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N. 1 del 17 gennaio 2011 (supplemento ad Entilocalinews n. 3 del 17 gennaio 2011) In questo numero: Le novità ........................................................................................................................................... Pag. 3 Il notiziario: - Trasferimenti erariali: visualizzabili le spettanze Ici dal 2002 al 2010 relative ai fabbricati del gruppo catastale D ................................................................... Pag. 5 - Trasferimenti erariali: disposto il pagamento del saldo 2009 del rimborso dell’Iva sul trasporto pubblico ............................................................................... Pag. 5 - Trasferimenti erariali: ripartite le somme dell’Addizionale comunale sui diritti di imbarco per l’anno 2010 ......................................................................... Pag. 6 - Ravvedimento operoso: dal 1° gennaio 2011 il tasso di interesse passa dall’ 1% all’1,5% .................................................................................................................... Pag. 6 - Tarsu, Tariffa igiene ambientale e Tariffa integrata ambientale: una Circolare del Mef chiarisce in modo definitivo le norme in vigore ........................................................... Pag. 7 - Catasto: un Comunicato dell’Agenzia del Territorio con l’aggiornamento dei dati .......................................................................................................... Pag. 10 - Procedure telematiche conservatoria registri immobiliari ......................................................... Pag. 11 - Pubblicata la bozza del nuovo Modello Irap 2011 ..................................................................... Pag. 11 - Codice della strada: dal 1° gennaio 2011 nuovi importi delle sanzioni amministrative pecuniarie ...................................................................................... Pag. 11 - Compensazioni con ruoli scaduti: niente sanzioni prima del Decreto ............................................................................................................................ Pag. 11 Norme e adempimenti fiscali: - Decreto “Milleproroghe 2010”: molte le nuove scadenze che interessano gli Enti Locali ....................................................................................................... Pag. 14 - Irap: entro il 15 febbraio l’eventuale esercizio dell’opzione per il metodo “commerciale” in base ai “comportamenti concludenti ...................................................................................... Pag. 15 - Iva intracomunitaria: la richiesta di autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie riguarda anche gli Enti Locali .......................................................................... Pag. 16 Gli approfondimenti - I canoni di concessione di spazi pubblicitari sono imponibili Iva. (Risoluzione Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2010, n. 139/E) di Angelo Bachi ................................................................................................................................... Pag. 19 - Decorrenza degli effetti delle variazioni della rendita catastale ai fini Ici di Maria Altobelli ............................................................................................................................... Pag. 22

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N. 1 del 17 gennaio 2011

(supplemento ad Entilocalinews n. 3 del 17 gennaio 2011)

In questo numero:

Le novità ........................................................................................................................................... Pag. 3

Il notiziario: - Trasferimenti erariali: visualizzabili le spettanze Ici dal 2002 al 2010 relative ai fabbricati del gruppo catastale D...................................................................Pag. 5 - Trasferimenti erariali: disposto il pagamento del saldo 2009 del rimborso dell’Iva sul trasporto pubblico ...............................................................................Pag. 5 - Trasferimenti erariali: ripartite le somme dell’Addizionale comunale sui diritti di imbarco per l’anno 2010 .........................................................................Pag. 6 - Ravvedimento operoso: dal 1° gennaio 2011 il tasso di interesse passa dall’ 1% all’1,5%....................................................................................................................Pag. 6 - Tarsu, Tariffa igiene ambientale e Tariffa integrata ambientale: una Circolare del Mef chiarisce in modo definitivo le norme in vigore...........................................................Pag. 7 - Catasto: un Comunicato dell’Agenzia del Territorio con l’aggiornamento dei dati..........................................................................................................Pag. 10 - Procedure telematiche conservatoria registri immobiliari ......................................................... Pag. 11 - Pubblicata la bozza del nuovo Modello Irap 2011 ..................................................................... Pag. 11 - Codice della strada: dal 1° gennaio 2011 nuovi importi delle sanzioni amministrative pecuniarie......................................................................................Pag. 11 - Compensazioni con ruoli scaduti: niente sanzioni prima del Decreto............................................................................................................................Pag. 11 Norme e adempimenti fiscali: - Decreto “Milleproroghe 2010”: molte le nuove scadenze

che interessano gli Enti Locali .......................................................................................................Pag. 14 - Irap: entro il 15 febbraio l’eventuale esercizio dell’opzione per il metodo “commerciale”

in base ai “comportamenti concludenti ......................................................................................Pag. 15 - Iva intracomunitaria: la richiesta di autorizzazione ad effettuare operazioni

intracomunitarie riguarda anche gli Enti Locali ..........................................................................Pag. 16

Gli approfondimenti - I canoni di concessione di spazi pubblicitari sono imponibili Iva.

(Risoluzione Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2010, n. 139/E) di Angelo Bachi ...................................................................................................................................Pag. 19

- Decorrenza degli effetti delle variazioni della rendita catastale ai fini Ici di Maria Altobelli ...............................................................................................................................Pag. 22

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- Tassa e Tariffa smaltimento rifiuti - Nota Ifel 28 dicembre 2010 di Angelo Bachi ...................................................................................................................................Pag. 25

La giurisprudenza - Sentenza Tar Veneto 11 novembre 2010, n. 6197 – Regolamento comunale Icp................. Pag. 38 - Sentenza Corte Costituzionale n. 357/10 – Aliquota Irap ....................................................... Pag. 38 - Sentenza Corte Costituzionale n. 373/10 – Legge Regione Puglia.......................................... Pag. 38 - Sentenza Corte di Cassazione n. 25935/10 - Ici Enti religiosi ................................................. Pag. 38 - Sentenza Tar Lombardia n. 4861/10 - Affidamento servizi pubblici locali............................ Pag. 39 - Sentenza Tar Lazio 21 ottobre 2010, n. 1865 - Avvalimento ................................................... Pag. 39 - Sentenza Tribunale di Rimini - Sezione civile Strumenti finanziari derivati - n. 1523/10

Nullità del contratto per mancata sottoscrizione della banca ................................................... Pag. 40 - Sentenza Ctp Vicenza, Sezione IX n. 15 – L’esenzione della Tassa

di concessione governativa opera soltanto a favore delle Amministrazioni statali ................ Pag. 40 - Sentenza Corte di Cassazione n. 18501/10 – Tarsu da commisurare

all’effettivo utilizzo degli immobili................................................................................................ Pag. 40 - Nota di variazione come istanza di interpello ............................................................................ Pag. 41

Focus - Imposta sulla pubblicità: condanna di funzionari, amministratori e revisori di un Comune per omessa riscossione (Corte dei conti - Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello Sentenza n. 364 del 20 settembre 2010) di Antonio Tirelli..........................................................................................................................Pag. 41

I quesiti - Diritto di abitazione ed Ici

di Giuseppe Vanni ..............................................................................................................................Pag. 49 - Pensionato agricolo e fabbricati rurali ai fini fiscali

di Giuseppe Vanni ..............................................................................................................................Pag. 50

Lo scadenzario ..................................................................................................................................Pag. 51

Questo numero di Tributinews Centro Studi Enti Locali si compone di n. 56 pagine

Nella predisposizione e preliminarmente all’invio della presente Rivista

sono stati effettuati tutti i possibili controlli tecnici per verificare che i files siano indenni da virus.

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TRASFERIMENTI ERARIALI: VISUALIZZABILI LE SPETTANZE ICI DAL 2002 AL 2010 RELATIVE AI FABBRICATI DEL GRUPPO CATASTALE D

Il Ministero dell’Interno con il Comunicato del 6 dicembre 2010 ha reso noto i dati contabili per minori introiti per Ici derivanti dalla autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D.

(vedi commento a pag. 5)TRASFERIMENTI ERARIALI: DISPOSTO IL PAGAMENTO DEL SALDO 2009 DEL RIMBORSO DELL’IVA SUL TRASPORTO PUBBLICO

Il Ministero dell’Interno con un Comunicato del 23 dicembre 2010, ha reso noto che è stato disposto il pagamento a saldo per l’anno 2009 del contributo spettante agli Enti Locali titolari di contratto di servizio in materia di “Trasporto pubblico”.

(vedi commento a pag. 5)TRASFERIMENTI ERARIALI: RIPARTITE LE SOMME DELL’ADDIZIONALE COMUNALE SUI DIRITTI DI IMBARCO PER L’ANNO 2010

Il Ministero dell’Interno con un Comunicato del 21 dicembre 2010, ha informato che le somme acquisite al bilancio dello Stato per l’anno 2010 a titolo di Addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili sono state ripartite e pagate a favore dei Comuni.

(vedi commento a pag. 6)RAVVEDIMENTO OPEROSO: DAL 1° GENNAIO 2011 IL TASSO DI INTERESSE PASSA DALL’ 1% ALL’1,5%

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 292 del 15 dicembre 2010 il Decreto Ministero dell’Economia e delle Finanze 7 dicembre 2010, di modifica del saggio di interesse legale

(vedi commento a pag. 6)TARSU, TARIFFA IGIENE AMBIENTALE E TARIFFA INTEGRATA AMBIENTALE: UNA CIRCOLARE DEL MEF CHIARISCE IN MODO DEFINITIVO LE NORME IN VIGORE

Il Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Finanze, con la Circolare n. 3/DF dell’11 novembre 2010, ha fornito chiarimenti sulla vigenza delle normative relative al prelievo della Tarsu, della Tariffa di igiene ambientale (Tia1), nonché della Tariffa integrata ambientale (Tia2)

(vedi commento a pag. 7)

CATASTO: UN COMUNICATO DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO CON L’AGGIORNAMENTO DEI DATI

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 302 del 28 dicembre 2010 un Comunicato dell’Agenzia del Territorio con l’elenco dei Comuni per i quali è stata completata l’operazione di aggiornamento della banca-dati catastale eseguita sulla base del contenuto delle Dichiarazioni presentate nell’anno 2010.

(vedi commento a pag. 10)PROCEDURE TELEMATICHE CONSERVATORIA REGISTRI IMMOBILIARI

L’Agenzia del Territorio, con Provvedimento 21 dicembre 2010, attiva il regime facoltativo e transitorio di trasmissione telematica dei titoli al Conservatore dei registri immobiliari, nell’ambito delle procedure telematiche di cui all’art. 3-bis del Dlgs. 18 dicembre 1997, n. 463

(vedi commento a pag. 11)PUBBLICATA LA BOZZA DEL NUOVO MODELLO IRAP 2011

L’Agenzia delle Entrate, con un Comunicato del 15 dicembre 2010, ha reso noto che sono disponibili le bozze del nuovo Modello Irap 2011

(vedi commento a pag. 11)

LE NOVITA’

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CODICE DELLA STRADA: DAL 1° GENNAIO 2011 NUOVI IMPORTI DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 305 del 31 dicembre 2010 il Decreto Ministero della Giustizia 22 dicembre 2010, che ha aggiornato gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni al Codice della strada (Tabella I), ai sensi dell’art. 195 del Dlgs. n. 285/92.

(vedi commento a pag. 11)COMPENSAZIONI CON RUOLI SCADUTI: NIENTE SANZIONI PRIMA DEL DECRETO

L’Agenzia delle Entrate, con un Comunicato-stampa del 14 gennaio 2011, ha chiarito che le compensazioni, in presenza di ruoli scaduti superiori ad Euro 1.500, non sono sanzionabili fino all’emanazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne disciplina le modalità.

(vedi commento a pag. 11)

Tributinews Centro Studi Enti Locali Quindicinale di approfondimento sulle novità normative ed interpretative in materia di tributi locali Collaborano alla Rivista: Prof. Ciro D’Aries, Dottore commercialista, Docente Università Cattolica, Esperto della Pubblica Amministrazione ,, Pubblicista Dott. Iacopo Cavallini, Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Economia, Dipartimento “E. Gianessi” Economia aziendale Dott. Riccardo Compagnino, Dottore commercialista e Revisore contabile, Esperto di finanza pubblica locale Dott. Pantaleo Isceri, Dirigente Servizi Finanz. Provincia di Lecce, Componente Commiss. Finanza Locale Anci, Consulente Ancirisponde Dott. Luigi Marzullo, Funzionario Agenzia delle Entrate Roma Dott. Antonio Scozzese, (già) Dirigente Servizio Finanza Locale del Ministero dell'Interno Dott. Nicola Tonveronachi, Dottore commercialista e Revisore contabile, Presidente Commiss. Fiscalità Enti pubblici Cndcec Dott. Francesco Vegni, Consulente e formatore P.A., Esperto in fiscalità Enti pubblici Dott. Giuseppe Vanni, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e formatore P.A. Dott. Angelo Bachi, Dottore commercialista, Revisore contabile, Consulente Enti Pubblici società in materia di tributi Dott.ssa Maria Altobelli, Funzionario presso il Ministero delle Finanze, Esperta e autrice di pubblicazioni in materia di tributi locali, partecipa a titolo personale Comitato di redazione: Giuseppe Vanni, Francesco Vegni, Nicola Tonveronachi Segreterio di redazione: Mirco Rigatti Versione editoriale: Alessandro Vegni Responsabile: Fabrizio Mandorlini Editore e proprietario: Centro Studi Enti Locali s.r.l. Azienda con sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2008 certificato da Certiquality Via della Costituente, 15 - 56024 San Miniato (PI) - Tel. 0571/469222 - 0571/469230 - Fax 0571/469237 E-Mail: [email protected] - Sito internet: www.entilocaliweb.it Supplemento ad Entilocalinews, settimanale registrato in data 18 dicembre 2001 al n. 24/01 del Registro della stampa presso il Tribunale di Pisa, iscritto al n. 8581 del Registro degli operatori di comunicazione di cui alla Legge n. 249/97, iscritto all’Unione Stampa Periodici Italiani

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Trasferimenti erariali: visualizzabili le spettanze Ici dal 2002 al 2010 relative ai fabbricati del gruppo catastale D Il Ministero dell’Interno - Direzione centrale per la Finanza locale - con il Comunicato del 6 dicembre 2010, ha reso noto che sono visualizzabili i dati contabili dagli anni di spettanza dal 2002 al 2010 per minori introiti per Ici derivanti dalla autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, aggiornati con le nuove certificazioni trasmesse dagli Enti interessati. Nel Comunicato la Direzione centrale ha ricordato come l’art. 64 della Legge n. 388/00 abbia stabilito la compensazione dei minori introiti Ici per i Comuni, derivanti dalla autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, con i trasferimenti erariali a decorrere dall’anno 2001. Il trasferimento erariale spetta a condizione che il minore introito sia superiore all’importo di Euro 1.549,37 ed allo 0,5% della spesa corrente dell’anno di riferimento. I criteri e le modalità di dichiarazione del minore gettito Ici sono stati regolamentati dal Dm. interministeriale n. 197/02. Lo stesso Regolamento ha disposto che il contributo statale sia attribuito nell’anno successivo a quello in cui si è verificata la perdita certificata del gettito dell’Ici. Al fine di dirimere numerose incertezze sui trasferimenti spettanti, il successivo art. 2-quater del Dl. n. 154/08, convertito dalla Legge n. 189/08, ha stabilito, a pena di decadenza, l’obbligo di trasmissione (entro il 31 gennaio 2009) delle certificazioni per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, anche se già trasmesse. Con il successivo art. 14, comma 33-quater, del Dl. n. 78/10, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/10, è stato differito il termine previsto dal citato art. 2-quater del Dl. n. 154/08, al 30 ottobre 2010, ma solo per i Comuni che hanno presentato in precedenza le dichiarazioni per l’Ici sui fabbricati D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti e che non sono state riprodotte entro il 31 gennaio 2009, permettendo, solo per questa casistica, di provvedere a tale adempimento. I dati consultabili sono definitivi fino alla spettanza 2009 (certificato 2008). Sono in corso di verifica, invece, i dati prodotti nel 2010 relativi alla competenza 2009, comunque pagati dal Ministero, salvo recuperare eventuali differenze una volta terminate le procedure di verifica. Il Comunicato del 4 giugno 2010 sarà aggiornato con i nuovi dati contabili.

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Trasferimenti erariali: disposto il pagamento del saldo 2009 del rimborso dell’Iva sul trasporto pubblico Il Ministero dell’Interno – Direzione centrale per la Finanza locale, con un Comunicato del 23 dicembre 2010, ha reso noto che, con 3 distinti Provvedimenti, datati rispettivamente 6, 9 e 13 dicembre 2010, è stato disposto il pagamento a saldo per l’anno 2009 (certificato consuntivo - Modello B1 presentato nel corso dell’anno 2010) del contributo spettante agli Enti Locali titolari di contratto di servizio in materia di “Trasporto pubblico” previsto dall’art. 9, comma 4, della Legge n. 472/99.

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IL NOTIZIARIO

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Trasferimenti erariali: ripartite le somme dell’Addizionale comunale sui diritti di imbarco per l’anno 2010 Il Ministero dell’Interno – Direzione centrale della Finanza locale, con un Comunicato del 21 dicembre 2010, ha informato che, con il Provvedimento 14 dicembre 2010, le somme acquisite al bilancio dello Stato per l’anno 2010 a titolo di Addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili sono state ripartite e pagate a favore dei Comuni nel cui territorio insista o risulti confinante un sedime aeroportuale, ai sensi dell’art. 2, comma 11, lett. a), della Legge n. 350/03. Tali Enti possono visualizzare gli importi corrisposti dal prospetto allegato al Comunicato stesso, disponibile anche sul sito www.entilocaliweb.it. Eventuali chiarimenti che non riguardino l’aspetto finanziario dovranno essere richiesti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Dipartimento per i Trasporti aereo, marittimo, per gli Affari generali, il Personale e i Servizi informativi – Direzione generale del Trasporto aereo, competente per ulteriori problematiche.

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Ravvedimento operoso: dal 1° gennaio 2011 il tasso di interesse passa dall’ 1% all’1,5% E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 292 del 15 dicembre 2010 il Decreto Ministero dell’Economia e delle Finanze 7 dicembre 2010, di modifica del saggio di interesse legale. Il Decreto, sulla base del rendimento annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno, ha fissato il saggio degli interessi legali all’1,5% in ragione d’anno, con decorrenza 1° gennaio 2011, con una maggiorazione di mezzo punto rispetto all’1% stabilito l’anno scorso con il Dm. 4 dicembre 2009. A questo proposito, a scopo informativo, pubblichiamo di seguito la tabella riepilogativa dei tassi d’interesse legale in vigore in Italia dal 1990 ad oggi.

Disposizione legislativa Periodo Misura SaggioCodice civile – art. 1284 fino al 15 dicembre 1990 5% Legge n. 353/90 (art. 1) e Legge n. 408/90 (art. 13) dal 16 dicembre 1990

al 31 dicembre 1996 10%

Legge 23 dicembre 1996, n. 662 dal 1° dicembre 1997 al 31 dicembre 1998

5%

Dm. Ministero Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica 10 dicembre 1998

dal 1° dicembre 1999 al 31 dicembre 2000

2,5%

Dm. Ministero Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica 11 dicembre 2000

dal 1° dicembre 2001 al 31 dicembre 2001

3,5%

Dm. Ministero Economia e Finanze 11 dicembre 2001 dal 1° dicembre 2002 3% Dm. Ministero Economia e Finanze 1° dicembre 2003 dal 1° dicembre 2004 2,5% Dm. Ministero Economia e Finanze 12 dicembre 2007 dal 1° gennaio 2008 3% Dm. Ministero Economia e Finanze 4 dicembre 2009 dal 1° gennaio 2010 1% Dm. Ministero Economia e Finanze 7 dicembre 2010 dal 1° gennaio 2011 1,5%

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Tarsu, Tariffa igiene ambientale e Tariffa integrata ambientale: una Circolare del Mef chiarisce in modo definitivo le norme in vigore Il Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Finanze, con la Circolare n. 3/DF dell’11 novembre 2010, ha fornito chiarimenti in merito alle problematiche sulla vigenza delle normative relative al prelievo della Tarsu, di cui al Capo III del Dlgs. n. 507/93, della Tariffa di igiene ambientale (Tia1), di cui all’art. 49 del Dlgs. n. 22/97 (“Decreto Ronchi”), nonché della Tariffa integrata ambientale (Tia2), di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/06 (“Decreto Ambiente”). In particolare, con la Circolare in esame il Dipartimento ha chiarito tre questioni fondamentali: - i Regolamenti già approvati dai Comuni che avevano introdotto la Tarsu e, in via sperimentale, la

Tia1, conservano sostanzialmente la loro validità e possono essere adattati all’evoluzione interpretativa della normativa vigente;

- i Comuni possono introdurre la Tia2, poiché entro il 30 giugno 2010 non è stato emanato il Regolamento previsto dall’art. 238, comma 6, del Dlgs. n. 152/06;

- si applicano anche alla Tia1 le nuove disposizioni recate dall’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/10, convertito dalla Legge n. 122/10, il quale ha previsto in ordine alla Tia2 che le disposizioni di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152 del 2006, “si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”.

Il documento riassume prima di tutto il complesso quadro normativo, per poi esaminare lo scenario attuale in materia di prelievo sui rifiuti. Il quadro normativo L’art. 49, comma 1, del Dlgs n. 22/97 (cosiddetto “Decreto Ronchi”) aveva previsto che “la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla Sezione II del Capo XVIII del Titolo III del Testo unico della finanza locale, approvato con Regio Decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dall’art. 21 del Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al Capo III del Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal Regolamento di cui al comma 5, entro i quali i Comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2”. I Comuni avrebbero quindi dovuto istituire una Tariffa, denominata oramai in gergo “Tia1”, diretta a coprire, a norma del comma 2 del citato art. 49, “i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette a uso pubblico”, proprio a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal Regolamento di cui al comma 5 dello stesso art. 49. Detto Regolamento, concernente “norme per l’elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”, è stato approvato con il Dpr. n 158/99, il cui art. 11 prevedeva i termini per la soppressione della Tarsu e la contemporanea operatività della Tia1. Tali termini hanno subìto diverse proroghe, soprattutto in considerazione delle difficoltà che gli Enti Locali avrebbero incontrato per un regolare avvio dell’articolata disciplina della Tia1 e per l’applicazione del metodo normalizzato. L’ultima di dette proroghe è stata prevista dall’art. 1, comma 134, della Legge n. 266/05 (“Finanziaria 2006”) e, pertanto, alla data del 31 dicembre 2007, sarebbe terminato il periodo transitorio e dal successivo 1° gennaio 2008 tutti i Comuni sarebbero stati obbligati ad applicare la Tia1. La Circolare ricorda che il Legislatore aveva previsto, prima della scadenza di detto periodo transitorio, la possibilità per i Comuni di deliberare l’istituzione della Tia1 in via sperimentale, ai sensi del combinato disposto dei commi 1-bis e 16 dell’art. 49, determinando in tal modo la contemporanea applicazione delle due forme di prelievo. In tale contesto, deve essere inserita la riforma introdotta dal Dlgs. n. 152/06, recante “Norme in materia ambientale”, nella quale, all’art. 238, comma 1, si prevede l’istituzione di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (denominata in gergo “Tia2”), che “costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del Servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’art. 15 del Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36”.

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Lo stesso comma 1 dell’art. 238 dispone che “la Tariffa di cui all’art. 49 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11”, a norma del quale, “sino alla emanazione del Regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della Tariffa, continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”, che si identificano esclusivamente nell’insieme dei Regolamenti di applicazione della Tarsu e della Tia1 introdotta in via sperimentale. Viene precisato inoltre che l’art. 264, comma 1, lett. i), del Dlgs. n. 152/06, dispone l’abrogazione del Dlgs. n. 22/97 ed inoltre che, “al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente Decreto, i provvedimenti attuativi del citato Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente Decreto”. Tra i provvedimenti attuativi del Dlgs. n. 22/97, rientra sicuramente il Dpr. n. 158/99. Per impedire l’insorgenza di ulteriori incertezze applicative nelle more della completa attuazione delle disposizioni del Dlgs. n. 152/06, l’art. 1, comma 184, lett. a), della Legge n. 296/06 (“Finanziaria 2007”), ha stabilito che “il regime di prelievo relativo al Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun Comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007”. Norme di analogo contenuto sono state previste, rispettivamente: - per l’anno 2008, dall’art. 1, comma 166, della Legge n. 244/07 (“Finanziaria 2008”); - per l’anno 2009, dall’art. 5, comma 1, del Dl. n. 208/08 (“Decreto Milleproroghe 2008”) , convertito

con modificazioni dalla Legge n. 13/09. Al contempo, il comma 2-quater dell’art. 5 dello stesso Dl. n. 208/08 ha previsto originariamente che, “ove il Regolamento di cui al comma 6 dell’art. 238 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare entro il 30 giugno 2009, i Comuni che intendano adottare la Tariffa integrata ambientale (Tia) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”. Successivamente, l’art. 23, comma 21, del Dl. n. 78/09, convertito dalla Legge n. 102/09, ha differito il termine del 30 giugno 2009 al 31 dicembre 2009. Infine, detto termine è stato prorogato al 30 giugno 2010 dall’art. 8, comma 3, del Dl. n. 194/09 (“Decreto Milleproroghe 2009”), convertito dalla Legge n. 25/10. Il combinato disposto dei commi 1 e 2-quater dell’art. 5 del Dl. n. 208/08 evidenzia il venir meno del blocco del regime di prelievo, che si è quindi definitivamente concluso nel 2009 e la facoltà concessa ai Comuni di adottare il nuovo regime Tia2, operazione che di fatto sarebbe stata loro preclusa in caso di proroga del blocco. Ancora dopo è intervenuto l’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/10 (“Manovra correttiva 2011-2012”), il quale ha previsto, in ordine alla Tia2, che “le disposizioni di cui all’art. 238 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della Tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta Tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente Decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”. In questo quadro normativo alquanto intricato, numerosi Comuni hanno sollevato comprensibili dubbi in ordine al prelievo tributario applicabile in materia di gestione di rifiuti e se sulla Tia1 possa continuare ad essere applicata l’Iva a seguito della norma appena riportata. Per cui appare indispensabile procedere ad una lettura sistematica delle disposizioni innanzi enucleate. Lo scenario attuale in materia di prelievo sui rifiuti Dal combinato disposto dell’insieme delle norme che regolano nel complesso la materia in esame e, in particolare, dei richiamati commi 1 ed 11 dell’art. 238 del Dlgs. n. 152/06, emerge che i Regolamenti Tarsu e Tia1, già vigenti, continuano ad esplicare i loro effetti, fino a quando i Comuni non dispongano facoltativamente di effettuare il passaggio a Tia2, oppure fino a quando non venga emanato il Regolamento di cui al comma 6 dell’art. 238 del Dlgs. n. 152/06, che obbligherebbe tutti i Comuni ad applicare la Tia2. Tenuto conto della suddetta ricostruzione normativa, la Circolare propone i seguenti scenari, che offrono diverse opportunità per i Comuni e che “si contrappone alla rigidità normativa che ha caratterizzato la materia negli ultimi anni”.

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In definitiva, le soluzioni che si prospettano consentono ai Comuni di mantenere il regime, sia della Tarsu che della Tia1, oppure di istituire facoltativamente la Tia2. 1) Comuni che alla data del 31 dicembre 2009 erano in regime di Tarsu Per i Comuni in questione non si pongono particolari problemi, poiché possono continuare ad applicare la Tarsu utilizzando eventualmente, ai fini della determinazione delle tariffe, i criteri delineati nel Dpr. n. 158/99, operazione da ritenere senz’altro possibile secondo quanto affermato, rispettivamente:

- nella Circolare n. 25/E del 17 febbraio 2000, in cui è stato chiarito che“ risulta sostanzialmente coerente con il principio dell’art. 65 l’utilizzazione dei criteri dettati dal metodo normalizzato per la determinazione della Tariffa della Tassa”;

- nella Decisione n. 750 del 10 febbraio 2009, in materia di Tarsu, in cui il Consiglio di Stato ha posto in evidenza come il Dpr. n. 158/99 “non fissa solo un metodo per la determinazione della qualità e quantità di rifiuti solidi urbani prodotti per categorie di utenza, ma persegua anche lo scopo di stabilire il metodo sulle base del quale gli Enti Locali devono calcolare la Tariffa stessa”.

2) Comuni che avevano già introdotto in via sperimentale la Tia1 Anche per questi Comuni non si pongono particolari problemi, poiché possono continuare ad applicare i propri Regolamenti già vigenti nel 2006, anno in cui è entrato in vigore il Dlgs. n. 152/06. In particolare, si deve tenere in considerazione il comma 33 del citato art. 14 del Dl. n. 78/10, che contiene una disposizione di interpretazione autentica in base alla quale la Tia2 non ha natura tributaria e, conseguentemente, è soggetta ad Iva. In sede di conversione del Decreto-legge, il Governo ha accolto l’Ordine del giorno n. 9/3638/55 presentato alla Camera dei Deputati dall’On.le Bruno Murgia, in base al quale “detto comma 33 dell’art. 14 deve essere interpretato, fino all’entrata in vigore della Tia2, nel senso che anche la Tia1 non ha natura tributaria ed è, pertanto, soggetta ad Iva”. Dunque, la Tia1 deve continuare ad essere assoggettata a Iva, come già sostenuto dall’Amministrazione finanziaria nei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, vale a dire la Circolare n. 111/99 della Direzione centrale Fiscalità locale del Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze, Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del 2003 e la Risoluzione della stessa Agenzia n. 250/E del 2008. A tale conclusione si può pervenire sulla base della lettura sistematica delle seguenti disposizioni:

- l’art. l4, comma 33, del Dl. n. 78/10, che ha confermato la natura di corrispettivo della Tia2 già enunciata nell’art. 238 del Dlgs. n. 152/06;

- l’art. 5, comma 2-quater, del citato Dl. n. 208/08, il quale consente ai Comuni di adottare la Tia2 “ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti” , in particolare l’art. 238 del Dlgs. n. 152/06 e il Dpr. n. 158/99.

“La circostanza che la Tia2 possa in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la Tia1, conduce a concludere che i prelievi presentano analoghe caratteristiche e che la volontà del Legislatore è stata, con l’art. 14, comma 33, anche quella di dare una nuova veste alla Tia1, nelle more dell’emanazione del Regolamento di cui all’art. 238, comma 6. Pertanto, se alla luce delle nuove disposizioni i due prelievi sono regolati ormai dalle stesse fonti normative, non appare razionale attribuire alla Tia1 una natura giuridica diversa da quella della Tia2. Di conseguenza, se la Tia2 ha natura di corrispettivo, ed in quanto tale è assoggettabile all’Iva, non può affermarsi diversamente per la Tia1”. Un’altra argomentazione che può essere formulata a sostegno dell’identità sostanziale dei due prelievi è offerta dalla circostanza che l’art. 5, comma 2-quater del Dl. n. 208/08, attribuisce ai Comuni la possibilità di introdurre la Tia2, facoltà che non è contemplata dal Dlgs. n. 152/06, atteso che l’art. 238 prevede che siano le Autorità territoriali d’ambito di cui all’art. 201 del medesimo Decreto a determinare la tariffa, mentre ai Comuni sono attribuiti, in base all’art. 198 sempre dello stesso Decreto, compiti di collaborazione e supporto. Peraltro, la Circolare ricorda, ad ulteriore sostegno della tesi concernente l’identità dei due prelievi sin qui avanzata, che il comma 186-bis dell’art. 2 della Legge 23 dicembre 2009, n. 191 (“Finanziaria 2010”), a partire dal 2011, prevede la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito.

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Da tali considerazioni discende quindi che i Comuni che applicano attualmente la Tia1 in concreto adottano già il regime Tia2, grazie all’anello di congiunzione operato dal Legislatore con il comma 2-quater, dell’art. 5 e, pertanto, non appare necessaria alcuna innovazione regolamentare, a meno che i Comuni non ritengano opportuno esplicitare in maniera formale, attraverso i riferimenti normativi, l’adozione della Tia2. Un ulteriore approfondimento fornito dal Mef riguarda la questione della riscossione della Tia1 e, in particolare, quella del soggetto che la effettua, il quale si identifica nello stesso soggetto che gestisce il Servizio, come stabiliva l’art. 49, comma 13, del Dlgs. n. 22/97, ed è attualmente previsto dall’art. 10 del Dpr. n. 158/99, il quale dispone appunto che “il soggetto gestore provvede alla riscossione della tariffa”. In particolare, la Circolare osserva che “detto soggetto continua a svolgere l’attività di riscossione della Tia1 senza che debba essere richiesto a quest’ultimo alcun particolare adempimento, come, ad esempio, l’iscrizione nell’albo di cui all’art. 53 del Dlgs. n. 446/97”. Il Dipartimento delle Finanze perviene a tale conclusione considerando che la normativa riguardante la Tia1 pone un collegamento ex lege tra la gestione del Servizio e i poteri di controllo, con la conseguenza che il solo fatto dell’affidamento a terzi della gestione del Servizio comporta la delega a questi dei poteri di controllo in luogo del Comune. Si sottolinea infine che il presupposto normativo per la continuazione dell’attività di riscossione della Tia1 si rinviene anche nel combinato disposto dell’art. 204 del Dlgs. n. 152/06, concernente le “Gestioni esistenti”, secondo il quale “i soggetti che esercitano il Servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente Decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del Servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d’ambito”, e dell’art. 10 del Dpr. n. 158/99, secondo cui il soggetto gestore provvede alla riscossione della Tariffa. Un’ultima parte della Circolare n. 3/DF è dedicata agli adempimenti dei Comuni della Regione Campania, per i quali il quadro normativo sopra delineato deve essere coordinato con la lettura delle disposizioni di carattere eccezionale che sono intervenute per far fronte alla situazione di emergenza verificatasi nei Comuni di questo territorio. Si rimanda al riguardo alla lettura del documento, disponibile sul sito www.entilocaliweb.it

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Catasto: un Comunicato dell’Agenzia del Territorio con l’aggiornamento dei dati

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 302 del 28 dicembre 2010 un Comunicato dell’Agenzia del Territorio con l’elenco dei Comuni per i quali è stata completata l’operazione di aggiornamento della banca-dati catastale eseguita sulla base del contenuto delle Dichiarazioni presentate nell’anno 2010 agli organismi pagatori, riconosciuti ai fini dell’erogazione dei contributi agricoli. Il Comunicato – di seguito esaminato in sintesi – può essere consultato anche sul sito internet www.entilocaliweb.it e riguarda i Comuni che risultano interessati dall’aggiornamento della banca-dati catastale in base alle variazioni colturali risultanti dalle dichiarazioni 2010. Si tratta delle modifiche apportate alle qualità catastali (e, di conseguenza, ai redditi dominicale e agrario) sulla base di quanto indicato nelle domande presentate nel 2010 all’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per ottenere contributi e sovvenzioni. Sono previsti i consueti 60 giorni a disposizione per la consultazione presso il Comune o presso l’Ufficio del Territorio o sul sito della stessa Agenzia. Chi non condivide la variazione dei redditi può presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale (art. 2, comma 2, Dlgs. n. 546/92) entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del comunicato.

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Procedure telematiche conservatoria registri immobiliari L’Agenzia del Territorio, con Provvedimento 21 dicembre 2010, pubblicato sulla G.U. 28 dicembre 2010, n. 302, a titolo sperimentale, attiva il regime facoltativo e transitorio di trasmissione telematica, da parte di tutti i soggetti interessati, dei titoli al Conservatore dei registri immobiliari, nell’ambito delle procedure telematiche di cui all’art. 3-bis del Dlgs. 18 dicembre 1997, n. 463. La disposizione detta le procedure per l'introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle Conservatorie dei registri immobiliari e di acquisizione degli atti, in attuazione del Dlgs. 18 dicembre 1997, n. 463, concernente l'utilizzazione di procedure telematiche per gli adempimenti in materia di registrazione, di trascrizione, di iscrizione, di annotazione e di voltura degli atti relativi a diritti sugli immobili.

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Pubblicata la bozza del nuovo Modello Irap 2011

L’Agenzia delle Entrate, con un Comunicato del 15 dicembre 2010, ha reso noto che sono disponibili, sul proprio sito internet, le bozze del nuovo Modello Irap 2011. Viene sottolineato che, con la nuova versione, è stata aggiornata la tabella delle aliquote applicabili per l’anno d’imposta 2010, riportando non solo le aliquote modificate da Leggi regionali, ma anche quelle statali (ordinaria, per il settore agricolo e per le Pubbliche Amministrazioni).

__________________________________ Codice della strada: dal 1° gennaio 2011 nuovi importi delle sanzioni amministrative pecuniarie E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 305 del 31 dicembre 2010 il Decreto Ministero della Giustizia 22 dicembre 2010, che ha aggiornato gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni al Codice della strada (Tabella I), ai sensi dell’art. 195 del Dlgs. n. 285/92, che dispone l’adeguamento biennale delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal Codice della strada. L’art. 1, comma 2, del Decreto ha individuato, inoltre, una serie di norme (elencate nella Tabella II ad esso allegata) con sanzioni amministrative pecuniarie introdotte nel Codice della strada per effetto della Legge n. 94/09 e della Legge n. 120/10, che non sono soggette al citato adeguamento non essendo ancora decorso un biennio dalla loro entrata in vigore.

__________________________________ Compensazioni con ruoli scaduti: niente sanzioni prima del Decreto L’Agenzia delle Entrate, con un Comunicato-stampa del 14 gennaio 2011, ha chiarito che le compensazioni, in presenza di ruoli scaduti superiori ad Euro 1.500, non sono sanzionabili fino all’emanazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne disciplina le modalità; ciò a condizione che l’operazione di compensazione non vada ad intaccare i crediti necessari per pagare i ruoli esistenti. Infatti, la disposizione contenuta nell’art. 31, comma 1, del Dl. n. 78/10, diviene operativa con l’adozione di un prossimo Decreto Mef che disciplini le modalità di compensazione delle somme iscritte a ruolo. Ricordiamo che il comma sopracitato prevede il divieto, a partire dal 1° gennaio 2011, di effettuare la compensazione dei crediti relativi alle Imposte erariali fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 Euro, iscritti a ruolo e per i quali è scaduto il termine di pagamento).

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Decreto “Milleproroghe 2010”: molte le nuove scadenze che interessano gli Enti Locali

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 303 del 29 dicembre 2010 il Dl. 29 dicembre 2010, n. 225, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”, in vigore dal giorno stesso della sua pubblicazione. Dopo l’approvazione di quella che in passato veniva definita “Finanziaria 2011” e da quest’anno ha assunto la denominazione di “Legge di stabilità” (Legge 13 dicembre 2010, n. 220), come oramai consueto si è resa necessaria l’approvazione di un Decreto-legge apposito per consentire di prorogare numerosi termini e regimi per i quali le norme in vigore prescrivevano scadenze per la fine del 2010 o entro il 15 marzo dell’anno 2011. Alcune delle disposizioni del Decreto interessano anche gli Enti Locali, e sono di seguito esaminate, con particolare riferimento alla materia tributaria. Il Provvedimento, considerata la parzialità in merito a diversi termini prorogati, con molta probabilità subirà importanti interventi modificativi in sede di conversione in legge. Art. 1 – Proroghe non onerose di termini in scadenza Con il comma 1 sono automaticamente prorogati al 31 marzo 2011 tutti i termini ed i regimi giuridici riguardanti gli innumerevoli provvedimenti (n. 68) indicati nella Tabella 1 allegata al Decreto e scadenti entro il 15 marzo 2011 (di seguito riportiamo le disposizioni ed i regimi giuridici interessati dalla proroga che riguardano gli Enti Locali). Nel successivo comma viene specificato che, con Dpcm., potranno essere ulteriormente prorogati fino al 31 dicembre 2011 i termini ed i regimi giuridici già prorogati al 31 marzo 2011 dal comma 1, ed inoltre che potranno essere prorogati, sempre fino al 31 dicembre 2011, gli ulteriori termini e regimi giuridici di cui alle disposizioni indicate nella medesima Tabella 1. Art. 2 – Proroghe onerose di termini Il comma 1 proroga anche per il 2011 e rifinanzia per 400 milioni di Euro l’istituto del “5 per mille” dell’Irpef in base al quale, sulla base delle determinazioni dei contribuenti, vengono destinati fondi al finanziamento delle ricerca scientifica, dell’Università, al sostegno delle attività sociali svolte dai Comuni, dello sport dilettantistico, del volontariato, delle Onlus, delle Associazioni di promozione sociale e delle Associazioni e Fondazioni riconosciute che operano nei settori dell’assistenza sociale e socio-sanitaria. Con il comma 2 viene prorogato al 30 giugno 2011 il termine per versamento dei tributi e dei contributi sospesi in relazione agli eventi alluvionali del Veneto, mentre il comma 3 stabilisce la proroga per i terremotati dell’Abruzzo per le rate di tributi in scadenza tra il mese di gennaio e quello di giugno 2011. Qui di seguito riportiamo, come sopra anticipato, il commento a 6 delle disposizioni e dei regimi giuridici di interesse per gli Enti Locali ed i tributi locali, inseriti nella Tabella 1 del Provvedimento, che indicavano termini ora prorogati al 31 marzo 2011: 1. la proroga disposta per l’art. 1, comma 1-bis, del Dl. n. 314/04, riguarda i poteri del Prefetto di dare

impulso e di sostituirsi, in caso d’inadempimento dei Comuni, nell’approvazione dei bilanci (art. 1, del Dl. n. 13/02);

2. allungati i termini in materia di infrastrutture e trasporti (diritti aeroportuali) di cui alle lett. a) e b) del comma 6, dell’art. 5 del Dl. n. 194/09 (“Decreto Milleproroghe 2009”) e la sospensione

NORME E ADEMPIMENTI

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dell’efficacia delle norme statali che obbligano o autorizzano Organi dello Stato ad emanare atti aventi ad oggetto l’adeguamento di diritti, contributi o tariffe a carico di persone fisiche o persone giuridiche in relazione al tasso di inflazione ovvero ad altri meccanismi automatici (art. 5, comma 7, Dl. n. 194/09);

3. spostata in avanti la decorrenza, prevista dall’art. 42, comma 2, del Dl. n. 207/08, convertito con modificazioni dalla Legge n. 14/09 (“Decreto Milleproroghe 2008”), riguardante l’obbligo di trasmissione mensile all’Agenzia delle Entrate dei dati sulle ritenute effettuate in busta paga dai datori di lavoro (“Modello 770 mensile”);

4. nuovamente prorogato il termine, indicato dall’art. 64, comma 3, del “Codice dell’Amministrazione digitale” (Dlgs. 82/05), oltre il quale non doveva essere più consentito l’accesso ai servizi erogati in rete dalle Pubbliche Amministrazioni con strumenti diversi dalla carta d’identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi; da tale termine restano escluse le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalle Agenzie fiscali;

5. spostati in avanti i termini, fissati dall’art. 3, commi da 24 a 25-bis, del Dl. n. 203/05, per effettuare la gestione da parte delle società di riscossione cessionarie del ramo d’azienda delle attività svolte in regime di concessione per conto di Enti Locali, con possibilità di utilizzare per la riscossione coattiva delle entrate di spettanza degli Enti Locali la procedura indicata dal Rd. n. 639/1910 e di procedere nei confronti dei soggetti iscritti a ruolo sulla base delle disposizioni di cui al Dpr. n. 602/73. In mancanza del trasferimento di ramo d’azienda, le attività di riscossione e di riscossione coattiva potranno essere gestite da Equitalia Spa o da società dalla stessa partecipate anche fino al 31 marzo 2011, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Pertanto, fino alla data del 31 marzo 2011 possono essere prorogati i contratti in corso tra gli Enti Locali e le società iscritte all'Albo di cui all’art. 53, comma 1, del Dlgs. n. 446/97. E’ inoltre stata prorogata, anche in mancanza di affidamento con procedure ad evidenza pubblica, la possibilità da parte di Equitalia Spa e delle società da questa partecipate di svolgere l’attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate degli Enti pubblici territoriali, nonché la possibilità di svolgere anche le altre attività di riscossione spontanea, liquidazione ed accertamento delle entrate, tributarie o patrimoniali per gli Enti pubblici territoriali;

6. spostate in avanti anche le scadenze inserite nei commi 8, 9 e 10, dell’art. 19, Dl. n. 78/10 (“Manovra correttiva 2011-2012”), che riguardano la presentazione della Dichiarazione di aggiornamento catastale da parte dei titolari di diritti reali, sia per gli immobili che non risultano dichiarati in Catasto e che sono stati individuati tramite le procedure previste dall’art. 2, comma 36, del Dl. n. 262/06, che per gli immobili oggetto di interventi edilizi che hanno determinato una variazione di consistenza o di destinazione non dichiarata in Catasto;

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Irap: entro il 15 febbraio l’eventuale esercizio dell’opzione per il metodo “commerciale” in base ai “comportamenti concludenti” In questi giorni o al massimo entro il 15 febbraio prossimo (data di scadenza del versamento del primo acconto istituzionale per l’anno 2011) è opportuno che gli Enti Locali interessati effettuino (o lo facciano di nuovo) i calcoli di convenienza per la scelta dei servizi commerciali per i quali può risultare vantaggioso optare (o rinnovare l’opzione, se è trascorso più di un triennio dall’esercizio dell’opzione) per l’utilizzo del sistema contabile Irap ad aliquota 3,9% (o diversa aliquota prevista dalla singola Regione), piuttosto che l’applicazione indistinta dell’aliquota dell’8,5% per la determinazione dell’Imposta secondo il “metodo retributivo”. Infatti, servizi con carattere di commercialità che sono gestiti in perdita e con elevato impiego di personale, dovrebbero essere esclusi dai calcoli Irap secondo il metodo retributivo per poter beneficiare dei notevoli risparmi di Imposta conseguibili con l’opzione per il sistema contabile. Ricordiamo che l’esercizio di tale opzione è previsto dal comma 2 dell’art. 10-bis del Dlgs. n. 446/97,

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istitutivo dell’Irap, ed ha come conseguenza diretta per l’Ente quella di dover determinare l’Imposta secondo due diverse basi imponibili, una, valida per le attività istituzionali di natura non commerciale, sulla quale si applica il “metodo retributivo” sull’ammontare delle retribuzioni erogate ogni mese, ed un’altra, per le attività considerate commerciali ai fini Iva, attraverso il “metodo contabile” dell’art. 5 del Decreto Irap. In altre parole, esercitando l’opzione il Comune o altro Ente pubblico compreso nell’elencazione di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01, sostitutivo del Dlgs. n. 29/93 ancora riportato nell’art. 3, comma 1, lett. e-bis), del Dlgs. n. 446/97, si trova ad adottare il cosiddetto “sistema misto”, che prevede l’utilizzo contemporaneo, sia del “metodo retributivo”, sia di quello “contabile”. Esercizio dell’opzione In merito all'esercizio dell’opzione per l’utilizzo del “metodo contabile”, questa deve avvenire con il primo adempimento dell’anno, ovvero il versamento dell’acconto per il “metodo retributivo” per il mese di gennaio 2011, scadente il prossimo 15 febbraio 2011 ai sensi del Dm. n. 421/98. Il “comportamento concludente” di cui al Dpr. n. 422/98, infatti, comporta che con un atto interno agli Uffici si eserciti (o si confermi) l’opzione per i Servizi commerciali ai fini Iva per i quali l’Ente giudica conveniente l’opzione, e che a ciò segua l’esclusione dei soggetti impiegati totalmente e/o parzialmente negli stessi dall’elenco di quelli le cui retribuzioni costituiscono l base imponibile del “metodo retributivo” (Circolare Mef n. 234/E e Circolare Mef n. 148/E del 2000).

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Iva intracomunitaria: la richiesta di autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie riguarda anche gli Enti Locali Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, con i Provvedimenti Prot. n. 188376 e n. 188381 del 29 dicembre 2010, ha definito le modalità per dichiarare la volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie ed i criteri di inclusione delle Partite Iva nell’archivio Vies (Sistema elettronico di scambio dati sull’Iva). Tale obbligo viene esteso anche agli operatori già titolari di Partita Iva. L’art. 27 del Dl. n. 78/10 ha l’obiettivo di regolare, in sede di identificazione ai fini Iva, la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie attraverso un regime di autorizzazione a cura degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, la norma prevede che dalla Dichiarazione di inizio attività deve risultare per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie di cui al Titolo II, Capo II del Dl. n. 331/93 (e quindi con esclusione delle prestazioni di servizi intra Ue) la volontà di effettuare dette operazioni. La relazione illustrativa al Decreto ha specificato che, contestualmente, viene sospesa la soggettività attiva e passiva delle operazioni intracomunitarie anche attraverso la loro esclusione dall’archivio interrogabile Vies sino al 30° giorno successivo alla data di attribuzione all’interessato del numero di Partita Iva. Nei 30 giorni suddetti, il soggetto potrà operare in piena legittimità per le operazioni interne, con gli adempimenti previsti. Al 31° giorno, il soggetto viene inserito nell’archivio Vies, qualora non sia stato emanato provvedimento di diniego. I soggetti già titolari di Partita Iva possono: - dichiarare la volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie mediante apposita Istanza da

presentare direttamente ad un Ufficio dell’Agenzia delle Entrate; - comunicare, con le modalità di cui alla precedente lett. a), la volontà di retrocedere da tale opzione,

che decorre dalla data di acquisizione dell’apposita Istanza da parte dell’Agenzia. Entro la data del 28 febbraio 2011, dall’archivio Vies sono esclusi coloro che hanno presentato la Dichiarazione di inizio attività ai fini Iva prima del 31 maggio 2010 e che non abbiano presentato elenchi riepilogativi delle cessioni di beni, delle prestazioni di servizi e degli acquisti intracomunitari di beni e servizi negli anni 2009 e 2010 (in questo contesto, dunque, assumono rilevanza anche le

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prestazioni di servizi), o che pur avendoli presentati non abbiano adempiuto agli obblighi dichiarativi Iva per il 2009. I medesimi soggetti, qualora intendano porre in essere operazioni intracomunitarie, possono richiedere l’inclusione nell’archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie. I contribuenti hanno tempo fino al 29 gennaio 2011 per effettuare la manifestazione di volontà ad effettuare operazioni intracomunitarie, se si vuole che trascorrano i 30 giorni per il silenzio-assenso prima del 28 febbraio 2011. Si evidenzia che questa appare come la casistica più frequente per gli Enti Locali, in quanto solitamente già titolari di Partita Iva e probabilmente non avendo inviato per il 2009 ed il 2010 Modelli Intra, che intendono porre in essere operazioni intracomunitarie nell’ambito dei servizi Iva, risultando dunque importante tener presente la data ultima del 29 gennaio per presentare la richiesta. Per i soggetti per i quali, alla data di conferma in archivio, siano già decorsi 30 giorni dalla eventuale richiesta di inclusione nello stesso e per tutti gli altri soggetti inclusi secondo le regole appena descritte, si procede ad una prima valutazione dei dati con le modalità di cui al paragrafo 5 entro il 31 luglio 2011.

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I canoni di concessione di spazi pubblicitari sono imponibili Iva. Risoluzione Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2010, n. 139/E. di Angelo Bachi – Dottore commercialista, Revisore contabile, Consulente Enti pubblici e Società in materia di tributi Con la Risoluzione 29 dicembre 2010, n. 139/E, l'Agenzia delle Entrate ha dato risposta ad un interpello di un Comune che chiedeva di conoscere il trattamento tributario ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto applicabile ai canoni di concessione previsti in merito agli impianti pubblicitari di servizio e agli impianti per l'affissione diretta. La Risoluzione parte dal presupposto che i Comuni non sono soggetti a Iva per le attività svolte in veste di pubbliche autorità; si trattava di stabilire se l’Ente agisce come un soggetto pubblico o piuttosto come un privato. E’ quindi necessario esaminare i caratteri del rapporto tra il Comune e il Concessionario degli impianti pubblicitari e stabilire se tra i due esiste una pattuizione che delinea le modalità in cui devono svolgersi le attività secondo le regole degli operatori economici privati, cioè se il loro rapporto assume i caratteri di attività commerciale. In questo caso la concessione degli impianti rientra nel campo d’applicazione dell’imposta. Nella fattispecie il Comune intendeva indire una gara pubblica per affidare a privati la concessione di “impianti pubblicitari per l'affissione diretta” e la concessione di “impianti pubblicitari di servizio”, costituito dagli spazi pubblicitari ricavabili dalle pensiline di attesa dei bus, e chiedeva quale dovesse essere il trattamento ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto dei canoni di concessione di detti pubblici servizi. La soluzione prospettata dal Comune considerava i canoni di concessione non riguardanti il campo di applicazione Iva, in virtù del potere di affidamento, di controllo e di indirizzo dell'attività di affissione, poteri che l’Ente avrebbe esercitato quale soggetto istituzionale e non certamente quale soggetto privato. Tanto più che il contratto prospettato nel bando di gara conteneva clausole che esplicitavano poteri unilaterali a proprio favore, e che quindi rimarcavano il ruolo di “pubblica autorità” esercitato dall’Ente. Il documento di prassi, ad evasione dell’istanza di interpello, prende le mosse dalla Direttiva CE del Consiglio del 28 novembre 2006, n. 112, che in merito alle attività svolte da Enti di diritto pubblico, stabilisce, all'art. 13, paragrafo 1, che detti Enti, fra i quali sono ricompresi i Comuni, non sono soggetti passivi ai fini Iva per le “attività od operazioni“ poste in essere dagli stessi in veste di “pubbliche autorità”. Occorre, come detto, verificare se il rapporto fra l'Ente pubblico ed il soggetto con il quale detto Ente opera sia caratterizzato “dall'esercizio di poteri di natura unilaterale e autoritativa o se si svolga su base sostanzialmente pattizia, attraverso una disciplina che individui, in via bilaterale, le reciproche posizioni soggettive”. L'Amministrazione finanziaria, esaminata la documentazione ricevuta, ha ritenuto che i contratti che sarebbero stati sottoscritti fra l’Ente ed i privati contenessero previsioni di natura sinallagmatica, ovvero comportassero l'assunzione di reciproche obbligazioni per entrambe le parti. Tali pattuizioni fanno ritenere che i contratti rappresentino una disciplina assimilabile a quella posta in essere da due soggetti privati, pur contenendo previsioni ricollegabili squisitamente all’ambito pubblico, quali quelle che prevedono determinati tipi di controllo e di applicazione di sanzioni amministrative. Il Ministero pertanto conclude che il rapporto contrattuale rientra in un’attività commerciale e quindi risulta soggetto ad Iva (art. 4, comma 1, Dpr. n. 633/72). Al canone percepito dall'Amministrazione

GLI APPROFONDIMENTI

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comunale per concedere impianti pubblicitari si applica quindi l'Iva, assumendo il medesimo carattere di attività commerciale.

Agenzia delle Entrate

RISOLUZIONE N. 139/E Roma, 29 dicembre 2010

OGGETTO: Interpello - articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento tributario ai fini IVA dei canoni percepiti da un Comune per la concessione in uso a terzi di impianti pubblicitari Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente QUESITO Il Comune di … riferisce di essere “proprietario, nell’ambito del suo territorio e delle tipologie previste dal proprio «Regolamento per la disciplina degli impianti pubblicitari su aree pubbliche o di uso pubblico e su aree private e per la disciplina delle pubbliche affissioni»” (di seguito Regolamento), fra gli altri, dei seguenti impianti pubblicitari: - lotto di n. 228 impianti (costituito da n. 80 poster e n. 148 stendardi) qualificati quali impianti pubblicitari per l’“affissione diretta” ai sensi dell’articolo 57 del citato Regolamento comunale; - lotto di n. 91 impianti qualificati come “impianti pubblicitari di servizio” ai sensi dell’articolo 10 del predetto Regolamento, “costituiti da pensiline attesa bus”. Il Comune istante, in merito ai predetti lotti di impianti pubblicitari, fa presente di voler porre in essere, rispettivamente, le iniziative di seguito indicate. A) Lotto di n. 228 impianti per l’affissione diretta. L’ente istante, mediante l’indizione di apposita gara, intende affidare in concessione la gestione di detti impianti con la previsione del pagamento di un canone annuo a carico del concessionario, il cui importo previsto a base d’asta è pari a “€ 229.000,00 più IVA se dovuta”. Nell’ambito del rapporto tra il Comune istante e il concessionario, che sarà regolato da apposita “concessione-contratto”, il concessionario assumerà l’obbligo “di sostituire integralmente alcuni poster” e “di installare nuovi manufatti aventi le medesime dimensioni di quelli esistenti e con determinate caratteristiche tecniche” nonché l’obbligo “di applicare una targhetta metallica sul palo di sostegno di ciascun impianto (…)” che “resterà affissa anche dopo la riconsegna degli impianti al termine della concessione”. Secondo quanto riferito dal Comune istante, l’importo dei lavori sopra indicati, “risultante dalla fattura che verrà emessa dal concessionario (…) nei confronti del Comune” stesso, “sarà riconosciuto a scomputo del canone di concessione per un importo massimo di €. 163.000,00 (IVA compresa)”. B) Lotto di n. 91 impianti pubblicitari di servizio. L’ente istante ha previsto la concessione in gestione di detti impianti mediante determinazione dirigenziale n. … del … giugno 2010 alla quale dovrà seguire la stipula della concessione-contratto. Per tale concessione è previsto il pagamento, a carico del concessionario, di “un canone annuo di Euro 16.380,00 per il 2010, oltre ad un’indennità di occupazione di pari importo per il 2009”. Quanto sopra rappresentato il Comune interpellante chiede di conoscere il trattamento tributario, agli effetti dell’IVA, applicabile ai canoni di concessione previsti relativamente alle fattispecie descritte sub A) e B). SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’INTERPELLANTE Il Comune di … osserva che l’utilizzo “di impianti del patrimonio indisponibile del Comune adibiti all’attività pubblicitaria mediante affissioni dirette” (fattispecie sub A) e “di impianti di servizio recanti spazi pubblicitari” (fattispecie sub B) è soggetto alla disciplina recata dal decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, nonché dal Regolamento comunale sugli impianti pubblicitari e pubbliche affissioni, i quali stabiliscono, al riguardo, “limitazioni, vincoli e obblighi circa le modalità di effettuazione”. Il Comune istante fa presente, inoltre, di essere “tenuto a vigilare sulla corretta osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l’effettuazione della pubblicità” e riferisce che alle “violazioni di dette disposizioni conseguono sanzioni amministrative”. Lo stesso Comune sottolinea, altresì, che, pur stipulando, in relazione alle concessioni in argomento, atti definiti “concessione-contratto”, disciplinanti le “reciproche obbligazioni intercorrenti tra le parti contraenti”, il rapporto con il concessionario “è fortemente caratterizzato dall’esercizio di poteri unilaterali” da parte del Comune concedente quali, ad esempio, quelli in tema di controllo dei messaggi pubblicitari e di revoca della concessione. In base alle argomentazioni sopra svolte, l’ente interpellante è dell’avviso che l’attività di concessione in uso di n. 228 impianti pubblicitari per l’affissione diretta (fattispecie sub A) e di n. 91 impianti pubblicitari di servizio (fattispecie sub B) sia dallo stesso svolta in “veste di pubblica autorità” e che detta attività non determini distorsioni di concorrenza. Il Comune di … ritiene, quindi, che l’attività di concessione in argomento non rientri nel campo di applicazione dell’IVA e che, pertanto, gli importi che lo stesso riceverà dai concessionari a titolo di canoni annui di concessione non dovranno essere assoggettati a tale imposta. 4

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PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE Si precisa, in via preliminare, che con il quesito prospettato il Comune di … intende conoscere, in sostanza, se lo svolgimento dell’attività di affidamento in gestione degli impianti pubblicitari oggetto del presente interpello integri o meno, per lo stesso Comune, il presupposto soggettivo di applicazione dell’IVA e, in particolare, se ricorrano, per l’esercizio di tale attività, i caratteri della pubblica autorità. Al riguardo, si fa presente che la Direttiva CE del Consiglio del 28 novembre 2006, n. 112 (con la quale è stata operata la rifusione della Direttiva CEE del 17 maggio 1977, n. 388), in merito alle attività svolte da enti di diritto pubblico, stabilisce, all’articolo 13, paragrafo 1 (già articolo 4, paragrafo 5, della Direttiva CEE n. 388), che detti enti, fra i quali sono ricompresi i comuni, non sono soggetti passivi ai fini IVA per le “attività od operazioni” poste in essere dagli stessi in veste di “pubbliche autorità”, ad eccezione dell’ipotesi in cui il loro mancato assoggettamento all’imposta provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Lo stesso articolo 13, paragrafo 1, della citata Direttiva n. 112 del 2006, prevede, inoltre, che gli enti pubblici sono considerati in ogni caso soggetti passivi se svolgono le attività indicate nell’Allegato I alla medesima Direttiva, qualora le stesse non siano trascurabili. In merito alla condizione che l’ente pubblico agisca in veste di pubblica autorità, come precisato più volte in precedenti documenti di prassi (cfr. risoluzioni n. 352/E del 5 dicembre 2007, n. 348/E del 7 agosto 2008 e n. 122/E del 6 maggio 2009) occorre far riferimento ai chiarimenti formulati, in proposito, dalla Corte di Giustizia CE secondo la quale non assumono rilievo, al riguardo, l’oggetto o il fine dell’attività svolta dal medesimo ente pubblico né l’appartenenza dei beni dallo stesso eventualmente utilizzati al demanio o al patrimonio dell’ente (cfr. sentenza Corte di Giustizia CE 14 dicembre 2000, causa C-446/98). La Corte precisa, infatti, che il non assoggettamento ad IVA degli enti pubblici dipende dalle “modalità di esercizio delle attività” rese dagli stessi enti e, in particolare, dalla circostanza, valutata con riferimento al regime giuridico applicato in base al diritto nazionale, che detti enti agiscano in quanto soggetti di diritto pubblico o in quanto soggetti di diritto privato. In sostanza, è necessario verificare se il rapporto fra l’ente pubblico e il soggetto con il quale detto ente opera sia caratterizzato “dall’esercizio di poteri di natura unilaterale e autoritativa o se si svolga su base sostanzialmente pattizia, attraverso una disciplina che individui, in via bilaterale, le reciproche posizioni soggettive” (cfr. risoluzioni n. 348/E del 2008 e n. 122/E del 2009). Quanto sopra rappresentato, con riferimento alle fattispecie oggetto di interpello, al fine di verificare la ricorrenza o meno del carattere di pubblica autorità dell’attività posta in essere dal Comune istante, occorre esaminare, con riferimento ad ambedue le fattispecie prospettate dall’ente interpellante, i profili che contraddistinguono il rapporto tra detto ente e i soggetti affidatari della gestione degli impianti pubblicitari sulla base degli elementi desumibili dall’istanza e dalla documentazione allegata. A) Concessione in uso di n. 228 impianti per l’affissione diretta. La determinazione dirigenziale n. … del … aprile 2010 di approvazione del bando di gara, del capitolato speciale e dello schema di concessione-contratto per la concessione in gestione degli impianti pubblicitari in argomento prevede: - la stipula, tra il Comune di … ed il concessionario, di un atto bilaterale denominato “contratto di concessione” avente ad “oggetto la concessione in uso di impianti di proprietà comunale per l’attività pubblicitaria mediante affissioni dirette” per la durata di tre anni; - l’obbligo del concessionario di pagare un canone annuo di concessione il cui importo a base d’asta è pari a “Euro 229.000,00 (più I.V.A. se dovuta)”; - l’obbligo del “concessionario (…) di sostituire n. 62 poster esistenti ed installare n. 228 targhette metalliche su tutti gli impianti oggetto della concessione” la cui spesa “sarà sostenuta dal concessionario medesimo e, successivamente, scomputata dal canone di concessione annuo (…) fino ad un importo totale massimo di Euro 163.000,00 IVA compresa”. Dall’esame di tale documento emerge che il rapporto tra il Comune di … e il concessionario degli impianti pubblicitari di cui trattasi – caratterizzato dall’assunzione di reciproche obbligazioni in capo alle parti – troverà regolamentazione sulla base di una pattuizione bilaterale costituente, nel complesso, una disciplina delle modalità di svolgimento dell’attività secondo moduli propri degli operatori economici privati che, come tale, sembra escludere il carattere di pubblica autorità di detta attività. In ragione delle modalità di svolgimento, consistenti nel compimento di una serie coordinata di atti economici, nonché delle dimensioni e della rilevanza economica complessiva dell’attività svolta dal Comune istante, si ritiene che la stessa assuma i caratteri di attività commerciale ai sensi dell’articolo 4, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (per la nozione di attività commerciale, cfr. risoluzioni n. 286/E datata 11 ottobre 2007, n. 348/E del 2008, n. 122/E del 2009, n. 169/E del 1° luglio 2009 e n. 27/E del 1° aprile 2010). Detta attività, pertanto – contrariamente a quanto sostenuto dall’ente interpellante – rientra nel campo di applicazione dell’IVA e, conseguentemente, il canone annuo di concessione percepito dal Comune di … dovrà essere assoggettato ad imposta secondo le disposizioni di cui al DPR n. 633 del 1972. Si precisa, infine, che rientra nel campo di applicazione dell’IVA – come ritenuto, peraltro, dallo stesso Comune istante – anche la prestazione di servizi (interventi di sostituzione di poster e di applicazione di targhette metalliche) che il concessionario si impegna a fornire a detto Comune. B) Concessione in uso di n. 91 impianti pubblicitari di servizio. Dall’analisi della determinazione dirigenziale n. … del … giugno 2010 e del relativo schema di concessione-contratto emerge che:

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- “il Comune di … (…) concede alla Società ALFA S.p.A. l’uso delle (…) pensiline attesa bus con spazi pubblicitari per attività pubblicitaria mediante affissioni dirette” per la “durata di anni 1 (uno) a decorrere dal 01/01/2010 fino al 31/12/2010” (cfr. artt. 2 e 3 dello schema di concessione-contratto); - il concessionario assume l’obbligo di pagare un “canone annuo per la concessione delle pensiline attesa bus (…) pari a Euro 16.380,00 (…)” (cfr. art. 4 dello schema di concessione-contratto). Nelle more della stipulazione del contratto di concessione in uso la società ALFA SPA ha chiesto al Comune di poter utilizzare, già a partire dall’anno 2009, le strutture pubblicitarie in argomento, pagando, anche per tale periodo, un canone annuo, qualificato quale “indennità di occupazione”, di importo pari a quello previsto, per l’anno 2010, nello schema di concessione-contratto (cfr. determinazione dirigenziale n. 827 del 25 giugno 2010). Dall’esame della documentazione sopra citata emerge che il rapporto tra il Comune di … e ALFA SPA – pur presentando, come sottolineato dal Comune istante, in considerazione della rilevanza pubblicistica dell’utilizzo di spazi pubblicitari, alcuni profili amministrativi specie in fase di controllo e sanzionatoria – troverà regolamentazione sulla base di pattuizioni bilaterali che costituiscono nel complesso una disciplina delle modalità di svolgimento dell’attività secondo moduli propri degli operatori economici privati, caratterizzata dall’assunzione di reciproche obbligazioni in capo alle parti. Si segnala, in particolare, che tra le facoltà previste in favore del Comune di … nello schema di concessione-contratto, si rinvengono pattuizioni tipiche dei rapporti negoziali di carattere privatistico quali, ad esempio, la facoltà di risoluzione del contratto, previa costituzione in mora del concessionario, in caso di inadempimento dell’obbligo di corresponsione del canone (cfr. art. 4), l’onere del preavviso in caso di esercizio del diritto di recesso dal contratto (cfr. art. 10) e il diritto di pretendere il pagamento di una penale in caso di ritardo nella restituzione dei beni oggetto di affidamento (cfr. art. 12). Ciò posto, esclusa la ricorrenza dei caratteri della pubblica autorità dell’attività svolta dal Comune istante, si richiamano le considerazioni svolte in merito alla fattispecie sub A) per quanto attiene alla ricorrenza, anche nell’ipotesi in esame, del carattere commerciale di detta attività. Conseguentemente, si ritiene che la concessione in uso degli impianti pubblicitari di cui trattasi rientri nel campo di applicazione dell’IVA e che, conseguentemente, i relativi canoni concessori assumano rilevanza agli effetti del tributo, anche relativamente agli importi previsti per l’anno 2009 e qualificati come “indennità di occupazione”. Per completezza, si precisa che il Comune di … non ha posto alcun dubbio interpretativo in ordine al trattamento fiscale del rapporto – la cui esistenza emerge, peraltro, incidentalmente solo dall’esame della documentazione allegata – in precedenza intercorso tra detto Comune e la società ALFA SPA (e venuto a scadenza il 31 dicembre 2008) relativo alla concessione in favore della predetta società del diritto di occupare spazi ed aree pubbliche del territorio comunale con le n. 91 pensiline attesa bus di cui trattasi nonché al trasferimento al Comune di detti impianti previsto al termine della stessa concessione di occupazione. Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici. IL DIRETTORE CENTRALE

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Decorrenza degli effetti delle variazioni della rendita catastale ai fini Ici di Maria Altobelli - Esperta e autrice di pubblicazioni in materia di tributi locali La problematica delle rendite catastali ai fini dell’Imposta comunale sugli immobili (Ici) rappresenta un tema sempre di grande attualità e capace di suscitare un notevole interesse per i contribuenti e per gli operatori del settore anche in relazione alle implicazioni che le modifiche delle rendite comportano nella determinazione del tributo locale dovuto. Le considerazioni contenute nel presente intervento hanno per oggetto le modifiche della rendita derivanti, sia dall’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Agenzia del territorio, sia dall’instaurazione di contenzioso avverso il provvedimento di determinazione della rendita catastale emanato dall’Agenzia del territorio. A) Effetti delle variazioni della rendita catastale derivanti dall’esercizio del potere di autotutela Le considerazioni sugli effetti delle variazioni della rendita catastale derivanti dall’esercizio del potere di autotutela prendono le mosse dall’esame della Sentenza 15 dicembre 2010, n. 25328, nella quale la Corte di Cassazione, confermando quanto già espresso in precedenti pronunce (cfr. Sentenze n. 20854 del 27 ottobre 2004 e n. 15560 del 2 luglio 2009), afferma che il principio dettato dall’art. 5, comma 2 del Dlgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in base al quale le variazioni della rendita catastale producono effetti ai fini Ici a decorrere dall’anno successivo alla data in cui sono annotate negli atti catastali, non trova applicazione nel caso in cui l’Agenzia del territorio provvede a modificare un precedente

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classamento, correggendo errori materiali anche su sollecitazione del contribuente. Se così non fosse ricadrebbero sul contribuente le conseguenze negative del ritardo dell’Ufficio e si determinerebbe un contrasto con l’art. 53, comma 1, della Costituzione, a norma del quale i cittadini contribuiscono alla spesa pubblica sulla base della propria capacità contributiva, effettiva e non fittizia. Nel caso di specie è stato verificato che l’Ufficio locale dell’Agenzia del territorio, dopo aver attribuito nuove rendite ad alcune unità immobiliari ed essendo le stesse rendite divenute definitive, per mancanza di opposizione da parte del soggetto interessato nel termine previsto, ha effettuato una variazione delle suddette rendite a seguito di istanza di riesame da parte del contribuente. Le modifiche in questione, pertanto, non derivano da una variazione dello stato o della destinazione del bene ma soltanto dalla constatazione di un errore da parte dell’Agenzia del territorio. In sostanza, così facendo, quest’ultima ha esercitato il potere di revocare, in autotutela, un precedente provvedimento dalla stessa ritenuto illegittimo, in applicazione delle disposizioni recate dal Dm. 11 febbraio 1997, n. 37. La validità dell’operato dell’Amministrazione che ha agito in autotutela è confermato dalla stessa Corte di Cassazione che nella Sentenza in esame, richiamando la Pronuncia n. 7335, del 26 marzo 2010, ha espresso l’avviso che “il decorso del termine per impugnare l’atto illegittimo non costituisce un limite all’autotutela della Pubblica Amministrazione” e che, inoltre, “l’esercizio del potere di autotutela in materia tributaria incontra un limite, oltre che nell’avvenuta formazione del giudicato sull’atto viziato e nel decorso del termine decadenziale fissato per l’accertamento, anche nella tutela del diritto di difesa del contribuente (…)”. Sulla problematica della modifica delle rendite catastali in autotutela occorre richiamare l’attenzione anche su quanto affermato dall’Agenzia del territorio nella Circolare 26 ottobre 2005, n. 11. In tale documento di prassi amministrativa, viene precisato che l’Avvocatura dello Stato, investita della questione, ha osservato che con riferimento al settore catastale, attraverso l’esercizio dell’autotutela possono essere eliminati “errori di inserimento dei dati, ovvero di applicazione delle regole tecniche dell’estimo catastale in relazione ad un immutato contesto”. Inoltre, secondo l’Avvocatura, l’annullamento dell’accertamento in autotutela non può che avere effetto retroattivo, ossia dalla data di decorrenza del classamento errato. Occorre, altresì, aggiungere che secondo l’Organo legale non rientrano nell’ambito dell’autotutela le ipotesi in cui la revisione della rendita catastale sia connessa all’intervento di nuovi elementi concernenti il classamento. In tal caso, il provvedimento con cui viene riesaminata la rendita non può avere effetto retroattivo perché gli elementi a base del riesame sono nuovi rispetto a quelli disponibili al momento dell’originario classamento. Sullo stesso argomento è il caso di evidenziare che l’Agenzia del Territorio, nella Circolare in esame, afferma anche che non sempre è possibile procedere alla rimozione dell’atto. A tal proposito, occorre infatti distinguere tra errori oggettivamente evidenti, come quelli connessi alla semplice consistenza del fabbricato, per i quali è inevitabile effettuare la rimozione dell’atto con effetti ex tunc, e quelli connessi invece ad un giudizio di valutazione ai quali non necessariamente consegue l’annullamento dell’atto ab origine. In materia di determinazione della rendita catastale occorre soffermare l’attenzione anche sulla circostanza che nella Circolare n. 11 del 2005 e nella Risoluzione 27 marzo 2007, n. 1, l’Agenzia del territorio, sulla scorta delle affermazioni svolte dai Giudici di legittimità e delle indicazioni fornite dall’Avvocatura generale dello Stato, effettua alcune considerazioni anche in ordine alla portata dell’art. 74, della Legge 21 novembre 2000, n. 342. In effetti, la retroattività della validità della rendita attribuita a seguito dell’attività di autotutela, supera il disposto della norma citata in base alla quale, invece, “a decorrere dal 1º gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita”. E’ evidente che la rideterminazione della rendita avvenuta a seguito dell’esercizio dell’autotutela non è una semplice modificazione nel senso voluto dall’art. 74, della Legge n. 342/00, ma è un atto che tende a correggere un errore effettuato sin dall’originaria attribuzione della rendita. Peraltro, al fine di rendere palese detta circostanza sarebbe opportuno che negli atti catastali venga evidenziato che la decorrenza della nuova rendita è corrispondente a quella del classamento rettificato. Diversamente accade nell’ipotesi in cui la modifica del classamento venga effettuata sulla base di elementi nuovi giunti dopo l’originario classamento. In tal caso, infatti, come già accennato, la rettifica

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della rendita avrà effetti ex nunc e cioè dalla data dell’avvenuta notifica effettuata a norma del citato art. 74, della Legge n. 342/00. B) Effetti delle variazioni delle rendite catastali a seguito di sentenze Collegata alla modifica della rendita catastale in autotutela è l’altra questione della decorrenza della rendita catastale a seguito di ricorso presentato avverso il provvedimento di determinazione della rendita stessa emanato dall’Agenzia del territorio. In ordine a tale aspetto, la Suprema Corte ha affermato (cfr. Sentenze n. 22943, del 7 dicembre 2004, n. 6206 del 22 marzo 2005, n. 15862 del 28 luglio 2005, e n. 11094 del 7 maggio 2008) il principio in base al quale il dispositivo di sentenze che decidono in ordine all’ammontare di rendite catastali ha effetto retroattivo. Ciò comporta che qualora la rendita catastale, a seguito della produzione di un ricorso, venga diminuita nel suo ammontare, i contribuenti interessati sono legittimati ad effettuare la richiesta di rimborso di tributi pagati sulla base della rendita di più alto ammontare in precedenza stabilita dagli Uffici locali dell’Agenzia del Territorio. L’orientamento della Corte di Cassazione è dunque quello di dare validità retroattiva alla rendita catastale modificata a seguito di ricorso. La questione della validità retroattiva della rendita catastale ha inevitabilmente indotto a riflettere su una problematica che molto ha fatto discutere. A tal proposito, si aggiunge che nella sentenza n. 15862 del 2005 è stato evidenziato che nell’ipotesi in cui “la variazione dipenda dalla correzione di un pregresso errore e non da modificazione dei parametri”, sulla base dei quali è stata attribuita la rendita in contestazione, non può essere applicato l’art. 5, comma 2, del Dlgs. n. 504/92, il quale dispone che per i fabbricati iscritti in catasto, “il valore è quello vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione”. Nella Sentenza n. 6206 del 2005, i Supremi giudici si pronunciano anche sul fatto che l’efficacia ex tunc dell’accoglimento del ricorso di atti attributivi di rendita si verifica anche in relazione agli effetti verificatisi medio tempore. A tal proposito la Corte ribadisce che l'annullamento dell'atto amministrativo pregiudizievole, deve, necessariamente, implicare la caducazione di detti effetti. Né può ritenersi applicabile nel caso di specie l'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 504/92, poiché fa riferimento all’applicazione delle rendite catastali “vigenti”, in quanto deve trattarsi di vigenza secondo legge. Vale a dire che non può produrre effetti una rendita catastale determinata contra legem. Qualora nelle more del giudizio, la rendita in contestazione abbia già prodotto effetti, questi devono essere eliminati anche al fine di evitare contrasti con i principi di capacità contributiva e di riserva di legge che sono alla base del prelievo tributario. Un’interpretazione nel senso prospettato è stata fornita dalla Corte di Cassazione anche nella Sentenza 1° giugno 2006, n. 13069, dove sono state ritenute erronee le tesi sostenute nella sentenza impugnata dal giudice di appello, secondo il quale la rendita rideterminata a seguito di giudizio avrebbe effetti solo a partire dalla data della sentenza passata in giudicato e l’impugnativa della rendita non avrebbe effetto sospensivo dell’iscrizione in Catasto della nuova rendita. Tuttavia, secondo la Suprema Corte entrambe le tesi vanno confutate sulla base della circostanza che, come affermato dalla stessa Corte nella Sentenza 26 ottobre 1983, n. 6322, “gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda, se (come indubitabile nella specie) a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento”. Inoltre, sostiene la Corte, la definitività della rendita catastale avvenuta in pendenza di un giudizio relativo all’Ici dovuta dal contribuente, produce effetti sul tributo stesso perché la rendita definitiva è l’unico elemento di cui occorre tener conto ai fini della quantificazione dell’Ici. Infatti, la rendita determinata in modo definitivo con sentenza passata in giudicato è l’unica rendita valida ed efficace a partire dall’attribuzione e quindi il solo elemento sulla base del quale determinare l’imposta effettivamente dovuta. In questa sentenza i giudici di legittimità affermano l’importante principio di diritto in base al quale "per effetto dell'intervenuto passaggio in cosa giudicata della decisione concernente la rendita catastale, ai fini di stabilire l'ammontare dell'Ici dovuta dal contribuente, deve tenersi conto esclusivamente della rendila irreversibilmente determinata da quel giudice tributario perché solo tale rendita è quella da considerare legittimamente risultante in catasto (ovverosia messa in atti) al primo gennaio dell'anno di riferimento dell'imposta a norma del Dlgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2”. Proprio sulla base delle argomentazioni svolte dalla Corte di Cassazione, l’Agenzia del territorio nella Circolare n. 11/05 e nella Risoluzione n. 1/07, ha confermato la retroattività delle rendite modificate a

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seguito di ricorso sostenendo che in tale ipotesi la rendita non può che avere effetto retroattivo poiché la modifica del valore catastale non deriva da elementi nuovi sopraggiunti dopo l’attribuzione della rendita stessa. Del resto, questa conclusione è la diretta conseguenza del fatto che a seguito dell’accoglimento del ricorso avverso la determinazione della rendita viene annullato per illegittimità l’atto di attribuzione della rendita stessa e pertanto, la rendita non può non avere effetto retroattivo in quanto solo la “nuova rendita” riflette l’effettiva situazione dell’immobile. Del resto, come afferma l’Agenzia del territorio nella Risoluzione n. 1/07, la decisione del Giudice tributario non è un atto modificativo ma è un atto tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento errato fin dalla sua emanazione. Peraltro, occorre aggiungere che la soluzione a cui sono pervenuti i giudici di legittimità risolve un’annosa questione che riguarda la disciplina dell’Ici e che derivava dalla Risoluzione 27 novembre 1997, n. 226/E, laddove l’Amministrazione finanziaria aveva espresso l’avviso in base al quale nel caso in cui a seguito di ricorso prodotto dal contribuente viene modificata la rendita catastale, “si rende applicabile la regola, di carattere generale, contenuta nel primo periodo del comma 2 dell'art. 5 del Decreto legislativo n. 504/1992, in forza della quale, dovendosi assumere, per ciascun anno di imposizione, le rendite quali risultanti in catasto al primo gennaio dell'anno di imposizione medesimo, le modifiche di rendita hanno effetto soltanto a decorrere dall'anno di tassazione successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime risultano essere state annotate negli atti catastali (cosiddetta ‘messa in atti’)”. In conclusione, dalle argomentazioni riportate possiamo senz’altro affermare che le interpretazioni fornite dalla giurisprudenza e dalla prassi in materia di rendite catastali risolvono questioni di fondamentale importanza che per troppo tempo sono rimaste insolute apportando una notevole incertezza sull’applicazione e sulla gestione dell’Ici e che nel tempo non hanno fatto altro che alimentare un cospicuo contenzioso.

__________________________________ Tassa e Tariffa smaltimento rifiuti - Nota Ifel 28 dicembre 2010 di Angelo Bachi Dottore commercialista, Revisore contabile, Consulente Enti Pubblici società in materia di tributi La Nota Ifel che ci occupa è l’ultimo di una serie di atti di normativa, giurisprudenza e prassi che hanno affrontato il tema della natura, tributaria o meno, della Tariffa di igiene ambientale istituita con il Dlgs. n. 22/97, cosiddetto “Decreto “Ronchi”, nonchè dell’applicabilità o meno alla “Tia” dell’Imposta sul valore aggiunto, alla giurisdizione ed infine alla obbligatorietà dell’inserimento della “Tia” nei bilanci dei Comuni. La Nota ripercorre detta serie di atti, sui quali conviene soffermarsi al fine di comprendere appieno i termini della questione. Ecco i singoli punti che verranno affrontati: 1. Dlgs. n. 22/97: istituzione della Tariffa di igiene ambientale; 2. art. 3-bis, comma 1, del Dlgs. n. 203/05: ampliamento della giurisdizione tributaria; 3. Sentenza Corte Costituzionale: natura di corrispettivo della Cosap; 4. eccezioni di incostituzionalità - Sentenza Corte Costituzionale n. 238/09: Tia – Riflessi in materia di

Imposta sul valore aggiunto; 5. il Dl. n. 78/2010, norma di interpretazione autentica; 6. la Circolare 3 novembre 2010, n. 3; 7. Nota Ifel del 28 dicembre 2010. 1. Dlgs. n. 22/97: istituzione della Tariffa di igiene ambientale L’art. 49 del Dlgs. n. 22/97 (c.d. “Decreto Ronchi”), ha previsto la istituzione di un tariffa con cui i Comuni dovevano provvedere “alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e di qualunque altra natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”. Contestualmente, veniva disposta la soppressione della vecchia Tassa sui rifiuti solidi urbani di cui al

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Dlgs. n. 507/93, “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio disciplinato dal Regolamento di cui al comma 5”. Il Regolamento sarà successivamente emanato con Dpr. n. 158/99. Gli obiettivi della riforma erano quelli di andare nella direzione di una maggiore giustizia ed equità nel pagamento del servizio e di introdurre un metodo che si avvicinasse il più possibile al pagamento per il reale utilizzo del servizio (principio del “chi inquina paga”). Si è quindi venuto a creare un sistema binario che prevede, Comuni che continuano ad applicare la Tarsu, ed altri che invece passano volontariamente od obbligatoriamente alla Tia. Rispetto alla Tarsu, la Tariffa presenta una struttura binomia essendo composta da due parti: una parte fissa per la copertura appunto dei costi fissi del servizio, e una parte variabile, più legata invece all’effettiva produzione dei rifiuti. Un’altra differenza fra i due tipi di entrate si riscontra nel soggetto attivo che, per quanto riguarda la Tarsu, è il Comune, Ente impositore. Nella Tariffa, invece, l’Ente Locale emana gli atti generali di istituzione e regolamentazione dell’entrata e di determinazione della tariffa, ma la gestione può essere affidata ad un “Ente gestore” incaricato, sia di svolgere il “Servizio smaltimento dei rifiuti”, che di riscuotere la relativa entrata. In questo secondo caso, è proprio l’Ente gestore quindi che emette gli atti di liquidazione ed accertamento, irroga sanzioni, sta in giudizio e quant’altro. Il Comune, pertanto, affida all’Ente gestore anche la propria funzione di Ente impositore. Vedremo più avanti come la diversa natura giuridica delle Tia incida su questo punto. Se per la Tarsu infatti era indiscusso il carattere di entrata tributaria, per la Tia sin dall’introduzione ci si è chiesti se trattavasi di tributo o di corrispettivo, come lascerebbe intendere l’appellativo stesso di “Tariffa”. Natura tributaria Va in direzione della natura tributaria della Tia il principio, canonizzato dall’art. 49, comma 3, del Dlgs. n. 22/97, che la Tariffa si applica “nei confronti di chiunque occupi, oppure conduca locali o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti”. Tale norma è quasi identica a quella prevista dall’art. 62 del Dlgs. n. 507/93 per la Tarsu, e lascia intendere una presunzione iuris e de iure che nei locali e nelle aree scoperte non pertinenziali si producano rifiuti, indipendentemente dalle modalità del loro smaltimento o recupero, e quindi la debenza della tariffa. La fonte dell’obbligazione per entrambe l’entrate non è quindi alcun atto volontario fra privato ed Ente, bensì la legge. In definitiva, l’obbligo per il privato di pagare la Tariffa nasce dalle previsioni legislative e da regolamenti autoritativamente emanati dal Comune e non dal concreto uso del servizio. L’utente non ha la possibilità di scegliere se utilizzare o meno il Servizio, sottraendosi così al pagamento della “Tariffa”. Essendo quindi una prestazione patrimoniale imposta e mancando un rapporto contrattuale, parte della dottrina propende per la natura tributaria della Tia. E’ vero anche che deleghe legislative (Leggi n. 146/94 e n. 52/96), in forza delle quali è stato emanato il Dlgs n. 22/97, non hanno mai attribuito al Governo la potestà di sopprimere la Tarsu, ma hanno richiesto unicamente modifiche della disciplina vigente (quindi, l’introduzione di un nuovo tributo), per recepire le Direttive comunitarie obbligatorie emanate in materia. Sempre nel senso della natura tributaria, si consideri che il Servizio di “Gestione dei rifiuti urbani ed assimilati” si svolge in regime di privativa, cioè a dire di “monopolio”. L’art. 21 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, al comma 1, dispone infatti che “i Comuni effettuino la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa”. Esso ricalca nella sostanza quanto veniva disposto in materia Tarsu dall’art. 58, del Dlgs. n. 507/93: “Per il Servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa nell'ambito del centro abitato, delle frazioni, dei nuclei abitati ed eventualmente esteso alle zone del territorio comunale con insediamenti sparsi, i comuni debbono istituire una Tassa annuale, da disciplinare con apposito regolamento ed applicare in base a tariffa con l'osservanza delle prescrizioni e dei criteri di cui alle norme seguenti”. Il regime di privativa è confermato dalla Circolare Ministero dell’Ambiente 7 ottobre 1999, sul Dpr. 27 aprile 1999, n. 158, contenente il Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del Servizio di “Gestione del ciclo dei rifiuti urbani”: “La titolarità, da parte del Comune, della gestione del servizio è infatti sancita dall'art. 21 del medesimo Decreto legislativo n.22/97, nel quale è specificato che i Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e

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dei rifiuti speciali assimilati agli urbani nelle forme di cui alla Legge 8 giugno 1990, n.142, ‘in regime di privativa’, disciplinandola con appositi Regolamenti e stabilendo, tra quelle previste dall'ordinamento, le forme attraverso le quali effettuare la gestione stessa, fermo restando che, come titolari della funzione, manterranno comunque in capo il controllo circa il suo esercizio secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità”. Concludendo, a sostegno della qualificazione tributaria vi sono l’obbligatorietà del prelievo, l’identità dei presupposti impositivi con la Tarsu, l’assenza di rapporti contrattuali, il regime di privativa. Natura privatistica A supporto dell’attribuzione della natura privatistica, conduce invece la struttura ed il metodo di costruzione della tariffa, differenziata come detto fra fissa e variabile e determinata con l’applicazione di rigidi coefficienti ministeriali (previsti nel Dpr. n. 158/99) che stabiliscono il carico tariffario dovuto dalle utenze domestiche e non domestiche. Il corpus normativo Tia non contiene, poi, come invece ci si aspetterebbe in caso di entrata tributaria, alcuna norma riguardante l’accertamento, le sanzioni e il contenzioso. Dal punto di vista normativo, infine, il Dl. n. 328/97, nel modificare la Tabella A, allegata al Dpr. n. 633/72, stabilisce che sono soggette all’aliquota Iva del 10% le prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, previste dall'art. 6, comma 1, lett. d ), l ) e m ), del Dlgs. n. 22/97, di rifiuti urbani di cui all'art. 7, comma 2, e di rifiuti speciali di cui all'art. 7, comma 3, lett. g ). L’assoggettamento ad Iva agli importi dovuti per la Tia ne escluderebbe il carattere tributario. Pronunce giurisprudenziali L’esatta individuazione della natura della Tariffa comporta importanti effetti per l’individuazione della disciplina applicabile (civilistica o tributaria), di giurisdizione, di forma degli atti (amministrativi o meno), di impugnabilità e giurisdizione, di riscossione coattiva e di sistema sanzionatorio, di applicazione dell’Iva, di appostazione nel bilancio comunale. Nei primi anni di applicazione della Tariffa di igiene ambientale ci si è posti quindi questo tipo di interrogativo, che quasi unanimemente è stato risolto a favore della natura tributaria della Tia, con tutte le relative conseguenze. Le prime Sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie provinciali propendevano per la natura tributaria della Tia, condividendo gli assunti della maggior parte degli interpreti. Tanto più che l'art. 12 della Legge n. 448/01 (“Finanziaria 2002”), riformulando l'art. 2 del Dlgs n. 31 dicembre 1992, n. 546, aveva nel frattempo esteso l'ambito giurisdizionale delle Commissioni tributarie, giurisdizione che di fatto ha assunto carattere generale, su “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie (…..)”. Veniva stabilita l'appartenenza alla giurisdizione tributaria di tutte le controversie aventi a oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali. Il Legislatore ha introdotto una nozione omnicomprensiva di tutti i tributi, sostituendo il precedente elenco tassativo, rimarcando la natura di specialità della giurisdizione delle Commissioni tributarie rispetto a quella del giudice ordinario. E’ il caso di richiamare la Sentenza Commissione tributaria regionale di Venezia, Sezione 33, 14 novembre 2002, n. 105, che, pronunciandosi in merito ad un ricorso proposto da un utente per errata attribuzione della categoria da parte del Comune, ne aveva affermato la natura tributaria. In seguito, la Commissione tributaria provinciale di Venezia, Sezione V, con la Sentenza 28 febbraio 2004, n. 5, ha riaffermato che la tariffa rappresenta un vero e proprio tributo, poiché l’obbligazione deriva direttamente dalla legge e non da un rapporto privatistico. Dello stesso tenore la Pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Treviso, Sezione II, con la Sentenza n. 87 del 6 dicembre 2004. Anche qui si afferma che gli elementi che connotano tale tributo spiegano il suo carattere generale erga omnes (dei soggetti che producono rifiuti), non per una volontà contrattuale bensì sulla base di disposizioni di legge. La Commissione tributaria provinciale di Lucca, con la Sentenza 27 gennaio 04, depositata il 2 settembre 2004, nel constatare che il “Servizio di raccolta e smaltimento rifiuti” è una funzione fondamentale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente, sottolineano che tale Servizio è esercitato dal Comune in regime di privativa ai sensi dell'art. 21 del Dlgs. n. 22/97 e che lo stesso è obbligatorio,

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sia per il prestatore, che deve necessariamente istituirlo, sia per l'utente, il quale ne trae beneficio in ogni caso. Inoltre, la determinazione della tariffa avviene unilateralmente da parte del Comune e non sussiste quindi nella normativa alcun tratto negoziale nel rapporto tra il Comune e l'utente finale. La Commissione propende quindi dell'assoluta coattività del prelievo in esame. In modo conforme si sono pronunciate anche la Ctp di Treviso, Sezione II, Sentenza 11 gennaio 2005, n. 101, la Ctr Veneto, Sentenza 14 novembre 2002, n. 105, la Ctp Lucca, Sezione 1, 19 maggio 2005, n. 23. Sono state molto rare le pronunce a favore della giurisdizione del giudice ordinario a decidere le controversie riguardanti la Tariffa di igiene ambientale. Fra queste, la Sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta, Sezione X, 16 febbraio 2004, n. 53, nella quale i Giudici campani hanno dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, visto che a loro avviso la Tariffa per la gestione dei rifiuti si discosta dal concetto di Tassa poiché nella Tarsu non vi è una correlazione con il costo del Servizio. Il problema dell’Iva E’ una Risoluzione ministeriale, la n. 25/E del 5 febbraio, che fornisce le indicazioni per l’applicazione dell’Iva, nella quale l’Amministrazione finanziaria giunge a concludere che per la Tariffa di igiene ambientale, “verificandosi i presupposti impositivi soggettivo ed oggettivo, la medesima deve essere assoggettata all’Iva, con l’aliquota agevolata del 10%, come previsto dalla Tabella A, Parte Terza, n. 127-sexiesdecies), allegata al suddetto Dpr. n. 633 del 1972, nel caso che trattasi della gestione di rifiuti urbani e/o di rifiuti speciali ad essi assimilati”. Lo stesso principio si rileva del resto nell’art. 6, comma 13, ultimo periodo, della Legge interpretativa 13 maggio 1999, n. 133 L’ordinamento tributario prevede infatti l’imposizione Iva per tributi, come nel caso delle accise sui consumi energetici: basta controllare una bolletta di erogazione del gas. Va inoltre rilevato che l’applicazione dell’Iva coglie, non già il corrispettivo tributario della Tia, quanto invece, conformemente all’art. 3 del Dpr. n. 633/72, la sottostante prestazione del servizio di cui la Tia è espressione. Vale a dire che, anche ad ammettere la natura commutativa di detto tributo, ed “a fortiori” che si dovesse concludere per la natura non commutativa della Tia, è la prestazione del servizio (spostamento, raccolta, trasporto, smaltimento del rifiuto) reso al contribuente che obbliga, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. a), alla imposizione. Recita infatti la disposizione richiamata: “Agli effetti del comma precedente i corrispettivi sono costituiti: a) per la cessione dei beni e le prestazioni dei servizi dipendenti dalla pubblica autorità, dall’indennizzo comunque denominato.” Quest’ultimo è la commisurazione ai fini della determinazione dell’imponibile e può essere anche la controprestazione pecuniaria del prezzo pubblico, della indennità di esproprio, ma può anche avere natura tributaria. Conclusioni Sulla base di dette considerazioni i Comuni, in grande maggioranza, hanno recepito la natura tributaria della Tariffa di igiene ambientale, con tutte le relative conseguenze. Parimenti, in ossequio alla prassi ministeriale, hanno provveduto ad assoggettare ad Iva i relativi importi. 2. Art. 3-bis, comma 1, del Dlgs. n. 203/05: ampliamento della giurisdizione tributaria Questo quadro normativo è stato poi integrato da un’importante norma di carattere processuale che ha devoluto al Giudice tributario le liti scaturenti, fra le altre, dall’applicazione del Canone per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Si tratta dell’art. 3-bis comma 1, del Dl. n. 203/05, che ha modificato l’art. 2 del Dlgs. n. 546/92 (giurisdizione delle Commissioni tributarie), aggiungendo al comma 2 la seguente disposizione: “appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del Canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'art. 63 del Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del Canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni".

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In tal modo, si voleva fare chiarezza, visto che l’antecedente formulazione, introdotta con l’art. 12, comma 2, della Legge 28 dicembre 2001, n. 448, in sostituzione della elencazione analitica originaria del Dlgs. n. 546/92, affermava che “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i ‘tributi di ogni genere e specie ...”. L’art. 3-bis, con l’aggiunta dell’inciso “comunque denominati”, ha inteso precisare che, ai fini della giurisdizione, non vale il nomen della pretesa patrimoniale, bensì la natura della stessa. . L’art. 3-bis in commento non amplia la sfera della giurisdizione tributaria, bensì costituisce mera precisazione dell’art. 2, del Dlgs. n. 546/92. Tale norma, si pensava, avrebbe scritto la parola “fine” all’annosa querelle sulla natura tributaria o meno della Tariffa di igiene ambientale. Giurisprudenza La giurisprudenza, per quanto sopra detto, si orientava quindi in modo deciso per la natura tributaria della Tariffa di igiene ambientale. Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, nella Sentenza 2 febbraio 2006, n. 4895, hanno affermato che il Giudice competente sulle controversie in materia di Tariffa di igiene ambientale è quello tributario, proprio rifacendosi alla suddetta novella legislativa. La Suprema Corte precisa, sul punto, che “il Legislatore, superando le incertezze già insorte in materia in dottrina e nella giurisprudenza di merito - e così, già prima, in tema di Cosap, scarico e depurazione di acque reflue, ed, in minor misura, di Imposta comunale sulle pubbliche affissioni - ha ricondotto infatti le controversie in materia di Tia (Tariffa d'igiene annientale introdotta, con abolizione della precedente Tarsu, dal Dlgs. n. 22 del 1997, art. 49 - cd. Decreto Ronchi -) nell'ambito della giurisdizione tributaria”. La Corte ritiene poi che “tale norma [ovvero l’art. 2 del Dlgs. n. 546/92] si sottrae al sospetto di illegittimità costituzionale sotto il profilo della possibile violazione dell'art. 102 Cost., per inosservanza del limite - richiamato a suo tempo da Corte Cost. n. 144/98 - della natura tributaria delle materie attribuite alle commissioni tributarie, indispensabile per non farle ritenere ‘nuovi’ Giudici speciali. L'argomento si rivela infatti privo di riscontri, tanto più se si considera che i ‘canoni’ indicati nella disposizione sopravvenuta (senza che acquisti rilievo l'impiego del termine ‘tariffa’, presente anche in materia tributaria in senso stretto; es.: Iva, Imposta di registro) attengono tutti ad entrate che in precedenza rivestivano indiscussa natura tributaria”. In sostanza, la Corte ha voluto chiarire che la Tia ha natura di tributo, avendo attratto in maniera inequivocabile questa materia nella giurisdizione tributaria. Sempre in materia di qualificazione della natura tributaria della Tia, la stessa Suprema Corte si è espressa con Sentenza 9 agosto, n. 17526, che ne motiva la natura di entrata tributaria affermando che la stessa non sembra presentare caratteri sostanziali di diversità rispetto alla Tassa, atteso che "fondamento dell'applicazione della Tariffa non e' alcun intervento o atto volontario del privato". Nella citata Sentenza, viene quindi affermato che la Tia non può qualificarsi come corrispettivo, in senso tecnico, di una prestazione liberamente richiesta, rappresentando invece "una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso l'imposizione dei relativi costi sull'area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio". Dello stesso tenore la Sentenza della Corte di Cassazione n. 5297/09, che ribadisce la natura tributaria della Tariffa di igiene ambientale. Nella stessa Sentenza si legge che “rientrano nel sistema fiscale anche quelle entrate pubbliche che si possono, con termine moderno, denominare ‘tasse di scopo’ che cioè mirano a fronteggiare una spesa di interesse generale ripartendone l'onere sulle categorie sociali che da questa spesa traggono vantaggio, o che comunque determinano l'esigenza per la ‘mano pubblica’ di provvedere. Esempi in proposito sono costituiti dai contributi consortili, dalla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (ora Tariffa igiene ambientale)”; inoltre che “deve essere riconosciuta natura tributaria a tutte quelle prestazioni che non trovano giustificazione in una finalità punitiva perseguita dal soggetto pubblico, o in un rapporto sinallagmatico tra la prestazione stessa e il beneficio che il singolo riceve. L’applicazione Tia non trova fondamento in alcun intervento o atto volontario del privato. Essa, infatti, ai sensi dell’art 49 del Dlgs n. 22 del 1997, riveste carattere obbligatorio in quanto deve ‘essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure deduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale’. Il fatto che siano assoggettati alla tariffa tutti i locali “esistenti nelle zone del territorio comunale” costituisce addirittura un’accentuazione del carattere pubblicistico dell’entrata (Cassazione n. 17526/07), estendendole la base di applicazione rispetto a quanto in precedenza previsto dal Rd n. 1175 del 1931, art 270 ( e poi del Dlgs n. 50 del 1993, art. 62) che

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prevede che “ la tassa era dovuta soltanto da chi occupasse oppure conducesse locali a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui i servizi erano istituiti a norma delle disposizioni di legge vigenti in materia” (Cassazione n. 17526/07). Presupposto del debito, è dunque “l’occupare o condurre immobili” a prescindere dal conferimento dei rifiuti al servizio pubblico, sia pure monopolistico, dal momento che la tassa è dovuta anche da chi occupa immobili in zona dell’area comunale non servite, in ipotesi, dal servizio di raccolta dei rifiuti. Il conferimento dei rifiuti (e la loro quantità) concorre quindi solo a determinare la partecipazione alla “quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio” (Cassazione n. 17526/07). È stato ulteriormente osservato che “ anche il riferimento ai rifiuti si rileva - almeno quando si discorra di utenze familiari – piuttosto labile: il Dpr. 27 aprile 1999, n.158 ( “Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”) ha infatti consentito alle Amministrazioni comunali di applicare un sistema presuntivo, prendendo a riferimento la produzione media comunale procapite, desumibile da tabella che saranno predisposte annualmente sulla base dei dati elaborati dalla Sezione nazionale del Catasto rifiuti”. (Cassazione n. 17526/07). La non corrispondenza tra il conferimento effettivo dei rifiuti da parte dei cittadini e la somma da questi corrisposta si evince ulteriormente da fatto che la tariffa comprende anche spese che riguardano la collettività nel suo insieme, dal momento che esse copre anche i costi per i servizi relativi ai rifiuti di qualunque natura o previdenza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico (Cassazione n. 17526/07). La natura tributaria della tariffa non è messa poi in discussione delle eventuale natura eventualmente privatistica del soggetto che gestisce la stessa. Questa Corte ha infatti più volte affermato che le varie forme di attribuzione a soggetti privati di servizi ( ed entrate) pubbliche non fanno venir meno i cardini della struttura pubblicistica dei servizi ( e delle entrate) stesse.”; Deve dunque concludersi ( in accoglimento della corrispondente censura avanzata dalla società ricorrente ) che l’entrata in questione ha natura sicuramente tributaria, non costituendo, in senso tecnico, il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta; e rappresentando invece una norma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio.” A livello locale, la Commissione tributaria regionale Toscana, Sezione XXV, con Sentenza 17 febbraio 2007, n. 6, e 13 febbraio 2009, n. 19, ha riconosciuto la propria giurisdizione in materia di Tia, così come la Commissione tributaria provinciale di Lucca, con le Sentenze che qui di seguito si riportano: - la Sentenza Ctp di Lucca 20 maggio 2008 stabilisce: “Quanto al punto a), solo recentemente è stata definitivamente acclarata la natura tributaria della Tia (Cassazione Civile S-U., 8.3.2006 n 4895) dopo alterne e diverse pronunce della stessa Corte di Cassazione, e con la conseguente affermazione della devoluzione della cognizione giudiziale alla giurisdizione tributaria.” “La tariffa Tia è una prestazione patrimoniale imposta di natura non commutativa ma verosimilmente di carattere para commutativa, rientrante quindi fra le Imposte”; -ancora dello stesso tenore la Sentenza n. 64/1/06: “La giurisdizione della Commissione tributaria è indubitabile perché esiste disposizione di legge in tal senso (art.3 bis del Dl. n. 203/05 convertito nella Legge n. 248/05). È inoltre da osservare che tale giurisdizione è stata affermata in numerose Sentenze di Commissioni tributarie provinciali e regionali, in ragione della specifica natura della Tariffa. La Tariffa, al di là del nome, sottintende un servizio obbligatorio per il comune ( e per esso il gestore da esso individuato) che deve istituirlo e per l’utente che è obbligato a servirsene e che comunque è soggetto a corrispondere la Tia per il semplice fatto di occupare locali o aree oggetto di tassazione (art. 49, comma 3, Dlgs. n. 49/97). La totale assenza di volontarietà nelle parti, confermata dal fatto che non può esistere alcun contratto tra le stesse, determina la impossibilità di ascrivere la tariffa ad un corrispettivo di natura privata, e ne definisce, unitamente ad altri elementi, la natura pubblicistica. Si deve infine rilevare che appare contraddittorio che il ricorrente presenti ricorso alla Commissione Tributaria, invocando nel contempo il difetto di giurisdizione della stessa.” Prassi A maggior chiarimento, è intervenuta anche la Circolare 13 marzo 2006, n. 10/E (Paragrafo 7, punto 7.1), con la quale l'Agenzia delle Entrate conferma, anche per il futuro, la competenza delle Commissioni tributarie a decidere in ordine alle controversie aventi a oggetto i tributi di ogni genere e

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specie, anche di nuova istituzione e senza necessità di espresse disposizioni al riguardo. Inoltre, l'Amministrazione precisa che sono attratte nell'ambito della giurisdizione tributaria - in forza della citata disposizione - anche le controversie relative ai "canoni" e alle "tariffe", dovuti in materia di occupazione di aree e spazi pubblici, per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, per la pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, come pure per lo smaltimento dei rifiuti urbani. 3. Sentenza Corte Costituzionale: natura di corrispettivo della Cosap A “turbare le acque”, che sembravano essersi definitivamente calmate a seguito dell’ampliamento della giurisdizione delle Commissioni tributarie, sono intervenute le riflessioni sulla legittimità costituzionale dell’appena citato ampliamento di giurisdizione. Già con il ricorso incidentale, poi respinto dalla Suprema Corte con la citata Sentenza n. 4895 del 2 febbraio 2006, era stato insinuato il sospetto di illegittimità costituzionale della disposizione di ampliamento della giurisdizione, per violazione dell’art. 102 e della VI disposizione transitoria della Costituzione. Le Commissioni tributarie, essendo giudici speciali, possono decidere solo su entrate di natura tributaria. In difetto, le norme ampliative sono illegittime in quanto si verrebbe a creare un "nuovo" giudice speciale vietato dal comma 2 dell'art. 102 della Costituzione. Chiamata a decidere con appositi ricorsi, la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 64/08, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 2 del Dlgs. n. 546/92, nella parte in cui attribuisce alle Commissioni tributarie le controversie in materia di Cosap. E' costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 102, comma 2, della Costituzione, l'art. 2, comma 2, secondo periodo, del Dlgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lett. b), del Dl. n. 203/05, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della Legge n. 248/05, nella parte in cui stabilisce che “appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del Canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'articolo 63 del Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”.. Nella citata Sentenza 14 marzo 2008, n. 64, la Corte Costituzionale sostiene con chiarezza che non è “sufficiente, al fine di negare lo ‘snaturamento’ della materia attribuita alla giurisdizione tributaria, affermare che le controversie relative ad alcuni particolari canoni, pur non avendo natura tributaria, sono legittimamente attribuite alla cognizione delle commissioni tributarie per la sola ragione che il fatto generatore delle suddette prestazioni patrimoniali è simile al presupposto che, in passato, avevano avuto alcuni tributi. (…..). Al contrario, come già rilevato, il difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l’attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un ’nuovo’ giudice speciale”. Deve operarsi un esame di sostanza e non meramente nominalistico, di semplice nomen iuris, per accertare se un certo tipo di entrata è tributaria e ne è legittima costituzionalmente la collocazione dell’art. 2, comma 2, citato. E’ determinante quindi la valutazione che del Cosap fornisce la Corte di Cassazione che. “(….) dopo aver inserito il denunciato art. 3-bis, comma 1, lett. b), del Decreto-legge n. 203 del 2005 nell’ambito di una tendenza del legislatore ad ampliare progressivamente l’oggetto della giurisdizione tributaria mediante successive modificazioni dell’art. 2 del Decreto legislativo n. 546 del 1992, ha costantemente dichiarato che le controversie attinenti al Cosap non hanno natura tributaria”: da qui la conseguenza dell’illegittimità costituzionale della norma in oggetto. Infatti, la Corte di Cassazione, con diverse Pronunce (Cassazione, Sezioni Unite Civili, nn. 25551, 13902, 1611 del 2007; n. 14864 del 2006; n. 1239 del 2005; n. 5462 del 2004; n. 12167 del 2003), aveva costantemente dichiarato che le controversie attinenti al Cosap non avevano natura tributaria. Stesso discorso vale anche per la Sentenza 14 maggio 2008, n. 130, che dichiara “(….)l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria; tale norma, così come interpretata dal diritto vivente, finisce infatti per attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative a sanzioni unicamente sulla base del mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell’Organo competente ad irrogarle e, dunque, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni ineriscono. Essa, dunque, si pone in contrasto con l’art. 102, comma 2, e con la VI disposizione transitoria della Costituzione, risolvendosi nella creazione di un nuovo giudice speciale”.

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Questi due Pronunciamenti della Consulta pongono un serio limite all’allargamento della giurisdizione del Giudice tributario. Peraltro, con Sentenza della Corte Costituzionale n. 141/09, veniva invece stabilita la natura tributaria del “Canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari”, e quindi la legittimità della devoluzione del contenzioso al Giudice tributario, come indicato nell’art. 2, comma 2, del Dlgs. n. 546/92. 4. Eccezioni di incostituzionalità - Sentenza Corte Costituzionale n. 238/09: Tia – Riflessi in

materia di Imposta sul valore aggiunto Naturalmente la Corte Costituzionale è stata chiamata, con più ricorsi, a pronunciarsi sulla natura tributaria o meno della Tariffa di igiene ambientale. Lo ha fatto con la Sentenza n. 238/09, nella quale, fra le motivazioni a favore della natura tributaria della Tia, spicca la mancanza di rapporto sinallagmatico. Infatti, si afferma che “questa Corte, mediante numerose pronunce, ha indicato i criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi. Tali criteri, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi stessi, consistono nella doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (ex plurimis: Sentenze n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005)”. Successivamente, confrontando Tarsu e Tia (“il che esclude per entrambi la sussistenza di un rapporto di sinallagmaticità tra pagamento e servizio di smaltimento dei rifiuti”), afferma che la Tia copre “anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibili a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente”, ed infine in materia di Tia sostiene che “la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entità del prelievo - quest'ultima commisurata, come si è visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni e al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni - porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico ...”. Ma il passo più importante è il seguente: “la Tia disciplinata dall’art. 49 del Dlgs. n. 22 del 1997, costituisce non già un’entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della Tarsu disciplinata dal Dpr. n. 507 del 1993 e conserva la qualifica di tributo propria di quest’ultima, con la conseguenza che le controversie aventi ad oggetto la debenza della Tia hanno natura tributaria, e che la loro attribuzione alla cognizione delle commissioni tributarie è conforme al disposto dell’evocato art. 102, comma 2, Cost.”. Iva sulla Tia La citata Sentenza, oltre a risolvere il problema della giurisdizione tributaria, entrava in merito all’applicabilità dell’Imposta sul valore aggiunto alla Tariffa di igiene ambientale. I Giudici, come detto, si sono pronunciati a favore della legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, del Dlgs. n. 546/92, nella parte in cui venivano devolute le controversie riguardanti la Tariffa di igiene ambientale alla giurisdizione delle Commissioni tributarie. Solo fra le motivazioni della Sentenza si riporta la non assoggettabilità all’Iva della Tia. Occorre quindi valutare la portata di tale ultima Pronuncia, considerando che è la Corte di Cassazione l’Organo a cui spetta alla assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge” (art. 65, Rd. 30 gennaio 1941, n. 12). Per inquadrare in modo esaustivo il problema, conviene esaminare le norme, la prassi e la giurisprudenza in materia. Norme di legge Si riferiscono alcune norme legislative, da valutare attentamente in ordine alle considerazioni sul punto in questione. - Dpr. n. 633/72 - art. 3 – Prestazioni di servizi: l’applicazione dell’Iva coglie, non già il corrispettivo tributario della

Tia, quanto invece, la sottostante prestazione del servizio di cui la Tia è espressione. - art. 4, comma 5, lett. b), Esercizio di imprese. Vengono considerate, con elencazione non esaustiva,

“in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici” tutta una serie di attività di servizi pubblici. - Tabella A, Parte Terza, n. 127-sexiesdecies: include l’assoggettabilità ad Iva 10% delle prestazioni di

smaltimento rifiuti urbani (compresa la raccolta differenziata). - Legge 13 maggio 1999, n. 133, art. 6, comma 13, ultimo periodo: “Le somme dovute per i servizi di

fognatura e depurazione resi dai comuni fino al 31 dicembre 1998 e riscosse successivamente alla predetta data non

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costituiscono corrispettivi agli effetti dell'Iva. Non costituiscono, altresì, corrispettivi agli effetti dell'Iva le somme dovute ai comuni per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani reso entro la suddetta data e riscosse successivamente alla stessa, anche qualora detti enti abbiano adottato in via sperimentale il pagamento del servizio con la tariffa, ai sensi dell'art. 31, comma 7, secondo periodo, della Legge 23 dicembre 1998, n. 448.”

Prassi ministeriale La prassi ministeriale in materia è a favore dell’applicazione dell’Iva sulla Tariffa di igiene ambientale. Si vedano, ad esempio, la Circolare 21 maggio 1999, n. 111/E, la Risoluzione 5 febbraio 2003, n. 25/E, e la Risoluzione 17 giugno 2008, n. 250. In presenza della citata prassi ministeriale, i Comuni e gli Enti gestori potrebbero andare incontro ad accertamenti per omesso addebito di Iva sulle fatture emesse, con tutte le conseguenze del caso. Giurisprudenza Vi è inoltre una corposa giurisprudenza, anche successiva alla citata Sentenza della Corte Costituzionale, a favore dell’assoggettabilità dell’Iva alla Tia, che qui di seguito si elenca: - la Corte di Cassazione, con Sentenza 5 marzo 2009, n. 5298, afferma che “la natura tributaria in questione non può neppure essere contestata in base alla considerazione che la parte terza della tabella A allegata al Dpr. n. 633 del 1972, art. 49, in materia di Iva, preveda (n. 127 sexiesdecies) che le prestazioni di raccolta, trasporto recupero e smaltimento dei rifiuti sia urbani che speciali siano soggette al pagamento dell'Iva 10%. E' sufficiente a tale proposito osservare che detta previsione normativa è stata introdotta dal Dl. n. 557 del 1993, art. 4, comma 1, convertito con Legge n. 133 del 1994, quando era ancora in vigore la Tarsu, la cui natura tributaria è sempre stata indiscussa. Il che dimostra che l'applicazione dell'Iva all'importo corrisposto per smaltimento dei rifiuti prescinde dalla sua natura tributaria o meno.” Questa Pronuncia supera e si pone in contrasto con la tesi dell’inapplicabilità dell’Iva alla Tia, dovuta alla natura tributaria di quest’ultima; - la Commissione tributaria regionale Toscana, con Sentenza n. 32/13/10 (successiva quindi alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 238/09) ha stabilito, sul punto, che, ”per quanto concerne infine l’applicazione dell’Iva si osserva che, nel caso di specie, il Comune di _____ ha provveduto all’erogazione del Servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani mediante conferimento della titolarità del servizio ad una società per azioni ai sensi dell’art 113 comma 5 Dlgs. n. 267/00 e che pertanto corrispettivo, dovuto all’impresa per tale prestazione si debba applicare l’Imposta sul valore aggiunto secondo i principi generali. Peraltro, come ha correttamente rilevato il primo giudice, l’applicazione del tributo trova conferma nel disposto dell’art. 6, comma 13, Legge n. 133/199 che, nel prevedere alcune esenzioni dell’Iva per determinare prestazioni di servizi, dispone espressamente che non costituiscano corrispettivi agli effetti dell’Iva le somme dovute ai comuni per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani reso entro il 31 dicembre 1998, anche se il pagamento del servizio avvenga con la tariffa, lasciando così intendere a contrario la debenza del tributo a partire dal 1° gennaio 1999”; - la Commissione tributaria provinciale di Pisa, con Sentenza n. 259/04/08, ha respinto un ricorso cumulativo presentato da 213 soggetti volto all’ottenimento del rimborso Iva sulla Tia; - la Sezione V della Ctp di Lucca (Sentenza n. 20/5/08) ha disposto che “depone in tal senso l’art. 6, comma 13, Legge 13 maggio 1999 n. 133, il quale prevede espressamente che, ‘Non costituiscono, altresì, corrispettivi agli effetti Iva le somme dovute ai comuni per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani reso entro la suddetta data (31 dicembre 1998) e riscosse successivamente alla stessa, anche qualora detti enti abbiano adottato in via sperimentale il pagamento del servizio con la tariffa….’ Dal tenore letterale di tale disposizione normativa si ricava, infatti, che a far tempo dal giorno 1° gennaio 1999, non operando la predetta esclusione dall’imposta, le somme dovute per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani sono soggette ad Iva. Tale previsione normativa, d’altra parte, è avvalorata dalla sentenza resa causa C-184/00 dalla Corte di Giustizia Europea CEE 22.11.2001”. La giurisprudenza sul punto non è univoca, esistendo anche pronunce a favore dell’esclusione dall’Iva della Tariffa di igiene ambientale. Il rimborso dell’Iva Come noto, l’Imposta sul valore aggiunto, ai sensi del Dpr. n. 633/72, viene addebitata dal prestatore del servizio all’utente e poi riversata all’Erario. Il Comune o l’Ente gestore rivestono quindi nella fattispecie una posizione di neutralità in quanto riscuotono l’Iva dall’utente, per poi riversarla all’Erario. L’Iva rappresenta, in buona sostanza, una

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“partita di giro” per il Comune o l’Ente gestore. Dovrebbe quindi essere l’Erario, in quanto beneficiario finale dell’introito Iva, il destinatario di eventuali richieste di rimborso. In un caso giuridicamente assimilabile alla richiesta di rimborso Iva sulla Tia (il ricorrente si lamentava dell’illegittima applicazione da parte di un Comune della ritenuta d’acconto sulla vendita di un terreno, ritenuta che il Comune aveva trattenuto e poi riversato all’Erario) la Commissione tributaria regionale Toscana con Sentenza n. 24/8/07, ha ritenuto che “la parte interessata avrebbe dovuto (ed ancora potrebbe farlo) presentare istanza di rimborso della somma oggetto della ritenuta all’Amministrazione finanziaria allegando il difetto del presupposto impositivo, in base al quale la ritenuta era stata operata dal Comune, operante nel caso come sostituto d’imposta. Solo il rifiuto eventuale dell’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto essere impugnato ai sensi dell’art. 19, lett. g), del Dlgs. n. 546/92”. A norma dell’art. 21, comma 2, del Dlgs. n. 546/92, “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”. Ebbene, per le Imposte sui redditi il termine è di quattro anni (art. 38, Dpr. n. 602/73); per l’Imposta di registro il termine è di tre anni (art. 77, del Dpr. n. 131/1986), mentre per l’Iva, in mancanza di un termine “proprio”, la domanda di restituzione deve essere presentata entro due anni dal pagamento. Vi sono Pronunce giurisprudenziali che propendono, per le azioni di restituzione dell’Iva indebitamente versata, per la giurisdizione del Giudice ordinario. Il prestatore del servizio è il soggetto obbligato a restituire al cessionario l’Iva indebitamente versata (Corte di Cassazione Ordinanza 19 agosto 2009, n. 18487; Sentenze nn. 16923/08, 6419/03, 8783/01, 5427/00, 5733/98). Si tratta di un’azione di ripetizione dell’indebito (art. 2033 C.c.) nei confronti del prestatore da svolgersi avanti al Giudice ordinario (Sentenza Corte di Cassazione n. 3602/90), il quale dovrà valutare la circostanza che l’operazione fosse o meno assoggettabile all’Iva (Corte di Cassazione, Sentenze nn. 12547/01 e 272/01), mentre spetterà poi al prestatore del servizio promuovere una controversia innanzi, questa volta, al Giudice tributario, per la restituzione di quanto deve rimborsare (Corte di Cassazione, Sentenze nn. 8299/97, 10405/96, 11083/86). La giurisprudenza successiva alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 238/09 Vi sono Ordinanze della stessa Corte Costituzionale - la n. 300 del 20 novembre 2009 e la n. 64 del 22 febbraio 2010 - conformi alla citata Sentenza, e nella stessa direzione va anche il Consiglio di Stato con Sentenza 21 marzo 2010, n. 1739. Ancora a conferma della natura di tributo della Tia si è pronunciata la Corte di Cassazione con Sentenze n. 8313 dell’8 aprile e n. 14903/10. Norme non emanate A seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 238/09, per affrontabile le problematiche scaturenti dall’Iva addebitata sulla Tariffa di igiene ambientale, si è pensato ad alcuni Provvedimenti normativi, però non giunti all’approvazione finale e quindi rimasti in “bozza”. Ci si riferisce all’emendamento, presentato dall’On.le Bonfrisco, all’art. 20 del Ddl. di conversione del Dl. n. 135/09, e poi alla possibilità che doveva essere prevista nella Legge Finanziaria 2010 di richiedere il rimborso dell’Iva pagata sulla Tia tramite Dichiarazione dei redditi; all’emendamento proposto dall’On.le Vallardi alla Legge di conversione del Dl. n. 194/09 nel quale si prevede che il consumatore finale possa richiedere il rimborso dell’Iva all’Ente gestore e che quest’ultimo benefici di un credito di imposta di pari importo. 5. Il Dl. n. 78/2010 - norma di interpretazione autentica Un’importante atto normativo da inserire nell’excursus legislativo esaminato è quello dettato dal Dl. n. 78/10. Occorre a questo punto, per comprendere la portata del Dl. n. 78/10, riferire che corso del 2006, l’art. 49 del Dlgs. n. 22/97 viene abrogato dall’art. 238 del Dlgs. n. 152/06 (c.d. “Codice dell’Ambiente”) che istituisce la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, cioè a dire “il corrispettivo per lo svolgimento del Servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani”. Questo nuovo articolo stabilisce una disciplina transitoria (comma 11) che, onde evitare vuoti normativi, prevede che, sino all’emanazione del Regolamento attuativo, “continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”. Ad oggi, tale Regolamento attuativo non è stato ancora emanato.

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La Corte Costituzionale, nella Sentenza n. 238/09, aveva esplicitamente dichiarato che la Pronuncia riguardava esclusivamente la Tia (Dlgs. n. 22/97) e non la c.d. “Tariffa integrata ambientale” di cui al Dlgs. n. 152/06. Per quanto riguarda la determinazione della Tariffa, è necessario specificare che il comma 3 dell’art. 238, del Dlgs. 152/06, toglie tale potere ai singoli Comuni e lo assegna alle Autorità di ambito. Ebbene, l’art. 14, comma 33, del Dl. 31 maggio 2010, n. 78, stabilisce che “le disposizioni di cui all’art. 238 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”. Il Legislatore è intervenuto anticipatamente alla entrata in vigore di detta Tariffa (manca il Regolamento attuativo) per stabilirne la natura tributaria, con un interpretazione autentica di una norma non ancora attuata. Detto intervento ha suscitato più di una perplessità. Con il Dlgs. n. 152/06, la struttura binaria (tariffa fissa, tariffa variabile) viene confermata dal comma 4 del nuovo art. 238; al contrario, invece, il comma 2 introduce alcuni elementi di novità, prevedendo che la Tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il Regolamento da emanare, che devono tener conto anche di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. Questo ricorso ad indici reddituali dell’utente (parametro del tutto sganciato da criteri di commisurazione oggettivi del servizio ricevuto) ne accentuerebbe semmai la natura tributaria rispetto alla Tariffa di igiene ambientale. Non viene quindi escluso il vaglio della Corte Costituzionale sulla norma interpretativa introdotta dal Dl. n. 78/10. 6. La Circolare 3 novembre 2010, n. 3 Un’ulteriore tappa è rappresentata dalla Circolare 11 novembre 2010, n. 3, emanata dal Ministero dell’Economia, Dipartimento delle Finanze, per fare chiarezza sull’applicazione dell’Iva alla Tariffa di igiene ambientale. La Circolare prevede che: • i Regolamenti già approvati dai Comuni che avevano introdotto la Tarsu e, in via sperimentale, la

Tia prevista dall’art. 49 del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, conservano la loro validità; • i Comuni possono introdurre la Tia di cui all’art. 238, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, poiché entro il

30 giugno 2010 non è stato emanato il Regolamento previsto dal comma 6 dello stesso art. 238; • si applicano anche alla Tia, prevista dall’art. 49 del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, le nuove

disposizioni recate dall’art. 14, comma 33, del Dl. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto in ordine alla Tia che le disposizioni di cui all’art. 238, del Dlgs. 152/06, “si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”.

La Circolare quindi ricostruisce il quadro normativo al fine di chiarire i dubbi anche in ordine all’applicazione dell’Iva a seguito dell’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/10. Le soluzioni individuate dal Dipartimento delle Finanze sono: 1. i Comuni che alla data del 31 dicembre 2009 erano in regime di Tarsu possono continuare ad

applicare la Tarsu utilizzando eventualmente, ai fini della determinazione delle tariffe, i criteri delineati nel Dpr. n. 158/99;

2. i Comuni che avevano già introdotto la Tia prevista dall’art. 49 del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, possono continuare ad applicare i propri Regolamenti.

In ordine all’applicazione dell’Iva, la Circolare ricorda che il Governo ha accolto l’Ordine del giorno n. 9/3638/55 presentato alla Camera dei Deputati, in base al quale detto comma 33, dell’art. 14, deve essere interpretato nel senso che la Tia, prevista dall’art. 49 del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, non ha natura tributaria ed è pertanto soggetta ad Iva.

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Un ulteriore punto trattato riguarda il potere da parte dell’Ente gestore di effettuare l’attività di riscossione indipendentemente dall’iscrizione nell’Albo di cui all’art. 53 del Dlgs. n. 446/97, in quanto riscossione di entrata “propria”. Per i Comuni che applicano già la Tia, di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/06, vale l’interpretazione di cui all’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/10. Questa Circolare è stata oggetto di numerose critiche. La Corte dei conti, Sezione di controllo del Piemonte, con Parere n. 65/10, ha sostenuto che: - la Tia ha natura tributaria; - le tariffe devono essere determinate dal Comune e non dal gestore; - le entrate relative alla Tia devono essere iscritte nel bilancio del Comune al Titolo I come entrate

tributarie; - in assenza di specifiche disposizioni in materia di sanzioni, risulterebbero applicabili quella del 30%

di cui al Dlgs. n. 471/97 nonché quella residuale da Euro 25 ad Euro 500 ex art. 7-bis del Tuel. 7. Nota Ifel 28 dicembre 2010 Nella Nota Ifel del 29 dicembre 2010 vengono ripercorsi i punti principali dell’evoluzione normativa, che ha visto succedersi tre interventi legislativi significativi: il Dlgs. n. 507/93 che istituiva la Tarsu, il Dlgs. n. 22/97, che disponeva il passaggio dalla Tarsu alla Tia; prima ancora che questo passaggio diventasse effettivo è intervenuto il Dlgs. n. 152/06, che è ancora in attesa di produrre i propri effetti in quanto non sono stati ancora emanati i suoi Regolamenti di attuazione. Si cerca, con la Nota, di fornire indicazioni ai Comuni circa l’applicazione della disciplina Tarsu-Tia nell’attuale contesto normativo. Vengono esaminate diverse casistiche. Comuni in regime di Tarsu Per i Comuni tuttora in regime Tarsu, a mente di quanto disposto dalla Circolare ministeriale 11 novembre 2010, n. 3/DF, riguardo ai Comuni che alla data del 31 dicembre 2009 erano in regime di Tarsu, “non si pongono particolari problemi, poiché possono continuare ad applicare la Tarsu utilizzando eventualmente, ai fini della determinazione delle tariffe, i criteri delineati nel Dpr. n. 158 del 1999, operazione da ritenere senz’altro possibile”. La Circolare n. 3/DF richiama in proposito la Circolare ministeriale 17 febbraio 2000, n. 25/E, per cui “risulta sostanzialmente coerente con il principio dell’art. 65 l’utilizzazione dei criteri dettati dal metodo normalizzato per la determinazione della tariffa della tassa”, e la Decisione del Consiglio di Stato 10 febbraio 2009, n. 750: “il Dpr. n. 158/99( ...) non fissa solo un metodo per la determinazione della qualità e quantità di rifiuti solidi urbani prodotti per categorie di utenza, ma persegua anche lo scopo di stabilire il metodo sulle base del quale gli Enti Locali devono calcolare la Tariffa stessa”. La Nota Ifel, nel rimarcare comunque l’incertezza normativa, raccomanda ai Comuni in regime Tarsu la copertura integrale dei costi (se non immediata, entro termini temporali brevi), in conformità ai disposti di cui al Dlgs. n. 22/97. In difetto, il provvedimento comunale dovrebbe spiegare le ragioni della previsione di un concorso alla fiscalità generale alla copertura dei costi. In questo senso si è ad esempio espressa la Corte dei conti (Sezione Lombardia, Parere n. 803/10; Sezione Campania, Parere n. 40/09). Per i Comuni tuttora in regime Tarsu che intendono passare alla nuova “Tia” ex Dlgs. n. 152/06, viene segnalata l’interpretazione autentica operata dal Legislatore con il Dl. n. 78/10, nel senso della natura tariffaria della “Tia2”. Il percorso però prevede aree di incertezza normativa quali: - la Deliberazione delle tariffe è formalmente in capo agli Ato, in corso di scioglimento e non ancora sostituiti; - i criteri di determinazione della tariffa non sono coordinati tra norme legislative e norme applicative, queste ultime necessariamente da rinvenirsi nel regolamento ex Dpr. n. 158/99; - c’è il concreto rischio di una richiesta di applicazione delle nuove norme sull’assimilazione di cui all’art. 195 del Dlgs. n. 152/06, i cui effetti possono comportare significativi squilibri nella gestione tecnica ed economico-finanziaria del servizio.

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La Nota mette in guardia su eventuali rischi di vaglio da parte della Corte Costituzionale dell’interpretazione autentica operata con il Dl. n. 78/10. Comuni in regime di “Tia 1” La Nota esamina tre casistiche: a) i Comuni che nel 2010 hanno applicato la Tia come tributo possono continuare a farlo (in ossequio

alla Sentenza Corte Costituzionale n. 238/09); b) i Comuni che sono in regime tariffario (che quindi hanno sempre considerato la Tia come tariffa,

sia per l’emissione degli atti, per la giurisdizione, ecc.) continuano anch’essi a procedere nello stesso modo con il supporto, qui, della prassi ministeriale;

c) chi intende passare dal regime-tributo al regime-corrispettivo lo può fare (anche qui con il supporto della prassi ministeriale). Andranno in questo caso riscritti i rapporti con l’Ente gestore.

Conclusioni Questa serie quasi interminabile di norme giuridiche non consente di esprimere un parere certo e sicuro sul percorso da seguire da parte dei Comuni, come precisa la stessa Nota Ifel. Dall’osservazione del comportamento di numerosi Enti emerge che: 1) per i Comuni il regime Tarsu, sicuramente questo è un momento poco indicato per passare alla “Tia2” per la poca chiarezza normativa, giurisprudenziale e di prassi. Può essere invece opportuno rimodulare i piani tariffari con i criteri di cui al Dlgs. n. 158/99, per rispondere a criteri di equità adottando un metodo che comunque servirà al momento del passaggio alla “Tia2”; 2) per i Comuni in regime “Tia1”: - nel rispetto della Sentenza Corte Costituzionale n. 238/09, viene preso atto della natura tributaria

della tariffa con tutte le conseguenze sopra esposte (giurisdizione, atti amministrativi, sanzioni, ecc.);

- vengono assoggettati ad Iva gli importi dovuti a titolo di Tia per i motivi esposti nella sezione dedicata all’argomento;

3) Per i Comuni già in regime “Tia2”, stante la norma di interpretazione autentica ad oggi vigente di cui al Dl. n. 78/10, viene preso atto della natura di corrispettivo con le dovute conseguenze.

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Sentenza Tar Veneto 11 novembre 2010, n. 6197 – Regolamento comunale Icp La Giunta comunale non è competente a disciplinare le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, ambito che, per l’art. 3, comma 3, del Dlgs. 15 novembre 1993, n. 507, spetta espressamente alla sede regolamentare e, pertanto, alla competenza del Consiglio comunale. Secondo i Giudici, infatti, è il Consiglio comunale, e non l’Organo esecutivo, competente a disciplinare tutti gli aspetti e le fattispecie inerenti i tributi comunali, anche quelle strettamente applicative, come per il caso oggetto della Sentenza.

__________________________________ Sentenza Corte Costituzionale n. 357/10 – Aliquota Irap La Corte Costituzionale stabilisce che alle Regioni è consentito variare (nel limite di un punto percentuale) solo “l’aliquota di cui al comma 1”, dell’art. 16, del Dlgs. n. 446/97, cioè solo l’aliquota base e non quelle speciali. E’ quindi legittima e non modificabile localmente l’aliquota fissata nella misura dello 0,9% nei confronti dei soggetti che operano nel settore agricolo, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, nonché la proroga anche per il 2011 dell'aliquota agevolata per gli imprenditori agricoli e della piccola pesca.

__________________________________ Sentenza Corte Costituzionale n. 373/10 – Legge Regione Puglia La Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità di alcune norme della Legge regionale Puglia n. 36/2010, sancendo come sia di esclusiva competenza statale emanare norme su determinati aspetti relativi alla gestione dei rifiuti, quali ad esempio i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani ed il criterio del superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti. Norme che si pongano in contrasto con tali criteri, ha sentenziato la Corte, sono viziate da illegittimità costituzionale.

__________________________________ Sentenza Corte di Cassazione n. 25935/10 - Ici Enti religiosi Devono essere assoggettati ad Ici gli immobili di proprietà di Enti religiosi adibiti all'esercizio di scuola privata a pagamento. La Suprema Corte sancisce che l’esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del Dlgs. 504/92, riguarda gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del Dpr. 22 dicembre 1986, n. 917 (ora art. 73 dopo la nuova numerazione introdotta dal Dlgs. n. 344/03), destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lett. a), della Legge 20 maggio 1985, n. 222 (attività di

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religione o di culto, quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana). Alle attività commerciali o a fini di lucro, previste dall'art. 16, alla lett. b), quale quella in esame (immobili di proprietà di enti religiosi adibiti all'esercizio di scuola privata a pagamento), il Legislatore fiscale non ha riservato un trattamento di esenzione ai fini dell'Ici. Gli immobili di proprietà di Enti religiosi adibiti all'esercizio di scuola privata a pagamento sono quindi soggetti all’Imposta comunale sugli immobili.

__________________________________ Sentenza Tar Lombardia n. 4861/10 - Affidamento servizi pubblici locali Il Tar Lombardia, con la Pronuncia indicata, ha ritenuto legittima la proroga del servizio in capo al gestore di sevizi pubblici uscente, proroga motivata dalla necessità di non interrompere il servizio nelle more dell’espletamento della gara pubblica per l’individuazione del nuovo gestore. Nella fattispecie, trattavasi di servizio che non poteva essere interrotto, specificatamente del Servizio “Raccolta e trasporto rifiuti”.

__________________________________ Sentenza Tar Lazio 21 ottobre 2010, n. 1865 - Avvalimento La Sentenza citata affronta il tema del cosiddetto “avvalimento”, ovvero l’istituto giuridico tramite il quale un operatore economico (c.d. ausiliato) che partecipa ad una procedura di gara per un appalto pubblico, ma che non possiede alcuni requisiti previsti dal bando di gara, può ovviare dichiarando di “avvalersi” dei requisiti di un altro soggetto (c.d. ausiliario). Quest’ultimo si deve impegnare a mettere a disposizione della società ausiliata tutte le risorse di cui questa è carente, durante l’intero appalto. La norma che introduce detto istituto nell’ordinamento italiano, emanata per attuare specifiche Direttive europee, è l’art. 49 del Dlgs. 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Nella fattispecie, si trattava di partecipare ad una gara di appalto che richiedeva come requisito quello di essere iscritti nell’Albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di gestione dei tributi e delle entrate degli Enti Locali, istituito a norma dell’art. 53 del Dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446 . L’art. 32, comma 7-bis, del Dl. 29 novembre 2008, n. 185, stabiliva per l’iscrizione a questo Albo un capitale minimo pari ad Euro 10 milioni. Secondo i Giudici, l’aggiudicataria non poteva partecipare, in quanto carente del capitale sociale nella misura minima, ai fini dell’iscrizione nell’apposito Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, e doveva essere esclusa in sede di verifica dell’aggiudicazione. Nella specie, non è utilizzabile l’istituto dell’avvalimento, che trova un limite laddove ai fini della partecipazione a una gara sia necessario il possesso di un requisito soggettivo personalissimo come quello del capitale sociale minimo preordinato a garantire all'Amministrazione appaltante l’affidabilità dell’impresa partecipante. Per concludere, la Sentenza ha disposto che la società ricorrente, regolarmente iscritta nell’Albo citato, subentrasse nel contratto illegittimamente aggiudicato ed ha condannato il comune al risarcimento del danno subito.

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Sentenza Tribunale di Rimini - Sezione civile Strumenti finanziari derivati - n. 1523/10 – Nullità del contratto per mancata sottoscrizione della banca Il contratto con il quale il Comune ha acquistato strumenti finanziari derivati, oggetto della fattispecie contenziosa, è nullo per mancanza di sottoscrizione. L’art. 23 del Tuf prevede che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori devono essere redatti per iscritto e che un esemplare deve essere consegnato ai clienti, nonché, per i casi di inosservanza della forma prescritta, la nullità del contratto. Il requisito della sottoscrizione è quindi previsto “ad substantiam” e, in difetto, il contratto risulta nullo. Nel caso esaminato, l’Istituto di credito è stato condannato a restituire gli importi incassati.

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Sentenza Ctp Vicenza, Sezione IX n. 15 – L’esenzione della Tassa di concessione governativa opera soltanto a favore delle Amministrazioni statali Secondo i Giudici di prime cure, è preclusa la possibilità di ricondurre l'esenzione dalla Tassa di concessione governativa sui telefonini in uso ai Comuni ad una interpretazione analogica dell'art. 74, comma 1, Dpr. n. 917/86, che esclude dall'assoggettamento ad Ires lo Stato e vari Enti pubblici, ivi compresi i Comuni. Infatti, dal punto di vista sostanziale, rileva il differente ambito impositivo dell'Ires rispetto alla Tassa di concessione governativa, e la diversità dei rispettivi presupposti, cioè la produzione di reddito d'impresa in un caso e, nell'altro, il compimento degli atti indicati nella Tariffa allegata al Dpr. n. 641/72. Da un punto di vista sistematico, poi, l'interpretazione analogica presuppone la sussistenza di un vuoto normativo da colmare con il rinvio ad altra disposizione che regolamenti una materia analoga. Nel caso della Tassa di concessione governativa, con riguardo alla specifica questione delle esenzioni, non viene evidenziato alcun vuoto normativo, in quanto la relativa disciplina contiene un'espressa disposizione che individua i casi in cui è ammessa l'esenzione (art. 13-bis, Dpr. n. 641/72), così come i singoli articoli dell'allegata Tariffa esplicitano, nelle rispettive note, i possibili casi di ulteriore esenzione. Esistendo nel corpo del citato Dpr. n. 641/72 una compiuta disciplina dei casi di esenzione della Tassa di concessione governativa (art. 13-bis, rubricato appunto “Esenzioni”), non è possibile riscontrare in esso il vuoto normativo che legittimerebbe il ricorso all'interpretazione analogica. Da qui la debenza della Tassa a carico dei Comuni.

__________________________________ Sentenza Corte di Cassazione n. 18501/10 – Tarsu da commisurare all’effettivo utilizzo degli immobili In tema di Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu), l'istituzione da parte del Comune, ai sensi dell'art. 49, del Dlgs. n. 22/97, di tariffe differenziate per fasce di utenza che distinguano l'uso domestico e quello non domestico, impone di accertare l'uso effettivo dei relativi immobili, essendo irrilevante la classificazione catastale di essi ovvero la natura del contratto attributivo del godimento a favore dei non proprietari. Ne consegue che è soggetto passivo della predetta Tassa, secondo la tariffa non domestica, il proprietario di un immobile, per classificazione di civile abitazione, che lo dia in uso ad un terzo con contratto formalmente di locazione ma con la previsione della prestazione di servizio tipica dell'attività alberghiera, quale il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fine igienico sanitario ed altri analoghi.

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Nota di variazione come istanza di interpello La Commissione tributaria regionale Lazio, con la Sentenza 9 novembre 2010, n. 655, ha annullato l’avviso di liquidazione e di irrogazione sanzioni per Tarsu, notificato alla società che ha proceduto alla riduzione della superficie tassabile a seguito di una richiesta inviata al Concessionario per la riscossione e per cui non ha ricevuto risposta. La richiesta di cui sopra va interpretata come istanza di Interpello ex art. 11 della Legge n. 212/10. Lo Statuto dei diritti del contribuente prevede l'obbligo, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di dare risposta alle istanze dei contribuenti entro il termine di 120 giorni, con la conseguenza che la mancata risposta nei termini comporta la formazione del silenzio-assenso e la nullità di qualsiasi atto impositivo o sanzionatorio emanato in difformità.

Focus

Imposta sulla pubblicità: condanna di funzionari, amministratori e revisori di un Comune per omessa riscossione (Corte dei conti - Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello – Sentenza n. 364 del 20 settembre 2010) di Antonio Tirelli Oggetto Condanna di funzionari, amministratori e Revisori di un Comune per omessa riscossione dell’Imposta sulla pubblicità: riforma della Sentenza n. 1569/06 della Sezione Lazio. Premessa Nel 2001 la Giunta di un medio/grande Comune del Lazio conferiva ad una società “l’incarico di censire le esposizioni pubblicitarie esistenti”. Questo censimento aveva portato, da parte della ditta appaltatrice, alla compilazione di 1819 schede di rilevamento, i cui dati, inseriti in un software gestionale, avrebbero potuto determinare la predisposizione di lettere di invito al pagamento nei confronti dei contribuenti evasori. Il Comune iscriveva nel bilancio 2001 una previsione di entrata di oltre 300 milioni di Lire, riportate nei residui attivi a fine esercizio ma cancellati alla chiusura dell’esercizio 2002. Nel giugno 2005, la Procura regionale per il Lazio conveniva in giudizio amministratori e dipendenti, per omessa riscossione di oltre 400 milioni per Imposta sulla pubblicità anni 2001 e 2002, compreso il costo sostenuto per il censimento delle insegne (vanificato dall’omessa riscossione del tributo). Sintesi della Sentenza La Sentenza di primo grado (n. 1569/06 depositata il 24 luglio 2006) della Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio assolveva il Sindaco per mancanza di colpa grave e condannava il Responsabile dell’Ufficio Tributi, il Direttore generale, l’Assessore ai Tributi e l’Organo di revisione al pagamento dell’importo del danno. La Sentenza d’appello (promossa anche dalla Procura, sia per l’ammontare del danno, che per l’assoluzione del Sindaco) ha condannato il Responsabile dell’Ufficio Tributi per non aver correttamente e tempestivamente utilizzato i dati forniti dalla ditta esecutrice del censimento, pur avendo dato atto di averne verificato la correttezza, come in seguito accertato anche dalla Guardia di Finanza. I Giudici affermano che, considerata la situazione di fatto risultava evidente l'infondatezza e l'inconsistenza delle argomentazioni difensive del Responsabile dell’Ufficio tributi, non essendovi giustificazioni per l'omissione di un adempimento che si presentava di semplice ed immediata esecuzione.

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La Sentenza ha condannato anche il Direttore generale poiché a fronte della cancellazione in sede di consuntivo 2002 delle maggiori somme iscritte quale recupero dell’evasione dell’Imposta sulla pubblicità, avrebbe dovuto evidenziare il mancato raggiungimento dell’obiettivo prefissato e svolgere, in merito, le proprie funzioni di coordinamento e di organizzazione degli Uffici. Anche l’Assessore alle Finanze è stato condannato, rilevando che i poteri spettanti agli Organi di governo comportano sia la definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare ma anche la fondamentale verifica concomitante e successiva circa la della loro attuazione, la cui “ingiustificata omissione integra gli estremi della colpa grave”. Per gli stessi motivi esposti per l’Assessore alle Finanze, il Sindaco viene condannato motivando che “l’omessa attività di accertamento poteva essere agevolmente desunta da una semplice lettura dei dati esposti in bilancio e che la cancellazione dei residui non costituisce una mera operazione tecnica, perché determinando il venir meno di crediti (residui attivi) e debiti (residui passivi) influenza in maniera decisiva la situazione finanziaria dell’Ente”. Infine ognuno dei tre Revisori dell’Ente viene condannato per non aver "mosso alcun rilievo nella relazione sul conto consuntivo del 2002 circa l'accertamento di minori entrate afferenti l'Imposta sulla pubblicità per l'importo corrispondente ai residui attivi riportati, pari ad oltre 150.000 Euro, nonostante non fossero ancora spirati i termini di prescrizione dell'attività di accertamento". I Giudici hanno rilevato che questa omissione ha concorso a causare il danno, in quanto il dovuto rilievo sull'operazione avrebbe richiamato l'attenzione degli amministratori sull'inerzia dell'Ufficio Tributi, e ritenuto che tale comportamento integri gli estremi della colpa grave. Commento La Sentenza si sofferma soprattutto sull’eliminazione del residuo attivo 2001 avvenuto alla fine dell’esercizio 2002. Né gli amministratori (Sindaco e Assessore alle Finanze), né i Dirigenti del Comune (Direttore generale e Direttore di Ragioneria), né tanto meno l’Organo di revisione, hanno direttamente e formalmente collegato tale eliminazione con l’omesso accertamento dell’evasione dell’Imposta sulla pubblicità (i cui atti propedeutici erano stati affidati dalla Giunta ad una società specializzata). Viene sottolineato che “l’omesso accertamento del tributo ha causato una minore entrata per l’amministrazione comunale, ma la sua esatta determinazione è resa impossibile dal mancato rinvenimento di tutte le schede e dalla natura stessa dell’accertamento tributario”. Un’altra circostanza da sottolineare è che la “colpa grave” viene addebitata sia ai politici (Sindaco e Assessore alle Finanze) che all’Organo di revisione, mentre al Direttore di Ragioneria viene riconosciuto un “contributo causale” superiore all’ammontare del danno attribuitogli in conseguenza della sua condotta omissiva.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai seguenti magistrati: dott. Sergio Maria Pisana Presidente dott. Stefano Imperiali Consigliere dott. Mario Pischedda Consigliere relatore dott.ssa Angela Silveri Consigliere dott. Vittorio Raeli Consigliere

ha pronunciato la seguente SENTENZA

sugli appelli iscritti ai n. 27260, 27627, 27636, 27738 e 28029 del registro di segreteria, proposti rispettivamente da: 1) Trinci Franco, rappresentato e difeso dall’avvocato Guido Fiorillo, giusta delega in calce all’atto d’appello ed

elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, piazza Prati degli Strozzi n 33; 2) Ciliberti Olga, Iacuitto Fabio e Razza Diana, rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Pascone, giusta delega a

margine dell’atto d’appello ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Roma, via Lima 31; 3) Zucchini Giorgio, rappresentato e difeso dall’avvocato Ruggero Frascaroli, giusta delega a margine dell’atto d’appello,

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma viale Regina Margherita n 46; 4) Procuratore Regionale per il Lazio; 5) Placidi Patrizio, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Pisani, giusta delega in calce all’atto d’appello, ed

elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, circonvallazione Clodia n 36/A; e nei confronti di:

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6) De Angelis Candido, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Sanino, giusta procura a margine della memoria di costituzione, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, viale Parioli 180;

AVVERSO la sentenza n. 1569/06, emessa dalla sezione giurisdizionale per la regione Lazio, depositata in segreteria il 24 luglio

2006. Visti gli atti ed i documenti di causa. Uditi nella pubblica udienza del giorno 23 febbraio 2010 il relatore, consigliere Mario Pischedda, gli avvocati Gianpaolo

Ruggiero, delegato dall’avvocato Mario Sanino (per De Angelis), e Fabio Pisani (per Placidi), quest’ultimo anche per delega degli avvocati Giovanni Pascone (per Ciliberti, Iacuitto e Razza) e Guido Fiorillo (per Trinci), nonché il rappresentante del pubblico ministero nella persona del vice procuratore generale dott. Raffaele De Dominicis.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con atto di citazione in data 9 giugno 2005, la procura regionale per il Lazio conveniva in giudizio Trinci Franco,

Zucchini Giorgio, Patrizio Placidi, De Angelis Candido, Ciliberti Olga, Iacuitto Fabio e Razza Diana, amministratori e dipendenti del comune di Anzio, chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 457.760,67, corrispondente al danno subito dal suddetto ente per l’omessa riscossione dell’imposta sulla pubblicità per gli esercizi 2001 (euro 316.251,48) e 2002 (euro 119.818,00), ed al costo sostenuto per il censimento delle insegne, vanificato dall’omessa riscossione del tributo (euro 21.691,19).

In base alla diversa incidenza causale delle condotte contestate, il danno veniva addebitato a Trinci nella misura di euro 157.760,67, a Zucchini nella misura di euro 100.000, a Placidi nella misura di euro 55.000, a De Angelis nella misura di euro 45.000, ed a Ciliberti, Iacuitto e Razza nella misura di euro 33.333,33 ciascuno.

2. Questi i fatti posti a base dell’azionata responsabilità: L’amministrazione comunale di Anzio, ravvisando una consistente sacca di evasione nel pagamento dell’imposta sulla

pubblicità, conferiva alla società AIP s.r.l. di Milano l’incarico di censire le esposizioni pubblicitarie (insegne) esistenti sul territorio comunale, individuando di conseguenza tutti i contribuenti.

La ditta consegnava al Comune n. 1819 schede di rilevamento: i relativi dati venivano inseriti nel software gestionale e venivano predisposte le lettere di invito al pagamento nei confronti dei soggetti censiti e non presenti nell’anagrafe dei contribuenti.

Le risultanze del censimento, inducevano l’amministrazione ad iscrivere nel bilancio di previsione del 2001, quale recupero dell’evasione, il maggior importo di lire 339.000.000. Il suddetto importo, riportato tra i residui attivi del bilancio 2002, veniva cancellato nel consuntivo relativo allo stesso esercizio finanziario.

Il danno veniva quantificato nella misura sopra indicata ed il requirente ne addebitava la responsabilità agli odierni appellanti. In particolare il pubblico ministero contestava ai dipendenti Trinci, responsabile dell’ufficio tributi, e Zucchini, direttore generale, l'omessa attività di accertamento del tributo e l'omessa attivazione dei poteri di sovrintendenza sulla gestione dell’ente, ed agli amministratori Placidi, assessore alle Finanze, e De Angelis, sindaco, l'omesso controllo politico amministrativo sull’attività della struttura burocratica. Ai revisori dei conti Iacuitto, Ciliberti e Razza, veniva contestata l'omessa vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione.

3. Con la sentenza in epigrafe la sezione Lazio ha assolto il sindaco De Angelis per mancanza di colpa grave e, dopo aver determinato il danno in via equitativa nella minor misura di euro 21.800, comprensivi di rivalutazione monetaria, ha condannato Trinci al pagamento di euro 13.080, Zucchini e Placidi al pagamento di euro 2.180 ciascuno e Iacuitto, Ciliberti e Razza al pagamento di euro 727 ciascuno.

4. La sentenza è stata impugnata da tutti i soggetti condannati e dal pubblico ministero. 4.1. Nel proprio gravame, iscritto al n 27260 del registro di segreteria, Trinci Franco eccepisce l’inesistenza della colpa

grave e la mancata prova del danno. 4.2. Iacuitto, Ciliberti e Razza eccepiscono la falsa applicazione dell’articolo 239 del TUEL e la carenza di motivazione. 4.3. Zucchini Giorgio eccepisce la sua assoluta estraneità ai fatti, la nullità della sentenza per difetto del contraddittorio e

l’omessa motivazione sul grado di colpa e sull’eziologia del danno. 4.4. Il pubblico ministero lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione che sorregge l’assoluzione del sindaco De

Angelis ed il travisamento dei fatti, in ordine alla determinazione del danno. 4.5. Placidi eccepisce l’inammissibilità dell’appello del procuratore regionale nei suoi confronti e chiede l’accoglimento

dell’appello di Zucchini relativamente alla dedotta nullità della sentenza di primo grado per difetto di integrità del contraddittorio. Propone a sua volta appello incidentale per la mancanza di nesso di causalità, per errato accertamento del danno e della sua quantificazione e per insussistenza della condotta colpevole.

4.6. De Angelis chiede la conferma della propria assoluzione ed eccepisce l’inesistenza di qualsiasi condotta colpevole, del nesso di causalità e del danno.

4.7. La procura generale ha depositato le proprie conclusioni su tutti gli appelli, chiedendo il rigetto delle impugnazioni presentate dalle parti private e l’accoglimento di quello proposto dal requirente territoriale.

5. Trinci, Iacuitto, Ciliberti, Razza e Placidi hanno chiesto la definizione agevolata del giudizio. La richiesta quest’ultimo è stata dichiarata inammissibile con decreto 83/2008; ripresentata in data 8 febbraio 2010, è

stata rigettata con decreto in data odierna, comunicato al difensore prima dell’apertura del dibattimento. Le richieste di Trinci, Iacuitto, Ciliberti e Razza, invece, erano state accolte rispettivamente con decreti 46/2007 e

48/2007, in esecuzione dei quali gli interessati hanno provveduto al versamento delle somme determinate nei suddetti provvedimenti. Tuttavia con decreto 84/2008 è stata disposta la revoca dei detti decreti e le relative istanze sono state dichiarate inammissibili. Contro quest’ultimo provvedimento Iacuitto, Ciliberti e Razza hanno proposto ricorso per cassazione che è stato

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dichiarato inammissibile con sentenza 25266/09. 6. In data 22 febbraio 2010 il pubblico ministero ha depositato delle note d’udienza nelle quali, a modifica delle

conclusioni depositate il 18 febbraio, chiede che venga dichiarata l’estinzione dei giudizi promossi da Trinci, e da Iacuitto, Ciliberti e Razza, ritenendo che il decreto di ammissione alla definizione agevolata ha natura decisoria e quindi non può essere revocato, Richiama inoltre il carattere vincolante della sentenza 3/2009 delle sezioni riunite, ai sensi dell’articolo 52 della legge 18 giugno 2009 n 69.

6. All’odierna pubblica udienza l’avvocato Pisani nell’interesse di Trinci, Iacuitto, Ciliberti e Razza, evidenzia l’illegittimità del decreto 84/2008 e chiede che venga dichiarata l’estinzione del giudizio, poiché gli interessati hanno provveduto al pagamento delle somme determinate con i decreti 46/2007 e 48/2007. Nell’interesse di Placidi evidenzia l’inammissibilità dell’appello del procuratore regionale, perché, essendo il pubblico ministero un sostituto processuale dell’amministrazione, la notifica della sentenza fatta dal comune di Anzio deve ritenersi idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione.

L’avvocato Ruggiero illustra le eccezioni difensive già formulate, con particolare riferimento all’inesistenza del danno, e chiede la conferma dell’assoluzione del suo assistito.

Il rappresentante del pubblico ministero chiede che venga dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti di Trinci, Iacuitto, Ciliberti e Razza e per il resto che venga accolto l’appello del procuratore regionale, dichiarando di non opporsi ad un congruo uso del potere riduttivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Riunione dei giudizi Si dispone, in rito, la riunione degli appelli, ai sensi dell’articolo 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni rivolte contro la

stessa sentenza. 2. Questioni preliminari Occorre procedere all’esame delle eccezioni preliminari sollevate dalle parti. 2.1. Tardività dell’appello del pubblico ministero. Placidi eccepisce che l’appello del pubblico ministero gli è stato notificato il 22 novembre 2006, quando erano trascorsi

più di sessanta giorni dalla notifica della sentenza fatta ad istanza del comune di Anzio ed avvenuta il 14 settembre. Nel corso della discussione il difensore ha ritenuto idonea la suddetta notificazione a fare decorrere il termine breve, in quanto fatta dalla parte titolare dell’interesse sostanziale azionato dal pubblico ministero, che agisce quale sostituto processuale dell’amministrazione.

Osserva il collegio che, ai sensi dell’articolo 326 del codice di rito, la decorrenza del termine breve per l’impugnazione decorre dalla notifica della sentenza che, in base all’articolo 285, deve essere fatta “su istanza di parte a norma dell’articolo 170 primo e terzo comma”. Il richiamo a quest’ultima disposizione, che disciplina le notificazioni e le comunicazioni in corso di procedimento, rende palese che il termine “parte” va riferito soltanto ai soggetti del rapporto processuale, cioè a coloro che hanno preso parte al giudizio di primo grado. In tal senso è anche la giurisprudenza della corte di cassazione, la quale ha affermato che “la notificazione della sentenza, ad iniziativa di chi non è parte né procuratore della parte, deve considerarsi giuridicamente inesistente, sia per la non configurabilità, nel vigente sistema del codice di rito, di un'utile gestione processuale, che affiderebbe la disponibilità della lite a persona estranea ai contendenti, sia perché, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, non è configurabile un'equivalenza tra conoscenza occasionale della sentenza da impugnare e conoscenza legale della stessa” (cass. 8 settembre 2004, n.18075, 22 settembre 2000, n.12538).

Va evidenziato, inoltre, che la dottrina ha da tempo abbandonato la tesi del pubblico ministero contabile quale sostituto processuale dell’amministrazione, ravvisando nell’organo pubblico un rappresentante dello Stato-comunità, che agisce a tutela dell’interesse pubblico.

Peraltro, anche a voler seguire la tesi confutata, l’impugnazione della parte pubblica sarebbe comunque tempestiva, perché si tratterebbe di un appello incidentale tardivo i cui termini decorrono dalla notifica del gravame di Trinci, avvenuta il 22 settembre 2006. Ne consegue che i 60 giorni previsti dalla legge scadevano il 21 novembre mentre l'appello del pubblico ministero è stato consegnato all’ufficiale giudiziario, momento dal quale la notifica si deve considerare perfezionata, il 20 novembre,

2.2. Estinzione del giudizio nei confronti di Trinci, Iacuitto, Ciliberti e Razza. Trinci, Iacuitto, Ciliberti e Razza chiedono la dichiarazione di estinzione dei loro giudizi, ritenendo illegittimo il decreto

84/2008 che ha disposto la revoca dei decreti 46/2007 e 48/2007, con i quali erano stati ammessi alla definizione agevolata, precisando di aver già provveduto al versamento delle somme determinate dal collegio.

A tale richiesta si è associato il pubblico ministero, evidenziando che il decreto di ammissione alla definizione agevolata ha natura decisoria e quindi non può essere revocato. Richiama inoltre il carattere vincolante della sentenza 3/2009 delle sezioni riunite, ai sensi dell’articolo 52 della legge 69/2009.

Va subito precisato che quest’ultimo richiamo è palesemente infondato. La sentenza 3/2009 delle sezioni riunite, modificando la precedente pronunzia 3/2007, ha affermato che “l’istanza di definizione agevolata non può ritenersi inammissibile per il solo fatto della contemporanea presentazione dell’appello di parte pubblica” e che “in presenza di contrapposte impugnative, il giudice di appello deve comunque valutare l’istanza, considerando i motivi di gravame prospettati nell’appello del requirente al pari di tutte le circostanze di fatto e dei criteri posti a base della decisione”. Conseguentemente, “si darà corso all’esame degli appelli solo se la richiesta di accesso al beneficio non viene accolta”. Nulla è detto sull’asserito carattere decisorio dei decreti e sulla loro revocabilità, sicché non è pertinente il richiamo fatto dal requirente al vincolo derivante dalla suddetta sentenza, ai sensi dell’articolo 52 della legge 18 giugno 2009 n 69.

Né il vincolo potrebbe derivare dalla sentenza 3/QM/2007, che effettivamente afferma la natura decisoria del decreto di accoglimento dell’istanza di definizione agevolata. Non si tratta, infatti, della risposta ad un preciso quesito, con conseguente affermazione del relativo principio di diritto, ma di una semplice argomentazione utilizzata per affermare la non reclamabilità dei decreti camerali in questione, argomento estraneo ai quesiti sui quali le sezioni riunite erano state chiamate pronunziarsi che

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vertevano, invece, sulla facoltà delle parti di partecipare alla camera di consiglio e sulla possibilità della definizione agevolata nel caso di contemporaneo appello del pubblico ministero (questione sulla quale le sezioni riunite si sono nuovamente pronunziate proprio con la citata sentenza 3/QM/2009).

Altrettanto infondato è il richiamo fatto all’articolo 1, comma 233, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, il quale dispone che, in seguito all'avvenuto pagamento dell’importo stabilito dal giudice “il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello”, perché, come già esposto nella motivazione del citato decreto 84/2008, la definizione agevolata del giudizio d’appello, anche se retroagisce alla data di deposito delle quietanze di pagamento, consegue alla verifica da parte del giudice dell'integralità e regolarità dello stesso, ed alla sentenza con la quale, sotto il profilo processuale, il giudizio viene dichiarato estinto.

Ritiene il collegio che il decreto emesso sull’istanza di definizione agevolata, come in genere tutti i tipi di decreti previsti dal codice di rito, è privo dei caratteri della decisorietà e della definitività, perché, “nel totale silenzio della legge” ed in virtù dei “rinvii dinamici interposti dall’art. 26 del r.d. 1038/1933 e dall’art 742-bis c.p.c., è da richiamare l’art 742 c.p.c. per cui il decreto può essere in ogni caso modificato o revocato”. In tal senso si sono pronunziate le sezioni unite della cassazione con ordinanza 20588 del 30 luglio 2008 e con ordinanza 25266 del 1 dicembre 2009, quest’ultima, giova ricordarlo, pronunziata sul ricorso proposto da Ciliberti, Iacuitto e Razza proprio avverso il decreto 84/2008.

2.3. Nullità della sentenza per violazione del contradditorio. Gli appellanti Zucchini e Placidi eccepiscono la nullità della sentenza per incompletezza del contraddittorio, sostenendo

che il giudizio è stato celebrato “in totale assenza dell'unico responsabile della gestione finanziaria che avrebbe dovuto prevedere l'accertamento e la riscossione del tributo ICP, nella persona del Dirigente responsabile del Servizio Ragioneria”.

Osserva il collegio che nel giudizio di responsabilità si può ravvisare un’ipotesi di litisconsorzio necessario, con conseguente obbligo da parte del giudice di integrare il contraddittorio, quando la responsabilità imputata ad uno dei convenuti si pone in rapporto di dipendenza con quella di altri soggetti non evocati in giudizio, oppure quando le distinte posizioni presentano obiettiva interrelazione, sicché la responsabilità dell’uno presuppone quella dell'altro. In altre parole sussiste il litisconsorzio necessario soltanto quando la situazione sostanziale dedotta in giudizio deve essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe, tanto che la mancata partecipazione al giudizio di uno di essi rende la sentenza inutiliter data.

Nel caso in esame sono ipotizzati profili di responsabilità erariale in capo a soggetti non convenuti, soltanto per limitare il quantum della propria responsabilità; tra le diverse posizioni, pertanto, non vi è alcuna connessione e la partecipazione al giudizio degli altri soggetti non è necessaria, perché il giudice, in base all’articolo 1, comma 1-quater della legge 14 gennaio 1994 n 20, potrà provvedere alla ripartizione del danno tra coloro che saranno eventualmente ritenuti responsabili, tenendo conto anche dell’incidenza causale apportata da condotte di soggetti estranei al giudizio (giurisprudenza consolidata tra le tante per questa sezione 268/2009, 257/2008, 234/2007, 361/2005).

3. Esame del merito: il danno L'esame del merito della vicenda implica un integrale riesame dei presupposti dell'azionata responsabilità, perché i motivi

d’appello investono tutte le questioni affrontate nell'impugnata sentenza. Con riferimento al danno, Trinci eccepisce che il dato di partenza utilizzato per quantificarlo è privo di qualsiasi riscontro

obiettivo. Il pubblico ministero ritiene che è stata la condotta omissiva degli appellanti ad impedire qualsiasi riscontro ufficiale dei

dati e contesta l’affermazione che la determinazione è avvenuta con metodo induttivo, perché la Guardia di Finanza ha compiuto lo stesso lavoro che avrebbe dovuto svolgere il comune, individuando gli importi dovuti dai contribuenti sulla base dei tabulati forniti dalla ditta AIP. Chiede, inoltre, che venga considerato anche l’importo pagato alla ditta, l’utilità del cui lavoro è stata vanificata dalla condotta omissiva degli appellati.

Placidi e De Angelis eccepiscono che per il 2002 non è configurabile alcun danno, perché nel corso del 2004, dopo la rimozione di Trinci, è stata avviata l’attività di accertamento e sono stati emessi 395 avvisi di liquidazione per un importo superiore a quello contestato.

De Angelis eccepisce inoltre che, in base all’articolo 23 del decreto l.vo 507/93, il pagamento dell’importo dovuto entro 60 giorni comporta la riduzione della sopratassa nel limite del 25%.

3.1. Omesso accertamento per l'esercizio 2001 Relativamente al 2001, l'omesso accertamento del tributo costituisce un dato incontroverso e le contestazioni riguardano

soltanto l'esatta quantificazione del pregiudizio. Il requirente ha determinato l'importo del danno per differenza tra l'imposta dovuta da tutti i contribuenti censiti dalla ditta AIP e quanto effettivamente riscosso dal comune e certificato nel conto consuntivo, raddoppiandone il valore per l'applicazione della sanzione amministrativa prevista dall'articolo 23 del D.lgs 507/1993. Non è stato preso come dato iniziale l'ammontare dell'imposta dovuta dai contribuenti intestatari delle schede perché, come risulta dal rapporto della Guardia di Finanza, nonostante le operazioni di perquisizione e le richieste formulate nel corso delle indagini agli stessi appellanti, sono state rinvenute soltanto 740 schede a fronte delle 1819 consegnate dalla ditta incaricata. Questo metodo di determinazione del danno è stato sottoposto a serrate critiche da parte degli appellanti, che eccepiscono l'infondatezza e l'erroneità del criterio adoperato.

Ritiene il collegio che le argomentazioni addotte dalle parti private evidenziano che la fattispecie rientra nella previsione normativa dall’art. 1226 del codice civile, trattandosi di un danno ontologicamente certo, che "non può essere provato nel suo preciso ammontare". È indubbio, infatti, che l'omesso accertamento del tributo ha causato una minore entrata per l'amministrazione comunale, ma la sua esatta determinazione è resa impossibile dal mancato rinvenimento di tutte le schede e dalla natura stessa

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dell'accertamento tributario. Nella sua valutazione equitativa il collegio ritiene di dover partire dall'ammontare determinato dal requirente, che è

l'unico dato disponibile in considerazione del mancato rinvenimento delle schede presentate dalla ditta. Appare corretta anche l'applicazione della sanzione amministrativa.

Il relativo importo, tuttavia, va rideterminato tenendo conto dell'esistenza di soggetti esenti, dell'alea connessa alla riscossione coattiva, della possibilità di pagamenti spontanei, del diverso ammontare della sanzione amministrativa, che può variare sino ad un quarto del suo ammontare in caso di adesione del contribuente all’accertamento, e degli interessi di mora previsti nella misura del 7% per ogni semestre. Sulla base di tali parametri il collegio, nel suo prudente apprezzamento, ritiene equo determinare il danno in euro 140.000.

3.2 Omesso accertamento per l'esercizio 2002 Le eccezioni di Placidi e De Angelis relative all'insussistenza del danno per il 2002 sono fondate. È agli atti la nota

protocollo n. 12 del 3/2/2005, a firma del responsabile delle politiche delle entrate del comune di Anzio, non contestata dal pubblico ministero, nella quale si afferma che per il 2002 sono stati emessi 395 avvisi di liquidazione per omesso o parziale versamento dell’imposta per un totale di euro 218.112,72 e che è stato chiesto al ministero delle Finanze, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, della legge 448/2001, il rimborso di euro 44.119. Risulta, quindi, ampiamente superato l'importo di euro 119.818, che il requirente territoriale aveva individuato quale pregiudizio per il predetto esercizio finanziario.

3.3. Somme pagate alla ditta AIP Nell'atto introduttivo del giudizio il pubblico ministero ha contestato anche il danno costituto dal compenso pagato alla

ditta AIP per il censimento delle insegne, l’utilità del cui lavoro sarebbe stata vanificata dall’omessa riscossione del tributo (euro 21.691,19). Il giudice di primo grado ha escluso tale voce, ritenendo che l'attività svolta dalla ditta abbia presentato comunque una sua utilità, ed il pubblico ministero lamenta l'erroneità di tale statuizione.

Ritiene il collegio che l'omessa riscossione dei tributi ha effettivamente vanificato l'attività svolta dalla ditta, il cui incarico era finalizzato all'accertamento del tributo ed alla conseguente riduzione dell'evasione. Tuttavia, tenendo conto che i dati acquisiti sono stati utilizzati nel 2004 ai fini dell’accertamento 2002, appare equo determinare il pregiudizio in euro 10.000.

Il danno complessivo ammonta, pertanto, ad euro 150.000. 4. Condotte colpevoli. 4.1. Trinci A Trinci, responsabile dell’ufficio tributi, il requirente contesta l’omessa attività di accertamento del tributo in violazione

degli obblighi previsti dal d.lgs. 15 novembre 1003 n. 507, richiamato espressamente dall’articolo 18 del regolamento comunale in materia di imposta sulla pubblicità e dagli articoli 32 e 34 del regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che, in assenza di obiettivi impedimenti, l'omissione di qualsiasi attività volta al recupero delle entrate dell'ente integra gli estremi della colpa grave.

Sostiene l’appellante che dagli atti versati in giudizio risultano la consistenza dell’organico, le difficoltà operative incontrate ed i risultati raggiunti dall’azione amministrativa e che, pertanto, manca qualsiasi colpevolezza, perché "le possibilità operative imponevano preferenze lavorative in ragione della produttività del tributo", e "l'inerzia sull'attività è stata una necessità".

Osserva il collegio che la condotta di Trinci va valutata in concreto alla luce dei fatti. Risulta dal rapporto della Guardia di Finanza che con delibera n. 180 del 2001 era stato conferito alla ditta AIP l'incarico di censire le esposizioni pubblicitarie esistenti, "onde precedere all'immediata predisposizione degli atti di accertamento per il recupero dell'evasione", fissando per il suo svolgimento un tempo brevissimo (tre mesi). In particolare, la ditta doveva fornire, per ciascun contribuente, la foto dei mezzi pubblicitari rilevati, una scheda contenente le informazioni necessarie alla successiva predisposizione di tutti gli atti di accertamento ed un tabulato riepilogativo delle posizioni, con indicazione dell'imposta applicabile. Il compenso alla ditta è stato liquidato con determina n. 44 in data 5 novembre 2001, a firma dello stesso Trinci, nella quale si attesta espressamente di aver "verificato che la ditta aveva fornito all'ente le schede di rilevazione corredate di foto" e che "dette schede già sono state inserite nel sistema informatico dell'ente, pertanto si ritengono soddisfacenti per l'ufficio". Dette affermazioni trovano riscontro nella raccomandata a mano in data 30 ottobre 2001 inviata dalla ditta a Trinci e, per conoscenza, all'assessore Placidi, nonché nelle dichiarazioni rese dalle dipendenti dell'ufficio tributi Stefanelli Roberta e Cecchini Maria Rita.

Inoltre la Guardia di Finanza ha accertato, dopo il sequestro della documentazione, che le schede consegnate dalla ditta AIP "erano veri e propri verbali di accertamento" e che la quasi totalità di esse era stata inserita nel software di gestione del tributo.

Questa situazione fattuale rende evidente l'infondatezza e l'inconsistenza delle argomentazioni difensive di Trinci, non essendovi alcuna giustificazione all'omissione di un adempimento che si presentava di semplice ed immediata esecuzione.

4.2. Zucchini Al direttore generale Zucchini il pubblico ministero contesta l’omessa attivazione dei poteri di sovrintendenza sulla

gestione dell’ente relativa all’acquisizione delle entrate, ritenendo che, di fronte ad un'incomprensibile cancellazione dei residui attivi, aveva il dovere di attivarsi ai sensi dell’articolo 108 del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e dell’articolo 16, primo comma, del regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi. Il giudice di primo grado ha condiviso questa contestazione, ravvisando nel suo comportamento gli estremi della colpa grave.

Nel proprio gravame Zucchini sostiene la sua totale estraneità ai fatti di causa, attesa l’esclusiva competenza in materia di gestione finanziaria del funzionario responsabile del servizio finanziario, ed osserva che il direttore generale svolge attività di coordinamento e non di controllo dei dirigenti. In ogni caso l’assenza di qualsiasi normativa, che gli attribuisca compiti nella materia de qua, esclude che un'eventuale colpevolezza nel suo comportamento possa essere considerata grave.

Osserva il collegio che la figura del direttore generale del comune (c.d. city manager) è prevista dall'articolo 108 del TUEL.

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La norma dispone che il direttore generale "provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco" e "sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza". Si tratta, quindi, di un funzionario che ha il compito di fare da tramite tra gli organi di governo e quelli burocratici.

Nel caso in esame risulta dagli atti che l'amministrazione si era prefissata l'obiettivo di recuperare l'evasione fiscale. È sufficiente ricordare che la delibera n. 180 del 2001, sopra richiamata, giustificava l'incarico alla ditta AIP con la necessità di " procedere all'immediata predisposizione degli atti di accertamento per il recupero dell'evasione". A fronte di ciò la cancellazione, in sede di consuntivo 2002, delle maggiori somme iscritte quale recupero dell'evasione del tributo in esame, evidenziando il mancato raggiungimento dell'obiettivo prefissato, almeno per il tributo in esame, avrebbe dovuto indurre il direttore generale a svolgere le proprie funzioni di coordinamento e di organizzazione degli uffici. Alla luce di tali considerazioni il collegio, concordando con la valutazione del giudice di primo grado, ritiene che l'ingiustificata inerzia del direttore generale integra gli estremi della colpa grave.

Si aggiunge, per completezza, che, sebbene il presente giudizio riguardi soltanto l'imposta sulla pubblicità, il rapporto della G.d.F. verte anche sull'omessa riscossione di altri tributi e evidenzia il totale disinteresse per l'intero settore delle entrate tributarie, nonostante esso sia di vitale importanza per le finanze dell'ente.

4.3. Placidi All'assessore ai servizi finanziari Placidi Patrizio il requirente contesta il mancato esercizio del controllo politico-

amministrativo previsto dall'articolo 107 del TUEL, ed anche in questo caso il giudice di primo grado ha ravvisato gli estremi della colpa grave.

Nel proprio gravame Placidi ritiene che l'omessa riscossione del tributo è addebitale soltanto ai dirigenti, i quali, in virtù del principio della separazione tra politica e amministrazione, sono gli unici responsabili della gestione e dei risultati ottenuti. Evidenzia che nel suo comportamento non è ravvisabile alcun colpa grave perché egli si è attivato, rimuovendo Trinci ed assegnando all'ufficio tributi un nuovo dirigente.

Osserva il collegio che la separazione tra l’attività di indirizzo politico e quella di gestione comporta che, come recita l'articolo 107 del TUEL, "i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti". I poteri spettanti agli organi di governo comportano non soltanto la definizione degli obiettivi ed dei programmi da attuare, ma anche la verifica che i risultati dell'attività amministrativa e della gestione rispondano agli indirizzi impartiti. Questa attività di verifica, nella quale si sostanzia il controllo politico amministrativo, è di fondamentale importanza, essendo logicamente propedeutica alla definizione di nuovi obiettivi, sicché la sua ingiustificata omissione integra gli estremi della colpa grave, trattandosi della funzione primaria e fondamentale attribuita ad un pubblico amministratore.

Nel caso in esame la gravità dell'omissione è rafforzata dalla circostanza che il Placidi non solo era l'assessore preposto allo specifico settore, ma era a conoscenza dell'affidamento dell'incarico alla ditta AIP e della sua avvenuta esecuzione, essendo destinatario per conoscenza della raccomandata a mano in data 30 ottobre 2001 con la quale la ditta inviava la documentazione all'ufficio tributi,

Quanto alle argomentazioni dell'appellante, è sufficiente osservare che il principio della separazione tra l’attività di indirizzo politico e l’attività di gestione dell’apparato amministrativo non è in alcun modo violato, perché l’imputazione di responsabilità concerne la violazione delle funzioni proprie degli amministratori e che la sostituzione di Trinci, intervenuta quando il danno si era già verificato, non elide la gravità dell'omissione ma giustifica l'esercizio del potere riduttivo.

4.4. De Angelis Anche al sindaco De Angelis il requirente contesta il mancato esercizio del controllo politico-amministrativo previsto

dall'articolo 50 del TUEL. Il giudice di primo grado, però, ha escluso la colpa grave, in considerazione dell'ampiezza del comune di Anzio e delle incombenze gravanti sul sindaco. L'assoluzione è stata impugnata dal requirente territoriale, che lamenta l'astrattezza della motivazione.

Regolarmente costituitosi, De Angelis svolge argomentazioni analoghe a quelle di Placidi ed eccepisce che il requirente non specifica in base a quali evidenze il sindaco doveva accorgersi delle omissioni dell'apparato amministrativo.

Ritiene il collegio che le considerazioni sopra svolte nei confronti dell'assessore Placidi valgono anche per il sindaco De Angelis, il quale, per espressa disposizione normativa e statutaria, aveva il compito di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti (articolo 50 TUEL ed art 14 dello statuto comunale). Non diversamente dall’assessore al ramo, quindi, egli era tenuto a verificare lo stato delle entrate tributarie, esercitando il controllo politico-amministrativo ed i compiti di vigilanza legislativamente attribuiti al capo dell'amministrazione.

Al riguardo il collegio, diversamente da quanto dedotto dall’appellato, ritiene che l’omessa attività di accertamento poteva essere agevolmente desunta da una semplice lettura dei dati esposti in bilancio e che la cancellazione dei residui non costituisce una mera operazione tecnica, perché determinando il venir meno di crediti (residui attivi) e debiti (residui passivi) influenza in maniera decisiva la situazione finanziaria dell'ente. Si tratta di concetti noti a qualsiasi sindaco e che dovevano essere ben conosciuti da De Angelis che tale carica ricopriva sin dal 13 dicembre 1998

4.5. Iacuitto, Ciliberti e Razza Ai revisori dei conti Iacuitto, Ciliberti e Razza, il requirente territoriale contesta l’omessa vigilanza sulla regolarità

contabile, finanziaria ed economica della gestione, relativamente all’acquisizione delle entrate, ex articolo 239 del TUEL. Il giudice di primo grado ha ravvisato gli estremi della colpa grave, evidenziando il mancato ricorso alle tecniche di campionamento.

Gli appellanti eccepiscono la falsa applicazione dell’articolo 239 del TUEL e la carenza di motivazione della sentenza impugnata sul rapporto di causalità, essendo stati ritenuti responsabili perché non avrebbero attivato le tecniche di campionamento, senza spiegare in che modo ciò avrebbe consentito di evitare il prodursi del danno.

Osserva il collegio che la condotta contestata nell'atto di citazione consiste nel non aver "mosso alcun rilievo nella relazione sul

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conto consuntivo del 2002 circa l'accertamento di minori entrate afferenti l'imposta sulla pubblicità per l'importo corrispondente ai residui attivi riportati, pari ad euro 153.307,65, nonostante non fossero ancora spirati i termini di prescrizione dell'attività di accertamento". Questa omissione si pone in evidente rapporto di causalità con il danno, perché un rilievo sull'operazione avrebbe richiamato l'attenzione degli amministratori sull'inerzia dell'ufficio tributi. Essa, inoltre, integra gli estremi della colpa grave, perché, oltre alla "vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate", il collegio dei revisori deve predisporre una "relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto". Questa relazione "contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione". Si tratta di un adempimento fondamentale dell'organo di revisione, che è stato svolto con superficialità, non essendo stata segnalata in alcun modo agli organi politici e amministrativi una cancellazione dei residui attivi che manifestava evidenti anomalie, quanto meno per essere riferita ad accertamenti che potevano ancora essere eseguiti.

5. Ripartizione del danno e spese del giudizio. Ritiene il collegio che il danno, sopra quantificato in euro 150.000, debba essere ridotto al fine di tener conto del

contributo causale del Direttore di ragioneria, che non è stato convenuto in giudizio, nonostante, per le sue specifiche competenze in materia di gestione dei residui, avrebbe dovuto e potuto evidenziare l'anomalia della richiesta di cancellazione di un residuo attivo, che era ancor possibile riscuotere e che si poneva in contrasto con il recupero dell'evasione, individuato come uno degli obiettivi dell'azione amministrativa. L'incidenza causale di questa condotta viene determinata nel 20% del danno, portando ad euro 120.000 l'ammontare del pregiudizio da ripartire tra gli odierni appellati.

Valutata l'incidenza causale delle singole condotte sopra esaminate, ritiene il collegio di dover addebitare il danno nella misura del 60% a Trinci, del 15% a Zucchini, del 10% a Placidi, del 5% a De Angelis e del 10% ai revisori. Relativamente a questi ultimi il pregiudizio va ripartito in parti uguali tra i tre componenti del collegio, non ravvisandosi incidenze causali diversificate.

Inoltre il collegio ritiene di dover ridurre la quota addebitata a Placidi, sino a metà del suo ammontare, tenendo conto della rimozione, da lui disposta, di Trinci e della sua sostituzione con un nuovo dirigente, nonché del conseguente recupero dell'imposta per il 2002.

Conclusivamente Trinci va condannato all'importo di euro 72.000, Zucchini ad euro 18.000, Placidi ad euro 6.000, De Angelis ad euro 6.000, Ciliberti, Iacuitto e Razza ad euro 4.000 ciascuno.

In sede esecutiva, per Trinci, Ciliberti, Iacuitto e Razza dovranno essere portate in detrazione le somme già pagate in attuazione dei decreti n. 46/2007 e 48/2007 revocati con decreto n. 84/2008.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P Q M

La Corte dei conti, sezione seconda giurisdizionale centrale, definitivamente pronunciando, ogni contraria ragione ed istanza reiette, a modifica della sentenza n. 1569/06, emessa dalla sezione giurisdizionale per la regione Lazio, condanna Trinci Franco al pagamento in favore del comune di Anzio di euro 72.000, Zucchini Giorgio ad euro 18.000, Patrizio Placidi e De Angelis Candido ad euro 6.000 ciascuno, Ciliberti Olga, Iacuitto Fabio e Razza Diana, ad euro 4.000 ciascuno.

In sede esecutiva, dovranno essere portate in detrazione le somme già pagate da Trinci, Ciliberti, Iacuitto e Razza in attuazione dei decreti n. 46/2007 e 48/2007.

Condanna gli appellanti privati al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 1.153,63 (euro millecentocinquatatre/63).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 febbraio 2010 IL RELATORE IL PRESIDENTE (dott. Mario Pischedda) (dott. Sergio Maria Pisana) F.to Mario Pischedda F.to Sergio Maria Pisana Depositata in Segreteria il 20 settembre 2010 Il Direttore della Segreteria F.to Andreana Basoli

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Diritto di abitazione ed Ici di Giuseppe Vanni Il quesito: “A seguito del decesso di un contribuente proprietario al 100% di un'abitazione, la moglie rinuncia all'eredità e l'abitazione (dove vivono la moglie superstite ed una delle figlie) viene ereditata al 50% da ciascuna delle due figlie. In tal caso, ai fini dell’individuazione del soggetto passivo Ici, prevale il diritto di abitazione del coniuge superstite ?” La risposta dei ns. esperti: Facciamo in primo luogo presente che il “diritto di abitazione” è un tipo limitato di usufrutto che consiste nel diritto di servirsi di un bene e, se è fruttifero, di raccogliere i frutti limitatamente ai bisogni proprie e della propria famiglia (art. 1021 Cc.). Il “diritto di abitazione” consiste nel diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art. 1022 Cc.). Il diritto si estingue, come l’usufrutto, con la morte del titolare e, pertanto, non può formare oggetto di disposizione testamentaria. Nel caso prospettato, al coniuge superstite compete, per esplicita disposizione di Legge, il diritto di abitazione “sulla casa adibita a residenza familiare” (art. 540, comma 2, del Cc.). Tale diritto reale, che si estende alle eventuali pertinenze, si acquisisce immediatamente al momento dell’apertura della successione (data della morte del coniuge), essendo considerato un legato ex lege (Corte di Cassazione Sentenza 15 maggio 2000, n. 6231, e Sentenza 10 marzo 1987, n. 2474). Il coniuge superstite, in virtù del diritto reale di abitazione, assume quindi la veste di soggetto passivo ai fini sia dell’Ici (art. 3, comma 1, del Dlgs. n. 504/92) che dell’Irpef (art. 26, comma 1, del Dpr. n. 917/86). Poiché tale coniuge superstite è l’unico soggetto passivo, relativamente all’abitazione di “residenza familiare” che è quella utilizzata effettivamente dal coniuge stesso e nella quale ha la residenza anagrafica (art. 8, comma 2, del Dlgs. n. 504/92; Circolare 7 giugno 2000, n. 118/E; Sentenza Ctp Milano, Sezione II, 5 luglio 2004, n. 71; Sentenza 16 maggio 2000, n. 199), non vi è dubbio sull’applicabilità del regime di esenzione Ici di cui all’art. 1 del Dl. n. 93/08. In conclusione, se sussiste il diritto reale di abitazione in capo al coniuge superstite, la veste di contribuente Ici è assunta esclusivamente da questo, in quanto tale diritto reale prevale sul diritto di proprietà degli eredi, “nudi proprietari” fino alla morte del titolare del diritto di abitazione.

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I QUESITI

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Pensionato agricolo e fabbricati rurali ai fini fiscali di Giuseppe Vanni Il quesito: “Quando può essere riconosciuta la qualità di fabbricato rurale all’abitazione di un ‘pensionato agricolo’”? La risposta dei ns. esperti: In risposta al quesito relativo all’oggetto, sottolineiamo che l’art 9, comma 3, del Dl. n. 557/93, dispone che, “ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali, i fabbricati o porzioni di fabbricati destinati ad edilizia abitativa devono soddisfare le seguenti condizioni: a) il fabbricato deve essere utilizzato quale abitazione: (…..) 4) da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura; (….) a-bis) i soggetti di cui ai n. 1), 2) e 5) della lett. a) del presente comma devono rivestire la qualifica di imprenditore agricolo ed essere iscritti nel registro delle imprese di cui all'art. 8 della Legge 29 dicembre 1993, n. 580; (……); c) il terreno cui il fabbricato è asservito deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati ed essere censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario. (…..) d) il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà del suo reddito complessivo,determinato senza far confluire in esso i trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività' svolta in agricoltura. (…..) e) i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, adottato in attuazione dell'art. 13 della Legge 2 luglio 1949, n. 408, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27agosto 1969, non possono comunque essere riconosciuti rurali”. Come chiarito nella Sentenza Corte di Cassazione 14 luglio 2010, n. 16527, il riconoscimento come “rurale” di un fabbricato abitativo utilizzato come abitazione da pensionato agricolo configura un’esenzione soggettiva Ici, anche “in difetto del requisito dell’identità fra proprietario del terreno e fabbricato”. Conseguentemente, risulterebbe sufficiente, ai fini del riconoscimento della qualità di fabbricato “rurale” e di esclusione da Ici, che il fabbricato venisse destinato ad uso abitativo da un “pensionato agricolo”, senza il rispetto anche degli ulteriori requisiti previsti di cui alle lett. d) e c) dall’art. 9, comma 3, del Dl. n. 557/93, ossia il volume di affari e l’asservimento ad un fondo di dimensioni non inferiori a 10.000 mq. Reputiamo però che gli estensori della citata Sentenza, per il riconoscimento della qualità di “fabbricato rurale”, non intendessero negare il legame funzionale fra il fabbricato abitativo ed il fondo (asservimento), ma considerare il legame funzionale ancora effettivo nel caso in cui l’identità soggettiva, precedentemente esistente, fra il possessore del fondo e l’utilizzatore del fabbricato abitativo asservito, risulta esser venuta meno in conseguenza del pensionamento per attività svolta in agricoltura. Diversamente, si arriverebbe all’assurdo di riconoscere carattere rurale anche all’abitazione, utilizzata da pensionato agricolo, ubicata in un centro cittadino, e si darebbe luogo ad una evidente sperequazione o discriminazione, evidentemente immotivata, rispetto ai pensionati per attività esercitate in altri settori. Mentre risulta pacifico che il “pensionato agricolo” per il riconoscimento della ruralità del fabbricato da lui abitato non debba possedere necessariamente anche la qualifica di “imprenditore agricolo” - infatti non risulta richiamato nella lett. a-bis) della norma sopra riportata - non sembra condivisibile la suddetta Sentenza quando riterrebbe non necessaria l’identità soggettiva fra utilizzatore/proprietario del fabbricato abitativo e possessore del terreno (la Sentenza indica entrambi i soggetti come proprietari), o meglio quando il fabbricato abitativo non risulta asservito al terreno in quanto abitato da persona non interessata/coinvolta nella coltivazione del fondo, censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario. Stante la possibile interpretazione sopra espressa in relazione alla Sentenza n. 16527, riteniamo che non possa essere riconosciuto il carattere di ruralità per altri casi in cui il fabbricato abitato dal “pensionato agricolo” non risulti asservito al terreno.

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Sabato 15 gennaio (*) Ravvedimento operoso Ici E' l'ultimo giorno per regolarizzare il versamento del saldo Ici 2010 omesso o pagato in misura

insufficiente. Chi intende sanare la violazione, deve pagare l'ammontare del tributo dovuto, gli interessi legali e la sanzione pari al 2,50% dell'Imposta da versare. I versamenti vanno arrotondate all’Euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, per eccesso se superiore. Il pagamento può essere eseguito con bollettino di c.c.p. intestato all’Agente di riscossione competente oppure con Modello F24, barrando la casella "ravvedimento” ex art. 13, comma 1, lett. a), Dlgs. 472/97 e successive modificazioni. Si ricorda che, per effetto del Dm. 4 dicembre 2009 (G.U. 15 dicembre 2009, n. 291), gli interessi legali erano fissati all'1% annuo dal 1° gennaio 2010, mentre con Dm. 7 dicembre 2010 (G.U. 15 dicembre 2010, n. 292) sono stati fissati all'1,5% annuo dal 1° gennaio 2011.

Irap - Acconto mensile Amministrazioni dello Stato e Enti Pubblici Deve essere versato entro oggi, da parte degli Organi e le Amministrazioni dello Stato e degli Enti

pubblici, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del Dlgs. n. 446/97, l’acconto mensile Irap, calcolato in base alle retribuzioni e compensi corrisposti nel mese precedente (art. 30, comma 5, Dlgs. n. 446/97, Dm. 2 novembre 1998). Il versamento deve essere operato telematicamente utilizzando il Modello F24EP.

Fatture differite Deve essere emessa entro tale data della fattura afferente la cessione di beni la cui consegna o

spedizione, effettuata nel mese precedente, risulti da un documento di trasporto idoneo a identificare i soggetti tra i quali è conclusa l’operazione, comprensiva anche della data e del numero dei documenti (art. 21, comma 4, Dpr. n. 633/72).

Ritenute alla fonte (Irpef ed Addizionale Irpef) Scade in data odierna il termine, per le Province, per i Comuni (tranne quelli con meno di 5.000

abitanti che non beneficiano di trasferimenti statali) e per i Consorzi, Associazioni, Unioni di comuni e Comunità montane con più di 10.000 abitanti, che non si avvalgono della possibilità di compensazione di cui all’art. 17 del Dlgs. n. 241/97, per il versamento tramite Modello F24EP delle ritenute alla fonte sui redditi soggetti a tale disciplina corrisposti nel mese precedente.

Domenica 16 gennaio * Versamento Iva mensile Scade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta per il mese precedente, da

effettuarsi tramite il nuovo Modello F24EP (approvato con Provvedimento 3 giugno 2010, utilizzando i nuovi codici di cui alla Risoluzione n. 101/10.

LO SCADENZARIO

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Compensazione “orizzontale” credito Iva Entro tale data può essere compensato in modo “orizzontale” il credito Iva maturato nel 2009 per importi inferiori a quelli indicati dall’art. 10 del Dl. n. 78/09 (rispettivamente, 10.000 Euro per compensazioni operate in data antecedente a quella di presentazione della Dichiarazione annuale, 15.000 Euro per compensazioni operate senza che sia stato apposto sulla Dichiarazione Iva 2010 il visto di conformità o la firma dell’Organo di revisione). Può essere invece compensato in modo “orizzontale” il credito Iva maturato nel 2009 anche per importi superiori ai 15.000 Euro annui qualora sia stato apposto sulla Dichiarazione Iva 2010 il visto di conformità o la firma dell’Organo di revisione (Circolare Entrate n. 1 del 15 gennaio 2009).

Contributi per prestatori di lavoro occasionale con reddito annuo sopra 5.000 Euro

Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps, tramite il nuovo Modello F24EP (approvato con Provvedimento 3 giugno 2010, utilizzando i nuovi codici di cui alla Risoluzione n. 98/10, con le stesse modalità previste per i collaboratori coordinati e continuativi, dei contributi sui compensi corrisposti nel mese precedente ai lavoratori occasionali il cui reddito annuo per tale tipo di prestazioni supera i 5.000 Euro, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del Dl. n. 269/03, convertito nella Legge n. 326/03 (art. 1, comma 770, Legge n. 296/06 e Circolare Inps n. 7/07).

Versamento delle accise Entro la data odierna gli operatori economici, per i prodotti soggetti ad accise, versano l’Imposta per tutti i quantitativi immessi in consumo nel mese di dicembre. Il versamento deve essere effettuato presso la Tesoreria provinciale dello Stato oppure attraverso il Modello F24, con possibilità di compensazione con altri tributi e contributi (art. 3, Dlgs. n. 504/95).

Verifica trimestrale di cassa

Termine indicativo entro il quale l’Organo di revisione dei conti deve provvedere ad effettuare la trimestrale verifica di cassa e la verifica della gestione degli Agenti contabili a denaro e materia per il IV trimestre dell’anno precedente (art. 223, del Dlgs. n. 267/00).

Versamento somme da conto corrente postale Entro il presente termine occorre versare in Tesoreria le somme disponibili sui conti correnti postali – prima quindicina del mese (art. 1, comma 1, Legge n. 720/84).

Giovedì 20 gennaio Attestazione mensile di liquidità

Il Tesoriere dei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, entro la data odierna, deve trasmettere al Ministero dell’Interno l’attestazione mensile relativa alla liquidità a disposizione giacente nei conti aperti presso la Sezione di Tesoreria (Circolare Ministero Interno n. 11/07).

Denuncia Tarsu

Ai sensi dell’art. 70 del Dlgs. n. 507/93, oggi scade il termine per presentare, ai fini Tarsu, la denuncia dei locali e delle aree occupate a partire dall’anno precedente.

Bollettazione Imposta di pubblicità I Concessionari dell’Imposta comunale sulla pubblicità, del Diritto sulle pubbliche affissioni e della Tosap, entro la data odierna, compilano in duplice copia il riepilogo delle bollette emesse nel trimestre precedente; una copia è trasmessa, contemporaneamente al riversamento trimestrale del tributo, all’Ente impositore, mentre la seconda copia viene trattenuta dal Concessionario (Dm. 26 aprile 1994, n. 593800, art. 4, comma 1, e art. 8, comma 1).

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Versamento somme da Agenti della riscossione

Ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Dlgs. n. 112/99, entro oggi gli Agenti della riscossione versano alla Tesoreria comunale le somme riscosse nella decade precedente, le somme accreditate sui conti correnti postali e le somme iscritte a ruolo pagate con Pagobancomat (art. 22. comma 1, Dlgs. n. 112/99).

Lunedì 31 gennaio Contributi alle Comunità montane

Entro la data odierna le Comunità montane devono presentare il certificato per richiedere i contributi erariali per l’anno 2010 per i Servizi gestiti in forma associata, come ricordato dal Ministero dell’Interno con il Comunicato del 17 dicembre 2010, con cui ha reso noto dell’avvenuta pubblicazione sulla G.U. del Decreto ministeriale di approvazione dei Modelli.

Monitoraggio trimestrale delle spese di personale 2010 Entro la data odierna i Comuni (limitatamente ad un “campione” formato da 841 Enti) e le Province (non più le Comunità montane) devono inviare i dati del quarto trimestre 2010 con riferimento alle spese di personale ai fini dell’espletamento delle funzioni di controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, secondo quanto previsto dal Titolo V del Dlgs. n. 165/01, in base alle indicazioni contenute nella Circolare Mef 7 aprile 2010, n. 17.

Patto di stabilità - monitoraggio semestrale Entro la data odierna tutti gli Enti soggetti al Patto di stabilità 2010 devono inviare alla Ragioneria generale dello Stato, tramite il sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, il Modello del monitoraggio relativo al 2° semestre 2010, ai sensi dell’art. 77-bis, comma 14, del Dl. n. 112/08, convertito con modificazioni dalla Legge n. 133/08, e secondo le modalità definite dal Decreto Ministero delle Finanze 14 luglio 2010.

Patto di stabilità – risultanze annuali Entro la data odierna tutti gli Enti soggetti al Patto di stabilità 2010 devono inviare alla Ragioneria generale dello Stato, tramite il sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it, il Modello del monitoraggio relativo all’intero anno 2010, secondo le modalità definite dal Decreto Ministero delle Finanze 14 luglio 2010.

Regolamenti sulle entrate Entro oggi, nel caso in cui l’Ente ha approvato e/o modificato i Regolamenti sulle entrate prima della chiusura dell’esercizio precedente, occorre darne comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritti di notifica Entro la data odierna occorre effettuare la richiesta di liquidazione e pagamento delle somme per diritti di notifica, allegando la documentazione giustificativa, alle Amministrazioni per conto delle quali sono state effettuate le notificazione nel IV trimestre dell’anno precedente (art. 1, Dm. 3 ottobre 1996).

Conto del Tesoriere Termine entro il quale il Tesoriere deve rendere il Conto della propria gestione di cassa per l’esercizio precedente tramite il Modello approvato con Dpr. 31 gennaio 1996, n. 194, allegando tutti i documenti previsti dalla normativa (art. 226, Dlgs. n. 267/00).

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Conto degli Agenti contabili Termine entro il quale il gli Agenti contabili interni per denaro e per materia devono rendere il Conto della propria gestione di cassa per l’esercizio precedente tramite il Modello approvato con Dpr. 31 gennaio 1996, n. 194, allegando tutti i documenti previsti dalla normativa (art. 233, Dlgs. n. 267/00).

Imposta sulla pubblicità annuale Scade oggi il termine per il pagamento dell’Imposta sulla pubblicità annuale (art. 8, comma 3, Dlgs. n. 507/93) ed il termine per la denuncia di cessazione dell’Imposta sulla pubblicità annuale (art. 9, comma 4, Dlgs. n. 507/93). Nel caso in cui l'importo del pagamento superi Euro 1.549,37, è possibile la rateizzazione in 4 rate trimestrali anticipate, la prima delle quali deve essere versata entro oggi. Scade il termine di presentazione della denuncia di cessazione della pubblicità annuale

Tosap annuale Scade oggi il termine per il pagamento della Tosap (art. 50, commi 3 e 5-bis, Dlgs. n. 507/93). L’Ente, entro la data odierna, deve comunicare alle aziende di pubblici servizi a rete gli eventuali cambiamenti deliberati nelle modalità e nei termini di versamento della Tosap (art. 50, commi 3 e 5-bis, Dlgs. n. 507/93). Nel caso in cui l'importo del pagamento superi Euro 258,23, è possibile la rateizzazione in 4 rate, la prima delle quali deve essere versata entro oggi.

Martedì 1° febbraio Versamento somme da conto corrente postale

Occorre entro il presente termine versare in Tesoreria le somme disponibili sui conti correnti postali – Seconda quindicina del mese precedente (art. 1, comma 1, Legge n. 720/84).

Venerdì 11 febbraio Versamento somme da agenti della riscossione

Ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Dlgs. n. 112/99, entro oggi gli Agenti della riscossione versano alla Tesoreria comunale le somme riscosse nella decade precedente, le somme accreditate sui conti correnti postali e le somme iscritte a ruolo pagate con Pagobancomat (art. 22. comma 1, Dlgs. n. 112/99).

Martedì 15 febbraio Irap - Acconto mensile Amministrazioni dello Stato e Enti Pubblici Deve essere versato entro oggi, da parte degli Organi e le Amministrazioni dello Stato e degli Enti

pubblici, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del Dlgs. n. 446/97, l’acconto mensile Irap, calcolato in base alle retribuzioni e compensi corrisposti nel mese precedente (art. 30, comma 5, Dlgs. n. 446/97, Dm. 2 novembre 1998). Il versamento deve essere operato telematicamente utilizzando il Modello F24EP.

Irap – Acconto mensile e esercizio dell’opzione per il “metodo commerciale”

In merito al versamento dell’acconto Irap riferito alle retribuzioni erogate nel mese di gennaio 2011, da effettuarsi entro la data odierna, ricordiamo che costituisce condizione necessaria per esercitare o per rinnovare, anche per l’anno 2011, l’opzione Irap, ex art. 10-bis, comma 2, del Dlgs. n. 446/97, relativamente ai servizi commerciali del Comune, l’interruzione dei versamenti dell’Irap riferita al personale impiegato direttamente, o in modo promiscuo, nei suddetti servizi commerciali, nel rispetto dell’esercizio dei cosiddetti “comportamenti concludenti”.

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Fatture differite Deve essere emessa entro tale data della fattura afferente la cessione di beni la cui consegna o

spedizione, effettuata nel mese precedente, risulti da un documento di trasporto idoneo a identificare i soggetti tra i quali è conclusa l’operazione, comprensiva anche della data e del numero dei documenti (art. 21, comma 4, Dpr. n. 633/72).

Ritenute alla fonte (Irpef ed Addizionale Irpef) Scade in data odierna il termine, per le Province, per i Comuni (tranne quelli con meno di 5.000

abitanti che non beneficiano di trasferimenti statali) e per i Consorzi, Associazioni, Unioni di comuni e Comunità montane con più di 10.000 abitanti, che non si avvalgono della possibilità di compensazione di cui all’art. 17 del Dlgs. n. 241/97, per il versamento tramite Modello F24EP delle ritenute alla fonte sui redditi soggetti a tale disciplina corrisposti nel mese precedente.

Versamento delle accise

Entro la data odierna gli operatori economici, per i prodotti soggetti ad accise, versano l’Imposta per tutti i quantitativi immessi in consumo nel mese di dicembre. Il versamento deve essere effettuato presso la Tesoreria Provinciale dello Stato o attraverso Modello F24, con possibilità di compensazione con altri tributi e contributi (art. 3, Dlgs. n. 504/95).

Versamento somme da conto corrente postale Occorre entro il presente termine versare in Tesoreria le somme disponibili sui conti correnti postali – Prima quindicina del mese (art. 1, comma 1, Legge n. 720/84).

Mercoledì 16 febbraio Versamento Iva mensile Scade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta per il mese precedente, da

effettuarsi tramite il nuovo Modello F24EP (approvato con Provvedimento 3 giugno 2010, utilizzando i nuovi codici di cui alla Risoluzione n. 101/10).

Compensazione “orizzontale” credito Iva Entro tale data può essere compensato in modo “orizzontale” il credito Iva maturato nel 2009 per importi inferiori a quelli indicati dall’art. 10 del Dl. n. 78/09 (rispettivamente, 10.000 Euro per compensazioni operate in data antecedente a quella di presentazione della Dichiarazione annuale, 15.000 Euro per compensazioni operate senza che sia stato apposto sulla Dichiarazione Iva 2010 il visto di conformità o la firma dell’Organo di revisione). Può essere invece compensato in modo “orizzontale” il credito Iva maturato nel 2009 anche per importi superiori ai 15.000 Euro annui qualora sia stato apposto sulla Dichiarazione Iva 2010 il visto di conformità o la firma dell’Organo di revisione (Circolare Entrate n. 1 del 15 gennaio 2009).

Domenica 20 febbraio (*)

Attestazione mensile di liquidità

Il Tesoriere dei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, entro la data odierna, deve trasmettere al Ministero dell’Interno l’attestazione mensile relativa alla liquidità a disposizione giacente nei conti aperti presso la sezione di Tesoreria (Circolare Ministero Interno n. 11/07).

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Riaccertamento dei residui Termine indicativo per provvedere al riaccertamento dei residui attivi e passivi prima del loro inserimento nel Conto del bilancio, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto o in parte degli stessi (art. 228, Dlgs. n. 267/00).

Versamento somme da Agenti della riscossione Ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Dlgs. n. 112/99, entro oggi gli Agenti della riscossione versano alla Tesoreria comunale le somme riscosse nella decade precedente, le somme accreditate sui conti correnti postali e le somme iscritte a ruolo pagate con Pagobancomat (art. 22. comma 1, Dlgs. n. 112/99).

Lunedì 28 febbraio (*)

Consegna del Modello Cud/2010 Entro oggi provvedere al rilascio, in doppia copia, del Modello Cud/2011, di certificazione dei redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, corrisposti nell’anno 2010 ovvero di una apposita certificazione unica attestante l’ammontare complessivo delle ritenute operate, delle detrazioni d’imposta effettuate, dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre agli altri dati stabiliti dal provvedimento di approvazione del Modello Cud (art. 4, commi 6-ter e 6-quater, del Dpr. n. 322/98, come modificato dall’art. 37, comma 10, lett. d), punto 3, del Dl. n. 223/06). Si ricorda che, sempre entro tale data, devono anche essere consegnate ai lavoratori autonomi le certificazioni relative alla ritenute operate sui compensi corrisposti nel corso dell’anno 2010.

(*) I termini e i versamenti in scadenza in un giorno festivo o di sabato sono automaticamente prorogati al primo giorno feriale successivo.

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