Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la fine della mia corsa, pubblicazione

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Clio Casadei Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la ne della mia corsa. Firenze seembre - oobre via Osteria del Guanto traversa di via de Neri TRIAL VERSION

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Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la fine della mia corsa, Clio Casadei, pubblicazione, Firenze, 2011

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Clio CasadeiTu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la !ne della mia corsa.

Firenze!" se#embre - $ o#obre $%!!via Osteria del Guanto !%traversa di via de& Neri

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I buchi neri sono regioni di spazio che si formano a#orno a corpi celesti densi, da cui nulla può sfuggire; corpi con un&a#razione tale per cui niente rie-sce ad allontanarsi da loro.

Capita alle volte di trovarsi in condizioni simili, in situazioni nelle quali ogni cosa sembra essere vorticosamente legata all&altra senza soluzione di continuità: parole, immagini, idee. È forse questa la peculiarità del lavoro di Clio Casadei e il motivo per il quale le abbiamo chiesto di collaborare con noi acce#ando di presentare al pubblico il suo lavoro: una ricerca, un immaginario e un pensiero che vi invitiamo a vivere con generosità, dedicando loro del tempo.

L&esposizione Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la !ne della mia corsa è stata pensata da Clio Casadei come il foyer di un teatro dove, solitamente, fotogra'e e vecchie locandine di spe#acoli intra#engono gli spet-tatori prima e dopo la messa in scena. Ciascuna opera in mostra è esposta come un frammento: il segno lasciato da una narrazione più estesa che indistintamen-te può appartenere al passato o essere ancora in a#o. Tu#i i lavori, infa#i, non sono che la traccia di proge#i più ampi che l&artista lega e descrive in una narra-zione audio realizzata per l&esposizione e che ad essa dà il nome, Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la !ne della mia corsa.

Nella mostra l&audio si ampli'ca nell&ultima sala a cadenza temporale, se-guendo una precisa programmazione, come se si tra#asse di una vera e propria messa in scena: una narrazione continua pronunciata ad alta voce.

Con un rigore quasi scienti'co Clio Casadei formalizza di volta in volta il suo pensiero in frammenti chiusi, spesso ermetici, in cui nulla è lasciato al caso: si tra#a di opere che rivelano una ri(essione continua sulla realtà, i metodi co-gnitivi e la necessità del fare e dell&agire con l&arte. È in questo senso che, en-trando negli ambienti che ospitano l&esposizione, la sensazione è di camminare nello “spazio” di un buco nero: un immaginario articolato e per certi versi com-plesso, dal quale di)cilmente si ritorna indi*erenti.

Tu nello spazio sei il parametro…Invito a chi guarda.Trial Version

Programmazione dell'audio Tu nello spazio sei il parametro…!+ se#embre - $ o#obre, dal giovedì alla domenica | ore !":#$, !%:&$, !':($

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L&orizzonte degli eventi [,-.]TrilogiaLa Storia è degli UominiPrendi il mio tempoLa mia a*ezione, la mia eclissi BlueTu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la 'ne della mia corsaDisegni $%/"-$//0

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Uno degli aspe#i che legano i lavori in mostra è la presa di coscienza dell&esistenza del limite da parte dell&artista. Il conce#o di limite viene inteso come condizione universale e allo stesso tempo generatrice. In tu#i i lavori, infa#i, il corpo è il limite a cui l&artista fa riferimento; esso nella sua relazione con lo spazio, con il tempo e con le categorie di pensiero è il parametro con cui si conosce. In questo senso, il corpo è allo stesso tempo la prima limitazione nei con-fronti di quanto sta a#orno ma anche il principio unico dal quale poter iniziare a vedere.

In Trilogia, opera ancora in corso che comprende un poster, un video e un cortometraggio, l&artista ripercorre le fasi dell&acce#azione e dell&elaborazione della perdita, a partire dallo sguardo. Il poster, Mancata è la visione, ne-gato è lo sguardo – Palazzo Grassi, ala centrale, Venezia, unico frammento del proge#o in mostra, presenta la foto-gra'a di una porzione di pavimento in marmo. Il pavimen-to appartiene alla sala centrale di Palazzo Grassi che oggi è meta di pellegrinaggi culturali per la sua eccentrica col-lezione d&arte contemporanea. Nel poster il punto di vista è quello di un ipotetico visitatore del museo che, invece di rivolgere lo sguardo verso le opere, lo china negando me-taforicamente la contemplazione. Osservando Mancata è la visione, negato è lo sguardo, si è messi nella condizione di contemplare qualcuno che si ri'uta di guardare. E se il ri'uto di acce#are la mancanza - sembra dire l&artista - è il primo a#eggiamento che segue normalmente una perdita o un lu#o, amme#ere questa rinuncia, e guardarla, rappre-senta il primo passo per superarla.

Anche in Prendi il mio tempo ($%%1), cartoline a colo-

Il limite e il corpo. Ri!essioni sulle opere.Trial Version

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ri di un so)#o in cui compare un lampadario, l&elemento 'sso è il corpo, questa volta dell&artista, supino e rivolto verso l&alto che osserva un&immagine e la ferma nel tempo. Le cartoline sono l&unico frammento rimasto di un video andato perduto che nel tempo di un&ora registrava, quasi annichilito, il lento passaggio dalla no#e all&alba. L&imma-gine riprodo#a, ferma per un momento il con(i#o di luci e ombre che nell&allontanarsi della no#e si schiariscono sul so)#o. In questo caso il punto di vista di chi guarda è quello di un corpo immobile, adagiato sul le#o e pesante. Rispe#o al lavoro precedente, lo sguardo è rovesciato: pri-ma terrestre, ora celeste. In Mancata è la visione l&occhio si perde nella profondità del marmo qui, invece, si ferma: lo sguardo, limitato dall&inquadratura del so)#o, rimbalza su di esso e pesantemente ritorna su di sé. Prendi il mio tem-po rimanda alla percezione di un tempo che è, o può esse-re, comune, quello del con(i#o tra la staticità della propria condizione ed il movimento: solo il vivere la presenza di questo limite può dare avvio al cambiamento.

Nella La Storia è degli Uomini ($//2), su un grande foglio bianco, della dimensione di una comune carta geo- gra'ca, sono stati tracciati e sovrapposti i con'ni politici di un territorio tra l&Oriente e l&Occidente. La successio-ne dei con'ni segue l&ordine cronologico degli eventi così come vengono riportati da un manuale di storia. Un libro completa il frammento: sulle sue pagine compaiono nuove tracce e nuove regioni, questa volta identi'cabili dalle loro coordinate temporali e geogra'che. Pagina dopo pagina le linee si succedono in forme e aspe#i in'niti, continuando a mutare.

Nella La Storia è degli Uomini l&in'nita (inesauribile) elaborazione di dati, nozioni e rappresentazioni dello spa-zio e della sua storia si contrappone all&esperienza possibi-le, e alla concretezza 'sica del corpo incapace di percepire, nella sua totalità, questo (usso. Le nozioni e le rappre-sentazioni precipitano continue ed eccessive su se stesse, come nelle pagine del libro. In una produzione continua,

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esse fermano il tempo e lo spazio in immagini che ripetuta-mente si sostituiscono l&un l&altra. Il limite della rappresen-tazione è la sua stessa concretizzazione: il limite di ognuno nell&essere 'nito. Nella La Storia è degli Uomini il corpo si relaziona allo spazio 'sico e politico, al tempo e alla storia (universale e personale), all&esperienza sensibile e alla sua narrazione, a quanto si percepisce e a come si rappresenta.

La mia a"ezione, la mia eclissi ($%%0) è un proge#o molto elaborato nel tempo come nella sua formalizzazio-ne. Anche in questo caso l&artista sceglie di esporre solo un frammento dell&intero proge#o: una decina di fotogra'e in bianco e nero a bassa risoluzione che sono la matrice per la realizzazione di una carta da parati e un audio. Le fotogra'e ritraggono le qua#ro mura di una stanza dove sono stati a)ssi centinaia di chiodi, il sonoro, invece, è la rielabora-zione per chitarra ele#rica della loro a)ssione su alcune assi di legno, usate per misurare il perimetro della sala.

Durante il tragi#o dal centro di una grande ci#à al suo aeroporto, l&artista ha registrato i rumori dello spazio che ha percorso; le onde sonore di questa traccia, trado#e in disegno, sono diventate il modello da seguire nell&a)ssio-ne dei chiodi alla parete, trasformando il viaggio 'sico in audio e poi questo in immagine visiva. Le fotogra'e a bassa risoluzione di queste pareti sono divenute, in'ne, la texture di una carta da parati; mentre il rumore dell&a)ssione, un audio per ambiente.

In La mia a"ezione, la mia eclissi l&idea di un&elabo-razione continua di dati, che si susseguono e sublimano l&uno nell&altro, ritorna. Il lavoro diventa l&emblema di una circolarità, ovvero il risultato dell&uso di pratiche e mezzi di*erenti, in un denso (usso di traduzioni ripetute, costan-ti ma reversibili. L&elaborazione potenzialmente in'nita del dato originario (i rumori dello spazio percorso) sembra il sintomo di un&ossessione inconscia, quasi 'siologica, in cui ogni origine segnata diventa contemporaneamente il limite da superare. Immagini e suoni prendono parte ad un gioco senza 'ne di cui l&unica regola è evitare la stasi.

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Blue ($%%2-$%!%) è un frammento del ciclo di interven-ti site-speci!c Della distanza nella de!nizione. Blue è un estra#o video della durata di cinque secondi, di un girato di $" minuti che inquadra una ragazza schermata da un paio di occhiali mentre osserva un ogge#o nascosto alla vista. L&inquadratura si avvicina e si allontana ripetutamente.

Blue non è che la contemplazione di uno sguardo che contempla: la ragazza ripresa sta osservando un lightbox sul quale il frammento di una fotogra'a satellitare, che di no#e mostra il grado di luminosità della terra, è stato in-grandito a tal punto da apparire solo come una griglia di pixel. La fotogra'a, molto comune, registrerebbe tramite l&intensità più o meno forte di luce, la quantità di presenza umana nelle varie regioni del pianeta. In Blue, metaforica-mente, questa e)mera registrazione del dato e della pre-senza umana si dipana, sgranandosi a tal punto da rivelarsi come una vuota rappresentazione.

L&estra#o Blue è stato inserito, senza preavviso agli spe#atori, durante la programmazione no#urna della rete regionale Telestudio, nel maggio del $%!%.

In mostra l&artista ha esposto un trailer “confezionato” per descrivere le fasi di proge#azione di Della distanza nella de!nizione e un poster che pubblicizza la proiezione di Blue. Sia il poster che il trailer sono, contrariamente al loro consueto utilizzo, strumenti funzionali a presentare e promuovere un evento che non è futuro ma è già stato e si concluso. Essi sono sedimentazioni a posteriori di un even-to che sta altrove e qui si dà come un residuo.

Ode, posizionato all&inizio dell&esposizione, e i disegni, allestiti in una stanza a parte, meritano una considerazione diversa dagli altri lavori e sono, non a caso, esclusi dalla re-gistrazione audio di Tu nello spazio sei il parametro...

Si tra#a dei lavori temporalmente più distanti tra loro, in cui suggestioni, riferimenti, immagini e racconti vari sem-brano a)orare sulla super'cie dei ricordi accavallandosi l&un l&altro e prendendo la forma di due narrazioni diverse: la scri#ura e il disegno. Nella sovrapposizione delle imma-

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gini - nei disegni - e delle storie - nella scri#ura - l&artista si dichiara indi*erente al sogge#o narrato, perché quello che lega la composizione degli elementi non è un ordine di preferenza nella scelta di cosa rappresentare ma la volontà di formalizzare un (usso. Le immagini e i racconti seguono l&ordine con cui essi a)orano alla mente come delle im-pressioni istantanee, immediatamente sostituibili. La logi-ca che dà corpo alle composizioni non è la creazione di una narrazione, ma sono le suggestioni e il loro succedersi.

Sia la scri#ura che il disegno sono strumenti privilegiati dall&artista nell&articolare le fasi di studio e proge#azione dei lavori. Leggendo Ode e guardando i disegni, la sensa-zione è, anche in questo caso, che ogni corpo (immagine, racconto o conce#o) sia allo stesso tempo il limite e l&inizio di quello successivo, come in un vortice.

Tu nello spazio sei il parametro… è l&audio in cui tu#i

i lavori in mostra si compongono in un&unica voce che dà corpo ai pensieri che sostengono le opere.

Tu nello spazio sei il parametro… è stata descri#a più volte come un&esposizione ma del termine ci piacerebbe considerare solo l&idea di composizione e organizzazione che rievoca, come se si stesse parlando della regia che or-chestra una messa in scena. Crediamo, non a caso, che sia proprio in questi termini che Clio Casadei abbia pensato questa presentazione: una narrazione unica che esiste in questo modo soltanto adesso.

A tu#i noi come spe#atori spe#a il diri#o all&avvici-namento, quel lento scivolare tra i piani che compongono l&immaginario dell&artista.

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Nel contesto di un!iniziativa che implica una gestione col-le"iva e che si istituisce in quanto proge"o, dunque sistema di condizioni che a priori inquadrano e circoscrivono la #sionomia dell!intervento, l!impiego del termine autonomia non è scontato. Trascorsa l!esperienza, e al di là dell!essersi mantenuti indipen-denti rispe"o ad un ente o ad un!istituzione, è possibile identi-#care almeno qua"ro livelli ulteriori di autonomia. L!autonomia dell!idea che so"ende il proge"o; l!autonomia del contenuto che è il lavoro artistico, articolato secondo parametri preesistenti il proge"o; l!autonomia di chi del contenuto è arte#ce, cioè la so"o-scri"a; l!autonomia di chi ha costruito il contenitore che è il pro-ge"o stesso, e l!autonomia strategica dei canali di comunicazione impiegati per renderne a"o.2

Durante le fasi cruciali della collaborazione ci si è resi conto che il nodo centrale dell!impresa consisteva nel riconoscere e far a$orare questi livelli, e la posta in gioco ha coinciso con la capa-cità di orchestrarli mantenendosi parte dell!orchestrazione. Ciò che permane di tale consapevolezza è la scommessa sulla quale punto, e che riguarda il far di tale capacità tanto lo scopo quanto la risorsa del rapporto, poiché incidendo la prospe"iva operativa delle parti coinvolte, essa si situa al di là della forma che il proge"o mira o non mira ad incarnare, e dunque al di là del suo slogan.

Nella pragmatica dell!accordo che so"ende Trial Version le componenti principali sono inevitabilmente due e sono strategi-camente contrapposte. Si è artisti e si è curatori in relazione alle intenzioni, che sono correlate alle azione che si compiono e si sono compiute nel tempo, ed è perciò a partire da questo dislivel-lo necessario, perché radicato nella pragmatica dell!a"o nonché nel cara"ere di ciò che è stato prodo"o, che l!evento Trial Version si compie. Le autonomie delle quali ci si è avvalsi hanno segnato il moto interno e perpetuo delle nostre discussioni, così che coope-rare ha signi#cato tentare di prendere a"o delle di%erenze emer-

1 Vedi il comunicato stampa di Trial Version “ Parole chiave del proge#o sono: autonomia, cooperazione, nomadismo”.

2 Ne consegue l&emergere di due contenuti: l&idea che so#ende il proge#o Trial Version ed il lavoro artistico; più contenitori: Trial Version e le forme di comunicazione impiegate per renderne a#o; due entità principali coinvolte: chi a#iva il proge#o e chi fornisce il contenuto artistico strumentale alla sua a#ivazione.

Su Trial Version e sulle sue parole.1

Clio Casadei

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se nella concretezza delle azioni. Ciò ha implicato la necessità di guardare tali di%erenze, di discuterle e di confrontarle, lavorando a$nché il loro cara"ere di innesco potesse essere valorizzato a discapito del loro cara"ere d!automatismo. Cooperare ha signi#-cato, per certi versi, stabilire ogni volta la possibilità di un!analisi critica in funzione di un!intenzione comune, quale è stata quella di operare per creare le condizioni migliori a$nché il lavoro po-tesse essere presentato. Il timore di mancare di cautela rispe"o al lavoro è emerso forte da entrambe le parti, a causa del fa"o che il modo e le condizioni di presentazione del contenuto artistico co-stituiscono in questo caso un “materiale” ogge"o del lavoro stesso. Tale materiale è sensibile, e ci si è ritrovati tu"i a dover me"ere in questione la pertinenza dei propri paradigmi di comunicazione, nella fatica del dover ristabilire volta per volta il margine d!azione reciproco. In tal senso, la mancanza di gerarchie non ha implicato una mancanza di ruoli, dato che sono state le intenzioni a deline-arne la #sionomia, ed è paradossale constatare il fa"o che ciò che non senza di$coltà ha reso possibile la presentazione del lavoro, è stato un principio di estraneità che si è concretizzato nell!emer-gere di concezioni di tempo del tu"o dissimili. Chi cura l!evento è estraneo al tempo della pratica artistica o lo diventa per neces-sità di causa, e nel fare delle dinamiche ad essa relative il conte-nuto del proge"o, egli necessita di ragionare secondo un tempo di%erente, e lo applica, sicché la pratica si trasforma in una delle sue possibili immagini. Il lavoro artistico - e so"intendo la pratica artistica - non coincide con il momento della sua presentazione. L!a"o di presentazione è qualcosa che si colloca simultaneamente prima e dopo il lavoro, e la questione principale sulla quale ci si è trovati a diba"ere è stata proprio quella del come modulare un livello di immediatezza necessario a$nché la presentazione po-tesse avvenire. Trado"o: come ridurre il tempo di un!esperienza che è avvenuta nel tempo. Ovvero: quale formula per ovviare al gap tra la pratica e la sua comunicazione. Il che potrebbe anche suonare: quale formula per rendere a"o del gap tra pratica arti-stica ed esposizione.

Ciò che ne è uscito è un racconto breve in merito ad alcune produzioni realizzate tra il &''( ed il &')'. Non c!è stato da parte mia alcun tentativo di cara"erizzazione dello spazio, se non per

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quanto concerne l!idea di una variazione di luce, e la disposizio-ne degli elementi relativi al lavoro è strumentale al racconto. Una voce narrante fa da eco all!esperienza e%e"iva, in riferimento.

Penso poi ora all!orientamento nomadico dell!iniziativa e al fa"o che il nomade sa sempre identi#care dove sta il nord e dove sta il sud, l!est e l!ovest, e la sua conoscenza del territorio coinci-de con la sua capacità di abitarlo. Abitare signi#ca essere locale, e nell!essere locale a partire dalla coscienza di essere mobile intra-vedo un!accezione possibile di nomadismo, come messa in a"o di un movimento che ha origine da una conoscenza profonda del loco. Ho avuto la possibilità di presentare il mio lavoro in questa ci"à perché ho messo piede per poco forse, nella testa di qualcuno che la abita. Degli spazi a"raversabili, le teste altrui si quali#cano tra i migliori; luoghi anomali ed incredibili nei quali le coordinate cessano di essere mantenute e cambiano di posto. Di questo tipo di posizionamento locale spero di avvalermi nel tempo, per a$-nare nel movimento la mia capacità di abitare.

Grazie a: Stefania Rispoli, Susanna Lombardo, Marco di Giuseppe, Valeria Mancinelli, Elena Mazzi, Rosario Sorbello, Michela Lupieri, Veronica Vio"i, Chiara Barbieri, Simo-na Bandini, Luca Coppola, Riccardo Gambi, Michele Camorani.

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Trial Version ringrazia: Clio Casadei per la sua collabora-zione; Carmelo, Paola e Susanna Lombardo, Marina e Ga-briele Go#i, Bruno e Maria Luisa Rispoli per il loro sup-porto e sostegno.

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con il patrocinio del

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