Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

7
8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri) http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 1/7 Da: Pierluigi Basso e Lucia Corrain (a cura di), Eloquio del senso. Dialoghi semiotici  per Paolo Fabbri , Costa & Nolan, Milano, 1999. Umberto Eco: Spartacus (1999) Per questa raccolta di scritti festivi avevo pensato di svolgere il tema "Aspetti sistematici nell'opera a stampa di Paolo Fabbri". Il titolo sarebbe stato serio, e non scherzoso, anche se polemico, in quanto sfidava due luoghi comuni: il primo che Paolo Fabbri abbia pubblicato pochissimo, il secondo che non esistendo un Fabbri- libro non esiste un Fabbri-pensiero sistematico, il Nostro stemperando la sua inesausta curiosità e le proprie brillanti intuizioni nel rapporto orale - socratico, sì, ma di Socrate tutto si può dire salvo che abbia elaborato un sistema. Questi due luoghi comuni sono falsi perché, anzitutto, Fabbri ha pubblicato in vita propria centinaia e centinaia di pagine, talché riunendone solo una percentuale minima e facendole tradurre in castigliano, Lucrecia Escudero, con la complicità prefacente di Eliséo Verón, ha potuto editare Tacticas de los signos (Fabbri 1995), che è opera di ben trecentosessantun pagine 1 . In secondo luogo ritengo che, a dispetto della sua ostentazione di oralità impenitente (che è certamente una forma di dandysmo e, nella misura in cui è ostentata, la cosa in lui meno apprezzabile), la riflessione ormai quasi quarantennale di Paolo Fabbri presenti alcune linee di resistenza e di tenuta, che permettono di parlare di alcuni tratti sistematici del suo pensiero. Siccome l'individuazione di queste linee è talora laboriosa (tanto il soggetto ha fatto e fa per occultarle), mi limiterò a toccare solo un aspetto (e magari secondario) di quel Faber perennis di cui bisognerà un giorno o l'altro andare alla ricerca - e possibilmente sinché è ancora in vita, in modo che possa consapevolmente scontare il peccato di aver millantato una volubile nonchalance. Essendo mia virtù e maledizione, da decenni, che non appena prendo in mano un libro fresco di stampa, mio o altrui, e lo apro a caso, subito vi scopro un evidente svarione (mi è accaduto, lo giuro, anche con un libro in giapponese, benché ignori quell'idioma), non appena ho aperto il recente volume attribuito a Paolo Fabbri, La svolta semiotica, ho sobbalzato leggendo a pagina 20 che l'idea che sia possibile spezzettare la complessità del linguaggio e la complessità del mondo in unità minime è riconducibile al "modello tomistico". Ritenendomi buon conoscitore dell'Aquinate, non riuscivo a trovare nella sua opera alcun accenno allo spezzettamento del linguaggio in unità minime, e ne ho chiesto ragione al presunto autore: il quale si è dichiarato tanto stupito quanto me, invitandomi a chiederne ragione a chi, come recita il colophon dell'opera, ha curato la trascrizione e la stampa di quelle che erano all'origine lezioni, naturalmente orali, e cioè a Gianfranco Marrone. Questi, dopo breve riflessione su quel passo indubbiamente impervio, ne ha lucidamente concluso che doveva trattarsi di errore di stampa e che in luogo di "tomistico" era da leggersi "atomistico". Informato Fabbri di quella necessaria conversione dall'Angelico Dottore a Democrito (che, non a caso, ancora una volta "il mondo a caso pone"), egli ha consentito,

Transcript of Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

Page 1: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 1/7

Da: Pierluigi Basso e Lucia Corrain (a cura di), Eloquio del senso. Dialoghi semiotici per Paolo Fabbri , Costa & Nolan, Milano, 1999.

Umberto Eco: Spartacus (1999)

Per questa raccolta di scritti festivi avevo pensato di svolgere il tema "Aspettisistematici nell'opera a stampa di Paolo Fabbri". Il titolo sarebbe stato serio, e nonscherzoso, anche se polemico, in quanto sfidava due luoghi comuni: il primo chePaolo Fabbri abbia pubblicato pochissimo, il secondo che non esistendo un Fabbri-libro non esiste un Fabbri-pensiero sistematico, il Nostro stemperando la suainesausta curiosità e le proprie brillanti intuizioni nel rapporto orale - socratico, sì,ma di Socrate tutto si può dire salvo che abbia elaborato un sistema.Questi due luoghi comuni sono falsi perché, anzitutto, Fabbri ha pubblicato in vitapropria centinaia e centinaia di pagine, talché riunendone solo una percentualeminima e facendole tradurre in castigliano, Lucrecia Escudero, con la complicitàprefacente di Eliséo Verón, ha potuto editare Tacticas de los signos (Fabbri 1995),che è opera di ben trecentosessantun pagine1. In secondo luogo ritengo che, adispetto della sua ostentazione di oralità impenitente (che è certamente una formadi dandysmo e, nella misura in cui è ostentata, la cosa in lui meno apprezzabile), lariflessione ormai quasi quarantennale di Paolo Fabbri presenti alcune linee diresistenza e di tenuta, che permettono di parlare di alcuni tratti sistematici del suopensiero. Siccome l'individuazione di queste linee è talora laboriosa (tanto il

soggetto ha fatto e fa per occultarle), mi limiterò a toccare solo un aspetto (e magarisecondario) di quel Faber perennis di cui bisognerà un giorno o l'altro andare allaricerca - e possibilmente sinché è ancora in vita, in modo che possaconsapevolmente scontare il peccato di aver millantato una volubile nonchalance.Essendo mia virtù e maledizione, da decenni, che non appena prendo in mano unlibro fresco di stampa, mio o altrui, e lo apro a caso, subito vi scopro un evidentesvarione (mi è accaduto, lo giuro, anche con un libro in giapponese, benché ignoriquell'idioma), non appena ho aperto il recente volume attribuito a Paolo Fabbri, Lasvolta semiotica, ho sobbalzato leggendo a pagina 20 che l'idea che sia possibile

spezzettare la complessità del linguaggio e la complessità del mondo in unitàminime è riconducibile al "modello tomistico". Ritenendomi buon conoscitoredell'Aquinate, non riuscivo a trovare nella sua opera alcun accenno allospezzettamento del linguaggio in unità minime, e ne ho chiesto ragione al presuntoautore: il quale si è dichiarato tanto stupito quanto me, invitandomi a chiederneragione a chi, come recita il colophon dell'opera, ha curato la trascrizione e lastampa di quelle che erano all'origine lezioni, naturalmente orali, e cioè aGianfranco Marrone. Questi, dopo breve riflessione su quel passo indubbiamenteimpervio, ne ha lucidamente concluso che doveva trattarsi di errore di stampa e che

in luogo di "tomistico" era da leggersi "atomistico".Informato Fabbri di quella necessaria conversione dall'Angelico Dottore a Democrito(che, non a caso, ancora una volta "il mondo a caso pone"), egli ha consentito,

Page 2: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 2/7

dicendo che in tal modo il dettato del testo meglio corrispondeva al suo pensiero.Segno dunque che i testi esprimono un pensiero e che questo pensiero dovrebbeessere riconosciuto dai loro destinatari. Che è ammissione da non prendere allaleggera, se si vanno a fare gli scavi archeologici che suggerisco.

Paolo Fabbri è stato un poco lo Spartaco della semiotica. Infatti, come colui si eraposto a difesa dei diritti degli schiavi e dei diseredati molti secoli prima di JohnBrown, di Toussaint Louverture, di Karl Marx e di Che Guevara (tanto per citarealcuni che hanno solidarizzato con coloro che non venivano ammessi ai ricevimentidella gente per bene), Fabbri, prima di chiunque altro, e in epoca strutturalmenteintesa a celebrare la ferrea struttura del messaggio, per non dire del codice, si èmesso deliberatamente dalla parte dei destinatari, e dei più segnati dal destino delsottosviluppo, i disperati del deficit, le vittime dei gatekeepers, gli sgambettati deltwo steps flow , gli sbertucciati del codice ristretto, gli handicappati intellettuali maimiracolati a Barbiana.Di costoro, e sin dai tempi della ormai storica comunicazione a Perugia 19652, èstato Fabbri a dire, o a convincere gli amici a dire, e ad alta voce, che non è cheessi fossero dominati da messaggi rispetto ai quali non avevano un codice: essiavevano semplicemente un altro codice, che non era quello degli emittenti, e che gliemittenti ignoravano. Per cui quella che poi è stata chiamata (con termine forseaberrante, ma senza cattive intenzioni) "decodifica aberrante" - ed era aberranterispetto al codice degli emittenti inteso come norma - era in fondo il modo in cui ilsoggetto leggeva a modo proprio il messaggio del dominatore.Cerchiamo di ricordare che cosa era successo a Perugia 1965 (e rinvio, per i

particolari non aneddotici, con una certa commozione, al ricordo che ce ne avevaconsegnato Mauro Wolf nel 1992, quando aveva fatto in tempo a partecipare alFestschrift  per me, ma non gli è stato dato di partecipare a questo). A prova dellanostra proposta, che un messaggio emesso da una centrale massmediatica inaccordo con certi codici, potesse essere ricevuto in base a codici diversi, avevamomostrato una trasmissione televisiva in cui si parlava di un fatto d'onore avvenuto inSicilia.La vicenda era questa: X aveva ucciso sua moglie Y, per gelosia, ed era finito incarcere. Ora, dopo moltissimi anni, ne usciva. K, fratello di Y, aveva informato le

pubbliche autorità che, se X fosse tornato al paese, lui lo avrebbe ucciso. Inutiledirgli che X aveva pagato il suo debito con la società, K era legato a un'ancestralenozione dell'onore, avrebbe ucciso in ogni caso.Il regista della trasmissione si era ingegnato, strutturalista senza saperlo, diarchitettare una mirabile serie di opposizioni che avrebbero dovuto convincerequalsiasi spettatore di come le pretese di K fossero ancestralmente barbare econdannabili. K veniva ripreso, mentre reiterava i suoi propositi di vendetta, sullosfondo di un muro calcinato dal sole, bianco come la sua camicia scamiciata, agaviin secondo piano, e un sottofondo sonoro di scacciapensieri - tutti connotatori di

primitiva barbarie isolana. La voce della Sicilia ormai europea era data invece da unsignore vestito in giacca e cravatta, sia pure di bianco, sullo sfondo di una città,attraversata da automobili e micromotori. Mediatore - che alla luce di una dottrina

Page 3: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 3/7

universale del perdono non assolveva K, ma alla luce della cristiana pietà cercava dicapire le sue ancestrali ragioni - il parroco, sullo sfondo di pareti altrettanto calcinatedal sole, ma di una chiesa barocca, e sprovincializzato dall'abito talare. Tuttosemplice, elementare, caro Greimas, indiscutibile: una trasmissione fatta apposta

per chi volesse dimostrare come il senso di una trasmissione può essere analizzatoin termini di analisi del contenuto, vivificata da sapienza semiotica.Non mi ricordo perché l'avevamo mostrata, forse proprio prevedendo quel chesarebbe accaduto, ma quello che è accaduto stava superando le nostre previsioni.Un signore, che viveva a Perugia da decenni, ma il cui accento tradiva l'originesiciliana, dirigente bancario e non certo contadino, aveva osservato che latrasmissione, a suo vedere, militava in favore di K, il potenziale e promessoassassino, in quanto emasculato gli pareva il testimone cittadino, pallido in mezzo aivapori dei tubi di scarico, e scialbo il prete, incapace di comprendere la sua gente,oppresso dall'immagine troppo romana della sua chiesa; e l'unica creatura viva eattendibile gli era parsa K, muscoloso e vero, sullo sfondo di un paesaggio vero.Non era che il nostro testimone approvasse K, ci mancherebbe. Semplicemente,volendo essere nostro complice, ci invitava a riconoscere come gli autori dellatrasmissione avessero fallito, in quanto pensavano di aver connotato in modonegativo ciò che invece, senza ombra di dubbio, era connotato in modo positivo.Quella serata fu il trionfo dell'ipotesi di Fabbri. Malgrado gli anni di Italia centrale e ilripudio delle tradizioni isolane, il nostro testimone vedeva attraverso un codiceisolano e - sia pure a malincuore - vedeva nella trasmissione quello che gli autorinon volevano certo che vi si vedesse. Costui, benché ormai alfabetizzato, era il

testimone di destinatari Altri, che amministravano i propri codici di ricezione. ComeFabbri dirà alcuni anni dopo in Le comunicazioni di massa in Italia: sguardosemiotico e malocchio della sociologia (1973), era giunto il momento di passaredalla domanda a) che cosa le comunicazioni di massa fanno ai riceventi (su cuitante inutili energie la sociologia aveva speso, senza venirne a capo) a b) che cosa iriceventi fanno delle comunicazioni di massa. Il che significava, anziché andare auna ricerca indimostrabile degli effetti, esaminare come agissero i meccanismi didifesa che i riceventi mettevano istintivamente (ma culturalmente, nel sensoantropologico del termine) in atto per non essere soltanto classe soggetta.

C'era in queste pagine (cfr. nota 25 a p. 92) un'osservazione molto importante: chesi segue una falsa pista quando si registra che i destinatari indotti non capiscono undeterminato linguaggio settoriale, per esempio quello politico. È vero, essi noncapiscono che cosa significa "i partiti democratici e popolari non sono contrari alleconvergenze parallele" (conio mio), ma capiscono benissimo, se sono donne, "uncapo sciancrato portato con coordinati" e, se sono uomini, "il libero fluidifica quandol'ala tornante rinviene di copertura". Conclusione:Il fatto è che le masse possono capire il linguaggio dei politici (...) poco menospecializzato di quello della moda, ma non s'interessano di politica. Almeno di

questa politica. L'incomprensione linguistica (subordinata e non irriducibile) non èuna causa ma un effetto (Ivi , 93).Il che era anche un modo di dire che la pluralità non concerneva soltanto i codici nel

Page 4: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 4/7

senso stretto del termine, ma le regole testuali e di genere.Questa posizione diventa ancora più radicale nel Progetto di ricercasull'utilizzazione dell'informazione ambientale (Eco, Fabbri 1978). Il pretesto erastato una proposta di ricerca richiesta dall'Unesco l'anno prima, poi finita in nulla

come avviene in genere per quella venerabile istituzione. In quella sede si eranoconsiderati i casi di rifiuto del messaggio per totale carenza di codice (situazionelimite, tipica dei casi di messaggio in lingua straniera), e di incomprensione dimessaggio per disparità di codici - ed eravamo al caso di decodifica aberrante diPerugia 1965. Ma si aggiungeva, e questo era certamente contributo di Fabbri,l'incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali, e il rifiuto delmessaggio per delegittimazione dell'emittente.Il primo caso si ha quando il destinatario è in possesso del codice dell'emittente ecapisce il messaggio, ma è mosso da esigenze che entrano in conflitto con il tipo dipersuasione che il messaggio vuole indurre. Pertanto riferisce il messaggio alproprio sistema di aspettative e lo usa come conferma di ciò che crede, anche se difatto ne costituisce la negazione. Il secondo caso si ha quando il sistema dipersuasioni del ricettore contrasta talmente con quanto il messaggio dice che nonrimane che delegittimare la fonte, e cioè decidere che essa menta.Già nel suo saggio del 1973, Fabbri insisteva sul fatto che l'aberranza delladecodifica veniva erroneamente interpretata dalla sociologia tradizionale alla luce diun'idea di competenza deficitaria, come se il destinatario disponesse di un codicetroppo ristretto rispetto al codice più elaborato dell'emittente; oppure si presumevache il destinatario avesse capito male perché risultava incapace di verbalizzare

quanto aveva compreso. Fabbri osservava che c'è molta differenza tracomprensione di un messaggio e capacità di verbalizzarlo, rinviando agli studi ormaiall'epoca vastissimi sulle vane forme di comunicazione e intelligenza non verbale.Di qui, e non è il caso di insistervi, la serie di domande sulla legittimità culturale deicodici dei destinatari che per avventura non coincidessero con quelli degli emittenti,e il sospetto che la stessa nozione di "cultura di massa", come modello dicomportamento generalizzato a scala mondiale, fosse una finzione sociologica. Einfine l'ipotesi che non solo occorresse ipotizzare che i destinatari avessero codicidiversi dagli emittenti, ma che questi codici di destinazione non fossero omogenei,

bensì dipendessero da operazioni di negoziazione a seconda delle occasioni. Ancora una volta, idea guida di Fabbri era il riconoscimento del diritto, da parte deidestinatari subalterni, a una decodifica alternativa, ovvero il riconoscimento che laloro aberrazione non era né casuale né causata da deficit, bensì da un diversoinsieme di interessi. Che poi all'epoca si parlasse di "codici", non è neppure il casodi discuterne per correggere il tiro terminologico: è chiaro che era in gioco uninsieme di competenze, di conoscenze testuali, insomma una cultura o una diversaenciclopedia. Voglio dire che, anche se si accetta la polemica che Fabbri in Lasvolta semiotica fa contro una semiotica del codice, la nuova prospettiva non inficia

le posizioni degli anni Settanta, ma chiede caso mai di riformularle in un gergo piùaggiornato.D'altra parte, sull'importanza che il destinatario assume nel processo comunicativo,

Page 5: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 5/7

e nella stessa strategia retorica messa in opera dall'emittente, lo diceva anchel'analisi del telecomizio (Fabbri 1971). Il fantasma del destinatario determina icontenuti che l'emittente decide di far passare, almeno a livello delle comunicazionidi massa.

Tutto questo ho detto per dire che Fabbri, Spartaco del destinatario represso,sarebbe stato ormai pronto per prendere in mano la fiaccola della decostruzioneventura, e a sostenere che non vi è senso proprio di un testo, che di un testo si puòfare ciò che si vuole, e che infine, di fronte alla produzione testuale, anything goes.Invece Fabbri non imbocca quella strada, e - anzi - dai vagabondaggi delladecostruzione prende energicamente le distanze anche nelle sue ultime lezioniLaterza (Fabbri 1998, pp. 14-15), mentre a pagina 28 ammette che di un testopossano esservi "interpretazioni folli, deliranti, paranoiche". Curiosamente in questepagine attribuisce gli eccessi della decostruzione a una reazione contro la ferreasemiotica del codice, e sul piano del diritto potrebbe essere anche così: ma sulpiano del fatto direi che è avvenuto diversamente, si è cominciato a conferiresempre maggiore autonomia e dignità al punto di vista, al sapere, all'iniziativa deldestinatario (Fabbri vede persino un rapporto quasi genetico tra la decostruzione ela poetica dell'opera aperta). Quindi c'erano tutte le premesse per cui lospartachismo semiotico di Fabbri dovesse portarlo all'anarchismodecostruzionistico.Invece Fabbri ripudia, è vero, la semplificazione del codice, ma per sostenerestrategie di significazione che in qualche modo sono nel testo e non nell'iniziativadel destinatario. D'altra parte, si badi, nessun decostruzionista potrebbe tentare una

semiotica delle passioni, che non fosse solo una psicologia della passionedecostruttiva. Perché vi sia semiotica delle passioni occorre vi siano caratteristichericonoscibili del potere patogeno di un testo, che sia riconosciuta un'azione del testosul proprio destinatario, che in qualche modo il destinatario, per lucido e resistenteche sia, debba piegarsi - sia pure per finta - alla seduzione della strategia testuale.Si veda la bella lettura di una sequenza di Prova d'orchestra di Fellini a chiusura diLa svolta semiotica. Un'inquadratura di spalle in soggettiva, una carrellata in avantisino a superare il personaggio visto di spalle, un giro di centottanta gradi sino a cheil personaggio viene visto di fronte e si perde il senso della soggettiva, ciò che si

vede è ora oggettivato da uno sguardo neutro. Tutta l'analisi ha a che fare con lapossibilità di esprimere verbalmente questa esperienza visiva, ma poco importa: citroviamo di fronte a una strategia testuale alla quale lo spettatore non dovrebbesfuggire - né vi si sottrae Fabbri, per bocca del quale parla quello spettatore Modelloche il testo presuppone, e di cui egli, Fabbri, si pone come interprete autorizzato daltesto stesso.Basterebbe dire che, a salvare lo spartachismo di Fabbri dall'anarchia decostruttiva,è stata la lezione di Greimas. Nella prefazione alla già citata antologia spagnolaVerón fa un'affermazione a prima vista bizzarra:

Direi che Paolo Fabbri ha sempre avuto con l'opera (non con la persona) di Greimauna relazione esteriore, quasi strumentale: Greimas gli ha dato, in determinateoccasioni, utensili che gli servivano per trattare un problema. Però lo spirito

Page 6: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 6/7

enciclopedico, totalizzante, in un certo senso scolastico di Greimas, mi paretotalmente estraneo alla posizione intellettuale di Fabbri (Verón in Fabbri 1995, p.8).Forse l'affermazione è troppo violenta, e proverei ad addolcirla in questo modo:

Fabbri ha ricevuto da Greimas un'immagine "forte" della testualità, anche se non losi è mai visto indulgere troppo alla messa a nudo di quelle strutture di tubi Dalminegenerativi in cui eccellono i fondamentalisti greimasiani; e tuttavia, per le origini dicui si è detto, ha sempre avuto presente l'esigenza di rendere conto della visionedalla parte del destinatario, là dove a Greimas mancava una soddisfacente teoriadell'interpretazione.Da cui l'ambiguo greimasismo di Fabbri, che può aver colpito Verón: come essereun generativista ortodosso se si sa che fuori dal testo c'è sempre qualcuno che puòvedervi altro dal processo generativo che esso dovrebbe palesare?Tuttavia le cose non sono così semplici. C'è nello spartachismo di Fabbri unmomento aristocratico che va portato alla luce. Insomma, nutro il sospetto che perFabbri la capacità di leggere il testo alla luce di convenzioni diverse da quellepensate e volute dall'emittente, di rifiutarlo delegittimandone l'enunciatore, diopporre alla sue seduzioni i propri interessi di destinatario, sia concepibile,giustificabile e buono nell'ambito delle comunicazioni di massa. Quando si passiinvece ai testi - diciamo - di prima categoria, allora sui capricci proletari deldestinatario prevale la strategia della significazione, che il ricettore di bocca finedeve saper riconoscere. Come a dire: libertà e manica larga per i diseredati, maforte disciplina e nessuna indulgenza per i ricchi, come avviene nei migliori collegi

inglesi.Per essere veramente insidioso nella mia obiezione, direi che se Fabbritrasportasse il suo testualismo forte nell'ambito delle comunicazioni di massa,ridiventerebbe simile a quei sociologi che andavano ad analizzar contenuti, e chenel 1973 giustamente bacchettava; ma se introducesse il suo "ricezionismo"tollerante nell'ambito dei testi d'élite (come quello di Fellini), cadrebbe nel peccato didecostruzionismo che egli stesso condanna (1998).Può darsi che nella vasta bibliografia di Fabbri si trovi un passo in cui questacontraddizione viene sanata attraverso la costruzione di un modello teorico

adeguato (e sull'urgenza di costruir modelli si veda Fabbri 1998, pp. 91 e sgg.). Nonavendo io individuato questo passo, avanzo la supposizione che la passionesemiotica di Fabbri sia animata anche (e sistematicamente) da questacontraddizione costante.Non so se Fabbri sarebbe d'accordo a riesumare, per comporre la contraddizione, lmia opposizione tra uso e interpretazione. Allora le masse userebbero i messaggiche le élite interpretano. Ammetto che messa in modo così brusco la faccendasembri quasi razzista, ma sarebbe il solo modo per evitare che (per parodiare unautore che a Fabbri è carissimo), la semiotica sia un orologio come quelli

(imperfettissimi) che portiamo al polso, che non si sa mai se segnino le ore chiare ole ore scure.

Page 7: Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

8/19/2019 Umberto Eco- Spartacus (Per Paolo Fabbri)

http://slidepdf.com/reader/full/umberto-eco-spartacus-per-paolo-fabbri 7/7

 Note 1 Verón dice che la resistenza di Fabbri a pubblicar libri è segno di orgogliosa atipicità antiaccademica,

che "la ausencia del objeto libro dentro de las tacticas de Paolo Fabbri, testimonia una coherenciprofunda entre su visión de la semiótica y del poder intelectual", ma con amichevole malignit

ammette che "no hay nada que los colegas que son también amigos, para echar por tierra todo uproyecto de vida. Con la publicación de este libro, es cosa hecha".2 Cfr. Fabbri et alii  1965. Si noterà che uso con una certa liberalità, come fonti per il pensiero di Fabbri

alcuni saggi scritti in collaborazione con me. Studiare un autore attraverso i saggi scritti icollaborazione è sempre discutibile. Anche se una nota introduttiva specifica quale sia il contributdi ciascuno degli autori, si sa bene che queste note sono poste per ragioni concorsuali, e nomirano tanto ad attribuire idee quanto un ragionevole numero di pagine a ciascuno. Motivsufficiente, mi pare, per giudicare indecidibile (in tali casi) ogni attribuzione di idee, concettifilosofemi e apoftegmi. Tranne in un caso, che è quello in cui i coautori non si sonconcorsualmente preoccupati di distribuire le pagine, ma colui che cita lo scritto è uno dei coautorie quindi è in grado di testimoniare di chi fosse una determinata idea. E quando il coautorattribuisce un'idea al partner, e non a se stesso, la sua testimonianza non è sospetta, dato che - s

l'idea è buona - non ne trae alcun vantaggio, e anzi. Sono certamente casi mirabili ed eccezionali, icui il citato eccelle in Logica, il citante in Etica, e l'insieme appare Esteticamente ben equilibratoricco di Vitalità.

Bibliografia citata Eco U., Fabbri P.1978 Progetto di ricerca sull'utilizzazione dell'informazione ambientale, "Problemdell'informazione", 4.Fabbri P.1971 Prospettive di analisi del linguaggio politico, in Autori Vari, Il telecomizio, Urbino, Montefeltro.

1973 Le comunicazioni di massa in Italia: sguardo semiotico e malocchio della sociologia  "Versus", 5, pp. 57-122.1995 Tacticas de los signos, a cura di L. Escudero, Barcelona, Gedisa.1998 La svolta semiotica, Roma-Bari, Laterza.Fabbri P. et alii  1965 Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione-pubblico  Perugia, Centro Italiano per la comunicazione di massa, 23-24 ottobre 1965, mimeo (ripreso iEco U., Per una indagine semiologica del messaggio televisivo, "Rivista di estetica", II, maggioagosto 1966).Wolf M.1992 Una visita in soffitta, in Magli P., Manetti G., Violi P. (a cura di), Semiotica: storia teoriinterpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Milano, Bompiani.