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Coesione territoriale Un obiettivo centrale dell’Unione europea, come sta- bilito nel Trattato (articolo 2), è ‘Promuovere un pro- gresso economico e sociale equilibrato e sostenibile, segnatamente mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesio- ne economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria…’. Ciò implica che le persone non dovrebbero trovarsi in situazioni di svantaggio ascrivibili al luogo in cui vivono o lavorano nell’Unione. La coesione territoriale, pertanto, è stata inclusa nella bozza di Costituzione (articolo 3), come complemento degli obiettivi di coesione economica e sociale dell’Unione. La sua importanza è stata altresì ricono- sciuta nell’articolo 16 (Principi) del Trattato, che rico- nosce che i cittadini dovrebbero avere accesso ai ser- vizi essenziali, all’infrastruttura di base e alla conoscenza, sottolineando il significato dei servizi d’interesse economico generale nella promozione della coesione economica e sociale. Il concetto di coesione territoriale va oltre la nozione di coesione economica e sociale, in quanto ne integra e ne potenzia il significato. In termini di misure politiche, l’obiettivo è raggiungere uno sviluppo maggiormente equilibrato riducendo le disparità esistenti, prevenen- do gli squilibri territoriali e rendendo più coerenti le po- litiche settoriali, che hanno un impatto territoriale, e la politica regionale. Altra finalità è il miglioramento dell’integrazione territoriale e la promozione della cooperazione tra regioni. Esistono alcuni aspetti dell’equilibrio territoriale dell’Unione che minacciano lo sviluppo armonioso dell’economia UE nei prossimi anni: a livello di Unione, un’alta concentrazione di attivi- tà economica e di popolazione nell’area o penta- gono centrale (che dal North Yorkshire in Inghilterra passa per la Franche-Comté in Fran- cia, tocca Amburgo nella Germania settentrionale e raggiunge Milano nel nord Italia), la zona indivi- duata nella Seconda relazione sulla coesione che copre il 18% del territorio dell’UE15, conta il 41% della popolazione, rappresenta il 48% del PIL ed è responsabile del 75% della spesa per R&S. L’al- largamento non farà che aumentare questa con- centrazione perché aggiungerà all’Unione territorio e popolazione ma contribuirà relativamente poco al PIL; a livello nazionale, la persistenza di squilibri pro- nunciati in termini di sviluppo economico tra le maggiori aree metropolitane e il resto del paese, che rappresenta una caratteristica particolare dei paesi prossimi all’adesione; a livello regionale, un ampliamento o, quanto meno, la persistenza di alcune disparità territoriali al di là di quelle misurate dal PIL o dalla disoccu- pazione. In particolare, lo sviluppo economico è accompagnato da congestione e inquinamento crescenti e dal perdurare dell’esclusione sociale nelle principali conurbazioni, mentre un certo nu- mero di aree rurali risente di rapporti economici inadeguati con le vicine città di piccole e medie di- mensioni, con un conseguente indebolimento del- la propria economia. Le grandi aree urbane tendono a uno sviluppo urbanistico incontrollato che oltrepassa i limiti delle campagne circostanti, man mano che aumentano l’attività economica e la popolazione residente, creando quelle che sono state definite aree ‘rururbane’, mentre le aree rurali che non includono città (di qualsiasi dimensione) stanno sperimentando un declino demografico e una minore disponibilità di servizi di base; all’interno delle regioni e delle città, lo sviluppo di sacche di povertà e di esclusione sociale in aree in cui la disponibilità di servizi essenziali è spesso limitata; in un certo numero di aree specifiche, vincolate dalle loro caratteristiche geografiche (isole, aree scarsamente abitate nel nord e alcune regioni montane), la popolazione sta diminuendo e invec- chiando, mentre l’accessibilità continua ad essere un problema e l’ambiente resta fragile, minaccia- to, ad esempio, da incendi, siccità e alluvioni ricorrenti; nelle aree ultraperiferiche, dove i problemi naturali si sommano a quelli geografici (come riconosciuto nell’articolo 299.2 del Trattato dell’Unione euro- pea), la persistenza di gravi problemi sociali ed economici difficili da risolvere per svariate ragioni: la lontananza, l’isolamento, le caratteristiche TERZA RELAZIONE SULLA COESIONE ECONOMICA E SOCIALE Parte 1 Coesione, competitività, occupazione e crescita 27

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Coesione territoriale

Un obiettivo centrale dell’Unione europea, come sta-bilito nel Trattato (articolo 2), è ‘Promuovere un pro-gresso economico e sociale equilibrato e sostenibile,segnatamente mediante la creazione di uno spaziosenza frontiere interne, il rafforzamento della coesio-ne economica e sociale e l’instaurazione di un’unioneeconomica e monetaria…’. Ciò implica che le personenon dovrebbero trovarsi in situazioni di svantaggioascrivibili al luogo in cui vivono o lavorano nell’Unione.La coesione territoriale, pertanto, è stata inclusa nellabozza di Costituzione (articolo 3), come complementodegli obiettivi di coesione economica e socialedell’Unione. La sua importanza è stata altresì ricono-sciuta nell’articolo 16 (Principi) del Trattato, che rico-nosce che i cittadini dovrebbero avere accesso ai ser-vizi essenziali, all’infrastruttura di base e allaconoscenza, sottolineando il significato dei servizid’interesse economico generale nella promozionedella coesione economica e sociale.

Il concetto di coesione territoriale va oltre la nozione dicoesione economica e sociale, in quanto ne integra ene potenzia il significato. In termini di misure politiche,l’obiettivo è raggiungere uno sviluppo maggiormenteequilibrato riducendo le disparità esistenti, prevenen-do gli squilibri territoriali e rendendo più coerenti le po-litiche settoriali, che hanno un impatto territoriale, e lapolitica regionale. Altra finalità è il miglioramentodell’integrazione territoriale e la promozione dellacooperazione tra regioni.

Esistono alcuni aspetti dell’equilibrio territorialedell’Unione che minacciano lo sviluppo armoniosodell’economia UE nei prossimi anni:

– a livello di Unione, un’alta concentrazione di attivi-tà economica e di popolazione nell’area o penta-gono centrale (che dal North Yorkshire inInghilterra passa per la Franche-Comté in Fran-cia, tocca Amburgo nella Germania settentrionalee raggiunge Milano nel nord Italia), la zona indivi-duata nella Seconda relazione sulla coesione checopre il 18% del territorio dell’UE15, conta il 41%della popolazione, rappresenta il 48% del PIL ed èresponsabile del 75% della spesa per R&S. L’al-largamento non farà che aumentare questa con-centrazione perché aggiungerà all’Unione

territorio e popolazione ma contribuiràrelativamente poco al PIL;

– a livello nazionale, la persistenza di squilibri pro-nunciati in termini di sviluppo economico tra lemaggiori aree metropolitane e il resto del paese,che rappresenta una caratteristica particolare deipaesi prossimi all’adesione;

– a livello regionale, un ampliamento o, quantomeno, la persistenza di alcune disparità territorialial di là di quelle misurate dal PIL o dalla disoccu-pazione. In particolare, lo sviluppo economico èaccompagnato da congestione e inquinamentocrescenti e dal perdurare dell’esclusione socialenelle principali conurbazioni, mentre un certo nu-mero di aree rurali risente di rapporti economiciinadeguati con le vicine città di piccole e medie di-mensioni, con un conseguente indebolimento del-la propria economia. Le grandi aree urbanetendono a uno sviluppo urbanistico incontrollatoche oltrepassa i limiti delle campagne circostanti,man mano che aumentano l’attività economica ela popolazione residente, creando quelle chesono state definite aree ‘rururbane’, mentre learee rurali che non includono città (di qualsiasidimensione) stanno sperimentando un declinodemografico e una minore disponibilità di servizidi base;

– all’interno delle regioni e delle città, lo sviluppo disacche di povertà e di esclusione sociale in aree incui la disponibilità di servizi essenziali è spessolimitata;

– in un certo numero di aree specifiche, vincolatedalle loro caratteristiche geografiche (isole, areescarsamente abitate nel nord e alcune regionimontane), la popolazione sta diminuendo e invec-chiando, mentre l’accessibilità continua ad essereun problema e l’ambiente resta fragile, minaccia-to, ad esempio, da incendi, siccità e alluvioniricorrenti;

– nelle aree ultraperiferiche, dove i problemi naturalisi sommano a quelli geografici (come riconosciutonell’articolo 299.2 del Trattato dell’Unione euro-pea), la persistenza di gravi problemi sociali edeconomici difficili da risolvere per svariate ragioni:la lontananza, l’isolamento, le caratteristiche

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topologiche, il clima, la dimensione modesta delmercato e la dipendenza da un numero limitato diprodotti.

Queste disparità territoriali non possono essereignorate poiché, a parte le gravi difficoltà delle areeperiferiche e ultraperiferiche o i problemi di conge-stione di alcune aree centrali, esse incidono sullacompetitività complessiva dell’economia dell’Unio-ne. Pagare i costi della congestione o affrontare leconseguenze sociali delle disparità comporta un’al-locazione subottimale delle risorse e un livello di ef-ficienza e competitività economica minore di quelloche si potrebbe potenzialmente realizzare nelle re-gioni in questione, che si tratti di attraenti aree cen-trali o di zone periferiche prive di pregi. Questiproblemi possono mettere in moto un processo cu-mulativo in cui, ad esempio, le difficoltà di accessoai centri di ricerca e innovazione o alle reti ICT ridu-cono ulteriormente il potenziale di sviluppo econo-mico di regioni che già sono in una posizione diritardo.

Al fine di combattere le disparità territoriali e realizzareun modello di sviluppo economico maggiormenteequilibrato dal punto di vista territoriale, occorre uncerto coordinamento delle politiche di sviluppo teso arenderle coerenti e congruenti tra loro. È per questomotivo che, nel 1999, il Consiglio europeo di Potsdamha definito la Prospettiva per lo sviluppo territorialeeuropeo.

Promozione di uno sviluppo equilibrato

Squilibri territoriali nella distribuzione

di città di grandi e piccole dimensioni

I sistemi urbani sono i motori dello sviluppo regionaleed è in relazione alla loro distribuzione geografica al-l’interno dell’Unione che appare con maggiore evi-denza uno squilibrio tra il centro e la periferia. Un’ana-lisi di questi sistemi, del loro potenziale e del grado dicollaborazione tra essi esistente rivela alcunetendenze10.

– Le aree centrali dell’Europa sono ancora in cresci-ta, come anche le capitali, dove si concentrano lesedi delle società commerciali, l’attività di ricercae le strutture educative e culturali (Londra, le gran-di aree urbane olandesi e le città nel nord-ovest

della Germania stanno tuttora registrando un si-gnificativo incremento demografico). Oltre 70 cittào conurbazioni, di cui 44 contano più di un milionedi abitanti, offrono queste principali funzioni stra-tegiche e possono essere considerate come me-tropoli in crescita d’importanza europea. Un arcoche collega Londra a Milano, attraversando laconurbazione che include le città lungo il Reno(Essen e Colonia), assume un rilievo particolare.

– Nei paesi prossimi all’adesione, nonostante ilcalo demografico, si osserva una crescita signi-ficativa delle capitali, in particolare Budapest,Praga, Lubiana e le capitali degli Stati baltici.L’unica eccezione è la Polonia, dove esistonocinque grandi aree metropolitane che competo-no con Varsavia.

– Il manifestarsi di nuove tendenze, quali lo sviluppomeno polarizzato e la crescita di un certo numerodi aree urbane nelle zone periferiche dell’Unione,che includono:

- un’estensione del cuore dell’Europa versoest, con la crescita di città quali Berlino, Mona-co e Vienna;

- le capitali della Scandinavia, Stoccolma e Hel-sinki, in particolare, sono diventate economi-camente forti, specie nelle nuove tecnologie;

- un certo numero di aree urbane nelle zone pe-riferiche dell’Unione, quali Dublino, Atene e Li-sbona, hanno anch’esse sperimentato unacrescita significativa del PIL pro capite nell’ul-timo decennio.

– Alcune regioni urbane al di fuori del cuoredell’Europa sembrano avere una popolazione eun potenziale economico sufficientemente fortida attrarre l’attività di ricerca, approfondendo,nel tempo, i legami con i principali centri decisio-nali europei e perfino internazionali. È possibileche, in futuro, queste regioni possano stimolarela crescita delle aree periferiche e generare unosviluppo economico più equilibrato nell’Unione.

Circa 40 di queste regioni urbane, situate al di fuoridel ‘pentagono’ centrale, possono essere identifi-cate e catalogate in base a quattro criteri che

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indicano i loro punti di forza e le loro debolezze:l’entità della popolazione e la crescita demografica,la competitività, le vie di comunicazione e il coinvol-gimento nell’economia della conoscenza. Lione èun buon esempio di città forte secondo tutti e quat-tro i criteri; Bilbao ha un punteggio elevato in una di-mensione (conoscenza); Porto e Cracovia hannoun punteggio soltanto medio nell’insieme dei quat-tro criteri. In complesso, queste 40 regioni urbanehanno registrato nel 1995–2000 una crescita delPIL tra il 3,3% e il 4,1% l’anno, contro il 3% delle me-tropoli in crescita e il 4–5% di un certo numero di re-gioni urbane periferiche che si stanno sviluppandorapidamente, come notato nel seguito.

Da un’analisi delle reti di cooperazione tra città digrandi e piccole dimensioni emergono:

– l’esistenza di una forte rete di ‘metropoli’ impor-tanti nel centro dell’Europa (in termini di scambi,università e vie di comunicazione), che includeLondra, Parigi, Francoforte, Amsterdam, Milanoe, nel prossimo futuro, Berlino;

– al di fuori di questo gruppo, una mancanza di coo-perazione strategica tra città grandi e piccole e,nei paesi prossimi all’adesione, un’assenza di retidi città di piccole e medie dimensioni, tranne chenella Repubblica Ceca e in Slovenia.

Squilibri intraregionali

Il futuro delle aree rurali è sempre più legato allosviluppo dell’economia rurale nel suo complesso e,in alcuni casi, richiede un cambiamento reale nellabase economica e sociale, nell’infrastruttura fisica,nell’accesso all’ICT e ad altre nuove tecnologie, ol-tre allo sviluppo di nuove fonti di occupazione (qualile PMI o il turismo rurale) e al mantenimento dei ser-vizi pubblici. Tale politica deve essere integrata inuna strategia regionale che preveda lo sviluppo direlazioni economiche e la cooperazione con le areeurbane.

La sfida per le aree rurali varia a seconda di dove essesi trovano rispetto alle città individuate in precedenza.È possibile distinguere in linea di massima tre tipi diaree rurali, in base al grado d’integrazione nel restodell’economia e ai legami con i grandi centri di attività:

– Le aree integrate nell’economia globale, chestanno sperimentando una crescita economicae hanno una popolazione in aumento. Esse sitrovano in genere vicino a un centro urbano,l’occupazione prevalente è nell’industria e neiservizi, ma la maggior parte dei terreni è usataper l’agricoltura (in Francia, ad esempio, un ter-zo delle aziende agricole si trova in questearee). A causa dell’elevata crescita demografi-ca e della pressione dell’urbanizzazione, è ne-cessaria una migliore gestione dei terreni perevitare il degrado ambientale e un uso conflit-tuale del territorio. Nonostante la loro crescenteimportanza, le politiche urbane negli Stati mem-bri, ad eccezione del Regno Unito e della

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Disparità accentuate tra le città e al lorointerno

L’Urban II Audit, disponibile al momento per 189 cittànell’UE15 (65 nel pentagono centrale e 124 nellearee periferiche), permette di analizzare tre tipi di di-sparità: tra città nel centro e nella periferia, tra città digrandi e medie dimensioni e tra quartieri di una stes-sa città. I principali dati che emergono sono quidescritti.

La mancanza di sicurezza è più marcata nelle grandicittà rispetto a quelle di medie dimensioni. Nel RegnoUnito, ad esempio, il numero di casi di aggressioniviolente nelle grandi città è doppio rispetto alle città dimedie dimensioni e il numero di omicidi tre volte piùelevato. È inoltre più accentuata nelle città dell’areacentrale dell’Unione rispetto alla periferia.

L’inquinamento mostra un chiaro modello centro-pe-riferia: ad esempio, le città centrali registrano 14 gior-ni all’anno in cui il livello di ozono supera la sogliaconsentita, contro meno di un giorno all’anno nellecittà periferiche.

La disoccupazione sembra essere collegata più afattori nazionali che all’ubicazione centrale o periferi-ca delle città o alla loro dimensione. Lo stesso valeper la povertà (la proporzione al di sotto della sogliadi povertà è in media il 9% nelle aree centrali e il 16%in quelle periferiche). Al tempo stesso, esistono am-pie disparità tra aree differenti all’interno delle città:ad esempio, si osserva una differenza nel tasso di di-soccupazione di 8:1 a Porto, dove il tasso medio èbasso, e di 5:1 a Marsiglia, dove il tasso è elevato.

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Svezia, tendono a non tenere conto a sufficien-za delle relazioni tra aree urbane e rurali.

– Le aree rurali intermedie, relativamente lontanedai centri urbani ma con buoni collegamenti allereti di trasporto e un’infrastruttura ragionevol-mente ben sviluppata. Esse tendono ad avereuna popolazione stabile e ad essere in fase di di-versificazione economica. In un certo numero diStati membri, le grandi aziende agricole si trova-no in queste aree. Qui l’obiettivo è mantenere ilpotenziale agricolo, potenziare il ritmo di diver-sificazione economica e rafforzare le relazionicon le città di piccole e medie dimensioni.

– Le aree rurali isolate, scarsamente popolate espesso situate in aree periferiche, lontane daicentri urbani e dalle maggiori reti di trasporto. Illoro isolamento è generalmente dovuto alle ca-ratteristiche topografiche (ad esempio, una ca-tena montuosa) e la popolazione tende ainvecchiare; inoltre, sono caratterizzate da unalimitata infrastruttura, da un basso livello di ser-vizi di base, da un modesto reddito pro capite,da forze di lavoro poco qualificate e, infine, dauna scarsa integrazione nell’economia globale.La generalità della popolazione dipende in largamisura dall’agricoltura ed è in declino. Questearee si trovano per lo più nel sud-ovest del Por-togallo, nel nord e nord-est della Spagna, nellaFrancia centrale, in Scozia, in Finlandia e inSvezia. La sfida per queste aree consiste nel ri-vitalizzare e mantenere l’attività economica e ladisponibilità di servizi pubblici adeguati. Inoltre,è necessario sviluppare collegamenti con le cit-tà, anche se relativamente distanti.

Regioni con svantaggi geografici

Come notato in precedenza e come già sottolineatonella Seconda relazione sulla coesione, le regioni concaratteristiche geografiche specifiche e permanentiche ne vincolano lo sviluppo, quali le regioni più remo-te, le isole, le regioni montane e le aree scarsamentepopolate nell’estremo nord dell’Europa, hanno spe-ciali problemi di accesso e d’integrazione con il restodell’Unione.

Le sette regioni ultraperiferiche dell’UE compren-dono 25 isole più la Guyane e, in complesso, hanno

una popolazione di circa 4 milioni di persone. Que-ste aree soffrono di una somma di ostacoli naturali,che rendono difficile migliorarne le condizioni eco-nomiche e sociali, non ultimo la lontananza sia daicentri economici e amministrativi sia dalla zonacontinentale più vicina. Réunion, la più distante, sitrova a oltre 9.000 km da Parigi e a 1.700 km dallacosta dell’Africa, mentre le isole Canarie, la regionepiù vicina, si trovano pur sempre a 250 km dalla co-sta. La lontananza è peggiorata dalle caratteristi-che naturali di queste regioni (molte sonoarcipelaghi, piccoli quanto a superficie e popolazio-ne), dal territorio e dal clima difficili.

Ad esclusione delle Canarie (che rappresentanoquasi il 45% della popolazione totale delle sette re-gioni ultraperiferiche e dove il prodotto pro capite èstato inferiore alla media spagnola di appena il 6%circa), il PIL pro capite di queste regioni è soltanto il57% della media dell’UE15 e Réunion, Guyane eAzzorre figurano tra le dieci regioni meno prospere.Tutte soffrono di una combinazione di ritardo di svi-luppo economico, di dipendenza eccessiva dall’a-gricoltura e di elevata disoccupazione ma, mentrela popolazione sta ancora aumentando marcata-mente nei territori francesi, essa sta diminuendo aMadera e nelle Azzorre, che hanno un alto tasso diemigrazione. Le Canarie, per di più, sono sottopo-ste a forti pressioni dovute all’incremento demogra-fico, hanno una dipendenza eccessiva dal turismoe sono prive di diversificazione in altri settori diattività.

Oltre a queste, vi sono 284 isole abitate nell’UE15,con 9,4 milioni di persone (il 3% del totaledell’UE15) e un territorio di 95.000 km2 (il 3% del to-tale dell’UE15). Lo sviluppo economico di questearee è vincolato in modo permanente dal loro relati-vo isolamento e dai costi aggiuntivi che ciò compor-ta. Inoltre, in molti casi, esse hanno un territoriomontuoso e/o sono parte di una regione perifericain ritardo di sviluppo (ad esempio, nel Mezzogiornod’Italia, in Grecia o in Scozia). Molte, poi, sono par-te di un arcipelago, il che, nella maggioranza deicasi, tende ad essere un ulteriore vincolo nella mi-sura in cui i collegamenti con il continente e i servizipubblici si trovano sull’isola principale.

Le isole si distribuiscono piuttosto uniformementetra l’Atlantico, il Baltico e il Mediterraneo, sebbene

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le 119 isole situate in quest’ultimo rappresentino il95% della popolazione isolana totale, con l’85%che vive in Sicilia, Sardegna, Baleari, Creta e Corsi-ca. Le altre isole, per contro, tendono ad essere piùpiccole e più scarsamente popolate. Le uniche diuna certa dimensione sono l’isola svedese Got-land, le isole scozzesi Lewis e Harris e la maggioredelle isole Orcadi. Il loro PIL medio pro capite nel2001 è stato il 72% della media dell’UE15 e, nellamaggior parte dei casi (le Baleari sono la principaleeccezione), è stato inferiore a qualsiasi altra areadei rispettivi paesi. Esse tendono ad essere vulne-rabili in termini economici a causa della concentra-zione dell’attività in due ampi settori: l’agricoltura epesca e il turismo.

Le aree montuose si distribuiscono in tutta l’UE15,coprono il 40% del territorio e hanno una popolazio-ne di circa 67 milioni di abitanti, pari al 18% del terri-torio dell’UE15. Dopo l’allargamento a 25 paesi,queste aree rappresenteranno più o meno la stessaproporzione di popolazione, ma una quota lieve-mente minore di territorio, avendo i nuovi Statimembri una densità demografica nelle aree montu-ose un po’ più elevata che in altre regioni. Le areemontuose sono maggiormente dipendenti dall’agri-coltura rispetto ad altre zone, specie nei paesi pros-simi all’adesione, ma anche nell’UE15. Sebbenealcune aree montuose si trovino in prossimità deicentri economici e dei grandi mercati, a causa dellanatura del territorio i costi di trasporto tendono adessere elevati e molte attività agricole sonoinadatte.

La disoccupazione tende ad essere più elevata nel-le aree montane maggiormente periferiche, quali lezone settentrionali degli Stati nordici, della Scozia,dell’Irlanda del Nord e del Regno Unito, le fascemontuose meridionali in Spagna, Corsica, Italiameridionale e Sicilia. Al contrario, la disoccupazio-ne è per lo più relativamente bassa nelle aree mon-tane che hanno grandi centri urbani industrializzativicini o entro i loro confini, quali alcune aree del Gal-les, gli Appennini settentrionali in Italia e le zonelungo i versanti settentrionale e meridionale delleAlpi in Francia, Germania e Italia. Vi sono, tuttavia,delle eccezioni, come le Ardenne in Belgio e lemontagne Ore nella Repubblica Ceca e inGermania.

Ancorché sia necessaria un’indagine più approfon-dita, le conclusioni degli studi realizzati suggerisco-no che la diversificazione economicadall’agricoltura ai servizi tende a manifestarsi ad unritmo più veloce nelle zone pianeggianti che nelleregioni montuose; che l’esistenza di grandi cittànelle aree montuose o nelle loro vicinanze rappre-senta uno stimolo importante per l’attività industria-le (o, in alternativa, che la ricchezza delle risorse inqueste aree può favorire lo sviluppo di grandi cittànelle vicinanze); che l’occupazione nei servizi ten-de ad essere elevata nelle aree montuose più pro-spere, specie nel turismo (ad esempio, sulle Alpi) onei servizi pubblici nelle aree scarsamente popola-te (in particolare, in Svezia e in Finlandia).

Dopo l’adesione di Svezia e Finlandia all’Unionenel 1994, le aree scarsamente popolate sono di-ventate un tema della politica di coesione. Alcunezone subartiche e artiche in questi due paesi hannouna densità demografica media inferiore a 5 abitan-ti per km2, un livello esiguo come in nessun’altraarea dell’Unione, tranne le Highlands and Islands inScozia11.

Il PIL medio pro capite in queste zone è l’87% dellamedia UE, cioè significativamente minore che in al-tre aree dei rispettivi paesi. Anche la disoccupazio-ne tende a superare la media nazionale. Ingenerale, un’ampia proporzione dell’occupazioneè nei servizi, specialmente i servizi pubblici, in Sve-zia, mentre in Finlandia un maggior numero di per-sone è occupato nell’agricoltura e nell’industria, inparticolare lavorazione del legname e produzionedella carta.

Nelle regioni svedesi, soprattutto, la crescita delPIL è stata depressa dalla metà degli anni ’90 (conun tasso pari ad appena la metà circa della mediaUE) e l’occupazione non ha recuperato la sostan-ziale perdita di posti che ha caratterizzato la fase direcessione nei primi anni ‘90. La popolazione è ge-neralmente in declino, a un tasso che altrove si tro-va abitualmente solo in regioni con gravi problemistrutturali. Durante gli anni ’90, Kainnu e Lapplandin Finlandia hanno perso mediamente l’1% dellapopolazione ogni anno, mentre in Norrbotten, inSvezia, la popolazione è diminuita dello 0,6% an-nuo12 (tavola A1.8).

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TERZA RELAZIONE SULLA COESIONE ECONOMICA E SOCIALE

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1.6 Variazioni demografiche, 1996-1999: componenti principali

EUROPEAN SPATIAL PLANNINGOBSERVATION NETWORK

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AT, CH, DE, FI, EL, MT, NL, PT, SE, UK: NUTS2

Fonte: base di dati ESPONOrigine dei dati:UE15 e paesi candidati: Eurostat;Norvegia e Svizzera: Istituti statistici nazionali

Questa carta non riflette necessariamente l'opinionedel Comitato di monitoraggio ESPON

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Problemi comuni delle aree

con svantaggi geografici

Tutte queste regioni, ovunque si trovino nell’Unio-ne, hanno problemi comuni di accessibilità e distan-za dai principali mercati, che tendono a far lievitare icosti di viaggio e trasporto e ne limitano lo sviluppoeconomico. Al tempo stesso, anche la costruzionedi infrastrutture e la disponibilità di assistenza sani-taria, istruzione e altri servizi di base sono più co-stose, a causa della natura del territorio e dellalontananza di queste aree, e diventano più difficilida giustificare, dato il limitato numero di personeche ne trarrebbero beneficio. In molti casi, la popo-lazione o la dimensione del mercato è inferiore alla‘massa critica’ necessaria a giustificare un investi-mento economico. Il problema è aggravato dall’in-vecchiamento e dal declino della popolazione, manmano che i giovani abbandonano queste regioni(carta 1.6).

Per le isole, sembra esistere una dimensione criticadella popolazione, di circa 4.000–5.000 abitanti, aldi sopra della quale si osserva in generale un’e-spansione, la proporzione di giovani è relativamen-te elevata e i servizi scolastici e sanitari sono buoni.Al di sotto di questo livello, l’emigrazione netta, l’in-vecchiamento della popolazione e i servizi inade-guati sono la norma.

Nelle aree montuose dell’UE15, la densità demo-grafica (51 abitanti per km2) è meno della metà del-la media dell’Unione, sebbene nelle zoneimmediatamente adiacenti tenda ad essere moltopiù elevata, riflettendo la loro attrattiva come luoghiin cui vivere e lavorare. Mediamente, si osserva undeclino costante della popolazione, ma un certo nu-mero di aree ha iniziato ad attirare persone e nuoveattività commerciali. Nei paesi prossimi all’adesio-ne, la situazione è simile, ma la densità demografi-ca in queste aree è quasi il doppio rispetto all’UE15e di poco inferiore alla media in altre zone.

Maggiore parità di accesso ai servizi

d’interesse economico generale

Nonostante le difficoltà di alcune regioni, la parità diaccesso all’infrastruttura di base, ai servizi essen-ziali e alla conoscenza — a quelli, cioè, che sonodefiniti ‘servizi d’interesse economico generale’ —

per tutti, ovunque vivano, è una condizione fonda-mentale per la coesione territoriale.

L’accesso a un sistema di trasporto efficiente, concollegamenti adeguati al cuore dell’Europa, è il pri-mo elemento che determina la perifericità di una re-gione. Le regioni che usufruiscono di un miglioreaccesso ai mercati saranno con maggiore probabi-lità più produttive e competitive di altre. Al momen-to, la rete stradale tende ad essere più sviluppatanelle aree centrali dell’Unione che nelle regioni pe-riferiche e, mentre negli ultimi anni è aumentata lacostruzione di autostrade, l’accessibilità delle re-gioni periferiche alle aree centrali, dove si concen-trano i mercati, resta molto minore che altrove,risultando particolarmente carente nella maggio-ranza delle aree dell’Obiettivo 1 in Portogallo, inGrecia, nell’Irlanda occidentale e negli Stati baltici(carta A1.5).

Queste carenze sono ancora più visibili per quantoriguarda le ferrovie, dal momento che, nella mag-gioranza delle regioni periferiche, lo sviluppo dellarete ferroviaria non è stato neanche al passo conquello della rete stradale. La Romania, la Bulgaria,l’Italia centrale e meridionale, il nord della

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Accessibilità delle aree montane

Nel quadro di un recente studio sulle aree montane,è stato costruito un indice per classificarle in base algrado di accessibilità, tenendo conto della distanzaper via aerea dalle capitali nazionali e da altre città,dalle università e dai centri di assistenza sanitaria,oltre alla densità delle reti di trasporto (stradale, fer-roviaria e aerea).

Le aree montane con un’accessibilità ‘molto buona’ o‘buona’ si trovano, ad esempio, nel nord dell’Inghil-terra, in Sicilia e in Slovacchia. Esse comprendonoanche le Alpi, i Carpazi, i Sudeti, tutte le aree tede-sche e le Ardenne, oltre a tre aree spagnole e dueportoghesi. Le aree con un’accessibilità ‘media’ cir-condano i primi due gruppi e includono alcune zonein Grecia, Spagna, Galles e Finlandia e il Massicciocentrale in Francia. Le aree con un’accessibilità‘scarsa’ si trovano a nord del terzo gruppo: in partico-lare, Highlands and Islands in Scozia e la maggioran-za delle aree montane svedesi e finlandesi.

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Danimarca, oltre alla Grecia e ad alcune aree dellaSpagna lontane dalla linea TAV Madrid-Siviglia,hanno un’accessibilità ferroviaria particolarmenteinadeguata alle zone più centrali dell’Unione (cartaA1.6).

L’accesso alle regioni centrali per via aerea è signi-ficativamente migliore a causa della presenza diaeroporti internazionali anche nelle aree più remo-te, sebbene il miglioramento dei collegamenti deb-ba essere visto in prospettiva, dato il modestovolume di merci che generalmente viene trasporta-to per via aerea (carta A1.7).

Ancorché la costruzione delle reti transeuropee mi-gliorerà l’accessibilità, in particolare nei paesi pros-simi all’adesione — specie in Bulgaria e Romania— l’effetto varierà considerevolmente tra le diverseregioni periferiche a seconda di quanto sono bencollegate alle principali vie di comunicazione, il chedipende, a sua volta, dallo stato delle retisecondarie.

L’accesso alle nuove tecnologie, specialmentel’ICT, è importantissimo per le regioni periferiche eper quelle con problemi geografici. Infatti, non solola diffusione della tecnologia contribuisce a ridurrela rilevanza delle distanze e dei tempi di viaggio perraggiungere le zone centrali dell’UE, ma soprattuttoqualsiasi limitazione alla sua disponibilità si tradur-rebbe quasi certamente in un danno alle prospetti-ve di sviluppo di queste aree, scoraggiando leaziende che potrebbero localizzarvi le loro attività.

Priorità di sviluppo

Sebbene le regioni con svantaggi geografici pre-sentino condizioni economiche e sociali assai di-verse, esse sono tipicamente meno prospere ehanno una disoccupazione più elevata che nel re-sto del paese in cui si trovano o, nel caso delle re-gioni ultraperiferiche, a cui appartengono.Comunque, escludendo le ultime regioni, sia l’oc-cupazione sia il PIL pro capite sono inevitabilmenteinfluenzati dai risultati dell’economia nazionale dicui queste regioni fanno parte.

Gli svantaggi geografici non sempre equivalgono acircostanze economiche sfavorevoli. In effetti,come dimostrano alcuni esempi, essi possono

potenzialmente essere trasformati in qualità e apri-re la strada a nuove possibilità di sviluppo. Inoltre,molte di queste regioni fanno parte del grande patri-monio naturale dell’Unione e sono il luogo preferitodi molte attività culturali, del tempo libero e altro.Per questa sola ragione, è importante che esse sia-no preservate e mantengano la loro popolazione, ilche, a sua volta, attesta la necessità di migliorarel’accessibilità e di mantenere o sviluppare i serviziessenziali.

È altrettanto importante che il sentiero di sviluppoeconomico che esse seguono rispetti il loro patri-monio naturale e non metta in pericolo quelle stes-se caratteristiche geografiche che sono, o possonoessere, un elemento chiave di vantaggio concor-renziale come luoghi non solo in cui vivere ma an-che in cui localizzare un’impresa. Con lo sviluppodell’economia basata sulla conoscenza, quindi, lavicinanza alle materie prime o anche ai grandi mer-cati sta diventando un fattore meno significativo neldecidere dove stabilirsi, mentre le bellezze naturalio l’attrattiva dei dintorni stanno assumendo una ri-levanza crescente, abbinate, ovviamente, alla di-sponibilità dell’infrastruttura e dei servizi essenzialidescritti in precedenza.

Lo sviluppo economico di queste aree sensibili,perciò, deve tenere conto, anche più che altrove,della necessità di tutelare l’ambiente, il che com-porta non solo l’integrazione di questa priorità nelledecisioni in materia di investimenti, ma anche, lad-dove possibile, la ricerca di alternative che, al tem-po stesso, migliorino l’ambiente e rafforzino lacompetitività regionale. Esempi di opzioni vantag-giose in questi termini includono la pulizia di areedanneggiate in passato dall’attività industriale e laloro riconversione in siti per lo sviluppo di nuove ini-ziative, l’ammodernamento dei collegamenti ferro-viari per migliorare l’accessibilità invece dellacostruzione di nuove strade, lo sviluppo di fontienergetiche pulite e rinnovabili in sostituzione dellecentrali elettriche a carbone o a petrolio, che consu-mano risorse scarse e inquinano l’atmosfera.

Poiché queste opzioni vantaggiose non sono sem-pre disponibili, un principio centrale della politica disviluppo, sia nelle aree sensibili che altrove, do-vrebbe riguardare l’adozione di strategie che mini-mizzano i danni all’ambiente, in modo da essere

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1.7 Diversità territoriale – grado di frammentazione delle aree naturali

meno del 20% delle aree naturali

Canarias (E)

Guadeloupe Martinique Réunion

Guyane (F)

Açores (P)

Madeira

tra il 20% e il 50% delle aree naturali; molto frammentate

tra il 20% e il 50% delle aree naturali; moderatamente frammentate

tra il 20% e il 50% delle aree naturali; scarsamente frammentate

più del 50% delle aree naturali

aree edificate

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Aree naturali = tutte le aree (livello NUTS3)escluse le aree edificate e le aree agricole

Fonte: CORINE Landcover.

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sostenibili nel lungo termine e da non rappresenta-re semplicemente uno strumento immediato di sti-molo della crescita.

I problemi ambientali sono particolarmente gravi al-l’interno dell’Unione, sia nelle aree con una forteconcentrazione demografica, caratterizzate quindida vari tipi di attività economica, sia nelle aree conuna notevole pressione sulle risorse naturali, dovu-ta in particolare all’agricoltura, ma anche alle attivi-tà minerarie e simili. Queste aree sono distribuite inmodo tutt’altro che uniforme nell’Unione, anzi siconcentrano in talune zone (carta 1.7). Ciò di cuiesse hanno bisogno è la pulizia dell’ambiente e laprevenzione di altri danni. Altrettanto importate èevitare un ulteriore deterioramento dell’ambiente inaree naturali o semi-naturali in cui l’attività umanasta progressivamente prendendo piede o che sonoin fase di abbandono, e che stanno diventandosempre più frammentate o prive di protezione per leloro risorse naturali. Questi obiettivi, pertanto, de-vono diventare parte integrante della strategia dicrescita economica nell’Unione per assicurare unosviluppo sostenibile.

Fattori che determinano la crescita,

l’occupazione e la competitività

A marzo 2000, in occasione del vertice di Lisbona,l’Unione europea si è prefissata l’obiettivo di diven-tare l’economia basata sulla conoscenza più com-petitiva e dinamica del mondo, capace di unacrescita sostenuta e sostenibile con impieghi piùnumerosi e migliori e una maggiore coesione socia-le. In tal senso, ha identificato un certo numero dipriorità:

– dare la precedenza all’innovazione e all’impresa,in particolare creando legami più stretti tra istitutidi ricerca e industria, sviluppando condizioni favo-revoli alla R&S, migliorando l’accesso ai finanzia-menti e al patrimonio di conoscenze tecnologichee incoraggiando le nuove iniziative imprenditoriali;

– assicurare la piena occupazione, sottolineando lanecessità di creare opportunità di impiego, incre-mentare la produttività e la qualità del luogo di la-voro e promuovere l’apprendimento lungo tuttol’arco della vita;

– garantire un mercato del lavoro inclusivo in cui ladisoccupazione sia limitata e le disparità sociali eregionali nell’accesso all’occupazione sianoridotte;

– ‘collegare’ l’Europa, specialmente attraverso unamaggiore integrazione e il miglioramento delle retidi trasporto, telecomunicazione ed energia;

– proteggere l’ambiente, tanto più che funge da sti-molo dell’innovazione, e introdurre nuove tecnolo-gie, ad esempio nel settore dell’energia e deitrasporti.

La politica di coesione europea dà un rilevante contri-buto a questi obiettivi, in particolare in quelle regionidove esiste un potenziale economico e occupaziona-le inutilizzato da realizzare attraverso misure miratedella politica di coesione, incrementando così lacrescita dell’economia dell’Unione nel suocomplesso.

Dal punto di vista politico, uno sviluppo regionale so-stenuto richiede la realizzazione di condizioni favore-voli a livello nazionale, in particolare un ambiente ma-croeconomico propizio alla crescita, all’occupazionee alla stabilità e un sistema fiscale e normativo che in-coraggi l’attività economica e la creazione di posti dilavoro.

A livello regionale, devono essere soddisfatte dueserie complementari di condizioni. La prima riguar-da l’esistenza di una dotazione appropriata sia d’in-frastruttura di base (sotto forma di trasporti,telecomunicazioni e reti energetiche efficienti, unadeguato approvvigionamento idrico, servizi am-bientali, ecc.) sia di forze di lavoro munite di idoneilivelli di competenze e formazione. Un rafforzamen-to del capitale sia fisico sia umano, insieme al mi-glioramento dei servizi di sostegno istituzionali edel quadro di riferimento amministrativo esistente,è particolarmente importante nelle regionidell’Obiettivo 1 e nei paesi prossimi all’adesione,dove entrambi sono attualmente gravementecarenti.

La seconda serie di condizioni, che riguarda diret-tamente i fattori di competitività regionale che sonoimportanti nell’economia basata sulla conoscenza,vuole che all’innovazione venga data alta priorità,

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