TREVISO medievale - scarpamattei.gov.it · 18. Casa del sole (Via della Roggia) 19. Vicolo Dossi...

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1. Corso del Popolo TREVISO medievale: L’ACQUA E LA PIETRA TOUR- SCOPERTA - 3 ore - 2. Loggia dei cavalieri 3. Palazzo dei Trecento 4. Piazza dei Signori 5. Portico Soffioni 6. Monte di Pietà 7. Santa Lucia 8. San Vito 9. Palazzo del Podestà 10. Calmaggiore 11. Portico del decumano, fontana delle tette 12. Battistero 13. Duomo 14. Terme romane 15. Sottoportico dell’Episcopio 16. Casa dal Corno 17. Casa-Torre del Visdomino (Arturo Martini) 18. Casa del sole (Via della Roggia) 19. Vicolo Dossi 20. Vicolo Buranelli 21. Piazza Rinaldi, Osteria della Colonna, 22. Palazzo Rinaldi, Portico delle ruote 23. Ponte Campana o San Francesco 24. Chiesa di San Francesco 25. Via Pescheria, facciata del convento dei camaldolesi 26. Casa dei Carraresi, Contrà del Cavallino 27. Casa Brittoni 28. Loggia dei cavalieri

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1. Corso del Popolo

TREVISO

medievale:

L’ACQUA

E LA

PIETRA

TOUR-

SCOPERTA

- 3 ore -

2. Loggia dei cavalieri

3. Palazzo dei Trecento

4. Piazza dei Signori

5. Portico Soffioni

6. Monte di Pietà

7. Santa Lucia

8. San Vito

9. Palazzo del Podestà

10. Calmaggiore

11. Portico del decumano, fontana delle tette

12. Battistero

13. Duomo

14. Terme romane

15. Sottoportico dell’Episcopio

16. Casa dal Corno

17. Casa-Torre del Visdomino (Arturo Martini)

18. Casa del sole (Via della Roggia)

19. Vicolo Dossi

20. Vicolo Buranelli

21. Piazza Rinaldi, Osteria della Colonna,

22. Palazzo Rinaldi, Portico delle ruote

23. Ponte Campana o San Francesco

24. Chiesa di San Francesco

25. Via Pescheria, facciata del convento dei camaldolesi

26. Casa dei Carraresi, Contrà del Cavallino

27. Casa Brittoni

28. Loggia dei cavalieri

Mura di Treviso

Treviso fu municipio romano arroccato attorno alla parte più alta del

centro, nella quale ora si trovano Piazza S. Andrea, Piazza dei Signori

e Piazza Duomo entro il perimetro di acque costituite dai Cagnani. La

presenza delle mura risale all’epoca romana. Le vestigia attuali sono

costituite da una cinta di quasi quattro km, comprendenti soprattutto

manufatti medievali (Porta Altinia), quattrocenteschi (Scaligeri), e

cinquecenteschi; questi ultimi furono costruiti per difendere Treviso,

più importante baluardo di Venezia in terraferma, contro i legati di

Cambray. Nel 1508 Frà Giocondo da Verona prima e D’Alviano poi,

su commissione della Repubblica veneziana, ampliano e migliorano le

antiche fortificazioni dando loro l’aspetto attuale di terrapieno,

rivestito all’esterno da una spessa muraglia di mattoni. Le fortifica-

zioni assunsero così l'attuale aspetto di terrapieno, rivestite

esternamente dalle mura. Una volta completate le mura, iniziarono le

opere idrauliche con imponenti movimenti di terra: fu creato attorno a

Treviso non solo un perimetro d’acque, ma anche la possibilità di

allagare la pianura circostante, mettendo a disagio gli eventuali

assalitori. All’esterno, ieri come oggi, scorrono dei canali derivati dai

fiumi Sile e Cagnan fiancheggiati da curati giardini. Tra le opere

richieste e realizzate sui progetti di Fra Giocondo e D’Alviano sono da

comprendere l’abbattimento di tutte le case che in qualche modo

potessero ostacolare la vista di eventuali assalitori per un miglio

tutt’intorno alla città, non solo, ma tutti gli edifici civili e religiosi che,

all’interno delle mura, avessero potuto ostacolare i movimenti dei

mezzi militari. Come in altre città del Nord (Ferrara,…) le mura di

Treviso, completate poco dopo il 1510, si fregiano a due terzi

dell’altezza di un cordolo in pietra d’Istria. In prossimità dei principali

bastioni (Porta Altinia, bastioni di San Paolo, bastioni al Portello…)

possiamo notare ancora oggi incastonati nel paramento di mattoni,

eleganti bassorilievi raffiguranti il leone alato, simbolo del potere di

Venezia, alla quale nel XIV sec. Treviso si era sottomessa. Questo

imponente strumento di difesa, in un modo o nell’altro, assolse bene

allo scopo per cui era stato realizzato tanto che Treviso non fu più

soggetta ad attacchi. Nella seconda metà dell’ 800 si pensò di

trasformare le mura in barriera daziaria, cosicché ogni accesso alla

città, per terra o fiume, fosse controllato e soggetto ad imposta. Fino

agli inizi del ‘900 il collegamento tra il centro urbano e la periferia era

assicurato ancora dalle tre uniche porte: Porta San Tomaso in direzione

Nord, Porta Santi Quaranta in direzione Ovest e Porta Altinia in

direzione Sud.

Ponte de Pria

Loggia dei cavalieri Presso il punto nevralgico della città antica, il Quadruvium " o "Croce

di Via", luogo di intersezione degli assi ordinatoci della città romana e

medioevale del Cardo e del Decumano, sorge in felice posizione

urbanistica la Loggia dei Cavalieri. La singolare architettura di grande

semplicità e leggerezza, esemplare di quel romanico trevigiano che

pure risente dell'eleganza bizantina lagunare. Fu costruita sotto il

podestà Andrea da Perugia (1276-77) per servire come luogo per

convegni, conversazioni, per il gioco degli scacchi ed altri svaghi,

esclusivamente riservato a nobili e cavalieri. E una sorta di piazza

coperta, di forma quadrangolare, aperta su ognuno di tre lati da cinque

arcate su esili colonne quadrate in pietra con capitello liscio. La

copertura piramidale, quasi un enorme cappello, è molto sporgente su

modiglioni lignei sagomati ed ha una complessa struttura interna,

nascosta da un soffitto ligneo a travicelli che conduce i carichi

principalmente su un'alta colonna centrale. L'edificio, che gli antichi

documenti portano a vanto della città, era interamente rivestito da ricca

decorazione a fresco, che smaterializzava fantasticamente le superfici.

La prima decorazione fu rinnovata nel 1313 con ricchi ornati policromi

a fasce geometriche e vegetali stilizzate, e inoltre all'esterno con un

fregio continuo con una lunga teoria di cavalieri e all'interno scene

tratte dal francese "Roman de Troie".

Esigui resti di queste decorazioni, bisognosi di urgente

restauro, si scorgono specie nei sottarchi. Restaurato una

prima volta nel 1911, l'edificio ebbe demolito il lato

orientale dai bombardamenti del 1944, poi ricostruito col

materiale originale. Oggi ospita un vivace mercatino di

libri, piante, giocattoli, antichità.

Palazzo dei Trecento Piazza Indipendenza già detta delle Donne, con al centro la statua

dell'Indipendenza, la popolare "Teresona", di Luigi Borro (1871). Vi

domina severa la facciata orientale del Palazzo dei Trecento,

certamente il monumento più rappresentativo della città per il suo

rilievo urbanistico, per essere legato al periodo che più ha inciso sulla

storia e sul carattere della città, per la storia recente che lo ha visto

semidistrutto dalla guerra e con ferma volontà ricostruito, quasi

simbolo della rinascita della città. La sua costruzione risale agli anni

tra il primo e il secondo decennio del 1200 (i documenti parlano di una

"domus lapidea Comunis" nel 1207 e di una "domus nova" nel 1213),

quando il Comune di Treviso, dopo la Pace di Costanza (1183),

afferma la propria autonomia rispetto sia all'autorità imperiale che

vescovile, costituendo un governo sovrano e dandosi un proprio corpus

di statuti. Il nuovo edificio viene situato sul luogo, molto

probabilmente, del foro romano, presso un secondo "quadruvium"

anticamente formato dal Cardo e da un asse trasversale (quest'ultimo

oggi vie Municipio e XX Settembre), da cui il nome di "Carrubio" dato

alla piazza oggi dei Signori. Il palazzo è il primo di una serie di edifici

e spazi che nel corso del 1200 verrà a delineare attorno alla Piazza del

Carrubio il polo del potere civile, distinto da quello religioso,

localizzato attorno al Duomo. Esso ospita al piano superiore un unico

grandioso salone che serviva per le adunanze del Maggior Consiglio,

formato appunto, in alcuni periodi, da 300 consiglieri del Comune e

della Marca, scelti tra nobili e anziani del popolo. In esso erano esposti

quegli Statuti comunali di cui Treviso ha la fortuna di conservare, a

partire dal 1207, la raccolta quasi completa. I piani inferiori erano

occupati da uffici pubblici. Nel suo stile romanico severo e quasi

rustico, che trova stretti contatti con altri edifici pubblici dell'area

emiliano-lombarda, il palazzo si presenta come una enorme e

massiccia mole quadrilatera menata, dove la compattezza delle pareti

in laterizio è interrotta solo dalle eleganti trifore. Tuttavia, l'attuale

severità era in origine attenuata dalla vivace policromia degli ornati in

terracotta scolpita nelle armille delle trifore e di due fasce continue con

intrecci vegetali, animali favolosi, scene amorose dipinte sotto i

davanzali e sotto la cornice di gronda. Tracce superstiti della

decorazione pittorica duecentesca si scorgono ancora nei sottarchi del

portico verso Piazza del Monte. Nel sec. XVI fu aperta la loggia a

piano terreno e iniziò una serie di interventi e modifiche conseguenti a

destinazioni disparate, che nel corso dei secoli alterarono gravemente

le linee originali dell'edificio. Purtroppo durante il bombardamento del

7 Aprile 1944 fu colpito da una bomba che, esplosa al suo interno, lo

devastò demolendolo in parte e provocando l'impressionante

strapiombo delle murature restanti.

Salvato dalla totale demolizione, ordinata dalle autorità

militari tedesche, con il pretesto dello stacco di affreschi

falsamente dichiarati del Veronese, il palazzo fu

restaurato tra il 1946 e il 1952 con un'operazione

appositamente messa a punto (Ing. F. Forlati) che consentì

di riportare in poche ore perfettamente a piombo le

enormi masse murarie, strapiombati fino a 92 cm (vedere

lapidi testimoni sullo scalone e verso la Piazza del

Monte). Le parti crollate furono ricostruite in gran parte

col materiale originale. Lo scalone monumentale, rifatto

nel 1906 sulle tracce di quello originario, che però era a

due rampe con protiro sulla sommità, dà accesso al Salone

dei Trecento, uno dei più grandi (m 47 x 20) palazzi

pubblici medioevali. E coperto con monumentali capriate

di originalissima forma doppia, sostenute da modiglioni

sagomati e originariamente dipinti. La decorazione

romanica delle pareti, in parte conservata, è costituita da

fasce con scene amorose e di caccia tra le testate delle

capriate, da grandi animali esotici dipinti in riquadri tra le

trifore, da motivi nei sottarchi delle stesse. Nel ‘500 fu

realizzata la grande fascia con tutti gli stemmi dei podestà

veneziani (reintegrata da M. Botter), e la decorazione

sulla parete di fondo con finte architetture, figure religiose

ed allegoriche di stile veronesiano.

Piazza dei Signori Luogo di incontro e di "ciacole" per i trevigiani di tutte le età. Vetrina

dove la città ama mostrare se stessa, specchio fedele del suo carattere,

la piazza costituisce urbanisticamente, ma soprattutto idealmente, il

cuore della città e ne è il punto di maggiore rappresentatività anche

architettonica. Vi prospetta il Palazzo della Prefettura, in stile falso-

romanico, costruito tra il 1874 e il 1877 sul luogo del duecentesco

Palazzo Comunale; essendo questo malconcio e fortemente alterato,

invece di restaurarlo si preferì stupidamente abbatterlo, per ricostruire

una sorta di debole parodia (Arch. Olivi, su spunto di Camillo Boito).

Duecentesca, ma molto probabilmente su fondamenta più antiche, è la

Torre Civica, dalla caratteristica sagoma, modificata solo nel

coronamento, e che ospita il familiare "Campanon".

Portico dei Soffioni Attraverso il Sottoportico dei Soffioni, all'angolo tra i Palazzi della

Prefettura e dei Trecento, si passa nella caratteristica Piazzetta del

Monte di Pietà, fino al secolo scorso occupata dalle beccherie ed oggi,

nella stagione autunnale, dal vivace mercato dei funghi.

Vi prospetta, contigua a quella del Palazzo dei Trecento,

la facciata posteriore, con bifora e grandi trifore, del

Palazzo della Prefettura, che è l'unica parte superstite,

anche se molto restaurata, del duecentesco Palazzo

Comunale. Di fronte è l'ala settecentesca del Monte di

Pietà, che reca sulla facciata un proclama del 1795.

Monte di Pietà L'edificio di fondo, sovrapposto alla chiesa di S. Lucia e dal quale

emerge il campaniletto romanico di S. Vito, è la parte più antica del

Monte di Pietà. Vi sono infissi stemmi trecenteschi, un bel Cristo Ecce

Homo ad altorilievo e vi si notano i resti di un originale motivo

decorativo gotico ad affresco. Fondato nel 1496, fu uno dei primi ad

essere istituiti in Italia. Vi è assai raccomandata la visita (civico n. 2)

alla Cappella dei Rettori. È un piccolo ambiente del tardo 1500,

eccezionalmente ben conservato: nella parte alta delle pareti, tra ricche

cornici intagliate e dorate, sono sei storie e parabole allusive alla carità

(Agar e l'Angelo, il Convito del Ricco Epulone, Elia, il Buon

Samaritano, Mosé che fa scaturire l'acqua, il Figliol Prodigo), da

considerare il capolavoro del pittore fiammingo, naturalizzato

trevigiano, Ludovico Toeput detto il Pozzoserrato (1581 ca). Alcune di

queste scene sono interessanti per l'ambientazione in ville venete

cinquecentesche. Lo sciupato affresco della piccola abside è di L.

Fiumicelli. Bellissimi sono il soffitto a travicelli dipinti a intrecci e il

rivestimento delle pareti con cuoi di Cordova arabescati, impressi,

dipinti, dorati ed argentati su imitazione di modelli ispano-arabi.

Un altro minuscolo locale rivestito di legno è l'antico

forziere; interessanti anche antichi pesi e strumenti di

misura. Tra i dipinti spicca uno stupendo quanto

problematico Cristo sul sepolcro, del quale, a fronte di

una insostenibile attribuzione tradizionale a Giorgione, la

critica non è finora riuscita ad individuare concordemente

l'autore.

Santa Lucia Dalla piazzetta un sottoportico conduce alla Piazza S. Vito, che

purtroppo ha brutti edifici moderni, e all'ingresso della piccola Chiesa

di S. Lucia. Questa sorse nel 1389 per ricordare la definitiva dedizione

di Treviso a Venezia, (proclamata l'anno precedente nel giorno

dedicato alla Santa) e risultò dall'ampliamento della più antica cappella

di S. Maria delle Carceri, sul luogo delle carceri del Comune distrutte

da incendio nel 1354. È a tre navate uguali, con volte gotiche a

crociera su basse colonne; la struttura e la poca luce le conferiscono

una suggestione particolare, quasi di cripta. Alterata, fu rimessa in

pristino negli anni Venti (M. Botter). La prima cappella affrescata a

destra dell'ingresso è quella primitiva, addossata alle strutture

romaniche della parte absidale della millenaria chiesa di S. Vito.

L'affresco centrale, trasportato, raffigura la Madonna del Paveio

(farfalla), opera di Tomaso da Modena (1355 ca) già molto restaurata

in antico, del quale rimangono autografe due incantevoli Teste

d'Angelo. Sopra e attorno sono affrescate Storie della Passione, tra le

quali è notevole la Crocifissione, di scuola veronese della fine del

1300. Pure a Tomaso da Modena è stata recentemente attribuita una

delicata Madonna col Bambino nella campata contigua.

Altri affreschi della fine del ‘300 con Storie di Santi sono

su alcune crociere. Interessanti anche le sculture

quattrocentesche di arte locale, come la Balaustra in pietra

con busti di Santi attorno all'altare maggiore.

San Vito Una porticina comunica con la Chiesa di San Vito, immettendo proprio

nella parte più antica superstite: una piccola cappella absidata risalente

al sec. XI-XII, con importanti affreschi romanici (Cristo e Apostoli)

della prima metà del 1200, recentemente attribuiti al quasi sconosciuto

maestro Ognibene da Treviso. Sul pilastro a sinistra dell'altare mag-

giore è un tabernacolo in pietra del 1363, ricco bassorilievo gotico-

fiorito con busti di Santi e ritrattini dei donatori. La chiesa attuale, a tre

navate su colonne, fu ricostruita nel 1561, quando sopra di essa si

allargarono i locali del Monte di Pietà; a questa ricostruzione

appartiene l'alto e arioso portico verso la Piazza S. Vito.

Palazzo del Podestà Sul lato opposto al Palazzo dei Trecento è il Palazzo del Podestà,

originariamente del 1491, ma ampiamente modificato nel secolo

scorso in stile rinascimentale lombardesco. Conserva verso il

Calmaggiore la notevole facciata seicentesca, pur modificata a piano

terreno, di vigoroso disegno architettonico.

Dalla Piazza dei Signori si imbocca Via Barberia: strada pedonale,

sempre animata e vivace, con bei negozi, per il suo carattere può

ricordare una calle veneziana. Sul laterale Vicolo S. Gregorio si trova

la piccola Chiesa di S. Gregorio, di origine medievale (pala col Santo

titolare, di Palma il Giovane) e vi prospetta l'edificio principale del

complesso detto Palazzo dei Ricchi, in realtà costruito sulle case di

questi dalla nobile famiglia degli Azzoni Avogadro nella seconda metà

del 1400. La facciata che prospetta su Via San Gregorio è riccamente

decorata con stupendi motivi floreali. Simile, ma in tono minore, è

l’altra facciata che dà su Via Barberia. Si ritiene che Ca’ dei Ricchi sia

l'edificio di Treviso più finemente trattato di qualsiasi altro dell'epoca,

dove è fatto uso piuttosto abbondante della pietra d'Istria, e che più si

accosta ai tipi contemporanei del gotico veneziano". Questo edificio,

molto alterato, mostra chiaramente le caratteristiche del gotico

veneziano tardo. Altro edificio, restaurato, dello stesso complesso e

con analoghe caratteristiche stilistiche, prospetta su via Barberia: ha

trifora e bifore sopra un porticato ad archi ogivali, paramento a finta

tappezzeria e cornicione a formelle di terracotta.

Calmaggiore, Portico del decumano Attraverso il vicolo del Podestà, quasi completamente chiuso in alto da

antichi barbacani, si raggiunge il Calmaggiore (Callis maior) che, per

congiungerne i due principali poli, è storicamente la strada più

rappresentativa della città; lo è fin dall’epoca romana, quando essa

coincideva con il Cardo Maximus, al quale appartiene, molto

probabilmente, il tratto di strada romana ritrovato recentemente sotto

un edificio (Galleria della strada romana, visitabile a richiesta presso il

negozio di argenterie). La via è fiancheggiata da bei palazzetti con

ampi portici. Questi, accoglienti quasi come un interno domestico, da

sempre sono il luogo deputato della vita sociale dei trevigiani. Tra le

insegne e accanto alle vetrine di moderni ed eleganti negozi, ancora si

scorgono antiche immagini sacre; singolare è la grande varietà di

forme di colonne e pilastri. Le facciate presentano spesso parti

affrescate gotiche e rinascimentali, mentre altre hanno aspetto

ottocentesco. Verso il termine, sotto l'incombente e massiccia mole

incompiuta del Campanile del Duomo, il Calmaggiore si allarga in una

piazzetta, offrendo la suggestiva visione della fiancata nord della

Cattedrale, con la veduta di alcune tra le sue sette cupole, che con i

loro volumi color verde rame e le grandi lanterne costituiscono uno dei

tratti caratteristici del panorama urbano.

Battistero Il riflesso dello stile architettonico della perduta Cattedrale si può

scorgere nel contemporaneo Battistero di S. Giovanni (sec. XI-XII),

restituito Mi questo secolo all'aspetto primitivo. Costruito in rosso

mattone, poggia su di un basamento sicuramente romano, e certo

originariamente non sorse come battistero. La facciata, i fianchi e

l'abside (visibile dal Calmaggiore) sono percorsi con raffinato senso

plastico da lesene raccordate con leggerezza da coppie di archetti

poggianti al centro su mensoline scolpite. Ai lati del portale anteriore,

che conserva originali battenti lignei intagliati trecenteschi, sono infissi

due fregi lapidei romani a motivi vegetali (sec. III o IV). Il semplice

interno ad aula ha nel fondo un'abside fiancheggiata da due absidiole

minori, che recano preziosi affreschi duecenteschi: quella di destra una

Madonna col bambino e Santi di carattere romanico; quella di sinistra

una Madonna col Bambino benedicente tra l'Arcangelo Gabriele e S.

Prosdocimo, opera di carattere bizantino, bellissima per colore ed

elegante disegno. L'abside maggiore è chiusa da una balaustra

marmorea del 1400, con teste di Santi di forte espressività. All'esterno,

sul lato verso la Cattedrale, è una nicchia con cospicui resti di un

affresco tardogotico del 1400. Tra il Battistero e il Campanile è la

piccola facciata della Scuola del Santissimo, che mostra le pallide

tracce di un

Cristo risorto dipinto da Tiziano Vecellio nel 1517. Il

Campanile, dal largo basamento, pare opera del sec. XIII,

rimasta interrotta ben prima del raggiungimento

dell'altezza progettata. Alla base è murata una lapide

romana che, facendo riferimento ai Seviri e alla loro opera

di pavimentazione del Cardo, è documento base per la

romanità di Traviso.

Duomo Il Complesso del Duomo si stende sul lato est della piazza e

comprende il Battistero di S. Giovanni col retrostante campanile, la

Cattedrale dedicata a S. Pietro, il Vescovado e, dietro questi ultimi

edifici, le Canoniche. L'impianto degli attuali edifici risale al sec. XI-

XII, epoca in cui la Cattedrale fu ricostruita in splendide forme

romaniche. Purtroppo, solo una ricca iconografia ci testimonia come

queste forme fossero il prodotto della originalissima fusione di

elementi della cultura romanica padana (gallerie in facciata, portale a

strombo con protiro), con altri propri della tradizione bizantina

lagunare. A pianta basilicale a tre navate, con ricchi mosaici

pavimentali e parietali, era addossato alla facciata un ampio portico ed

era iniziata la ricostruzione delle tre cappelle absidali. Ridotto

malconcio e di aspetto composito, verso la metà del ‘700 si preferì

demolire e ricostruire il corpo della chiesa in stile neo-rinascimentale,

causando certo la più grave perdita per l'eredità storica e artistica della

città. La fiancata Nord della Cattedrale mostra i segni lasciati in questo

luogo da quasi tutte le epoche: un notevole bassorilievo romano con

figura di Baccante su di un contrafforte; le piccole finestre della cripta

e un tratto di parete con lesene ed archetti della primitiva Cattedrale

romanica; l'esterno, rivestito di candida pietra d'Istria, della Cappella

del Santissimo, di puro disegno rinascimentale. La Cattedrale prospetta

sulla piazza con l'enorme pronao esastilo, su ampia scalinata, innalzato

nel 1836 in rigide forme neoclassiche e decisamente troppo "fuori

scala" rispetto alla "misura d'uomo" che caratterizza la città. Ai lati

sono collocati i due leoni romanici in marmo rosso di Verona, già

sorreggenti il protiro dell'antica cattedrale. L'interno fu costruito a

partire dal 1760 su disegni di Giordano Riccati, che lo uniformò allo

stile rinascimentale delle mantenute cappelle absidali; ne risultò

un'architettura di stile neorinascimentale piuttosto rigida nella

concordanza esatta e ripetitivi delle membratura in pietra grigia, ma

tuttavia originale e luminosa, dotata di una monumentale grandiosità,

accentuata dalle 7 cupole di cui ben cinque allineate sull'asse della

navata centrale. Comunque questa Cattedrale non riesce certo a

togliere il rimpianto per quella romanica demolita. Molto numerose

sono le opere d'arte di rilievo. Nella navata sinistra: primo pilastro,

statua di S. Sebastiano, di Lorenzo Bregno (1515 ca); secondo altare,

grande Tabernacolo architettonico in marmi pregiati arricchito di

bronzi (sec. XVII); secondo pilastro, Madonna col Bambino, statua

della bottega del Sansovino (sec. XVI); terzo altare, S. Giustina, Santi

e donatore, pala di Francesco Bissolo (1530 ca). Nel vestibolo sinistro:

cornice in pietra scolpita (sec. XIV); grandi tele seicentesche

(Francesco Bassano, Antonio Zinchi); Monumento Sepolcrale del

Vescovo Nicolò Franco, fine ed elegante opera lombardesca (1501).

Sul fondo si apre la Cappella del Santissimo: fu eretta su iniziativa del

Vescovo Bernardo De Rossi tra il 1501 e il 1503, su disegni di

Antonio Maria da Milano, interamente rivestita di marmo greco e

corredata di sculture (Redentore, Angeli, Santi Pietro e Paolo) da

Giambattista e Lorenzo Bregno, mentre l'affresco nell'abside col

Redentore è di Pier Maria Pennacchi (15 11). Si tratta di un notevole

ambiente, dove il preciso disegno architettonico tracciato da pilastri e

cornici in pietra grigia e la preziosità del rivestimento e degli arredi

scultorei (notare il singolare altarino semicircolare secondante

l'abside), concorrono a formare un omogeneo insieme di perfetta

misura rinascimentale. La Cappella Maggiore fu la prima della

ristrutturazione rinascimentale, compiuta su disegno di Pietro

Lombardo nel 1488. Allo stesso artista, con la collaborazione dei figli

Tullio ed Antonio, si deve, sulla parete sinistra, il Monumento

Sepolcrale del Vescovo Zanetto (1486), di elegantissimo disegno

rinascimentale e fine esecuzione (grande aquila sul festone, racemi sul

sarcofago). Di fronte, Monumento a Papa Alessandro VIII, plateale

opera barocca di Giovanni Bonazza (1693). Ai lati dei due monumenti,

Storie della Chiesa Trevigiana, buoni affreschi ottocenteschi di gusto

romantico, di Ludovico Seltz (1888). Sull'altare maggiore Arca

attribuita a Tullio Lombardo (1506), coi pregevoli busti ad altorilievo

dei Martiri Teonisto, Tabra, Tabrata. Contigua è la Cappella

dell'Annunziata o Malchiostro, dal nome del canonico che la fece

erigere nel 1519 e poi decorare.

L'architettura, semplicissima, fu concepita in funzione

delle pitture, affidate ai due pittori più "moderni" e famosi

della Venezia di allora: gli affreschi a Giovanni Antonio

da Pordenone, e la pala d'altare a Tiziano Vecellio,

risultandone uno dei complessi artistici più importanti

dell'arte veneta. Gli affreschi del Pordenone (1520) sono:

sulla parete sinistra l'Adorazione dei Magi, con vigorosi

ritratti in abiti contemporanei, e, sopra, la Visitazione,

dipinta in una sola giornata; sul catino dell'abside,

Augusto e la Sibilla, mentre il potente Padre Eterno nella

cupola è purtroppo andato perduto nel 1944. Gli altri

Santi sono opera di collaboratori. Il Pordenone eseguì

queste opere con fare grandioso e spigliato, nel fresco

ricordo delle opere pittoriche di Michelangelo,

dimostrando un precoce manierismo; esse costituiscono

infatti il primo clamoroso contatto dell'arte veneta con la

grande arte romana del cinquecento. L'Annunciazione di

Tiziano, la cui data si colloca tra il 1521 e il 1523, è

un'opera dal colore splendente e di caldo tonalismo, come

è evidente negli straordinari abiti della Madonna, figura di

indicibile bellezza e soavità. D'effetto è lo squarcio

luminoso delle nubi, mentre curioso è il piccolo ritrattino,

quasi caricaturale, del committente sullo sfondo.

Completano l'ambiente transenne in pietra a traforo e

stalli con piccole tarsie lignee. Sulla parete sinistra del

vestibolo sono esposte importanti opere di artisti

trevigiani: La Madonna del Fiore (1487), capolavoro di

Gerolamo Aviano detto G. da Treviso il Vecchio,

l'Assunzione (1521) di Domenico Capriolo, S. Lorenzo e

Santi (1562) e Adorazione dei pastori (1557 ca) di Paris

Bordon, quest'ultima piacevolissima opera della maturità

del pittore. Sulla parete destra: Arca sepolcrale del

Vescovo Castellano Salomone (1322 ca), pregevole opera

veneziana con evidente influsso toscano (notevoli gli

angeli reggi cortina e la figura giacente). Presso le

sacrestie dei canonici: dipinti di Gerolamo Aviano, Paris

Bordon (Sacri Misteri), Francesco Dominici

(Processione). Ridiscesi nella navata destra, una scaletta

porta nella cripta. E' l'unica parte rimasta pressoché

intatta, e certo la più antica, della cattedrale romanica,

forse già compiuta nel 1040, ambiente di grande

suggestione, caratterizzato da fitte colonnine, alcune con

bei capitelli scolpiti di reimpiego (sec. VIII-IX). Sulle

volte a crociera e sulle pareti sono numerosi frammenti di

affreschi dei secoli XIII-XIV. Sul pavimento, parti di

mosaico romanico con animali mostruosi. Nell'abside è

collocata l'Arca (1403) del patrono della città, S. Liberale;

sotto di essa è un interessante pavimento eccezionalmente

conservato in piastrelle di maiolica con motivi vegetali e

frutta, forse di fabbrica locale del ‘500.

Terme romane Il complesso si andò qui formando fin dai primi tempi

dell'evangelizzazione (sec. III-IV), in una parte della città romana dove

pare accertata la presenza di edifici pubblici come il teatro, un tempio

e, forse, un edificio termale, di cui un'aula circolare con pavimento a

mosaico, recentemente scoperta, è da identificare come il primo

battistero paleocristiano. Passando sotto il grande volto del Vescovado

si può giungere a vedere il Mosaico paleocristiano (sec. IV), notevole

per finezza di disegno e bellezza dei colori, appartenente ad un'aula

circolare poliabsidata, forse sala termale poi usata come battistero,

come confermerebbe anche la traccia della vasca battesimale ritrovata

al centro; il Mosaico è diviso in tre fasce: quella interna ed esterna con

motivi marini, la mediana con un ricco viticcio entro cui sono

variopinti uccelli, amorini vendemmianti ed una testa forse di

Autunno.

Casa dal Corno Su un lato della piazza fa angolo la Casa dal Corno, tipico edificio

gotico-veneziano del sec. XV, con decorazioni a fresco e ricche cornici

in terracotta attorno alle finestre trilobate.

La piazza del Duomo è bellamente ornata da grandi magnolie.

Prospiciente la Cattedrale è l'antico ma più volte rimodernato

Vescovado (notevole il Salone con Parabole Evangeliche affrescate da

Benedetto Caliari (sec. XVI), è il Palazzo del Tribunale, edificio

ottocentesco di epoca austriaca, eretto sul luogo del medioevale

Fontego delle Biade, a sua volta sorto sulle rovine del Palazzo degli

Ezzelini, demolito nella rivolta popolare nel 1260.

Casa-Torre del Visdomino Pochi passi possono portare in Via Cornarotta dove, assieme ad altri

palazzetti del sec. XVI, è la Casa-torre romanica duecentesca detta

"del Visdomino", appartenuta nel 1600 allo storico e medico

Bartolomeo Burchelati e dove, al principio di questo secolo, modellò

le sue prime opere lo scultore Arturo Martini.

Casa del sole (Via della Roggia) Continuando la via Canova, dalla quale si vede l'articolato complesso

dei chiostri seicenteschi dell'ex Convento di Ognissanti, oggi Uffici

Finanziari, giunti al Ponte di S. Chiliano si svolta nella Via Roggia,

costeggiando l'omonimo canale. È una strada molto piacevole, con una

serie di antiche e belle case porticate, talune con affreschi, e, al di là

del canale, una folta vegetazione dalla quale emerge, con effetto

romantico, la facciata diroccata di un nobile edificio.

Vicolo Dotti

Il laterale vicolo Dotti offre lo scorcio di altre belle architetture

"minori" gotiche e rinascimentali.

Vicolo Buranelli Una delle zone più tipiche e conservate della città vecchia, una delle

più fotografate e dipinte. Il nome si vuole derivi dalle case dei

commercianti di pesce originari dell'isola di Burano. Il silenzioso

scorrere del Cagnan di mezzo (o dei Buranelli), il sottoportico

affiancato che ne riceve i mobili riflessi luminosi e sotto il quale si

aprono mescite di trevigianissime "ombre de vin", il sorgere e lo

specchiarsi nell'acqua delle semplici, armoniose facciate, talvolta

gentilmente affrescate e dotate di tipici "lamponi" (lavatoi) sospesi a

catenelle e spesso fioriti, la stessa dimensione letteralmente a misura

d'uomo degli spazi e degli edifici, tutti questi elementi fanno sì che in

questo luogo particolare si possa cogliere la quintessenza del carattere

e dello spirito della città, rimanendone conquistati. Nella piccola casa

oltre il canale abitò a lungo lo scrittore Giovanni Comisso (1895-

1969); Eugenio Montale vi ha dettato la lapide.

Piazza Rinaldi

Pochi passi portano nella Piazza Rinaldi, felice ambiente urbano,

aperta e luminosa come un campiello veneziano; prende il nome dalla

nobile famiglia cui appartenevano gli edifici che vi si affacciano, tra

cui un bel palazzetto rinascimentale del principio del Cinquecento con

quadrifora dagli eleganti capitelli. Ma l'edificio più singolare è

senz'altro l'Osteria della Colonna, quadrata costruzione coronata da

loggiato, che prende il nome da una colonna posta nel mezzo del

salone centrale: ambiente assai caratteristico, si vuole sia stata aperta

ininterrottamente come osteria e locanda a partire dal 1600, prestigioso

cenacolo d'artisti e letterati come Arturo Martini, Gino Rossi, Giovanni

Comisso, protagonisti di quel momento particolarmente vivace e

fecondo della cultura cittadina. In un angolo della piazza un edificio

della metà del 1400 presenta un portico con sovrapposta loggia a

singolari archi trilobi inflessi di forma slargata e depressa, che possono

richiamare addirittura modelli islamici. Sulle pareti del portico sono

sciupate ma interessanti scene ispirate ai "Trionfi" del Petrarca.

Ponte Campana o Ponte San Francesco

Dal Ponte della Campana si hanno ulteriori scorci sull'acqua e su altre

antiche case che vi si specchiano; il ponte collega la Piazza S.

Francesco, dove si innalza il Tempio di San Francesco, uno dei gioielli

architettonici della città e una delle chiese più amate dai Trevigiani,

con la zona della Pescheria. Curiosa la costruzione, ben documentata

dopo il recente restauro.

Osteria dei trionfi

Sotto il palazzetto all’angolo del ponte si percorre il portico ad ampi

archi ogivali che si affaccia sul Cagnan Grande proprio dove le acque

azionavano le due ruote di un vecchio mulino, ulteriore esempio della

straordinaria qualità urbana di Treviso. Nel portico sono visibili parti

di un originale fregio quattrocentesco affrescato con putti acrobati su

festoni.

San Francesco

La Chiesa di San Francesco a Treviso è un edificio realizzato tra il

1230 ed il 1270, non lontano dalle Mura, per volere di Papa Innocenzo

III grazie anche alle notevoli elargizioni Comunali oltre che a quelle

dell’aristocrazia trevigiana. L’epoca di realizzazione, di trapasso tra il

Romanico ed il Gotico, è ben visibile in alcuni elementi architettonici

presenti sull’edificio: elementi romanici (gli archi dei transetti, il

portone d’ingresso) si mescolano ad elementi gotici (gli archi delle

cappelle terminali, le finestre). Internamente la Chiesa di San

Francesco riflette lo stile austero delle altre chiese romanico-gotiche di

Treviso; il soffitto è in legno a cassettoni e la pavimentazione in cotto.

La struttura è in laterizio sia internamente che esternamente con pianta

a croce latina. La caduta di Venezia nel Maggio del 1797 segnò

l’entrata delle truppe francesi anche in Treviso. Questo evento segnò

da lì a poco il declino di molte chiese trevigiane: spesso furono

convertite ad usi militari, divenendo luoghi adibiti al ricovero dei

soldati o a magazzino e furono spogliate delle loro ricchezze (come

accadde al Duomo, alla Chiesa di Santa Caterina ed alla Chiesa di

Santa Margherita). Come non bastasse, nel 1806 si aggiunsero le

soppressioni napoleoniche. Stessa sorte subì il complesso di San

Francesco, perdendo quindi la sua funzione di culto: fu demolito il

convento che fu privato dei due chiostri e con i mattoni fu costruita

una casa a ridosso della facciata, fu rimosso il pavimento e lo spazio

interno della chiesa fu suddiviso in più piani per meglio essere

sfruttato come magazzino. Purtroppo i danneggiamenti alle strutture

della chiesa continuarono sia sotto la dominazione austriaca che con

l’unità d’Italia. Alla fine degli anni ’20, dopo una massiccia opera di

restauro, la destinazione d’uso della Chiesa tornò ad essere quella più

consona ad un tale edificio ed affidata ai frati minori

conventuali. Tra le opere di maggior prestigio è possibile

ammirare la Madonna e Santi di Tomaso da Modena

(1360), mentre i dipinti di Vivarini Alvise, Paris Bordone

e V. Carpaccio, presenti un tempo, furono portati altrove.

All’interno della Chiesa, sul lato Sud si trova la tomba di

Francesca Petrarca, figlia del Poeta, defunta a Treviso nel

1384. Da qualche anno il Chiostro della Chiesa di San

Francesco a Treviso è diventato sede permanente di

mostre d'arte.

Pescheria

La Pescheria è forse l'episodio urbanistico più singolare della città,

nella sua zona più popolarmente animata. È un ampio -"vuoto urbano"

formato dall'allargarsi del Cagnan Grande. La Pescheria di Treviso si

colloca in uno dei luoghi più caratteristici del centro storico, circondata

da edifici quali Ca’ dei Carraresi e Ca’ Brittoni da un lato e dall’altro

edifici che un tempo facevano parte del Convento delle Monache

Camaldolesi con le loro fantasiose e vivaci decorazioni affrescate che

vanno dal gotico al rinascimento, dal ‘400 al ‘500. A Treviso, fino dal

Medioevo esisteva l’attuale isola della Pescheria: vi erano solo 3

isolette naturali tra loro separate da vari rami del fiume Cagnan. Nel

1854 anni, sotto la dominazione austriaca, il sindaco di Treviso impose

il trasferimento del mercato del pesce, che si teneva oramai da secoli

nella Piazza Monte di Pietà, nell’isola della Pescheria. Quando il

mercato del pesce si svolgeva in Piazza Monte di Pietà, i relativi

magazzini erano collocati nel sottoportico dei Buranelli, così chiamato

in quanto chi vendeva il pesce spesso proveniva proprio da Burano,

isola della laguna di Venezia. Una volta che il mercato del pesce fu

allontanato da Piazza Monte di Pietà, in questa si svolse il mercato

delle erbe e poi quello dei funghi fino a qualche anno fa (ed ora

trasferito in Piazza S. Vito). Il progetto di costruzione della nuova

isola della Pescheria, quale luogo deputato alla vendita del pesce, fu

realizzato dall’ing. comunale Bomben. Nel 1855 l'isola della Pescheria

era costruita sotto una bella corona di ippocastani, i banchi del

quotidiano mercato del pesce, realizzando così un esemplare caso di

attrezzatura e arredo che fa propri e interpreta i caratteri salienti, legati

all'acqua e al verde, della "cultura urbana" particolare della città. Per la

sua realizzazione si rese necessario l'apporto di un certo quantitativo di

terra che unì le preesistenti isolette; la forma della Pescheria era quella

di un’ellisse perfettamente simmetrica, collegata alla “terra ferma” da

un unico ponte in ferro realizzato due anni dopo (1856), quello

attualmente visibile vicino al bar da Muscoli’s. Il progetto prevedeva

la realizzazione, al centro dell’isola, anche di un chiosco metallico, che

però non fu mai realizzato. Intorno al 1929 si era pensato di realizzare

nell’isola un magazzino frigorifero, idea che presto tramontò. Negli

anni 1950 fu proposto un nuovo progetto di riqualificazione. Anche la

Fondazione Cassamarca negli ultimi anni elaborò un suo progetto di

risistemazione della zona, progetto che non fu preso in considerazione

dal Comune che ne elaborò uno suo grazie alla collaborazione con

l’arch. T. Follina che riprese la pavimentazione originaria in trachite,

ritoccando qua e là la forma dell’isola nell’estremità a valle (le sponde

sono più sollevate, il tutto per richiama-

re l’idea di una nave); sostituì i vecchi ipocastani oramai

malati; fece sostituire i vecchi banchi del pesce

parzialmente in pietra da altri nuovi, in acciaio che

mantengono però la stessa posizione. Specie al mattino, il

pittoresco mercato del pesce sull'isola, le bancarelle della

frutta e verdura nella prospiciente via Pescheria, le

botteghe della vicina via Palestro, i numerosi locali

pubblici per il vino , rendono animatissima, popolare e

vivace questa zona compresa tra i Cagnani Grande e di

mezzo, vicina al cuore storico di Piazza dei Signori.

Casa dei Carraresi Bella facciata romanica della Casa dei Carraresi (dagli stemmi ivi

affrescati), notevole esempio di "casa-fondaco", assieme mercantile

(pianoterra) e residenziale, della prima metà del 1200. Ha pure una

facciata a portico sul retrostante Cagnan, verso la Pescheria. Ben

restaurata, è oggi sede della "Cassamarca" per mostre e convegni.

Nello stretto Vicolo Trevisi il ponte della Malvasia offre ulteriori

suggestivi scorci quasi veneziani sul Cagnan di mezzo, chiuso tra

antiche case, sotto le quali appare e scompare.

Casa Brittoni

Palazzo medievale situato nel centro storico di Treviso, in vicolo

Spineda. L'edificio fu acquistato nel 1396 da Giovanni Berton, gestore

dell’attigua Osteria alla Croce, e da allora ha seguito le vicende di

Casa dei Carraresi, dove l'osteria aveva sede. È oggi infatti di proprietà

della Fondazione Cassamarca ed è sede di importanti mostre e

convegni. Le molte decorazioni murali di Casa Brittoni sono

un'importante testimonianza dell'articolarsi nel tempo del gusto

decorativo delle abitazioni private trevigiane. Si conservano in

particolare un Sant'Antonio abate (1360), una Madonna con Bambino

(1420), un Incontro tra un poeta (forse) e un cavaliere con paesaggio

sullo sfondo, opera del 1500 circa, un'Assunzione della Vergine di fine

’700 e, soprattutto, un diffuso apparato decorativo con differenti

motivi a tappezzeria. L'ambiente al primo piano è caratterizzato invece

da una fase decorativa su temi mitologici e allegorici di periodo

quattrocentesco.