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diario www.montagna.org www.montagna.tv APRILE 2007 direttore responsabile Wainer Preda Con o senza ossigeno? Le piccole ipocrisie dell’alpinismo moderno La ricerca Ev-K 2 -Cnr è diventata maggiorenne P er tante organizzazioni è il sogno di una vita. Un traguardo da raggiungere dopo anni d’esperien- za, competenza, relazioni a tutti i livelli. Per molti quella sedia, fra i grandi della ricerca scientifica mondiale, rappresenta un miraggio, lontano quando impalpabile. Per gli italiani del Comitato Ev-K 2 -Cnr, super-esperti di studi in alta quota, dal febbraio scor- so si tratta invece di realtà. I rappresentanti dell’ente - che ha sede a Bergamo ma che è universalmente conosciuto per il laboratorio Piramide dell’Everest -, sono stati infatti accreditati all’Unep, il programma per la protezione dell’am- biente delle Nazioni Unite. Si tratta di un grande risultato per la squadra capita- nata da Agostino Da Polenza che, sulle orme di Ardito Desio, ha portato ai massimi livelli un’organizzazione snella, flessibile e dinamica, e di grande competenza nella ricerca in alta quota. Ora gli esperti del Comitato Ev-K 2 -Cnr siedono a fian- co degli scienziati delle maggiori organizzazioni del mondo. Gente del calibro della Nasa e del Ceop, per intenderci. E avranno come interlocutori diretti fior di esperti targati premio Nobel. Per tutti, un obiettivo comune: dare risposte, attraverso la ricerca scientifica, alle grandi questioni del pianeta. Dai mutamenti cli- matici all’effetto serra, dallo scioglimento dei ghiac- ciai all’inquinamento globale: insomma, l’Italia piaz- za un suo gioiello nella stanza dei bottoni. di AGOSTINO DA POLENZA di SARA SOTTOCORNOLA di W AINER PREDA DI AGOSTINO DA POLENZA Allerta clima: nuovo summit degli esperti Alpinismo: verso la stagione delle grandi imprese La montagna divina Detto fra noi Dopo i recenti allarmi, scienziati di nuovo al lavoro per trovare a breve soluzioni all’impatto dell’effetto serra che minaccia il pianeta Dopo 20 anni di ricerche ad altissimo livello, il Comitato Ev-K 2 -Cnr entra a far parte del Gotha scientifico mondiale Dopo l’allarme sui cam- biamenti climatici lanciato da 2500 esperti il mese scorso a Bruxelles - da cui, fra le altre cose, é emerso che il 30 per cento delle specie viventi sarebbero a rischio estinzione -, nuova riunione dell’Ipcc (l’Intergovernmental panel on climate change). Gli scienziati si troveranno a Bangkok, capitale della Thailandia, dal 30 aprile al 3 maggio per discutere le possibili azioni di mitiga- zione dell’effetto serra, responsabile dell’innalza- mento della temperatura del pianeta. Un documen- to preliminare sulle condi- zioni della Terra verrà pre- sentato il 4 maggio. La situazione appare piuttosto complicata e preoccupan- te. Stando agli ultimi dati, le temperature medie glo- bali dovrebbero crescere fino a 2°C nel giro di pochi anni, con conse- guenze devastanti. Servono subito soluzioni, investimenti in tecnologie ecosostenibili e riconver- sioni della vecchia indu- stria. Misure che oltretutto - e questa é la bella notizia - costerebbero meno del previsto. Secondo i calcoli, introdurre misure ecologi- che comporterà spese variabili fra lo 0,2 e lo 0,6 per cento del prodotto interno lordo globale, entro il 2030. Una notizia che mette in discussione la politica dell’Amministrazione Usa, finora reticente ad adottare il protocollo di Kyoto perché avrebbe costi insostenibili per gli Stati Uniti. Il problema di fondo, comunque, resta sempre lo stesso: ridurre il più possi- bile i gas serra. Secondo gli studi dell’Ipcc, dal 1970 al 2004 l’inquinamento da gas serra é aumentato del 70 per cento. Gli studiosi pre- vedono che, se i governi non interverranno, ci sarà un incremento compreso fra il 25 e il 90 per cento entro il 2030, anche in virtù dell’irrefrenabile svi- luppo industriale di Cina e India. Sono due i piani d’inter- vento paventati dagli esperti per arrivare ad un riequilibrio ambientale del pianeta. Il primo contem- pla una riduzione di 16,2 miliardi di tonnellate nelle emissioni di anidride car- bonica in poco più di ven- t’anni. Mentre il secondo, più rapido, vorrebbe una diminuzione di 30,3 miliar- di nello stesso periodo. Un bel taglio, visto che nel 2000 le emissioni inqui- nanti in tutto il mondo assommavano a circa 40 miliardi di tonnellate. Ma una cosa é certa: occorre intervenire al più presto. in questo numero Il caso Primi passi di una nuova Unità di ricerca Ma l’ossigeno nell’alpinismo è doping? Scienza Gasherbrum II sfida alla leg- gendaria Nord Alpinismo a pagina 8 a pagina 4 Monte Cimone, occhi elettronici sul clima Laboratori a pagina 5 a pagina 7 Siamo diventati maggiorenni e questo, per un proget- to scientifico nato per passione e frequentemente integrato e sostenuto da attività sportive, è già un grande risultato. Ma quel che conta è che stiamo cre- scendo in qualità scientifica, quantità delle attività svolte, interesse e prestigio internazionale. Non ci occupiamo più "solo" di progetti puntuali di ricerca come la misurazione dell'Everest e del K2. Non ci sono più "solo” degli alpinisti sul cicloergometro con i ricercatori del Prof. Paolo Cerretelli a “strappar- gli” pezzettini di muscolo o fargli sgocciolare sangue dai lobi per le analisi, e nemmeno saltuarie campa- gne di misura degli inquinanti con l'acchiappanuvo- le e le stazioni meteo volanti di Sandro Fuzzi, o i carotatori per i laghi di Gianni Tartari e Andrea Lami, come accadeva negli avventurosi anni Novanta. Le nostre ricerche allora, come ora, veni- vano ideate tra ricercatori con la passione della montagna oltre che della scienza, e attuate in colla- borazione con spedizioni alpinistiche e poi della struttura logistica e abitativa che andava formandosi attorno al laboratorio Piramide. Oggi Ev-K 2 -Cnr non è "solo" questo, che è già molto e ci fa sentire primi attori della ricerca sulla montagna. Ma concedetemi una digressione: la montagna non è una nicchia come quasi tutti, politici e opinion makers pensano sbagliando grossolanamente, ma rappresenta il 10 per cento della popolazione mondiale: sopra i 1000 e i 2000 metri ci sono il 27 e l'11 per cento delle terre emerse. È proprio per questo che crediamo il MN montagna news "La montagna divina, ico- nografia e mito" è il nuovo libro di Alessandra Campoli, storica dell’arte dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile del progetto sull’estetica della corpo- reità dell'Associazione Comitato Ev-K 2 -Cnr. Il libro descrive la monta- gna come luogo d'incontro tra cielo e terra, dimora degli Dei e culmine dell'ascensione umana. Il suo carattere ha generato una "mistica della montagna" che tende a col- locare sulla vetta, sia essa reale o mitica, il luogo a cui giungere o da cui partire, per penetrare nel divino. Dagli oltretomba dell'antichità greca ed egizia alla cosmologia indo-tibetana, dal rito sciamanico dei popoli siberiani ai paesaggi montani della pittura cinese e giapponese, un percorso tra testi e immagini per decifrare il significato profondo di questa realtà-simbolo. Ambiente: gli italiani nella stanza dei botto ni Q uando lo scorso anno Gianfranco Baraldi - presidente dell'Associazione nazionale atle- ti olimpici e azzurri d'Italia, della quale immeritatamente faccio parte - mi informò del con- vegno nazionale dal titolo "Etica e Sport", gli sug- gerii di far tenere un intervento a Simone Moro: anch'egli azzurro d'Italia, il bergamasco, tra gli alpinisti che conosco, è il più vicino al mondo dello sport, per il suo passato atletico nella Fasi, per il suo diploma all'Isef e per l'atteggiamento sportivo nella pratica dell'alpinismo himalayano. Poi Simone partì per una spedizione e la relazione toccò a me. Considerando l'alpinismo uno sport, m'interessa da anni il tema dell'uso dell'ossigeno in alta quota. Non quello terapeutico, certo. Né quello turistico, utilizzato dichiaratamente per scopi totalmente ludici o di "divertissement" personale, o per rag- giungere una cima giustificatamente alta, quantun- que ne vada valutata in ogni caso l'opportunità e la pericolosità. No, non per questi usi. Ma per quello di aumentare le prestazioni agonistiche d'alto livel- lo. Quelle che poi si raccontano ai giornali e alle riviste specializzate e non. Per quelle imprese che fanno curriculum, che t’inseriscono nelle classifi- che di quelli più o meno bravi e nel listino prezzi delle sponsorizzazioni. Sì, perché la storia dell'alpi- nista vergine e puro, che disdegna la competizione palese o occulta, è la più grande ipocrisia dell'alpi- nismo. Mi spiego: ho sempre pensato - e ne ho ancor maggiore convinzione oggi - che l'alpinismo sia innanzitutto un'attività sportiva. Come ogni sport, è interpretato dagli atleti in maniera molto personale: nel gesto sportivo, nello stile, nella moti- vazione ideale, etica e persino morale e spirituale. Certo, il luogo dove questo splendido sport si prati- ca - la grande natura e le stupefacenti increspature e "cattedrali della Terra" - ci fanno pensare di esse- re, di volta in volta, artisti, asceti, predestinati…al paradiso. Anche a me è capitato (ahimè molto tempo fa) di sentirmi "al settimo cielo" lungo una via o su una montagna. Non che gli stadi di calcio non abbiano fascino e attrattiva, ma dal mio punto di vista e da quello di molti altri, vuoi mettere la montagna... Forse questo ci ha indotto a considerare il privile- gio del nostro terreno di gioco come una forma di “elezione” a qualcosa di eccelso e ci ha fatto sen- tire diversi e un po' superiori agli altri - loro sì sportivi - che fanno attività in luoghi e situazioni più ordinarie, quantunque la vela o alcune gare sciistiche condividano con noi un terreno naturale. Ma tant'è. La maggioranza degli alpinisti - e gli ita- liani in particolare - non vogliono essere definiti sportivi. Non gradiscono regole (qualche sospetto sul perché vero io ce l’ho), rifuggono da ingabbia- mento etico, invocano libertà e totale privacy su di loro e sull'attività alpinistica svolta. Salvo poi chie- dere il riconoscimento del risultato e lamentarsi I ricercatori del Comitato affronteranno, con gli altri scienziati delle Nazioni Unite, l’emergenza cambiamento climatico Lo scioglimento dei ghiacciai è uno degli effetti più evidenti del riscaldamento globale della terra Storie di vie nuove e grandi protagonisti. Sembra que- sto il destino dell’imminente stagione alpinistica in Himalaya e Karakorum. E il protagonista, almeno a una prima occhiata, sembra essere il K2. Ma non sarà di certo l’unico, data la moltitudine di audaci progetti annunciati nelle scorse settimane. Se infatti l'himalaysmo degli anni scorsi ha lasciato un po' a desiderare in fatto di spedizioni "coraggiose" - o meglio, è passato in sordina - questa primavera sem- bra che anche i più "tradizionalisti" frequentatori del- l'alta quota siano stati punti dalla vespa delle imprese da antologia. Iniziamo a raccontarvi quel che sta per accadere dal Karakorum, e dalla montagna delle montagne per eccellenza, il K2. Il gigante pakistano è nel mirino di ben due spedizioni dell'Est: i kazaki Denis Urubko e Serguey Samoilov vogliono aprire una nuova via, in stile alpino sulla parete Nord (Urubko vuole anche tentare, tra poche settimane, il record di velocità nella salita del Dhaulagiri, dove guiderà una spedizione del- l’esercito kazako). Sempre sul K2, Piotr Morawski e Peter Hamor prove- ranno invece a tracciare una nuova via sull’inviolata parete Ovest, dopo la salita al Nanga Parbat dal ver- sante Diamir. Con loro ci sarà Dodo Kopold: giovane e volenteroso sloveno che già si trova in Tibet, dove ha intenzione di scalare Cho Oyu e Shisha Pangma come allenamento per il Karakorum. Restando in Karakorum, e parlando di connazionali, davanti a tutti c'è Silvio Mondinelli, che dopo un "alle- namento" sul Cho Oyu in aprile con Marco Confortola e Alberto Magliano, pensa di chiudere il conto con i 14 ottomila aprendo una via nuova sul Broad Peak insieme alla fuoriclasse austriaca Gerlinde Kaltenbrunner. Notizia spifferata un po’ tra le righe dallo stesso Mondinelli. Visto che ufficial- mente la Kaltenbrunner ha in programma il K2 con il fidanzato e storico compagno di cordata Ralf Dujmovits (ora impegnato sul Manaslu mentre lei sta (a pagina 4) (segue a pagina 6) (segue a pagina 2) (segue a pagina 4) Libri tutte le notizie della montagna le trovi su i portali internet della montagna

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diario

www.montagna.org www.montagna.tvAPRILE 2007 direttore responsabile Wainer Preda

Con o senza ossigeno? Le piccoleipocrisie dell’alpinismo moderno

La ricerca Ev-K2-Cnr è diventata maggiorenne

Per tante organizzazioni è il sogno di una vita. Untraguardo da raggiungere dopo anni d’esperien-za, competenza, relazioni a tutti i livelli. Per

molti quella sedia, fra i grandi della ricerca scientificamondiale, rappresenta un miraggio, lontano quandoimpalpabile. Per gli italiani del Comitato Ev-K2-Cnr,super-esperti di studi in alta quota, dal febbraio scor-so si tratta invece di realtà.I rappresentanti dell’ente - che ha sede a Bergamo mache è universalmente conosciuto per il laboratorioPiramide dell’Everest -, sono stati infatti accreditatiall’Unep, il programma per la protezione dell’am-biente delle Nazioni Unite. Si tratta di un grande risultato per la squadra capita-nata da Agostino Da Polenza che, sulle orme di ArditoDesio, ha portato ai massimi livelli un’organizzazionesnella, flessibile e dinamica, e di grande competenzanella ricerca in alta quota. Ora gli esperti del Comitato Ev-K2-Cnr siedono a fian-co degli scienziati delle maggiori organizzazioni delmondo. Gente del calibro della Nasa e del Ceop, perintenderci. E avranno come interlocutori diretti fior diesperti targati premio Nobel. Per tutti, un obiettivocomune: dare risposte, attraverso la ricerca scientifica,alle grandi questioni del pianeta. Dai mutamenti cli-matici all’effetto serra, dallo scioglimento dei ghiac-ciai all’inquinamento globale: insomma, l’Italia piaz-za un suo gioiello nella stanza dei bottoni.

di AGOSTINO DA POLENZA

di SARA SOTTOCORNOLA

di WAINER PREDA

DI AGOSTINO DA POLENZA

Allerta clima: nuovo summit degli esperti

Alpinismo: verso la stagione delle grandi imprese La montagna divina

Detto fra noi

Dopo i recenti allarmi, scienziati di nuovo al lavoro per trovare a breve soluzioni all’impatto dell’effetto serra che minaccia il pianeta

Dopo 20 anni di ricerche ad altissimo livello, il Comitato Ev-K2-Cnr entra a far parte del Gotha scientifico mondiale

Dopo l’allarme sui cam-biamenti climatici lanciatoda 2500 esperti il mesescorso a Bruxelles - da cui,fra le altre cose, é emersoche il 30 per cento dellespecie viventi sarebbero arischio estinzione -, nuovariunione dell’Ipcc(l’Intergovernmental panelon climate change). Gliscienziati si troveranno aBangkok, capitale dellaThailandia, dal 30 aprile al3 maggio per discutere lepossibili azioni di mitiga-zione dell’effetto serra,responsabile dell’innalza-

mento della temperaturadel pianeta. Un documen-to preliminare sulle condi-zioni della Terra verrà pre-sentato il 4 maggio. Lasituazione appare piuttostocomplicata e preoccupan-te. Stando agli ultimi dati,le temperature medie glo-bali dovrebbero crescerefino a 2°C nel giro dipochi anni, con conse-guenze devastanti.Servono subito soluzioni,investimenti in tecnologieecosostenibili e riconver-sioni della vecchia indu-stria. Misure che oltretutto

- e questa é la bella notizia- costerebbero meno delprevisto. Secondo i calcoli,introdurre misure ecologi-che comporterà spesevariabili fra lo 0,2 e lo 0,6per cento del prodottointerno lordo globale,entro il 2030. Una notizia che mette indiscussione la politicadell’AmministrazioneUsa, finora reticente adadottare il protocollo diKyoto perché avrebbecosti insostenibili per gliStati Uniti. Il problema di fondo,

comunque, resta sempre lostesso: ridurre il più possi-bile i gas serra. Secondo gli studidell’Ipcc, dal 1970 al 2004l’inquinamento da gasserra é aumentato del 70per cento. Gli studiosi pre-vedono che, se i governinon interverranno, ci saràun incremento compresofra il 25 e il 90 per centoentro il 2030, anche invirtù dell’irrefrenabile svi-luppo industriale di Cina eIndia. Sono due i piani d’inter-vento paventati dagli

esperti per arrivare ad unriequilibrio ambientale delpianeta. Il primo contem-pla una riduzione di 16,2miliardi di tonnellate nelleemissioni di anidride car-bonica in poco più di ven-t’anni. Mentre il secondo,più rapido, vorrebbe unadiminuzione di 30,3 miliar-di nello stesso periodo. Un bel taglio, visto che nel2000 le emissioni inqui-nanti in tutto il mondoassommavano a circa 40miliardi di tonnellate. Mauna cosa é certa: occorreintervenire al più presto.

in questo numero

Il caso

Primi passi di una nuovaUnità di ricerca

Ma l’ossigeno nell’alpinismo è doping?

Scienza

Gasherbrum IIsfida alla leg-gendaria Nord

Alpinismo

a pagina 8

a pagina 4

Monte Cimone,occhi elettronicisul clima

Laboratori

a pagina 5

a pagina 7

Siamo diventati maggiorenni e questo, per un proget-to scientifico nato per passione e frequentementeintegrato e sostenuto da attività sportive, è già ungrande risultato. Ma quel che conta è che stiamo cre-scendo in qualità scientifica, quantità delle attivitàsvolte, interesse e prestigio internazionale. Non cioccupiamo più "solo" di progetti puntuali di ricercacome la misurazione dell'Everest e del K2. Non cisono più "solo” degli alpinisti sul cicloergometro coni ricercatori del Prof. Paolo Cerretelli a “strappar-gli” pezzettini di muscolo o fargli sgocciolare sanguedai lobi per le analisi, e nemmeno saltuarie campa-gne di misura degli inquinanti con l'acchiappanuvo-le e le stazioni meteo volanti di Sandro Fuzzi, o icarotatori per i laghi di Gianni Tartari e Andrea

Lami, come accadeva negli avventurosi anniNovanta. Le nostre ricerche allora, come ora, veni-vano ideate tra ricercatori con la passione dellamontagna oltre che della scienza, e attuate in colla-borazione con spedizioni alpinistiche e poi dellastruttura logistica e abitativa che andava formandosiattorno al laboratorio Piramide. Oggi Ev-K2-Cnr nonè "solo" questo, che è già molto e ci fa sentire primiattori della ricerca sulla montagna. Ma concedetemiuna digressione: la montagna non è una nicchiacome quasi tutti, politici e opinion makers pensanosbagliando grossolanamente, ma rappresenta il 10per cento della popolazione mondiale: sopra i 1000e i 2000 metri ci sono il 27 e l'11 per cento delle terreemerse. È proprio per questo che crediamo il

MNmontagnanews

"La montagna divina, ico-nografia e mito" è il nuovolibro di AlessandraCampoli, storica dell’artedell’Università LaSapienza di Roma eresponsabile del progettosull’estetica della corpo-reità dell'AssociazioneComitato Ev-K2-Cnr. Il libro descrive la monta-gna come luogo d'incontro tra cielo e terra, dimora degliDei e culmine dell'ascensione umana. Il suo carattere hagenerato una "mistica della montagna" che tende a col-locare sulla vetta, sia essa reale o mitica, il luogo a cuigiungere o da cui partire, per penetrare nel divino. Daglioltretomba dell'antichità greca ed egizia alla cosmologiaindo-tibetana, dal rito sciamanico dei popoli siberiani aipaesaggi montani della pittura cinese e giapponese, unpercorso tra testi e immagini per decifrare il significatoprofondo di questa realtà-simbolo.

Ambiente: gli italianinella stanza dei bottoniQ

uando lo scorso anno Gianfranco Baraldi -presidente dell'Associazione nazionale atle-ti olimpici e azzurri d'Italia, della quale

immeritatamente faccio parte - mi informò del con-vegno nazionale dal titolo "Etica e Sport", gli sug-gerii di far tenere un intervento a Simone Moro:anch'egli azzurro d'Italia, il bergamasco, tra glialpinisti che conosco, è il più vicino al mondo dellosport, per il suo passato atletico nella Fasi, per ilsuo diploma all'Isef e per l'atteggiamento sportivonella pratica dell'alpinismo himalayano. PoiSimone partì per una spedizione e la relazionetoccò a me.Considerando l'alpinismo uno sport, m'interessa daanni il tema dell'uso dell'ossigeno in alta quota.Non quello terapeutico, certo. Né quello turistico,utilizzato dichiaratamente per scopi totalmenteludici o di "divertissement" personale, o per rag-giungere una cima giustificatamente alta, quantun-que ne vada valutata in ogni caso l'opportunità e lapericolosità. No, non per questi usi. Ma per quellodi aumentare le prestazioni agonistiche d'alto livel-lo. Quelle che poi si raccontano ai giornali e alleriviste specializzate e non. Per quelle imprese chefanno curriculum, che t’inseriscono nelle classifi-che di quelli più o meno bravi e nel listino prezzidelle sponsorizzazioni. Sì, perché la storia dell'alpi-nista vergine e puro, che disdegna la competizionepalese o occulta, è la più grande ipocrisia dell'alpi-nismo. Mi spiego: ho sempre pensato - e ne hoancor maggiore convinzione oggi - che l'alpinismosia innanzitutto un'attività sportiva. Come ognisport, è interpretato dagli atleti in maniera moltopersonale: nel gesto sportivo, nello stile, nella moti-vazione ideale, etica e persino morale e spirituale.Certo, il luogo dove questo splendido sport si prati-ca - la grande natura e le stupefacenti increspaturee "cattedrali della Terra" - ci fanno pensare di esse-re, di volta in volta, artisti, asceti, predestinati…alparadiso. Anche a me è capitato (ahimè moltotempo fa) di sentirmi "al settimo cielo" lungo unavia o su una montagna. Non che gli stadi di calcionon abbiano fascino e attrattiva, ma dal mio puntodi vista e da quello di molti altri, vuoi mettere lamontagna...Forse questo ci ha indotto a considerare il privile-gio del nostro terreno di gioco come una forma di“elezione” a qualcosa di eccelso e ci ha fatto sen-tire diversi e un po' superiori agli altri - loro sìsportivi - che fanno attività in luoghi e situazionipiù ordinarie, quantunque la vela o alcune garesciistiche condividano con noi un terreno naturale.Ma tant'è. La maggioranza degli alpinisti - e gli ita-liani in particolare - non vogliono essere definitisportivi. Non gradiscono regole (qualche sospettosul perché vero io ce l’ho), rifuggono da ingabbia-mento etico, invocano libertà e totale privacy su diloro e sull'attività alpinistica svolta. Salvo poi chie-dere il riconoscimento del risultato e lamentarsi

I ricercatori del Comitato affronteranno, con gli altri scienziati delle Nazioni Unite, l’emergenza cambiamento climatico

Lo scioglimento dei ghiacciaiè uno degli effetti più evidenti

del riscaldamento globale della terra

Storie di vie nuove e grandi protagonisti. Sembra que-sto il destino dell’imminente stagione alpinistica inHimalaya e Karakorum. E il protagonista, almeno auna prima occhiata, sembra essere il K2. Ma non saràdi certo l’unico, data la moltitudine di audaci progettiannunciati nelle scorse settimane.Se infatti l'himalaysmo degli anni scorsi ha lasciato unpo' a desiderare in fatto di spedizioni "coraggiose" - omeglio, è passato in sordina - questa primavera sem-bra che anche i più "tradizionalisti" frequentatori del-l'alta quota siano stati punti dalla vespa delle impreseda antologia. Iniziamo a raccontarvi quel che sta per accadere dalKarakorum, e dalla montagna delle montagne pereccellenza, il K2. Il gigante pakistano è nel mirino diben due spedizioni dell'Est: i kazaki Denis Urubko eSerguey Samoilov vogliono aprire una nuova via, instile alpino sulla parete Nord (Urubko vuole anchetentare, tra poche settimane, il record di velocità nella

salita del Dhaulagiri, dove guiderà una spedizione del-l’esercito kazako).Sempre sul K2, Piotr Morawski e Peter Hamor prove-ranno invece a tracciare una nuova via sull’inviolataparete Ovest, dopo la salita al Nanga Parbat dal ver-sante Diamir. Con loro ci sarà Dodo Kopold: giovanee volenteroso sloveno che già si trova in Tibet, dove haintenzione di scalare Cho Oyu e Shisha Pangma comeallenamento per il Karakorum. Restando in Karakorum, e parlando di connazionali,davanti a tutti c'è Silvio Mondinelli, che dopo un "alle-namento" sul Cho Oyu in aprile con MarcoConfortola e Alberto Magliano, pensa di chiudere ilconto con i 14 ottomila aprendo una via nuova sulBroad Peak insieme alla fuoriclasse austriacaGerlinde Kaltenbrunner. Notizia spifferata un po’ trale righe dallo stesso Mondinelli. Visto che ufficial-mente la Kaltenbrunner ha in programma il K2 con ilfidanzato e storico compagno di cordata RalfDujmovits (ora impegnato sul Manaslu mentre lei sta

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MN montagnanews2 mappamondo

La Ovest del K2 nel mirino degli slavi

Everest: arrivano i Belgium “dream boys” Chiede la separazione e lui sega la casa in due

Soffiano venti d'audacia sull'himalaysmo del2007. E arrivano quasi tutti dall'Est. Nelle scor-se settimane il polacco Piotr Morawski e lo slo-vacco Peter Hamor hanno annunciato di volertentare la scalata della spaventosa - e ancorainviolata - parete Ovest del K2.Hamor e Morawski sono gli storici compagnidi cordata di Piotr Pustelnik, celebre alpinistapolacco che ha abbandonato, proprio qualchemese fa, la corsa ai 14 ottomila dopo aver rag-giunto quota 13. Insieme hanno vissuto, l'annoscorso, l'incredibile spedizione "HimalayanTrilogy" su Cho Oyu, Annapurna e BroadPeak. Ora, ritornano sulla scena alpinisticasenza Pustelnik, ma con quest'impresa che,qualora realizzata, entrerebbe nella storia del-l’alpinismo. Come allenamento, saliranno il versanteDiamir del Nanga Parbat (via normale), nelmese di giugno. Poi, intorno alla metà di luglio,si sposteranno al K2 per cercare di realizzare illoro progetto da capogiro sulla parete Ovest.Con loro ci sarà anche il giovane e talentuososlovacco Dodo Kopold.Morawski e Hamor hanno messo gli occhi suun'enorme lastra tra lo sperone Nord-ovest e la

Ovest della montagna. Una traccia già tentatain precedenza da altri polacchi."La scalata sarà in stile veloce - ha spiegatoMorawski -, perchè la parete è davvero moltopericolosa. Saliremo senza portatori d'altaquota, senza ossigeno e mettendo il minornumero possibile di corde fisse".Morawski - autore, insieme a Simone Moro,della prima invernale sullo Shisha Pangma - loscorso anno ha salito il Broad Peak dopo aversalvato un alpinista in difficoltà sui campi alti.Hamor ha salito Broad Peak, Everest e l'annoscorso l'Annapurna, da solo, in piena notte.Kopold (26 anni) con il compagno GaboEmarik ha aperto una nuova via sulla sud estdella torre grande di Trango e ha compiuto l'an-no scorso una grannde impresa su ghiacciosull'Uli Biaho, in Karakorum. Non si può certodire che agli alpinisti dell'Est europa manchinodi fegato.

di SARA SOTTOCORNOLA

tecnica & audacia

Isac-Cnr: l’inverno più caldo dal 1800

Sono belgi. Si chiama-no Bjorn Vandewege,Stein Tant e StefMaginelle. Hanno sca-lato l'Aconcagua e ilMcKinley, e a finemarzo partiranno perla nord dell'Everest. Illoro obiettivo sono leseven summits. Guardandoli, comenon pensare alla notapubblicità di intimosportivo che vedecampeggiare il fisicac-cio di Mondinelli tra le

pagine delle più note riviste specializzate? Questa però nonè una pubblicità, è l'annuncio della loro spedizione.Non sanno più cosa inventarsi questi aspiranti himalaysti -penseranno in molti -, per balzare agli onori della cronaca edistinguersi dalla folla che ogni anno si dirige all'Everest".Di stranezze, in effetti, se ne sentono tutti i giorni e tutti gli

anni. Non ultima quella della coniglietta di playboy polac-ca che l'anno scorso ha raggiunto il tetto del mondo con laspedizione commerciale Flavit.Quest'anno è la volta dei "Belgium dream boys", o qualco-sa del genere. Ma la loro originale e simpatica idea, studia-ta col preciso e dichiarato intento di far notizia, merita dav-vero un po' di spazio. Il terzetto poi è onesto, non dichiaral'impossibile. Avrà due sherpa d'alta quota e diverse bom-bole di ossigeno. "Per noi l'ossigeno è indispensabile" spie-gano nel loro comunicato, diretto ad Explorersweb, sitodove agognavano di apparire. "Sappiamo che esistono alpinisti eccezionali che sanno sca-lare gli ottomila senza ossigeno - proseguono i tre ragazzi -, ma per noi sarebbe pressochè impossibile. Così, anche sesiamo consci di utilizzare aiuti "artificiali" nella scalata,useremo le bombole". E sicuramente passeranno alla storia. Oltre che per lo streaptease alpinistico, anche per il fatto che si tratta della primaspedizione interamente belga diretta sul tetto del mondo.Per la logistica si sono appoggiati alla struttura commercia-le di Dan Mazur, guida americana. Ma sperano di riuscirea raggiungere la cima in modo autosufficiente.

Steck batte il record di salita sulla Nord dell’Eiger

Con o senza ossigeno? Le piccoleipocrisie dell’alpinismo moderno

di VALENTINA CORTI

Una volta c'erano squadre dialpinisti che impazzivano pergiorni su questa parete, senzasapere se sarebbero arrivati incima o tornati vivi. Oggi inve-ce, per salire la Norddell'Eiger, bastano 3 ore e 54minuti. Perlomeno bastano aUeli Steck, giovane fuoriclas-se svizzero che ha siglato, insolitaria, il nuovo record disalita. Ueli Steck, solo 30 anni, haripetuto la via della primasalita, aperta da Harrer edHeckmaier nel 1938, in 3 oree 54 minuti. In un'ora e trequarti aveva raggiunto ilBivacco della Morte. Ha sali-to la Rampa senza guanti,grazie alle miti temperature diquest'inverno. E in meno diquattro ore era sulla vetta.Ciò significa che ha mantenu-to una velocità media di 17metri al minuto, dato che losviluppo della via è di 4.000metri su un dislivello di1.800. E c'è di più. Ha salito lamaggior parte della via inlibera. Si sarebbe autoassicu-rato per qualche tiro soloverso la cima, con un anellocon una corda di 30 metri fis-sato ad un ancoraggio.Un tempo incredibile, che faentrare Steck nell'elite deirecord alpinistici dall'ingressoprincipale, sostituendosiall'alpinista altoatesino

Christoph Hainz, che nel 2003aveva salito la Nordwand inpoco più 4 ore e mezza. "E' tutta una questione di volon-tà - si è schermito Steck dopol'impresa -. Ora mi sento inpiena forma per affrontare laSud dell'Annapurna". E ora una curiosità. Sapetequanto era la frequenza cardia-ca di Steck durante l'impresa?55 battiti al minuto prima dipartire, 178 sulle rampe inizialie 118 al termine dell'impresa. Il giovane fuoriclasse svizzero,dopo essersi mangiato in un sol

stravaganzesorprese

lo svizzero infrange il muro delle 4 ore e quaranta detto fra noi

C'eravamo tanto amati. Ma come talvolta acca-de è finita con un taglio, nel vero senso dellaparola. Un tedesco di 43 anni, alle prese con unburrascoso divorzio, ha deciso di prendere allalettera la richiesta della moglie di dividere lacasa. E, imbracciata la motosega, ha segato indue una piccola abitazione di loro proprietàsulle montagne dell'est della Germania.Non contento, con un carrello elevatore haasportato la sua metà e l'ha trasportata vicinoalla casa di un suo fratello, dove andrà a vivere. La paradossale vicenda, è accaduta aSonneberg, una cittadina nell'est dellaGermania. Lui non ha digerito per niente larichiesta di separazione da parte della moglie.E con un'abilità da taglialegna ha fatto a pezziil casolare di legno in cui la coppia andava inestate (nella foto). Si tratta(va) di un prefabbricato, largo ottometri e lungo sei, che i due avevano arredatoamorevolmente negli anni felici. Ebbene, èstato tagliato con teutonica precisione a metà,

Periodico del Comitato Ev-K2-Cnrideato e realizzato da Wainer Preda

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MN montagnanews

boccone la parete "orco" cheha fatto impazzire per decen-ni i migliori alpinisti delmondo, si dirige infatti inHimalaya. Per affrontare insolitaria e in stile alpinoanche la terribile parete Suddell'Annapurna (8.091metri).Steck ha salito per la primavolta la celebre Nordwandquando aveva solo diciottoanni. L'anno scorso ha apertosulla stessa parete una nuovavia, battezzata "The YoungSpider", che poi ha salito insolitaria e in invernale. Per chiudere, un po' di storia.La prima salita in giornatadella Nord dell'Eiger risale al1950, opera di due austriaci:Leo Forstenlechner and ErichWascak, che l'hanno scalatain 18 ore. Nel 1969 PeterHabeler and ReinholdMessner hanno stupito ilmondo facendolo in sole 10ore: un record ancora imbat-tuto se parliamo di salite incordata. Negli anni successivi nume-rosi alpinisti si alternarono adetenere il record, fino al1983 quando un giovaneaustriaco, ThomasBubendorfer, ha raggiunseincredibilmente la vetta in 4ore e 50 minuti. Passaronovent'anni prima che qualcuno- un italiano di nomeChristoph Heinz - riuscissead abbattere questo tempo,giungendo in vetta in 4 ore e40 minuti.

BUBANOV E DOBRINSKY SALVI PER MIRACOLOBrutta disavventura per due gli alpinisti russi Valery Babanov e Pavel Dobrinsky. Stavano scalando la Diretta al Petit Dru, nel gruppo del Monte Bianco, quandoun'enorme scarica di sassi li ha investiti e buttati sul ghiacciaio. Si sono miraco-losamente salvati. I due stavano scalando la nuova parete del Dru, ovvero la fac-ciata "rimasta" dopo il crollo del 2005. "Ci è sembrato un eccellente diedro", hadetto Dobrinsky. E così hanno attaccato la via. Quando sono iniziate le prime sca-riche, avevano già salito 6 tiri di corda. Per evitarle, si sono spostati sulla sinistra,uscendo dal canalone. Sembrava tutto finito. Hanno ricominciato ad arrampica-re ma dopo un'ora un enorme ammasso di ghiaccio e pietra si è staccato dalleguglie. "Abbiamo dovuto fare un traverso sotto il fuoco delle scariche, ma ce lasiamo cavata” ha raccontato Dobrinsky. “L'ultimo crollo, però, ci ha investito esepolto sul ghiacciaio. Fortunatamente ci è rimasto uno spiraglio di luce, da cuisiamo riusciti a ricavare una via di fuga".

come ha potuto constatare una pattuglia dellapolizia mandata a controllare.E oltre al danno anche la beffa. L'arguta moglieha detto alla polizia «che in realtà io avevoaccettato che il casolare ad un piano andasse amio marito Andreas». Cucù...

Se in Abruzzo gli orsi saltano il letargo e inVal d'Aosta gli stambecchi sono già salitioltre i 2500 metri, come in estate, dev'es-serci qualcosa che non va in questo clima.La natura manda i suoi segnali e gli scien-ziati del Cnr confermano: l'inverno del2007 è il più caldo degli ultimi due secoli. I dati raccolti dall'Istituto di scienze dell'at-mosfera e del clima (Isac-Cnr) di Bologna,diretto da Franco Prodi, parlano chiaro: l'in-verno 2007 passerà alla storia come il piùcaldo dal 1800. Con un'anomalia di+2,27°C, per esempio, rispetto alla mediadel periodo 1961-1990. E ben oltre quelloche fino a ieri era considerato l'inverno piùcaldo degli ultimi anni: quello del 2001, chesi era attestato a + 1,79°C rispetto allamedia. Se poi prendiamo in esame i singolimesi, le banche dati storiche dell'Isac dico-

no che febbraio 2007 risulta il terzo piùcaldo dal 1800. Più roventi sono stati solo ilfebbraio del 1996 e quello "torrido" del1990. E la prima domenica di marzo la dicelunga sull'eccezionalità del periodo. Temperature sopra la media dal nord al sudItalia. Con 18 gradi a Bolzano come aPalermo, con 20 gradi a Firenze come aCatania. Con caldo quasi estivo sulle mon-tagne. Insomma, che il clima stia cambiando orace ne stiamo accorgendo direttamenteanche noi. Le ripercussioni sull’ambiente esulle attività umane sono molto pesanti. Unesempio per tutti. In Austrialia, il governoha deciso di abbattere decine di migliaia didromedari: la siccità li ha fatti impazziredalla sete e gli animali sono diventatiaggressivi anche con l’uomo.

duramente se non viene concesso, stilare elenchi e premiare i migliori, ricono-scere e compensare anche economicamente chi è più bravo, chi meglio comu-nica e promuove il bel marchio dello sponsor "chi è senza peccato scagli laprima pietra".Ciò detto, torno all'ossigeno che usato per migliorare la propria prestazionealpinistica sportiva è ora - a detta (generalmente sottovoce) di molti noti alpi-nisti - doping. Ergo, infrange sul piano etico le regole sportive chiare delCodice antidoping e sembra anche quelle del Codice penale.Più banalmente, è certamente vero e comprensibile a tutti che tra chi sale senzaossigeno l'Everest (qualche unità ogni anno) e chi lo sale con l'ossigeno (cen-tinaia) c'è una differenza enorme di prestazione, risultato, riconoscimento. Epoi, con quanto ossigeno? Due, tre o cinque litri al minuto. A 8000 metri un'e-rogazione di 5 litri equivale, nei fatti, a comminare a una quota di 4000 metripiù bassa. Si spiegano così, con dosaggi "ignoti" di ossigeno, record di unadecina di ore dal campo base alla vetta. Naturalmente le bombole erano statecollocate lungo il percorso in precedenza e in abbondanza.E arrivo al punto. Siccome da 25 anni tutte le volte che affronto il tema "sport"e "ossigeno" mi sento insultare da alcuni e compatire dai più, tant'è che avevodeciso di non occuparmene più, allorché con grande enfasi si è comunicato almondo che la fiaccola olimpica di Pechino 2008, transitando dal Nepalper andare in Cina, toccherà la cima dell'Everest. Mi sono detto: dai cherompiamo ancora una volta un po'. Intanto, che lassù arrivi il simboloassoluto dello sport, mi fa sentire meno idiota nella mia convinzione chel'alpinismo lo sia uno sport. E poi, a proposito dell'ossigeno, ho chiestoalla mia ottima collaboratrice Sara di raccogliere un po' di pareri da auto-revoli alpinisti. E le ho detto di sentire anche l’avvocato Roberto DeFelice, che era a quella bella conferenza su "etica e sport", aveva ideemolto chiare in proposito e l'autorevolezza per esprimerle.Risultato: eccomi qua con la proposta che se la fiaccola olimpica devesalire sull'Everest e toccare il punto più alto della Terra, lo faccia in modoolimpico, leale, sportivo. Senza ricorrere a qualsiasi forma di doping. Chidi dovere ci mediti. Una fiaccola olimpica "dopata" sarebbe troppo ancheper l'alpinismo.

Ha solo 11 anni ma ha già dimostrato di averela stoffa da campione. Nei giorni scorsi il pic-colo talento francese Geoffray De Flaugerguesha scalato a vista 3 vie di 8a+ nelle TerradetsValley, in Spagna.Originario di Chambery, Geoffrey è nato nel1995 ed ha iniziato a scalare a soli cinque anni.A undici, è già una stella dell'arrampicatasportiva e ha persino degli sponsor personali.Non che i talent scout e gli esperti di arrampi-cata non l'avessero già notato, anzi. Ma la set-timana scorsa ha stupito tutti infilando la sca-lata di tre vie di 8a+ a vista.Le vie in questione sarebbero "bon viage","millenium" e "tirabolts", sulle pareti dellaTerradets Valley, una delle zone storiche del-l'arrampicata in Spagna.

Spagna, bimbo prodigioscala tre vie 8a+ a vista

L’incredibile parete Nord dell’Eiger

Il polacco Piotr Morawski

(continua dalla prima)

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E' fresco di firma l'accordo tra il Comitato Ev-K2-Cnr e ilWwf Pakistan per la tutela dell'ambiente sulle montagnedel Karakorum. Nei prossimi mesi, prenderanno il viadiverse attività di salvaguardia delle risorse naturali delParco del K2, in attesa della definizione dell’atteso pianodi gestione. I due enti lavoreranno insieme, nell’ambitodel progetto di cooperazione Karakorum Trust. E si con-centreranno sulla regione del Karakorum Centrale, anchein vista dell'avvio del Central Karakorum National Park,un’area fragile ma di importanza strategica per lo svilup-po sostenibile della regione. L’accordo è particolarmenteimportante, visto che il Wwf Pakistan ha ricevuto dalForestry Department pakistano l’incarico ufficiale diredigere il piano di gestione del Parco. Istituito dal gover-no pakistano con una legge del 1993, il parco è semprerimasto solo sulla carta, sprovvisto sia di un piano digestione, che di personale. Karakorum Trust sta lavoran-do sul tema da più di un anno, con ottimi risultati. Come

la raccolta di oltre tre tonnellate di rifiuti sui ghiacciai delKarakorum grazie alla “Baltoro Clean Up Expedition”.O la costruzione di un campsite alle porte del Baltoro,che sarà uno degli ingressi del Parco e ospiterà strutturedi accoglienza dei trekkinisti e di smaltimento ecologicodei rifiuti appositamente brevettate per l’alta quota.Senza contare le iniziative ambientali, culturali e di svi-luppo intraprese in collaborazione con gli enti locali tracui il Pakistan Alpine Club, l’Aga Khan Foundation e laKarakorum International University."Con la definitiva stesura del piano di gestione del Parco- spiega Valerio Pietrangelo, responsabile di KarakorumTrust - tutte le azioni che si stanno realizzando nellaregione diverranno più efficaci perchè saranno inserite inun contesto sistemico. L'accordo con il Wwf è il corona-mento di trattative prolungate e complesse con vari atto-ri pakistani, sia a livello federale che locale".Si tratta di un’accordo quadro dentro cui verranno attiva-

te collaborazioni ad hoc per diversi progetti su flora,fauna, acqua, risorse naturali. Progetti che coinvolgeran-no le comunità locali, con corsi di formazione e di sensi-bilizzazione. Le relazioni con gli abitanti delle valli delKarakorum sono un punto chiave nello sviluppo sosteni-bile dell'area. Richiedono la delicata capacità di relazio-ne che il Comitato Ev-K2-CNR ha consolidato negli anniin quelle zone. Il Comitato, inoltre, favorirà le relazionicon altri enti internazionali operanti sul territorio.L’ecosistema montano del Karakorum Centrale è tantofragile quanto prezioso per lo sviluppo sostenibile delCentrasia. Si tratta di un territorio montuoso di 10milaKmq, che si estende dal Passo del Khunjerab al confinecon l’India. Cuore del Parco è il K2 , la seconda vetta piùalta della Terra. Scrigno della maggiore riserva d’acquadolce del Paese, il parco comprende il più esteso siste-ma glaciale al di fuori delle calotte polari, formato daSiachen, Baltoro e Hispar-Biaf.

Parco del K2, accordo fra Ev-K2-Cnr e Wwf

MN montagnanews 3cooperazione

L’ inverno ad Askole è tra-

scorso senza precipitazio-

ni nevose e con tempera-

ture più alte degli anni

precedenti: tutto il mondo

è paese, purtroppo. E

adesso sono tutti molto

preoccupati per la siccità

della stagione estiva.

Da sempre uno dei proble-

mi maggiori per il villag-

gio di Askole, l'ultimo

prima dei ghiacciai che

portano al K2, è l'approvi-

gionamento idrico. E'

anche la causa principale

della rivalità con i dirim-

pettai del villaggio di

Testè. Ho trovato Askole

ancora alle prese con il

problema di gestire le

risorse che la natura gli

offre, come la legna per

scaldare. Il "Kazà" è una

delle esigenze assoluta-

mente prioritarie. Qui

di VALERIO PIETRANGELO

Verso un nuovoPakistanFra la gente c’è voglia difuturo. Le aree nord delpaese stanno cambiandoin maniera molto rapida.Come? Ve lo racconta, in questo straordinarioreportage, il nostro inviato

KARAKORUMTRUST

Primavera di speranze sulle montagnesono le donne e le bambi-

ne che devono provveder-

vi: partono di buon ora

tutte imbacuccate per

reintegrare le reserve di

legna, o meglio di cespu-

gli secchi non più alti di

una spanna, che usano per

il fuoco. Le nostre attività

preparano il villaggio a

una svolta. Entro maggio

sarà operativo lo smaltito-

re dei rifiuti già raccolti

sul ghiacciaio del Baltoro.

E, sempre entro maggio,

verrà effettuata la piantu-

mazione di 12mila alberi

nella zona del nuovo

campsite. Prenderanno il

via, quindi, i lavori per

una tubazione lunga più di

500 metri, che porterà

l’acqua al campsite, alla

vasca di accumulo e al

water channel che dovrà

consentire di irrigare tutta

l’area, ora completamente

desertica e inutilizzabile.

Per gli askolani si apre

così anche la possibilità di

vedere quasi raddoppiato

il loro possible terreno

coltivabile. E di avere, nel

giro di 5-10

anni, una

riserva di

alberi per

costruzione

e utilizzo

domestico.

Arrivare a

q u e s t o

r i s u l t a t o

non è stato facile.

L'assegnazione dei diversi

contratti per i lavori fra gli

abitanti del villaggio ha

scatenato un po' di invidie,

ma alla fine, tutti si sono

affidati all'autorità di

Asgrad, il capovillaggio,

che ora è il nostro unico

interlocutore.

In queste settimane abbia-

mo anche individuato una

casa del villaggio che

verrà adibita a museo.

Ansari ha reso disponibile

la sua vecchia casa su tre

livelli, che

in settem-

bre ospiterà

anche due

laboratori

per la gente

del posto:

uno di inci-

sione e

r e c u p e r o

delle opere lignee e uno di

tecniche costruttive edili-

zie di ristrutturazione.

Ma la cosa più commo-

vente di questa visita è

stata la consegna ai ragaz-

zi della scuola del mate-

riale didattico donato

dalla famiglia Bertuccelli

in ricordo di Matteo, pur-

troppo scomparso.

Simone, il fratello di

Matteo, ha consegnato a

ogni bimbo i libri per l’an-

no scolastico.

I bambini sono entrati per

la prima volta in classi

riscaldate da stufe, e poi

sono usciti a divertirsi sui

nuovi giochi installati nel

giardino. Un vero assalto!

I giochi, stile arrampicata

naturalmente, sono stati

montati dopo un trasporto

difficilissimo per il loro

ingombro sulle jeep.

Ma hanno subito rivelato

di essere l'idea giusta per i

bambini del posto che, fin

da piccoli a quanto pare,

hanno un forte istinto di

scalare e una particolare

capacità di equilibrio. Un

vero spettacolo.

Maurizio Gallo

Esce il primo vocabolario tascabile in lingua UrduÈ uscito all'inizio del mese di aprile, per la casa editrice Vallardi, in collaborazio-ne con il Comitato Ev-K2-Cnr, il primo vocabolario italiano tascabile dedicato allalingua urdu. L'iniziativa è frutto del lavoro del responsabile del progettoKarakorum Trust, Valerio Pietrangelo, e soddisferà le numerose richieste di di-sporre di un'opera agile e di facile consultazione giunte da parte di studenti, turi-sti, professionisti e operatori economici e, soprattutto, immigrati pakistani e india-ni presenti nel nostro paese. L'urdu, nonostante il nome poco familiare, è una delle lingue più diffuse nelmondo. Parlata dalla quasi totalità della popolazione pakistana (circa 140 milionidi abitanti) e, come madrelingua, da circa 40 milioni di musulmani indiani, si dif-ferenzia dall'hindi per la scrittura e per parte del lessico. Come lingua parlata diuso quotidiano è quindi compresa anche dai circa 500 milioni di persone checonoscono la lingua ufficiale dell'India. Se a questi dati numerici si aggiunge larilevanza del patrimonio letterario che in urdu è stato espresso, si comprende facil-mente l'importanza di questa prima pubblicazione, alla quale, speriamo, seguanoaltre opere finalizzate alla conoscenza del Pakistan in Italia, conoscenza che è ilprimo passo per il consolidamento di un rapporto di amicizia fra genti lontane.

Visitai Gilgit per la prima volta nell'aprile del2006. Era il mio primo viaggio in Pakistan.Avevo già lavorato con l'Asia meridionale,

ma non con questo paese, unico nel suo genere, natonel 1947 dalla spartizione dell'India Britannica, sullabase di elaborazioni ideologiche metabolizzate alungo. Il Pakistan si sta trasformando rapidamente e moltecose sono cambiate dal mio primo viaggio, anchenelle Northern Areas e a Gilgit. L'identità pakistana ècomplessa. E ancor più complessa è quella delleShumali Ilaqajat, termine urdu con cui vengono indi-cate le splendide aree settentrionali, il cuore trascura-to del paese, incastonato fra gli imponenti giganti diroccia che ne caratterizzano il paesaggio.Gilgit, è il capoluogo amministrativo della regione, esta crescendo a vista d'occhio. Lo si percepisce chia-ramente avvicinandosi via Karakorum Highway alcentro abitato: la cornice naturale è la stessa e restanoi panorami mozzafiato, ma sempre più ci si accorgedella mano dell'uomo. I confini della città si dilatanosempre di più, all'interno dei limiti naturali del territo-rio. Qua e là si vedono edifici in cemento armato incostruzione. La tecnologia costruttiva è semplice.Ponteggi e impalcature non sono rassicuranti, eppuregli operai lavorano senza porsi troppi problemi,restando in equilibrio precario.La popolazione cresce e ormai ha abbondantementesuperato le 50mila unità. Il visitatore percepisce lapresenza umana molto più di un anno fa, anche lasera. Gli uomini si attardano in strada a parlare e fre-quentano i ristoranti, con i volti più distesi. Forse èpassata la paura degli scontri settari che hanno segna-to la vita della città nel 2005, anche se resta una mas-siccia presenza militare a memento di giorni difficilinon troppo lontani.C'è però la voglia di guardare al futuro e avviarsi versola modernità. L'attività commerciale è sempre piùintensa e i prodotti cinesi che arrivano dal nord si tro-vano ormai dappertutto a prezzi competitivi. Progettidi sviluppo promossi da organizzazioni internazionalilocali contribuiscono al miglioramento della qualitàdella vita, nella cittadina e nei villaggi limitrofi. E ilgoverno cerca di fare la sua parte con importanti operepubbliche. Anche l'approvvigionamento di energiaelettrica, lungi dal soddisfare il fabbisogno reale dellacittà, è migliorato rispetto allo scorso anno, anche sesi continua a sentire, negli alberghi nelle strade, ilrumore dei generatori.E poi c'è l'Università internazionale del Karakorumche segna il paesaggio della città a livello fisico e nesta influenzando la vita sociale. I lavori nel campusprogrediscono a rilento, ma le piante tutt'intorno agliedifici stanno crescendo e il deserto di roccia che c'eraprima si sta trasformando in un'area verde. Sorgononuovi laboratori, si rinnova la veste delle aule, il patri-monio librario aumenta e congestiona la piccolabiblioteca. Gli studenti mostrano un crescente apprez-zamento per il giovane ateneo. Ormai sono più di

1200 e le numerose domande di immatricolazionesorprendono persino lo straordinario vice-cancelliere,promotore di gran parte dei risultati raggiuntidall'Università.Durante le mie visite fra i dipartimenti, ho ritrovatofacce vecchie e nuove. La compagine dei docenti si èarricchita di nuovi studiosi provenienti da altre pro-vince, e ci sono ancora un paio di professori inglesi,innamorati delle montagne del Pakistan, che per ilsecondo anno consecutivo si impegnano a dare unaveste davvero internazionale all'Università di Gilgit. Insieme a un'amica gemmologa, ho avuto il piacere diselezionare dieci giovani laureati per offrire loro unprogramma di formazione, presso l'IstitutoGemmologico di Milano. È stata un'esperienza unica:le adesioni sono giunte in maniera massiccia e sce-gliere è stato difficilissimo. Vedere la speranza negliocchi dei giovani di Gilgit e percepire la soddisfazio-ne nel sorriso dei selezionati è una sensazione inde-scrivibile. Abbiamo parlato con loro, gli abbiamostretto la mano, e ci siamo chiesti ingenuamente comesi sentiranno a Milano. Anche le ragazze erano nume-

rose: a differenza dei colleghi uomini vestono inmaniera tradizionale, per lo più in shalwar qamiz, ilvestito composto da pantaloni ampi, tunica al ginoc-chio e la tipica dupatta, la sciarpa leggera che avvolgeil collo e all'occorrenza funge da velo. I tessuti sonocolorati e vivaci e quando la dupatta cade sulle lorospalle, non sempre si ricordano di tirarla sulla testa.Certo, non sono sofisticate come le donne diIslamabad che, in numero sempre maggiore, guidano,vestono in jeans e fumano in pubblico. Ma hannogrinta da vendere le ragazze del nord e tanta vogliad’imparare, conoscere il mondo e lavorare per lo svi-luppo della loro terra. C'è ancora molto da fare a Gilgit, come nelle NorthernAreas e nel resto del paese. Eppure sono certo che segli italiani vedessero quello che i miei occhi hannovisto nel cuore trascurato del Pakistan, resterebberosorpresi e proverebbero simpatia per quella regione dimontagna, a dispetto dell'immagine austera e pocorassicurante che la stampa internazionale ci mostra,quando si ricorda dell'esistenza di uno dei paesi isla-mici più grandi dell'Asia.

Il presidente del Comitato Ev-K2-Cnr Agostino Da Polenzafirma l’accordo con il Wwf Pakistan

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4 scienzaMN montagnanews

Nuovi sensori per stazione meteo di Lukla, numerosiupgrade degli strumenti d'alta quota che rilevano lacomposizione chimica dell'atmosfera e un corso diprimo soccorso per il personale locale. E’ stata unaprimavera di novità quella del laboratorio Piramidedell’Everest. Una missione di ricercatori e tecnici delComitato Ev-K2-Cnr e del Lamp (Laboratoire deMétéorologie Physique) ha raggiunto la struttura chesi trova a 5050 metri di altezza, in Nepal, apportando-vi alcune novità di rilievo. Il gruppo era composto da Giampietro Verza (respon-sabile tecnico delle stazioni di monitoraggio Ev-K2-Cnr), Elisa Vuillermoz (ricercatrice Ev-K2-Cnr),Francescopiero Calzolari (Cnr-Isac di Bologna), iricercatori del Lamp, Paolo Laj e Olivier Laurent, l’al-pinista e responsabile gestione Piramide CristinaPiolini e il medico Giacomo Strapazzon. Nello stesso

Primi passi per l’Unità di ricerca Ev-K2-Cnr

UNEPUnited Nations Environment Programme

ll Comitatonella stanza dei bottoni“U

na grande soddisfazione”sono queste le parole diAgostino Da Polenza, pre-

sidente del Comitato Ev-K2-Cnr, dopoaver appreso che la sua organizzazioneè stata accreditata dal GoverningCouncil dell'Unep, il programma per laprotezione dell’ambiente delle NazioniUnite."E' un ambito riconoscimento che arri-va nel ventesimo anniversario delComitato - prosegue Da Polenza -, e atre anni dal nostro coinvolgimento nelprogetto Share. E' sicuramente un segnodi stima verso il nostro buon lavoro, eun augurio per il futuro".Share è la rete di monitoraggio climati-co e ambientale che il Comitato sta rea-lizzando su tutte le montagne delmondo, in sinergia con il progetto Abc(Atmospheric brown clouds).La decisione di accreditare il Comitatoal “tavolo che conta” è stata presa aseguito della 17esima riunione delGoverning Council, in occasione delGlobal Ministerial EnvironmentForum, tenutasi nella sede dell'Unep aNairobi dal 3 al 7 febbraio scorso. Il Governing Council è un organismoesecutivo alle dirette dipendenzedell'Assemblea generale delle NazioniUnite, adibito a definire le linee guidad'azione per l'Unep, promuovere lacooperazione internazionale in campoambientale e tenere sotto controllo leemergenze ambientali globali.L'accreditamento permetterà alComitato di entrare in dialogo direttocon l'Unep e con i rappresentanti deivari governi sui temi ambientali, parte-cipando alle riunioni del GoverningCouncil e dei suoi enti sussidiari. Dal 2008, il Comitato farà parte deimeeting nazionali e internazionali, con-

sultivi ed esecutivi, organizzati dalGoverning Council. Potrà porre all'at-tenzione internazionale documentiinformativi, proposte e commenti alleiniziative o alle pubblicazionidell'Unep. Il tutto tramite il Segretariatogenerale.Le organizzazioni non governative rico-nosciute dall'Unep sono invitate inoltrea partecipare alla riunione annuale delGlobal Ministerial EnvironmentForum, che esamina i temi ambientalipiù attuali e critici a livello globale. IlComitato potrà interagire con i governipresenti, far circolare documenti infor-mativi e anche intervenire durante ilforum.Il Comitato Ev-K2-Cnr avrà dunque unproprio rappresentante al tavolo dei piùgrandi nomi della scienza internaziona-le. Sarà Sandro Fuzzi, del Cnr Isac diBologna, a rappresentare il Comitatonello “science team” del progetto Abcsul monitoraggio dell’atmosfera.Mentre, sempre per il Comitato Ev-K2-Cnr, Gianni Tartari coordinerà il “wor-king group high elevation” (il gruppo dilavoro sull’alta quota) del Gewex, ilprogramma di ricerche sul ciclo dell’ac-qua e dell’energia a livello globale."Per noi è un importante passo avantima soprattutto un punto di arrivo - con-clude Da Polenza -. In campo interna-zionale ci stiamo muovendo per costi-tuire un organismo riconosciuto dalgoverno italiano e dai governi di Nepale Pakistan, che diventi il punto di riferi-mento internazionale per il monitorag-gio ambientale. Ma che possa anche,per conto proprio, chiedere e gestirerisorse provenienti dagli organisminazionali e internazionali per progetti dicooperazione ad ampio raggio, cosa cheoggi difficilmente si riesce a fare".

Nuova strumentazione alla Piramide

Grazie all’esperienza maturata in vent’anni di ricerca scientifica,

Ev-K2-Cnr siederà al tavolo delle grandi discussioni

sui temi globali

ricerca in ecologia a

Parma, Lami vanta un

curriculum di primissimo

piano, con importanti

ricerche scientifiche e

studi paleolimologici nei

laghi alpini e vulcanici.

Responsabile scientifico

dei progetti europei “Alpe

2", "Molar" ed "Emerge"

sugli ecosistemi lacustri e

l'impatto dei cambiamenti

climatici, Lami ha al suo

attivo esperienze interna-

zionali, come la docenza

presso l'Università di

Bariloche in Argentina, e

il centro Eula di

Conception, in Cile.

Nonchè ricerche scientifi-

che in alta quota, effettua-

te presso la Piramide

dell'Everest. Lami, inoltre,

ha partecipato a studi nel-

l'ambito di progetti nazio-

nali (Ev-K2-Cnr, Sval-

bard) e internazionli (da

Paliclas ai progetti di gla-

ciologia e paleoclimatolo-

gi nello sperduto conti-

nente antartico) ed è auto-

re o coautore di una

novantina di pubblicazioni

scientifiche su riviste

nazionali e internazionali.

Sarà lui a condurre la

nuova Unità di ricerca,

sancita da una convenzio-

ne fra il Cnr e

l’Associazione Comitato

Ev-K2-Cnr. Un’Unità di

ricerca che farà parte, a

tutti gli effetti, del

Dipartimento Terra e

ambiente del Consiglio

nazionale delle ricerche,

e avrà sede presso il

Comitato, a Bergamo.

Il nuovo "istituto" assorbi-

rà dal Comitato un'espe-

rienza unica nella ricerca

scientifica e tecnologica, e

nella cooperazione allo

sviluppo in aree remote.

Avrà sul tavolo la conti-

nuazione dei progetti già

messi in campo in questi

anni, che hanno reso cele-

bre a livello mondiale il

Comitato Ev-K2-Cnr.

Dalla didattica, alla ricer-

ca scientifica presso il

laboratorio Piramide

dell'Everest, alla gestione

della struttura stessa, alle

tre grandi aree in cui fino-

ra sono state inserite le

attività. Ovvero il moni-

toraggio ambientale (con

la rete di stazioni Share),

la cooperazione allo svi-

luppo (con il progetto

Karakorum Trust), e la

gestione multilaterale di

macro-questioni comples-

se in Himalaya e

Hindukush (Partnership).

Il progetto Share è com-

posto da sette stazioni

meteorologiche automati-

che in alta quota, distri-

buite fra Nepal, Pakistan e

Uganda. Oltre a questi

gioielli è attivo il fiore

all'occhiello: la stazione

Abc Pyramid, un'installa-

zione ad alta tecnologia

che si trova a 5000 metri

d'altezza e raccoglie dati

sulla chimica dell'atmo-

sfera che sovrasta il pla-

teau himalayano e rilievi

indispensabili per gli studi

sul clima portati avanti

dagli scienziati di tutto il

mondo.

La stazione s'inserisce

infatti nel più ampio pro-

getto Abc (Atmospheric

brown clouds) per lo stu-

dio delle nubi marroni di

origine antropica che fla-

gellano l’Asia e non solo.

Progetto di importanza

basilare per lo studio dei

mutamenti climatici, por-

tato avanti dall'Unep, il

programma per la prote-

zione dell'ambiente delle

Nazioni Unite.

In questo solco si muove-

periodo, il laboratorio Piramide ha ospitato anche unavisita di alcuni rappresentanti della Nepal Accademyof Science and Technology (Nast). La prima tappa della missione ha visto Verza e laVuillermoz installare alla stazione di Lukla nuovi sen-sori per la misura della temperatura e dell'umidità delsuolo. “In questo modo - ha spiegato Verza - la sta-zione meteorologica di Lukla sarà in grado di effet-tuare le stesse misure di quella alla Piramide, che è ilsito di riferimento per l’area himalayana del ProgettoCeop (Coordinated Enhanced Observing Period)delle Nazioni Unite”.La seconda fase della missione è quella che ha riguar-dato direttamente la Piramide. Lassù sono stati cali-brati gli strumenti che misurano ozono, particolatoatmosferico e black carbon che fanno parte dell’in-stallazione ABC-Pyramid, la più alta stazione di

monitoraggio atmosferico del mondo.Contemporaneamente è stata realizzata una campa-gna di campionamenti per lo studio dei gas serra, deicomposti alogenati, della composizione chimica del-l’atmosfera. “Sono stati inoltre installati due strumen-ti forniti dal Lamp - ha spiegato la Vuillermoz - permisurare nel periodo della missione il particolatoultrafine e la concentrazione dei nuclei di condensa-zione delle nubi. In aggiunta, sullo shelter è statoinstallato in maniera permanente un piranometro, permisure di radiazione solare”.Durante la missione si è effettuato anche la regolareattività di manutenzione delle attrezzature e delle stru-mentazioni delle stazioni meteo. GiacomoStrapazzon, oltre che a fornire un’assistenza medicaallo staff, ha tenuto anche un corso di primo soccorsoal personale locale nepalese.

(continua dalla prima) nostro lavoro importante per la comunità internazio-nale. E allora si comprende come Ev-K2-Cnr, che haricevuto in questi giorni l'accreditamento pressol'Unep, ambisca con il suo progetto Share a diventareil punto di riferimento del monitoraggio climatico eambientale in alta quota a livello internazionale. Lanuova stazione Abc presso la Piramide, realizzata sottola guida di Paolo Bonasoni, la stazione Cnr-Isac sulMonte Cimone, le stazioni in Pakistan e sul Ruwenzoriin Uganda, giustificano quest'ambizione. E’ stato PaulCrutzen, un buon amico oltre che Premio Nobel per lachimica, a inaugurare la stazione Abc. Lui e un grup-petto di scienziati di altissimo livello internazionale, ciconfortano in questo nostro sogno. E che dire di Karakorum Trust? Ci sono cento anni diesplorazione, di storia dell'alpinismo, di relazioniumane e culturali tra popoli racchiusi in questo pro-getto. Presuntuoso? No! Certo l'Italia in Pakistan hacostruito la grande diga di Tarbela, ma il vivo cuoredel paese è sul Karakorum, nei suoi ghiacciai gonfi diacqua, in vetta al K2. E noi lì ci siamo, con la piùimportante iniziativa di cooperazione allo sviluppo delmomento. Stiamo lavorando per la nascita del Parcodel Karakorum Centrale: un'area di 20mila chilometriquadrato, grande quanto il Lazio, per intenderci. Conle montagne più belle e i ghiacciai più selvaggi del pia-neta, ma dove ci abitano anche 800mila persone. Edove il confine orientale con l'India e quello occiden-tale con le aree tribali a ridosso dell'Afghanistan nonaiutano certo lo sviluppo e la tutela degli interessi diqueste popolazioni. La solida mano che Ev-K2-Cnr può dare, costruendo esostenendo la cooperazione universitaria e scientifica,valorizzando il territorio in senso turistico, lavorandoa sistemi d'impresa, non può che promuovere e soste-nere lo sviluppo in quest’area. All'impegno internazio-nale e italiano per sostenere i fragili sistemi diGoverno di Paesi moderati e amici della Regione dob-biamo affiancare quello di una cooperazione di altolivello e di qualità: universitaria, scientifica, tecnolo-gica, giuridica, di capacity building, ma anche di"enterprise building", in grado di garantire una prote-zione adeguata delle risorse naturali, preservare ilpatrimonio sociale e culturale ed innalzare il livello disviluppo e benessere per la popolazione.Proprio la capacità di Ev-K2-Cnr di risolvere concre-tamente problemi complessi ci ha visti impegnati anchenel Golfo Arabico, lontani quindi dalle vette montane,nel progetto Gem (Gulf environmental monitoring).Una nuova avventura, una grande opportunità per ilnostro Paese di esportare il proprio know how nelmonitoraggio climatico e ambientale, nella qualità del-l'aria e della vita, nel reperimento di acqua dolce, cosìcome nell'impegno verso bonifiche e disinquinamento.Un invito e una sfida che, con noi, hanno raccolto gliIstituti del Cnr per fornire una risposta altamente pro-fessionale, insieme a quella fornita dall'industria e dalMinistero degli Affari Esteri che ha assunto la nostrainiziativa come punto di riferimento italiano nellaregione del Golfo per i temi ambientali. Nel frattempo,presso l'Associazione riconosciuta Ev-K2-Cnr, che mionoro di presiedere, il Cnr ha deciso d’insediare unasua Unità di ricerca, istituzionalizzando definitiva-mente il nostro progetto. Ne siamo contenti e orgoglio-si. Sì, siamo diventati maggiorenni!

La nostra ricerca è diventata maggiorenne

rà la nuova Unità di ricer-

ca insediata a Bergamo.

"Dopo vent'anni di duro

lavoro - ha commentato

con soddisfazione il presi-

dente del Comitato

Agostino Da Polenza -

abbiamo raggiunto impor-

tanti riconoscimenti a

livello internazionale che

ci consentono di essere

una delle punte avanzate

della ricerca scientifica

italiana nel mondo. Grazie

alle attività precedenti del

Comitato, l'Unità di ricer-

ca sarà il punto di riferi-

mento di scienziati di pri-

missimo piano".

Prima riunione a Roma

per il Consiglio direttivo

dell'Unità di ricerca Ev-

K2-Cnr. Durante l'incon-

tro, che si è tenuto poco

prima di Pasqua, si è inse-

diato ufficialmente il

“consiglio d’amministra-

zione” del nuovo ente. Un

consiglio paritetico com-

posto da quattro membri:

Giuseppe Cavarretta e

Franco Prodi per il Cnr,

Agostino Da Polenza e

Riccardo de Bernardi per

il Comitato Ev-K2-Cnr.

Il consiglio ha scelto

come direttore della

nuova Unità di ricerca

Andrea Lami. Classe

1961, milanese, Lami è

stato uno dei ricercatori di

punta dell'Istituto per lo

studio degli ecosistemi del

Cnr, che ha sede a

Verbania Pallanza.

Laureato in scienze biolo-

giche a Milano, dottore di

Il laboratorio osservatorio Piramide dell’Everest

Il Palazzo di Vetro di New York, sede delle Nazioni Unite

Il Cda della nuova Unità di ricercada destra, in piedi: Lami, De Bernardi, Da Polenza

seduti: Prodi e Cavarretta

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MN montagnanews 5scienza & politica

“La nostra montagna è una risorsa, per laquale va premiato e favorito chi in monta-gna vive e chi per la montagna è disposto a

spendere il proprio tempo, a investire per il suo futu-ro, che è anche il futuro del pianeta”. Con questeparole Erminio Quartiani, presidente del gruppo par-lamentare Amici della montagna, è intervenuto allaGiornata internazionale della montagna dell’11dicembre scorso. Un discorso a tutto tondo quello del deputato diessi-no, che ha toccato i grandi temi sul tavolo del gover-no: il rilancio economico delle aree di montagna; ilruolo delle comunità montane e dello Stato; la regola-mentazione del turismo e la conservazione delle tra-dizioni. Senza dimenticare la cooperazione interna-zionale, in cui l’Italia ha esempi d’eccellenza come ilprogetto Karakorum Trust del Comitato Ev-K2-Cnr. In sintesi: la montagna e il suo futuro.Davanti al ministro delle Politiche regionali LindaLanzillotta, al rappresentante italiano della Fao e aquelli dell’Uncem, del Cai e del variegato universodella montagna, Quartiani è partito da lontano. “L’avvio dell’Anno internazionale della montagnacinque anni fa di cui si sono fatti interpreti l’Onu e laFAO con la sua conclusione a Biskek in Kyrgyzstansuscitò grandi entusiasmi”, ha detto.“Determinò anche una più attenta sensibilità al temamontagna da parte dell’opinione pubblica. Alle mon-tagne del mondo si è guardato da più e diversi osser-vatori: scientifico, economico, ambientalista, socialee culturale. E anche dal punto di vista degli alpinistiche frequentano le zone più impervie delle catenemontuose alpine, come Himalayane, Andine, delNord America o dell’Antartide”.“Tutto ciò - ha proseguito Quartiani - ha determinatorispetto al passato una visione più globale e cultural-mente più corretta delle politiche di intervento per lamontagna. A questa visione le diverse istituzioni stan-no gradatamente adeguandosi”.“A un concetto distintivo di montanità - ha spiegato ildiessino - diverso da quello di montuosità si ispiraperciò anche il gruppo Amici della montagna del par-lamento italiano. Un concetto di montanità, inteso

come protagonismo del territorio, dellecomunità locali insediate, dei caratteri e deivalori che stagliano un profilo nuovo emoderno della identità montana, cherichiama a un approccio politico e istitu-zionale globale e meno emergenziale divalorizzazione del fattore montagna e nondi esaltazione della sua separetezza, voltoallo sviluppo equilibrato delle componentiambientale e antropica della montagna,per definirne la fuoriuscita della marginali-tà”.Una situazione difficile, quella dei territorimontani europei. Che diventa addiritturadrammatica se si prendono in considera-zione le condizioni delle popolazioni himalaiane oandine. “Questa marginalità - ha detto Quartiani - nonporta con sé, e non è di per sé, scadimento culturale:basti guardare al Tibet e alla sua secolare tradizioneculturale. Basti guardare al Nepal che oggi è uscito dauna dittatura”.Poi un richiamo a guardare oltre il proprio orticello:“Questa giornata ci ricorda che i veri amici della mon-tagna non si occupano solo della loro situazione loca-le, ma sviluppano un’azione di solidarietà e di coope-razione a livello internazionale, nelle diverse monta-gne e con i diversi popoli che le abitano nel mondo.Ne sono esempi alcune esperienze, spontanee e divolontariato, ma anche istituzionali: anzitutto quellascientifica sostenuta dal Cnr e da istituzioni pubblichee private: il progetto Ev-K2, altre esperienze nascentiche interessano il Karakorum e il Nepal comeKarakorum Trust. Oppure, a livello europeo, il pro-getto del Parco dell’Appennino, una specie di grandestrada verde che unisce il Mediterraneo all’Europa.Piuttosto che la Convenzione delle Alpi con i suoiprotocolli ancora in via di ratifica e da ratificare al piùpresto nel nostro Paese”.“Anche le vie storiche e la rete di sentieri - continuaQuartiani - la loro manutenzione e implementazionevanno menzionate nel campo della cooperazioneeuropea”.Secondo questa visione, dunque, la prima dimensione

da valorizzare della montagna è quella internazionaleed europea, tenendo ben presente l’attuazione delProtocollo di Kyoto.“In secondo luogo - spiega sempre il presidente delgruppo Amici della montagna - dobbiamo valorizza-re la dimensione nazionale delle nostre montagneche rappresentano una grande opportunità per il Paesetutto, anziché un problema”.Dobbiamo abbandonare l’idea e le pratiche per lamontagna come emergenza ed elaborare un progettodi governance per la montagna che prenda le mossedai principi di sussidarietà, adeguatezza e differenzia-zione, valorizzando i piccoli comuni montani, cometutte quelle forme di unione degli stessi che si inqua-drano nell’espressione delle Comunità montane, deci-sivo strumento associativo che abbisogna di raziona-lizzazione e di rilancio di ruolo.Anche perciò va aggiornata la Legge 97 del’94 perdare al Paese una legge organica non sulla montagna,ma per la montagna, questione di cui si devono occu-pare tutti gli italiani se hanno a cuore il futuro dellaloro terra, dell’ambiente in cui vivono e della qualitàdella vita.Occorrerà definire cosa deve stare nel mercato e cosadeve essere garantito alla montagna attraverso l’impe-gno di risorse generali e comuni. La giornata odierna ci sprona ancor più a spingere ilnostro impegno verso la valorizzazione di tutte le

risorse umane, ambientali, sociali, economiche dellamontagna italiana, per svilupparne la residenzialità,per garantirne lo sviluppo sostenibile, per difenderneil territorio e il suolo, per diffonderne la cultura einterrerarla con altre e per valorizzare, e regolamenta-re, ove necessario, tutte le discipline, sportive e non,che vi si praticano, a cominciare dall’escursionismo edall’alpinismo, oltre allo sci e al turismo. Queste sonotutte dimensioni che assumono un’importanza decisi-va anche per la vivibilità delle aree urbane e di pia-nura.La montagna va preservata dalle logiche divoratricidella rendita.La montagna per molti di noi va contemplata per lesue bellezze, ma va contemplata per fare, non peroziare o per ostacolare il progresso e lo sviluppo dellevalli alpine e appenniniche .Per noi europei va fatta vivere una nuova idea di mon-tanità in quell’Europa in cui i rilievi montuosi nonsono più ostacolo all’intensificazione delle relazionitra persone e popoli. La nostra montagna non è quella delle sole sovven-zioni.La nostra montagna è una risorsa, per la quale va pre-miato e favorito chi in montagna vive e chi per lamontagna è disposto a spendere il proprio tempo, ainvestire per il suo futuro, che è anche il futuro del-l’intero pianeta".

Lo scenario è quasi da film. Una montagna di 2165 metri d'al-tezza, la più alta degli Appennini settentrionali. Degli scien-ziati che ne risalgono le pendici: prima lungo una strada mili-tare fra i boschi, poi a bordo di una carrellino attraverso unagalleria che buca la montagna. E, là in cima, un osservatoriometeo e un laboratorio. Stiamo parlando dell’osservatorio delServizio meteorologico dell’Aeronautica Militare e del labo-ratorio scientifico Cnr Ottavio Vittori, che si trovano sullavetta del Monte Cimone, Appennino modenese. Si tratta di unimportante complesso di ricerca dedicato alla meteorologia eall'analisi chimico-fisica dell'atmosfera. L'attività scientifica sul Monte Cimone è nata molto tempoprima del laboratorio che oggi vediamo in vetta alla monta-gna. Per trovare le prime tracce dobbiamo risalire al lontano1655: quando due gesuiti, i padri Riccioli e Grimaldi, giunse-ro in vetta alla montagna per determinarne l'altezza con meto-di scientifici.

La prima rilevazione atmosferica lassù fu realizzata nel 1671dal matematico Geminiano Montanari che, replicando l'espe-rimento portato a termine da Pascal ventitrè anni prima sulPuy De Dome, portò un barometro in vetta al Cimone permisurarne l'altitudine. Oggi su quelle pendici sorge il“Sentiero dell’atmosfera”, un percorso didattico con pannelliesplicativi sui fenomeni che regolano il clima. L'idea di realizzare un vero e proprio laboratorio sulla vetta,però, verrà solo nel 1892 con la costruzione di una torre otto-gonale che ospiterà il primo osservatorio meteorologico delCimone. Nel 1937, l'Aeronautica Militare aprirà lassù il suoosservatorio meteorologico che poi sarà integrato con quelloche era il rifugio Romualdi del Cai. Quest’ultimo edificiodiventerà poi sede della stazione di ricerca del Cnr che, dal1996, è intitolata a Ottaviano Vittori (primo direttore delFisbat-Cnr di Bologna e in precedenza comandante delServizio meteorologico dell’Aeronautica al Monte Cimone).

Oggi il complesso scientifico del Cimone costituisce unapiattaforma strategica di grande importanza per lo studiodella climatologia e delle caratteristiche chimico-fisiche del-l’atmosfera nell'Europa meridionale e nell'area mediterraneasettentrionale. Non è facile fare ricerca scientifica a 2000metri di quota. Tutti gli strumenti che prelevano campionisono equipaggiati con sistemi di sghiacciamento. L'intera sta-zione è dotata di difese meccaniche ed elettroniche contro ful-mini e black-out. La maggior parte delle misure sono auto-matizzate e controllate in modo remoto. Mentre lo stato dellestrutture esterne e interne è controllato attraverso webcam,anche grazie a una connessione satellitare che permette uncollegamento internet 24 ore su 24. L'altezza del laboratorioe il fatto che il Monte Cimone ha un orizzonte libero a 360°,consente ai ricercatori di rilevare in modo ottimale le parti-celle e gli inquinanti che si depositano in atmosfera.Dall'ozono alle polveri sottili, dai composti alogenati climal-

teranti al black carbon, dal monossido di carbonio all’anidri-de carbonica. Proprio la misura di quest’ultimo composto,avviata nel 1979 dall’Aeronautica Militare, costituisce il trendstorico più lungo presente in Europa. Importante è quindi l’o-spitalità dell'Aeronautica Militare e la collaborazione sortacon il Consiglio Nazionale delle Ricerche, a cui partecipanole Università di Bologna e Urbino. Trasporto di inquinanti, sabbia dal Sahara, intrusioni d'aria diorigine stratosferica, analisi dei composti atmosferici in con-dizioni di fondo: sono solo alcune delle numerose attività diricerca realizzate al Monte Cimone. L’attività svolta quassù èparte della rete internazionale Global Atmosphere Watch(Gaw) dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo)che conta su 380 stazioni distribuite su tutto il globo,dall'Artide all'Antartide, fondamentale tassello per fornireinformazioni sullo stato dell’atmosfera alla ConvenzioneQuadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite.

Deciso passo in avanti per la Legge sul rifinanzia-mento delle attività del Soccorso alpino e del Clubalpino italiano. Poco prima di Pasqua, laCommissione Ambiente della Camera ha infattiapprovato all'unanimità il provvedimento legislativo.Lo ha reso noto il capogruppo dell'Ulivo in commis-sione, Raffaella Mariani. "La commissione Ambiente della Camera si è espres-sa all’unanimità perché la legge di rifinanziamentodel Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologi-co e del Club alpino italiano sia approvata in sedelegislativa in commissione" ha detto la Mariani, rela-trice della proposta. Una convergenza fra diverse forze politiche che tieneconto delle attività benemerite delle due associazioni.Il soccorso alpino, in questi anni di incremento delturismo in montagna, è diventato di importanza basi-lare per il salvataggio di vite umane e necessità di

Quartiani:la montagnasecondo meIl presidente del Gruppo interparlamentare Amicidella montagna parla delle prospettive nazionali e internazionali del “mondo che sta in alto”

Cimone, occhi elettronici sul clima del Mediterraneo

VViissiioonnii eepprroossppeettttiivvee

La Commissione Ambiente dice sì al rifinanziamento di Cai e Soccorso alpino

Torino fa il bis. Dopo le Olimpiadi invernali, la cittàsabauda si aggiudica l'Euroscience open forum del2010. Si tratta di un importante meeting biennale a cuipartecipano i migliori scienziati di quaranta nazioni.Cinque giorni di convegni, mostre e spettacoli aperti algrande pubblico. A promuovere la candidatura laCompagnia di San Paolo, Centroscienza e AgoràScienza, ma l'appoggio è stato unanime sul territorio.Torino ha sbaragliato concorrenti del calibro di Parigi,Copenhagen e Breslavia. Dal 2 al 7 luglio 2010 , dun-que, il capoluogo piemontese sarà "la città europea dellascienza". Per l'occasione si prepara ad aprire il grandeScience Center, sede della mostra temporanea"Experimenta". Il Lingotto, simbolo di Torino e dell'in-dustria italiana, sarà il cuore degli eventi per specialistie degli spettacoli per il grande pubblico. Il comitatoorganizzatore, guidato dal fisico Enrico Pedazzi, siaspetta una vasta affluenza. Le stime per l'Euroscienceopen forum di Barcellona del 2008, prevedono infatti5mila partecipanti, e Torino non vuole essere da meno.

Sarà Torino la città europea della scienza 2010

mezzi tecnici e tecnologici sempre maggiori per veni-re incontro alle esigenze di sicurezza dell’utenza. IlCai invece si è distinto per la diffusione della culturadi montagna e il rispetto per il mondo delle vette. Pertanto, "il provvedimento che sarà ratificato con unvoto dell’aula - prosegue la Mariani - permetterà unarapida approvazione delle norme che concedonorisorse fondamentali: il Corpo nazionale del soccorsoalpino e speleologico avrà a disposizione a partire dal2007 500mila euro per le sue attività. Il contributo infavore del Club alpino italiano sarà invece incremen-tato per 220mila euro nel 2007, 60mila nel 2008 eancora 220mila dal 2009"."Si tratta di un segnale di attenzione verso insostitui-bili associazioni che svolgono un ruolo determinanteper la sicurezza sulle montagne. Ruolo ampiamentericonosciuto dai cittadini e da tutte le forze politiche",ha concluso il capogruppo dell’Ulivo.

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tentando il Dhaulagiricon la ceca LucieOrsulova). Salire tutte etre le cime, per la grandealpinista austriaca vor-rebbe dire arrivare aquota dodici nella corsaagli ottomila, e portarsivicino al traguardo stori-co, mai raggiunto da unadonna. Se tutto fila per il versogiusto, Mondinelli saràinvece il tredicesimouomo al mondo a saliretutti gli ottomila del pia-neta. E, attenzione, fra iprimi sei ad averlo fattosenza ossigeno, dopoRehinold Messner, EdViesturs, ErhardLoretan, JuanitoOiarzabal e AlbertoInurategi. I suoi attuali concorrentisono fuori gioco: AbeleBlanc non ha intenzionedi salire l'Annapurna,Piotr Pustelnik si è ritira-to dalla “corsa” e lo sviz-zero Norbert Joos haannunciato di averrimandato la salitaall'Everest. In Karakorum sarannoall'opera anche il giova-ne bergamasco RobertoPiantoni, che l'anno scor-so scalò l'Everest senzaossigeno, e il compagnodi cordata Marco Astori:vogliono realizzare laprima traversata deiGasherbrum (dal GII alGI) passando dalla crestaEst. Il progetto della tra-versata era stato tentatoda Messner nel 1984: lui

Verso la stagione delle grandi imprese

MN montagnanews6 alpinismo

però era sceso fino acampo uno, mentrePiantoni e Astori hannointenzione di restare a fildi cresta scendendo soloal colle del Gasherbrum.A proposito diGasherbrum, AgostinoDa Polenza ha messoinsieme una spedizionedi assi italo-spagnoli perrealizzare un progetto alungo corteggiato: la primasalita sull’inviolata Norddel G II.Sempre in Karakorum,sono davvero degne di notale imprese nel mirino diuna serie di alpinisti ameri-cani, canadesi e dell'est, chenei prossimi mesi sarannoimpegnati sulle imperviecime - inferiori per altezzama non per livello tecnico -della catena montuosa. Il russo Valeri Babanov,insieme a una cordata cana-dese, sarà impegnato sulKunyang Chhish (7.108m). Mentre un team russo-americano si dirigerà allosplendido picco delMasherbrum (7.821 m).Colin Haley e Jed Brown,reduce dalla spedizionesulle cime inviolate delPolo sud con DamienGildea, vogliono tentare laprima salita dell'HiddenPillar del Ultar Sar (7.388m).Steve House, Piolet d'or2005, sarà a capo di unaspedizione sul K6 (7.282m), fresco di apertura allescalate. Probabilmenteandrà lassù con MarkoPrezelj, Piolet d'or 2006 eda tempo suo compagno discalata.

Sulla stessa montagna sali-ranno anche il canadeseMaxime Turgeon e YanMongrain, intenzionati adaprire una via nuova sull'in-violata parete Nord.Sul massiccio del BroadPeak opererà una spedizio-ne abruzzese che vuoleaprire una via nuova su unadelle cime satelliti dell'otto-mila pakistano. E che daràil via a un progetto di forni-tura medicinali per il dis-pensario medico LorenzoMazzoleni, che verrà poiportato avanti dal ComitatoEv-K2-Cnr.

Del Broad Peak, tra l'altro,ricorre l'anniversario dellaprima salita, messa a segnodagli austriaci FritzWintersteller, MarcusSchmuck, Kurt Diem-berger e Hermann Buhl nel1957. Una spedizione cele-brativa guidata da GerfriedGoeschl partirà ufficial-mente la notte della primasalita (9 giugno).Daniele Nardi e MarioVielmo mirano al K2 conla spedizione K2 freedom2007 che avrà tra le sue filaanche il giornalista di Rai 2Marco Mazzocchi. Stesso

obiettivo per la spedizionedi Giuseppe Pompili.Entrambe saliranno dalloSperone Abruzzi, condivi-dendo l'itinerario concoreani, portoghesi, russi.Per il Karakorum è davverotutto. Spostandoci invece inHimalaya, nel settore deiprogetti da manuale c’è dasegnalare quello del giova-ne fuoriclasse Ueli Steck,reduce dal record di veloci-tà sulla Nord dell'Eiger. Losvizzero vuole salire in soli-taria e in stile alpino la temi-bile parete Sud dell'An-napurna : un muro di grani-

Ed ecco i tentativi sulle vie normali dell’Himalaya

Urubko tenta l’impossibile sul K2

Il panorama vede parecchi altri italiani dirigersi inHimalaya, ma senza vie nuove nel mirino (o almeno cosìpare). L’inseparabile coppia composta da Mario Merelli e MarioPanzeri è già partita alla volta del Dhaulagiri. All'inizio diaprile Nives Meroi, la tigre dell'Himalaya, andrà a cacciadel suo decimo ottomila sulla Nord dell'Everest, comesempre insieme al marito Romano Benet. La stessa mon-tagna, ma da Sud, è nel mirino di Cristina Piolini, ossolanain corsa per le “Seven Summits” che ha intenzione di chiu-dere anche i conti con il Lhotse, mancato l'anno scorso.L'incredibile trio formato dai baschi Juanito Oiarzabal,Edurne Pasaban e dall'ecuadoriano Ivan Vallejo - rispetti-vamente 21, 8 e 12 ottomila scalati - tenterà l'Annapurnadalla via normale, sulla parete Nord. Dove è atteso anchel'altro spagnolo Iñaki Ochoa, undici ottomila all'attivo,dopo il suo tentativo al DhaulagiriI kazaki dell'esercito sono in partenza per l'Everest, dovecondivideranno la salita con i fratelli Marolt, protagonistiamericani dello sci estremo. Dopodichè si dirigeranno alDhaulagiri, dove Urubko tenterà la già citata salita in velo-cità.Dulcis in fundo Apa Sherpa (l'uomo che è stato 16 volte sultetto del mondo) e Lakhpa Gelu Sherpa (quello che ha fir-mato il record di salita all'Everest in meno di undici ore)scaleranno insieme l'Everest per rilanciare il ruolo prezio-

so, indispensabile e troppo spesso dimenticato, degliSherpa nelle spedizioni commerciali.Quanto alla fiera della stravaganza che neli ultimi anni si èimpossessata dell’Everest, sulla Nord hanno già annuncia-to la loro presenza Cato Pedersen (atleta norvegese senzabraccia), Phill Michael (canadese alla prima esperienzahimalayana e reduce da 3 anni da una grave operazione alcuore), Wim Hof (olandese che vuol scalare in pantalonci-ni corti).Da Sud ci saranno: la spedizione medica inglese XtremeEverest che porterà in vetta un gruppo di medici e il gior-dano Mostafa Salameh, in corsa per le “Seven Summits”,che scala per la pace in Medioriente. E poi MeaganMcGrath; una "capitana" dell'air force canadese, un chiro-pratico americano e degli scout inglesi, che celebrano ilcentenario della fondazione del movimento.Questa primavera sarà poi ricca di traversate: un'idea inau-gurata da Simone Moro nel 2006 che sembra trovare unmucchio di proseliti. I candidati sono David Tait e GavinBate (forse senza ossigeno), da Nord a Sud. I filippini,dopo la prima ascesa nazionale dell'anno scorso ora torna-no con alcune donne nella spedizione, cercando di arriva-re in vetta nello stesso momento con due gruppi, uno perogni versante, che dovranno scendere dalla parte opposta aquella di salita. E poi il passaggio della fiaccola Olimpicadi Pechino 2008: ma questa è un’altra storia.

to dove le valanghe sonoall’ordine del giorno. Laspedizione dovrebbe parti-re tra poche settimane. Nel gruppo del Manaslusarà all'opera, invece, lanazionale ucraina, guidatada Michael Zagirnyak.L'obiettivo, stavolta, è apri-re due nuove vie: fare laprima salita di un piccoinviolato di 6.300 metricirca che si erge sul ver-sante sud del massiccio delManaslu e aprire la primavia sulla parete nord-estdell'Himal Chuli (7.893metri d’altezza).

Le prospettive per una primavera di altissimo livello tecnico ci sono tutte

L’alpinista kazako Denis Urubko tenterà di aprire una nuova linea, in stilealpino, sulla Nord del K2. Con lui ci sarà Sergeuy Samailov. L’annuncio èarrivato il mese scorso. Si tratta di una sfida da brividi che finora non haparagoni. Qualche numeroper averne un'idea. Una pare-te di 3300 metri, che richiedecapacità tecniche di affrontaredifficoltà di misto intornoall'M6, di roccia intorno al 6b.Una lastra verticale di rocciatra i 6.600 e i 7.000 metri eun'insidiosa cresta sommitalesopra gli ottomila metri. "Tutto è iniziato nel 1998 - haraccontato Urubko aRussianclimb -. Avevo inmano una foto in bianco enero del K2 e, prima con ildito e poi con la penna, segnaiuna linea che saliva, sullaparte sinistra della montagna, fino in cima. Parte da 5.300 e arriva sugli8.611 metri della vetta". "Da allora sono passati 9 anni - prosegue l'assp dell'esercito kazako-. Hopensato a quella linea, l'ho sognata, ho raccolto informazioni, l'ho contem-plata dal vivo. E alla fine ci ho creduto. Serguey ha aderito entusiasta allamia proposta e ho la sensazione di aver fatto la scelta giusta al momentogiusto".

(continua dalla prima)

Mario Merelli e Mario Panzeri

La Nord del K2

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MN montagnanews 7

di GRETA CONSOLI

Spedizione italo-spagnolapunta a salire una delleultime pareti inviolatedegli ottomila

L’abbiamo ”catturata” durante i preparativi di quella che

si preannuncia una grande spedizione. Nives Meroi

punta dritta alla Nord dell'Everest che potrebbe portarla

in testa alla gara femminile ai 14 ottomila della Terra.

Nives, quando partirai per l'Everest?Il 2 aprile. Mamma mia, manca pochissimo! Saremo io,

mio marito Romano Benet e Fabrizio Mannetta, una

guida alpina del Monte Rosa. Ha salito il Makalu qual-

che tempo fa, ed ha una buona esperienza d'alta quota.

A che punto sono i preparativi?Stiamo preparando il materiale per il cargo. Come ogni

anno sto correndo come una matta, perchè ho l'acqua

alla gola. Ogni volta mi riprometto di organizzare per

tempo e invece è sempre peggio...

Da dove salirete?Dal Colle Nord, versante tibetano.

Hai già tentato la salita all'Everest, prima d'ora?

Sì, sempre da Nord, nel tragico 1996. Eravamo arrivati a

8000 metri ma le condizioni erano brutte e siamo torna-

ti a casa. Fu un'estate maledetta: sul versante sud ci furo-

no 16 morti. Mentre sulla Nord morirono 5 persone.

Sullo stesso versante, ci saranno un olandese che ten-terà di salire in pantaloncini e un norvegese senzabraccia deciso a superare i suoi limiti...Bella questa dei pantaloncini corti! Ma queste persone

non sono alpinisti. Per loro l'Everest diventa uno stru-

mento per arrivare a qualcos'altro. Non è salire una mon-

tagna, è solo una proiezione dei loro desideri.

L'Everest sarebbe il tuo decimo ottomila. Punti adiventare la prima donna a salire i 14 ottomila?A me interessa continuare a viaggiare con mio marito

Romano. Non mi faccio coinvolgere nella competizione,

anche perchè sono convinta che per vivere bene l'alpini-

smo bisogna liberarsi da questi schemi mentali. Dover

Broad Peak: l’inverno batte Simone Moro Peccato, davvero un peccato!

E Nives Meroi va alla caccia dell’Everest

alpinismo

Gasherbrum IIsfida alla leggenda

La bussola di Silvio Mondinelli punta verso il Cho Oyu, per ora. Solo

per prepararsi meglio al colpo storico che il "Gnaro" ha intenzione di

mettere a segno quest’estate sul Broad Peak: salire il 14esimo ottomila

andando "oltre la normale". Intanto il 9 aprile, partenza per il Cho Oyu

(8.201 metri), in Tibet. Poi sarà la volta del Broad Peak (8.047 metri), il

13 giugno, in Pakistan, l'ultima cima che manca all'alpinista bresciano

per entrare nell'elitè dei "14 ottomilisti". Ma come mai questa partenza

per il Cho Oyu? “A dir la verità si tratta di un ripiego - racconta

Mondinelli -. Dovevo andare a fare delle misurazioni scientifiche

sull'Everest con il Comitato Ev-K2-Cnr, che però sono state posticipate.

Così, siccome voglio acclimatarmi prima dell'impresa sul Broad Peak,

ho deciso di aggregarmi a Marco Confortola e Alberto Magliano che

andavano in Tibet. Anche se, a dire il vero, non ci volevo nemmeno

andare per quello che i cinesi hanno combinato sul passo del Nangpa La

lo scorso anno". Che tipo di salita sarà? "Al Cho Oyu vado senza idee

troppo bellicose, saliremo dalla normale - prosegue l'alpinista -.

L'obiettivo principale è raggiungere una forma perfetta e arrivare pron-

to e carico di energie al cospetto del Broad Peak". Frase sibillina, avete

notato? E troppa enfasi sul fatto di entrare in Pakistan con acclimata-

mento perfetto. Chi è attento, avrà già percepito odore di grandi proget-

ti. Che cosa c'è sotto? Il Gnaro fa partire il colpo: "Al Broad Peak, non

si parlerà di normale. Andremo oltre”.Accidenti. Non scherza l'alpinista

della Valtrompia, che dopo aver salito 13 ottomila senza ossigeno, ora

vuole concluderli aprendo - si intuisce - una via nuova. Una bella rispo-

sta alla "pigrizia" dell'himalaysmo. E una bella sfida al fato, che vuole il

14esimo ottomila il più difficile da raggiungere. Cerchiamo di saperne

di più, ma con scarsi risultati. "Non voglio sbilanciarmi - spiega

Mondinelli -, il piano deve essere ancora definito nei dettagli. Poi ovvia-

mente bisognerà valutare le condizioni, il tempo. Ma vogliamo fare una

bella cosa". Certo è che Mondinelli avrà compagni d'eccezione: "Salirò

con Gerlinde Kaltenbrunner - l'alpinista austriaca che vanta il maggior

numero di ottomila scalati per una donna - e il suo fidanzato tedesco

Ralf Dujmovits". Il terzetto d'eccezione sarà contornato da Confortola,

Magliano e due o tre ragazzi di Alagna. "E' importante coinvolgere i gio-

vanissimi - prosegue l'alpinista - voglio passare loro il testimone!" Di

più, non scuce, il Gnaro. Lo lasciamo tornare a spaccar legna, nella sua

casa di Alagna, ma non prima di aver domandato se si tratta di un tipo

di preparazione speciale per le sue salite. "No, è perchè ho l'influenza e

non posso fare allenamento - scherza l'alpinista -, ma non posso mica

chiudermi in casa: chi si ferma è perduto!".

Mondinelli: ultimo ottomila con il botto

"Abbiamo fatto tutto il possibile in questi due mesi per

riuscire nel progetto. Ci siamo andati vicini, ma la

natura ha vinto". Con questo laconico messaggio

Simone Moro annunciava, a fine febbraio, la rinuncia

ufficiale a completare l'invernale sul Broad Peak.

Doveva essere il giorno della verità, lo scorso 24 feb-

braio. Doveva essere bel tempo. Dovevano partire,

Moro e Shaheen, per campo 3 (7100 metri di quota), e

tentare la vetta dell'ottomila pakistano. Ma non è stato

così.

"Quella mattina, quando mi sono alzato alle sei spe-

rando di vedere cielo blu - ricorda Moro - mi sono tro-

vato davanti un cielo molto nuvoloso e un vento fortis-

simo già sopra i 6000 metri".

Impossibile tentare in quelle condizioni, troppo peri-

coloso. Il meteorologo, a dir la verità, aveva avvertito

gli alpinisti che la finestra di bel tempo si sarebbe dra-

sticamente ridotta. Ma si sa, la speranza è l'ultima a

morire.

"Sono tornato nel sacco a pelo - racconta ancora Moro

-. Più tardi abbiamo cominciato ad impacchettare i

nostri bagagli per il trasporto a valle”.

Tutto pronto per tornare a casa. “C’è stato solo il tempo

per un ultimo messaggio a mia figlia Martina, al suo

ottavo compleanno. Tanti Auguri stella!".

E così, con un pensiero alla bimba che lo aspettava a

casa, si è chiusa l’avventura invernale sul Broad Peak

e sul K2 (dove non c’è stato nemmeno il tempo per

abbozzare un tentativo).

Moro era partito per il Pakistan la vigilia di Natale. Ha

raggiunto il campo base quasi a metà gennaio, dopo

alcuni problemi con i carghi e i trasporti del materiale.

Condizioni perfette in parete, brezze quasi "piacevoli"

e sole alto nel cielo lo hanno accompagnato nelle

prime settimane di scalata, durante le quali Moro e il

suo compagno Shaheen hanno raggiunto in un batter

d'occhio campo 1, campo 2, e poi campo 3.

Ma il maltempo era in agguato. Per oltre venti giorni

nebbia e vento hanno impedito alla spedizione qualsia-

si tentativo di salire in alta quota. Proprio quando alla

vetta mancava poco, mancava un soffio. Sarebbero

bastati tre giorni di tempo accettabile. Ma la natura non

ha voluto concederli.

Peccato, peccato, peccato. Utile per la tecnica, ma inutile per il cuore indagare sui comee sui perchè di questo rientro a orecchie basse di Simone Moro. Ad un certo punto ci avevosperato, il tempo sembrava buono e il Broad a portata di mano. Invece niente. Peccato!Perchè dopo lo Shisha di due anni fa, la seconda impresa invernale di Simone avrebbeforse dato la sveglia agli indolenti collezionisti di ottomila, ai pigri di fantasia che risal-gono i ghiacciai dalle vie normali. Avrebbe dato una botta di vita anche all'alpinismo suimedia, che amano Simone per la sua frizzante loquacità e la professionale disponibilità acomunicare - e non è poco per un alpinista. Forse qualche pubblicitario o qualche spon-sor si sarebbe deciso a investire qualche soldino in alpinismo o himalaysmo. La terzaimpresa, vale a dire l’invernale al K2, era oggettivamente fuori dalla portata. E solo gra-zie a una botta di fortuna pari a un tredici al totocalcio, il pur bravo Simone l’avrebbeaggiunta al suo palmares. Ma tant'è. La stagione invernale, partita carica di idee e pro-positi eccellenti, come i Ragni in Patagonia con l'ennesimo ritorno sul muro delPiergiorgio e la salita dell'Aguja Mermoz, si è rivelata sfortunata. O forse - anche questova considerato - gli obiettivi erano troppo ambiziosi per il nostro alpinismo. Perchè lospartiacque è proprio tra l'imponderabile sfiga e la competenza, la preparazione, la deter-minazione e la motivazione, la ricerca della sfida e del risultato, l'accettazione consape-vole del rischio. A me, francamente, sembravano invece esserci le premesse perchè conuna buona dose di fortuna, che ci vuole, si potessero portare a casa dei buoni risultati.Simone ha avuto il coraggio di osare. Spero che abbia voglia di riprovarci. Devo dire chequesta idea dell'invernale al K2 sta sollecitando il mio noto chiodo per quella montagna.Ma ovviamente la precedenza è di Simone. (ADP)

mantenere a tutti i costi il primato della donna con il

maggior numero di ottomila è sicuramente un atteggia-

mento negativo. Non ti permette di essere in armonia con

quello che fai.

Senti la concorrenza con Edurne Pasaban e GerlindeKaltenbrunner?No. Non si tratta di una gara, perchè per essere tale

dovrebbe avere condizioni uguali per tutti, e in Himalaya

non è possibile. Riconosco che la cosa, proposta in que-

sta maniera, è più vendibile, ma secondo me è un dis-

corso troppo semplificato.

Avete mai parlato di questa vostra "presunta" gara?Edurne l'ho incrociata solo una volta. Gerlinde l'ho cono-

sciuta all'aeroporto tornando da una spedizione. Ogni

tanto ci scriviamo email. Mi sembra una persona vera-

mente in gamba. Ma non abbiamo mai toccato il proble-

ma della sfida che c'è fra di noi, parliamo di altre cose

La Nord del Gasherbrum II: una delle ultime

pareti inviolate di un ottomila, regno dell’i-

gnoto e della verticalità. Simbolo di un alpini-

smo esplorativo oggi sempre più raro, la parete è nel

mirino di una cordata che unisce i migliori talenti

d’Italia e di Spagna. E che porta la firma di Agostino

da Polenza e della compagine “Al filo de lo imposi-

ble”, legata al canale televisivo spagnolo Tve.

Dopo l’annuncio di nume-

rosi progetti, ambiziosi ma

quasi tutti provenienti

all’est, si profila all’oriz-

zonte una nuova, straordi-

naria impresa alpinistica

europea che, per audacia e

tecnica, si è guadagnata

ancor prima di partire un

posto d'onore nella stagio-

ne himalaistica del 2007.

Gli uomini di punta della

spedizione saranno, da

parte italiana, l'altoatesino

Karl Unterkircher, il lecchese Daniele Bernasconi e il

valtellinese Michele Compagnoni. Tre nomi che

spuntano da K2 2004. E che di recente hanno fatto

parlar di sé firmando una sequela di successi su mon-

tagne come Everest, K2, Makalu, Annapurna. E che

hanno saputo sfidare il tempo (come Compagnoni

sui quattromila delle Alpi), l'ignoto (come

Unterkircher sul Mount Genyen), il pericolo (come

Bernasconi sull'Annapurna).

Dalla penisola iberica arrivano invece, tenetevi forte,

Ferrán Latorre, Juan Vallejo, José Carlos Tamayo e

Mikel Zabalza. Un gruppo di alfieri dello stile alpi-

no, delle imprese ai confini del possibile, dell’alpini-

smo esplorativo perfetto. Basti citare l'ultima impre-

sa tentata da Latorre e Vallejo: la salita autunnale alla

Nord dell’Everest lungo il terribile Colouir

Hornbein, in stile alpino.

L’obiettivo di una cordata del genere non poteva che

essere d’alto livello. Il Gasherbrum II (noto anche

come K4), è una montagna imponenente che si trova

nella catena del Karakorum. E’ alto 8.035 metri e la

sua vetta è la tredicesima più alta della Terra. La sua

salita dal versante Sud è considerata una delle più

semplici di un ottomila, tant'è che spesso viene scel-

ta come prima esperienza d’alta quota.

Ma da Nord è tutta un'altra storia. Lì spirano bufere,

domina il verticale assoluto, imperversano le valan-

ghe. Un regno infernale di ghiaccio e neve che, non a

caso, ospita una delle ultime pareti inviolate di un

ottomila.

Nel mirino del team italo-spagnolo c’è l'imponente

spigolo che emerge dalla parete Nord, quasi a dise-

gnare una linea ideale, all'apparenza ovvia, bellissi-

ma, ma di estrema difficoltà, che non più di un anno

fa ha costretto a ripiegare anche la spedizione com-

merciale di Kari Kobler. Un gruppo che, per inten-

derci, aveva tra le sue fila il fuoriclasse svizzero Ueli

Steck.

Per risolvere la via, i ragazzi avranno due mesi, da

maggio a luglio. Insieme a loro ci sarà una mini-trou-

pe spagnola che girerà un film-documentario per la

trasmissione “Al Filo de lo Imposible”, destinato alla

televisione spagnola. A tirare le fila della spedizione

sono Agostino Da Polenza, per l’Italia, e Sebastian

Alvaro per la Spagna. I due “magnate” dell’alpini-

smo latino hanno tutta l’intenzione di bissare il suc-

cesso del K2 nel 2004, quando le rispettive spedizio-

ni giunsero insieme sulla vetta del gigante pakista-

no.Non sarà facile. Il Karakorum, si sa, non svende la

sua purezza. Ma a far la corte al GII, stavolta, ci sarà

una cordata di giovani dal talento fuori discussione,

con energie, coraggio e passione da vendere. Le pre-

messe ci sono. Non resta che provarci.

La scheda dei tre italiani

Karl Unterkircherè guida Alpina, membro dei

Catores della Val Gardena e

presidente dell'Aiut Alpin

Dolomites. Ha 36 anni e al

suo attivo 12 spedizioni in

Himalaya e Sud America, 32

quattromila delle Alpi, più di 40 prime ascensioni

sulle Dolomiti. Durante la spedizione K2 2004 fu

autore della straordinaria scalata su Everest e K2

nel giro di due mesi, senza ossigeno. Lo scorso

anno ha scalato la nord del Genyen, in Cina.

Daniele Bernasconiè guida alpina, geologo e

vicepresidente dei Ragni di

Lecco. Ha 36 anni ed è uno

dei più forti e più completi

alpinisti italiani. Eccelle nel-

l'arrampicata - scala fino

all'8b - e nell'alta quota. Ha salito 2 ottomila senza

ossigeno (Makalu e Annapurna). Vanta circa 300

salite di grande rilievo, alcune solitarie (tra cui la

Nord Est del Badile) e alcune invernali.

Michele Compagnoniè guida alpina e membro del

Cnsas. Valtellinese, 34 anni,

ha raggiunto la vetta del K2

con la spedizione K2 2004.

L'alta quota ce l'ha nel san-

gue: è nipote di Achille, uno

dei protagonisti della scalata al K2 nel 1954. Da

anni attivo sulle Alpi (Grandes Jorasses, Cervino,

Monte Bianco), la primavera scorsa ha affrontato la

sfida agli 82 quattromila delle Alpi da scalare in

ottanta giorni, interrotta a causa del maltempo dopo

25 vette.

Un gruppo di alfieri dello stile

alpino tenteràun’impresa quasi

impossibile.Un progetto che

ricorda molto l’al-pismo esplorativo

di un tempo

La celebre alpinista Nives Meroi

La splendida (e inviolata) parete Nord del Gasherbrum II

Sfide in verticale

Page 8: tutte le notizie della montagna La ricerca Ev-K2 le trovi ... · matici all’effetto serra, dallo scioglimento dei ghiac-ciai all’inquinamento globale: insomma, l’Italia piaz-

Pechino 2008: i tedofori porteranno la fiaccola sullacima dell'Everest. Un bel messaggio, penserannogli appassionati, finalmente una delle attività più

belle e avvincenti del pianeta viene accolta, anche seidealmente, nell’elite mondiale dello sport. Ma, ancor prima di avere il tempo per compiacersi, dalleautorità alpinistiche nepalesi trapela la notizia che i tedo-fori porteranno la fiaccola lassù facendo ampio uso dibombole d'ossigeno. Qualche dubbio, allora, inizia a farecapolino: è davvero un successo per l’alpinismo o è solouna trovata mediatica poco sportiva?Pensate a questi numeri. Everest, 8.848 metri sul livellodel mare. Livello di ossigeno nell'aria, solo il 30 per centodel normale. Numero di ascensioni in vetta, dal 1953 adoggi: circa tremila. Numero di ascensioni senza ossigeno:lo 0,04 per cento. Un abisso. Ma allora, chi sale con l'ossigeno merita dav-vero uguale ammirazione e prestigio di chi non lo usa? Loabbiamo chiesto agli alpinisti più famosi del mondo, amedici e a giuristi. Sulla questione ci sono diverse correntidi pensiero, ma tutti sono d’accordo su una cosa: l’ossi-geno cambia i valori in gioco.E’giusto, allora, che l'alpinismo si presenti alla corte mon-diale dello sport per eccellenza con atleti rivestiti di artifi-zi che facilitano le prestazioni? Non sarebbe come far por-tare la fiamma olimpica da qualcuno imbottito di steroi-di?Il parere legale dell’avvocato Roberto Emanuele DeFelice, passato olimpionico e brillante carriera giuridicaeuropea, lascia di stucco. “Dal 1 gennaio 2007 l’utilizzodell’ossigeno nelle scalate sportive costituisce doping -

MN montagnanews il caso8

L’impiego delle bombole in alta quota fa discutere

Dice il GiuristaDicono i medici

Ma l’ossigenonell’alpinismo è doping?

Hans Kammerlander, uno dei miti dell’alpinismo degli ulti-mi trent’anni. L'uomo che, in solitaria, ha segnato il recorddi salita sull'Everest, il primo a scenderlo con gli sci. Unavita sulle Alpi, la Patagonia e l'Himalaya, compiendo pro-dezze sulle vie più classiche e su quelle più estreme. Kammerlander ha in tasca 13 ottomila tutti scalati senzaossigeno, 7 dei quali raggiunti insieme all'altro mito viven-te dell'alpinismo, Reinhold Messner. Insieme hanno realiz-zato la prima traversata di due ottomila sui Gasherbrum. Poi, Hans si è dato all'alpinismo estremo. Ha scalato indiciassette ore il Cerro Torre, mostro sacro della Patagonia.Con Cristoph Heinz ha realizzato la prima ascensione delpilastro centrale Shivling, "il Cervino dell’India“. ConDiego Wellig, ha raggiunto per quattro volte in 24 ore lacima del Cervino lungo le quattro creste principali.Qual è la sua opinione sull'utilizzo dell'ossigeno in altaquota?

L'ossigeno in alta quota è doping. Con l'ossigeno l'Everestè sicuramente alto mille metri in meno. E' doping, non c'èdubbio. E l'ascensione all'Everest fatta con ossigeno nondovrebbe, secondo me, essere considerata un'ascensione.Pensa che dovrebbe esistere un regolamento a cui glialpinisti professionisti dovrebbero attenersi?Abbiamo regole sulla strada, per tutta la vita. Andare conl'ossigeno non è sport, ma è impossibile imporre una rego-la. C'è una lista, in Nepal, con l'indicazione di quanti hannofinora raggiunto la cima dell'Everest. Ma la lista non èmolto precisa, non è sempre scritto “con o senza ossigeno”. Che cosa pensa dei turisti che assaltano l'Everest?In questi anni abbiamo portato gente in cima che aveva piùdi settant'anni, con protesi alle gambe, ora anche leOlimpiadi. Forse fra qualche anno andranno senza vesti-ti...Io lascio fare, ma sono un po' triste qualche volta, quan-do vedo gli alpinisti sull'Everest senza esperienza, senza

capacità e con ossigeno, non solo la bombola ma anche lamaschera. Non è come cinquant'anni fa, quando è salitoHillary. Ora è un'altra cosa, allora l'attrezzatura era troppopesante, l'esperienza non era grande. Ma oggi, nel 2007, seuno va ancora con ossigeno non è sport.La fiamma olimpica di Pechino 2008, come noto, passe-rà sulla cima dell'Everest, portata su con ampio uso dibombole di ossigeno. Cosa ne pensa?Secondo me si tratta di uno scherzo, ma i cinesi sono sem-pre così. Mi dispiace per questa gente, per le loro idee cosìstupide. E poi lassù incappano in un bufera, sarà impossibi-le accendere il fuoco. Ma i cinesi sono così, i miei grandiamici. Non mi piace il loro modo di fare in Tibet. L'Everestè in Nepal e in Tibet, i cinesi faranno casino così. Gli augu-ro due mesi di brutto tempo, ogni giorno bufera e mezzometro di neve. Normalmente non dico cose del genere, mal'idea della scalata con ossigeno a me non piace.

Kammerlander: scalare l’Everest con le bombole oggi non è sport

Hans Kammenlander

spiega De Felice -, ed è esplicitamente vietato, ovunquenel mondo, per effetto della lista delle interdizioni 2007del Codice Mondiale dell’Antidoping che vieta qualsiasiforma di doping del sangue con specifico riferimentoall’ossigeno”.Dello stesso avviso Renato Nicolai, presidente della com-missione antidoping dell’International Federation ofSport Climbing ed ex presidente della commissione anti-doping di Uiaa, nonchè titolare della cattedra di dirittosportivo presso l'Università di Bologna. “Non posso chetrovarmi d’accordo con la posizione di De Felice - diceNicolai -. Resta il problema l’Uiaa, pur vantando il rico-noscimento da parte del Cio, non organizza competizionidi “mountaineering” né regola con classifiche o gradua-torie la propria attività”. L’alpinismo, è vero, nonha competizioni ufficia-li o problemi di giurieche riconoscano la vali-dità sportiva delle scala-te. Ma il fatto che una voltasi pensava fosse impos-sibile, per l'uomo, arri-vare a ottomila metrisenza ossigeno, e cheoggi invece ci sia addi-rittura una regola che lovieta espressamente,deve forse far rifletteresulla questione e sullanecessità di affrontarla,forse, in modo diverso.

Una cosa è certa, perchè provata scientificamente dafiori di studi: a ottomila metri la pressione dell'ossigenoinspirato nei polmoni si riduce fino al 30 per cento rispet-to al livello del mare. E l'organismo umano presentaminor resistenza al freddo, alla fatica e ad altri fattoriambientali."Dal punto di vista medico non c'è dubbio, la prestazio-ne di chi scala senza ossigeno supplementare è molto piùimpegnativa e di valore - spiega Paolo Cerretelli massi-ma autorità mondiale nel campo della medicina d'altaquota -. L'alpinista, respirando dalla bombola, è come sesi abbassasse di quota e scalasse in condizioni più favo-revoli".Ma usare l'ossigeno, può essere definito doping? "Lesostanze dopanti si vietano o per motivi etici, o perchècreano danni all'organismo - spiega Annalisa Cogo, expresidente commissione medica del Cai ed ex presiden-te della Società medicina di montagna -. Dal punto divista prettamente medico, per l'organismo, sarebbe addi-rittura meglio usare l'ossigeno. Ma resta un problemaetico".Più duro Claudio Marconi, esperto di fisiologia d'altaquota del Cnr: "Usare l'ossigeno nella scalata è parago-nabile all'emotrasfusione: entrambi servono a portaremaggior quantità di ossigeno ai tessuti e ad aumentare laprestazione. Da quando Messner ha dimostrato che gliottomila si possono scalare senza ossigeno, tutti gli alpi-nisti professionisti dovrebbero evitarlo. Se stanno misu-rando la capacità di azione in ambiente ostile, prenderel'ossigeno equivale a truccare la prestazione".

"Il Codice mondiale dell'antidoping è stato espressa-mente accettato, sottoscritto e recepito nel 2004 da tuttii 203 comitati olimpici nazionali, dai governi e, nellospecifico dell'alpinismo, dall'Uiaa”. Non ha dubbiRoberto Emanuele De Felice, avvocato cassazionista,Stella d'oro e d'argento al merito sportivo, atleta azzur-ro di pentathlon e già vicepresidente del ComitatoNazionale Fair Play. Secondo l’autorevole giurista ilcodice mondiale dell’antidoping non lascerebbe spazioad interpretazioni di sorta: “Il codice deve essere appli-cato nel nostro ordinamento interno, anche dal Clubalpino italiano, per un serie di convezioni e norme di cuila Legge antidoping del 2004 è solo l'ultima in ordinecronologico"."Il Codice mondiale dell'antidoping - spiega De Felice -si basa su una lista di sostanze e pratiche mediche proi-bite che viene di continuo aggiornata. L'articolo M1della lista delle interdizioni, entrata in vigore dal 1 gen-naio 2007, vieta espressamente ogni tipo di doping delsangue con specifico riferimento al miglioramento arti-ficiale del consumo, del trasporto e della liberazionedell'ossigeno". Ma i risvolti non sarebbero solo di natura medica: "Ildivieto dell'uso di ossigeno è ovviamente applicabile (eperseguibile perfino penalmente) solo per le scalate dicui si voglia ottenere riconoscimento dalle competentiautorità sportive o governative. Ma potrebbe creare pro-blemi anche nelle scalate amatoriali, per esempio alleguide alpine i cui clienti subiscano dei danni collegabi-li al suo utilizzo".

In quota fa bene, ma resta il problema etico

E’ sicuramente doping e anche perseguibile

Reinhold Messner, altoatesino classe 1944, è probabil-mente l'alpinista più famoso del mondo. E' stato il primouomo ad aver completato la scalata di tutti e 14 ottomila. Qual è la differenza, di significato e di valore, tra unascalata senza ossigeno e una scalata con l'ossigeno?E' molto più faticoso salire senza la maschera. Ma io nonchiedo agli altri di salire come io ho sempre fatto.Cosa l'ha spinta a inseguire e raggiungere il traguar-do dei quattordici ottomila senza ossigeno?Ho iniziato senza, nel 1970 sul Nanga Parbat. E ho finitosenza, dopo aver capito, nel 1978 con la prima scalata inassoluto all'Everest senza l'ausilio di ossigeno, che tutte levette possono essere fatte senza ossigeno. L'Uiaa ritiene che l'uso di ossigeno nelle scalate d'altaquota sia da considerare come "doping". Lei cosa nepensa? Come mai nonostante questo parere moltialpinisti continuano ad usarlo?L'uso dell'ossigeno non ha niente a che vedere con ildoping. E' però una tecnologia che aiuta a salire molto, seci si trova in alta quota.Ritiene che alle scalate senza ossigeno sia riconosciutoil giusto valore,dalla stampa e dall'opinione pubblica?L'opinione pubblica non è importante. Conta il propriocodice personale. La fiamma olimpica di Pechino 2008 passeràsull’Everest. Ritiene importante che i tedofori la por-tino in vetta senza ossigeno?Non mi interessa. L'alpinismo mio non c'entra con leOlimpiadi. E' un'attività che va al di fuori dello sport.

Dice l’alpinista

Messner: non è doping ma serve molto

Che cosa pensa dell'uso dell'ossigenoin quota?Ognuno decide da sè come scalare, equali aiuti usare.Ha mai usato l'ossigeno?No, e sono certa che non userò mai l'os-sigeno artificiale delle bombole. Da cheho iniziato a scalare gli ottomila, ho sem-pre e solo voluto farlo con le mie ener-gie, e senza ossigeno. Se uno usa l'ossi-geno su un ottomila, è come se scalasseun seimila. A quel punto io preferiscoscalare un seimila senza ossigeno, piut-tosto che un ottomila con. Pensa che si tratti di doping?Dal mio punto di vista, sì, assolutamen-te!Pensa che l’utilizzo dell’ossigeno vadain qualche modo regolamentato pergli alpinisti professionisti?Penso che se uno è professionista, vero,dovrebbero sempre scalare senza ossige-no!La fiaccola olimpica verrà portatasull'Everest, nel 2008, dai cinesi conl'ossigeno. Cosa ne pensa?Secondo me gli alpinisti che portano lafiamma olimpica devono assolutamentescalare senza ossigeno, o lasciar perdere.In nessuna disciplina olimpica è lecito

Dice l’alpinista

Gerlinde Kaltenbrunner: scalare con l’ossigeno è certamente doping

usare nè sostanze dopanti, nè aiuti esterni.Comunque, per me l'alpinismo non è ungioco come lo sci o altro. E' uno stile di vita,quindi alla fine non c'è giuria che ti dicacosa è giusto e cosa no. Un'altra cosa chevorrei far notare e che l'Everest è sul confi-ne Nepal-Tibet. Dato che le olimpiadi sonoin Cina, per me non è corretto accettare chela fiamma olimpica venga portatasull'Everest come simbolo prettamentecinese e del loro dominio sulla montagnapiù lata del mondo. L’Everest in realtà è inTibet e in Nepal.

Dibattito

di SARA SOTTOCORNOLA

La vignetta di Fabio Vettori

Gerlinde Kaltenbrunner

Secondo indiscrezioni, la fiamma olimpica di Pechino 2008verrà portata in cima all’Everest da tedofori con le bombole.Con buona pace dell’etica...