Un invito a cena Cenerai bene, o mio Fabullo, a casa mia,tra pochi giorni,se gli dei ti saranno...

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Un invito a cena Cenerai bene , o mio Fabullo , a casa mia ,tra pochi giorni ,se gli dei ti saranno favorevoli , a patto che tu ti porti una cena buona e abbondante e non scordarti una fanciulla candida e vino e sale e tutto ciò che rende gradevole la cena; se avrai portato tutte queste cose ,io dico , o mio caro amico, mangerai bene ; infatti il portafoglio del tuo Catullo è Progetto Comunicazione ed educazione alimentare I ROMANI A TAVOLA Anno scolastico 2006 – 2007 I.C. FANELLI MARINI CLASSE 1 B

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Un invito a cena Cenerai bene ,

o mio Fabullo , a casa mia ,tra pochi giorni ,se gli dei ti saranno favorevoli , a

patto che tu ti porti una cenabuona e abbondante e non

scordarti una fanciulla candida e vino e sale e tutto ciò che rende gradevole la cena; se avrai portato tutte queste cose ,io dico , o mio

caro amico, mangerai bene ; infatti il

portafoglio del tuo Catullo èpieno di ragnatele.

Catullo

ProgettoComunicazione ed educazione

alimentare I ROMANI A TAVOLA

Anno scolastico 2006 – 2007 I.C. FANELLI MARINICLASSE 1 B

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La giornata di un romano era divisa in 3 pasti:lo ientaculum (colazione), il prandium (pranzo) e la cena (cena).

Usualmente i Romani mangiavano seduti su uno sgabello,di rado , a tavola, nella maggior parte dei casi in cucina accanto al fuoco se faceva freddo. D’estate gradivano pranzare in giardino, dove di solito si trovava una lunga tavola per le pietanze. Per i pasti mattutini e di metà giornata spesso andavano nelle tabernae,delle cauponae o delle popinae.

I Romani si alzavano presto, alle prime luci dell’alba, per sfruttare tutte le ore di luce in generale.Intorno alle 7.00 (hora III in estate, hora I in inverno)facevano la colazione(jentaculum). Tra le 11.00 e le 12.00(hora VI/ hora VII) c’era il pransus o prandium un pasto veloce.Al calar del sole c’era il pasto principale ossia la cena. Prima di andare al letto c’era anche uno spuntino vesperna.

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Lo jentaculum era la colazione per gli antichi Romani e poteva essere costituito o da pane , miele,formaggio,uova,latte e acqua o da biscotti intinti nel vino o ancora dagli avanzi della sera precedente, se avevano avuto ospiti, o se erano stati invitati e avevano portato con sé qualcosa del menù del giorno prima.

Il pransus o prandium consisteva in un leggero pasto freddo a base di verdure, uova, pesce e funghi , carni fredde e in genere veniva consumato fuori casa nelle taverne. Tuttavia per i lavoratori e i soldati esso era rappresentato da un pasto più abbondante.

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La cena era il pasto principale e si svolgeva nelle case patrizie in ambienti lussuosi. Era divisa in tre momenti: Gustatio : antipasto stuzzicante per risvegliare l’appetito con uova, verdure e ostriche Primae mensae : piatti di pesce , carne,verdura ,arrosti preparati in modo elaborato Secundae mensae : Dolci ,frutta secca e fresca.

Durante i banchetti gli ospiti erano intrattenuti da letture, musica, giochi e spettacoli

Tutto il pasto era accompagnato da abbondante vino in genere non bevuto schietto , ma miscelato con acqua , calda o fredda, o con miele il mulsum .Le portate di una cena , comunque , non dovevano essere meno di sette in totale.

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Il grano veniva prodotto esclusivamente per preparare il pane che costituiva, per molti, la base della propria alimentazione anche se era diffusissimo anche il consumo dei legumi come : fave, ceci, lenticchie ed analoga considerazione si può fare anche per quanto riguarda la frutta: uva, susine, mele, pere, noci e mandorle tutte coltivazioni proprie del bacino del Mediterraneo.

Le abitudini alimentari degli antichi Romani erano diverse dalle nostre perchè molti alimenti, che oggi fanno parte della nostra dieta quotidiana, a quei tempi erano sconosciuti.

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Solo gli agrumi e le albicocche provenivano dall' Oriente ed avevano un costo elevato ed erano riservati a pochi.

I romani consumavano carne di bue, ma soprattutto si alimentavano con carne di maiale. Dimostravano di apprezzare molto anche il cinghiale, il cervo, l’asino selvatico e il ghiro, la lingua del fenicottero , la cicogna, la gru e il pavone.

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La colazione del mattino ed il pranzo venivano consumati senza neppure sedersi nella prima si mangiava esclusivamente frutta, nel secondo qualche avanzo della cena precedente, oppure carne o pesce freddo, legumi e frutta Il pasto importante era la cena: iniziava verso le tre del pomeriggio e veniva servita utilizzando vasellame di coccio. Nelle case dei poveri mangiavano di solito il pesce più raramente carne, legumi, formaggio e frutta.

Da questo sommario elenco delle vivande più diffuse nel mondo romano emergono assenze significative: mancano, infatti, i liquori, il thé , il caffè, il cacao, lo zucchero, i fagioli , le patate, i pomodori, il riso e la pasta, che oggi sono elementi basilari per la nostra alimentazione.

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Nei banchetti non tutti gli ospiti venivano trattati allo stesso modo. Il poeta Marziale, vissuto dal 40 al 104 d.c. in una sua poesia, descrive che aveva dovuto subire trattamento umiliante durante una cena e come cercasse di rifarsi a spese di un padrone di casa egoista.

Nella combinazione dei diversi ingredienti i Romani rivelavano un gusto lontanissimo e diversissimo dal nostro: la gastronomia romana era solita mescolare il dolce al salato come per esempio lo spezzatino di maiale con la purea di albicocche, o il pesce servito con le mele cotogne schiacciate. Consideravano irrinunciabili le salse a base di pesce: celebre era il famoso “garum”.

Queste non erano le uniche abitudini: era comunemente accettato che gli invitati, prima che andassero via, mettessero nel tovagliolo, cosa era rimasto sul tavolo.

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Nelle case più ricche si consumava il pasto sdraiati di lato sui triclini e le portate erano servite su vasellami preziosi mentre degli schiavi erano pronti ad aiutare i commensali.

L’antipasto era composto da cibi leggeri e stuzzicanti: olive,funghi e uova. Poi la cena comprendeva numerose portate a base di carne e pesce,accompagnate da legumi e salse pregiate. Si concludeva, infine con un dessert formato da cibi secchi e piccanti. Durante la cena come bevanda veniva servito vino, allungato con acqua e addolcito con il miele.

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Soltanto dal II secolo a.C. i Romani iniziarono a mangiare sdraiati nel “triclinium”,un letto in genere a tre posti, in legno o muratura, ricoperti da cuscini.

In età imperiale si utilizzavano letti più grandi,come il sigma, a otto posti. I Romani si coricavano sui letti,posandosi sul gomito sinistro e mangiando con la destra. Il piatto era sorretto con la mano sinistra. Gli schiavi captores o scissores. tagliavano i cibi in piccoli pezzi.

Le donne cominciarono a partecipare ai banchetti soltanto nel tardo periodo repubblicano. Per evitare di offendere il loro pudore, esse non dovevano sporcarsi il viso, ubriacarsi ed assumere posizioni sgradevoli.

I commensali erano assistiti da numerosi servi:quelli più belli, ben vestiti e con lunghi capelli pettinati tagliavano i cibi e mescolavano le bevande;altri schiavi con abiti semplici e capo rasato pulivano la sala da pranzo.

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Alla base dell’alimentazione dei Romani c’erano verdure,cereali e ortaggi. Diffuso era l‘ uso della “ puls” una specie di polenta bianca insaporita con cipolle, fave, formaggio ed anche pesce e carne. Il pane si diffuse già a partire dal II secolo a.C. mentre solo nel I secolo a.C. si introdusse l’ uso del lievito.

I vari tipi di pane erano: il “ panis” e la “flare” , fatto con fior di farina, bianco e costoso, il “ panis cibarius” , il pane nero, il “panis acquaticus” , soffice e spugnoso.

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Le famiglie più ricche potevano permettersi raffinati manicaretti, a base di pesci di ogni tipo. I Romani consumavano selvaggina e carne di maiale e persino ghiri.

I Romani usavano preparare il gusto agro-dolce con delle erbe aromatiche che oggi sono praticamente scomparse come il “ligusticum” o con spezie, come il “ laser”, che era una specie di resina ricavata da una pianta coltivata in nord Africa ed era un misterioso e costosissimo ingrediente.

Era molto apprezzato il gusto agro-dolce ad esempio amavano gustare i funghi preparati con miele e le pesche conservate sotto sale, spezie e aceto

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Il cavolo era la verdura più mangiata dai Romani. Di cavoli ne esistevano moltissime varietà tra le quali Plinio cita: il cavolfiore, il cavolo di Cuma, il cavolo della Sabina e il cavolo di Ariccia, il più vantaggioso.

Il cavolo si consumava sia cotto che sia crudo e in questo caso veniva macerato nell’aceto. I Romani utilizzavano il cavolo anche per curare le ferite, le lussazioni, le ulcere, le coliche e altre malattie.

Se si voleva bere e mangiare molto durante un banchetto si usava il cavolo, che era un ottimo digestivo.

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Il Garum era una salsa mille usi, piccante, dal forte profumo, che i Romani aggiungevano a tutto: alle minestre, verdure, secondi piatti, dolci.

Marziale scriveva “Si usino pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di 1/3, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un altro strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano.

Su questo fondo disporre le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all’orlo del recipiente. Lasciare riposare al sale per sette giorni. Per altri giorni mescolare di sovente.”

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Il vino era particolarmente apprezzato dai Romani; e le uniche persone che non lo potevano bere erano le donne.Il vino era oggetto di prescrizione addirittura nelle leggi delle Tavole che vietava espressamente alle donne di consumarlo. La pena prevista per coloro che non la osservavano, non era un sanzione pecuniaria, bensì la condanna a morte. Quello che più sconcertava era che si ritenevano colpevoli anche le donne che venivano trovate con le chiavi della cantina in mano.

Il motivo di così tanto accanimento, risalente all’epoca di Romolo e Remo nei confronti della donna che beveva , non è ancora ben chiaro.

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Fra i condimenti, al nord si utilizzava il lardo, l’olio soprattutto nelle regioni meridionali; l’olio era usato anche nella preparazione dei profumi, per la pulizia del corpo e nell’ illuminazione.

I Romani facevano abbondante uso di spezie nella preparazione dei vari cibi. Durante l’ impero ebbero un’ enorme importanza per le mense dei ricchi; venivano importate da Asia, India e Africa. Il pepe era costosissimo ed era ritenuto un antidoto contro alcuni veleni.

Il sale era importante perché utilizzato per la conservazione delle carni. Il sale per i Romani non era solo un “condimento” ma anche un vero e proprio alimento. Era persino un sistema di pagamento e i soldati lo ricevevano anche come completamento della paga.

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La parola cereale deriva da Cerere la dea dell' agricoltura e della vegetazione.

In tutto il mondo Il grano si semina in autunno e si raccoglie in estate. Esistono diverse specie di grano: grano duro (Triticum durum) e grano tenero(Triticum aestivum o vulgare).

I tipi di cereali sono molti,tra essi citiamo: mais, miglio, farro, avena, riso, orzo e segale.

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Il frumento Il frumento o grano è il

più diffuso tra i cereali ed è impiegato prevalentemente, sotto forma di farine, usate sia nella panificazione sia nella preparazione di paste alimentari. E’ una pianta erbacea e appartiene alla famiglia delle graminacee.

Sullo stelo crescono i frutti che si chiamano spighe. Probabilmente fu coltivato inizialmente in Asia e in Africa. Era già conosciuto ai tempi degli Egizi e la sua coltivazione si è diffusa in tutto il mondo.

Il grano duro più ricco è usato per fare la pasta e quello tenero per la panificazione.

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Struttura del chicco

Il chicco è formato da tre parti principali:

un involucro esterno ,la crusca, ricco di sostanze minerali e vitamine ;

una parte interna, detta “endosperma “, carente di vitamine e sali minerali ma ricco di amido e glutine che serve a trattenere il 200% di acqua , che rende elastica la pasta del pane. L’ endosperma è inoltre una riserva di sostanza di riserva per la crescita della nuova piantina

il germe una parte piccola ,ma molto importante perché è ricca di proteine, olio di germe, vitamine e sali minerali.

Nel chicco del grano l’amido costituisce il 70% del peso, i grassi il 4% e le proteine il 20%.

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Il grano, originario della Palestina, si coltiva in quasi tutto il pianeta.

Anche in Italia non c’è regione dove non si coltivi grano (tenero o duro): si semina da settembre a novembre a Nord, mentre a Sud da settembre a dicembre.

I tipi di grano si distinguono in teneri e duri.

Il grano duro ha più glutine rispetto a quello tenero e si coltiva in zone calde, al contrario di quello tenero.

Grano duro e grano tenero

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Forme spontanee di grano,erano presenti nel bacino del Mediterraneo fin dai tempi più antichi. Nel corso dei secoli,l’uomo ha iniziato a coltivarlo ed a produrre diverse forme ibride.

Il grano vestito e nudo

Il grano più antico è di tipo “vestito” in quanto il chicco era difficile da dividere dal “glume”. Allora a quei tempi ,i chicchi venivano tostati. Alcune forme di frumento “vestito” sono riscontrabili oggi tra i reperti carbonizzati ritrovati a Pompei.

L’esempio più noto di frumento “vestito” è costituito dal farro, per scortecciare il quale era stato inventato il “pilum”, costituito da una coppia di pestelli che venivano usati in una maniera alternativa e ritmica.

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Il grano ieri e oggi

Il grano coltivato al tempo degli etruschi si allettava facilmente, aveva una scarsa resistenza alla ruggine e scarsa capacità molitoria alla farina. Queste informazioni sono state acquisite grazie al ritrovamento di chicchi di grano conservati in un vaso etrusco.

Rispetto agli anni cinquanta, oggi il grano è molto più resistente all’ allettamento Infatti, da 21 q di prodotto per ettaro di un tempo si è passati ai 60 q per ettaro di oggi. 

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Al tempo dei romani il frumento veniva ridotto in farina con delle macine. Queste macine venivano girate soprattutto da animali o da uomini; quelle girate dall’ uomo erano vicine l’ una all’ altra.

Le macine erano fatte con grandi blocchi di pietra lavica locale. Man mano che si macinava ,la pietra delle macine si sgretolava e si mescolava con la farina come risulta dall’ analisi del pane carbonizzato ritrovato a Pompei.

Il ciclo del pane

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La farina veniva mescolata con acqua e sale e una volta impastata, le veniva data una forma a rosetta e si metteva a lievitare. A volte sul pane veniva stampato il marchio del proprietario.

I pani migliori erano di farina bianca e di grano tenero. I pani peggiori invece erano fatti solo con farina d’orzo e venivano consumati dai ceti sociali più bassi.