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© LEND 2011. Calzetti M.T., Panzeri Donaggio L. (a cura di), Educare alla scrittura UN CURRICOLO DI SCRITTURA PER LA SCUOLA SUPERIORE Alda Baldaccini, Marisa Cortesi, Cesarina Mesini, Gioia Ottolini, Maria Giulia Vecchi 1. PERCHÉ UN CURRICOLO DI SCRITTURA Le competenze di scrittura degli studenti che frequentano la scuola superiore sono assai differenziate, ma il più delle volte carenti. Le abilità cognitive, testuali, linguistiche necessarie a chi scrive sono da costruire o comunque da potenziare, in vista dell’uso sempre più complesso che della scrittura si richiede nella scuola superiore. Il Programma Brocca di Italiano sembra concordare con questa analisi annoverando tra le finalità «la padronanza del mezzo linguistico nella ricezione e nella produzione orale e scritta, commisurate alla necessità di dominarne anche gli usi complessi e formali che caratterizzano i livelli avanzati del sapere nei più diversi campi» (Commissione Brocca, 1992). Alla costruzione e al potenziamento di tali abilità ci si deve accingere senza insofferenze e alibi, perché troppo importante è sapere scrivere, per fini scolastici e non. Ma tale compito non può essere affrontato per tentativi e in modo generico: al contrario, deve essere ripartito in diversi momenti con specifiche attività e con obiettivi differenziati e in certa misura progressivi. Un approccio curricolare alla scrittura comporta che biennio e triennio si propongano di sviluppare abilità diverse e sempre più complesse, attraverso esperienze di scrittura in progressione tra loro e integrate con le altre abilità. Il biennio può dare le motivazioni a scrivere, se non il piacere di scrivere, e avviare alla produzione di diversi tipi di testo privilegiando la scrittura funzionale e la scrittura creativa, senza escludere l'approdo a forme semplici di testo argomentativo. Il triennio può privilegiare quest’ultimo tipo di testo, ma prevedendo anch’esso al suo interno diversi tipi di scritti propedeutici al tema- saggio e l’addestramento alle tecniche che esso richiede (Colombo, 1993). La differenziazione e progressione di compiti secondo una consapevole e mirata scelta didattica può non solo avvantaggiare il raggiungimento degli obiettivi in ciascuno dei due cicli, ma anche consentire un corretto collegamento tra di essi, evitando sia la paralizzante sensazione di dover fare tutto, sia sovrapposizioni di interventi e perdite di tempo. * Il presente saggio nasce dalla collaborazione delle autrici. Il par. 1 è stato redatto collettivamente. I parr. 2, 4 e 5 sono di Cesarina Mesini. Del par. 3 è di Maria Cortesi il sottoparagrafo 1, di Alda Baldaccini il 2, di Gioia Ottolini il 3, di Maria Giulia Vecchi il 4. 1

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UN CURRICOLO DI SCRITTURA PER LA SCUOLA SUPERIORE

Alda Baldaccini, Marisa Cortesi, Cesarina Mesini, Gioia Ottolini, Maria Giulia Vecchi

1. PERCHÉ UN CURRICOLO DI SCRITTURA

Le competenze di scrittura degli studenti che frequentano la scuola superiore sono assai differenziate, ma il più delle volte carenti. Le abilità cognitive, testuali, linguistiche necessarie a chi scrive sono da costruire o comunque da potenziare, in vista dell’uso sempre più complesso che della scrittura si richiede nella scuola superiore. Il Programma Brocca di Italiano sembra concordare con questa analisi annoverando tra le finalità «la padronanza del mezzo linguistico nella ricezione e nella produzione orale e scritta, commisurate alla necessità di dominarne anche gli usi complessi e formali che caratterizzano i livelli avanzati del sapere nei più diversi campi» (Commissione Brocca, 1992).

Alla costruzione e al potenziamento di tali abilità ci si deve accingere senza insofferenze e alibi, perché troppo importante è sapere scrivere, per fini scolastici e non. Ma tale compito non può essere affrontato per tentativi e in modo generico: al contrario, deve essere ripartito in diversi momenti con specifiche attività e con obiettivi differenziati e in certa misura progressivi.

Un approccio curricolare alla scrittura comporta che biennio e triennio si propongano di sviluppare abilità diverse e sempre più complesse, attraverso esperienze di scrittura in progressione tra loro e integrate con le altre abilità. Il biennio può dare le motivazioni a scrivere, se non il piacere di scrivere, e avviare alla produzione di diversi tipi di testo privilegiando la scrittura funzionale e la scrittura creativa, senza escludere l'approdo a forme semplici di testo argomentativo. Il triennio può privilegiare quest’ultimo tipo di testo, ma prevedendo anch’esso al suo interno diversi tipi di scritti propedeutici al tema-saggio e l’addestramento alle tecniche che esso richiede (Colombo, 1993).

La differenziazione e progressione di compiti secondo una consapevole e mirata scelta didattica può non solo avvantaggiare il raggiungimento degli obiettivi in ciascuno dei due cicli, ma anche consentire un corretto collegamento tra di essi, evitando sia la paralizzante sensazione di dover fare tutto, sia sovrapposizioni di interventi e perdite di tempo.

* Il presente saggio nasce dalla collaborazione delle autrici. Il par. 1 è stato redatto collettivamente. I parr. 2, 4 e 5 sono di Cesarina Mesini. Del par. 3 è di Maria Cortesi il sottoparagrafo 1, di Alda Baldaccini il 2, di Gioia Ottolini il 3, di Maria Giulia Vecchi il 4.

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2. I PRESUPPOSTI PER UNA DIDATTICA DELLA SCRITTURA

2.1. Si può insegnare a scrivere

«L’arte dello scrivere si insegna come ogni altr’arte» diceva don Milani in Lettera a una professoressa (Scuola di Barbiana 1967). Ma non si insegna a scrivere se ci si limita a fare scrivere gli studenti tre o quattro volte per quadrimestre al solo scopo di valutare i compiti. Si insegna dando consigli, istruzioni, regole, tecniche; correggendo chi sbaglia mentre lavora; richiamando la sua attenzione in modo che si corregga da solo; spiegando la natura e la causa dei suoi errori più frequenti.

Una didattica della scrittura richiede quindi che l’insegnante abbia alcuni requisiti.

Deve avere solide motivazioni, cioè sentire interesse per questo obiettivo e avvertirne l’importanza non solo culturale, ma anche pratica (chi esce dalla scuola media superiore dovrebbe saper fare un buon verbale di assemblea o una buona relazione tecnica, ad esempio).

Deve avere adeguate conoscenze, cioè essere informato dei contributi più recenti della ricerca in campo cognitivo, linguistico e didattico, ma anche, più semplicemente, conoscere e saper spiegare la natura e la specificità dei meccanismi della scrittura, conoscere e saper spiegare non solo la natura di un errore, ma anche la sua possibile causa e saperne fornire una o più forme sostitutive.

Non deve limitarsi a qualche intervento sporadico, ma programmare un curricolo di scrittura per l’intero ciclo di insegnamento che preveda frequenti prove di addestramento che consentano di acquisire abilità diverse e di migliorare le prestazioni.

2.2. Si deve insegnare a scrivere

Le premesse teoriche da cui muoviamo si identificano coi risultati della scienza cognitiva, che presenta la conoscenza come un processo, prima e più che come un prodotto, come operazione attiva e consapevole, e non come semplice trasmissione di conoscenze dal docente al discente.

Analogamente alla conoscenza, la scrittura è vista oggi, prima che come prodotto (da correggere e valutare), come processo: cognitivo, testuale e linguistico. Tale processo deve essere attivo e consapevole, e va quindi insegnato esplicitamente.

Occorre consapevolezza che la scrittura è un’operazione molto complessa: si producono dei significati e li si traduce in stringhe lineari di parole che devono però raccordarsi tra loro, per dir così, orizzontalmente e verticalmente, per garantire la tessitura del testo. Occorre prendere decisioni di ordine cognitivo, testuale e linguistico, e ciò richiede competenze ben più sofisticate

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di quelle consistenti nel trascrivere i suoni di una lingua (operazione che tutti i bambini imparano in poco tempo in prima elementare e che spesso è l’unica forma di scrittura di cui sono consapevoli gli studenti). Scrivere, quindi, è difficile, richiede tempo e fatica e spesso fa provare un senso di inadeguatezza e di frustrazione.

Ma scrivere serve a diverse e importanti funzioni; per ciascuna di esse la scrittura richiede schema testuale, registro, sintassi, ritmo diversi; e tra biennio e triennio si devono far produrre scritti espressivi, funzionali, creativi, espositivo-argomentativi.

Scrivere, infine, è importante perché non è solo un mezzo di espressione e di comunicazione, ma è anche uno strumento di pensiero. Coltivare la scrittura può avere come risultato un miglioramento non solo delle prestazioni linguistiche, ma delle prestazioni intellettuali in genere (Parisi e Conte, 1979).

2.3. Come insegnare a scrivere

Sulla tradizione italiana legata alla scrittura ha forse pesato troppo, e troppo a lungo, l’idea del saper scrivere inteso come non fare errori, esprimersi in forma corretta, piuttosto che del saper scrivere inteso come esprimere pensieri chiari e coerenti in forma scritta. La correzione è spesso solo di ortografia e non mette in discussione la struttura del paragrafo o l’organizzazione delle idee.

L’aspetto paradossale di questa tendenza didattica è che essa non ha nemmeno ottenuto 1’effetto che si proponeva: oggi, infatti, gli studenti continuano a fare errori fino all'università (Lavinio e Sobrero, 1991); e per di più si avverte molto spesso la mancanza di abitudine a elaborare organicamente i problemi, a sviluppare logicamente le idee, a esprimere, in definitiva, pensieri chiari e coerenti. È una tendenza che si prolunga anche fuori della scuola, ad esempio in parte della scrittura giornalistica. Insegnare che per sapere scrivere occorre avere cose da dire e organizzarle logicamente, oltre e prima che dirle con appropriatezza, acquista anche una valenza morale e civica (Colombo, 1992).

Ma in fondo sia la tradizione nostrana, che invitava a leggere molto, a imitare modelli letterari, e che privilegiava la correzione degli errori, sia quella anglosassone, che proponeva manuali di composizione raccomandando la chiarezza del pensiero e dell’espressione, si richiamano entrambe alla tradizione classica dell'inventio, dispositio, elocutio, seppure con una diversa attribuzione di importanza a questi elementi.

Oggi la didattica della scrittura si propone di dare consapevolezza del processo e competenza del prodotto. L’insegnante deve intervenire sia sull’uno che sull’altro avendo chiaro quando, come e perché intervenire (i momenti, le tecniche, gli scopi).

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2.3.1. I momenti

Input. Conoscenze, regole, tecniche devono essere insegnate prima delle prove ed esplicitamente. È di grande efficacia fare precedere i compiti di scrittura da istruzioni precise, consigli, tutto ciò, insomma, che può aiutare a prevenire errori e inadeguatezze. Deve esistere come momento autonomo nel curricolo e anche come breve momento prima di ogni singola prova.

Intake. Si può e si deve intervenire sul processo di scrittura: ad esempio, facendo compiti di prova, a scopo euristico, o correggendo e facendo correggere durante il compito per favorire l’autocorrezione.

Output. Serve a pochissimo, lo sappiamo tutti, intervenire sul prodotto finito; tuttavia dobbiamo farlo, ma nelle dovute maniere: con l’indicazione diagnostica, la sostituzione, e possibilmente con una correzione collettiva che consenta la riflessione, sensibilizzi all’errore e favorisca gli automatismi.

2.3.2. Le tecniche

A livello cognitivo. Scomposizione del processo di scrittura in fasi, corrispondenti alle sotto-operazioni che lo compongono. Chi scrive può trarre giovamento dal disporre in successione le difficoltà di ordine cognitivo, testuale e linguistico per dosare le energie e lavorare senza ansia, controllando il processo di scrittura senza esserne dominato. Naturalmente queste fasi sono ricorsive e non devono essere considerate come totalmente separate, ma è utile avere coscienza che deve esserci un momento in cui mi pongo soprattutto il problema di che cosa scrivere (pianificazione o pre-scrittura); un momento in cui scrivo, con attenzione a sviluppare tutti i punti che ho previsto di trattare (stesura); e un momento in cui rivedo criticamente sia il contenuto che l’espressione di quanto ho scritto (revisione), in cui apporto tutti i miglioramenti necessari a rendere accettabile il prodotto, dato che scrivere è in realtà riscrivere, correggere, operazione ricorsiva di progressivo adeguamento al pensiero.

A livello testuale. a) Riconoscimento della struttura del testo (unità tematica, legami morfo-sintattici, collegamenti logici) in vista della sua produzione. b) Padronanza della struttura del paragrafo (1’affermazione e gli elementi che la sostengono) e dei diversi modi in cui esso può essere organizzato (in particolare il paragrafo espositivo e il paragrafo argomentativo). c) Riconoscimento dei tratti caratteristici dei diversi generi testuali (lettera, relazione, verbale, tema-saggio, ecc.) e tipi testuali (narrare, descrivere, esporre, argomentare).

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A livello linguistico. a) Dare regole (ad esempio di punteggiatura), consigli, chiarimenti. b) Correggere gli errori.

2.3.3. Gli scopi

a) Fare vincere la paura del foglio bianco e il senso di impotenza o di inadeguatezza di fronte a un compito di scrittura. b) Rendere gli studenti consapevoli e capaci di padroneggiare il processo di scrittura. c) Dare le competenze necessarie a produrre diversi tipi di testo, scolastici e non (riassunto, relazione, tema-saggio, parafrasi, ma anche diario, lettera, poesia, recensione, articolo).

3. IL CURRICOLO DI SCRITTURA NEL BIENNIO

3.1. I criteri generali

Negli ultimi anni il segmento “biennio” ha via via assunto, nel curricolo scolastico e formativo, una fisionomia più definita e robusta, grazie alla crescita di contributi teorici e di esperienze didattiche volte a fornire sostegno alle metodologie vagliando sul campo ciò che è proponibile, con qualche successo, in questa fascia di età. Ne è seguito lo sviluppo di un approccio forse eclettico, ma consapevole della necessità di un piano mirato a sviluppare soprattutto alcune competenze e abilità specifiche integrate.

Per la scrittura, in particolare, si è rafforzato il convincimento che si possa prospettare un vero e proprio curricolo, lungo l’arco dei due anni, collegato al curricolo delle abilità di studio, della riflessione sulla lingua e dell’educazione letteraria, tenendo ben fermi alcuni criteri generali che, a nostro parere, si possono così sintetizzare. 1. Necessità di un raccordo con il percorso della scuola media dell’obbligo e

del triennio. Ciò significa partire dagli scritti autobiografico-espressivi, praticati e diffusi nella scuola media, quindi dal noto e dall’accertamento dei prerequisiti, per arrivare, alla fine del secondo anno, al testo argomentativo, che sarà il tipo testuale al centro della didattica del triennio.

2. Gradualità all’interno del curricolo di scrittura e all’interno dei diversi tipi di scrittura. Il percorso deve andare dal semplice al complesso, quindi dagli scritti espressivi, più semplici, motivanti e gratificanti sia in fase di produzione che di valutazione, al testo argomentativo, che mette in gioco abilità cognitive, testuali e linguistiche più avanzate, attraverso un’oculata progressione di generi e tipi testuali. Anche all’interno dei vari tipi di testo è opportuno, infatti, proporre prove di complessità crescente (ad esempio dalla descrizione soggettiva all'oggettiva o dal verbale alla relazione).

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3. Preordinata varietà di forme di scrittura e di stimoli allo scrivere. E proprio nella fascia del biennio che gli studenti possono e devono sperimentare la varietà degli scritti a seconda degli scopi, dei destinatari, del contesto, muovendo da stimoli diversi, per acquisire un'adeguata competenza comunicativa.

4. Integrabilità. Il curricolo di scrittura non può prescindere dalle tre aree individuate anche dalla Commissione Brocca: insegnamento delle abilità, riflessione sulla lingua, educazione letteraria; anzi è a esse collegato e integrato in una programmazione generale che mira a produrre effetti di reciproco rinforzo e potenziamento delle competenze.

5. Ricorsività. Nell’arco del biennio è necessaria una ripresa costante delle abilità acquisite, per rinforzarle e consolidarle.

6. Curricolo parallelo di scrittura creativa e funzionale. Se il compito specifico del biennio è quello di fornire i prerequisiti indispensabili ad affrontare le forme più complesse di scrittura che si richiedono al triennio, i due macro-obiettivi che il biennio dovrebbe conseguire sono: sviluppare la fluidità della scrittura, incoraggiando la voglia di scrivere e ristabilendo un corretto rapporto tra vissuto e scrittura; sviluppare le capacità cognitive sottese alla pianificazione di un testo complesso, addestrando a scrivere appunti, schemi, riassunti e relazioni (Colombo, 1993). I due filoni da porre al centro della didattica del biennio sono dunque la scrittura creativa e la scrittura funzionale. Una scansione ottimale del curricolo di scrittura nel biennio articolerà

quindi il percorso complessivo dagli scritti espressivi al testo argomentativo in due curricoli paralleli, uno di scrittura creativa e uno di scrittura funzionale, riunificati dal curricolo di lettura. Il modo più semplice per organizzarlo, infatti, è che le attività di scrittura costituiscano sempre il doppio esito abituale delle letture proposte: l’uno sul versante espositivo-argomentativo, l’altro su quello creativo.

Un curricolo di scrittura ispirato a questi criteri funziona alle seguenti condizioni: - fare scrivere spesso, anche testi brevi o solo paragrafi; - correggere e far riscrivere in tempi brevi; - non valutare sempre e comunque; - gratificare gli studenti facendo conoscere e circolare gli scritti prodotti

attraverso semplici strumenti, come la lettura in classe ad alta voce o la riproduzione in fascicoli e dispense.

3.2. La scrittura funzionale

La scrittura funzionale comprende quei testi in cui «si cerca di trasferire al lettore una somma strettamente concatenata di informazioni specifiche di tempo, di luogo e d’altri elementi misurabili o calcolabili» (Masoni, 1990).

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Si tratta di testi variamente praticati sia all’interno che all’esterno della scuola, che possono suscitare l’interesse degli alunni anche per questa spendibilità in diversi ambiti. Attraverso scalette, mappe, appunti, riassunti, relazioni si propone allo studente un’attività del comporre fondata sull’organizzazione delle idee e sulla pianificazione del testo e finalizzata all'apprendimento.

Nell’ambito della scrittura funzionale si intrecciano continuamente attività di comprensione di testi orali e scritti e di rielaborazione delle informazioni; si impara a riflettere sul processo di scrittura prima che sul prodotto; ci si rende conto che esistono tecniche da imparare e da mettere in pratica per garantire l'efficacia del messaggio.

Serafini (1985) distingue nel curricolo di scrittura il blocco degli scritti informativo-referenziali, in cui chi scrive presenta dati e fatti e cura la correttezza dell’informazione, e quello degli scritti informativo-argomentativi, in cui lo scrivente difende una tesi, cercando di renderla condivisibile.

Le abilità di base che Serafini ritiene attivate sono: - saper sequenzializzare, ossia presentare oggetti o eventi rispettandone

l’ordine spaziale e temporale; - saper sintetizzare, ossia istituire una gerarchia in ordine di importanza e

ridurre il numero delle informazioni a disposizione; - saper spiegare, ossia presentare con chiarezza dati anche complessi; - sapersi documentare, ossia saper trovare l’informazione necessaria da altri

testi. Va inoltre considerato il livello di competenza comunicativa che si richiede

nei diversi testi funzionali: il controllo linguistico, infatti, cambia in rapporto alla variabilità di due fattori, il contesto e il destinatario. Nella scuola la variabile «contesto» non sembra molto significativa, a meno che non si trovino strategie efficaci per ovviare all’artificiosità della situazione comunicativa, ma si possono fare varie considerazioni quanto al destinatario.

Se l’emittente scrive per se stesso appunti, scalette, mappe, il controllo linguistico è minimo e il limite di comprensibilità è dato dalla sua capacità di ricostruire il testo di origine; se il destinatario è un pubblico definito (insegnante, classe), di cui sono note le attese, o un pubblico indefinito, su cui mancano informazioni, la comunicazione dovrà essere garantita da un controllo sempre più elevato.

Il livello della competenza comunicativa merita una precisa attenzione: sarà opportuno che ci siano esercizi specifici che curino la messa a punto di queste abilità; passare dal testo per sé al testo per gli altri sarà utile per i ragazzi nella misura in cui essi acquisteranno consapevolezza dei processi e delle tecniche che hanno attivato.

Lo stesso obiettivo di consapevolezza vale anche per quelle «quattro necessità principali» che Masoni (1990) individua per i testi di ambito professionale e che sono proprie della prosa funzionale: la consequenzialità, per «presentare coerentemente e linearmente le parti tecnico-logiche dell’argomento»; l’informatività, cioè il presentare i dati del problema «in

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maniera circostanziata ed esauriente»; l’economicità, «donde la tipica brevità del documento ben redatto»; l’operatività, cioè 1’orientamento a «produrre degli effetti pratici piuttosto immediati in chi legge».

Con il termine operatività si mette in luce da un lato il principio generale della comunicazione per cui ogni messaggio mira a ottenere degli effetti sul destinatario, dall’altro, in campo più strettamente testuale, il fatto che dal testo informativo-referenziale si può passare facilmente a quello informativo-argomentativo. Sono livelli di complessità crescente, che consentono di ritornare più volte sugli stessi tipi di testo, approfondendone e arricchendone le caratteristiche.

3.2.1. Il curricolo di scrittura funzionale nel biennio

Nell’arco del biennio la scrittura funzionale cerca di sviluppare le capacità cognitive che stanno alla base della produzione di un testo, focalizzando l’attenzione non solo sul prodotto, ma anche sui processi a esso sottesi.

I prodotti possibili sono ampiamente noti – scalette, mappe, riassunti, relazioni, recensioni, parafrasi, sino ai testi argomentativi – quello su cui si vuole insistere è il fatto che questi testi, tradizionali nella scuola, siano insegnati e che i ragazzi si rendano conto del come oltre che del cosa producono.

In questa ottica risultano di indispensabile supporto alle varie attività di scrittura alcuni argomenti di riflessione sulla lingua: dal chiarire cosa sia un paragrafo e cosa un testo, ai principi di progettazione dello scritto.

Lo studente deve arrivare alla redazione del testo dopo aver compiuto una serie di operazioni e di scelte volte a definire quale sia 1’argomento, quale il tipo di testo richiesto, quale lo scopo, quale la struttura che si intende dare a quel testo. Così, ad esempio, la quantità e la qualità degli appunti varierà a seconda dello scopo, del destinatario e anche della disposizione con cui ci si accinge al lavoro: passivo registratore o attento rielaboratore della materia?

Allo stesso modo, si può riassumere senza una vera comprensione un testo, cancellandone parti e riscrivendo le parti non cancellate, oppure si può manipolarlo più o meno profondamente, riformulandolo linguisticamente e ripianificando il contenuto attraverso una precisa attività di progettazione.

Se si considera quanto sia importante la motivazione per 1’apprendimento, non si potrà non cogliere la connessione tra la scrittura che potremmo definire scrittura per apprendere e l’apprendimento. Poiché la motivazione è tanto più alta quanto più 1’alunno può attribuire il buon esito della prestazione alle proprie abilità, bisogna che lo studente possa ricorrere alle strategie più opportune per ottenere il risultato migliore.

Se nella lettura la motivazione all’apprendimento, l’interesse, è chiaramente in connessione con le tematiche affrontate, nell’ambito della scrittura pare piuttosto legarsi alla consapevolezza di saper progettare e gestire la propria attività. «Il problema sembra essere non tanto quello di trovare un’attività di

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scrittura interessante, quanto piuttosto quello di saldare la scrittura alle altre attività scolastiche, alla lettura, all'ascolto, allo studio» (Boscolo, 1991).

Dunque la scrittura funzionale si propone come strumento di rielaborazione di testi dati (ad esempio mappe, scalette, appunti ecc.), e quindi come possibile strategia di apprendimento, ma anche come mezzo per l’elaborazione delle proprie idee, supportate da precisi riferimenti (esempio relazione, testo argomentativo ecc.).

Per illustrare questa duplice possibilità di utilizzazione della scrittura funzionale, si esamineranno due tipi testuali: le mappe, che sono uno strumento utile, ma poco conosciuto e praticato, e la relazione che è testo particolarmente aperto e ricco di possibilità.

Il lavoro sulle mappe può essere avviato sin dai primi momenti, mentre alla relazione ci si potrà accingere solo dopo aver acquisito alcune necessarie competenze.

3.2.2. Le mappe

La costruzione di mappe cognitive e concettuali è un modo per far emergere i significati di quanto si sa e di quanto si viene apprendendo ed è strumento meta-cognitivo utile allo studente per riflettere sulla struttura della conoscenza in base a un modello non più sequenziale, ma a rete. Rispetto ai diagrammi di flusso o a schemi simili, le mappe permettono legami trasversali tra i concetti e consentono, a un certo livello, anche l’inserimento di elementi connessi all’affettività e al vissuto, oltre che alla logica e alla conoscenza. Il lavoro si sviluppa su due linee, mappe cognitive e mappe concettuali, e l'attività di scrittura è del tutto funzionale a un più vasto ambito di conoscenza.

Mappe cognitive. Le mappe cognitive perseguono fondamentalmente 1’obiettivo di individuare i concetti che sono nella mente dei ragazzi perché siano confrontati con quelli che esistono fuori di loro: nelle lezioni degli insegnanti, nei testi, nella realtà. Scrive Ausubel (1968): «Se dovessi ridurre tutta la psicologia dell’educazione a un solo principio, sceglierei questo: il fattore che da solo influenza maggiormente l’apprendimento è ciò che l’alunno sa già. Accertatevi di questo e insegnate di conseguenza».

La giustificazione teorica di questa proposta è che si conosce collegando il nuovo con il noto, dunque le mappe cognitive consentono di esplorare ciò che 1’alunno sa già, i suoi schemi mentali. È noto che ogni individuo, sin dalla nascita, inizia un processo spontaneo di costruzione della propria conoscenza, in continua interazione con l’ambiente naturale e sociale, per dare un senso alle cose che accadono. L’intervento della scuola mira a integrare la conoscenza che si è sviluppata nel corso dei secoli agli schemi personali.

La mappa cognitiva consente all’insegnante il confronto con gli allievi su parti di conoscenza, per arrivare a significati concordati e condivisi, pur nella consapevolezza della individualità degli apprendimenti. Operativamente, si

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tratta di partire da un termine, che in un determinato momento ci interessa a livello di contenuti o di strategie, e di invitare i ragazzi a collocarvi intorno tutti quegli elementi (conoscenze, emozioni, impressioni, sentito dire) che a loro sono noti, oppure di selezionare alcuni concetti chiave per la comprensione di un argomento e richiedere l'aggiunta di altri concetti connessi e pertinenti.

Il lavoro può essere svolto individualmente o a piccoli gruppi: si ricaveranno diverse mappe che riflettono i pre-concetti, cioè le conoscenze precedenti dalle quali occorre partire per introdurre il nuovo.

L’obiettivo che si persegue è quello della condivisione dei significati. Attraverso la discussione e il confronto saranno individuate, ridefinite e integrate le reti concettuali dei singoli e saranno chiariti e resi comuni i significati. Non meno importante è l’obiettivo della motivazione al nuovo promosso dalla ricerca sul noto.

Mappe concettuali. L’obiettivo fondamentale che si persegue nella costruzione di mappe concettuali è il ricavare concetti da materiali scritti e orali, identificando le reciproche relazioni. Si tratta quindi di scrivere, in fase di rielaborazione, scegliendo diversi ordini di organizzazione, a partire da quello che è identificato come nucleo centrale del discorso.

Novak e Gowin (1989) propongono percorsi didattici differenziati, a seconda dei livelli di scuola, tutti caratterizzati dalla definizione delle parole-legame che collegano direttamente o trasversalmente i concetti. Attraverso le connessioni indicate tra i concetti, si manifestano sia 1’organizzazione cognitiva che la qualità dello studio. Un apprendimento scolastico privo di personale assimilazione e rielaborazione dei contenuti produrrà una mappa lineare che segue la scansione proposta dal testo studiato. Uno studio serio e approfondito consentirà di costruire una mappa che dia una prospettiva globale dell’argomento e visualizzi tutte le possibili connessioni tra i concetti.

Se il lavoro viene svolto in classe a piccoli gruppi, attraverso l’analisi delle diverse soluzioni ciascuno si approprierà della tecnica e potrà utilizzarla in diversi contesti. Frasca (1990) considera le mappe «mezzo ideale per la fase di riformulazione non verbale nello studio e per il ripasso attivo», strumento per cui «la lettura-studio può diventare fase attiva invece che passiva ricezione».

L’elaborazione di una mappa preliminare da parte dell’insegnante può risultare una sorta di «guida di viaggio» in un corso, in un testo, in un’esperienza, per evitare errori di interpretazione o per cogliere al meglio la complessità e le interrelazioni di quanto sarà proposto (Novak e Gowin, 1989).

In ogni caso, imparare a costruire mappe significa possedere uno strumento valido per l’organizzazione delle proprie conoscenze e per acquisire consapevolezza di come queste conoscenze si dispongono nella nostra mente.

«Non appena avevo assimilato una cosa, questa stabiliva nessi e alleanze con le altre cose, e poi continuava a crescere, creando la propria atmosfera e reclamando nuovi elementi [ ... ] tutte le cose assumevano una certa forma, non limitandosi mai a sommarsi le une alle altre». Così Elias Canetti (1980, p. 223), in contesti diversi, individuava quel percorso della mente che le mappe

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dovrebbero visualizzare, coniugando le attività di scrittura con quelle di comprensione dei testi e di studio e proponendosi come strategia per il buon esito delle prestazioni.

3.2.3. La relazione

La relazione risulta variamente definita dai testi scolastici. A partire da una premessa comune, secondo la quale relazionare è informare su un evento vissuto o su un sapere appreso, esistono vari tipi di relazione a seconda dei livelli di pianificazione e di generalizzazione richiesti.

La bassa pianificazione è propria dei testi che si prefiggono semplicemente di registrare quanto sta accadendo o di riferire quanto è accaduto. Essi tendono a narrare gli eventi, basandosi essenzialmente sul tempo, perciò la pianificazione testuale è limitata (esempio classico è il verbale).

Il secondo livello è quello in cui si chiede non solo di riferire le fasi di un’esperienza, ma anche di classificarla e di esporre conclusioni di carattere generale. Questi testi non basati sul tempo si fondano su una pianificazione preliminare per organizzare le informazioni. Si pensi all’elaborazione di una scheda di lettura: occorre ordinare i dati secondo una classificazione per argomenti e anche arrivare a qualche conclusione personale.

Nei testi ad alta generalizzazione sono previste anzitutto attività, di tipo cognitivo, volte alla rielaborazione sia di esperienze sia di testi: argomento dello scritto non sono i fatti o i dati, ma la loro interpretazione. Allo studente si chiede di organizzare in un quadro organico le sue conoscenze, cogliendo e segnalando i rapporti tra le informazioni, per produrre un testo espositivo. Si tratta di un'attività complessa che deve essere sostenuta da una serie precisa di prerequisiti. Bertocchi (1989) individua i seguenti: - capacità di cogliere i rapporti di causa/effetto, di confrontare, di classificare,

di fare ipotesi; - capacità di segnalare, con connettivi, paragrafazione, ordine delle

informazioni, questi rapporti; - capacità di costruire il paragrafo come unità grafica e di significato; - capacità di usare adeguatamente gli indicatori linguistici che segnalano

1'atteggiamento di chi scrive (certezza, probabilità, possibilità, ecc.); - capacità di usare un lessico adeguato.

In questo ambito rientra la relazione di ricerca. Si intende per ricerca un «particolare tipo di attività di apprendimento che consiste nella scelta, pianificazione e organizzazione di informazioni» (Bottiroli e Corno, 1988). Il reperimento di materiali è più ampio, rispetto ai casi prima considerati, e l'organizzazione del lavoro diventa essenziale.

Accanto alle capacità cognitive generali – lettura, comprensione, selezione, rielaborazione – e a quelle linguistico-comunicative di cui si è detto, hanno a che fare con la relazione di ricerca le capacità cognitive connesse alla lingua, cioè la capacità di pianificare un testo.

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Il modello processuale di scrittura, che individua gli stadi successivi dell’attività, viene qui applicato nella sua globalità. Ogni momento assume particolare significato: dall’orientamento, in cui si inquadra il compito; alla raccolta della documentazione, che è sempre elemento rilevante nella produzione di testi espositivi; alla pianificazione del testo, fase centrale che consente di delineare lo schema di ciò che si produrrà; alla stesura, momento in cui i prerequisiti, cui si è fatto riferimento, dovrebbero garantire una competenza differenziata sul piano della formulazione linguistica; alla revisione, fase di controllo di contenuto e forma, per verificare la coerenza e 1’adeguatezza del prodotto. Così strutturata, la relazione può essere punto d’arrivo di diverse esperienze curricolari con obiettivi trasversali di ampio raggio e con possibili ambiti multidisciplinari.

Se l’insegnante sfrutta in pieno le potenzialità di questa forma di scrittura, può far acquisire ai ragazzi consapevolezza del processo e competenza del prodotto; può anche, attraverso ricerche svolte in gruppo, favorire l’ambito relazionale e quei livelli di conoscenza che meglio emergono nel confronto. Nel gruppo si mettono a fuoco idee e problemi, si ascolta e si parla, si legge per poi proporre la propria interpretazione misurandosi con gli altri, si scrive individualmente e collettivamente scegliendo insieme la struttura logica e l’impianto formale del testo.

Dunque, attraverso un’attività di questo genere si promuovono tutte le abilità (ascoltare, parlare, leggere, scrivere): l’adozione di una didattica partecipativa e 1’abitudine al lavoro di gruppo hanno esiti formativi rilevanti. L’allievo acquista sicurezza, perché il gestire la parola è un mezzo per sviluppare la propria identità e la relazione con gli altri, acquista anche motivazione perché le strategie per un buon prodotto sono ricercate insieme. Davvero la scrittura si salda «alle altre attività scolastiche, alla lettura, all'ascolto, allo studio... » (Boscolo, 1991).

3.3. La scrittura creativa

Il termine «scrittura creativa» indica attualmente fenomeni in parte simili in parte diversi. In senso stretto, creative writing designa i corsi, finalizzati all’apprendimento delle tecniche per produrre testi letterari, tenuti da scrittori ad aspiranti scrittori. Corsi di scrittura creativa, in questa accezione tecnica, sono attivi da tempo nelle università americane, ma si stanno diffondendo ultimamente anche in Europa; si pensi ad esempio al fiorire di corsi di scrittura creativa in Francia, o a quelli tenuti in Italia da Giuseppe Pontiggia e Dacia Maraini.

In senso più ampio, la stessa locuzione designa indifferentemente un processo o un prodotto. In riferimento al processo, con scrittura creativa si intende un’attività ludica, finalizzata al potenziamento di fluidità, flessibilità e originalità verbale, attivata da giochi-stimolo e condotta con metodi e finalità squisitamente psicopedagogici (Mazzotta, 1990). In riferimento invece al

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prodotto, lo stesso termine designa correntemente un complesso di scritti, di diversa natura e diverso genere testuale, contraddistinti da originalità e soluzioni inconsuete sul piano tematico, stilistico e compositivo.

Nessuna delle tre accezioni illustrate del termine è chiaramente esclusa quando si parla di scrittura creativa a scuola, ma il senso largamente prevalente è l’ultimo. Questa etichetta al momento è riferita ad attività didattiche quanto mai eterogenee: giochi e attività-stimolo desunti dalle ricerche condotte, negli anni sessanta e settanta, dagli studi sulla creatività; antiche tecniche letterarie; giochi linguistici di origine enigmistica; proposte e regole di scrittori accomunati da una medesima concezione della letteratura come artificio, come ad esempio i surrealisti o l’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle); riutilizzazioni in senso creativo delle categorie elaborate dall'analisi testuale semiotico-strutturale.

Questa sovrabbondanza è, per un verso, un’enorme risorsa per chi intenda proporre attività di scrittura creativa a scuola, ma rischia, per altro verso, di risultare d’impaccio alla programmazione, non essendo affatto chiaro, al momento, come organizzare un insieme così disaggregato ed eterogeneo in una prospettiva curricolare. Gli interventi che sono andati moltiplicandosi negli ultimi anni sull’argomento hanno, infatti, posto le indispensabili premesse per una pratica della scrittura creativa a scuola, facendo chiarezza sul perché farla, su come farla, e sui criteri cui uniformarsi, ma non hanno ancora fornito risposta a tutte le questioni.

Per riassumere sinteticamente: dopo che gli studi sulla creatività hanno individuato due fondamentali modalità del pensiero, il pensiero convergente, che opera con schemi noti, e il pensiero divergente, che perviene in modo insolito a soluzioni originali, è un dato ormai acquisito che 1a creatività è una facoltà propria di tutti gli individui e che va educata come le altre. Alla scuola, che ha tradizionalmente privilegiato 1’educazione del pensiero convergente, spetta quindi ora anche il compito di educare alla creatività. E la scrittura è un campo storicamente privilegiato di esercizio della medesima.

Ugualmente condiviso è il convincimento che si debba a tutti i costi salvaguardare, a scuola, la dimensione ludica dell’esperienza. Un atteggiamento giocoso nei confronti del linguaggio e delle idee è, infatti, connaturato al pensiero divergente ed è la condizione per inventare. Si può, quindi, fare scrittura creativa a scuola solo a patto di farla in condizioni di produzione/fruizione diverse da quelle tradizionali e di restituirle funzione comunicativa. Questo significa in primo luogo che si dovrà promuovere la circolazione più ampia possibile dei testi prodotti, ad esempio attraverso un giornalino di classe. E in secondo luogo che si dovrà garantire agli studenti la possibilità di collaborare tra loro e di ritornare sul testo in tutte le fasi della produzione: ideazione, pianificazione, stesura, revisione. Il che vuol dire, in termini operativi, lavoro di gruppo e laboratorio di scrittura.

Quanto ai criteri che devono presiedere all’attività, anche su questi l’accordo è ormai generalizzato. Essi devono essere: imitazione programmatica e consapevole, perché a scrivere si impara imitando; e regole anche molto

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restrittive, perché «quando lo scrittore dice che ha lavorato senza pensare alle regole» insegna Eco (1990) «vuol solo dire che lavorava senza sapere di conoscere la regola». Occorre, infatti, «crearsi delle costrizioni, per poter inventare liberamente».

Manca ancora, invece, un orientamento unitario sul ruolo da assegnare alla scrittura creativa nel curricolo e sulla tipologia di scritti creativi più funzionale a un'utilizzazione didattica. La possibilità di inserire nel curricolo di scrittura gli scritti creativi è stata avanzata da Serafini fin dal 1985. Nel suo modello, però, il percorso obbligato va dagli scritti espressivi al testo argomentativo passando per gli scritti informativo-referenziali, mentre gli scritti creativi, pur vivamente raccomandati, restano in certa misura opzionali (Serafini, 1985). Sempre più spesso, da allora, si è da più parti sottolineata la grande capacità di presa della scrittura creativa sugli studenti, soprattutto in certe fasce d’età, e la sua efficacia nel far superare il blocco della pagina bianca e scoprire il piacere della scrittura. Ma se ricorrervi, e quanto, resta una scelta del singolo insegnante.

Solo recentemente un breve ma chiarificatore articolo di Adriano Colombo ha riconosciuto alla scrittura creativa la stessa importanza formativa della scrittura funzionale, indicandola come uno dei due filoni su cui va costruito il curricolo di scrittura del biennio (Colombo, 1993); con questa indicazione, come abbiamo già avuto modo di dire illustrando i criteri che devono sovrintendere al curricolo, siamo pienamente d’accordo. Utilizzare abitualmente la lettura come stimolo alla produzione sia di testi creativi che funzionali consente, infatti, di educare al contempo alla creatività e alla razionalità.

3.3.1. Una proposta di tipologia degli scritti creativi

In questa prospettiva diventa ineludibile la questione iniziale: come ordinare secondo parametri di progressione e gradualità l’enorme massa di spunti, suggerimenti, tecniche e attività attualmente in circolazione?

Quasi tutti coloro che si sono occupati di scrittura creativa per le superiori, sia in L1 che in L2, hanno proposto tipologie, non fosse altro che per necessità di esposizione; alcune riferite al prodotto, e quindi improntate a una logica di genere, altre riferite ai procedimenti. Tra le tipologie dei procedimenti, le più interessanti a nostro parere sono quelle avanzate da Serafini (1985), Della Casa (1985), Barbero (1989), Costanzo (1989). Serafini distingue due tipi di testi creativi, quelli liberi e quelli vincolati a un modello, che può essere di contenuto, di organizzazione testuale o di stile. Della Casa preferisce parlare di testi prodotti per imitazione o per manipolazione di altri testi e di testi prodotti per invenzione. Barbero, che si muove in un’ipotesi di lettura manipolativa, classifica gli esercizi in funzione del tipo di attività proposta sul testo di partenza e li distingue in tre gruppi: reperimento/reimpiego degli elementi formali di un testo, reperimento/reimpiego delle componenti di un genere,

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trasposizione di uno stesso contenuto da un genere all’altro. Costanzo, infine, utilizza la suddivisione proposta da Duchesne e Leguay (1987) e classifica le tecniche utilizzabili in quattro gruppi: tecniche che riguardano l’aspetto materiale del testo, tecniche di composizione combinatoria di testi, tecniche di trasformazione di testi, e tecniche di completamento di testi.

Come si può notare, molti procedimenti compaiono in quasi tutte le tipologie, ma nessuna di quelle proposte riesce a comprenderli tutti ed è difficile integrarli a causa delle diverse categorie utilizzate. Non è sempre chiara, inoltre, la progressione di difficoltà nelle attività e quindi in quale ordine tecniche e procedimenti vadano proposti. Non risulta immediatamente evidente, infine, come si raccordi il lavoro condotto in scrittura creativa al resto delle attività di scrittura.

L’esperienza di un lavoro sistematico di scrittura creativa con le classi, sviluppato nell'arco dell’intero biennio, ci ha indotto ad adottare la tipologia che illustriamo. Si tratta sempre di una tipologia dei procedimenti, ma le tecniche sono raggruppate secondo le abilità che ciascuna mette prevalentemente in gioco nel processo di scrittura, e che 1’attività si propone di potenziare. Ci spieghiamo meglio. Ci sono due tipi di «materia prima» per ogni genere di scrittura, le idee e le parole, e c’è poi la necessaria competenza dei meccanismi della testualità che è indispensabile possedere. Ci è sembrato perciò preferibile, dal punto di vista didattico, scegliere come riferimento le tre fasi fondamentali di ogni processo di scrittura (inventio, dispositio, elocutio), dividendo le tecniche in tre gruppi, a seconda che forniscano stimoli all'immaginazione, alla composizione o alla creatività verbale.

Più che a preoccupazioni teoriche, questa scelta risponde all’esigenza di rendere maggiormente spendibile in classe ciò che è già in circolazione. Ha poi il non piccolo vantaggio di essere raccordabile con il lavoro condotto negli altri filoni di scrittura, fondato anch’esso sul livello cognitivo, testuale e linguistico dei testi. L’ordine delle fasi va, però, invertito rispetto a quello della retorica classica. Le attività e le tecniche utilizzabili per stimolare alla creatività verbale e all’immaginazione sono più ludiche e meno dipendenti dall’analisi testuale di quelle per stimolare alla composizione, tanto è vero che sono utilizzate con successo anche nella scuola dell’obbligo. Una progressione graduale dal semplice al complesso che metta in gioco una competenza testuale via via maggiore è quindi, a nostro parere, la seguente: stimoli alla creatività verbale, stimoli all’immaginazione, stimoli alla composizione.

● Stimoli alla creatività verbale. Sono prevalentemente costituiti dai giochi di parole e occupano un territorio che si estende dall’enigmistica alla poesia. Facendo smontare, manipolare e combinare le parole, consentono di esplorare disinteressatamente le potenzialità creative di questa materia prima. Le parole, infatti, sono un segno doppiamente bipartito. Il significante si presenta come fonè e come grafè, il significato come denotazione e come connotazione. La materialità delle parole quindi è doppia; quella sonora situa le parole nella dimensione del tempo e le apparenta alla musica, quella grafica le colloca nello

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spazio e le rende affini al disegno e alla pittura. Doppio, o plurimo, però è anche il senso. Questa complessità delle parole è, in termini di scrittura creativa, una grandissima risorsa. I giochi di parole si fondano, infatti, tutti su questa quadruplice natura. Si possono pertanto distinguere i giochi in grafici, fonici, e di senso, a seconda dell’elemento su cui principalmente insistono.

a) Giochi grafici. Appartengono a questa categoria, giochi di origine popolare come Bifronti, Palindromi, Sciarade, Apostrofo, Scarto, Zeppa, Cambio, Metagramma e giochi di nobile origine letteraria come l’Acrostico, in tutte le sue varianti, e 1’Anagramma, il cui parente povero è il Logogrifo. Una definizione esauriente di ognuno e un’esemplificazione adeguata dilaterebbero oltremisura questo scritto; ci si limiterà quindi a segnalare il meccanismo con cui ciascun gioco opera e le fonti da cui ricavare maggiori informazioni ed esempi.

Bifronti, Palindromi, Sciarade e Apostrofo sfruttano tutti la possibilità di scoprire nuovi sensi alterando le convenzioni di lettura. I primi due si fondano sulla lettura a rovescio di una parola, gli ultimi due sulla scomposizione. Sono Bifronti le parole che lette a ritroso danno come esito una parola diversa, come asso/ossa, Palindromi invece quelle che restituiscono la stessa parola, come onorarono/onorarono o esse/esse. Per spunti, esempi e suggerimenti di travolgente divertimento si può vedere Bartezzaghi (1992). La Sciarada e 1’Apostrofo ricavano invece due parole da una parola di partenza tagliandola in due o inserendo un apostrofo (Zamponi, 1986).

Scarto, Zeppa e Cambio trasformano una parola in un’altra modificandone una lettera o una sillaba, a seconda della regola data. Si ha Scarto se si toglie la lettera, Zeppa se si inserisce, Cambio se si sostituisce (Zamponi, 1986). Quando con un numero prefissato di cambi si passa da una parola a un’altra, abbiamo un Metagramma (Dossena, 1988). Questi giochi di trasformazione possono costituire lo spunto iniziale per brevi e facili poesie.

Ugualmente utilizzabile per comporre poesie è l’Acrostico, molto praticato in certe epoche dalla letteratura alta. Consiste nello scrivere verticalmente un nome e nel fare di ciascuna lettera l’iniziale obbligata di un verso. Anche l’Anagramma utilizza tutte le lettere di un nome o di una frase di partenza, ma per comporre con esse altre parole o un'altra frase. Legando assieme diversi anagrammi della stessa locuzione iniziale si possono produrre vari tipi di testo (Eco, 1992). Una variante più semplice dell’Anagramma è il Logogrifo, perché non c’è l’obbligo di riutilizzare tutte le lettere della parola originaria ma solo alcune (Zamponi, 1986).

Uno spostamento progressivo della parola verso la grafica o il disegno è la chiave di altri giochi. Ricorderemo soltanto Palla di neve, che consiste nello scrivere verticalmente un testo le cui righe prima aumentino e poi diminuiscano di una lettera, e il Calligramma, di tutt’altra importanza poetico-visiva. Fu, infatti, reinventato da Apollinaire, ma ne esistono esempi fin dall’antichità. Sono da tener presenti, inoltre, le sperimentazioni grafiche e tipografiche delle avanguardie storiche.

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b) Giochi fonici. Anche a questa categoria appartengono numerosissimi giochi, ma ci limiteremo a indicarne solo alcuni, a titolo esemplificativo, per non appesantire troppo l’esposizione. La tipologia che presentiamo, infatti, si caratterizza soprattutto per essere uno schema aperto, una sorta di rubrica suscettibile di aggiunte e integrazioni.

I giochi fondati sul suono che riscuotono più successo tra gli studenti sono quelli basati sull’omofonia, come il Monovocalismo e il Tautogramma. Si può cominciare con la caccia alle parole monovocaliche da cucire poi assieme in un raccontino (Dossena, 1988), per arrivare a scrivere testi interamente monovocalici in prosa o in poesia (Eco, 1992; Bufala Cosmica, 1992). Un testo le cui parole inizino tutte con la stessa lettera si chiama Tautogramma. Anche il Tautogramma può essere in prosa o in poesia e può essere semplice o in combinazione con altre regole, come nel caso dell’Acrostico tautogrammatico.

Mentre i due giochi precedenti impongono obbligatoriamente una lettera, il Lipogramma la esclude. Anche del Lipogramma esistono infinite varianti: può essere, infatti, prodotto per invenzione o per trascrizione lipogrammatica di un altro testo, e può essere scritto in prosa o in poesia.

Rientrano infine in questa categoria i giochi incentrati sulla manipolazione delle figure di suono del linguaggio poetico, come Allitterazioni, Onomatopee, Giochi in rima, Slogan, Limerick, Filastrocche (Zamponi, 1986). Sono consigliabili per farsi l’orecchio al1a sonorità specifica del linguaggio poetico e sono propedeutici alla composizione di poesie.

c) Giochi semantici. L’esplorazione della complessità semantica delle parole può essere condotta in almeno tre direzioni: l'invenzione linguistica, i meccanismi del comico, la produzione di immagini. Alla prima appartengono giochi come Parole inventate, Falsi alterati, False definizioni, False etimologie (Dossena, 1988; Bartezzaghi, 1992); alla seconda, giochi fondati su doppi sensi e bisticci di parole; alla terza infine descrizioni di un oggetto a partire da un altro, come ad esempio Uno nell’altro (Zamponi, 1986), e tutti i giochi finalizzati alla produzione di metafore e figure di significato.

● Stimoli all’immaginazione. Il primo spunto all’invenzione, quello che Patricia Highsmith chiama il «germe» di un’idea, può essere tratto da un testo o dalla realtà. E assume in genere, nella mente dello scrittore, la forma di un’immagine (Calvino, 1988) o di un'idea (Eco, 1990). Abbiamo quindi previsto due tipi principali di stimoli all’immaginazione, iconici e verbali. L’immagine da cui si può prender spunto, però, può essere sia reale che mentale.

a) Provenienti da un’immagine reale. Tra i giochi-stimolo di derivazione psico-pedagogica ne esiste uno chiamato Vignette, che consiste nel distribuire agli alunni un certo numero di vignette numerate e nel farli rispondere a domande a esse variamente associate. L’attività si può fare in molte varianti

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rispondenti a diverse finalità (Mazzotta, 1990). Questo gioco, che può utilizzare una o molte immagini, e può essere fatto individualmente o in gruppo, è un buon modello delle possibili utilizzazioni delle immagini per stimolare l’invenzione, soprattutto se non si fa ricorso solo alle vignette, che canalizzano maggiormente l’interpretazione, ma a tutti i tipi possibili di immagini: fotografie, pubblicità, riproduzioni di quadri, carte, ecc.

Le immagini possono essere utilizzate in molti modi. Ne forniremo alcuni esempi. Un’immagine circola nel gruppo, ciascuno scrive una breve storia ispirata a essa. Oppure, circolano più immagini nel gruppo, ciascuno deve inserirle nel racconto secondo l’ordine di presentazione. Oppure, ciascuno sceglie un certo numero di immagini, disponendole in un ordine significativo rispetto al tema che le lega, poi scrive un testo di illustrazione delle immagini scelte. Oppure, scelte delle immagini, ognuno le mischia e le mette sul tavolo coperte scoprendole poi, a una a una, come in un solitario: l’ordine in cui appariranno sarà quello dell’intreccio. E via variando (Roche, Guiguet e Voltz, 1989).

Non bisogna trascurare però un uso più semplice, ma ugualmente importante, delle immagini: possono servire per avere davanti agli occhi, scrivendo, luoghi, personaggi, situazioni, stagioni, o epoche connesse al racconto. Sarà pertanto opportuno disporre sia di un archivio di classe di immagini stimolo cui far ricorso che di una dotazione individuale.

b) Provenienti da un’immagine mentale. Oltre che da immagini reali si può prender spunto da immagini mentali. Un metodo interessante per lavorare sulle immagini mentali è stato illustrato da Santoro, Garau, Dell'Ascenza in uno dei laboratori pomeridiani tenuti a Montecatini in occasione del convegno nazionale LEND sull'autonomia del discente, precisamente quello intitolato «L'inconscio nell’apprendimento linguistico».

Sono state presentate sia attività di visualizzazione del «non detto» di un testo, sia attività di verbalizzazione di un’immagine mentale. Le prime consistono nello sviluppare dettagliate immagini mentali di luoghi, personaggi, o situazioni, di cui un testo scritto proposto come stimolo non dia descrizione. Le seconde partono invece direttamente dalla consegna di chiudere gli occhi e rappresentarsi mentalmente un oggetto o una situazione data. Ogni alunno comunicherà poi ai compagni la sua immagine mentale con la maggior ricchezza di particolari possibile e sforzandosi di descriverla utilizzando tutti e cinque i sensi. Entrambe le attività possono diventare espedienti abituali per potenziare l’immaginazione nella fase di pre-scrittura.

c) Stimoli verbali. Le tecniche per stimolare con parole l’invenzione di un testo, orale o scritto, hanno nomi diversi (Mazzotta, 1990), ma hanno tutte un inconfondibile sapore rodariano. Si tratta, infatti, o di assecondare le associazioni di suono, di senso, di ricordi personali, che una parola-stimolo può provocare, oppure di fornire come stimolo due o tre parole accostate in modo arbitrario o, addirittura, a sorte (Rodari, 1981). Di queste due tecniche, che

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Rodari (1973) chiamava «tema fantastico» e «binomio fantastico», si possono produrre versioni adeguate alla maggiore competenza testuale degli alunni di un biennio utilizzando come stimolo motivi narrativi, o convenzioni di genere, o liste di personaggi, luoghi e azioni da far liberamente associare.

● Stimoli alla composizione. Molte delle tecniche comprese in questa categoria stimolano, in realtà, non solo alla composizione, ma anche all’immaginazione. Non ci è sembrato però necessario fare distinzioni perché, nei casi in cui accade, si tratta comunque di un’immaginazione esplicata per così dire a ridosso dei meccanismi compositivi, o da essi direttamente attivata. Anche questa attività, come tutte quelle qui raggruppate, presuppone quindi competenze testuali superiori a quelle delle tecniche precedenti.

Dal momento che solo 1’esperienza dei testi produce le capacità testuali necessarie a comporre, abbiamo elencato prima di tutto gli stimoli alla composizione ricavabili da testi scritti e solo alla fine, per completezza, quelli ricavabili da testi non scritti. Questi ultimi, infatti, vanno usati in una fase avanzata dell'esperienza in quanto sono gli stimoli più complessi e sofisticati.

Si possono fornire stimoli da un testo scritto in tre modi diversi: da un testo intero, da un testo opportunamente manipolato, dalle strutture testuali sottese al testo. Abbiamo pertanto suddiviso in questi tre punti il primo tipo di stimoli alla composizione. L’ordine in cui le attività sono disposte è un ordine di difficoltà progressivo, il percorso va, infatti, dalla manipolazione, al completamento, all’imitazione, all’invenzione, attuando una presa di distanza via via maggiore dai testi-modello e coinvolgendo, in ogni tappa, tutti i livelli del testo: contenuti, organizzazione testuale, lingua e stile.

a) Da un testo scritto intero. Appartengono a questa categoria esercizi Oulipo che potrebbero ancora essere considerati giochi – come Letteratura definizionale, S + 7, Omosintassismo, Testo antonimico o rivoltato – e le prime forme di reimpiego delle strutture testuali evidenziate dall’analisi letteraria. Letteratura definizionale si gioca sostituendo a ogni sostantivo di un breve testo di partenza la definizione che ne dà il vocabolario. S + 7, la cui sigla vuol dire sostantivo + sette, ne è una variante più complicata. I sostantivi del testo di partenza devono, infatti, essere sostituiti non con la loro definizione, ma con quella del settimo sostantivo reperibile nel vocabolario dopo quello cercato. Il gioco è più divertente se il dizionario usato è piccolo.

Più interessanti ai fini della composizione sono, però, Omosintassismo e Testo antonimico o rivoltato. Si può proporre Omosintassismo in due modi: o fornendo un breve testo che andrà prima ridotto al suo schema sintattico, sostituendo ogni sostantivo con una S, ogni aggettivo con una A, ogni verbo una V, e usando poi la sequenza ottenuta come vincolo per costruire un testo nuovo; oppure fornendo direttamente uno schema sintattico dato (Dossena, 1988). Anche per costruire un Testo antonimico o rivoltato si parte da un testo intero, di poesia o di prosa, la regola è però, in questo caso, di sostituire ogni sostantivo, aggettivo e verbo con il suo contrario facendo tornare il senso.

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I primi esercizi di reimpiego di strutture letterarie che si possono proporre sono quelli noti sotto il nome di Riscritture (Roche, Guiguet e Voltz, 1989). Consistono nel riscrivere un testo trasformandone o il contenuto, o l’organizzazione testuale, o lo stile. Nel primo caso, si modificherà la fabula, o 1’epoca, o l’ambiente, o i personaggi, o i luoghi, o più elementi assieme. Nel secondo si interverrà sull’intreccio e sulle tecniche narrative, modificando ad esempio l’ordine del racconto, il narratore, il punto di vista, ecc. Nel terzo si modificherà lo stile, ispirandosi agli Esercizi di Stile di Queneau, o scrivendone Parodie e Pastiche. Queste ultime attività comportano però una competenza linguistica elevata.

b) Da un testo scritto manipolato. Anche le attività appartenenti a questa categoria sono sia di carattere più spiccatamente ludico che legate al lavoro di analisi letteraria. Si possono considerare ancora giochi esercizi come Chimera e Perverbi. Il primo consiste nel ricavare da un testo lo schema sintattico e da un altro il lessico con cui produrne uno nuovo. Perverbi, che vuol dire perversione di proverbi, si fa unendo assieme, in modo che diano senso, le metà di due diversi proverbi. Fondato sullo stesso principio del collage, ma già molto più raffinato, è il gioco surrealista/dadaista Poema au rasoir. Consiste nel montare a poesia dei ritagli di giornale.

Più impegnativo, ma fonte di impensabili soddisfazioni per dei poeti in erba, è il Metapoema. Queste le regole: si prende una poesia a schema fisso, si tengono uno o più elementi, come le rime, o le parole iniziali di ciascun verso, o lo schema sintattico, o le posizioni, o gli accenti, o le vocali più gli accenti, e se ne fa il punto di partenza di una nuova poesia. Per farci capire meglio con un esempio, di un sonetto si potranno tenere lo schema strofico, la misura del verso e le rime; di una lirica moderna, come «Sono una creatura» di Ungaretti, si terranno le posizioni di ciascun verso e le parole iniziali che orientano a comporre una similitudine. La consegna sarà di completare rispettando i vincoli, i risultati sono in genere superiori alle aspettative. Altre forme di collage poetico sono infine Versi graffati, che consiste nell’unire, rispettando il metro, due metà di versi differenti, e il Centone.

Ottimi risultati si ottengono anche utilizzando, come stimolo a un racconto, testi tagliati. I tagli possono essere più o meno estesi. Può mancare la fine (Incompiuta), o l’inizio e la fine (Pagine strappate). Possono invece essere conservati solo l’inizio e la fine (Rammendo), o solo l’inizio (Incipit), o solo la fine (Fine), o solo il titolo (Titoli obbligati). In tutti i casi la consegna sarà di completare.

c) Dalle strutture di un testo scritto. Appartengono a questa categoria tutti i testi di invenzione prodotti reimpiegando le strutture testuali reperite nella lettura. Non li illustriamo perché sono i più noti e i più praticati. Si possono usare come stimolo matrici astratte, come le funzioni di Propp, o intrecci tipici, come ad esempio quelli del poliziesco, o convenzioni di genere, o motivi

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narrativi, o personaggi caratteristici, e via di seguito. Anche in questo caso i risultati sono largamente superiori alle aspettative.

d) Da un testo non scritto. Come abbiamo già detto, questi ultimi sono gli stimoli più complessi perché presuppongono una doppia competenza, quella delle strutture compositive del testo scritto e quella delle strutture compositive del modello che si tenta di riprodurre nella scrittura. Consistono, infatti, nello scegliere un modello di composizione diverso da un testo scritto e nel tentare di riprodurne la logica in un racconto o in una poesia. Non a caso sono tra gli esperimenti prediletti da letterati algidi e raffinati come quelli dell’Oulipo. Si può ricorrere, tanto per fare qualche esempio, a modelli musicali, a modelli grafico-pittorici, a giochi di carte o d’altro tipo, come il gioco dell’oca, oppure si può tentare di trasferire a racconti e poesie la logica dei calcolatori, costruendo racconti a struttura binaria e a uscite multiple (Roche, Guiguet e Voltz, 1989) o poesie i cui versi siano combinabili a scelta.

3.3.2. Il curricolo di scrittura creativa nel biennio

Se proviamo a tirare le fila, per concludere in termini operativi, una scansione ottimale del curricolo di scrittura creativa nel biennio potrebbe configurarsi allora come segue. Il grosso delle attività, da sviluppare in stretto collegamento con il piano di letture e analisi testuale stabilito in Educazione letteraria, sarà dato dalle tecniche e dalle indicazioni di scrittura raggruppate in «Stimoli alla composizione», percorrendo con tempi opportuni, nell’arco dei due anni, la progressione lì proposta: dalla manipolazione («Stimoli da un testo scritto intero»), al completamento («Stimoli da un testo scritto manipolato»), all’invenzione («Stimoli dalle strutture di un testo scritto»).

La disposizione ludica sarà attivata da una fase iniziale di giochi, ai quali si farà ancora ricorso tutte le volte che, nel corso dei due anni, si avrà motivo di privilegiare nuovamente la creatività verbale, ad esempio nella scrittura di poesie. Le tecniche per stimolare l’immaginazione saranno insegnate esplicitamente in occasione delle prime attività di riscrittura, curando in seguito, con opportuni rinforzi, che diventino per gli alunni buone abitudini acquisite.

È bene però precisare che quello delineato non è che un modello astratto di articolazione del curricolo. Quanto spazio dedicare effettivamente alla scrittura creativa e quale percorso seguire si potrà stabilirlo soltanto determinando priorità e obiettivi dell’intero curricolo di scrittura in relazione alla concreta fisionomia della classe. Una volta, però, che si disponga di una tipologia degli scritti creativi che dia il quadro delle attività possibili in questo campo, delle competenze che presuppongono e di quelle che contribuiscono a sviluppare, diventa a nostro parere molto più facile programmare il percorso di scrittura creativa più funzionale al conseguimento degli obiettivi che il curricolo di scrittura nel suo complesso si propone di realizzare.

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3.4. La scrittura argomentativa

Occorre far leva sulla motivazione se vogliamo che l’attività sugli scritti argomentativi sia coronata da successo. L’esperienza didattica dimostra, infatti, che occorre partire dal bisogno di conoscenza e dalla curiosità degli alunni – il loro mondo, le loro attese – per aprirsi poi a problematiche via via più ampie, che li impegnino e li coinvolgano in un’attività di scrittura che li veda come soggetti attivi e autonomi. «Gli allievi potranno fare una genuina esperienza della situazione argomentativa solo se incontreranno un clima di incondizionata accettazione delle loro proposte, convinzioni, tentativi di argomentare» (Colombo, 1992).

È in questa prospettiva che è consigliabile affrontare il testo argomentativo, che per lo studente rappresenta l’esercizio di composizione più largamente proposto a scuola, e per il docente la più articolata e complessa tra le tipologie di scrittura. Infatti, può percorrere trasversalmente molti generi testuali (una lettera, una pagina di diario, un articolo, una poesia, fino al saggio scientifico e letterario), dato che argomentare significa fornire argomenti, o ragioni, pro o contro una tesi. Insegnare a sviluppare scritti argomentativi significa quindi insegnare agli studenti a difendere, sostenere o contrastare una tesi data.

Nel quadro della programmazione, la scrittura argomentativa trova generalmente collocazione alla fine del curricolo, anche se è preferibile forse anticiparne alcune tappe nel modo che segue. Il docente, in una prima fase del lavoro, proporrà in lettura articoli scelti con i criteri enunciati e discuterà insieme agli studenti temi o argomenti legati a fatti di costume, o tratti dalla cronaca, astenendosi dal manifestare apertamente il proprio punto di vista. Il docente dovrà guidare il gioco della discussione come un animatore esterno, senza intervenire se non per moderare, dare il turno di parola, richiamare il tema o gli argomenti in discussione.

Un atteggiamento non direttivo comunica, infatti, l’idea che l’argomentazione è un esercizio intellettuale, un gioco all’interno del quale si ragiona e si portano opinioni, esercizio che deve essere provato e riprovato oralmente in una dimensione cooperativa e non competitiva. Solo in una seconda fase, pertanto, si svilupperà la riflessione su procedure e metodi da seguire per argomentare, che lo studente, ormai avviato al discorso, sarà invitato poi a riprodurre.

Insegnare a sviluppare un’argomentazione significa difatti addestrare a risolvere un problema attraverso la tecnica del problem solving, che è una procedura finalizzata all’analisi strutturale dei problemi consistente nel riformularli suddividendoli in sottoproblemi. È possibile, infatti, segmentare, o semplificare, in sottoproblemi qualunque argomento, anche il più complesso. Perché esista la possibilità di applicare tali procedure, inoltre, ogni argomento andrà sempre contestualizzato. Contestualizzare un argomento significa in

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primo luogo ricavarlo dalle problematiche vicine alla realtà studentesca e, in secondo luogo, fornire materiali su cui gli studenti possano informarsi.

Per passare dalla prima fase, di discussione orale, alla scrittura di vere e proprie argomentazioni si possono percorrere due tappe intermedie: la scrittura di paragrafi e di dialoghi a contrasto. La scrittura di paragrafi spinge a scrivere anche chi è riluttante a farlo, data la brevità del testo; il dialogo a contrasto stimolerà, dapprima con la lettura di opportuni esempi, poi attraverso l’imitazione, a considerare i pro e i contro di una tesi data o di un problema controverso.

3.4.1. La palestra del paragrafo e il dialogo a contrasto

Il paragrafo è la «porzione di testo che è racchiusa fra due punti e a capo e che può contenere un buon numero di frasi o di interi periodi» (Corno, 1987). Dato che il paragrafo è un’unità di ragionamento, far scrivere paragrafi serve come fase iniziale di allenamento alla scrittura argomentativa. È un esercizio utile, efficace, è di breve durata e può esser svolto con una certa frequenza. Allenare a scrivere paragrafi addestra sia alla semplificazione che alla sintesi e rappresenta un primo approccio al testo argomentativo. Semplificare e ridurre ciò che è complesso è già risolvere un problema ed è quindi un’operazione preliminare all’argomentazione. Scrivere paragrafi insegna a organizzare e ordinare i propri pensieri. Rende inoltre possibile mostrare agli studenti alcuni tipi di organizzazione di paragrafi: esemplificativo, per confronto e contrasto, deduttivo, narrativo, descrittivo, ecc.

Gli studenti leggono di solito testi narrativi, in cui compaiono dialoghi a contrasto, come pure assistono a dibattiti e discussioni. È possibile e opportuno, quindi, farli riflettere sui pro e sui contro di un problema dato, per portarli a sostenere per iscritto la propria tesi. Su un problema che li interessi, ad esempio, si potrà proporre la lettura o di un dialogo a contrasto o di due interventi contrapposti. Dopo la lettura gli studenti saranno innanzitutto invitati a esprimere oralmente la loro opinione, fondandola sugli argomenti che saranno risultati per loro più convincenti. L’analisi dei testi servirà, invece, come avvio alla comprensione della situazione argomentativa, caratterizzata di norma da almeno tre componenti, oltre al protagonista e all’antagonista: la controversia, la tesi, gli argomenti.

Solo allora si inviteranno gli studenti a riprodurre la controversia in questione utilizzando un genere testuale poco praticato a scuola, ma che consente un approccio più rilassato e ludico all’argomentazione: il dialogo a contrasto. Scrivere dialoghi in cui due interlocutori sostengano opinioni diverse consente, infatti, di capire meglio, attraverso la contrapposizione, la funzione di tesi e controtesi; di trovare argomenti sia a favore che contro, valutandone l’efficacia; di rendersi concretamente conto, visto che 1’antagonista è incluso nel testo, che la funzione dell'’argomentazione è di convincere l’avversario. La forma del dialogo, infine, consente di fare esperienza di quel tipo di

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argomentazione, specifico della dialettica, che Aristotele definisce «elocuzione spezzettata» per distinguerlo dall’«elocuzione concatenata», tipica dell’argomentazione filosofica, e che presenta minori difficoltà compositive perché richiede una pianificazione molto meno accurata.

Una volta acquisita padronanza, attraverso il dialogo a contrasto, delle componenti fondamentali dell’argomentazione, si potrà invitare gli studenti, dopo la lettura di due argomentazioni contrapposte, a mettere per iscritto argomentandola la propria opinione sul problema. Si metterà però preliminarmente in rilievo, nell’analisi dei testi, la funzione, assolta dall’enfasi, di porre in evidenza i punti importanti in modo da attirare 1’attenzione del lettore. E si farà notare che l’enfasi non si esprime solo attraverso espedienti retorici, ma anche attraverso espedienti stilistici.

Requisito principale dell’argomentazione, infatti, è essere convincenti, attirando l’adesione di chi legge attraverso uno scritto efficace e condivisibile. Lo studente capisce, così, la concreta utilità della retorica e dell’enfasi e che l’ordine degli argomenti e la scelta del lessico sono determinanti per orientare il testo in una direzione piuttosto che in un’altra.

Una gradualità di testi a contrasto, opportunamente scelta dall’insegnante (da articoli giornalistici a testi letterari), mostrerà che l’enfasi «contribuisce in maniera non certo trascurabile a caratterizzare l’argomentatività di un testo» (Romani, in Colombo, 1992) e li avvierà a un’analisi e classificazione delle strategie argomentative e degli argomenti.

3.4.2. Le fasi del processo e le caratteristiche del prodotto

Dopo un inizio giocoso e di allenamento, lo studente potrà essere avviato a praticare il testo argomentativo propriamente detto, che ha alle spalle un’antica e nobilissima tradizione. Lo studente si è nel corso del biennio già esercitato sulle operazioni fondamentali che presiedono alla stesura di un testo (inventio, dispositio, elocutio) e sarà quindi consapevole del fatto che anche l’argomentazione, anzi tanto più l’argomentazione, è un processo che si articola per fasi vincolate fra loro. Si avrà cura pertanto di adeguare le istruzioni e i consigli, impartiti per guidare alla scrittura per fasi, alle necessità specifiche dell'argomentazione: scrivere la tesi, scegliere e ordinare gli argomenti per validità ed efficacia, scegliere il tipo di ragionamento più adeguato alla controversia specifica, ecc. Come si curerà di proporre testi argomentativi di difficoltà crescente.

Lo studente inoltre avrà imparato a individuare, attraverso la lettura e la discussione in classe, e ad applicare in sede di esercitazione, quelle che Colombo ha chiamato le «mosse argomentative». Sarà consapevole, quindi, che l’incipit è molto importante perché può contenere già la tesi, oltre che 1’enunciazione del fatto problematico, se si sceglie un’argomentazione deduttiva. È noto inoltre che l’inizio di un testo è luogo retoricamente disposto

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a processi di enfasi. Per questo, può risultare utile far leggere vari incipit agli studenti e farli esercitare a scriverne con la tecnica del paragrafo.

Il nucleo centrale è quello che costruisce l’argomentazione vera e propria. Può quindi contenere: le prove di fatto, i dati certi e non contestabili; gli indizi, ovvero i dati dai quali si può dedurre un’affermazione; gli esempi, ovvero i casi che possono dare fondamento a regole più generali; le citazioni, le fonti, le opinioni di esperti, ovvero le garanzie che secondo 1’antico principio di autorità danno valore e sostegno alle affermazioni. La conclusione, come 1’incipit, può riaffermare la tesi già esposta (perorazione) o contenerla solo in quella sede, se si è scelta un’argomentazione di tipo induttivo. Anche la conclusione è luogo coinvolto dall’enfasi e su di essa gli studenti devono allenarsi opportunamente, per evitare finali scialbi o scontati.

Dopo il percorso descritto, gli studenti si renderanno conto che la coerenza di un testo argomentativo è data soprattutto dalla ragionevolezza e dalla pertinenza di tutto l’apparato di prove. Da tale costruzione logica dipende, infatti, la possibilità di convincere il destinatario. Lo studente dovrebbe aver compreso che anche la sua composizione argomentativa deve rispettare le stesse regole del gioco.

3.4.3. Conclusioni

Gli scritti argomentativi devono dunque: collocarsi nella fase finale del curricolo; essere contestualizzati ed essere preceduti da letture interessanti e analisi accurate; coinvolgere gli studenti suscitando la loro curiosità per l’indagine prima e la produzione poi (motivazione).

Sono importanti perché educano alla logica e al ragionamento, ma anche al dubbio e al distacco da sé (decentramento): gli studenti imparano, infatti, che esistono più punti di vista e che è possibile confrontarli; ma anche perché invitano al confronto sulla complessità delle situazioni e stimolano gli studenti a documentarsi e li abituano alle letture personali e autonome.

Gli scritti argomentativi sono certo impegnativi, ma possono essere praticati con entusiasmo e interesse se si segue il percorso indicato: esercizi sul paragrafo, per acquisire rigore, ma anche dialoghi a contrasto, con lo scopo di convincere l'interlocutore, che danno spazio alla creatività degli studenti. Dopo questa fase propedeutica, si punterà all’oggettività dell’argomentazione e quindi alla necessità di una seria documentazione a supporto della propria tesi. Lo studente farà esperienza del fatto che, per scrivere commenti o interpretazioni, dovrà costruirsi un dossier di informazioni, prove, dati di fatto da utilizzare nella propria argomentazione. Anche questa attività di scrittura, quindi, come tutte le altre qui esposte, promuove l’autonomia del discente.

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4. IL CURRICOLO DI SCRITTURA NEL TRIENNIO

4.1. Problemi e finalità

L’assillo tradizionale di ogni insegnante di italiano del triennio è costituito, come tutti sanno, dal famigerato programma di letteratura: è, infatti, arduo svolgere, all’interno dell’orario riservato alla disciplina, un lavoro soddisfacente per quantità e per qualità a giudizio dell’insegnante (che quindi, ad esempio, non ignori il Novecento) e praticabile dagli studenti. Ma a questo assillo, sempre più, negli ultimi anni, se ne aggiunge un altro: gli studenti non hanno sufficienti competenze comunicative e linguistiche, in particolare nella produzione scritta, o, come più spesso brutalmente si dice, non sanno scrivere.

Le carenze nei testi scritti del triennio sono le più varie. Fra gli studenti c’è chi non sa strutturare un testo e chi non sa sviluppare e organizzare le idee; tutti, poi, incorrono in errori di lingua: molti non sanno usare la punteggiatura, altri costruiscono periodi che non si reggono, altri non controllano il lessico e tuttavia ignorano l’uso del dizionario, e non mancano quelli che non conoscono ancora l’uso dell'accento e dell’apostrofo.

Gli insegnanti lamentano con toni sempre più scandalizzati questo stato di cose, ma alla constatazione non segue la decisione di insegnare a scrivere. Eppure ci si rende conto che lo studente, se non lo ha ancora imparato, o impara a scrivere adesso o non imparerà mai più. E da questa consapevolezza può nascere 1’efficacia didattica: turare le falle, riempire i vuoti, dare i consigli decisivi, non solo in vista dell’esame, ma della futura attività intellettuale dello studente.

Il punto di partenza di questo lavoro è dunque indicato dalla ricognizione delle carenze comunicative e linguistiche. Il punto di arrivo non può che essere il tema-saggio o testo espositivo-argomentativo, sia perché è ciò che ancora oggi si richiede alla maturità, sia perché costituisce il tipo di testo più complesso e impegnativo. Esiste però anche un obiettivo intermedio non meno importante: la produzione di diversi tipi di testo utili allo studio (dagli appunti alla tesina), alla professione (relazione, analisi di un problema), alla comunicazione interpersonale e all’espressione di sé (commento, recensione).

4.2. Metodo di lavoro

Occorre innanzitutto fare scrivere molto facendo produrre scritti vari, anche brevi, con la consegna del numero di parole o del numero di paragrafi (una definizione, quello che si è capito di una breve lettura), in modo che la scrittura diventi pratica consueta e familiare.

È poi opportuno distinguere i compiti scritti di allenamento, che saranno numerosi, svolti soprattutto a casa, ma anche, brevi, in classe, da quelli destinati alla valutazione e assegnati esclusivamente in classe.

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I compiti in classe possono anche non essere temi, almeno nei primi due anni, ma ad esempio prove di comprensione di un testo giornalistico, analisi di un testo letterario. È opportuno che esse siano precedute da scritti di allenamento dello stesso tipo e che in classe ciascun tipo di prova sia assegnato almeno due volte nel corso dell’anno, per consentire che si manifestino miglioramenti nella prestazione.

Se si assegnano più titoli a scelta, essi devono corrispondere a prove omogenee, se si vuole che tutti gli studenti si misurino con le stesse difficoltà e acquisiscano le stesse competenze, evitando di specializzarsi in un solo tipo di prova, e in modo che i criteri di correzione e valutazione siano ogni volta gli stessi per tutti.

La produzione di specifici tipi di testo deve essere preceduta da esercizi di riconoscimento: mostrare testi espressivi, espositivi, argomentativi ben strutturati consente di impadronirsi di un modello e di evitare la scrittura indifferenziata che a scuola è prevalente. Per fare un esempio, mostrando l’importanza dei connettivi in un testo argomentativo si porrà sperare in un uso più accorto da parte degli studenti di «quindi» o «infatti». In seguito si può: passare a prove di comprensione-produzione in cui si possano sfruttare schema testuale e informazioni di base, da rielaborare linguisticamente e da integrare concettualmente. A questo punto la produzione autonoma potrà giovarsi di una vera competenza testuale.

Vanno insegnate esplicitamente quelle regole che gli studenti dimostrano di non conoscere con i loro errori più frequenti. Non si propone di occuparsi sistematicamente di grammatica ma di insegnare poche regole, non sempre le stesse, solo quelle di cui c’è più bisogno: potrà trattarsi di regole di punteggiatura (ad esempio 1’uso dei due punti o della virgola prima della relativa); di regole morfologiche e ortografiche (concordanza con i nomi collettivi; parole straniere; uso delle virgolette; uso della maiuscola); oppure di regole di sintassi (simmetria nella costruzione del periodo); oppure di regole testuali (la paragrafazione). Occorre poi verificare se gli studenti conoscono la tecnica dello scrivere per fasi e, in caso negativo, insegnare a pianificare il testo, a stenderlo avendo un modello di riferimento e a rivederlo con attenzione per migliorarlo nelle idee e nella lingua. Si deve dare a chi ha fatto un errore un’indicazione precisa di come deve fare per non ripeterlo, e non solo per l’ortografia, la morfologia e la sintassi, ma anche per l’impianto concettuale del testo e per la sua struttura.

Gli studenti devono sapere in anticipo di che tipo sarà la prova da affrontare per esservi preparati. Se si tratta di un testo espositivo-argomentativo su uno o più argomenti a scelta non enunciati in anticipo (tema tradizionale), essi non dovranno fare altro che verificare la loro conoscenza del modello di testo, augurarsi di conoscere sufficientemente l’argomento, tanto da potere esprimere dati e opinioni non troppo banali e, al momento del compito, lavorare con impegno e diligenza. Se invece si assegna l’analisi di un testo letterario, pur senza citarne il titolo si indicherà il tipo di testo e/o l’autore in modo che si possano mettere a punto le conoscenze sullo schema d’analisi da

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adottare e sulle problematiche ovviamente illustrate in classe. Nel caso poi di un tema d’argomento letterario, o di storia, o «di indirizzo» (nell’ultimo anno, ad esempio, nell’ambito della cultura classica o di quella scientifico-tecnologica), si può non solo consentire la documentazione, ma aiutarla dando materiali in lettura come stimolo all’acquisizione di dati e all’approfondimento delle idee.

Infine, al momento dell’assegnazione del compito è importante dare consegne precise sul tipo di testo da produrre, chiarire quali requisiti deve avere, dare istruzioni anche minute e verificare che il titolo sia stato capito. Vanno anche comunicati i criteri di correzione e di valutazione, che possono variare a seconda del tipo di prova.

Tutte queste modalità di intervento hanno la funzione di potenziare le abilità di scrittura prevenendo l’errore.

4.3. Varietà di testi scritti

Si è già detto, a proposito di obiettivi terminali e intermedi della didattica della scrittura nel triennio, dell’opportunità di fare produrre diversi generi e tipi di testo. Se gli obiettivi di tale didattica, nel biennio, possono essere ricondotti ai due filoni della scrittura funzionale e creativa con esercizi propedeutici alla scrittura argomentativa (Colombo, 1993), nel triennio si possono prevedere come obiettivi il mantenimento e consolidamento di queste forme di scrittura e 1’addestramento alla scrittura espositivo-argomentativa. Gli studenti devono avere occasioni, anche nel triennio, per prendere appunti, scrivere riassunti e parafrasi, imitare e rielaborare creativamente testi, o, se non lo sanno fare, devono essere messi in grado di farlo, poiché tali generi testuali sono utili a fini scolastici e non. Quanto al tema-saggio, si devono creare le competenze per produrlo anche in forme complesse sia dal punto di vista concettuale che linguistico.

Senza dubbio, assegnare molte e diverse prove scritte, in classe e a casa, comporta un pesante lavoro di controllo da parte dell’insegnante. Può attenuare solo in parte questo peso richiedere testi brevi e, in certi casi, farli correggere ad altri studenti, operazione che appassiona e accresce la sensibilità all’errore. Si propongono, oltre al tema, alcuni generi testuali che l’esperienza ha dimostrato utili e praticabili, senza nessuna pretesa di esaurire la tipologia degli scritti da far produrre. La loro funzione non si esaurisce nella propedeuticità al tema-saggio, ma consiste anche nel suo carattere di allenamento alle operazioni cognitive, testuali e linguistiche che lo scrivere comporta, quali la comprensione sintetica e analitica, la rielaborazione e integrazione, l’utilizzazione di dati e l'espansione delle idee, la valutazione critica.

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4.4. Appunti, scalette, mappe

Lo studente del triennio deve possedere un metodo di studio, utile ovviamente per tutte le materie, che consenta e faciliti la comprensione, la memorizzazione e l’esposizione delle conoscenze. Occorre accertare che gli studenti ne siano in possesso e, in caso contrario, insegnare alcune tecniche di scrittura indispensabili, ad esempio, per seguire attivamente una lezione, per studiare il manuale, per prepararsi a un’interrogazione o a un compito.

Prendere appunti durante le lezioni serve a mantenere l’attenzione e a conservare la memoria di ciò che l’insegnante spiega. Non è trascrizione meccanica, ma richiede comprensione organica del testo e deve tradursi in una sintesi che mantenga i giusti collegamenti logici. Lo studio a casa si arricchisce se lo studente affianca alle informazioni del manuale quelle dell’insegnante: le sovrapposizioni, gli scarti, le sottolineature daranno rilievo alle conoscenze e il testo scritto e il testo orale contribuiranno alla reciproca comprensione.

Ma anche lo studio dei libri di testo può essere favorito da attività di scrittura, come sottolineare, selezionare le idee centrali e disporle in forma di scaletta con lettere e numeri, disegnare mappe che ricostruiscano il contenuto concettuale.

Fare prendere appunti da una lezione ben strutturata, ad esempio col metodo Cornell (Frasca, 1989), oppure far ricavare in forma di mappa lo schema argomentativo di un passo del De Monarchia di Dante o di un capitolo del Principe di Machiavelli, o ancora far sistemare in forma di indice-scaletta il contenuto di un argomento di storia (cause – svolgimento – conseguenze) possono costituire altrettante occasioni di scrittura. Si tratta di scrittura funzionale, finalizzata allo studio, ma è pur sempre scrittura e quindi allenamento volto a controllarne il processo.

4.5. Riassunto

Oggi si è consapevoli che riassumere non è un’operazione facile e che anzi scrivere un riassunto implica processi cognitivi e meccanismi linguistici differenziati e complessi: comprendere globalmente un testo; riconoscere le sotto-unità e la loro gerarchia; selezionare le idee importanti; riorganizzarle con coerenza; riformulare linguisticamente il testo.

È quindi opportuno fare esercitare gli studenti in un compito di scrittura che richiede abilità di analisi e di sintesi, che presuppone la comprensione e anche la riformulazione (a differenza degli appunti), che allena alla «traduzione» sintetica e alla produzione sostitutiva.

Ma se gli studenti non le conoscono, si dovrà insegnare loro a evitare le «infelicità riassuntive» (Caffi, 1982) indicando sia le operazioni preliminari al riassumere – leggere per intero un testo, individuare le idee centrali, dare loro un ordine – sia le regole della concisione: cancellazione, generalizzazione,

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selezione, costruzione. Sul piano linguistico si suggerirà l’uso dell’ipotassi piuttosto che quello della paratassi per gerarchizzare l’informazione.

L’occasione di far produrre riassunti nel triennio si presenta di frequente e non è necessario crearla in modo artificioso: quale mezzo migliore per verificare se si è capito un breve testo narrativo, una pagina di critica letteraria, un articolo giornalistico di documentazione, ma anche la biografia di un autore?

4.6. Parafrasi

Tale attività richiama immediatamente la noia e un approccio ottuso e superficiale che uccide la poesia, perché è ancora legata all’uso che se ne faceva, e forse se ne fa ancora, come unica forma di comprensione del testo poetico.

Ma della parafrasi spesso non si può fare a meno, dato che qualsiasi livello di analisi, interpretazione e apprezzamento non solo della poesia, ma di qualsiasi testo concettualmente e linguisticamente complesso, presuppone la sua decodifica.

È un genere testuale caratterizzato dalla manipolazione di un testo di partenza volta a mostrarne la comprensione mediante operazioni quali la regolarizzazione della sintassi, la sostituzione del lessico, le integrazioni concettuali. Questo esercizio, però, non è solo utile perché funzionale alla comprensione di uno specifico testo, ma anche perché contrasta l’abitudine di molti studenti a convivere senza inquietudini con parole o espressioni di cui ignorano il significato, obbligandoli alla comprensione del nuovo e all’ampliamento della competenza lessicale, spesso carente.

All’inizio del triennio si deve insegnare a produrla o comunque verificare che se ne sia capaci, riservando poi l’assegnazione di parafrasi scritte ai testi più impegnativi.

4.7. Recensione

Questo genere testuale consente di presentare, interpretare e valutare un testo scritto o uno spettacolo. Essa, infatti, può riferirsi alla lettura autonoma di un romanzo, ma anche a uno spettacolo teatrale, o cinematografico, a cui gli studenti abbiano assistito con motivazioni nate in ambito scolastico.

Per realizzare una buona recensione occorre, in primo luogo, conoscere diversi modelli di recensione da cui ricavare uno schema completo degli eleménti oggettivi che devono essere presi in esame (i «dati anagrafici» dell'opera), ma anche delle modalità in cui si esprimono la valutazione e l’apprezzamento. Il testo che gli studenti devono produrre non sarà però una congerie di annotazioni frammentarie, ma uno scritto organico che mostri informazioni ben strutturate. A differenza dell’analisi del testo, la recensione

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consente una comunicazione più soggettiva, che lascia spazio alla lettura e alla valutazione personale.

È sconsigliabile far fare la recensione di tutto quello che gli studenti leggono e vedono: col tempo, vivrebbero queste esperienze come costrizione. Qualche volta si può lasciare il piacere della lettura e della libera visione e, in alternativa alla scrittura, proporre una discussione collettiva che consenta a tutti di esprimere valutazioni personali argomentate.

4.8. Scritti creativi

C’è sempre, in ogni classe, almeno uno studente più predisposto al pensiero divergente che a quello convergente, che ama gli scritti creativi e che invece non brilla negli altri generi di scrittura. Perché non dargli motivazioni all’impegno? Inoltre gli scritti creativi sono in generale graditi dagli studenti e favoriscono il coinvolgimento. Un’altra buona ragione per far praticare questa forma di scrittura è che consente di trovare, nei testi letterari, non solo temi e tecniche da riconoscere, ma stimoli all’immaginazione e all’originalità di espressione e, nello stesso tempo, la dimostrazione che immaginazione e originalità non sono alternative al rigore e alla tecnica, ma anzi ne hanno bisogno.

Si può, ad esempio, far scrivere novelle e poesie imitando modelli, utilizzando un tema o un personaggio e lasciando libere le soluzioni formali; oppure facendo completare un testo, dati l’inizio e/o la fine, da rispettare nelle sue convenzioni; oppure dando come consegna l'uso di un procedimento inventivo o retorico («S’i’ fossi ... » di Cecco Angiolieri, «L’elogio di ... » al modo dell'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam). Si può anche dare carattere creativo a una recensione se si dà la consegna di scriverla per dissuadere qualcuno dal leggere un determinato romanzo.

Non si tratta di compiti di scrittura facili: presuppongono una conoscenza attiva dei testi, capacità di appropriazione di meccanismi inventivi e stilistici e disponibilità a soluzioni formali non consuete.

4.9. Analisi del testo letterario

Questa operazione viene di solito fatta oralmente in classe dall’insegnante, da solo o con la collaborazione degli studenti, per far cogliere i molteplici livelli del testo e quindi il suo significato complessivo. Dopo che gli studenti si sono impadroniti dello schema di analisi, possono, in forma scritta, dare conto della loro capacità di ricognizione del testo letterario.

È ormai diffusa la convinzione che una poesia, una novella, un romanzo, un’opera drammatica devono essere oggetto non di una valutazione generica e approssimativa, ma di un’analisi articolata, specifica per il testo in prosa o per quello in versi. Sono numerosi gli strumenti di analisi, offerti in certi casi dagli

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stessi manuali, che guidano a prendere in considerazione gli elementi essenziali: per il testo narrativo il narratore, la fabula e l’intreccio, il sistema dei personaggi, i temi, il punto di vista, lo spazio e il tempo, il tipo di discorso prevalente, la lingua, le tecniche stilistiche (ma l’elenco può essere allungato o ridotto a seconda delle esigenze); per il testo poetico la situazione comunicativa e i diversi livelli (tematico, ideologico, simbolico, linguistico, retorico-stilistico, metrico-ritmico) con varianti a seconda dei casi.

L’esercizio può essere assegnato come lavoro a casa, ma anche in classe come alternativa al tema di letteratura e può essere proposto sia su testi presentati in classe, sia su testi non conosciuti dagli studenti di cui si chiede l’attribuzione.

Le consegne possono essere di tipo diverso, ma devono essere comunque esplicite e precise: si può chiedere di seguire rigidamente uno schema proposto articolando separatamente i singoli punti; oppure si può lasciar libertà nella scelta dell’ordine da dare. Diverso è poi chiedere che, scegliendo liberamente come articolare l’analisi, si produca un testo organico con collegamenti logici tra le diverse parti. Completezza e ordine di esposizione sono comunque i requisiti da richiedere (oltre ovviamente alle conoscenze specifiche).

4.10. Comprensione-produzione

Può essere considerata come una prima tappa nell’addestramento al tema espositivo-argomentativo e si giustifica per due ordini di motivi: la convinzione che si debbano offrire dei modelli testuali alla scrittura scolastica e la constatazione delle scarse conoscenze enciclopediche degli studenti.

Quando gli studenti scrivono su un determinato argomento, si rimane per lo più delusi dalla scarsità dei dati in loro possesso, dalla banalità delle riflessioni e dalla disorganicità del testo. Si può allora proporre un lavoro di scrittura supportato da un testo che serva da modello e da fonte di reperimento di dati , che richieda operazioni tutt’altro che banali, leggere e capire il testo, rispondere a domande di comprensione analitica, illustrare il contenuto e/o il significato complessivo riformulandolo linguisticamente, integrarlo con proprie conoscenze e/o considerazioni personali.

Perché 1’esercizio sia efficace si devono rispettare alcune importanti condizioni.

Innanzitutto il testo da proporre (articolo di giornale, parte breve ma organica di un saggio) deve essere denso, ma chiaro concettualmente e ben strutturato.

Il testo può essere prevalentemente espositivo («Le motivazioni che spingono a fare regali», «Gli effetti dell’inquinamento», «I problemi dei giovani oggi»), o prevalentemente argomentativo («La violenza al cinema e in TV è nociva o no?», «Tecnologia e tecnocrazia», «Come risolvere il problema degli immigrati nel nostro paese?»). Nel primo caso il compito specifico consisterà nel cogliere con completezza 1’informazione e nell’integrare

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1’argomento con proprie conoscenze, eventualmente chiarendo quali si ritengono più importanti e quali meno e perché. Nel secondo caso, consisterà nel cogliere la tesi sostenuta riportando i relativi argomenti, nel dichiarare se si è d’accordo con questa o se invece se ne propone un’altra, a sua volta argomentata debitamente.

Le domande di comprensione devono essere formulate in modo chiaro. Va richiesta la riformulazione linguistica, ma si può consentire qualche

citazione efficace, abituando in questo modo a un uso corretto delle parole altrui e delle virgolette.

L’esercizio fornisce a chi scrive una base conoscitiva di partenza, incoraggia l’adozione argomentata di un punto di vista altrui o la presa di distanza da esso, adeguatamente motivata, consente 1’espansione delle idee e l’introduzione di varianti.

La lettura del testo richiede tempo, ma riduce il lavoro di pianificazione: il lavoro può quindi avere la stessa durata di un tema tradizionale.

4.11. Sintesi di testi o relazione

È una seconda tappa nel lavoro di addestramento al tema, intermedia tra questo e la comprensione-produzione.

Consiste nel proporre più testi di autori diversi sullo stesso argomento, con la consegna di produrre un nuovo testo, che non sia la somma o il riassunto di quelli, ma un lavoro con una sua struttura autonoma, in cui sia chiaramente presentato il problema, ne siano illustrati gli aspetti più importanti, mostrando di avere capito le diverse idee espresse al riguardo, di averle collegate logicamente, di aver distinto le informazioni più importanti scartando le altre, di aver confrontato globalmente le posizioni. (Oppure: si siano collegati i testi logicamente, si siano distinte le informazioni più importanti scartando le altre, si siano confrontate globalmente le posizioni.)

L’esercizio è difficile, richiede tempo (e quindi può essere preferibile assegnarlo come compito da fare a casa agli studenti dell’ultimo anno), ma è molto utile perché rende indispensabile quello sforzo di documentazione e di confronto fra idee diverse che gli studenti per lo più non fanno, per incapacità o per pigrizia, nel tema tradizionale e li abitua così a lavorare con impegno e rigore.

4.12. Il tema come testo espositivo-argomentativo

La pratica tradizionale dell’insegnante che assegna un titolo, o più titoli a scelta, su un argomento di letteratura, di storia o di cultura generale (detta anche «attualità») decidendolo per ispirazione o disperazione all’ultimo momento, si limita a prendere atto delle conoscenze e della competenza nello scrivere degli studenti, quasi sempre modeste. L’insegnante corregge

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sconsolato e valuta, senza alcuna fondata speranza di far migliorare le prestazioni. Eppure lo vorrebbe, perché molti dei temi prodotti al triennio sembrano scritti da studenti del biennio (se non addirittura di scuola media), come se nel campo della scrittura non fosse possibile crescere, mentre in realtà, semplicemente gli studenti continuano a usare le strategie di cui sono in possesso anche in compiti che ne richiederebbero di più raffinate.

L’alternativa non può prescindere dall’addestramento al tema come genere di testo scritto complesso. Ma che cosa insegnare e come?

Il biennio, secondo la nostra ipotesi di didattica della scrittura, dovrebbe garantire la padronanza di forme semplici di testo espositivo e di testo argomentativo. In ogni caso sarà bene verificare la capacità di distinguere testo espositivo e testo argomentativo con esercizi di riconoscimento. Ciò che li distingue è, in primo luogo, la funzione: informare, spiegare per il testo espositivo, convincere, persuadere per il testo argomentativo. Ma la differenza è rilevabile anche nelle operazioni cognitive sottese al contenuto concettuale, a livello testuale nella struttura del paragrafo, a livello linguistico soprattutto nei connettivi.

A questo punto occorre spiegare a che cosa è finalizzato tale riconoscimento: il titolo di un tema richiede sempre, seppure implicitamente, che si capisca che tipo di testo produrre. Devo illustrare un fenomeno, esporre un problema, fare la relazione di un’esperienza? Si tratta di un tema espositivo. Devo dire se sono d'accordo o no con un’affermazione o discutere di un problema? Mi si chiede un testo argomentativo. Devo illustrare un problema e dire che cosa ne penso? In questo caso, e cioè quasi sempre, devo sia esporre che argomentare.

Gli studenti si renderanno conto, così, che un tema di letteratura, di storia o di cultura generale deve avere requisiti diversi a seconda della formulazione del titolo, e che la sola conoscenza dell’argomento non garantisce il successo della prova, se non è accompagnata dal possesso di strategie di scrittura diverse.

Si possono chiarire i requisiti di questi due tipi di testo e insegnare le relative strategie di produzione.

a) Testo espositivo. Si richiede densità di informazione, organicità delle conoscenze, ordine nella disposizione dei dati, equilibrio tra i paragrafi.

Il paragrafo iniziale costituisce l’introduzione e può definire l’argomento, inquadrarlo in un contesto sociale, storico o culturale, precisarne la rilevanza.

Il corpo del testo è costituito dall’insieme dei paragrafi, che corrispondono alle singole unità di informazione. Non è necessario qui esporre in dettaglio i caratteri del paragrafo espositivo (per cui si rimanda a Serafini, 1992, che ne fa un’analisi chiara ed esauriente). Basterà dire che il contenuto dell’informazione può essere costituito da fatti, dati, esempi, e a esso deve corrispondere la tipologia del paragrafo, che può essere costruito per enumerazione, per sequenza, per confronto e contrasto ecc. Il collegamento tra i paragrafi deve essere assicurato dai connettivi richiesti dal particolare tipo di paragrafo: se è

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per enumerazione si userà «Il primo..., il secondo…, il terzo...,»; se è per sequenza «In un primo momento..., poi…, infine...», ecc.

L’ultimo paragrafo deve fungere da conclusione offrendo una visione globale del problema, o sottolineandone gli aspetti più importanti.

Gli errori in cui spesso gli studenti incorrono consistono nell'incompletezza dell'informazione, nella mancanza di ordine nella disposizione dei dati e nello squilibrio fra le parti.

b) Testo argomentativo. Si richiede, molto in sintesi, l’illustrazione di un problema oggetto di discussione, 1’enunciazione di una tesi, l’adozione di un tipo di ragionamento, il ricorso ad argomenti validi, una valutazione globale del problema.

Anche del testo argomentativo non si esamineranno in dettaglio le caratteristiche per cui si rimanda a Colombo (1992), ma ci si limiterà a richiamare il tipo di istruzioni da fornire agli studenti.

Vanno indicate innanzitutto le componenti essenziali dell’argomentazione: la tesi, gli argomenti, la regola generale che garantisce agli argomenti di sostenere la tesi; ma è utile far conoscere anche le componenti accessorie o mosse argomentative: introduzione, contro-tesi e confutazione, anticipazione di obiezioni e confutazione, concessione, perorazione. Gli studenti conoscono il ragionamento deduttivo e induttivo, ma occorre insegnare l’adozione consapevole e coerente di un procedimento logico. Si possono anche richiamare i generi dell’argomentazione (deliberativo, giudiziario, epidittico).

Dopo un paragrafo iniziale che presenta il problema e chiarisce i termini della discussione, deve essere enunciata la tesi, ma non necessariamente subito, e quindi devono essere elencati gli argomenti, corrispondenti alla scansione dei paragrafi. Deve essere curato l’ordine nella disposizione degli argomenti (la retorica antica indica diversi ordini possibili), e il collegamento logico tra paragrafi deve essere garantito da connettivi che saranno specifici a seconda che servano a introdurre l'argomentazione: «intendo dimostrare che...»; un argomento: «Infatti, dato che, poiché, prova ne sia...»; una contro-opinione: «tuttavia, malgrado ciò...»; un rinforzo: «senza contare che...». L’ultimo paragrafo deve riconsiderare globalmente il problema per misurare la validità della discussione che se ne è fatta.

Si possono mettere in guardia gli studenti dagli errori in cui incorrono più di frequente in questo tipo di testo: poca chiarezza nel definire la tesi, incoerenza nello sviluppo del ragionamento, ricorso ad argomenti di scarsa o nessuna validità.

La produzione del tema richiede poi che, oltre a conoscenze di modelli testuali e strategie di composizione, si possiedano specifiche abilità: ad esempio, quella di capire il titolo, non solo chiarendosi il modello testuale da adottare, ma anche delimitando l’argomento che, soprattutto nei titoli d’esame di maturità, è spesso d’orizzonte vastissimo o imprecisato; e anche quella di dosare il tempo a disposizione, suddividendolo e sfruttandolo al massimo. Questo richiama la necessità di verificare ulteriormente che sia posseduta la

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tecnica dello scrivere per fasi, che consente di controllare il processo di scrittura.

A volte si verifica anche 1’opportunità di fornire agli studenti consigli che servano da stimolo e da amichevole sostegno, che li aiutino a dominare 1’ansia e a lavorare con energia.

4.13. Scrittura e curricolo

Una didattica della scrittura richiede che l’insegnante, dopo avere precisato gli obiettivi intermedi e finali, attenendosi a corretti metodi di lavoro, non solo assegni compiti di scrittura differenziati dando strategie, abilità e tecniche nella misura richiesta dai bisogni degli studenti, ma anche, se vuole agire efficacemente, disponga nel curricolo tali compiti secondo i criteri di varietà e di progressiva difficoltà.

Sarebbe inopportuno dare indicazioni prescrittive al riguardo, dati i numerosi vincoli oggettivi e le legittime preferenze legate all'esperienza personale. Ci si limiterà a proporre un percorso organico, che, per i compiti destinati alla valutazione, potrebbe utilizzare le seguenti modalità.

I anno: - comprensione-produzione di testi espositivi; - analisi del testo letterario (poesia, novella); - produzione di testi prevalentemente espositivi (di letteratura, storia, cultura

generale).

II anno: - comprensione-produzione di testi argomentativi; - analisi del testo letterario (evoluzione di un genere, testo drammatico,

romanzo);- produzione di testi prevalentemente argomentativi (di letteratura, storia,

cultura generale).

III anno: - produzione di testi espositivi-argomentativi (con o senza lavoro di

documentazione precedente).

5. LA CORREZIONE

Nella pratica scolastica la correzione dei compiti di italiano appare in gran parte inutile. Ogni insegnante dedica molto tempo al correggere: sottolinea, segna a margine, riscrive. Ma del suo lavoro lo studente si cura ben poco: cerca

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avidamente il voto e poi legge distrattamente il giudizio e le correzioni. Chi spera davvero che lo studente non farà più l’errore che gli è stato corretto?

D’altra parte spesso le correzioni appaiono come un’operazione soggettiva e poco giustificabile: alcuni segni sembrano significare che qualcosa non va nel testo, ma l’eventuale sostituzione non dà conto dell’errore e non dà la chiave per non ripetere l’errore (Deon, 1986).

L’ipotesi che si fa è che la correzione possa diventare operazione consapevole e utile, trasparente ed efficace. Perché ciò avvenga è necessario che 1’insegnante sia in grado non solo di riconoscere gli errori e di indicarne un’opportuna sostituzione, ma anche di distinguerli per tipologia e di capirne la natura e la causa.

5.1. Strategie

Occorre innanzitutto evitare la sindrome della penna rossa (Bartram e Walton, 1991). Un compito corretto può apparire come un campo di battaglia, pieno di segni, cancellature, scritte ironiche e derisorie. È meglio limitare gli interventi, correggendo doverosamente solo quello che costituisce una inadeguatezza inaccettabile o che pregiudica la comprensione del pensiero, proponendosi di intervenire sul processo anziché infierire sul prodotto. Non è di alcuna utilità lasciarsi prendere dall’insofferenza e produrre una sostituzione di segno e di senso che, invece di servire da chiarificazione, può tradire l’intenzione comunicativa. Le correzioni, inoltre, devono essere scritte in modo ordinato e chiaro, come si chiede di scrivere agli studenti.

Poi c’è errore ed errore. Gli anglosassoni distinguono mistake e error (Bartram e Walton, 1991): il primo consiste nel non applicare una regola che si è studiata, nello sbagliare una cosa che si dovrebbe sapere; il secondo consiste invece nel dire qualche cosa che non si sa. In questo caso si sbaglia mentre si sta tentando di dire qualche cosa che non si controlla bene, o che è difficile da dire. Non si dovrebbe, con la correzione, paralizzare chi si sperimenta ancora con la comunicazione.

In ogni caso la correzione non è un’operazione meccanica e lineare su singole parole, ma deve applicarsi al testo nel suo complesso, verificando se le scelte (di lessico, sintassi, registro) sono adatte. La penna rossa infine deve essere usata anche per rilevare quello che c’è di buono in un compito, non solo nel giudizio, ma anche in commenti sintetici a margine.

Inoltre dagli errori si impara e, prima ancora che agli studenti, gli errori possono essere utili agli insegnanti se correggono non in modo meccanico, ma con attenzione e riflessione. In questo modo l’insegnante può non solo indicare allo studente i tipi di errore in cui incorre più di frequente, ma capire e fargli capire la causa di tali errori: l’incapacità di distinguere scritto e parlato (“cioè, praticamente!”, “un attimino”), la trascuratezza nei confronti del codice grafico dello scritto (maiuscole e minuscole), la non conoscenza o non applicazione di regole di grammatica (“province”, “eccezione”), l’inesperienza lessicale, la

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mancanza di progettualità nello scrivere, la mancanza di una seria revisione, ecc. L’insegnante può far tesoro degli errori e tradurli in efficaci istruzioni da impartire in occasionali, ma mirate, lezioni di lingua.

In conclusione, si tratta di aiutare il processo più che criticare il prodotto. Non è correggendo individualmente i compiti che si insegna a scrivere, ma fornendo tecniche attraverso le quali gli studenti stessi imparino ad auto-correggersi; dando istruzioni (alcune, poche regole), osservandoli mentre lavorano, intervenendo con aiuti, facendoli riflettere sulle operazioni che compiono e dando loro spiegazioni chiare su ciò che va bene e su ciò che non va nel loro lavoro.

Riassumendo: istruirli prima, aiutarli durante, dare feedback dopo.

5.2. Tecniche

La correzione può essere fatta secondo diverse tecniche didattiche, non alternative, ma tutte praticabili in diversi momenti del curricolo. Se ne elencano alcune.- Nei compiti di prova, lasciare che gli studenti si correggano tra loro. - Fare la correzione orale collettiva degli errori: raggruppare gli errori per

tipologia, scrivere alla lavagna e fare scrivere sul quaderno le forme scorrette, chiedere agli studenti di riconoscerne la tipologia e di indicarne le sostituzioni possibili. Segnare sui compiti gli errori indicando la tipologia, ma senza dare la sostituzione, e fare correggere agli studenti.

- Segnalare la presenza di errori senza sottolineare la parola precisa, fare trovare gli errori agli studenti, chiedere di indicare la tipologia e di fornire la sostituzione lavorando in coppia.

- Nei compiti in classe segnare gli errori, indicare la tipologia e fornire la, o meglio una, sostituzione.

5.3. Conclusioni

Se è vero che la correzione è un lavoro frustrante e inefficace, si può tentare di renderla utile sia allo studente, per migliorare le prestazioni di scrittura, sia all'insegnante, per una conoscenza dei fatti linguistici più articolata e aderente alla realtà comunicativa.

Correggere è un’operazione dovuta, ma a patto che non paralizzi e non penalizzi la vivacità dell'espressione e il piacere di scrivere.

Esiti desiderabili della correzione sono sensibilizzare gli studenti all’errore, abituarli alla riflessione linguistica e incoraggiarli all’attento monitoraggio del loro lavoro, perché diventino capaci di auto-correggersi, cioè di capire le loro intenzioni comunicative e di misurare se gli sforzi di scrittura hanno consentito di esprimerle.

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