Ulysses Moore - 2004 - Vol 1 - La Porta del Tempo.pdf

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Nota per il Lettore

La storia di questo libro è dawero incredibile, e noi stessi siamo curiosi di sapere come andrà a finire. Tutto è cominciato con questa e-mai1 che ci ha man- dato un nostro collaboratore dalla Cornovaglia. Quanto al seguito, deciderete voi cosa pensare.. .

La Redazione del Battello a Vapore

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Da: Pierdomenico Baccalario Oggetto: Manoscritto Cornovaglia

Data: 20 luglio 2004 3:46:01 A: Redazione Battello a Vapore , & Allegati, 750Kb

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Ciao a tutti! Vi scrivo da Cove Cottage, un bed & breakfast in Cornovaglia, perché devo assolutamente mettervi al corrente di alcuni fatti straordinari che mi sono successi.

Dopo che mi avete raccontato di quel manoscritto che vi incuriosiva, sono partito subito per l'Inghilterra. L'unica informazione che avevo sull'autore era il nome del luogo in cui vive, Kilmore Cove, in Cornovaglia. Arrivato a Londra, ho affittato una macchina, ma il mio viaggio si è fermato a Zennor, dove mi trovo ora, perché non ho trovato nessun "Kilmore Cove" sulla cartina. A quel punto ho chiamato il numero di telefono che mi avevate lasciato. Mi ha risposto una signora molto gentile, che mi ha domandato in quale hotel mi trovavo e mi ha dato appuntamento alla reception per la mattina seguente. Invece della gentile signora inglese, la mattina dopo ho trovato un baule (avete letto bene, un BAULE!) con una scarna lettera di accompagnamento, che vi trascrivo:

Gentile signore, questo è il materiale che Ulysses Moore mi ha pregato di farle recapitare. Nel caso lo trovasse di suo gradimento e volesse pubblicarlo, la nostra unica richiesta è che il nome Ulysses Moore sia ben visibile sulla copertina e che l'ordine dei manoscritti sia rispettato.

Con i migliori auguri, L'Isola di Calypso Buoni Libri Salvati dal Mare

Dentro il baule c'era una montagna di fotografie, disegni, cartine e quaderni dalla copertina nera consumati dal tempo, tutti numerati e scritti in una calligrafia minuta e precisa. .. Ma in un linguaggio totalmente incomprensibile!

All'inizio ho pensato a uno scherzo. Poi però ho cominciato a guardare i disegni, le mappe, le fotografie, e ho capito che quel materiale faceva parte

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di un'unica storia. Una storia che l'autore, per qualche motivo che ancora mi sfugge, ha deciso di proteggere con una scrittura in codice molto particolare.

Come potrete immaginare, a quel punto ero dawero incuriosito e visto che avevo già prenotato il bed & breakfast per tutta la settimana, ho cominciato a cercare un modo per tradurre quei quaderni. Come potete leggere qui di seguito, credo di essere riuscito a "svelare" il primo.

Pierdomenico

P.S. Vi ho mandato in allegato la foto di Cove Cottage, quella del baule e anche la cartina.. . così vedrete che trovare Kilmore Cove è una missione impossibile: non esiste da nessuna parte!

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L a casa sulla scogliera apparve all'improwiso, dietro una curva. La sua torretta di pietra svettava contro il blu del mare, circondata

dagli alberi. - Caspita! - esclamò la signora Covenant non

appena la vide. Suo marito, alla guida, si limitò a sorridere. Oltre-

passò il cancello di ferro battuto e parcheggiò la mac- china nel cortile.

La signora Covenant scese. La ghiaia scricchiolò sotto i suoi tacchi e lei sbatté le palpebre, come se fosse ancora indecisa se credere o meno a quello che stava vedendo.

La casa era arroccata sul mare: si sentivano le onde sbattere contro gli scogli, l'aria pungente di salsedine.

. . L'edificio era circondato d'azzurro, mare e cielo e, piu da vicino, dagli alberi del giardino; lontana, alla base della scogliera, si intravedeva la baia di Kilmore Cove, disseminata di case.

Mentre restava immobile nel cortile, a bocca spalan- cata, la signora Covenant fu raggiunta da un uomo anziano, con il viso segnato da rughe pronunciate e una curatissima barba bianca. Aveva gli occhi mobili, irre- quieti e profondi. Si presentò, facendola sobbalzare.

- Mi chiamo Nestor - disse. - Sono il giardiniere di Villa Argo.

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- - LA PORTA GRAFFIATA ycOe-----

Dunque era così che si chiamava, pensò lei: Villa Argo.

Seguì suo marito e l'andatura zoppicante del giar- diniere fino a un porticato affacciato sul mare.

- Siamo sicuri di non esserci sbagliati? - domandò la signora Covenant, sfiorando i muri di Villa Argo come per accertarsi che esistessero davvero.

Suo marito la prese per mano, poi le sussurrò: - Tieniti forte, adesso.. .

L'interno divilla Argo era ancora più stupefacente dell'esterno: un dedalo di piccole stanze, arredate con mobili e oggetti che sembravano provenire da ogni angolo del mondo. Era tutto perfetto: tutto al suo posto. Per la prima volta in vita sua, la signora Cove-

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nant pensò che non avrebbe voluto spostare un solo mobile dal punto in cui era stato sistemato.

- Dimmi che è vero.. . - sussurrò al marito. Lui si limitò a stringerle la mano. Era vero, quindi: avevano realmente comprato quel-

la casa. La signora Covenant si lasciò guidare fino a un

salottino con la volta e i muri di pietra, antichi ed ele- ganti. Vi si accedeva attraverso una piccola arcata e c'era un'altra porta d'uscita, di legno scuro, sulla parete orientale.

- Questa è una delle stanze più vecchie ... - com- mentò il giardiniere, soddisfatto. - È rimasta così da più di mille anni, quando qui c'era ancora una torre medievale. I1 signor Moore, il vecchio proprietario, si è limitato a chiudere gli spifferi della finestra e, natu- ralmente, a far passare i fili della luce elettrica -. Indi- cò loro il basso lampadario appeso al centro della volta.

- Jason ne sarà entusiasta ... - disse il signor Co- venant.

La moglie rimase zitta. - Avete due figli, vero? - domandò il giardiniere. - Sì: un ragazzo e una ragazza di undici anni -

rispose automaticamente lei. - Sono gemelli. - E immagino che siano intelligenti, allegri, pieni di

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------?), h PORTA GRAFFIATA .&p,-

vita ... E che saranno felici di crescere in un luogo tagliato fuori dal resto del mondo e dalle reti Internet ultraveloci.. .

La signora Covenant sgranò gli occhi. - Beh, immagino di sì.. . - rispose un po' sorpresa.

- Forse non è carino che lo dica io, ma ... sì, sono molto indipendenti.. . -. Visualizzò per un istante Jason appiccicato allo schermo del computer, poi scrollò il capo. - Io credo che anche senza Internet ultraveloce sarebbero entusiasti di vivere in una casa come questa.

- Perfetto, davvero perfetto - annuì il giardiniere. - Allora, se alla signora la casa piace, direi che possia- mo considerare fatto il nostro accordo.

I1 signor Covenant spiegò alla moglie che era volontà del vecchio proprietario, il signor Ulysses Moore, che la casa fosse destinata a una famiglia gio- vane, con almeno due figli.

-Voleva che la casa fosse sempre piena di vita.. . - aggiunse il giardiniere, precedendoli fuori dal salotti- no di pietra. - Diceva che una casa senza ragazzi è come una casa morta.

- Aveva ragione - convenne la signora Covenant. Un attimo prima di uscire guardò meglio la porta di legno che si trovava sulla parete orientale. Si accorse che, in certi punti, il legno sembrava carbonizzato e

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che, nelle parti restanti, era rovinato da sfregi e pro- fonde graffiature.

- Cosa è successo a quella porta? - domandò. Nestor si fermò, guardò la porta, poi scosse il capo. - Ah, mi scusi - borbottò. - Quella porta faccia

finta di non averla mai vista. Le è successo di tutto, da quando si persero le chiavi per aprirla. Vede quei quattro buchi? I1 signor Moore pensava che fossero serrature. Ha provato ad aprirla in tutti i modi, ma.. . inutilmente.

- E dove conduce? I1 giardiniere si strinse nelle spalle. - Chi può dirlo? Un tempo forse portava alla vec-

chia cisterna per l'acqua, che oggi non credo neppu- re esista più.. .

La signora Covenant sfiorò il legno annerito e graf- fiato e avvertì una vibrante fitta di preoccupazione: - Forse sarebbe meglio metterci davanti qualcosa, così ai ragazzi non verrà in mente di provare ad aprir- la.. . - commentò rivolta a suo marito.

- Ben detto.. . - mormorò il giardiniere, zoppican- do fuori dalla stanza. - È la cosa migliore da fare: ai suoi figli non deve mai venire in mente di provare ad aprirla. . .

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'mmobile in fondo alle scale, Jason ascoltò. C'era una strana corrente d'aria, che trasporta- va rumori lontani. Scricchiolii dei mobili, sibi-

li del vento, zampettare di animali. Già altre volte, in quella settimana, Jason aveva immaginato che i mo- bili di Villa Argo fossero dotati di vita propria: non appena la stanza era vuota, si spostavano di un mil- limetro. Di un millimetro, non di più, per non esse- re sorpresi.

Ma questa volta era diverso. Non poteva essere stato un mobile che si spostava. E neppure i gabbiani appollaiati sul tetto o i ramarri tra l'edera rampicante o i topi sulla soffitta. Nossignore.

Questa volta aveva sentito un rumore importante: passi affrettati, al piano di sopra. Si era immobilizza- to ad ascoltare, e i passi si erano ripetuti.

Jason strinse le labbra, preoccupato. - Quindi sei di sopra.. . - mormorò al suo misterio-

so nemico, come se tra loro fosse in corso una specie di sfida.

Possibile che nessun altro della sua famiglia si fosse accorto della sua esistenza? Possibile che né suo padre, né sua madre, né sua sorella avessero capito che c'era anche qualcun altro in quella casa così enorme?

Jason l'aveva capito subito: dal primo istante in cui avevano scaricato le valigie nel cortile.

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L A CORRENTE ,&--p

Villa Argo era una casa troppo grande per poterla conoscere tutta. Una casa piena di stanze e di segreti, di oggetti affascinanti e misteriosi.

Quando si erano guardati per la prima volta, era come sevilla Argo gli avesse sussurrato: ((Non tutto è come sembra: scopri il mio segreto, Jasono.

E lui aveva accettato.

Awolto nella corrente d'aria, Jason guardò i ritrat- ti appesi al muro che accompagnavano i gradini fino al primo piano e poi fino alla stanza della torretta, che, con la sua porta a specchio, faceva terminare le scale. Suo padre gli aveva spiegato che quelle vecchie facce incorniciate erano quelle dei precedenti pro- prietari della casa e che presto anche loro avrebbero avuto il loro ritratto appeso tra gli altri.

- Ah, no: io in posa non mi ci metto - aveva subito detto sua sorella Julia, cui metteva angoscia qualunque proposta che contemplasse l'idea di dover stare ferma in uno stesso posto per più di quindici minuti.

A Jason invece quell'idea piaceva. Faceva molto.. . personaggio importante. Molto esploratore. O caccia- tore di fantasmi.

- Ok ... chiunque tu sia ... - mormorò. Era possibile che i passi che aveva appena sentito

appartenessero a un fantasma?

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Tirò fuori dalla tasca il Manuale delle Creature Spa- ventose, compilato dal fantomatico Dottor Mesmero, eroe dei fumetti.

Trovò la pagina che cercava e lesse: - Non pensate che i fantasmi siano muti. Possono produrre rumori di ogni tipo (passi, catene strascicate, campane) e spesso pos- sono parlare. Inoltre, non sempre sono incorporei.

Jason annuì rincuorato. Oltre a confermare i so- spetti sull'identità del suo nemico, quelle poche righe risolvevano una sua grande perplessità. Si era sempre domandato come mai nei film i fantasmi passassero attraverso le porte e mai, per esempio, attraverso i pavimenti.

Continuò a leggere: - Di solito i fantasmi infestano le case in cui v i è ancora qualcosa di incompiuto da termi- nare.

Qualcosa di incompiuto, certo. Poteva essere un fantasma, quindi, che si aggira-

va al piano superiore per portare a compimento ... qualcosa.

Jason ripassò velocemente i consigli del Dottor Mesmero per catturare un fantasma, poi si rimise in tasca il Manuale.

- Adesso vengo a prenderti.. . - sibilò. Ma non appena posò il piede sul primo scalino,

una mano lo afferrò da dietro.

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-- -b L A CORRENTE &---p

- Jason! - esclamò sua sorella, tirandolo giù dal gradino. - Dobbiamo andare!

Jason, ancora immerso nel suo gioco della caccia al fantasma, cercò rapidamente di ricordare quello che doveva succedere nel mondo reale.

((Dobbiamo andare? E dove?)) Non gli venne in mente niente, ma Jason sapeva

che sarebbe stato impossibile convincere Julia del- l'esistenza di un fantasma al primo piano, così la seguì, ricordandosi di colpo il programma del pome- riggio. I loro genitori se ne sarebbero andati a Londra per seguire le ultime operazioni di trasloco: mobili delicati da imballare, l'ufficio di papà da sistemare, i quadri di mamma da portare giù.. . e via di questo passo. Sarebbero tornati a Villa Argo domenica matti- na, con camion al seguito. Nel frattempo, Julia e Jason sarebbero rimasti a Villa Argo da soli, a patto che avessero ubbidito senza fiatare al giardiniere, il signor Nestor.

Per ingannare meglio l'attesa, avevano anche otte- nuto il permesso di invitare Rick Banner, un ragazzo del paese che avevano da poco conosciuto a scuola.

I gemelli uscirono di casa. I1 sole dardeggiava sul giardino, spiovendo da un

cielo incorniciato dalle nuvole. Lontano, sull'orizzon- te del mare, c'era una delicata linea bianca.

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-Ti sei mai chiesta perché il cielo diventa bianco prima di toccare il mare?

- No - rispose Julia. Saltò i quattro gradini del17ingresso e atterrò sul

prato; Jason la seguì, poi si voltò di scatto a guardare le finestre del primo piano.

Pensava di poter sorprendere il fantasma. Ma non vide nessuno.

Nestor ascoltò pazientemente le raccomandazioni della signora Covenant, ma quando lei raggiunse il "punto otto" con le dita delle mani decise di inter-

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L A CORRENTE ,&--

romperla. - Signora, senta: io non sono una gover- nante. E poi non credo che i vostri figli avrebbero il tempo di combinare tutto quello che lei mi ha elenca- to: starete via un solo pomeriggio!

- E una sera - puntualizzò lei. - Come le dicevo, signor Nestor.. .

I1 signor Covenant cercò di accelerare la cosa con un leggero colpo di clacson, che invece mandò sua moglie su tutte le furie.

- Un attimo! - esclamò piccata. Nestor colse al volo quella seconda interruzione e

disse: - Stia tranquilla. I suoi figli oggi si sfiancheran- no a esplorare tutta la casa con il loro amichetto e questa sera saranno così stanchi che dormiranno dodici ore filate.

- Sì, ma ascolti.. . - No, mi permetta. Ascolti lei. Siamo vicini all'esta-

te e il parco ha bisogno di una bella ripassata. Dirò ai suoi figli cosa fare e cosa non fare e magari cercherò di farmi aiutare con le piantine della serra. Di più non posso fare: sono grandi, ormai. E non c'è nulla di pericoloso, qui.

La signora Covenant gesticolò per inserirsi nel dia- logo, ma Nestor non gliene diede la possibilità: - Neppure la scogliera è pericolosa. A nessun ragazzo verrebbe mai in mente di gettarsi nel vuoto sugli sco-

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gli. Saranno anche incoscienti, ma non certo fino a questo punto.

- Lei non conosce Jason.. . - sussurrò allora la si- gnora Covenant.

Smisero di parlare, perché i ragazzi stavano arri- vando a salutarli.

Jason, owiamente, camminava all'indietro, come se fosse stato più interessato a guardare la casa che i suoi genitori in partenza.

Camminando in quel modo inciampò nel tubo d'irrigazione del giardino e dovette fare una rapidissi- ma mezza piroetta in volo per non cadere di schiena sulla ghiaia.

- Capisce cosa intendo? - sospirò sua madre. Nestor si grattò la barba bianca e suggerì: - Atle-

tico e reattivo? Julia lanciò le braccia al collo della madre, poi si

arrampicò sulla portiera per dare un bacio a suo papà. Jason si limitò a un saluto molto più distratto, ancora perso in qualcuna delle sue fantasie.

- Mi raccomando, allora.. . - trillò la signora Cove- nant, salendo in macchina. - Ubbidite al signor Nestor e non fate niente di pericoloso!

Jason e Julia annuirono sorridenti, il vecchio giar- diniere si limitò a una smorfia. L'auto dei Covenant parti in una sventagliata di ghiaia.

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ick Banner pedalava furiosamente sulla sali- ta che portava alla scogliera. Grosse gocce di sudore gli bombardavano la maglietta, stac-

candosi dalla fronte corrucciata per lo sforzo. Ma lui non aveva alcuna intenzione di cambiare il rapporto della catena. Usare un cambio inferiore sarebbe stato da ragazzine. Tanto valeva farsela a piedi.

Sentiva i polpacci andare a fuoco, ma sapeva che era un fuoco salutare: potenziava i muscoli. ((Muscoli e polmoni: non ti servirà altro, nella vita)) diceva sem- pre suo padre. E suo padre era uno che in bici aveva fatto tutto il giro dell'Inghilterra, da Kilmore Cove all'isola di Skye, in Scozia, e ritorno. E non aveva certo i cambi delle mountain bike moderne. Lui aveva pedalato e basta.

Così, stringendo i denti, Rick continuò a spingere a fondo con i pedali, aspettando il momento in cui, all'improwiso, si sarebbe trovato di fronte la svettan- te torretta di Villa Argo.

Al solo pensiero, le sue energie si moltiplicarono: erano anni che sognava di entrare in quella casa. Aveva passato giornate intere a guardarla con i binocoli di suo padre dalla finestra di casa, oppure dalla spiaggia, quan- do la bassa marea scopriva metri e metri di terreno rico- perto di alghe e Rick osava spingersi più al largo, nel tentativo di osservare la villa da un'angolazione nuova.

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-- --------L h SALITA 4-

Ah, Villa Argo! La Vecchia Signora seduta in cima alla scogliera bianca di Kilmore Cove, una rupe incrostata di salsedine che i marinai chiamavano Sal- ton Cliff, lo scoglio salato. Quante storie aveva senti- to su quella casa, su quella scogliera e sull'eccentrico proprietario che vi aveva abitato per quarant'anni, Ulysses Moore! E quante poche pedalate mancavano per raggiungerla!

Rick si alzò in piedi sui pedali e attaccò gli ultimi tornanti con affondi lunghi e potenti.

Si considerava un ragazzo calmo, tranquillo, senza molte delle manie che quasi tutti i suoi compagni di classe ritenevano indispensabili. Non aveva mai avuto

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un computer, tanto per dirne una. Ma quando a scuo- la, qualche giorno prima, Miss Stella aveva presenta- to Jason e Julia alla classe unica di Kilmore Cove, Rick era letteralmente impazzito di gioia.

((Che colpo di fortuna!)) aveva pensato. Due ragazzi di un anno più giovani di lui, che non sapevano nulla del paese e che si erano appena trasferiti nella villa dei suoi sogni.. . La morte del vecchio Ulysses e l'arrivo dei gemelli gli aveva aperto una nuova e incredibile possibilità: frequentare, finalmente, Villa Argo.

Mentre pedalava, Rick awertì qualcosa di minac- cioso nell'aria. Un'automobile in rapido awicina- mento alle sue spalle. Si accorse di essere nel centro esatto della strada, ma non ebbe nemmeno il tempo di spostarsi. Venne raggiunto da una furiosa strom- bazzata di clacson e sterzò bruscamente verso sini- stra, perdendo completamente il controllo della bici.

Con la coda dell'occhio, vide una carrozzeria cro- mata sfrecciargli a pochi pollici dalla ruota posterio- re, poi ruzzolò nell'erba a gambe all'aria.

Rick si divincolò dal telaio della bici, sollevandola sopra di sé con un gesto di rabbia. Poi, sempre furio- so, montò sul ciglio della strada e alzò il pugno in direzione di quel pirata della strada.

- Guarda dove vai, accidenti! - gli urlò.

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-L LA SALITA &-.--

Come se l'avesse sentito, l'automobile accostò a lato della strada con uno stridi0 di freni. Era una di quelle automobili enormi con i vetri neri che si vedo- no di solito nei film di gangster.

Rick deglutì e valutò rapidamente le condizioni della sua bici. Niente di rotto, gli sembrava. Afferrò il manubrio e tirò su la bicicletta.

- Mi dispiace moltissimo! - esclamò a quel punto una voce femminile proveniente dalla macchina. - Ti sei fatto male?

Una mano awolta in un delizioso guantino aran- cione, scintillante di bracciali, spuntò dal finestrino posteriore dell'auto facendogli cenno di awicinarsi.

- Piccolino, mi dispiace.. . - continuò la voce. -Va tutto bene?

Rick si lasciò scivolare addosso il "piccolino" e si awicinò quel tanto sufficiente a sbirciare dentro la macchina. Vide due lunghe gambe femminili, una cascata di capelli rossi, una pesante collana di dia- manti e smeraldi e uno sguardo bordato di ciglia pra- ticamente infinite. Poi venne awinghiato da una dol- cissima nuvola di profumo.

- Devi perdonarmi. .. - sussurrò la donna. - Ma a volte Manfred pensa di essere ancora al rally. Non è vero, Manfred? Forse è il caso che ti scusi con il nostro giovane amico, non credi?

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La portiera del guidatore si socchiuse per far scen- dere Manfred. Era un giovane tozzo, con una faccia da bandito che spuntava da un elegante gessato grigio e nero. Si inchinò rigidamente masticando un paio di scuse incomprensibili, che a Rick suonarono come un: <<La prima volta che ti incontro da solo, sei morto)).

- Ben fatto, Manfred. .. - si complimentò Miss Profumo Stordente, dal sedile posteriore. - Torna pure al volante. Di nuovo mille scuse, amore.. .

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-L L A SALITA

I1 guanto arancione lo salutò con un movimento simile a una carezza. Poi il finestrino si chiuse, Man- fred inserì la marcia e la macchina ripartì a tutta birra.

((Cavoli,)) rimuginò Rick prima di decidersi a mon- tare in sella ((mi ha chiamato amore)).

Quando la strada divenne pianeggiante, Rick lan- ciò la bicicletta e superò in volata il cancello d'ingres- so divilla Argo. Nel parco, disseminato di alberi mae- stosi, di macchie di fiori appena spuntati e di sentieri, c'erano gli attrezzi da giardinaggio di Nestor, che sembravano essere stati abbandonati nel bel mezzo del lavoro. Nel cortile davanti a casa, Rick vide l'au- tomobile nera che per poco non l'aveva travolto par- cheggiata di traverso.

Si senti improvvisamente la bocca asciutta: Miss Guanti Arancioni era in piedi davanti al giardiniere di Villa Argo e stava gesticolando febbrilmente, come per accompagnare una discussione violenta. Per con- tro, Nestor era impassibile: si limitava a scuotere il capo, come per scusarsi di qualcosa che non dipende- va da lui.

Rick posò un piede a terra e rimase a guardare: alla fine della discussione, la donna, fiammeggiante nei suoi capelli rossi, puntò l'indice della mano destra

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contro il giardiniere ed esclamò un perentorio: - La vedremo!

Poi balzò in macchina sbattendo la portiera. Man- fred accese il motore, fece una rapida manovra che mandò la ghiaia a schizzare tutto intorno e condusse l'arrabbiatissima proprietaria dell'auto lontano da lì.

- Aspetti presto mie notizie! - gridò ancora Miss Furia Rossa, sfrecciando accanto alla bici di Rick.

Quest'ultimo guardò la macchina allontanarsi, poi fece le sue due ultime pedalate e raggiunse il cortile. Nestor stava rimettendo rabbiosamente a posto la ghiaia che era volata sul marciapiede.

- Una signora decisa, eh? - esordì Rick, arrivando- gli a qualche passo di distanza.

Nestor lo guardò come per fulminarlo, poi sembrò riconoscerlo e gli rivolse un sorriso tirato: - Oblivia Newton? Lascia perdere, ragazzo: è meglio! - disse.

Poi espirò a fondo e si calmò del tutto. - Tu devi essere Rick Banner - disse. - So che i ragazzi ti stanno aspettando. Sono dentro, credo, da qualche parte.. .

Rick lanciò un'occhiata intimorita all'ingresso di Villa Argo.

- Ogni tanto scendi anche dalla sella? - lo apostro- fò Nestor, vedendo che Rick non si decideva a entra- re. - Se vuoi incontrare i gemelli, entra da quella parte e chiamali.

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--. -- - LA SALITA e--- - -

Poi zoppicò infastidito e si mise a valutare i solchi che le gomme dell'automobile avevano lasciato nel viale d'ingresso.

- Ok, grazie - lo salutò Rck. Smontò, appoggiò la bici al cavalletto e salì i gradi-

ni che l'avrebbero condotto per la prima volta dentro alla casa. Dopo alcuni istanti, la sua bici crollò a terra con un fracasso metallico preoccupante. Rck sobbal- zò e tornò indietro.

Solo allora si accorse che il cavalletto si era storta- to durante la caduta nel fosso. Appoggiò la bici a un muretto, sbuffando.

Avrebbe voluto dire al giardiniere che anche lui adesso aveva un buon motivo per essere arrabbiato con Oblivia Newton ma, dovunque guardasse, non vedeva alcuna traccia di Nestor.

- Zoppo ma veloce.. . - mormorò tra sé e sé. E questa volta entrò.

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a prima stanza in cui Rick si ritrovò era una via di mezzo tra un porticato sul mare, una biblioteca e un salotto. Tre grandi vetrate si

aprivano sulla scogliera, riempiendo l'ambiente di luce. Su alcuni ripiani alle pareti erano ammontic- chiati libri e riviste e altri giornali stavano sopra un tavolo di cristallo. Nel centro della stanza c'era la statua a grandezza naturale di una donna intenta a rammendare una rete da pesca che le avvolgeva le ginocchia. La pescatrice guardava un punto fisso del mare con un'espressione sognante.

- Bella, vero? - gli domandò a quel punto Jason, comparendo alle sue spalle.

- Ehi.. . - Ehi. Con due pacche sulle spalle i due terminarono i

saluti, come se si fossero frequentati da una vita. Girarono intorno alla statua.

- Mamma ha detto che non si può muovere di qui. - Perché? - Perché così ha detto di fare il vecchio proprieta-

rio.. . -. Jason accarezzò la rete di bronzo lanciando un'occhiata a Rick. - Dicono che Ulysses Moore fos- se un po' strano.

- Dicono. - Ma adesso che è morto.. . se è morto.. .

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Rick corrugò la fronte. - In che senso se è morto?

- Nel senso che mio fratello ha un po' troppa fan- tasia - li interruppe Julia. - Ciao, Rick! Benvenuto.

Questa volta il saluto si limitò a due mani sollevate ben distanti tra loro e a un paio di sorrisi imbarazzati.

A parte il fatto che erano un ragazzo e una ragazza, Jason e Julia erano perfettamente identici: stessi capel- li chiari, stessi occhi, stesse fossette ai lati della bocca.

Julia era semplicemente un po' più alta e un po' più robusta di Jason, come se avesse avuto più fretta di crescere.

Si gettò su una delle poltrone che circondavano la statua della pescatrice e continuò: - Se stai a sentire Jason, il nostro vecchio giardiniere potrebbe essere un serial-killer che si è ritirato a vivere qui, dove nessuno si sognerebbe mai di venirlo a cercare.

Jason fece una smorfia, cercando inutilmente di cambiare discorso.

- Mio fratello ama inventarsi storie improbabili - rincarò Julia.

- Potrebbe essere un vantaggio, qui a Kilmore Cove.. . - le rispose Rick.

Julia si irrigidì, allarmata dalla prospettiva che a Kilmore Cove non succedesse mai niente.

- In ogni caso - disse Rick - questo sarebbe un posto perfetto per nascondersi. Voglio dire: secondo

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voi quante camere ci saranno in questa casa? Cento? I1 viso di Jason si illuminò. - Posso confidarti una cosa? Io credo che in questa

casa.. . - Non cominciare! - scattò Julia. Ma ormai l'amo era stato lanciato. - In questa casa.. . cosa? - domandò Rick. - Credo ci sia un fantasma - concluse Jason, sod-

disfatto. -Tu ci credi ai fantasmi? - domandò Julia, metten-

do i piedi sulla poltrona. Rick capi di trovarsi in mezzo a una battaglia tra

fratelli. Pensò alla risposta migliore da dare, perché non voleva deludere Jason, né sembrare sciocco a Julia.

- Come fai a dire che c'è un fantasma? - domandò a Jason.

- L'ho sentito camminare al piano di sopra quando in casa non doveva esserci nessuno. Passi, hai capito?

Julia fece una smorfia: - Già, e stasera ci saranno anche catene, urla, scoppi di risate improvvise.. .

- Perché devi fare così, Julia? Ti dico che ho senti- to dei passi al primo piano. Io ero di sotto. Tu eri di sotto. Gli altri erano tutti fuori e.. .

- Quello che devi sapere, Rick - tagliò corto Julia - è che Jason legge un sacco di sciocchezze. Hai pre-

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sente i fumetti di quel tizio di Londra che caccia i mostri?

Rick scosse il capo. Non gli erano mai piaciuti i fumetti con i mostri.

- Smettila! - esclamò Jason, infastidito dal fatto che Julia trattasse il mitico Dottor Mesmero come un sem- plice "tizio di Londra". Poi diede a Rick un paio di informazioni corrette, ma il ragazzo di Kilmore Cove sembrava dawero non averne mai sentito parlare. Pos- sibile che ci fosse un adolescente inglese che non aves- se ancora sentito parlare del Dottor Mesmero?

- Comunque sia ... - riprese Julia - poiché ha la testa piena di vampiri, licantropi e fantasmi, Jason pensa che anchevilla Argo ne ospiti uno. Ed è anche convinto di conoscerne l'identità.

- Sul serio? Jason annui: - È il fantasma del vecchio Ulysses. A Rick sfuggi un brivido. - E.. . e perché il suo fantasma sarebbe ancora qui? - Perché si è lasciato dietro qualcosa di incompiu-

to - rispose Jason. Rick guardò Julia, che gli fece cenno di dar corda

al fratello. - Chiaro - disse allora Rick. - Qualcosa di incom-

piuto. Ma cosa? - Questo non l'ho ancora scoperto. Ho troppe po-

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che informazioni. Sono a Kilmore Cove da meno di una settimana e non conosco ancora bene questa casa.

- Certo - convenne Rick. - È enorme. - Dovremmo esplorarla stanza per stanza.. . - sug-

gerì Jason. - E farne una mappa dettagliata. - Jason! - esclamò Julia. - I1 povero Rick non è

certo venuto fin quassù per esplorare casa nostra! - No, no! Sarebbe stupendo! - si lasciò sfuggire

Rick, emozionato dall'idea. -A essere sinceri, io que- sta casa l'ho esplorata praticamente tutti i giorni ... da fuori, però. Per me sarebbe il massimo. Cavolo, anche solo stare qui, con questa statua e i libri e voi ... - lanciò una lunga occhiata alla porta che con- duceva alle stanze più interne. - Se vi va, io voto per l'esplorazione.

- Carta e penna per la mappa! - scattò Jason. - Aspettatemi qui!

Lasciò Julia e Rick nel porticato e salì le scale per cercare l'occorrente.

Una volta soli, Julia guardò il mare increspato di spuma bianca.

- Non mi hai detto se ci credi o meno, ai fanta- smi.. . - domandò a Rick, senza voltare lo sguardo.

Rick si appoggiò alla statua della pescatrice, che sentì fredda e solida al tempo stesso.

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--. DENTRO CASA &-----------

- Mio padre diceva che i fantasmi esistono - disse. - E che ognuno ha il suo.

Julia si voltò. - E il tuo qual è? - Mio padre stesso - rispose Rick con gli occhi

fissi, improwisamente induriti. - È morto in mare.. . due anni fa.

Rimasero silenziosi fino al ritorno di Jason.

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ominciarono a esplorare il primo piano alla ricerca del fantasma, poi scesero al piano terra. Fecero base nella stanza di pietra, la

più antica della casa, dove cominciarono a disegnare e a consultare la loro prima mappa di Villa Argo.

- Ci sono tre camini.. . di cui uno in cucina, uno qui e l'altro fuori. Tre bagni. Due sale da pranzo. Quattro salotti. Cinque camere da letto. Una biblioteca, una mezza biblioteca e uno.. . cos'hai scritto, qui, Julia?

- Studio professionale: è quella stanza con la scriva- nia di legno vicino alla biblioteca, quella con il soffit- to dipinto.

- E uno studio professionale, come lo chiama Julia.. . - concluse Jason.

- Questa scala è quella con tutti i ritratti? - doman- dò Rick, indicando un punto sulla mappa.

- No: è quella che va in cantina. Rick annuì: in realtà la cantina era un'immensa e

polverosa stanzona stipata di mobili e oggetti accata- stati in modo da lasciare libero solo uno stretto pas- saggio. Non l'avevano esplorata attentamente, perché era sembrata a tutti un po' troppo lugubre. Julia aveva dichiarato che, se mai fosse esistito, il fantasma del vecchio proprietario non si sarebbe mai sognato di andare a nascondersi là sotto. Si erano detti tutti d'ac- cordo e avevano lasciato perdere.

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- LA MAPPA ,,&p-------

Jason tenne la mappa ben distesa davanti a sé e si infilò la penna in bocca.

- Mmm.. . Ci manca solo la stanza della torretta in cima alle scale. E poi abbiamo finito.

- Ah, la stanza del faro.. . - mormorò Rick. - Perché la chiami così? - Perché di notte Ulysses Moore se ne stava sem-

pre lassù. La luce di quella stanza rimaneva accesa fino a notte fonda e sembrava che volesse fare a gara con l'altro faro, quello vero, dall'altra parte della baia.

Rimasero zitti per un po', immaginandosi la luce della torretta nel buio, in cima alla scogliera.

- Ma che tipo era, Rick, questo vecchio proprieta- rio? - gli domandò Julia.

Rick si strinse nelle spalle. - A dire il vero non lo so - rispose. - E non credo che lo sappia nessuno, a Umore Cove .

I due gemelli si guardarono stupiti. - Era molto.. . originale, capite? - continuò il ragaz-

zino dai capelli rossi. - E anche decisamente riserva- to: pensate che non è mai sceso in paese.

- In quarant'anni? - In quarant'anni. - Ma.. . come è possibile? - Non chiedetelo a me. Era sposato. Mia mamma

ha conosciuto sua moglie, che di tanto in tanto scen-

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deva a fare le commissioni, a comprare il pesce, a riti- rare la posta.. . a fare quelle cose che si fanno normal- mente in un paese. Lui invece.. . mai visto. E dopo che la moglie è morta.. .

- Come è morta? Rick scosse il capo. - Non lo so, davvero. Ma dopo che è morta lui ha

cominciato a mandare il giardiniere. - Nestor? - Proprio lui. Per quello che ne so io, Nestor era al

servizio divilla Argo anche quando era viva la signo- ra ma, dopo la sua morte, ha cominciato a sostituirsi a lei. Scendeva in paese in motorino, perché con il piede che si ritrova non riusciva a guidare la macchi- na, e faceva tutte le commissioni per conto del vec- chio signor Moore.

- E lui.. . lui non si muoveva mai da qui? Al solo pensiero, Julia si sentì accapponare la pelle. - No. Dicono che avesse una barca, una grossa

barca ancorata in una caletta proprio alla base della scogliera.

- È vero! Ho visto delle scalette di legno che scen- dono! Chissà se c'è ancora.. .

Rick scosse il capo: se ci fosse stata ancora una barca, da casa sua l'avrebbe certamente vista.

- Ma che senso ha non scendere mai in paese? - si

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-- - - LA MAPPA 4-

domandò Julia, riprendendo il discorso. - E perché nessuno l'ha mai visto?

- Si dice che avesse il volto sfigurato da un'orren- da cicatrice che gli attraversava la faccia da parte a parte e che se ne vergognasse. E basta: è tutto quello che so.

Julia ebbe un'illuminazione. - Ci sono i ritratti sulle scale! - esclamò, afferran-

do di scatto il braccio di Jason. Lui per poco non inghiottì la penna che stava mor-

dicchiando. La lasciò cadere e questa rotolò sotto a un grosso armadio.

- Ehi, calma! - protestò. Ma Julia era tutta presa dalla sua intuizione: - Lun-

go le scale sono appesi i ritratti di tutte le persone che hanno abitato qui: andiamo a vedere il volto sfigurato del vecchio Ulysses!

Incuriositi dalla prospettiva di una visione racca- pricciante, Rick e Julia schizzarono fuori dalla stanza di pietra. Jason, invece, si chinò sotto l'armadio alla ricerca della sua penna.

- Cavolo! - esclamarono Julia e Rick dopo alcuni secondi. - Jason! Corri a vedere!

Jason si dimenticò all'istante della penna sotto all'armadio e li raggiunse sulle scale.

- Cavolo.. . - sussurrò anche lui.

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In cima alla scala dei ritratti mancava un quadro. Si vedeva solo la sua impronta più chiara sul muro.

- Manca proprio il suo.. . - L'hanno rubato.. . - È stato levato.. . - Perché? E da chi? - Avete sentito anche voi? - No. Cosa? - Io sì. Ma tu cosa hai sentito? l - Non so, sembrava un.. . I

- Da dove veniva? - Ragazzi! - esclamò Julia. - Io non ho sentito

niente! Poi lo sentì anche lei. Un rumore sordo, ovattato,

come di passi. Tutti e tre si voltarono lentamente verso la porta a

specchio in cima ai gradini. , Era la porta che conduceva alla stanza della torret-

ta. La stanza del faro. I1 rumore proveniva da lì.

Rimasero ad ascoltare per quella che a loro parve un'infinita di tempo, ma il rumore non si ripeté. Così, spalleggiandosi l'un l'altro, si avvicinarono alla porta. Gli specchi riflessero la loro immagine: tre ragazzini titubanti che salivano lentamente gli ultimi gradini.

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- - LA MAPPA yeC- - ------

Jason allungò il braccio, sfiorò il pomello e fece scattare la serratura: la porta a specchi si socchiuse quel tanto che bastava a guardare dentro.

- Allora? Cosa vedi? - bisbigliarono gli altri due dietro le sue spalle.

Jason vide una stanza fresca e ordinata, con un grande tavolo disposto ad angolo tra due delle finestre che davano sul mare, una collezione di modellini di navi e alcune riviste impilate per terra. Da lassu, attra- verso le altre vetrate, si aveva una vista mozzafiato della scogliera, di Kilmore Cove e del parco.

- Niente ... - sussurrò Jason, spingendo la porta quel tanto che bastava a entrare con tutti gli altri. - Assolutamente niente.

- Ma come è possibile? - si domandò Julia. In quel preciso momento il rumore di passi si ripeté. Tum-tum, tum-tum. Solo che non erano passi: una delle finestre era

socchiusa e, di tanto in tanto, sbatteva contro lo stipi- te producendo quel suono ritmato, che Jason prima e i ragazzi poi avevano scambiato per passi.

- Ecco spiegato il mistero del fantasma.. . - ammi- se Jason, con una certa delusione.

- I1 fantasma della finestra aperta.. . - sorrise Julia, affascinata dal panorama mozzafiato che si godeva da lassu.

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Jason esplorò con gli occhi il parco di Villa Argo: vide il cancello, la strada ricoperta di ghiaia, la caset- ta di legno indipendente in cui viveva Nestor.

Rick invece si sedette al tavolo, assaporando per alcuni istanti l'idea di essere il padrone di casa. Sotto di lui precipitava la scogliera bianca su cui si infran- gevano le onde del mare e, sopra di lui, le nuvole si annodavano nel cielo in gomitoli sempre più com- plessi. Accarezzò con le dita uno dei numerosi model- lini di velieri che formavano, su una cassapanca, una piccola flotta pazientemente costruita a mano.

- Certo che lo capisco, il vecchio Ulysses.. . - disse. - Non è per niente difficile sedersi a questo tavolo, prendere un po' di colla, legno e cordini.. . e far pas-

i l

sare le ore. Un'onda particolarmente violenta sbatté sugli sco-

gli, sollevando un'esplosione di spuma. I

- Andiamo a farci un tuffo in mare! - esclamò 1 I

Julia. E, senza aspettare una risposta, si diresse in came-

ra sua a cercare un costume.

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uori incontrarono Nestor. I1 vecchio giardi- niere li squadrò con un'occhiata micidiale e domandò: - Dove pensate di andare?

In realtà la sua domanda era superflua. I ragazzi reggevano ciascuno un asciugamano di spugna e indossavano i costumi da bagno. Rick se l'era fatto prestare da Jason, ma gli andava visibilmente stretto.

Senza aspettare la loro risposta, Nestor posò per terra la zappetta con cui stava lavorando ed esclamò: - State fermi lì e non muovetevi!

- Ma signore! - esclamarono quasi all'unisono i due gemelli.

- Non un passo. In nessuna direzione - ribadì il vecchio, zoppicando rapidamente verso la sua depen- dance.

Si infilò in casa e ne uscì dopo alcuni minuti tenen- do in mano un pezzo di stoffa. Tornato dai ragazzi, lo lanciò a Rick. Era un costume da bagno più adatto alla sua taglia.

- Mettiti questo, è meglio - lo consigliò. Poi voltò loro le spalle e tornò a concentrarsi sulla

sua zappetta. Julia ci rimase quasi male. - Ma.. . non ha nient'altro da dirci? - protestò. Alle sue spalle, Rick indossò il nuovo costume. - E che cosa dovrei dirvi? -. I1 giardiniere le con-

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tesse una mezza occhiata, sollevò davanti a sé una piantina di begonie e la rigirò tra le dita come se fosse stata una pietra preziosa. - Qualcosa tipo: ((Mi racco- mando! Fate attenzione alle scalette)). Oppure: ((Se avete mangiato, niente bagno per tre ore))? -. Guardò Julia con un sopracciglio sollevato in modo imperti- nente. - È questo che dovrei dirvi?

- Immagino ... di ... sì - balbettò lei. - Ok - fece lui, gesticolando in modo plateale. - Mi

raccomando: fate attenzione a non cadere dalle sca- lette e non fate il bagno se avete mangiato da meno di tre ore. E ora, se non vi dispiace, sparite! -. Mostrò loro la piantina di begonia e aggiunse: -Vorrei finire con queste prima che venga giù il diluvio.

- Ma se c'è il sole! - sbottò Jason. - E così scatta la terza raccomandazione: se viene

un temporale, uscite fuori dall'acqua! E ora andate, svelti! Si scende da lì!

I tre non se lo fecero ripetere una seconda volta.

- Mai visto un adulto così.. . - borbottò Julia, pro- cedendo con cautela lungo le scalette che scendevano fino al mare.

Bisognava stare attenti, perché era davvero perico- loso discendere la scogliera: le scalette erano formate da rampe di gradini scavati direttamente nella roccia,

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alternate con passerelle di legno o di metallo, sotto le quali si vedeva la spuma del mare aggirarsi nervosa- mente tra gli scogli. In cima alla scogliera, poi, era facile farsi prendere dalle vertigini, perché sembrava di camminare nel vuoto. Si doveva procedere con calma, tenendosi con entrambe le mani ai corrimani di corda, mentre il vento mulinava tra i capelli, por- tando con sé un delicato odore di alghe e di sabbia bagnata. Più si scendeva, meno l'altezza faceva impressione. Ma i gradini diventavano sempre più umidi e scivolosi.

- Invece secondo me Nestor è un grande.. . - com- mentò Jason.

- Un po' dovrebbe controllarci, non credi? - insi- stette Julia. - Siamo solo dei ragazzi, dopotutto, e i ragazzi possono fare delle sciocchezze.. . I

l -Tu, forse. I due gemelli battibeccarono per tutta la durata

della discesa. Rick, che camminava dietro di loro, di tanto in tanto si lanciava qualche occhiata alle spalle, cercando di sorprendere qualcosa di non meglio pre- cisato. Aveva la sensazione di essere osservato ... In un'occasione, gli parve anche di scorgere un riflesso di luce. E gli bastò quel riflesso per immaginare che il buon Nestor, in realtà, li stesse tenendo d'occhio con un binocolo.

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Rassicurato da quell'idea, seguì i fratelli. Finalmente i tre raggiunsero una caletta appartata:

una lingua di sabbia incuneata tra due file di scogli, protetta dal vento e da sguardi curiosi. Villa Argo incombeva sopra di loro immersa nel sole. I gabbiani volteggiavano tra i nidi costruiti negli anfratti della scogliera, lanciando i loro richiami gutturali.

I1 colore dominante di quell'angolo di mondo era il bianco.

Julia fu la prima ad abbandonare l'asciugamano sulla sabbia e a tuffarsi in mare. L'acqua era gelida ma tonificante.

Scomparve sott'acqua e riemerse dieci metri più in là.

-Venite! - gridò sistemandosi i capelli all'indietro. - È fantastico!

E aveva ragione: il fondo sabbioso della cala si spingeva anche in mare, restando basso per lunghi metri. L'acqua era calma, protetta dagli scogli che di tanto in tanto si circondavano di spruzzi di spuma e di minuscoli arcobaleni. I1 suono di quelle onde era suggestivo, quasi magico.

Anche Rick si tuffò e nuotò con bracciate potenti per mostrare di avere "muscoli e polmoni". E per scaldarsi qu.el tanto che bastava a levarsi di dosso la pelle d'oca.

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Jason invece rimase a riva con le braccia incrocia- te, l'acqua che gli lambiva le ginocchia e l'espressione corrucciata.

- Muoviti, fifone! - gli urlò la sorella, nuotando vicino a Rck. - È sempre stato così - gli spiegò. - O l'acqua è a quaranta gradi, o niente.

Rick sorrise. Le goccioline rimaste impigliate tra i capelli di Julia sembravano piccole perle.

- In questo caso c'è un'unica cosa da fare.. . - sus- surrò.

Dalla riva, Jason captò istintivamente che gli stava per succedere qualcosa di terribile. Provò a darsela a gambe, ma venne comunque raggiunto da una mitra- gliata di acqua gelata sulla schiena che lo fece urlare disperatamente. I

In cima alla scogliera, Nestor sorrise. Sentì le grida di Jason miste alle risate di Julia e

Rick e comprese che i tre erano arrivati alla spiaggia sani e salvi. Era bello sentire di nuovo dei ragazzi in casa. Erano una carica in più ... Adesso valeva di nuovo la pena di accudire il giardino e piantare fiori colorati che uno di loro avrebbe distrutto con una pallonata maldestra.. . Sarebbe stato bello svegliarsi al mattino e immaginarsi una nuova giornata: le loro domande, le loro curiosità. E se poi fossero stati dav-

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- - UN TUFFO IN MARE ,&-----e--

vero bravi, dawero come lui sperava che fossero.. . chissà!

Per ora c'era solo il rumore delle risate trasportate dal vento.. . e le risate erano già molto per Villa Argo.

- Ni.ente di meglio ... - mormorò. - Niente di meglio.

E continuò tranquillamente a immergere le dita nella terra fresca, cercando la collocazione migliore per le minuscole radici delle sue begonie.

No, non aveva con sé alcun binocolo.

Più tardi, Jason, Julia e Rick si stesero a pancia in giù sugli asciugamani, allineando di fronte a loro alcuni dei tesori che avevano ripescato dalla sabbia: due pietre colorate azzurre, cinque ciottoli rotondi bianchi, una miriade di conchiglie spezzate e un pezzo di legno con attaccato un nottolino di ferro. Per recuperare quello si erano spinti al largo fino al limi- tare degli scogli: là il fondale si faceva profondo e la corrente cominciava a farsi sentire.

Rick aveva ritenuto più prudente non spingersi oltre, e i gemelli gli avevano dato ragione. Dopotutto avevano uno spazio riservato di acqua tranquilla, in cui inventare tutti i loro giochi. Jason aveva giurato che, la volta successiva, avrebbe portato con sé un pallone.

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Julia rimase a prendere un po' di sole, mentre Rick e Jason esplorarono gli scogli scoprendo ben presto una seconda spiaggetta, dove ritrovarono le tracce di un piccolo pontile di legno, da cui pendevano alcune corde d'ormeggio. Le passatoie e le tramezze erano quasi tutte marcite, ma quel pontile era comunque la prova che un tempo il vecchio Ulysses aveva tenuto lì una sua imbarcazione.

Jason cominciò a fantasticare sulle sue imprese e, accompagnato da Rick, tornò a dare la notizia a Julia, che intanto si era decisamente annoiata di prendere il sole.

Nel racconto di Jason, l'impresa sugli scogli e il ritrovamento del pontile assunse connotazioni epiche. Mentre lui cercava di convincere la sorella di aver tenuto testa a una piovra grande due volte lui, Rick sentì una goccia pungergli il viso.

Sollevò il capo: in quell'istante una nuvola nera stava transitando sopra di loro.

- I1 signor Nestor ci ha visto giusto, a quanto pare - l

commentò il ragazzo. - Pioggia in arrivo. - L'ho sentita anch'io! - esclamò Julia. Jason smise di mimare la sua lotta con la piovra e

osservò la lunga serie di gradini che si inerpicavano fino a casa.

-Torniamo su? - domandò, deglutendo.

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- È meglio - decisero Julia e Rick. A malincuore, Jason si legò l'asciugamano umido

intorno alla vita.

La pioggia li sorprese dopo poche rampe, fredda come ghiaccio. I gradini divennero all'istante scivolo- si. Jason si stufò presto di quell'interminabile ascesa sotto la pioggia e scattò di corsa.

- Ci vediamo in cima! - gridò beffardo. Julia si voltò per trovare conforto nello sguardo

tranquillo di Rick, che camminava dietro di lei. I1 ragazzo, che aveva i capelli rossi appiccicati alla fron- te come altrettanti punti interrogativi, si scrollò nelle spalle, come per dire: ((Lascia che corra)).

Poi, però, si immobilizzò. Davanti a loro, Jason perse l'equilibrio. Nello stes-

so istante, il cielo lasciò partire un fulmine formidabi- le, che si abbatté sul mare come un pugno bianco.

- NO! - gridò Julia. - JASON!

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entre scivolava, Jason sentì lo scoppio del fulmine che imbiancò di luce elettri- ca tutta la scogliera di Salton Cliff. Poi

cominciò a cadere. Strisciò contro le pietre bianche della scogliera,

come se gli avessero passato una grattugia sul petto. Le sue mani esplorarono la roccia e, chissà in che modo, una riuscì a intrufolarsi in una fessura.

Le dita si artigliarono ai bordi. Si fermarono. Ten- nero.

Jason smise di cadere. E si ritrovò nel vuoto, appeso con le mani a una

fessura nella roccia.

Julia e Rick corsero verso il punto da cui era caduto. - Jason, ce la fai? - singhiozzò Julia, indecisa se

disperarsi o essere felice perché suo fratello era anco- ra lì, vivo, appeso a un appiglio improbabile.

Le giunse un mugolio soffocato. - Tiriamolo su! Tiriamolo su! - gridò Julia, levan-

dosi i capelli bagnati dagli occhi. - È quello che sto cercando di fare.. . - urlò Rick di

rimando. - Dammi una mano ad annodare gli asciu- gamani!

Julia si accorse di non riuscire a fare praticamente niente. Recuperò meccanicamente l'asciugamano di

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Jason, ma Rick dovette strapparglielo dalle mani. Poi lo legò agli altri due con un nodo di quelli che gli aveva insegnato a fare suo padre.

- Ci siamo, Jason! Ci siamo quasi, Jason! Non mol- lare! Arriviamo! - scandiva nevroticamente Julia, con- tinuando a fissare suo fratello sotto di lei.

Jason disse qualcosa, ma il rumore del temporale le impedì di capirlo. - Come hai detto? Resisti! Veniamo a prenderti! - . . .osa . . . ana! - biascicò di nuovo Jason, appicci-

cato alla roccia come una cozza. Rick si awicinò al parapetto e lanciò verso il basso

la corda composta dai tre asciugamani legati tra loro. Poi si puntellò con i piedi e gridò: - Afferrala!

Julia non osò chiedergli se era sicuro che quei nodi, fatti così rapidamente sotto la pioggia, avrebbero retto.

Appeso a una fessura della roccia a venti metri sul mare, sotto una pioggia violenta, Jason si sentiva per- fettamente lucido e presente. Ed era anche assurda- mente tranquillo. Sapeva esattamente che cosa fare.

Per prima cosa aveva trovato due rientranze suffi- cienti a puntare i piedi, si era tirato leggermente su e aveva rilassato le braccia. Era riuscito addirittura a bilanciarsi contando solo sulle gambe, senza doversi

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sorreggere a forza di mani. Rinfrancato, aveva trovato il modo di guardare in alto.

Vedeva sua sorella che strillava qualcosa di incom- prensibile. In realtà lui era convinto che sarebbe riu- scito ad arrampicarsi da solo e a raggiungere di nuovo la passerella: doveva solo muoversi con calma, nono- stante la pioggia, e trovare i giusti appigli, così come aveva trovato la fessura che gli aveva salvato la vita.

Già, la fessura.. . Guardandola con più attenzione, Jason si accorse che non era una semplice fessura. Era più che altro un'apertura, piccola come un gabbiano, ma regolare su tutti e quattro i lati come se fosse stata ... lavorata dall'uomo. Ed era profonda, come una nicchia. E stretta, come una feritoia.

Ma non era una nicchia. E non era una feritoia. - C'è una cosa strana! - gridò agli altri due, nella

pioggia. Sentiva le dita dei piedi pulsare contro la roccia. Tastò l'interno dell'apertura con le dita della

mano, tenendosi aggrappato con l'altra. E trovò roccia. Roccia. Roccia. Poi toccò una superficie friabile, che gli si sbriciolò

in mano. Qualcosa di pesante si mosse tra le sue dita. Jason si sporse per vedere e, per un istante, ebbe l'im- pressione che al di là della feritoia ci fosse.. . il vuoto.

Uno spazio aperto.

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Ritirò rapidamente la mano e si accorse di tenere tra le dita un piccolo mattone avvolto in un morbido tessuto.

Poi il lembo di un asciugamano gli sfiorò le guan- ce. Jason trasalì per lo spavento, lasciandosi quasi sfuggire il mattone dalla mano.

- Merrala! - gridò Rick, qualche metro sopra di lui. Teneva l'altro capo di una corda fatta di asciugamani.

Jason si infilò quello strano oggetto nel costume da bagno, poi afferrò la corda di fortuna preparata da Rick e cominciò ad arrampicarsi.

La salita durò pochi istanti, ma per Julia furono ore. Quando Rick portò Jason in salvo afferrandolo per il

braccio, lei quasi si sentì svenire dalla felicità. - Stai bene? - gli domandò con un soffio di voce. I1 petto di Jason era coperto di graffi e di abrasioni. - Sì, certo - rispose lui con noncuranza. - Guarda-

te cos'ho appena trovato! E così dicendo, tirò fuori dal costume da bagno lo

strano oggetto che aveva recuperato. Un lampo sfrigolò all'orizzonte. - Che cos'è? - urlò Rick per sovrastare il rumore

della pioggia. - Non lo so! - gli urlò Jason, di rimando. - E stra-

no, vero?

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Julia sentì la rabbia montare dentro di sé. Dopo quei momenti interminabili in cui aveva pensato con terrore che Jason sarebbe morto sfracellandosi sugli scogli, ora se lo vedeva davanti, coperto di ferite, ma tutto concen- trato su qualcosa di strano che aveva appena trovato.

- Scusa sai! - gli gridò. - Scusa tanto se ci siamo preoccupati per te! Non sapevamo che volessi solo andare a recuperare quella.. . quella.. . roba!

Dopodiché si avviò furibonda su per i gradini che conducevano a Villa Argo.

- Ma che le è preso? - domandò Jason. Rick gli mise una mano sulle spalle. - Le è preso

che è contenta che non ti sia successo niente ... a parte.. . a parte tutti quei graffi, ovviamente.

- Graffi? Quali ... -. Jason si guardò il petto per la prima volta e la sua lucidità sparì all'istante. - Cavo- lo! - esclamò, sentendosi le gambe improvvisamente molli. - E questi come me li sono fatti?

Rick gli propose di andare a casa e di pensarci dopo. Salirono con attenzione le scalette e, una volta in cima, Rick consigliò a Jason di nascondersi le feri- te con gli asciugamani.

- Se Nestor si accorge di quello che è successo, - sus- surrò - non ci lascerà mai più scendere a fare il bagno.

Jason annuì. I1 suo amico aveva perfettamente ragione.

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n cucina, Jason urlò: - Aaaah, brucia! - Ssst! Adesso stai zitto! - lo rimproverò Julia. - O vuoi che vada a chiamare Nestor?

- Ma cavolo.. . - Stai fermo, o ti farà male il doppio! - Impossibile! Aaaaaaah! Rick ridacchiò, godendosi la scena. Jason era seduto sul tavolo della cucina. Julia, in

piedi davanti a lui, lo stava disinfettando con cotone e acqua ossigenata. Nonostante l'aspetto, nessuno dei graffi era profondo: erano abrasioni e leggere incisio- ni della pelle, quel tipo di ferite su cui l'acqua ossige- nata brucia di più.

Jason strinse i denti per non urlare ancora e si sfor- zò di domandare a Rick: - Hai.. . hai capito che cos'è?

Sul tavolo in mezzo a loro c'era l'oggetto misterio- so trovato nella scogliera.

- Finito! - esclamò Julia. I1 petto di suo fratello era lucido e scintillante di disinfettante. - Devi aspettare qualche istante che asciughi, prima di.. .

Non riuscì a terminare la frase. Rick tirò il lembo di stoffa che avvolgeva l'oggetto misterioso, e Jason, troppo curioso per aspettare che il disinfettante asciu- gasse, smontò dal tavolo e si infilò di getto una maglietta asciutta.

La stoffa aderì alle ferite come una seconda pelle e

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Julia fece una smorfia di dolore, immaginando il momento in cui suo fratello avrebbe dovuto sfilarsi quella maglietta.

- Sono bende! - esclamò Rick, continuando a tira- re. La stoffa prese lentamente a rompersi e a srotolar- si. Era umida e malridotta.

Julia posò il cotone e si awicinò. Rick continuò a srotolare con attenzione.

- Direi che è una scatola - commentò Jason, quan- do l'oggetto fu completamente liberato dalla stoffa.

Era un parallelepipedo di legno scuro, lungo una quindicina di centimetri, largo sette e spesso tre.

- Si apre.. . - disse Rick. Fece pressione sul pannel- lo superiore, facendolo scorrere verso il basso.

- Che cosa c'è dentro? Quando lo videro, i tre corrugarono le sopracciglia. Dentro alla scatola c'erano un centinaio di palline

di fango e una minuscola pergamena arrotolata, tenu- ta chiusa da una cordicina. Non appena Rick la sfio- rò, la cordicina si dissolse tra le sue dita.

- Fai piano.. . - mormorò Jason. - Chissà cos'è? - Forse hai recuperato l'equivalente medievale di

un pacchetto di cioccolatini, Jason.. . - malignò sua sorella.

Con estrema lentezza, Rick distese la pergamena sul tavolo.

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Sopra ~ 'erano disegni e simboli strani:

I1 temporale, improvviso come era arrivato, si allontanò. Un timido sole fece capolino tra le nuvole, illuminando le gocce di pioggia rimaste appese ai rami e agli steli d'erba.

Nestor era nella serra, intento a scegliere le piantine da travasare nel terreno dissodato del giardino. Si era rifugiato lì dentro alle prime gocce di pioggia, goden- dosi poi il confortevole rumore dell'acqua che picchiet- tava sui vetri obliqui della serra.

Non si era preoccupato per i ragazzi.

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((Bagnati dal mare, bagnati dalla pioggia)) aveva pensato. I1 massimo che avrebbero potuto rischiare era un salutare raffreddore.

Non appena li vide gironzolare attorno alla serra, capì che non osavano disturbarlo mentre era al lavo- ro. Li lasciò fare ancora per un bel po' prima di deci- dersi a spazzolarsi le mani sul grembiule bianco e a uscire.

- Cosa vi serve? - domandò Nestor. - Avete rotto qualcosa?

I tre ragazzini non erano abituati a tanta praticità. Julia diede un colpo di gomito al fratello, come per convincerlo che doveva essere lui il primo a parlare.

Jason balbettò un: - No.. . è che.. . ci domandava- mo se ... insomma ... poiché sono tanti anni che lei ... allora.. . Julia diceva.. .

La sua soggezione era così evidente che Nestor dovette imporsi di non scoppiare a ridergli in faccia.

- Pensi di riuscire a spiegarmelo in giornata.. . - gli domandò beffardo - oppure vuoi prendertela con più calma?

Nestor non era scontroso per cattiveria. Era scon- troso e basta, come lo è chi è poco abituato ad avere a che fare con altre persone.

Jason decise di essere diretto e gli porse quello che sembrava un tubicino di carta.

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- Abbiamo trovato questo.. . - disse. - E non sap- piamo cosa potrebbe essere. Così abbiamo pensato di chiederlo a lei.

Nestor aprì la pergamena arrotolata quel tanto che bastava a scorgere alcuni simboli.

- Dove l'avete trovata? - domandò d'un fiato, improwisamente serio.

Si fermarono sul parapetto da cui scendevano le scalette. Jason indicò e spiegò più o meno dove aves- se trovato la scatola, sorvolando sui dettagli della caduta e sul fatto che era arrivato a un pelo dallo sfia- cellarsi sugli scogli.

Nestor lo ascoltò in silenzio. Quando il ragazzino smise di parlare, il giardiniere

rimase pensieroso ancora a lungo, come perso ad ascoltare il frangersi delle onde e i lontani richiami dei gabbiani.

Infine si riscosse. Restituì la pergamena a Jason e disse, scuotendo il capo: - No ... Non so proprio che cosa dire. Né cosa potrebbe essere.

- Potrebbe essere una.. . scritta? - domandò Jason. -Tipo geroglifici?

- Quelli non sono geroglifici.. . - commentò Julia. - Io li ho visti i geroglifici: sono colorati, e i disegni sono diversi.

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- E poi questa è una pergamena. Mentre gli antichi Egizi scrivevano sui papiri.. . - osservò Rick. - In ogni caso, nessun Egizio potrebbe mai essere arrivato fin qui in Cornovaglia.

- E perché? - domandò Jason. - Perché non erano buoni marinai - continuò Rick.

- Avevano imbarcazioni fatte di canne intrecciate, capaci solo di muoversi lungo il Nilo. Non avrebbero mai retto le onde del mare aperto. Inoltre non cono- scevano il timone.

Nestor regalò al ragazzo dai capelli rossi una scin- tilla di ammirazione.

- Quindi non può che essere uno scherzo.. . - deci- se Julia. -Te l'ho detto: una scatoletta di cioccolatini andati a male.

Jason sbuffò. - Che razza di scherzo può essere nascondere una

scatola piena di palline di terra in una scogliera? E poi, scusa.. . questo che cos'è?

- I1 biglietto di ringraziamento - continuò Julia, imperturbabile. Finse di leggere i geroglifici: - E stato davvero un piacere venire a cena da voi.. . bla bla bla.. . Mamma li fa tutte le volte che lei e papà vanno in visi- ta dai loro amici.

- Io invece dico che è una specie di mappa - mor- morò Jason. - Forse un vecchio pirata faceva base a

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Kilmore Cove e.. . e ha nascosto il suo tesoro da qual- che parte intorno a noi.

- Ci risiamo! - esclamò Julia. - Prima il ... e ades- so il pirata!

Non disse la parola "fantasma" davanti a Nestor, ma Rick e Jason la capirono al volo.

- I1 vecchio proprietario ... - iniziò il giardiniere. Poi però scrollò il capo, si voltò di scatto e si allonta- nò, slegandosi il grembiule quasi con rabbia.

- I1 vecchio proprietario ... cosa? - gli domandò Jason, inseguendolo e frapponendosi tra lui e la serra.

- Lascia perdere, ragazzo. Non è interessante -. Nestor lo spinse via gentilmente con una mano.

Toccato sulle ferite, Jason strillò: - Ahia! - Che ti succede? Jason strinse i denti. - Niente - rispose. Poi rimase a fronteggiarlo, come per suggerirgli:

((Finisci di dire quello che volevi dire)). Nestor sospirò, arrendendosi all'insolita determi-

nazione del ragazzino. - Non credo che possa interessarvi, ma comunque.. .

il vecchio proprietario era un appassionato di linguaggi antichi. Aveva un sacco di libri che trattavano di scrit- ture perdute, di codici e linguaggi da decifrare e altri decifrati.. . Forse con l'aiuto di uno di quei libri si può riuscire a tradurre il messaggio di quella pergamena.

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-- -L TRA LE BENDE &-m-

Jason annuì e disse: - Grazie. - Ora tocca a te dirmi cosa ti succede. Ti fa male

qualcosa? - Mi fa male se qualcuno mi tocca qui, sul petto. - E perché? Jason sorrise: - Perché è pieno di tagli. Sono tutte

ferite che mi sono procurato precipitando a pancia in giù sulla scogliera.

Al che anche Nestor sorrise: -Ti diverti a prender- mi in giro, vero? -. E, senza immaginare che Jason gli avesse detto la pura verità, si incamminò verso la serra.

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a biblioteca si trovava a sinistra delle scale che portavano al primo piano. Era una stan- za dal soffitto dipinto con medaglioni blu e

rossi con due finestre ariose, una che dava sul cortile di ghiaia e una sul giardino. La stanza era tappezzata di scaffali ingombri di libri. C'era un divano di pelle di bufalo, un pianoforte su cui erano state ammontic- chiate generazioni di riviste e due scomode poltronci- ne girevoli. Ogni scaffale era contrassegnato da una placca d'ottone che suggeriva il contenuto dei libri: Storia, Medicina, Geografia.. .

I tre ragazzi si misero al lavoro per trovare i libri suggeriti da Nestor.

- Deve essere questo scaffale qui - decise Julia, durante la sua esplorazione.

- Cosa c'è scritto? - Paleografia. - E cosa accidenti significa "paleografia"? - In greco paleo significa "antico", come gli uomi-

ni paleolitici. Mentre grafia.. . significa "scrittura", se non sbaglio.

Rick e Jason la guardarono ammirati. Poi Rick si mise sulle punte dei piedi e afferrò un

libro dall'aspetto corposo intitolato Vocabolario dei lin- guaggi dimenticati. All'interno c'erano decine di immagini e simboli che ricostruivano le antiche forme

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,-L L A BIBLIOTECA ,&----

di scrittura: l'alfabeto fenicio, quello indiano, i gero- glifici egiziani, la misteriosa lingua etrusca, l'alfabeto greco, lo sconosciuto rongo-rongo dell'Isola di Pa- squa.. . e molti altri ancora.

Ogni pagina del vocabolario era sorprendente: conteneva simboli, disegni, codici segreti, lingue per- dute, parole scomparse.

Quando Rick arrivò a pagina 197, Jason esclamò: - Fermo! È questa?

In mezzo alla pagina era riportato questo disegno:

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- Sembrano proprio loro.. . - Che cosa c'è scritto qui sotto? Rick lesse ad alta voce: - S i tratta delle quarantacin-

que misteriose figure dipinte sul cosiddetto "Disco di Festo ". Questo oggetto, un disco d'argilla dalla circonfe- renza irregolare, è stato scoperto sull'isola di Festo all'ini- zio del XX secolo dagli archeologi Halbherr e Pernier, e non è mai stato tradotto.. .

- Cominciamo bene.. . - sussurrò Julia. - ... il disco reca su entrambe le facce un'iscrizione

avvolta in una spirale, simile a un serpente. Le lettere che accompagnano i singoli pittogrammi fanno parte del ten- tativo di traduzione fonetica realizzata dal paleografo Elton Carter nel marzo del 2003.. .

Accanto alle singole figure, infatti, era riportato il significato corrispondente in uno dei caratteri del nostro alfabeto.

- L'omino che cammina indica il numero 1. I1 disco con i puntini è la nostra "A". . . - mormorò Jason.

- Proviamo a tradurre la pergamena! - esclamò Julia.

Rick scosse la testa. - Impossibile. Non basta cono- scere il significato delle lettere per riuscire a decifrare un antico messaggio: dovremmo conoscere anche la lingua in cui è stato scritto.

- E chi ti dice che sia antico? - sbottò Jason.

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- LA BIBLIOTECA

- Ma è evidente! I caratteri del Disco di Festo sono stati usati - lesse sul vocabolario - qualche migliaio di anni prima della nascita di Cristo.

I due gemelli, però, erano di tutt'altro avviso. Pre- sero carta e penna e cominciarono a riportare, accan- to a ogni geroglifico della pergamena, la sua traduzio- ne fonetica.

- NEL! - gridò Jason, traducendo i primi tre ca- ratteri.

Rick continuò a scuotere il capo. - Non significa niente.. . - disse. - BUIO! - esclamò Julia. I gemelli si guardarono: - Nel buio! - esclamarono. Significava eccome. Rick trasecolò. Possibile che quella pergamena

contenesse un messaggio sensato nella loro lingua, scritto però con un alfabeto sconosciuto?

A poco a poco, emerse una frase di senso compiuto:

Nel buio della grotta puoi usar.. .

A quel punto la penna con cui stavano annotando i significati dei disegni smise di scrivere.

- Accidenti! - sbottò Jason, agitandola furiosamen- te. -Vai a prendere un'altra penna - ordinò a Julia.

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-Vacci tu! - Non so dove siano. - Dove è finita quella che hai usato per disegnare

la mappa? - La penna per disegnare la mappa? -. Jason si

ricordò che Julia gliel'aveva fatta cadere ed era roto- lata sotto a un armadio. - È di sotto. Corro!

Si precipitò giù dalle scale, mentre Rick e Julia continuarono a tradurre ad alta voce le singole lette- re a mano a mano che le individuavano. Jason fece i gradini a due a due e corse nella stanza di pietra. Si bloccò di colpo quando ebbe la sensazione di aver visto un'ombra muoversi davanti a lui. Spalancò la bocca per parlare, ma si ritrovò senza fiato. Aveva la testa piena di pensieri che schiamazzavano come uno stormo di uccelli impazziti.

Di sopra, attutite dalla distanza, gli arrivavano le voci di Rick e della sorella che ripetevano: - Nel buio della grotta puoi usar 1.. . a.. .

- ... puoi usar la t... e... - . . . puoi usar la ter.. . ra! A poco a poco, la sensazione di panico lo abbando-

nò. Jason si guardò meglio intorno, ma non vide più nessuno. E non sentì alcun rumore sospetto. Forse si era sbagliato: non aveva visto nessun'ombra, ma solo uno dei tanti mobili che arredavano la casa.

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- - LA BIBLIOTECA ,&---

Entrò cautamente nella stanza di pietra. Da un lato del pavimento scorse, abbandonata per

terra, la mappa che avevano finito di disegnare poco prima, quando poi erano andati a cercare il ritratto del vecchio Ulysses. Jason attraversò tutta la stanza, con i sensi all'erta. Si awicinò all'armadio sotto al quale era rotolata la penna e tastò con le mani il pavi- mento.

Owiamente la penna si era andata a infilare nel- l'angolo più lontano e Jason dovette allungarsi com- pletamente sotto al mobile per raggiungerla.

Quando finalmente la toccò, cercando di afferrar- la, sfiorò il muro dietro l'armadio.

E si accorse di una cosa: il muro non era un vero muro.

Sembrava fatto di legno. Incuriosito, Jason sbirciò con più attenzione. Dietro l'armadio c'era una porta.

Jason tornò in biblioteca dopo alcuni minuti. Con- segnò la penna agli altri due, poi rimase in disparte, zitto e pensieroso, fino a quando Rck e Julia non ebbero terminato di tradurre tutto il messaggio. Julia lo sistemò su quattro righe come una poesia e lo riles- se ad alta voce in tono trionfante.

Ascoltando quelle parole, Jason sentì un brivido di

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terrore saltargli tra le ossa, come una cavalletta ghiac- ciata:

Nel buio della grotta puoi usar la terra-luce per illuminare la flotta

che dove vuoi ti conduce.

- Accidenti.. . - mormorò Rick. - Era quasi più comprensibile prima.

- Ci sono delle grotte qui vicino? - gli domandò Julia.

Rick si strinse nelle spalle, come per dire: ((Imma- gino di sì. Ci sono grotte ovunque)). Poi disse: - Kil- more Cove è il nome giusto, immagino. Cove signifi- ca "insenatura", "baia", ma può essere usato anche per indicare una grotta. C'è una storia di paese che dice che un tempo gli antichi druidi si riunivano a Kilmore Cove durante ogni solstizio di primavera e la loro sala delle assemblee era una grotta sul mare... che però crollò, o fu distrutta, ai tempi dell'invasione romana.

- Hai sentito, Jason? I druidi! - esclamò Julia. - Quindi.. . cavolo.. . sono migliaia e migliaia di anni fa!

Dopo aver tradotto quel messaggio, Julia si sentiva euforica e partecipe del mistero in cui si erano imbat-

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-- --h LA BIBLIOTECA &p------

tuti. Rick stava ricapitolando tutte le leggende che parlavano di grotte, di anfratti o di flotte, cercando inutilmente di dare un senso alla parola "terra-luce". Jason, invece, che di misteri e di parole inesistenti ne inventava in continuazione, se ne stava mogio e pen- sieroso appoggiato al pianoforte.

- Jason? - gli domandò sua sorella. -Ti senti bene? T i fanno male i tagli?

I1 ragazzo aveva lo sguardo fisso nel vuoto, a metà strada tra Julia e Rick.

- Jason? T i sei incantato o cosa? - insistette Julia. Lo scrollò per una spalla.

Gli occhi di Jason si rimisero a fuoco, come biglie colorate all'interno di una scatola. Guardò Julia e le domandò: - Cosa?

- Dorme in piedi - scherzò lei, guardando ironica- mente Rick. - Adesso che dobbiamo risolvere un autentico mistero, mio fratello ha deciso di farsi un pisolino. OH! JASON! SVEGLIA! -. E gli premette con una certa cattiveria la mano sul petto.

Jason saltò su dal dolore. - Sei tornato sulla Terra? - esclamò Julia. - Hai

sentito quello che stavamo dicendo dei druidi? - Sì ... sì ... - mormorò lui, accarezzandosi la

maglietta. - È solo che.. . i druidi.. . - Rick dice che, un tempo, da qualche parte a Kil-

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more Cove c'era una grotta in cui i druidi tenevano le loro assemblee e che venne distrutta ai tempi delle invasioni romane.. .

Jason scosse il capo. - No. È sbagliato. Non fu distrutta.

- E tu come lo sai? - Perché io.. . oggi.. . - sussurrò - quando ho guar-

dato dentro alla scogliera ... io l'ho vista!

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uidati da Jason, i tre scesero nuovamente nella stanza di pietra portandosi dietro il vocabolario, la scatola piena di palline di

terra, la pergamena con la sua traduzione e l'unica penna funzionante di tutta la casa.

- Ho visto uno spazio aperto, capite? - spiegò Ja- son. - Era come se dietro alla roccia ci fosse il vuoto.

- Intendi dire che la scogliera era.. . cava? Jason annuì. - Ciò spiegherebbe come hai fatto a trovare quella

scatola - disse Rick. - Hai ficcato la mano in un'aper- tura e.. . dentro.. . hai preso quello che hai preso.

Julia rilesse ad alta voce il messaggio: - Nel buio

della grotta.. . illuminare la flotta.. . Quadra! Quadra! - esclamò. - I1 messaggio parla di una flotta. E una flot- ta può trovarsi solo vicino al mare. Chi ha scritto que- sto messaggio.. .

- I1 vecchio proprietario - intervenne Jason. - In che senso? - Quel messaggio l'ha scritto il vecchio proprieta-

rio di Villa Argo. Chi altri? È scritto nella nostra lin- gua, solo che.. . Ulysses Moore ha usato l'alfabeto del Disco di Festo per renderlo più misterioso.

- Per renderlo incomprensibile, già.. . ma.. . perché? - Se e dico.. . se.. . - disse Julia - nella scogliera c'è

una grotta.. . allora potrebbe esserci anche un tesoro.

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E se e dico se ... ci fosse un tesoro, il vecchio Ulysses Moore potrebbe aver organizzato una specie di.. . cac- cia al tesoro, ma solo per pochi eletti. Un po' come facevano i pirati, no? Cercavano luoghi poco cono- sciuti in cui stipare ciò che avevano trovato e poi lasciavano come unica traccia una mappa incompren- sibile per scatenare i cacciatori di tesori.

- I pirati non trovavano, i pirati rubavano - puntua- lizzò Rick.

Julia sbuffò. - Comunque qui si parla di flotta, no? E per avere

una flotta o sei un grande pescatore, o sei un pirata. E quindi devi avere un tesoro.

Rick fece una smorfia, per niente convinto dalle deduzioni di Julia, ma decise di non ribattere.

Julia continuò: - Quindi.. . dunque.. . tu dici che il messaggio l'ha scritto il vecchio proprietario. Io dico che l'ha fatto per condurci a un tesoro... Quindi mettiamo queste due cose come sicure: vecchio pro- prietario e tesoro. Mettiamo anche che ci sia una grotta dentro alla scogliera. Ci resta ancora da chia- rire che cos'è la terra-luce.. . -. E così dicendo lanciò un'occhiata alle palline di creta all'interno della sca- tola. - E... in quale modo possiamo entrare in que- sta grotta.

- Oh, questo è facile - sorrise Jason. - Se il vecchio

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Ulysses ha scritto questo messaggio e l'ha lasciato dentro alla grotta, allora vuol dire che poteva entrarci comodamente, nella grotta.

- Già. - Quindi significa che scendeva nella grotta da casa

sua.. . da Villa Argo. - Già ... - Io credo di sapere in che modo. - Cosa aspetti a dircelo? Jason indicò loro l'armadio addossato al muro di

pietra della stanza. - C'è una porta, là dietro. Se mi date una mano a

spostare quel coso, la potrete vedere anche voi.

La porta era minacciosa. Non era più grande delle altre porte della casa, ma

sembrava decisamente più antica. Più antica di quan- to loro tre osassero immaginare.

I1 legno era tutto rovinato, coperto di abrasioni e graffiature, come se la porta fosse stata colpita da decine di urti e fosse stata parzialmente intaccata dalle fiamme.

I ragazzi la guardarono a lungo, rimanendo seduti per terra. Avevano sudato le proverbiali sette camicie per spostare l'armadio quel tanto che bastava a sco- prirla tutta.

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Sembrava proprio che il mobile fosse stato messo lì con il preciso intento di nasconderla. E l'intenzione, ora che era stata scoperta, conferiva a quella porta un fascino tutto particolare.

- Dici che è questa? - domandò Julia. Jason aveva ripreso in mano la mappa della casa

che avevano disegnato nel pomeriggio. Tracciò una "X" nella posizione in cui si trovava la porta e rispo- se: - Certo che è questa. È una delle porte segrete attraverso le quali si sposta il vecchio Ulysses!

- Jason! - sbottò la sorella. - Ulysses Moore è MORTO.

- E chi te lo dice? Questa casa è talmente grande che potremmo non accorgerci neanche della sua pre- senza! E poi.. . io l'ho visto!

Rick e Julia si guardarono. - In che senso l'hai visto? - Quando sono sceso a prendere la penna, oggi.. .

è stato un attimo, un'ombra ... e VIA! È schizzata da qualche parte, prima che avessi il tempo anche solo di fiatare.. .

Jason guardò prima Rick poi sua sorella, leggendo nelle loro espressioni un certo scetticismo.

- Non mi credete, vero? - domandò. - Hai visto anche la grotta, allo stesso modo? - gli

domandò Julia, improwisamente dubbiosa.

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- Che cosa c'entra? Julia si alzò in piedi. - Che ingenua sono stata. .. - disse. - Ti stavo

anche credendo: la grotta, la scogliera cava, il passag- gio dietro a questa porta ... Mi ero dimenticata che razza di tipo sei. E solo un'altra delle tue fantasie, vero? In realtà tu non hai visto nessuna grotta! Te la sei immaginata!

- No! Io l'ho vista! - Jason: giuramelo. Giurami che oggi, dentro alla

scogliera, hai visto una grotta. Jason si sentì awampare. Ricordò perfettamente

che cosa aveva intravisto attraverso la fessura. Aveva visto uno spazio. No. Aveva avvertito una specie di spazio. Nemmeno. Gli era parso d i intuire che potesse esserci uno spazio. Non aveva, realmente, visto una grotta. Non una

grotta fatta e finita con le stalattiti e le stalagmiti e tutte quelle cose che di solito si trovano in una grot- ta. Così come non aveva, realmente, visto un'ombra al piano di sotto. Ma.. .

- Jason.. .?! Lui si guardò intorno, demoralizzato. - Io. .. no,

non posso giurartelo, ma... Rick ... diglielo tu che ...

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Rick annuì. - In realtà non è poi così importante cosa ha visto.. . - disse. - Dopotutto la scatola esiste dawero, e ce l'abbiamo. Ed esiste il messaggio, qua- lunque cosa significhi. E, cavolo.. . esiste anche quel- la porta!

- Allora apriamola! - sbottò Julia, ritornata di colpo partecipe.

Poiché era priva di maniglie, Julia infilò un dito in quella che sembrava la serratura e provò a spingerla e a tirarla. Ma la porta non si mosse di un millimetro.

- È chiusa! - gemette. - E forse non conduce da nessuna parte.. .

Rick passò le dita sul legno martoriato, come per accarezzarlo. Poi si inginocchiò davanti alla serratura in cui Julia aveva infilato il dito.

- È chiusa, è vero.. . ma se non conducesse da nes- suna parte ... perché dovrebbe avere non una, ma quattro serrature diverse?

Julia guardò meglio. Una, due, tre e.. . quattro. Sul lato sinistro della porta c'erano dawero quat-

tro serrature disposte a croce come i vertici di un rombo.

I ragazzi confabularono tra loro, lasciandosi anda- re in supposizioni sempre più complesse. Avevano per

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le mani molti elementi, ma ancora troppo distanti gli uni dagli altri. Avrebbero potuto andare di nuovo a parlarne con Nestor oppure setacciare la casa palmo a palmo, cassetto per cassetto, in cerca delle chiavi che avrebbero potuto far scattare le serrature.

Oppure.. . Sentirono un'improwisa corrente d'aria, poi un

colpo secco proveniente dal piano di sopra. - È lui! - esclamò Jason, scattando in piedi. Ma non era il lui che aveva immaginato: la finestra

della torretta si era di nuovo aperta e aveva ricomin- ciato a sbattere contro lo stipite.

I ragazzi salirono velocemente nella stanza in cima alle scale.

Rick cercò di chiudere la finestra ribelle una volta per tutte: - Si è allentata la chiusura.. . - disse, analiz- zandola con occhio critico. - Credo che per aggiustar- la dovrete chiamare qualcuno di competente.

- Non si è aperta per caso.. . - mormorò invece Jason, perlustrando con gli occhi la stanza.

Attraverso le finestre non vide nessuno nel giardi- no intorno a Villa Argo, ancora umido di pioggia.

Poi la sua attenzione si concentrò sui modellini dei velieri disposti sopra alla cassapanca. - Quello era già messo così? - domandò ai suoi amici.

- Così come? - replicò Julia.

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Uno dei velieri della minuscola flotta di legno era appoggiato sopra un libricino dalla copertina scura, che gli faceva da piedistallo.

Il modellino era lungo e affusolato, con il fusto for- mato da decine di minuscole canne legate paziente- mente tra loro da piccoli spaghi.

Rick e Julia scossero il capo, dubbiosi: nessuno di loro aveva notato la presenza di quel libricino duran- te la loro precedente visita alla torretta. Ma, a dire il vero, nessuno di loro aveva notato neppure la sua assenza.

Con cautela, Jason sollevò la minuscola nave e la porse a Rick.

La targhetta in ottone sul basamento le dava il nome di Nefertiti's Eye, l'Occhio di Nefertiti.

- Dev'essere il modellino di un'imbarcazione egi- zia.. . - mormorò allora Rick, rigirandosela tra le dita. -Tutta fatta di canne di papiro.. .

- I papiri servivano solo per farci la carta per scri- vere! - sbottò Julia.

Rick si strinse nelle spalle. - Per quello che ne so io, gli Egizi ci facevano di

tutto, con le canne di papiro. Jason aprì il libricino nero che serviva da piedistal-

lo. Non era un libro: era un diario. Qualcuno aveva preso appunti e annotazioni in una calligrafia minuta

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e difficile da leggere, commentando ritagli di giorna- le, disegni e fotografie appiccicati alle pagine.

- Egitto ... - disse, con una punta di delusione. - Questo è una specie di diario di viaggio in Egitto. Anzi.. . -. Ne sfogliò rapidamente le pagine: geroglifi- ci, una riproduzione della maschera d'oro di Tutan- khamon, il faraone bambino, la testa scolpita di sua madre Nefertiti, una mappa della Valle dei Re dove venne riscoperto il suo tesoro ... - Direi che parla soprattutto diTutankhamon. È pieno di ritagli, di sot- tolineature, di appunti, di cerchi rossi.. . -. Aprì il dia- rio in una pagina centrale. - Sembra che il vecchio Ulysses tenesse in questo diario una raccolta di mate- riali egiziani.

- I1 libro giusto per lavorare a questa nave... - osservò Rick con l'Occhio di Nefertiti ancora in mano.

- Già. Doveva essere una persona molto meticolo- sa nel fare i suoi modellini.. .

Rick annuì. - Questa potrebbe essere la flotta ... - sussurrò

Julia - la flotta del messaggio: la flotta che.. . dove vuoi ti conduce. Potrebbe essere un bel modo per dire che.. . con questi modellini lui immaginava di poter viaggiare in luoghi diversi e.. . così.. .

- Può darsi.. . e che cos'è la terra-luce?

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- Magari ... magari bisogna mettere una di queste palline di terra sopra ognuna di queste barchette e.. .

Un minuscolo foglio di carta scivolò fuori dal dia- rio, planando a terra con un fruscio. Jason si chinò a raccoglierlo.

- Guardate! - esclamò, esultando. - Che cos'è? - Sembra.. . sembra una ricevuta postale: Uflicio

Postale, Kilmore Cove -. Jason la voltò e lesse:

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- Questa dovrebbe bastare a convincerti che il vec- chio Ulysses è morto ... - sussurrò Julia al fratello. - Non è nemmeno andato a ritirare il suo pacco.

Ma l'ostinazione di Jason non si arrese neppure davanti a quell'evidenza: - E chi vi dice che invece non l'abbia lasciato apposta per noi? La finestra che si apre, il diario, la ricevuta dentro al diario ... e se non fossero semplici coincidenze?

- Per quello che ne sappiamo, il diario potrebbe essere sempre stato sotto a quel modellino.

- Io dico che dobbiamo andare a ritirare quel pacco! - insistette Jason.

- Allora, oltre che essere un fantasma invisibile, è anche un fantasma poco furbo - ribatté Julia. - Oggi è sabato e gli Uffici Postali sono chiusi al pomeriggio!

Rick fece una smorfia. - E vero.. . - disse. - Ma chi abita a Kilmore Cove

sa che.. . insomma.. . in caso di urgenza si può anda- re e chiedere un favore alla signorina Calypso nella libreria. E lei che tiene aperto l'ufficio Postale.

-Tu la conosci? - gli domandò Jason. - Naturalmente. Ci conosciamo un po' tutti, in

paese. - E dici che ti aprirebbe l'ufficio Postale? - Possiamo chiederglielo. Julia si mise le mani sui fianchi.

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- Ragazzi, non vi distraete, però. Un attimo prima che si aprisse questa finestra, stavamo facendo tutt'al- tro. Dobbiamo trovare l'ingresso di una grotta segre- ta, abbiamo una porta chiusa a cui servono quattro chiavi e una frase misteriosa ancora da interpretare. Non credo che sia una buona idea.. .

Ma Jason e Rick erano già arrivati a metà delle scale.

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rano quasi le sei del pomeriggio, quando i due ragazzini si fecero aprire da Nestor la porta del vecchio garage di Villa Argo. La

serranda si sollevò cigolando, rivelando un ambiente polveroso, a malapena illuminato da una solitaria lampadina appesa al soffitto. Gran parte del garage era occupata dalla sagoma di un'automobile coperta da un lenzuolo bianco. Era una vecchia spider degli anni Cinquanta.

- Funziona ancora? - domandò Rick, concedendo- si una sbirciata curiosa sotto al lenzuolo.

- Non credo: sono passati talmente tanti anni dal- l'ultima volta che l'abbiamo accesa.. . - rispose Nestor, procedendo intorno alla carrozzeria della spi- der per cercare qualcosa che si trovava sul retro. - Eccole qui.. . - brontolò, cambiando discorso. Sol- levò un secondo lenzuolo, rivelando due vecchie bici- clette appoggiate l'una all'altra. - Ricordavo che le avevamo tenute. Forza, tiratele fuori da qui.

Rick afferrò il manubrio della prima, Jason tirò su la seconda. Le spinsero fuori dal garage.

- Uau! - fece Rick, quando le vide alla luce del sole. Erano due vecchi modelli senza cambi, con un

massiccio telaio nero saldato in ghisa. - Le camere d'aria dovrebbero essere ancora

sane.. . - disse Nestor, porgendo loro una pompetta

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ad aria. - Con un po' di muscoli dovreste riuscire a rimetterle in strada.

Poi diede loro anche un oliatore a beccuccio e un panno inumidito di trielina.

- Usate questi per freni e catena. Prima il panno per togliere la polvere, poi l'olio, poi di nuovo il panno, fino a quando non le sentite girare alla perfe- zione. Abbondate pure, con l'olio: una catena che non scorre, si strappa.

- Siamo sicuri che arrivino fino in paese? - doman- dò Jason, preoccupato dai cigolii delle vecchie bici. - Pesano almeno un quintale!

- Arrivare arrivano di sicuro.. . - rispose il giardi- niere. - Sono pezzi vecchi ma robusti. In quanto a tor- nare... questo dipende dai vostri polmoni. E dalle vostre gambe. In ogni caso, Ulysses Moore e sua moglie le usavano tranquillamente.. .

Rick mise una delle bici a gambe all'aria, comincian- do a pompare aria nelle ruote. Nestor gli lanciò un'oc- chiata ammirata: gli piacevano le persone concrete.

- Si può sapere perché volete scendere a Kilmore Cove a quest'ora? - domandò ai ragazzi.

I1 viso di Jason si irrigidì, come segno tangibile di una menzogna in arrivo. Poi disse qualcosa di talmen- te assurdo da risultare quasi credibile.

- Cercate solo di non andare a ficcarvi in qualche

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pasticcio - disse Nestor. - E tornate per cena, ok? I vostri genitori mi hanno chiesto di prepararvi qualco- sa da mangiare e non mi andrebbe di lavorare per niente -. Si allontanò, lasciando che trafficassero con le due vecchie biciclette.

Un quarto d'ora dopo, Jason e Rick montarono in sella ai due vecchi bolidi della strada. Julia salì sulla bici di kck , più leggera e maneggevole e, dopo aver regolato l'altezza del sellino, fu pronta a pedalare con loro.

Salutarono il giardiniere, imboccarono il viale di uscita della villa e presero la strada della scogliera, in discesa, diretti verso la baia di Kilmore Cove.

Julia scattò davanti a tutti, i capelli al vento, e imboc- cò la prima curva strillando di felicità. Jason protestava qualcosa a voce alta, mentre Rick, dietro a tutti, si voltò un'ultima volta verso il giardino per salutare Nestor.

I1 vecchio giardiniere si protesse gli occhi con la mano, guardandoli scomparire lungo la strada.

- Chissà! - mormorò tra sé e sé. - Chissà se i ragaz- zi ci riusciranno. . .

La discesa fu inebriante: le ruote girarono furiosa- mente e il paese si mostrò a poco a poco, tornante dopo tornante. Kilmore Cove era un ammasso di case

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basse squadrate dipinte di tanti diversi colori, addos- sato nella parte più protetta della baia. La strada costiera si intersecava con una serie di strade prove- nienti dall'entroterra, che formavano una serie di "T" davanti al mare.

Come tutti i sabati, molte automobili strombazza- vano per trovare un posteggio lungo le banchine del porto e sulla passeggiata c'era un allegro via vai di gente.

Julia arrivò per prima, smontò dalla bici di Rick e la appoggiò a un cartello stradale che segnalava di non parcheggiare troppo a ridosso della spiaggia, per- ché c'era il pericolo che la marea si portasse via l'au- tomobile.

- Ehi! Ritardatari! - esclamò ai suoi due compagni, quando la raggiunsero.

- Questa bici ... - brontolò Jason. - Ha due sole velocità: o sta ferma, o va a quella della luce. Se sfio- ri i freni, si inchioda. Se li lasci, parte come un razzo.

- È solo male equilibrata. E pesante - spiegò Rick. I1 ragazzo dai capelli rossi era di nuovo tornato

nella sua dimensione: il paese con le bancarelle sulla passeggiata, la spiaggia su cui correvano cani e bam- bini, i balconi di legno pieni di fiori colorati delle osterie affacciate sul mare.

- Dov'è questa Calypso? - gli domandò Julia, rag-

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giante dali'idea di essere circondata da un bel via vai di gente.

Rick fece loro strada spingendo la bicicletta. Si iner- picarono lungo una via che si spingeva verso l'interno del paese. Superarono la statua di un uomo che tene- va fieramente un piede sopra un'ancora e raggiunsero una piazzetta circolare, in cui zampillava una fontanel- la ricavata da antiche pietre megalitiche.

- E qui - disse Rick. Indicò loro l'insegna di legno di un negozietto, che diceva:

Isola di Calypso Buoni Libri Salvati dal Mare

Posarono le bici. Rick spinse la porta ed entrò. Una campanella, po-

sta sopra lo stipite, lanciò il suo trillo acuto.

All'interno, l'Isola di Calypso aveva un suo fascino particolare. Nell'aria c'era un'atmosfera carica di buoni sentimenti e di aspettative. I libri erano impila- ti per terra, su bassi ripiani di legno, e formavano una sorta di percorso in cui era obbligatorio procedere con attenzione.

- Arrivo subito! - disse la proprietaria, quando furono dentro.

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Calypso era una donnina minuta, dagli occhi lan- guidi e il sorriso rassicurante. Indossava un foulard a fiori e un vestitino azzurro lungo fino al ginocchio. Un paio di scarpe senza tacco color mandorla com- pletavano il suo abbigliamento.

Non appena li riconobbe, esclamò: - Rick Banner, quale onore! -. E poi aggiunse: - Hai portato qualche amico, eh? Bravo! No, no.. . lasciami indovinare. Scommetto che voi due siete.. . i londinesi.

- Julia. - Jason. La stretta di mano di Calypso fu convincente: forte

senza essere dolorosa e gentile senza essere affettata. - È un buon segno vedervi in libreria così presto.

Quanti giorni sono trascorsi da quando siete arrivati a Kilmore Cove? No, no... lasciatemi ...

- Una settimana, signorina Calypso - disse Jason. - Già - ricapitolò lei. - Una settimana. E cosa ne

pensate di Kilmore Cove? Che è piccola? Che è sper- duta? Che è stata dimenticata dal resto del mondo civilizzato?

- No! - rispose Julia. -Veramente pensiamo che.. . - Per forza.. . - continuò imperterrita Calypso. - Per

forza. Deve essere stato un bello shock, per voi, passa- re da Piccadilly Circus alle rocce salate. Dal Big Ben al nostro misero faro. A parte che, dopotutto, vivete a

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Villa Argo. E quando si vive in una villa come quella.. . accidenti.. . che paradiso! Chi vorrebbe andarsene via? Mare, cielo, alberi.. . che cosa vi manca?

- In realtà ... in effetti ... - disse Rick. - Ma certo! Non ci vuole certo un genio per capir-

lo ... - esclamò Calypso. - D'altra parte siete qui. Cosa manca? Facile. Manca solo ... qualche buon libro. E bravo Rick Banner! Vuoi vedere che la com- pagnia di un paio di sani cittadini istruiti ti farà met- tere la testa a posto? -. Calypso si rivolse ai due gemelli. - Lo sapete, vero, che il giovane Banner ha meno voglia di andare a scuola di un mulo?

Julia e Jason sorrisero, più per le guance rosse e i pugni chiusi di Rick che per la battuta di Calypso. La trillante libraia sembrò aver finito con il suo fluente discorso e incrociò direttamente i loro occhi.

- Allora? Mi dite che libro state cercando? I ragazzi si guardarono l'un altro per decidere chi

di loro avrebbe risposto. Julia intuì che toccava a lei e così disse: -Veramente non siamo qui per un libro, signorina Calypso.

- No? -. Lei si drizzò come animata da una molla. - E allora cosa siete venuti a fare?

La sua voce assunse una sfumatura tagliente, che Jason ritenne utile cancellare all'istante: - Mia sorella voleva dire che non siamo qui solo per un libro. I1 libro

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è il motivo fondamentale e poi.. . poi ce ne sarebbe un altro.

Le spiegò quello che sapevano sull'ufficio Postale e le porse la ricevuta trovata nel diario divilla Argo.

Calypso la guardò con attenzione, poi domandò: - Chi ti ha dato questo biglietto?

- Nestor - mentì Jason con una rapidità sconcer- tante. - E ci ha detto di venire a chiedere a lei.

Calypso sembrò soppesare un po' la risposta, poi disse: - È sabato, però. E l'ufficio Postale è chiuso.

- Sì ... ma ... - esclamò Jason. - Se potesse essere così gentile da aprircelo un istante, solo per prendere il pacco e portarlo a casa.. .

- E tu come fai a sapere che è un pacco? Jason si incassò nelle spalle. - Non lo so, ma.. . pen-

savo... ecco. .. - E in ogni caso - continuò Calypso - anche se

l'ufficio fosse aperto, non è detto che io vi possa con- segnare quello che mi chiedete. Sulla ricevuta c'è scritto che è da consegnare al "Tenutario di Villa Argo". Mentre io qui vedo solo tre ragazzini che hanno abbandonato le biciclette di traverso davanti alla mia vetrina.

Jason e Julia cominciarono a spiegare che i loro genitori erano i proprietari divilla Argo e che quindi quell'awiso di ritiro era destinato a loro.

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- In questo momento sono impegnati nel trasloco e non possono scendere a prenderlo di persona.. .

- Nestor ha detto che lei avrebbe capito.. . Calypso fece un gesto vago con la mano: - Oh, sì,

certo! È tipico dei proprietari di Villa Argo mandare qualcun altro a sbrigare i propri incarichi.

- Quindi ci può aprire l'ufficio? - No, ragazzi miei.. . è sabato! E al sabato pomerig-

gio l'ufficio è chiuso. -Tre libri - disse allora Jason. E si piazzò davanti

alla signorina Calypso in segno di sfida. - Come hai detto? - Ho detto tre libri. Se lei ci apre l'ufficio Postale e

ci consegna quello che ci deve consegnare.. . noi pren- diamo anche tre libri. A sua scelta. E le promettiamo di leggerli in una settimana.

La campanella sulla porta trillò. Fece capolino un turista, che non appena si accorse che si trattava di una libreria si scusò e uscì. Aveva creduto che fosse un ristorantino romantico.

Nell'Isola di Calypso tornò il silenzio. Sul viso pen- sieroso della proprietaria, invece, si disegnò un sorriso.

- Mmm ... tre libri in una settimana, dici? E potrò anche farvi delle domande per vedere se li avete letti davvero?

- Certamente - azzardò Jason.

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- Affare fatto! - concluse Calypso, porgendo loro la mano per sigillare l'accordo. -Tre libri per un pacco.

- Ehi! E lei come fa a sapere che è un pacco? - pro- testò Julia, prima di ricevere un calcio da suo fratello.

Calypso andò dietro al bancone per recuperare un mazzo di chiavi, si chiuse alle spalle la porta della libreria e attraversò la piazzetta.

L'Ufficio Postale era di fronte.

Un quarto d'ora dopo, i tre ragazzi erano davanti al mare. Si erano allontanati dalla folla di turisti del weekend, spingendo le biciclette fino a un molo soli- tario proteso sul mare. La scogliera si ergeva alla loro sinistra; il porto, pieno di barchette dalla chiglia piat- ta, era alla loro destra.

Stringevano tra le mani un pacco delle dimensioni di una scatola da scarpe, awolto in numerosi giri di nastro adesivo marrone, e tre libri dalle copertine smunte e tristi.

-Tu e le tue brillanti idee.. . - brontolò Julia. - Que- sto mattone te lo leggerai tu!

Calypso le aveva affidato la lettura di Cime Tempe- stose, di Emily Bronte. A Rick invece era toccata L'iso- la misteriosa di Julius Verne, mentre Jason aveva una settimana di tempo per affrontare il monumentale Ramses di Christian Jacq.

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Jason la ignorò, dandosi invece da fare per strappa- re il nastro adesivo dal pacco. Rick, seduto accanto a lui, lo aiutò a evitare che per la foga tutto l'eventuale contenuto del pacco finisse in acqua.

In pochi secondi liberarono dal nastro adesivo una malconcia scatola di cioccolatini alla menta.

- Speriamo che almeno questi siano mangiabili.. . - disse Julia.

Aprirono la scatola. - Guardate! - esclamò Jason, raggiante. All'interno della scatola, sepolte in una bambagia

di giornali spiegazzati, c'erano quattro chiavi. Erano chiavi vecchie, in parte ossidate da una rossa

patina di ruggine. Ognuna di esse aveva un'impugna- tura diversa, finemente lavorata. Rick ne prese in mano una a caso, sollevandola contro la luce del cielo per osservarla meglio.

- Sembra.. . sembra.. . che ci sia scolpito un anima- le.. . - mormorò.

Julia si accoccolò accanto a lui e disse: - È vero: può essere un coccodrillo. O un alligatore?

Sembrava proprio la sagoma di un alligatore con la bocca spalancata.

Jason ne aveva scelta un'altra. - Su questa, invece, direi che ci sia un porcospi-

no.. . o un istrice, forse.

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La mostrò agli amici, che furono d'accordo con la sua interpretazione.

Julia scelse la chiave con l'impugnatura a forma di rana e si beccò un'immediata battuta del fratello, che colse un'improbabile rassomiglianza.

- Meglio una rana che un topo con le spine! - ribatté lei, profondamente seccata.

L'ultima chiave recava il profilo di un uccello dal becco inconfondibile: un picchio.

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- Alligatore, rana, istrice e picchio.. . - mormorò Rick, guardando le quattro chiavi. - Che attinenza c'è tra questi animali?

- Uno è carnivoro, uno è un anfibio, uno non lo so e l'ultimo vola.. . - disse Julia.

- L'attinenza è presto fatta - disse Jason. - A Villa Argo c'è una porta con quattro serrature. E qui abbiamo quattro chiavi. Più facile di così.. .

- Non c'era nient'altro nella scatola? - Niente -. Jason scrollò violentemente la scatola

di cioccolatini per dimostrare che non conteneva più nulla.

Caddero i giornali sminuzzati e anche una perga- mena arrotolata, che Rick acchiappò al volo.

-Tombola! - disse. La pergamena era scritta con gli stessi geroglifici del messaggio della scogliera.

- Mi credete, adesso? - sibilò Jason, guardando i segni ormai quasi familiari che erano stati impressi sulla pelle. - I1 vecchio proprietario di Villa Argo conosceva dei segreti. E ora noi li stiamo portando alla luce.

Sul mare, il cielo sussultò. I1 temporale sembrava sul punto di voler ricominciare.

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ominciarono a pedalare a tutta velocità. Alla prima curva, Rick e Julia avevano già distan- ziato Jason di un centinaio di metri. Julia,

con la bici nuova di Rick, affrontava la salita senza quasi faticare. Rick, allenato allo sforzo, riusciva a spingere avanti la sua. Mentre Jason, stremato dal peso del vecchio telaio, fu costretto a smontare.

- Andate avanti! - gridò. Aveva cominciato a spingere la bici. - Forza, pappamolla! - gli urlò Julia. Al suo fianco,

Rick pedalava restando in piedi sui pedali. - È tanto faticoso? - gli chiese la ragazza.

Rick aveva le gote arrossate per lo sforzo, ma le rispose ansimando: - No.. . non troppo!

- Mio fratello ci farà prendere una seconda lavata di pioggia!

- Comincia.. . comincia ad andare a casa tu.. . - le disse Rick. - Io lo aspetto.

Julia annui. Prese con sé le quattro chiavi e la nuova pergamena e scattò in avanti. In pochi minuti, sparì dalla vista dei due ragazzi.

Non appena fu scomparsa, Rick piombò a terra stravolto: pedalare con quella bicicletta era come tirarsi dietro un elefante. Aspettò che Jason lo rag- giungesse, poi cominciò a camminare al suo fianco.

- C'è da scoppiare.. . - ansimò Jason.

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Spingendo la bici, Rick si sentì ferito nel suo orgo- glio di ciclista.

- Mio padre una volta.. . - iniziò a dire, ma Jason gli fece cenno di stare zitto, agitando il capo.

- Non dire una parola di più. Potresti morire per lo sforzo.

Rick pensò che in realtà erano già andati vicini a quel destino tutti e due: lui era stato quasi investito dalla misteriosa donna profumata e Jason era volato giù dalla scogliera.

Rimasero zitti a spingere, ascoltando solo il ritmi- co giro dei raggi delle bici.

- I1 più è fatto, ormai.. . - disse Jason, dopo un po'. E naturalmente appena lo disse cominciò a piovere. - Sono tutti così i sabati in Cornovaglia? I1 ragazzo dai capelli rossi non rispose. Dopo alcu-

ni passi, però, gli sfuggì una risata soffocata. - Che c'è da ridere? - domandò Jason. Ma anche

lui, in realtà, aveva voglia di ridere. Rick scosse il capo e rise. Ridacchiarono fino a Villa Argo, dove Nestor li

stava aspettando, ritto davanti all'ingresso di casa. Dall'interno arrivava il rumore di un fuoco scop-

piettante. I1 sole tramontò in una poltiglia di nuvole e piog-

gia. I ragazzi si cambiarono per la terza volta. Rick

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ricevette un maglione del signor Covenant e un paio di jeans, troppo grandi per lui.

Nestor si mise a trafficare in cucina e preparò una zuppa di verdura con crostini di pane croccante. I1 profumino era delizioso.

La pioggia picchiettava sui vetri. I1 fuoco nel cami- no, più che riscaldare l'ambiente, riscaldava l'anima: era di un colore vivo, vibrante, e gli scoppi dei ciocchi di legna, di tanto in tanto, erano come i rintocchi di un confortevole orologio.

Nestor fischiettava, girando la zuppa con un mestolo. I tre ragazzi, asciugati e cambiati, si piazza- rono intorno al tavolo della cucina e stettero a osser- varlo senza dire una parola.

-Telefono - disse lui, dopo un po'. Non aveva neppure finito di parlare, che il telefono

di Villa Argo prese a squillare. I genitori di Jason e Julia volevano assicurarsi che

andasse tutto bene. - Sì, sì.. . tutto bene.. . - mentì Jason. - No. Perché? Sua madre si fece passare Nestor. -Tre angioletti - mentì anche il vecchio giardinie-

re. - Non mi sono neppure accorto della loro presen- za. Certo. Sì. Sì, sì. Non sono mai usciti dal giardino. Figuriamoci, no. Nessun problema. Zuppa di legumi. Va bene. Va bene, glielo dirò -. E riagganciò.

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- Converrà che tu chiami casa tua, Rick.. . - disse, tornando ai fornelli. - Così awisi i tuoi che ti fermi qui a mangiare. E direi anche a dormire, a questo punto. Con questo temporale non ti conviene pedala- re di nuovo fino a casa.

- Sul serio? Sarebbe fantastico! - esclamò lui. Che giornata! Non solo l'intero pomeriggio a Villa

Argo: anche la notte! Jason lo accompagnò al telefono.

Rimbombò un tuono, che fece vacillare per un istante la luce elettrica. Nestor guardò distrattamente le lampadine affievolirsi e poi riaccendersi.

- A me non piacciono i legumi.. . - disse Julia, in cucina.

Cocciutamente seduta a capotavola, continuava ad allungare il collo e a controllare dentro alla pentola.

- Lo so. Me l'ha detto tua mamma. - E lei che cosa le ha risposto? - Che stasera non mangi - sorrise Nestor. Diede un'ultima controllata alla zuppa nella pento-

la, mise in caldo i crostoni di pane nel forno, si levò il grembiule e si awiò verso l'uscita.

- Dove va? - gli domandò Julia, sospettosa. Nestor afferrò il pomello della porta e lo fece gira-

re con un clack maestoso.

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- A casa mia, a preparare qualcosa per me. Lì c'è la zuppa e lì sotto il pane. Staranno in caldo per un'ora. Mangiate quando volete. I piatti sono nell'armadio a muro. I bicchieri sopra il lavandino. Le posate.. . cer- catele nei cassetti. Potete usare quel tavolo oppure quello nella sala da pranzo. Quando avete finito, pren- dete tutto e mettetelo nella lavastoviglie. Oppure lasciatelo li, ma dovrete metterlo nella lavapiatti domani. Le istruzioni sono sul manuale. I1 detersivo là sotto.

- Ma ... non può ... - Non posso cosa? - dalla porta socchiusa entraro-

no gocce di pioggia e un vento frizzante. - Non può lasciarci così. Noi siamo solo ... siamo

solo ragazzi! Nestor chiuse la porta senza essere uscito. - Ascolta, Julia. Voi siete solo ragazzi, è vero. Ma io

non sono una bambinaia: sono un vecchio e scorbuti- co giardiniere. Vi ho cucinato qualcosa perché l'ho promesso ai vostri genitori. E perché è la prima volta che siamo insieme. Se ti va bene così, bene. Se non ti va bene ... -. Spalancò una seconda volta la porta, lasciando entrare una zaffata di vento umido. - Sono a cento metri da qui: vieni a chiamarmi.

E uscì nel temporale.

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ulia alzò gli occhi al cielo. - Ma guarda che roba! - esclamò quando rimase sola nella cucina. Era esattamente come aveva immagi- nato: quell'uomo era un selvaggio zotico e

incapace. Per forza viveva da solo: chi mai avrebbe potuto sopportarlo?

Scese dalla sedia e si awicinò ai fornelli. Sollevò il coperchio della pentola e, suo malgrado, dovette ammettere che il profumo della zuppa era invitante. I1 suo stomaco gorgogliò, come per reclamarne una cucchiaiata.

Erano solo le sette di sera, ma dopo l'esplorazione, il bagno in mare e tutto quello che ne era seguito, la pedalata su e giù dal paese, l'idea di un pezzo di pane croccante immerso nella zuppa era a dir poco mera- vigliosa.

- Ma guarda che roba! - esclamò di nuovo, scrol- lando il capo più per un atteggiamento che per la reale necessità di protestare contro qualcosa o qual- cuno.

- Guarda cosa? - le domandò Jason, rientrando in cucina.

Teneva in mano il corposo Vocabolario dei linguaggi dimenticati e la pergamena che avevano trovato insie- me alle quattro chiavi.

Appoggiò tutto sul tavolo della cucina e disse: - Uau!

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--- COSE NON DETTE .&---

Che profumino! Perché non ci spazzoliamo subito tutto quello che c'è?

Anche Rick entrò in cucina, dando loro la notizia che poteva fermarsi a dormire a Villa Argo. Julia sor- rise: le faceva piacere.

Jason gli passò rapidamente il vocabolario. - Decifriamo prima questa, poi mangiamo - disse.

Ritto in piedi nella sua dependance, Nestor restò a guardare la luce accesa della cucina di Villa Argo, sen- tendosi rimescolare da molti e contrastanti pensieri.

Ascoltò i ragazzi ridere, parlare fitto, chiamarsi a gran voce.

Poi sentì il rumore di piatti e di posate. Nella vec- chia casa si accesero e si spensero molte luci.

I1 giardiniere sorrise: Villa Argo sembrava rinata. - È come ai vecchi tempi.. . - mormorò. A forza di vivere da solo, aveva preso l'abitudine di

esprimere i suoi pensieri a mezza voce. In realtà Nestor sperava che con quei ragazzi sareb-

be stato addirittura meglio dei vecchi tempi. Ripensò all'incontro del primo pomeriggio con Oblivia New- ton e si sentì afferrare dalla voglia istintiva di spacca- re qualcosa.

- Non avrai mai questa casa, Oblivia.. . - sibilò tra i denti.

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Quella giovane e ricca donna d'affari amministrava una grande società immobiliare. Nestor non sapeva esattamente in cosa consistesse la sua attività: sapeva che comprava e vendeva case. I1 termine tecnico era "intermediatrice immobiliare". Era capace di guada- gnare più soldi lei vendendo una casa dell'architetto che l'aveva progettata o dei muratori che l'avevano costruita.

((Misteri del mondo moderno)) pensò Nestor. Oblivia Newton ragionava in termini di semplice

denaro. Nestor no. E quella differenza era la cosa che sconcertava di

più Oblivia: aveva tentato di coprire Nestor di sterli- ne, gli aveva proposto sistemazioni lussuose in qual- siasi altro luogo del pianeta. Sarebbe stata disposta a dargli tutto ciò che lui avesse voluto, pur di diventare padrona di Villa Argo.

- Chiedi quello che vuoi - gli aveva proposto anco- ra quel pomeriggio - e io te lo darò.

-Va bene: voglio che tu sparisca - le aveva risposto Nestor, mandandola su tutte le furie.

La pioggia della sera aumentò di intensità. Nestor passò accanto ai piatti freddi della sua

cena, prese da un appendiabiti la sua cerata nera e la indossò.

- Sono sicuro che questi ragazzi capiranno perché

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questa casa è così preziosa.. . - mormorò, dirigendosi verso l'uscita della sua dependance.

Sotto le bordate sempre più intense del temporale, Villa Argo cominciò a gemere e a scricchiolare. In cucina era terminato anche l'ultimo cucchiaio utile di zuppa. I tre ragazzini si strinsero l'uno all'altro, leg- gendo a voce alta la traduzione dell'ultima pergame- na. Se il primo messaggio che avevano trovato era misterioso, questa seconda traccia era a dir poco incomprensibile:

Se con quattro una apri per sorte di quattro tre indica il motto

di quattro due andranno alla morte

e una di quattro porta di sotto.

Jason provò ad avanzare alcune timide teorie, rileg- gendo insieme anche il primo biglietto, ma per ogni sua interpretazione c'erano almeno due constatazioni logiche di Rick che gli tagliavano le gambe.

- I1 fatto è - osservò Rick, cupo - che non è detto che il primo biglietto sia davvero il primo biglietto. Voglio dire.. . era più probabile trovare questo secon- do messaggio piuttosto che quello della scogliera. Anche se fosse giusta la nostra idea di essere dentro a

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una specie di.. . caccia al tesoro.. . non è detto che la stiamo giocando partendo dall'inizio.

- In ogni caso, adesso abbiamo in mano quattro chiavi - disse Julia, ricapitolando. - E qui c'è scritto che, se con quattro una apri per sorte ... blu blu blu. Secondo me una è la porta di là.

- Può anche essere una delle chiavi - ribatté Rick. - E sorte significa coincidenza. O fortuna.

- A meno che non sia destino che l'apriamo - disse Jason. - Sorte può significare anche.. . destino.

Lui non credeva di essere rimasto appeso a quella fessura della scogliera per una semplice coincidenza. O per fortuna.

Era destino che succedesse.

Jason si awiò nella stanza di pietra senza accende- re le luci, precedendo i suoi amici. Attraversò due salotti che, al buio, sembravano lugubri: i diversi oggetti che arredavano le stanze parevano figure addormentate. La pioggia e il vento erano cresciuti di intensità, tanto che, a volte, sembrava che la casa fosse sul punto di scivolare giù dalla scogliera. La tor- retta in cima alle scale gemeva sotto le raffiche della tempesta, mentre forti correnti d'aria si propagavano lungo le scale.

Jason aveva preso con sé le quattro chiavi. Le sen-

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tiva pesare nelle tasche dei pantaloni. Meccanicamen- te le cercò e le strinse tra le dita. Raggiunse la stanza di pietra e cercò a tentoni un interruttore della luce.

Era tutto buio come petrolio. Un lampo bianco squarciò improwisamente la

notte. Jason guardò fuori dalla finestra. E vide in faccia un volto che lo stava fissando. Cominciò a gridare.

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entendolo gridare, Rick e Julia si precipitaro- no nella stanza di pietra, accendendo la luce. Videro Jason per terra, rannicchiato su se

stesso come se fosse stato picchiato. Le chiavi gli erano cadute dalle tasche.

- È qui! È qui! - urlava. E intanto indicava la finestra, singhiozzando. - Chi? Chi è qui? Dove? - gli domandò Julia, cer-

cando di calmarlo. Ma anche lei era elettrica: qualsiasi cosa vedesse

intorno a lei, reagiva spaventandosi. - Che cosa hai visto, Jason? - gli domandò Rick. Sopra le loro teste, la luce elettrica si attenuò. -- I1 lampo.. . il lampo ... - balbettò Jason. Ran-

nicchiato sul pavimento, sembrava ancora più piccolo dei suoi undici anni. - C'era ... c'era un uomo alla finestra! L'ho visto! Aveva un.. . mantello.. . un lungo mantello nero.. . e.. . stava guardando qui dentro!

Gli occhi di Jason erano talmente spalancati e tal- mente terrorizzati che Julia fu costretta a credergli.

- Un uomo, Jason? - Si.. . - mormorò lui. - Un uomo. - Le porte sono tutte chiuse? - domandò Rick con

invidiabile senso pratico. Julia perlustrò gli ingressi del piano terra, accen-

dendo tutte le luci che trovava al suo passaggio.

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--L h SORTE 4-

Per fortuna li trovò tutti chiusi dall'interno. Tornò nella stanza di pietra: Jason si era vagamen-

te calmato. - Era il fantasma del vecchio proprietario.. . - stava

dicendo. - Devi credermi, Rick. Era orrendo, con una cicatrice che lo attraversava da parte a parte.. . - È tutto chiuso - disse Julia. - Non può entrare

nessuno. E se fuori c'è qualcuno, se la dovrà vedere con Nestor.

Si sedette sul pavimento, radunando le chiavi intorno a sé. Alligatore, rana, istrice e picchio.

- E da sopra? - domandò Jason con un filo di voce. - Da sopra cosa? La luce della casa si attenuò ancora di più. Ci fu lo

scoppio rimbombante di un lampo e, dopo pochi istanti, la luce elettrica andò via del tutto.

- Oh no.. . - sussurrò Julia. - Adesso torna - li rassicurò Rick. - Lo sentite? Lo sentite? - ricominciò Jason. Julia si sentì raggelare da un'improwisa corrente

d'aria e mosse le mani nell'oscurità, fino a quando non afferrò il braccio di Rick e quello di suo fratello.

- Sentiamo cosa.. . Jason? - riuscì a balbettare. Lui rimase in silenzio. Ma lo sentiva anche lei, adesso. Era il vento.

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Era la pioggia. Era il temporale notturno. Era la finestra della torretta, che sbatteva contro lo

stipite, ritmicamente. Come passi. Julia si morse il labbro. Non voleva piangere. Ma

aveva così paura, ma così paura, che le avrebbe fatto davvero piacere che mamma e papà fossero stati lì con loro.

La faccia di Rick brillò improvvisamente nell'oscu- rità.

- Accendino - disse il ragazzo di Kilmore Cove. - Mio padre diceva che è sempre meglio averne uno con sé. Si liberò lentamente dalla presa di Julia e disse: -Vado a chiudere la finestra di sopra.

- NO! - strillò Julia. - Perché no? - Stai ... stai qui - gli ordinò lei. - Stiamo tutti

fermi finché non torna la luce.. . - Che voi sappiate, non ci sono delle candele? O

delle torce elettriche? - domandò Rick. Spense l'accendino. - Che succede? - si allarmò Jason. - Mi stavo bruciando le dita - spiegò Rick. Poi lo riaccese.

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h SORTE &-------

- Mi pare che in cucina ci siano delle candele. Le ho viste sopra una trave - mormorò Julia.

- Ok, allora vado a.. . - NO! - strillò di nuovo lei, afferrandolo per un

braccio. Decisero che sarebbero andati a recuperare le can-

dele tutti insieme. Rick fece da guida, accendendo l'accendino con rapidi colpi successivi, sufficienti a orizzontarsi fuori dalla stanza di pietra e nei salotti.

Quando entrarono in cucina tornò la luce. Villa Argo tornò illuminata in ogni suo angolo, ma

era una luce ballerina, pronta ad abbandonarli di nuovo. Si procurarono tre candele, salirono le scale fin sulla torretta e chiusero per la terza volta, in quel- la giornata, la finestra sbilenca.

Scendendo al piano di sotto, Rick osservò, quasi soprappensiero: -Avete notato quante sono le finestre della torretta?

- NO, quante? - Una per lato. Quattro. E aggiunse: - Se con quattro una apri per sorte.. .

potrebbe riferirsi alle finestre. Jason ci pensò su qualche istante, poi scrollò il

capo. - No. Non credo. Quattro si riferisce alle chia- vi. Mentre una... una è...

- La sorte - terminò Julia, al posto suo.

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Lasciarono accesa soltanto la luce della stanza di pietra e si rifugiarono lì. Jason continuava a lanciare occhiate fuori dalla finestra.

Rassicurati dall'essere vicini, i tre ragazzi comincia- rono a esaminare con attenzione le quattro serrature che si trovavano sulla porta.

Erano quattro fori circolari, identici l'uno all'altro, disposti in questo modo:

e

Non c'era niente che potesse suggerire come utiliz- zare le chiavi in loro possesso.

- Io dico di provare a caso.. . - disse Julia dopo un po' che ci pensavano.

Rick scosse il capo: - Non si può fare a caso. Ci deve essere un ordine. Uno schema. Coccodrillo, por- cospino, rana e picchio.. . che relazione c'è tra questi animali?

- Nessuna: il messaggio dice per sorte.. . - gli ricor- dò Jason.

- Ho capito cosa dice il messaggio, - replicò Rick, spazientito - ma almeno noi dobbiamo avere un nostro schema!

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~-b h SORTE .&--p

- Proviamo le chiavi. Se girano, è giusto. Se non girano, è sbagliato. Cosa ne dite come schema?

- E se invece rompiamo qualche meccanismo? - ribatté Rick. - Magari c'è una sola possibilità di arri- vare.. . al tesoro.

- Proviamo con il coccodrillo in alto - disse Jason. - Perché? - "C" ... coccodrillo. È il primo animale in ordine

alfabetico. - E la "P" di picchio dove la mettiamo, poi? Nella

serratura a destra o in quella a sinistra? - gli doman- dò Rick.

Jason non seppe cosa rispondere. - Se poi vogliamo dare i nomi giusti.. . dal muso si

capisce che questo è più un alligatore che un cocco- drillo.

- Non sapevo che fossi un esperto di animali.. . - lo ammirò Julia.

- E gli altri, allora? Questo che picchio è? - Un picchio comune - rispose Rick. - Picchio e

basta. Jason gli porse la chiave con il porcospino. - Questo invece è più un istrice che un porcospi-

no.. . I1 porcospino è grosso.. . Istrice, senza dubbio. Rimaneva solo la chiave della rana. Che non era un

rospo e nemmeno una raganella. Era una rana rana.

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- Dunque.. . se l'istrice mangia la rana.. . - azzardò Julia.

- La rana non mangia il picchio. - L'alligatore invece li mangia tutti, anche se con

l'istrice deve fare molta attenzione! Visto che non riuscirono a piazzare gli animali

secondo la catena alimentare, presero in esame le zone geografiche in cui vivevano, considerando la ser- ratura in alto come il Nord e quella in basso come il Sud.

- Gli istrici sono soprattutto americani. Ovest. Ser- ratura a sinistra.

- Ma le rane vivono un po' dappertutto! - piagnu- colò Julia.

Passarono alle dimensioni, poi ai colori. Ma per quanto si sforzassero, non riuscirono a trovare nessun nesso logico tra le quattro chiavi.

Alla fine Julia si spazientì di quegli inutili tentativi a tavolino. Afferrò la chiave con l'alligatore e la infilò di scatto nella serratura in alto della porta.

Poi la girò e... clack. - Ha girato! - esultò la ragazza.

Jason e Rick le corsero accanto con le altre chiavi. - Come hai fatto? - le domandò Jason. - Presa, infilata, girata. Dammi le altre.

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--L LA SORTE ,&p

- Quale vuoi? - Rana - decise Julia. La prese, la inserì nella serratura a sinistra di quel-

la che aveva appena fatto scattare e girò. Clack. - Istrice! - ordinò Julia. Clack. - E per ultimo.. . picchio! Julia prese l'ultima chiave e la infilò nella serratura

alla base della croce. Anche questa volta la chiave entrò e girò con facilità.

Clack.

- Fatto - disse Julia, guardando la porta. - Fatto cosa? - la apostrofò Jason. - Ho fatto scattare tutte le serrature. Rick appoggiò una mano alla porta e diede una

leggera spinta. Poi afferrò una delle chiavi e diede una leggera tirata.

- Direi che la porta è più chiusa di prima. Julia si sentì invadere da un'ondata di delusione.

Fece fare un secondo e un terzo giro alla chiave con il picchio.

Clack clack. - Girano a vuoto.. . - osservò. Le fecero girare tutte quattro volte.

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Poi altre due. La porta rimase chiusa. Rick sorrise: -Visto? Ci vuole una regola per apri-

re questa porta. - Apriti! Apriti! - gridò Jason, picchiando i pugni

sul legno. I suoi colpi rimbombarono minacciosi. - Avete sentito? - sussurrò poi, rimanendo appoggia- to alla porta. - È vuoto, qui dietro.. .

Mentre Jason e Julia spostavano le chiavi nelle varie serrature facendole girare a vuoto, Rick prese la tra- duzione della pergamena e cominciò a studiarla riga per riga.

Di quattro tre indica il motto... Quale motto? Di quattro due andranno alla morte.. . Quali di quegli ani- mali andavano alla morte? E quale, invece, portava di sotto?

Mentre Rick si scervellava, Jason provò a usare una sola chiave in tutte e quattro le serrature: la infilava, faceva scattare il meccanismo, la tirava fuori e la infi- lava nella serratura successiva.

Nella scelta delle serrature provò in senso orario, in senso antiorario, prima sopra e sotto poi a destra e a sinistra.. .

Ma nonostante mille tentativi, la porta rimase ermeticamente chiusa.

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LA SORTE 4--

Quando si stufarono, Jason e Julia si sedettero accanto a Rick.

Ormai Julia era convinta che quelle quattro chiavi, in realtà, non servissero ad aprire la porta. - Forse ci serve anche una formula magica.. . come Apriti Sesamo!

- O come Dite amici ed entrate.. . - aggiunse Jason, pensando al Signore degli Anelli.

- Che cos'hai detto? - saltò su Rick, facendoli sus- sultare.

- Dite amici ed entrate! - ribatté Jason. - La frase elfica che Gandalf legge sul portale di Moria.. .

- No, non tu. Julia ... hai detto ... formula magica? - Ho detto Apriti Sesamo! - Apriti Sesamo.. . -. Rick rilesse la prima riga della

traduzione ad alta voce, poi esclamò: - Possibile? - Possibile cosa? Rick, agitato come non mai, dispose le chiavi una

accanto all'altra: - "P" di Picchio ... "A" di alligato- re... " R di rana... e. .. e...

- "I" di istrice - disse Julia. Poi guardò Jason. - E con questo?

- P... A... R... I... - mormorò lui. - No! Non "pari"! Rick saltò in piedi, prese la chiave dell'alligatore e

la infilò nella serratura in alto. Clack.

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- Certo.. . vanno messe come le lancette dell'orolo- gio.. . - mormorò.

Poi mise a destra il picchio, a sinistra l'istrice. Clack clack. - Non "pari", Jason! C7è scritto nel messaggio: con

quattro. .. per sorte.. . APRI. Infilò la chiave con la rana nella serratura in basso,

poi osservò il risultato che pensava di aver ottenuto.

Girò la chiave. Clack, fece la serratura. E la porta si socchiuse.

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ick fece alcuni passi indietro, poi crollò a terra sopraffatto dall'emozione. - Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta! L'hai aperta! -

gli gridarono Jason e Julia. Con il cuore in gola, si avvicinarono alla porta. Era

massiccia e pesante, inchiavardata in uno stipite ro- busto.

Al di là, si intravedeva una stanza debolmente illu- minata dalla luce elettrica di Villa Argo.

- Che facciamo? - domandò Julia, scrutando affa- scinata.

Jason deglutì. I1 temporale borbottò fuori dalle finestre. - Andiamo.. . - disse.

Rick, ancora a terra, guardava la porta socchiusa, incredulo di essere davvero riuscito ad aprirla. Veden- do Jason fare un passo verso la stanza al di là della porta, lo bloccò.

- Non possiamo andare così.. . - gli disse. - Pensia- mo prima alle cose che ci possono servire. Candele. Le due pergamene. Il vocabolario.

- Ma a cosa ci può servire il vocabolario, scusa? - obiettò Julia.

Rick andò a prendere il I/ocabolario dei linguaggi dimenticati.

- Ci potrebbero essere altri messaggi da tradurre. Jason prese la scatola piena di palline di creta e il

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.-L DOVE TUTTO INIZIA E FINISCE 4-

diario egiziano in cui avevano trovato la ricevuta postale.

Rick controllò che il suo accendino funzionasse, corse in cucina a prendere un coltello e infine disse: - Ci manca solo una corda. Sapete dove possiamo trovarne una?

- Uff, quante scene! - sbottò Julia. - Nemmeno dovessimo partire per 1'Amazzonia. Diamo solo un'occhiata, dai!

E superò la soglia.

Jason la seguì. I due gemelli vennero lentamente inghiottiti dal-

l'oscurità della stanza. - Rick! Portaci l'accendino! - esclamò Julia. - Non

riusciamo a vedere niente! - Arrivo! Voi state attenti: potrebbe esserci un

pozzo o qualsiasi altra cosa, là dentro. Improvvisamente consapevoli di quella possibilità,

i due gemelli si paralizzarono come lucertole. - R-Riiick.. . - cominciò a balbettare Jason. - P-p-

puoi venire C-C-con l'acc-C-C-endino.. .? Rick rinunciò definitivamente a cercare la corda.

Recuperò le quattro chiavi e accese una delle candele. Si trovavano in una stanza circolare, piuttosto pic-

cola, interamente costruita di pietra. Aveva quattro

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uscite, compresa quella da cui erano appena entrati. I1 pavimento era formato da blocchi squadrati dispo- sti gli uni accanto agli altri. Sembrava di trovarsi all'interno di una torre medievale.

Rick usò la fiamma della sua candela per accende- re quelle di Julia e di Jason. Poi, servendosi anche del cono di luce elettrica che proveniva dalle loro spalle, cominciarono a perlustrare.

- Quattro uscite.. . - disse Rick. - Come c'è scritto nel messaggio.

- Tre indica il motto. . . - Una sola conduce di sotto.. . - E due conducono alla morte.. . Le porte d'uscita della stanza erano semplici aper-

ture buie riquadrate da tre massicci pietroni disposti a forma di "Un rovesciata.

- Ahi! - gridò Jason, che si era scottato con la cera calda della candela.

Sul pietrone che sovrastava ognuna delle uscite, erano state scolpite alcune figure stilizzate.

- Oh, no.. . - gemette Julia, quando le vide. - Altri animali!

In alto, sull'apertura che le stava davanti, era raffi- gurata una mandria di tori in corsa.

- Qui ci sono dei bisonti o dei tori, non so.. . come quelli disegnati dagli uomini primitivi - disse.

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-,-& DOVE TUTTO INIZIA E FINISCE &---

- Io invece ho dei pesci.. . un branco di pesciolini - disse Jason.

- Farfalle.. . - disse Rick. - Anzi: sfingi. - Sfingi? - Le farfalle che si svegliano al tramonto. Com'è

che le chiamate voi? Falene? Quelle nere, pelose.. . Julia fece una smorfia di disgusto e andò a guarda-

re che cosa c'era scolpito sopra l'ultima porta, quella da cui erano entrati.

- Questa è la porta degli uccelli.. . - disse sollevan- do e abbassando la candela.

- Quali uccelli? Rick la raggiunse e guardò con lei la pietra lavora-

ta dell'architrave. - Albatros. Albatros urlatori. Accorgendosi che i gemelli lo fissavano con gli

occhi sgranati, Rick aggiunse: - Gli albatros sono gli uccelli dei marinai. Sono uccelli migratori. Li chiama- no così, perché quando fanno il loro verso nel cielo sembra che stiano urlando.

- Che allegria.. . Fuori dalla stanza, giunse loro il rimbombo di un

tuono. La luce elettrica divilla Argo si fece tenue, tre- molò e infine si spense.

- Ecco, perfetto. - Siamo al buio.

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Istintivamente, Rick, Jason e Julia protessero le fiamme delle loro candele e si strinsero uno all'altro nell'oscurità.

Fu Jason a scoprire le lettere. La luce elettrica di Villa Argo non era ancora tor-

nata, e nella stanza di pietra c'era una fastidiosa cor- rente d'aria che faceva inclinare pericolosamente la fiamma delle candele, costringendo i ragazzi a muo- versi molto lentamente. Aggirandosi tra le quattro uscite, Jason si accorse che lungo tutta la circonferen- za della stanza correva una sequenza di lettere incise sul pavimento.

- Ho trovato il motto! - esultò. -Venite a vedere! Julia e Rick lo raggiunsero. Jason si era chinato per

terra e sfiorava le lettere scolpite nella pietra. Le lette- re, distanziate regolarmente una dall'altra, formavano un'unica, lunghissima, frase.

- O... M.. . E. .. M.. . O.. . T. .. - cominciò a leggere Jason, contento di riuscirci. Per fortuna erano lettere normali. - Qui non ci serve nessun vocabolario.. . - disse.

Ma si sbagliava. Fece un giro della stanza senza aver capito nulla di

quello che stava leggendo. I1 messaggio copriva uni- formemente l'intera circonferenza del pavimento, ma

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non sembrava avere né un inizio, né una fine. Era solo un'incomprensibile sequenza di lettere.

- Non significa niente! - si lamentò. Anche Julia provò a leggere qualcosa, senza succes-

so. Rick, invece, cominciò a sorridere. - I1 motto è solo un'altra prova ... - disse. - Un

messaggio segreto da decifrare. Come quello delle quattro chiavi. Come quello dei geroglifici.

- . . . ABIUSROMEMOT! - esclamò Jason con rab- bia, continuando a leggere.

Guardando il fratello, anche Julia si lasciò scappa- re un sorriso.

- Non è fantastico? Siamo al buio, in una stanza segreta di una casa costruita in cima a una scogliera, durante un temporale e con un messaggio segreto da decifrare! Chi è che aveva paura che a Kilmore Cove ci si potesse annoiare?

Rick si sedette nel centro della stanza, fece colare un po' di cera per terra e ci appiccicò sopra la cande- la. Poi prese il foglio su cui avevano tradotto gli altri due messaggi, l'unica penna che scrivesse, e chiese a Jason di dettargli le lettere incise sul pavimento.

- Julia, tu stai ferma lì, così Jason capisce quando ha fatto un giro completo.

- Io non voglio morire.. . - disse Julia. - E non morirai - rispose Rick. - La porta da cui

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siamo entrati è sempre lì, ed è ancora aperta: non dobbiamo proseguire per forza.

- Sei.. . sei sicuro? - Certo: possiamo sempre tornare indietro. - M.. . O.. . R.. . S.. . U.. . - iniziò a dettare Jason. Rick fece fare a Jason due giri, in modo da essere

sicuro di aver scritto bene. Alla fine il messaggio diceva:

MORSUIBAABIUSROMEMOTEPSEESPETOME

- Bene ... - sussurrò. - È incomprensibile. - Fa' vedere -. Jason si sedette accanto a lui. Lesse

le lettere e poi osservò che, a un certo punto, c'erano due "A" una vicina all'altra.

- Prova a separarle. Rick ubbidì, tracciando una riga tra le due "A".

MORSUIBA IABIUSROMEMOTEPSEESPETOME

Lesse: - MORSUIBA ... Mi ricorda qualcosa ... - commentò poi.

- Stai scherzando, vero? - No ... Questa parola ... MORSUIBA ... l'ho vista

da qualche parte sul Vocabolario. Jason saltò su, elettrizzato: - Dici davvero?

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--L DOVE TUTTO INIZIA E FINISCE IrR;---.

- Può darsi. Proviamo a dare un'occhiata. Rick si inginocchiò con il Vocabolario tra le

gambe, cominciando a sfogliare le pagine dei lin- guaggi più vecchi. I due fratelli, affascinati dall'idea di antichità che li circondava, lo guardavano con il cuore in gola.

- Ci siamo! - tuonò Rick, indicando un capitolo del Vocabolario intitolato Il linguaggio del Popolo della Luna. - Guardate qui! La parola suiba vuol dire "rapi- damente".

Forse avevano individuato una parola all'interno di quel messaggio.

- Proviamo a tradurre il resto - propose Rick. - Ehi! - esclamò allora Jason. - Si può leggere da

tutte e due le parti ... Guardate! E uguale! Partendo dalle due "A" e leggendo le lettere sulla

destra, infatti, c'era scritto ABIUSROME. E lo stesso si leggeva da destra verso sinistra. Ma non solo: una volta arrivati alla fine di quella frase, a destra o a sini- stra, si poteva continuare a leggerla ripartendo dall'al- tra estremità, come un anello.

Era una frase circolare, che poteva essere letta in tutte e due le direzioni, senza inizio e senza fine. Una frase magica.

Una frase che, almeno fino a quel momento, non significava assolutamente nulla.

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I ragazzi si immersero così nella traduzione dalla lingua del Popolo della Luna, popolo che peraltro non avevano mai sentito nominare sui libri di scuola. Per loro fortuna, il Vacabolario dei linguaggi dimentica- ti sembrava fatto apposta per aiutare il loro lavoro. Servendosi delle informazioni del libro, riuscirono a individuare e a separare le varie parole che compone- vano la frase circolare.

Sistemato e diviso in parole, il motto suonava così:

ES PET OMEMOR SUIBA ABIUS ROMEMOT EPSE

A quel punto, il Vocabolario dei linguaggi dimentica- ti fece miracoli: in meno di un quarto d'ora, tutte le parole vennero trasformate nel loro equivalente dei giorni nostri.

Vale a dire:

DI NOTTE CI MUOVIAMO RAPIDAMENTE TEMENDO IL FUOCO ARDENTE

Terminata la traduzione, Rick chiuse il vocabola- rio. I ragazzi rimasero in silenzio per un po', rifletten- do sul senso di quella frase, poi Julia domandò: - Allora? -. Si sentiva la testa pesante: lei aveva sem-

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--&,, DOVE TUTTO INIZIA E FINISCE &p-

pre preferito l'azione alla meditazione, fare le cose piuttosto che pensarci troppo su. Quella lunga se- quenza di enigmi la stava distruggendo. Al tempo stesso, era stupita dell'abilità di Rick e orgogliosa delle intuizioni imprevedibili di suo fratello.

Jason scosse la testa. Rick, invece, disse: - Ho capito qual è la porta che

conduce di sotto.

I gemelli lo seguirono. Rick si awicinò alla porta da cui erano entrati nella

stanza: la porta su cui erano scolpiti gli albatros. - Come vi ho già detto, questi sono uccelli migra-

tori: di notte riposano sulle onde, sugli scogli o sui pennoni delle barche. Quindi non si muovono di notte.

Poi passò alla porta dei pesci. - Questi nuotano sott'acqua. Difficile che.. . temano

il fuoco. Davanti alla porta con la mandria di tori disse:

- Questi animali, invece, possono muoversi di notte e possono avere paura del fuoco ardente. I cacciatori dell'antichità usavano proprio il fuoco per cacciarli e per cucinarli.. . Ma non credo che il motto si riferisca a loro. Non penso che di notte siano ... particolar- mente rapidi.

Rick si awicinò all'ultima uscita, aperta su un'im-

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penetrabile oscurità. Sollevò la candela per illumina- re i profili delle tre farfalle notturne che erano state scolpite sulla pietra.

- I1 motto indica le falene. Si muovono rapide solo di notte e hanno paura delle fiamme ardenti, perché il fuoco le attira ... e le brucia.

Inciso sopra il dorso di una delle farfalle notturne, ora, Julia distinse chiaramente quello che sembrava il profilo di un teschio. - Ma.. . se questa è la porta giu- sta.. . - fece notare - perché su quella farfalla c'è scol- pito un teschio? I1 teschio è come dire morte.. .

Rick scosse il capo. - Non è un teschio. È una mac- chia della corazza, che può sembrare un teschio, ma è solo un'illusione ottica.

- In ogni caso Rick ha ragione ... - decise Jason, spostando in avanti la candela per cercare di distin- guere qualcosa oltre l'apertura. - I1 messaggio dice che di quattro tre indica il motto: e le farfalle disegnate qua sopra sono tre. Dobbiamo proseguire da questa parte.

- Non è detto che dobbiamo farlo adesso.. . - disse Rick.

- Certo che è detto - ribatté Jason. - Non siamo qui per caso. Siamo qui per arrivare fino in fondo.

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1 di la della soglia, c'era una scala. Jason abbassò la luce della candela per distinguere meglio la ripida processione di gradini che

sprofondava verso il basso. - È giusto di qui! - esclamò, raggiante. - C'è una

scala che scende, come dice il messaggio! Che cosa aspettate?

Titubanti, Rick e Julia lo seguirono. I gradini della scala erano tagliati nella roccia viva,

così come le pareti che li circondavano. Più scendeva- no, più cominciavano a sentire un pungente odore marino, portato da spifferi di aria gelida. La salsedine ricopriva tutto di una patina umida e scintillante.

Jason scendeva per primo, cinque scalini più in basso degli altri. La sua candela mandava riflessi can- gianti sulle pareti irregolari della scala.

I1 buio si fece via via più pesante e le luci dei tre ragazzi sembrarono sempre più minute.

- Jason.. . - piagnucolò Julia, quando si accorse che la scala proseguiva e che gli spifferi d'aria diventavano sempre più insistenti. - Perché non torniamo indietro?

Ma Jason, se la udì, non reagì. Anzi, esclamò: -Venite! Venite a vedere! Julia afferrò il braccio di Rick e proseguì attaccata

a lui. Poi la scala finì. Il soffitto era poco più alto di loro e scendeva ulteriormente.

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-.-L h SCALA BUIA a---

Qualche metro più avanti, Jason si era chinato per spostare alcune pietre che ostruivano il passaggio. Le pietre lasciavano trapelare fiotti di corrente gelata, che risaliva vorticosamente lungo la scala.

- Jason.. . - mugolò Julia. Suo fratello le fece segno di tacere. Mosse l'ultima

pietra e sollevò un dito verso l'alto, invitandoli ad ascoltare.

Ora sentivano, lontano, profondo eppure inconfon- dibile, il rumore del mare.

- LA grotta.. . - sussurrò Jason. - È vicina, ormai.. . Sembra qui dietro.. .

- E se invece avessimo scelto la porta sbagliata? - si domandò Julia. LA sola idea di proseguire nel buio in quel passaggio così angusto la faceva rabbrividire di paura.

Ma Jason non le diede il tempo di dire altro. Si mise a quattro zampe e usò la candela per illuminare il passaggio che aveva appena liberato dalle pietre.

Senza pensarci troppo, strisciò nell'apertura.

Rick e Julia lo sentirono ansimare. Poi, alcuni istanti dopo, Jason esclamò: - Fatto! Sono di nuovo in piedi, ragazzi, venite!

- Che cosa vedi? - gli domandò Rick, facendo cenno a Julia di andare per prima.

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- Qui il corridoio è più alto e prosegue come prima! Poi direi che.. . svolta verso sinistra.. . - rispose Jason.

Julia si chinò per terra. La roccia era fredda e bagnata sotto le dita. Chiuse gli occhi e si intrufolò nell'apertura in cui, poco prima, era sparito Jason. Per una volta suo fratello era stato di parola: fece solo pochi metri, poi poté nuovamente mettersi in piedi. Si voltò a guardare il buco da dove era uscita, doman- dandosi per quale ragione il passaggio doveva essere così stretto. Se loro tre non fossero stati così magri, difficilmente sarebbero riusciti a strisciare lì sotto.

Al di là della strettoia, comunque, le cose andava- no solo parzialmente meglio. Per il momento Julia non provava più quella terribile sensazione di soffoca- mento, perché faceva più freddo. Ma la corrente d'aria che risaliva verso l'alto faceva pericolosamente oscillare le fiamme delle candele.

La ragazza si levò dagli occhi e dalla fronte i capel- li appiccicati da un sudore gelido e cercò di distingue- re qualcosa. Poco dopo anche Rick emerse dal pas- saggio, sbuffando e spingendo davanti a sé il T6cabolario dei linguaggi dimenticati, da cui non voleva separarsi.

- Avremmo dovuto procurarci delle torce elettri- che.. . - osservò, proteggendo la fiamma della cande- la con le mani.

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---L L A SCALA BUIA &P-.-

Jason, raggiante, fece strada nel corridoio. Julia camminava dietro di lui, tenendogli una mano sulla spalla. Rick chiudeva la fila.

Come aveva detto Jason, pochi metri davanti alla strettoia, il corridoio svoltò. All'improwiso i ragazzi ricevettero una specie di frustata d'aria che fece spe- gnere le loro candele e li lasciò al buio. Julia gridò e strattonò Jason verso di sé.

L'aria gelida sparì sibilando tra le rocce, salì lungo la scala e raggiunse la stanza circolare da cui erano partiti. Si udì un suono lontano, secco e deciso.

- Oh, no! - esclamò Rick, voltandosi nel buio. - C... cosa c'è, Rick? - lo chiamò Julia. - Jason?

Jason.. . ci sei? - Ci sono! - esclamò suo fratello, davanti a lei.

- Che cos'è successo? - Credo che.. . la corrente.. . abbia chiuso la porta! -

disse Rick. - Quale porta? - domandò Julia, spaventata. - L'unica porta che si poteva chiudere: quella da

cui siamo entrati. Non hai sentito il colpo? Qualcosa di viscido sfiorò il braccio di Julia, e lei

urlò all'istante. - Sono io! - disse Jason. - Stiamo calmi, ok? Non

è successo niente. Rick, dobbiamo accendere di nuovo le candele.. .

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A tentoni nel buio si misero uno accanto all'altro. Rick tirò fuori l'accendino e provò a ravvivare gli stoppini, ma non appena riusciva a far scaturire una minuscola fiammella dalla pietra focaia, l'aria fredda del corridoio la spegneva immediatamente.

- Con questa corrente è impossibile! - si lamentò, dopo parecchi e inutili tentativi.

I tre provarono a fare scudo con i loro corpi, ma l'ac- cendino non produceva altro che pallide scintille. Si dovettero rassegnare a usarlo come luce intermittente.

- Torniamo indietro! - insistette Julia, ormai con- vinta che proseguire in quella specie di cunicolo senza fondo fosse una follia.

- Indietro dove? - le rispose Jason. - Non hai sen- tito Rick? La porta di Villa Argo si è chiusa!

- Basta aprirla di nuovo! Abbiamo le chiavi, no? Rick le ha prese.

- C'erano le serrature anche all'interno della porta? - Certo che c'erano.. . - rispose Julia. Poi ci pensò

su. Non era affatto sicura che ci fossero le serrature anche all'interno. - Qualcuno di voi ci ha fatto caso?

Ci fu un lungo momento di silenzio, rotto solo dal sibilare dell'aria e dal cupo rifrangersi del mare. - Io no. - Io nemmeno. - Rick?

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----L LA SCALA BUIA

Neanche il puntuale e preciso Rick, questa volta, aveva una risposta sicura. - Aspettatemi qui. Torno indietro a vedere. - NO! - gridò Julia. - Stiamo tutti qui! - Qui dove? I1 corridoio va avanti? I ragazzi cominciarono a esplorare lentamente

l'ambiente in cui si erano fermati, sfi-uttando le scin- tille dell'accendino.

- Quando abbiamo svoltato, si è formata una cor- rente improwisa.. . come se rimuovendo quelle pietre avessimo creato una specie di camino con Villa Argo, che ha fatto chiudere la porta.. .

- Però non si è formato appena Jason ha spostato le pietre. Si è formato solo quando siamo arrivati qui. L'aria arriva da molto vicino.. . ma da dove?

- Oh, no! - gemette Jason quando lo scoprì. - Non possiamo nemmeno andare avanti, ragazzi.. .

- Come sarebbe a dire che non possiamo.. . anda- re avanti? - domandò Julia.

- Che il cunicolo finisce nel vuoto - osservò Jason. - C'è una specie di pozzo, qui, da cui arriva aria gelata.

Pochi passi davanti a loro, il pavimento del cunico- lo scompariva improwisamente: là dove avrebbe dovu- to esserci solida roccia, c'era solo una voragine nera.

- Possibile che fosse.. . una trappola? - domandò Julia.

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- In che senso? - La corrente d'aria che spegne le candele e ci

chiude qui dentro.. . così noi, al buio, precipitiamo nel vuoto. Di quattro due andranno alla morte...

- Io e te, Julia.. . - disse Jason. - Se tu non avessi gridato e non mi avessi strattonato, sarei precipitato nel vuoto. Ci è.. . ci è mancato pochissimo.

Rick scuoteva il capo. - Ci dev'essere una spiega- zione logica. Una spiegazione logica. L'aria non è arrivata da sotto. È stata.. . risucchiata. Da sopra.

- La finestra! - esclamò allora Jason. - Potrebbe essersi aperta di nuovo la finestra in cima alle scale.. .

Rick annuì. - Sì. La finestra ha fatto corrente con la stanza cir-

colare, con la scala.. . tu hai riaperto il passaggio e adesso ... noi ci troviamo chiusi davanti a questo buco!

- Dovevamo sprangarla, quella finestra! - interven- ne Julia. - E comprarci almeno una torcia elettrica.. .

Jason era assorto nei suoi pensieri. Quando parlò, lo fece come se in realtà stesse ancora pensando: - Se- condo voi.. . se superassimo questo buco nel pavi- mento.. . potremmo accendere di nuovo le candele?

- E come lo superiamo? - domandò Julia. - Non sappiamo quanto è profondo, o largo.. . e non abbia- mo niente da accendere, a meno che non diamo

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--:-L LA SCALA BUIA d---

fuoco al Lbcabolario delle scemenze dimenticate, ovvia- mente!

- Io ve l'avevo detto di portarci una corda.. . - bor- bottò Rick.

Julia decise che era ora di farsi valere. - L'unica cosa che possiamo fare è tornare indietro. Una volta su, guardiamo se la porta si può aprire dall'interno. Altrimenti gridiamo fino a quando Nestor non ci viene ad aprire.

- E se non ci sente? -Allora esploriamo le altre due aperture della stan-

za circolare.. . - Sul messaggio c'era scritto che le altre due usci-

te conducono alla morte.. . Nell'oscurità sotterranea, la risata isterica di Julia

stridette come un gesso sulla lavagna. - E tu questa come la chiami, Rck? Siamo a un passo dal baratro, senza luce, costretti a muoverci a tentoni e a toccarci con le mani per assicurarci di esserci ancora tutti.. .

Julia mosse le mani per rafforzare il concetto e... colpì il vuoto là dove invece avrebbe dovuto incontra- re il braccio di suo fratello. - Jason? Dove sei finito? - domandò.

Era sparito.

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n realtà Jason era a pochi passi da lei. Ma era come se fosse stato a mille anni luce di distanza. Sentiva in lontananza la discussione tra sua

sorella e Rick, e non era d'accordo. Jason era sicuro di aver imboccato la strada giusta. Non ne aveva dubita- to neppure quando era strisciato nella strettoia, e nemmeno adesso che il pavimento era finito.

Strisciando i piedi per terra, Jason aveva raggiunto il ciglio del baratro. La punta delle sue scarpe era pro- tesa nel vuoto e quella sensazione gli dava le vertigi- ni. L'aria fredda che proveniva dal basso scivolava sulla sua pelle come una gelida carezza, profumata di mare.

Baratro.. . Jason pensò a quella parola spaventosa, che descriveva una voragine senza fondo, oscura e gigantesca. Un precipizio infinito.

In realtà, non era sicuro che fosse dawero così. Avevano perduto la loro unica luce prima ancora di accorgersi di quanto c'era davanti a loro.

Se solo non si fosse formata quella corrente d'aria, se solo avessero avuto una luce diversa da quella delle candele.. .

Una luce diversa. Forse, ce l'avevano. La mano di Jason si strinse sulla scatola di legno

che portava in tasca. La scatola piena di palline di terra-luce.

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--------L IL PICCOLO CAPITANO ,&-- --

Nel buio della grotta, puoi usare la terra-luce per illu- minare la jlotta.. .

La scatola scivolò lentamente fuori dai suoi panta- loni. Jason la apri. Alcune palline di creta caddero nella sua mano e poi caddero nel vuoto.

Una, due, tre.. . Le palline rimbalzarono contro qualcosa, si ruppe-

ro, e i frammenti continuarono a cadere. Precipitarono. Jason sentì la voce di Julia che lo chiamava dietro di

lui. Ma in realtà ascoltava solo il rumore delle palline. Rimbalzavano contro qualcosa. Rimbalzavano. Jason ne gettò un'altra davanti a sé. Un attimo di vuoto, tock tock tock.. . e poi il silenzio. Non poteva essere un baratro. Le palline di terra

rimbalzavano contro le pietre della parete opposta, che non sembrava poi così distante da dove si trovava lui.

Fece un lancio un poco più lungo. Un attimo di vuoto, tock tock tock.. . e poi il silenzio. Un terzo lancio, ancora un po' più lungo. Tock. La pallina di creta si era fermata senza cadere. Si

era fermata dall'altra parte. Quindi non era un baratro: era solo un buco. Un

buco che tagliava in due il corridoio, ma che non poteva essere più largo.. . di quanto? Un metro?

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Forse meno. Per un istante, Jason credette di vedere una minu-

scola luce, un puntino flebile che lampeggiò nel punto in cui aveva lanciato la pallina di creta.

Un segnale di luce, che si accese e si spense in un attimo.

({Come è possibile?)) si domandò. - Jason! Jason! - gridò Julia, dietro di lui. Anni luce dietro di lui. Jason espirò tutto il fiato che aveva in corpo. Svuo-

tato, lasciò cadere nel vuoto la scatola di palline di creta.

E saltò.

Fu un salto nel vuoto, nel nulla, nel mistero. Uno strappo.

I1 suo corpo salì nell'oscurità del corridoio, mentre, sotto di lui, centinaia di palline di terra-luce precipi- tavano verso il basso, inghiottite dal buio.

Jason saltò perché era sicuro che quella fosse la cosa giusta da fare: perché quello che avevano imboc- cato era l'unico passaggio che portava verso il basso; perché era quello che portava di sotto. Saltò perché a volte, si disse, bisogna trovare il coraggio di saltare e basta: senza nessun'altra sicurezza se non quella che stai facendo la cosa giusta.

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-,-h IL PICCOLO CAPITANO 4--

Saltò perché aveva dentro di sé coraggio, determi- nazione e una certa dose di follia.

Non si può scegliere di essere eroi. Lo si è, e basta. Ebbene, Jason terminò il suo salto nel modo più

inaspettato. Sulla solida pietra. Era arrivato dall'altra parte. E finalmente, come se fossero passati cento anni,

respirò.

Rick e Julia avevano sentito i minuscoli colpi delle palline di terra che cadevano nel vuoto ma, al buio, non riuscivano a capire che cosa stesse succedendo.

Per loro fu una sorpresa sentire, d'improwiso, la risata di Jason.

- Ragazzi! È... è piccolo! - esclamò. - E . . . è il più piccolo baratro che sia mai esistito!

- Jason? - L'ho saltato! Ed è.. . è una sciocchezza! Non è

largo nemmeno un metro! Vi basta arrivare sul bordo e.. . allungare la gamba! Rick? Julia? Mi avete sentito?

- Come sarebbe a dire che hai saltato? - strillò Julia.

- Prima di farlo ho usato le palline di terra della scatola. Le ho gettate nel vuoto per sentire se rimbal- zavano e. .. ho visto che rimbalzavano anche troppo.

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Allora ho capito che il diametro del buco doveva esse- re piccolo. E così.. .

- Sei un incosciente! Jason non le rispose. Non era facile spiegare la sen-

sazione di estraniamento che aveva provato poco prima del salto. E nemmeno il motivo per cui avesse lasciato cadere nel vuoto la scatola con le palline di creta.

- L'ho fatto e basta. Scusatemi. - Scusarti? Io.. . Io.. . Non appena tornerà mam-

ma, io ... Rick cercò di placare Julia, poi raggiunse il ciglio

dell'apertura e domandò a Jason se dall'altra parte ci fosse la stessa corrente d'aria che c'era dove si trova- vano loro.

- No. Mi pare che ce ne sia meno - rispose Jason. - Perfetto. Poi, stando molto attento, Rick saltò accanto a

Jason e, dopo un paio di tentativi, riuscì ad accendere nuovamente le candele. Tanto bastò a riguardarsi tutti in faccia: Jason e Rick da una parte, Julia dall'altra.

- Guarda! - esclamò Jason, indicando ai loro piedi. In effetti, il "baratro" era largo poco più di un tom-

bino: si vedevano ancora, nella roccia, i segni di alcu- ni vecchi cardini arrugginiti.

- Una volta qui doveva esserci una copertura ... una grata.. . - disse Rick.

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- - IL PICCOLO CAPITANO 4--

Jason tese una mano a Julia. Lei, ignorando l'offer- ta, scavalcò l'apertura senza guardare in basso.

- Allora andiamo - disse, facendosi dare una can- dela e precedendo tutti. - Andiamo pure avanti.

Proseguivano senza parlare da un paio di minuti, quando il corridoio si interruppe bruscamente.

- Alt di nuovo! - sbottò Julia, seccata. Jason e Rick la raggiunsero in una stanza disadorna,

scavata nella roccia della scogliera e apparentemente priva di altre uscite. I1 pavimento della grotta era for- mato da pietre squadrate, simili a quelle della stanza circolare da cui erano partiti, ma molto più piccole. I1 soffitto era attraversato da uno spesso costolone di pie- tra, paragonabile a quello di una cattedrale gotica.

- Direi che qui finisce tutto ... - disse Julia, guar- dandosi intorno.

Come ormai si erano abituati a fare, i tre comincia- rono a perlustrare pareti, pavimento e soffitto della stanza, facendo ondeggiare ovunque le candele. Guardinghi, cercarono di cogliere ogni minimo detta- glio: chiunque avesse costruito quella stanza, poteva averlo fatto per metterli un'altra volta alla prova.

- Ah, no! - sbottò Julia, dopo una prima infruttuo- sa ricognizione della stanza. - Io adesso indietro non ci torno!

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Si piantò in mezzo alla stanza e la guardò meglio. - Non c'è nessuna uscita ... - mormorò Rick,

tastando le pareti leggermente ricurve. La pietra naturale dei muri si accostava al costolone di roccia del soffitto come il fasciame di una barca alla chiglia. Più pensava a quella rassomiglianza, più Rick aveva l'impressione di trovarsi all'interno dello scafo rove- sciato di una barca. Si ricordò le giornate in cui, sulla spiaggia, andava a nascondersi sotto alle barche tirate ad asciugare.

- Mi sembra di essere all'interno di una barca rove- sciata - disse, e mostrò ai due fratelli la "chiglia" del soffitto e la forma affusolata della stanza.

- E come si esce da una barca rovesciata? - gli domandò Jason.

- In due modi.. . - sorrise Rick - o di corsa, quan- do il proprietario se ne accorge, oppure.. . si solleva il bordo e si scivola sotto.. .

I ragazzi si avvicinarono ai margini della stanza, tastando centimetro per centimetro l'intersezione tra il pavimento e le pareti.

- Pietra ... pietra ... pietra ... Julia, nel centro della stanza, sollevò la sua candela.

- Una ... due ... tre ... quattro ... - cominciò a contare. Jason e Rick terminarono il giro della stanza, scon-

solati.

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-,-h IL PICCOLO CAPITANO ,&p,-

- Qui intorno c'è solo pietra: solida e impenetrabile. TLACK! fece qualcosa di pesante, scorrendo sulla

pietra. Jason e Rick si voltarono a guardare Julia, accuccia-

ta nel centro della stanza. Ai suoi piedi, qualcosa fece di nuovo TLACK! E poi ancora TU-TU-TU-TLACK! - Credo di aver trovato qualcosa ... - disse lei,

molto soddisfatta.

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estor si awicinò alla finestra della torretta e, con un movimento secco, la chiuse. - Prima o poi dovrò metterti a posto ... -

mormorò, guardandosi intorno. Non appena la chiuse, la corrente gelida che risali-

va dalla scala si interruppe bruscamente. Nestor lanciò una lunga occhiata alla flotta di

modellini posati accanto al tavolo e notò con piacere che il diario sotto l'Occhio di Nefertiti era scomparso.

Sorrise, poi uscì dalla camera e chiuse la porta a specchio.

Nell'oscurità della casa, vide nel riflesso un uomo, i cui lineamenti erano immersi nell'ombra. Ci fu un lungo momento di silenzio.

- I ragazzi sono scesi.. . - sussurrò Nestor. I1 temporale ruggì fuori dalla finestra. - Era quello che speravo - disse l'uomo. In effetti, ci aveva sperato. Ma aveva anche impara-

to che c'era sempre una grande differenza tra sperare e riuscire.

- La porta si è chiusa ... - Sarà stata una cosa prudente? Nestor si guardò intorno, a disagio, e fece per

allontanarsi. Resistette alla tentazione di correre giù dalle scale,

fissò dritto davanti a sé e disse: - Sono stati bravi.

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Bravi e fortunati, forse, ma soprattutto bravi. Merita- vano una possibilità di provare.

- Non avevano nessuna spiegazione, nessun consi- glio. Potrebbero essersi fatti male. Potrebbero farsene. Potrebbero non riuscire a scendere. Oppure potreb- bero riuscirci e.. . arrivare alla porta. E allora?

- Allora.. . non lo so. - La apriranno. Sarà un disastro. - Forse no. Sono ragazzi in gamba. Ho lasciato

loro.. . -. Nestor si corresse. - Ho lasciato a Jason una suggestione da seguire.

Ci fu un altro lungo silenzio. - È possibile che un ragazzo di undici anni si lasci

guidare da.. . una semplice suggestione? - Forse sì. Li ho scelti con cura. Dopo un attimo di esitazione, l'uomo scosse il

capo. - In realtà, sono stati scelti a caso. Nestor non rispose. Scese velocemente le scale.

Entrò nella stanza di pietra e guardò l'armadio spo- stato. Poi guardò la porta sigillata, chiusa.

I ragazzi si erano portati dietro le quattro chiavi e avevano lasciato sul pavimento soltanto alcuni fogli spiegazzati.

Nestor fece una smorfia di sofferenza, poi raggiun- se il porticato d'ingresso della casa, passò dolcemen-

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te una mano sul basamento della statua della pesca- trice e raccolse da terra la sua tela cerata.

Spalancò la porta nella pioggia. Le parole di poco prima gli risuonavano ancora in

testa: sapeva benissimo che i ragazzi erano stati scelti a caso. Ma non c'erano molte altre possibilità. O loro, o la signorina Newton.

- I1 caso, a volte, è la cura migliore - mormorò il vecchio giardiniere, uscendo da Villa Argo.

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' e1 centro esatto del pavimento della stanza c'erano quattro grandi pietre disposte una accanto all'altra. Julia aveva scoperto che,

con una leggera pressione, ognuna delle quattro pie- tre poteva ruotare di novanta gradi, producendo il rumore di un meccanismo messo in funzione.

- Sono sicura che la soluzione si trova in queste quattro pietre - disse Julia con un sorriso. - Sentite che rumore fanno quando le giro?

TLACK! TLACK! - Credo tu abbia ragione - disse Rick. - Ma in che

modo dobbiamo girarle? E per fare cosa, poi? - È impossibile ... ci sono infinite possibilità! -

quasi piagnucolò Jason. Julia cominciò a far ruotare le quattro pietre con

determinazione. - Sai quello che stai facendo, Julia? - le domandò

il fratello. -Assolutamente no - rispose lei, senza smettere di

muovere le pietre. - Ma non ho alcuna intenzione di passare delle ore a scervellarmi su come devono esse- re girate queste quattro cose per.. .

All'improwiso nella stanza si udì una specie di rombo sotterraneo.

- Julia! Fai attenzione! - esclamò Jason. La ragazza aspettò che il rombo si fosse attenuato,

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poi ricominciò a spingere e a tirare le quattro pietre in mezzo al pavimento.

- Una di quattro porta di sotto, no? - si disse ad alta voce. - Allora forza! Girate, pietre!

Jason osservò la sorella leggermente perplesso. - Dici che una di queste pietre ci porterà di sotto?

TLACK! TLACK! TLACK! - Certo.. . - gli rispose Julia. I1 pavimento della stanza vibrò e si udì un rumore

metallico, come quello di un peso che avesse comin- ciato a scorrere su antiche ruote dentate. - Così! - disse Julia, alzandosi in piedi. Con un colpo secco, l'ultima pietra verso destra si

spalancò all'improwiso. - Ma certo! Una botola. .. - mormorò Jason, guar-

dando sua sorella sinceramente ammirato. - Ma come accidenti ci sei riuscita? - le domandò

invece Rick, sinceramente esterrefatto.

Le candele avevano cominciato a consumarsi in modo preoccupante e, per non correre il rischio di rimanere al buio, i ragazzi decisero di lasciarne acce- sa solo una. Con quella in mano, Jason, Julia e Rick riuscirono a sbirciare nella botola che si era aperta al di sotto della quarta pietra.

- Che cosa c'è? Una scala?

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Rick si sporse a tastare nell'oscurità, mentre Jason gli faceva luce con il mozzicone di candela.

- No. È levigato, come... anzi ... direi che è... uno scivolo! - esclamò il ragazzo, vagamente preoccupato.

I tre si sedettero sul pavimento, indecisi sul da farsi. La luce diventava sempre più fioca e con l'au- mentare dell'oscurità, aumentava anche la loro preoc- cupazione. Guardavano l'apertura dello scivolo sul pavimento, sufficientemente grande perché chiunque di loro tre potesse infilarsi dentro e scoprire dove con- ducesse. Ma ... nessuno di loro aveva intenzione di lasciarsi cadere nel buio verso.. . che cosa?

- Se solo avessimo preso la corda ... - si lamentò per l'ennesima volta Rick.

- Jason, ho avuto un'idea! -. Julia, un po' a tento- ni, recuperò il vocabolario. Lo soppesò con lo sguar- do. -Venite a sentire! - disse. Poi si accovacciò accan- to alla botola e lo lasciò cadere sullo scivolo.

I1 vocabolario sparì immediatamente nell'oscurità. Rick guardò Julia, allibito. Julia, invece, tese l'orecchio per ascoltare. Sentì il

vocabolario che scivolava e scivolava e scivolava.. . fino a che non sentì più niente.

- Si può sapere che cosa pensavi di ottenere, a parte perdere per sempre l'unica cosa utile che aveva- mo ancora con noi? - la rimproverò Rick.

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-. --L DI SOTTO &--------.-----

Julia si grattò la testa, pensierosa. - Non so: pensavo di sentire.. . qualcosa. Per esempio se cadeva in acqua.

- E se cadeva I N ACQUA? -. La voce di Rick si alzò nervosamente fino al punto interrogativo finale.

- Bene.. . avremmo saputo che lo scivolo termina- va nell'acqua.

- E ci saremmo trovati con un vocabolario inservi- bile che.. . che.. . -. Rick indicò l'apertura dello scivo- lo, poi si strinse nelle spalle nervosamente.

-Tanto è andato - disse Jason. -Tanto è andato sì! - insistette Rick. - Ma.. . ma da

che razza di angolo del pianeta Terra venite, esatta- mente? Tu, se ti trovi al buio con un buco nel pavi- mento, provi a saltarlo. Mentre tua sorella, non appe- na scopre un passaggio segreto, ci butta dentro un vocabolario per vedere che effetto fa ... Ma come cavolo vi viene in mente? Mio padre lo diceva sempre di non fidarsi di quelli di città, ma.. . accidenti! Siete talmente rapidi nel concepire le vostre idee assurde che non si ha nemmeno il tempo di dirvi ((No! Aspet- ta!)) o qualcosa di simile!

Poi si allontanò, continuando a bofonchiare. Jason e Julia si scambiarono una lunga occhiata

complice. - Credo che tu l'abbia fatto arrabbiare.. . - sussur-

rò Jason alla sorella.

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- Ah ah - osservò lei, con un sorriso tirato. In realtà, anche se le faceva male ammetterlo, sape-

va che Rick aveva perfettamente ragione. Julia aveva trascorso la giornata a rimproverare il fratello, ma ora forse era stata lei a fare la cosa più insensata. Soprat- tutto dopo essere riuscita da sola a far aprire la boto- la nel pavimento.

- Ci penso io.. . - disse Jason andando a parlare con il ragazzo di Kilmore Cove, che brontolava in disparte.

L'ombra di entrambi, proiettata dall'unica candela accesa contro le pareti della stanza, sembrava quella di due giganti.

Julia guardò lo scivolo sotto di sé. Poi Rick che si scrollava di dosso le mani di Jason.

Posò entrambi i piedi nella botola. Le suole delle sue scarpe toccarono la pietra levigata dello scivolo.

- I1 vocabolario ce l'ha fatta.. . - sussurrò per darsi coraggio. - Ce la posso fare anche io.

Poi si diede una leggera spinta, scomparendo per metà nell'apertura del pavimento.

- Ragazzi! - esclamò, un attimo prima di lasciarsi andare. -Venite a sentire!

Jason e Rick si voltarono. - Julia, no! - gridò Jason. Rick rimase come pietrificato.

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Julia gli sorrise, sorrise proprio a lui, come per dir- gli: ((Scusa Rick, ho sbagliato, ma adesso rimetto tutto a posto)).

E si lasciò scivolare.

Jason e Rick corsero vicino alla botola, a bocca spa- lancata.

- 0 0 0 0 0 0 H - U U U H ! - urlò Julia, da qualche parte lì sotto. E poi: -YEEE-AAAH! -. E un attimo dopo: - AAAAAAH-000000H-UUUUUUHAA- AAAAH!

E poi più nulla. - Julia! - gridò Jason, quando le urla di sua sorella

si interruppero. - JULIA! JULIAAA! C'era qualcosa di surreale nel gridare il nome di

sua sorella in un buco del pavimento. Rick lo allontanò dall'apertura, suggerendogli che,

se non stava un attimo zitto, non avrebbe mai potuto sentire l'eventuale risposta di sua sorella.

E infatti, non appena Jason smise di gridare, lonta- nissima, udirono la voce di Julia che diceva: - È incre- dibile! È fantastico! Ragazzi! È incredibile! Non è possibile! Non è.. .

- Direi che sta bene.. . - osservò Rick. - E che lo scivolo non finisce nell'acqua.. . - rise

Jason.

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Poi, troppo impazienti per aggiungere altro, si lasciarono scivolare anche loro nell'apertura.

Lo scivolo precipitava nell'oscurità. Mentre cadeva schiena a terra, Jason ebbe la sensazione di attraversa- re spazi aperti e altri molto più chiusi, come tane di insetti. Scivolò a una velocità pazzesca, rimbalzando con la schiena, di tanto in tanto, tra le scanalature della roccia. Sgusciava sulla pietra senza attriti: lo sci- volo era umido e vischioso.

Dopo alcuni istanti di puro terrore, il ragazzo provò una sensazione inebriante e seguì l'esempio dato da Julia alcuni istanti prima: -YEEE-AAAH! - gridò, al primo tornante. E: - UUUUUUHAAAH!! - al secondo.

Dietro di lui, o sopra di lui, sentì la voce di Rick. Più scendeva, meno intensa si faceva la pendenza

dello scivolo, anche se Jason continuava a filare come un razzo. Alla fine venne scaraventato su una spiaggia sabbiosa, dove atterrò più o meno dolcemente.

Rotolò su se stesso e spalancò gli occhi, accorgen- dosi solo in quel momento di averli tenuti sempre chiusi.

La prima cosa che vide, accanto a sé, fu il I.'ocabola- rio dei linguaggi dimenticati.

Poi vide la grotta, e sua sorella.

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Julia era in piedi a pochi passi da lui e si guardava intorno, affascinata.

Lente onde marine lambivano una spiaggia sabbio- sa chiusa tra gigantesche pareti di pietra. Sopra di loro danzavano centinaia di minuscole luci lampeg- gianti. E altre luci si stavano accendendo, una a una, lungo le pareti interne della grotta.

Jason si alzò in piedi. - La terra-luce.. . - mormorò incredulo, osservan-

do quei puntini di luce danzante. - No.. . - disse Julia, davanti a lui. Teneva in mano

una pallina di creta, che ruppe con delicatezza. All'in- terno c'era il corpicino fremente di un insetto. - Sem- plici lucciole, Jason.

- Lucciole.. . - mormorò il ragazzo. - Oooooooh! - esclamò una voce alle sue spalle. Jason venne colpito da un secondo razzo lanciato a

folle velocità e si ritrovò faccia a terra nella sabbia. Era arrivato anche Rick.

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J ason, Julia e Rick si fermarono sul limitare della spiaggia, osservando finalmente la grot- ta che li circondava. Tutt'intorno a loro vol- teggiavano centinaia di lucciole, come punti

luminosi che si fossero appena schiusi e risvegliati. Le lucciole diffondevano nella grotta una luminosità tenue, simile alla luce che precede l'alba nelle giorna- te estive, ma il soffitto era buio, lontano. Le pareti sprofondavano in mare. L'acqua marina formava uno specchio liquido dolcemente mosso dalle correnti, che spingevano di tanto in tanto minuscole onde a baciare la riva. I1 rumore impetuoso delle onde prove- niva da fuori, oltre le pareti della grotta, dove il mare libero, in preda al temporale, sbatteva sugli scogli.

La spiaggia su cui si trovavano i tre ragazzi era suf- ficiente a ospitare una decina di persone e si proten- deva fino a un minuscolo pontile di legno, cui era attraccata una nave.

Jason, Julia e Rick la rimiravano, sopraffatti dal- l'emozione. Erano affascinati e intimoriti al tempo stesso.

Era un'imbarcazione dallo scafo massiccio, alta di poppa e di prua, orgogliosa e slanciata. Una lunga fila di remi stava dritta, come sull'attenti, ai due lati dello scafo. La chiglia aggraziata si alzava e si abbassava seguendo la risacca del mare, facendo lievemente tin-

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tinnare una catena che, da poppa, scompariva in acqua.

- Non ho mai visto niente di simile.. . - mormorò Rick, dopo un silenzio che gli parve infinito. Aveva gli occhi colmi della presenza di quell'imbarcazione.

- Sarà del vecchio Ulysses Moore? - azzardò Julia. - Puoi scommetterci, sorellina. - A me sembra una nave vichinga - disse Rick. - Non vedo nessuna uscita, però - mormorò Jason,

seguendo il volo luminoso degli insetti. La grotta non sembrava avere sbocchi all'esterno:

conteneva la nave e il vasto specchio d'acqua marina tra le pareti di pietra, come una gigantesca piscina coperta. Ogni volta che dal soffitto di pietra filtravano e piovevano gocce di pioggia, sull'acqua si formavano minuscoli cerchi concentrici.

- Mi domando come ci sia entrata, qui, una nave vichinga.. . Dove ci troviamo, secondo voi? Nella grot- ta degli antichi druidi?

Nessuno rispose. Poi: - Credo.. . credo che la nave l'abbiano costrui-

ta direttamente qui dentro ... - ipotizzò Rick. - Forse l'hanno costruita le stesse persone che hanno costrui- to il passaggio.

La soluzione di Rick, come sempre, sembrava la più ragionevole.

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- Quanto sarà grande? - Almeno venti metri - rispose Rick, pronto. - La grotta, intendo. I1 ragazzo di Kilmore Cove si strinse nelle spalle.

Quella caverna era enorme e, per quello che ne sape- va, poteva estendersi al di sotto di tutta la scogliera di Salton Cliff.

- In che posto siamo capitati, Jason? - mormorò Julia, dopo un altro lungo momento di silenzio.

- Così su due piedi direi.. . che ci troviamo nella piscina privata di Villa Argo! - le rispose il fratello. - Forse un po' troppo complicata da raggiungere, ma.. . decisamente raffinata: illuminazione naturale a lucciole, barchetta da passeggio vichinga, spiaggia privata ... Un po' all'ombra certo, ma ...

Julia scosse il capo. - Sembra che questo posto non venga utilizzato da molto tempo.. .

- E perché? - Hai visto in che stato è il passaggio? Pietre da

spostare, il buco nel corridoio.. . e poi non vedi tutte queste lucciole?

- E allora? - E allora ti sembra possibile che da Kilmore Cove

nessuno abbia mai visto filtrare un po' di luce da una qualche feritoia? Che non si sia mai accorto che la scogliera di notte si illuminava?

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- Se ne accorgevano, a volte - si intromise Rick, guardandoli. - Solo che non potevano certo immagi- nare.. . tutto questo.

- E allora cosa immaginavano, scusa? - Per esempio che fossero i riflessi di luce delle

case, o del faro, sulle pietre bianche della scogliera. O qualcosa di più minaccioso: le luci di Salton Cliff. Riflessi, ombre, luoghi che appaiono e scompaiono: ogni città di mare è piena di queste storie, così come ogni racconto di marinaio parla di luci misteriose, sopra e sotto il mare.

- Scommetto che tuo padre.. . Rick lo interruppe bruscamente: - I1 fatto è... che

mio padre non mi ha mai parlato di una nave come questa. E quindi credo che non sia mai uscita di qui. Altrimenti qualcuno l'avrebbe vista. E ci sarebbe un racconto su di lei. Questa nave è il vero mistero di questo posto.. . non le luci.

I ragazzi salirono sul pontile. Sotto ai loro piedi, le vecchie traversine scricchiolarono minacciosamente e la sagoma della nave cominciò a oscillare leggiadra alla loro sinistra.

Jason osservò gli scalmi vuoti sulla fiancata e i remi tirati su, in piedi, come una processione di soldatini di legno. Julia non staccò mai lo sguardo dall'albero maestro, alto quattro volte i remi e solido come una

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pianta secolare. Ondeggiando con la nave, sembrava un gigantesco indice nero puntato verso l'alto.

Rick raggiunse la prua, una maestosa virgola di legno intagliato.

- È perfetta, non vi pare? - disse accarezzando il legno. Lo trovò caldo e rassicurante. E poiché i due gemelli non spiccicarono parola, continuò: - Voglio dire, se dovessi disegnare una nave perfetta, la farei esattamente così. Con questa forma, con l'albero cen- trale e i remi, come le navi antiche.. .

- Ha un nome, questa nave? - gli domandò Jason. - È quello che cercavo di scoprire.. . Sulla chiglia c'era scritto:

- Meti.. . e - lesse Rick. - Come? - Metie. Questa nave si chiama Metie. È veramen-

te un brutto nome - commentò Jason. - L'ultima lettera non è proprio una "E" - osservò

Rick. - Forse non è scritto nella nostra lingua.. . - Lo credo bene! Hai mai sentito la parola "Metie"

prima d'ora? - Possiamo sempre recuperare il nostro inseparabi-

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- LA GROTTA &--

le vocabolario e controllare - disse Julia. - È in perfet- ta salute, nonostante la scivolata.. .

E così dicendo fece una smorfia a uso e consumo di Rick.

- Saliamo a bordo? - domandò invece Jason. La fiancata della nave era a meno di un metro e, sul

pontile, c'era un'asse che poteva essere utilizzata come passerella.

Lo sguardo di Jason si illuminò. Rick recuperò la passerella e, aiutato dai gemelli, la

accostò alla fiancata della nave. Poi, in modo voluta- mente buffo, si inchinò per lasciare salire Jason per primo.

- Capitano Jason, dopo di voi.. . Jason gli posò una mano sulla spalla e disse, con lo

stesso tono affettato: - Grazie, Capitano Rick.. . -. Si voltò verso la sorella, che nel frattempo era tornata a recuperare il vocabolario e aggiunse: - Capitano Julia, vi aspetto a bordo della nostra nuova nave!

Poi fece due rapidi passi sulla passerella e saltò a bordo.

La nave era interamente costruita di legno. C'era un unico ponte, che nascondeva un'unica stiva, nella pancia della nave. Ai due lati dello scafo c'era una fila di dieci panche di legno, ciascuna in corrispondenza

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dei remi, ritti in piedi. Ogni remo era incatenato al suo scalmo.

- In questo modo non si corre il rischio di perder- lo in mare.. . - spiegò Rick.

- Ben detto, Capitano Rick - gli disse Jason, che camminava al suo fianco.

- Metis! - esclamò Julia, sfogliando le pagine del Trocabolario dei linguaggi dimenticati. - Questa nave si chiama Metis. I1 nome è scritto in greco antico.

- Ah, ecco.. . - borbottò Jason. - Beh, Metis è molto meglio di Metie.

- Significa qualcosa? - le domandò Rick. - Mmm ... sì. Metis significa "saggezza". Era il

nome della prima moglie di Zeus, figlia di Oceano e Teti. Una donna intelligente e capace.. . come tutte le donne, d'altronde!

Julia chiuse il vocabolario. Poi si sporse a guardare nella stiva, risultando però

delusa: - È vuota! Qui dentro non c'e nulla.. . In cuor suo, non aveva abbandonato l'idea di tro-

vare un grande tesoro ammonticchiato nei recessi del- la scogliera.

La nave, però, era solo un guscio vuoto. L'albero maestro, che si innalzava ritto nel centro

del ponte, era privo di vele: c'erano solo quattro robu- ste funi, coperte di salsedine, che partivano dalla sua

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- h GROTTA 4--------

sommità ed erano legate ai fianchi, a prua e a poppa. - Niente vele ... - mormorò Rick. - Questa nave

non ha mai preso il mare.. . Oppure non l'ha preso da molto tempo. Lo scafo, però, mi sembra sano: incro- stato, ma sano. Non mi pare di aver visto teredini o.. .

- Tere.. . cosa? -Teredini: sono dei vermi che si nutrono del legno.

Si fanno la tana scavandola nel fasciame e, a poco a poco, lo distruggono.

Jason sporse il labbro inferiore, come per dire: ((Ac- cipicchia!)).

I due piccoli capitani camminarono fin quasi a poppa. Lì, ai due lati dello scafo, stavano ritti due remi più larghi e piatti degli altri, i cui alloggiamenti si tro- vavano appena sotto il parapetto delle due fiancate.

- Questi invece sono i timoni - disse Rick. - Si cala- no ai due lati della nave e si manovrano con questi.. .

Mostrò a Jason che ogni timone era dotato di un legno trasversale, che gli conferiva una forma a "L". Grazie a qu.ell'impugnatura, li si poteva comodamen- te manovrare rimanendo in piedi in mezzo al ponte.

- Che cos'è quella? - domandò Jason a Rick, indi- cando la minuscola casetta di legno che si trovava a poppa, appena dietro i due timoni.

- La cabina del capitano.. . - mormorò lui, awici- nandosi all'entrata.

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Sulla soglia della cabina c'era una vecchia tenda di iuta, mangiata dall'umidità e dal tempo. Rick la sco- stò con un brivido, guardando all'interno. Dovette usare l'accendino per farsi un po' di luce.

La cabina del capitano era decisamente spoglia. Ciò che restava di vecchie stoffe pendeva a brandelli dal soffitto e dalle pareti, conferendo alla stanza un aspetto decadente.

Da un lato, per terra, era adagiato un letto rudi- mentale, incastrato tra due vecchi bauli. Sul lato opposto c'era un'asse inchiavardata alle pareti, che doveva servire come tavolo. Sopra al tavolo c'era un candelabro, con tre bracci e tre mozziconi di candela.

E accanto al candelabro c'era un libro chiuso. Rick si avvicinò al tavolo, accese i mozziconi di

candela e, con mano tremante, toccò il libro. - Potrebbe essere il diario di bordo dell'ultimo

capitano.. . - sussurrò Julia, dietro di loro. Rick sollevò la copertina di pelle nera e lo aprì. Fuori, in mare aperto, un gigantesco fulmine

sbiancò l'orizzonte.

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S ulla prima pagina, una mano elegante aveva scritto:

17 Settembre dell'ultimo anno

Questo sarà probabilmente l'ultimo viaggio della Metis, la nostra saggia viaggiatrice. Dopo aver seguito ogni nostro desiderio e averci condotto ovunque volessimo, ora non ha più ragione di salpare. Le mani che ne guidavano i timo- ni non possono più farlo. Le mie sono diventate troppo vec- chie e fragili. Quelle della persona che mi accompagnava, invece, non ci sono più. Il tempo, alla fine, ha fermato la nostra avventura. Ora che l'ancora è immobile, sul fondo di questo mare segreto, mi rimangono solo i ricordi di ciò che abbiamo visto e vissuto, di ciò che abbiamo attraver- sato e conosciuto. E mi rimangono i sogni dei porti che ancora non ho visitato. Sogni e ricordi, dopotutto, sono fatti della stessa pasta, che dobbiamo cuocere a fuoco lento per trasformarla in un pane ji-agrante, capace di sfumarci durante la vecchiaia.

Perché sono vecchio, ormai. E vecchia è diventata la nostra nave, che pure è capace di sconfiggere ogni barrie- ra del tempo, seguendo la corrente dei desideri dei suoi

capitani. Ora, mia cara, fermati! Tu, che sei stata intagliata nel legno della quercia sacra,

ti prego: fa' riposare i tuoi remi!

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- L'ULTIMO DIARIO

Non hai più capitani. E non hai più una Si'gnora dei Ladri contro cui bordeggiare, nel vento carico di tempesta.

Che la notte ti sia lieve, amata Metis, perché a essa ti lascio.

Rick passò un dito sull'inchiostro, girò la pagina e vide che il resto del diario era vuoto.

- Che cosa ne dite? - domandò. - Io l'ho riconosciuto - disse Jason. Prese il diario che aveva trovato nella stanza della

torretta e lo mise accanto a questo. Lo aprì su una pagina a caso e confrontò le due grafie. I diari erano stati scritti dalla stessa mano.

- Questo è l'ultimo diario del vecchio Ulysses.. . il suo messaggio d'addio.

- Parla di avventure, di viaggi e di porti lontani.. . - disse Julia. - Deve aver fatto grandi cose, con questa nave: la Metis.

- O almeno le ha immaginate.. . - la corresse Rick. - Non credo che con questa nave possa aver mai navi- gato in mare aperto.

Jason sfogliò il diario egiziano, mormorando: - Eppure qui parla dell'Egitto come se ci fosse stato.. .

- Non con questa nave a remi! - esclamò Rick. - Non ha un motore, una caldaia, e nemmeno una struttura per poter navigare a vela!

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- Può andare a remi, però! - E te lo vedi un tizio che trova venti persone

disposte a remare dall'Inghilterra all'Egitto? Io no. Senza contare che, se anche le avesse trovate, ne avremmo sentito parlare su tutte le televisioni!

Rick era molto amareggiato. Mentre leggeva le righe di quell'ultimo diario, non aveva potuto fare a meno di pensare che suo padre non era invecchiato viaggiando in mare. Non aveva avuto modo di colti- vare i suoi ricordi e i suoi sogni. Né di dire addio alla sua barca. I1 mare se li era presi un giorno, lui e la barca, e aveva deciso di non restituirli più.

Ma poiché quelle parole erano troppo difficili da tirare fuori, si limitò a scusarsi con Jason e a passeg- giare nervosamente per la cabina.

- Che facciamo? - domandò Julia a un certo punto. - Ce ne andiamo - disse Rick. Uscì sul ponte, sotto lo spettacolo dello sciame di

lucciole, che ebbe il potere di calmarlo. - Rick? Jason e Julia lo stavano guardando dalla soglia della

cabina del capitano. Rick sorrise. Poi si guardò intorno e commentò:

- Dove dobbiamo andare, secondo voi, per uscire da questa grotta?

Dal ponte avevano una visione migliore dell'inter-

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no della grotta. La spiaggia cui era attraccata la nave, a parte lo scivolo, non presentava alcuna uscita visibi- le. L'acqua del mare interno occupava tutto il resto della cavità, fatta eccezione per un'altra minuscola spiaggetta, che si trovava dal lato opposto della grot- ta. Questa seconda spiaggetta era del tutto simile a quella da cui erano arrivati: c'era un minuscolo pon- tile di legno, a imitazione di quello su cui erano saliti. Ma, invece di esserci uno scivolo, si intravedeva una stretta scala di gradini neri, che conduceva a una porta sovrastata da un architrave di pietra, massiccio, del tutto simile a quelli che avevano già visto nella sala circolare.

- L'istinto mi dice che dobbiamo raggiungere quel- la scala. E attraversare quella porta - ipotizzò Julia.

- Ma come facciamo? Per quanto si sforzassero, non sembrava esserci

nessuna via di comunicazione tra le due spiaggette. A parte, naturalmente, il mare. Rick si sporse dal parapetto della nave e guardò

l'acqua, scura e densa come petrolio. Valutò la distan- za dall'altra spiaggia, poi scosse il capo.

- È una bella nuotata ... - disse. - Sperando che non ci siano correnti interne a mulinello.

- Vuoi raggiungere l'altra spiaggia a nuoto? - gli domandò Jason, esterrefatto.

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- Hai qualche altra brillante idea? - Potremmo cercare un sentiero lungo le pareti

della grotta.. . Ci sarà, credo! Julia si aggirò per il ponte, pensierosa. - Potremmo anche usare la nave - disse dopo un

po'. - Dite che sarebbe difficile? - Cosa? - sbottò Rick. - Altroché se è difficile! Lo

sai cosa ci vuole per far muovere questa nave? E poi chi si mette ai remi? E chi ai timoni?

- Magari basta sollevare l'ancora per.. . Rick divenne improvvisamente tutto rosso in viso:

- Non ricominciate con le vostre fantasie da cittadini! Una nave non è un giocattolo. Ci vogliono conoscen- za, abilità, forza.. . e fortuna, per poterla governare. E noi non abbiamo nessuna di queste qualità.

- Ti sottovaluti, Rick - disse Jason. - E ti sbagli. Noi le abbiamo tutte, invece.Tu conosci il mare. E sai fare molte altre cose. Da quante ore stiamo cammi- nando nel buio, armati solo della voglia di vedere che cosa c'è.. . dopo? Abbiamo semplicemente voluto arrivare fin qui. E ci siamo riusciti. Ci siamo scervel- lati per risolvere una serie continua di enigmi: scrittu- re impossibili, frasi nascoste, serrature a incastro, pie- tre mobili.. . Io la chiamo abilità. Ah, certo.. . tu dici che ci vuole anche forza. Ok: preso singolarmente, nessuno di noi è forte. Siamo solo dei ragazzi. Ma

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.-jt, L'ULTIMO DIARIO ,&--p

tutti insieme, tutti e tre, potremmo farcela. Se solo tu ci dici cosa fare, e in che modo, possiamo provarci. E poi ... io sono fortunato: sono vivo nonostante abbia rischiato di morire almeno due volte, oggi! E Julia è fortunata almeno quanto me.

Julia lo guardò con una punta di curiosità. Jason proseguì: - Siamo fortunati perché solo una

settimana fa eravamo nel nostro appartamento a gio- care con il computer, come milioni di altri ragazzi di Londra.. . mentre ora siamo qui, in una grotta incre- dibile, su una nave che sembra magica, in compagnia di un amico che è.. . che è magico come tutto ciò che ci circonda. E questa non può che essere fortuna.. . Una fortuna incredibile, che non possiamo permet- terci di buttare via.

- Ben detto! - esclamò Julia, per una volta perfet- tamente d'accordo con il fratello.

Jason si avvicinò a Rick e aggiunse: - Guarda quel- la spiaggetta, Rick. Non è così distante ... Io vorrei provare ad arrivarci sopra un pezzo di legno, piutto- sto che nuotare in quell'acqua buia. Se poi ci dovessi- mo finire, nell'acqua, allora nuoteremo. Ma fino a quel momento io credo.. . io credo.. .

- ... che non siamo arrivati fin qui per caso - ter- minò Julia al posto suo.

- Sì: credo che non siamo arrivati fin qui per caso.

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Non la sentite, intorno a voi, come una specie di voci- na, che dice: ((L'avete trovata, è vostra! Salpate l'anco- ra, diventate i capitani di questa nave. Capitani per un giorno della Metis!)). Coraggio, Rick! Dicci la verità. Dicci se possiamo provare a spostare questa nave da qui ... a là!

Jason indicò prima la spiaggia in cui erano arrivati, poi quella dall'altra parte. I1 suo dito rimase sospeso per alcuni istanti, tremando per l'intensità con cui puntava davanti a sé.

Quando Jason abbassò il braccio, vide che gli occhi di Rick scintillavano.

- Allora.. . cosa mi rispondi, Capitano Rick? - lo incalzò Jason, con la voce leggermente roca, come un duro del cinema. - Facciamo muovere questa carretta?

Rick serrò i pugni. Si sentiva arrabbiato, commos- so, incredulo e un po' folle.

Poi, dopo una specie di combattimento interno, annuì e rispose: -Va bene: facciamola muovere, Capi- tano Jason! Proviamoci.. .

Julia gli posò una mano sulla schiena. - Capitano Julia, - disse Rick, senza voltarsi - vi

assicuro che usciremo da questa grotta e non ci rien- treremo fino a quando non avremo scoperto ogni suo segreto! -. Poi fece un salto e gridò: - Forza ragazzi! Si parte!

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Si mossero tutti e tre di scatto, come se avessero già saputo perfettamente che cosa fare.

Rick diede il suo primo ordine: mettere nella cabi- na del capitano tutto ciò che avrebbe potuto tornare utile.

Jason si portò una mano alla fronte, facendo il segno dell'attenti.

- Ai suoi ordini, Capitano Rick!

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ick cercò di arrampicarsi sull'albero maestro, servendosi delle minuscole tacche che vi erano incise sopra. I1 suo obiettivo era sgan-

ciare, dalla sommità, almeno una delle quattro corde che ne dipartivano per potersene servire in altro modo.

Si infilò nella tasca il coltello che aveva preso nella cucina di Villa Argo e, stringendo i denti, cominciò, lentamente, la sua scalata. Quando raggiunse più o meno la metà, rischiando a ogni centimetro di preci- pitare sul ponte della nave, Julia uscì ridendo dalla cabina del capitano.

- Guardate qui! - esclamò. - I bauli sono pieni di corde!

Rick sbuffò, chiedendosi come aveva fatto a non pensarci prima e, con mille cautele, cominciò a scen- dere.

- Che cosa ce ne facciamo di tutte queste corde? - gli domandarono i gemelli.

Rick le soppesò: la maggior parte erano cime da vela, alcune marcite, altre ancora buone. Le dispose sul ponte con fare misterioso, poi condusse i due gemelli all'argano, lo strumento che serviva a solleva- re l'ancora. Sembrava ancora funzionante: era com- posto da un tamburo di legno che, ruotato con una manovella a forma di "L", avrebbe tirato la catena fuori dall'acqua.

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La manovella, però, non voleva saperne di girare. Probabilmente era arrugginita e bloccata dal tempo. I tre ragazzini si misero uno di fianco all'altro e comin- ciarono a spingere e a tirare in modo coordinato.

- Forza! - Forza! - Forza! Quando ormai stavano per rinunciare, la manovel-

la emise un cigoli0 e si sbloccò. Con grande fatica, i ragazzi le fecero fare un quarto di giro, poi mezzo, infine uno intero.

E una porzione gocciolante di catena si avvolse attorno al tamburo.

Lentamente, cigolando, sbuffando, gemendo e sci- volando, i ragazzi riuscirono a sollevare dal fondo un'ancora che pesava almeno quanto loro.

Mentre Rick e Jason azionavano l'argano, Julia si sporse dalla fiancata della nave per controllare che l'ancora, emergendo dall'acqua, non danneggiasse lo scafo.

- La vedo! - esclamò a un certo punto. - L'abbia- mo sollevata!

A quel punto si mossero. La nave cominciò lentamente a scivolare, libera,

sulla superficie di quel mare interno. Rick abbandonò la sua postazione all'argano e ordi-

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nò a gran voce: - Jason, vai ai timoni! Julia, abbassa una coppia di remi, uno a tribordo e uno a babordo!

Julia rimase immobile a fissarlo, indecisa su come eseguire l'ordine.

- Abbassa i remi! Uno a destra e uno a sinistra! - le ripeté Rck.

Jason raggiunse uno dei due remi-timone, lo affer- rò per l'impugnatura e guardò il suo amico dai capel- li rossi.

- Abbassalo! - gridò Rick. Jason lo abbassò di colpo. I1 remo piatto affondò

violentemente in acqua, e per poco non lo seguì an- che Jason.

- Non così! Devi tenerlo attaccato alla nave! Tieni- lo fermo! Tienilo fermo!

Jasoa aveva gli occhi sbarrati, come per dire: ((La fai facile, tu.. . ma non e così facile tenerlo fermo!)).

- Ci stiamo muovendo! - gridò Julia. - Anzi no! Anzi sì! Giriamo in tondo!

Era vero: dopo il primo, iniziale, movimento in avanti, la nave si era stabilizzata in un movimento ripe- titivo, come se avesse incontrato una corrente d'acqua circolare, o qualcosa che la muoveva, alternativamen- te, prima verso il centro del mare interno poi verso la spiaggetta. Alla fine si era nuovamente fermata.

Rick abbassò furiosamente il remo dalla sua parte,

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poi diede gli ordini a Jason: - Jason, vieni qui! In qual- che modo devi controllare tutti e due i timoni. Io e Julia ci mettiamo ai remi. Tu tieni questi dritti, prima uno e poi l'altro, ok? Fai in modo che la prua della nave punti verso la porta dall'altra parte.

- Rick! - Provaci. Prima un timone, poi l'altro. - Ok! Ci provo! - rispose lui, tenendo stretta l'im-

pugnatura del suo remo. Rick corse verso Julia, le diede ordine di afferrare

uno dei remi e prese quello dal lato opposto. - Sai remare, Julia? - No! - gemette lei. - Oh, cavolo! -. Rick si guardò indietro, disperato.

I1 ragazzo valutò che, se non avessero cominciato subito a remare, la Metis avrebbe potuto muoversi in una o nell'altra direzione. E che, quindi, c'era il rischio di andare a incagliarsi sulla spiaggetta da cui erano arrivati. - Allora dovete scambiarvi di posto! Tu vai ai timoni e Jason viene a remare! Forza! - urlò.

- Jason! Vengo ai timoni! - gridò Julia. Jason annuì, perplesso e preoccupato. Era in piedi

tra i due timoni di poppa e toccava, alternativamente, prima l'impugnatura di uno e poi quella dell'altro.

Rapidamente e senza fiatare fece cambio con la sorella, poi si sedette dietro al suo remo.

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-Tu almeno sai remare, Jason? - lo apostrofò Rick. - Certo! - mentì lui. - Ok, bene ... - disse Rick. - Al mio tre diamo il

primo colpo. Giù il remo, colpo, solleviamo, giù il remo, colpo e solleviamo. Ci siamo capiti?

- Si - rispose Jason, che invece non aveva capito nulla.

- Uno, due e.. . tre! - disse Rick. Abbassò il remo in acqua, si appoggiò all'impugna-

tura con tutto il peso del suo corpo e spinse. Poi lo sollevò. Jason cercò di fare altrettanto. Sentì il remo cadere in acqua, lo spinse, poi lo sollevò.

- Di nuovo! Ripeterono il movimento. - Di nuovo! - gridò Rick. Jason piazzò una remata potente e sollevò con

entusiasmo un gigantesco spruzzo d'acqua. Ma la nave non si mosse. - C'è qualcosa che la tiene ferma! - gridò Julia.

- Non ci muoviamo! - Accidenti! - sbottò Rick, sollevando per la quar-

ta volta il suo remo. - Non è possibile! Ma non poté obiettare nient'altro: Julia aveva

ragione. La nave non si era spostata in nessuna dire- zione, neppure in quella sbagliata. Non si era nemme- no girata.

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- Siamo immobili! - No, - intuì Rick - siamo ancorati a qualcos'altro! In effetti, era come se una seconda ancora avesse

tenuto ferma la nave a poca distanza dal pontile. - Dobbiamo cercare l'altra ancora! Forza! - li esor-

tò Rick.

Mentre si aggirava sul ponte, Jason ebbe un'intui- zione improvvisa. La scacciò, ma quella ritornò: forse non c'era nessun'altra ancora da cercare. Forse la Metis era pronta a partire. Ma le mancava qualcosa.. . una meta. La ragione di quel viaggio. Forse c'era uno strumento, a bordo, che serviva per impostare la rotta, un po' come gli strumenti radar degli aerei. Ed era quello che dovevano cercare.

Forse, pensò Jason, quella nave aveva una specie di motore rivoluzionario nascosto nella stiva. Anche se la stiva era inesorabilmente vuota.

Jason aveva la sensazione che la nave stesse sempli- cemente aspettando di sapere dove doveva andare. Perché, forse, quella nave poteva essere.. . una nave magica. Nel diario c'era scritto che il suo scafo era stato intagliato nel legno di una quercia sacra. Signi- ficava che anche la nave, in qualche modo, era sacra.

Sacra a chi, però? Assorto nelle sue fantasticherie, Jason si avvicinò al

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remo-timone che aveva impugnato poco prima. Auto- maticamente, lo afferrò.

- Che stai facendo, Jason? - gli urlò quasi imme- diatamente sua sorella.

Lui sollevò appena lo sguardo. - Provo a muoverla! - le rispose, agitando il timo-

ne nell'acqua. La nave non reagì, come se fosse stata trattenuta. - La nave non si muoverà mai di qui! - gridò Jason,

stringendo di nuovo il timone. Poi cercò di rilassarsi: lasciò fluire le sue fantasti-

cherie ... Si vide come il Capitano Jason che guidava la nave in mezzo a una tempesta, verso una terra sco- nosciuta; le pareti della grotta si erano aperte, verso il largo; le vele della nave, come per incanto, si erano srotolate da sole lungo le funi.

- Forse dobbiamo provare a remare di più! - escla- mò Rck.

- No! Non è una questione di remi - rispose il Capitano Jason, muovendo il timone per schivare un iceberg che esisteva solo nel suo sogno a occhi aperti. - Io dico che questa nave non va a remi!

- E come va? A vela? A motore? Nei tuoi sogni, forse!

Jason strinse gli occhi nell'oscurità illuminata dalle lucciole.

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---h VERSO I PORTI DI SOGNO ,&p,-

((Possibile?)) si disse. ((Possibile che.. . per muovere questa nave.. .?o Jason ripensò al diario del capitano. Non c'era forse scritto che la nave li aveva portati ovunque avessero voluto?

L'Egitto.. . I1 vecchio Ulysses c'era stato. E c'era stato a bordo

di quella nave. Jason ne era sicuro, come era sicuro delle cose che aveva in tasca. Per maggior sicurezza, si frugò in tasca per controllare.

Ne tirò fuori proprio il diario egiziano, che faceva da piedistallo all'occhio di Nefertiti.

- Egitto.. . - mormorò Jason. E nel momento preciso in cui lo mormorò sentì,

chiaramente, il legno del timone vibrare sotto alle sue dita.

Una raffica di vento disperse le lucciole, che co- minciarono a vorticare in spirali.

- Che cosa succede? Che cos'è quest'aria? - gridò Rick, sul ponte.

- Egitto.. . - sussurrò Jason un po' più forte. Di nuovo, il legno vibrò e una folata d'aria disper-

se le lucciole. Come se stessero presagendo qualcosa, gli insetti cominciarono a sollevarsi in volo verso gli anfratti delle pareti.

- Jason! Sta diventando tutto buio! - gridò Julia. - Sta per succedere qualcosa!

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Jason annuì. Stava davvero succedendo qualcosa: la nave gli stava rispondendo. Si rimise in tasca il diario e afferrò il timone con tutte e due le mani.

-Tenetevi forte! - gridò, senza un motivo apparen- te. - Adesso!

Poi esclamò, con voce chiara e forte: - Portami in Egitto!

- Jason! Che cosa stai blaterando? - gridò sua so- rella.

La nave venne investita da una terza folata di vento, talmente forte che Julia cadde distesa sul ponte.

- Ho detto tieniti! - gridò Jason, nelle cui mani il legno del timone aveva cominciato a danzare, stratto- nandolo in ogni direzione.

- Sì, in Egitto! - gridò ancora Jason. - Portami da Nefertiti e dal tesoro di Tutankhamon!

I1 vento impazzì intorno a loro. 11 mare si sollevò. Le lucciole sparirono e, nella grotta, calò un buio

assordante.

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blivia Newton camminava a passo veloce sul pavimento di marmo del suo palazzo. Man- fred, l'autista con la faccia da bandito che

l'aveva accompagnata a Villa Argo, la intercettò en- trando di corsa da una porta laterale.

- Manfred! - strillò lei, spaventata da quell'irruzio- ne così improvvisa.

I1 giovane le lanciò uno sguardo torvo, con una punta di compiacimento per essere riuscito a spaven- tarla.

- Signorina Newton.. . Ho alcune cose da dirle - mormorò.

La voce di Manfred era bassa e roca. Oblivia lo superò, fermamente intenzionata a rag-

giungere la porta blu elettrico al termine del corrido- io senza ricevere altre, fastidiose, interruzioni.

Manfred trotterellò rigidamente dietro di lei. - Ho osservato i ragazzi, come mi aveva comanda-

to di fare. Sono scesi alla scogliera a fare il bagno, prima che piovesse.. .

- Ah. I tacchi di Oblivia accelerarono impercettibilmente

il loro ritmo sul marmo. -Tornando su, uno di loro è caduto. - Fantastico. È soprawissuto? - Purtroppo sì ... Si è appeso a una sporgenza, gli

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--.----L IL GUARDIANO DELLA SOGLIA &p--

altri due l'hanno tirato su e l'hanno riportato in casa. - Peccato. Sarà per la prossima volta. - Non è finita. Una mezz'ora dopo, hanno preso le

biciclette e sono scesi a Kilmore Cove. Sono tornati a casa con un po' di libri.

- Che leggano! Che leggano! Tutti si lamentano che i ragazzini non leggono mai! In questo modo, almeno, non faranno disastri!

- I1 fatto è proprio questo. Oblivia si fermò di colpo. - In che senso? - Non so in che modo, ma.. . questa notte, prima

di tornare qui, ho visto dei bagliori, nella grotta. I1 bel viso di Oblivia si contorse in un'espressione

di furia incontenibile. - Dei bagliori? E come è possibile? - Non lo so, signorina Newton. I1 fatto è che.. . - Ma come sono riusciti a passare? Che cosa crede

di poter fare, ancora, quel vecchio? Nestor non mi può fermare! Non mi può fermare adesso!

Oblivia Newton afferrò Manfied per le spalle, piantandogli nella carne tutte e dieci le sue unghie taglienti. Manfied strinse i denti per il dolore.

- Noi andiamo avanti comunque.. . - sibilò Obli- via. - Come se niente fosse. Proseguiamo! Chiaro? Conto su di te, Manfied.

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-Va bene.. . signorina.. . Newton.. . - gemette lui. Respirò solo quando Oblivia gli tolse le unghie di

dosso, si voltò e aprì la porta blu alla fine del corridoio. - Conti pure su di me - sussurrò Manfred, quando

la porta si chiuse e nel corridoio rimase solo l'incon- fondibile scia di profumo della signorina Newton. E poi aggiunse, passandosi le mani sulle spalle doloran- ti: - Signora dei Ladri.. .

Nella grotta sotto alla scogliera, intanto, era scop- piata una vera e propria tempesta. Era come se la nave e i ragazzi si fossero trovati, improvvisamente, nel ceste110 di una gigantesca lavatrice di pietra e acqua salata. La nave si impennava e sprofondava, si inclinava e imbarcava acqua e vento da entrambe le fiancate.

Aggrappati alle corde, o ai sedili dei rematori, Rick e Julia cercavano disperatamente di non farsi sbalzare fuori bordo, ma sembrava un'impresa disperata.

Jason, invece, era completamente impegnato dal tentativo di dominare il timone, che scalpitava tra le sue mani come un cavallo imbizzarrito.

- Ce la faremo! - gridava. -Tenetevi forte! Quando sembrò che tutta la grotta dovesse crolla-

re sopra di loro e sommergerli per l'eternità, la tem- pesta svanì.

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- --------h IL GUARDIANO DELLA SOGLIA &-------- -

Solo l'attimo prima la nave era in balia di onde alte quanto l'albero maestro. Ora, invece, il mare interno era tornato calmo. La nave smise di ondeggiare e, len- tamente, si avvicinò al pontile.

Jason si accasciò sul timone. Julia, fradicia d'acqua gelata, si guardò intorno, scivolando fuori da sotto al sedile a cui si era tenuta aggrappata con tutte le sue forze. Rick abbandonò la corda cui aveva affidato la sua salvezza e si massaggiò le mani doloranti.

Nessuno dei tre aveva né la forza né la voglia di dire una parola. Tutto quello che era successo era stato assurdo. Assurdo e spaventoso. La tempesta non era durata più di tre minuti, ma erano stati i tre minuti più lunghi, interminabili e incredibili della loro vita.

- Jason ... va tutto bene ... ? - domandò la sorella, quando cominciarono a percorrere, barcollanti, il ponte della nave.

Avevano tutti e tre gli abiti bagnati e si sentivano gelare dal freddo. I1 ponte della nave era pieno d'ac- qua, come pure la stiva.

- Che.. . che cosa è successo? - domandò Jason, reggendosi a fatica in piedi.

Rick e Julia scossero il capo. - Non lo sappiamo. E successo e basta. - Siamo dall'altra parte, Jason.

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I1 ragazzo sbatté gli occhi e si guardò intorno. Era vero: la nave aveva attraversato il mare interno e ora dondolava tranquilla, accanto al secondo pontile.

- Non.. . non è possibile - sorrise. -Ti dico che siamo dall'altra parte: guarda! -. Julia

gli indicò la scala di gradini neri, che salivano fino all'apertura che avevano visto da lontano.

Rick cercò di scrollarsi di dosso i vestiti bagnati. - Ci domanderemo dopo che cosa è successo,

ragazzi.. . - disse, rabbrividendo. - Siamo bagnati fra- dici. Etci! Dobbiamo asciugarci al più presto.

- C'erano dei vestiti nel baule della cabina del capitano.. . - osservò Julia, stancamente.

- Andiamo a vedere - disse Jason. Nella cabina del capitano trovarono vestiti che

potevano avere almeno trecento anni, a giudicare da quanto erano impolverati. Per fortuna la tempesta sembrava aver risparmiato i bauli, e il loro contenuto, quindi, era ancora asciutto. Si spogliarono per la quarta volta in quella giornata e indossarono dei pan- taloni sbilenchi, alcuni strati di camicie sformate e rozzi sandali di legno. Poi, senza nemmeno la forza di prendersi in giro per quanto erano buffi, recuperaro- no il vocabolario e le altre poche cose e scesero a terra.

A capo chino, ancora troppo scossi per dire una

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-----;i), IL GUARDIANO DELLA SOGLIA .&-,-

parola di più, attraversarono la spiaggia e salirono lungo i gradini consumati della scala.

- Mi auguro solo che lì dietro non ci sia un'altra strana sorpresa.. . - mormorò Julia, quando arrivaro- no davanti alla porta - perché non credo proprio che riuscirei a sopportarla.

Sull'architrave di pietra erano state scolpite tre tar- tarughe. Indicandole, Rick trovò il modo di sorridere: - Chi va piano va sano e va lontano.. .

La porta sembrava chiusa e, per fortuna, non aveva nessuna complicata serratura da sbloccare.

Jason ci appoggiò contro una mano. Anche a quel- la leggera pressione, la porta si socchiuse.

I1 ragazzo si voltò verso i suoi amici e domandò: - Andiamo?

Julia e Rick annuirono. E così aprirono la porta.

- C O N T I N U A - B

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. I N D I C E : .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l . La porta graffiata 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 . La corrente 15

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . La salita 23 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 . Dentro casa 33

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 . La mappa 41 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 . Un tuffo in mare 49

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 L'apertura 59 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 . Tra le bende 65 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 . La biblioteca 75

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 . Dietro l'armadio 85

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l l . A Kilmore Cove 99 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12.Lampi 113

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 . Cose non dette 119 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 . La sorte 127

. . . . . . . . . . . . . . . . 15 . Dove tutto inizia e finisce 139 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 . La scala buia 151

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 . Il piccolo capitano 161 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 . Di sopra 171

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 . Di sotto 175 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 . La grotta 185

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 . L'ultimo diario 195 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 . Grso i porti di sogno 205

. . . . . . . . . . . . . . . . . 23 . I1 guardiano della soglia 215

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l. LA PORTA DEL TEMPO 2. LA BOTTEGA DELLE MAPPE DIMENTICATE

3. LA CASA DEGLI SPECCHI 4. L'ISOLA DELLE MASCHERE

5. I GUARDIANI DI PIETRA 6. LA PRIMA CHIAVE

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