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..................................................................................................................................................................................................................... le felici intuizioni di un libraio editore Ulrico Hoepli a cura di Pier Carlo Della Ferrera con un’intervista a Ulrico Carlo Hoepli testi di Tindaro Gatani, Ada Gigli Marchetti e Joseph Jung

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le felici intuizioni di un

libraioeditore

Ulrico Hoepli

a cura di Pier Carlo Della Ferrera con un’intervista a Ulrico Carlo Hoepli

testi di Tindaro Gatani, Ada Gigli Marchetti e Joseph Jung

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Quali ricordi conserva di Ulrico Hoepli?Quali sono gli aspetti della sua figura e dellasua attività che ritiene più interessanti e chele sembra di dover sottolineare?Di Ulrico Hoepli, il fondatore della libreria edella nostra casa editrice, conservo dei ricor-di di famiglia, tramandati oralmente, essen-do nato alcuni mesi dopo la sua morte, avve-nuta nel gennaio del 1935. Mio padre e miamadre si sono sposati nel ‘34 quando ancoraera vivo, come testimonia una bella immagi-ne; mio nonno Carlo e mio zio Gianni lohanno frequentato e conosciuto molto bene.Quindi ho avuto la fortuna di sentir raccon-tare da loro fatti, episodi, aneddoti su di lui,che in famiglia chiamavamo e chiamiamotuttora l’ “Avo”. Era prozio di mio padre, ziodi mio nonno, per me “pro-prozio” e quindici è sembrato che chiamarlo “Avo” andassebenissimo.Dopo un periodo di apprendistato a Zurigo,Breslavia e Lipsia, Ulrico Hoepli si trasferì aTrieste (in questa città tanto importante perme, perché mia madre è triestina) dove lavo-rava presso la libreria che oggi si chiama“Italo Svevo”. Qui ebbe la grande intuizionedi capire che il futuro dell’editoria era aMilano. Questa cosa mi ha sempre colpitomolto, perché nel 1865-1870 Trieste si tro-vava al massimo del suo sviluppo, avampostodell’Austria e della Mitteleuropa, era un cen-tro culturale di prim’ordine, città che di lì apoco sarebbe stata quella di Joyce, di Weiss edella scuola di Freud, di Ettore Schmitz,cioè Italo Svevo. Eppure egli capì che perfare fortuna con i libri bisognava venire aMilano. Questo senso dell’avvenire, questa grandeintelligenza, l’Avo li dimostrò anche quandochiamò a sé il nipote perché ne proseguissel’attività. Ulrico Hoepli, che aveva sposatoElisa Häberlin, non ebbe figli. Ebbe però unsenso del futuro così straordinario che haletteralmente costretto suo nipote, miononno Carlo - che io ho conosciuto beneperché è mancato nel 1972 e con lui ho lavo-rato - a raggiungerlo a Milano. Di questo ilnonno si lamentava spesso con me: “Eh, sai,lo zio mi ha obbligato a venire a Milano, miha obbligato a fare la maturità in linguatedesca a Frauenfeld, perché diceva che se

uno non sa il tedesco non può occuparsi dilibri, dato che i libri a stampa sono nati inGermania, con Gutenberg. E poi lo zio mi hacostretto a venire qui per portare avanti l’a-zienda”. Fu talmente deciso, quasi violento,che pur di proseguire l’attività rimanendo inambito familiare prese il nipote, lo strappòda Lione, la città in cui viveva e si trovavabene, e lo designò come suo successore.Manifestò quindi fin dall’inizio il desiderio difare qualcosa di duraturo, che continuassenel tempo.

Qual era la famiglia di origine di UlricoHoepli?Ulrico era l’ultimo di quattro figli, cinque sesi considera un fratello morto in giovane età.Come mi dicevano sempre mio padre e miononno, apparteneva a una famiglia diwohlhabender Bauern, di contadini bene-stanti, ma non particolarmente ricchi.Possiedo una documentazione che risale finoal Cinquecento e che attesta come gli Hoeplifossero sempre stati una famiglia di contadinidel Canton Turgovia, una regione in passatopiuttosto povera, che viveva della coltivazionedella vite e soprattutto degli alberi da frutto,tanto da essere chiamata la “fabbrica dellemele”. Era originario di Wängi, un piccolopaese di cui siamo tuttora cittadini. Il giova-ne Ulrico “emigrò”, andò a fare il garzone dilibreria a Zurigo, alla libreria Schabelitz. Eraun ragazzo molto intelligente e aveva il sensodel nuovo, dell’avventura.

È noto il rapporto del giovane Ulrich con lamadre, Regina Gamper. Come scrive JosephJung in un suo saggio, fu lei a cogliere la

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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A pagina I:

Ulrico Hoepli in un

ritratto del 1935.

A sinistra:

L’editore visto da

Tullio Pericoli (2005).

A destra:

Hoepli (in primo piano)

con il nipote Carlo

nel 1910.

Ulrico Hoepli e gli Hoepli, svizzeri milanesi Pier Carlo Della Ferrera* incontra Ulrico Carlo Hoepli**

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propensione del figlio per le attività intellet-tuali. Poco si sa, invece, del rapporto colpadre, Mathias.Ho ben presenti i rapporti che Ulrico Hoepliaveva con i fratelli, specialmente con JohannHeinrich, o Jean Henri, il fratello di Lioneche - lo dico un po’ paradossalmente - gli haregalato il nipote, Carlo Hoepli. In famigliasi è invece sempre parlato poco del papà edella mamma, per cui dobbiamo fidarci diquanto afferma il nostro amico e storicoJung. Forse, a causa di un certo maschili-smo, non è mai stato riconosciuto esplicita-mente alla madre il grande merito a cuiaccenna. Ma bisogna anche dire che un ruolo fonda-mentale hanno giocato - come sempre suc-cede - le vicende individuali e personali. Leopportunità date da una città come Zurigo,dove c’era una certa vivacità intellettuale, illavoro in una grande libreria unito all’intel-ligenza del giovane, le successive attività aLipsia, Breslavia, Trieste e Il Cairo gli hannosicuramente permesso di maturare la feliceidea di comprare la libreria Laengner diMilano, che era veramente di piccole dimen-sioni, e di farla crescere anche grazie aibuoni rapporti che instaurò con la comunitàprotestante locale. Credo si sia trattatosoprattutto di una sua grande intuizione,come dicevo prima. La mamma, certo, saràstata molto importante; come tutte le mam-me, però.

Quali difficoltà dovette affrontare all’iniziodella sua impresa, all’arrivo a Milano?

Un primo ostacolo - forse è un po’ banaledirlo - fu quello della lingua. Ulrico Hoepli,svizzero, era nato col Turgauerdütsch; visseper qualche tempo a Trieste, ma la città, ben-ché geograficamente italiana, appartenevaall’Impero Asburgico e a quel tempo vi siparlava prevalentemente il tedesco.Mio padre e mio nonno, ma anche mio zioGianni, tuttora vivente e ultranovantenne, oancora la zia Bianca, che ha da poco com-piuto novant’anni, in tono un po’ scherzosomi hanno sempre detto che l’Avo parlavapiuttosto male l’italiano. Lo capiva bene, daun uomo intelligente quale era, però hasempre conservato un forte accento tedescoe nei primi tempi ebbe qualche problema,soprattutto nell’espressione scritta.Per superare questa difficoltà si avvalse del-l’opera dei bravissimi collaboratori di cuisapeva circondarsi, nella fattispecie diGiovanni Piazza, che gli scriveva le lettere egli faceva da tramite.

Nonostante questi problemi il successoarrivò piuttosto presto, si potrebbe dire findall’inizio. Evidentemente Ulrico Hoepliaveva delle innate capacità imprenditoriali;era “ardito” e “avveduto”, come ha scrittoEnrico Decleva, tanto da riuscire a essere l’e-ditore della casa reale italiana, benchérepubblicano e svizzero, e l’editore del Vati-cano, benché protestante.Fu “ardito” e “avveduto” sì, ma anche moltocoraggioso, perché all’inizio della sua car-riera rischiò alle volte di fallire e dovette farfronte a insuccessi tremendi.

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Ulrico Hoepli

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La casa natale di

Ulrico Hoepli a Tuttwil.

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Nel 1873 decise di realizzare un’edizione checomportava grandi oneri, la stampa delCodex diplomaticus Cavensis, un anticocodice conservato presso un’abbazia bene-dettina. I frati non onorarono il loro impe-gno e l’iniziativa, che avrebbe potuto esseremolto interessante, si rivelò un fallimentodal punto di vista imprenditoriale. Ebbecoraggio, ma l’impresa non diede i risultatisperati. È rimasto famoso in famiglia l’aned-doto del determinante appoggio che in que-sta occasione ebbe dal fratello di Lione,Giovanni Enrico, il quale gli fece un “leg-gendario” prestito di 20’000 franchi. Senzaquesti soldi, molto probabilmente, avrebbedovuto chiudere l’azienda. L’essere repubblicano ed editore della casareale, protestante ed editore del Vaticano fuuna capacità che Ulrico Hoepli ebbe in quan-to Svizzero. Gli Svizzeri sono cittadini delmondo, sono considerati tali per la loroapertura, la loro tolleranza, il loro cosmopo-litismo. E naturalmente essere Svizzeri, pertutti questi motivi, rappresenta un grandevantaggio. Vantaggio che l’Avo seppe sfrutta-re nel migliore dei modi, ma non perchéavesse come unici obiettivi il denaro e gliaffari. Ci sono molte circostanze che possonodimostrarlo. In famiglia si racconta ancora del senso didisperazione che prese tutti quando, nel1930, Hoepli decise di donare il Planetarioalla città di Milano, perché - disse - “in que-sta città ho trovato la fortuna della mia vita,il mio lavoro, e voglio che quello che ho gua-dagnato torni alla città”. Come ricordanoancora oggi i documenti conservati pressogli archivi della Zeiss Ikon a Jena, pagò bar

bezahlt, cioè in contanti, l’edificio che PieroPortaluppi progettò per il planetario e loregalò alla città. E lo stesso fece con labiblioteca di Zurigo. Alla Biblioteca Centraledi Zurigo c’è una targa con il nome di tutti ibenefattori dell’istituzione; tra questi figuraanche Ulrico Hoepli, che nel 1903 elargì afavore della biblioteca un generoso contri-buto di 25’000 franchi svizzeri, moltissimiper quel tempo. Non agiva, quindi, solo perprofitto, per interesse. Mio padre e miononno, in seguito, dovettero ricredersi sulladonazione del Planetario, tanto che mihanno spesso ripetuto: “Sai, in realtà noidobbiamo essere grati all’Avo, perché se nonci fosse il Planetario, a Milano non ci sarebbe

nemmeno la via Hoepli”, per noi motivo digrande lustro. Ulrico Hoepli aveva il senso sia degli affari,sia della socialità. E questo gli permetteva diandare dal papa, dal re, da tutti, e di essere unbuon mediatore tra i protestanti e i cattolici.Penso quindi che abbia dimostrato capacità“ecumeniche”.

Quali legami riuscì a instaurare Hoepli con leistituzioni culturali e accademiche da poconate o già inserite nel tessuto culturale mila-nese o italiano?Ulrico Hoepli possedeva innate capacità nellerelazioni umane, risultava simpatico, forseper la sua schiettezza o per quel lontanoaccento svizzero che si individuava nella suaconversazione, e riuscì subito a stabilire degliimportanti legami con le persone del vecchioPolitecnico, che a quei tempi aveva un nomediverso, si chiamava Istituto TecnicoSuperiore. In particolare instaurò un rapporto straor-dinario con il grande Giuseppe Colombo,autore di uno dei bestseller Hoepli, il Manuale

dell’ingegnere. Giuseppe Colombo, docentedi Meccanica e Costruzione di macchine, fu

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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Frontespizio della

prima edizione

(1877-78) del

Manuale dell’ingegnere

civile e industriale

di Giuseppe Colombo.

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Ulrico Hoepli

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l’uomo che in quel periodo, tra gli anniSettanta dell’Ottocento e il primo decenniodel Novecento, diede la luce elettrica aMilano. Vicino alla Rinascente c’è una bellatarga sulla quale si legge: “Qui GiuseppeColombo per la prima volta illuminò la piaz-za del Duomo”. Fu un grande personaggioche senz’altro ispirò moltissimo UlricoHoepli e gli diede molti suggerimenti, anchein veste di amico e non solo di collaboratoredella casa editrice. Come sempre le cosenascono dai cervelli.Il caso del Manuale dell’ingegnere, tra l’al-tro, è assai rappresentativo, perché è semprestato un po’ il cuore, il simbolo dell’editoriaHoepli, che privilegia i temi scientifico-tec-nici. Avere un ottimo rapporto col Politecniconascente fu fondamentale e ancora oggi ilManuale dell’ingegnere costituisce unalinea guida per noi. In questo suo tessere una rete di relazioniUlrico Hoepli fu una persona straordinaria,fu senz’altro molto abile, una sorta di leva-trice, di ostetrica, capace di far venire allaluce il libro, fatto da altri, che conoscevanola materia meglio di lui, che meglio di luisapevano esprimersi in italiano. Oltre che col Politecnico, ebbe ottimi rap-porti con la Biblioteca Braidense, conl’Ambrosiana, essendo molto amico dell’allo-ra Prefetto Achille Ratti, che poi divennepapa Pio XI, con la Scuola Superiore diAgricoltura e tutte le scuole di arti e mestieri,con la SIAM, con l’Umanitaria, con l’Ac-cademia Scientifico-letteraria e l’OsservatorioAstronomico di Brera.

Ricorda qualche pubblicazione particolar-mente curiosa o delle curiosità relative aqualche pubblicazione?Il catalogo di oggi conta circa 1’000 titoli.Nel corso del tempo sono stati pubblicatioltre 12’000 titoli. È quindi normale che cisiano stati libri strani. Con mio padre e miononno si rideva spesso per il manuale delleyucche. Non ricordo nemmeno più benecosa sia la yucca, forse un frutto, o unapianta tropicale africana. Erano i tempi incui l’Italia possedeva in Africa le colonie diLibia, Somalia ed Eritrea, e quindi ilmanuale della yucca poteva avere una suautilità, una sua ragion d’essere. Un editorescientifico-tecnico come Hoepli dovevamuoversi un po’ in tutte le direzioni, anche

facendo dei libri che oggi possono apparirestrani o singolari. Non so come sia finitoquel manuale della yucca e quante copie nesiano state vendute. Come pure, oggi sembra strano che, per uncerto periodo, il catalogo Hoepli abbiaannoverato più di una rivista, una collana eun significativo numero di libri per bambinie ragazzi e anche un periodico destinato alpubblico femminile, con notizie di moda,ricamo e cucina. Avvenne a cavallo tra i duesecoli e la cosa si protrasse al massimo finoalla Prima Guerra mondiale. Poi questofilone fu praticamente abbandonato e lacasa editrice si specializzò in altri settori.Curioso, interessante e per certi versi emo-zionante, leggendo alcuni Manuali di centoanni fa, è vedere che il tempo di percorrenzadei treni sulla tratta Milano-Chiasso era di 5o 6 minuti inferiore a quello di oggi.

Si potrebbe dire che nei primi decenni dellasua attività Ulrico Hoepli abbia tentato piùstrade, finché individuò un ambito, un indi-rizzo principale e diede alla casa editrice unaprecisa fisionomia, che doveva poi continua-re nel tempo: quella di editore scientifico-tecnico.Sì, probabilmente si trattò dei passi iniziali,come tali caratterizzati da qualche naturaleincertezza. È singolare e importante notare come,nonostante fosse di madrelingua tedesca,Ulrico Hoepli prese a modello non tanto imanuali che provenivano dalla Germania,

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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A sinistra:

Lettera scritta da

Achille Ratti a

Ulrico Hoepli il

23 aprile 1921, quando

il futuro papa Pio XI

era Nunzio Apostolico

in Polonia.

Réclame dei periodici

per donne e fanciulli

editi dalla Hoepli tra

la fine dell’Ottocento

e i primi anni del

Novecento. L’inserzione

del 1910 è tratta da

Il Natale del libro,

catalogo che proponeva

le strenne natalizie

e le ultime novità

dell’editore e libraio.

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quanto gli handbook inglesi e in particolareanglo-americani. Oggi sembra normaleguardare agli Stati Uniti come avanguardiadal punto di vista tecnologico, ma non eracosì nel 1870, soprattutto per chi era legatoculturalmente e linguisticamente al mondogermanico. Invece Hoepli trasse una forteispirazione dall’esempio che proveniva daoltre oceano, dal mondo statunitense, tantoche si recò in America, dove fece - come sidirebbe oggi - un viaggio di aggiornamentoprofessionale, in occasione dell’EsposizioneUniversale di Chicago del 1893, di cui ancoraconserviamo il taccuino con le sue note.L’idea dei manuali era nata da tempo, nonmaturò in quell’occasione, il rapporto congli handbook era già chiaro, ma egli volleperfezionare le sue pubblicazioni; sapeva chela produzione anglo-americana in questosettore era fortemente innovativa e in conti-nua evoluzione.Anche in questo caso ebbe una grande intui-zione: capì che l’editoria scientifico-tecnicaera qualcosa che in Italia mancava, costituivacioè un campo aperto, ancora tutto da arare,e una bella nicchia dove si poteva muoverecon molta elasticità e dove poteva avere unbuon predominio.

Hoepli curò molto il mercato antiquario erealizzò anche edizioni di pregio, come quel-le del Codice Atlantico e del Codice Virgilianodel Petrarca conservati all’Ambrosiana. Sì, un tempo Hoepli aveva un settore anti-quario molto sviluppato.A un certo punto della sua attività, insieme auno dei nipoti, cioè mio nonno Carlo, sioccupò prevalentemente della casa editrice edella libreria, che furono poi portate avantida mio padre e da mio zio Gianni. In quellache oggi potremmo chiamare una riorga-nizzazione dell’organigramma aziendale,destinò invece al settore antiquario un altronipote, Erardo Aeschlimann, nativo diWinterthur e figlio di Amalia Häberlin,sorella della moglie Elisa. Questi continuòcon grande capacità e successo il lavoro chel’Avo aveva iniziato alla fine dell’Ottocento eche nei primi decenni del Novecento ebbenotevole impulso grazie alla preziosa colla-borazione del famoso antiquario e bibliofiloMario Armanni. Negli anni Trenta e Quaran-ta, ma anche nel dopoguerra, fino agli anniCinquanta, la Libreria Antiquaria Hoepli fu

molto attiva in tutte le aste mondiali. Suquesto potrei raccontare degli aneddoti perme non privi di emozioni. Il più recente risa-le a pochi giorni fa. Mi trovavo dall’editoreFranco Maria Ricci e sfogliando un Bodoniche aveva da poco comprato da Sotheby’s hovisto che il libro, prima di arrivare aSotheby’s, era stato venduto a un’asta dellaLibreria Antiquaria Hoepli, fatta a Lucernanell’anno ‘42, in piena guerra mondiale.Con la scomparsa di Aeschlimann nessunopiù in famiglia ha curato con la stessa com-petenza il filone dell’antiquaria, di cui èrimasto in libreria un piccolo settore, diantiquariato e modernariato; ma non siamopiù al livello a cui eravamo una volta, o allivello dei grandi librai antiquari milanesicome Vigevani o Pozzi.Pur volendo conferire alla sua casa editriceun’immagine scientifico-tecnica e privile-giando quell’ambito, Hoepli fondò la libreriaantiquaria, perché aveva un’idea senza confi-ni, un’idea universale del libro, che gli deriva-va dall’essere libraio. È uscito in questi giorniun bel romanzo, Il libraio di Amsterdam,che sarebbe utile leggere per capire come,per un libraio, risulti naturale essere aperto

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Ulrico Hoepli

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Catalogo delle edizioni

antiche e moderne,

rare e curiose della

letteratura francese

in vendita presso la

Libreria Antiquaria

Hoepli nel 1895.

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e passare quasi automaticamente dal Ma-

nuale dell’ingegnere alle opere di Jung oHeidegger.

Come era Ulrico Hoepli nei rapporti umani eprofessionali con i suoi collaboratori, con ilnipote Carlo, con Giovanni Piazza, CesarinoBranduani e gli altri?Credo fosse generosissimo e straordinario.Prese nella sua libreria Branduani come aiu-tante quando ancora era piccolo e a un certopunto il ragazzo dovette essere ricoverato inun sanatorio per una grave malattia polmo-nare - a quel tempo era assai diffusa la tuber-colosi. L’Avo se ne occupò personalmente evolle che non gli fosse tolto lo stipendio pertutto il periodo della malattia. Un’azienda èfatta di persone e sicuramente Hoepli ebbe lagrande capacità di mettere le persone giusteal posto giusto e di trattarle molto bene e inmodo molto generoso. Non ho ricordi familiari di scontri o contra-sti con i collaboratori.Solo il nipote Carlo ebbe a volte qualche dif-ficoltà, data la parentela stretta e il grado diconfidenza che c’era fra i due. Il nonno miha raccontato, lamentandosene, che ognitanto lo zio Ulrico era severo, duro. Mentrecon un figlio la pazienza e la comprensionesono infinite, con un nipote si è più severi.

... e con gli autori?Mi ricordo che il nonno ripeteva spesso:“Guarda che lo zio ha sempre detto che gliautori vanno pagati subito, come pure i for-nitori, i cartai, i tipografi, che il rapporto conl’autore è fondamentale, che gli autori sonola nostra forza”.

E poi su questi rapporti si raccontano sto-rielle curiose e gustose. Ad esempio cheUlrico Hoepli, quando riceveva i fornitori, iclienti, gli autori, stava sempre in piedi enon dava la seggiola neppure a loro; così sela cavava velocemente e riusciva a sbrigareparecchie faccende nell’arco della giornata,anche perché iniziava a lavorare e a ricevereprestissimo il mattino.

Treves, Sonzogno, Dumolard, Vallardi sonoalcuni degli editori con i quali Hoepli dove-va dividersi il mercato. Quali erano i rappor-ti tra Hoepli e i concorrenti?Ulrico Hoepli fu uno dei fondatori dellaSocietà degli Autori, oggi divenuta SIAE,Società Italiana degli Autori e degli Editori.A quell’epoca - siamo attorno al 1880 - nonesistevano praticamente sodalizi tra coloroche si occupavano di libri e di editoria, se sieccettua l’Associazione Libraria Italiana,promossa nel 1869 da un altro grande pio-niere dell’industria libraria italiana, quelGiuseppe Pomba dalla cui attività derivò laUTET. Era in vigore una vecchia legge suldiritto d’autore, inadeguata per i tempi, eratutto un po’ sul nascere ed era quindi impor-tante stabilire nuove regole che chiarissero irapporti tra autore ed editore, il contratto diedizione. C’era molto da fare e in questol’Avo fu molto attivo. Inoltre capì subitoquello che oggi noi sappiamo benissimo, ecioè che questa vita associativa arricchiscemolto dal punto di vista personale, intellet-tuale e professionale. Non a caso l’attenzionealle relazioni con gli altri editori e la parte-cipazione diretta alla SIAE sono diventateuna tradizione in famiglia.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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I principali collaboratori

di Ulrico Hoepli

posano davanti al busto

in bronzo dell’editore,

fatto realizzare nel 1896

in occasione dei

festeggiamenti per il

25° anno di attività.

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Ulrico Hoepli

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Quindi i rapporti con i concorrenti eranomolto buoni, certamente non improntati auna aggressività finalizzata a sottrarre spazidi mercato, ma piuttosto a una reciprocaconoscenza, per capire quali settori potevanoessere più convenienti e produttivi. Senzascordare che Hoepli, come libraio, vendeva ilibri di tutti i suoi colleghi editori.

Come vedeva Ulrico Hoepli le due attività,quella di libraio e quella di editore?Fare il libraio è un lavoro commerciale, farel’editore un lavoro di produzione. È così oraed era così un secolo fa. Pur essendo moltodiverse, le due attività erano però viste daHoepli come intimamente connesse, quasida non poter essere disgiunte una dall’altra.La libreria “gli dava le antenne” per capire ilmercato. Vedere ogni giorno quante e qualipersone entravano in libreria, quali erano ilibri più richiesti e venduti gli forniva infor-mazioni molto importanti sull’orientamentoda dare all’attività editoriale. Fu un grandeprivilegio e un grande vantaggio per l’Hoeplieditore essere anche libraio.Inoltre la libreria, con gli alti e bassi dellavita, poteva compensare gli scarsi profittidella casa editrice nei periodi più difficili. Adesempio, durante le guerre - sia la Prima chela Seconda Guerra mondiale - mancavano lacarta e le materie prime e quindi non sipoteva stampare. Per fortuna c’era la libre-ria; almeno in libreria ogni giorno qualcunoarrivava, anche se c’era crisi.Per questo quasi certamente guardava allalibreria con un occhio affettuoso, come delresto facciamo anche noi ora. Sapendo qualevalore avevano per Ulrico Hoepli la conti-nuità e la tradizione, non poteva non pensareche con la libreria era nata l’azienda e cheprima di lui Laengner e altri avevano svoltoin quel medesimo luogo quella stessa atti-vità, fin dal lontano 1840.

L’epoca storica in cui visse Ulrico Hoepli fuun’epoca di grandi cambiamenti, che inItalia, attraverso varie fasi, determinarono ilpassaggio dalla Destra storica al Fascismo ein Europa videro la fine degli imperi, il sor-gere delle identità nazionali, lo scoppio diuna guerra mondiale e l’irrompere delle dit-tature. Fu un momento di grandi lotte socia-li, con episodi anche violenti, proprio aMilano, un periodo in cui, anche senza pren-

dere posizione o parte attiva alla politica,non era possibile non avere delle idee politi-che. Come si colloca Ulrico Hoepli dal puntodi vista politico?In questo ha fatto molto lo Svizzero. Si èmantenuto neutrale, non ha mai preso unaposizione precisa, ha fatto il suo dovere. Uneditore con le nostre caratteristiche deveessere al di sopra delle parti.Ebbe comunque un grande senso dellasocialità. Non solo, come ho già detto prima,donò il Planetario a Milano, ma contribuì aistituire biblioteche e scuole, come quella diWängi, suo paese natale. Inoltre fondò aZurigo una Stiftung, la Fondazione Hoepli,che sostiene le attività culturali e vieneincontro ai bisogni delle persone anziane.Direi che la sua azione, più che politica, èstata sociale. Naturalmente gli capitò diinstaurare ottime relazioni con esponentidel mondo politico e con vari governi. Ebbe rapporti anche con il governo fascista,avendo pubblicato le opere di Mussolini, cherappresentano un po’ un caso isolato nell’e-ditoria hoepliana. Ma fu il Duce a scegliereHoepli, e non viceversa. Lo ha preferito adaltri editori per la sua neutralità, la sua auto-nomia, la sua indipendenza e perché si èfidato più di lui che degli altri. Hoepli glidava il 10%, molto meno di quanto avevaofferto la concorrenza; era normale cheMussolini pensasse che gli altri editori lostessero imbrogliando. Si trattò fondamen-talmente di un’operazione commerciale,nella quale la politica non c’entrava pernulla; e fu, tra l’altro, un’ottima operazionecommerciale.Ulrico Hoepli credeva nelle capacità e nelleiniziative individuali con una grande e con-creta attenzione per le attività di sostegno incampo sociale. In questo si rifaceva allamiglior tradizione protestante e certamentefu influenzato dalla sua educazione, dallasua origine. Esempi di filantropia eranoassai frequenti nella Svizzera del tempo;basti pensare a Dunant e alla Croce Rossa, aPestalozzi e ai suoi istituti pedagogici.Ma non si buttò mai nella politica attiva, néverso estremismi e questo non fu certamenteun limite. Era una persona di grande buonsenso, dedita soprattutto al lavoro, e solevaripetere ai suoi familiari e collaboratori: “Ihr

sollt schaffen” “Voi dovete lavorare, aveteuna bella azienda e cosa volete di più dalla

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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vita?”. Ed è bene che abbia fatto così, perchéil buon esempio fa sempre bene.

Sul carattere di Ulrico Hoepli si leggonocose contrastanti. Pare fosse malinconico,spesso assorto nei suoi pensieri, poco sorri-dente, ma anche gioviale e spensierato; avolte lo si descrive come burbero e brusco, avolte come cordiale e ospitale. Conosce epi-sodi significativamente rivelatori di qualchelato del carattere di Ulrico Hoepli?È uscito recentemente un bel film, Un’ora

sola ti vorrei, scritto e diretto da mia nipoteAlina Marazzi, che, tracciando la storia disua madre - mia sorella - in realtà tracciaanche la storia della nostra famiglia. È unapellicola realizzata attraverso il montaggiodi vecchi filmini girati con una cinepresa 16millimetri e tra questi uno fatto da miopadre il giorno del suo matrimonio. Lì c’èuna bellissima, straordinaria immagine diUlrico Hoepli che cammina un po’ zoppican-te, con un bastone. L’immagine è dell’apriledel 1934 e l’Avo è poi mancato nel gennaiodel 1935, per cui era negli ultimi otto mesidella sua vita. Rivedo questo Ulrico Hoepliche cammina... e che guarda... e che ha unsorriso un po’ mesto, ma forte, come di spe-ranza. Credo - ma questa è una mia sensa-zione - che fosse molto felice, pensando chei nipoti, Carlo in particolare, continuavano ilsuo lavoro. Poi, naturalmente, il suo carattere era quel-lo descritto da lei. Aggiungerei che, da bravosvizzero, era anche molto puntuale e moltopreciso, diversamente da noi, che col tempoci siamo un po’ “italianizzati”.Certo, la sua vita conobbe anche momenti ditristezza, per non aver avuto figli e per ledepressioni di cui soffriva la moglie Elisa, unargomento un po’ tabù, del quale fino a pocotempo fa in famiglia si parlava con fatica eche mio padre mi ha accennato solo negliultimi anni della sua vita.

Si sa che amava i viaggi, la montagna, ilbiliardo e i birilli svizzeri...Quella per i viaggi fu una vera e propria pas-sione. Come quella per l’aeroplano, chepassò anche ai nipoti. L’Avo fece una delleprime trasvolate delle Alpi con un aviatoresvizzero, mio padre aveva il brevetto di voloe mio zio Gianni fu uno dei primi piloti dielicottero. Poi, per fortuna, prevalse la voca-

zione editoriale, il lavoro di famiglia; congrande sollievo di tutti, perché a quei tempigli elicotteri non solo cadevano frequente-mente, ma erano anche molto costosi.Ulrico Hoepli era socio del Club AlpinoItaliano e dell’Alpenclub svizzero, gli piace-vano le escursioni all’aria aperta, soprattuttoin montagna, dove non disdegnava qualcheimpresa alpinistica.Al biliardo o ai birilli svizzeri, simili al bow-ling, giocava volentieri quando gli impegniglielo permettevano: a casa sua, il villinoHoepli, dove aveva una sala e una pista appo-site, o alla Società Svizzera di Milano, di cuifu uno dei fondatori.

Ulrico Hoepli conosceva la Valtellina, vi hamai fatto qualche gita?Credo di sì, perché la Valtellina, per varimotivi, fu sempre abbastanza presente nellavita della famiglia.La mia nonna paterna, Maddalena Porro,moglie di Carlo, studiò in un collegio valtel-linese per fanciulle, mi pare di ricordare aMadonna di Tirano. Mio padre ebbe unamalattia agli occhi e trascorse una o dueestati a Teglio, perché allora ai malati diocchi si prescriveva di guardare il verde.Senz’altro l’Avo lo aiutò in questa circostanzae probabilmente si recò in Valtellina.Infine, Ulrico Hoepli ebbe rapporti professio-nali con i due fratelli Rajna, Pio e Michele.Del primo, il filologo, pubblicò nel 1890 Le

corti d’amore; del secondo, l’astronomo,diede alle stampe nel 1897 L’ora esatta dap-

pertutto, ossia Modo semplice di regolare

gli orologi sul tempo medio dell’Europa

centrale in qualunque luogo d’Italia.

Ha accennato a una concezione sociale diUlrico Hoepli mutuata dalla tradizione pro-testante. Potrebbe approfondire il tema dellareligione in Hoepli?L’Avo entrò subito in contatto con la comu-nità protestante milanese, perché Laengner,il proprietario della libreria fino al 1870, neera uno dei più importanti rappresentanti.Laenger era tedesco e come tale appartenevaalla chiesa luterana, mentre Hoepli, svizzero,si rifaceva al pensiero di Zwingli e appartene-va a un’altra comunità, quella riformata.Ciononostante aveva buoni legami anche conla comunità protestante tedesca ed era moltoattivo nella chiesa di via Marco De Marchi.

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Ulrico Hoepli

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Tra l’altro, a quei tempi, funzionava aMilano una scuola protestante, che diventòpoi la scuola svizzera - si chiamava ScuolaInternazionale - frequentata da tutti i mem-bri della famiglia, fino a mio padre. Per quanto riguarda più in particolare ilsentimento religioso, Ulrico Hoepli fu unbravo e onesto sostenitore della Chiesa pro-testante e visse comunque il suo rapportocon la fede in modo abbastanza laico, contutte le differenze che il concetto di laicitàha nel protestantesimo rispetto al cattolice-simo. Probabilmente ciò in cui credeva dipiù era il rispetto delle tradizioni e l’educa-zione ai valori della famiglia.

Quale eredità ha lasciato Ulrico Hoepli nellafilosofia aziendale della casa editrice e dellalibreria?Sicuramente ha lasciato un’eredità impor-tantissima che cerchiamo di conservare evalorizzare nel migliore dei modi. L’improntaeditoriale data dal fondatore è ancora chiara-mente visibile nelle pubblicazioni di oggi. Maci sono altri aspetti che vorrei sottolineare.In primo luogo che la libreria e la casa edi-trice sono state ricostruite dopo la Seconda

Guerra mondiale da un secondo Ulrico Hoepli,per me altrettanto grande come il primo, ecioè mio padre. La guerra distrusse comple-tamente la libreria; della produzione librarianon rimase che qualche volume. Dopo laguerra sembrava impossibile ricominciare.Invece mio padre ebbe la stessa tenacia, lastessa fiducia nel futuro che avrebbe avutol’Ulrico Hoepli fondatore e costruì questabella libreria dove ci troviamo tuttora. Ha prevalso in mio padre quel senso delfuturo e della continuità che era presente inmaniera molto forte già nell’Avo e che è tipi-co delle aziende familiari, più lungimirantirispetto alle altre, con una proiezione capita-listica più sana e più solida.Andare avanti nel solco di una tradizionecontribuisce a far maturare e consolidareun’identità che ha riflessi molto positivi sututta l’azienda. La Fondazione nata nel 1911a Zurigo per iniziativa di Ulrico Hoepli hasempre promosso lo studio della storia del-l’editoria, molto sviluppato a Zurigo, comein tutto il mondo tedesco, francese e anglo-americano. Questa attitudine un po’ svizzeradi conoscere e studiare il proprio passato èuna grande spinta per il futuro. Come feceallora il fondatore, anche noi oggi guardiamocon gratitudine e sosteniamo chi si occupadi indagare nel passato della nostra attività,come Enrico Decleva, Tullio De Mauro etutti coloro che da qualche tempo anche inItalia concorrono alla fioritura di studiintorno alla nostra casa editrice e al suo fon-datore. Non lo facciamo per rimpiangere ivecchi tempi, con un atteggiamento nostal-gico da laudator temporis acti, ma perchégli studi sul passato favoriscono la consape-volezza del cammino percorso, della propriaidentità e di conseguenza accrescono laforza aziendale.Ulrico Hoepli traeva le origini da un villag-gio del piccolo cantone svizzero di Turgovia,noto più per la produzione di sidro che per lasua apertura agli scambi culturali. Pur tutta-via ebbe una vocazione editoriale internazio-nale - abbiamo ricordato prima l’ispirazioneche gli venne dagli handbook anglosassoni -e sviluppò subito rapporti commerciali contutta l’Italia (nel 1873 aprì una succursale aNapoli, tre anni più tardi a Pisa). Sulla sciadi questa tradizione anche oggi cerchiamo diessere presenti un po’ ovunque, da Chiasso aPorto Empedocle, curiamo molto i rapporti

Ulrico Hoepli

(1906-2003), pronipote

del fondatore della

casa editrice, negli anni

Cinquanta.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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con il nostro paese di origine e vogliamoessere degli editori europei. Non a caso, perquesto motivo e probabilmente per il van-taggio che deriva dall’essere Svizzeri, neu-trali e cittadini del mondo, fino a due anni fasono stato il Presidente della FederazioneEditori Europei. Circostanza, questa, che mi offre lo spuntoper accennare a un altro aspetto che racco-glie l’eredità dell’insegnamento del fondato-re, vale a dire l’attenzione e la vicinanza allavita associativa del nostro lavoro: UlricoHoepli fu uno dei promotori della Societàdegli Autori, per lunghi anni io e mio padresiamo stati consiglieri della SIAE, così comeoggi lo è mio figlio Giovanni.Come un secolo fa la libreria, per la qualenutriamo una particolare predilezione, è perMilano qualcosa di più di una semplice libre-ria. Per ragioni diverse vi si vendono libri chealtri non trattano e quindi è un po’ come unabiblioteca, quasi un faro culturale per la città.Tra l’altro mio padre nel 1958 ne affidò laprogettazione a due grandi architetti dell’e-poca, Luigi Figini e Gino Pollini e in questofu, come il fondatore, attento all’ambienteculturale milanese.

Pur non essendo originario di Milano, UlricoHoepli volle e riuscì a creare dei legami tal-mente forti con la città da essere considera-to un Milanese. Tale identità fortementeancorata alla realtà cittadina è poi semprestata coltivata e perseguita da tutti suoi suc-cessori ed è giunta fino a noi.

Nel 1896, dedicando ai Milanesi il bellissimoDizionario milanese-italiano, Ulrico Hoepliscriveva: “Dopo venticinque anni di soggior-no costante e di lavoro iterato, la bella egenerosa città che mi ospita è ormai diven-tata la mia città; vincoli di affetto, recipro-cità di relazioni e di vicende cotidiane midanno l’illusione di credermi suo legittimofiglio”.Anche a noi, come a lui, piace considerarcidegli “svizzeri milanesi”.

* Consulente della Banca Popolare di Sondrio per

le attività culturali

** Presidente della Casa Editrice Ulrico Hoepli

Cartolina pubblicitaria

realizzata nel 1958

per l’apertura della

sede della Libreria

Internazionale Hoepli

nell’omonima via del

centro di Milano.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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Hoepli, “uomo nuovo” dell’editoria italiana

di Ada Gigli Marchetti *

Ritratto fotografico di

Ulrico Hoepli nel 1897.

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Ulrico Hoepli

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L’Italia della seconda metà dell’Ottocento aduno straniero doveva apparire come unpaese assai allettante, ricco com’era di pro-spettive e di opportunità. Si trattava infattidi uno Stato che, pur essendo di anticaciviltà, era tuttavia “nuovo”, di recente costi-tuzione. Nato nel 1861, infatti, mancavasostanzialmente di tutto e tutto dovevacostruire: strutture politiche, strutture am-ministrative, attività economiche e ancheculturali.In particolare, assai allettanti apparvero agliimprenditori d’oltralpe le potenzialità delmercato librario italiano. A pochi anni dallaformazione del nuovo Stato infatti, rimossi inumerosi ostacoli che parevano frapporsi alsuo sviluppo (soprattutto la mancanza di unpubblico di consumatori di carta stampata),l’industria tipografico-editoriale italianacostituì un fortissimo polo di attrazione permolti operatori stranieri attivi nel settore.Fu così che - tra gli altri - i vari Le Monnier,Loescher e Dumolard, trapiantatisi in Italia,dopo aver aperto delle librerie, si trasforma-rono assai rapidamente in affermati editori.Polo di attrazione particolarmente forte fu laLombardia, ma soprattutto Milano, che dasubito andò configurandosi come il centropiù dinamico del settore in tutta la penisola.E lo fu, in modo speciale, per chi provenivadalla Svizzera, paese con cui le terre lombar-de, pur con alterne vicende, mantenevano dasempre fortissimi legami. La Confederazioneelvetica non era stata forse, nella recente etàrisorgimentale, la “terra d’asilo” di moltipatrioti italiani? Non era stata forse, allora,la terra da cui gli esuli - attraverso la cartastampata, libri o giornali che fossero - pote-vano far sentire liberamente la loro voce, leloro ragioni al resto del mondo?E fu proprio a Milano che, nel 1870, UlricoHoepli, il caso più emblematico di immigra-zione straniera in Italia, diede origine allasua attività editoriale, attività la cui fortunaè arrivata fino ai nostri giorni.Giunto dalla natia Svizzera nel capoluogolombardo, dopo aver acquistato per corri-spondenza una libreria, senza aiuti e senzaun’approfondita conoscenza non solo dellacultura e della letteratura, ma neppure dellalingua italiana, Hoepli riuscì a rappresentarein poco tempo un saldo punto di riferimentoper la borghesia milanese colta. Nella suabottega, situata nel cuore della città, oltre a

essere reperibile un’ingente quantità di libridi letteratura, di scienze e di belle arti in tuttele lingue, e specialmente tedeschi, inglesi efrancesi, confluivano anche sempre piùnumerosi gli uomini di cultura, letterati e,soprattutto, tecnici e scienziati.Alla professione di libraio, intesa comemediazione tra l’arte e il pubblico, Hoepliaffiancò fin dall’inizio quella di editore. Il suoprimo titolo fu nel 1871 la ristampa di unapiccola grammatica, I primi elementi di

lingua francese, di Martin, a cui seguì l’annodopo la pubblicazione di un periodico di pre-gevole fattura e di buon successo, la “Guidaper le arti e mestieri”, che nel 1878 cambiòtitolo divenendo “L’arte e l’industria”.L’attività editoriale del giovane imprenditoreacquistò forza e spessore col progressivo suoradicamento nella città e nella società mila-nese.Nel 1873 Hoepli fu nominato libraio-editoredel prestigioso Osservatorio Astronomico diBrera e acquisì nel medesimo anno le operedi due noti astronomi: il saggio di GiovanniCeloria Sul grande commovimento atmosfe-

rico avvenuto il 1o di agosto 1862 nella

La Galleria

De Cristoforis

con la Libreria

Ulrico Hoepli

in una fotografia

del 1930.

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bassa Lombardia e nella Lomellina e leOsservazioni astronomiche e fisiche sulla

grande cometa del 1862 di Giovanni VirginioSchiaparelli, che dal 1860 dirigeva lo stessoOsservatorio. Sempre nel 1873 pubblicò l’o-pera del giurista Ercole Vidari Dei principali

provvedimenti legislativi chiesti dal com-

mercio italiano e l’anno successivo divennelibraio-editore dell’Istituto Lombardo diScienze e Lettere, la più importante istitu-zione culturale milanese nel campo.Nel volgere di poco tempo Hoepli acquistònotorietà a livello nazionale e dall’unicovolume pubblicato nel 1871 arrivò in appenaun triennio a più di venti titoli l’anno.Nella prima fase della sua attività e per tuttol’Ottocento, un eclettismo di fondo guidò lascelta dei titoli. In una specie di “zibaldone”,a opere specialistiche di carattere scientificoe tecnico, e che furono nettamente le piùnumerose (dalla matematica alla fisica e allachimica, dall’astronomia alla geografia e allageologia, dalla medicina alla veterinaria ealla botanica) si affiancarono molti altri testidi varia natura. Trattati di letteratura anticae moderna dei più diversi paesi europei edextraeuropei (letteratura greca e romana,letteratura italiana, francese, inglese, tedesca,slava, persiana, americana,…) si alternaronoinfatti a grammatiche antiche e moderne diogni tipo: dalla grammatica greca, latina edebraica alla grammatica francese, inglese etedesca. E la pubblicazione delle grammati-che non fu mai disgiunta dalla pubblicazionedei relativi dizionari. Né ciò bastò ancora. Aitesti di carattere giuridico ed economico(alcuni importanti e assai longevi come iPrimi elementi di economica politica e iPrimi elementi di scienza delle finanze,entrambi del Cossa ed entrambi del 1875 ocome gli Elementi di diritto civile e com-

merciale del Triaca del 1880) si avvicenda-rono testi di storia (ad esempio la Storia

generale delle storie del Rosa del 1873), difilosofia (La pena di morte e la sua abolizio-

ne secondo la filosofia hegeliana di D’Ercoledel 1875 oppure La filosofia positiva e gli

ultimi economisti inglesi dello Schiattarelladel 1876) e di arte (ad esempio gli Scritti

d’arte di Francesco Dall’Ongaro del 1873 ol’Arte greca di Iginio Gentile del 1883). E sipubblicarono anche opere di grandi autori:l’Arminio e Dorotea di Goethe del 1884,l’Edipo re di Sofocle e Il canzoniere di Heine

dello stesso anno, le Commedie di Molièredel 1888, La Gerusalemme liberata del Tassodel 1895, per non citarne che alcune. Tuttequeste opere furono curate, talvolta tradotte,da insigni studiosi quando non illustrate davalenti artisti. La Divina Commedia di Dante,ad esempio, fu dapprima pubblicata a cura diScartazzini, e in seguito da Scherillo. La Vita

nuova ora a cura di Scherillo ora di Barbi. IlDe vulgari eloquentia a cura di Pio Rajna. LeOpere di Shakespeare, edite a partire dal1875, furono tradotte da Giulio Carcano,l’Ifigenia in Tauride nel 1885 da Maffei. I pro-

messi sposi, infine, furono illustrati dal pitto-re Campi, e qualche anno più tardi, nel 1897,da Gaetano Previati.Non mancò poi qualche excursus nella lette-ratura contemporanea, anche se si trattò dicasi sporadici. Basti pensare a Giacomo l’i-

dealista di Emilio De Marchi del 1897 o a Le

veglie di Neri di Renato Fucini dello stessoanno.L’attività editoriale di Hoepli non si limitò -come si è finora detto - al solo libro (o ancheperiodico) tecnico-scientifico o al solo librodi cultura tout court, ma si cimentò, spessocon successo, nelle “grandi opere”, nella let-teratura per ragazzi nonché, anche se intono molto minore, nelle pubblicazioni perle donne. E si cimentò anche - ma sarebbemeglio dire si divertì - in quelli che solevanoessere chiamati gli hobby del sabato pome-riggio o i libri della domenica, libri dai con-tenuti più disparati e astrusi che non solonon venivano venduti, ma che poco o nullaavevano a che fare con le pur eterogeneelinee editoriali della casa editrice. Tra le opere di altissimo livello, spesso ope-razioni condotte in pura perdita dal punto divista finanziario, ma tali da rappresentaretappe importanti nella storia della cultura, cifu la stampa ad esempio, nel 1890, deiMonumenti antichi a cura dell’Accademia deiLincei, del Codice Atlantico di Leonardo daVinci nel 1894 e, nel 1898, della Divina

Commedia illustrata nei luoghi e nelle per-

sone a cura di Corrado Ricci.Opere certo di minor impatto culturale, madi assai maggior ritorno economico, furonoquelle pubblicate per i ragazzi. Con sicurointuito imprenditoriale, Hoepli capì infattifin dall’ultimo ventennio dell’Ottocentoquanto promettente fosse il “mercato” offer-to dal pubblico infantile e giovanile la cui

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crescente alfabetizzazione andava semprepiù accostando la lettura. A questo pubblicol’editore seppe offrire quanto di meglio laproduzione letteraria specializzata andava altempo elaborando, non solo in Italia, manell’intera Europa. E così accanto alle operedi note scrittrici italiane, da Anna VertuaGentile alla marchesa Colombi e a Ida Baccini,il catalogo Hoepli andò arricchendosi di tuttiquegli autori (importati d’oltralpe) che dove-vano ben presto diventare i classici della let-teratura infantile. Al seguito del celeberrimoPierino Porcospino, sulla 123ª edizione delloStruwwelpeter d’Hoffmann, tradotto in versida Gaetano Negri, vennero infatti pubblicatele opere dei Fratelli Grimm, di JonathanSwift, di Hans Christian Andersen, di DanielDefoe,…Se oggetto di attente e costanti cure fu ilpubblico giovanile, molto minore fu l’inte-resse per quello femminile che pure alloraandava affacciandosi nel mondo della lettura.Alle donne infatti l’editore, a parte un paio dioperette, I diritti della donna di Dohm del1877 e gli Svaghi artistici femminili. Ricami,

pizzi, gioielli, ventagli, specchi e vetri di

Murano del 1891 di Melani, dedicò solo unarivista dai toni fortemente conservatori: “Lastagione”. Edito dal 1882 al l915, il periodico,a significare il respiro europeo che semprealeggiò sulla produzione hoepliana, venivapubblicato in quattordici lingue e in due edi-zioni, la “grande” di lusso e la “piccola” piùeconomica, raggiungendo una tiratura com-plessiva di ben 750’000 copie a numero.Periodico esclusivamente di moda e di lavorifemminili, rifuggiva programmaticamentedalla pubblicazione di tutto ciò - racconti oromanzi che fossero - che potesse farsi vei-colo di idee sovvertitrici nel campo morale eartistico.L’idea tuttavia più feconda di Hoepli, quellache lo rese “unico” e “nuovo” nel mondo del-l’editoria non solo milanese ma italiana ingenerale, fu la realizzazione, sull’esempio diquanto avveniva già in Inghilterra, della col-lana dei Manuali. Fu proprio Ulrico Hoepli a“inventare” il termine “manuale” desumen-dolo dall’inglese handbook. Con i sobrilibretti di questa collezione il giovane editorediede il via a una delle più fortunate e impor-tanti operazioni culturali del tempo: la col-lana assecondava, al momento giusto, la fortedomanda di una società, specialmente quella

lombarda, in rapido decollo economico equindi bisognosa di “quadri” tecnici preparatie qualificati. I Manuali Hoepli costituironogli strumenti capaci di fornire un aiuto com-pleto nell’apprendimento o nella pratica diun mestiere o di una professione. L’accura-tezza, la semplicità, l’estrema varietà dellematerie trattate consentirono a UlricoHoepli di vincere la concorrenza di grandieditori, che pure da tempo erano attivi nelcampo della produzione scientifica, daDumolard a Sonzogno, da Vallardi a Treves.In breve tempo la collana dei Manuali assun-se una precisa fisionomia. Inaugurata nel1875 con il Manuale del tintore di Lepetit econsolidatasi nel 1877 con il fortunatissimo elongevissimo Manuale dell’ingegnere diGiuseppe Colombo, allora prestigioso diret-tore del Politecnico di Milano, assunse ilcarattere di un’enciclopedia in più volumicon intenti dichiaratamente divulgativi. Purcontinuando a prediligere argomenti dicarattere tecnico e scientifico - larga fu inquesto settore la loro utilizzazione come veri epropri testi scolastici - ben presto infatti iManuali investirono quasi tutti i settoridello scibile umano: dall’agraria alla fisica ealla chimica, dalla storia naturale alla medi-cina e alla chirurgia, dall’elettricità all’inge-gneria, dalle matematiche al diritto, dall’ar-cheologia alla storia e alla geografia, dallafilosofia e dalla pedagogia all’arte militare,dalla letteratura alla linguistica e alla musica.Gli anni che seguirono la nascita della collanadei Manuali furono contrassegnati da ungenerale e impetuoso sviluppo dell’industriaeditoriale lombarda. In particolare, Milanoera diventata il centro più importante dellaproduzione della carta stampata, dominatada due colossi, Sonzogno e Treves, al puntoda meritare l’appellativo di Lipsia d’Italia.Un contesto generale così favorevole nonpoteva non propiziare l’ulteriore crescita diun editore tanto eclettico e aperto alle novitàquale fu Hoepli. Da allora i volumi non ven-nero più pubblicati alla spicciolata, ma aondate: si affollarono senza tregua, vertigi-nosi, originali e tradotti. Nel 1880 furonopubblicati 53 volumi. Nel 1890 ne uscirono100. Tra il 1894 e il 1898, in un periodo dicrisi economica e sociale - erano gli annidella sfortunata campagna d’Africa, degliscandali bancari, dei “moti per il pane” -videro la luce circa 700 titoli.

Le vivaci copertine

di alcune vecchie

edizioni dei Manuali,

la più nota e

rappresentativa collana

della Casa Editrice

Ulrico Hoepli.

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Ulrico Hoepli

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Il risveglio economico di Milano all’iniziodel ‘900, dopo la tragica pausa del ‘98, fu par-ticolarmente evidente per Hoepli nella suaqualità di librario e di editore. Negli annidella belle époque infatti la libreria era piùche mai il cuore della vita intellettuale dellaMilano colta. Tra i suoi scaffali non era raroincontrare accanto agli uomini di cultura, ailetterati, agli “amici editori” della città,anche personaggi di grande fama che passa-vano per Milano: Giuseppe Giacosa, SemBenelli, Sabatino Lopez, Emilio Treves, iVallardi, Benedetto Croce, per non citarneche alcuni. Ed era proprio nella libreria chel’editore rilevava gusti ed esigenze della“domanda” proveniente dal mercato. Forsela libreria induceva e stimolava la domandastessa. La libreria insomma non si configu-rava solo come un mero centro commerciale,ma anche come un vivacissimo centro diinformazione e di cultura e una sorta di car-tina di tornasole delle necessità e dei gustidel pubblico di lettori.Se vivace era il lavoro della libreria, nonmeno fervida appariva l’attività editoriale.Ulrico Hoepli, coadiuvato dal nipote Carlo apartire dal 1903, alla ormai classica collanadei Manuali aveva ora affiancato numerosealtre, non meno importanti, raccolte: traqueste, la Biblioteca tecnica, la Biblioteca

classica hoepliana, la Collezione storica

Villari. Con il numero delle opere anche il pubblicocui esse si dirigevano si allargava. E si allar-gava soprattutto il nuovo pubblico deiragazzi e delle donne. A queste ultime, inparticolare, l’editore volle dedicare nel 1900,con largo anticipo rispetto ai tempi, un librodal titolo Come devo allevare il mio bambi-

no di Valvassori-Peroni e che altro non erase non una specie di precursore della bibbiadella puericultura contemporanea: Il mio

bambino del dottor Spock.Ai libri destinati al largo pubblico continua-va ad affiancarsi la pubblicazione delle grandiopere. Valga per tutte la “monumentale”Storia dell’arte italiana di Adolfo Venturi,iniziata nel 1901.La sfavorevole congiuntura economica chefece seguito alla Prima Guerra mondiale eche aveva segnato l’avvio del tramonto digloriose ed antiche case editrici milanesi,quali Treves e Sonzogno, sembrò non intac-care nella sostanza né la libreria né la casa

editrice. La Hoepli, infatti, dopo essersi tra-sformata nel 1923 da impresa individuale insocietà, ancorché a base strettamente fami-liare, e dopo aver iniziato anche il commer-cio di libri antichi, poteva contare nel 1925su di un catalogo di circa 5’000 titoli. Imanuali editi erano oltre 1’500 e 3’000 tuttele altre opere. La libreria continuava a essereil centro di cultura più amato e frequentatodella città. Quasi a suggellare il legameprofondo che univa ormai da tempo Hoepli aMilano, e a celebrare anche i sessant’anni delsuo arrivo nella città, il vecchio editore nel1930 volle donare al Comune un grande pla-netario affinché - come egli stesso ebbe pub-blicamente ad affermare - tutto ciò che eraprovenuto dalla scienza alla scienza potessetornare. A più di mezzo secolo dal suo arrivo nelcapoluogo lombardo, l’editore “svizzero” sitrovava a operare in una realtà completa-mente cambiata. Lo sviluppo dell’industriaeditoriale era un fatto compiuto, ma i prota-gonisti non erano più gli stessi. Ai colossi diun tempo, Sonzogno e Treves, si andavanosostituendo nuovi colossi, Mondadori eRizzoli. E nuovi e giovani editori andavanoemergendo. Basti pensare a Bompiani e aScheiwiller.Ulrico Hoepli sembrava uno dei pochi editori

Il logotipo con il motto

In labore virtus et vita

che dal 1870 accompa-

gna le pubblicazioni

della Casa Editrice

Ulrico Hoepli.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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della vecchia guardia sopravvissuti, non spaz-zati via dalla trasformazione e dalla moder-nizzazione del settore. Molteplici sembravanoi segreti di tale longevità. Innanzitutto, uncerto pragmatismo che lo aveva indotto nonsolo a non contrastare il quadro politiconazionale dell’epoca, ma anche a pubblicarenel 1933 gli Scritti e discorsi di BenitoMussolini, in seguito tanto discussi. In secon-do luogo, la cura costante del commerciolibrario, che sembrò tenerlo al riparo dairischi di impresa per la pubblicazione diopere di insuccesso. In terzo luogo, e soprat-tutto, una sostanziale fedeltà di linea editoria-le. Ben radicata nella nicchia di mercato con-quistata all’epoca dei Manuali, essa, abbando-nati sostanzialmente gli excursus nei più sva-riati “generi” editoriali, continuava a incardi-narsi nelle pubblicazioni tecnico-scientifiche.Testimonianza di tale fedeltà fu la rivista“Sapere”. Uscita per la prima volta nel 1935,pochi mesi dopo la sua morte, essa volevainfatti offrire (o meglio, voleva continuare aoffrire) una sorta di panorama di tutti gliavanzamenti nel mondo della scienza e dellatecnica. E ciò facendo, sotto la guida delnipote Carlo, essa diventava, nella scia dellatradizione, l’emblema della rinnovata stagio-ne editoriale.

* Professore di Storia del giornalismo presso la

Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli

Studi di Milano

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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Tra Svizzera e Italia. La vita e la figura di Ulrico Hoepli

di Tindaro Gatani*

Ulrico Hoepli quindicenne,

all’epoca in cui frequentava l’apprendistato

di libraio a Zurigo (1862).

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Ulrico Hoepli

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Ulrico Hoepli è nato il 18 febbraio 1847 aTuttwilerberg, una frazione di poche case diTuttwil, un villaggio del Canton Turgovia,“fra verdi declivi - dice Giovanni Galbiati, inUlrico Hoepli. Profilo, Milano, 1935 - nonlungi dal sospiro sempiterno del lago diCostanza, sotto l’arco del Reno, là dove ilfiume si volge maestoso e pigro versoSciaffusa”. A quattordici anni lo troviamo aZurigo, palestra della sua vita. È lì infatti chefrequenta le scuole professionali e impara il“mestiere”, lavorando in una delle migliorilibrerie della città. L’attività di libraio saràsvolta dal futuro editore successivamenteanche a Lipsia, a Breslavia, a Vienna, aTrieste e al Cairo, dove si occupa della alloraBiblioteca Chediviale, cioè del viceré egiziano.

A legarlo fortemente alla città della Limmatsarà anche il matrimonio, celebrato nel1872, con la zurighese Elisa Häberlin, suacompagna e collaboratrice infaticabile, cheaveva conosciuto due anni prima, quando,non ancora ventiquattrenne, si accingeva apartire per Milano, dove entrò il 7 dicembre1870, giorno di Sant’Ambrogio, patronodella città. A meno di un mese dal suo arrivonel capoluogo lombardo, Hoepli rilevò l’an-tica libreria di Teodoro Laengner in GalleriaDe Cristoforis, incrementandone ben prestola modesta attività libraria a cui affiancòquella editoriale.La Galleria De Cristoforis, alla quale si acce-deva da Corso Vittorio Emanuele, era, comericorda Gaetano Afeltra nell’articolo Il vec-

chio libraio e il suo segreto. Ricordi di una

Milano che non c’è più apparso sul“Corriere della Sera” del 9 febbraio 1991,“un lungo budello coperto da un’ampiavetrata, piena di botteghe il cui ricordoappartiene al grande patrimonio dellanostalgia milanese”. Qualche decenniodopo, oltre alle Edizioni Hoepli, “c’era unapettinatrice, un negozio di busti e reggiseni,la bottega di libri d’antiquario di WalterToscanini; c’era il Lucchini, stoffe peruomo; la ‘Betezat’ abitini per bimbi, unacalzoleria di lusso, la cartoleria Pancrazi, lafamosa Sala Volta, la libreria Paravia, lapensione De Cristoforis e alcuni studi diavvocati e di ragionieri”. La Galleria DeCristoforis era, insomma, nello stessotempo il salotto della Milano bene e unacelebre strada della città.Iniziando l’attività editoriale, il giovane tur-goviese, per evitare di entrare in concorrenzacon le case editrici già esistenti, decise dilimitare la pubblicazione di romanzi e operedi narrativa, per rivolgere invece la sua atten-zione a un campo completamente scoperto:quello della scienza e della tecnica. La lettera-tura propriamente detta, infatti, aveva già isuoi editori. Dopo l’Unità d’Italia, Milano, conla Biblioteca Ambrosiana, il Politecnico,l’Osservatorio Astronomico di Brera e l’Acca-demia Scientifico-Letteraria, era uno deimaggiori centri culturali europei.Sin dal primissimo periodo della sua perma-nenza in città, Hoepli si assicurò la validacollaborazione di Giovanni Piazza, che fuprima direttore della libreria aperta a Napoli,nel 1873, e poi, per tanti anni, procuratoredella stessa casa editrice.Nonostante vagheggiasse già “cose e belle egrandi”, l’azione del giovane editore fu agliinizi necessariamente improntata a criteri diprudenza oculata e precisa. “L’attività sua -come nota ancora il Galbiati - dovette esserenaturalmente, in sul principio, di assesta-mento e di assaggio, se audacia e prudenzainsieme congiunte dovevan maturare, ingiorni più lontani, i frutti sognati”. L’obiettivoprincipale dell’Hoepli era quello di contri-buire a soddisfare le necessità culturali e leesigenze del sapere della nuova Italia, “in cuii problemi delle industrie e dei commerci equelli della vita pratica s’imponevano consingolare urgenza, come non risolubili senon attraverso una vasta, rapida propulsione

Ritratto di Elisa

Häberlin, moglie di

Ulrico Hoepli,

intorno al 1872.

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e diffusione culturale, studiata con precisione,attuata con efficacia di metodi e di mezzi”(Gli Svizzeri in Italia, Milano, 1939).Per illustrare la vita e l’opera di questo grandepersonaggio, in occasione delle celebrazionidel 150° anniversario della nascita che sisono tenute il 22 agosto 1997 nella nativaTuttwil, è stato pubblicato, nelle edizionidella Neue Zürcher Zeitung, un preziosovolume intitolato «...am literarischen

Webstuhl...». Ulrico Hoepli 1847-1935.

Buchhändler, Verleger, Antiquar, Mäzen.Coordinati da Joseph Jung, Segretario dellaFondazione Hoepli, ben 25 studiosi hannocontribuito alla realizzazione di questaimportante opera, che viene ad arricchire labiografia del “produttore” di cultura e asser-tore di sempre più stretti rapporti tra Italia eSvizzera, in nome dei molti valori e dellemolte esigenze comuni. Nell’introduzione alvolume, il consigliere federale Flavio Cotti,Presidente della stessa Fondazione, ha tral’altro sottolineato come “nell’Italia da pocounificata del 1870, Ulrico Hoepli [...] riuscìad interpretare nel modo migliore i cambia-menti a cui il giovane Stato andava incontronella sua rapida industrializzazione”, rispon-dendo con i suoi Manuali “al nuovo bisognodi un sapere più approfondito e accessibile atutti nel settore della tecnica e delle scienzenaturali”. L’importanza che ancora oggi legala casa editrice milanese con la Svizzera ètestimoniata dal successo di critica e dipubblico della mostra, tenutasi alla Zentral-bibliothek di Zurigo (dicembre 2003- feb-braio 2004), sulla figura e l’opera di Ulrico

Hoepli (1847-1935) ein Thurgauer zwischen

Limmat und Naviglio.Hoepli fu svizzero e italiano nello stessotempo e, per sottolineare l’amore per le suedue patrie, era solito ripetere: “Provo perl’Italia lo stesso amore che provo per laSvizzera”. E alle “sue due patrie” egli fece unnumero tale di donazioni che è difficileprenderle tutte in considerazione. Questasua munificenza è stata di recente documen-tata da Joseph Jung in un saggio compresonell’opera testé citata, tradotto e ripreso inUlrico Hoepli. 1847-1935. Editore e libraio,a cura di Enrico Decleva, Milano, 2001. Allenumerose e svariate richieste che riceveva daTuttwil e dall’intera Turgovia, il “Milanese”,come rispettosamente lo chiamavano i suoiconcittadini, rispondeva sempre con grande

generosità. Per questo, quando ritornava nelsuo paese di origine, i maggiorenti locali edel governo cantonale andavano a rendergligli onori ufficiali con la banda musicale,canti, spari di mortaretti, case imbandieratea festa. Per l’occasione, il Comune procla-mava anche la cosiddetta “giornata milane-se”, un giorno di vacanza per festeggiare unfiglio tanto illustre.La sua generosità non si limitò al villaggionatale. Egli fece infatti tante altre donazioni,di cui beneficiarono la Zentralbibliothek diZurigo, il manicomio di Münsterlingen, laScuola svizzera di Milano e l’Università diZurigo.Nel 1911 volle istituire, sempre a Zurigo,una fondazione che portasse il suo nome e si

prodigasse per l’incremento degli studi lette-rari e scientifici degli studiosi dei due Paesi.In quell’occasione, il governo svizzero,approvandone l’atto costitutivo, non esitò adichiararsi pronto ad assumerne la presi-denza. Le autorità elvetiche dimostravanocosì l’alta riconoscenza verso questo lorocompatriota che tanto aveva saputo illustrar-si nel suo eccezionale impegno culturale inItalia. La Fondazione Hoepli, nella sua meri-toria attività, provvede ancora oggi a elargiregenerosi contributi ai cultori delle scienze edelle lettere dei due Paesi. Tra i tanti doni daessa fatti alle istituzioni culturali svizzerericordiamo il quadro La cameriera, olio sutela di Amedeo Modigliani, regalato nel 1927al Kunsthaus di Zurigo. Alla “sua” Milano Ulrico Hoepli regalò, tral’altro, una preziosa collezione di quadri e,in occasione del 60° della fondazione dellacasa editrice, il celebre Planetario ai giardinidi Porta Venezia, ancora oggi tra i piùmoderni del mondo. Moltissimi furono ivolumi che egli donò alle biblioteche dei duePaesi che gli mostrarono, in diverse occasio-

La popolazione di

Tuttwil si affolla attorno

alla casa natale di

Ulrico Hoepli in

occasione del matrimo-

nio dell’omonimo

pronipote dell’editore

con Teresa Gerberding

(7 aprile 1934).

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Ulrico Hoepli

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ni, tutta la loro riconoscenza: l’ateneo dellacittà della Limmat concedendogli, nel 1901,una laurea honoris causa come grande pro-motore delle scienze; Milano, invece, intito-landogli una delle sue vie nel cuore dellacittà, la stessa in cui ha sede ancora oggi lacasa editrice che porta il suo nome.Alla proverbiale modestia dei coniugi Hoeplifece contrasto soltanto la villa in stile rina-scimentale italiano di 350 metri quadrati,che si fecero costruire in zona Sempione nel1894-95. Il villino Hoepli, con un ampiogiardino, contava in tutto 28 stanze, tra lequali una splendida sala da pranzo lunga 9metri e larga quasi 5, una sala cinese, unarinascimentale, una da biliardo. Aveva unagrande scalinata interamente in legno, unavetrata decorata dall’artista svizzero RichardArthur Nuscheler, una loggia alla quale siaccedeva dalla sala da pranzo e una terrazza.Nessuno ha mai saputo spiegare, come sot-tolinea Joseph Jung, “le ragioni che spinserola coppia Hoepli a fare erigere una villa cosìimponente”. Anche perché “certamente ilvillino non servì a esibire la posizione rag-giunta, né vi ebbero luogo splendide feste”.Come si sa, infatti “Hoepli prediligeva unaforma di tranquilla ospitalità, apriva la suacasa ad amici e conoscenti, di solito il saba-to sera, per conversare, giocare, cenareinsieme”.In una sola grande occasione, il villino svol-se una sua funzione di rappresentanza allor-ché, nel 1906, ospitò il presidente federaleLudwig Forrer giunto a Milano per le ceri-

monie di inaugurazione del traforo delSempione. Il villino venne allora sorvegliatoda un plotone d’onore e gli omaggi dei mila-nesi furono così numerosi e insistenti che il“re della Svizzera” dovette ripetutamentemostrarsi al balcone. Joseph Jung ci svelaper la prima volta un episodio divertente,raccontando come Hoepli, accingendosi asalire in carrozza per accompagnare Forreralle manifestazioni ufficiali con il Re d’Italia,si accorse che il Presidente portava il suosolito cappello floscio. “Così non va proprio”,esclamò Hoepli. “Dobbiamo presentarci incilindro!”. “Se a qualcuno non sta bene, peg-gio per lui”, replicò Forrer. “Ho portato conme solo questo cappello ed è evidente chenon ne posso indossare un altro”. “Stabene”, rispose Hoepli. “Allora dovrete fare ameno della mia compagnia; in un’occasionecome questa non posso assolutamente anda-re contro ogni etichetta”. Allora Forrer, sba-lordito e ormai arrabbiato, osservò: “E dove,di grazia, potrei procurarmi un cilindroall’ultimo momento?”. “Questo è prestofatto”, disse Hoepli, che fece un cenno allasua governante, Marie Bützberger, la qualearrivò con due cilindri nuovi acquistati ilgiorno prima. Il 14 febbraio 1930, a testimonianza dellastima e del riconoscimento che si era con-quistato in sessanta anni di attività comeeditore e libraio, Ulrico Hoepli veniva rice-vuto a Roma, nello stesso giorno, in succes-sione, dal Papa, dal Re d’Italia e dal capo delgoverno, Benito Mussolini. Era un onore

Il villino Hoepli in un

acquerello del 1896.

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riservato ai soli capi di stato. Nel 1933, laCasa Editrice Ulrico Hoepli fu presceltaanche per la pubblicazione degli Scritti e

discorsi di Benito Mussolini, un progettoche ebbe in pochi anni una tiratura di ben240’000 volumi delle opere del Duce. Comericorda Eduard Stäuble, in I protagonisti,Locarno, 1995, “Hoepli aveva all’epoca unatteggiamento assolutamente aperto neiconfronti del Duce, che per lui, come permolti italiani, incarnava l’idea dell’avvenutaunificazione e dell’unità della giovane

nazione”. E “a Hoepli il destino risparmiò lepeggiori delusioni riguardo al Duce (1935,conquista dell’Abissinia; 1939, invasionedell’Albania; 1940, entrata in guerra al fian-co di Hitler)”.Oltre alla passione per i libri e l’antiquariato,Ulrico Hoepli amò la montagna e i viaggi.Scelse le montagne svizzere come luogo pre-ferito di vacanza, dimostrando anche in que-sto l’attaccamento alla patria, e da solo o coni soci del Club Alpino Italiano, quando pote-va, si recava a visitare e a scalare ora le Alpisvizzere, ora quelle italiane. Non tralasciavanemmeno qualche puntata in terre lontane,come quando si spinse fino allo Spitzberg oin Egitto con la moglie Elisa, oppure inSpagna, in Oriente così come per due voltein America, del Nord e del Sud. E infine nellavecchiaia, all’età di 85 anni, volle ancor pro-vare “l’ebbrezza del sorvolare le Alpi”. Il suodesiderio fu appagato grazie al pilota svizze-ro Walter Mittelholzer che, lunedì 20 aprile1931, lo condusse con il suo aereo da Milanoa Zurigo, dove l’editore fu ospite d’onore alcorteo del Sechseläuten, la festa organizzata

dalle corporazioni della città della Limmatper festeggiare l’inizio della primavera bru-ciando il Böögg, il fantoccio dell’inverno.Il giorno dopo, il “vecchio” Hoepli era già diritorno a Milano al suo posto di lavoro, dovearrivava sempre di buon mattino. E al suoposto di lavoro sarà colto serenamente dallamorte, mentre sta scrivendo una lettera, lamattina del 24 gennaio 1935, all’età di 88anni. Commemorando l’illustre scomparso,il 4 giugno dello stesso anno, in un discorsotenuto al Planetario di Milano, GiovanniGalbiati, Prefetto dell’Ambrosiana, fece unampio e fedele ritratto dell’editore, che poiservirà da traccia per il citato Profilo: “Avederlo, l’Hoepli, a conversare con lui, sipensava facilmente a qualcuno di quei nostrilibrari del ‘400, che furono artigiani nellapropria bottega, come lo Zaroto a Milano, efurono tutti una cosa sola con i propri libri.Di media statura, quadrato, il volto pieno, icapelli ritti sulla fronte e tuttora folti sui lati,

la barbetta tagliata e dura, semplice, precisoe conciso di parola, non senza un’arguziatranquilla d’antico renano di Turgovia, pre-ciso sempre come un buon orologio svizzerodi classe robusta. Sapeva quello che voleva,quali libri gli conveniva stampare secondo ilcompito ed il piano che aveva prefisso a sestesso nella vastità dell’arte editoriale”. Equesto dopo aver detto che “Hoepli a nessunoera assente e tutto vigilava in una rigida easciutta disciplina che sapeva però di bontà edi dolcezza vorrei dire paterna, tanto chequei collaboratori egli seguiva liberalmentee generosamente perfino al di là della libre-ria, nelle vicende familiari”.Al clima familiare che regnava presso la casaeditrice fa riferimento anche Gaetano Afeltranel citato articolo del “Corriere della Sera”.

A sinistra:

Ulrico Hoepli alle

Cascate del Niagara,

dove si recò nel corso

del viaggio in Nord

America del 1893-94.

A destra:

Ulrico Hoepli (quarto

da destra) e il pilota

svizzero Walter

Mittelholzer (quarto

da sinistra) in occasione

della transvolata delle

Alpi del 20 aprile 1931.

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Ulrico Hoepli

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Parlando di Cesare Branduani, il leggendariolibraio milanese scomparso a ottant’anni nel1976, “personaggio di una lunga stagioneculturale, amico di centinaia di scrittori”,l’Afeltra ricorda come “Cesarino” avessecominciato a lavorare a dieci anni presso lacasa editrice di Ulrico Hoepli, dove il padre,un portalettere che con 90 lire al mese nonce la faceva a tirar su sette figli, era riuscitoa collocarlo. “Va bene, lo mandi alle sette inpunto”, gli aveva detto il signor Ulrico, “evedremo di fargli fare qualcosa”. E così lamattina dopo, con buon anticipo, l’umileportalettere e il bimbo aspettarono che fossealzata la saracinesca della libreria in GalleriaDe Cristoforis. “Hoepli quando vide quel ra-gazzino con gli occhi arguti ma con la facciaancora da bambino dovette intenerirsi.Prendendolo per mano per affidarlo al capodei fattorini, prima gli chiese: ‘Come ti chia-mi?’ - ‘Cesarino’. E da quel momento pertutti fu sempre solo Cesarino”. Nel volgere

di pochi anni, Cesarino diventò uno deimigliori collaboratori della libreria. Si rac-conta che grazie alla sua memoria eccezio-nale ricordasse non solo i 2’000 titoli deiManuali Hoepli, ma anche i prezzi e la col-locazione negli scaffali di tutti i volumi. Ecosì, da umile commesso, Cesarino, salendotutti i gradini, divenne direttore della libre-ria, restando sempre affettuosamente rico-noscente al suo datore di lavoro. Oltre che per i celebri Manuali, la CasaEditrice Hoepli conseguì ben presto grandesuccesso per le sue prestigiose collezioni di

arte, letteratura e scienza e per le sue son-tuose pubblicazioni in folio. Come i Manuali,anche le opere delle collezioni erano curatedai maggiori esperti della materia trattata.Tra le collezioni hoepliane un cenno partico-lare meritano le sfarzose edizioni dei Codici

Vaticani; le Collezioni archeologiche, artisti-

che e numismatiche dei Palazzi apostolici; iMonumenti storici ed artistici del canton

Ticino. Lo svizzero Ulrico Hoepli seppemostrare il suo grande amore per la patriaadottiva, ponendo grande cura anche nellapubblicazione di opere e di studi danteschi.La prima edizione del poeta presso Hoepli èil “Dantino” in caratteri microscopici del1878. Più tardi seguiranno il “Dante minu-scolo” del Fornaciari, la riproduzione ineliocromia del Codice Trivulziano del 1337 eil “Dante del Re”, la Divina Commedia cosìchiamata perché voluta da re Umberto I conil commento di Stefano Talice da Ricaldone.Per i tipi dell’Hoepli videro ancora la lucediverse edizioni della Vita nuova e delCanzoniere, l’Ultimo rifugio di Dante

Alighieri di Corrado Ricci, i Nuovi studi dan-

teschi del D’Ovidio, Beatrice nella vita e

nella poesia del secolo XIII, Dante e la

Francia del Farinelli e diverse altre opere trale quali ricordiamo ancora Dante nell’arte

tedesca del Locella.A un editore come l’Hoepli, così attento, invirtù delle sue origini svizzere, a quantoaccadeva nel mondo culturale germanico esoprattutto nella sua patria, non potevasfuggire l’importanza dei profondi studidanteschi del connazionale Giovanni AndreaScartazzini. Nato a Bondo, un villaggio dellaVal Bregaglia, nel 1837, dopo i primi studinel borgo natio e la licenza liceale a Basilea,lo Scartazzini frequentò per qualche tempola facoltà di teologia nella città renana equindi si trasferì, “per dissensi ideologici”con i professori, all’università di Berna. Ed’allora in poi dissensi, contrasti e intolle-ranza saranno purtroppo spesso presenti neisuoi rapporti, sia di lavoro che di studio. Ilbregagliotto era insomma - come ha notatoReto Roedel nella sua Lectura Dantis,Bellinzona, 1965 - di “natura esigente e, conl’occasione, litigiosa”, e quindi “non siambientava facilmente”. Un uomo con que-sto carattere non era fatto per restare alungo nello stesso posto. Come pastoreriformato, il suo peregrinare lo porterà in

Il catalogo editoriale

dei 500 Manuali Hoepli

(1897).

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diverse comunità della Svizzera, con unaparentesi anche nella sua Bregaglia, aSoglio, per finire a Fahrwangen sul lago diHallwil nel Canton Argovia, dove trascor-rerà, insieme alla moglie e ai figli, gli ultimidiciassette anni della sua vita. Qui morìinfatti nel 1901. Il suo grande interessefurono gli studi di Dante e soprattutto dellaCommedia. La sua dedizione si spinse, comenota il Galbiati, “fin quasi all’esasperazione”tanto che “palpitò unicamente per Dantedelle cui citazioni eran piene perfino le pre-diche ch’egli teneva agl’incolti villani”. Perdedicarsi ai suoi studi prediletti, senzadistrazioni, lo Scartazzini preferì semprepiccoli villaggi come luogo del suo ministe-ro. Gli vennero perciò a mancare i contatti ei confronti con altri studiosi, tanto necessaria un lavoro di grande sintesi. Ma i suoi studivennero comunque accolti con successo inGermania e in Italia. Erano gli anni in cui inquesti due Paesi si assisteva alla grande

riscoperta di Dante e della sua maggioreopera.Nel 1880, Hoepli andò a trovare il pastore aSoglio per concordare la pubblicazione delDante in Germania. Storia letteraria e

bibliografia dantesca alemanna in due volu-mi, usciti rispettivamente nel 1881 e 1883.Nello stesso 1883, sempre dello Scartazzini,uscivano nei Manuali una Vita di Dante e

Opere di Dante, raccolti l’anno seguente nelvolume unico della Dantologia. Proprionella Dantologia - come sottolinea RetoRoedel in Giovanni Andrea Scartazzini,Chiasso, 1969 - venivano a fondersi insiemegli ideali dei due svizzeri che per loro naturabadavano soprattutto alla divulgazione e allasoddisfazione di tutte “quelle curiosità chetroppi altri biografi e studiosi di Dante” ave-vano disdegnato, ma che potevano invece“rispondere alle esigenze di molti”, senzatrascurare di procedere scientificamente“nonostante il carattere divulgativo”.Intanto, nella nuova residenza del pastore, aFahrwangen, Hoepli e Scartazzini si incon-trarono una seconda volta per concordarel’ “edizione minore” de La Divina Commedia

riveduta nel testo e commentata, che vide laluce nel 1893. L’uscita del nuovo commentoscartazziniano diede adito, com’era preve-dibile, a un’ondata di dure critiche. LoScartazzini infatti, ancora una volta, avevavolutamente ignorato commentatori deiquali non avrebbe per certi versi potuto farea meno. E le polemiche non potevano quindimancare. Il rude bregagliotto non era peròuno che si lasciava facilmente impressionare ecertamente non rinunciava mai a rispondereper le rime. Ulrico Hoepli, già da tempo, avevatuttavia recepito le critiche mosse al suo com-patriota. Ne troviamo testimonianza in unalettera indirizzata al filologo zurighese KarlTäuber, conservata alla Zentralbibliothek diZurigo, nella quale, in data 14 gennaio1890, egli, tra l’altro, scrive che “Scartazziniè fino ad un certo punto un’autorità”, ma“negli ultimi anni non si è più mantenutoall’altezza dei tempi”. Mai comunque ven-nero meno la stima e l’amicizia personalidell’editore verso il dantista svizzero, delquale uscirono ancora, sempre da Hoepli,nel 1896 il primo e nel 1899 il secondo volu-me dell’Enciclopedia dantesca. Dizionario

critico e ragionato di quanto concerne la

vita e le opere di Dante Alighieri, il cui terzo

Copertina bodoniana

del “Dante minuscolo

hoepliano” pubblicata

su Il Natale del libro del

1904.

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Ulrico Hoepli

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volume, costituito dal Vocabolario-concor-

danza delle opere latine e italiane, sarà por-tato a termine, per la sopravvenuta mortedello Scartazzini, da Antonio Fiammazzo nel1905. L’importanza e la fortuna del lavorodel bregagliotto è dimostrata anche dal fattoche quel Commento scartazziniano staancora scritto in un bel rosso sul frontespi-zio della Commedia dell’Hoepli, curata, apartire dalla quarta edizione del 1903, daGiuseppe Vandelli e che è andata ristampatafino in tempi recenti. L’edizione hoeplianadel commento scartazziniano ha comunquedato un impulso e un’impronta tali allaconoscenza della Divina Commedia che ifuturi postillatori, per quanto autorevoli,non avrebbero potuto non tenerne il debitoconto. Infatti, ancora oggi - come ha fattonotare il Roedel - anche se “l’indirizzo deicommentatori è diverso, rivolto più allasoluzione di quei problemi che a noi risulta-no i veri e quasi unici che una tale poesiaimponga, l’opera scartazziniana, poderosanel campo della documentazione erudita,rimane strumento acquisito dei nuovi indi-rizzi, i quali, se non vogliono cadere in vuotesacche, non possono e non devono ignorarela verità alle cui identificazioni tesero leindagini del Nostro”. Indagini che, “dato ilbilinguismo” di chi le conduceva, “poteronofarsi mediatrici fra la cultura del Nord equella del Sud”.Ulrico Hoepli, rimasto senza eredi diretti,volle sempre mantenere all’impresa uncarattere familiare, cosa che fece chiamandoa lavorare con sé i due nipoti Carlo Hoepli edErardo Aeschlimann. In occasione del cin-quantesimo di fondazione della sua Azienda,nella premessa al Catalogo generale dellacasa editrice per l’anno 1922, l’editore, a sot-tolineare la sua gratitudine all’Italia, tra l’al-tro, così scriveva: “Non tocca a me giudicaredell’opera mia: questo voglio tuttavia affer-mare: che quanto feci mi fu inspirato dall’a-more ardentissimo per l’Italia, dalla fedeinconcussa che ho nel suo avvenire, dalrispetto per la serietà e la dignità deglistudi, che fanno di grado in grado miglioril’uomo e la Società. I miei due nipoti, CarloHoepli ed Erardo Aeschlimann sono qui persuccedermi, quando sentirò di non poterpiù reggere a questo posto di battaglia. Adessi, che cominceranno dal punto dove iosarò arrivato, rivolgo sin d’ora un cordialis-

simo saluto augurale. Con la fermezza dellavolontà, con la fede negli ideali si può, sideve andare sempre più oltre”. E al suo“posto di battaglia”, Ulrico Hoepli, comedetto, morirà 13 anni dopo.La Casa Editrice Ulrico Hoepli pubblicava,come abbiamo visto, di tutto, ma nonromanzi. Dei circa ottomila titoli pubblicatidal fondatore pochissimi sono di narrativa. Ei suoi successori si sono mantenuti fedeli aquesta ricetta, continuando a dare ampio spa-zio agli astronomi, ai linguisti, ai geografi, aidantisti, ai bibliotecari, agli storici dell’arte,ai divulgatori della cultura tecnica e scienti-fica. Dopo che, nel 1935, la Galleria DeCristoforis era stata abbattuta, tutte le atti-vità della Hoepli si erano trasferite in viaBerchet, dove la libreria, con le sue 14 vetri-ne, divenne una tra le più belle e più grandid’Italia. Distrutta completamente nel corsodei bombardamenti della Seconda Guerramondiale, la Casa Editrice e la LibreriaInternazionale Ulrico Hoepli furono tra leprime imprese di Milano e riprendere l’atti-vità dopo il 25 aprile del 1945, giorno dellaliberazione dal nazifascismo. Nella sua sededi Corso Matteotti, sotto la guida dei succes-sori, la casa editrice e la libreria continuaro-no la loro opera al servizio della cultura edella scienza. Simbolo dell’avvenuta rico-struzione fu, nel 1958, l’inaugurazione del-l’odierna sede, con una moderna libreria e inuovi uffici, sita in via Hoepli 5 nel centro diMilano, tra il Duomo e la Scala, voluta daUlrico Hoepli (1906-2003) e progettata dagliarchitetti Figini e Pollini.

Il dantista bregagliotto

Giovanni Andrea

Scartazzini (1837-1901),

autore del famoso

commento alla

Divina Commedia, più

volte edito dalla Hoepli

a partire dal 1893.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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A noi piace ricordare Ulrico Hoepli con il belritratto che di lui fece l’anonimo autore chene tratteggiò la figura nel già ricordato Gli

Svizzeri in Italia, edito nel 1939 a cura dellaCamera di Commercio svizzera di Milano:“In Ulrico Hoepli lavoratore instancabile,metodico, preciso, meraviglioso d’attività,fecondo di comprensione, volta a volta auda-ce e riservato, s’identifica e si personifica iltipo ideale del grande editore moderno, chedeve accomunare, nella mente agile e pron-ta, la rapidità e la precisione della intuizionecommerciale alla più elevata spiritualità;poiché nella società moderna [...] la funzionedel libro non è più la espressione d’una atti-vità commerciale e industriale, ma è soprat-tutto un servizio difficile e delicatissimo alleesigenze del pensiero e della pratica. [...]L’Hoepli ebbe il pregio di non cristallizzarsi,nemmeno con l’età matura, nemmeno conla tarda età [...]: spirito e mente maturiquand’era giovane d’anni, fu giovanile d’in-gegno e di intenti quando la vecchiezzaavrebbe potuto giustificare un rilassamentodi energia. Ulrico Hoepli fu un costruttore:tenace e duro quanto intelligente e pronto,accoppiando all’intuito pratico un fervidoamore per l’arte editoriale di cui fu sempresignore. Seppe costruire la sua azienda [...]senza improvvisazioni e senza lentezze,rifuggendo da ogni esperienza non meditata,rifiutandosi costantemente ad ogni stasiconservatrice. Ebbe in Italia colleghi insigni,saliti in alta fama, come editori e come arti-sti: li stimò, plaudì all’opera loro, che ancheammirò e incoraggiò. [...] Ma non imitò nes-suno, né ebbe imitatori nel senso esatto dellaparola. La sua opera fu troppo personale eoriginale. [...] Per sessanta anni molti grandiingegni [...] gravitarono intorno a UlricoHoepli e alla Sua Casa [...] perché l’opera dilui fu tutta personale e creatrice, ed ogni suaconquista editoriale fu una vittoria del suoingegno, del suo istinto, del suo metodo. Nelcorso della sua lunga vita Ulrico Hoepli ebbeamici devoti, taluni assurti alla gloria di unafama imperitura. [...] Ma di Lui furono amicitutti coloro che in Lui sentirono e conobbe-ro, per loro esperienza e per Sua virtù, ilPrincipe degli editori”.

* Ricercatore presso la Zentralbibliothek di

Zurigo

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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Hoepli mecenate. La Fondazione Ulrico Hoepli

di Joseph Jung*

Amedeo Modigliani, La cameriera,

olio su tela, 1916. Il quadro fu donato

dalla Fondazione Ulrico Hoepli

al Kunsthaus di Zurigo nel 1927.

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Ulrico Hoepli

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L’idea di una fondazione occupava i pensieridell’allora cinquantenne Ulrico Hoepli giàalla fine degli anni Novanta dell’Ottocento.Sullo scopo da dare alla fondazione, però, ilcelebre editore rimase a lungo indeciso.Nell’estate del 1911 scelse di promuovere “ilsostegno dei Consiglieri federali che siavviavano alla pensione”; contro quest’ideasi espresse però il consigliere federaleLudwig Forrer, dichiarando che il governo“non avrebbe mai potuto accettare” un simileregalo. La proposta proveniente da Berna, diassegnare opportunamente la dotazionedella fondazione a “una rivista tecnica diprim’ordine” progettata dal Politecnico, siscontrò con il rifiuto di Hoepli stesso. LaFondazione Ulrico Hoepli trovò infine lapropria ragion d’essere nel “sostegno alleistituzioni e iniziative di pubblica utilità(soprattutto quelle benefiche) o che si ado-peravano per promuovere le scienze e le artiin Svizzera”, finalità sancita con atto notariledell’8 settembre 1911. Inizialmente Hoepliconferì alla Fondazione 100’000 franchi edispose che i beni della Fondazione stessafossero gestiti sine die dal Crédit Suisse.Sulla destinazione concreta dei mezzi finan-ziari si sarebbe pronunciata una commissio-ne di gestione, benché Hoepli si riservassefacoltà speciali di indirizzo. Come suarichiesta non vincolante, prescrisse laseguente ripartizione: la metà degli importidisponibili assegnata ad attività di pubblicautilità e beneficenza, in particolare a poveri,ammalati e alla gioventù; un quarto per atti-vità di carattere scientifico, e più precisa-mente a favore della cassa per le vedove e gliorfani dei professori del Politecnico edell’Università di Zurigo, delle scuole canto-nali di Zurigo, Winterthur e Frauenfeld; unquarto per attività artistiche nei campidella letteratura, delle arti figurative e dellamusica.Hoepli affidò la gestione della Fondazione auna commissione di cinque membri che -dopo molte modifiche apportate da Hoeplistesso - deve ancora oggi essere composta daun rappresentante del governo (che la pre-siede), da un Consigliere di Stato del CantonTurgovia e da uno del Canton Zurigo, dalPresidente e da un membro del Consiglio diamministrazione o della Direzione delCrédit Suisse. L’esecuzione delle delibera-zioni e la tenuta della corrispondenza è

responsabilità del Segretario, provenienteanch’egli dai dipendenti della banca. Non fameraviglia, visti i suoi contatti personali,che Hoepli, nonostante l’allora “modesto”capitale in dotazione, fosse riuscito a con-vincere dei rappresentanti del Governo aoccupare un posto nella commissione digestione. Così, il consigliere federale LudwigForrer divenne anche primo Presidentedella Fondazione Ulrico Hoepli.

All’inizio del 1923 Ulrico Hoepli aumentò ilcapitale della Fondazione a 500’000 franchi.Nell’anno successivo donò un altro mezzomilione di franchi. Alla morte di LudwigForrer, il governo - seguendo le volontà delfondatore e su espresso desiderio del consi-gliere federale Giuseppe Motta - designòcome rappresentante il consigliere federaleHeinrich Häberlin. “Ho la sensazione - scrisseHoepli nel 1922 a suo nipote - che potremmofare molte belle cose per Tuttwil e laTurgovia”. Häberlin, turgoviese, che presie-dette la Fondazione per 26 anni, non delusele aspettative. Degli importi complessiva-mente erogati fra il 1924 e il 1935, pari acirca 460’000 franchi, quasi 100’000 franchifurono destinati a progetti nel CantonTurgovia. Se nel periodo sopra citato si con-siderano solo le erogazioni a scopi caritativie sociali, il Canton Turgovia, con i suoi73’000 franchi, pari al 40% circa di questeassegnazioni, fu in testa alla lista dei cantonibeneficiari. La Fondazione Ulrico Hoepli si guadagnòrapidamente grande prestigio: già nei primidecenni di attività, quando ancora non esi-stevano le fondazioni costituite per gli anni-

[XXXIV]

Ulrico Hoepli riceve

il presidente svizzero

Ludwig Forrer il

1° giugno 1906, in

occasione delle

celebrazioni milanesi

per l’apertura del

traforo del Sempione.

Forrer fu il primo

Presidente della

Fondazione Hoepli.

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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versari delle grandi banche, quando altrefondazioni, oggi divenute importanti, nonerano neppure state costituite e altre ancoraavevano malamente perso il loro capitale inspeculazioni, la Fondazione Ulrico Hoeplirivestì un importante ruolo culturale esociopolitico. L’allora presidente dellaFondazione dichiarava, nel 1935, che “moltiestranei si infilano persino nella nostramangiatoia delle sovvenzioni”, e ancora:“Ora ho un gran daffare con la FondazioneHoepli, poiché il bisogno regna anche nellacerchia degli scrittori e degli artisti...”,oppure, nel 1940: “Mi sento ormai comeun’edizione tascabile della mucca svizzeradelle sovvenzioni, che ora viene munta allamammella Hoepli ora alla mammella ProHelvetia. Sono la prova biologica che lamucca sta bene solo quando viene munta”.Nel 1911 Ulrico Hoepli vide nell’attivitàsociale e caritativa un compito essenzialedella sua Fondazione; in nessun caso dovevadiventare un istituto per sostenere scrittorisenza talento, non doveva “allevare scrocconiche vivono sulla soglia del tempio delle bellearti, togliendo la luce agli eletti” e nemmenoessere una compagnia di assicurazioni pergli editori, per consentire loro di pubblicarelibri senza rischio imprenditoriale. Hoeplinon volle neppure che grazie ai contributidella Fondazione lo Stato si sentisse esone-rato dai suoi obblighi culturali. Egli disposeespressamente che “la politica e la religione”non avessero alcun peso nelle erogazioni. Larinuncia, avvenuta più tardi, a indicare spe-

cificamente i contenuti delle attività allequali destinare i mezzi finanziari, si dimo-strò un atto di saggezza. La commissione digestione, che ha sempre avuto la facoltà diriferirsi, nella deliberazione, a criteri di qua-lità, ha sinora sfruttato appieno questa totalelibertà nell’ambito dello scopo della Fonda-zione, adeguando le motivazioni delle asse-gnazioni, nel corso degli anni, alle sempremutevoli esigenze della società. La Fondazione Urlico Hoepli presta oggi unapprezzato contributo in campo culturale.Onorando la vita e l’opera di colui che lacostituì, considera come proprio principalemandato la pubblicazione di libri di qualità,con un’attenzione particolare ai temi storico-culturali e alle pubblicazioni nell’ambitointellettuale comprendente l’area linguisticasvizzera e quella italiana. La Fondazione èanche strettamente legata alla patria diHoepli, il Canton Turgovia: sente come pro-pria missione il mantenimento dell’ereditàculturale, attuato attraverso il continuosostegno a selezionati progetti di conserva-zione dei beni monumentali.

Ulrico Hoepli era un mecenate anche a titoloprivato: della sua magnanimità la Svizzera el’Italia beneficiarono in ugual misura. Fece ilpiù grande regalo alla sua patria elettiva conla pubblicazione dei grandi classici italiani edei testi di contenuto tecnico-scientifico, checontribuirono alla prosperità italiana. La suaattività di mecenate coronò l’opera di un’in-tera vita.

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Hoepli nel 1927,

al tavolo di lavoro

nella libreria di Galleria

De Cristoforis.

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Hoepli si definiva un “Italiano di cuore, disentimenti, di affetti, ma più propriamenteMilanese”. Coerentemente, pensò alla cittàdi Milano più che a ogni altra: con la Bi-blioteca Popolare Ulrico Hoepli, fondata inoccasione del cinquantenario di fondazionedella sua casa editrice, con il Planetariuminaugurato il 23 maggio 1930 e con una pre-giata collezione di quadri. Nel 1930 UlricoHoepli ricevette la Medaglia d’oro dellaCittà, che premiò anche le sue tante dona-zioni avvenute in totale discrezione.Riservava particolare attenzione al sostegnofinanziario per le attività scolastiche e scien-tifiche nella sua “patria adottiva”, affinchégli studenti condividessero il suo successo eil profitto che aveva ottenuto grazie ai libri.Alla passione per l’Italia fece da contrappun-to il mecenatismo nella Patria elvetica, conun numero imprecisabile di donazioni. “Ilbuon Ulrico negli ultimi tempi è talmenteinondato di richieste di offerte, che puntual-mente mi inoltra, che dovrò assumere unsegretario solo per rispondere a quelle”,disse nel 1930 Johann Heinrich Hoepli. Fra irichiedenti vi erano estranei e amici, privaticittadini e funzionari pubblici: “A queltempo gli ho fatto molte richieste di aiuto? -del resto chi non l’ha fatto?”. I casi erano siadi gravi necessità, sia di piccole esigenzequotidiane.Hoepli non mancò quando servirono soldiper la costruzione di una stazione termalesul Bichelsee o quando nella chiesa di Wängioccorse un nuovo riscaldamento centraliz-zato. Da Tuttwil gli scrisse l’Associazione deitiratori, perché mancavano i fondi per l’edi-ficio della sede, il maestro del paese si rivol-se a lui quando vi furono da acquistare lecartelline per i fogli di musica e un pia-noforte. Al Comune, Hoepli regalò la casadei suoi genitori. Riconobbe la “necessitàdell’introduzione, anche nei piccoli centri,dell’illuminazione elettrica”, e mise manoalla borsa per modernizzare il suo paesenatale. Così, gli abitanti di Tuttwil beneficia-rono in misura particolare della generositàdel loro concittadino emigrato. Hoepli feceanche altre donazioni: nel 1903, 25’000 fran-chi per la costruzione della BibliotecaCentrale di Zurigo; nel 1910, 100’000 fran-chi per il padiglione femminile del manico-mio di Münsterlingen; nel 1917, 50’000 lireitaliane per la Scuola Svizzera di Milano; tra

il 1914 e il 1918 la statua in marmo biancoraffigurante una Niobide, del valore stimatodi 10’000 franchi, per l’Università di Zurigo.Nel mezzo di tanta generosità, il regalo piùimportante lasciato da Hoepli alla Svizzera èla Fondazione che ancora oggi porta il suonome.

Attualmente i membri del Consiglio dellaFondazione sono: il già consigliere federale Flavio Cotti (presidente), Walter B. Kielholz (vicepresidente), Walter Berchtold, il consigliere di Stato Bernhard Koch(Canton Turgovia), il consigliere di Stato Dr. jur. Markus Notter(Canton Zurigo).Segretario: Prof. Dr. Joseph Jung.Indirizzo: Fondazione Ulrico Hoepli, c/o Crédit Suisse Group, Postfach 1, CH-8070 Zurigo.

* Segretario della Fondazione Ulrico Hoepli di

Zurigo

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Ulrico Hoepli

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Le felici intuizioni di un libraio editore

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La Hoepli dal 1935 al 2005Nel 1935 Carlo Hoepli succede al fondatoreUlrico e dà un nuovo impulso alla casa edi-trice negli anni che precedono la SecondaGuerra mondiale, attraverso le pubblicazionidi autori come Arnheim, Berenson, Guenon,Tucci e di riviste come “Sapere” e “Cinema”.Purtroppo il conflitto mondiale provocadanni gravissimi all’azienda, con la distru-zione del magazzino (1942) e della libreria(1943). Solo 82 titoli dei 4’000 presenti incatalogo sono disponibili nel 1943. Dopo laguerra Carlo Hoepli, affiancato dal figlioUlrico (1906-2003), ricostruisce con pazienzail catalogo tecnico e scientifico. Accanto alleristampe dei più fortunati titoli hoepliani siaggiungono opere di Desio, Giedion, Nervi esi avvia (1955) l’Enciclopedia Hoepli. Simbolo dell’avvenuta ricostruzione è, nel1958, l’inaugurazione dell’odierna sede di viaHoepli 5 con una moderna libreria e nuoviuffici. L’azienda mantiene caratteristichefamiliari e con Ulrico collaborano il fratelloGianni e, dagli anni ‘60, il figlio Ulrico Carlo. Confermata e sviluppata nel corso degli anni‘60 e ‘70 la produzione tecnica, la casa edi-trice amplia il proprio catalogo all’editoriauniversitaria (anni ‘80) e a quella scolastica(anni ‘90) e, in tempi più recenti, a nuovisettori come l’informatica e il management.Nello stesso tempo la Libreria Internazio-nale Ulrico Hoepli si sviluppa fino a raggiun-gere i sei piani di oggi, diventando una dellepiù importanti librerie d’Europa.Attuale Presidente della Hoepli è Ulrico CarloHoepli, affiancato dalla quinta generazione, itre figli Giovanni, Matteo e Barbara, daldirettore generale Susanna Schwarz, dal

direttore editoriale Marco Sbrozi e dal diret-tore della libreria Aldo Modugno. Tra casaeditrice, libreria e magazzino si contano uncentinaio di addetti.

La Casa Editrice Ulrico HoepliIl catalogo Hoepli comprende quasi 1’300titoli attualmente in commercio e ogni annovengono pubblicate circa 120 tra novità enuove edizioni. E il catalogo è il vero patri-monio di un editore come Hoepli che dasempre punta su un’editoria di lunga durata,con libri che conoscono successive e conti-nue riedizioni. Un caso per tutti: il celebreManuale dell’ingegnere che da una smilzaprima edizione del 1877-78, opera dell’inge-gner Giuseppe Colombo, è giunto oggi alla84ª edizione, opera di 200 collaboratori, perun totale di 6’680 pagine divise in quattrovolumi. Alcuni altri esempi di questo genere:il Nuovo Gasparrelli. Manuale del geometra

(22ª edizione), il Vademecum per disegnatori

e tecnici di Luigi Baldassini (19ª edizione), ilDizionario tecnico inglese-italiano italiano-

inglese di Giorgio Marolli (12ª edizione).L’attenzione verso le professioni è una dellecostanti del catalogo, testimoniata dall’am-pia collezione di testi presenti nella Biblio-

teca tecnica Hoepli. Accanto a una nutritaserie di volumi dedicati all’ingegneria,all’architettura e all’edilizia, all’elettronica eall’elettrotecnica, si sono aggiunte negli ultimianni le tecnologie legate all’audio-video, lemolte declinazioni dell’informatica, radunatenella collana Hoepli Informatica, i testi dedi-cati alla sicurezza e alla normativa. Altro punto di forza del catalogo Hoepli sonole lingue e i dizionari, strumenti indispen-sabili per un mondo sempre più globale einterdipendente: pensiamo ai grandi dizio-nari bilingui dedicati all’inglese (Picchi,Grande dizionario di inglese), allo spagnolo(Tam, Grande dizionario di spagnolo) e alrusso (Dobrovolskaja, Grande dizionario

russo-italiano italiano-russo), tutti tra i piùvenduti in Italia, ai dizionari tecnici e com-merciali bilingui dedicati all’inglese, al fran-cese e al tedesco, alle grammatiche, ai corsie ai vari sussidi relativi alle principali lingueeuropee e non, all’italiano per stranieri.Recente è invece l’interesse verso il market-ing (Raimondi, Marketing del prodotto-ser-

vizio), il management (Kerzner, Project

Management) e la comunicazione (Colombo,

La Hoepli oggi

Tre generazioni della

famiglia Hoepli posano

tra gli scaffali dell’attuale

Libreria Internazionale.

Da sinistra:

Giovanni Ulrico, Gianni,

Ulrico (1906-2003),

Ulrico Carlo e Matteo

Hoepli.

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Atlante della comunicazione), nonché l’at-tenzione rivolta al turismo professionaletestimoniata dai molti volumi dalla collanaTurismi & Turisti.Un settore in crescita è rappresentato daitesti universitari con le collane dedicateall’economia (tra gli autori il premio NobelStiglitz, Fischer, Dornbusch, Krugman e gliitaliani Padoa Schioppa Kostoris, Mascian-daro, Pittaluga) e alla traduttologia, impor-tanti testi rivolti all’ingegneria (Ballio-Bernuzzi, Progettare costruzioni in acciaio),all’architettura (Neufert, Enciclopedia pra-

tica per progettare e costruire, 7a edizione),cui si sono aggiunte di recente una collanadi scienze infermieristiche e una di inglesespecialistico.Nell’ambito dell’editoria scolastica per lescuole secondarie superiori Hoepli è attual-mente tra i primi dieci editori a livellonazionale con una consolidata produzionenelle materie di indirizzo per l’istruzionetecnica, professionale e artistica. A ciò siaggiunge uno specifico catalogo rivolto allaformazione professionale di base e alla for-mazione continua. Una produzione ampia come quella hoeplia-na offre anche una serie di titoli curiosi,dedicati agli hobby, alle tecniche artistiche eal tempo libero; da segnalare i libri di nauticasia di taglio tecnico sia illustrati di argo-mento storico.Negli ultimi anni sono stati infine ripresialtri due tradizionali filoni hoepliani: l’infan-zia e i libri dedicati a Milano. Per quantoriguarda il primo sono state pubblicate nuoveedizioni delle fiabe classiche (Andersen,Grimm, Le mille e una notte) conservando idisegni di grandi illustratori come Accorneroe Nicouline, mentre recentissimo è il diver-tente Campa cavallo, venti proverbi di ani-mali illustrato da Altan. Per Milano, a cuiHoepli ha dedicato nel tempo una serie dilibri molto significativi, negli ultimi annisono stati pubblicati diversi volumi sullastoria e le tradizioni della città.

La LibreriaLa Libreria Internazionale Ulrico Hoepli hala caratteristica di avere settori estrema-mente specializzati che soddisfano l’interessesia del lettore generalista sia di quanti cer-cano strumenti di aggiornamento professio-nale. Con un assortimento di oltre 175’000

titoli e 500’000 volumi italiani e stranieri, ètra le più grandi librerie d’Europa con unasuperficie espositiva di oltre 2’000 metriquadri, più di 40 metri lineari di vetrine,due chilometri lineari di scaffali. I quarantalibrai forniscono consulenza sulle più sva-riate discipline: dalle scienze all’architettu-ra, dall’arte alla grafica e alla fotografia, dalgiuridico all’economia e all’informatica,dalla letteratura ai vari settori della saggisti-ca, dalla medicina ai libri per ragazzi, senzatrascurare lo sport, la cucina, i viaggi e ilibri antichi. La percentuale di libri stranieripresenti supera il 30%. A Milano si usa dire:“vai alla Hoepli” a chi cerca un libro parti-colare o di difficile reperibilità. Non è dettoche il libro sia presente, ma può essere ordi-nato e il libraio è in grado di fornire unabibliografia sull’argomento che non lascia amani vuote chi entra. La Libreria Hoeplicerca di coniugare gli interessi di chi utiliz-za i libri per la propria vita professionale e dichi cerca il piacere della lettura, ma spesso ilcliente è lo stesso. Oltre ai libri è presente unricco settore dedicato alle riviste specializza-te internazionali: dall’architettura, all’eco-nomia, al cinema, agli argomenti scientifici.Recente è l’apertura di un settore dedicato aiDVD con film classici e documentari. La libreria dispone inoltre di uno spaziodove una o più volte alla settimana vengonoorganizzate presentazioni di libri e di unpiccolo spazio per mostra d’arte o di foto-grafia.

Hoepli.itAd affiancare i servizi della libreria esiste,dal 2001, il sito internet www.hoepli.it. Ilsito, recentemente rinnovato e potenziato,offre online 500’000 libri, 2’000 riviste, ildizionario inglese hoepliano a consultazionegratuita, oltre a tutti i libri presenti in libre-ria, la possibilità di fare ricerche bibliografi-che in profondità attraverso il motore diricerca Booxster. Oggi il sito conta già unmilione di visitatori all’anno.

Ulrico Hoepli

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Il testo La Hoepli oggi è stato curato da Alberto Saibene in colla-

borazione con la Casa Editrice Ulrico Hoepli.

La ricerca delle citazioni per le immagini tematiche che accompa-

gnano la Relazione d'esercizio è stata curata da Pier Carlo Della

Ferrera.

Ringraziamenti

Si ringraziano tutte le persone e le istituzioni che, a vario titolo,

hanno fornito documentazione, informazioni, notizie e suggeri-

menti utili per la realizzazione del presente lavoro. Un ringrazia-

mento particolare alla Casa Editrice Ulrico Hoepli (nelle persone

dei dottori Ulrico Carlo Hoepli, Giovanni Ulrico Hoepli, Matteo

Hoepli, Barbara Hoepli e Alberto Saibene) e al maestro Tullio

Pericoli.

Fonti e referenze fotografiche

Archivio editoriale e familiare Hoepli, Milano, p. I, III, IV, V, VI, VII,

VIII, IX, XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVIII, XX, XXII, XXIII, XXIV, XXVI,

XXVII, XXVIII, XXIX, XXXIV, XXXV, XXXVII, XXXIX

Art Photo Studio Paolo Manusardi, Milano, p. I, IV, VI, IX, XXXV

Edwin Herzog, Wängi, p. XXV

Kunsthaus Zürich, p. XXXII e XXXIII

Tullio Pericoli, Milano, p. II

Il ritratto di p. II è stato realizzato appositamente per questa pub-

blicazione dal maestro Tullio Pericoli, Milano.

La Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) rimane a disposizione dei

detentori dei diritti delle immagini i cui proprietari non sono stati

individuati o reperiti, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla

normativa vigente.

Le felici intuizioni di un libraio editore

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Ulrico HOEPLI,

dedica nel libro degli ospiti

di Emanuel Stickelberger,

maggio 1831

PROGETTO E COORDINAMENTO

SDB, Chiasso