Trombosi-pcr-Indagini Di Alterazioni Geniche

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12 PCR La reazione a catena della polimerasi , in inglese: Polymerase Chain Reaction , è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. L'amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive applicazioni. Tale metodica fu ideata nel 1983 da Kary B. Mullis il quale ottenne, per questo, il premio Nobel per la chimica (1993). Schema di un ciclo di PCR : 1 ) fase di denaturazione : La soluzione di DNA da replicare + desossiribonucleotidi trifosfati + ioni magnesio + primer + TAQ polimerasi viene portata a una temperatura compresa tra 94 e 99 °C. A questa temperatura la doppia elica del DNA si scinde e i due filamenti di cui essa è composta sono liberi . 2) fase di annealing : La temperatura viene abbassata fino a 40-55 °C per permettere il legame dei primer alle regioni loro complementari dei filamenti di DNA denaturati . 3) fase di estensione : Infine la temperatura viene alzata fino a 65-72 °C al fine di massimizzare l'azione della TAQ polimerasi che determina un allungamento dei primer legati, utilizzando come stampo il filamento singolo di DNA . Il ciclo viene ripetuto generalmente per circa 30-40 volte. In genere non si superano i 50 cicli in quanto ad un certo punto la quota di DNA ottenuto raggiunge un plateau. I primers hanno una lunghezza di 20-30 coppie di basi, il valore di Tm ( temperatura di melting alla quale il 50 % del dna è denaturato ) deve essere compreso tra 45-68°C; per di più i diversi primers che si vanno a ibridare ai filamenti opposti del DNA denaturato devono avere una Tm simile poichè nella fase di ibridazione dobbiamo scegliere una T di Annealing che sarà unica per entrambi gli oligonucleotidi ed è uguale a: Tm = 5°C. La Tm si ottiene tramite una formula: 4°C (G+C) + 2°C (A+T). Ricorda che la coppia C+G ha 3 legami H contro i 2 della coppia A+T, e richiede una T maggiore per la denaturazione. Dopo vari cicIi ripetuti di PCR si avrà una accumulo esponenziale del frammento di interesse, la cui lunghezza sarà definita dall’ estremità 5' 12

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PCR

La reazione a catena della polimerasi , in inglese: Polymerase Chain Reaction , è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. L'amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive applicazioni. Tale metodica fu ideata nel 1983 da Kary B. Mullis il quale ottenne, per questo, il premio Nobel per la chimica (1993). Schema di un ciclo di PCR :

1 ) fase di denaturazione : La soluzione di DNA da replicare + desossiribonucleotidi trifosfati + ioni magnesio + primer + TAQ polimerasi viene portata a una temperatura compresa tra 94 e 99 °C. A questa temperatura la doppia elica del DNA si scinde e i due filamenti di cui essa è composta sono liberi .

2) fase di annealing : La temperatura viene abbassata fino a 40-55 °C per permettere il legame dei primer alle regioni loro complementari dei filamenti di DNA denaturati .

3) fase di estensione : Infine la temperatura viene alzata fino a 65-72 °C al fine di massimizzare l'azione della TAQ polimerasi che determina un allungamento dei primer legati, utilizzando come stampo il filamento singolo di DNA .

Il ciclo viene ripetuto generalmente per circa 30-40 volte. In genere non si superano i 50 cicli in quanto ad un certo punto la quota di DNA ottenuto raggiunge un plateau.

I primers hanno una lunghezza di 20-30 coppie di basi, il valore di Tm ( temperatura di melting alla quale il 50 % del dna è denaturato ) deve essere compreso tra 45-68°C; per di più i diversi primers che si vanno a ibridare ai filamenti opposti del DNA denaturato devono avere una Tm simile poichè nella fase di ibridazione dobbiamo scegliere una T di Annealing che sarà unica per entrambi gli oligonucleotidi ed è uguale a: Tm = 5°C. La Tm si ottiene tramite una formula: 4°C (G+C) + 2°C (A+T). Ricorda che la coppia C+G ha 3 legami H contro i 2 della coppia A+T, e richiede una T maggiore per la denaturazione.

Dopo vari cicIi ripetuti di PCR si avrà una accumulo esponenziale del frammento di interesse, la cui lunghezza sarà definita dall’ estremità 5' dei 2 primers ; questo accumulo è esponenziale perché il prodotto di ciascun ciclo diventa lo stampo del ciclo successivo. La reazione avviene in TERMOCYCLERS : dei termostati che consentono modifiche veloci della T fatte avvenire in un blocco in cui vengono alloggiate le provette che contengono la miscela di reazione; questi apparecchi consentono di impostare nella memoria le diverse T, le diverse fasi, i tempi delle fasi e le velocità di passaggio da una fase all'altra, creando quindi dei protocolli. Esistono diversi tipi di TERMOCYCLERS che differiscono principalmente in base al sistema di refrigerazione\ riscaldamento del blocco; inizialmente erano utilizzati sistemi più economici e lenti nel cambiamento della T ed erano sistemi a fluidi, a resistenza elettrica... Oggi si utilizzano sistemi più sofisticati ma più costosi basati sull'impiego di elementi semiconduttori;

EFFETTO PELTIER : è il fenomeno termoelettrico per cui una corrente elettrica che scorre tra due metalli o semiconduttori differenti posti in contatto (giunzione Peltier) produce un trasferimento di calore.

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Per ottenere la miscela PCR è sufficiente una piccola quantità di DNA stampo, un largo eccesso di Primers, una miscela di DeossiRibonucleotidi Trifosfati per la successiva polimerizzazione, Mg che stabilizza

l’ibridazione del DNA , un buffer e la Taq polimerasi ( che è una polimerasi termostabile ) ottenuta da un batterio estremofilo che vive in sorgenti bollenti a 70°C. Il totale di miscela reazione è circa 25-100 microL.

Graficando le moli di prodotto in funzione del numero di cicli :

ci accorgiamo che c’è una fase di accumulo esponenziale a cui segue una fase di Platou , in cui la velocità di accumulo del prodotto si riduce fino ad annullarsi se il numero di cicli è > 30. Fattori che determinano l'effetto Platou:

-Inattivazione termica dell’enzima TAQ a causa dell’elevata temperatura della fase di denaturazione.

- Riduzione del rapporto molare tra le concentrazioni della DNA-polimerasi e del DNA

-Riduzione progressiva dell’efficienza di denaturazione e/o di ibridazione

-Distruzione degli amplificati per l’attività esonucleasica 5’>3’ della polimerasi

-Accumulo di pirofosfati (inibitori della polimerasi)

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-Progressiva diminuzione della concentrazione dei reagenti .

-Annealing sempre meno efficace : si riduce l'efficienza della formazione del complesso primer-DNA target poichè il prodotto può 1) reibridarsi o 2) fare un Annealing aspecifico o 3) competere con i primer per l’ibridazione .

Nel disegno dei primers bisogna : evitare sequenze inusuali come serie di purine o pirimidine, evitare sequenze palindromiche che provocano strutture secondarie (loop), e le estremità 3’ non devono essere tra loro complementari per evitare la formazione dei “primers-dimeri” .

Come in tutti i test di laboratorio è necessario valutare i risultati tramite il CONTROLLO QUALITA’ . Il controllo positivo consiste in un campione in cui la sequenza bersaglio è contenuta. Tale controllo non dovrebbe contenere un numero di copie di sequenza bersaglio troppo alto al fine di evitare di creare pericolosi aerosol che possano contaminare altri campioni o di sottostimare eventuali cali di sensibilità della reazione con produzione di falsi negativi. Il controllo negativo consiste in un campione in cui la sequenza bersaglio manca. Esso serve per evidenziare eventuali contaminazioni che potrebbero riferirsi sia all'estrazione del materiale genomico, sia al momento di preparazione della PCR ed è utilizzato per verificare eventuali falsi positivi.

I metodi più comuni per la rivelazione dei prodotti della PCR sono: -Elettroforesi -Tecniche di ibridazione -HPLC ( cromatografia liquida ad alta prestazione) -Elettroforesi capillare

PCR QUANTITATIVA o REAL-TIME PCR

Per la sua elevata sensibilità, la PCR consente di analizzare e determinare la quantità di un acido nucleico presente in una soluzione con accuratezza. Questo perché la [prodotto di reazione] è proporzionale alla [Sub] nella fase di amplificazione esponenziale. La PCR Quantitativa è in grado di misurare in tempo reale la concentrazione di una sequenza target di un campione biologico . Ha diverse applicazioni: per esempio nel monitoraggio di un'infezione, possiamo valutare il livello di attività virale andando a determinare la [Dna virale]; nel monitoraggio terapeutico per predire la risposta al trattamento, ossia per stabilire se la terapia è efficacie o meno; nello Screening di sostanze antivirali , studiamo in vitro queste sostanze verificando il loro effetto sull'attività virale; oppure nella quantificazione dell’ mRNA dopo retrotrascrizione a cDNA , e può essere utile per studiare come varia l'espressione di un gene in seguito ad uno stimolo esogeno, vedendo se c’è un aumento o riduzione del livello dell’ mRNA relativo.

SISTEMA TAQMAN

Per la quantificazione si utilizza un oligonucleotide -sonda; questa sonda è a singola elica e complementare all’amplicone ( la regione da amplificare ) e la si aggiunge durante la reazione di amplificazione. È marcata con 2 fluorocromi che sono indicati uno con la lettera R =REPORTER che emette fluorescenza, e uno con la lettera Q =QUENCHER che spegne la fluorescenza quando si trova sufficientemente vicino a R . Questo è possibile perchè lo spettro di emissione del reporter si sovrappone allo spettro di assorbimento del quencher e quindi i fotoni emessi da R sono assorbiti da Q. Quando la sonda è intatta , la fluorescenza del reporter è spenta dalla vicinanza del quencher. Poi quando la sonda viene degradata/rotta dall’ attività esonuclesica 5'-3' della Taq Polimersi nella fase di estensione , ha luogo un'emissione di fluorescenza a

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causa dell’ allontanamento del reporter dal quencher; quindi posso misurare l'intesità della fluorescenza di R che sarà direttamente proporzionale al numero di ampliconi generati durante la PCR.

SISTEMA LIGHT CYCLER

Basato sull'impiego di 2 ODN all'interno della regione di interesse, ognuno con un fluoroforo: uno è legato ad un fluoroforo DONATORE, e l'altro ad un fluoroforo ACCETTORE. Questi ODN sono disegnati in modo che si vanno ad ibridare in regioni adiacenti, affinchè donatore e accettore siano sufficientemente vicini per un trasferimento di energia di risonanza, FRET. Prima dell’ annealing, il segnale fluorescente proviene dal donatore, mentre l'accettore non emette fluorescenza; durante l'ibirdazione donatore e accettore si trovano abbastanza vicini, da trasferirsi energia cosi che l'accettore possa emettere un segnale fluorescente; anche qui deve esserci parziale sovrapposizione dello spettro di emissione del primo con lo spettro di assorbimento dell'altro.

SYBER GREEN

È un colorante fluorescente capace di legare specificamente il DNA a duplice elica formando un complesso che assorbe luce blu e emette luce verde . Aggiunto ad una reazione di PCR , si complesserà con il DNA a duplice elica man mano che esso verrò prodotto e ne permetterà la quantificazione in tempo reale da parte della strumentazione Dopo l'amplificazione si riscalda il campione per verificare la variazione dell'intensità di fluorescenza per ottenere una CURVA DI DISSOCIAZIONE; quando il DNA si denatura , e quindi aumenta la T, diminuisce la fluorescenza. Questo è utile per determinare i valori di Tm dei prodotti di DNA presenti nel mio campione, e osservare se i valori di Tm sono quelli attesi. Il vantaggio è che la metodica è semplice e poco costosa, però si ha un perdita di specificità proprio per il fatto che si lega random a tutte le doppie eliche, compresi prodotti aspecifici.

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INDAGINI DIAGNOSTICHE DI ALTERAZIONI GENICHE

Esistono diverse migliaia di patologie ereditarie dell'uomo, alcune più frequenti con 1 incidenza di 1 affetto su 10000, altre più rare con 1 affetto su 100000; dobbiamo anche distinguere le patologie ereditarie monogeniche da quelle multigeniche ;

Monogeniche: sono dovute a mutazioni in un unico gene e tali mutazioni determinano il fenotipo della patologia;

Multigeniche : mutazioni a carico di più geni, come il cancro che deriva dall’ accumulo di mutazioni in più geni che codificano proteine coinvolte nella regolazione della crescita cellulare.

Conoscendo la sintomatologia e il fenotipo e sappiamo che è dovuto a mutazioni a carico del singolo gene, possiamo ricavare info sull’ eredità del gene dallo studio degli alberi genealogici.

TECNICHE DI DIAGNOSI

- DIAGNOSI DIRETTA: la mutazione viene ricercato direttamente sul DNA o sul prodotto proteico; si può fare questa diagnosi quando la mutazione è nota e il gene è stato clonato. Se la mutazione è di grosse dimensioni , cioè una delezione di una buona parte del gene, si può usare la tecnica del Southern blotting.

Tecnica 1 ) Southern Blotting : Un campione eterogeneo di DNA genomico viene trattato con enzimi di restrizione e successivamente sottoposto ad elettroforesi su gel d'agarosio o di poliacrilammide. Nel gel sarà possibile osservare uno smear, ossia una striscia continua; non si vedranno bande nette perché il DNA genomico digerito con l'enzima di restrizione ha tantissimi punti di taglio, quindi sul gel si troveranno tantissimi frammenti che migreranno con velocità diverse in base al diverso peso molecolare.

Il gel viene immerso in una soluzione alcalina per denaturare il DNA . Il gel viene coperto da un foglio di nitrocellulosa e sopra di questo viene posta una pila di fogli assorbenti. Per capillarità la soluzione tenderà ad attraversare il gel, il foglio di nitrocellulosa e risalirà nei fogli assorbenti. I sali trascinano i segmenti di DNA perfettamente in verticale, depositandoli sullo strato di nitrocellulosa con il quale i segmenti instaurano legami elettrostatici . Il foglio di nitrocellulosa viene separato dal gel e immerso in una soluzione contenente una sonda marcata in vario modo che ibridizza con sequenze di DNA complementari presenti sul foglio, identificandole. A seguito di lavaggio della nitrocellulosa per eliminare le sonde non ibridate, si fa una lastra fotografica che metta in evidenza dove la sonda ha legato il DNA genomico. Se è avvenuta una delezione totale del gene , si osserva l'assenza del segnale della sonda ; se la delezione è parziale abbiamo un'alterazione della banda che sarà di dimensioni diverse. Se quindi andiamo a analizzare tramite S.Blotting il campione di un individuo eterozigote avremo sia la banda del gene sano sia la banda del gene mutato.

Tecnica 2 ) Un'altra metodica da utilizzare per evidenziare grosse delezioni è la Multiplex PCR , che si utilizza nel caso in cui si voglia amplificare più di un target nella stessa reazione. Nella Multiplex PCR vengono utilizzate diverse coppie di primers, e si producono contemporaneamente nella stessa provetta diversi amplificati (ovviamente con resa più bassa). Tale tecnica trova applicazione in problemi diagnostici di routine, come nell’analisi della Fibrosi cistica, dell’ipercolesterolemia familiare, distrofia muscolare di Duchenne, ecc.

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Per le mutazioni puntiformi bisogna utilizzare tecniche diverse dal S.Blotting. Una di queste è la Aso ( alleles specific oligonucletides )

Tecnica 3) ASO , che significa Oligonucleotide Allele Specifico. Si tratta di una sonda nella quale c’è una sequenza specifica di basi complementare ad una sequenza nota in cui vuoi identificare cambiamenti nucleotidici. Usando condizioni molto stringenti, puoi fare in modo che la sonda si leghi allo stampo solo se c'è una complementarità del 100% con lo stampo. In questo caso la PCR avviene. Se non c'è 100% complementarità, la sonda non può legarsi e non si ha amplificazione. Per esempio, per mettere in evidenza una piccola mutazione che determina una condizione patologica come una semplice sostituzione di una G con una A, sintetizziamo 2 ODN, uno complementare all’allele normale e l’altro all’allele mutato; questi ODN sono anche marcati con un radioisotopo come il Fosforo 32, e li utilizziamo per l’ibridazione con filtri su cui è presente il campione di DNA che vogliamo analizzare. Se si utilizzano condizioni di ibridazione normali, poiché c’è solo un appaiamento scorretto si avrà che l’ODN complementare all’allele sano si ibriderà sia al DNA selvatico N sia al DNA mutato D. Se aumentiamo la T di reazione gli ODN si legheranno solo agli alleli cui sono complementari . Si utilizzano 2 ODN per mettere anche in evidenza una condizione di eterozigosi; se osserviamo il profilo di un omozigote sano rimane legato al filtro solo l’ODN complementare all’allele normale; se osserviamo il profilo dell’omozigote malato, rimane legato al filtro solo l’ODN complementare all’allele mutato; se osserviamo il profilo di un eterozigote, rimarranno legati al filtro entrambi gli ODN. Invece di far assorbire il Dna al filtro (Dot Blott), è possibile immobilizzare la sonda al filtro e andare ad ibridare il Dna amplificato con PCR (Reverse Dott Blott). In questo caso invece di sonde radioattive, si utilizzano tecniche basate sull'affinità Antigene - Anticorpo, o Enzima-Coenzima. Il mio anticorpo si legherà solamente al Dna a doppio filamento, mentre non si legherà se non è avvenuta l'ibridazione. Per rivelare l'anticorpo, si utilizza un secondo anticorpo che porta legato a sé un enzima capace di catalizzare una reazione colorimetrica. Se è avvenuta l'ibridazione si osserverà una macchia colorata nel punto del filtro dove l'ibridazione è avvenuta. Il vantaggio di questa tecnica si nota quando ci sono diverse possibili mutazioni in un gene, perché è possibile immobilizzare più sonde su un unica micropiastra, ognuna delle quali va ad ibridarsi al segmento del gene suscettibile della mutazione.

Si potrebbe utilizzare anche un altro sistema, per esempio si può amplificare il Dna mediante l'impiego di ODN biotimilati ; la biotina è un coenzima che viene riconosciuto dalla Streptamidina (proteina batterica) che coniugata alla Perossidasi HRP catalizza una reazione colorimetrica. Ci sarà anche qui sviluppo di colore se c’è stata ibridazione e viceversa.

Tecnica 4) Un'ulteriore tecnica è l' RFLP ( principio dell'analisi di 1 polimorfismo di restrizione ) si basa sul principio che 1 mutazione può creare o eliminare un sito di restrizione; queste mutazioni possono essere riconosciute mediante elettroforesi dopo digestione del DNA con l'enzima di restrizione appropriato. Ricapitolando, si amplifica il DNA tramite PCR, si fa digerire il frammento amplificato con enzima di restrizione, si va ad analizzare tramite elettroforesi su gel di agarosio e colorazione con bromuro di etidio. Se è stato creato un sito di taglio , si avrà una banda in più , mentre si avrà una banda in meno se il sito di taglio è stato eliminato.

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Tecnica 5) La PCR OLA (reazione di legatura di ODN) è utilizzata quando la mutazione è puntiforme ma non crea\elimina siti di restrizione. Supponiamo che la mutazione avviene in un punto noto, ad esempio a livello del nucleotide 100, dove una T viene mutata in G. Bisogna sintetizzare 2 ODN, X e Y, 1 è biotinilato, l'altro sarà marcato con la Digossigenina. La prima sonda avrà al 3' il nucleotide complementare al nucleotide 100, mentre la Y avrà un nucleotide al 5' complementare al nucleotide successivo a quello suscettibile alla mutazione, ossia il 101. Nel momento in cui facciamo avvenire l'ibridazione, se il DNA è selvatico gli ODN si allineano perfettamente; se è mutato gli ODN non saranno allineati. Se utilizzo una Ligasi la reazione di legatura avverrà solo se le sonde sono perfettamente allineate, se c’è mutazione questo non avviene. Per vedere il risultato: denaturo in modo da staccare le sonde dal DNA e le trasferisco in una piastra con micro pozzetti dove ho fissato la streptavidina, che lega la sonda X ( con la biotina ). La sonda Y rimarrà legata al pozzetto solo se è avvenuta la legatura. Lavo per eliminare tutto ciò che non si è legato e aggiungo un anticorpo che riconosce la Digossigenina della sonda Y, che porta legato un enzima in grado di catalizzare una reazione colorimetrica; l'anticorpo si legherà se la legatura è avvenuta, altrimenti la sonda Y è stata lavata via. Aggiungendo il Substrato se si svilupperà colore , si tratta di DNA selvatico , altrimenti di DNA è mutato. Come metto in evidenza una condizione di eterozigosi ( ossia se si è portatori sani )???

Utilizzo 2 coppie di inneschi, 1 complementare all'allele normale e 1 al mutato; se si è eterozigote avrò sviluppo di colore per entrambe le coppie di sonde, mentre se è omozigote sano solo la coppia complementare all'allele selvatico svilupperà colore. Esiste anche una variante di questa metodica chiamata LCR ( reazione a catena della Ligasi );

Tecnica 6) La reazione a catena della ligasi (o Ligase chain reaction, LCR) è una variante della PCR. Permette l'amplificazione di materiale genetico sfruttando un processo ciclico che viene ripetuto più volte. A differenza della PCR, però, viene sfruttata l'azione di una ligasi termostabile e la presenza di quattro oligonucleotidi in grado di appaiarsi, a due a due, a specifiche sequenze della molecola di DNA. Nella soluzione in cui si trova il materiale genetico si aggiunge la ligasi, gli oligonucleotidi (in quantità elevata), dessossiribonucleotidi trifosfati ed una DNA-polimerasi anch'essa termostabile.

Dopo che il DNA è stato denaturato, aumentando la temperatura della soluzione in cui si trova, si procede ad un raffreddamento che permette l'ibridizzazione degli oligonucleotidi con le sequenze bersaglio ad essi complementari.

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A questo punto la DNA-polimerasi sfrutta gli oligonucleotidi ibridizzati come inneschi ed inizia a sintetizzare un nuovo filmento di DNA usando quello di partenza come stampo. L'azione della polimerasi fa sì che i due oligonucleotidi vengano collegati tra loro tramite il filamento neosintetizzato. Questi tre filamenti, però, non sono ancora uniti; a questo provvede la ligasi attraverso la formazione di legame covalente tra di loro. In tale modo viene a crearsi un filamento unico che verrà utilizzato come stampo nei cicli successivi. Gli ODN sono disegnati con le stesse caratteristiche della PCR OLA; ciò che cambia è la tecnica di rivelazione: non utilizzo una reazione colorimetrica ma un sistema automatizzato. Se il Dna è di tipo selvatico, avrò l'accumulo di prodotto, mentre se è mutato non avrò accumulo di prodotto.

Tecnica 7) L'ultima tecnica, per quanto riguarda la diagnosi diretta utilizza inneschi marcati con fluorofori allele-specifici; questi inneschi vengono utilizzati per reazioni di PCR; sintetizzo l'innesco per la PCR marcato con un fluoroforo ( con fluorescenza rossa ) in modo tale che al 3' presenti un nucleotide complementare al nucleotide suscettibile di mutazione; 1 altro nucleotide utilizzato semplicemente per l'amplificazione che si va ad ibridare all'altro filamento, non sarà marcato. Se il DNA è selvatico , il mio prodotto presenterà fluorescenza, se invece c’è la mutazione, non avrò nessun prodotto perché non avverrà polimerizzazione. La condizione di eterozigosi necessita di un terzo innesco con marcatore che emette fluorescenza in verde complementare all'allele mutato; se l'individuo è eterozigote si svilupperà fluorescenza in giallo, perché c’è l’ incrocio tra quella rossa dell'allele sano e verde dell'allele mutato.

Se la mutazione non è conosciuta o è altamente variabile posso sfruttare le diverse caratteristiche chimico fisiche che la mutazione induce nella molecola di DNA. Le varie metodiche sono:

1 - DGGE (elettroforesi su gel in gradiente denaturante) è un metodo di separazione che si basa sulle differenze di comportamento nella denaturazione di frammenti a doppia elica di DNA. Il principio che regola la DGGE è che, in presenza di un gradiente di sostanze denaturanti, le molecole di DNA a doppio filamento si denaturano in domini distinti. Una volta raggiunto il punto di denaturazione di un dominio, tale porzione del frammento di DNA inizia a denaturare, dando origine a molecole ramificate che hanno una mobilità più ridotta nel gel di poliacrilamide. In presenza di concentrazioni molto elevate di denaturanti il frammento di DNA sarà completamente denaturato in due molecole a doppio filamento. Pertanto, frammenti di DNA della stessa dimensione, ma con una sequenza differente mostreranno una diversa risposta al gradiente denaturante .

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Si polimerizza un gel con un gradiente di denaturante (urea e formammide); nel momento in cui carico le molecole su gel, migrando con velocità in base al diverso valore di Tm il DNA comincia a denaturarsi ad un livello di gradiente che sarà diverso a seconda della Tm, e inizia a migrare come singolo filamento. Se la mutazione ha indotto un abbassamento del valore di Tm, avrò una velocità ridotta di migrazione; se la mutazione aumenta il valore di Tm, avremmo una migrazione più rapida, perché si denatura dopo. Questa tecnica mi dice solo se c’è o no una mutazione, ma non dove è avvenuta.

2- SSCP ( analisi dei polimorfismi di conformazione del Dna a singolo filamento ): L' sscp pcr permette di evidenziare i polimorfismi delle conformazioni del dna a singolo filamento. Il DNA amplificato tramite pcr viene denaturato con il calore e repentinamente raffreddato, per evitare che si rinaturi. A questo punto il DNA a singolo filamento si avvolgerà su se stesso in una conformazione che dipenderà dalla sua sequenza . I singoli filamenti vengono, quindi, esaminati, tramite elettroforesi non denaturante. La conformazione che assume un singolo filamento di DNA è strettamente legata alla sua sequenza nucleotidica: anche una sola variazione in questa sequenza determina conformazioni differenti. L'analisi elettroforetica permette di ottenere un pattern di conformazioni (colorazione con argento). Visto che la mobilità elettroforetica del DNA a singolo filamento sarà in funzione della sua conformazione, eventuali variazioni a livello nucleotidico, ne altereranno la mobilità elettroforetica (dato che determinano conformazioni diverse). In questo modo, le bande "anomale" corrisponderanno al filamento di DNA in cui sono presenti le alterazioni nucleotidiche.

3- DHPLC ( o HPLC in condizioni denaturanti ). Viene utilizzata per la rivelazione di nuove mutazioni o sullo screening su popolazioni per la ricerca di una specifica mutazione. E' una tecnica cromatografica automatizzabile, è una cromatografia a fase inversa e viene utilizzata per discriminare gli eteroduplex (appaiamento scorretto) dagli omoduplex (appaiamento corretto). Questi duplex si formano quando un frammento amplificato di DNA mutato ed uno non mutato vengono denaturati termicamente e lasciati ricombinare. Una qualsiasi variazione tra la molecola originale (wild type) e quella mutata porta alla formazione di un eteroduplex (combinazione di due catene di DNA a singola catena non perfettamente corrispondenti, caratterizzata dalla presenza di una "bolla" dove c'è la mutazione). La DHPLC rileva la differenza tra la molecola dell'omoduplex - che ad una determinata temperatura è ancora sotto forma di doppia elica - e quella dell'eteroduplex - che alla stessa temperatura mostra una parziale denaturazione in corrispondenza del sito dove si è verificato un misappaiamento. Tale temperatura è detta temperatura di "quasidenaturazione". La fase stazionaria è costituita da catene idrofobiche, con le quali il DNA interagisce tramite un accoppiante ionico ( che essendo una molecola bifunzionale ha sia cariche negative per legare la fase stazionaria , sia cariche positive x legare il Dna, quindi funge da ponte ). Il DNA viene eluito con acetonitrile, nell'ordine prima i frammenti piccoli che hanno meno legami, e man mano quelli di dimensioni maggiori. Se si vuole mettere in evidenza una mutazione, eseguiamo la stessa procedura in condizioni denaturanti, termostatando la colonna alla T di quasi denaturazione ( quella a cui si verifica una parziale denaturazione in corrispondenza del punto dove l'accoppiamento non è perfetto). Gli eteroduplex hanno un comportamento cromatografico diverso dagli omoduplex, in quanto denaturando prima verranno eluiti più rapidamente. Procedimento generale :

-si denatura il Dna di controllo e lo si mescola col Dna di cui si sospetta una mutazione

-li si lascia rinaturare insieme, con formazione di omoduplex o eteroduplex

-facendo una DHPLC riusciamo a discriminare gli eteroduplex dagli omoduplex.

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Queste 3 tecniche non discriminano una mutazione che provoca conseguenze, da mutazioni "innocue".

Una procedura utilizzata in tal senso è chiamata PTT, si utilizza per mettere in evidenza mutazioni che danno luogo ad una precoce terminazione della sintesi della catena proteica. In questo caso si amplifica il DNA con PCR con ODN che contengono tutte le sequenze necessarie per la trascrizione e traduzione, e si va ad analizzare direttamente il prodotto proteico; se le dimensioni della proteina sono ridotte significa che c'è stata un'interruzione precoce della sintesi proteica.

-DIAGNOSI INDIRETTA: quando la mutazione è altamente variabile o non nota e il gene non è stato clonato; in quel caso si fa uso degli alberi genealogici utilizzando dei markers associati ai geni responsabili della patologia, analisi di linkage.

Se il gene non è stato clonato dobbiamo ricorrere ad una diagnosi indiretta, ossia mediante l'impiego di analisi di linkage o associazioni con marcatori. Un marcatore è qualsiasi carattere che può essere impiegato per seguire l'ereditarietà di un segmento cromosomico attraverso un albero genealogico. Si può utilizzare come marcatore una piccola regione di DNA che si trovi vicina al gene suscettibile di mutazione (perchè regioni vicine sul cromosoma vengono co-ereditate), e in più il marcatore deve essere polimorfico. Bisogna trovare un polimorfismo che si associa sempre al fenotipo di quella patologia; una volta trovato andando a analizzare i membri delle diverse generazioni dell’ albero genealogico, posso ricavare dal marcatore informazioni sull'eredità del gene. Come marcatori si possono usare sequenze di DNA come DNTR o STR, oltre agli RFLP. Facciamo un esempio: il nostro gene è Bmd ( distrofia muscolare) e il nostro marcatore polimorfico è RFLP, quindi vicino al gene possiamo avere la presenza o la assenza di un sito di restrizione ad ognuna delle quali associamo o il cromosoma normale o quello mutato. Si digerisce il DNA con questo enzima e si utilizza una sonda per l'ibridazione che riconosce la regione di interesse . Andando ad analizzare , avrò un frammento di 30 kb se il sito di taglio è assente; viceversa avrò un frammento di 22 e 1 di 8 kb. Negli individui eterozigoti avrò entrambi i frammenti. Il marcatore deve trovarsi ad una distanza inferiore a 5 centimorgan; 1 centimorgan corrisponde a quella porzione di DNA dove c'è l'1% di probabilità che avvenga un evento di crossing-over che separa il marcatore dal gene. Per ridurre il rischi di diagnosi errata per ricombinazione, utilizzo 2 marcatori , uno ad ogni estremità del gene. In questo caso si può mettere in evidenza un fenomeno di crossing-over osservando la perdita di 1 marcatore. La probabilità del doppio crossing-over è uguale al prodotto delle probabilità del singolo crossing-over, ossia 0.01x 0.01.

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TROMBOSI

La trombosi è una coagulazione intravascolare localizzata . Per sapere se ci sono difetti della coagulazione del sangue è possibile una diagnosi post natale con due tipi di test :

aPTT : Tempo di Tromboplastina Parziale Attivato , che evidenzia i difetti della via intrinseca .

PT: Tempo di Protrombina , che evidenzia i difetti della via estrinseca .

Eseguire la PT : In genere il tempo di protrombina nel soggetto adulto viene misurato prelevando un campione di sangue periferico. Il sangue viene quindi posto in una provetta contenente del liquido citrato, (che agisce come un anticoagulante legando gli ioni calcio presenti nel campione) e EDTA. Il sangue viene mescolato, quindi centrifugato al fine di separare le cellule del sangue dal plasma. Al campione di plasma viene aggiunto un eccesso di calcio ( si annullano in questo modo gli effetti anticoagulanti del citrato) e questa operazione consente al sangue di tornare a coagulare. Della tromboplastina (chiamata anche fattore tissutale oppure fattore III della coagulazione) viene aggiunta al campione in esame. Uno strumento misura otticamente il tempo necessario affinché il campione coaguli. In genere la formazione del coagulo è di 12-14 secondi. Se è maggiore la via estrinseca ha dei problemi.

Eseguire la aPTT : Poiché una corretta coagulazione del sangue dipende dalla azione combinata ed 'a cascata' di molte sostanze definite fattori della coagulazione, misurare il tempo di tromboplastina parziale aiuta a valutare quali specifici fattori della coagulazione possono essere mancanti o difettosi. Si provvede al prelievo di un campione di sangue periferico. Tale campione viene raccolto in una provette con ossalato o citrato, che agiscono come anticoagulanti in quanto chelanti (cioè in grado di legare) gli ioni calcio presenti nel campione. Per attivare la via intrinseca della coagulazione, un attivatore come caolino o silice e dei fosfolipidi anionici e degli ioni calcio vengono addizionati e mescolati al campione di plasma. Il calcio ha lo scopo di annullare l'effetto anticoagulante dell'ossalato o del citrato, i fosfolipidi anionici agiscono come sostituti delle piastrine e servono per la formazione di complessi tra i fattori 10 e 5 , il caolino o la silice innescano l’attivazione da contatto. Il tempo di tromboplastina parziale è perciò il tempo impiegato da un simile campione a coagulare (tempo di formazione del trombo) ed è rapportato al tempo impiegato per coagulare da parte di un plasma di riferimento del laboratorio. L'aPTT viene misurato con l'aggiunta di un attivatore della fase di contatto ( caolino o silice ). Il termine "parziale" sta a indicare che tra i reagenti non vi è la tromboplastina (fattore tissutale liberato normalmente dalle cellule traumatizzate, per es. quelle di una ferita). Il valore normale è 30-40 secondi . Se è maggiore c’è un problema della via intrinseca.

Per rivelare anomalie legate al fibrinogeno si usa il test TT ( Tempo di Trombina ) :

Il tempo di trombina (TT ) è utilizzato, per valutare la presenza di anticoagulanti circolanti, per riconoscere specificatamente le anomalie che riguardano la reazione trombina-fibrinogeno e per identificare il livello terapeutico dell'eparina. Il tempo di trombina misura il tempo impiegato dal plasma citrato a coagulare quando al campione in esame viene aggiunto un eccesso di trombina in genere di origine bovina. La differenza di tempo di coagulazione tra il campione di plasma in esame ed il campione 'normale' indica un'anomalia nella conversione del fibrinogeno (una proteina solubile) in fibrina (una proteina insolubile) . In un campione normale la coagulazione avviene in genere in 15 secondi .

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Per cercare eventuali difetti delle piastrine c’è il test del Tempo di emorragia o sanguinamento :

Per calcolare il tempo di emorragia si effettua un’incisione di 6 mm sull’avambraccio e il sangue che esce viene assorbito a intervalli di 30 secondi con un foglietto di carta da filtro, fino a quando la carta non viene più macchiata dal sangue . Il tempo necessario per l’arresto del sanguinamento è in genere 7,5 minuti .

Le fasi della coagulazione sanguigna : - Vascolare –Piastrinica –Coagulativa –Fibrinolitica

La fase vascolare inizia con la lesione del vaso e causa essenzialmente quattro fenomeni: vasocostrizione e rallentamento del flusso del sangue; adesione delle piastrine alle pareti del vaso; attivazione della coagulazione. La fase piastrinica inizia con l’adesione al vaso leso delle piastrine , le quali si aggregano reversibilmente (aggregazione primaria) e danno luogo alla reazione di liberazione, che consiste nella secrezione di varie sostanze ad attività favorente l’aggregazione secondaria (irreversibile), che porta alla formazione del cosiddetto trombo bianco.La fase emocoagulativa ha invece lo scopo di favorire il consolidamento del tappo piastrinico con la formazione di un reticolo insolubile di fibrina. Nella fase fibrinolitica c’è la fibrinolisi con la partecipazione di proteasi a serina : la fibrinolisi prevede la partecipazione di proteasi a serina ed è il processo mediante il quale un reticolo di fibrina viene dissolto. Inizia con la trasformazione del PLASMINOGENO in PLASMINA grazie agli attivatori del plasminogeno come il t-PA ( attivatore tissutale del plasminogeno ) . La plasmina è in grado di degradare i legami covalenti tra le fibrine, con la conseguente formazione di prodotti di degradazione della fibrina.

Regolazione della coagulazione :

La coagulazione deve avvenire rapidamente ma nelle giuste zone , senza formazione eccessiva di coaguli o trombi. Il flusso sanguigno stesso diminuisce la concentrazione dei fattori di coagulazione per evitare la TROMBOFILIA , un'anomalia della coagulazione del sangue che aumenta il rischio di trombosi. I fattori che inibiscono la coagulazione sono molteplici :

1) Inibitore della via del fattore tissutale ( TFPI ) : Proteina circolante nel sangue associata a lipoproteine, che rappresenta un importante inibitore fisiologico della coagulazione ematica. Inibendo così l'attivazione della coagulazione tramite la via estrinseca.

2) Antitrombina III , EPARINA , α2 Anti-Plasmina : fattori anticoagulanti che inibiscono i fattori della via intrinseca . L’antitrombina inibisce l’attività della trombina . L’antiplasmina è un inibitore della plasmina .

3) Proteina C : è il maggior anticoagulante fisiologico e degrada il fattore 5 e il fattore 8 .

La trombina è capace di attivare fattori PRO-Coagulanti , come l’ Inibitore della Fibrinolisi Attivabile dalla Trombina ( TAFI ) che è una carbossipeptidasi che rimuove i gruppi carbossilici presenti sulla fibrina che costituiscono il punto d’aggancio per il plasminogeno e per il suo attivatore.

EMOSTASI : è l’arresto di una emorragia, che si può verificare spontaneamente col meccanismo della coagulazione. Consiste in una serie di reazioni biochimiche e cellulari sequenziali finalizzate ad impedire la fuoriuscita del sangue . Possono esserci due alterazioni opposte : l’EMOFILIA ( inefficiente sistema coagulativo ) e la TROMBOSI ( eccessiva tendenza alla coagulazione ) .

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