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INTRODUZIONE Un nome …un volto Proprio perché nel Signore Risorto abbiamo la certezza che la via della vita trionfa su quella della morte, nel nome che portiamo esprimiamo la forte passione per la vita e per la dignità di ogni uomo , che sostiene, anche oggi, il nostro impegno educativo. Esso si esplica, in Italia e in terra di missione, nelle parrocchie, nella scuola, tra i malati e gli anziani, soprattutto là dove l’uomo chiede aiuto e salvezza, offrendo occasioni e spazi per l’annuncio del Vangelo, l'iniziazione cristiana, la formazione, la proposta della visione cristiana della vita. Il sangue, principio di unità, informa lo stile delle nostre relazioni, sincere e aperte, che manifestano quello spi rito di famiglia che ci è proprio e che indica lo "stare con" le persone, l’essere accanto a loro e per loro, fondando i rapporti personali sulla fiducia, che consente di scoprire in ogni uomo non solo i valori di cui è portatore, ma anche quella segreta bellezza, frutto della Redenzione. Tale era l’impegno della Fondatrice, che voleva essere "larga di compassione verso le ragazze più ingrate, più difficili a dirigere", e che sospinge anche noi a cercare le persone che richiedono più tempo, più attenzione, e un amore più esigente. Il sangue versato richiama ancora il dono di sé fino al sacrificio della propria vita, e suggerisce una donazione incondizionata come già la Fondatrice aveva intuito invitando le religiose a “fare e patire tutto quanto è conveniente per procurare agli altri il maggior bene”. Fatica e sacrificio sono le espressioni di una passione e di un amore profondo per quello che ci è stato affidato. In questo senso, il sangue, come memoria della Pasqua ormai compiuta nel tempo ma perenne nella storia, viene invocato a salvezza per tutte le situazioni in cui viene calpestata la dignità umana, sparso il sangue innocente, tradita la vita. Ne scaturisce l’intercessione continua al Sangue di Cristo, affinché in nome e per la forza di quel Sangue, l’uomo sia redento e si apra a Dio. E’ certo che ancora oggi un "nome" come quello di Suora del Preziosissimo Sangue rivela come il carisma educativo, attento ai bisogni della gioventù e delle famiglie di allora, si riattualizzi nel presente come servizio ai bambini, agli adolescenti, ai giovani, ma anche ai malati, agli anziani, agli emarginati, soprattutto al mondo femminile, sia per i ruoli etici esercitati dalla donna in quanto madre ed educatrice, sia per le forti discriminazioni a cui essa è sottoposta in tutti gli ambiti della vita sociale. Il nome ricevuto è una chiamata che vorremmo rinnovare all’interno e condividere all’esterno con quanti operano con noi. Da qui il senso di tutto il documento che, ritornando prima alla sorgente del carisma dell’Istituto (cap.1) e confrontandosi poi con i grandi temi antropologici e pedagogici (cap.2-3), delinea i tratti di uno stile educativo che ci caratterizza laddove siamo chiamati ad operare (cap.4–5). Se è vero che il nome distingue un uomo da un altro e indica un compito, si dovrebbe poter riconoscere chi, ispirandosi al Carisma del Preziosissimo Sangue, si adopera per risvegliare la vita e costruire l’unità. Ma in particolare, la forza dell’amore connoterà la sua azione a favore dell’uomo e il desiderio di spendersi senza misura lo sosterrà. Tale il progetto e il compito della missione educativa dell’Istituto.

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INTRODUZIONE

Un nome …un volto

Proprio perché nel Signore Risorto abbiamo la certezza che la via della vita trionfa su quella

della morte, nel nome che portiamo esprimiamo la forte passione per la vita e per la dignità di ogni

uomo, che sostiene, anche oggi, il nostro impegno educativo. Esso si esplica, in Italia e in terra di

missione, nelle parrocchie, nella scuola, tra i malati e gli anziani, soprattutto là dove l’uomo chiede

aiuto e salvezza, offrendo occasioni e spazi per l’annuncio del Vangelo, l'iniziazione cristiana, la

formazione, la proposta della visione cristiana della vita.

Il sangue, principio di unità, informa lo stile delle nostre relazioni, sincere e aperte, che

manifestano quello spi rito di famiglia che ci è proprio e che indica lo "stare con" le persone,

l’essere accanto a loro e per loro, fondando i rapporti personali sulla fiducia, che consente di

scoprire in ogni uomo non solo i valori di cui è portatore, ma anche quella segreta bellezza,

frutto della Redenzione. Tale era l’impegno della Fondatrice, che voleva essere "larga di

compassione verso le ragazze più ingrate, più difficili a dirigere", e che sospinge anche noi a

cercare le persone che richiedono più tempo, più attenzione, e un amore più esigente.

Il sangue versato richiama ancora il dono di sé fino al sacrificio della propria vita, e

suggerisce una donazione incondizionata come già la Fondatrice aveva intuito invitando le religiose a

“fare e patire tutto quanto è conveniente per procurare agli altri il maggior bene”. Fatica e sacrificio

sono le espressioni di una passione e di un amore profondo per quello che ci è stato affidato.

In questo senso, il sangue, come memoria della Pasqua ormai compiuta nel tempo ma perenne nella storia, viene invocato a salvezza per tutte le situazioni in cui viene calpestata la

dignità umana, sparso il sangue innocente, tradita la vita. Ne scaturisce l’intercessione continua al

Sangue di Cristo, affinché in nome e per la forza di quel Sangue, l’uomo sia redento e si apra a Dio.

E’ certo che ancora oggi un "nome" come quello di Suora del Preziosissimo Sangue rivela

come il carisma educativo, attento ai bisogni della gioventù e delle famiglie di allora, si riattualizzi nel

presente come servizio ai bambini, agli adolescenti, ai giovani, ma anche ai malati, agli anziani, agli

emarginati, soprattutto al mondo femminile, sia per i ruoli etici esercitati dalla donna in quanto madre

ed educatrice, sia per le forti discriminazioni a cui essa è sottoposta in tutti gli ambiti della vita sociale.

Il nome ricevuto è una chiamata che vorremmo rinnovare all’interno e condividere all’esterno

con quanti operano con noi. Da qui il senso di tutto il documento che, ritornando prima alla sorgente

del carisma dell’Istituto (cap.1) e confrontandosi poi con i grandi temi antropologici e pedagogici

(cap.2-3), delinea i tratti di uno stile educativo che ci caratterizza laddove siamo chiamati ad operare

(cap.4–5).

Se è vero che il nome distingue un uomo da un altro e indica un compito, si dovrebbe poter

riconoscere chi, ispirandosi al Carisma del Preziosissimo Sangue, si adopera per risvegliare la vita e

costruire l’unità. Ma in particolare, la forza dell’amore connoterà la sua azione a favore dell’uomo e il

desiderio di spendersi senza misura lo sosterrà.

Tale il progetto e il compito della missione educativa dell’Istituto.

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CAPITOLO 1

UN CARISMA NELLA CHIESA PER IL MONDOLe religiose del Preziosissimo Sangue:

- annunciano con gioia che nel Signore Gesù c’è salvezza e redenzione per l’uomo1. Per

questo intendono far conoscere a quanti avvicinano nell’azione educativa il valore e la dignità di ogni figlio di Dio;

- assumono le fatiche e i sacrifici della missione a loro affidata e, sull’esempio di Gesù

redentore, spendono la propria vita nel dono di sé, in compagnia dell’uomo;2

- condividono gli intenti apostolici e le attività ad essi connesse con i laici collaboratori e

cercano insieme, nel rispetto delle reciproche vocazioni e dei diversi stili di vita, di trovare forme

nuove, adatte ai tempi per esprimere la ricchezza del Carisma proprio della Congregazione.3

1. IL CARISMA EDUCATIVO Questa comunione di fini e di azione attiene alla specificità della missione educativa in quanto

tale, e rende ogni educatore responsabile della crescita umana e spirituale dei fratelli che accosta

o che gli sono affidati.

Nell’uomo povero, solo, trascurato o in ricerca di senso, tutta la comunità educativa

riconosce un fratello che il Padre le affida affinché ne abbia cura, con gli atteggiamenti che hanno

animato e contraddistinto la Fondatrice, la Serva di Dio Madre Maria Bucchi, diviene amorevolmente

attenta, per cogliere la sete di verità che si manifesta in ogni umana sofferenza.4

2. IL CARISMA EDUCATIVO: fondamenti biblici e teologiciAll’origine della vita

Creato “a immagine e somiglianza di Dio” e posto al vertice della creazione, l’uomo,

nella pienezza della sua dignità, è chiamato alla relazione con Lui, con gli altri, col mondo5 ed è

invitato ad un patto di alleanza con Dio che si esprime attraverso un’adesione personale e originale,

libera e responsabile.6

L’uomo redento da Cristo

In tale alleanza trova fondamento e speranza l’esistenza dell’uomo che, lungo la sua storia,

ha infranto più volte questa relazione opponendosi al disegno di Dio su di sé e sul mondo. Solo

l’Amore misericordioso di Dio, manifestatosi in Gesù salvatore e redentore, lo ha reso capace di

rivolgersi nuovamente al Creatore e di riconoscere nel Sangue di Cristo versato sulla croce la

grandezza dell’amore del Padre. Il sangue di Cristo dice infatti, quanto sia prezioso l’uomo agli occhi di Dio e come sia inestimabile il valore della sua vita.7

Offrendo la vita per la nostra salvezza ha abbattuto ogni muro di divisione eretto dal peccato,

ci ha riconciliato con il Padre e ci ha donato la grazia di essere figli e di riconoscere e accogliere

1 cfr. Cost 12 cfr. Cost 106/1073 cfr. VFC 70 4 cfr. Atti ’97 p. 205 cfr. Gn 1,266 cfr. EV 87 b7 cfr. EV 25; bgr. p. 67

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l’altro come fratello.8 Infine nell’opera di redenzione Cristo dona all’umanità intera come Madre

Maria: Ella, ai piedi della croce, partecipa con intenso amore alla donazione del Figlio, accoglie tutti e

ciascuno nella sua maternità (Gv 19,25), indicando la via che conduce al Padre. Maria, che per prima

ha creduto alla risurrezione del Figlio, sostiene la speranza che in Cristo Risorto la vita ha la vittoria

sulla morte e che ogni uomo è redento e reso partecipe della vita “nuova”. 9

L’uomo nuovo nello Spirito

Con il dono dello Spirito, scaturito dal costato aperto di Cristo in croce,10 Dio ha ridonato

all’uomo la dignità di figlio e ha riversato in lui l’Amore con cui Egli stesso lo ama. 11 Animato dallo

Spirito Santo, l’uomo è reso capace di amare ogni fratello come Dio l’ha amato, di stimarlo, di

accoglierlo con rispetto.12

Questa nuova capacità di amare è il segno più eloquente del passaggio dalla morte a quella vita

nuova che ristabilisce la relazione originaria tra Dio e gli uomini e degli uomini tra loro. Essa si rende

visibile nel rendere servizio ai fratelli, nell’assumere le loro gioie e tristezze, le speranze e le ansie13 sull’esempio di Gesù che si è fatto “servo di tutti”.14

3. IL CARISMA EDUCATIVO DELL’ISTITUTO: breve storia

La Fondatrice

La Serva di Dio Madre Maria Matilde Bucchi nacque ad Agrate il 18 maggio 1812 da una

semplice famiglia contadina, dalla quale ereditò le caratteristiche della donna concreta: uno spiccato

senso del lavoro ed una intelligenza pratica.

La personalità, come appare dalle vicende della sua vita, ebbe così modo di svilupparsi e di maturare

in ambienti di forti tradizioni ambrosiane, caratterizzate da una fede robusta, da un generoso spirito di

dedizione, da un’instancabile operosità.15

Dio entrò nella sua vita con un piano, al quale la Fondatrice si abbandonò superando di volta

in volta perplessità e sacrifici. L’esperienza del sacrificio vissuto come espressione di impegno

apostolico e la scuola spirituale dei Barnabiti del Carrobiolo, la resero capace di sostenere dapprima il

duro lavoro alla filanda e la fatica dei campi, poi l’assistenza ai malati di colera, di dedicarsi al

catechismo in Parrocchia, di offrire il proprio servizio presso le Canossiane di Monza.

L’obbedienza all’Arciprete di Monza e all’Arcivescovo di Milano le permise di vedere l’avvio

della nuova famiglia religiosa dedicata al Preziosissimo Sangue (17 maggio 1876), le cui note

dominanti furono fin dagli inizi la vivacità della carità, l’attenzione vigilante alle indicazioni di Dio, la

fedeltà alla storia, da cui scaturì una vita straordinariamente comune ma nella quale i più piccoli

eventi quotidiani si colorarono di novità.16 La comprensione del mistero della redenzione, di cui il Sangue di Cristo è l’espressione più alta, spinse la Fondatrice ad impegnare tutta se stessa

8 cfr. Ef 2,13-14; Cost 59 cfr. 2 Cor 5,17; Rm 8,28-30; LG 8; Cost 510 Gv 19, 3311 cfr. Rm 5,512 cfr. 1Gv 3,14; Cost 95

13 GS 114 cfr. Gv 13,1515 cfr. Maio, Suor Maria Bucchi, NED 1993, p. 73141516 cfr. Numero Unico Centenario 1976, p. 10-11

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affinché quel dono di salvezza raggiungesse tutti gli uomini. Questa intuizione di fede illuminò la sua

umile storia di ragazza costretta a misurarsi con la povertà, con la durezza del lavoro, con la

travagliata ricerca della propria vocazione. Una storia che Dio scrisse con segni non immediatamente

leggibili, quasi un mosaico costruito un tassello dopo l’altro nella pazienza dei giorni che spesso

conobbero soltanto l’attesa.17

Guidata dallo Spirito, seppe leggere sia questi segni misteriosi della presenza di Dio nella

sua vita, sia i bisogni del suo tempo percependo nel carisma educativo il modo privilegiato di cooperare alla redenzione del mondo, fermamente convinta che ogni persona ha un valore infinito,

come infinito è il prezzo col quale è stata riscattata.18 L’educazione divenne la forma propria della sua dedizione apostolica a cui attese con cuore materno, con tatto squisito e carattere forte e

deciso, dimostrando che la sua dolcezza era frutto di autentica carità. Si rapportava alle ragazze con

materna sollecitudine privilegiando “le più povere, le più ingrate, le più difficili, provvedendo non solo

alle loro necessità più immediate, ma anche alla loro formazione. Con intuito materno e saggezza

pedagogica sapeva farsi accanto a chi si trovava in difficoltà”.19

Dalla tradizione dell’Istituto si deduce che l’attività educativa più che riferirsi a un particolare modello

culturale, è stata costantemente attenta agli insegnamenti offerti dalla storia e dalla vita per coglierne

le istanze più profonde e il destino di salvezza dell’uomo nel proprio tempo.

La Serva di Dio, Suor Alfonsa Clerici

Tra le numerose giovani che seguirono le tracce di Madre Bucchi, emerge la serva di Dio

Suor Alfonsa Clerici (Lainate1860-Vercelli 1930), che ha ereditato in modo esemplare il suo

insegnamento, privilegiando nell’azione educativa:

- la disciplina, come necessario supporto all’educazione delle virtù umane20;

- la serietà nello studio, per un’adeguata preparazione professionale;

- una profonda formazione spirituale, per migliorare la persona.

La sua vita fu interamente spesa a servizio dei giovani: prima nel Collegio di Monza e poi, per diciotto

anni, al “Ritiro della Provvidenza” a Vercelli, dove si prodigò nell’educazione delle adolescenti e nella

condivisione con i poveri e gli umili, che ogni giorno ricorrevano a lei per ricevere aiuto materiale e

spirituale. Per le ragazze a lei affidate non risparmiava fatiche: le istruiva, consigliava, aiutava; le

voleva serene e capaci di farsi dono per gli altri, secondo la missione propria della donna.21

Il primato dell’educare: breve storia di una risposta ai segni dei tempi

Lungo la storia, il carisma educativo ebbe modo di esprimersi negli oratori, nelle scuole di

ogni ordine e grado, nella catechesi, nelle opere sociali, in terra di missione, luoghi che costituiscono

tuttora gli ambiti privilegiati dell’azione apostolica dell’Istituto. Nelle prime Costituzioni si legge che le

religiose attendono ”alla santificazione del prossimo” mediante le seguenti opere: educazione delle

giovani nei collegi e nelle scuole, cura delle ragazze ammalate; assistenza alle opere parrocchiali,

specialmente negli oratori. L’impegno costante e attento delle suore, dunque, fu sempre quello di

17 cfr. Maio p. 318 cfr. Positio 1 M. Bucchi p. 25919 cfr. Positio 1 M. Bucchi p. 19120 Disciplina si intende come la capacità di delineare un progetto di vita secondo un sistema di valori interiorizzati e di poter contare su di una volontà educata che permetta non solo di concepire il buono e il giusto ma anche di attuarlo.21 cfr. Positio 1 Sr. Alfonsa p. 724

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rispondere con tempestività e generosità alle urgenti istanze educative dei tempi e dei luoghi nei quali

esse si trovavano ad operare.

Il primato dato all’educazione apparve motivato da tre fattori:

- l’obbedienza ad una chiara indicazione soprannaturale: “Farai del bene nella parrocchia di san

Gerardo”;22

- l’intuizione delle esigenze più urgenti del tempo: “Fra le varie e sante Congregazioni di cui è

ricca e gloriosa la S. Chiesa, Iddio volle suscitare anche questa nostra, ultima e minima fra tutte, la

quale procura di unire insieme lo spirito delle vergini claustrali con quelle istituzioni che a ben

educare le fanciulle sono richieste dalle circostanze presenti…”.23

- una risposta alle istanze della Chiesa e della società civile.24

L’attività scolastica ebbe inizio a Monza in forma privata con il nascere della Congregazione stessa:

dal 1876 al 1906 la scuola elementare aveva la sua sede accanto alla Chiesa di S. Maurizio, dal 1908

presso la Palazzola, quindi dal 2 ottobre 1922 nella Casa Generalizia. In questo stesso anno si aprì la

scuola materna.

Nei primi anni di vita dell’Istituto sorsero numerose comunità, dapprima in Brianza e successivamente in altre zone, con asili, oratori e diverse attività parrocchiali tra cui la catechesi, scuole di lavoro e convitti che accoglievano bambini e ragazze per offrire loro una

formazione umana e cristiana. In questi ambiti si ebbe, più tardi, l’esperienza delle “crociatine”,

un’associazione approvata dalla Chiesa, che intendeva aprire bambini e adolescenti alla

comprensione del mistero salvifico. Aderendo all’associazione essi dichiaravano pubblicamente la

volontà di associarsi alla passione di Gesù per la salvezza degli uomini attraverso un impegno di

preghiera, azione e sacrificio.

Nel primo dopoguerra, accogliendo le richieste del barnabita, padre Semeria, la

Congregazione si rese presente nell’Italia meridionale per gli orfani della prima guerra mondiale.

Solo qualche anno dopo, in una casa di Losanna (Svizzera) si aprì una missione a favore dei

bambini, figli di emigrati morti durante la prima guerra mondiale e abbandonati dalle loro madri

vedove.

L’attenzione e la cura per i bambini con problemi di salute e con difficoltà economiche fu

all’origine della presenza delle suore nelle Colonie Scolastiche Milanesi e a Borgio Verezzi (SV)

dove all’inizio degli anni Trenta venne aperta anche una scuola elementare.

A Monza negli stessi anni le suore, sollecitate dalle famiglie delle ragazze che intendevano

seguire gli studi artistici in un ambito educativo cristiano alternativo all’Accademia di Brera, aprirono

una Scuola di pittura. Con l’approvazione del 1947 si trasformò in Liceo Artistico, con l’intento di

creare un ambiente dal forte impianto educativo cristiano come nelle intenzioni della Fondatrice e nel

carisma della Congregazione. Il Liceo Artistico fu intitolato a San Giuseppe, patrono spirituale della

Congregazione.

Negli anni ‘40 a Monza sorse anche la Scuola di Avviamento Commerciale che preparava

le ragazze ai lavori d’ufficio e qualche anno dopo si affiancò la Scuola Media per aprire l’ingresso ai

22 S. DINO, In ascolto del mondo, p. 7622 Testamento del Padre23 Testamento del Padre2324

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licei. Entrambi i corsi erano per sole ragazze, secondo le norme ecclesiastiche del tempo, e avevano

come obiettivo primario comune la formazione di donne capaci di assumere responsabilità secondo lo

stile evangelico nella nuova società italiana che risorgeva dopo la tragedia della seconda guerra

mondiale.

Nel 1939 Don Giuseppe Del Corno, Parroco di Crescenzago, un rione alla periferia di Milano,

aveva chiamato le suore per svolgere ogni domenica le attività parrocchiali e per far sorgere in zona

una scuola per l'alfabetizzazione degli abitanti. L’attività scolastica ebbe inizio nell’ottobre del 1941. I

primi anni si rivelarono particolarmente difficili, essendo la scuola costituita da un unico salone per tre

classi. Il 1 luglio 1951 fu posta la prima pietra dell'attuale edificio scolastico, ampliato il 5 febbraio

1954 con la costruzione di un'altra ala che permise di completare le cinque classi elementari e di

dare inizio nel 1955 alla Scuola Media. Negli stessi anni fu attivato un pensionato per accogliere le

ragazze lavoratrici provenienti da varie parti d'Italia.

Nel 1942 la Congregazione acquistava a Pallanza la "Villa Castagnola". Nonostante

numerose difficoltà, si iniziò ugualmente il servizio apostolico con l'apertura della Scuola Materna

particolarmente frequentata dai bambini di famiglie sfollate; nell'anno successivo (1944) si aggiunse la

scuola elementare e, in seguito la Scuola Media, come sezione femminile del Collegio "Santa Maria"

dei Padri Marianisti. Nel 1946 prese avvio il Liceo Classico femminile sempre in collaborazione con

i Padri Marinisti, sostituito nel 1964, da una Scuola Superiore di indirizzo magistrale, in vista della

preparazione e formazione di nuove insegnanti nella scuola elementare.

Sempre in Italia, verso la fine della seconda guerra mondiale, le suore di fronte alla dolorosa

situazione morale e religiosa degli abitanti della periferia di Milano, risposero alle chiamate dei

parroci che chiedevano loro aiuto per la rieducazione religiosa degli adulti (regolarizzazione dei

matrimoni e preparazione agli altri sacramenti), nonché al sostentamento e all’istruzione dei bambini.

E’ di questi anni l’apertura dell’oratorio e della scuola materna di Via Dalmine nel quartiere di

Baggio a Milano seguita da quella di via Palmi con la scuola elementare.

Quasi a scadenza decennale, a Monza negli anni Sessanta l’Istituto Tecnico Commerciale (Ragioneria) veniva a completare la linea formativa professionale, proprio secondo la tradizione

educativa di Madre Bucchi che vide nel lavoro un elemento fondamentale per la costruzione della

persona, chiamata a mettere le sue capacità a servizio della comunità umana.

Negli stessi anni a Milano si tennero corsi diurni e serali per Segretarie d'Azienda; nel

1964 fu aperta la Scuola Magistrale triennale, alla quale, nell'84, si aggiunse un biennio per

assicurare alle allieve un diploma di maturità e favorirne l'accesso all'Università, oltre che per

migliorarne la preparazione in vista del lavoro. Nel 1988 la scuola superiore si è trasformata in

Quinquennio pedagogico.

L’attenzione ai problemi sociali del mondo dei bambini e dei giovani ha suscitato negli anni la

collaborazione con enti dediti alla promozione dei bambini e giovani con deficit fisici (Modena,

Sordomuti), ad affrontare situazioni familiari compromesse (Vercelli) o ad occuparsi del fenomeno

della tossicodipendenza (Montichiari “La Tenda”).

In terra di missione

I primi passi in questa direzione si fecero nel 1938, anno in cui si aprì la missione “Ad gentes” con l’invio delle prime religiose in Brasile. Anche in quella terra la prima attività apostolica fu

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l’educazione, che ebbe un significativo incremento negli anni successivi, dando impulso alla scuola

come risposta all’urgenza di alfabetizzazione per la popolazione rurale. In seguito si diffuse la

presenza di comunità inserite tra i più poveri del Brasile rivolgendo l’attenzione in particolare alle

ragazze madri, ai bimbi denutriti, agli abitanti dei bairro e ai sem-terra, rifugiati alle falde delle

montagne di rifiuti.

Queste attività sono oggi sostenute anche dal progetto “ Adozioni a distanza” che sollecita

la generosità e la disponibilità di tante famiglie italiane verso bambini che si aprono alla vita in

situazioni di gravi povertà.

La consapevolezza che l’educare è diffondere pienamente il Vangelo della vita, ha spinto la

Congregazione ad allargare il suo raggio d’azione in altri continenti con l’apertura delle comunità in Kenya (1987), dove l’evangelizzazione è preceduta dall’attenzione alla persona attraverso

l’assistenza ai malati, la promozione della donna e la presenza nella scuola statale per la formazione

umana e cristiana.

In ascolto delle istanze del nostro tempo

Il Sangue di Cristo, che vivifica la fame e la sete di giustizia del mondo contemporaneo,

continua a sostenere oggi l’impegno educativo della Congregazione a servizio della vita nelle sue

diverse fasi e senza alcuna distinzione. Con la misura e la carità del cuore di Cristo essa si impegna

altresì ad educare persone capaci a loro volta di umanizzare la storia.

CAPITOLO 2

CULTURA E ANTROPOLOGIA

1. CULTURA: UNA DEFINIZIONEIl termine “cultura” può avere due significati: il primo, più antico, si riferisce alla formazione

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individuale dell’uomo e in particolare al patrimonio di conoscenze acquisite e maturate. Il secondo

significato si riferisce all’insieme di conoscenze, credenze, comportamenti e di convenzioni coltivati e

trasmessi di generazione in generazione. Per cultura, quindi, si potrebbe intendere "il complesso

mondo simbolico (linguaggio, arte, pensiero concettuale) con cui l'uomo rappresenta a se stesso il

suo mondo interiore, i suoi rapporti con la natura e la società, gli obiettivi e i significati del suo agire".

Essa comprende "tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e

di corpo; rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il

progresso del costume e delle istituzioni; infine con l'andare del tempo esprime, comunica e conserva

nelle sue opere, le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di

molti, anzi, di tutto il genere umano" (G S 53).25

La cultura infine è una realtà fortemente dinamica poiché si evolve nel tempo, è aperta agli

influssi, alle sollecitazioni e al confronto con uomini appartenenti a realtà sociali differenti.

2. CULTURA E ANTROPOLOGIA CULTURALE

L’ambito in cui il concetto di cultura è stato elaborato, attraverso un dialogo con le scienze

umane, è l’antropologia culturale. Ogni intervento educativo deve far riferimento alla cultura di

appartenenza del soggetto dal momento che l'uomo è un essere culturale oltre che naturale.

La Fondatrice non ha sviluppato un vero e proprio sistema pedagogico, come hanno fatto altri

fondatori, perché “anche in questo campo, come d’altronde in tutte le altre manifestazioni del suo

zelo, essa seguì una specie di istinto soprannaturale, una pedagogia che attingeva al Cuore stesso di

Cristo”.26

Tuttavia la competenza acquisita con la vita e la capacità di discernimento la portarono a rispondere

con una grande concretezza ad una delle più importanti istanze del suo tempo: “preparare famiglie

che assicurassero alla Chiesa e alla società civile generazioni di cristiani convinti e impegnati”, senza

trascurare la sofferenza dei malati, il grido dei poveri, la ricerca dei lontani, in una prospettiva

veramente universale che è attuale anche per l’uomo di oggi in ricerca di un’autentica liberazione.

L’attenzione alla cultura in cui si vive continua ad orientare la scelta di conoscere e di amare il proprio

tempo.

1. IL CONTESTO CULTURALE CONTEMPORANEO All’interno della società attuale, contraddistinta da trasformazioni rapide e profonde, non ci

sono mete chiare e precise che il singolo o l'intera società tendono a raggiungere.27 La caduta delle

“grandi visioni del mondo” ha prodotto infatti una vera e propria rottura dell’universalità del sapere ma

allo stesso tempo ha aperto la porta al dialogo fra le culture, acuito la sensibilità nei confronti delle

differenze, anche se non si riesce più proporre una misura comune di fronte alla quale confrontarsi.

I punti su cui la nostra cultura realizza una sensibilità comune sono:

a. il primato dell’economia plasma il senso comune tanto che l’intera società si rappresenta come un

sistema di bisogni. Lo stesso mondo dell’educazione è ormai quasi requisito dalla sfera

dell’economico.

25 Gatti "Note di Pastorale Giovanile alla voce Cultura pp.223-224 Elledici 1992 26 S. DINO, In ascolto del mondo, p. 42127 A. CAVALLI, «Introduzione», in ID (a cura di), Il tempo dei giovani, Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 11-13; M. FERRACUTI, «Post - modernità e nuove frontiere pedagogiche», in Pedagogia e Vita, 1995, 6, p. 72

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b. l’esperienza della fine della storia, che si potrebbe collocare dopo la caduta delle grandi ideologie,

comporta la fatica a pensare il senso della vita sull’onda lunga di un processo storico che tenda verso

un grande obiettivo. Questo non vale solo per le grandi prospettive politiche e sociali, ma anche sul

piano della vita individuale. Nell'uomo di oggi, infatti, è venuta meno la capacità di prevedere e

progettare il futuro; questo va affrontato giorno dopo giorno, senza riferimento a schemi e modelli, ma

secondo i desideri e gli ideali di ciascuno.28 Pertanto l'indice di tale orientamento è la tendenza

dell'uomo di oggi a non porsi mete ambiziose, obiettivi impegnativi da raggiungere e a prendere

decisioni non vincolanti in termini assoluti, le quali lasciano una possibilità di ritorno e non escludono

altre opportunità. Ciò è manifesto in diversi ambiti della vita per cui alcune scelte, un tempo

considerate irreversibili, non sono più tali. Prevale la spinta verso l'autorealizzazione: attuare le attese

e i progetti personali è al centro di tutti gli sforzi. Gli obiettivi comuni sono ricercati se permettono il

compimento di sé; i valori individuali sono più importanti di quelli collettivi.29

c. la forte tendenza alla soggettività per la quale ogni persona è giudice del bene e del male e ogni

coscienza criterio di autenticità e verità. “In questi ultimi anni, tuttavia, stiamo sperimentando una

sempre maggiore incertezza anche a proposito della coscienza. Le idee della psicoanalisi, della

medicina, della sociologia, ci rendono sempre più sospettosi anche di quello che sentiamo. Anzi più lo

sentiamo e più dubitiamo dell’autenticità, agiti come siamo da molteplici meccanismi psicologici e

sociali.” 30

d. il rapporto con molteplici gruppi di appartenenza e di riferimento, ognuno dei quali propone

orientamenti valoriali e ideologici non sempre conciliabili tra loro.31 In tal senso, la società attuale è

detta "pluralista".

e. lo sviluppo e la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, che hanno permesso agli uomini di

entrare in contatto con culture e realtà diverse e disporre di informazioni migliori riguardo ai vari

aspetti della realtà. L'eccedenza d'informazioni aumenta però negli uomini la difficoltà di compiere

scelte, di attuare una sintesi tra i differenti messaggi.

f. la perdita della trascendenza che porta l’uomo contemporaneo a ridurre all’orizzonte delle cose che

gli stanno di fronte i grandi interrogativi sulla realtà dell'uomo e del cosmo, sul senso della vita e della

morte, sul bene e il male.

a. CONSEGUENZE NELLO STILE DI VITAQuesta società in transizione, caratterizzata da un "diffuso senso di insicurezza sui valori",

dalla "contraddittorietà dei vissuti esistenziali e dalla problematicità dell'esperienza socio-culturale"

esercita delle conseguenze sullo stile di vita delle persone. Tra le più importanti rileviamo:

a. L’idolatria del denaro, con sottomissione cieca da parte di tutti, ricchi o poveri che siano, alla

tentazione della cupidigia, che comporta poi inevitabilmente una continua destabilizzazione con

conseguenze macroscopiche come l’emigrazione, l’inurbamento caotico che fa lievitare

enormemente città già al limite della loro capacità di accoglienza e di servizi; il degrado ecologico,

soprattutto delle periferie; l’ingigantirsi della criminalità organizzata; dell’istinto del consumismo

che lacera le strutture elementari della vita.

b. La perdita dell’interiorità, dovuta all’opinione diffusa che quel che serve è impressionare, apparire,

28 I. VACCARINI, «Il mutamento culturale in occidente: una interpretazione critica», in Aggiornamenti Sociali,1997,7/8, p. 59729 G. MALIZIA, «I giovani in una società in crisi. Prime ipotesi interpretative» cfr. p. 803 - 814; C. BUZZI, «Conclusioni», in C. BUZZI, A. CAVALLI, A. DE LILLO (a cura di), Giovani verso il Duemila, Quarto rapporto lard sulla condizione giovanile in Italia, p. 35930 P. SEQUERI, « Come parlare delle realtà ultime: simboli del futuro per l’uomo contemporaneo», Pallanza 13 febbraio 199931 V. CESAREO, «Società complessa e cultura di massa», in Aggiornamenti Sociali, 1989,5, p. 394

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secondo il gergo comune dei mass media.

c. La definizione di un’alleanza culturale profana tra bellezza, benessere e gioventù che fa

dimenticare dove risiede la vera dignità dell’uomo. Da qui la marginalizzazione dell’anziano,

dell’handicappato e del malato che invece sono di fatto rivelazione veritiera dell’uomo concreto e

dei suoi limiti.

d. Il senso di impotenza, ci si sente “sperduti nell’universo”, pilotati da altri dai quali dipendiamo in

tutto e per tutto.

e. La fuga nel soggettivismo dovuta a una trasformazione del vizio in virtù. Dal momento che “è

permesso tutto a tutti”, l’unico valore che rimane è quello di affermare la propria individualità

soggettiva.

f. Un’esperienza diffusa di angoscia, che attraversa l’uomo fin dall’infanzia, insieme con una paura

permanente di tutti e di tutto, perfino di se stessi. Espropriati dell’intimità, pressati dai mille volti del

potere subdolo dei mass-media, della moda, delle ideologie politiche – universaliste, nazionaliste o

regionaliste poco importa – e del fanatismo religioso, ma soprattutto dal desiderio smodato del

denaro e dall’imperativo categorico a primeggiare, assistiamo all’apparire di psicosi inguaribili e

mortali.

g. Il rifugio nell’indifferenza, percepita come scelta protettiva.

h. Lo sperimentalismo ad oltranza, come possibilità di assaggiare tutti i sapori che può offrire la vita,

compresi quelli più mistici e spirituali, senza lasciarsi prendere mai completamente da nessuno di

essi; questa sembra la filosofia dominante. L’indifferenza si coniuga perciò con l’instabilità e

l’impulso irresistibile a conoscere e sperimentare il nuovo.

Questo tempo così complesso necessita di scelte educative che riaprano all’uomo orizzonti nutriti di

speranza.

3. SEGNI DI SPERANZAAccanto a questi caratteri tipici della società postmoderna, non si può trascurare la fioritura in

molti settori della società, dell’opinione pubblica e della coscienza religiosa, dell’etica della dignità

umana e creaturale con la conseguente vocazione a divenire soggetti responsabili della salvaguardia

del creato e anche come processo educativo riguardante i singoli e le comunità. Questa sensibilità è

confermata dalla crescente attenzione per valori quali l’ascolto, il dialogo, la responsabilità, l’alterità,

la gratuità. E se è pur vero che l’intero percorso filosofico del XX secolo è stato letto nei termini del

pensiero debole, possiamo altresì riconoscere che in questo caso si assiste ad una comprensione

nuova della verità intesa non più come entità perfetta, ma come “verità buona” che si rivela e ci

interpella in quanto Bene vivente, che entra in relazione con ciascuno e muove la libertà a scegliere di

agire responsabilmente verso tutta l’umanità, verso l’umanizzazione del nostro essere e della storia.

4. PRINCIPI ANTROPOLOGICI: INDIVIDUO O PERSONA?L’uomo a cui pensiamo, riferendoci all’antropologia cristiana, è fondamentalmente "persona"

e non semplicemente individuo. Mentre l’individuo è un membro all’interno di un tutto, e come tale è

numerabile e sostituibile, la persona, invece, è singolare, unica, insostituibile.

Il termine “persona” si riferisce all’essere umano, in quanto radicalmente capace di

autonomia, socialità, libertà, responsabilità ed auto-trascendenza. Considerare l’uomo come

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“persona” significa mettere in luce che egli è “un essere in sé”, portatore di valori, sostanza spirituale,

capace per sua natura di autocoscienza e di libera scelta.

La persona è caratterizzata da questi aspetti:

- autonomia, il che significa che la persona è soprattutto sostanza autonoma e che di tale autonomia

deve fare un valore da difendere;

- socialità, perché la dimensione sociale è luogo di origine ma anche di verifica e di confronto per

l’azione della persona. Nel concetto di persona come sostanza autonoma è insita l’idea della socialità,

senza la quale non c’è persona: il riconoscimento da parte dell’altro è ciò che mi de-finisce, e d’altra

parte il riconoscimento è reciproco, per cui riconosco all’altro la stessa autonomia e lo stesso rispetto

che quello ha garantito e garantisce a me;

- libertà e responsabilità, perché ogni pensiero ed ogni azione richiedono come dato di partenza

l’esistenza di un orizzonte di valori solidi e ben maturati, i quali costituiscono non un dogma ma una

linea coerente per operare scelte libere, uno strumento per affrontare la realtà e le mutevoli situazioni

che essa ci presenta ed assumerle in prima persona;

- autotrascendenza, perché la ricerca del senso come necessità è presente in tutti e orienta la

persona a scoprire il mistero dell’esistenza di tutte le cose.

5. LA PERSONA UMANA E LE SUE DIMENSIONI

a. La dimensione corporeaLa prima dimensione che incontriamo considerando la persona è la sua CORPOREITÀ,

perché è con il CORPO che essa entra in rapporto con il mondo esterno ed è ancora con il corpo che

ciascuna persona custodisce la propria “identità”.32

La cultura e la fede cristiana inoltre, raccogliendo tutta l’interezza della persona, attribuiscono

grande valore al corpo quale parte imprescindibile dell’intero. Parlando del corpo si intende

considerare anche la sessualità, che va accolta (identità sessuale), custodita (educazione sessuale)

e vissuta (nella relazione con l’altro).

Il linguaggio del corpo si fonda sull’ ”alfabeto della sensazione” che comprende il sentire in

tutte le dimensioni, da quella corporea (vedere, toccare, udire, gustare) a quella spirituale ( il senso

ultimo, la risposta alle domande fondamentali della vita).

Uno degli impegni educativi pertanto, è quello di aiutare a vivere il corpo come realtà che

situa l’uomo di fronte a Dio nella prospettiva della creaturalità, come segno di un’esistenza donata.

b. La dimensione affettivo-relazionaleSe il corpo ci mette in relazione con il mondo esterno, la dimensione più strettamente legata

ad esso è quella affettivo-relazionale. Quando chiesero a Gesù quale fosse il comandamento più

importante, Egli rispose: “Ama Dio sopra ogni cosa e ama il prossimo come te stesso” (Mc 12,30-31).

Ciascuno deve quindi avere un’immagine positiva di sé per poter costruire un sano rapporto

con gli altri e con Dio; la radice di questa dimensione rettamente ed evangelicamente intesa, va

32 “L’Incarnazione proclama la grandezza e la promessa racchiusa nell’esistenza terrena dell’essere umano: la grandezza,

perché Dio non ha avuto paura di assumere il corpo facendosi a sua volta solidale con la nostra corporeità e la promessa perché nella corporeità di Cristo inizia il processo di cristificazione dell’uomo e del cosmo. Il corpo di Gesù diviene evento

sacramentale che proclama la salvezza che si realizza non al di fuori del corpo, ma dentro al corpo” , G. Sovernigo “La

capacità di amare genuina” in Servizio della Parola, Queriniana, Gennaio -Febbraio 2001 n. 324

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anch’essa ritrovata nella “dignità” della persona, creata da Dio e redenta dal Sangue di Cristo.

Ognuno di noi sul piano affettivo ed esistenziale sente il bisogno di affetto, di riconoscimento, avverte

il bisogno di essere visto e capito, il bisogno di essere accolto e creduto, di essere amato

gratuitamente per quello che è e non per quello che ha o per le soddisfazioni che può dare.

Anche la capacità di amare inizia con la vita e continua con l’educazione dei sentimenti e

degli affetti che si esprimono in misura diversa nel bambino, nel ragazzo, nell’adolescente e nel

giovane. Se è ben orientata dall’inizio, la vita affettiva permette di affrontare anche gli inevitabili

conflitti dell’esistenza, anzi può farli diventare occasione di crescita, tanto che, nonostante le ferite e

debolezze, la persona cerca di raggiungere la maturità che si esprime attraverso: una genuina

capacità di amare, una sana autostima e un’autofiducia che si traduce nell’accettazione di sé e dei

propri limiti, una sessualità integrata nell’affettività e nell’identità.

c. La dimensione intellettuale-spiritualeLa dimensione intellettuale-spirituale della persona si manifesta attraverso la volontà e

l’intelligenza. L’intelligenza si concretizza nei pensieri e nei concetti, organizzati in giudizi o

ragionamenti, mentre la volontà cerca il bene particolare, che va orientato al bene totale.

La tradizione cristiana, attraverso S. Agostino e S. Tommaso, afferma che uno degli scopi dell’etica33

umana è l’autorealizzazione, che diviene, nell’essere intelligente, legge morale34 per realizzare il

perfezionamento di sé. L’uomo è fatto per autosuperarsi, autotrascendersi: questa tendenza ad

andare oltre non ha limiti perché le facoltà spirituali dell’uomo sono costituzionalmente aperte

all’infinito e trovano la loro completezza quando si incontra il TU di Dio, suo Fine supremo: “Tu ci hai

fatti per Te” (S. Agostino, Confessioni).

d. La dimensione etico-moraleLa dimensione etico-morale, oltre alla volontà e all’intelligenza, comprende la libertà,

sostenuta dalla volontà; si esplica attraverso scelte poste in atto dall’uomo finalizzate alla propria

realizzazione, all’interno di un quadro valoriale. La vita morale appare così un incessante processo di liberazione, che si sviluppa attraverso una serie di rotture che rappresentano la condizione per

accedere all’unità della persona, per consentirle di appropriarsi dell’identità personale e di sviluppare

il progetto di vita, inscritto nella sua stessa originalità.

La persona è dunque all’inizio e al termine della libertà: all’inizio, in quanto ne costituisce il

fondamento e al termine, in quanto la libertà tende ad essa come a suo ultimo obiettivo. Edificare l’unita’ personale e’, in definitiva, il compito della liberta’.Essa, che ha la sua radice nella struttura stessa dell’uomo, acquista nuovi significati nella prospettiva

cristiana. La Rivelazione non solo presuppone l’esistenza nell’uomo di una reale libertà di scelta, ma

attribuisce ad essa il fondamento della responsabilità morale attraverso la quale egli attinge la

salvezza di Dio.35

La Fondatrice aveva avvertito quanto sia grande il valore redentivo del Sangue di Cristo che ha lo

stesso dinamismo, la stessa fecondità dello Spirito. Tuttavia, per il mistero dell' umana libertà, la sua

potenza può essere vanificata dal rifiuto dichiarato o dall’indifferenza di coloro ai quali la Redenzione

33 eticità = riflessione razionale sul comportamento34 morale = riflessione sul comportamento a partire dalla fede3533 voce Libertà in "Dizionario di pastorale giovanile", LDC Torino 1992

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è destinata”.36

6. MODELLO ANTROPOLOGICO CHE EMERGE DALLE INDICAZIONI DELLA FONDATRICE

La sorgente dell’apostolato delle suore del Preziosissimo Sangue è il dinamismo del Mistero

pasquale. Ogni attività apostolica della Congregazione trova la sua ragione fondamentale nell’invito

della Fondatrice che così si esprimeva:

“Se Gesù per la salute delle anime

versò tutto il Preziosissimo suo Sangue,

noi dobbiamo animarci di santo zelo

per farne apprezzare l’infinito valore,

apprendendo a tutti quanto sia preziosa l’anima nostra

se costa un prezzo di valore infinito…”.37

La Fondatrice insegna ancora oggi che non ci potrà essere per la suora del Preziosissimo

Sangue attività apostolica, atto educativo, servizio al prossimo che non sia motivato dal patire di Dio

per l’uomo. Annunciando la salvezza nel Sangue prezioso di Gesù, siamo chiamate ad annunciare il

valore di ogni uomo e la sua vocazione alla libertà, ma anche ad impegnarci per la liberazione da ogni

schiavitù e per la costruzione dei valori della fraternità, dell’amicizia universale, della pace fino alla

pienezza dei beni come meta del mondo intero. Proprio questa ampiezza di orizzonti rivela la

dimensione universale del carisma e la sua attualità.

CAPITOLO 3

SENSO DELL’EDUCAZIONEPer la Fondatrice e per la prima comunità impegnata nella missione apostolica in mezzo alle

giovani, l’educazione veniva considerata in modo integrale come attività tesa a formare la persona in

vista del suo destino eterno, e quindi in relazione al suo rapporto con Dio, ma anche in vista della sua

mansione nella società civile. L’educazione, infatti, si rivolge all’intera vita personale, ma nello stesso

tempo all’insieme della vita sociale con le sue esigenze di liberazione e di promozione integrale. Si fa

opera educativa solo quando si aiuta a crescere in “umanità”, quando si agisce per la “genesi” della

persona”, quando si fa opera di iniziazione all’agire libero e responsabile, eticamente valido e

operativamente capace.38

36 cfr. Positio 1 M. Bucchi pp. 195-19637 bgr. p. 6738 "Antropologia pedagogica" di Nanni, LAS, Roma, pp. 30-33

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1. EDUCARE ALLA RELAZIONE CON SE STESSI

Educare alla relazione con se stessi significa occuparsi della crescita della persona che ci è

affidata, accompagnandola nel cammino di formazione della propria identità, che inizia con il

processo di identificazione proprio della preadolescenza.

Per la costruzione dell’identità è essenziale educare la persona ad una vera e propria conoscenza di

sé, guidandola a riconoscere le proprie potenzialità, ad utilizzarle nel migliore dei modi, ma anche ad

accettare i propri limiti e i propri bisogni, fino all’acquisizione di una sana autostima.

Si tratta per l’educatore di impegnarsi in un vero e proprio accompagnamento nel cammino

che porta l’individuo a diventare e ad essere una persona libera, considerata come “un tutto aperto

alla comunicazione della conoscenza e dell’amore, come un universo che si apre, un universo che

tende all’unità”.39

2. EDUCARE ALLA RELAZIONE CON IL CREATO

L’orizzonte dell’esperienza dell’uomo è favorito dall’immediatezza di un ambiente sociale fatto

di cose e di persone, essenzialmente aperto alla totalità più vasta del mondo.

La relazione con il creato sollecita nella persona che cresce la dimensione dell’ascolto,

suscita il desiderio dell’esperienza, dell’esplorazione, della scoperta, e genera una sensibilità nuova

che permette il fiorire della meraviglia e dello stupore fino a guidare la ricerca alla scoperta del

Creatore. Da qui nasce il rispetto per l’ambiente e la cura delle cose, il riconoscimento di tutto ciò che

esiste, il dialogo con ogni creatura, e anche l’apprezzamento per l’opera delle mani dell’uomo. Il

rapporto con la realtà diventa, quindi, la dimensione nella quale il soggetto si relaziona con gli eventi, i

fatti, l’esperienza e impara a vivere dentro ciò che avviene fuori.

3. EDUCARE ALLA RELAZIONE CON GLI ALTRINell’esperienza umana occupa un posto speciale la dimensione personale e sociale. Noi ci

attuiamo in ciò che è altro da noi; quest’altro è in primo luogo “l’altro”, il prossimo, con il quale ci

troviamo in contatto personale, abbiamo legami e confidenza, è il prossimo che amiamo, per il quale

ci preoccupiamo, con il quale viviamo ed operiamo.

Nel porsi in relazione con l’altro, ogni persona, anche se può non esserne consapevole, porta

in sé un proprio modo di pensare, una propria opinione sull’altro, un proprio modo di percepirlo.Nel

parlare di relazione con gli altri, non si può fare a meno di sottolineare l’importanza, in un rapporto

paritario tra maschio e femmina, della reciprocità. Essa non è solo un essere con, ma anche un

“essere per”. Reciprocità è, quindi, considerare sé come un altro per gli altri e gli altri come un io per

se stessi. Il rapporto con gli altri diventa, quindi, la dimensione conosciuta come relazione interpersonale: indicatore della maturità del soggetto, termine di ogni azione educativa.

4. EDUCARE ALLA RELAZIONE CON DIO L’esperienza religiosa è propria della persona in quanto tale, accompagna l’uomo nel corso

della sua esistenza e si sviluppa in ogni epoca storica e in qualunque luogo geografico. L’uomo tende

a dare un significato a sé, alla vita, all’universo e diventa “religioso” quando trova la ragione ultima di

tale significato in Dio, assolutamente Altro e al tempo stesso Creatore del mondo e Padre di ogni

39 G.VICO,I fini dell’educazione, La Scuola, Brescia, 1999

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uomo.

Fin dall’infanzia sono presenti interessi ed interrogativi circa il senso della propria esistenza,

l’origine della vita, la morte e l’esistenza di Dio. L’educazione religiosa, infatti, è un aspetto

irrinunciabile dell’educazione infantile, in quanto risponde ad esigenze intellettuali ed affettive, offre i

fondamenti di una concezione serena e unitaria del mondo e della vita, rende più solida la conquista

dei valori morali e sociali. Occorre che l’innata curiosità dei bambini, nonché il loro desiderio di

toccare e sperimentare si trasformino in gioia, stupore, ammirazione, desiderio e capacità di

riflessione sulle meraviglie del creato. Talvolta la bellezza e l’armonia della natura non offrono, da

sole, una motivazione sufficiente a comprendere la necessità di un Creatore, per cui è necessario che

l’educatore stimoli i bambini ad aprire con le “cose” un dialogo che a poco a poco si apra ad un

dialogo con Dio. D’altro canto, l’approdo al riconoscimento di Dio come Padre è il risultato di un

itinerario di crescita. Il bambino ha bisogno di affidarsi a qualcuno che lo protegga, necessita di

instaurare un legame positivo con i propri simili. Quando i bambini sperimentano l’affetto autentico dei

genitori e degli educatori, possono “intuire” l’esistenza e “sentire” la provvidenza di Dio-amore. In altre

parole, dai rapporti orizzontali positivi (l’esperienza dell’amore del prossimo) i piccoli sono stimolati a

instaurare il rapporto verticale per eccellenza (l’amore di Dio). La religiosità del bambino e del

fanciullo, tuttavia, rimane legata alle persone e agli ambienti, è estrinseca e spontanea, egocentrica e

realistica.

E’ con la preadolescenza e l’adolescenza che il soggetto inizia un lavorio interiore con il quale

stabilisce se le modalità religiose precedenti, da estrinseche e marginali, debbano diventare

intrinseche e centrali, cioè debbano passare da una religione immatura ad una religione matura. Il

soggetto, infatti, è stimolato a scegliere da un complesso di fattori: le capacità cognitive maturate, il

grado d’indipendenza raggiunto, la capacità di riflessione personale, gli impegni scolastici, il gruppo

dei coetanei. Egli deve essere accompagnato a penetrare nel profondo, a superare i condizionamenti

della società per maturare una fede intesa come fiducia in ideali supremi, capaci di motivare la sua

esistenza.

Con l’educazione all’interiorità egli può passare da un atteggiamento di separazione tra

sacro e profano, ad una spiritualità del quotidiano, ovvero può arrivare fino ad una perfetta comunione

di ascolto e di parola con Dio.

5. EDUCARE ALLA LIBERTÀ E PER LA LIBERTÀL’uomo è libertà e la libertà è un obiettivo dell’azione educativa che ha lo scopo di aiutare la

persona ad eliminare l’incoscienza che le impedisce di essere critica e creativa. Per questo è

necessaria una cultura del progetto che significa prendere sul serio l’avventura del crescere,

finalizzata alla scoperta dei valori capaci di colmare la vita, di muoverla in una dinamica creativa di

azioni finalizzate al bene comune. La libertà, che ha la sua radice nella struttura ontologica dell’uomo,

acquista nuovi significati nella prospettiva cristiana. La rivelazione non solo presuppone l’esistenza

nell’uomo di una reale libertà di scelta, ma fa soprattutto di essa il fondamento della responsabilità

morale attraverso la quale egli attinge la salvezza di Dio.40

6. EDUCARE AL SERVIZIO…………………………………………………..

40 voce Libertà in "Dizionario di pastorale giovanile", LDC Torino 1992

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7. EDUCARE AL SENSO CRITICOIl senso critico è importante per la formazione di una personalità libera e responsabile, perché

aiuta l’individuo a non uniformare i suoi comportamenti e il suo modo di essere alle esigenze e ai

bisogni della società e a non subire passivamente i suoi condizionamenti. Lo sviluppo del pensiero

critico fornisce gli strumenti necessari per leggere con obiettività il contesto socio-culturale nel quale

si è inseriti, distinguere ed interpretare i messaggi presenti in esso, far chiarezza su di sé e sulla

realtà. Inoltre aiuta ad acquisire la consapevolezza del nostro essere limitati e determinati dalle

contingenze storiche, ma anche aperti all'ulteriorità, dotati della possibilità di oltrepassare i

condizionamenti della nostra natura e della società e di scoprire nuove forme per raggiungere la

nostra identità e il nostro progetto di vita.41

L'educazione al pensiero critico presuppone l'educazione alla verità, intesa non come un

insieme di certezze esterne ma come possibilità d'incontro, ricerca, relazione per cui occorre mettere

l'individuo nella condizione di scoprirla e di suscitare in lui le disposizioni ad accoglierla. Essere aperti

alla verità significa aver sviluppato in sé il senso del limite, la disposizione al cambiamento,

l'attenzione agli altri, la disponibilità alla comprensione come capacità di accoglienza emotiva.

Riscoprire il valore della verità implica il recupero del mondo delle sensazioni e dei sentimenti,

superando quello dell'apparenza e del sapere acquisito, ma anche del desiderio di autenticità, di

scoperta del sé autentico e di ascolto delle profonde esigenze di significato. 42 Tale cammino richiede

una decisione personale e libera che deve essere sollecitata ma non imposta dagli educatori, poiché

la formazione di ciascun uomo dipende da se stesso.43 A tal proposito, Madre Bucchi ci offre un

insigne esempio di arte pedagogica quando" amando la giovane sua discepola, non per sé, ma in Dio

e per Dio,... così le disse: « Figlia, preghi e poi faccia quello che davanti al buon Gesù si sente. Non

agisca per fini umani, non badi neppure alla dura necessità in cui mi trovo d'avere una maestra

patentata, non ascolti la voce della natura, sebbene l'impulso della grazia».44 Si tratta di immaginare

un’educazione che dica parole nuove, parole che suscitano decisioni libere e consapevoli, che

donano senso e gioia alla vita e aprano le strade a cui ciascuno è chiamato.

8. EDUCARE AL SENSO ETICO–MORALEL’educazione morale è anzitutto un impegno tipico dell’età giovanile poiché, a partire

dall’adolescenza, il giovane è in grado di dirigere ed integrare le energie e le emozioni fino a quel

momento vissute senza controlli personali, in sentimenti morali. Tale conquista è di notevole

importanza poiché la persona matura, a livello morale, è colei che non solo conosce le norme etiche e

ha dato un assenso teorico ad esse, ma è anche in armonia con il senso di responsabilità personale,

ovvero con la decisione di non rifuggire dalle conseguenze delle sue azioni.45

L’opera dell’educatore deve essere finalizzata a corroborare le energie di autoeducazione del

giovane per aiutarlo a consolidare i processi avviati di autovalutazione e di autonomia. Infatti se il

41 G. MOLLO,”La via del senso”, Brescia, La Scuola, 1996, pp. 245 - 249 42 Ivi pp. 331 - 333.43 A. PIERETTI, “I giovani e l'educazione estetica”, p. 24744 bgr. p. 3445 M. L. DI PIETRO, «L’educazione della sessualità come educazione del sentimento morale», in G. CESARI, M. L. DI PIETRO (a cura di), L’educazione della sessualità, Brescia, La Scuola, 1996, pp. 135-136, 143-144

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giovane è stato educato ad esaminare e valutare le esperienze vissute, ha avuto la possibilità di

vivere in modo personale i valori e di acquisire la tendenza a confrontare con sistematicità i suoi

comportamenti con gli orientamenti assimilati.

Nella società attuale la virtù non è più un valore, anzi talvolta è disprezzata e neppure presa

in considerazione. Il giovane deve pertanto evitare tale pericolo per non incorrere nell’errore di

sottovalutare ciò che contraddistingue il suo essere persona la cui essenza è progettuale, da definire

e porre in atto con impegno, costanza e sacrificio.46 La persona comprende la necessità di elaborare

una regola di vita per essere fedele e coerente nel cammino di ricerca della Verità e per recuperare il

valore della virtù intesa come abitudine, disposizione ferma e costante ad agire bene.

Una virtù fondamentale per raggiungere tale scopo è la prudenza. Suo scopo è quello di

aiutare il soggetto a decidere con “verità” ciò che, momento per momento, è più giusto fare per

raggiungere la felicità o meglio il compimento di se stessi come esseri corporei e spirituali. 47 La virtù

della prudenza infine matura nel giovane la sollecitudine, l’attenzione e l’inquietudine verso le persone

e le cose, e stimola la sua capacità creativa per offrire risposte nuove a situazioni impreviste.48

Anche la giustizia è una virtù importante per aiutare il giovane a scegliere di vivere la sua vita

nel rispetto di quella degli altri. Essa infatti sollecita a trascendere l’egoismo e l’individualismo per

dare a ciascun individuo ciò che gli è dovuto, ordina ed orienta l’uomo verso il prossimo, considerato

degno di rispetto in quanto persona e altro da sé. La capacità di rispettare ogni persona, poiché figlia

di Dio, ha come conseguenza quella di aiutare il giovane a maturare in sé il valore del rispetto della

vita in tutte le sue forme. Riguarda la tutela della vita fin dal suo nascere, ma anche la ricerca di una

qualità della vita degna dell’uomo. La tutela della vita è giudizio critico contro ogni forma di

emarginazione e di alienazione, è riconoscere ad ogni persona gli stessi diritti e doveri, nel rispetto

della sua condizione, è capacità di aprirsi all’altro, di crescere nell’altruismo, nella gratitudine e nella

responsabilità.49

Una virtù di particolare importanza per la maturazione armonica ed equilibrata del giovane è

la temperanza, che aiuta a controllare le tendenze e i desideri riferiti ai piaceri sensibili, alla

conservazione di sé e della specie. Tale virtù infatti non tende ad annullarli, ma a moderarne l’uso, a

regolarli e a finalizzarli al compimento del progetto di umanità a cui il giovane adulto ed ogni uomo

aspira e verso cui deve orientare le risorse della sua persona, compresi i piaceri sensibili.50

Il passaggio dalla giovinezza all’età adulta avviene quando il giovane ha acquisito non solo la

maturità intellettuale, ma anche un amore altruistico e disinteressato, quando ha raggiunto la capacità

di dimenticare sé per il bene dell’altro. Tale passaggio è il risultato dell’educazione ad amare, di cui la

capacità di dominare i desideri e le pulsioni sessuali è un aspetto fondamentale.

L’educazione alla sessualità e alla virtù della temperanza è di fondamentale importanza per

aiutare il giovane a superare una concezione solo fisiologica della sessualità svincolata dall’affettività

e dalla tenerezza, per stimolarlo ad acquisire l’importanza di vivere e di desiderare una relazione

fondata sull’amore maturo contraddistinto dalla tendenza a cogliere l’altro nella sua globalità, a

condividerne i progetti e le speranze, a trascendere gli aspetti esteriori per raggiungere l’altro nella

sua interiorità ed instaurare con lui una relazione di totalità.51

46 N. GALLI, Pedagogia dello sviluppo umano, p. 12047 Ivi, p. 12048 B. MONDIN, «L’arte di fare l’uomo e il corteo delle virtù morali», in Pedagogia e Vita, 1997, 2, pp. 87-8849 G. B. BOSCO, B. M. BIANCHI, Per educare i giovani alla fede, Torino, Editrice Elle Di Ci, 1991, pp. 85, 10850 N. GALLI, Pedagogia dello sviluppo umano, p. 2251 N. GALLI , Educazione dei giovani alla vita matrimoniale e familiare, p. 102

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Il dominio di sé, delle passioni e del corpo non s’improvvisa, ma è frutto di un cammino

educativo che richiede tempo, pazienza e perseveranza. Il giovane adulto deve infatti raggiungere la

consapevolezza che non può ritenere acquisito una volta per tutte l’abito delle virtù poiché esso

implica il coraggio e l’impegno di ricominciare ad ogni età della vita ed esige quindi la fortezza, virtù

che conserva la fermezza in cose nelle quali è difficile resistere.

Il giovane, sorretto dalle virtù, rafforza l’atteggiamento della perseveranza, necessario per

orientare le sue energie allo stato adulto e per raggiungere la piena maturità. Inoltre esercita l’arte

della pazienza con la quale non si arrende dinanzi alle avversità, ma misura le sue forze e aspetta il

momento favorevole per agire. Egli finalmente mantiene fede ai suoi impegni, dedica le sue forze ad

azioni importanti, ricerca in ogni situazione l’ideale del bene e non il suo interesse, scopre il suo

valore ma nel medesimo tempo coltiva un atteggiamento di gratitudine per i doni ricevuti. Inoltre è

consapevole che virtuoso non è solo il comportamento di chi si limita a non fare il male, ma anche e

soprattutto quello di chi si impegna a fare il bene, anche quando è difficile e faticoso da attuare.52

9. EDUCARE AL SENSO ESTETICOI greci usavano l’espressione “kalokaghatia” per indicare quel singolare connubio di integrità

morale, acume, senso civico, cultura e grazia che tanto estraneo suona alla mentalità funzionale

dell’uomo moderno. L’educazione dei greci era estetica a tutti gli effetti, cura del corpo e dei sensi

come veicolo di valori morali e spirituali, nella consapevolezza dell’indistinzione tra affetti e pensieri,

anima e corpo, uomo e natura. Bellezza e Verità, Bene e Forma sono allora da cogliere nel loro

intrinseco legame: la bellezza è parola di verità perché ci indica come la vita dovrebbe essere, è un

pegno di felicità ma anche un severo monito morale, un richiamo al dovere dell’uomo di smascherare

il brutto estetico e morale del mondo in cui vive.

La bellezza come “salvezza del mondo” esprime l’idea che la bellezza è la proposta di una

forma possibile del mondo, promessa di felicità per la prefigurazione di un mondo migliore, senso

pieno e autentico dell’essere, fine verso il quale l’azione dell’uomo è escatologicamente rivolta.

La bellezza è riconciliazione: nel senso più alto, come momento dove i contrasti e le

contraddizioni trovano composizione e significato in un’armonia che li eleva senza superarli,

inverandoli attraverso l’apertura di una dimensione dove ognuno di essi trova il proprio senso e

compimento. Nell’oggetto forgiato nella bellezza si ricompone l’armonia dell’uomo, si cancella quella

frattura tra cuore e ragione così caratteristica del mondo moderno.53

La dimensione dell’arte è quella del sim-bolo, da “sym-ballein”, mettere insieme: l’arte

riunisce l’anima e il corpo, l’uomo e la natura, la vita e il suo valore, coglie la polifonica complessità

dell’animo umano e del suo stare nel mondo, laddove l’errore è realmente “diabolico” perché consiste

nel “dia-ballein”, nel dividere, nel frantumare quell’unità organica della vita senza la quale il vivere è

un guazzabuglio di casualità senza senso e valore, il valore di un uomo una somma di numeri o di

azioni efficacemente portate a termine.

L’educazione a questo senso del bello è solo apparentemente estetica: in realtà è etica,

“ethos”, formazione ad un modo d’essere, educazione ad un comportamento libero e disinteressato.

L’educazione estetica deve saper cogliere questo senso profondo del processo formativo,

rappresentando un paradigma di dialogo, di sensibilità, di ricerca e di armonia tra linguaggi e pensieri

52 M. L. DI PIETRO, «L’educazione alla sessualità come educazione del sentimento morale», p. 14553 vedi Schiller e le Lettere sull’educazione estetica dell’uomo, o gli Scritti sull’arte di Goethe.

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diversi. L’educazione estetica non andrebbe intesa come formazione di puri contemplatori, ma come

abitudine a vivere nella bellezza, a voler vivere respirando la bellezza e a lottare per respirare questo

ossigeno; dovrebbe formare uomini che sanno di arte, nel senso di averne il sapore, il gusto.

L’educazione estetica è anche sempre educazione etica, non ci porta presso gli oggetti ma dischiude

una nuova prospettiva oltre la mera oggettualità: l’espressione, infatti, se intesa alla lettera, significa

proprio “portare alla luce (e-ducazione) la capacità di sentire (estetica)”.

L’arte non rende migliore il mondo (non lo “anestetizza”) ma prefigura il migliore dei mondi

come possibile. Essa porta con sé la rivelazione di un senso profondamente celato, quell’armonia che

lega tutte le cose e per la quale, da secoli, si usa il nome di Dio.

Di cosa si sostanzia l’educazione estetica? Quali atteggiamenti induce o educe?

Senza avere pretese di esaustività possiamo elencarne alcuni particolarmente rilevanti:

- il rispetto per l’altro: ogni artista è una regola dell’arte, diceva Giordano Bruno,

- l’apertura verso il diverso (come apprezzare altrimenti forme di bellezza antitetiche come l’Apollo

del Belvedere e Le demoiselles d’Avignon di Picasso?),

- la tolleranza verso linguaggi e sensibilità diverse, da capire e non da rifiutare, perché nell’arte è

possibile la convivenza tra forme diverse del mondo e l’arte stessa è una continua trasposizione di

pensieri ed emozioni dall’orizzonte dell’artista a quello degli spettatori della sua opera,

- l’armonia: è l’idea che la bellezza sia il momento in cui la litigiosa complessità del mondo si

compone in armonia,

- la sensibilità, perché anche gli occhi, le mani, le orecchie e le viscere pensano, non solo il cervello:

l’uomo è anche sensibilità e sentimento,

- la creatività, come capacità di essere e progettare da uomini liberi, inventando da sé il proprio

progetto esistenziale,

- la grazia, parola desueta, questa, e concetto assai svilito; quella grazia che è senso di equilibrio tra

interno ed esterno, tra pensiero e comportamento, tra gesto e parola,

- l’interiorità, perché l’homo aestheticus invita a coltivare la dimensione dell’interiorità che è la

sorgente del rapporto e della conoscenza della realtà, memoria come fondamento della propria

identità, luogo della decisione e della libertà,

- il dono di sé, questa è la forma bella a cui tende la nostra azione educativa, che guarda alla

bellezza di Dio. Egli, infatti, nel dono del Suo Figlio, che ha sparso tutto il Suo Sangue per salvare

l’uomo, ci chiama alla libertà dei figli.

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CAPITOLO 4

STILE EDUCATIVO

1. LA COMUNITÀ EDUCATIVALa missione educativa non è opera del singolo, ma si realizza all’interno di un ambiente in cui

i valori sono trasmessi e continuamente mediati dalle relazioni interpersonali tra le persone che

compongono la comunità educativa. Essa prende forma dal rapporto che intercorre fra le religiose che offrono nel segno della consacrazione la testimonianza dei beni del Regno, e i laici “chiamati ad

esprimere, nel segno della secolarità, il realismo dell’Incarnazione di Dio in mezzo a noi”, 54 in un

continuo scambio e attenzione alle ricchezze degli specifici carismi.

Ogni comunità educativa così costituita oltre a cercare rapporti con le agenzie educative

presenti sul territorio, valorizza in primo luogo l’istituto della famiglia e si impegna a stabilire con essa

un vero rapporto di reciprocità nella ricerca del bene comune e della condivisione della fatica

educativa.55 Riconoscere tale responsabilità diventa occasione favorevole per approfondire le

importanti tematiche riguardanti la vita, l’amore umano e la natura stessa della famiglia e per dare

ragione della visione cristiana proposta a confronto con altre visioni spesso dominanti.56

2. LA RELAZIONE NELLA COMUNITÀ EDUCATIVA

54 Persone consacrate e loro missione nella scuola, n. 2055 Bozza p. 356 Pers. cons. e loro miss., n. 47

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Credere nel valore della persona diventa la motivazione per vivere e promuovere, attraverso

la relazione educativa, una “spiritualità di comunione”, espressione concreta del mistero dell’Alleanza

di Dio con l’uomo.

Le caratteristiche della relazione nella comunità educativa, che lavora nei diversi ambiti (scuola,

catechesi, formazione, assistenza e recupero) sono:

- Una forte passione per la vita, che è “costata il prezzo di un valore infinito”:57 si esprime anzitutto

con l’attenzione all’unicità di ogni vita, irripetibile e insostituibile, segnata dal peccato ma redenta

dall’amore di Dio che per essa non ha risparmiato il proprio Figlio, con l’impegno a promuovere la

dimensione vocazionale della vita. Si tratta di impegnarsi nell'orientamento dei giovani in particolare,

perché “ritrovino coraggio e gusto per le domande grandi, quelle relative al proprio futuro”58 e

sappiano compiere scelte impegnative in ordine al servizio, al prendersi cura degli altri con un cuore

aperto alla solidarietà.

- Lo spirito di famiglia: permette un’accoglienza senza pregiudizi o discriminazioni, una disponibilità

a “stare con” tutti e specialmente con i giovani, intessendo rapporti semplici, cordiali, di stima, di

fiducia, di autentica amicizia e offrendo disponibilità all’ascolto, al dialogo, al consiglio, secondo

l’insegnamento della Fondatrice che ”amava tanto le sue giovanette, largheggiando di compassione e

di sollecitudine verso le più ingrate”.59

- Lo spirito di sacrificio: comporta una dedizione quotidiana sull’esempio della Fondatrice, il cui

sacrificio non fu mai genericamente inteso come strumento di ascesi, ma unicamente avvertito come

prova d’amore, come passione d’amore che non conta quanto dà, ma che generosamente si spende,

prodigandosi senza misura. “Amerò queste mie povere fanciulle sempre riguardando in esse Gesù e

così mi riuscirà facile il fare e il patire per procurare loro il maggior bene”.60

- La pazienza: si esprime nell’attenzione a lasciar emergere quanto di novità le persone a noi

affidate portano dentro di sé, rispettando i ritmi di crescita e accettando le fughe, le difese e i rifiuti,

facendo spazio alla consapevolezza che spesso le esperienze dell’insuccesso, della sconfitta e del

fallimento, se poste con fede ai piedi della croce di Gesù e redente dal Suo Sangue, diventano passi

importanti nella costruzione del Regno di Dio.

- La gioia: si fonda sulla consapevolezza dell’azione di Dio nella storia, azione che fa nuove tutte le

cose e che diventa potenza collettiva di trasformazione per un mondo più buono e più bello.

3. LO STILE EDUCATIVOL’impegno educativo e la relazione formativa propria di chi, sulle orme della Fondatrice, si

mette in educazione hanno di mira la crescita della persona in ordine al suo destino eterno: di qui

l’importanza e il valore dato alla vita, dall’origine al suo compimento, l’educazione dei giovani verso

scelte consapevoli, l’attitudine a creare le condizioni necessarie perché si sviluppi la ricerca verso il mistero di sé e della realtà che circonda l’uomo, delle proprie potenzialità, delle sue lotte fino a

guidarlo alla soglia della fede.

A tale compito anche Madre Maria Bucchi non giunse impreparata: le doti naturali affinate dalla

grazia, il naturale “buon senso” maturato attraverso uno stile di vita sobrio, essenziale, austero e pur

così ricco di amabilità e di benevolenza, si tradusse in un intelligente discernimento e nella capacità di

57 bgr. p. 2858 Nuove vocazioni per una nuova Europa, n. 13b59 bgr. p. 18 e Atti ’97 p. 5760 bgr. p. 18

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intuire e di comprendere le diverse situazioni, sempre nell’intento di aiutare e di servire.

a. Stile del servizio E’ compito nostro quindi attivare uno stile di servizio che “…largheggiando di compassione e

sollecitudine”,61 sull’esempio della Fondatrice, affronti anche le situazioni di difficoltà, prepari il

dialogo, dimostri comprensione, escluda il pregiudizio, stimoli piuttosto la volontà di bene.

b. Attenzione alle persone in difficoltà e cura dei rapporti interpersonali Sul suo esempio siamo invitati a condurre anche oggi l’azione educativa con l’attenzione alle persone in difficoltà. “Era felice quando fra le civili educande poteva ammettere qualche povera

tapinella. Con questa spiegava cure più materne e se usava qualche parzialità… era per la povera

fanciulla”62 curando i rapporti interpersonali con lo stile della guida più che del maestro ,

accompagnando ciascuno nei passi più difficili, mettendosi a fianco e lasciando parlare l’esperienza e

la vita, ma soprattutto si ritiene fondamentale l’atteggiamento di chi si pone in ascolto della solitudine

in cui si dibatte oggi l’uomo per trovare spazi e opportunità di dialogo che sostengano, i giovani

specialmente, nei ripetuti tentativi di unificazione della personalità e nel passaggio da una forte

emotività alla razionalità matura e coerente. “Non conosceva simpatia né antipatia; amava tutte per

amore di Gesù e… accostavasi sempre a quelle che avevano maggior bisogno di aiuto e consiglio”.63

Chi educa si metterà per primo in discussione, affrontando la fatica del conoscere e del

conoscersi in modo autentico e profondo affinché la relazione educativa assuma la qualità della

comune ricerca del bene, non si lasci tentare dai facili e pronti risultati, ma piuttosto da chi fa più

fatica, e cerca anche nell’educatore chi sa comprendere e amare.

Ancora ispirandosi alla Fondatrice, lo stile educativo non sia quello che dà subito risposte e

trova soluzioni, ma piuttosto quello che aiuta ad interrogarsi, a prendere sul serio la propria sensibilità

insieme alle fatiche e alle sconfitte, a trovare il filo rosso che guida la propria storia che si svolge,

sempre, sotto lo sguardo di un Padre.

c. L’atteggiamento dello “stare con”“Noi siamo servi inutili”, ripeteva la Fondatrice riconoscendo che il lavoro della grazia è

certamente fondamentale e decisivo nel percorso di crescita dell’uomo. Tuttavia non disdegnò di

indicare alcuni atteggiamenti fondamentali di chi opera in educazione. E precisamente:

- La rettitudine e la fiducia in Dio, che ha come scopo quello di aiutare i giovani a scoprire la propria

vocazione: “Ma essa che amava la giovane sua discepola non per sé ma in Dio e per Dio, non volle

legarla in nessun modo, lasciando a Dio stesso la cura di accomodare la cosa”.64

- L’amore per la verità, mirando a dire e a fare la verità senza accondiscendere a facili

compromessi, per formare personalità forti e capaci di scelte libere e coerenti;

- La fermezza, che non si spaventa di fronte ai problemi o ai fallimenti ma li affronta, giorno dopo

giorno, con la speranza e la fiducia nella possibilità che ogni persona possa compiere un cammino di

maturazione personale: “Non mi lagnerò della loro poca corrispondenza… le tratterò con dolcezza e

61 bgr. p. 1862 bgr. p. 7263 bgr. p. 2864 bgr. p. 34

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persuasione, ma insieme con gravità e fermezza”;65 … “per quanto fosse dolce, pure non lasciava di

scuotere i caratteri alteri e soleva correggere con le parole della Scrittura”.66

- La prudenza, la tenerezza e la benevolenza, che dischiudono i cuori sono indice di colui che ama,

che accoglie le persone così come sono con l’unica aspettativa che diventino se stesse: “Si accinse a

coltivare le educande con carità e amore, quell’amore che emana da un cuore ben fatto, concentrato

in Dio e che necessariamente si riversa sulle creature come limpida e benefica onda di carità,

compassione, tenerezza”;67 … “esercitava la carità nella prudenza”;68 … “molte giovani non finivano di

ammirare in questa santa religiosa una grande carità congiunta con una prudenza non mai

abbastanza lodata, e benedissero mille volte Iddio d’averle qui condotte”;69 … “La sua dolcezza

rubava l’affezione e la confidenza di tutte”.70

- La correzione “con cuore materno”, che punta senza rigore alle finalità dell’educazione, fa

avvertire errori e debolezze senza condannare, aiuta a riconoscere i propri ideali e le proprie ombre

accompagnando la riflessione, la decisione e la volontà di bene: “Se taluna fosse caduta in qualche

difetto che meritasse correzione, la buona Madre la chiamava a sé e avutala sola, apriva il suo cuore

con materna tenerezza e sapeva trovare ragioni sì chiare, sì insinuanti e persuasive e gliele metteva

innanzi con modo sì soavi che la colpevole partiva non solo convinta di aver errato, ma spinta a

chiederne la penitenza”;71… “quando per dovere era costretta a correggere lo faceva in modo da

lasciare l’animo calmo, convinto e pronto all’emendazione”.72

4. ESSERE EDUCATORIEssere educatori significa porsi ogni giorno in cammino accanto agli altri misurando il passo

sui più deboli.

Tratti caratteristici sono:

- Lo sguardo di fede che, rivolto a Dio e alla creatura, apre lo spazio della continua

ricerca del bene dell’altro, a partire dalle sue manifestazioni esteriori fino a toccare con

estrema delicatezza l’interiorità, allo scopo di meglio comprendere e di maggiormente

aiutare.

- L’abitudine a cercare “oltre”, senza fermarsi ai risultati raggiunti, tentando vie nuove di

conoscenza e di esperienza nella continua ricerca della verità che abita nell’interiorità di

ciascuno;

- Il senso del limite, che richiede la pazienza di un’umile attesa e il riconoscimento che

non tutto può essere a tutti richiesto, ma commisurato alle effettive potenzialità.

- La speranza, che permette di vivere e di lavorare nella storia senza lasciarsi rinchiudere

in essa. La speranza esige inserimento e rottura, domanda profezia e impegna di volta in

volta ad aderire o a dissociarsi per educare alla libertà dei figli di Dio. - La reciprocità, come capacità di entrare in dialogo con l’umanità e la diversità propria e

altrui, consapevoli che ogni persona, e quindi anche chi educa, può dare e ricevere,

attraverso un’interazione che può essere asimmetrica dal punto di vista dei ruoli, come è

65 bgr. p. 4666 bgr. p. 7667 bgr. p. 2768 bgr. p. 1269 bgr. p. 4470 bgr. p. 7671 bgr. p. 7272 bgr. p. 76

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necessariamente nel rapporto educativo, ma non da quello della dignità e dell’originalità

di ogni persona umana.

CAPITOLO 5

GLI AMBITI APOSTOLICINelle prime Costituzioni delle suore del Preziosissimo Sangue si legge che il compito delle

religiose è quello di attendere alla “santificazione del prossimo”, mediante le seguenti opere:

educazione delle giovani nei collegi e nelle scuole; cura delle ragazze ammalate, assistenza alle

opere parrocchiali, specialmente negli oratori. Si trattava quindi di operare in tutte le forme di

assistenza alla gioventù femminile ma più in generale di rispondere con la carità alle esigenze dei

tempi.

Nel corso della storia la missione dell’Istituto si è rivolta all’educazione integrale della

gioventù, ma è rimasta aperta alle nuove richieste della Chiesa e della società, privilegiando il servizio

educativo finalizzato alla tutela e alla crescita della vita tanto preziosa agli occhi di Dio.

La Congregazione delle Suore del Preziosissimo Sangue tuttora opera nei seguenti ambiti:

- Scuola: dalla scuola dell’infanzia alla scuola media superiore.

- Pastorale parrocchiale: attività di catechesi, di formazione degli educatori, di assistenza

spirituale agli ammalati e agli anziani, pastorale a tempo pieno.

- Pastorale giovanile: oratorio e gruppi giovanili.

- Servizi socio-assistenziali.

- Pastorale del bambino e della salute (missione).

- Promozione della donna (missione).

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APPENDICE

1. ITINERARI EDUCATIVI

In tutti gli ambiti in cui operiamo educare presuppone una grande flessibilità, una disponibilità

al cambiamento che nasce dalla lettura del tempo in cui si vive e che interpella con le sue domande di

senso. L'educatore ha sempre fiducia in un punto di partenza - la persona concreta - per poi

progettare percorsi differenziati, finalizzati alla maturazione della singola persona.

Gli itinerari educativi, oggi più che mai, chiedono tempi lunghi e pazienza educativa, ma

presuppongono anche una condivisione degli obiettivi da parte di tutta la comunità educativa.

Per avere una maggiore chiarezza sui termini specifici della progettazione educativa, decliniamo di

seguito le principali voci costitutive di un itinerario educativo.

DEFINIZIONE DI ITINERARIO: è la sequenza ordinata e successiva di tappe che, almeno in via di

ipotesi, è in grado di assicurare il raggiungimento della meta predeterminata

DESTINATARI: sono le persone, soggetti e non oggetti, che popolano i nostri Oratori, le nostre

scuole, i servizi in cui operiamo, con le loro domande, esplicite o no.

OBIETTIVO DELL'ITINERARIO: è il fine che si pone la comunità educativa. E' sintetizzato in poche

parole, sostanziali e comprensibili.

- Va scelto, tenendo conto dei destinatari, verificando l’attuabilità e le priorità relative al

proprio contesto.

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- deve essere assunto da TUTTA la comunità educativa in un lavoro condiviso e

partecipato nella corresponsabilità.

- deve essere raggiungibile e verifica bile in itinere e al termine dell’itinerario.

OBIETTIVI INTERMEDI: costituiscono la traduzione concreta dell'obiettivo generale nella situazione

particolare, con un lavoro di mutua interrogazione tra realtà e obiettivo generale

Gli obiettivi intermedi sono sempre oggetto di verifica e passibili di modifiche, poiché il materiale

umano con il quale si lavora cambia per molti motivi e fattori che non devono sfuggire ad un occhio

attento.

La vitalità del progetto sta proprio nella capacità di adeguarlo e riplasmarlo per quel gruppo, quella

persona. Le tappe intermedie si scandiscono con gradualità e sono caratterizzate, da parte di

educatori ed operatori da un costante atteggiamento di pazienza educativa: capacità di attendere i

tempi di maturazione, fiducia.

TAPPE: sono passaggi concatenati che permettono il raggiungimento dell'obiettivo; non è necessario

che siano molte.

METODO: riguarda le strategie dell’azione educativa, le quali si pongono in stretta relazione con lo

stile (v. cap. 3)

STRUMENTI E RISORSE: sono le risorse che abbiamo a disposizione. Non si tratta solo di

pennarelli, di aule, di campi sportivi, ma anche di disponibilità educativa, di creatività, di ricchezza

spirituale e di capacità di discernimento.

Tra i gli strumenti è bene collocare le esperienze, la capacità della comunità educativa di lavorare in

rete.

VERIFICA: è il coraggio di chiedersi se siamo stati capaci di raggiungere gli obiettivi. Una verifica

seria è il primo passo per la stesura di un itinerario educativo successivo.

2. SPUNTI E SUGGERIMENTI PER PROGETTARE

a. Analisi di situazioneOgni territorio si disegna con caratteristiche specifiche e locali, legate alla sua storia e alla cultura

delle persone che lo abitano. Fare un’analisi del territorio significa individuare il livello culturale,

economico, sociale, occupazionale della popolazione, la provenienza delle famiglie, il numero degli

elementi di ogni nucleo, la professionalità e manualità disponibile, la sensibilità ai valori religiosi, la

frequentazione e partecipazione alla vita della comunità locale (società civile, parrocchia, oratorio,

ecc.).

Da questa ricerca emergono i bisogni, ma anche i valori che devono essere focalizzati e rilevati con

un’attenta analisi e riflessione, ma anche apertura e disponibilità; solo in una seconda fase si passa

ad una valutazione per tentare di dare concrete risposte nel progetto. Per la sua elaborazione si

individueranno alcuni problemi e aspetti da privilegiare, confrontando la situazione con il cammino che

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s’intende percorrere.

b. analisi delle risorse disponibiliOgni realtà gode del servizio di molteplici figure professionali, insegnanti, personale qualificato,

educatori, animatori, volontari, ecc. con competenze e carismi diversi.

Sembra opportuno compilare una mappa delle presenze, delle disponibilità e delle competenze per

affrontare con realismo i bisogni e valorizzare le risorse che emergono dall’analisi del territorio.

(sono ammessi i sogni: si possono ipotizzare progetti profetici e di avanguardia, occorre poi reperire

le risorse per un sano e doveroso realismo.)

c. obiettivo generale

Si definisce dopo un’attenta analisi della situazione e un confronto con quelli che sono i contenuti che

caratterizzano l’azione educativa.

La meta finale è un obiettivo alto che si raggiunge nel tempo e che richiede un’articolazione di

successivi obiettivi intermedi che portino ad un avvicinamento costante e graduale. Un progetto si

definisce, ma è sempre soggetto a revisione e a correzioni in corso d’opera.

d. definizione degli obiettivi intermediSi avrà cura di differenziare gli obiettivi:

- PER ETA’

- PER AREA EDUCATIVA

- PER CAMPI DI ESPERIENZA

- PER DISCIPLINE

- PER INTERESSI CULTURALI

- PER GRUPPI DI APPARTENENZA (sport, teatro, musica, montagna, ecc.)

Il team individua lo specifico del proprio settore, e in stretta relazione con la meta, definisce una serie

di obiettivi intermedi, graduali, concatenati e specifici. Nella formulazione è bene ricordare sempre le

varie dimensioni in cui si può articolare un itinerario, progetto che guarda alla maturazione globale

della persona (v. cap.2):

- come SE’, come persona

- come persona capace di relazione, CON GLI ALTRI E IL GRUPPO,

- capace di sviluppare un rapporto con il trascendente, CON DIO, di costruire un rapporto

personale e comunitario con Dio Padre

- sviluppa un rapporto con la REALTA’ CULTURALE che lo circonda (natura – tradizioni –

arte del proprio ed altrui ambiente)

Queste dimensioni sono presenti in ogni itinerario.

e. ContenutiI contenuti di riferimento diversi per ambiti educativi e culturali sono da individuare fra quelli che

contribuiscono a definire la visione antropologica che condividiamo e che insieme “sottoscriviamo”. I

riferimenti principali da considerare sono:

- Riferimenti evangelici: quali pagine del Vangelo descrivono più da vicino la nostra realtà

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- Magistero della Chiesa

- Documenti diocesani

- Linee di spiritualità proprie del Carisma delle Suore del Preziosissimo Sangue (cap. 1)

- Testi psicopedagogici

- Orientamenti Scuola dell’infanzia

- Programmi Ministeriali Scuole

- Assistenza Sanitaria

- Missione ad gentes (Brasile, Africa…)

f. MetodoLo stile e il metodo dell’azione educativa sono essi stessi un contenuto che ci comunichiamo. Il

Vangelo ci propone il metodo della Comunione, educare è un fatto di Comunione e comunità: diverse

agenzie concorrono e convergono nell’azione educativa. La scelta fra autorevolezza e autoritarismo si

pone con immediatezza: oggi si punta sulla relazione educativa, per educare e lasciarsi educare.

Lo stile e il metodo caratterizzano la Comunità educativa.

g. Tempi

Brevi per obiettivi a breve termine

Lunghi per obiettivi a lungo termine

h. Verifica

Il motore di un progetto è la capacità del gruppo di verificare: La consapevolezza del cammino compiuto

Gli obiettivi raggiunti

Il percorso svolto

Le difficoltà e gli ostacoli

I successi

I correttivi da apportare per dare risposte più adeguate.

Occorre sempre verificare su due piani "paralleli e convergenti":

- il cammino compiuto dagli educatori

- il cammino compiuto dagli educandi

La verifica è uno spazio per “ricaricare” le batterie, per sognare ancora più in grande, per costruire la

comunità degli educatori.

4. ITINERARI DI EDUCAZIONE ALLA FEDE

a. L’iniziazione cristiana ha la forma di itinerarioTutti i documenti della Chiesa indicano concordemente che l’iniziazione cristiana (IC ) deve avere la

struttura di un cammino, di un itinerario.

b. Le dimensioni dell’itinerarioDimensione teologale: in quanto ha la sua origine nell’azione di Dio e del suo Spirito: “ E’ il suo

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Spirito che muove al dialogo con Cristo, a quella conformazione a lui fino a dire: “ Non sono più io che

vivo, ma Cristo vive in me” ( Gal 2,20 ); fino a dire in Lui: “ Padre nostro che sei nei cieli “ ( Mt 6,9 )

Dimensione Comunitaria : in quanto è compiuto in una comunità e da una comunità; è fondato in un

serio impegno personale di risposta a Dio e di progressivo cambiamento di mentalità e di costume

( OI )

Dimensione temporale .” L’iniziazione cristiana è un itinerario: è il progressivo attuarsi nel tempo del

progetto salvifico di Dio che chiama l’uomo alla vita divina del Figlio, inserendolo stabilmente nella

Chiesa e ricolmandolo in abbondanza della grazia dello Spirito Santo ” ( O2 –22 )

Dimensione sacramentale, in quanto tutto l’intero percorso partecipa della grazia del sacramento. “

Se è vero che con la celebrazione dei tre sacramenti i fanciulli e i ragazzi sono pienamente iniziati alla

vita cristiana, tuttavia, proprio per la legge della progressione della storia della salvezza, anche

l’itinerario che ad esso conduce partecipa di quella grazia preparandola, anticipandola, favorendola.” (

O2 . 22 )

Dimensione personale, in quanto è un cammino con le seguenti istanze.

Esige innanzitutto la partecipazione attiva di ciascun ragazzo: “ Proprio perché guidati dallo Spirito, i

fanciulli e i ragazzi non sono soggetti passivi, l’azione dello Spirito si esprime infatti nello sviluppare

la loro soggettività, nel renderli protagonisti del loro itinerario.” ( O2-24 )

c. Indicazioni generali per gli itinerari di educazione alla fede

Le indicazioni sono precisate dalla seconda nota per L’iniziazione Cristiana ( O2-53 ) e dalla nota che

accompagna i catechismi.

• Per tutti si deve predisporre un cammino di tipo catecumenale

• Deve essere tenuta presente la dimensione comunitaria: è la Parrocchia il luogo ordinario e

privilegiato dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi

• Il cammino deve farsi ordinariamente in un gruppo: “L’esperienza di gruppo assuma un vero

carattere ecclesiale e investa la vita dei fanciulli e ragazzi sotto il profilo liturgico, caritativo,

fraterno, festivo ” (C8).

• Deve essere tenuta presente la formazione alla globalità della vita cristiana. L’iniziazione

cristiana è un cammino che introduce nelle dimensioni fondamentali della vita cristiana,

aiutando i ragazzi e i fanciulli a farle proprie. Tra di esse si possono elencare :

1. l’adesione personale al Dio vero e al Suo piano salvifico in Cristo;

2. la scoperta dei misteri principali della fede e la consapevolezza delle verità

fondamentali del messaggio cristiano;

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3. l’acquisizione di una mentalità cristiana;

4. l’educazione alla preghiera;

5. l’iniziazione al senso di appartenenza alla Chiesa;

6. la partecipazione sacramentale e liturgica;

7. la formazione alla vita apostolica;

8. l’introduzione alla vita caritativa.

• Si deve curare la dimensione familiare: ”L’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi

richiede, anche in forme diversificate e progressive, la partecipazione ed il coinvolgimento dei

genitori. “ (C8)

• Si deve curare la dimensione esperienziale: “L’iniziazione cristiana deve fondarsi e realizzarsi

su una molteplicità di esperienze coinvolgenti e attive per i fanciulli e i ragazzi. “ (C8)

Ne derivano alcune scelte pastorali che caratterizzano l’itinerario:

- Le tappe celebrative: l’accoglienza all’inizio dell’anno catechistico, la consegna del

Credo, del Padre nostro, del Vangelo; diverse celebrazioni della Parola; celebrazioni

penitenziali; Messe di gruppo.

- La pedagogia dei modelli: utile punto di riferimento per testimoniare la possibilità reale

di vivere la fede nella storia e nell’oggi.

- Il ruolo insostituibile degli educatori: “Il ruolo primario di accompagnamento compete

alla comunità cristiana e ai genitori. ” (C8)

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BIBLIOGRAFIARICA Conferenza Episcopale Italiana, Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti 1978

C – Ufficio Catechistico Nazionale , Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del Catechismo della Cei

1991

O1 – Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza episcopale Italiana . L’iniziazione Cristiana

O2- L’iniziazione cristiana 2 . Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai

14 anni ( 23 maggio 1999 )

RUPNIK M.I., Dire l’uomo I: Per una cultura della Pasqua, Lipa, Roma 1997

COLZANI GIANNI, Antropologia cristiana, Ed. Piemme, Casale Monferrato 1991

MAJO ANGELO, Suor Maria Bucchi fondatrice delle Suore del Preziosissimo Sangue, NED, Milano

1993

Un carisma per la Chiesa, numero unico in occasione del processo diocesano della serva di Dio

Madre maria Bucchi, NED, Milano 1993

DINO SANTINA, In ascolto del mondo, 1972

DINO SANTINA, Come incenso al tuo volto, 1985

Positivo super virtutibus della Serva di Dio Madre M.Matilde Bucchi

Positivo super virtutibus della Serva di Dio suor Alfonsa Clerici

Cronache della Congregazione delle Suore del Preziosissimo Sangue, Archivio di Casa Madre delle

Suore del Preziosissimo Sangue in Momza

PANTALINI GIUSTO, Il testamento del padre, Modena 1946

Costituzioni delle Suore del Preziosissimo Sangue di Monza , 1981

Atti del Capitolo ‘97

Biografia di Suor Maria Bucchi, Archivio di Casa Madre delle Suore del Preziosissimo Sangue in

Momza

Numero unico nell’anno del centenario delle Suore del Preziosissimo Sangue, 1976

Gaudium et spes, Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II (1965)

Lumen gentium, Costituzione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano II (1964)

Redemptor hominis, Lettera enciclica di Giovanni Paolo II (1979), in EV 6, EDB Bologna 1980

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Evangelium vitae, Lettera enciclica di Giovanni Paolo II (1995), in EV 14, EDB Bologna 1997

La Bibbia di Gerusalemme, ed. Italiana sotto la direzione di Vattioni F., EDB Bologna 1984

INDICE

Presentazione ……………………………………………………………………………………… 1

Introduzione ………………………………………………………………………………………… 2

CAPITOLO 1

UN CARISMA NELLA CHIESA

1. Il carisma educativo………………………………………………………………………..

2. Il carisma educativo: fondamenti biblici e teologici …………………………………….

3. Il carisma educativo dell’Istituto: breve storia …………………………………………..

CAPITOLO 2

CULTURA E ANTROPOLOGIA

1. Cultura: una definizione ……………………………………………………………………

2. Il contesto culturale contemporaneo ……………………………………………………..

3. Conseguenze nello stile di vita ……………………………………………………………

4. Principi antropologici: individuo o persona? ……………………………………………..

5. La persona umana e le sue dimensioni …………………………………………………..

6. Modello antropologico che emerge dalle indicazioni della Fondatrice ………………..

CAPITOLO 3

SENSO DELL’EDUCAZIONE

1. Educare alla relazione con se stessi ……………………………………………………………

2. Educare alla relazione con il creato …………………………………………………………….

3. Educare alla relazione con gli altri ..…………………………………………………………….

4. Educare alla relazione con Dio ………………………………………………………………….

5. Educare alla libertà e per la libertà ……………………………………………………………..

6. Educare al servizio ……………………………………………………………………………….

Page 33: Un nome …un volto lo stare con le persone il dono di sé memoria … · fedeltà alla storia, da cui scaturì una vita straordinariamente comune ma nella quale i più piccoli eventi

7. Educare al senso critico ………………………………………………………………………….

8. Educare al senso etico-morale ………………………………………………………………….

9. Educare al senso estetico ……………………………………………………………………….

CAPITOLO 4

STILE EDUCATIVO

1. La comunità educativa …………………………………………………………………………….

2. La relazione nella comunità educativa …………………………………………………………..

3. Lo stile educativo …………………………………………………………………………………..

4. Essere educatori ……………………………………………………………………………………

CAPITOLO 5

GLI AMBITI APOSTOLICI

APPENDICE

BIBLIOGRAFIA

LEGENDA

Educazione al servizio

L’educazione al servizio si colloca dentro una più ampia educazione alla carità che interessa

ogni età della vita, ma che in particolare si rivolge alla giovinezza come tempo in cui

maturare scelte di dedizione e di dono di sé a coloro che si trovano nel bisogno, di assenza

di beni, sia materiali sia spirituali, agli uomini che per questa condizione sono privati della

loro dignità o addirittura esclusi dalla società. Il Papa Giovanni Paolo II nel discorso ai

giovani per il Giubileo del 2000 a Roma, Tor Vergata, il 15 agosto 2000 diceva: “Cari amici,

vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel

corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per

imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi

messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi

rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi

non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando

anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri

umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni

momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa

terra sempre più abitabile per tutti.”

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Per questo si rende indispensabile nei nostri ambiti la formazione al servizio che comprenda

itinerari educativi che propongano piste di riflessione sui grandi temi della povertà e che

illustrino la ricchezza della carità evangelica, valorizzino l’esperienza del servizio fino a

indicare forme concrete di impegno stabile, per raccogliere le sfide che il nostro tempo lancia

a chi ama la vita e la vuole piena e abbondante per tutti.