Turismo: dalle origini ai giorni nostri. La storia del turismo si intreccia con la storia dell'uomo...

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La storia del turismo si intreccia con la storia dell'uomo e del suo desiderio

di conoscenza.

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Quando si pensa al turismo, inevitabilmente viene alla mente la parola "viaggio", per cui si può associare il termine "turismo" al termine"viaggio"; in un contesto del genere, si può definire il turismo come qualcosa che ènato con la formazione dei primi agglomerati, perchè il viaggio nasce dall'esigenza di comunicare tra un centro e l'altro. I primi agglomerati ebbero luogo in Mesopotamia e in Egitto, zone attraversate da fiumi, i quali hanno favorito gli spostamenti.

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Intorno al 450 a.C. già Erodoto descrive l'Egitto dopo le esondazioni del Nilo: dice che le città si trasformavano in isole e tutti erano costretti a spostarsi con aiuto di imbarcazioni; all’epoca chi si spostava via terra lo faceva in genere a piedi o con il mulo o l'asino.

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Una più moderna definizione di turismo, relativa all'Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, un dipartimento delle Nazioni Unite), vede un turista come chiunque viaggi in Paesi diversi da quello in cui ha la sua residenza abituale, per un periodo determinato e il cui scopo sia diverso dal lavoro.

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Già in epoca antica è documentato il tentativo di evadere dalle occupazioni (e preoccupazioni) quotidiane organizzando gare e giochi. Gli spostamenti dei greci in occasione degli eventi sportivi più importanti erano veri e propri piccoli movimenti di massa.Anche gli spostamenti per motivi religiosi erano frequenti. Così avveniva in Grecia, per recarsi al santuario di Apollo a Delfi.

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Sono di epoca romana le prime forme di villeggiatura. I Patrizi trascorrono gran parte dell’anno nelle loro ville in campagna dedicandosi al riposo, alla caccia oppure alle terme. La plebe occupa il tempo libero recandosi negli stadi e negli anfiteatri.Il concetto di ospitalità viene codificato e lo straniero ha diritto di essere accolto, così come il cittadino romano che si rechi altrove. La ricettività è ancora prevalentemente privata, ma per i ceti più abbienti le autorità delle diverse province si accordano per garantire l’assistenza, mentre per i più poveri esistono locande di varia categoria.

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Con la caduta dell’impero romano gli spostamenti di uomini e cose diminuirono, anche i viaggi di piacere non si sottrassero a questa tendenza. Gli spostamenti più rilevanti erano quelli degli eserciti. L’unico flusso non di natura militare era quello dei pellegrini che, spinti dalla Fede, si incamminavano verso i luoghi sacri. Fu proprio la Chiesa a farsi carico dell’organizzazione dell’ospitalità (nelle abbazie e nei locali urbani messi a disposizione dei Vescovi).

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L’elevato numero dei viaggiatori non è più compatibile con le forme di ospitalità privata o elargita dai conventi, nascono in questo periodo le prime strutture ricettive di tipo alberghiero: ostelli e locande.Nell’XI secolo si delinea la figura dell’oste che offriva vitto e alloggio a chi si fermava più giorni nei centri commerciali e religiosi. Cominciarono organizzarsi in corporazioni in tutta Italia (a Milano nel XIII secolo se ne contavano già 150). I viaggiatori nobili preferivano invece alloggiare in spaziose case private appositamente affittate.

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Il Rinascimento e i movimenti religiosi riformatori del cinquecento, con la carica di novità culturali che comportavano una nuova visione della vita, determinarono modifiche nell’approccio dell’uomo col mondo circostante, offrendo nuove motivazioni e nuovi stimoli che non potevano non ripercuotersi anche sul turismo. Va rilevato che tra le popolazioni residenti nelle regioni aderenti alla riforma si attenuò fino a scomparire, la tradizione dei pellegrinaggi: la Riforma nega l’esistenza dei santi e della Madonna, cui molti luoghi di culto, meta fino a quel momento di pellegrini, erano dedicati. L’affermazione dello spirito individualistico legato alla riforma protestante non poteva non incentivare gli europei benestanti a viaggiare per dimostrare la propria libertà indipendenza. I viaggiatori sono attirati dalla possibilità di arricchire il proprio bagaglio culturale, attraverso nuove esperienze personali.

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Nel XVIII secolo si fa strada una nuova esigenza, quella di conoscere meglio i luoghi e le atmosfere legate al mondo classico, un viaggio con un approccio di matriceprevalentemente culturale: il Gran Tour.Questi viaggi sono i primi esempi del gran tour, che vantava antenati nobili nell’Inghilterra dei secoli XV e XVI, ma che si affermò definitivamente, fino a diventare un’esigenza imperante tra i giovani gentiluomini europei, nel Settecento. Ogni giovane di buona estrazione sociale non poteva esimersi dal conoscere i luoghi storici della cultura europea: aveva una durata di circa tre anni, comprendeva diverse tappe, Parigi e la Francia, seguita da unlungo soggiorno in Italia e poi la conclusione in Svizzera, Germania ePaesi Bassi.

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Particolare interesse rivestiva il periodo destinato all’Italia. La distribuzione delle mete italiane era squilibrata situate perlopiù nel centro-nord o della penisola; tra esse si annoveravano di solito Milano, Firenze, Roma e Venezia, e anche Verona, Padova Ferrara; praticamente del tutto ignorate la Campania, la Calabria e la Sicilia, tralasciate per motivi storici politici e approdati al turismo solo il tempi più recenti.

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Il viaggio in Italia veniva consigliato soprattutto per approfondire gli studi, per confrontare le diverse forme di governo, per la ricchezza dei tesori storici archeologici che il nostro paese offriva e, non ultimo, come esempi di comportamenti raffinati da imitare.

È interessante rilevare che i protagonisti di questi viaggi non appartenevano soltanto alla nobiltà o all’aristocrazia, ma anche ad alcune fasce, le più facoltose, dei ceti borghesi: il gran tour deli=neava la classe dirigente europea come espressione di una cultura comune, frut=to di sensibilità e conoscen=ze condivise.

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Nel XIX secolo il turismo rimane una pratica a prevalente carattere aristocratico, sebbene l’aristocrazia non domini più la vita economica e la politica, domina ancora la vita sociale, è il bel mondo, la buona società: emarginata dal progresso industriale, tende a imporre il primato in attività come il gioco, il rischio, il viaggio. I romantici, primi scrittori di giornali di viaggio, avendo una vasta cultura, sanno vedere e raccontare: vedere un luogo cogli occhi di Goethe, Byron, Shelley o Hugo, non significa allontanarsi dalla realtà, in particolare per paesi come la Svizzera e l’Italia ma provare le emozioni del passato nello spazio percorso nel presente, per ritrovarsi nel medioevo o nel Rinascimento.

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Parallelamente alle conquiste nel campo del tempo libero nasce il turismo di massa come turismo delle classi operaie, insieme alla nascita e allo sviluppo delle stazioni balneari. Si parla di turismo popolare, di turismo sociale, di turismo per tutti, infine di turismo turismo di massadi massa.Il turismo di massa rappresenta la decadenza del mito del viaggiatore, notabile o aristocratico.

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L’etichetta “turismo di massa” deriva dalla diffusione della pratica turistica nelle società industrializzate, ma anche dalle connotazioni “passive” che la caratterizzano. La cultura di massa determina la passività nei suoi fruitori, così il turismo di massa, che di tale cultura fa parte, si fonda sull’omologazione dei comportamenti sulla mancanza di criticità nell’attuarli. La possibilità che avevano pochi aristocratici si è diffusa tutte le classi sociali: ciò è dovuto ad un complessivo miglioramento della qualità della vita, all’aumento della capacità di spesa e di tempo libero da parte delle classi lavoratrici, e il conseguente desiderio di imitazione di alcuni comportamenti sociali.

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Il turista diventa sul piano sociale culturale un consumatore. Si può considerare il turismo un agire sociale, in quanto da un punto di vista socio-economico è un fenomeno migratorio di masse da una località ad altre. Ma la differenza con quanto si verificava nel XVII e XIX secolo è proprio in questa concezione: il turismo di massa è un comportamento collettivo.

Successivamente si verifica il passaggio da un capitalismo organizzato, detto “ fordista”,ad uno disorganizzato, chiamato “postfordista”, con uno spostamento dei consumi di massa verso un consumo di tipo individuale.

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Nel consumo a carattere più individuale, tipico del sistema globale “postfordista” è il consumatore che domina sulla produzione condizionandola, vi è una differenziazione nelle modalità di acquisto, pertanto la produzione deve essere diversificata,Nell’era post moderna il consumo spesso non è più momento passivo, ma momento attivo cui motivazione e azione provocano sempre nuove proposte che comportano nuove risposte. Il turista postmoderno è interessato al cambiamento e si compiace dell’offerta differenziata sua disposizione. Di volta in volta vuole la cultura, la bellezza, il sacro, il diverso. Sotto l’etichetta “turismo alternativo” coesistono forme di turismo molto diverse tra loro: rurale, gastronomico, enoturismo, culturale, verde, viaggio studio, viaggio avventura.Ognuna di queste forme ne sottolinea il carattere autonomo e individuale in contrapposizione a quello condizionato e massificato.

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Le varie forme di turismo rappresentano altrettanti modi di sfuggire alla massificazione e di affermare la propria personalità e si incontrano con un’offerta sempre più ampia e multiforme che risponde e induce alle esigenze di differenziazione. La dimensione del reddito sembra essere una variabile importante per l’accesso al mondo della vacanza, infatti oltre 50% della popolazione risulta non fare vacanza, altri elementi sembrano comunque importanti come quelli legati allo stile di vita individuale.Appare oggi evidente che, accanto alla figura del turista stereotipo, si va delineando un turista incuriosito da molteplici attività che rendano più interessanti le sue giornate, creando così le condizioni più favorevoli per un prolungamento della stessa permanenza perché le variabili che influenzano i consumi turistici sono la cultura, l’istruzione e l’informazione.

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Nasce quindi, agli inizi degli anni '90, l’esigenza di dare corpo culturale ad una nuova forma di relazione tra vacanza, viaggio ed ospitalità, collegata con le esperienze di natura ecologica ed urbana, spostando il centro degli interessi sul rapporto città-natura-cultura ed in particolare sulle piccole città. In questo tipo di turismo si vuole ritrovare quel benessere che vive in un’integrazione unitaria di risorse, che solo nelle piccole città immerse nella natura sa offrirsi come insieme ospitale, ecologico ed economico.

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Il termine “turismo sostenibile” è utilizzato oggi nell’accezione che sottende la possibilità di realizzare uno sviluppo che soddisfi i bisogni delle persone, senza compromettere le opportunità delle generazioni future di soddisfare i medesimi bisogni.

Quale turismo Quale turismo oggi?oggi?

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Per chi deve essere sostenibile il turismo? Non soltanto, come affermato, per le generazioni future, ma anche per la comunità locale, per l’ecosistema e per la stessa industria turistica. Le attività le infrastrutture turistiche devono rispettare la scala, la natura, il carattere e la capacità di assorbimento dell’ambiente (naturale e sociale) dei luoghi interessati e così pure le risorse naturali, il paesaggio, il patrimonio e l’identità sociale e culturale dei luoghi stessi.

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Lavoro curato dalla Prof.ssa Lavoro curato dalla Prof.ssa Maria Grazia MassariMaria Grazia Massari

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