Un Binocolo Verso Le Stelle - Mauro Arpino Nostromics 2010)

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nostromics UN BINOCOLO VERSO LE STELLE Potresti già avere i  mezzi per esplorare l'universo (e non saperlo!) Mauro Arpino

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UN BINOCOLO VERSO LE STELLEPotresti già avere i  mezzi per esplorare l'universo (e non saperlo!)

Mauro Arpino

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I edizione (gennaio 2010)

Copyright c 2010 by Mauro Arpino

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UN BINOCOLO VERSO LE STELLEPotresti già avere i mezzi per esplorare l’universo (e non saperlo!)

Mauro Arpino

Forse conservi da qualche parte in casa unvecchio binocolo, ma non ti è mai venuto inmente di puntarlo in alto e di osservare il cie-lo. Probabilmente hai pensato che per guarda-re la volta stellata occorressero costosi e so-fisticati telescopi. E invece non è affatto così!Anche se molte (e sorprendenti) osservazionisi possono compiere già ad occhio nudo, è suf-ficiente il più modesto dei binocoli per poterguardare il cielo molto più in profondità.

Perché allora non provare le semplici os-servazioni che questo ebook ti propone? Maleche vada, avrai imparato qualcosa.

Figura 1 j Anche il più modesto dei binocoli dimentica-to in qualche armadio permetterà di aprire una finestrasulla volta stellata. (Wikimedia Commons; user MagnusManske)

Alziamo lo sguardo al cielo

Il binocolo è lo strumento ottico più comune.Anche il più semplice è molto più potente del-l’occhio nudo. Un piccolo binocolo da teatroconsente di ripetere le osservazioni compiute

da Galileo Galilei (1564–1642) quando scoprìle lune di Giove. C’è un ulteriore vantaggionel cominciare ad avvicinarsi all’astronomiacon uno strumento a costo zero trovato in ca-sa. Se saremo rapiti dalla passione compulsivadi passare le notti ad osservare le meravigliedella volta stellata, potremo comperare suc-cessivamente un costoso telescopio ed usarloal meglio, ma se invece scopriremo che conge-larci di notte per vedere puntini nel cielo non èesattamente la massima aspirazione della no-stra vita. . . poco male, rimetteremo il binocoloin fondo al cassetto e non avremo rischiato dispendere soldi in un inutile e ingombrante te-lescopio da conservare in un armadio. Cerche-remo quindi di conoscere meglio il binocoloper poterlo apprezzare e sfruttare. Prima peròcominciamo a vedere come appaiono gli astriin cielo.

Basta un’occhiata anche superficiale allavolta celeste per notare che su di essa appa-iono astri di natura molto differente. Il Sole,per esempio, è così luminoso che quando èsopra l’orizzonte impedisce la visione di qua-lunque altro astro; la sua luce rende azzurral’atmosfera e questo sfondo chiaro è più lu-minoso di ogni altro astro ad eccezione del-la Luna. Anche uno sguardo molto distrattoal cielo ci consente di renderci conto di alcu-ni cambiamenti, come le mutevoli fasi lunario la diversa durata delle giornate nei vari pe-riodi dell’anno. Se siamo appena un po’ piùattenti, ci capiterà prima o poi di vedere cheuna “stella” molto luminosa compare per pri-

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ma alla sera subito dopo il tramonto del Sole,proprio ad occidente. Dopo qualche mese nonla noteremo più perché appare immersa nellaluce del crepuscolo, ormai troppo vicina al So-le. La stessa cosa può accadere all’alba. Non sitratta tuttavia di una stella ma di un pianeta:Venere. Per molti è una vera e propria rive-lazione scoprire che i pianeti si possono “ad-dirittura” vedere ad occhio nudo, anzi, alcunitra essi sono tra gli astri più luminosi che cisiano sulla volta celeste: Venere è addirittural’astro più luminoso in cielo dopo il Sole e laLuna. Solamente i pianeti Urano e Nettuno so-no invisibili all’osservatore privo di strumentiottici e infatti sono stati scoperti mediante iltelescopio.

Le stelle sono di gran lunga gli astri più nu-merosi che possiamo vedere nel cielo e fra diesse, aguzzando lo sguardo in una notte mol-to limpida e senza Luna, possiamo vedere del-le macchie luminose, somiglianti a piccoli ba-tuffoli di nuvole debolmente illuminati: sonole nebulose, enormi nubi di gas e polvere do-ve si formano le stelle. Anche senza l’ausiliodi strumenti ottici è quindi possibile osservareuna vasta gamma di oggetti celesti. Si posso-no vedere le estese macchie scure sulla Luna,i cosiddetti Mari che oggi sappiamo essere ilrisultato di collisioni con meteoriti avvenutequasi 4 miliardi di anni fa; la loro facile iden-tificazione ha ispirato l’idea dell’Homunculus,cioè di quel “volto” che possiamo riconosceresulla Luna piena.

Le stelle sono immense sfere di gas soprat-tutto idrogeno, l’elemento più comune nell’u-niverso. Esse sono esattamente come il nostroSole; alcune stelle sono molto più grandi e lu-minose del Sole, altre invece sono più picco-le, fredde ed emettono solamente una frazio-ne dello splendore solare. Il Sole è, dunque,una stella, ma a differenza di tutte le altre, èimmensamente più vicina a noi. Le stelle bril-lano nella notte perché al loro interno avvieneuna produzione di energia e la fonte della lo-

ro luce è di tipo nucleare; si tratta di reazioniche riguardano la fusione di nuclei di elemen-ti chimici leggeri come idrogeno ed elio, men-tre nei reattori nucleari che l’uomo costruiscesulla Terra l’energia nucleare è prodotta dallascissione di nuclei pesanti come l’uranio. Tut-ta l’energia che il Sole riversa sulla Terra è pro-dotta nel centro del Sole mediante la trasfor-mazione nelle reazioni nucleari di idrogeno inelio ad una temperatura di circa 15 milioni digradi. Perciò quando mangiamo l’insalata nonfacciamo altro che acquisire un po’ di energianucleare prodotta dal Sole e conservata nei le-gami chimici delle molecole delle cellule checompongono le foglie di insalata.

Il Sole è di gran lunga l’oggetto più lumi-noso nel cielo ma le stelle che splendono nellanotte possono essere molto più luminose delSole! Certo, questo sembra una contraddizio-ne, ma tutto si chiarisce se comprendiamo ladifferenza tra il concetto di magnitudine appa-rente (ovvero la brillantezza di una stella nelcielo notturno) e quello di luminosità (cioè laquantità di energia che emette la stella). Lamagnitudine apparente dipende quindi dalladistanza di una stella: ci sono delle stelle im-mensamente più “luminose” del Sole che pe-rò appaiono nella notte come fioche stellinea causa della loro enorme distanza da noi. Èquesto il caso della famosa stella Polare nel-la costellazione dell’Ursa Minor (Orsa Mino-re) che si trova a 430 anni-luce di distanza danoi, ha una massa di circa 7,5 volte quella delSole (cioè occorrono 7 soli e mezzo per “pe-sare” tanto quanto la Polare), ha un diame-tro di 30 volte quello del Sole e splende co-me 2.200 stelle come la nostra. Ecco qualcosadi veramente impressionante: immaginare losplendore di oltre duemila soli insieme.

Come vedete, l’astronomia è sempre affasci-nante e non occorre stupire i nostri amici conracconti di Buchi Neri e di violente sorgentidi raggi X ai confini dell’universo conosciu-to. Per cogliere la maestosità dell’universo è

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sufficiente considerare una normalissima stel-la come quella che in tutte le ore della notte è lìsempre al nostro servizio, per indicarci fedel-mente il punto cardinale nord. Sebbene nonesista ufficialmente una vera e propria stel-la polare del sud, una debole stellina, SigmaOctantis, appena visibile ad occhio nudo distacirca un grado dal Polo celeste sud. Sulla ban-diera del Brasile questa stella rappresenta lacapitale Brasilia. Abbiamo introdotto un con-cetto importante: l’anno-luce. Si tratta di unaunità di misura delle distanze che esprime lospazio percorso dalla luce in un anno. In astrono-mia infatti, non avrebbe alcun senso parlaredi km, perché la velocità della luce nel vuo-to è pari a 299.792.458 m/s e perciò un anno-luce corrisponde a 9.460.730.472.580,8 km, pa-ri a 63.241 volte la distanza fra la Terra ed ilSole (nota come Unità Astronomica). È una di-stanza enorme, difficile persino da leggere epensare che la stella più vicina, Proxima Cen-tauri, si trova a 4,2 anni-luce. Questo significache quando noi guardiamo quella stellina lavediamo com’era oltre quattro anni fa. Si com-prende, perciò, come il concetto di simultanei-tà abbia senso unicamente nel nostro piccoloambito locale, dove la luce sembra velocissi-ma, ma non su scala cosmica. Provate a tele-fonare ad un amico su Proxima Centauri, do-vrete aspettare otto anni e mezzo per riceverela risposta!

L’osservazione del cielo è quindi alla por-tata di tutti; chiunque può divertirsi a curio-sare tre le stelle, magari imparando qualcosasu di esse. Come vedete il discorso ci ha giàcondotto molto lontano: siamo partiti dall’os-servare le stelle dal balcone di casa nostra esiamo giunti, guidati dalla curiosità, a capi-re che le stelle sono delle lontane sorgenti dienergia nucleare. Da qui si potrebbe riparti-re con molte altre domande: come avvengonoesattamente queste reazioni nucleari? Perchéle stelle sono calde? Di che cosa sono compo-ste? L’idrogeno dove lo troviamo qui da noi

Figura 2 j Terminato lo spettacolo i due signori potran-no ancora usare i loro binocoli per osservare la Luna.Pierre-Auguste Renoir (1841–1919), La loge, olio su te-la, 80 x 63,5 cm (1874), Courtauld Institute Galleries,London. (Wikimedia Commons; user Luestling)

sulla Terra? Chi ha fatto queste scoperte? E co-sì via. Si potrebbe tenere impegnata una classedi ragazzi per mesi ragionando su queste cosee non faremmo altro che ripercorrere la sto-ria dell’astronomia. Potete approfondire que-sto affascinante percorso leggendo l’ebook Leidee dell’astronomia, liberamente scaricabile dalsito di Nostromics (www.nostromics.com).

Perciò per iniziare questo viaggio verso lacomprensione dell’universo attorno a noi, èsufficiente osservare il cielo di notte ad occhionudo o meglio ancora con l’aiuto di un sem-plice binocolo, senza dimenticare naturalmen-te di dotarsi di una grande curiosità. Conti-nuiamo allora a parlare di stelle; ora dobbia-mo capire cosa sono le costellazioni di cui tan-

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to si parla. Le costellazioni che vediamo nel cie-lo sono semplicemente dei gruppi di stelle traloro raccolte in una certa configurazione cheforma un “disegno” a cui è spesso associatauna leggenda. Alcune costellazioni sono mol-to antiche, come l’Orsa Maggiore, che proba-bilmente affonda le sue origini nelle comunitàprimitive di raccoglitori-cacciatori del Paleoli-tico. I miti legati alle costellazioni si sono ac-cumulati lentamente, generazione dopo gene-razione e sono stati tramandati, dapprima informa orale e successivamente all’invenzionedella scrittura furono fissati in testi. C’è tut-ta la storia dei nostri più arcaici miti lassù,sulla volta stellata! Altre costellazioni, soprat-tutto quelle nell’emisfero australe, sono inve-ce creazioni recenti, conseguenza dei viaggi diesplorazione geografica dei navigatori euro-pei e della rivoluzione scientifica. Le stelle diuna costellazione non hanno alcun legame fi-sico tra loro e si trovano in realtà a distanze danoi molto diverse.

In astronomia si usa il termine asterismoper indicare un qualunque gruppo di stellevisibile nel cielo notturno, riconoscibile perla sua particolare configurazione geometrica.Può essere una parte di una costellazione co-me ad esempio il Grande Carro costituito dal-le sette stelle più luminose della costellazio-ne dell’Orsa Maggiore, oppure può essere for-mato da stelle appartenenti a costellazioni di-verse come il cosiddetto Triangolo Estivo cheha per vertici le stelle Deneb del Cigno, Altairdell’Aquila, e Vega della costellazione Lira. Sitratta di tre stelle particolarmente luminoseche caratterizzano le notti delle estati boreali.

A differenza delle stelle, astri lontanissimiche producono energia, i pianeti che vedia-mo di notte sono oggetti solidi o gassosi, e co-me la Terra, orbitano attorno al Sole. Ma comericonoscere i pianeti in mezzo alle stelle delcielo? Innanzi tutto diciamo che quelli visibiliad occhio nudo, quando sono sopra l’orizzon-te, appaiono come “stelle” piuttosto luminose,

poi, a differenza delle stelle vere che scintilla-no, i pianeti hanno una luce fissa che non palpi-ta. Questo è un criterio semplice ma davveroefficace.

I pianeti sono oggetti astronomici di granlunga più vicini delle stelle, collocati nelle vi-cinanze del Sole e che si possono esploraremediante sonde spaziali automatiche. Gli ot-to pianeti in ordine di distanza dal Sole so-no: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Sa-turno, Urano e Nettuno. Questi ultimi duenon sono visibili ad occhio nudo, mentre glialtri sono noti fin dall’antichità. È stato l’a-stronomo polacco Niccolò Copernico (1473–1543) a spiegare al mondo che la Terra è unpianeta come gli altri e che gira attorno alSole. Prima di lui le concezioni astronomi-che prevalenti immaginavano che la Terra fos-se ferma al centro di tutto l’universo. L’in-sieme dei pianeti, delle lune che orbitano at-torno a loro, dei pianeti nani come Plutoneed Eris, degli asteroidi (minuscoli pianetinicollocati soprattutto tra l’orbita di Marte equella di Giove), senza dimenticare le come-te, costituiscono complessivamente il SistemaSolare.

Le circa seimila stelle dell’intera sfera cele-ste osservabili ad occhio nudo, sono solamen-te una minima frazione delle stelle che appar-tengono alla Via Lattea, o Galassia. Questa ap-pare nel cielo notturno come un nastro di lucediffusa, più debole in corrispondenza delle co-stellazioni quali il Canis Major e Orione, mol-to più appariscente invece, in direzione del-lo Scorpione e del Sagittario. È difficile direquante stelle compongano la Via Lattea, le sti-me degli astronomi variano tra i 200 e i 400miliardi di stelle, e tra esse c’è naturalmenteanche il Sole. Le ricerche astrofisiche hannodimostrato che molte stelle hanno pianeti cheorbitano loro attorno: sono quindi altri sistemiplanetari.

Il binocolo che abbiamo in casa è l’erede diuna lunga tradizione di strumenti ottici che ri-

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sale addirittura a Galileo Galilei. Galileo co-struì nel 1609 i suoi primi telescopi con la lentedell’obiettivo di appena qualche centimetro didiametro e lunghi poco più di un metro. Nelsecolo successivo il cannocchiale, detto anchetelescopio rifrattore, si perfezionò, ma il grandefisico inglese Isaac Newton (1643–1742) mo-strò come si sarebbe potuto realizzare un te-lescopio usando specchi, anziché lenti, comeobiettivo per raccogliere la luce. Così nacqueil telescopio riflettore. Un’altra fondamentaleinnovazione si verificò verso il 1870, quandol’astronomo tedesco Max Wolf applicò per laprima volta l’emulsione fotografica alla ripre-sa delle immagini degli astri. In questa manie-ra era possibile ottenere una documentazio-ne oggettiva di quanto si osservava al telesco-pio, utile per ulteriori studi e per confronti adistanza di tempo. Diventava anche possibilemostrare a tutti su libri e riviste direttamen-te gli oggetti del cielo senza più passare attra-verso la mediazione di un disegno. Con l’in-troduzione della lastra fotografica il telescopioriflettore, cioè il telescopio a specchio, che èpiù adatto del telescopio rifrattore per la foto-grafia, soppiantò quest’ultimo. Da allora tuttii maggiori strumenti realizzati sono riflettori,come il telescopio da 5 metri di diametro diMonte Palomar, realizzato verso la metà del XXsecolo, il Telescopio Spaziale Hubble, in orbita at-torno alla Terra e il Very Large Telescope da 16metri.

Anche se non disponiamo dei più granditelescopi astronomici, la cui progettazione ecostruzione ha richiesto addirittura gli sforzidi molte Nazioni consorziate ma possediamosolamente un modesto binocolo, potremo pe-rò ripetere molte delle osservazioni che han-no condotto Galileo a rivoluzionare l’astrono-mia e la visione che l’uomo ha dell’universo.Se ci pensate, noi siamo più fortunati di Ga-lileo perché i 400 anni che ci separano dallesue prime osservazioni telescopiche non sonotrascorsi inutilmente e oggi conosciamo i fe-

nomeni dell’universo, le leggi che lo regolanoe gli astri che lo compongono, molto meglio dilui e dei suoi contemporanei. Chiunque di noi,per esempio, può vedere in fotografia le eru-zioni vulcaniche riprese dalle sonde spazialisulla superficie di Io, una delle lune di Gioveche fu osservata da Galileo a Padova nel gen-naio del 1610 solamente come una stellina. Echiunque, per quanto poco sappia di astrono-mia, ha sentito parlare degli anelli di Saturno,mentre Galileo, con i suoi primitivi telescopi,non era riuscito a ingrandirli sufficientemen-te da poterli riconoscere: riusciva a vedere so-lo un “misterioso” rigonfiamento ai bordi delpianeta senza capire cosa fosse.

Il binocolo è uno strumento costituito dal-l’unione di due cannocchiali di bassa poten-za dentro cui si guarda con due occhi anzichécon uno solo. Per alcuni aspetti dell’osserva-zione astronomica il binocolo si rivela lo stru-mento ideale. I modelli comuni sono i 7x50 oi 10x50, meno comuni sono i grossi modelli20x80; il primo numero indica l’ingrandimen-to, il secondo il diametro in millimetri. Con ildenaro speso per un piccolo telescopio di bas-sa qualità si può acquistare un buon binocoloche durerà per sempre. Uno dei metodi mi-gliori per utilizzare il binocolo è accomodar-si su una sedia a sdraio, preferibilmente conlo schienale regolabile da tenere in posizioneeretta per scrutare verso l’orizzonte e reclinatoper guardare più in alto. Se la sedia ha i brac-cioli appoggiatevi i gomiti in modo da man-tenere fermo il binocolo: le stelle saranno per-ciò punti fissi di luce e non sciami svolazzanti.Un alto ingrandimento rende però necessarioun montaggio fisso, altrimenti i piccoli movi-menti naturali della mano vengono amplifica-ti troppo. Per fissare il binocolo si può impie-gare un comune treppiede fotografico dotatodi un apposito adattatore. Il limite indicativodi ingrandimento oltre il quale è preferibilel’uso del supporto fisso può essere indicato in9x o 10x.

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Figura 3 j Indicazione dell’ingrandimento (7x) e deldiametro (50 mm) all’esterno un binocolo. (WikimediaCommons; user Delimata)

Per verificare l’allineamento di un binocolochiedete a qualcuno di coprire una delle len-ti degli obiettivi con un libro o qualcosa di si-mile mentre puntate su qualche oggetto lonta-no. Tenete gli occhi aperti. Chiedete quindi alvostro amico di togliere il libro: se all’istantepercepite due immagini (che poi rapidamen-te il vostro cervello farà confluire in una so-la) significa che il sistema di lenti del binoco-lo non è allineato e occorre regolarlo. La mag-gior parte dei binocoli è dotato di un ocula-re che consente la messa a fuoco mentre l’al-tro resta fisso. C’è poi una ulteriore regolazio-ne con una rotellina collocata sulla montatura,nel mezzo, che permettere di regolare i due tu-bi insieme. Per adattare al meglio il binocoloalla nostra vista si opererà dapprima sull’ocu-lare che dispone della regolazione, chiudendol’altro occhio e quindi comportandosi come sefosse un solo cannocchiale. Questo permettedi calibrare le differenze che ci sono tra un oc-chio e l’altro. Successivamente, con entrambi

gli occhi aperti, si procederà rapidamente a re-golare la rotella centrale girandola fino a chevedremo una sola immagine.

Sembra che fin dal tempo dell’invenzionedel telescopio nel XVII secolo siano stati consi-derati i vantaggi di montare insieme due can-nocchiali affiancati per poter permettere unavisione binoculare. Questa è decisamente piùriposante perché non è necessario chiuderela palpebra dell’altro occhio e garantisce me-glio una visione più naturale. I primi binocolierano realizzati affiancando due cannocchia-li di tipo galileiano che hanno il vantaggio dimostrare una visione diritta (cioè non metto-no l’alto in basso come il telescopio kepleriano)ma hanno lo svantaggio di avere un campodi vista estremamente stretto, cioè abbraccia-no una porzione di paesaggio molto limitata.Alcuni binocoli molto economici sono costrui-ti in questo modo e praticamente tutti i bino-coli da teatro. Il tipo più comune di binocoloè quello a prisma di Porro ed è il più consiglia-bile per l’osservazione celeste. Prende il nomedall’ottico italiano Ignazio Porro (1801–1875)che brevettò questo sistema per raddrizzarel’immagine nel 1854.

Oculare

Prismadi Porro

Obiettivo

Figura 4 j Schema ottico di un comune binocolo conprisma di Porro. (Wikimedia Commons; user Antilived)

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CONSIGLI (MOLTO) PRATICI

Impariamo a misurare gli angoli con lemani

Prima di cominciare l’osservazione del cielocon un binocolo è fondamentale imparare amisurare gli angoli in cielo. La misura del dia-metro angolare di oggetti lontani di grandidimensioni può essere fatta in maniera mol-to semplice. La Luna e il Sole hanno una di-mensione di mezzo grado, o 30 minuti d’arco. Ildettaglio più piccolo che il vostro occhio è ingrado di percepire senza ausilio ottico è circaun minuto d’arco, cioè un 1/30 del diametrodella Luna o del Sole.

Ci sono dei riferimenti molto semplici chepossono darci l’idea delle dimensioni angolaridegli oggetti.

� la larghezza di un pollice di media gran-dezza, alla distanza di un braccio teso, èvista sotto un angolo di 1 o 2 gradi;

� la larghezza di un pugno chiuso è vistasotto un angolo valutabile attorno agli8–10 gradi;

� la larghezza di una mano completamenteaperta (una spanna) appare sotto l’angolodi 17–20 gradi.

Le principali caratteristiche di un binocolosono l’apertura in millimetri della lente del-l’obiettivo e l’ingrandimento. Questi dati sonosempre riportati sul binocolo stesso. Ripetia-mo che le scritte 7x50 o 20x80, per esempio,indicano rispettivamente l’ingrandimento (7 o20) e il diametro delle due lenti espresso inmillimetri (50 o 80). L’ingrandimento, in ognitelescopio o binocolo, è il rapporto, cioè la di-visione, tra l’angolo sotto il quale si vede unoggetto, per esempio un albero lontano, attra-verso lo strumento e l’angolo sotto il quale losi vede ad occhio nudo. Il diametro dell’obiet-tivo è molto importante poiché più grande è

la superficie della lente, maggiore è la quan-tità di luce che viene raccolta consentendo inquesto modo di vedere stelle sempre più de-boli. Se si divide il diametro dell’obiettivo perl’ingrandimento (per es. 50 : 7 = 7; 1) si ottie-ne il diametro della cosiddetta pupilla d’uscitadello strumento, cioè il diametro di quel pic-colo disco luminoso che si forma sulla super-ficie dell’ultima lente dell’oculare quando lasi osserva da una ventina di centimetri di di-stanza avendo puntato l’obiettivo su una su-perficie chiara. Perciò i due binocoli 10x50 e8x40 hanno la stessa pupilla d’uscita e quindila medesima luminosità, nonostante l’ultimoabbia un ingrandimento minore. Se la pupil-la d’uscita è grande quanto quella dell’occhioche osserva, l’occhio può raccogliere tutta laluce che esce dal binocolo e la resa dell’osser-vazione è massima per quel che riguarda laluminosità. Non conviene scegliere strumenticon pupilla d’uscita grande (8–9 mm) poichéquasi mai si avrà la possibilità di sfruttare inpieno lo strumento, la pupilla del nostro oc-chio è generalmente più piccola. Ricordiamopoi che in un uomo di più di 50 anni la pupil-la difficilmente al buio supera i 5 millimetri.Quindi comprate un binocolo con una pupillad’uscita maggiore solamente se siete giovani.

Controlli all’acquisto di un binocolo

� Osservare bene la pupilla d’uscita. Lostrumento è buono se appare perfetta-mente circolare e di luminosità omoge-nea.

� Se muovete leggermente lo strumentonon si deve sentire alcun rumore di qual-cosa che si muove; in caso contrariorifiutate senz’altro l’acquisto.

� Osservare le immagini ai bordi del cam-po, queste non devono presentare colo-razioni, altrimenti lo strumento soffre diaberrazione cromatica.

� Osservando in distanza l’interno del-

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lo strumento, dalla parte dell’obiettivo,si possono verificare le condizioni deiprismi e delle lenti.

Adattamento al buio

Un aspetto importante per prepararsi all’os-servazione ad occhio nudo o con un binocolo èl’adattamento dell’occhio al buio notturno. In-nanzi tutto cercate una località molto lontanada fonti di luce e ricordiamo questi concetti:

� La pupilla dell’occhio ha bisogno ditempo per dilatarsi;

� l’adattamento comincia rapidamente macontinua lentamente;

� è necessario restare al buio per 20–30minuti;

� impiegate solamente deboli lampadinerosse per illuminare le carte del cielo.

Visione distolta

Per osservare nel campo del binocolo ogget-ti celesti deboli ma estesi è necessario sfrutta-re la cosiddetta visione distolta. La parte cen-trale della pupilla è molto meno sensibile allaluce dei margini esterni; con la “coda dell’oc-chio” si percepisce meglio un debole chiaro-re, al limite della visibilità come una nebulo-sa. È un’esperienza per certi versi frustrante:si cerca di “afferrare” con lo sguardo un og-getto che sappiamo essere presente nel cam-po di vista dell’oculare, ma quando ci pro-viamo. . . sfugge irrimediabilmente! Però po-tremo sempre scrivere nel diario dove anno-tiamo le osservazioni che quel particolare og-getto, pur debole, è stato realmente visto. Pervederlo meglio bisogna raccogliere più lucecioè comprare uno strumento ottico con undiametro maggiore. . . e spendere di più!

E ADESSO COSA OSSERVIAMO?

Luna

Ad occhio nudo la Luna mostra già delle mac-chie chiare (le Terræ) e scure (i Maria), ma conun semplice binocolo riconoscere i mari saràmolto semplice e vedremo anche quelli piùpiccoli. Se utilizzate un binocolo o un picco-lo telescopio per osservare la Luna quando èquasi piena, scorgerete il luminoso cratere Ty-cho circondato da una serie di raggi. Osservan-do con attenzione noterete che alcuni di questiraggi si prolungano fino al bordo del nostrosatellite a circa 1500 km di distanza. I raggisono maggiormente visibili con la Luna pienae quasi impercettibili nel corso delle altre fasilunari. Essi hanno un andamento praticamen-te rettilineo che non è modificato dalla presen-za di altre formazioni; inoltre non presenta-no mai ombre: se ne può dedurre che si trattadi materiale depositato sulla superficie carat-terizzato da alto potere riflettente. Riflettonoquindi la luce solamente quando sono illumi-nati quasi perpendicolarmente dalla luce sola-re durante la Luna piena, mentre non rifletto-no la luce radente del Sole basso sull’orizzon-te lunare nelle altre fasi. La Luna può certa-mente essere osservata ad occhio nudo, ma os-servarla attraverso uno strumento ottico, perquanto piccolo, dà certamente più soddisfa-zioni. Le principali caratteristiche superficia-li lunari visibili ad occhio nudo sono i famosimari. Non si tratta naturalmente di mari d’ac-qua ma solamente di pianure scure di originevulcanica. Ad occhio nudo queste “macchie”,cioè i mari, danno l’impressione che sulla Lu-na piena ci sia un omino che guarda a boccaaperta la Terra. I mari lunari coprono il 35%della superficie del nostro satellite. Le zonechiare grigie-bianche, dette terræ, sono invecealtipiani accidentati e fortemente ricoperti dicrateri.

Un altro interessante fenomeno visibile ad

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occhio nudo è la luce cinerea. Meglio osserva-bile poco prima o poco dopo la Luna Nuova,esso consiste in un debole chiarore di colorecenere sulla parte del disco lunare non illu-minata dal Sole causata dal riflesso sulla su-perficie lunare della luce dalla Terra. Potrem-mo definirlo come il “chiaro di Terra in unanotte lunare” analogo alle nostre notti al chia-ro di Luna, così care agli innamorati. Quandopoi la Luna giunge al primo quarto, la porzio-ne illuminata dal Sole diventa troppo lumino-sa perché la luce cinerea possa essere vista adocchio nudo, ma può ancora essere vista me-diante un piccolo telescopio o un binocolo. Ilnostro pianeta riflette quindi molta luce, circail 39% di quella che riceve, grazie soprattut-to all’alto potere riflettente delle nuvole. Se citrovassimo sulla Luna e guardassimo nel cielola “Terra piena”, essa risulterebbe circa 80 vol-te più luminosa della Luna piena vista da Ter-ra. Una piccola percentuale di questa luce vie-ne riflessa dalla superficie lunare e ritorna sul-la Terra: è proprio quella che chiamiamo lucecinerea. Sembra che il primo a comprendere lavera natura delle luce cinerea sia stato Leonar-do da Vinci (1452–1519), ma solamente GalileoGalilei ne darà una spiegazione completa. Laluce cinerea, secondo le misure dell’astrono-mo francese André-Louis Danjon (1890–1967),è undicimila volte più debole del chiarore del-la Luna piena, e questa è circa mezzo milionedi volte meno luminosa del Sole.

La Luna riflette solamente il 7,3% della lu-ce che riceve dal Sole, è quindi un corpo qua-si nero, con un colore che somiglia a quel-lo di certe rocce vulcaniche. Contrariamentea quanto si potrebbe pensare, la Luna al pri-mo e ultimo quarto ha solamente un dodice-simo della luminosità della Luna piena e nonla metà. La causa di ciò è dovuta al fatto che iraggi del Sole, in quelle fasi, giungono raden-ti sulla regione molto accidentata da crateri erilievi montuosi vicino al terminatore lunare.Ci sono quindi molte zone superficiali in om-

Figura 5 j La Luce cinerea è il debole chiarore che sipuò osservare sulla parte in ombra della Luna quantoè una piccola falce. È prodotta dal riflesso sulla super-ficie del nostro satellite della luce terrestre. Una coppiadi innamorati sulla Luna si troverebbe in una romanticanotte lunare al chiaro di Terra. (Wikimedia Commons;user Ilmari Karonen)

bra. L’ultimo quarto è un po’ meno lumino-so del primo perché le regioni illuminate com-prendono estesi mari scuri. Solamente tre gior-ni dopo il primo quarto la luminosità della Lu-na diventa metà di quella della Luna piena. Sesi osserva con il binocolo la Luna al primo o alterzo quarto, è pure possibile scorgere lungoil tratto che separa la luce dall’ombra, dettoterminatore, le irregolarità dei rilievi attorno aicrateri, poiché qui il bordo illuminato diven-ta irregolare a causa delle diverse elevazioni.Fu il gesuita italiano Giovanni Battista Riccio-li (1598–1671) a dare molti nomi alle caratteri-stiche della superficie lunare che sono rimastinell’uso. Nel 1651 pubblicò l’Almagestum No-vum con una carta lunare basata sulle osser-vazioni di un suo allievo. In essa i nomi dellemontagne sono presi dalla geografia europea(Alpi, Appennini, Carpazi); i nomi dei mari sonodi fantasia e si riferiscono a stati d’animo (Ma-re della Serenità, Mare della Tranquillità), oppu-re a fenomeni meteorologici (Mare delle Piog-ge, Oceano delle Tempeste) che si credevano en-

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Figura 6 j Disegno di Leonardo da Vinci della Luce ci-nerea. Si trova nel Codex Leicester scritto tra il 1506 e il1510. (Wikimedia Commons; user Magnus Manske)

trambi influenzati dalla Luna. I nomi dei cra-teri derivano invece da personaggi famosi, so-prattutto filosofi e astronomi. Altre caratteri-stiche lunari, le cosiddette Paludi, hanno nomidavvero curiosi come Palude delle Epidemie, Pa-lude della Putredine e quella del Sonno. Ma poiper consolarci potremo andare nel Sinus Suc-cessus (la Baia del Successo) oppure nel SinusIridium (Baia degli Arcobaleni).

Gli amici di Riccioli, anche poco noti, han-no certamente ricevuto un trattamento di fa-vore: a loro sono stati attribuiti grandi crate-ri, mentre a se stesso Riccioli ne ha dedicatouno di 160 km. La vanità quindi non è una ca-ratteristica che troviamo solamente sulla Ter-ra! Attribuì inizialmente a Galileo un’ampiae luminosa caratteristica oggi nota come Rei-ner Gamma. Ma successivamente l’astronomo

tedesco Johann Heinrich von Mädler (1794–1874) pubblicò in quattro parti tra il 1834 eil 1836 e in collaborazione con Wilhelm Beer,un’importantissima carta, la Mappa Selenogra-phica, dove il nome “Galileo” fu trasferito al-l’insignificante cratere di soli 15 km di diame-tro lì vicino che attualmente porta questo no-me. Il motivo per cui Mädler dovette fare que-sto cambiamento aveva origine nella sua scel-ta di non conferire nomi alle semplici macchiedi albedo, cioè zone caratterizzate solamenteda una elevata riflettività del terreno lunare.Al contrario Riccioli aveva identificato la Rei-ner Gamma come un cratere e lo aveva dedi-cato a Galileo pur non condividendo le sueopinioni eliocentriche.

La straordinaria abilità di Johann Mädler il-lustra una verità che dovrebbero tenere benpresente tutti coloro che decidono di osser-vare il cielo: non è sufficiente avere a dispo-sizione dei buoni strumenti di osservazione,ma occorre essere armati di una grandissimadeterminazione e dell’abilità di impiegarli almeglio, fino a raggiungere il limite delle lo-ro possibilità. Nel 1824 Mädler ebbe la fortunadi incontrare un ricco banchiere Wilhelm Beerche nel 1829 decise di allestire un osservato-rio astronomico privato dotato di un telesco-pio rifrattore con un obiettivo da 9,5 cm rea-lizzato dal celebre ottico tedesco Joseph vonFraunhofer. Johann Mädler andò perciò a la-vorare in quell’osservatorio. Si trattava di untelescopio piuttosto piccolo, ma è davvero dif-ficile trovare nel corso della storia dell’astro-nomia un altro strumento che sia stato sfrut-tato meglio di quel piccolo rifrattore. Se nonne siete convinti sentite cosa riuscirono a fareMädler e Beer.

La descrizione della Luna dei due astrono-mi tedeschi culminò nella pubblicazione del-l’opera Der Mond nel 1837 e nella mappa a cuiabbiamo accennato. Questa aveva un diame-tro di 94 cm e riportava più di 7000 crateri.Entrambe furono le migliori descrizioni del-

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la Luna per molte decadi e non furono supe-rate fino alla pubblicazione della carta luna-re di Johann Friedrich Julius Schmidt verso il1870. Beer e Mädler raggiunsero con le loro os-servazioni la ferma convinzione che le carat-teristiche superficiali della Luna non mutanonel tempo e che la Luna non ha un’atmosferané acqua. Ma la Luna non era abbastanza perloro. Si dedicarono quindi anche alle osser-vazioni del pianeta Marte a partire dal 1830.Furono i primi a scegliere la Sinus Meridiani(Baia del Meridiano) una struttura visibile sulPianeta Rosso, come meridiano fondamentalenelle mappe di Marte. Le loro furono le primecarte di Marte nella storia ed i due astrono-mi determinarono il periodo di rotazione delpianeta con ottima precisione.

Per chi è dotato di un binocolo però Marteè un oggetto del tutto al di fuori della portata;le sue piccole dimensioni angolari lo rendonopuntiforme per gli ingrandimenti tipici del bi-nocolo da 7 a 10. Le cose andranno meglio conil pianeta successivo in ordine di distanza dalSole: Giove.

Giove

Con un binocolo riusciremo ad osservare lequattro lune scoperte da Galileo nel 1609 so-prattutto quando si trovano alla massima di-stanza angolare da Giove che apparirà semprecome un punto molto luminoso. I loro nomisono: Io, Europa, Ganimede e Callisto: si trat-ta di alcuni tra i corpi più grandi del sistemasolare se escludiamo il Sole e gli otto piane-ti. Da allora sono state scoperte numerosi al-tri satelliti di Giove, soprattutto recentemente.Al momento sono note ben 63 lune giovianela gran parte delle quali minuscole. Dal mo-mento che stiamo parlando di Giove, di granlunga il pianeta più grande del Sistema Sola-re, vale la pena di accennare alla sua immensamagnetosfera, cioè la regione di spazio attornoal pianeta in cui è presente un campo magneti-

co da esso generato. Ebbene, la magnetosferadi Giove è così grande che se fosse possibilevederla con i nostri occhi, da Terra apparireb-be nel cielo ben cinque volte più grande deldisco della Luna piena pur essendo circa 1700volte più lontana del nostro satellite. Purtrop-po, (o per fortuna!) i nostri cinque sensi non cipermettono di percepire i campi magnetici.

Le prime osservazioni dettagliate di Gio-ve furono effettuate da Gan De astronomo-astrologo cinese, vissuto nel IV secolo a.C. Eglidescrisse il pianeta come “molto grande e lu-minoso”, riportando di aver visto ad occhionudo uno dei satelliti di Giove, forse Ganime-de o Callisto, nel 364 a.C., quasi duemila anniprima della loro scoperta per opera di Gali-leo Galilei. Teoricamente i satelliti medicei sa-rebbero visibili ad occhio nudo raggiungen-do una magnitudine apparente al limite del-la visibilità se non fossero nascosti dalla lumi-nosità preponderante di Giove. Come potreb-be essere riuscito ad osservare questi satellitidi Giove? Probabilmente occultando, cioè co-prendo, Giove con un sottile oggetto che eli-mini gran parte della luce del pianeta, lascian-do però passare la debole luce del satellite neisuoi dintorni. Provateci anche voi!

Mizar e Alcor (Orsa Maggiore)

Le due stelle Mizar e Alcor nella costellazionedell’Orsa Maggiore, sono una coppia di stellemolto vicine tra loro; si tratta perciò dell’esem-pio più noto di stella doppia. Le stelle doppiesono stelle che appaiono molto vicine, a vol-te si tratta solamente di un effetto prospetti-co ma potrebbero anche essere legate gravita-zionalmente e orbitare attorno al comune cen-tro di massa. Spesso è molto difficile distingue-re tra le due possibilità e occorrono decenni,e talvolta secoli di osservazioni per scoprirlo.Le persone dotate di una buona vista possononotare la debole stella compagna di Mizar ap-pena ad est, chiamata Alcor oppure 80 Ursæ

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Majoris. Le due stelle sono a volte chiamaterispettivamente il Cavallo e il Cavaliere. Sem-bra che costituissero un test della vista per gliantichi cavalieri arabi. Mizar è la stella centra-le del timone del Grande Carro; appare comeun astro di colore bianco di seconda magni-tudine ed è visibile anche dalle città. Poichéla sua luminosità tende a oscurare il minorechiarore di Alcor, per osservare quest’ultima ènecessario un cielo piuttosto buio. Il più pic-colo dei binocoli è però sufficiente per distin-guere molto chiaramente le due componenti,che appaiono ben separate. Alcor si presen-ta con un colore un po’ più giallastro dellacompagna maggiore.

� Capricorni

Figura 7 j Alpha Capricorni (Algedi) è una stella doppiaprospettica. Algedi deriva dall’arabo al-jady (il capretto).La stella �

1 Capricorni, chiamata anche Prima Giedi èla componente più luminosa; �2 Capricorni è detta Se-cunda Giedi. Si possono vedere separate già ad occhionudo. (Wikimedia Commons; user Magnus Manske)

� Capricorni, nella costellazione del Capri-corno, è una delle stelle doppie più facili da

risolvere ad occhio nudo: le sue componentisono infatti separate da oltre 6’, circa un quin-to del diametro apparente della Luna. Al bi-nocolo le due componenti sono nettamente vi-sibili: entrambe appaiono di un colore giallo-gnolo o arancione. Si tratta di due stelle vici-ne solo prospetticamente, senza alcun legamegravitazionale tra loro; �1 Capricorni, nota an-che come Prima Giedi, si trova a 686 anni-luce,mentre �2 Capricorni, Secunda Giedi, è a 108anni-luce.

Figura 8 j Mappa della costellazione del Capricor-no. (Wikimedia Commons; user Alfio) Gift Shop!Nostromics Store – Constellations.

Iadi (il muso del Toro)

Quello delle Iadi è l’ammasso aperto più vi-cino a noi in assoluto: dista appena 151 anni-luce, è molto brillante ed è composto da ungran numero di stelle sparse, molte delle qua-li sono visibili anche ad occhio nudo. Un am-masso aperto è un gruppo di stelle nate in-sieme da una nube molecolare gigante e ancoraunite dalla reciproca attrazione gravitaziona-le. Sono anche chiamati ammassi galattici, poi-ché si trovano solo all’interno del disco galat-tico. Si distinguono dagli ammassi globulari per

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il minor numero di stelle. Generalmente que-sti ultimi sono molto grandi, comprendono al-cune centinaia di migliaia di stelle, e si ritieneche si siano formati tutti nella stessa epoca, incontemporanea alla formazione della nostragalassia, la Via Lattea. Secondo la mitologiagreca, le Iadi erano le ninfe figlie di Etra e diAtlante, il titano condannato a trasportare ilglobo terrestre sulle sue spalle per l’eternità.Dall’unione fra Atlante e Pleione erano nateinvece le ninfe Pleiadi; perciò i due gruppi dininfe sono sorellastre, avendo il padre in co-mune. Non a caso dunque i Greci chiamaronocon questi due nomi due ammassi di stelle po-sti a breve distanza l’uno dall’altro. La stellapiù luminosa osservabile nell’ammasso è Al-debaran, l’occhio rosso del toro infuriato, cheperò non ne fa parte, si trova infatti a circa me-tà strada tra noi e l’ammasso. Circa 300 stel-le sono membri accertati o probabili dell’am-masso, la maggior parte di queste non sono vi-sibili ad occhio nudo. Un piccolo binocolo, co-me un 6x30, già è sufficiente per individuarequasi tutte le componenti dell’ammasso, com-ponenti che diventano del tutto visibili con un10x50.

Pleiadi

L’ammasso delle Pleiadi, nella costellazionedel Toro, è senza dubbio uno degli oggettidel cielo più noti; conosciuto fin dalle epo-che più remote, è l’ammasso aperto più bril-lante e appariscente della volta celeste. Talvol-ta è stato considerato una piccola costellazio-ne a parte. È costituito da oltre 1.000 membriconfermati, di cui 6 o 7 visibili ad occhio nu-do, oltre a decine di stelle più deboli osser-vabili con piccoli strumenti. Le stelle princi-pali dell’ammasso hanno tutte dei nomi pro-pri: Alcyone, Atlas, Elettra, Maia, Merope, Taige-te, Pleione, Celeno e Asterope; si tratta dei no-mi mitici delle Pleiadi, le figlie di Atlante ePleione secondo la mitologia greca. Furono ci-

tate da Omero nell’Odissea. Il binocolo è lostrumento più adatto per la sua osservazione,strumenti più potenti infatti, non consentonodi avere una visuale d’insieme dell’ammasso,che risulta troppo esteso per gli oculari dei te-lescopi. Un classico binocolo 10x50 consentedi scorgere con facilità in una notte scura finoa 50–60 componenti.

Figura 9 j L’ammasso delle Pleiadi come appare osser-vato al binocolo. (Wikimedia Commons; user RobertoMura)

Cintura di Orione

La Cintura di Orione è uno dei più noti asteri-smi del cielo. Le sue stelle principali, chiama-te nell’ordine da est a ovest Alnitak, Alnilame Mintaka, sono ben visibili anche dalle città.Osservando con un binocolo questa zona dicielo si evidenziano un gran numero di altrestelle, tutte azzurre, collocate lungo il piano diallineamento delle tre stelle principali.

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Figura 10 j Mappa della costellazione di Orione. Sonovisibili le tre stelle della Cintura di Orione, sotto di esse sitrova la famosa Nebulosa. (Wikimedia Commons; userAlfio) Gift Shop! Nostromics Store – Constellations.

Nebulosa di Orione

La famosa Nebulosa di Orione, nota anche co-me M42, è una nebulosa diffusa costituita dapolvere e gas, soprattutto idrogeno. Si trovaad una distanza di circa 1350 anni-luce da noi.Questo famoso oggetto celeste può essere ad-dirittura visto ad occhio nudo in ottime con-dizioni di buio notturno. È sicuramente unodegli oggetti più studiati dagli astrofisici per-ché è sede di intensa attività di formazionedi nuove stelle. William Huggins nel 1865 permezzo della spettroscopia, dimostrò la sua na-tura gassosa. Le immagini ottenute da HubbleSpace Telescope hanno permesso di ricavare unmodello tridimensionale della struttura dellaNebulosa di Orione. La Nebulosa si trova alcentro di un asterismo chiamato Spada di Orio-ne, formato da una concatenazione di stelle di-sposte in senso nord-sud, alcuni gradi a suddella Cintura di Orione. Al binocolo è ben evi-

dente la struttura nebulosa: appare sovrappo-sta ad una coppia di stelle azzurre ed estesa asud, con due rami principali che si dirigono asud-est e a sud-ovest. Al binocolo potremo ve-dere la nebulosa come un batuffolo di luce dif-fusa blu, con un binocolo 10x50 o più potentesi riesce a individuare, poco a nord della strut-tura nebulosa principale, anche una macchianebulosa minore, nota come M 43.

Ammasso Doppio h e � Persei (h e ChiPersei)

L’Ammasso Doppio di Perseo è uno degli og-getti più caratteristici del cielo boreale: si trat-ta di una coppia di ammassi aperti molto vi-cini fra loro. Sono ben visibili ad occhio nudocome una macchia chiara allungata con unastrozzatura centrale, che le conferisce la for-ma di un “8” rovesciato. Notissimi fin dal-l’antichità, questi due magnifici oggetti celestisi presentano circumpolari, in gran parte del-l’emisfero boreale terrestre, cioè sono sempresopra l’orizzonte. Possiedono anche dei nomicomposti da lettere proprio perché ad occhionudo hanno l’aspetto di una stella sfuocata:quello ad ovest è noto come h Persei, mentrel’altro è � Persei. La loro individuazione è fa-cilitata perché si trovano a metà strada fra la“W” di Cassiopea e Mirach (� Persei). Al bino-colo appaiono come due concentrazioni moltofitte di stelline simili fra loro, osservabili nellostesso campo visivo; lo sfondo appare nebu-loso, poiché il binocolo non consente di poterosservare anche le componenti meno lumino-se dei due ammassi. Si tratta di oggetti enor-mi di circa 70 anni-luce di diametro e posti agrandissima distanza da noi, circa 7.000 anni-luce, perciò li stiamo osservando come eranosette millenni fa.

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Presepe

L’ammasso del Presepe (M 44) è un ammassoaperto visibile nella costellazione del Cancro.È uno dei più noti e luminosi del cielo. In uncielo nitido l’ammasso appare ad occhio nudocome un oggetto nebuloso e si distingue co-me una macchia chiara dall’aspetto nebulosoo granulare; sotto cieli assolutamente perfet-ti e con l’aiuto di un’ottima vista si possonotalvolta individuare 2 o 3 minutissimi astri,ma su un fondo che resta sempre nebuloso eindefinito. Un semplice binocolo già è suffi-ciente per risolvere completamente l’ammas-so, cioè per riuscire a distinguere le stelle chelo compongono.

L’ammasso è noto sin dall’antichità, essen-do uno degli oggetti nebulosi più facilmentevisibili ad occhio nudo; il Presepe è già cita-to da Arato di Soli nel 260 a.C., nel suo poe-ma Phenomena, ispirato probabilmente all’o-pera dell’astronomo Eudosso di Cnido. Lo de-scrive come una “piccola nube” e ci trasmet-te l’antica credenza secondo cui quando in uncielo apparentemente privo di nubi, il Præse-pe non era visibile, ciò fosse un segno di piog-gia imminente. Greci e Romani immaginava-no il Presepe come una “mangiatoia” (præse-pe, in latino, significa appunto mangiatoia) dacui mangiavano due asini, rappresentati dal-le stelle Asellus Borealis ( Cancri) e AsellusAustralis (� Cancri). Stime sulla sua distanzaforniscono cifre che variano fra i 520 e i 610anni-luce.

Via Lattea

I campi stellari della Via Lattea sono certa-mente l’oggetto più semplice da vedere conil binocolo. È importate avere a disposizio-ne un cielo di montagna perfettamente buio.In queste condizioni, soprattutto se riuscire-mo a disporre di un cavalletto per fissare lostrumento, potremo ripetere le osservazioni di

Galileo che scoprì la natura stellare della ViaLattea non appena ebbe a disposizione il suoprimo telescopio. Soprattutto i campi stellarinella costellazione del Cigno, dello Scorpionee del Sagittario, dove è collocato il rigonfia-mento centrale del Centro Galattico, mostre-ranno una enorme quantità di stelle di coloridifferenti, dal blu al rosso.

Nebulosa Laguna

La Nebulosa Laguna (M8) è una grande regio-ne dove è presente gas idrogeno, situata nellacostellazione del Sagittario, nella zona dove laVia Lattea è particolarmente brillante a cau-sa della vicina presenza del centro galattico. Sitratta di una delle nebulose più luminose delcielo ed è ben visibile anche con un piccolo bi-nocolo come una macchia chiara leggermen-te allungata in senso est-ovest. Sempre con unbinocolo si possono osservare le concentrazio-ni di stelle azzurre presenti vicino al suo cen-tro, disposte a formare dei piccoli ammassie concentrazioni. Fu scoperta dall’astronomofrancese Le Gentil, nel 1747.

Ammasso Globulare M22 nel Sagittario

M22 è un ammasso globulare visibile nella co-stellazione del Sagittario, se la notte è parti-colarmente propizia si può tentare di indivi-duarlo anche ad occhio nudo, magari facen-do ricorso alla visione distolta. Si trova poco anord-est della stella Kaus Borealis. Un binoco-lo è più che sufficiente per riconoscerlo: si pre-senta di aspetto nebuloso con un bordo mol-to largo e degradante nell’oscurità, mentre ilcentro appare di un colore lattiginoso.

Galassia di Andromeda

La Galassia di Andromeda (nota anche colvecchio nome Nebulosa di Andromeda ocon le sigle di catalogo M31 e NGC 224), èuna galassia spirale gigante che appartiene

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Figura 12 j Mappa della costellazione del Sagittario, lazona più ricca di stelle e nebulose della Via Lattea. (Wi-kimedia Commons; user Alfio) Gift Shop! NostromicsStore – Constellations.

al Gruppo Locale, un ammasso di galassie dicui fa parte anche la nostra Via Lattea. LaGalassia di Andromeda si trova a circa 2,5milioni di anni-luce da noi, in direzione dellacostellazione boreale di Andromeda, da cuiprende il nome. Si tratta della galassia spiraledi grandi dimensioni più vicina alla nostraGalassia; è visibile anche ad occhio nudo ed è

l’oggetto più lontano visibile da occhi umanisenza l’ausilio di strumenti di osservazione.Nel cielo boreale è anche la galassia piùbrillante in assoluto. La si può individuareanche ad occhio nudo, se il cielo è discreto,come una macchia chiara allungata visibilenella parte settentrionale della costellazionedi Andromeda; un semplice binocolo 8x30 o10x50 permette di individuare il nucleo senzaaltri dettagli, ma consente di individuare lagalassia satellite M32.

Sfidate i vostri amici! Domandate loro a che di-stanza massima pensano che si possa vedere. Ladomanda posta così è volutamente fuorviante edè difficile che rispondano in modo corretto. Infat-ti è proprio la Galassia di Andromeda l’oggetto piùlontano in assoluto visibile ad occhio nudo. ;-)

Nebulosa della Carena

La Nebulosa della Carena (nota anche comeNebulosa di Eta Carinæ) è un oggetto celesteposto nel cuore della Via Lattea australe, nel-la costellazione della Carena. È perfettamen-te visibile anche ad occhio nudo, sebbene lasua osservazione sia limitata alle regioni del-l’emisfero australe e a quelle tropicali borea-li. La nebulosa ha dimensioni enormi che rag-

Figura 11 j Visione panoramica della Via Lattea nella costellazione del Cigno. I campi stellari di queste zonedel cielo sono uno spettacolo indimenticabile se osservati con un semplice binocolo. (Wikimedia Commons; userEclipse.sx)

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giungono i 260 anni-luce e circonda un grannumero di ammassi aperti, nonché una del-le stelle più massicce conosciute: la stella va-riabile � Carinæ. Osservando con un binocolola nebulosa appare subito evidente come unamacchia chiara allungata in senso nord-sud,con una netta striscia scura che, addensando-si nelle sue regioni centrali, la taglia da est adovest, dividendola in due parti. I dintorni del-l’ammasso sono invece ricchissimi di stelle: iltratto di Via Lattea in cui la nebulosa si trova,infatti, è uno dei più brillanti della volta cele-ste, essendo visibile anche in un cielo mode-ratamente inquinato, al pari di altre aree comela regione del centro galattico e il tratto nellacostellazione del Cigno.

Eta Carinæ, una stella ipergigante blu, è lastella più massiccia conosciuta (100–150 vol-te più del Sole) ed una delle più luminose (5milioni di volte più del Sole). Si trova ad unadistanza compresa tra i 7.500 e gli 8.000 anni-luce. Nonostante la sua natura di stella ipergi-gante, Eta Carinæ è invisibile ad occhio nudo;in altre epoche fu tuttavia molto evidente incielo (la stessa lettera greca presente nel nomelo conferma), fino a raggiungere e persino su-perare nel 1843 la luminosità della stella Ca-nopo, diventando per alcuni anni la secondastella più brillante del cielo. Eta Carinæ puòessere distinta già con un binocolo e, anchese con un po’ di difficoltà, riconosciuta rispet-to alle altre stelle dell’area, in quanto si trovaproprio ben visibile al centro della nebulosa.È uno tra gli astri più studiati dagli astrofisici.

Comete

Le comete sono sostanzialmente delle palle dineve sporca di polvere che si rendono visibiliquando giungono in vicinanza del Sole.Quando questo accade il ghiaccio passa di-rettamente allo stato gassoso (sublimazione)e si forma la coda della cometa. Se la cometaè sufficientemente grande e vicino alla Terra

Figura 13 j Cometa 17P/Holmes. Nell’ottobre 2007, insole 42 ore, si è osservato un incremento di luminositàdella cometa da una magnitudine apparente di 17 a 2,8visibile quindi ad occhio nudo, un oggetto ideale per l’os-servazione con il binocolo. Foto di Gil-Estel, Paslières,Puy-de-Dôme, France, 2 novembre 2007. (WikimediaCommons; user Gil-Estel)

può essere visibile ad occhio nudo e allora ilbinocolo è certamente lo strumento ideale perosservare questi insoliti e affascinanti astri.Con il binocolo è però possibile osservareanche deboli comete che sono al limite dellavisibilità ad occhio nudo e in generale avran-no un aspetto diffuso.

Non guardare mai

il Sole con il binocolo!

Dopo aver recuperato dal cassetto il vostrovecchio binocolo dovete dotarvi di libri, globicelesti, mappe e atlanti, tutto quel materiale

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Figura 14 j Disegno della cometa 17P/Holmes osservatacon un binocolo 7X50 il 28 ottobre 2007 da Emanuele disei anni (quasi sette!).

insomma, che permette di impiegare al me-glio lo strumento e di conoscere gli oggetticelesti, se possibile non spendendo nulla.D’altronde ogni osservatorio deve avere lasua biblioteca specializzata, e voi ora aveteil vostro piccolo osservatorio astronomico.Ecco allora un elenco di risorse selezionate eliberamente scaricabili.

Le idee dell’astronomia – come lo studio delcielo ha cambiato il mondo di Mauro Arpino.

Un ebook di circa 150 pagine che riper-corre le idee fondamentali dell’astronomiapartendo dai siti megalitici e giungendofino a Copernico. Prossimamente verrannoaggiunti i capitoli successivi fino ai nostrigiorni. Leggere la storia dell’astronomiasignifica confrontarsi con le idee che han-no reso la nostra civiltà quello che è oggi.www.nostromics.com

Modelli di cartaCon la realizzazione di questi model-

li potrete tenere nelle vostre mani quantoosserverete in cielo.

� Struttura del Sole (CANON) http://cp.c-ij.com/en/contents/3151/sun/index.html

� Planisfero (CANON) http://cp.c-ij.com/en/contents/3151/03342/index.html

� Globi Lunari – NINS (NationalAstronomical Observatory of Japan)http://www.nao.ac.jp/download/index.html#papercraft

� Pianeti – Hoshinoko Yakata (HimejiMunicipal Accommodation and Faci-lities Center – Japan) http://www.city.himeji.lg.jp/hoshinoko/kansoku/crafts/planet.html

Luna – Atlante fotograficoAlan Chu, Photographic Moon Book.

http://www.alanchuhk.com

Atlanti stellari

� Taki’s Star Atlas http://www.asahi-net.or.jp/~zs3t-tk/index.htm

� L’atlante stellare di Andrew L. Johnson(Cloudy Nights Telescope Reviews).http://www.cloudynights.com/item.php?item_id=1052

Il nostro binocolo non è certamente un gros-so telescopio professionale. . . ma sognare noncosta nulla!

Un modello del telescopio giapponeseSubaruhttp://www.city.himeji.lg.jp/

hoshinoko/kansoku/crafts/index.html

Hubble Space Telescope – NASAhttp://hubblesite.org/the_

telescope/hand-held_hubble/

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