Un anno con MetaDidattica - Anteprima

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[1] Alberto De Panfilis All’età di 27 anni, Alberto ha conseguito due lauree (in eco- nomia e in psicologia), è Mas- ter Practitioner di PNL, Coun- selor Strategico, Coach e trai- ner di Comunicazione Efficace, Public Speaking, Comunicazione Non Verbale e Comunicazione Empatica. Organizza e tiene corsi di for- mazione nelle scuole e aperti al pubblico. UN ANNO DI STRUMENTI E SPUNTI PER GLI INSEGNANTI Gestire il gruppo classe, entrare in contatto con i ragazzi, far crescere in loro interesse e motivazione: questi gli obiettivi del metodo MetaDidattica©. Alberto De Panfilis condivide le sue esperienze nelle scuole italiane. Ogni giorno mi dedico alla didat- tica e lo faccio da “non addetto ai lavori”... non sono un insegnante e i miei anni di vita sono spesso meno numerosi di quelli trascorsi da tanti insegnanti fra i banchi di scuola (o dietro una cattedra). Come faccio allora a presentarmi nelle scuole per proporre formazione di qualità? Ho approfondito molti approcci e diverse discipline che si impegnano (e mi impegnano) a comprendere quali sono i meccanismi psicologici coinvolti nell’apprendimento, nell’in- segnamento e, più in generale, nelle nostre scelte. La Programmazione Neuro Lin- guistica (PNL), l’Approccio Breve Strategico (sviluppato dal prof. Gior - gio Nardone) e l’Ascolto Attivo (di Rogers) si integrano nel metodo Me- taDidattica©. Quando incontro i do- centi, lavoro con loro per acquisire maggiori capacità di relazionarsi con i propri studenti, con la dirigenza, con i colleghi e, soprattutto, con sé stessi. Questa raccolta di tutti gli articoli, i contributi audio e video, le recen- sioni e citazioni pubblicate sul blog MetaDidattica.com nel corso del 2012, vuole essere un contributo allo splendido lavoro di tutti gli insegnan- ti, che ogni giorno a scuola crescono e aiutano i propri studenti a crescere. Mi auguro che tutto il materiale contenuto in questo ebook possa esserti d’aiuto, nonché fonte di idee e riflessioni costruttive. Tutti i contenuti del blog MetaDidattica.com per sempre a tua disposizione oo Un anno con... Per te: 115 pagine 52 video 47 articoli 20 audio 11 recensioni 7 estratti (tutti navigabili!)

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Anteprima dell'ebook navigabile "Un anno con MetaDidattica" - Una raccolta di 115 pagine, 52 video, 47 articoli, 20 audio, 11 recensioni e 7 estratti, pubblicati sul sito www.metadidattica.com nel 2012: per sempre a disposizione e completamente navigabili.

Transcript of Un anno con MetaDidattica - Anteprima

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Alberto De PanfilisAll’età di 27 anni, Alberto ha conseguito due lauree (in eco-nomia e in psicologia), è Mas-ter Practitioner di PNL, Coun-selor Strategico, Coach e trai-ner di Comunicazione Efficace, Public Speaking, Comunicazione Non Verbale e Comunicazione Empatica.Organizza e tiene corsi di for-mazione nelle scuole e aperti al pubblico.

UN ANNO DI STRUMENTI E SPUNTI PER GLI INSEGNANTIGestire il gruppo classe, entrare in contatto con i ragazzi, far crescere in loro interesse e motivazione: questi gli obiettivi del metodo MetaDidattica©. Alberto De Panfilis condivide le sue esperienze nelle scuole italiane.

Ogni giorno mi dedico alla didat-tica e lo faccio da “non addetto ai lavori”... non sono un insegnante e i miei anni di vita sono spesso meno numerosi di quelli trascorsi da tanti insegnanti fra i banchi di scuola (o dietro una cattedra).

Come faccio allora a presentarmi nelle scuole per proporre formazione di qualità?

Ho approfondito molti approcci e diverse discipline che si impegnano (e mi impegnano) a comprendere quali sono i meccanismi psicologici coinvolti nell’apprendimento, nell’in-segnamento e, più in generale, nelle nostre scelte.

La Programmazione Neuro Lin-guistica (PNL), l’Approccio Breve Strategico (sviluppato dal prof. Gior-

gio Nardone) e l’Ascolto Attivo (di Rogers) si integrano nel metodo Me-taDidattica©. Quando incontro i do-centi, lavoro con loro per acquisire maggiori capacità di relazionarsi con i propri studenti, con la dirigenza, con i colleghi e, soprattutto, con sé stessi.

Questa raccolta di tutti gli articoli, i contributi audio e video, le recen-sioni e citazioni pubblicate sul blog MetaDidattica.com nel corso del 2012, vuole essere un contributo allo splendido lavoro di tutti gli insegnan-ti, che ogni giorno a scuola crescono e aiutano i propri studenti a crescere.

Mi auguro che tutto il materiale contenuto in questo ebook possa esserti d’aiuto, nonché fonte di idee e riflessioni costruttive.

Tutti i contenuti

del blog

MetaDidattica.com

per sempre a tua

disposizioneoo

Un anno con... Per te:• 115 pagine• 52 video• 47 articoli• 20 audio• 11 recensioni• 7 estratti

(tutti navigabili!)

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52 VIDEOEstratti dei corsi di formazione, spunti pratici da mettere subito alla prova in aula, interviste e documentari da vedere e rivedere quando vuoi...

47 ARTICOLICapire meglio sé stessi e gli altri, entrare maggiormente in contatto con i propri studenti, la-sciarsi ispirare e contribuire a miglio-rare la scuola...

20 AUDIOGli audio da ascolta-re direttamente onli-ne o scaricare sul tuo computer. Raccon-ti, proposte operati-ve ed esperimenti per dare voce alla didat-tica...

Per ricevere sul-la tua mail tutte le novità del prossimo anno, iscriviti alla NEWSLETTER

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COME LEGGERE QUESTO EBOOKUna breve guida per orientarti meglio all’interno dei numerosi contenuti a tua disposizione

L’ebook è suddiviso in cin-que capitoli, tutti funzio-nali all’obiettivo del me-todo MetaDidattica: avere a disposizione strumenti uti-li per migliorare l’effica-cia dell’insegnamento.

Comunica-zione Efficace e Ascolto Attivo

Strategie per la gestione della

classeCapire meglio

sé stessie gli altri

Idee, spuntidi riflessione e

curiositàLIM

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Trarremo ispirazione anche da autori e testi significativi...

Recensioni

Estratti

AudioOgni volta che troverai una sezione incorniciata con il verde, saprai che c’è una risorsa audio a tua disposizione: potrai ascoltare racconti, storie, brani letti e commentati dalla mia voce. Mi piacerebbe poter ascoltare anche la tua, con un commento scritto o un messaggio vocale da recapitare al mio indirizzo mail.

ArticoliOgni volta che troverai una sezione incorniciata con il giallo, saprai che c’è un articolo a tua disposizione: molti degli articoli che ho scritto per te contengono proposte operative da mettere alla prova nella pratica didattica... Mi farebbe piacere conoscere il tuo punto di vista tramite i commenti che potrai lasciare.

VideoOgni volta che troverai una sezione incorniciata con il rosso, saprai che c’è un video a tua disposizione: cliccando sull’immagine del video, potrai guardarlo tutte le volte che vorrai... inoltre, lasciando un tuo commento, potrai rivolgermi qualsiasi domanda oppure contribuire con il tuo punto di vista...

Questo indice è sfogliabile: clicca sul capitolo che ti interessa e comincia subito a consultare le tue risorse!

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Cosa significa MetaDidatticaIl cuore del metodo MetaDidatti-

ca  consiste nell'imparare come insegna-re. Questa dovrebbe essere una scelta, una direzione precisa da infondere alla propria carriera di educatori: scegliere di mettersi costantemente alla prova ed andare alla ricerca di nuovi modi di inse-gnare, rende il docente un vero e proprio tesoro per gli studenti che incontrerà du-rante il suo percorso. 

MetaDidattica significa quindi anda-re oltre la didattica, significa dirigere la propria attenzione a sé stessi, arrivando a percepire l'importanza di una sana cre-scita personale. Questa sarà il punto di partenza per sviluppare sottili capacità di apertura e comprensione degli altri (allievi e colleghi).

Il metodo alla base della MetaDidat-tica nasce dallo sviluppo di una strategia, per sua definizione poliedrica e multifoca-le: la Programmazione Neuro Linguisti-ca. È una meta-disciplina: essa infatti si è sviluppata dallo studio di tante altre di-scipline, mutuandone le pratiche più effi-caci. L'approccio si basa inoltre sui prin-cìpi del Problem Solving Strategico (svi-luppato dal CTS di Arezzo, diretto dal prof. Giorgio Nardone) e dell'Ascolto Attivo rogersiano. 

Ogni insegnante troverà utile cono-scere e far proprie le migliori strategie per:

• comunicare con efficacia;• motivare sé stesso e gli altri;• entrare in contatto e sviluppare al-

leanza con i propri studenti;• creare sinergie con i propri colleghi;• gestire al meglio le proprie emozioni;• vivere con passione la propria pro-

fessione. 

Alcune di queste abilità possono essere già presenti nell'atteggiamento di molti insegnanti; è proprio prendendo spunto dai docenti più efficaci che sono state estrapolate gran parte delle strate-gie proposte. 

Il metodo MetaDidattica consente di trasferire le migliori modalità anche agli educatori che non le hanno ancora svi-luppate spontaneamente: lo scopo è an-dare oltre il concetto di "essere o non essere portati per...". Piuttosto si virerà verso un approccio proattivo e sincera-mente interessato a comprendere "come poter ottenere gli stessi risultati di chi svolge con efficacia e soddisfazione il proprio ruolo a scuola".

I PROGETTI

Formazione e Aggiornamento sulla Didattica e sulla LIMIn alto due progetti tipo: il primo (sviluppato sia in modalità intensiva, sia attraverso moduli pomeri-diani) trasferisce agli insegnanti strategie pra-tiche per migliorare la didattica in aula, il se-condo prevede l’integra-zione delle nuove tecnolo-gie con la didattica.

Clicca

sull’immagine

per guardare il

video...

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Guarda il video integrale registrato durante un incontro di introdu-zione al metodo MetaDidattica©: Alberto De Panfilis si presenta e de-scrive le peculiarità del modello che ha sviluppato per i docenti.

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Capitolo1Comunicazione Efficace e Ascolto Attivo

Quante volte abbiamo sentito parlare di PNL? Ormai troviamo questa sigla negli scaffali di qualsiasi libreria e, per giunta, nelle sezioni più disparate: comunicazione, crescita perso-nale, benessere, sport, educazione dei bambi-ni, ecc. Ma com'è possibile che una sola disciplina venga applicata a tutti questi campi? La risposta sta nel concetto stesso di Pro-grammazione Neuro Linguistica: la PNL non è un insieme di strumenti (come spesso invece viene descritta ed introdotta ai neofiti del campo). Questa disciplina dal nome così altisonante non è altro che un atteggiamento.

Com'è possibile che si tratti soltanto di un atteggiamento? Facciamo qualche passo indietro... Quando la PNL nacque, agli inizi degli anni '70, prese forma proprio dall'atteggimento dei suoi due co-creatori, gli ormai famosi Richard Bandler e John Grinder. Il primo, studente di matematica, coin-volse il secondo, assistente di linguistica presso la stessa università (University of California, Santa Cruz), in un laboratorio davvero interessante. Interessante sia per le attività che vi si svolgevano, sia per le premesse che diedero forma a quel progetto culturale.Per comprendere ancora meglio i presupposti con i quali vennero messi su i primi gruppi di pratica, bisogna ricordare che Bandler era allora in affitto nella casa di un noto psicoterapeuta, il quale applicava i princìpi della Gestalt The-rapy (allora decisamente pionieristici). Il giovane Bandler, nonostante studiasse tutt'altre materie, si dimostrò ben interessato a conoscere ed approfondire il mondo della psicoterapia: si accorse, divorando i libri che affollavano gli scaffali del proprietario di casa, che nella stragrande maggioranza dei casi i manuali

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Articolo15 set ’11

PNL - Programmazione Neuro Linguistica

descrivevano i sintomi dei disturbi psichiatrici, i possibili decorsi, ma mai (o quasi) delle procedure pratiche e verificabili sul come procedere per risolvere il problema.Si trattava proprio di questo: come risolvere il problema. Possiamo immaginare che uno studente di matematica fosse naturalmente teso alla ricerca di una so-luzione. Questa non sembrava invece il focus della psicoterapia di allora.Bandler decise di approfondire l'uso della Gestalt e di organizzare veri e propri laboratori per coinvolgere altri studenti: lo fece con l'aiuto di Grinder. Il gruppo di praticanti cominciò a sperimentare strumenti psicoterapeutici decisamente efficaci. E qual era l'atteggiamento? L'atteggiamento con il quale Bandler e Grinder portarono avanti il loro lavoro fu caratterizzato da curiosità, apertura ed interesse per la struttura piuttosto che per i contenuti. Tutto qui? Esattamente! Immaginiamo cosa può voler dire approcciare ad una nuova di-sciplina (la psicoterapia nel caso di Bandler e Grinder, ma abbiamo detto in pre-cedenza che i campi di applicazione sono i più disparati) senza seguire necessa-riamente i canoni imposti dalla disciplina stessa, ma semplicemente affrontarla con un atteggiamento curioso, aperto a nuovi punti di vista e, soprattutto, at-tento alla struttura di quello che accade, piuttosto che ai contenuti.Facciamo un esempio: quando Bandler e Grinder cominciarono a studiare l'ope-rato di alcuni importanti terapeuti del loro tempo (che riuscivano ad ottenere risultati eccezionali perché capaci di risolvere in poco tempo i disturbi dei loro pazienti), la loro attenzione venne rivolta principalmente alla struttura dei loro interventi. Nonostante Milton Erickson, Virginia Satir, Fritz Perls (furono i primi ad essere studiati) applicassero tecniche differenti, c'era qualcosa che li acco-munava, qualcosa che destò l'interesse metodico di Bandler e Grinder. Cosa emerse allora? Si notò una condivisa capacità di gestirsi dal punto di vista emozionale, un'in-credibile abilità nell'entrare velocemente in contatto con i pazienti, che riusci-vano in questo modo ad affidarsi più facilmente al proprio terapeuta. La comu-nicazione con sé stessi e con i clienti era flessibile e calibrata sul singolo caso. Anche i movimenti del terapeuta e la sua comunicazione non verbale sembra-vano studiati certosinamente... La grande intuizione di Bandler e Grinder può essere racchiusa in una semplice domanda: come ci riesce?

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Se fino ad allora si era ritenuto che i "geni" fossero casi eccezionali, dotati di abilità impossibili da replicare dai "comuni mortali", da quel momento in poi si cominciò a spostare l'attenzione sulle strategie (comportamentali e mentali) adottate da chi eccelleva nel proprio campo. Questo vuol dire che i geni non sono unici e speciali? Non proprio. Probabilmente quello che rende unici e speciali i geni è la natura-lezza con cui riescono a mettere in atto le proprie strategie... vincenti.Il fatto che le strategie in questione siano automatiche e per lo più inconsape-voli per chi ottiene risultati eccezionali, non vuol dire che esse non possano es-sere replicate consapevolmente, fino a raggiungere un buon livello di automati-smo.Se per Erickson era naturale comprendere a fondo il linguaggio non verbale dei propri pazienti, calibrando di conseguenza la propria comunicazione, questo non significa che la sua magistrale abilità non possa essere appresa. La PNL, insomma, si propone di approcciare ai casi di eccellenza con un atteg-giamento attento e curioso, di estrarre le migliori strategie (comporta-mentali e non) e metterle a disposizione per chiunque sia disposto a met-tersi in gioco per migliorare la propria vita (personale e professiona-le).

La maggior parte delle volte, quando si parla di comunicazione, si rivolge l'attenzione preva-lentemente alla fase in cui si "emettono" in-formazioni. Molto più raramente si pensa a quanto sia importante la fase di ASCOLTO.Posti di fronte a questa riflessione, siamo ben in grado di individuarne l'importanza: sap-piamo che essere dei buoni ascoltatori ci permette di entrare in contatto con il no-stro interlocutore, che ascoltare vuol dire appagare uno dei bisogni più comuni degli essere umani, che prestare un ascolto di qualità vuol dire comprendere meglio quello che l'altra persona vuole intendere e vuole trasmetterci...

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23 set ’11

ArticoloE se comunicare significasse ascoltare?

OLascia un commento

Ma quanti di noi sanno davvero ascoltare? Quanti riescono ad offrire un ascolto davvero efficace? Il noto psicologo Thomas Gordon si riferisce a questo concetto con l'espressio-ne "ascolto attivo". Come mai si parla di ascolto "attivo"? Generalmente quando si immagina qualcuno in ascolto lo si fa attribuendo maggiore attenzione a chi parla, confinando l'ascoltatore dietro una sorta di cortina fumosa che lo lascia appena intravedere... un ascoltatore, quindi, piut-tosto "passivo". Ma come può essere "attiva" una persona che dovrebbe lasciare spazio a chi parla? Perché lo spazio va lasciato, vero? Certo che va lasciato lo spazio, più se ne lascia e meglio è. Solo che questo spazio va "offerto" a chi lo riempirà con qualcosa di prezioso (per noi e per lui/lei). Questo vuol dire comunicare "attivamente" la nostra disponibilità di ascol-to. Attivamente quindi, non in modo passivo o lasciando all'altro il compito di intuire la nostra disponibilità come ascoltatori. Come si può sottolineare questo concetto senza essere ripetitivi, senza sottrar-re spazio a chi ci parla? La cosa fondamentale è ricordarci di quanto la comunicazione passi sì attraver-so le parole, ma anche attraverso tutta una serie di messaggi non verbali e pa-raverbali.Un sorriso (vedi il post "Il valore di un sorriso"), ad esempio, ci consente di comunicare la nostra disponibilità senza doverne necessariamente parlare. An-che un cenno della testa, di assenso e comprensione, può sortire l'effetto de-siderato: comunicare all'altro il messaggio "ti sto ascoltando", rassicurarlo su quanto importante a apprezzato per noi sia quel momento, di condivisione e scambio. Abbiamo parlato dei primi segnali non verbali, ma in che modo possiamo sfrut-tare anche il canale paraverbale? Banalmente possiamo aiutarci con segnali paraverbali di assenso ed apertu-ra: i classici "mmhm", "ah ah", ecc. possono assolvere egregiamente al nostro compito di "ascolto attivo". Sappiamo che il loro effetto su chi ci sta comuni-cando qualcosa è senz'altro di incoraggiamento; stiamo dichiarando la nostra disponibilità. C'è qualcos'altro che possiamo fare per ascoltare in modo attivo?

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Certo! Ci sono altri due aspetti importanti da tenere in considerazione: il primo è rappresentato dalla postura che assumiamo durante l'ascolto. Immaginate di assumere la stessa postura che assumereste durante l'estrazione dei numeri di una lotteria alla quale avete partecipato con il biglietto che, proprio in questo momento tenete in mano, con la consapevolezza che le prime 4 delle 6 cifre stampate su quel biglietto, corrispondono a quelle appena estratte. Il gioco è fatto!(leggi l'estratto del libro "Come trattare gli altri e farseli amici" di Dale Carne-gie) E l'altra cosa da fare? L'altro aspetto sul quale possiamo giocare per praticare un ottimo ascolto attivo è rappresentato dalle domande.Ogni tanto, quando l'altra persona ci parla, possiamo chiedere conferma di quello che abbiamo compreso fino a quel momento. Un'indicazione importante riguarda la scelta delle parole contenute nella domanda: è infatti preferibile utilizzare le stesse identiche parole adoperate dal nostro interlocutore. Spesso sento dire che è opportuno fare una parafrasi di quello che l'altra per-sona ci dice: questo modo di fare potrebbe riservare delle brutte sorprese, so-prattutto se scegliamo parole che si riferiscono a concetti diversi da quelli che ci vogliono essere trasmessi. (Consiglio di consultare il post "Struttura superfi-ciale/struttura profonda") Quali sono i vantaggi del porre domande all'interlocutore? I vantaggi principali nel porre domande a chi ci sta parlando sono due: il primo è strettamente legato a quello di cui abbiamo già parlato in precedenza. Rivol-gere una domanda pertinente comunica cioè il nostro interesse e il messaggio "Ti sto ascoltando". Inoltre, utilizzando le stesse parole, come accennato poc’anzi, attuiamo una sorta di "ricalco verbale" nei confronti della persona, facilitando l'instaurarsi di un clima di fiducia e di rapport. (vedi il post "Ri-calco e guida. Cosa si intende?")Il secondo vantaggio che troviamo nel domandare, ogni tanto, se abbiamo ben compreso quello che l'altro vuole comunicarci sta, appunto, nel sincerarci che quello che abbiamo afferrato (e interpretato) sia o meno rispondente a quello che l'altro vuole dirci. In caso affermativo riusciamo un'altra volta a trasmettere all'interlocutore la sensazione che il nostro ascolto funziona, che siamo presen-ti. Nel caso in cui quello che abbiamo compreso non risponde effettivamente al significato profondo che voleva esserci trasmesso, domandandolo facciamo emergere questa discrepanza e, contestualmente, diamo l'opportunità a chi parla di ritornare sugli aspetti che ci erano sfuggiti o che avevamo mal inter-pretato.

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Quando ascoltiamo, facciamolo in modo attivo, da protagonisti. Lasciamo spazio all'altro di comunicarci quello che ha piacere di trasmettere ed impe-gniamoci ad entrare in contatto con il suo mondo, mettendoci nei suoi panni come se fossero i nostri.

Qual è il segreto, il mistero, per uscire vitto-riosi da un colloquio di affari?Secondo Charles W. Eliot, ex rettore di Har-vard, "non c'è niente di più facile. Basta pre-stare la massima attenzione alla persona che parla. Nient'altro è più adulatorio."Eliot stesso era sempre stato un maestro del-l'arte di ascoltare. Henry James, uno dei più grandi romanzieri d'America, ricorda: "Quan-do Eliot ti ascolta, il suo non è un normale si-lenzio. E' una forma di attività. Sta seduto con la spina dorsale drittissima e le mani in-trecciate in grembo, senza muovere altro che i pollici, più o meno velocemente, e guarda l'interlocutore come se ascoltasse anche con gli occhi, oltre che con le orecchie. Ti risponde mentalmente e man mano che parli valuta quello che stai dicendo. Alla fine la persona che ha parlato ha quasi l'impressione che sia stato lui a parlare."

Parlare dei tre livelli di comunicazione (leggasi Verbale, Paraverbale e Non Verbale) è, ad oggi, un compito ar-duo: la difficoltà non sta tanto nel trasmettere chiara-mente il significato di questo modo di intendere la co-municazione, quanto nell'evitare di farlo in modo infla-zionato e banale.Credo che in qualsiasi corso di comunicazione si tratti

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Articolo

25 set ’11

27 set ’11

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LibriFisiologia dell’ascolto attivo

(Come trattare gli altri e farseli amici, Dale Carnegie - pg. 105)

Verbale, paraverbale, non verbale

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questo argomento, ritenuto da molti al centro dell'efficacia comunicativa. Dal mio punto di vista ritengo importante conoscerne semplicemente l'esisten-za, in modo da poter sviluppare le proprie capacità anche sulla base di questa divisione triadica.

Partiamo quindi dal primo dei tre livelli, quello che descrive la componen-te verbale della comunicazione. Questa indica ciò che si dice (o che si scrive, nel caso di una comunicazione scritta): la scelta delle parole, la costruzione lo-gica delle frasi e l'uso di alcuni termini piuttosto che di altri individua questo li-vello. Il secondo aspetto sul quale poniamo la nostra attenzione è quello paraverba-le, cioè il modo in cui qualcosa viene detto. Ci si rieferisce al tono, alla velocità, al timbro, al volume, ecc. della voce.Nella scrittura possiamo pensare all'uso della punteggiatura, capace di infonde-re un certo ritmo a quello che si legge. Il terzo aspetto riguarda il non verbale: tutto quello che si trasmette attraver-so la propria postura, i propri movimenti, ma anche attraverso la posizione oc-cupata nello spazio (quale zona di un ambiente si occupa, quale distanza dal-l'interlocutore, ecc.) e gli aspetti estetici (il modo di vestire o di prendersi cura della propria persona).Nella comunicazione scritta ovviamente questo fattore viene meno, in quanto non viene trasmessa la "fisicità", in senso ampio, dello scrittore. Potremmo pe-rò ricondurre altri fattori alla componente non verbale della scrittura: il suppor-to che ospita il brano scritto, se il brano è scritto a mano o al computer, la calli-grafia o il font utilizzati, ecc. In che modo conoscere questo concetto può essere utile? Innanzitutto, divenire consapevoli delle diverse sfaccettature che compongono la nostra comunicazione ci consente di rendere quest'ultima eterogenea, poli-edrica e, quindi, più facilmente adattabile alle diverse preferenze che i nostri interlocutori potranno presentare.Una delle peculiarità ricorrenti nei comunicatori efficaci sta proprio nella loro capacità di variare la propria comunicazione a seconda dell'interlocutore che si trovano di fronte.E' chiaro quindi che avere a disposizione un numero maggiore di elementi da poter variare, rappresenta senz'altro un vantaggio. Ci sono altri motivi per cui è importante capire che la comunicazione non è fat-ta solo di parole, ma anche di intonazione, pause, movimenti, postura e mimi-ca?

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Come abbiamo già sottolineato nel post relativo alla congruenza del messag-gio che inviamo, uno dei modi più rapidi di incrementare la nostra efficacia co-municativa consiste nell'allineare i livelli verbale, non verbale e paraverbale. Questo significa accordare la propria fisicità (intesa in senso ampio: movimenti, postura, espressioni del volto, ecc.) al contenuto del nostro messaggio; la stes-sa cosa vale per gli elementi paraverbali (timbro, tono, velocità, pause, volume, ecc.).In fondo anche il buon senso ci permette di capire che, volendo parlare di un argomento che susciti interesse (per esempio una lezione di storia), sarebbe impossibile (o quasi) riuscire a sortire l'effetto desiderato curando soltanto l'aspetto verbale, scegliendo cioè le migliori parole possibili. E' fondamentale imparare a giocare con la propria voce, sottolineando ed evidenziando grazie alle variazioni di tono, alle pause e alla velocità del proprio eloquio (paraverba-le). Inoltre, per il nostro insegnante, sarà importante utilizzare anche il proprio corpo per trasmettere tutto l'interesse che ha voglia di suscitare nella propria classe (non verbale). Tutti noi ricordiamo almeno un insegnante che, pur avendo un eloquio forbito, ricco di termini e corretto nella sua costruzione, mancava di quell'appeal tale da coinvolgere chi sedeva dietro i banchi. In effetti è un vero peccato: aver tanto da dire, possedere "informazioni" di qualità e non riuscire a farle "arrivare"... E' proprio questo che lamentano la maggior parte dei ragazzi. Lo stesso viene inoltre lamentato dagli insegnanti che cominciano a prendere consapevolezza di queste dinamiche. Diventa essenziale quindi espandere le proprie possibilità: io la chiamo estensione comunicativa. Va esercitata, dal momento in cui spes-so la teniamo ben al di sotto delle nostre potenzialità. Come mai non sfruttiamo il nostro potenziale nella comunicazione? Da un lato per mancanza di abitudine. Dall'altra interviene anche un fattore emozionale; per capire cosa intendo basta rispondere a questa domanda: ri-usciresti, solo per esercizio, a parlare con i tuoi alunni (se tu che leggi sei un insegnante) o con il tuo partner nello stesso identico modo in cui parleresti con un bambino di 3 anni?Ho fatto solo un esempio, che forse sembra non avere un granché di risvolto pratico ("a che serve parlare in mammese con la mia classe o con mio marito/mia moglie?!"), ma in realtà spesso ci blocchiamo a per imbarazzo o pudore (decisamente sovrastimati). Aggiungo ancora un aspetto interessante relativo ai tre livelli della comunica-zione dai quali è partita la nostra chiacchierata: quando una persona ci sta co-municando qualcosa, possiamo ricevere molte informazioni in più rispetto a

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quanto viene semplicemente detto. Spesso lo facciamo già in modo automatico, ma essere consapevoli che possiamo tenere in considerazione anche gli aspetti paraverbali e non verbali ci apre un campo di indagine sconfinato da cominciare a percorrere.Ascolta l'audio "In auto con Alberto" sullo stesso argomento...

Uno dei princìpi più importanti che si trovano, dal mio punto di vista, alla base di tutta la comunicazione è quel-lo definito nel gergo formativo ricalco e guida. Cosa si intende per "ricalco e guida"? Quando penso alla comunicazione, mi viene in mente una coppia di ballerini che volteggiano leggeri, intenti a godersi questa bella esperienza e mostrare le loro doti artistiche. Cosa c'entra il ballo con la comunicazione?

Nella comunicazione, come nel ballo, è importante il ritmo, la capacità di "sen-tire" l'altro, di guidare senza strattonare o forzare la mano. Inoltre, prima di ballare, c'è bisogno di un invito: chi desidera cominciare a danzare si avvicina, si impegna affinché il contatto avvenga in modo graduale, rivolge l'invito con tatto e discrezione, rispettando i tempi dell'altra persona. E' importante adottare lo stesso approccio anche quando vogliamo comunicare in modo efficace, non soltanto quando vogliamo mostrare le nostre qualità da ballerini.

Prima di introdurre il nostro interlocutore nel nostro mondo, è importante fare una visita nel suo. Prima di esporlo alle nostre idee, al nostro punto di vista, è bene prendere in considerazione la sua mappa e calarci nei suoi panni come se fossero i nostri. Prima di ricevere la sua comprensione è bene regalargli la no-stra, in uno scambio continuo che dobbiamo innescare noi. Come è possibile ricalcare, come si fa?

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Articolo5 ott ’11

Prima il ricalco e poi la guida

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Ricalcare vuol dire “andare verso”, “scegliere le stesse modalità”, “avvicinarsi”... si può praticare un buon ricalco sulla base delle tre componenti della comunica-zione (verbale, non verbale e paraverbale - leggi il post relativo all’argomento), ma non solo. Possiamo ricalcare anche gli interessi e i valori della persona con la quale vogliamo comunicare efficacemente. Ecco cosa fare da subito per proporre all’altra persona una modalità comunica-tiva simile alla sua:

• scegliere a livello verbale le sue stesse parole, soprattutto quelle impor-tanti e “cariche emotivamente” (le cosiddette hotwords): tutti noi, comu-nicando, tendiamo a privilegiare certe espressioni piuttosto che altre. Ad ognuna di queste espressioni linguistiche (che compongono la cosiddet-ta struttura superficiale della comunicazione), chi parla attribuisce un si-gnificato specifico, fatto di sensazioni, ricordi, emozioni e convinzioni (struttura profonda). Parafrasando quello che ci sta dicendo il nostro in-terlocutore, scegliendo quindi strutture superficiali differenti, corriamo il rischio di riferirci a strutture profonde diverse rispetto a quelle cui l’altro faceva riferimento. In questo caso potremmo comunicare una scarsa at-tenzione, un’incapacità di cogliere a pieno quello che ci vuol essere comu-nicato. Meglio quindi utilizzare le stesse parole/espressioni, soprattutto se intuiamo che queste vengono ripetute più volte e con maggiore enfasi.

• adattare il proprio paraverbale a quello della persona con la quale stiamo

comunicando: a livello di processi rappresentazionali interni (quelli cioè che avvengono nella mente), sappiamo che ogni modalità comunicativa è dovuta ad uno specifico modo di elaborare le informazioni. Adottare una velocità di eloquio simile a quella dell’altra persona, fare uno stesso uso delle pause nel discorso, ricalcare le tonalità, ecc. ci mette nelle condizioni di stimolare nell’interlocutore processi rappresentazionali interni a lui con-geniali.

• calibrare i propri movimenti, la propria postura, le espressioni del volto,

ecc. in modo da farli assomigliare a quelli dell’interlocutore è uno dei modi più immediati di “avvicinarci” al suo mondo. Questo ricalco non verbale va attuato con molta discrezione e tatto, evitando di esagerare: l’obiettivo non è quello di imitare l’altra persona, quanto piuttosto utilizzare la nostra fisicità allo stesso modo dell’altro, dimostrando rispetto per i suoi spazi, le sue abitudini e sensazioni.

Ricalcare le modalità della persona con cui stiamo parlando non ci permette soltanto di generare sintonia, di comunicarle somiglianza da parte nostra... ri-calcare con cura le modalità dell’altro ci consente di “entrare letteralmente” nel suo mondo, cogliendone le sfumature e riuscendo ad intuire molto più di quan-to siamo abituati a considerare possibile.

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(Leggi l'estratto del libro "Come trattare gli altri e farseli amici" di Dale Carne-gie) In che senso? Cosa vuol dire “riuscire ad intuire” qualcosa dell’altro? Un semplice esercizio che è possibile effettuare in coppia per divenire consape-voli delle proprie capacità intuitive (che ogni giorno utilizziamo, che non sap-piamo di possedere) consiste nel mettersi uno di fronte all’altro (entrambi in piedi o seduti) in modo che uno dei due (si scelgono all’inizio i ruoli e poi si in-vertono) cominci a ricalcare fisiologicamente l’altro. Il ricalco va condotto in modo approfondito: un modo semplice per farlo è passare in rassegna tutte le parti del corpo della persona che si vuole ricalcare (dalla testa ai piedi o vice-versa, per esempio) e via via sintonizzare le proprie parti del corpo fino ad una rispecchiarne i particolari più sottili. E’ importante ricalcare anche la respirazio-ne (nel ritmo e nella profondità), eventuali altri movimenti del corpo e le espressioni del volto.Una volta entrati nei panni dell’altro e dopo esserci restati per un paio di minu-ti, si può provare ad intuirne quali sono le sensazioni, i pensieri e le emozioni dell’altro. Un’indicazione è quella di lasciar correre i pensieri e le intuizioni, sen-za cercare di trovarvi necessariamente una logica completa, senza elaborare razionalmente le proprie intuizioni, ma lasciare che queste fluiscano liberamen-te. E per quanto riguarda il ricalco degli interessi e dei valori? Basta seguire due semplici direzioni: la prima è quella di mostrare sincera at-tenzione per gli interessi di chi abbiamo di fronte, stimolando con le nostre do-mande l’altra persona a parlarcene. Immaginiamo di volerne cogliere i dettagli e le sfumature, interagendo attivamente per capire sempre di più cosa vorreb-be dire nutrire proprio quegli interessi. Per quanto riguarda i valori, impegniamoci a comprendere cosa è importan-te per l’altro: quali princìpi sono alla base della sua vita, dei suoi rapporti e del-le sue convinzioni più profonde?Mostrare rispetto è tanto efficace (in termini di rapporto e scambio comu-nicativo) quanto doveroso.

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Lo psicologo Thomas Gordon riassume in que-sto testo ottimi strumenti nati in campo acca-demico e resi fruibili per il pubblico più vasto.Dopo anni di esperienza nella formazione di "non esperti", Gordon si rivolge ai docenti de-siderosi di comprendere le dinamiche che sor-gono nel contesto scolastico tra studenti, in-segnanti e studenti, insegnanti e genitori.Quello proposto in questo libro, è un Approc-cio Centrato sulla Persona, che aiuta "chi la-vora con soggetti in età evolutiva a comuni-care in modo efficace e a facilitare l'autoapprendimento.

Il testo è anche ricco di spunti per imparare a condurre democraticamente un gruppo di discussione, di lavoro o di incontro finalizzato alla soluzione di pro-blemi o conflitti. Il clima è sempre quello rogersiano (Gordon ha infatti il merito di aver tradotto in un linguaggio concreto e operativo la filosofia rogersiana): si promuove cioè l'autofiducia, la creatività, l'autocontrollo e l'autodisciplina; si sviluppa il senso di autonomia e quello di responsabilità, si invitano gli studenti a partecipare al processo attraverso il quale si definiscono le regole che governano la vita in classe." Un testo che non può mancare nella biblioteca del docente appassionato alla propria professione.

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30 dic ’11

Insegnanti efficaci - Thomas Gordon

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Libri

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Il noto testo di Dale Carnegie rappresenta un riferimento indiscusso nell'ambito della comuni-cazione e delle relazioni con gli altri.Mette a disposizione di chiunque voglia impara-re a "lubrificare" le proprie relazioni, modalità semplici e di immediato utilizzo di cui godere in termini di risultati concreti. È un testo che consiglio a chiunque abbia a che fare con gli altri: a tutti, quindi!

Gli insegnanti sono ovviamente coinvolti quotidianamente in relazioni profonde con i propri studenti, in dinamiche particolari con i propri colleghi e con i geni-tori degli alunni: riuscire a gestire efficacemente tutti questi scambi significa ottenere risultati migliori e godersi maggiormente il proprio ruolo. Leggere questo libro significa godere dei risultati che questo comporta: come genitori, come partner, come professionisti, amici, colleghi...

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15 gen ’12

VideoStili di apprendimento (V, A, K)

8 gen ’12

Come trattare gli altri e farseli amici Libri

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Hai presente la frase "la mappa non è il territorio" del linguista Alfred Kor-zybski? Scommetto che così non l'avevi mai sentita...

Cosa si intende quando diciamo che "la mappa non è il territorio"?Quali meccanismi cognitivi ci sono alla base della nostra percezione?

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11 feb ’12

Verbale Paraverbale Non Verbale - In auto con Alberto

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19 mar ’12

VideoLa mappa non e’ il territorio, Alberto te lo spiega

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Alberto De Panfilis risponde a queste domande in questo video, ripreso durante il corso COMUNICATIVAmente (maggio '11) organizzato dalla società di formazione www.fym.it

In questo audio ti parlo di una semplice strategia che ha condiviso con me un'ottima maestra di scuola primaria. Ecco come dare feedback, sviluppando nel contempo empatia con il bambi-no.

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20 mar ’12

Sviluppare empatia durante i feedback

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