Capitolo uno

«Fare una vita monotona, che scorre lungo binari prestabiliti, è

un errore» dissi io dopo un po’. «Alla lunga, la routine può

addormentare il cervello».

«J. ha ragione.» disse Harris «Avremmo proprio bisogno di un

diversivo».

In quel momento la porta della sala da pranzo si aprì e Clara, la

moglie di Harris, cacciò dentro la testa per dire che mia moglie

mi raccomandava di non fare troppo tardi, perché nostro figlio

Claudietto non stava bene e doveva andare a letto presto.

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Per quanto riguarda il bambino, io sono propenso a credere che

Roberta esageri. Claudietto non aveva proprio nulla di grave.

Solo che quella mattina era uscito con sua zia, e quando va a

spasso con lei basta che lui guardi con occhio avido la vetrina di

una pasticceria, perché quella benedetta donna gli comperi dolci

con la crema o con la panna montata, finché lui stesso dice che

ne ha abbastanza, e rifiuta con garbata fermezza di mangiarne

ancora. Ovviamente poi a cena, quando arriva la torta, Claudietto

ne prende solo una fetta e allora Roberta pensa subito che sia

malato. La moglie di Harris aggiunse che comunque avremmo

fatto bene a salire subito in salotto per non perderci

l’interpretazione della signorina Muriel che avrebbe recitato: Il

tè del cappellaio matto, dal libro Alice nel paese delle

meraviglie.

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Muriel è la secondogenita di Harris, ha otto anni ed è una

bambina molto carina e dall’intelligenza vivace, che però io

preferisco quando interpreta ruoli seri.

Assicurammo Clara che appena finito il sigaro ci saremmo precipitati

al piano di sopra. E la pregammo di impedire a Muriel di

cominciare ad esibirsi prima del nostro arrivo. Lei promise di

tenere a freno la bambina il più a lungo possibile, e se ne andò. Non

appena richiuse la porta alle sue spalle, Harris riprese il discorso

interrotto.

«Spero che abbiate capito quello che voglio dire. Ci serve un

periodo di completo cambiamento».

Io e George eravamo d’accordo, ma serviva una buona scusa per

lasciare per qualche tempo la famiglia. George, che è single,

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suggerì laconicamente: «Affari».

Era proprio una balordaggine degna di George! Gli scapoli sono

convinti che ogni donna sposata penda dalle labbra del marito e

sia disposta a bersi qualunque frottola, purché raccontata da lui.

Conoscevo un giovanotto, un ingegnere, il quale ebbe la bella

pensata di dire alla moglie che sarebbe dovuto andare a Vienna,

per affari. La moglie però gli chiese di quali affari si trattava e

allora lui improvvisò che doveva effettuare dei sopralluoghi in

certe miniere, e poi stendere dei rapporti. Un lavoro faticoso e

noiosissimo…

Lei disse che sarebbe partita con lui. Era una donna fatta così. Il

marito cercò di persuaderla a restare, spiegandole che una

miniera non era il luogo più adatto per una bella signora. Lei

ribatté che lo sapeva benissimo e che non ci pensava neanche ad

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accompagnarlo nelle gallerie. Ma che, mentre lui visitava le miniere,

lei se ne sarebbe andata in giro per Vienna a fare acquisti.

L’ingegnere non trovò più modo di fare macchina indietro e così,

per dieci lunghi giorni d’estate, gli toccò ispezionare davvero le

miniere nei dintorni di Vienna, mentre la moglie spendeva in

città. Per di più, la sera lui doveva redigere delle relazioni che

poi spediva alla ditta, la quale non ne aveva il minimo bisogno.

Avrei avuto un brutto colpo se avessi scoperto che mia moglie, o

la moglie di Harris, rientravano in quella categoria di donne, ma è

sempre prudente non correre rischi. La panzana degli affari

andava tenuta in serbo per i casi di emergenza.

«No» dichiarai «Noi dobbiamo mostrarci onesti e generosi, come

si conviene ai veri uomini. Farò capire a Roberta che un marito e

padre non sa mai valutare appieno la felicità di cui gode ogni

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