per istruirli. "Paric " aveva il potere

di trasformare un uomo in giaguaro¯ (16).

Non chiaro il motivo per cui Bol ka sistemi la Casa di "Paric " ®all'insaputa¯ del Creatore, e nemmeno perch avesse collocato questa

Casa ®per appropriarsi¯ della polvere da fiuto: parrebbero elementi di un tema non trattato nel testo, un tema probabilmente relativo proprio all'origine del "paric ", assente nel racconto (17).

Il peregrinaggio di Bol ka si conclude senza morte:

®Bol ka, che accompagn Dio della Terra durante il viaggio di trasformazione, fece tutte queste cose. Egli non fu seppellito in

terra. Fu un grande sciamano che sal• e and ad abitare nelle sue case, da lui distribuite nello spazio. La principale di esse, la Casa

di "Paric ", localizzata a sud. Bol ka divenne Persona di "Paric ": egli un essere eterno¯ (18).

Infine, secondo gli Yano ma dell'Alto Orinoco, che chiamano la polvere da fiuto "ep na", fu un uccello a portare la conoscenza della droga

fra gli uomini:

®Ihama (il poltrone) conosceva "ep na", e lo mostr a Koete Koetemi, uccellino bianco. Koete Koetemiriwe insegn agli Yano ma come si prende. Fu Koete Koetemi, uccellino bianco che non si trova pi , che soffi per primo nel naso. Il poltrone si muove cos• , perch conosceva e prendeva "ep na"¯ (19).

IBOGA.

L'"iboga" (o "eboka") un arbusto della famiglia delle "Apocynaceae Tabernanthe iboga" Baill. - diffuso nell'Africa equatoriale occidentale. L'attuale utilizzo per i suoi effetti psicoattivi, per lo

pi inserito nelle cerimonie della religione Buiti, ha come epicentro il Gabon, e si esteso anche nei paesi limitrofi della Guinea

Equatoriale, Camerun, Congo, Zaire. Le propriet allucinogene della sua radice sono note da lunga data

presso le popolazioni pigmee dell'interno della foresta equatoriale, e da queste, la sua conoscenza stata trasmessa alle altre popolazioni

che ne fanno attualmente uso, in particolare gli Apindji, i Mitsogho e i Fang. Queste tre popolazioni del Gabon, che si tramandarono, secondo

l'ordine, la conoscenza dell'iboga, verso la seconda met del secolo scorso elaborarono un culto - il Buiti - in cui rientrava la consumazione di questa pianta, sulla base di un sincretismo religioso delle credenze tradizionali con il Cristianesimo, e che fu destinato a

ingrandirsi e a rafforzarsi sempre pi , fino ad essere considerato come una religione in forte competizione con le due religioni ufficiali della Repubblica del Gabon: il Cristianesimo Missionario e l'Islamismo.

Non vi sono dati che mettano in luce il grado di antichit dell'uso dell'iboga da parte dell'uomo, ma non vi sono neppure dati contraddittori all'ipotesi che, presso i Pigmei della profonda foresta

- i detentori originari dei ®Misteri dell'iboga¯ , il cui uso stato

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt finora studiato con difficolt - questa conoscenza sia tramandata da millenni. L'iboga una di quelle piante allucinogene la cui scoperta non subordinata alla conoscenza dei metodi di cottura propri dei periodi neolitici dell'umanit ; utilizzabile cos• com' , in quanto se ne possono consumare le radici fresche, e ci avvalora l'ipotesi di una grande antichit del suo uso come pianta sacramentale.

Sebbene sincretico col Cristianesimo, il Buiti ha conservato molto delle credenze e dei rituali d'uso originari relativi alla pianta. E' costituito in numerose sette, che differiscono principalmente nel grado di assorbimento dei valori e del simbolismo cristiano, soggette a una veloce frammentazione, per la continua rielaborazione ed evoluzione interna, di natura soprattutto profetica. In pratica, anche

all'interno delle sette, ogni comunit si caratterizza per una sua personale interpretazione del ®canone buitista¯, un fatto che si

ripercuote sulla grande variabilit nelle procedure cerimoniali, nella rappresentazione estetica, e nei racconti mitologici.

La religione Buiti, in particolare le sue comunit Fang - la popolazione di ceppo linguistico bantu pi numerosa del Gabon - ha

conservato e continua a tramandarsi, oltre al nucleo centrale dei rituali indigeni del culto dell'iboga, una parte dei simboli relativi a un vecchio culto familiare fang, il "bieri", caratterizzato dal culto degli antenati, attraverso la custodia rituale dei loro crani e l'uso di una differente pianta allucinogena, l'"alan" (1), impiegata per mettere l'iniziando a contatto con gli spiriti degli antenati (2). La mitologia buitista risente di questo culto degli antenati, a tal

punto che possibile che alcuni temi mitologici riferiti all'iboga e all'origine del suo uso facessero parte, un tempo, della mitologia

propria del "bieri". In effetti, nella storia, il culto del Bieri

stato progressivamente sostituito dal Buiti, e si parlato di ®assorbimento¯ del vecchio culto nel nuovo movimento religioso. Per

molto tempo, lo stesso Buiti stato considerato un culto degli antenati, e ancora oggi il termine "buiti" viene generalmente tradotto con ®morti¯ o ®antenati¯ sebbene, come osserva Stanislaw Swiderski

(3), la pi corretta etimologia parrebbe essere quella che lo fa derivare da "Mbouiti", nome proprio di un gruppo di Pigmei, attualmente stanziato in un territorio distribuito tra il Gabon e lo Zaire. Il sincretismo buitista con le vecchie credenze del "bieri" e

con il Cristianesimo ben riassunto in un elemento presente nei templi, costituito da tre cerchi di metallo ("ekar") appesi al soffitto, dei quali il primo rappresenta l'ostia dei cattolici, il secondo l'iboga, e il terzo l'"alan".

I principali riti buitisti sono di due tipi: 1) le "ngoz ", o ®messe¯ buitiste, che si svolgono di notte, per tre notti consecutive (dal

gioved• al sabato), durante le quali i membri della comunit , riuniti nel templio ("abe¤" o "mbandja"), consumano una ®modesta¯ dose di radice polverizzata di iboga, abbandonandosi quindi a danze e canti sino al sopraggiungere dell'alba; 2) il rito dell'iniziazione, dai Fang chiamato "tobe si" (®sedersi per terra¯), vissuto ogni qualvolta

un individuo decide di entrare nella comunit religiosa. In questo caso, all'iniziando viene somministrata un'enorme dose di iboga - una

quantit pari a centinaia di dosi simili a quelle consumate durante le "ngoz ": una quantit che lo porta a uno stato di incoscienza di lunga

durata (mediamente fra i due e i tre giorni e notti consecutivi), durante il quale la sua anima impegnata in un ®viaggio nell'al di l ¯ , mentre il corpo rimane steso sul terreno, in stato di coma,

sorvegliato dai membri della comunit (4). L'intera religione Buiti impregnata del simbolismo del sacrificio,

un tempo messo in atto con sacrifici umani e con atti di antropofagia rituale. Nel Buiti originario, durante i riti di iniziazione e quelli

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt di fondazione di un nuovo templio, era previsto un sacrificio umano;

questo stato l'atto di accusa principale su cui si fondata l'opposizione missionaria nei confronti del Buiti e del Bieri. A diverse ondate, le persecuzioni sferrate dai missionari cattolici, con

l'avvallo del governo coloniale francese, colpirono le comunit buitiste, in particolare attorno agli anni 1920 e 1940. Attualmente,

il sacrificio umano non pi praticato, anzi, biasimato dai buitisti, i quali lo hanno da tempo sostituito con il sacrificio di un pollo. Ma nella mitologia buitista, come vedremo, il sacrificio umano, che riguarda la prima persona - una donna - alla quale viene rivelata l'iboga, reca ancora tutta la forza del suo valore originale.

La mitologia buitista costituita principalmente di una complessa teogonia, nella quale le antiche credenze si paragonano, si sovrappongono o si separano ai temi di entrambi l'Antico e il Nuovo Testamento, e di un racconto - noto in fang come ®storia di Muma¯ - sull'origine dell'uso dell'iboga e del Buiti.

Sebbene costante nella sua struttura primaria, questa mitologia

soggetta a numerose variazioni, a testimonianza della diversit fra le sette e fra le etnie, e anche delle stratificazioni delle

interpretazioni che si sono succedute, per pi di un secolo, in pratica a ogni creazione o riforma di correnti buitiste. Esistono attualmente alcuni ®catechismi¯ buitisti, scritti a mano e di difficile lettura, che potrebbero rappresentare i primi timidi tentativi di giungere a testi scritti, ove raccogliere il ricco patrimonio mitologico e rituale.

Presso i Fang, al vertice della genealogia divina buitista v' un dio unico, Nzam Mebegh . Alle origini, Nzam cre un uovo, dal quale fuoriuscirono tre persone divine gemelle, Eyen , Non e Gningone, corrispondenti, a grandi linee, alla trinit divina cristiana, Padre,

Figlio e Spirito Santo. Quest'ultimo viene sostituito da una figura femminile, Gningone, considerata la Madre della Razza Nera; in alcune sette, questa figura si viene a sovrapporre a quella della Santa Vergine. L'"interpretatio" buitista coinvolge tutta la Bibbia e risulta per nulla superficiale. Ad esempio, il peccato originale di Adamo ed Eva,

chiamati Obola e Biome, ritenuti gemelli, considerato l'atto del loro incesto; l'albero del bene e del male o della conoscenza viene identificato con l'iboga; le reliquie di Abele diventano le reliquie degli antenati ("bieri"); il Diluvio Universale diventa in diverse

versioni del mito l'Ozamb gha, il difficile passaggio dei Fang dal Camerun al Gabon, verificatosi storicamente agli inizi di questo secolo. In diversi racconti e sermoni buitisti, l'iboga viene considerata dono di Dio fatto agli uomini - alla razza nera - ai tempi primordiali

dell'origine dell'umanit . Da un sermone recitato in una comunit

della setta Yembaw , nel villaggio di Sibang (5), leggiamo:

®E' a quei tempi, ai tempi dell'origine dell'universo, che Dio ci ha dato l'iboga. La terra era ancora molto secca. Fra le prime piante si

trovava cos• l'iboga. Il primo uccello che mangi l'iboga fu la rondine ("fulyeb "). Dopo questa, furono il pappagallo ("k s") e il

colombo ("nzum")¯ (6).

Il motivo della diffusione dell'iboga sulla terra, per opera delle tre specie di uccelli, ricorrente, ed da ritenere appartenente allo

sfondo tradizionale di cui si compone la struttura essenziale della teogonia buitista. Da un altro sermone proseguiamo la lettura:

®Dio decise di punire la generazione che non aveva obbedito. Invi una

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt grande pioggia. Arriv il diluvio. Ma per conservare la vita, Dio

scelse due specie di animali, di uccelli e di pesci. Fra questi, scelse tre uccelli, ai quali confid un messaggio: "nzum, fulyeb " e "k s". "Nzum", per il suo gesto abituale di grattare la terra, ha mostrato come bisogna seppellire l'uomo morto. "K s" fu scelto per la sua curiosit , (...) "Fulyeb " venne riconosciuto per le sue capacit

di ricerca. Fu "fulyeb ", che fece germogliare l'iboga: vol sui semi,

che quindi si sparpagliarono dappertutto. Cos•, tutti gli animali poterono mangiare questi semi e la pianta iboga. Dopo di loro, furono i Bek• (i Pigmei) a vedere il Buiti, mangiando l'iboga. I Pigmei sono

fratelli dei Neri, ma met figli di scimpanz e met di Caino¯ (7).

Segue la descrizione del salvataggio di Adamo ed Eva dal diluvio, e del ritorno di questi sulla terra e della loro successiva resurrezione

nelle persone di Ges e di Maria. Altri animali possono essere considerati responsabili per aver provocato lo spargimento dei semi della pianta, o per averla consumata per primi, scoprendone in tal modo gli effetti.

In un altro sermone, viene riportato che ®Fu "ngi" (scimpanz ) che mangi per primo l'iboga, perch all'inizio, in Paradiso, l'uomo

mangiava come gli animali, le cose crude, l'erba e la carne¯ (8). Il sermone prosegue con un racconto in cui il tema della diffusione della conoscenza dell'iboga per opera di un animale - in questo caso una

specie di scoiattolo - inserito in un mito d'origine del fuoco, che sarebbe stato ottenuto mediante sfregamento di due pietre rotonde, situate sotto l'albero in cui aveva nidificato lo scoiattolo. Tali pietre si sarebbero formate in seguito all'incendio dell'albero, per opera dell'Arcangelo Gabriele. L'influenza del cristianesimo, unita

alla grande elasticit interpretativa dei buitisti, ha portato questi a elaborare diversi altri episodi relativi all'origine dell'iboga o al

suo uso, collocandoli nei pi adatti e opportuni ambienti mitologici cristiani.

Nel sermone della setta Yembaw , poco oltre il passo riportato, in riferimento ai tempi del diluvio si afferma che fu proprio a quei

tempi, l'Ozamb gha, che Dio ebbe piet , e diede all'uomo nero l'iboga. In un altro sermone, il dono dell'iboga agli uomini viene fatto originare ai tempi della cacciata di Obola e Biome (Adamo ed Eva) dal Paradiso Terrestre. Dopo il peccato - costituito dal rapporto incestuoso - Dio disse: ®"Moltiplicatevi, sapendo che morirete". Prese quindi l'iboga e la diede loro dicendo: "Prendete l'iboga che deve aprirvi gli occhi, le orecchie e la buona coscienza che avete perduto quando avete peccato"¯ (9). In un altro sermone, incontriamo tracce di un mito d'origine dell'uso dell'"alan" - la pianta allucinogena utilizzata nel vecchio culto degli antenati, il "bieri" - il cui filo conduttore risulta ormai incomprensibile:

®V' un solo Dio, ma in tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Le tre persone sono anche tre specie di uomini: il Giallo

(Nfol ), il Bianco (Nfoum ) e il Nero (Nsout ). Quando vennero, i tre, da Ozamb gha, era il Giallo che comandava a quei tempi per il potere

di Dio Padre. Dal momento che avevano portato questi "bieri" da Ozamb ga e le ossa del Padre Ngoo e della Madre Ngoo senza altre ossa,

si sono moltiplicati. Fu allora che gli antenati, i vampiri, si ritirarono per riflettere e dissero: "Dato che ci siamo moltiplicati, ci dobbiamo ora spartire le ossa del Padre Ngoo e della Madre Ngoo,

affinch ciascuna trib abbia la sua parte di ossa, la sua parte di 'bieri'". Essi si spartirono quindi le ossa del Padre Ngoo e della

Madre Ngoo e dissero: "Ora che partiamo, non dobbiamo pi dare l'iboga agli uomini, per paura che i nativi vengano a sapere il mistero,

affinch non vedano i morti e li sentano parlare. E' meglio che noi

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt siamo i soli a saperlo. Daremo loro da mangiare il 'melan'. Ora che

noi portiamo il 'bieri', ogni trib deve prendere due crani d 'uomini che hanno moltiplicato la famiglia, uomo e donna. Sono questi due che resteranno con le ossa del Padre Ngoo e della Madre Ngoo che abbiamo spartito". E tutti si misero d'accordo per dare il "melan" agli uomini; da allora tutti gli uomini mangiarono il "melan", e presero l'abitudine di mangiarne¯ (10).

Sembrerebbero qui, in un qualche modo, mitizzati eventi riguardanti l'incontro/scontro fra i due culti dell'"alan" e dell'iboga, una fase storica probabilmente caratterizzata anche da una lotta per il predominio fra i due culti.

La storia di Muma, o di Bandjoku (o Bandzioku), un racconto molto diffuso nelle comunit buitiste, e riguarda l'origine dell'uso

dell'iboga per opera di una donna, Bandjoku, che venne poi sacrificata e che, attraverso questo sacrificio, istitu• il culto buiti. Riportiamo la versione raccolta da James Fernandez per bocca di Ona

Pastor, originario della trib degli Okak della Guinea Equatoriale, ma che ha trascorso - rimanendone pertanto influenzato - pi di dieci

anni presso i templi buiti del Gabon. Questo racconto appartiene al ciclo di leggende focalizzate sul binomio uomo Bianco/uomo Nero:

®Dio si chiese perch non aveva mai visto un uomo nero in paradiso. Era perch essi erano rimasti nelle proprie vie peccaminose? Ne ebbe compassione. Ricord ch'egli aveva creato due popoli, uno bianco e uno nero, ma i preti dei neri non arrivavano pi in paradiso. Come poteva aiutare i neri? Un giorno, guard gi e vide un Pigmeo su un albero

"atanga" (11) che stava raccogliendo dei frutti. Lo fece cadere e morire, e prese il suo spirito in paradiso. Tagli via il suo dito

destro della mano e il suo dito destro del piede e li sparse nella foresta. Questi divennero la pianta dell'iboga. Egli disse al Pigmeo:

"Quando la tua gente mangia questa pianta e prega a me, la udir , e quando morirai, avendo mangiato iboga, verrai in paradiso. Dio prese quindi le ossa del Pigmeo e le mise in un ruscello. I fratelli del Pigmeo lo cercarono, ma non riuscirono a trovare il suo corpo, e fecero un funerale senza questo.

Un giorno, la moglie del Pigmeo, Akengue, and a pescare nella profondit della foresta. Lasci i suoi compagni e, ascoltando un gemito che proveniva dall'acqua, vi scav , e trov le ossa di un uomo. Pensando che potessero essere le ossa di suo marito, le lav e le pose

sulla sponda del ruscello, con l'intenzione di portarle a casa. Ma mentre stava pescando, sopraggiunse un gatto selvatico (12) che

raccolse le ossa e se le port via. Rimase perplessa, e si mise in partenza per tornare a casa, ma, improvvisamente, una voce le parl

chiamandola, attraverso la foresta, da una grotta. L•, nel fondo della grotta, v'era il mucchio di ossa su una pelle di gatto selvatico. Una voce simile a quella di suo marito le chiese chi fosse. E quindi le chiese di guardare a sinistra verso l'ingresso della grotta. Li v'era il cespuglio di iboga. La voce le chiese di mangiare la scorza della

radice. Quindi, la voce le mostr il fungo "duma" che stava alla sinistra dell'ingresso. Le chiese di mangiarne. La voce quindi le chiese di girare attorno. Improvvisamente, la mosca "olarazen" (13)

vol nel suo occhio, accecandola. Quando essa ebbe pulito il suo occhio lacrimante e si gir attorno, le ossa se ne erano andate, e suo

marito stava diritto davanti a lei. Egli le disse che era stato con Dio (Zame) ed era tornato con la religione dei neri. Egli la rinomin

Disumba ("Origine"), poich era l'inizio del Buiti. Era la pianta di iboga che metteva in grado i neri di vedere i propri morti. Ma doveva

essere fatto un pagamento ("okandzo"). Cos• la donna torn al

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt villaggio, e arriv quotidianamente con cibo e offerte.

Intanto, il fratello di suo marito defunto (suo marito per levirato) si insospett•, e la segu•. La sorprese nella grotta. Ma essa avrebbe

voluto non dirgli nulla. Quindi, suo marito defunto le parl , dicendole di dare iboga a suo fratello. Quando egli mangi l'iboga,

vide suo fratello morto. Immediatamente il morto chiese il pagamento, l'"okandzo", per i poteri che aveva concesso. "Cosa posso darti, io pover uomo", disse il fratello vivente. "Dammi tua moglie", disse il

fratello defunto, e immediatamente il fratello vivente si gett su di essa e la strangol , cos• che la volenterosa donna trapass per

riunirsi con il suo primo marito¯ (14).

In un'altra versione (Ayol) la donna guidata alla grotta da un porcospino, un cane, e un uomo, ®una configurazione rivelatrice,

perch queste sono le tre stelle nella fascia di Orione, una costellazione altrimenti associata con la benedizione ancestrale dei raccolti, nella lunga e calda stagione piovosa¯ (15). In questo racconto, la pianta dell'iboga viene fatta originare, per

diretta volont divina, dalle dita della mano e del piede destro di un pigmeo deceduto per morte violenta. Ritroviamo qui il tema della nascita di una pianta dalle dita del corpo di un uomo o di una donna,

morti per lo pi in maniera violenta, comune anche ad alcuni miti d'origine di altre piante allucinogene. Nelle diverse versioni della

storia di Muma che abbiamo preso in considerazione, questo tema non

presente, ed piuttosto da considerare come un'aggiunta al vero e proprio racconto, che inizia con la morte di un uomo, causata dalla

sua caduta da un albero, mentre stava raccogliendo dei frutti. Il pi delle volte, si specifica che l'uomo era un pigmeo, e tutta la scena viene ambientata nella foresta abitata dai Pigmei. Come di regola fra queste popolazioni, la moglie dell'uomo morto va in sposa a uno dei fratelli del deceduto. Segue la scena della donna che va a pescare nel fiume, da sola, o accompagnata dai figli, oppure insieme a un gruppo di persone; qui, dopo una comune pesca infruttuosa, la donna rimane in un qualche modo da sola a pescare. Lo stato di una donna sola nella foresta rappresenta, per la matrice socio-culturale che ha dato origine al racconto, una situazione- limite, pertinente alla sfera del timore, del magico, del sacro: si tratta dell'ambiente iniziatico per eccellenza. In una versione raccolta da Swiderski si legge: ®Essi pescarono, pescarono... e non trovarono nulla. Il marito (16), come gli altri che erano con Muma, disse: "Si ritorna al villaggio". Ella disse: "No, non ho pescato nulla! Siccome non ho ottenuto nulla, voglio restare". Le si disse: "Come una povera donna come te vuole restare tutta sola nella

boscaglia? Perch ?". Ella rispose: "No, ho ancora voglia di restare nella boscaglia!". La gente part•. Ella rimase¯ (17). In diverse versioni viene specificata la stagione in cui si verifica

l'episodio: la stagione secca, un periodo caratterizzato dalla scarsit di pesce e di risorse alimentari in genere.

E cos•, la donna arriva a porre l'attenzione su di un foro posto sul fondo dell'acqua, nei pressi della riva, il pi delle volte seguendo

il percorso di un pesce, un siluro bianco (ma in un caso si parla del siluro nero, "ngol") che vi cerca rifugio. La donna, nel tentativo di prendere il pesce, mette una mano dentro al foro e, con sua grande sorpresa, al posto del pesce inizia a estrarvi delle ossa umane, le ossa del suo primo marito, e le deposita sul bordo del rio. A questo punto, entra in scena un altro animale di primaria importanza nella mitologia delle popolazioni del Gabon, "mossingui", un piccolo felino selvatico con la pelle maculata, simile a un grosso gatto selvatico.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt La sua pelle fa parte dei parafernalia dello stregone, ed usata dai

capi buitisti come simbolo del loro rango. Nella versione sopra riportata, il gatto selvatico si presenta dopo la raccolta delle ossa, e le ruba; successivamente, le ossa ricompaiono disposte sopra la pelle di "mossingui", e questo rapporto fra le ossa dell'uomo e la pelle del felino - che rientra fra gli oggetti rituali buitisti- si incontra in altre versioni, aggiungendo ulteriori particolari. In una di queste, al sopraggiungere di "mossingui", prima della scoperta delle ossa, Bandjoku reagisce, catturandolo con la rete, un fatto che giustifica mitologicamente il tipo di pelle maculata del felino. Si ritiene infatti che questo animale avesse avuto, originariamente, la pelle bianca, e fu a causa della sua cattura, con la rete di Bandjoku, che la sua pelle divenne maculata. In altre versioni, Bandjoku addirittura lo uccide, e una di queste specifica che ®il

gatto selvatico si avvicin per afferrare le ossa. La donna, per proteggerle, gett la sua rete sull'animale e lo uccise¯ (18).

In un altro brano, invece lo scheletro del marito a chiedere a Bandjoku di essere ricoperto con una pelle di gatto selvatico (19). Fernandez fa notare che, in una versione simile registrata da Veciana

nel 1954, la donna, chiamata Bandjuku, quando incontr il gatto selvatico, lo uccise e avvolse le ossa del marito nella sua pelle; mentre stava trasportando a casa le ossa, queste le parlarono, e le chiesero di erigere una capanna per ospitarle (20). E' possibile che l'introduzione del braccio di Bandjoku nel foro sotto l'acqua, cos• come l'uscita del gatto selvatico da un altro foro - come viene a volte riportato - siano azioni a valenza sessuale. Del resto, proprio in questo passo del racconto viene riferita, in un paio di versioni, una scena nella quale l'uccisione del siluro catturato dalla donna provoca le sue regole:

®La gente non pesc nulla, quindi ripartirono. Muma rimase. Ella vide il siluro bianco. Dopo di che vide "mossingui" uscire da un foro. Questo animale era tutto nero. La donna lo copr• con una rete e lo

uccise. In seguito, essa cattur il siluro e gli tagli via la testa. Quando il sangue si mise a scorrere dal siluro, nello stesso momento la donna sent• che il sangue scorreva anche dal suo sesso. Ella prese

allora una foglia per asciugare il suo sesso. Laddove gett la foglia, nacque l'albero "mbel", chiamato anche "ezigo". Quindi, raccolse

differenti ossa umane che trov nel buco da dove era uscito il siluro¯ (21).

Il sangue del siluro viene messo in stretta relazione con il sangue mestruale della donna, e il sacrificio del siluro, rinnovandosi

attraverso una donna, d origine a una specie vegetale, l'albero "mbel", caratterizzato da una corteccia bianca e dal legno interno di color rosso. In altri racconti sono le regole di Biome (Eva), la prima

donna, a dare origine a questo albero. La sua corteccia bianca (simbolo dello sperma), ma all'interno di colore rosso (simbolo del sangue), ed con questo legno che vengono fabbricate le arpe sacre

("ngombi). Il tema successivo riguarda la voce dello spirito del marito morto, o

pi genericamente la voce degli spiriti, che si rivolgono a Bandjoku, indicandole la pianta di cui mangiare le radici, per poter comunicare con loro. Il luogo in cui avviene questo primo uso dell'iboga, e

questo primo contatto con gli spiriti dei morti, solitamente una grotta, chiamata Kokonangonda, miticamente abitata dalle genti invisibili. Alcune versioni specificano che l'iboga cresce al suo ingresso, dalla parte sinistra. A volte, come nella versione di Fernandez sopra riportata, entra

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt sorprendentemente in scena un fungo, denominato "duma" o "duna", che si trova alla destra dell'ingresso della grotta. In queste versioni, gli spiriti dei morti indicano alla donna di depositare sul fungo le radici di iboga raccolte, utilizzandolo come piatto, oppure, in un unico ma significativo caso - nella versione di Fernandez - di mangiare l'iboga assieme al fungo (22). La scena del mito che tratta della mosca "olarazen", che vola nell'occhio di Bandjoku, permettendole quindi di vedere gli spiriti

dei morti, in relazione a un atto rituale comune a molte sette buitiste: a un certo momento del rito di iniziazione, dopo l'assunzione dell'iboga, gocce di un liquido ottenuto da alcune specie

di vegetali, chiamato " bama", vengono applicate negli occhi dell'iniziando. L'effetto di questo collirio un'immediata sensazione

di bruciore agli occhi piuttosto dolorosa; quando le sensazioni di bruciore si attenuano, la visione (sotto l'effetto dell'iboga)

dovrebbe risultare pi limpida e pi chiara (23). In una delle versioni raccolte da Swiderski, leggiamo: ®Bokambo (il marito defunto)

obblig Muma a mangiare l'iboga sul fungo "duma". In seguito, dopo aver preparato dell'" bama" dalla bile, gliela mise negli occhi.

Subito essa vide suo marito morto¯ (24). Ritroviamo la medesima

procedura nel rito di iniziazione del culto "bieri" (25), ed anzi probabile che la sua forma originaria fosse bieri, piuttosto che buitista. Durante l'incontro fra Bandjoku e gli spiriti dei morti, questi danno

alla donna un nuovo nome, Disumba, e ci ha un corrispettivo nella credenza buitista per la quale, durante il ®grande viaggio¯ dell'iniziazione, all'iniziando verrebbe dato un nuovo nome ("nkombo")

dagli spiriti, o dalle entit divine che egli ha incontrato nell'al di l . Prima di porre fine all'incontro, gli spiriti esigono da Bandjoku

- e lo esigeranno dal suo nuovo marito e da tutti coloro che, da quel momento in poi, percorreranno la ®via dell'iboga¯ - un'offerta, l'"okandzo", ancora oggi imposta agli iniziandi in tutte le sette buiti. Da quel giorno - prosegue il racconto - la donna si reca quotidianamente nella foresta, per incontrare gli spiriti, e per portare loro cibo e offerte. Segue la scena, simile in tutte le versioni, in cui il marito, insospettito, scopre le azioni della donna, consuma anch'esso l'iboga, e vede gli spiriti dei morti, i quali esigono l'"okandzo". Nella versione di Fernandez, il suggerimento di utilizzare la donna come

"okandzo" viene proposto dagli spiriti, ma in altre versioni lo stesso uomo che, dopo aver offerto vari oggetti, di volta in volta rifiutati dagli spiriti, non ha altro da offrire che la propria donna. Il sacrificio della donna avviene per strangolamento, sgozzamento, decapitazione, o avvelenamento; dopo la sua morte, essa si trasforma nello strumento musicale buitista per eccellenza, l'arpa ("ngombi), il

cui suono viene perci identificato con la sua voce. La versione riportata di seguito stata raccolta presso una comunit

Ombwiri: pi che una setta buitista, l'Ombwiri una ®societ di guarigione¯ , che utilizza l'iboga per le sue propriet curative e

®diagnostiche¯, e che ha elaborato un ciclo rituale e una mitologia simili a quelle del Buiti (26). Nell'Ombwiri, diffuso nello stesso ambito etno-geografico del Buiti, il malato - attraverso l'ingestione dell'iboga - contatta gli "imbwiri", geni dalla forma umana abitanti il mondo invisibile, distinti in acquatici, terrestri e dell'aria. Attraverso la comunicazione con essi avviene la guarigione, o, per lo meno, il malato ottiene importanti indicazioni sulla sua malattia e su come guarirne (ad esempio, quali piante medicinali utilizzare). Nell'Ombwiri, oltre all'iboga, gioca un ruolo importante un preparato vegetale ricavato da un folto gruppo di piante, l'"ekasso", che il malato-iniziando consuma in un momento preciso del rito. Nel mito

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt d'origine dell'Ombwiri, l'"ekasso" presentato insieme all'iboga, come mezzo di comunicazione con l'al di l (27). In questa versione la

protagonista si chiama Elamba:

®C'era una volta una donna chiamata Elamba-Gnidjogo. Essa era sposata con un uomo di nome Melonga. Entrambi non erano felici nel loro

villaggio, poich avevano sempre da ridire con le altre persone. E' per questo che Elamba pens che era meglio andarsene dal villaggio e ritornare in quello della sua famiglia. L , suo marito ricevette, in qualit di genero, un terreno per la sua casa e la sua piantagione, e

in tal modo la vita fu buona per essi. Ebbero due figlie dal loro matrimonio: Ossigui-Gnidjogho e Nkene-Gnidjogho. Dopo qualche anno Melonga mor•. Come esigeva il costume, egli fu interrato in un luogo

ignoto alla sua donna. Elamba rest dunque vedova per molti anni, poich l'usanza non le permetteva di risposarsi. Essa viveva con le sue due figlie, in grande povert . Il marito Melonga si lagnava spesso dall'al di l a Nzame, e lo pregava di aver piet della sua donna e di

permettergli di recarsi da essa per aiutarla o per lo meno per vederla.

Avendo ottenuto questo permesso, Melonga ispir un giorno alla sua donna l'idea di andare a pescare. Essa prese dunque la sua rete e si

rec con le sue figlie al fiume. Per tutta la mattina tutte e tre si diedero da fare ma invano. Non presero nulla. Siccome erano gi molto

stanche, si riposarono un po' all'ombra. Ma malgrado la fame e la sfinitezza, Elamba incoraggi le figlie a non tornare ancora al

villaggio bens• a insistere nella pesca. Avendo lasciate le figlie all'ombra, essa part• alla ricerca di un altro luogo propizio. L essa continu a fare tutto il possibile ma senza risultati. Di nuovo non pesc nulla. Pertanto, guardandosi attorno, gi disperata, vide un piccolo buco al bordo dell'acqua. Pens che forse avrebbe potuto trovarvi dei pesci o almeno dei granchi. Cos• tent di allargare il

buco con il macete. Quando in seguito mise dentro le mani, in luogo dei pesci sperati, prese delle ossa; essa ne fu totalmente meravigliata e spaventata. Ma malgrado la sua paura, le riun• tutte; v'erano le clavicole, le vertebre, le tibie, le ossa lunghe e anche i

polmoni (28) e il ventre. Si domand che significato avesse trovare delle ossa al posto dei pesci. Proprio mentre stava pensando a questo, ud• una voce proveniente dalla boscaglia: "Chi mi parla?", essa

domand . Aveva un bel da guardare ovunque, ma non vide nessuno. Domand dunque nuovamente: "Chi mi parla, e da dove viene questa

voce?" Si rese allora conto che la voce usciva da un termitaio. Poco dopo, ud• ancora quel che diceva (la voce): "Tu non puoi vedermi nel tuo stato attuale. Se vuoi vedermi, guarda proprio accanto al luogo ove ti trovi. Vedrai due piante. Prendile!" Elamba vide in effetti le

due piante, le sradic dal suolo con le loro radici. La prima era l'iboga, l'altra si chiama "ekasso".

Come le aveva detto di fare la voce, prepar con le foglie di "ekasso" e le radici dell'iboga un miscuglio, una polvere che consum . In seguito torn sulla sponda del fiume, sempre secondo gli ordini della

voce misteriosa. Doveva anche tenere la schiena verso la boscaglia e guardare l'acqua.

Non appena scrut l'acqua, vide apparire in essa, non il suo viso, ma lo scheletro di suo marito. Grande fu la sorpresa, soprattutto perch

non aveva la testa. Si ricord allora che in effetti non l'aveva raccolta. Fu lui allora che and a cercarla. Mettendosela a posto,

disse: "Ora va bene - e prosegu• - donna mia, sono io, tuo marito Melonga, che ti ha fatto venire qui. Sono io che ho trovato questa

possibilit di vederci, perch volevo potervi consolare, tu e le bambine. Ti ho chiamata per darti il potere di guarire i malati; cos• avrai le loro offerte per vivere. Tu dovrai guarire tutti i malati, ma

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt mai gratuitamente. Dovrai esigere sempre qualche cosa in cambio, anche un'offerta molto piccola. Sulla tua strada, tornando al villaggio,

incontrerai un piccolo animale, un gatto selvatico. Passer correndo davanti a te. Uccidilo e prendi la sua pelle!".

Il marito quindi scomparve. Elamba torn verso le sue figlie che si erano inquietate molto per il ritardo della madre. "Non ho preso nulla - disse loro - ma sono molto affaticata; torniamo dunque al villaggio".

Mentre tornavano al villaggio, a met del viaggio le figlie furono sorprese da un animale che pass davanti a loro. Sotto ordine della

madre, le bambine lanciarono la rete sul gatto selvatico, e, a partire da quel momento, esso fu macchiato a causa delle tracce della rete,

bianche e nere. La donna si ricord allora delle parole di suo marito: "Quando guarirai un malato, prendi la pelle del gatto selvatico,

mettila a terra affinch il malato vi si sieda sopra. Attraverso questa pelle tutta la forza degli antenati discender su di te e sul malato". Essa allora disse: "Visto che fino ad ora succede tutto ci

che ha detto mio marito, voglio fare l'esperienza anche sulle bambine. Verificher cos• la potenza di queste piante prima di parlarne al

villaggio". Si mise quindi sotto a un albero, una ceiba, dopo aver ben pulito il luogo. Vi depose le ossa di suo marito che aveva trasportato

con s nel paniere. Prepar il miscuglio di piante e lo diede da consumare alle bambine. Poco dopo, ud• le sue figliole piangere: "Oh!

mamma, vediamo nostro pap . E' l , oh! ooh!". Visto che anche con loro era riuscito, Elamba decise di raccontare tutto al villaggio (29). Al villaggio viveva il fratello di Elamba. Si accorse presto che sua sorella si recava regolarmente nella boscaglia con le bambine, e

decise di spiarle. Un giorno dunque, avendole seguite, si avvicin al luogo nascosto ove la sorella si recava e la vide circondata dalle sue figlie. Essa suonava l'arpa e le sue figlie l'"obaka" (30). Quando

Elamba Gnindjogo si accorse della presenza di suo fratello, entr in gran collera: "Quale curiosit ti spinge a volere rubare il mio

segreto! Vieni qui e ascolta bene. Nessuno deve sapere che cosa faccio qui. Tu dunque, poich sei stato cos• curioso, devi ora essere iniziato. Siediti qui e guarda ci che facciamo". Il fratello di Elamba Gnindjogo cominci in seguito a mangiare l'"ekasso" e l'iboga. Dopo averne mangiata una quantit sufficiente, guard nell'acqua, e con sua grande sorpresa vi vide uno spettro: il

suo buon fratello. "Vattene! - gli disse lo spettro - Tutto il potere riposa fra le mani di tua sorella".

Elamba prese allora la parola e disse: "Fratello mio, poich tu hai visto il mio segreto, devi farmi un regalo ('okandzo'), perch mio

marito mi ha detto di non far nulla senza esigere un regalo in cambio. Bisogna quindi che tu mi dia: due piatti bianchi, due galline, una ciotola bianca, due piume di pappagallo, due pelli di civetta, due aghi, una stuoia e una torcia'' (31).

Suo fratello fu allora molto triste perch non vedeva come poter soddisfare una simile esigenza. Quindi rispose: "Sorella mia, noi siamo nella foresta: come vuoi ch'io trovi queste cose per dartele? Ma

se bisogna assolutamente ch'io ti dia qualcosa, allora offrir te come pagamento per il segreto". Fu cos• che Elamba Gnidjogo venne avvelenata. Prima di morire, essa

disse a suo fratello: "Fratello mio, tu mi hai fatto del male. Poich mi hai ucciso, dovrai restare e prendere il mio posto. Ma siccome mi hai fatto del male, ti maledico e resterai maledetto per sempre. Sarai

sempre accusato di mangiare gli uomini". Cos• cominci il Buiti, societ segreta degli uomini. L'Ombwiri fu continuato dalle figlie di

Elamba¯ (32).

In tutti i miti sull'origine del Buiti Bandjoku l'eroina principale,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt la donna che ha fatto scoprire una nuova realt , e rester sempre la

figura principale del mito. Ma, come si riscontra in vari miti d'origine relativi ad altri vegetali psicoattivi, questa prerogativa viene poi tolta alla donna dall'uomo, a volte in maniera violenta, come nel caso del sacrificio di Bandjoku.

SAN PEDRO.

Il San Pedro un cactus colonnare - "Trichocereus pachanoi" Br. & R.(1) - che cresce in Per e in Ecuador, in particolare nelle regioni andine. Pu raggiungere l'altezza di alcuni metri, e viene

frequentemente coltivato attorno alle case, come magica protezione contro gli influssi malevoli. E' dotato di propriet allucinogene (2)

da tempo riconosciute dalle popolazioni andine, che lo utilizzano nelle pratiche sciamaniche e magico-terapeutiche. I dati archeologici datano il rapporto dell'uomo con il San Pedro ai periodi preincaici. E' difficile determinare di quanto questo rapporto affondi nel lungo periodo preincaico. Va tuttavia notato che questo

cactus, in natura pressoch privo di spine, pu essere consumato cos• com' , per percepirne gli effetti psicoattivi: tale dato, come gi

rilevato in precedenza per altri vegetali, favorisce l'ipotesi che la scoperta delle sue propriet risalga a periodi piuttosto antichi della

storia dell'uomo sudamericano. La pi antica raffigurazione del San Pedro stata riconosciuta su una

stele risalente al primo periodo della Cultura di Chav¡n, e datata attorno al 1300 a.C. Nell'incisione riprodotta sulla stele, un essere mitologico antropomorfo regge nella mano destra un cactus colonnare dotato di quattro nervature ("vientos"): un tipo di San Pedro raro e

considerato fra i pi sacri (3). Questo grafema si presenter

pressoch invariato nei reperti archeologici delle differenti culture che si sono succedute nel Per andino e costiero, di frequente in

relazione con felini e uccelli, animali tipicamente associati ai poteri sciamanici (4). Va ricordata anche la documentazione archeologica costituita da incisioni rupestri e da monoliti, recentemente scoperti da Mario Polia nei dintorni di Samanga, nella provincia peruviana di Ayabaca, a un'altitudine di 2300 metri. Fra i diversi motivi geometrici sono state individuate immagini del San

Pedro (5). Quest'ultimo rinvenimento, per il quale non ancora possibile offrire una datazione, ancora pi significativo se si osserva che si verificato nel cuore dell'area geografica interessata

dall'uso attuale del cactus per scopi magico-terapeutici: un fatto che avvalora l'ipotesi di una continuit dell'uso del San Pedro durante

alcuni millenni. A quanto pare, non ci sono pervenuti miti sul San Pedro elaborati in epoca preispanica, sebbene ne siano certamente esistiti. I primi cronisti spagnoli hanno riportato scarse notizie circa il suo uso. Il

seguente passo, datato nel 1617, tratto dall'archivio dei Gesuiti, ed caratterizzato - come la maggior parte delle cronache redatte da

missionari cristiani - da un'interpretazione dei fatti in termini di pagana idolatria: ®... Essi adoravano l'"achuma" [il San Pedro] come un dio, persuasi che Santiago [cos• chiamavano il fulmine] vi fosse nascosto. Essi danzavano davanti [all'"achuma"], e le offrivano del denaro e degli altri doni, poi facevano la comunione bevendo questa stessa "achuma" che faceva loro perdere i sensi. Cos• avevano delle estasi e delle visioni, il demonio appariva loro sotto la forma del

fulmine (...)¯ (6). L'associazione fra il San Pedro e il fulmine significativa, in quanto raro tassello pervenutoci di quella che doveva essere la sfera simbolica che ruotava attorno al sacro cactus. La credenza che all'interno del San Pedro fosse nascosto un fulmine

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt rispecchiava forse un perduto mito che faceva originare questa pianta proprio dal fulmine. Il cactus, conosciuto anche con i nomi di "huachuma", "huachumo",

"aguacolla", viene attualmente utilizzato nelle zone montuose del Per settentrionale e dell'Ecuador dal "curandero", erede di antiche tradizioni sciamaniche e divinatorie, influenzate da secoli di convivenza con la religione cristiana. Questa figura di guaritore, conoscitore del potere delle piante, utilizza il San Pedro nel corso di cerimonie notturne ("mesadas"), durante le quali egli contatta le

entit sovrannaturali responsabili delle malattie, gli spiriti ("encantos") del luogo e delle diverse piante, oltre a percepire i

"remedios", cio le piante dotate di potere terapeutico, indicate dallo spirito del San Pedro. Ma il "curandero", sempre mediante

l'aiuto del San Pedro, pu anche individuare i responsabili di furti, di assassinii o di tradimenti, i luoghi dove sono nascosti dei tesori, o anche vedere persone lontane: tutte pratiche pertinenti ai campi d'azione della divinazione e della magia. Il cactus viene cotto in un intruglio, chiamato "cimora", nel quale sono di frequente aggiunte altre piante, dagli effetti ®rafforzanti¯. Mario Polia ha recentemente raccolto alcuni miti presso i "curanderos" peruviani. Si tratta di racconti alquanto frammentari, tratti da episodi del Nuovo Testamento o dalla vita (immaginaria) di santi cristiani, ai quali i peruviani attribuiscono la conoscenza della arti magiche e divinatorie, in particolare San Cipriano. Lo stesso nome di ®San Pedro¯ viene giustificato dal fatto che questo cactus, come San

Pietro, "llavero del cielo", ®ha le chiavi del cielo¯ .

Il seguente racconto stato narrato dal curandero Alfonso Garc¡a della provincia di Huancabamba (dipartimento di Piura):

®Il San Pedro, quest'erba, noi lo (sic) chiamiamo in distinte forme; "huachumo", come San Pietro perch il San Pedro fu benedetto. .. Per dire, al tempo che nostro Signore Ges Cristo (...) andava con i suoi

apostoli San Pietro, fu lui, per dire, il guardiano, il protettore delle porte del cielo. Allora Ges fece uno scherzo a San Pietro: gli rub le chiavi, le trasfer• in un altro luogo... gi , gli rub le chiavi (...) Allora San Pietro and in cerca delle sue chiavi e non le trov (...) non sapeva dove erano. Cosa successe?... allora gli disse poi Ges .. . "Perch non mangi il tuo omonimo, il tuo bastone? (...) Perch non lo mangi? Mangia il tuo omonimo". Allora lui l'afferr :

"Allora sei il mio omonimo, tu (ora) ti chiami San Pedro, ti chiamo San Pedro". Cucin il San Pedro e lo mangi . Prepar la sua "mesa" e giunse a vedere dove Ges gli aveva nascosto le chiavi e (...) le trov . Questa era una prova, una rivelazione. Allora Ges venne (...),

lo benedisse con la mano destra, cos• disse: "Con questo San Pedro si curer , si otterranno molte cose". E con la mano sinistra lo benedisse e disse: "Alcuni diranno la verit e altri mentiranno". Gi , cos• , quella effettiva la destra, per questo (...) ci sono dei veritieri e

dei menzogneri¯ (8).

Il San Pedro risulterebbe dunque l'originario frutto della trasformazione del bastone su cui si appoggia San Pietro, un oggetto, anch'esso dl origine vegetale, caratteristico dell'iconografia del

Santo. E' interessante notare come l'oggetto che Ges fa perdere, per apparente scherzo, a San Pietro, sia rappresentato proprio da quelle chiavi che, secondo l'associazione simbolica con il cactus, servono per trovare gli oggetti perduti. Anche nel seguente racconto, narrato dal "curandero" M ximo Merino di Socchabamba (Ayabaca), l'origine del San Pedro avviene in un contesto di pratica divinatoria:

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ®E' la pianta del tempo di Dio. Prima, (...) quando Dio (9) andava (...) stava lontano dal suo paese in un altro paese, e quando la vergine andava allora in cerca del figlio e non lo trovava, non sapeva neppure dove stava. Allora prese i tre bottoni, o sette bottoni di

quello che chiamiamo San Pedro e li mangi . Quindi, dopo poco si appoggi con le spalle a un albero, come dire a un alloro, l'alloro

benedetto. Allora in quell'ombra le venne sonno, e nel sogno riusc• a vedere dove si trovava suo figlio (...) (da) allora benedetto da Dio e Dio benedisse quell'erba che lasci (a)i "curanderos" a questo

mondo¯ (10).

Secondo un altro "curandero", San Cipriano, l'arcimago, fu il primo a scoprire il potere del cactus, e lo utilizz per vedere le cause delle malattie. La stessa fonte riferisce di un aneddoto nel quale Ges

ridusse di met il numero delle nervature ("vientos") del cactus, perch il potere della pianta era tale, a quei tempi, che gli uomini d'oggi non sarebbero pi in grado di resistervi (11).

Recentemente, l'antropologa Bonnie Glass-Coffin, che ha studiato l'utilizzo del San Pedro da parte delle donne "curanderas" della medesima area geografica, ha registrato un racconto riferitole da una donna di 32 anni, che vive nei dintorni di Huancabamba, e che chiama il San Pedro anche con il nome di ®Bastone di Cristo¯:

®E' scritto nella Sacra Scrittura che Nostro Signore Ges Cristo volle scoprire quale dei suoi discepoli lo amava maggiormente. San Cipriano

lo amava assai. Si dice che alle 8 della sera San Cipriano tagli

questa pianta [il San Pedro] e la cucin . La pianta gli diede la possibilit di vedere e gli disse: "Vai, Lo troverai nel Giardino dell'Eden. Vai molto presto, alle 8 della mattina". Egli and alle 8 della mattina e lo trov , e Ges gli disse: "Come possibile che tu

sia qui, non sapevo che avresti potuto trovarmi". Egli rispose: "Ho preso una pianta e l'ho cucinata e questo mi ha fatto sognare, mi ha fatto vedere". Ed Egli disse: "Mostramela". "S•", rispose San

Cipriano, cammin e gliela mostr . "Ah! - disse Ges - Questa pianta

virt . Questa pianta possiede tre nomi. Il suo proprio nome San Pedro. I tre nomi sono: San Pedro, Huachuma e Virt "¯ (12).

Questi racconti delle origini sono poveri di motivi tradizionali, e pi che antichi miti d'origine sminuiti nel significato

dall'"interpretatio" cristiana, parrebbero quasi interamente frutto dell'attuale immaginario folclorico sincretico con il cristianesimo di queste popolazioni. Lo dimostrerebbe, ad esempio, l'assenza nei racconti di felini o di uccelli, che dovevano un tempo trovarsi al livello mitologico in stretta associazione con il cactus.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt

JUREMA.

Il "vinho de jurema" (vino del "jurema" o "yurema") una bevanda inebriante ricavata dalle radici di alcuni alberi del genere "Mimosa"

(1). Veniva in passato utilizzata da diverse trib del Brasile nord- orientale, fra le quali i Pancarar£, i Carir¡, i Tusha, i Guegue, i Pimenteira. Presso la maggior parte di queste, il suo utilizzo appare

ora abbandonato (2), ma la bevanda attualmente entrata a far parte di alcuni rituali afro-brasiliani sincretici, diffusi nella medesima regione. Ci sono pervenute scarse notizie relative ai riti dell'antico culto del Jurema, e nessun dato riguardo alla sua interpretazione mitologica. Presso i Pancarar£, la bevanda del jurema veniva assaggiata in primo luogo dal capo. Solo gli sciamani, i guerrieri e le cantanti (vecchie donne) potevano partecipare alla cerimonia: essi si inginocchiavano con le teste reclinate, e ricevevano quindi le loro porzioni, che inducevano ricchi sogni. La cerimonia si svolgeva soprattutto prima di partire per la guerra (3). Attualmente, i Cariri-Shoko, un gruppo indigeno colonizzato stanziato nel territorio brasiliano di Alagoas, e che ha adottato il moderno culto del jurema, ha elaborato un interessante racconto, nel quale la

divinit femminile Jurema responsabile dell'origine mitica della trib . Il rituale del jurema integrato nella cerimonia indigena

dell'Ouricuri, e nella festa de Caboclo della tradizione afro- brasiliana entrambe finalizzate alla cura dei malati e dei ®posseduti¯. L'Ouricuri prende il nome da una parte della foresta, protetta e interdetta ad occhi profani. Per preparare la bevanda vengono utilizzate solo le radici degli alberi del jurema che crescono all'interno di questa parte della foresta; gli altri alberi, esterni

all'Ouricuri, non possono essere utilizzati. Inoltre, la bevanda pu essere preparata solo da persone che possiedono la conoscenza,

mantenuta segreta, delle ®sacre parole¯ , cio delle parole che risvegliano il potere latente della pianta (4).

Jurema considerata una divinit creatrice che appar• , nei tempi mitici, insegnando, a una delle donne delle origini, come preparare

una bevanda speciale, che avrebbe permesso alla trib di avere belle visioni e una nuova conoscenza del mondo. Mediante il jurema, i partecipanti ai riti si mettono in comunicazione con i loro antenati, ascoltano gli ordini di Jurema a cui devono obbedire, e hanno premonizioni attraverso i sogni.

Clarice Novaes da Mota ha recentemente raccolto presso questa trib la seguente versione del mito, fornita dallo sciamano Francisco Suira:

®Un padre, suo figlio e una nuora, che erano bianchi, pi sei persone di sangue indiano, si erano diretti verso il bosco a causa della

siccit . Essi rimasero nella foresta per molto tempo, nutrendosi di selvaggina e piante selvatiche, sino a che il Tupa, o Jurema, fece la medicina indigena che essi bevvero, e si ubriacarono tutti. Allora, una donna indiana fece la medicina e la diede a suo cugino, a suo suocero, a una cugina, e al suocero della cugina. Queste quattro persone bevvero la medicina e si ubriacarono. Quindi ebbero rapporti sessuali. La donna che aveva preparato la medicina ebbe rapporti sessuali con suo cugino, non con suo suocero [commettendo, quindi,

incesto], e da ci nacque un bambino. Questo fu l'inizio delle trib indigene. Quella donna form le trib

con suo cugino, poich essa non seppe come preparare il jurema

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt appropriatamente, e per questo si ubriac . Il jurema che noi

prepariamo non ci rende ubriachi, ma possiamo parlare con gli antenati. Cos• ella e suo cugino generarono la loro famiglia in quella

foresta. La loro famiglia inizi a diffondersi nei dintorni e a ricevere i nomi delle trib . Ciascuna trib and in altri luoghi, da

un angolo all'altro del mondo. La famiglia originale rimase nella foresta e oggi ancora il nostro villaggio. Cos• inizi il mondo¯

(5).

Cos• , la trib dei Cariri-Shoko origin da un rapporto incestuoso provocato dalla bevuta di una pozione di jurema non preparata

correttamente, cio senza l'adatta introduzione purificatrice e spirituale. Nel mito viene riferito che, in un secondo momento, Jurema

insegn agli sciamani della trib come si preparava la bevanda. Da allora, alle donne proibita la preparazione del jurema, cos• come

proibita la loro partecipazione all'intero rituale del jurema dell'Ouricuri. Dal racconto emerge una riduzione del ruolo della donna, sebbene vada ricordato che Jurema, come portatrice della sacra bevanda fra gli

uomini, una divinit benevola femminile; inoltre, dopo l'insuccesso della donna nella corretta preparazione della bevanda - un insuccesso

che tuttavia crea le razze umane e, in particolare, d origine alla trib da cui proviene il racconto - Jurema insegna la preparazione

della bevanda agli uomini: ma non a uomini qualunque, bens• agli sciamani, i quali conservano e si tramandano da quei tempi mitici il segreto della sua preparazione. Nel racconto, l'origine della bevanda

contemporanea all'origine dell'uomo, e di questo ne l'artefice. Le persone di pelle bianca sono presenti nel mito come semplici spettatori, anzi, la loro presenza, insignificante e quasi inutile ai

fini del racconto, sottolinea proprio l'impossibilit per i bianchi di poter partecipare attivamente al culto del jurema. Gli indios adepti a

questo culto denominano i bianchi con l'appellativo "cabe a seca", ®testa secca¯, a riprova della scarsa considerazione che nutrono nei confronti dei bianchi riguardo al loro potenziale spirituale.

KAVA.

Il "kava" (o "kava-kava", "yangona", "gamoda") un arbusto della famiglia delle Piperaceae - "Piper methysticum" Forst - diffuso nelle isole della Melanesia e della Polinesia. Dalle sue radici gli indigeni ricavano una bevanda inebriante, che viene consumata ancora oggi da buona parte della popolazione. E' considerata la ®droga del Pacifico¯,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt metaforicamente intesa come ®droga pacifica¯, portatrice di armoniosa socievolezza e di pace. Gli effetti del kava sono di tipo narcotico e sedativo-ipnotico, e non

di tipo pi propriamente allucinogeno. Agisce come forte agente conciliante e di invito al dialogo, un antidoto al'ira e all'ostilit . La bevuta collettiva del kava un atto vissuto ancora oggi in maniera rituale, in ogni occasione di incontro e di discussione fra pi

persone, nei pi svariati ambiti sociali: da quelli popolari sino a quelli diplomatici e politici. Non per lo pi praticato un uso

individuale, non collettivizzato, e nelle isole Fiji l'espressione ®bere il kava da soli¯ indice di stregoneria (1).

Se oggigiorno l'uso di questa bevanda inserito, pur ritualmente, in ambiti profani, tradizionalmente essa veniva impiegata - e in buona

parte degli arcipelaghi della Melanesia ci accade tuttora - come mezzo di ispirazione religiosa e di comunicazione con gli antenati, o con gli dei. In questo suo aspetto funzionale-culturale, il kava si avvicina maggiormente ai vegetali allucinogeni. A differenza delle sedute in cui il kava viene attualmente utilizzato allo scopo di

stimolare il dialogo, presso tali trib i bevitori del kava ®ascoltano¯ quietamente, e in silenzio, gli effetti della pozione e le

voci degli antenati, e la bevuta del kava frequentemente interpretata come una forma di sacrificio alle divinit . Riguardo all'arcaicit dell'uso del kava, stato rilevato che il "P. methysticum" una pianta attualmente esistente solo allo stato

coltivato. Da questo dato gli etnobotanici sono soliti dedurre un'origine molto antica della coltivazione delle pi diffuse piante

utilizzate dall'uomo che, a causa della prolungata e intensiva coltivazione, non sono pi in grado di vivere allo stato selvatico e

divengono sterili; in pratica, si tratta di specie create dall'uomo e da esso ora dipendenti. In base a considerazioni archeoagronomiche, V. Lebott e coll. (2) hanno ipotizzato, per la coltivazione - e quindi

per l'uso - della pianta del kava, un'antichit di circa 2500-3000 anni. Varie popolazioni che facevano uso del kava furono colpite da azioni

ostili e repressive da parte delle prime missioni Presbiteriane, e pi recentemente Pentacostali e Avventiste, parallelamente a una massiva introduzione dell'alcool e del suo abuso. Attualmente, l'uso del kava

non pi condannato, e le tradizioni relative alla sua preparazione e consumazione tendono sempre pi a essere organizzate secondo una

moderna istituzione nazionale. I Cattolici Romani di Pohnpei hanno recentemente incorportato il kava nei riti di penitenza cristiani: il prete lo consuma durante la cerimonia (3).

Il kava presente in numerosi racconti mitologici delle diverse popolazioni che lo utilizzano, stanziate nelle estese regioni insulari della Melanesia e della Polinesia. Si tratta di una delle piante

psicoattive pi ricche di miti d'origine e di varianti degli stessi. La maggior parte di essi ci pervenuta nella forma originale, priva

di influenze dei valori cristiani o occidentali. Nella mitologia, il kava considerato a volte di natura femminile, a volte maschile, di

frequente bisessuata. In alcuni miti, il kava viene fatto originare direttamente da una divinit . In un racconto registrato a Tikopia, ad esempio, si afferma che ®il kava origin dalla Divinit Femminile, Pufafine; esso crebbe dal suo corpo¯ (4). In altri casi, la pianta

un dono per gli uomini elargito dalla divinit , dagli spiriti benevoli o da eroi semi-divini. In un mito raccolto nelle Isole Futuna, viene

riferito che un uomo entr in transe, e fu trasportato a bordo di una nave fantasma: ®gli spiriti gli diedero una radice di kava, ch'egli teneva ancora in mano quando usc• dallo stato di transe¯ (5). Nelle Isole Marchesi, esiste la credenza che dall'unione del dio

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt dell'agricoltura Atea con una donna, fosse nato Te Kava, la pianta

"awa" (kava) (6); o, ancora, che il kava originasse dalle estremit del corpo di Kaokao, frutto di un rapporto incestuoso tra Atea e la figlia di suo fratello, morto per non aver voluto nutrirsi (7).

In un altro racconto delle Isole Samoa, il "kava" non un dono offerto volontariamente dalla divinit , bens• un mortale di nome

Pava a impossessarsi dei pezzi della pianta scartati da Tagaloa, il dio dell'Ottavo Cielo, mentre questi era in visita sulla terra (8). E'

qui sottintesa una considerazione del kava come pianta di propriet e d'uso esclusivo degli dei, vero e proprio ®cibo degli dei¯. Un riferimento al ®kava degli dei¯ lo ritroviamo nel nome di "kava atua" con il quale viene denominata nell'isola di Tonga una differente pianta ("Piper latifolium" Forst [9]), considerata una specie selvatica di kava. Essa veniva utilizzata in diversi arcipelaghi polinesiani per preparare la bevanda in tempi anteriori alla conoscenza e all'uso del kava vero e proprio ("P. methysticum"). Differenti miti d'origine del vero kava risultano, quindi, anche miti relativi alla sostituzione di una pianta psicoattiva con un'altra

considerata pi ®forte¯ , e rientrano nel ciclo di miti connessi al rapporto fra natura e cultura, nella fattispecie al passaggio, nel loro rapporto con l'uomo, da piante selvatiche a piante coltivate. Una serie di miti provenienti dalla medesima area geografica (Kiwai, sud- ovest di Papua Nuova Guinea), associa il kava al canguro:

®Tempo fa viveva a Masingle una donna di nome Ua-Ogrere, la quale era la prima persona nel mondo. Un giorno, essa colp• (con arco e freccia) un canguro, e lo mise sul fuoco per sbruciacchiarne via il pelo; ma il canguro non era ancora morto, e si dibatteva emanando un grido: "Enga-

enga!". La donna si impaur• e, pensando ch'egli fosse un uomo, gett l'animale da parte. I vermi che si formarono nel canguro morto si

trasformarono in persone, e quello fu l'inizio della trib Masingle. La pianta del "gamoda" (kava) crebbe dall'ombelico del canguro morto,

e Ua-Ogrere mostr alla gente come utilizzarla. (...) Agli uomini, che bevono "gamoda", venne proibito di mangiare il canguro, ma le donne lo

possono mangiare, poich esse non prendono "gamoda"¯ (10).

In questo mito l'origine del kava contemporanea a quella dell'umanit , e la prima donna di questo mondo fu responsabile,

apparentemente involontaria, della sua nascita attraverso l'uccisione (il sacrificio) di un canguro dai caratteri sovrannaturali. E' interessante notare come gli uomini e la pianta del kava provengano dalla medesima sostanza - la carcassa in putrefazione del canguro: da

ci si potrebbe dedurre una certa ®consanguineit ¯ fra i due tipi di esseri viventi. L'ombelico dal quale sorge la pianta sacra potrebbe

avere valenze sessuali. Abbiamo gi incontrato un motivo simile in un mito dei Desana dell'Amazzonia che tratta dell'origine della polvere da fiuto, "vih¢", in cui questa, creata dal Sole, veniva custodita nel suo ombelico. Secondo un altro racconto della popolazione Masingle, la prima pianta

di kava germogli dallo sterco di un canguro, e venne ritrovata da un uomo: ®Durante la notte, la pianta venne dall'uomo in sogno e gli

insegn come coltivarla e come utilizzarla¯ (11). Il tema della

rivelazione della conoscenza del kava attraverso il sogno presente anche in un terzo racconto Masingle, in cui dal seme del canguro,

caduto a terra, che originano un ragazzo e il kava. Una notte, mentre il ragazzo sta sognando, il canguro gli appare e gli insegna l'uso

della pianta. Si noti che in questo caso il canguro - e non la pianta - a trasmettere, in sogno, le virt del kava (12).

Un mito d'origine del kava, conosciuto attraverso differenti versioni,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt e di solito funzionalmente associato all'origine della canna da

zucchero, caratterizzato dal tema dell'origine di un vegetale da un cadavere umano. Ne riportiamo una versione Tonga, raccolta da E. Bott

nel 1972 (Lo'au un eroe culturale tonga):

®Un giorno il Re di Tonga and a pescare con un amico. Non presero nulla, e poich erano stanchi e affamati, attraccarono alla piccola

isola di 'Eueiki per procurarsi qualcosa da mangiare. A quel tempo v'era una sola coppia che viveva sull'isola e aveva un bambino, una figlia, il cui nome era Kava'onau (13). Essa aveva la lebbra. Era tempo di carestia e l'unico cibo che era rimasto alla coppia era una grande pianta di "kape" (14) che si ergeva vicino alla spiaggia.

Quando il Re sbarc , si sedette per riposare appoggiandosi contro il fusto di questa pianta.

Quando la coppia realizz chi fosse il loro ospite, si mise subito a costruire un forno di terra, ma quando venne per prendere l'unica

pianta da cibo rimasta, non pot usarla perch il Re vi era sdraiato sopra. L'amico del Re vide la coppia colpire qualcosa nella casa e portarla fuori per essere cotta nel forno di terra. Egli aveva visto

che avevano ucciso la loro figlia, perch non avevano altro da offrire al loro Re. L'amico del Re rifer• al Re ci che aveva fatto la coppia. Il Re fu profondamente commosso per il loro sacrificio. Si alz

immediatamente e ritorn nell'isola principale, dicendo alla coppia di dare adeguata sepoltura al "cibo". Due piante nacquero dalla tomba, una dalla testa e una dai piedi. Un giorno, la coppia vide un topo mordere la prima pianta, barcollare un po', e poi, mordere la seconda pianta, dopo di che recuperare il suo equilibrio. Un giorno, Lo'au giunse nell'isola, e la coppia gli disse

tutto ci che era accaduto. Quando Lo'au ud• la storia della coppia rimase in silenzio per qualche tempo, profondamente commosso, e poi

parl in versi dicendo loro cosa avrebbero dovuto fare. Essi dovevano portare le due piante al Re, e dargli le istruzioni di Lo'au su come le piante avrebbero dovuto essere utilizzate. Quella che era originata dalla testa, doveva essere utilizzata per preparare una bevanda, e questa era il kava, e l'altra doveva essere mangiata con la bevanda, e

questa era la canna da zucchero. La coppia esegu• ci che Lo'au aveva detto loro.

Inizialmente, il Re pens che la loro pianta fosse velenosa. Egli la fece assaggiare a uno dei suoi "matapule" (15). Ma trovando che andava tutto bene, egli diresse la gente nell'eseguire le istruzioni di Lo'au. E cos• il kava venne preparato per la prima volta, e le regole e le procedure per farlo furono cos• stabilite¯ (16).

Nel racconto, sono riuniti tre temi che possono presentarsi in altri miti, o anche come racconti isolati: il sacrificio della ragazza e la nascita delle due piante dalla sua tomba, il comportamento del topo

utilizzato come indizio delle propriet della pianta, e la iniziale diffidenza del primo uomo che assaggia il kava, sospettandolo velenoso. In alcune versioni, il kava e la canna da zucchero sono posti maggiormente in opposizione fra loro, essendo la seconda pianta considerata come un vero e proprio antidoto allo stato di stupore prodotto dalla prima. Tradizionalmente, la canna da zucchero viene ingerita subito dopo aver bevuto il kava, allo scopo di eliminare dalla bocca il suo sapore amaro. Nella versione Tonga, il kava nasce dalla testa della defunta, mentre la canna da zucchero germoglia dai suoi piedi. In un'altra variante (17), sono la testa e gli intestini - seppelliti separatamente dal corpo - a dare origine alle due rispettive piante, e in un'altra ancora (18), entrambe originano dalla testa della persona morta. Il tema, comune a tutte le versioni, della malattia della lebbra

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt attribuita alla figlia sacrificata, viene utilizzato per spiegare uno

degli effetti collaterali pi evidenti nei bevitori cronici di kava: estese zone della pelle diventano squamose, e ricordano, nell'aspetto, un tipo di lebbra. Cos•, nella variante Tonga raccolta da Gifford, il racconto si conclude con le seguenti osservazioni:

®I germogli del kava crescono e si lacerano e diventano viscosi come la pelle di un lebbroso, poich la donna Kavaonau era una lebbrosa ...

E quelli che bevono troppo kava diventano squamosi come un lebbroso, perch il kava nacque dal corpo di una donna che aveva la lebbra¯

(19).

Il tema del topo che barcolla - o, seguendo altre varianti, che rimane paralizzato - dopo aver morso o masticato la pianta del kava, e che poi si ristabilisce mordendo o masticando la canna da zucchero, rientra in quel tipo di miti d'origine dei vegetali psicoattivi in cui

viene, appunto, ®mitizzato¯ l'evento della scoperta delle propriet di queste piante attraverso l'osservazione di particolari comportamenti manifestati dagli animali che le hanno consumate. In un racconto (20) dell'Isola di Pentecoste (Vanuatu), un ragazzo, disperato per la morte (violenta) di sua sorella, vede un topo rosicchiare le radici della

pianta del kava che era nata sulla sua tomba, e quindi morire. Poich

sua intenzione farla finita con la vita, ingerisce una grande

quantit di queste radici, ma, anzich morire, dimentica tutti i suoi dolori. E' probabile che la morte del topo sia intesa come apparente,

come uno stato di coma o di forte stupore, cos• come probabile che in questo racconto manchi qualche elemento del mito originale, perdutosi o modificatosi durante la secolare trasmissione orale. Nell'Isola di Pentecoste, nelle Nuove Ebridi, si racconta di un uomo

che vide pi volte un topo che rosicchiava la radice del kava, morire e, dopo qualche tempo, tornare in vita. Cos• l'uomo decise di provare su se stesso gli effetti di questa radice, e in tal modo nacque l'uso del kava (21). In un racconto (22) proveniente da Samoa (Upolu), in cui si incontrano nuovamente associati il kava e la canna da zucchero, il topo mangia per prima la canna da zucchero, e successivamente il kava, rimanendone inebriato. Abbiamo in questo caso un'inversione temporale degli eventi, che contraddice la funzione della canna da zucchero quale antidoto agli effetti del kava. In un mito raccolto (23) in Rotuma (Isole Fiji), un guerriero di nome Kaikaponi, che conosce il kava, si accorge della sua presenza nell'isola, grazie all'odore dello sterco di un topo che, evidentemente, ne aveva mangiato. In effetti, sembra che i topi occasionalmente rosicchino le radici del kava, nelle

piantagioni, e ci potrebbe spiegare il mito; ma va anche tenuto in considerazione l'importante ruolo totemico rivestito dal topo nell'area del Pacifico. Ritroviamo l'associazione topo/kava in un mito d'origine del fuoco dei Masingara della Nuova Guinea: diverse specie di animali vengono inviate dagli uomini a cercare il fuoco, e a ciascuna di esse viene dato da bere del "gamoda" (kava), prima della spedizione; ma ogni volta, l'animale se ne va nella boscaglia, e smette di cercare il fuoco. Alla fine, una specie di iguana, pur avendo bevuto anch'essa il "gamoda", si tuffa in acqua, e trova il fuoco in un'altra isola. Il

primo degli animali inviati a cercare il fuoco il topo (24). Un mito raccolto in un paio di varianti a Tanna (Vanuatu), mette in relazione il kava con l'organo sessuale femminile. In una delle due varianti si

riporta che la prima pianta del kava (del ®vero kava¯ ) germogli dal suolo fra le gambe di una donna che stava pelando dei tuberi di "yam",

e, nella sua veloce crescita, la pianta raggiunse ed entr nella sua

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt vagina. La donna percep• delle sensazioni piacevoli, e si accorse

della pianta; la estrasse dalla vagina e la port al villaggio, dove presto si diffuse. Riportiamo per esteso la seconda variante di questo mito, caratterizzata da associazioni simboliche probabilmente molto antiche:

®Un tempo la gente beveva solo un tipo di kava, quello selvatico. Un giorno, una donna di Futuna stava sbucciando tuberi di "yam" da sola,

in riva al mare. Poich si era accovacciata nell'acqua, uno spirito approfitt della sua posizione per infilare una pietra magica nella

sua vagina. Quando essa si accorse della sua presenza, la estrasse e la osserv . Fu incuriosita nel trovare che era sottile e coperta di nodi e di germogli, e decise di portarla con s al villaggio. Il capo (del villaggio) pretese la pietra e la port quel pomeriggio al luogo

destinato alle bevute del kava, ove erano riuniti tutti gli uomini del villaggio. Essi erano raccolti attorno al capo osservando la pietra,

quando lo spirito appar• . Egli mostr loro una pianta di kava della dimensione di una albero di "banyan (25),' e disse loro che questa era il vero kava. Disse anche che la pietra era sacra e doveva essere maneggiata con rispetto. Essi misero immediatamente la pietra in una scodella a forma di canoa intagliata nel legno sacro, e la spruzzarono con acqua. Il giorno dopo, la canoa traboccava di migliaia di pietre identiche (fra loro). La gente venne dai villaggi di tutta l'isola per portarsi a casa le pietre e, per via dei poteri magici delle pietre,

gli uomini sono in grado oggi di coltivare il kava. Alla donna non

permesso bere kava e nemmeno di guardare la sua preparazione, perch una volta esso venne a contatto con la parte non pulita del suo corpo¯ (26).

Il simbolismo che qui associa la pianta psicoattiva e la vagina con la pietra, trova riscontro nel potere fecondante attribuito a

quest'ultima, nelle culture arcaiche del Pacifico e, pi in generale, del mondo. Riguardo all'interdizione alle donne di bere kava, va ricordato che tradizionalmente, solo quelle che avevano superato la

soglia d'et della menopausa, e quelle di alto rango sociale, potevano impunemente consumare la bevanda. Nel mito raccolto a Tikopia, in cui si fa originare la pianta dal

corpo della Divinit Femminile Pufafine, si incontra un pi preciso riferimento all'associazione del kava con la sfera sessuale: ®L'uomo

che per primo si impossess del kava era stato trattato come sposato alla Divinit Femminile. Esso e la Divinit Femminile non copularono, ma, quando egli and a dormire, la Divinit Femminile and da lui ed

ebbe un rapporto (spirituale) con lui; egli ne era sopraffatto¯ (27).

In Melanesia, la pelle secca e squamosa riconosciuta come un sintomo di eccesso, sia nell'attivit sessuale, che nel consumo di kava.

Nella ricca mitologia relativa al kava, oltre alle innumerevoli versioni dei differenti miti d'origine della pianta, sono presenti miti di origine dei modi d'uso della pianta e dell'istituzione dei riti ad essa connessi. In un mito Samoa, Tagaloa Ui, il primo capo Samoa dalle origini semi-divine, istituisce le regole della preparazione della bevanda come segue:

®Dopo la sua creazione, Tagaloa Ui fece un vestito per s con delle foglie di "ti", e si incammin verso il villaggio di Fitiuta. In tal modo cammin attraversando un boschetto di piante di kava, e scopr• la casa di un mortale di nome Pava. Pava invit il capo a entrare nella

sua casa, e qui si tenne la prima cerimonia del kava in cui erano coinvolti esseri mortali.

Quando Tagaloa Ui entr nella casa, prese posto alla fine della casa, e Pava si sedette nella parte frontale della casa (28), e si mise a

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt preparare il kava. Pava mastic e sput il kava in una foglia di

"laupula'a" (29), che serv• come recipiente per il kava. Le coppe erano fatte di foglie di "tautava", e Pava us le sue dita per spremere il kava, poich a quei tempi il colino non era ancora

conosciuto. Mentre Pava stava spremendo il kava, suo figlio, Fa'alaf, rideva e giocava vicino al recipiente. Tagaloa Ui disse a Pava di tenere seduto e quieto il bambino, ma non fu fatto nulla all'irriverente ragazzo. Dopo numerosi avvertimenti rimasti inascoltati, Tagaloa Ui raccolse una fronda dell'albero del cocco, le diede la forma di un coltello, e

tagli il figlio di Pava in due pezzi. Poi Tagaloa Ui disse a Pava: "Questo il cibo per il kava. Questa la tua parte e questa la mia". Pava si afflisse e non pot bere il kava.

Allora Tagaloa Ui disse: "Facciamo una nuova cerimonia del kava". Il kava e il contenitore e le coppe fatte di foglia vennero gettati via, e Tagaloa Ui disse a due dei figli di Pava di andare sulla montagna

pi alta, la casa di Tagaloa Lagi, e prendere un contenitore di legno per il kava, coppe fatte con le noci di cocco, un colino fatto di hibiscus, e un nuovo tipo di kava, "latasi", un singolo ramo dell'albero del kava. Di nuovo Pava serv• come spremitore del kava, e quando questo fu pronto, Tagaloa Ui disse: "Portami la mia coppa per

primo". Tagaloa Ui non bevve il kava, ma lo vers sul suo pezzo del figlio di Pava morto, e poi sul pezzo di Pava. Quindi disse: "Soifua" ["Vita"]. Le due parti si riunirono e il ragazzo riprese a vivere.

Pava fu cos• felice che batt le sue mani. Pava bevve la sua coppa di kava e Tagaloa Ui diede i seguenti ordini: "Pava, non permettere ai bambini di stare e di parlare dove si sta preparando il kava per gli

alti capi, perch le cose che provengono dagli alti capi sono sacre"¯ (30).

Si riscontra, infine, una serie di miti che riguardano la diffusione della pianta nei differenti arcipelaghi melanesiani e polinesiani: sebbene in essi non venga trattata l'origine della pianta, sono

tuttavia inseriti temi, come quello del topo, gi incontrati nei miti di origine veri e propri.

Altri temi forniscono spiegazioni mitiche di certe particolarit del luogo. Ad esempio, in un racconto (31) delle isole Rotuma, la pianta del kava, galleggiando sulle onde, e passando davanti all'isola di Noatau, fece cadere due pietre appena oltre la scogliera: da allora, gamberi, granchi e pesci pescati intorno a quegli scogli sono

velenosi, per via del kava che entrato in loro. In questi miti si riscontra una certa ambivalenza relativa al kava, nei valori ad essa attribuiti di sacra bevanda dispensatrice di vita e di sospettato e

temuto veleno (in quanto bevanda guasta o corrotta). Ci potrebbe forse essere motivato da casi in cui la bevanda sia risultata tossica, a causa di una sua preparazione non corretta, o al tipo di pianta utilizzata - ricordiamo la differenza simbolica e di effetto fra il kava ®selvatico¯ e quello coltivato, sottolineata in alcuni racconti - ma potrebbe anche trovare una giustificazione negli opposti tipi di uso cui la bevanda sarebbe soggetta. In una versione del mito Tonga, il Tui Tonga dice ai genitori della ragazza lebbrosa di prendersi ben

cura della pianta, poich la loro disgrazia o la loro benedizione dipenderanno dalla maniera in cui la utilizzeranno (32). Il kava una fonte di potere, e pu essere utilizzato sia per scopi buoni che per

scopi malvagi.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt

FUNGHI.

L'utilizzo dei funghi allucinogeni si perde nella notte dei tempi. Forse, i funghi sono la fonte ®enteogenica¯ pi antica in assoluto, e

l'origine del loro uso comunque da rintracciare nel periodo paleolitico dell'umanit , nella lunga Et della Pietra. La pi antica documentazione archeologica a riguardo, costituita da

pitture antiche di 7000 anni, situate nelle zone montuose del deserto del Sahara, riguarda popolazioni di cacciatori-raccoglitori del periodo finale del paleolitico sahariano (Epi-paleolitico). Queste popolazioni hanno lasciato sulla roccia eloquenti scene di raccolta e adorazione di funghi, e di esseri mitologici dal cui corpo fuoriescono funghi (1).

La conoscenza dei funghi allucinogeni di antica data anche in altri continenti, e si tramandata, in alcuni casi, sino ai nostri giorni.

Gli antichi popoli del Messico centrale indicavano funghi allucinogeni del genere "Psilocybe" col termine "nahua teonan catl", ®cibo degli

dei¯ , e il loro uso per scopi divinatori stato riportato dalle fonti spagnole del periodo della Conquista. Ancora oggi, nella Sierra Mazateca, essi vengono utilizzati nel corso di cerimonie di cura guidate da uno sciamano, un ®signore delle erbe¯, durante le quali i funghi vengono consumati da tutti i presenti, pazienti compresi. Nel corso del conseguente ®viaggio¯ collettivo, lo sciamano ®capta¯ i messaggi diagnostici e di indicazione terapeutica inviati dai funghi, secondo un processo ®sociopsicoterapeutico¯ affine a quello adottato per altri allucinogeni. L'"Amanita muscaria" (L. per Fr.) Hooker (4), il fungo allucinogeno per eccellenza, ha influenzato, se non addirittura fondato, sistemi di credenze e di pratiche religiose, in particolare quelli a carattere sciamanico, in Europa, in Asia e in America.

Nota l'ipotesi, avanzata da Richard Gordon Wasson (5), che identifica questo fungo con il Soma vedico, al contempo bevanda

inebriante che dona l'immortalit e potente divinit di quell'antica religione insediatasi in India, nel contesto delle migrazioni indo-

europee e indo-iraniche. Con uno sguardo pi generale, la cultura proto-indoeuropea di origine nordasiatica dalla quale originarono le diverse ondate di popolazioni verso la Grecia, la Germania, l'Iran e

l'India, portava con s la conoscenza e il culto dell'agarico muscario; dunque probabile che tale conoscenza si sia conservata nelle epoche posteriori presso le civilt che sorsero dall'impatto tra

i popoli indoeuropei e quelli autoctoni. In Siberia, l'uso di questo fungo attestato nelle immagini di

petroglifi di vari siti archeologici, antichi di almeno 3000 anni, e vi sono rapporti etnografici dei secoli scorsi che ne documentavano

ancora l'impiego, confermando una continuit storica che, dalle profondit della preistoria, raggiunge i nostri giorni (6).

Koriaki, Khanthy, Chukchee, Mansi, Selkup, Lapponi, utilizzavano l'agarico muscario collettivamente, in occasione di cerimonie e di feste, oppure veniva impiegato dagli sciamani per favorire la transe durante le pratiche magico-curative, o per contattare gli spiriti dei morti, nelle pratiche divinatorie e nell'interpretazione dei sogni.

Nonostante l'antichit e l'enorme diffusione dell'uso dei funghi allucinogeni, sia Amanita muscaria che funghi psilocibinici, rimasta

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt solo una lieve traccia della loro presenza nella mitologia e nei

racconti popolari o, forse, non ancora stato esaminato in maniera approfondita l'immenso materiale mitologico e folclorico raccolto.

Ancor pi rari sono i miti d'origine dei funghi e del loro uso, miti che a volte si possono riconoscere nell'aspetto rielaborato di leggende popolari e perfino di novelle.

- Amanita muscaria.

Si tratta del vistoso fungo dell'iconografia favolistica europea, di grossa taglia e dal cappello rosso cosparso di ®punti¯ bianchi. E' l'agarico del mondo dei folletti, degli gnomi e delle altre creature che popolano i boschi dell'immaginazione popolare. E' il "toad-stool", lo ®sgabello di rospo¯ degli inglesi. La sua associazione simbolica

con il rospo, attentamente esaminata dai coniugi Wasson (7), diffusa su una vasta area geografica e linguistica euroasiatica, e la sua origine potrebbe affondare nel substrato culturale delle popolazioni pre-indoeuropee. Altri elementi simbolici, in associazione con l'agarico muscario, sono il fulmine e il tuono, il serpente, il fallo, l'urina (umana e di certi animali), l'uovo, il pesce. In un'estesa area euroasiatica (e anche nell'America Centrale e, forse, in Africa) vi sono tracce linguistiche, mitologiche e

folcloriche della credenza che l'Amanita muscaria (e, in una fase pi tarda, i funghi in genere) cresca nei luoghi dove cadono i fulmini. Proprio per l'ampia diffusione di tali ®fossili¯ linguistici, questa credenza - questo mito d'origine - deve essere di antichissima data, proveniente dal mondo delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori del lungo periodo paleolitico dell'uomo.

Nei RigVeda indiani, il dio Soma figlio di Parjanya, il dio del tuono.

La sua associazione con l'urina dovuta al fatto che l'urina di un individuo che ha consumato l'agarico muscario anch'essa allucinogena, alla pari, se non pi , dello stesso fungo: un fatto noto

e sfruttato dalle popolazioni dedite al culto del fungo. E' probabile che queste popolazioni abbiano scoperto l'effetto dell'urina e, ancor prima, l'effetto del fungo, osservando il comportamento delle renne, le quali vanno ghiotte e si inebriano sia con l'agarico muscario, che con l'urina delle altre renne che l'hanno consumato (8).

L'uovo si trova associato con l'agarico muscario perch questo fungo, come tutte le specie del genere "Amanita", nasce fisiologicamente da

un ovulo, e ci potrebbe avere ricoperto un ruolo di rilievo nei vecchi miti d'origine del fungo. In diverse regioni dell'Italia

settentrionale, esso viene denominato "ovol matt", "bol matt", "coco mato", con chiaro riferimento alle sue propriet inebrianti (chiaro

per gli etnomicologi, e non per la maggior parte della popolazione che, pur chiamandolo con questo nome, non ne comprende pi il

significato originale). L'Amanita muscaria, e i funghi in genere, sono stati assunti anche come simbolo dell'unione sessuale, dove il gambo del fungo rappresenta il fallo, e il cappello la vulva. L'ingestione di Amanita muscaria produce uno stato di ebbrezza che, sviluppandosi in diverse fasi, passa dall'euforia e dalla voglia di ballare e di cantare, a dimensioni allucinatorie e visionarie, sino a dissolversi in un profondo sonno. Effetti piuttosto comuni sono

l'iniziale fase di euforia e di loquacit , e fenomeni di macropsia (9)

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt nella fase visionaria, elementi che si incontrano fra i temi delle relative trame mitologiche. Nel seguente racconto, in cui il motivo dell'origine del fungo e

quello dell'origine del suo uso sono pressoch contemporanei, il fungo viene fatto nascere dalla saliva dell'Essere Supremo. Grande Corvo

un noto eroe culturale delle popolazioni siberiane:

®Una volta Grande Corvo cattur una balena, ma non poteva ricondurla alla sua casa nel mare. Non era in grado di sollevare il sacco contenente le provviste di viaggio per la balena. Grande Corvo si

rivolse a Esistenza affinch lo aiutasse. La divinit gli disse: "Va' in un posto spianato vicino al mare: l troverai soffici gambi bianchi

con teste macchiate. Questi sono gli spiriti wa'paq. Mangiane alcuni, e loro ti aiuteranno". Grande Corvo and . Allora l'Essere Supremo sput sulla terra, e l'Agarico apparve dalla sua saliva. Grande Corvo trov il fungo, lo mangi , e inizi a sentirsi allegro. Si mise a danzare. L'Agarico muscario gli disse: "Come pu essere che tu, uomo

cos• forte, non puoi sollevare quel sacco?". "E' vero - disse Grande Corvo - Sono un uomo forte. Andr e sollever il sacco da viaggio". And , sollev immediatamente il sacco, e ricondusse la balena a casa. Quindi, l'Agarico gli mostr in che modo la balena stava andando nel

mare, e come sarebbe tornata dai suoi compagni. Allora Grande Corvo disse: ''Lascia (10) che l'Agarico resti sulla terra, e lascia che i

miei bambini vedano ci che vorr mostrar loro"¯ (11).

In questo mito, viene dato particolare rilievo a uno degli effetti caratteristici dell'ingestione di agarico muscario, che si sviluppa

nelle prime fasi dell'esperienza, e cio quello euforico e di vigor fisico. Questo stato pu essere esaltato e culturalmente vissuto come

uno stato di ®furore¯, come pare si verificasse fra i "berserkir", i leggendari guerrieri vichinghi, che si distinguevano in battaglia per

coraggio e ferocia. A pi riprese stato ipotizzato che la furia di questi guerrieri fosse indotta dall'assunzione, poco prima della battaglia, di forti dosi di agarico muscario. Il fatto che Grande Corvo sia in grado di fare sforzi come quello di trasportare una

balena, una caratteristica degli eroi culturali e dei "trickster", e potrebbe essere stato suggerito dal fenomeno della macropsia, tipico dell'esperienza con questo fungo. Sempre in Siberia, fra la

popolazione tungusa degli Orocci, v' la credenza che le anime dei morti si reincarnino sulla luna sotto forma di funghi e, con questo aspetto, vengano rimandate sulla terra (12). I coniugi Wasson hanno voluto intravedere i resti di un mito d'origine dei funghi - di tutti i tipi di funghi - in un racconto popolare,

raccolto nel secolo scorso nella regione della Boemia, nel quale evidente la veste interpretativa cristiana ad esso sovrapposta:

®Ges e Pietro stavano attraversando un villaggio ceco, quando udirono il suono di una musica nuziale proveniente da un'umile casetta. Essi

raggiunsero la festa, ma non prima che Ges avesse avvertito Pietro di non accettare cibo all'infuori di pane e sale, poich la gente era molto povera. Ges e Pietro furono ben accolti. Essi presero il pane e

il sale che venivano loro offerti, evitando tuttavia le torte. Ma un po' pi tardi, quando nessuno stava guardando, Pietro fece scivolare alcune torte nella sua tasca. Dopo un po', Ges e Pietro ripresero il cammino, Ges immerso nei suoi pensieri, e Pietro in ritardo dietro di lui, in modo da poter rosicchiare le sue torte. Ma ad ogni morso, Ges

si girava egli chiedeva che cosa stesse mangiando. Pietro sputava fuori il boccone e ripeteva: "Niente". Questo accadde pi volte, fino a che non rimasero pi torte. Quindi, Ges disse a Pietro: "Torna indietro e raccogli tutto ci che hai sputato, io ti aspetter ".

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Quando Pietro torn disse a Ges : "Non ho trovato nulla, ad eccezione

di questo che ti mostro. Pensavo fosse cibo, ma, guarda! era una escrescenza radicata nel suolo". Ges disse: "E' un'escrescenza, ed

cresciuta dal cibo che hai gettato via". Quindi Pietro chiese perdono, e venne perdonato. Poi, essi giunsero alla casetta di una povera

donna, e le chiesero di cucinare ci che Pietro aveva trovato, e questo si trasform in funghi, ed erano buoni. Dato che i funghi erano sorti dal cibo della povera gente, Ges li concesse ai poveri, e insegn alle povere donne dove cercarli. E siccome la povera gente ha bisogno di aiuto, i funghi si moltiplicano e abbondano. E poich

Pietro, mangiandoli, rimase tuttavia affamato, i funghi non saziano¯ (13).

Sebbene il racconto si riferisca all'origine dei funghi in genere, questa generalizzazione, congiuntamente allo scopo della loro creazione come nuovo cibo per i poveri, potrebbe essere frutto delle rielaborazioni cristiane o di quelle ancor precedenti, e lo schema

originario riguardava forse pi propriamente l'agarico muscario. Anche qui, come nel precedente racconto dei Koriaki, si presenta il tema dello sputo dal quale nascono i funghi. Analogamente, per i Vasyugan - popolazione ugra siberiana - il potere dell'Amanita muscaria deriva dal fatto che essa si ritiene sia stata

creata dallo sputo del Dio dell'Inferno, e il fungo si dimostr cos• potente, che il Diavolo rimase privo di conoscenza per 7 giorni e per 7 notti, dopo averlo mangiato; per questo gli uomini non ne devono mangiare troppo (14). Tracce di un mito d'origine dell'uso dell'agarico muscario si incontrano in una vecchia novella inglese, "The Purple Pileus" (®Il cappello rosso¯), scritta da H. G. Wells. In essa, si narra di un uomo che, stanco della tirannia della moglie, va nel bosco e, preso dalla disperazione, decide di suicidarsi ingerendo degli agarici muscari ch'egli riteneva velenosi. Invece di morirne, cade in uno stato di incoscienza, durante il quale subisce una trasformazione che lo

render , al risveglio, pi deciso e pi coraggioso. Quindi, l'uomo torna a casa e si impone sulla moglie, ristabilendo, all'interno della

famiglia, l'autorit che aveva perduto (15). V' da notare che si conservato, pur in una forma oramai corrotta e romanzata, la situazione di crisi, dovuta in questo caso alla disperazione in cui si trova la persona che sta per avere il primo contatto con il fungo: una

caratteristica che abbiamo gi incontrato in altri miti d'origine dell'uso dei vegetali psicoattivi.

La regione catalana, che si trova nella parte nord-est della Spagna, una zona di particolare interesse etnomicologico. Josep M. Fericgla (16) ha evidenziato tracce di una conoscenza e di un uso tradizionale dell'Amanita muscaria nelle regioni montuose della Catalu¤a, e questo

l'unico caso, a noi noto, di sopravvivenza dell'antico culto in

Europa. L'attuale uso tradizionale appare tuttavia occasionale e di tipo ®ludico¯, senza obbedire a motivazioni magiche, sacre o di culto,

ma certo che questo fungo veniva pi diffusamente consumato negli ambienti rurali marginali (pastori, carbonari, contadini isolati), fino alle prime decadi del ventesimo secolo. Lo stesso autore ha raccolto una leggenda, diffusa nelle valli dei Pirenei della regione di Andorra (nel versante spagnolo), in cui ricopre un ruolo significativo una ®pianta magica¯ che, per il tipo di

racconto in cui inserita, e per l'ambiente di interesse etnomicologico in cui nato il racconto, potrebbe essere un

®paravento¯ dietro al quale si nasconde l'agarico muscario. La leggenda pone gli avvenimenti nell'ambiente mitico del paradiso terrestre:

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®Adamo non poteva rivolgere una sola parola alla sua compagna del paradiso, Eva, perch questa non parlava mai. Adamo and quindi a

lamentarsi da Nostro Signore per il mutismo della sua compagna e per l'assopimento che si era venuto a creare fra loro due, a causa di tale

atteggiamento. Allora Nostro Signore gli consigli di raccogliere una pianta magica che cresceva in Paradiso, e di ficcarla nella bocca di Eva: in questo modo le avrebbe eccitato la parola, e Adamo avrebbe cos• potuto ascoltarla. Cos• fece Adamo, ma in luogo di una pianta, come gli aveva consigliato Nostro Signore, gliene diede due. Eva

reag• , e inizi a parlare e a spettegolare con tanta furia, che non smise per tutto il giorno. Adamo torn dal Signore e gli spieg che la

sua compagna non smetteva mai (di parlare). Dio gli rispose che questa sarebbe stata la sua punizione per aver ecceduto nella dose¯ (17).

Possiamo qui facilmente riconoscere il tema della loquacit , come uno degli effetti generalmente riconosciuti nell'esperienza con l'agarico muscario, e che in questa leggenda gioca addirittura un ruolo-chiave di tutta la vicenda.

L'Amanita muscaria stata utilizzata anche presso le popolazioni americane. Numerosi indizi fanno supporre una conoscenza e un uso di questo fungo fra le antiche popolazioni Maya. In Guatemala e nel

Messico meridionale stata rinvenuta una serie di reperti archeologici in pietra - denominati "mushroom-stones", ®pietre-fungo¯ - che hanno appunto la forma di un grosso fungo, alla cui base sono frequentemente inserite immagini solari, di individui in atteggiamenti

di adorazione o estatici, o di animali, tra cui il rospo. I pi antichi di questi reperti datano ai 1500-1000 anni a.C., ovvero al

periodo di formazione della civilt Maya. Questi reperti potrebbero aver fatto parte dei parafernalia di un culto dell'agarico muscario, che cresce effettivamente nelle zone montuose dell'America centrale (18). Si sono volute riconoscere rappresentazioni di Amanita muscaria anche in alcune scene dei Codici Maya (19), e un dato decisivo e al contempo sorprendente, consiste nel fatto di aver incontrato, fra le attuali popolazioni guatemalteche, la medesima associazione simbolica che si incontra nell'eurasia fra l'agarico muscario e il fulmine, tradotta nella credenza che questo fungo nasca nei luoghi ove cadono i fulmini (20). In effetti, questo e altri parallelismi etnomicologici evidenziatisi fra l'America centrale (e settentrionale) e l'Asia, vengono spiegati ammettendo l'esistenza di una radice culturale comune, da collocare nei periodi in cui i due continenti erano collegati fra di loro

attraverso quella fascia di terra (denominata Beringia), che ora sommersa dalle acque dello stretto di Bering. In pratica, le popolazioni umane che, diversi millenni fa, dall'Asia poterono cos•

raggiungere e popolare l'America del Nord, avevano portato con s la conoscenza dell'agarico muscario, e la relativa sfera di associazioni simboliche.

Una delle divinit maggiormente adorate dagli attuali maya Tzutuhil, stanziati attorno al lago di Atitl n, Maximon, ®un complesso

prodotto del miscuglio, a numerosi livelli e in numerose fasi, del rituale e delle credenze maya e della Chiesa Romana Cattolica¯ (21),

derivante dall'antica divinit maya Mam. Maximon rappresentato da un'effige: un pupazzo di legno, senza braccia e con corte gambe, vestito con abiti di stoffa, con una maschera sul volto e con una

sigaretta in bocca, simboleggiante le propriet curative del tabacco. Per tutto l'anno custodito in una stanzetta, costruita per il suo

culto, accanto alla chiesa del villaggio. Durante la Settimana Santa,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Maximon diviene oggetto di culto per una moltitudine di indios, i quali seguono con fervore le processioni e i riti di svestizione, lavaggio dei vestiti, e vestizione del pupazzo. Esistono differenti leggende su Maximon, in cui racconti mitologici

originali vengono confusi dall'elasticit interpretativa delle rielaborazioni folcloriche. Bernard Lowy ha riportato una di queste leggende relative all'origine di Maximon:

®C'erano un tempo dodici alberi sacri, ciascuno di loro associato a un differente fungo. I Nahuales decisero di scegliere uno di questi alberi per governare sugli uomini [che abitavano] sulla terra. A ogni albero, a turno, venne chiesto se avesse voluto accettare la pesante

responsabilit . Solo uno accett , un ben poco promettente candidato di bassa statura, chiamato "Ch'iip" o Fratello Minore. Egli disse che aveva fatto un sogno o una visione, nella quale egli era diretto a cercare una certa collina ai piedi del vulcano San Lucas (22), dove un albero chiamato "palo de pito" cresceva, attorniato da numerosi

funghi. Appena egli raggiunse l'albero, si alz un forte vento, proveniente da sud, portando con s un violento uragano, e l'albero

venne spaccato da un fulmine. L'albero era cavo, e all'interno "Ch'iip" osserv un vago viso, ch'egli quindi procedette a intagliare

dal tenero legno. Questa effige divenne il dio Maximon. Ogni colpo di coltello di "Ch'iip" era accompagnato da una parola sacra, e ogni colpo, similmente, diede origine a una nota musicale, tono o timbro. Le note fornirono le basi musicali per i canti tradizionali. Quando Maximon fu completamente formato, ogni Nahual confer• al nuovo dio creato uno speciale potere. Quindi, venne comandato a Maximon di

alzarsi, perch era da provare se egli fosse o meno in grado di utilizzare i poteri conferitigli. Gli venne portato davanti un sordomuto del villaggio, e a Maximon venne comandato di curare la sua

infermit ¯ (23).

Secondo un'altra versione della leggenda, raccolta dallo stesso Lowy, un frammento di uno dei funghi che crescevano attorno al "palo de pito" fu dato da mangiare all'uomo, il quale subito ringiovan•, e

l'infermit scomparve. I Nahuales erano compiaciuti, e Maximon fu da allora il protettore della gente Tzutuhil.

Non chiara l'esistenza dei dodici alberi, ciascuno associato a una differente specie di fungo: potrebbe trattarsi di un tema di influenza cristiana, come indicherebbe la presenza del numero dodici. Che poi il fungo associato al "palo de pito" debba essere inteso come Amanita muscaria, lo testimonierebbero il carattere sovrannaturale delle

vicende in cui inserito, e la propriet curativa ad esso conferita, specificata nella seconda versione. Secondo Lowy, si tratta del fungo

divino, noto fra i Quich come "kakulj ", identificato come Amanita muscaria, che prende il nome dal dio maya che lo personifica (24). Il racconto contiene un mito delle origini (di Maximon, delle note musicali, dell'azione di curare i malati), e i funghi avevano inizialmente un ruolo-chiave nell'esposizione degli eventi, probabilmente perduto nelle rielaborazioni posteriori. Riguardo al

"palo de pito", va ricordato che l'asse di legno di cui costituito il pupazzo di Maximon attualmente adorato, fatto di questo tipo di

albero: si tratta dell'"Erythrina rubrinervia" Humb., Bonpl. & Kunth (25), che produce numerosi semi rossi. Tali semi sono tossici, si

ritiene siano dotati di propriet magiche, e in Guatemala sono comunemente usati come parafernalia dei "curanderos". Da notare, ancora, la presenza nel racconto del tema del fulmine, causa dell'abbattimento dell'albero ("palo de pito"), da cui ebbe origine Maximon e la sua prima effige in legno.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Per quanto riguarda gli Indiani dell'America settentrionale, esistono pochi e isolati dati che attestano un impiego del fungo muscario. Si ha qualche notizia di un suo uso sciamanico e per scopi diagnostici presso alcune popolazioni algonchine - Ojibwa, Montagnais, Abenaki- abitanti la regione dei Grandi Laghi. Presso questi gruppi, esiste la credenza secondo la quale dopo la loro morte, essi andranno in paradiso, ove trascorreranno il tempo mangiando funghi e avendo rapporti sessuali tra loro (26).

Nel 1975, R. G. Wasson ebbe l'opportunit di incontrare una sciamana Ojibwa, Keewaydinoquay, una delle ultime detentrici delle conoscenze

tradizionali del suo popolo. Sfruttando l'abilit di scrivere e di parlare nella lingua inglese, essa ha compilato un breve resoconto

sulle credenze e tradizioni micologiche della sua trib (27) e soprattutto, ci ha lasciato un racconto completo e affascinante, la ®leggenda dei Miskwedo¯, di natura mitologica, riguardante l'origine dell'uso del "miskwedo", il fungo muscario:

®Attenzione, racconter una storia, una storia del Popolo, una storia del Miskwedo, quel fungo dal cappello rosso che il bambino

spirituale di Nokomis Giishik, l'Antenato Cedro, e di Nimishomiss Wigwass, il nostro Antenato Betulla. Ascoltate e apprendete.

Sicuramente questo racconto vero, poich fu raccontato dai nostri onorati progenitori. Ora, ci accadde molto, molto tempo fa,

innumerevoli lune sono passate da allora e innumerevoli sentieri sono stati percorsi; si pensa [che avvenne] in uno degli accampamenti temporanei durante la Grande Migrazione del nostro popolo attraverso il continente di Minissah, dal territorio del sorgere del Sole, verso quello del calare del Sole, quando il Divino Megis ci conduceva alla nostra dimora, la terra promessa di Keewaydinaukee. C'erano due fratelli, cos• giovani che non avevano ancora ricevuto i loro nomi di adulti; erano fratelli di sangue, entrambi figli della stessa donna del clan del Gufo e dello stesso uomo del clan dello Storione. Il primogenito si chiamava Fratello Maggiore, e il secondogenito era chiamato Fratello Minore. Vivevano soli (Oh, Wa-ey-

eah), poich i loro genitori erano morti con valore lungo il tragitto durante la Grande Migrazione. Oh, Wah-ey-eah! Cacciavano la stessa selvaggina, mangiavano lo stesso cibo, e condividevano tutto in pace e armonia - e questo era buona cosa. Ahauw!

Ora, un giorno, nel luogo dove raccontata questa storia, i ragazzi erano molto affamati, avevano lo stomaco vuoto. Poich c'erano delle montagne l vicino, si arrampicarono sui pendii rocciosi in cerca di

cibo. Alla fine, giunsero a una grande grotta, collocata in alto, sul lato della montagna. Parve loro che dall'apertura della grotta provenisse della luce. Udirono una musica stupefacente, una musica simile al ronz•o di innumerevoli api. Con molta attenzione, e senza

far rumore, i fratelli si avvicinarono, scrutando con curiosit attraverso l'apertura. Videro un bellissimo prato nel quale crescevano molti funghi alti, bianchi e rossi - erano bellissimi "wa jashkwedeg" - che volteggiavano, bisbigliando e mormorando, cantando una strana canzone di augurio, sotto un cielo brillante di luce solare.

Veloce come un fulmine, Fratello Minore balz attraverso l'apertura, correndo con gioioso abbandono nel prato dei funghi mormoranti.

"Fermati! Aspetta! Fermati! - url Fratello Maggiore - Non sappiamo quali Spiriti ci sono in questo luogo. Non sappiamo cosa potrebbero essere".

Ma Fratello Minore non si ferm . Era di fatto gi andato! Fratello Minore corse verso il fungo pi alto, pi grande, pi rosso e pi bello di tutti. Una bianca peluria simile alle piume dei copricapi

dei guerrieri indiani ondeggiava sul suo cappello rosso. Strisce bianche trasparenti simili a frange di nuvole turbinavano

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ritmicamente, mentre il fungo girava su se stesso. Fratello Maggiore

guard inorridito Fratello Minore diventare un tutt'uno con il gambo del fungo gigante. Vide che a Fratello Minore stava spuntando un

cappello rosso fuoco. All'inizio lentamente, poi sempre pi velocemente, Fratello Minore si mise a ruotare al sole. Fratello

Maggiore era inorridito. Subito not dove era situato il fungo gigante e la posizione del piccolo fungo che era stato un tempo suo Fratello Minore. Poi corse via. Corse tanto velocemente quanto le sue gambe potevano reggerlo, lontano dal prato stregato, lontano dalla grande grotta, lontano da quel terribile foro sul lato della montagna. Corse

gi per i sentieri tortuosi e gi per i pendii rocciosi, senza mai fermarsi, fino a che non giunse al villaggio. "Awoohee!". Diede l'allarme agli anziani e agli uomini della medicina. Velocemente

raccont loro tutto ci che era accaduto. "Cosa devo fare? - supplic - Ditemi, oh Saggi, come salvare il mio

piccolo fratellino". Gli anziani egli uomini della medicina si guardarono fra loro. Scossero la testa. "Non abbiamo mai udito una cosa simile - dissero - Dobbiamo chiedere al Tamburo". Dopo aver consultato il Tamburo, che era un Tamburo della Medicina,

dissero: "Abbiamo una risposta, ma complicata. Ecco ci che devi fare. Devi ricordare ogni parola. Devi andare al luogo chiamato il luogo-delle-Sabbie-Magiche. E' un'alta scogliera lungo il lago, con una ripida scarpata e grandi onde che riducono le rocce in sabbia. L• potrai raccogliere le sabbie magiche, Onoman. Mettile in una borsa di pelle di cervo con sacro tabacco, e stringi bene il laccio quando la chiudi. Pensa a una preghiera di ringraziamento agli Spiriti di quel posto per aver creato Onoman (le sabbie magiche). Continua a correre lungo il sentiero fino a che non giungi a il-Luogo-Dove-Crescono-gli-

Alti-Alberi-e-Nidificano-le-Aquile. Trova l'albero pi alto e il nido dell'aquila pi grande. E' l'Uccello del Tuono. Devi prendere quattro

penne dalla sua coda. Rivolgi all'Uccello del Tuono una preghiera di ringraziamento e di supplica, mentre continui a correre in direzione della montagna. Segui lo stesso sentiero verso il luogo dove la luce della grande grotta splende attraverso l'apertura sulla parete della montagna. Quindi mettiti di fronte all'Est con le penne di aquila in

mano, e chiedi a Gitchi Manitou di benedirle. Individua il fungo pi

grande e pi bello. Lui il capo. Entra nel prato stregato pi in fretta che puoi, conficca una piuma d'aquila nel gambo del capo.

Smetter di girare. Poi individua il Miskwedo pi saggio di tutti, il fungo pi anziano che sta sporulando, quello con maggior influenza. Pi velocemente che puoi, conficca un'altra piuma d'aquila nel gambo di questo fungo. Anch'egli smetter di girare. Ora, la terza piuma d aquila dovr essere conficcata nel gambo del fungo che sai essere

Fratello Minore. Poi versa la borsa di magica Onoman tutta sopra di lui. Con molta attenzione, rimuovi ogni pezzetto di questo fungo, dal lucido cappello fino al bulbo alla base. Non romperne neanche un

pezzettino, altrimenti si romper anche una parte di Fratello Minore. Portando il fungo con te, affrettati verso l'apertura nella montagna. Fermati solo per porre l'ultima piuma d'aquila protettiva nell'apertura della grotta, quindi continua a scendere lungo il

sentiero, pi veloce che puoi. Questo ci che si ritiene tu debba fare. Mano a mano che ti allontanerai dalla montagna, il carico (il

tuo Fratello-fungo) diventer sempre pi pesante, fino a che torner

come era in passato. Ci sar tuo Fratello Minore a correrti a fianco. Anche se lo vedrai accanto a te, come era un tempo, non parlare, non

fermarti. Correndo, torner sempre pi come era una volta, eccetto che per una cosa - una piuma d'aquila sporger dalla pelle di Fratello

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Minore. E l dovr sempre rimanere".

Tutte queste cose accaddero. Accaddero come era stato presagito che accadessero. Fratello Maggiore ricord chiaramente ogni particolare. Fece esattamente ci che gli fu detto, procurandosi le magiche sabbie e le piume d'aquila. Pass attraverso il foro sulla parete della

montagna, infilando le penne d'aquila protettive e versando le magiche sabbie su Fratello Minore. Salv Fratello Minore, il quale sembr

tornare come era prima, eccetto che per una strana cosa: una piuma d'aquila sporgeva dalla sua pelle, proprio come fosse cresciuta l•! I due ragazzi scesero assieme rapidamente per il sentiero, e tornarono all'accampamento del Popolo. L• ripresero a vivere, nella medesima dimora, in pace e in armonia. E questo era cosa buona. Ahauw! Passarono molti giorni e molte notti. Lentamente, le cose iniziarono a cambiare. Wah-ay-eah. Fratello Maggiore si alzava alla mattina col cuore pieno di tristezza e apprensione. Si preoccupava e si preoccupava ed era infelice. Wah-ay-eah. Fratello Minore, al contrario, si alzava sorridente ogni giorno, il suo cuore era pieno di

felicit e le sue labbra cantavano allegria. Ahauw, Zahwendahmowin! Ora, Fratello Maggiore si accorse che Fratello Minore andava di

frequente dietro il "wigwam" (28) per orinare. Vi stava pi a lungo del necessario, e in particolare, con la luna piena vi stava per molto, molto tempo. Alla fine, Fratello Maggiore, al quale non piaceva spiare, decise che per il bene di suo fratello doveva semplicemente

indagare. Cos• and dietro al "wigwam" e scopr• che, proprio come aveva pensato, Fratello Minore non stava orinando. Era gi sceso per

il sentiero che porta nella foresta. Fratello Maggiore lo segu• di nascosto, fino a che giunse in una radura. E cosa vede? Vede Fratello Minore in piedi al centro di uno spazio aperto, con un folto gruppo di persone attorno a lui. Le braccia di Fratello Minore sono allargate, distese come l'ombrello di un fungo. I suoi vestiti sono bellissimi, di un rosso brillante, e ciuffi di bianche piume gli adornano la testa. Con una voce alta e vibrante di

felicit , come il ronz• o di innumerevoli api, egli canta al Popolo:

"Per la mia esperienza sovrannaturale, Nella terra dei Miskwedo, Possiedo una cura per alleviare i vostri mali,

Per scacciare tutte le vostre infelicit . Se solo vorrete avvicinarvi al mio pene E prendere le eccitanti acque che da esso sgorgano Anche voi potrete essere felici per sempre".

Ogni volta che le nubi oscurano la luna, egli orina. La gente raccoglie la sua orina nel "mokukeg" (29). Bevono questo liquido, che

stato dato loro come una benedizione dagli spiriti Miskwedo. Tuffi i membri del culto del fungo, tutti i devoti del Miskwedo, Fratello

Minore, che il fungo capo, il capo tamburo, i tre anziani e i tre gruppi di officianti minori, si alzano a turno e cantano la loro canzone Miskwedo. Per tutto il tempo queste persone cantano le loro allegre canzoni, i loro cuori sono forti, ciascuno fa il lavoro di dieci. Wah-ay-eah, povero Fratello Maggiore! Non capiva le vie del fungo dal cappello rosso. Non capiva l'uso del liquido del fungo dorato e dell'elisir del pene. Continuava a essere sospettoso.

"Nulla di buono pu venirne", si lamentava. Brontolava, si preoccupava ed era infelice. Oh Wah-ay-eah. Nemmeno Fratello Minore comprese i meccanismi del Sacro Fungo. Ma

seguit a essere felice, e tutta la gente che lo segu• continu a vivere in uno stato di beatitudine.

E cos• fu e cos• continu a essere sino ai nostri giorni, ora in

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt questo luogo e in questo tempo, come era gi allora e come sar in

futuro. Tutte le persone che sono FRATELLI MAGGIORI, come Fratello Maggiore nel nostro racconto, sono infelici perch non capiscono.

Brontolano, si preoccupano e litigano. Nemmeno i FRATELLI MINORI di questo mondo capiscono, ma bevono ancora le acque del fungo dorato e sono felici. Bevono l'Elisir del Grande Miskwedo, e in questo modo viene rivelato molto del sovrannaturale e di altre conoscenze. E' il "kesuwabo" - il liquido Potere del Sole - Kesuwabo. Ahauw! Jahwendamowining, ahauw!¯ (30).

E' un bel racconto, completo e ricco di temi simbolici arcaici; vi rientra una buona parte della sfera simbolica che ruota attorno

all'agarico muscario, e chiss quanti altri miti riguardanti l'originario incontro dell'uomo con questo fungo erano caratterizzati da una simile ricchezza di valenze simboliche e di particolari.

Come viene riportato all'inizio del racconto, l'agarico muscario il figlio (il ®bambino spirituale¯ ) di due divinit arboricole:

l'Antenato Cedro e l'Antenato Betulla. La betulla uno dei pi diffusi alberi alla cui base vive e fruttifica l'agarico muscario. La caverna nella montagna, con l'entrata a forma di foro, qui prescelta come spazio riservato alla geografica fantastica e

mitologica, un elemento che suggerisce una certa antichit del racconto, riportandoci al mondo dei popoli cacciatori-raccoglitori, che utilizzavano le caverne come sede dei riti iniziatici. Le penne della coda di un'aquila - e non di un'aquila qualsiasi, bens• dell'Uccello del Tuono - sono un oggetto peculiare degli ®uomini della

medicina¯ delle trib indiane del nordamerica; l'aquila uno degli uccelli preferiti dall'iconografia del ®volo¯ sciamanico; il tuono,

come si visto, ha strette relazioni mitologiche con l'agarico muscario nella zona in cui ebbe origine il suo culto, l'Eurasia. Normal Morriseau, un indiano ojibway, ha riportato un'altra versione di questo racconto, che differisce da quella di Keewaydinoquay in numerosi particolari (31). Nel racconto di Morriseau, i due fratelli si chiamano Corrente Rapida e Nuvola d'Argento; entrambi affamati, si incontrano per caso davanti all'apertura della roccia, durante l'inseguimento di un cervo. L'apertura della roccia, attraverso un tunnel, conduce a un vasto prato disseminato di funghi rossi, intorno ai quali sciama un gran numero di api ronzanti e di insetti colorati. In questa versione, viene specificato che il fratello minore (Nuvola

d'Argento) si trasforma in fungo poich mangia alcuni di questi funghi (32). Inoltre, non furono gli anziani e gli uomini della medicina (gli sciamani) a rivelare a Corrente Rapida la formula per riportare suo fratello alla sua forma umana, bens• un orso, che era considerato sciamano, il cosiddetto ®Orso degli Sciamani¯ (33). Il motivo dell'urina allucinogena di colui che consuma l'Amanita

muscaria ben sviluppato in entrambe le versioni. Il "mokukeg", il contenitore per l'urina fabbricato con corteccia di betulla, l'albero sotto cui cresce il fungo, ricorda molto da vicino quelli impiegati per i medesimi scopi fra le popolazioni siberiane. Attraverso la

chiarezza con cui presentato il motivo dell'urina nel racconto Ojibwa, possibile comprendere meglio il tema delle ®Acque della

Vita¯ presente nella mitologia dei Kwakiutl e di altri gruppi di

Indiani. Esse vengono considerate un dono fatto dalle divinit agli eroi culturali antenati, e altro non sono se non urina umana o, meglio, ®urina degli dei¯ (34) Nel racconto di Keewaydinoquay, si

potr notare una certa opposizione funzionale nelle due figure di Fratello Maggiore e Fratello Minore, un'opposizione che si viene a creare in seguito all'avventura vissuta nella caverna e al contatto col magico mondo del fungo. Infatti, inizialmente, i due fratelli vivevano in pace e in armonia, e facevano insieme ogni cosa. La

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt diversit subentra nell'approccio con cui i due fratelli si rivolgono

ai funghi; una differenza di valutazione che giunge a influenzare il loro stesso modo di vivere. L'uno (Fratello Minore, colui che ha accettato la ®via del fungo¯) fa derivare da questo approccio un'attitudine positiva alla vita, il secondo una negativa. Questa opposizione, e la sua estensione a tutti i Fratelli Maggiori e i Fratelli Minori di questa terra (gli uomini), potrebbe essere una

proiezione mitologica di un periodo pi tardo, nel quale si presentarono problemi di accettazione della ®via del fungo¯,

all'interno delle modalit di approccio al sacro, adottati dalle popolazioni Ojibwa. La parte finale del racconto vorrebbe quasi porsi in difesa della ®via del fungo¯ dagli attacchi di coloro che a quei tempi la osteggiavano, offrendo motivazioni che potrebbero apparire

pi che mai attuali. E' interessante, infine, la puntualizzazione quasi filosofica del fatto che non solo i Fratelli Maggiori, ma neppure i Fratelli Minori, pur avendo scelto la ®via del fungo¯, comprendono il ®funzionamento¯, il modo di agire del fungo sulla psiche umana, il motivo

dell'esistenza di tutto ci . Quindi, per la morale finale del racconto (probabilmente un'aggiunta posteriore), l'importante non cercare di

comprendere, di rendere logici i meccanismi della magia e dei misteriosi stati della coscienza, bens• di penetrare in quei mondi

della psiche che, grazie alla sua natura, stato concesso all'uomo di visitare.

- Altri funghi.

Per quanto riguarda i funghi allucinogeni differenti dall'Amanita muscaria, in particolare quelli psilocibinici, appare quasi anomala la

mancanza pressoch totale di racconti che si possano ricondurre a un loro mito d'origine.

Unico caso, del resto interessantissimo, un racconto riportato in un antico libro giapponese, riferibile al fungo "Gymnopilus spectabilis" (Fr.) A.H. Smith (35). E' un fungo diffuso in tutto l'emisfero

occidentale, e le sue propriet psicoattive sono state pi volte verificate in Giappone e nel Nord America, mentre in Europa questa specie non sembra produrre effetti analoghi (36). In Giappone, il "maitake" (®fungo danzante¯) - come viene qui chiamato il "Gymnopilus spectabilis" - sembra avere avuto in epoche remote una certa importanza legata al suo culto, come dimostra il racconto di seguito riportato. Esso fa parte del "Konjaku monogatari" (®Novelle del passato¯), una collezione di racconti e di aneddoti provenienti dall'India, dalla Cina e dal Giappone, compilata verso la fine

dell'undicesimo secolo dopo Cristo. Il racconto originario della cultura giapponese:

®Molto, molto tempo fa, alcuni taglialegna partirono da Kyoto in direzione delle montagne di Kitayama, e si smarrirono. Non sapendo dove andare, quattro o cinque di loro si stavano lamentando della loro condizione, quando udirono [le voci di] un gruppo di persone provenire dai recessi delle montagne. I taglialegna si domandarono con sospetto che sorta di gente avrebbe potuto essere, quando quattro o cinque monaci buddisti fuoriuscirono danzando e cantando. Vedendoli, i taglialegna si spaventarono, pensando che monaci che danzano e che cantano non potevano di certo essere esseri umani, bens• dovevano essere spiriti o demoni. E quando i monaci li scorsero e si diressero verso di loro, i taglialegna si impaurirono molto e si chiesero:

"Com' possibile che dei monaci fuoriescano cos• dai recessi dei monti, danzando e cantando?".

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt I monaci allora dissero. "La nostra apparizione, mentre danziamo e cantiamo, vi ha indubbiamente impauriti Ma noi siamo solo dei monaci e viviamo qui vicino. Siamo venuti per raccogliere fiori da offrire a Buddha, ma dopo essere tutti insieme saliti sulle colline, abbiamo

smarrito la strada, e non abbiamo [pi ] potuto ricordare come uscire [tornare]. Quindi ci siamo imbattuti in alcuni funghi, e sebbene ci siamo domandati se non ci saremmo avvelenati mangiandoli, eravamo affamati, e abbiamo deciso che era meglio raccoglierli piuttosto che morire di fame. Ma dopo averli raccolti e arrostiti, trovammo che erano piuttosto deliziosi, e pensando "Come sono buoni!', li mangiammo. Ma appena terminammo di mangiarli, notammo che eravamo costretti a una danza incontrollabile. Proprio mentre pensavamo: "Che strano! Abbastanza strano noi...". I taglialegna non finirono di sorprendersi per una storia cos• inusuale. Ora, i taglialegna erano molto affamati e pensarono: "Piuttosto che morire, chiediamone un po' per noi". E cos• essi mangiarono alcuni dei numerosi funghi che i

monaci avevano raccolto, cosicch anch'essi furono costretti a danzare. In quella condizione i monaci e i taglialegna risero e danzarono girando intorno tutti assieme. Dopo qualche tempo,

l'intossicazione sembr dissiparsi, e in un qualche modo tutti ritrovarono le loro separate vie per tornare a casa. Da allora, i funghi (37) sono stati chiamati "maitake"¯ (38).

Un anno dopo la pubblicazione di J. H. Sanford nella quale veniva riportato e discusso questo racconto, Wasson (39) ne riport e ne

discusse una traduzione inglese dal testo originale giapponese, che differisce in diversi particolari dalla versione di Sanford. In particolare, nel passo relativo all'incontro dei monaci con i funghi,

anzich domandarsi se mangiandoli ne sarebbero rimasti avvelenati, Wasson riporta che i monaci erano a conoscenza del fatto che i funghi li avrebbero resi ®brilli¯. Sanford vede in questo racconto la rappresentazione fantasiosa di una intossicazione collettiva da funghi, verificatasi realmente molto tempo fa, datando addirittura questo evento storico attorno al 1000 d.C. (40). Tuttavia, questa interpretazione appare un poco semplicista: di intossicazioni involontarie provocate dal "maitake" se

ne sono sempre verificate, ed evidente la sovrapposizione dell'"interpretatio" buddista. Ad esempio, possibile che nel

racconto originario non fossero monaci buddisti gli esseri incontrati dai taglialegna, bens• si trattasse di spiriti o di "tengu", noti folletti del folclore giapponese, caratterizzati da lunghi nasi rossi,

pi credibili abitanti dei recessi dei monti. E in effetti, nel racconto sono gli stessi taglialegna a meravigliarsi e a domandarsi come sia possibile che dei monaci buddisti fuoriescano dai recessi dei

monti. A differenza di come lo ha interpretato Sanford, pi plausibile che questo racconto narrasse inizialmente delle origini, dell'uso e del culto dei funghi "maitake". Incontriamo qui, di nuovo, i motivi dello smarrimento nel bosco e della fame come condizione di ®crisi¯ di sopravvivenza, che predispone al primo incontro fra l'uomo e il vegetale psicoattivo.

Minamoto Takakuni (1004-77), colui che compil il "Konjaku monogatari", aggiunse al testo il seguente commento: I "maitake" si

trovano ancora, ma coloro che li mangiano non eseguono pi danze. E' costume affermare che ci era un evento inspiegabile (41). In effetti,

ai tempi di Takakuni, il termine maitake" "veniva associato a un differente tipo di fungo, commestibile (42). Il racconto originario ha evidentemente subito variazioni, probabilmente operate da copisti che

non ne comprendevano pi il senso, giungendo a confondere la specie di fungo coinvolta.

Un tema comune anche al racconto Ojibwa, quello della danza e dei

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt canti che caratterizzano i momenti di culto collettivi e, sorprendente

analogia, il luogo originario dell'incontro con i funghi una ®caverna nella montagna¯ nel primo racconto, e all'®interno delle

montagne¯ nel secondo. Il motivo dell'ilarit e del riso, esplicitato

anche da uno dei nomi popolari del fungo, "owaraitake" (®fungo del riso¯ , ®fungo che fa ridere¯ ), in funzione della credenza che tali

manifestazioni siano un suo peculiare effetto (43). In un gruppo di commedie comiche scritte in Giappone nel quattordicesimo secolo, una di queste, intitolata "Kusabira" (®Fungo¯), proveniente dalla regione di Kyoto, racconta di uno "yamabushi", un prete montano itinerante, che venne chiamato per liberare un giardino da una pletora di funghi, mediante esorcismo.

Egli si sforz con una preghiera e un incantesimo dopo l'altro di svolgere il suo compito, ma i funghi reagivano crescendo sempre pi

velocemente, sino a mettere lo "yamabushi" in condizione di volare (44). I funghi di cui tratta questo racconto sono quasi certamente di

tipo psicoattivo, alla luce della loro capacit di fare ®volare¯ una persona, un prete. Nonostante nel racconto non sia presente alcun tema relativo all'origine dei funghi, rimane un'interessante testimonianza

della vivacit che, un tempo caratterizzava il rapporto uomo/funghi allucinogeni nell'arcipelago giapponese.

Un tema comune ad alcuni miti appartenenti a culture molto differenti fra loro, riguarda, piuttosto che l'origine dei funghi, l'origine di uomini - capostipiti di popolazioni - che nascono da funghi. In un passo della cosmogonia dei Toba Batak, della regione centrale di Sumatra, un grande fungo nasce nel luogo ove erano cadute le lacrime

di Sideak Parudjar, una divinit femminile primordiale, associata alla luna. Questo fungo viene curato per un periodo di nove mesi, fino al momento in cui si spacca, e da esso fuoriesce un bel bambino, Datu

Tantan Debata (®Spirito mandato gi da Dio¯ ), che diventer un importante antenato dei Batak (45).

Marco Polo, parlando degli Uighur della Mongolia, riport la credenza per la quale il loro primo re non era di origine umana, ma nacque da una di quelle escrescenze che la linfa produce sulla corteccia degli alberi, escrescenze che noi designiamo col nome di esca. Da lui originarono tutti gli altri Khan (46). Ritroviamo un motivo affine nell'antica mitologia greca, nei luoghi

letterari in cui si argomenta sull'origine di citt e di popolazioni micenee. Il tardo autore latino Ovidio affermava (47) che, nei dintorni di Corinto, gli abitanti primigeni erano funghi, che Sisifo -

il leggendario fondatore dl questa citt - tramut in uomini. Diversamente, lo storico e geografo greco Pausania riporta di aver sentito raccontare che una volta, assetato, (Perseo) ebbe l'idea di strappare un fungo da terra; sgorgatane acqua, ne bevve e, avendone provato piacere, diede al luogo il nome di Micene (48). In effetti,

nell'etimologia degli stessi nomi di Micene e di Micenei evidente la comune radice da "mykes", ®fungo¯, e gli autori classici presentarono tali temi mitici a spiegazione di questi termini. Ricordiamo anche che una parola greca molto vicina alla precedente, "mykema", sta a indicare il muggito di un toro o il rombo di un tuono (49). Si incontrano, occasionalmente, temi di racconti mitologici che associano il fungo al pesce e al membro virile. L'analogia simbolica e

iconografica esistente fra il pesce e il fallo universalmente nota, quanto quella esistente fra il fallo e l'uccello. Funghi - in questo caso allucinogeni - e pesci sono associati fra di loro nei dipinti rupestri del deserto del Sahara, antichi di 700 anni (50); il pesce potrebbe rappresentare l'animale sotto le cui spoglie le anime di coloro che hanno mangiato i funghi effettuano il ®viaggio¯ nell'al di

l , non di rado identificato con il mondo subacquatico.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt In uno dei racconti raccolti da Gerardo Reichel-Dolmatoff nella

regione del Vaup s dell'Amazzonia colombiana (51) e appartenente all'etnia dei Tukano, si parla di un atto incestuoso avvenuto fra cognati. Il fratello maggiore della donna, per vendicarsi, taglia il pene del fratello, responsabile dell'incesto, e lo getta nel fiume, dove si trasforma in una particolare specie di pesce. Il padre di entrambi i fratelli, dotato di poteri sovrannaturali, e avvisato da un uccello, giunge in soccorso al figlio evirato, e con il suo soffio lo rianima. Quindi, estirpa un fungo e lo pianta nel ragazzo; ma egli vive solo alcuni giorni e poi muore. Allora la donna rimuove il pene artificiale, che, gettato nel fiume, si trasforma in una seconda specie di pesce. Nel medesimo racconto viene esplicitato che quando il

padre Sole venne a creare questo mondo, si masturb nella foresta. L'unico testimone era un fungo che aveva la forma di un pene;

chiamato "ab -y ru", ®sole-pene" (52), In un mito dei Barasana dell'Amazzonia brasiliana, al figlio del Signore del Cibo viene amputato il pene. Il padre allora lo rianima e, per ovviare alla mutilazione, inventa il Pene della Luna, una specie

di fungo che si sviluppa sul legno putrido, e che ancora oggi chiamato con il nome impostogli dal Signore del Cibo (53). In tutt'altra area culturale e geografica, presso i Karadjeri del Kimberley (Australia nord-occidentale), in un mito incentrato sui due fratelli ed eroi culturali Bagadjimbiri, questi, a un certo punto delle loro avventure cosmogoniche, procurano i genitali ai primi uomini e alle prime donne, che ne erano allora sprovvisti, intagliandone la forma in due specie diverse di funghi, e attaccandoli quindi nelle zone pubiche degli uomini e delle donne (54). L'atto

dell'evirazione o dell'auto-evirazione un tema piuttosto diffuso nelle mitologie delle popolazioni australiane e, di conseguenza, nelle simulazioni rituali delle cerimonie iniziatiche che, periodicamente, rivivono i tempi delle origini (55). Infine, nel mito dei Barasana, un'altra specie di fungo viene fatto

originare dall'"ipad£", la variet amazzonica della pianta della coca:

®Allora Dio della Terra si tolse di bocca l'"ipad£" (56), e con essa unse un albero in due punti distinti, un poco pi in alto e un poco pi in basso. L'"ipad£" si trasform in una specie di fungo che ancora

oggi si forma sugli alberi¯ (57).

Non sappiamo di quale fungo lignicolo si tratti, ma probabile che sia dotato di propriet psicoattive, verificata la sua discendenza

mitica da un altro vegetale psicoattivo, la coca. Del resto, non mancano notizie, seppure rare, di utilizzo di funghi d'albero nell'Amazzonia per i loro effetti inebrianti o eccitanti (58).

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PIANTE ECCITANTI.

- Coca.

La coca - "Erythroxylum coca" Lam., famiglia delle Erythroxylaceae - la pianta sacra per eccellenza delle popolazioni andine e di numerose

trib dell'Amazzonia. Si distingue in due variet principali: la variet "coca" delle regioni montuose delle Ande, e la variet "Ipadu"

Plowman, coltivata nella foresta tropicale. La masticazione quotidiana delle foglie di coca una pratica largamente diffusa fra gli indios delle Ande, in particolare del Per

e della Bolivia, e i reperti archeologici hanno evidenziato che il rapporto dell'uomo con questa pianta risale ad almeno 3000 anni (1). Mentre nelle regioni andine le foglie di coca vengono tenute sotto forma di bolo nella bocca (2) per un certo tempo, e poi rigettate, nella foresta amazzonica le foglie vengono tostate e ridotte a una fine polvere che, dopo l'aggiunta delle ceneri di alcune piante, viene

introdotta nella cavit orale; gradualmente mescolata con la saliva, essa passa quindi nello stomaco. Gli effetti conseguenti a questi metodi di assunzione della coca sono di tipo eccitante ed euforico, con notevole riduzione dello stimolo della fame. Nelle Ande, l'uso della masticazione della coca a un livello cos• esteso e abitudinario, fra la popolazione, origina dal periodo della conquista spagnola. I conquistatori, quando appresero che la coca masticata dava vigore fisico e sopprimeva la fame, ne imposero l'uso fra le migliaia di indios che lavoravano, in condizioni di semi-

schiavit , nelle miniere, e in tal modo furono i promotori della sua diffusione tra tutta la popolazione. Nel periodo incaico, l'uso della coca era ristretto alla casta reale-

prelatizia, l' lite del sistema teocratico. La coca era tenuta in massima considerazione dall'Inca, il figlio del dio Sole, che la considerava e la utilizzava come strumento mediante il quale

comunicare con la divinit . Essa veniva religiosamente chiamata "mama coca". In epoche precedenti, pre-incaiche, l'uso della coca pare fosse diffuso fra i "cacique" (capi-villaggio), i preti e i guaritori o sciamani. Secondo un mito incaico (3), Manco Capac, il primo leggendario re-dio

Inca, quando scese sulla terra, port con s la sacra pianta della coca: in questa credenza palese una diretta origine divina della

pianta. Garcilaso de La Vega riport , nei suoi "Comentarios Reales" del 1609, un pi elaborato mito d'origine in cui Manco Capac, totalmente

divinizzato, invia la pianta della coca agli uomini, per confortarli, in un particolare momento di carestia e di sofferenza:

®Durante un periodo di grande carestia e di grande miseria tra le trib Incas, Mando Capac, erede del trono del Sole, gett uno sguardo

attento sui suoi figli delle Ande occidentali. Vide grande sofferenza, e pi ancora lacrime, che per la loro abbondanza umettavano il suolo sotto i loro piedi. Mando Capac invi allora al suo popolo un

presagio, fatto da una cometa rossa e scintillante, che illuminava la terra con i suoi lampi. Lo stesso Dio si trasport fino al palazzo del re Montana, che si precipit a riverire l'oracolo. Vide Dio sotto

forma di una foglia di coca in fiamme. Quando il fuoco si spense, l'Imperatore si chin per prendere l'oggetto che il Dio aveva

abbandonato dietro di se. Comprese subito il messaggio. Mando Capac aveva indicato il Cammino agli uomini. Grazie alla foglia di coca

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt nessuno avrebbe pi sentito n la fatica n la fame¯ (4).

In una leggenda raccolta nel 1571 nella valle di Yucay (Cuzco),

riportato che le prime piante della coca nacquero dal terreno in cui era stata uccisa e ridotta a pezzi una bella fanciulla, colpevole di essersi donata a tutti gli uomini che la desideravano (5).

A questa pianta si riferiscono anche le mitologie delle trib

amazzoniche. Abbiamo gi riportato un mito d'origine della coca e dello "yaj " dei Desana della Colombia nel capitolo dedicato a

quest'ultima pianta (6). In esso, le due piante vengono fatte originare dalle dita delle mani e dei piedi di due sorelle divine gravide, al momento del parto. L'associazione fra la coca e le dita

della mano si ripresenta in un altro racconto Desana, in cui

riportato che ®l'aquila rub il dito della pianta della coca, e lo mangi fino a che ne fu satollo¯ (7).

Nella cosmogonia dei Desana che occupano la parte brasiliana del Rio Vaup s, l'"ipad£" (polvere di coca) uno degli oggetti misteriosi e

invisibili che diedero origine a Bisnonna del Mondo, capostipite della genealogia divina e del creato (8); la pianta dunque considerata

preesistente all'atto della creazione del mondo, e delle stesse divinit che lo crearono. La coca esiste da sempre, ®increata¯ .

Presso un'altra trib tukanoide della medesima regione del Vaup s, incontriamo un mito di origine della pianta dal corpo di un uomo morto. Il racconto appartiene al ciclo mitologico dell'Anaconda gambo-

di-manioca. Yeba suo figlio, mentre Yawira la figlia dell'Anaconda-pesce:

®Yawira, ottenute dal padre le piante eduli coltivate, e portatele a Yeba, gli ingiunse di disboscarle un campo, e di non stare troppo a preoccuparsi di suo fratello minore. Yawira si fece aiutare da Nyake, il fratello minore di Yeba, a trasportare i fasci di gambi di manioca pronti per essere piantati, ma nel corso del lavoro, lo sedusse, facendo l amore lungo il sentiero, ai margini del campo, e, infine, in mezzo allo stesso campo. Qui, sul punto di eiaculare, Nyake mor•, e Yawira ne distese il corpo per tracciare i filari delle piante di

coca. Questa era la coca-"nyake", la variet posseduta da allora in poi dal popolo di Yeba, ed era diversa dalla coca dell'Anaconda-pesce.

Quando Yeba and a raccogliere la sua coca, dagli arbusti sgorg sangue umano. Poi, Yawira ebbe un figlio, il progenitore dei Nyake Hino Ria ("Figli dell'Anaconda Nyake"), detti anche Rasegana, un sib [setta iniziatica] di cantori/danzatori¯ (9).

La trasformazione del corpo del fratello minore in pianta di coca evidenziata dal motivo del sangue umano che fuoriesce dagli arbusti. Nell'immagine dei ripetuti rapporti sessuali, sul campo e sul

sentiero, v' forse da ravvisare un rito agrario di fecondazione. Riportiamo, di seguito, un mito sull'origine della coca e delle

istituzioni del suo uso, registrato presso la trib dei C gaba - chiamati anche Kogui o Kogi - che vive nella Sierra Nevada de Santa Marta, in Colombia, e appartiene alla famiglia etnica degli Arhuaco.

Sintana un eroe culturale C gaba, mentre la Magri la Madre del genere umano, pi nota col nome di Naowa:

®Anticamente non c'era coca, e gli indios soffrivano la fame. Sintana chiese la coca alla Magri. Presso di questa viveva una donna

piccolissima; Sintana la prese e la mut in coca. Nuamiskagve, figlio di Sintana, la semin in un tronco; quando la pianta crebbe, presero il seme e lo portarono a Taminaka, e l , in una vasta pianura,

seminarono la coca.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt In quel tempo, la Magri aveva la sua Casa delle Cerimonie; un giorno

Sintana fece da mangiare, ma non gli riusc• bene; and a prendere la coca e prov a cucinarla, ma neanche la coca gli riusc• bene. Allora cucin la Magri, e vi riusc• benissimo. Allora Sintana ordin agli uomini di non raccogliere la coca, perch

devono farlo le donne, e disse alle donne di non mangiare la coca, perch fa dolere loro lo stomaco e procura diarrea e mal di denti. Poi

disse che neanche l'uomo deve mangiarla prima di essere battezzato, perch il Mama [sacerdote stregone], quando lo battezza, deve dargli

la coca, la zucca, e il legnetto per portare il cibo alla bocca (10). Il Mama deve anche consigliargli di mangiare coca quando si trova con gli altri uomini nella Casa delle Cerimonie, per udire i consigli del Mama e conversare¯ (11).

Nel motivo della cottura della Magri, la madre del genere umano, v' forse da ravvisare una forma di sacrificio, connesso all'arrivo sulla terra della nuova pianta. Anche questo racconto fa riferimento al

motivo della fame in cui versa l'umanit , una fame che viene effettivamente alleviata dagli effetti della coca; ma pur possibile

che la condizione di fame e di carestia rappresenti quella condizione di ®crisi¯ precedente il primo contatto umano con la pianta, che caratterizza vari miti d'origine di piante psicoattive. In un altro racconto c gaba, si tratta delle origini del procedimento

di tostare le foglie di coca: inizialmente, Bunku i, ®ragazza-cervo¯ ,

figlia di Sintana, raccoglieva (per conto di suo padre) le foglie gi

tostate, poich , chinandosi a raccoglierle e infilando la testa fra le piante, le foglie divenivano tostate, e in tal modo essa le raccoglieva. Il racconto prosegue con il tentativo dello stregone Ili

di possedere Bunku i, riuscendovi dopo che si era nascosto in una cavit del terreno disposta al centro del campo di coca, e catturando Bunku i mentre essa aveva sembianze di fanciulla. Quando egli soddisf

i suoi impulsi sessuali con Bunku i, ella perdette la capacit di tostare le foglie di coca al suo passaggio fra le piante, e da allora le foglie vengono raccolte verdi, e solo in seguito vengono tostate (12).

- Caff .

La pianta del caff - "Coffea arabica" L., famiglia delle Rubiaceae - di origine araba. Il fulcro originario della sua coltivazione e del

suo uso come droga eccitante sembra essere stata la regione dello Yemen, dove la prima coltura di caff , archeologicamente attestata,

datata al 575 d.C. Di l•, il suo utilizzo si diffuse fra gli Arabi e i Persiani, e, fra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, dalla

penisola arabica l'uso del caff si diffuse in altre parti del mondo, raggiungendo Parigi nel 1643, l'India del Sud verso il 1650, l'Indonesia nel 1696, il Brasile nel 1723. Un diffuso racconto sulla

scoperta degli effetti psicoattivi del caff riguarda un capraio di nome Kaldi, il quale, incuriosito dalle bizzarre capriole delle sue capre, avrebbe - verso l'850 d.C. - mangiato i frutti degli arbusti sempreverdi di cui si nutrivano le sue bestie. Egli si sarebbe sentito gioioso, e si sarebbe recato ovunque, molto eccitato, ad annunciare la sua scoperta (13); una scoperta probabilmente verificatasi, dunque, mediante l'osservazione di particolari comportamenti animali. Louis Lewin riporta un racconto diverso, in cui si ripresenta il motivo delle capre eccitate: ®Il maronita Faustus Nairo racconta che il capo di un monastero maomettano aveva appreso dai suoi pastori che

le capre, se mangiavano i chicchi dell'arbusto del caff , rimanevano assai sveglie, e nella notte si agitavano e saltavano. Questa notizia l'aveva indotto a preparare con quella pianta una bevanda, allo scopo

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt di mantenere desto s e i suoi dervisci, allorch dovevano trascorrere

tutta la notte nella moschea in preghiere¯ (14). In un'altra versione, il Mullah Schadelih fatica a stare sveglio durante le sue letture del Corano, e dopo aver saputo da un pastore che le sue capre si eccitavano mangiando un certo arbusto, ricava da

questo una bevanda che lo aiuter a restare sveglio (15). Probabilmente, esistono numerosi racconti e varianti simili a quelle che riportiamo, tutte incentrate sul medesimo tema della scoperta

degli effetti del caff mediante l'osservazione dei suoi effetti sulle capre che se ne cibano.

Un pi elaborato mito d'origine del caff e del suo uso proviene dall'etn•a degli Oromo dell'Etiopia orientale. In esso, la pianta del

caff viene fatta originare dalle lacrime della divinit suprema, Waqa:

Un giorno, tanto tempo fa, all'epoca in cui Waqa camminava ancora per la terra, egli chiam un uomo e gli disse: "Vieni: ti dir il giorno

che morirai". Ma l'uomo rispose: "Io non morir mai. Perch dovrei morire? Voglio

restare vivo per sempre come te". "Come potresti - disse Waqa - restare vivo e non morire? Vieni,

ascolta da me il giorno della tua morte. Ti far morire dopo che avrai visto i tuoi nipoti fino alla quinta generazione. Vivrai per trecento

anni. Per , quando avrai visto cinque generazioni di nipoti, dovrai morire. Come vedi, rimander la tua morte per molto tempo".

Rispose l'uomo: "No, non voglio per nulla morire. Io sono tuo figlio. Voglio rimanere vivo insieme a te". Cos• si oppose a Waqa e si rifiut

di ascoltarlo. Allora Waqa disse: "Poich ti rifiuti di accettare la mia decisione, scompari dalla mia vista. Morrai oggi". A queste parole, l'uomo mont

sul suo cavallo e corse via. Correva veloce quanto poteva. And dal luogo dove sorge il sole fino a quello dove tramonta. A sera, verso il tramonto, raggiunse un luogo dove alcune persone avevano scavato una tomba, presso la quale sedevano. Quando videro il cavaliere in arrivo, si dissero: "Guardate, eccolo".

L'uomo arrest il suo cavallo. Chiese loro: "Per chi avete scavato questa tomba?"

"Non sappiamo - dissero - ma pensiamo che sia per te. Stamane Waqa venuto qui e ci ha detto: 'Scavate una tomba per qualcuno, per un uomo

che si rifiutato di accettare la mia decisione'. E' questo ci che Waqa ci ha detto di fare".

"Oh Waqa! - esclam l'uomo - Allora vero quel che si dice: anche se parti la mattina presto, non puoi sfuggire a Waqa". Smont da cavallo,

e mor• subito, ed essi lo seppellirono. Dopo cinque giorni, Waqa si ricord di nuovo di quell'uomo. And nel luogo in cui viveva quella gente. Gli dissero: "Oh Waqa, accaduto tutto come hai detto. L'uomo passato di qui ed morto

immediatamente. L'abbiamo seppellito come ci avevi detto di fare". "Portatemi alla tomba", disse Waqa. Quando Waqa vide l'uomo giacere nella tomba, sgorgarono lacrime dai suoi occhi. Esse caddero sul cadavere di quell'uomo. E, meraviglia: nello stesso istante una pianta

di caff germogli nel punto in cui erano cadute le lacrime. E' cos• che il caff precede tutte le altre cose. E' cos• che viene preparato per primo in tutti i rituali. Il caff la nostra grande

medicina. Fu benedetto da Waqa fra tutti gli alberi, benedetto dalle sue lacrime.

Tutte le piante crescono per la pioggia, ma la pianta del caff germogliata dalle lacrime di Waqa¯ (16).

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt

- T .

La pianta del t - "Camellia sinensis" (L.) O.Kontze (17) - originaria dell'Asia, probabilmente dell'India del Sud. Verso il

quinto secolo d.C., il t era gi diffuso in Cina e in Mongolia; nelle vicinanze di Urga, sono stati scoperti campioni vegetali di questa pianta miracolosamente conservati in alcune tombe preistoriche (18),

depositati al loro interno al momento della sepoltura, in qualit di cibo spirituale di accompagnamento dell'anima del defunto nell'oltretomba.

Sull'origine del t esiste una leggenda cinese che mette in risalto le propriet eccitanti della pianta:

®Durma, il terzo figlio del re indiano Kosjuwo, il pio capo della religione fondata dal saggio indiano Sjaka e diffusa nell'Asia

orientale, sbarc in Cina nel 1519, per predicare quella religione. Egli viveva sempre all'aperto, mortificando il proprio corpo e contenendo le proprie passioni. Si nutriva solo di foglie, e cercava

di raggiungere la perfezione della santit passando tutte le notti in contemplazione dell'Ente Supremo. Dopo molti anni, accadde una volta che, esaurito dalle lunghe mortificazioni, fu finalmente sopraffatto dal sonno. Al momento del risveglio, fu preso da un tal pentimento per

avere mancato al suo vato e da un tal desiderio di non ricadere pi in un simile peccato di debolezza, che si recise le palpebre, ch'erano

state strumento del suo peccato, e irato le scagli via. L'indomani, quando ritorn nel posto del suo pio tormento, egli vide che l , dove

aveva gettate le sue palpebre recise, era cresciuta, per miracolo, una pianta, che era l'arbusto del t . Egli ne gust le foglioline e prov

subito una strana vivacit e una allegria mai provate prima, e sent• nuove forze, per sprofondarsi sempre pi nell'essenza divina, senza

interruzione. Egli non si stancava di lodare con i suoi discepoli l'azione delle foglie del t e il modo di gustarle, sicch la fama di

questo arbusto rapidamente si diffuse assai¯ (19).

In un'altra versione del medesimo racconto (20), sono i discepoli cinesi, e non il maestro zen proveniente dall'India del Sud, a cedere al sonno durante le pratiche meditative. Anche in questo caso ritroviamo il motivo dello strappo delle palpebre del maestro e della

loro trasformazione in due piante di t , che avevano il compito di allontanare le insidie del sonno dai suoi discepoli.

- Cola.

I grossi semi (le ®noci¯) dell'albero della cola - botanicamente rappresentata dalle due specie "Cola acuminata" (P. Beauv.) Schott & Endl. e "Cola nitida" (Vent.) Schott & Engl. (21) - sono dotati di

propriet eccitanti (contengono caffeina) e sono largamente utilizzati in diverse regioni dell'Africa. Le popolazioni del Sudan e della Nigeria sono particolarmente dedite all'uso di tale sostanza. Attorno alla noce di cola ruota gran parte della vita sociale e delle relazioni commerciali di queste popolazioni. Solitamente, la noce

viene assunta allo stato fresco, ma pu anche essere consumata allo stato secco, dopo essere stata ridotta in polvere (22).

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Presso varie trib africane, la cola viene impiegata in riti di magia e di divinazione. I Wob della Costa d'Avorio la considerano un dono particolare che Dio ha fatto loro, e poich ha la propriet di facilitare il rapporto fra gli uomini, ritenuta capace di facilitare

il rapporto degli uomini con gli spiriti (23). Il seguente mito d'origine della cola appartiene a una trib del ceppo

linguistico Edo della Nigeria:

®Ototamagmo (il Signore del mondo) e Ototanelimi (il Signore del cielo) s'incontrarono strada facendo, e scambievolmente si chiesero donde venivano e che cosa andavano a fare. Indi si accordarono di incontrarsi di nuovo fra sette giorni per raccontarsi delle storie.

Ototanelimi raccont la sua storia al terreno, e poi lo copr• (in quel punto) con un guscio di zucca, e Ototanagmo fece altrettanto. Quando tornarono, trovarono due alberi di "kola", carichi di frutti, e ne raccolsero tanti da riempirne le loro sacche; ne ruppero uno, e lo misero ad arrostire sulla brace, ma non si cosse; presero una pentola e ve lo misero dentro a bollire, ma dopo essere stato al fuoco tutto il giorno non era ancora cotto. Allora venne Osa (il dio supremo), e

con un coltello tagli la "kola", dicendo che tutti l'avrebbero mangiata cruda senza soffrirne. Poi ne diede un pezzo a ciascuno, e depose il resto ai piedi dell'albero. Da quel tempo gli uomini hanno mangiato la "kola" cruda¯ (24).

In questo racconto, i primi due alberi della noce di cola originano dall'atto di ®raccontare storie¯ da parte di due divinit , un motivo

che potrebbe alludere alla loquacit e alla logorroicit che, di frequente, si manifestano come effetti di abbondante uso di cola. Una leggenda dell'Africa occidentale conserva i tratti di un mito d'origine del primo contatto fra l'uomo e la noce di cola. Questa viene considerata l'originario cibo degli dei:

®Un giorno il Creatore, che era sceso sulla terra per vedere che cosa facevano gli uomini, e stava loro vicino, mise da parte un pezzo della

noce di cola che stava masticando, e pi tardi, nel partire, si dimentic di riprenderlo. Un uomo, che aveva osservato ci , prese

l'invitante boccone. La donna lo ammon• di non voler mangiare il cibo stesso di Dio, ma l'uomo si mise il boccone in bocca, e trov che era di buon sapore. Ma mentre egli stava masticando, il Creatore torn , cerc il pezzo di noce che aveva dimenticato, e si accorse che l'uomo si sforzava di inghiottirlo rapidamente. Subito lo afferr per la gola e si fece restituire il frutto. Da allora la laringe diventata visibile al collo dell'uomo; il segno della forte stretta delle dita

divine¯ (25).

Il racconto tratta dell'origine del cosiddetto ®pomo d'Adamo¯ , ed probabile che, nella sua forma originaria, l'evento di cui narra fosse fantasticamente ambientato ai tempi della prima coppia umana, cos•

come possibile ch'esso abbia, in seguito, assorbito influenze e interpretazioni cristiane.

PIANTE E BEVANDE ALCOLICHE.

- Vite e vino.

La vite da vino (1) si gradualmente evoluta dalle viti selvatiche.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Si molto discusso sul centro originario della coltivazione della vite e della produzione del vino, e, in particolare, si dibattuta la singolarit o pluralit geografica della ®scoperta¯ del vino.

Attualmente, la maggior parte degli studiosi concorde nell'ipotesi

che localizza l'origine della coltivazione della vite da vino nelle regioni montuose del Mar Nero e del Mar Caspio, in una data compresa

fra i 6000 e i 4000 anni a.C. Da ci si dedotto l'inizio della domesticazione della vite selvatica nella medesima area geografica, datato a 10000-8000 a.C. L'uomo della Transcaucasia avrebbe, quindi,

prima scoperto le propriet del vino ricavato dalla vite selvatica, e, in seguito - con un processo di coltivazione e di selezione della pianta durato alcuni millenni - sarebbe giunto a ottenere la vite da vino vera e propria. E' possibile che la regione indicata non sia stata l'unica patria

della viticoltura - stata ad esempio ipotizzata una tradizione vinicola indipendente originatasi nella penisola iberica tra il 2500 e il 2000 a.C. - ma pare certo che fu quella la regione in cui la produzione del vino raggiunse per la prima volta un significativo

ruolo all'interno della societ umana. Ricordiamo, tuttavia, che Karl Ker nyi, il grande studioso della mitologia greca, ha ipotizzato

un'origine della viticoltura localizzata in tutt'altra area geografica, ovvero nelle regioni centrali dell'attuale deserto del Sahara - in particolare nel Tassili algerino - regioni un tempo ricoperte da un ricco e umido manto vegetale (2). Dalla regione della Transcaucasia, la viticoltura e le tecniche vinicole si diffusero verso la Mesopotamia, le regioni orientali del bacino del Mediterraneo, l'Egitto, l'Anatolia e la Grecia. In Egitto, il vino venne usato per scopi religiosi e sociali sin dai

periodi dell'Antico Regno (2800-2270 a.C.). Ed proprio dalla cultura egiziana che ci pervenuto, tramite Plutarco, un arcaico mito

sull'origine della vite. In un passo della descrizione plutarchea relativa alla religione egizia, trattando dei culti in Heliopolis, leggiamo:

®I re usano bere una limitata quantit di vino, in virt di una prescrizione sacra, come Ecateo attesta: essi sono anche sacerdoti. L'uso del bere sorse a datare dal regno di Psammetico; prima non

bevevano vino, n lo usavano nelle libazioni come qualcosa di gradito agli dei; anzi, al contrario, credevano ch'esso fosse il sangue di

coloro che avevano combattuto un tempo contro gli dei, appunto perch da costoro, caduti e mescolati alla terra, erano spuntate, secondo la

credenza, le viti. Ed ecco perch l'ubriacarsi toglie loro il senno e li rende vittime di allucinazioni: poich s'impregnano del sangue dei

loro antenati. Tali, i racconti che Eudosso (3) narra nel secondo libro del suo "Giro della terra", colti proprio dalla bocca dei sacerdoti¯ (4).

Il vino sembra essere giunto a Creta durante il periodo minoico tardo (1700 a.C. circa), e raggiunse la Grecia attorno al quindicesimo secolo a.C., attraverso, cos• pare, l'espansione e la diffusione della cultura micenea (5).

V' chi ha voluto vedere in un passo dell'Antico Testamento un tema relativo all'origine della viticoltura. No , dopo il Diluvio, usc• con i suoi figli dall'Arca e, in qualit di ®coltivatore della terra¯ ,

®cominci a piantare una vigna¯ (6). In realt , non sappiamo quanto da questo passo sia legittimo dedurre, seguendo T. Unwin (7), il luogo

dell'origine storica della viticoltura, o quanto, pi semplicemente, ne possa conseguire l'importanza primaria attribuita al vino nella cultura ebraica, ai tempi della stesura della "Genesi" testamentaria.

Per quanto riguarda la cultura greca, si soliti associare il vino a

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Dioniso, il ®dio del vino¯ per eccellenza, ma un fatto pare certo: Dioniso, nella sua forma originaria, non era un dio del vino, allo

stesso modo in cui una differente divinit del pantheon greco, Apollo, non era originalmente associato a un'altra pianta misterica: l'alloro delfico. Infatti, solo quando il culto di Apollo raggiunse Delfi, sede di un antico oracolo nel cui rito questa pianta ricopriva un ruolo forse determinante, il dio si inser• nell'oracolo a tal punto da diventarne in breve tempo il suo unico patrono, e tale da eleggere Delfi a sua dimora terrena (8). Qualcosa di simile accadde al ®dio di

Nisa¯ , ed certo che la figura e le qualit di questa divinit ®straniera¯ hanno subito, prima, e durante il suo tardo inserimento

fra la cerchia degli dei dell'Olimpo, pi di una rielaborazione funzionale, sino a trasformarsi nel dio del vino che conosciamo per come ce lo hanno tramandato gli autori classici.

Comunque sia, sin dalle sue origini questa divinit era associata con particolari vegetali sacri, la cui individuazione attualmente oggetto di studi e discussioni. Ad esempio, v' chi vede in Dioniso

una ellenizzazione del dio traco-frigio Sabazio, il cui culto mostra significativi paralleli con l'antico culto dell'Haoma-Soma, la sacra bevanda delle popolazioni indo-europee di ceppo indo-iranico (9).

Secondo tale interpretazione, il culto di Dioniso, quello pi arcaico, sarebbe stato un culto estatico, caratterizzato dall'utilizzo di

funghi allucinogeni, nella fattispecie l'agarico muscario, di cui nota l'identificazione stabilita da R. G. Wasson, con il Soma vedico (10). Per J. Brosse, nel contesto dionisiaco ®il vino non sarebbe che il punto di arrivo di una serie [di inebrianti], che parte dal nettare divino passando attraverso la sacra pozione delle Baccanti¯ (11). Diversi autori hanno voluto vedere nelle bevande fermentate (a base d'orzo o di altri cereali) scoperte precedentemente al vino d'uva, gli agenti psicoattivi dionisiaci.

V' chi, ancora, vede in Dioniso una pura ®divinit dell'estasi¯ , un dio delle diversificate modificazioni della coscienza indotte dai

differenti inebrianti allora noti (12). In effetti, ipotizzabile che fra le culture politeiste in cui era presente la conoscenza e l'utilizzo di un insieme di vari enteogeni, ciascuno con il suo grado di ®potere¯ e con specifici riti d'approccio, si fosse giunti a

concepire una divinit che assorbisse in s tutti i differenti poteri ierobotanici: una peculiare divinit degli stati indotti dai vegetali

sacri, un dio rappresentato in estasi, in associazione univoca con gli stati di coscienza ®straordinari¯.

Tornando a Dioniso, vanno ricordate le sue affinit con Shiva, affinit che sono state giustificate con le comuni origini della

cultura greca e di quella indiana, risalenti alle arcaiche popolazioni indoeuropee (13), ma che possono essere in parte giustificate anche

dal comune ruolo svolto da queste divinit di elargitrici di stati visionari e dell'espansione della coscienza. Allo scopo di valutare adeguatamente il ruolo del vino nella religione

misterica di Dioniso, v' da tener conto del fatto che, nel mondo greco classico, veniva ripetutamente raccomandato di ®tagliare¯ il

vino, miscelandolo con una certa quantit d'acqua: si riteneva che il vino bevuto da solo inducesse la follia. Per Fran ois Lissargue

®questa usanza dipende sicuramente dall'altissima gradazione alcoolica dovuta alla vendemmia tardiva, effettuata quando le foglie erano gi

cadute [...]. La bevanda che se ne ricava, se bevuta allo stato puro, come una droga pericolosa che pu far uscire di senno o uccidere¯

(14). Tuttavia, difficile pensare che il vino puro potesse da solo essere il responsabile di quegli attacchi di furore, di follia e di estasi, cos• frequentemente riportati nella letteratura e nella mitologia greca. Non esiste alcun tipo di vino d'uva che possa

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt giustificare i furori e i rapimenti delle Menadi, le donne invasate, che partecipano al corteo dionisiaco, possedute dal dio attraverso il

consumo delle sue bevande sacre. E' pi probabile, invece, che il vino venisse impiegato come ®liquido madre¯ (dalle buone potenzialit

solventi) in cui fare macerare foglie, radici o semi di piante allucinogene, e non mancano riferimenti a queste pratiche nella sterminata letteratura classica. Basti qui ricordare il famoso "nepenthes" omerico, dagli effetti tranquillizzanti, che Elena di Troia aggiunse al vino da offrire allo sposo e agli ospiti di un banchetto (15).

Uno dei miti greci pi antichi relativi all'origine della vite ci stato tramandato dallo storico ionico Ecateo di Mileto. La patria di

questo racconto l'Etolia, regione occidentale della Grecia. In esso, l'origine della vite viene posta in relazione con un astro, il Cane di Orione, Sirio:

®Ecate di Mileto, nel dire che la vite fu scoperta in Etolia, riferisce quanto segue: "Oresteo, figlio di Deucalione, giunse in Etolia per il regno, e una sua cagna partor• un ramo; allora egli

comand che fosse sotterrato, e da quel ramo nacque una vite dai molti grappoli; per questo motivo chiam anche suo figlio Fitio (16). Onieo,

figlio di costui, fu chiamato cos• dalle viti". Infatti, gli autori Elleni chiamavano "oinai" le viti¯ (17).

La cagna che partorisce il ceppo dal quale nascer la prima vite, il cane della costellazione di Orione, cio Sirio: si riteneva che

l'apparizione stagionale di questo astro fosse responsabile della maturazione della vite. Per Massenzio ®il sottinteso del mito di Oresteo consiste in un rapporto di equivalenza tra la gestazione della cagna e il processo di maturazione della pianta nella terra¯ (18).

Oresteo figlio di Deucalione, il quale figlio di Prometeo, oltre a essere l'unico uomo sopravvissuto al diluvio, assieme all'unica donna sopravvissuta, Pirra. Dunque, l'origine della vite viene collocata ai tempi mitici degli inizi di una nuova generazione umana, l'ultima secondo l'ordine cronologico dell'antropogonia greca.

Anche Pausania (19) riporta questo mito, ambientandolo per nella Locride Ozolis, e aggiungendo che, dal ceppo partorito dalla cagna, fuoriuscirono, in forma di rami ("ozoi"), oltre alla vite, anche gli uomini della stirpe dei Locresi Ozolii. Per Kerenyi (20), il mito di

Oresteo di antichissima data, precedente all'arrivo in Grecia di Dioniso come dio del vino. In un altro mito, appartenente alla sfera d'azione di Oineo, re di Calidone, Dioniso non partecipa alla scoperta della vite e del vino; anzi, in questo racconto il vino ha un'origine umana e non divina: Stafilo, pastore di Oineo, si era accorto che uno dei caproni del gregge spariva frequentemente e, quando si ricongiungeva al gregge, appariva sazio, e con un comportamento ®strano¯. Un giorno, Stafilo decise di seguire l'animale, e lo sorprese mentre si cibava dei grappoli d'uva di una pianta di vite; raccolse allora il grappolo e lo

port a Oineo. Questi spremette i chicchi d'uva, e ne ottenne una bevanda che chiam col suo stesso nome, "oinos". Chiam poi il

grappolo d'uva "stafili", dal nome del suo pastore, Stafilo. In alcune versioni, il pastore viene chiamato Orista, forma deformata del nome di Oresteo (21). Successivamente, col sopraggiungere di Dioniso nella cultura greca, Oineo viene coinvolto in un differente mito d'origine della vite. In

questo, Dioniso ospite del re Oineo, e durante la permanenza a corte, il dio seduce la moglie di Oineo, la regina Altaia; dalla loro

unione nascer una bambina, Daianeira. Quando Oineo si accorge della relazione extraconiugale, si allontana dalla citt , con una scusa.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt Dioniso, grato a Oineo per il rispetto a lui rivolto, lo ricompensa, donandogli la vite e insegnandogli la tecnica della preparazione del vino. Apollodoro (22) riporta una versione di un mito d'origine del vino incentrato sulla figura di Icario, abitante nel villaggio attico di Icaria. All'arrivo di Dioniso in Attica, il dio viene ospitato da Icario. Quest'ultimo riceve, come ricompensa dal dio, un tralcio di vite, e l'insegnamento della tecnica della preparazione del vino. Volendo rendere partecipe gli altri uomini del dono dionisiaco, Icario si reca presso alcuni pastori i quali, avendo bevuto vino in eccesso e senza mescolarlo con l'acqua, credono di essere stati avvelenati, e uccidono Icario. Secondo una differente versione, sono gli abitanti della Tracia, presso cui si era recato Icario, a compiere l'omicidio. La figlia di Icario, Erigone, guidata dalla propria cagna, si dirige

verso il luogo dove stato ucciso suo padre e scorgendone il cadavere, pone fine alla sua vita impiccandosi. Altre varianti del mito riguardano il suicidio della cagna dopo la morte di Erigone, e l'ordine di Dioniso a Icario di diffondere il vino fra gli uomini. Lo scrittore latino Nonno ha riportato, nelle sue "Dionisiache", un mito molto antico riguardante la scoperta della vite, nel quale

Dioniso apprende da un serpente mitico il gusto dell'uva. La vite preesistente a questo evento nella sua forma selvatica, cos• creata

per volont divina dal sangue degli dei dell'Olimpo. Successivamente, Dioniso inventa il sistema pi primitivo per la produzione del vino, cio quello di pigiare l'uva in una cavit ricavata nella roccia. Ci

avvenne ai tempi mitici in cui l'infante Dioniso veniva allevato in una grotta dalla Grande Madre. Riportiamo i passi pi salienti del

racconto di Nonno:

®Ma dai cantori di inni un'altra pi antica storia si narra, come un tempo

alla terra dal cielo scorrendo il fecondo sangue degli Olimpi gener la bacchica bevanda del grappolo; e come sui colli

senza cure da se cresceva il frutto da raccogliere. Non aveva ancora il nome della nobile vite, ma nel folto selvatica avvolgendosi con rigogliosi viticci crebbe come una foresta di piante generatrici di vino, da cui zampillava il succo per il peso dei grappoli opimi. (...) La voluta della vite abbracciava il pino a lei di fronte, ombreggiando il celato virgulto con fitti tralci, e l'animo a Pan allietava; scosso dal vento del nord il pino inebriato calava

gli aghi profumati dei rami gi verso le viti. Attorno ad esso avvolgendo il sinuoso dorso un drago suggeva il nettare del frutto dolce stillante, e con ingorde fauci il liquore di Bacco succhiando versava il succo del grappolo divenuto vino e dalla gola aperta gocce purpuree gli arrossavano la barba. E Bacco che percorre i monti stup• mirando come un succo rosso al par di vino del serpe le fauci colorasse, e volgendo indietro le spire dalle squame screziate

sprofond nella prossima tana rocciosa il serpe variegato, scorgendo Bacco. E alla vista del grappolo pregno di rosseggiante rugiada, Bacco intese gli antichi oracoli della fatidica Rea. Smosse le rocce, e con acuminata punta

dell'acciaio svuot i recessi della pietra; avendo lisciato i fianchi del pozzo profondo fece una fossa a guisa del tino ricco di uve,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt e recideva i grappoli appena maturi con l'affilato tirso, dando il modello della ricurva falce a venire. (...) Con corna di bue attingevano, in luogo delle tazze ancora non esistenti: per cui in seguito sempre il divino nome di lui ebbe il vino annacquato¯ (23).

Infine, riportiamo un mito sull'origine della tecnica della potatura delle viti, riportato da Pausania, che, ancora una volta, chiama in causa l'originaria osservazione dell'uomo del rapporto fra causa ed effetto nel comportamento di alcuni animali: gli abitanti di Nauplia,

antica citt dell'Argolide, raccontavano di un asino che ®avendo indebitamente mangiato un tralcio di vite, ne rese cos• pi abbondante

il frutto per il futuro - e in effetti hanno un asino intagliato nella roccia, proprio perch questo animale avrebbe insegnato loro a potare

le viti¯ (24).

- Maguey e pulque.

Nella storia delle bevande fermentate, il pulque occupa una posizione di rilievo nella vita delle popolazioni indigene del Messico - in particolare quelle di lingua nahuatl. Nel periodo precedente e

successivo alla Conquista, esso esercit una significativa influenza sulle credenze religiose e sulla mitologia di questi popoli. Presso gli Aztechi, il pulque era considerato una bevanda inebriante bevuta dagli dei, ancor prima che dagli uomini.

Il pulque un prodotto della fermentazione della linfa ("aguamiel") di alcune specie di piante succulente del genere "Agave" (25), in particolare di "A.atrovirens" Karwinsky ex Salm-Dyck e "A.americana" L., intensivamente coltivate in diverse regioni del Messico. L'"aguamiel" viene fatto fermentare in recipienti di terracotta o di legno; in breve tempo si viene a formare un ®pulque soave¯, dolciastro, e quando la fermentazione aumenta, acquista una maggiore gradazione alcolica, diventando un ®pulque forte¯ (26). I Nahua utilizzavano tutte le parti della pianta per scopi differenti: dalle foglie si ricavava carta e un tessuto per vestiti; dalle sue fibre rigide si otteneva un filo con cui si costruivano funi, corde e stoffe; con le spine si facevano aghi e spilli; la radice cucinata era un alimento nutritizio; dalla linfa si ricavavano il pulque, un tipo di miele, e certi pani di zucchero (27). I primi cronisti spagnoli che riferirono dell'uso del pulque riportarono scene di ubriachezza collettive, che spesso sfociavano in

stati di delirio, di furore e di prostrazione, dovuti, pi che all'effetto intrinseco del pulque - di natura alcolica - all'aggiunta alla bevanda di particolari vegetali che ne rafforzavano e ne modificavano gli effetti. Il pulque scorreva copiosamente durante le cerimonie e le feste in buona parte del calendario religioso azteco. Nei riti che prevedevano il sacrificio dei guerrieri catturati in battaglia, veniva dato ad essi da bere, poco prima di essere immolati, un tipo di pulque ricavato da una particolare specie di Agave (28), il

"t ometl" (da "t o", ®Dio¯ , e "metl", ®maguey®, quindi: ®agave degli dei¯). Nella preparazione della bevanda venivano impiegate diverse altre specie di maguey, riconosciute dai Nahua come ®maguey bianco¯, ®maguey verde¯, ®maguey di fuoco¯, eccetera, ciascuna delle quali produceva un tipo diverso di pulque, e questa differenziazione era destinata ad aumentare attraverso l'aggiunta dei diversi additivi e ®rinforzanti¯ vegetali.

Una siffatta variabilit nelle qualit di pulque e nelle relative propriet psicoattive si rispecchia nella moltitudine di dei

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt relazionati con questa bevanda. Essi corrispondono alla famiglia dei "centzontotochtlin", i ®quattrocento conigli¯, ®i numerosi dei del pulque¯ (29) (possono tutti venire individualmente denominati "ometochtli", ®due-coniglio¯, che sembra essere il nome generico degli dei del pulque). La maggior parte di questi sono considerati degli esseri umani divinizzati, degli eroi, sebbene nel mito vengano tutti

considerati figli di un'unica divinit femminile, May huel, la ®dea del maguey¯. Ma anche May huel, in effetti, sembra essere stata originalmente un essere umano, in seguito divinizzato. La sua storia

si intreccia con la peregrinazione storica che il popolo dei M xica intraprese, guidata da un sacerdote chiamato "mecitli", dalle terre settentrionali verso sud, sino a giungere nella Valle del Messico. Qui

i M xica si stanziarono, fondando Tenochtitlan, sulle cui rovine

sorta l'attuale Citt del Messico. Nella sua forma pi estesa, il racconto della peregrinazione m xica

stato riportato nella "Historia general de las cosas de Nueva Espa¤a",

scritta da Fray Bernardino de Sahag£n nella seconda met del 1500, un'opera che rimane fondamentale per lo studio dei diversi aspetti della cultura nahua precolombiana. Nel racconto si riporta che, quando nacque colui che sarebbe divenuto il sacerdote-guida del popolo

M xica, lo si chiam "Citli" (®Coniglio¯ ) e lo si depose sopra a una foglia di maguey: in questo modo egli si irrobust•, e gli venne attribuito il nome di "mecitli" (da "me", ®maguey¯, e "citli", ®coniglio¯). Quando divenne il condottiero del suo popolo, i suoi

vassalli lo chiamarono M xica, cio ®Maguey-Lepre¯ (30). La complessa

associazione simbolica che i M xica intrecciarono fra maguey, pulque e coniglio, dunque presente gi agli albori della storia e della mitologia della civilt azteca. A un certo momento della peregrinazione, quando i M xica raggiungono

il territorio dei Mixteca, una donna - May huel - scopre il procedimento della perforazione del maguey allo scopo di farne

fuoriuscire la linfa; successivamente, un uomo di nome Pat catl scopre i germogli e le radici delle piante che rafforzano gli effetti del pulque, mentre l'elaborazione e il perfezionamento della bevanda vengono attribuiti ad altri quattro uomini. Tutti questi personaggi

vennero in seguito divinizzati, e Pat catl fu identificato con lo sposo divino di May huel (31). Con questo racconto ci troviamo di

fronte, pi che a un mito delle origini, alla mitizzazione di una scoperta storica. Durante la festa che segu• la scoperta del pulque - prosegue il racconto di Sahag£n - un principe huasteco bevve cinque tazze di

pulque e si inebri all'eccesso, comportandosi, di conseguenza, in maniera inappropriata (32). Ritroviamo qui il motivo dell'eccessivo

consumo della bevanda inebriante, da parte di uno o pi uomini, al momento del primo approccio con essa. Nel culto del pulque, il "m cuil octli", la quinta tazza di pulque, svolge un ruolo significativo, in

quanto considerata come quella che eccede la media normale di quattro tazze, associate ai quattro punti cardinali (33).

Un vero e proprio mito d'origine del maguey riportato nell'"Histoire du Mechique", opera di un anonimo autore del sedicesimo secolo,

trascritta attorno al 1546 da Andr Thevet. Il racconto inscritto in un mito cosmogonico nahua, ambientato ai primordi dell'esistenza umana:

®Dopo la creazione dell'uomo, gli dei decisero di fare qualcosa perch

questi non fosse cos• triste e si rallegrasse, affinch fosse contento sulla terra e lodasse gli dei cantando e danzando.

Udito ci da Eh catl, Quetzalc¢atl, dio dell'aria, si mise a pensare dove trovare un liquore che rallegrasse gli uomini, per donarglielo.

Gli venne in mente una dea vergine chiamata May huel, e si rec quindi

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt dove ella dimorava, assieme ad altre dee, ch'egli trov addormentate.

Queste dee erano vigilate dalla loro nonna, chiamata Tzitzimitl, "mostro". Eh catl svegli May huel e le disse: "Ti vengo a cercare per

portarti sulla terra". Essa fu d 'accordo ed entrambi scesero, egli caricandosela sulle spalle. Appena giunsero sulla terra, I due si trasformarono in un albero che ha due rami. Uno dei rami si chiamava

"Quetzalhuexotl", "quetzal salice" che era quello di Eh catl, e l'altro ramo si chiamava "Xochicuahuitl", "albero fiore", che era la dea vergine.

Intanto, la nonna si svegli , e non incontrando sua nipote, convoc immediatamente le altre dee, che si chiamavano Tzitzimime. Poi scesero

tutte assieme sulla terra per cercare Eh catl, e i rami dell'albero in cui si erano trasformati si separarono l'uno dall'altro. Il ramo della dea vergine fu riconosciuto dalla dea anziana, di modo che essa lo prese e lo ruppe, offrendone a ciascuna delle altre dee un pezzo,

affinch lo mangiassero. Ma il ramo che apparteneva a Eh catl non lo ruppero, e lo lasciarono l•.

Dopo che le altre dee furono risalite in cielo, Eh catl riprese la sua antica forma, e si mise a raccogliere le ossa della dea vergine, che era stata mangiata dalle sue sorelle. Una volta riuniti i resti, li seppell•, e da l• usc• una pianta che si chiama "metl", "maguey". Da questa pianta, gli indios fanno il vino che bevono e che ora si conosce come pulque. Con questo liquore si ubriacano, per il fatto che mettono alcune radici chiamate "upactli", "medicamenti"¯ (34).

In questo mito, la pianta del maguey origina dalle ossa di una dea, May huel, vittima di un sacrificio divino, in quanto il suo corpo sotto l'aspetto di un ramo, viene ridotto in pezzi e mangiato da altre dee: un interessante motivo ®dionisiaco¯ che si presenta qui come originario della sfera delle azioni divine, e non di quelle umane. Il motivo dell'uccisione-sacrificio di May huel risiede nell'atto del suo

accoppiamento con il dio del vento Eh catl, ed simboleggiato dalla loro partecipazione, sotto forma di due rami, alla formazione di un medesimo albero. La radice dell'"upactli", o "ocpatli" (®rimedio del pulque¯), identificata da Francisco Hern ndez (35) con il "quapatli"

(®medicina del monte¯ ), uno degli additivi rinforzanti che venivano normalmente aggiunti alla bevanda durante la fermentazione.

NOTE.

Note all'Introduzione.

N. 1. Anati, 1989. N. 2. Staal, 1976, p. 64.

N. 3. La letteratura sugli allucinogeni estesissima, sia nelle sue

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt ramificazioni specialistiche di carattere scientifico, che in quelle di carattere umanistico. Citiamo qui di seguito solo alcuni trattati

generali, rimandando ai singoli capitoli per una documentazione pi approfondita sulle piante di volta in volta trattate: Hoffer & Osmond, 1967; Schultes & Hofmann, 1983; Ott, 1993. Per la flora psicoattiva italiana, confronta Festi & Aliotta, 1989 e Samorini, 1993 b. N. 4. Wasson, 1967. N. 5. RigVeda, VII, 48, 3. N. 6. Samorini, 1993. N. 7. Jensen, 1954.

Note al capitolo: Yaj (ayahuasca).

N. 1. Naranjo, 1986. N. 2. Harner, 1973. N. 3. Bevanda leggermente fermentata ricavata dal pane di cassava ("Manihot utilissima" Pohl, famiglia delle Euphorbiaceae), o dal mais, o dai frutti di palma.

N. 4. L'ingravidamento mediante lo sguardo un tema ricorrente nella mitologia Tukano.

N. 5. Dall'arbusto del carayur ("Bignonia chica" Humb. & Ponpl., famiglia delle Bignoniaceae) i Tukano ricavano il colore rosso che utilizzano per le pitture corporee. N. 6. Pianta utilizzata a scopi magici. N. 7. Reichel-Dolmatoff, 1978, p.p. 3-4. N. 8. Reichel-Dolmatoff, 1975, p.p. 134-6. N. 9. Schultes, 1986, p. 10. N. 10. Reichel-Dolmatoff, 1975, p.p. 78-9. N. 11. Reichel-Dolmatoff, 1971, p. 36. N. 12. Reichel-Dolmatoff, 1975, p. 135. N. 13. Reichel-Dolmatoff, 1978, p. 4. N. 14. Ibid., p. 5. N. 15. Reichel-Dolmatoff, 1975, p.p. 135-6. N. 16. Reichel-Dolmatoff, 1976. N. 17. Ibid., p. 72. N. 18. Reichel-Dolmatoff, 1975, p.p. 155-6.

N. 19. La bevanda dello "yaj " ha effettivamente tonalit di colore giallastre. N. 20. Polvere di foglie di coca ("Erythroxylon coca" Lam. var "ipadu" Plowman). N. 21. In diversi punti di questa cosmogonia sono presenti contraddizioni per anticipazione degli eventi. Risulta ad esempio contradditorio, in questo passo, il fatto che il "caapi" venga bevuto ancor prima di essere generato. N. 22. Lana & Lana, 1986, p.p. 51-53 (dalla versione originale del 1980, "Antes o mundo ¤ao existia"). N. 23. Reichel-Dolmatoff, 1978 e 1987. N. 24. Sul tema della polvere "vih¢" presente nell'ombelico del Padre- Sole, confronta cap. Solanacee, par. Tabacco N. 25. Reichel-Dolmatoff, 1971, p.p. 36-7; versione riportata anche in Schultes, 1981, p. 174. N. 26. Reichel-Dolmatoff, 1971, p. 37. N. 27. Ibid., 1971, p. 266. N. 28. Naranjo, 1983, p. 201. N. 29. Biocca, 1966, p. 153 . N. 30. Frutto edule ("Lucuma" sp.?).

N. 31. Nomi di trib Indiane. N. 32. Biocca, 1966, vol. 1, p. 273. N. 33. Raccolto da Oliveira, 1931, cit. in Biocca, 1966, vol. 1, p. 153.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 34. Naranjo, 1983, p. 113. N. 35. Chango, 1984, p. 22. N. 36. Luna, 1986 e 1993. N. 37. Dal quechua "aya", ®morto¯, e "huasca", ®liana¯: ®liana del morto¯. N. 38. E' un riferimento agli "icaros", particolari canti appresi sotto l'ispirazione indotta dalla bevanda; costituiscono la quintessenza del potere del "vegetalista". N. 39. Flauti incaici. N. 40. "Psychotria viridis", il secondo ingrediente indispensabile per la preparazione della bevanda. N. 41. Luna & Amaringo, 1991, p. 50. N. 42. Ibid, p. 50.

N. 43. M traux, 1948, p. 686. N. 44. Marcel, 1975, p.p. 122-131. Ringrazio Luis Eduardo Luna per avermi indicato questa versione del mito. N. 45. Mondod, 1976, p. 21.

Note al capitolo: Peyote.

N. 1. "Lophophora williamsii" (Lem.)Coultier, famiglia delle Cactaceae. N. 2. Adovasio & Fry, 1976. N. 3. Si vedano, in particolare, Rouhier, 1927; Myerhoff, 1974; Furst,

1972; Schaefer, 1994; Benit z, 1972; Warren, 1982. N. 4. Myerhoff, 1974, p. 62; confronta inoltre Halifax, 1982, p.p. 232-7, che riporta per esteso la descrizione fatta da Ram¢n della

geografia mitologica di Wirik ta. N. 5. Si veda, ad es., Bernin (Ed.), 1978. N. 6. Lumholtz, 1986 (1904), p. 49. N. 7. Ibid., p.p. 44-5. N. 8. Furst, 1981, p. 161. N. 9. Diguet, 1907, p.p. 25-6. N. 10. Specie nota anche col sinonimo di "D. meteloides" D.C. ex Dunal. N. 11. Confronta ad es. Lanternari, 1977, p.p. I-XXIX e 67-111.

N. 12. La bibliografia sulla "Peyotl Religion" estesissima, citiamo qui solamente due classici testi: Aberle, 1966; Stewart, 1987; ricordiamo anche, tradotto in italiano, Marriott & Rachlin, 1988. N. 13. Le pietre vengono utilizzate per creare delle sporgenze intorno al bordo del tamburo, in modo da poter fissare la pelle al tamburo con delle cinghie di pelle. N. 14. Brant, 1950, p.p. 213-5. N. 15. Petrullo, 1934, p.p. 34-41. N. 16. J. Mooney, 1897, rip. in Lanternari, p.p. 95-6. N. 17. Erdoes & Ortiz, 1989, p. 117. N. 18. Petrullo, 1934, p. 35 N. 19. Ibid., p. 37. N. 20. Confronta anche la versione degli Indiani Menomini raccolta da J. S. Slotkin, 1952, rip. in Anderson, 1987, p.p. 23-4. N. 21. J. Mooney, 1898, rip. in Steward, 1987, p. 36. N. 22. Radin, 1923, p.p. 398-9. N. 23. Ibid., p. 400. N. 24. Opler, 1938, p.p. 272-3.

Note al capitolo: Cannabis.

N. 1. Considerata per molto tempo specie unica, diversi botanici attualmente la considerano distinta in due specie, l'una psicoattiva, "C. indica" Lamarck, e l'altra minormente ("C. sativa" L.); ma il

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt problema della speciazione nel genere Cannabis, cos• importante anche

ai fini giuridici, tutt'altro che risolto. N. 2. Li, 1974; Emboden, 1972. N. 3. Confronta l'importante lavoro di Raffaele Valieri, 1887. N. 4. Schultes, 1973. N. 5. Zimmer, 1993 (1946), p.p. 25 e 99. N. 6. Majupuria & Joshi, 1989, p. 168. N. 7. J. Campbell, 1969, rip. in Schleiffer, 1979, p. 70. N. 8. V. Elwin, 1949, rip. in Schleiffer, 1979, p.p. 59-60. N. 9. Ibid., p. 59. N. 10. Mantegazza, 1871, II, p. 452; confronta anche Ciapanna, 1982, p. 72.

N. 11. R tsch, 1991, p.p. 82-4. N. 12. Ciapanna, 1982, p. 345.

Note al capitolo: Solanacee.

N. 1. Segue, per numero di specie, il gruppo dei funghi psilocibinici; confronta Camilla, 1994 e Festi, 1994. N. 2. Diaz., 1979. N. 3. Piomelli & Aliotta, 1994; Camilla & Spertino, 1995. N. 4. Litzinger, 1981; Safford, 1920. N. 5. In particolare "D. inoxia" Mill., "D. coeratocaula" Ortega e "D. stramonium" L. nel Centro e Nord America, e le specie arborce del vicino genere "Brugmansia", "B. candida" Pers. e "B. sanguinea" (Ruiz & Pavon) D. Don nel Sud America. N. 6. La Barre, 1964. N. 7. Stevenson, 1915, p.p. 90-1. N. 8. Si riferisce alle rappresentazioni dei fiori di datura

utilizzate cerimonialmente dagli Zuni, dagli Hopi e da altre trib limitrofe; sono ricavate dai frutti di certe piante e vengono portate appese ai lati della testa. N. 9. Stevenson, 1915, p. 46. N. 10. Furst & Myerhoff, 1972. N. 11. Ibid. p. 81. N. 12. Ibid, p. 86.

N. 13. Una piccola pietra che ha la propriet di far ammalare le persone. N. 14. ®Frecce di malattia¯ fabbricate dagli sciamani-stregoni per l'utilizzo nella magia nera. N. 15. Zingg, 1982 (1938), vol. 2, p.p. 192-3.; rip. anche in H. Pfeiffer, 1938, rip. in Pettazzoni, 1963, vol. 4, p.p. 17-8. Ringrazio Stacy Schaefer per avermi fatto prendere visione del manoscritto di

Zingg in cui riportato questo motivo, conservato presso il Laboratorio di Antropologia di Santa Fe. N. 16. Presso gli Huichol, i ®bottoni del peyote¯, ovvero la parte superiore del cactus, una volta asportati dalla pianta, vengono infilati su corde a mo' di collane, e queste vengono appese ed essiccate. N. 17. Bevanda fortemente alcolica utilizzata dagli Huichol a fini cerimoniali. N. 18. Nella maniera cerimoniale degli sciamani huichol. N. 19. Zingg, 1982 (1938), vol. 2, p. 154. N. 20. Knab, 1977, p. 82. N. 21. Ibid., p.83.

N. 22. Il fratello minore, quello che verr poco dopo indicato con il nome di Toloache. N. 23. Olavarr¡a, 1987, p.p. 232-4. N. 24. Alcune di queste sono ora incluse nel genere "Brugmansia". N. 25. Sciamano.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 26. Brown, 1978, p.p. 126-7. N. 27. Rip. in Brown, 1978, p. 126, n. 2. N. 28. Ibid., p.127. N. 29. Califano & Fern ndez-Distel, 1982, p. 135. N. 30. Zimmer, 1993 (1946), p.p. 151-2. N. 31. Mehra, 1979, p. 163. N. 32. Safford, 1920, p.p. 540-1. N. 33. Il numero di specie botaniche interessate dal termine

"mandragora" stato oggetto di numerose discussioni e, anche, di confusione. Attualmente, in Europa sono riconosciute le due specie "M. officinarum" L. e "M. autumnalis" Bertol.; confronta Jackson & Berry, 1979. N. 34. "Nymphaea coerulea" Sav., famiglia delle Nymphaeaceae. N. 35. Emboden, 1989. N. 36. Rahner, 1945; riportato anche in Rahner, 1971. N. 37. Omero, "Odissea", X:304-306. N. 38. Rip in Rahner, 1945, p. 147 N. 39. Si tratta di una delle rare presenze salienti di un allucinogeno nella Bibbia; anche l'"Acorus calamus" L. (Araceae), considerato e utilizzato come allucinogeno minore, viene citato in alcuni passi. N. 40 Genesi, 29-30; ne esistono diverse varianti testamentarie; confronta Graves & Patai, 1980, p.p. 263-270. N. 41. Eliade, 1990, p.p. 115-165. N. 42. Eliade, 1988, p.p. 159-169; Borghini, 1986-87. N. 43. Izzi, 1987, p. 73. N. 44. Ibid., p.p. 52-3. N. 45. Bouquet, 1952, p. 36 N. 46. Izzi, 1987, p.p. 25-6.

N. 47. Una divinit minore egizia sconosciuta. N. 48. La birra con "didit". N. 49. Mito e personaggi ignoti. N. 50. Donadoni (cur.), 1988, p.p. 231-2; riportato anche in Izzi, 1987, p. 37. N. 51. Izzi,1987, p. 37. N. 52. Pagani, 1994. N. 53. Stahl, 1925; Wilbert, 1987. N. 54. Vi giunse nel 1519. N. 55. Elferink, 1983; Robicsek, 1978. N. 56. "Pilerodius" sp.

N. 57. Cio , per fare le sigarette. N. 58. Sciamano. N. 59. Roth, 1915, p.p. 334-5, rip. in Pettazzoni, 1963, p.p. 85-87.

N. 60. L vi-Strauss, 1970, p.p. 463-4 e 480. N. 61. Mooney, 1900, p.p. 254-5.

N. 62. Si vedano, ad es., i miti indicati con M 23 e M 24, in L vi- Strauss, 1990 (1966), p.p. 138-140.

N. 63. L vi-Strauss, 1970, p. 429. N. 64. Ibid., p. 63, M 191. N. 65. Biocca. 1966, vol. 2, p. 229. N. 66. J. Fericgla, 1993, comm. pers., che qui ringrazio per avermi fatto prendere visione di una versione di questo mito, recentemente raccolta nel corso delle sue indagini antropologiche presso gli Shuar.

N. 67. Ne un bell'esempio il racconto mitologico raccolto presso i Warrau e riportato in Wilbert, p.p. 66-72, riportato parzialmente in Halifax, p.p. 226-232. N. 68. Erdoes & Ortiz (Eds.), 1989 p.p. 112-7. N. 69. Swanton, 1929, vol. 3, p. 504. N. 70. Swanton, 1929, p.p. 87-8.

N. 71. L vi-Strauss, 1983 (1974), p.131.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 72. Mehra, 1979, p. 166. N. 73. Frolow, 1968.

Note al capitolo: Polveri da fiuto.

N. 1. Il primo genere appartiene alla famiglia delle Leguminosae, il secondo a quella delle Myristicaceae. N. 2. De Smet, 1985. N. 3. Le canne possono raggiungere i due metri di lunghezza. N. 4. Wassen, 1979. N. 5. Torres et al., 1991.

N. 6. Ma v' chi identifica la "cohoba" descritta dai cronisti spagnoli con il tabacco da fiuto; confronta J. Wilbert, 1987, p.p. 16- 7.

N. 7. "Akee", "yato" e " pena" sono tutte ricavate da specie del genere "Virola", in particolare "V. theiodora" (Spr. ex Benth.) Warburg.

N. 8. Trib di lingua Tukano. N. 9. Polvere da fiuto allucinogena ricavata dai bacelli di "Piptadenia" spp.; il nome deriva dal verbo "vih¡ri", øinalare¯, øassorbire¯. N. 10. Reichel-Dolmatoff, 1971, p.p. 27-8. N. 11. Ibid., p. 43. N. 12. Reichel-Dolmatoff, 1979, p. 44. N. 13. Preparato dalla corteccia di specie di "Virola". N. 14. Nel racconto se ne contano sessantanove. N. 15. Lana & Lana, 1986, p. 47. N. 16. Ibid., p. 62-3.

N. 17. In un ulteriore passo del racconto, Bol ka viene detto ønato da Paric ¯; confronta Ibid., p. 67. N. 18. Ibid., p.p. 60-70. N. 19. Biocca, 1966, vol. 2, p. 236.

Note al capitolo: Iboga.

N. 1. Plurale "melan", "Alchornea floribunda" Mull.Arg., fam. Euphorbiaceae. N. 2. Raponda-Walker & Sillans, 1962, p.p. 146-154. N. 3. Swiderski, 1990-91, p. 19. N. 4. G. Samorini, 1992 e 1994. N. 5. Villaggio situato nei dintorni di Libreville. N. 6. Swiderski, 1979, p. 194. N. 7. Ibid, recita n. 19, p. 226. N. 8. Ibid., recita n. 18, p. 223. N. 9. Ibid., recita n. 15, p.p. 210-11. N. 10. Ibid., recita n. 1, p. 185. N. 11. "Canarium (Pachylobus) balsamiferum" Willd., famiglia delle Piperaceae. N. 12. "Nsin" in fang, altrimenti noto come "mosingui" o "ossingui", piccolo felino selvatico dalla pelle maculata. N. 13. øEgli mostra la via¯. N. 14. Fernandez, 1982, p.p. 321-322. N. 15. Ibid., p. 636. N. 16. Il nuovo marito, il fratello del defunto. N. 17. S. Swiderski, 1980, p. 526. N. 18. Ibid., p. 528. N. 19. Swiderski, 1965, p. 546. N. 20. Fernandez, 1982, p. 636. N. 21. Swiderski, 1980, p. 525.

N. 22. Fernandez (1972, p. 246 e id., 1982, p. 636) aveva gi

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt sottolineato l'importanza e l'urgenza di verificare se questo fungo

della realt e della mitologia dei Fang fosse psicoattivo, ma la questione tuttora insoluta. Personali indagini condotte in Gabon

hanno confermato la presenza di questo fungo nella memoria collettiva dei Fang. Si tratta di una specie di grandi dimensioni, che cresce sugli alberi, di consistenza dura e dotata di una superficie superiore concava. Viene utilizzato come medicinale per bambini e in certi riti stregonici. Confronta Samorini, 1994, in particolare il paragrafo "El hongo duna". Presso i Mitsogho, questo fungo avrebbe un valore

simbolico di longevit (Gollnhofer & Sillans, 1978, p. 457). N. 23. Questo liquido, che fa molto male, deve far øgirare¯ loro gli

occhi, affinch essi vedano øaltra cosa¯ (Swiderski, 1972, p. 186). N. 24. Swiderski, 1980, p. 525. N. 25. Fernandez, 1982, p. 261. N. 26. Swiderski, 1972.

N. 27. Non chiaro, per lo meno a chi scrive, se questo preparato sia dotato di propriet psicoattive, o se venga utilizzato per predisporre il corpo all'assunzione della forte quantit di iboga. Oggigiorno, in diverse comunit ombwiriste, l'iboga rientra direttamente come

ingrediente dell'"ekasso". N. 28. Vale a dire, le costole. N. 29. Un proponimento - quello di øparlarne al villaggio¯ - in contraddizione con l'alone di segretezza di cui si avvolge in seguito la donna. N. 30. Strumento musicale a percussione, costituito di due corti pezzi

di legno che vengono percossi contro un pezzo di legno pi lungo tenuto sospeso alle estremit .

N. 31. Questi oggetti fanno parte della lista di materiale che l'iniziando deve presentare come offerta alla comunit , nella

cerimonia dell'iniziazione. Diversi di questi oggetti verranno utilizzati nel corso della cerimonia. N. 32. Swiderski, 1970, p.p. 302-4.

Note al capitolo: San Pedro.

N. 1. Famiglia delle Cactaceae. N. 2. Contiene, come principale principio attivo, la mescalina, gi

presente nel peyote . N. 3. Il numero di nervature (di øcostole¯ ) del San Pedro soggetto

a variazione; esso viene tenuto in gran conto dagli sciamani nella valutazione e caratterizzazione del suo potere psicoattivo. Il numero quattro aveva un'importanza primaria nella visione cosmologica incaica. N. 4. Sharon & Donnan, 1977. N. 5. Polia, 1986-87. N. 6. Salazar-Soler, 1989, p. 824. N. 7. Sharon, 1980; Joralemon, 1984. N. 8. Polia, 1990, p. 96.

N. 9. Nella figura di Ges Cristo. N. 10. Polia, 1993, p. 81. N. 11. Ibid., p. 81. N. 12. Glass-Coffin, 1994. Ringrazio l'Autrice per avermi concesso il permesso di riportare questo mito.

Note al capitolo: Jurema.

N. 1. In particolare "M. hostilis" (Mart.) Benth., "M. verrucosa" Benth., della fimiglia delle Leguminosae.

N. 2. In realt ancora aperta la questione se gruppi di indios ne facciano tuttora un uso tradizionale; confronta Schultes & Hofmann,

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt 1983, p. 140. N. 3. Lowie, 1946. N. 4. Da Mota & Barros, 1990. N. 5. Da Mota, 1991, p.p. 174-5.

Note al capitolo: Kava.

N. 1. Lebott, Merlin & Lindstrom, 1992. N. 2. Lebot et al., 1992, p. 6. N. 3. Ibid., p.p. 118 e 205. N. 4. R. Firth, 1954, rip. in Lebot et al., 1992, p. 124. N. 5. E. G. Burrows, 1936, rip. in Lebot et al., 1992, p. 125. N. 6. F. W. Christian, 1895, rip. in Lebot et al., 1992, p. 125. N. 7. K. von den Steinen, 1934, p. 227. N. 8. D. A. Mackenzie, 1933, rip. in Lebot et al., 1992, p. 124.

N. 9. Un suo comune sinonimo "Macropiper latifolium" Miq. N. 10. G. Landtman, 1927, rip. in Lebot et al., 1992, p. 123-4. N. 11. G. Landtman, 1927, rip. in Lebot et al., 1992, p. 124. N. 12. Ibid, p. 124.

N. 13. In alcune versioni il nome abbreviato a "Kava". N. 14. "Alocasia macrorrhiza" Schott in Schott & Endl., famiglia delle Araceae. N. 15. Attendenti cerimoniali. N. 16. E. Bott, 1972, rip. in Lebot et al., 1992, p. 123. N. 17. Raccolta anche questa in Tonga da E. W. Gifford, 1924, rip. in Turner J. W., 1986, p. 211. N. 18. Lebot et al. 1992, p. 125. N. 19. Gifford, 1924, rip. in Turner, 1986, p. 211. N. 20. Lebot et al., 1992, p.p. 122-3. N. 21. Rivers, 1914, rip. in P. De Felice, 1990 (1936), p.p. 104-5. N. 22. Ibid., p. 125. N. 23. J. S. Gardiner, 1898, rip. in Pettazzoni, 1963, p.p. 367-9. N. 24. Frazer, 1993 (1930), p. 58. N. 25. "Ficus" sp. N. 26. Lebot et al., 1992, p. 127. N. 27. Firth, 1970, rip. in Lebott et al., 1992, p. 124.

N. 28. Tradizionalmente, la parte in fondo alla casa il posto d'onore, mentre la zona frontale il luogo dei capi per parlare.

N. 29. Taro. N. 30. Holmes, 1979, p. 109. N. 31. J. S. Gardiner, 1898, rip. in Pettazzoni, 1963, II, p.p. 367-9. N. 32. Turner, 1986, p. 212.

Note al capitolo: Funghi.

N. 1. Samorini, 1992 b. N. 2. Famiglia delle Strophariaceae. I funghi allucinogeni si suddividono in due gruppi principali: 1) Amanita muscaria e alcune altre congeneri, di grossa taglia e legate alla presenza di betulle o

di conifere; 2) i funghi psilocibinici, cio producenti come principi attivi gli alcaloidi psilocibina e psilocina. Sono conosciute oltre cento di queste specie, diffuse in tutti i continenti e appartenenti principalmente ai generi Psilocybe, Panaeolus, Conocybe, Gymnopilus, Pluteus. Questi funghi si differenziano da quelli del primo gmppo per dimensioni, habitat ed effetti; confronta Cornacchia et al., 1980; Festi, 1985.

N. 3. Per tutto ci si consultino i lavori basilari del øpadre¯ dell'etnomicologia moderna, Richard Gordon Wasson e coll.: Wasson & Wasson, 1957; Heim & Wasson, 1958; si veda anche Estrada, 1981. N. 4. Famiglia delle Amanitaceae.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 5. Wasson, 1967. N. 6. E' stata recentemente confermata la persistenza di questo uso fino ai nostri giorni; confronta Saar, 1991. N. 7. Wasson & Wasson, 1957. N. 8. La renna, oltre alla passione per i funghi, ha una passione anche per l'urina, particolarmente quella umana.

N. 9. Capacit di ingrandimento dei particolari di ci che si vede. N. 10. Evidentemente si sta rivolgendo all'Essere Supremo. N. 11. Wasson, 1967, p. 268. N. 12. Chevalier & Geerbrant, 1986, p. 473. N. 13. Wasson & Wasson, 1957, vol. 1, p.p. 16-17. N. 14. Wasson, 1967, p. 281-2. N. 15. Wasson & Wasson, 1957, vol. 1, p.p. 51-2. N. 16. Fericgla, 1993. N. 17. Fericgla, 1985, p. 157. N. 18. Mayer, 1977. N. 19. Lowy, 1972. N. 20. Lowy, 1974. N. 21. Mendelson, 1959. N. 22. Ancora venerato dai Tzutuhil. N. 23. Lowy, 1980, p. 100. N. 24. Ibid., p. 100. N. 25. Famiglia delle Leguminosae. N. 26. Wasson, 1979. N. 27. Keewaydinoquay, 1978. N. 28. Tenda indiana. N. 29. Contenitore di corteccia di betulla. N. 30. Keewaydinoquay, 1979. N. 31. N. Morriseau, 1965, estesamente discusso da E. Navet, 1993. N. 32. Navet, 1993, p. 47. N. 33. Ibid., p. 49. N. 34. Le possibili relazioni con il ciclo dell'agarico muscario sono

gi state evidenziate in P. T. Furst, 1989. N. 35. Noto anche con il sinonimo di "Pholiota spectabilis" (Fr.)

Qu l., famiglia delle Cortinariaceae. N. 36. La complessa biochimica di questo fungo - che anche psilocibinico - non stata sufficientemente studiata, in particolare

per i campioni di origine europea. Confronta Festi, 1985, p. 204. N. 37. Da "mai", ødanza¯ e "take", øfungo¯; øfunghi danzanti¯, nel senso di øfunghi che fanno danzare¯. N. 38. Sanford, 1972, p. 174. N. 39. Wasson, 1973, p.p. 12-13. N. 40. Sanford, 1972, p. 178. N. 41. Wasson, 1973, p. 13. N. 42. "Grifola frondosa" (Dicks. ex Fr.) S. F. Gray. N. 43. Fra i giovani che attualmente utilizzano in Europa e in Italia

il fungo "Psilocybe semilanceata" (Fr.) Qu l. - anch'esso psilocibinico - per i suoi effetti allucinogeni, sono riportati casi

di attacchi di irrefrenabili risate, ed a loro noto che øi funghetti fanno ridere¯; confronta Pagani, 1993. N. 44. Wasson, 1973, p. 20. N. 45. Pettazzoni, 1963, vol. 2, p. 14. N. 46. Wasson, 1967, p. 216. N. 47. Ovidio, "Metamorfosi", VII:391-3. N. 48. Pausania, "Guida della Grecia", II, 16,3; confronta Samorini & Camilla, 1995. N. 49. Wasson, Hofmann & Ruck, 1978, p.p. 105-6. N. 50. Samorini, 1992, p. 70. N. 51. Reichel-Dolmatoff, 1971, p.p. 261-2. N. 52. Ibid., p. 262.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 53. Lana & Lana, 1986, p. 129. N. 54. Wilpert, 1970, p. 163. N. 55. Lanternari, 1983, p.p. 512-3. N. 56. Che stava masticando. N. 57. Lana & Lana, 1986. p. 127.

N. 58. L vi-Strauss, 1960, riportato in vers. it. in: id, 1978.

Note al capitolo: Piante eccitanti.

N. 1. Plowman, 1986. N. 2. Con l'aggiunta di calce viva, che ne facilita l'assorbimento. N. 3. Naranjo, 1981, p. 165. N. 4. Rip. in Worthon, 1980, p. 24. N. 5. Rostworowski & Canseco, 1973, p. 199.

N. 6. Confronta cap. "Yaj ". N. 7. Reichel-Dolmatoff, 1971, p. 266. N. 8. Lana & Lana, 1986, p. 38. N. 9. Hugh-Jones, 1983, p. 245. N. 10. La zucca che contiene la polvere di coca e un tubicino di legno

sono ancora oggi gli strumenti d'uso pi diffusi in Amazzonia. N. 11. Milciades Chaves, 1947, rip. in Pettazzoni, 1963, vol. 5, p. 151. N. 12. Preuss, 1921-22, p. 754. N. 13. Mauro, 1991, p. 20. N. 14. L. Lewin, 1981 (1928), p.p. 301-2. N. 15. Escohotado, 1989, vol. 1, p.p. 273-4. N. 16. L. Bartels, 1983, rip. in Mazzoleni, 1988, p.p. 112-3. N. 17. Famiglia delle Theaceae, nota anche col sinonimo di "Thea sinensis" L. N. 18. Lewin, 1981 (1928), p. 317. N. 19. Ibid, p. 316. N. 20. Brosse, 1992, p. 278. N. 21. Famiglia delle Sterculariaceae. N. 22. Lewin, 1981(1928), vol. 3, p.p. 326-334. N. 23. Hauenstein, 1974. N. 24. Pettazzoni, 1963, vol. 1, p. 196. N. 25. Lewin, 1981 (1928) , p. 327.

Note al capitolo: Piante e bevande alcoliche.

N. 1. "Vitis vinifera" L., della famiglia delle Vitaceae. N. 2. Ker nyi, 1992, p. 73.

N. 3. Matematico e astronomo del quarto secolo a.C., originario di Cnido, scrisse anche un libro di viaggi. N. 4. Plutarco, "De Iside et Osiride", 6; dalla versione a cura di V. Cilento, 1962, p. 17. N. 5. Unwin, 1993, p.p. 59-91. N. 6. Genesi, 9, 20. N. 7. Unwin, 1993, p. 81. N. 8. Brelich, 1981 (1969), p.p 409 e seguenti. N. 9. Wohlberg, 1990. N. 10. Wasson, 1967. N. 11. Brosse, 1991, p. 109. N. 12. Samorini, 1993. N. 13. Danielou, 1980. N. 14. Lissargue, 1989, p. 7.

N. 15. øButt improvvisa nel vino, di cui bevevano, un farmaco che l'ira e il dolore calmava, obl•o di tutte le pene¯, Omero, "Odissea", IV:220-1. N. 16. øIl piantatore¯.

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(Ebook - Ita - Sagg) Samorini, Giorgio - Gli Allucinogeni Nel Mito, Racconti Sull'origine Delle Piante Psicoattive (Txt).txt N. 17. Athen., II, 35 a-b, rip. in Massenzio, 1969, p. 50. N. 18. Massenzio, 1969, op.cit., p. 51. N. 19. Pausania, "Guida alla Grecia", X, 38,

N. 20. Ker nyi, 1992, p.p. 89-90. N. 21. Ker nyi, 1985, p. 121.

N. 22. Apollodoro, III, 14-7, riassunto in Massenzio, 1969, p.p. 29- 30.

N. 23. Nonno, "Dionisiache", XX, 293-362, rip. in Ker nyi, 1992, p.p. 74-5. N. 24. Pausania, "Guida della Grecia", II,38,3. N. 25. Famiglia delle Agavaceae.

N. 26. Guerrero, 1985; Gon alves de Lima, 1990 (1975). N. 27. Si veda, ad esempio, Fray Toribio Motolinia, 1541(?), "Historia de los Indios de la Nueva Espa¤a", III, 19. N. 28. "A. atrovirens" var. "signatophylla" Berger.

N. 29. Gon alves de Lima, 1986 (1956), p.p. 32 e 112. N. 30. B. Sahag£n, "Historia...", X, XXIX, 12, 106. N. 31. Ibid., X, XXIX, 12, 120-1 . N. 32. Ibid., X, XXIX, 12, 122. N. 33. Seheler, 1975 (1904), vol. 1, p. 109. N. 34. Rip. in Castell¢n Huerta, 1987, p.p. 154-5. N. 35. Hern ndez, 1959 (1571-76) libro 16, cap. 52. L'identificazione

botanica del "ocpatli" andata perduta, a conseguenza della repressione del suo uso esercitata dai conquistatori spagnoli;

confronta Gon alves de Lima, 1990, p.p. 41-3.

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