TRISTANO E ISOTTA FICTION

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TRISTANO E ISOTTA Tra i personaggi che il Medioevo occidentale ha elaborato e consegnato alla modernità, Tristano è forse di tutti il più complesso e il più contraddittorio. Non che sia l’unico ad esserlo, lo è Lancillotto, lacerato tra passione erotica e fedeltà feudale, tra macchia della carne e purezza necessaria alla ricerca. Lo è Artù, il monarca tutt’altro che assoluto, usurato dalla sua regalità debole e indebolito dall’adulterio di Ginevra. Ma, inutile negarlo, Tristano e con lui Isotta ha un sovrappiù di ambiguità che lo rende il più perturbabile tra i personaggi medievali. Per cominciare, non si può evitare una considerazione fondamentale: il personaggio Tristano è reso più complicato dalla situazione dei testi che lo tramandano. Cos’è infatti il Tristano e Isotta? Il lettore ha l’impressione che si tratti di un’opera poetica omogenea, che canta l’amore tragico di due amanti infelici, sullo scenario del braccio di mare che divide Irlanda e Cornovaglia. In realtà non esiste un poema unico su questo amore, ma molte versioni, in verso e in prosa, descritte in epoche e in aree geografiche diverse e molto distanti tra loro e tutte riguardanti episodi che non trovano quasi mai un esatto riscontro nelle versioni parallele. Tutte parrebbero in qualche modo ricondurre a una leggenda di origine inglese o irlandese, ma tutte contengono varianti molto cospicue e episodi assolutamente individuali, che prevalgono sulle pochissime costanti narrative. Storie ed episodi molto diversi tra loro e tutti contenuti in manoscritti unici, spesso frammentari, tanto da far pensare che non sia esistito uno ma molti Tristani. E molte versioni della storia di Tristano devono avere circolato di bocca in bocca, tra Gran Bretagna e Francia medievale, e poi Spagna, Italia, Veneto, Toscana. Ce lo dimostra la diffusione del nome di Tristano, che si ritrova attribuito a guerrieri normanni di Francia e Inghilterra, e persino nel meridione d’Italia. Ma vediamo anzitutto la storia, semmai una storia di Tristano è esistita: tra Irlanda e Cornovaglia si dipana l’avventura del giovane Tristano, nipote quasi figlio del valoroso re Marco d’Inghilterra. La sua prima impresa è l’uccisione del terribile Morhold, un gigante campione della nazione d’Irlanda, che pretende dalla Cornovaglia un tributo annuale di giovani vittime. Ma il gigante gioca sporco e ha l’abitudine di avvelenare la spada. Tristano lo uccide, ma rimane ferito dalla spada avvelenata e la ferita è incurabile. Tristano moribondo viene allora affidato al mare da una nave senza vele, senza remi, senza timone e portato sulle coste d’Irlanda, ove viene fortunosamente ritrovato, curato e guarito dalla sorella del vinto Morhold, esperta di arti magiche e medico. Tristano guarisce e torna presso lo zio, che lo incarica di andare a chiedere per lui in sposa, la donna cui appartiene il capello biondo, che l’uccello ha lasciato cadere ai suoi piedi. La fanciulla è la sorella del Morhold, figlia del re d’Irlanda, colei che ha guarito Tristano, Isotta la Bionda. Dopo averla vinta a un torneo, Tristano ottiene di scortare sino in Cornovaglia la giovane donna e al momento dell’imbarco la regina madre d’Isotta affida all’accompagnatrice Bengania un meraviglioso filtro, che Isotta dovrà bere con il suo sposo Marco, per assicurare per l’eternità un amore intenso e profondo tra i due coniugi. Ma per un fatale errore di Brangania, Isotta beve durante la navigazione il filtro con Tristano. I due giovani ardono l’una per l’altro di un’irresistibile passione. Si celebra il matrimonio, ma i due non riescono a resistere alla passione che li divora. Ra Marco, nonostante le precauzioni dei due amanti, li sorprende un giorno e li allontana dalla corte. I due si riducono a vivere solitari nella foresta. Vi capita un giorno il re, durante una battuta di caccia e coglie i due amanti nel sonno, ma divisi da una spada, collocata tra di loro. Reso dubbioso da questo segno d’innocenza, re Marco riconduce con sé Isotta la Bionda e bandisce dalla corte Tristano, che va in esilio in un regno lontano. Qui Tristano tenta una seconda relazione amorosa. Separato dalla prima Isotta, incontra un’altra Isotta, la Isotta dalle Bianche Mani. Il triangolo diventa un quadrato. Allora acconsente a sposarla, perché era bella e perché il suo nome era Isotta. Insomma perché portava il fantasma di quel nome. Ma già durante la prima notte di nozze, ricordandosi della prima Isotta la Bionda, Tristano è incapace di consumare il matrimonio. Con vari pretesti, egli continua a rifiutare il sesso con la seconda Isotta. Resta un giorno Tristano gravemente ferito e nessuno è capace di curarlo. Occorrerebbe l’intervento della prima Isotta, la Bionda, la sola che conosca i segreti

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TRISTANO E ISOTTA

Tra i personaggi che il Medioevo occidentale ha elaborato e consegnato alla modernità, Tristano è forse di tutti il più complesso e il più contraddittorio. Non che sia l’unico ad esserlo, lo è Lancillotto, lacerato tra passione erotica e fedeltà feudale, tra macchia della carne e purezza necessaria alla ricerca. Lo è Artù, il monarca tutt’altro che assoluto, usurato dalla sua regalità debole e indebolito dall’adulterio di Ginevra. Ma, inutile negarlo, Tristano e con lui Isotta ha un sovrappiù di ambiguità che lo rende il più perturbabile tra i personaggi medievali. Per cominciare, non si può evitare una considerazione fondamentale: il personaggio Tristano è reso più complicato dalla situazione dei testi che lo tramandano. Cos’è infatti il Tristano e Isotta? Il lettore ha l’impressione che si tratti di un’opera poetica omogenea, che canta l’amore tragico di due amanti infelici, sullo scenario del braccio di mare che divide Irlanda e Cornovaglia. In realtà non esiste un poema unico su questo amore, ma molte versioni, in verso e in prosa, descritte in epoche e in aree geografiche diverse e molto distanti tra loro e tutte riguardanti episodi che non trovano quasi mai un esatto riscontro nelle versioni parallele. Tutte parrebbero in qualche modo ricondurre a una leggenda di origine inglese o irlandese, ma tutte contengono varianti molto cospicue e episodi assolutamente individuali, che prevalgono sulle pochissime costanti narrative. Storie ed episodi molto diversi tra loro e tutti contenuti in manoscritti unici, spesso frammentari, tanto da far pensare che non sia esistito uno ma molti Tristani. E molte versioni della storia di Tristano devono avere circolato di bocca in bocca, tra Gran Bretagna e Francia medievale, e poi Spagna, Italia, Veneto, Toscana. Ce lo dimostra la diffusione del nome di Tristano, che si ritrova attribuito a guerrieri normanni di Francia e Inghilterra, e persino nel meridione d’Italia. Ma vediamo anzitutto la storia, semmai una storia di Tristano è esistita: tra Irlanda e Cornovaglia si dipana l’avventura del giovane Tristano, nipote quasi figlio del valoroso re Marco d’Inghilterra. La sua prima impresa è l’uccisione del terribile Morhold, un gigante campione della nazione d’Irlanda, che pretende dalla Cornovaglia un tributo annuale di giovani vittime. Ma il gigante gioca sporco e ha l’abitudine di avvelenare la spada. Tristano lo uccide, ma rimane ferito dalla spada avvelenata e la ferita è incurabile. Tristano moribondo viene allora affidato al mare da una nave senza vele, senza remi, senza timone e portato sulle coste d’Irlanda, ove viene fortunosamente ritrovato, curato e guarito dalla sorella del vinto Morhold, esperta di arti magiche e medico. Tristano guarisce e torna presso lo zio, che lo incarica di andare a chiedere per lui in sposa, la donna cui appartiene il capello biondo, che l’uccello ha lasciato cadere ai suoi piedi. La fanciulla è la sorella del Morhold, figlia del re d’Irlanda, colei che ha guarito Tristano, Isotta la Bionda. Dopo averla vinta a un torneo, Tristano ottiene di scortare sino in Cornovaglia la giovane donna e al momento dell’imbarco la regina madre d’Isotta affida all’accompagnatrice Bengania un meraviglioso filtro, che Isotta dovrà bere con il suo sposo Marco, per assicurare per l’eternità un amore intenso e profondo tra i due coniugi. Ma per un fatale errore di Brangania, Isotta beve durante la navigazione il filtro con Tristano. I due giovani ardono l’una per l’altro di un’irresistibile passione. Si celebra il matrimonio, ma i due non riescono a resistere alla passione che li divora. Ra Marco, nonostante le precauzioni dei due amanti, li sorprende un giorno e li allontana dalla corte. I due si riducono a vivere solitari nella foresta. Vi capita un giorno il re, durante una battuta di caccia e coglie i due amanti nel sonno, ma divisi da una spada, collocata tra di loro. Reso dubbioso da questo segno d’innocenza, re Marco riconduce con sé Isotta la Bionda e bandisce dalla corte Tristano, che va in esilio in un regno lontano. Qui Tristano tenta una seconda relazione amorosa. Separato dalla prima Isotta, incontra un’altra Isotta, la Isotta dalle Bianche Mani. Il triangolo diventa un quadrato. Allora acconsente a sposarla, perché era bella e perché il suo nome era Isotta. Insomma perché portava il fantasma di quel nome. Ma già durante la prima notte di nozze, ricordandosi della prima Isotta la Bionda, Tristano è incapace di consumare il matrimonio. Con vari pretesti, egli continua a rifiutare il sesso con la seconda Isotta. Resta un giorno Tristano gravemente ferito e nessuno è capace di curarlo. Occorrerebbe l’intervento della prima Isotta, la Bionda, la sola che conosca i segreti dell’arte medica. Una nave è allora inviata a cercarla: se vorrà venire al letto dell’ammalato, la nave al ritorno alzerà la vela bianca, la vela sarà nera invece se Isotta si sarà rifiutata. Passano i giorni e Tristano è in agonia e lo tiene in vita soltanto la speranza di rivedere la donna che ossessivamente ama. Finalmente la nave è in vista e alza vela bianca. Ma la seconda Isotta, quella dalle Bianche Mani, spinta dalla gelosia che la tormenta, mente a Tristano e gli annuncia che la vela è nera. Tristano, disperato, si lascia morire. Così la prima Isotta trova allo sbarco la città immersa nel lutto e corre al letto di morte di Tristano e muore straziata di dolore al suo fianco. Questa è pressappoco la storia di Tristano e Isotta che ci consegnano i manoscritti. Una storia che apparentemente ha un inizio, uno svolgimento coerente e una fine. In realtà, questo è il Tristano costruito da Joseph Bédier, all’inizio del ‘900, incastrando e componendo frammenti di testi ed episodi francesi e tedeschi. È così che Bédier costruisce una storia chiara e lineare, per dare una dimensione narrativa coerente a un personaggio di così grande impatto nella letteratura medievale e, tuttavia, così sfuggente e a tratti persino incomprensibile. Stando ai testi, le prime forme scritte della leggenda, per quanto frammentarie, parrebbero risalire alla fine del secolo XII e sono i due Tristanti antico-francesi, tra di loro assai diversi, di Béroul e di Thomas. Autori la cui identità risulta molto sfuggente. L’uno, Béroul, parrebbe normanno continentale, vissuto forse intorno al 1170. L’altro, Thomas, è probabilmente un chierico anglo-normanno, vissuto alla corte Plantageneta, più o meno intorno agli stessi anni. E non è facile nemmeno dire quale sia il rapporto fra i due testi, persino sotto il profilo cronologico, dato che, secondo autorevoli studiosi, Béroul precede Thomas, secondo altri, invece, Thomas sarebbe anteriore a Béroul. Che circolassero molte versioni lo dice chiaramente Thomas: <<Sono molte le versioni che ho cucito>>. E anche Thomas finge di perdersi e si perde davvero tra tante versioni diverse: <<Il racconto non è chiaro>>. E la stessa cosa ripete qua e là Béroul e ciascuno dei due pretende di accreditarsi come il migliore narratore della storia. Dopo Béroul e Thomas, la storia esce dal mondo celtico-franco-inglese e va circolando per l’Europa. Verso la fine del 1100, Eilhard von Oberge, vissuto alla corte di Enrico il Leone, scrive in tedesco antico un poema su Tristano e Isotta. All’inizio del ‘200, Goffredo di Strasburgo, nell’area di contatto fra Francia e Germania, compone un Tristan und Isolde, ancora in antico tedesco, poi da altri ripreso e continuato. Tra l’inizio del Duecento e il secolo successivo, le versioni si moltiplicano, dalla saga norvegese alle versioni franese, anglonormanna, spagnola, italiana, in molte delle quali la vicenda di Tristano viene ormai organicamente collegata al ciclo di Artù e, in qualche caso, alla ricerca del Santo Graal. A un così grande successo vanno aggiunte le citazioni in altri testi, come nella lirica trobadorica, in Maria di Francia, in Chrétien de Troyes e in Jean de Renard e

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nella poesia siciliana della Magna Curia. E va aggiunta l’iconografia tristaniana, che va dalle miniature agli oggetti di uso quotidiano. Quanti conoscevano la storia di Tristano? Molti. Quanta inquietudine provocava Tristano? Quanto era perturbante? Forse ne sapremmo di più se avessimo il Tristano del fantomatico Bléhéri o quello del giullare Lascèvre o quello di Chrétienne de Troyes. Il che è già molto significativo. Come fa a smarrirsi il racconto di un narratore importante come Chrétien? Passi per tutti gli altri Tristani perduti, ma che si perda un Tristano di Chrétien sa più di rimozione che di smarrimento. In realtà Tristano non è un personaggio. È una moltitudine di personaggi: uno, nessuno e molti. È un formidabile combattente, uccide un gigante assassino, come Morhold, e anche i baroni di Marco sanno che mettersi contro Tristano, spada alla mano, è morte sicura. Ma è anche un elegante suonatore d’arpa, un cacciatore eccezionalmente cortese, insegna infatti la cortesia nella macellazione del cervo come animale nobile ed è anche e soprattutto un formidabile mentitore. Per almeno metà dei versi sopravvissuti, Tristano indossa panni di altri, si spaccia per figlio di mercante, quando arriva nella terra di re Marco, e da mercante si traveste ancora quando si presenta da Isotta per conquistarla per il suo re. E insieme a Isotta mente nella scena dell’incontro sotto il pino, mente con un’impudenza che mai la letteratura aveva sino a quel punto conosciuto. In ciò somiglia in qualche modo a Ulisse. Perturbante Tristano. E neanche è facile definire in un formula le versioni di Béroul e di Thomas, se Bédier chiama versione comune e versione crotese e altri versioni epiche e versioni liriche. Ma sono tutte definizioni insoddisfacenti. E non sempre si capisce, a dire il vero, se sia un personaggio epico, lirico, comico o tragico. C’è un Tristano che tutti dicono epico, quello di Béroul, ma che forse ha dei tratti che andrebbero letti in chiave non tragica, anzi persino comica. Un re poco regale che origlia, nascosto su un albero, le parole degli amanti; un nano astrologo e inventore di stratagemmi; un salto fra un letto e un altro; il pavimento cosparso di farina; Tristano fuggitivo e i lebbrosi assatanati di sesso e un re con le orecchie di cavallo. Maggior fortuna avrà l’altro Tristano, quello che diremmo lirico-tragico, quello di Thomas. Insomma il Tristano triste su cui Thomas fonda il gioco di parole. Ma cos’è che rattrista Tristano? Il mondo antico conosceva l’amore, quello coniugale, quello tra amanti; conosceva il sesso, l’eros, la passione, l’adulterio. Ma c’era una cosa che il mondo antico non conosceva: non conosceva il triangolo amoroso. Lui, lei, l’altro; il problema della scelta, dell’attrazione contemporanea per due persone diverse, ciascuna dotata di un carattere unico e irripetibile. E la percezione che è avvenuta la scelta e se anche quella scelta si fosse mai compiuta, ne sarebbe derivato un senso di privazione e di perdita. È questo che il mondo apprende da Tristano e ancora più da Isotta. Ecco dunque cosa rattrista Tristano: l’idea che la scelta è una perdita. Se sceglie Isotta per re Marco, lo zio che lo ha allevato e che è un secondo padre; se sceglie Marco, perde Isotta la Bionda; se sceglia l’altra Isotta, quella dalle Bianche Mani, perde la prima Isotta e perde se stesso. Insomma, la questione che affligge i personaggi di queste storie è: fedeltà al clan o asseconda mento della passione? E si possono amare due persone contemporaneamente? E che abisso si spalanca se ciò accade? È una domanda che sembra molto moderna, ma che in realtà veniva già dibattuta nel Medioevo, come testimoniano Andrea Cappellano e il lai d’Eliduc di Maria di Francia. Forse Tristano si colloca in uno snodo dell’antropologia occidentale in cui bisogna decidere quale sia la natura del legame che unisce due persone che hanno contratto matrimonio: se dunque il matrimonio sia un rapporto eminentemente giuridico, che miri alla prosecuzione della stirpe e alla continuità del patrimonio, o se esso dovrebbe implicare tra i coniugi un’intensa partecipazione emotiva e un profondo coinvolgimento sessuale. Insomma se tra i coniugi debba esserci un tranquillo ma durevole affetto coniugale o debba esservi amore-passione. Nel primo caso, evidentemente, l’emozione andrà cercata nei rapporti extra-matrimoniali. È questa la domanda che la modernità attinge proprio da Tristano. Il catalogo dei Tristani moderni potrebbe essere lungo, molto lungo. Il Tristano di Thomas Mann, esplicito nel titolo, la Tristana di Pérez Galdòs, anch’essa esplicita nel titolo, e i Tristani nascosti nelle pieghe di un’infinità di triangoli amorosi, che senza il Tristano di Béroul e di Thomas l’Occidente forse non avrebbe mai conosciuto. Anche in questo caso, come in quello del Graal, il mito moderno trova alimento:

- Tristano e Isotta, Tristan und Isolde, è un dramma in tre atti di Richard Wagner, sul libretto dello stesso compositore. La trama è basata sul romanzo omonimo di Goffredo di Strasburgo, a sua volta ispirato dalla storia di Tristano e Isotta raccontata in lingua francese da Thomas nel XII secolo. L’opera wagneriana fu composta tra il 1857 e il 1859 e venne rappresentata per la prima volta a Monaco di Baviera il 10 giugno del 1865. La critica dell’epoca si divise tra coloro che videro in quest’opera un capolavoro assoluto e quelli che invece la considerarono una composizione incomprensibile. Fra le più grandi novità, il canto fuori campo della cosiddetta “Canzone del marinaio”. Oggi Tristano e Isotta è considerata una delle pietre miliari della storia della musica, specialmente per il modo in cui si allontana dall’uso tradizionale dell’armonia. Servendosi della tecnica della sospensione armonica, Wagner produce sull’ascoltatore un effetto di tensione che dura per tutto il corso dell’opera. Le cadenze incomplete del preludio non vengono risolte dal compositore fino alla fine del terzo atto, che si chiude con il “Canto di morte” di Isotta.

La cultura francese nutre per Tristano e Isotta una sorta di culto ossessivo che disputa alla cultura tedesca. Le due nazioni, com’è noto, sono lacerate da una sanguinosa guerra fino al 1870 e da una storica ostilità che si protrarrà sino alla Seconda Guerra Mondiale. Si ricordi al passato un importante frammento del Tristano di Thomas era contenuto in un manoscritto nel seminario di Strasburgo, che nel 1870 andò distrutto nella guerra franco-prussiana.

- Così non c’è dubbio che alla base della motivazione di Bédier sta l’idea agonistica di fare un Tristano e Isotta che entri in competizione con quello di Wagner. Il rifacimento di Bédier è quello che circola abitualmente e che raggiunge la maggioranza dei lettori. È una costruzione artificiale, che ricorda i restauti alla Viollet le duc che da un brandello di muro medievale ricostruisce un ambiente come nello splendido, ma reinventato, castello di Carcassonne o nell’abbazia di Meslay. È una bella ricostruzione, ma tale da trarre in inganno il lettore inesperto. Lo si accusa di aver eliminato lo spirito celtico della leggenda. Tutto il primitivismo barbarico nell’assemblaggio di Bédier viene perduto e Tristano finisce ricoperto con l’armatura di un eroe e Isotta con la lunga veste diritta delle statue delle cattedrali.

Anche in ambio musicale si reagisce al parossismo altisonante di Wagner.

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- In quegli stessi anni, Claude Debussy, che pure di Wagner era stato ammiratore e seguace di Wagner, supera i vertici del suo antico maestro e nel Children’s Corner, dedicato alla figlia, riprende l’accordo fondamentale del Tristano per metterlo in parodia. La sezione centrale contiene un’ironica citazione del Tristano e Isotta di Wagner, intervallato da una successione di accordi staccati che vogliono evocare risate e giochi.

Nel frattempo, il neonato cinema scopre il potenziale tragico della storia. Anche in Italia, la diva Francesca Bertini ricopre il ruolo di Isotta. E soprattutto il mito sarà sfruttatissimo dal cinema francese, a partire da una versione muta del 1909, seguita due anni dopo da un’altra versione firmata da uno dei maestri francesi del cinema delle origini, Albert Cappellani con una diva russa. Qui è una schiava gelosa di Tristano che inganna gli amanti, facendogli bere una pozione d’amore, quindi li denunzia al re Marco. Marco ha pietà degli amanti, ma i due si suicidano comunque. Una terza versione esce nel 1920 e segue la leggenda in maniera più o meno fedele.

- Vent’anni dopo, durante l’occupazione nazista, viene prodotta una delle trasposizioni cinematografiche più celebri di Tristano e Isotta, che ne “L’Eternel Retour” di Jean Cocteau, diventano Patrice e Natalie. È una traslazione contemporanea in cui un Tristano-Patrice cerca una moglie per l’amico Marc. Una storia di passione amorosa che finisce nella morte e che ebbe un successo enorme, a rappresentare una gioventù straziata dalla guerra. Alla Liberazione, i francesi furono turbati ad apprendere che gli inglesi avevano visto in quel film un prodotto malsano. Uno strascico del male hitleriano, un’atmosferica gotica pestilenziale, un misticismo nel culto della morte i biondissimi Patrice e Natalie furono visti come la reincarnazione degli ideali estetici ariani e nella presenza del nano Pieral si vide una perversa degenerazione morale, simbolo della Francia collaborazionista di Vichy. In realtà, il nano maligno che li inganna facendo loro bere una pozione d’amore, non è una trovata atta a diffondere un’aria malsana e sinistra. Il film ebbe un successo immenso.

- Nel Tristano di Thomas Mann si rappresenta l’esecuzione della partitura di Wagner all’interno di un sanatorio. Ormai per la cultura del Novecento, Tristano e Isotta sono diventati il simbolo della morbosità, della volontà di dissoluzione, dell’ossessione claustrofobica del desiderio.

- Così nel celebre “L’Amore e l’Occidente” di Denis de Rougemont, che esce nell’atmosfera cupa precedente la Seconda guerra mondiale, Tristano e Isotta diventano una specie di epopea occidentale dell’adulterio che, nella versione moderna dell’amore romantico, è alla base dei rapporti fra uomini e donne nel mondo contemporaneo. Tristano in realtà non vuole conquistare Isotta. Vuole vivere nella tensione eccitante del desiderio non soddisfatto.

Ma nel Novecento, il mito, sotto il profilo narrativo, è ormai assestato e ha assunto finalmente una forma definitiva e una serie definitiva di costanti. Una giovane donna legata da un vincolo ad un uomo, quasi sempre autorevole e anziano; la fatalità dell’innamoramento; un rapporto di confidenza fra i due uomini; la stima senza amore di Isotta per l’anziano marito; l’impossibilità di soluzioni; la morte tragica degli amanti. In queste costanti, naturalmente, si può giocare con le variazioni.

- Nel 1970, Luis Bunuel (Tristana) riprende, nella cupa atmosfera della Spagna franchista, il tema del triangolo amoroso, con un scelta audace e anticonformista, che parte dal romanzo dello scrittore argentino, Pèrez Galdos. Il modello tristaniano è indubitabile, a cominciare dal nome ribaltato al femminile. Una donna e due uomini. Un giovane povero e un vecchio idalgo. Rivali, ma nel corso della storia rispettosamente complici. Tristana è divisa tra il vecchio zio tutore, morbosamente innamorato e verso il quale nutre comunque un senso di gratitudine, e il giovane pittore Orazio. I due uomini sono inizialmente rivali, finché la situazione si ricompone per la grave malattia che colpisce Tristana e culmina nell’amputazione della gamba. La situazione è paradossale: Tristana dapprima fugge con Orazio, poi torna dal vecchio uomo d’onore, accusando Orazio di scarso macismo. Accetta finalmente di sposare il vecchio, ma rifiuta l’amore di entrambi. O forse l’amore si ricompone nell’ambigua sequenza finale, in cui il triangolo parrebbe ricostruirsi.

- Il regista francese François Truffaut, nel film del 1981 “La femme d’à coté”, fece quella che a molti apparve una riscrittura moderna della storia di Tristano e Isotta. E in effetti ne ha tutte le caratteristiche: la fatalità dell’innamoramento, un rapporto di confidenza tra due uomini, la stima senza amore di Isotta per l’anziano marito, la morte tragica degli amanti.

- Ma Truffaut comincia forse con “Jules et Jim” (1962), la storia di un triangolo amoroso. Tratto da un romanzo di culto, è la storia di un’amicizia maschile e di una donna divisa fra i due uomini, che ama di un diverso tipo d’amore. L’amicizia tra i due è profondissima e non scalfita nemmeno dal fatto di essere uno francese e l’altro tedesco, in piena guerra mondiale. Qui il triangolo è perfettamente equilatero. Lei, Isotta-Cathérine, sposa dapprima Jules, poi, con il consenso di Jules, passa tra le braccia di Jim. Come Isotta, Catherine maneggia pozioni e veleni e come Isotta sa che la coppia non è affatto l’ideale. Quando vedrà svaporare l’amore- passione di Jim, non le basterà più l’amore coniugale di Jules e Isotta-Cathérine deciderà il tragico finale. Il modello tristaniano pare anche qui indubitabile. Uomini legati da un profondo rapporto d’amicizia, complicità, affetto, che a qualcuno è persino apparso omosessuale. La presenza di affetto della donna per il marito, l’obbligo di una scelta, la morte tragica.

- E infine Tristano entra nel mondo della narrativa globale. La leggenda di Bollywood, il regista Subhash Ghai, trasfericse la storia tra Stati Uniti e India moderna, in un musical del 1997, dal titolo Pardes, che in indi significa “terra straniera”. Anche qui Tristano e Isotta appartengono a due culture diverse. Un uomo d’affari vive in America, ma è attaccato ai valori e alla cultura dell’India natia. In un viaggio nel suo paese originario, conosce la bella Ganga e si convince che è la moglie ideale per il proprio figlio Rajid, cresciuto in America ed educato secondo usi e costumi di questa società. Come re Marco-Tristano, egli invia il nipote orfano Arjud, per esplorare le intenzioni della bella Ganga e convincerla a sposare il figlio americano. Arjud-Tristano si innamora di Ganga-Isotta ed è tormentato tra sentimento e fedeltà parentale allo zio e al cugino. Ganga, da parte sua, avverte una profonda lacerazione tra tradizione indiana e difficoltà di comprensione per il mondo americano, che pure la attrae. Il finale rimane aperto, ma la struttura del clan evita forse il tragico finale occidentale.

- L’ultimo Tristano è un prodotto euro-americano, ambientato nel VII secolo, quando gli Irlandesi erano più potenti degli Inglesi, divisi in tribù rivali. Valente cavaliere inglese al servizio del saggio Lord Marc, Tristano, ferito in battaglia, è curato dall’irlandese Isolde, che gli tace la sua nobile origine. Tra i due nasce l’amore. Quando l’astuto re

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d’Irlanda organizza un torneo tra cavalieri, mettendo in palio la figlia, Tristano la vince per conto dello zio re Marco. Realizzato nel 2004, si esaspera il tratto della discendenza dei due amanti da nazioni diverse, la loro appartenenza a regni nemici. Ne deriva una messa in rilievo della chiave politica, ma anche, sia pur nell’ambientazione barbarica e precortese, una sorta di modernizzazione dei sentimenti. Naturalmente si è subito aperta la caccia dei palati fini, specialmente europei, all’errore, all’anacronismo, al kitch.

- Lo stesso vale per un Tristano islandese, in chiave primitivo-tribale o per un Tristano per bambini e famiglie, di produzione francese, del 2000. La storia qui ha un lieto fine per un giovane pubblico, ma nella sostanza la trama è rispettata, anche se tra semplificazioni e trovate Disney, che sicuramente ci sono, ma c’è anche la capacità di rendere vivi i miti medievali.

Così, nella persistenza di Tristano e Isotta, emergono alcune domande cui l’Occidente non ha ancora dato risposta definitiva: dove porta la ossessiva unilateralità della passione? È utile separare il cuore e il corpo? Si possono amare due persone contemporaneamente? Nella forza del XXI secolo, il dramma della scelta sparirà dall’Occidente.