Travel Lifestyle Evasione Avventura Emozioni Bonato 2012 Riassunto (1) (1)

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TRAVEL & LIFESTYLE “Se la nostra esistenza si svolge all’insegna della ricerca della felicità, forse poche cose meglio dei viaggi riescono a svelarci le dinamiche di questa impresa, completa di tutto il suo ardore e di tutti i suoi paradossi. Benché in maniera indiretta, infatti, i viaggi contengono una chiave di lettura del senso della vita che va oltre le costruzioni imposte dal lavoro e dalla lotta per la sopravvivenza; ciononostante raramente vengono considerati stimolanti sul piano filosofico poiché sembrano richiedere considerazioni di ordine eminentemente pratico. Veniamo così inondati di consigli sul dove, ma poco o nulla ci viene domandato sul come e il perché del nostro andare. Eppure l’arte di viaggiare pone una serie di interrogativi nient’aff atto semplici o banali, e il cui studio potrebbe modestamente contribuire alla comprensione di ciò che i filosofi greci indicavano con la bella espressione eudaimonia, ovvero felicità”. I. Spazio in Movimento Oltre alle mete ritenute classiche, come le città d’arte, le località marine e montane di un turismo domestico e quelle più esotiche che ancora fanno sognare una vacanza eccezionale, oggi un buon numero di potenziali turisti opta per luoghi il cui rischio, l’avventura e la difficoltà sono divenute parole chiave nel consumo turistico. Nel passato queste destinazioni erano riservate solo ai professionisti, da almeno un decennio invece sono aperte ad una schiera molto ampia di turisti (trekking sulle appendici dell’Himalaya, sfidare i ghiacciai del Sudamerica, scrambling, canyoning, bungee jumping, snow rifting etc.). Anche sesso e turismo sono strettamente connessi, legame che affonda le sue radici nell’antichità. Fenomeno che si nutre di stereotipi di genere e differenziazione culturale amplificata dai massmedia, stereotipi che spingono al movimento per giustificare eventuali pulsioni o comportamenti altrimenti inaccettabili. Ci sono poi altre mete che si presentano più complesse da affrontare: il viaggio in zone di guerra, di guerriglia, a rischio di terrorismo, rapimento politici o luoghi che presentano ancora le fratture di passati combattimenti. La Cambogia, per esempio, a distanza da oltre un ventennio dalla caduta di Pol Pot (rivoluzionario e dittatore cambogiano negli anni ’70) è ancora testimone di zone cosparse di mine antiuomo, anche all’interno di siti d’interesse archeologico e storico, senza tuttavia risultare una barriera o un ostacolo per i turisti più avventurosi. […] Montagne, laghi, oceani e soprattutto deserti, lagune e giungle rappresentano luoghi sognati, desiderati e in genere luoghi che offrono possibilità di fruire di stimolazioni, eccitamento e avventura per ciò che sono nel nostro immaginario collettivo. Il dislocamento della propria vita, del proprio sé da ciò che è ordinario a ciò che è straordinari odi solito è al centro di ogni aspettativa nel viaggio turistico; molto spesso si è attratti nella scelta della destinazione da ciò che contiene una certa dose di rischio o che rappresenta l’inusuale. Eccitamento, rischio, pericolo, avventura sono solo alcune parole chiave necessarie per identificare un nuovo filone turistico che va espandendosi sempre più. Se Roje e Urry affermano che ogni dislocamento dall’ordinario allo straordinario, dal quotidiano all’estraneità, rappresenta già un’esperienza legata all’avventura, Price suggerisce come, nonostante sia stata programmata preventivamente l’avventura, l’avventura non sempre si presenta e questo è un paradosso legato proprio al concetto di rischio. Price evidenzia anche che ci sono tre elementi chiave per implementare quello che possiamo definire adventure tourism e sono la disponibilità in questo campo di tour operator esperti, la proliferazione di messaggi promozionali, il bombardamento mediatico al quale siamo quotidianamente sottoposti e l’applicazione della tecnologia nelle imprese previste. Questi fattori costruiscono, secondo Price, una zona cuscinetto tra la vita normale, quella quotidiana e le esperienze fuori dall’ordinario a cui aneliamo per uscire dalla

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essay per l'esame di antropologia culturale L. Bonato 2014

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TRAVEL & LIFESTYLE

“Se la nostra esistenza si svolge all’insegna della ricerca della felicità, forse poche cose meglio dei viaggi

riescono a svelarci le dinamiche di questa impresa, completa di tutto il suo ardore e di tutti i suoi paradossi.

Benché in maniera indiretta, infatti, i viaggi contengono una chiave di lettura del senso della vita che va

oltre le costruzioni imposte dal lavoro e dalla lotta per la sopravvivenza; ciononostante raramente vengono

considerati stimolanti sul piano filosofico poiché sembrano richiedere considerazioni di ordine

eminentemente pratico. Veniamo così inondati di consigli sul dove, ma poco o nulla ci viene domandato sul

come e il perché del nostro andare. Eppure l’arte di viaggiare pone una serie di interrogativi nient’affatto

semplici o banali, e il cui studio potrebbe modestamente contribuire alla comprensione di ciò che i filosofi

greci indicavano con la bella espressione eudaimonia, ovvero felicità”.

I. Spazio in Movimento

Oltre alle mete ritenute classiche, come le città d’arte, le località marine e montane di un turismo

domestico e quelle più esotiche che ancora fanno sognare una vacanza eccezionale, oggi un buon numero

di potenziali turisti opta per luoghi il cui rischio, l’avventura e la difficoltà sono divenute parole chiave nel

consumo turistico. Nel passato queste destinazioni erano riservate solo ai professionisti, da almeno un

decennio invece sono aperte ad una schiera molto ampia di turisti (trekking sulle appendici dell’Himalaya,

sfidare i ghiacciai del Sudamerica, scrambling, canyoning, bungee jumping, snow rifting etc.). Anche sesso e

turismo sono strettamente connessi, legame che affonda le sue radici nell’antichità. Fenomeno che si nutre

di stereotipi di genere e differenziazione culturale amplificata dai massmedia, stereotipi che spingono al

movimento per giustificare eventuali pulsioni o comportamenti altrimenti inaccettabili. Ci sono poi altre

mete che si presentano più complesse da affrontare: il viaggio in zone di guerra, di guerriglia, a rischio di

terrorismo, rapimento politici o luoghi che presentano ancora le fratture di passati combattimenti. La

Cambogia, per esempio, a distanza da oltre un ventennio dalla caduta di Pol Pot (rivoluzionario e dittatore

cambogiano negli anni ’70) è ancora testimone di zone cosparse di mine antiuomo, anche all’interno di siti

d’interesse archeologico e storico, senza tuttavia risultare una barriera o un ostacolo per i turisti più

avventurosi. […]

Montagne, laghi, oceani e soprattutto deserti, lagune e giungle rappresentano luoghi sognati, desiderati e

in genere luoghi che offrono possibilità di fruire di stimolazioni, eccitamento e avventura per ciò che sono

nel nostro immaginario collettivo. Il dislocamento della propria vita, del proprio sé da ciò che è ordinario a

ciò che è straordinari odi solito è al centro di ogni aspettativa nel viaggio turistico; molto spesso si è attratti

nella scelta della destinazione da ciò che contiene una certa dose di rischio o che rappresenta l’inusuale.

Eccitamento, rischio, pericolo, avventura sono solo alcune parole chiave necessarie per identificare un

nuovo filone turistico che va espandendosi sempre più. Se Roje e Urry affermano che ogni dislocamento

dall’ordinario allo straordinario, dal quotidiano all’estraneità, rappresenta già un’esperienza legata

all’avventura, Price suggerisce come, nonostante sia stata programmata preventivamente l’avventura,

l’avventura non sempre si presenta e questo è un paradosso legato proprio al concetto di rischio. Price

evidenzia anche che ci sono tre elementi chiave per implementare quello che possiamo definire adventure

tourism e sono la disponibilità in questo campo di tour operator esperti, la proliferazione di messaggi

promozionali, il bombardamento mediatico al quale siamo quotidianamente sottoposti e l’applicazione

della tecnologia nelle imprese previste. Questi fattori costruiscono, secondo Price, una zona cuscinetto tra

la vita normale, quella quotidiana e le esperienze fuori dall’ordinario a cui aneliamo per uscire dalla

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monotonia, desiderio amplificato da lusinghiere immagini stereotipate di luoghi idilliaci. Price afferma

inoltre che è necessario identificare cinque concetti associati all’avventura e alla sua esperienza: paura,

stress, pericolo, abilità e attitudine. Tuttavia, come possiamo facilmente leggere nelle presentazioni delle

agenzie turistiche, nelle pubblicità specializzate etc., le case destinate all’ospitalità dei turisti, spesso sono

architettonicamente spartane, primitive o tribali come la tradizione del luogo insegna, ma ricche di

tecnologie iper-moderne che offrono l’ospitalità locale all’insegna della modernità, evidenziando come i

T.O. abbiano preso a vendere avventure come idea e a consegnarla come esperienza addomesticata della

comodità. [...]

Il termine Dark Tourism, coniato per la prima volta da Lennon e Foley, ci pone di fronte alle relazioni tra il

turismo e la morte, soprattutto quella violenta (sono stati usati inoltre altri termini, quali thanotourism o

traumascapes, per esprimere l'interesse dei turisti verso i luoghi in cui si sono svolte atrocità verso il genere

umano). La prima volta che fu introdotta la nozione di Dark Attraction (1993)essa era legata allo sviluppo

commerciale e turistico di luoghi di morte collettivi, come le fosse comuni e i luoghi in cui celebrità o un

grande numero di persone hanno incontrato la morte (esempi possono essere il Groud Zero, Superga, le

tombe dei famosi, i campi di concentramento etc.). Altre destinazioni turistiche, indentificabili come

attractions, come i cimiteri nazionali e monumentali sono spesso identificate come luoghi nostalgici

differenziandosi dai luoghi in cui sono avvenuti disastri che divengono luoghi di sensazioni. Di conseguenza

le attrazioni basate su eventi che contrassegnano un luogo sono nella memoria di coloro che ancora vivono

per condividerle. Per gli autori citati il dark tourism è un fenomeno moderno, occidentale, basato su visite

ispirate alla condizione di Serendipity (da serendip, l'antico nome persiano per Sri Lanka, e viene usata per

indicare lo scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se ne cercava un'altra; tuttavia il termine non

indica fortuna ma un'apertura verso la ricerca ed una propensione a riconoscere il valore di esperienze

impreviste e che non corrispondono alle originali aspettative). E' un fenomeno che negli ultimi secoli è

diventato sempre più ampio e divesrsificato, nel quale Seaton (1996) individua a spiegazione di questo

fenomeno cinque possibili attività ricorrenti:

testimoniare la rappresentazione pubblica di morte;

localizzare una morte collettiva;

visitare monumenti commemorativi;

vedere rappresentazioni simboliche di morte;

testimonare il riappropriarsi della morte.

Sono molti i luoghi che nella nostra contemporaneità permettono di giustificare questi comportamenti: le

fosse comuni di vittime di etnocidi in Cambogia, Armenia, Ex-Yugoslavia, i luoghi segnati da atrocità

manifeste come l'Angola, l'Uganda, le prigioni di schiavitù e deportazione, i territori colpiti da cataclismi

come lo tsunami thailandese e via discorrendo. Il fenomeno non è sfuggito all'attenzione di molti sociologhi

anglosassoni che si interrogano sia sul fenomeno stesso, sia sul perché i turisti siano sempre più attratti

dalla morte e dalla sofferenza e ai luoghi che la rappresentano. La letteratura offre molti punti di vista a

riguardo e Dann (1998) sembra identificarne alcuni che possono essere raggruppati in otto categorie:

paura dei fantasmi dell'infanzia;

la ricerca di novità;

la nostalgia;

la celebrazione del crimine e della devianza;

un desiderio smodato di sangue

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il "giocere" con la morte;

intraprendere una vacanza all'"inferno" come sfida alla moralità

Si può concludere che i turisti, guidati da differenti gradi di intensità rispetto all'interesse e alla fascinazione

della morte, possono implicitamente appropriarsi, nella loro visita, dei significati della moralità piuttosto

che esplicitamente contemplare la morte e il morire come primaria motivazione della visita. Ancora, su

questa linea, possiamo affermare che il livello di significato individuale indubbiamente dipenderà dal

background socioculturale e di certo anche dalle variazioni di intensità percepite sia nel grado di empatia

verso quelle popolazioni sia nel bisogno di rafforzare il bisogno di continuità e di sopravvivenza di ognuno a

queste esperienze. [...]

Bauman (1996) a proposito della ralazione tra ciò che facciamo e chi siamo usa analogie come pellegrino e

turista per teorizzare il cambiamento culturale e il ruolo dell'identità. Egli ricorda che il pellegrino aveva un

chiaro senso dello spazio, aveva un senso della direzione verso cui tendere che si legava al futuro e lottava

per il futuro, mentre all'opposto il nostro mondo è caratterizzato dalla complessità, dalla frammentazione e

dalla ambivalenza che non rendono possibile percepire un futuro in termini di certezze e convinzion e,

quindi, in contrapposizione, come turistic, ci muoviamo nel presente. Ad aplificare nel nostro quotidiano

queste caratteristiche di ambivalenza e frammentazione compaiono i messaggi, le foto, i racconti, gli

articoli di giornale che usano l'esaltazione per calamitare l'attenzione del lettore/navigatore. Inoltre

letteratura e cinematografia ci conducono nei luoghi in cui autori o attori hanno vissuto e lavorato per farci

toccare con mano e rivivere le emozioni già provate con la lettura o la visione di un film. Il web ci offre un

panorama molto ampio sui temi citati come forum, blog, immagini, diari di viaggio, articoli che ci pongono a

confronto con le realtà visitate, ma soprattutto offrono immagini che raccontano una storia, in modo

efficace e ci raccontano anche quali siano le dark attractions più visitate e discusse; morte, disastro, miseria

e memoria sono divenuti nella nostra società dei prodotti di consumo turistico.

II. Luoghi di Memoria, Cinema e Letteratura per un Turismo di Emozione e di Consumo

I luoghi sono più che semplici setting con determinate caratteristiche fisiche: essi piuttosto vanno intesi

come elementi dinamici, contesti di interazione sociale e di memoria. L'uomo infatti crea il luogo dotandolo

di significato in relazione non solo ai propri vissuti soggettivi ma anche alle circostanze economiche, sociali

e culturali in cui vive. I soggetti che vivono quotidianamente un certo luogo gli conferiscono

autmaticamente certi valori e creare luoghi di memoria sui quali proiettare la propria identità locale. I

luoghi di memoria possono essere reali oppure immaginati, legati a memorie vissute, che vengono in

qualche modo generalizzate per divenire attrattive per altri, o a memorie inventate, ma non per questo

meno concrete e reali nella loro potenza immaginativa. Sono reali in quanto effettivamente in quel punto

dello spazio si è prodotto un evento assunto come significativo, come possono esserlo la Palestina e

Gerusalemme che richiamano moltissimi pellegrini. In questi ultimi anni, in Europa ma non solo, si è

assistito ad un recupero e ad una valorizzazione economica dei luoghi di memoria, più precisamente quei

siti segnati dalla storia, e in particolare dalla storia dei conflitti bellici, che ha inaugurato la nuova forma di

turismo della memoria. L'espressione turismo di memoria può apparire ossimorica: il turismo rimanda allo

svago, al tempo libero, ludico, in contrapposizione alle immagini rigorose, serie, legate alla memoria e alla

sua funzione di apprendimento e alla riproduzione di esperienze passate. Attraverso una equilibrata azione

di valorizzazione e di tutela che tenga conto delle radici culturali e dell'identità di cui squesti luoghi sono

portatori, territorio e memoria possono concorrere alla formazione di una coscienza storicizzata dei

visitatori, creando e fornendo emozioni ed esperienze indimenticabili. Ad esempio, è diventata una pista

ciclabile la striscia di terra che fino al 1989 divideva in due la Germania, la cosiddetta striscia della morte.

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Per percorrere l'intero tragitto di 600 km, accompagnati da una guida, si impiegano dieci giorni. Per quanto

riguarda il nostro paese, i luoghi della memoria riguardano principalmente la fuga degli ebrei italiani verso

la Francia, le pattaglie partigiane, i campi di prigionia, gli eccidi nazisti nelle comunità montane, trekking per

visitare le trincee della grande guerra. Molto noto è il treno della memoria che, il giorno della memoria, il

27 Gennaio, percorre un tragitto verso i campi di concentramento di Auschwitz, a Cracovia; a Torino il treno

è attivo da 8 anni. Il turismo di memoria comprende anche una forma di turismo detta Turismo Genealogico

un segmento di mercato consolidato da pochi anni e rivolto alla scoperta dei luoghi e degli spazi vissuti dai

nostri antenati e dei loro discendenti. I principali paesi interessati da questa crescente pratica turistica sono

quelli che sono stai interessati da ingent fughe e migrazioni del Novecento, dall'Irlanda alla Germania alle

varie regioni italiane del centro-sud. In Gran Bretagna, per esempio, la Ancestral Footsteps dispone di una

fitta rete internazionale di storici e ricercatori che seguono le tracce degli antenati dei propri clienti e, dopo

una ricerca che dura tra i quattro e i sei mesi, propongono un tour verso i luoghi abitati dai propri antenati.

(è possibile fare delle ricerche fai da te online consultando i numerosi siti che dispongono di tali

informazioni, come Ancestr). Questo nuovo segmento dell'industria turistica, che offre al contempo un

esperienza emotiva e culturale, può contribuire a valorizzare piccole e sconosciute imprese e rendere più

attive a livello sociale le comunità stesse (Best Sicily Guide offre un studi sulle proprie origini e la possibilità

di visitare i luoghi di vita dei propri antenati). Alcuni studiosi includono il turismo di memoria all'interno

della definizione di turismo macabra, o dark tourism o thanatourism, poiché i luoghid della memoria sono

connessi ad un immagine di morte e sofferenza. Il turismo macabro è quello praticato nei luoghi dei

disastri: la gente parte per visitare luoghi di morte, catastrofi o depravazioni; tra tali mete possiamo

ricordare i cimiteri di Parigi, il Ground Zero, Robben Island, la prigione in cui venne rinchiuso Nelson

Mandela, etc. (altro esempio è il tour di Jack lo Squartatore - www.jacktherippertour.com). Il turismo

macabro tuttavia non è una manifestazione dell'odierna società ma ha radici ben più profonde. Nell'antica

Roma i romani al Colosseo assistivano divertiti a lotte tra uomini e animali, nel Medioevo i pellegrini

viaggiavano verso tombe e luoghi di martirio, senza dimenticare gli spettatori di esecuzioni pubbliche o ai

roghi di presunte streghe, la ghigliottina durante la Rivoluzione Francese, la Battaglia di Waterloo osservata

dalla nobiltà a distanza di sicurezza. Il turismo di memoria e quello macabro si traducono entrambi nella

capacità del mercato di alimentarsi dalle emozioni, di commercializzare i ricordi e le memorie, tuttavia non

possono essere intesi come sinonimi: il turismo macabro si pone su un piano di lettura diverso rispetto a

quello di memoria poiché non ci sono memorie incarnate da riattivare ma grandi emozioni legate ad eventi

tragici, storici, che sono vissuti e osservati come forme spettacolari. [...]

Nell'elenco delle mete turistiche è comparsa la casa di Anna Frank, nel centro di Amsterdam, dove la

giovane scrittrice scrisse il suo famoso diario durante la seconda guerra mondiale, ora in mostra

nell'esposizione permanente allestita nella casa museo della donna, la cui visita rappresenta un'esperienza

particolarmente forte per migliaia di turisti che accorrono da tutto il mondo. Questa visiti può essere

ascritta a quella più ampia categoria identificata come turismo letterario, che porta alla scoperta di luoghi e

suggestivi percorsi narrati da famosi scrittori. Si tratta di un modo diverso di reinterpretare il territorio e di

dare nuovo significato alle destinazioni : in quest'ottica rientrano i Parchi Culturali che promuovono il

recupero ambientale e la valorizzazione della cultura materiale e letteraria di determinati territorio, come il

Parco Culturale di Dante; aa Ostia è possibile ricordare P.P. Pasolini, in Sicilia Giovanni Verga tra Catania e

Acitrezza, le opere di Gozzano, Fenoglio e Pavese ricordano le colline piemontesi e, in particolare, Langhe e

Roero. Stando ai promotori di tale iniziativa la realizzazione di un parco culturale si fonda su tre

considerazioni, secondo le quali la propensione ecologico-ambientale risulta in armonia con quella

letterario-culturale:

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l'urgenza di un intervento di recupero e di tutela dell'ambiente da un punto di vista architettonico,

paesaggistico ed antropologico;

la necessità di stabilire un più stretto rapporto tra la visione della cultura e la visione del territorio;

la rivalutazione culturale dei luoghi letterari.

Il lavoro di costituizione del parco presenta due aspetti: uno iniziale di ricerca e di inventario e una seconda

fase di interventi operativi . Per quanto riguarda il primo sono da segnalare l'individuazione di scrittori

legati alla geografia del territorio, l'attenzione alle espressioni della cultura orale e del patrimonio letterario

locale, il recupero della tradizione e della cultura materiale, la ricerca delle feste e dei riti locali, lo studio

degli antichi mestieri, le ricerche e la registrazioni dei ricordi dei suoi abitanti. Da un punto di vista

operativo bisogna attivare interventi di schedatura e di riordino del materiale raccolto, con la creazione di

una banca dati che permetta diutilizzare e visitare il parco culturale. Il primo parco culturale è stato

realizzato nel 1994 in Piemonte. Negli Stati Uniti il fenomeno del turismo letterario gode di un ampio

numero di appassionati che amano visitare i luoghi in cui i loro autori preferiti hanno vissuto e scritto

(esiste un sito internet dedicato alla pagina - www.literarytraveler.com). Le città di Edimburgo, Melborne,

Iowa e Dublino sono state riconosciute dall'Unesco come città dell letteratura. Dublino ha dato i natali a

Bram Stoker, Oscar Wilde, James Joyce; molte altre città sfruttano come atrattiva turistica le cosiddette

Writers Memorial Houses, come la casa dell'autrice di Piccole Donne, Louisa May Alcott, negli Stati Uniti, la

casa in cui è nato Hemingway, nell'Illinois, a Parigi quella di Balzac, a Londra quella di Charles Dickens, senza

contare le numerose case memoriali italiane, da Petrarca a d'Annunzio a Pascoli. Attraverso il turismo

letterario è possibile cogliere un un percorso specializzato il logico prolungamento dell'esperienza di

lettura: i fruitori di opere letterarie possono quindi leggere il territorio tramite una strategia denominata

cross selling: consiste nell'aumentare il valore dello scambio mettendo a disposizione prodotti o servizi in

qualche modo collegati con la scelta d'acquisto iniziale rendendola quindi più completa (testo scritto e

caasa memoriale). La letteratura è dunque in grado di condizionare l'immaginario collettivo nei confronti di

alcune località nonché di delineare i contorni di molte città; i luoghi letterari, però, possono essere anche

immaginari ma accendere talmente la fantasia da essere ricreati nella realtà. Un esempio lampante

possono essere la casa ricreata di Sherlok Holmes, a Londra, e il binario 9 e 3/4 di Harry Potter alla stazione

di King's Cross. Al maghetto è stato anche dedicato un intero parco divertimenti in Florida che riproduce

fedelmente i luoghi dei romanzi. [...]

Proseguendo con queste considerazioni si arriva presto a considerare il rapporto tra Cinema e Turismo.

Anche il grande schermo e la TV propongono i romanzi che preferiamo e che abbiamo amato, amplificando

di connseguenza l'attrattiva turistica di tali luoghi. Un esempio possono esserlo la foresta di Sherwood in

cui è ambientato Robin Hood, in Gran Bretagna, oggi parco nazionale e che offre il Robin Hood tour. In

Italia vi è una grande affluenza a Modica, nei luoghi dove è stato girato Montalbano, o ancora i territori che

hanno visto consumarsi la Passione di Cristo di Mel Gibson, o Torino, teatra di film quali The Italian Job o

Profondo Rosso o la serie tv Elisa di Rivombrosa, oggi riproposti in un tour in collaborazione con il Museo

del Cinema e intitolato Movie on the Road. Il cineturismo è un fenomeno affermatosi di recente ma che ha

significati antecedenti storici: ricordiamo che film come Vacanze Romane o la Dolce Vita hanno contribuito

a lanciare l'immagine di Roma nel mondo. Lo sviluppo del cineturismo ha alimentato la nascita di T.O. e

ADV specializzate nel proporre tour guidati ai luoghi set di scene cinematografiche, come avviene in Nuova

Zelanda per ripercorrere i territori de Il Signore degli Anelli. Ogni anno sono oltre 100 milioni i turisti, in

particolare americani e inglesi, che visitano location utilizzate dal cinema per le proprie vacanze. Del

rapporto tra cinema e turismo esistono diverse definizioni generate dalla natura di tale relazione e che

possono essere cosi sintetizzate:

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movie induced tourism (turismo indotto dal film);

film tourism, che inserisce il processo di influenza del film nella fase motivazionale;

cinema sightseeing, che mette in relazione cinema e turismo al momento della fruizione del

prodotto nonostante che visita il luogo non è stato necessariamente stimolato dalla visione del

film;

set-jetters, che consiste nel ripercorrere la location dove le star del cinema hanno recitato;

cinematic tourist, che si riferisce all'influenza sul comportamento del turista esercitato da uno o più

film girati in un determinato luogo.

Il cineturista è colui che, stimolato e affascinato dalla visione di un film, si reca in quei luoghi per diverse

motivazioni e può dunque essere classificato in diversi filoni, fino a distinguere tre tipologie di cineturisti:

specific: è il cineturista vero e proprio, colui che si reca in luogo esclusivamente perché è stata

location di un film;

general: turista generico che decide di vivitare un territorio indipendentemente dalla visione di un

film che è stato girato li ma che, nonostante ciò, partecipa attivamente alle attività legate alla sua

realizzazione, come percorrere itinerari o partecipare a visite guidati in luoghi-set;

serendipitous: turista che si trova in un luogo set cinematografico ma che non partecipa

attivamente alle attività legate alla sua realizzazione.

III. Viaggiatori nel Mirino

Turismo e guerra hanno da sempre costituito uno strano connubio che ha affascinato e suscitato l'interesse

di molti. Nonostante non sia sempre scontato come violenza e pratica del tempo libero possano coesistere

in un tutt'uno, la ricerca di sempre più destinazioni che sappiano regalare il brivido e il pericolo è sempre

più confermata. Molti viaggiatori non si accontentano più di vedere i soliti percorsi preconfezionati del

turismo di massa e hanno spostato la loro attenzione su quelle destinazioni che possono offrire brivido,

pericolo, rischio, oltre esotismo e senso del diverso; una tendenza che ha segnato la nascita di un nuovo

tipo di turismo detto Hot War Tourism. L'Hot War Tourism è una sottocategoria del turismo di guerra o

battelfield tourism con il quale si intende la forma di turismo che predilige la visita a campi di battaglia,

tombe militari, luoghi di commemorazione, cimiteri, musei e altre strutture e luoghi di scoperta che

ricordano le guerre; pratica che a sua volta rientra nella più grande categoria di Dark Tourism, il "fenomeno

che abbraccia la presentazione e il consumo della morte reale o commercializzata e dei luoghi du disastro".

Se per molte persone la sicurezza è un prerequisito fondamentale nella scelta della destinazione turistica, la

predilizione di alcuni soggetti verso luoghi a rischio ha reso questi territori aree di forte attrazione turistica

e ha spinto molti tour operator a sviluppare accattivanti strategie di promozione per queste destinazioni. In

Italia, un T.O. propose nel 1996 uno speciale " Ottobre nella zona di guerra: tour della Bosnia", durante il

quale i clienti, in compagnia di un medico e di forze armate, aavrebbero trascorso due settimane nelle aree

di belligeranza. A Sarajevo, dopo la fine del conflitto, alcuni operatori proposero il "Percorso del Massacro",

una visita guidata alla città distrutta in occasione della quale era possibile visitare le moschee danneggiate, i

vicoli dei cecchini e il cimitero ed acquistare inoltre dei particolarissimi souvenir quali proiettili, bossoli o

schegge di granata. Acuni studiosi rivelano e definiscono il turismo come:

"un evoluzione del viaggio eroico del passato, le cui radici sono indubbiamente legate a quelle dei primi

conflitti territoriali: dopo tutto la mobilità è sempre una strategia bellica. ùi soldati, come viaggiatori, sono

stati tra i primi a penetrare e ad indebolire i confini territoriali, non soltanto per mezzo della forza ma anche

attraverso la diffusione della lingua e dei costumi".

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Sin dalla prima guerra mondiale, l'arruolamento e il reclutamento militare veniva visto e pubblicizzato come

laun mezzo per avere la possibilità di girare e vedere il mondo, "un'opportunità altrimenti riservata alla

classe agiata"; guerra e viaggio come due modi primitivi dell'incontro tra i popoli. Sembra dunque che dove

c'è guerra c'è turismo: " la guerra è diventata un importante stimolo per il turismo attraverso i cambiamenti

della popolazione e le innovazioni tecnologiche, e in seguito alla guerra, attraverso la nostalgia, i cimeli, le

onoreficienze e i raduni". Come accennato, il turismo di guerra non si riferisce solo a quei turisti interessati

a visitare luoghi legati ad antiche o recenti battaglie, le tombe militari e i monumenti commemorativi, ma

comprende anche i visitatori desiderosi di recarsi sui campi di battaglia attivi, in cui è ancora in atto un

conflitto, o i luoghi in cui la natura devastante della guerra ha lasciato segni ancora evidenti. Si tratta cioè di

dell'Hot War Tourism (definizione associata a quelle pratiche turistiche in luoghi in cui la violenza è ancora

"attiva" e "viva"). Per rispondere a questa nuova esigenza sono nate alcune speciali organizzazioni di visite

turistiche guidate oin zone di conflitto come, ad esempio, Afghanistan e Israele. La definizione di Hot War

Tourism è difficoltosa a causa della complessità dei tre concetti che ne danno il nome: la prima deriva

dall'uso dell'attributo hot che può avere due diverse accezione: la prima deriva dall'uso contrapposto di Hot

e Cold War, che stanno ad indicare la presenza o meno della violenza all'interno dell'attività bellica; la

seconda che si riferisce all'idea di dissonanza e cognizione calda, utilizzata soprattutto nel marketing e nei

dibattiti sul dark tourism, si riferisce alla dissonanza cognitiva o alla tensione causata dalle azioni di un

individuo, i valori o le credenze ed è proprio essa a creare il risveglio inteso come esperienza emozionale. La

Hot Cognition è la cognizione correlata dai sentimenti, ovvero il processo che descrive le elaborazioni

mentali che si verificano quando le determinanti cognitive e affettive influenzano il giudizio delle persone.

Grande attenzione da questo punto di vista viene posta nei confronti di sentimenti quali tristezza, rabbia,

disgusto ed empatia che sono generati dalla visione della guerra:

"le zone di conflitto armato non possono far altro che rendere queste emozioni ancora più sentite, ma

possono anche risvegliare altri stati emozionali, soprattutto in relazione alla paura e l'eccitamento stimolati

dai rischi posti alla propria vita e alla proprietà. Questi fattori possono essere visti come principali elementi

distintivi tra la guerra fredda e le zone di guerra calda, che può anche iniziare a dare qualche spiegazione

alle motivazioni che spingono le persone a viaggiare in aree di conflitto". (Piekarz, 2007)

Un altro fattore che può influenzare il grado di congizione cada è la freddezza con cui si fronteggiano le

conseguenze disastrose della guerra: i soldati che provengono dai paesi sviluppati affrontano i conflitti con

precisione quasi clinica, rimuovendo i feriti in maniera piuttosto rapida dalle zone degli scontri; al contrario,

in altre parti del mondo, spesso le guerre e le battaglie continuano ad essere combattute nel tempo con la

ferocità e l'asprezza tipica dei conflitti del passato. In questo modo le zone degli scontri rimangono calde

per anni a causa della mancanza di risore, volontà o tempo per rimuovere i detriti e il disordine creato dalla

guerra; il grado di pulizia delle zone di guerra determina il grado di violenza delle zone di guerra. Il

significato di turismo invece chiama in causa il turista, definito dall'UNWTO come quellacategoria di turisti

che si spostano per viaggi ricreazionali o d'affari. Quest'ultima categoria è piuttosto importante per capire

chi sono i blackpackers, o viaggiatori non organizzari, amanti del brivido, che si trovano a viaggiare nelle

aree di conflitto. Le differenze di turismo d'affari variano da quello retribuito a quello volontario, e

comprende le organizzazioni non governative, i diplomatici e il personale militare fuori dalla base militare.

L'inclusione dei militari risulta essere piuttosto interessante considerando ad esempio il comportamento

turistico dimostrato da migliaia di soldati mandati in Iraq, soprattutto per quanto riguarda le fotografie

scattate. Tenendo in considerazione le precedenti nozioni, si può infine definire l'Hot War Tourism come:

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"Il fenomeno che include persone che viaggiano o si fermano nei luoghi in cui è in atto correntemente un

conflitto e la violenza, o in cui si sta cercando di riprendersi da tali eventi, e che può essere anche

direttamente cercato e vissuto, oppure è un esperienza indiretta, che fa da sorprendente sfondo al viaggio,

mentre le persone coinvolte sono motivate da altri scopi, come viaggiare, lavoro o come parte di un

pellegrinaggio".

Numerosi documenti scritti testimoniano la presenza di turisti e quindi l'esistenza di viaggi in aree di

conflitto, già a partire al periodo precedente l'ètà postmoderna. Ad esempio durante la Guerra Civile

inglese, combattuta nel 1642/1649, si registrò l'arrivo di numerose famiglie alla ricerca di corpi dei propri

cari. Nel 1746 si consumò la battaglia di Culloden in Scozia, dove è stato documentato che alcuni civili

giunsero nelle zone di conflitto per assistere ai combattimenti. La guerra di Crimea creò i primi inviati di

guerra assieme a volontari he si occupavano di aiutare i soldati feriti e i viaggiatori che erano venuti per

assistere all'assedio e alla caduta di Sebastopoli. Thomas Cook, l'inventore del turismo moderno, dopo la

guerra civile americana, organizzò tour americani che includevano anche viaggi verso numerosi campi di

battaglia. Anche i luoghi della battaglia di Waterloo sono stati visitati da un significativo numero di persone.

Sono numerosi i racconti di persone che si sono recate in quelle zone durante e dopo il conflitto. Il punto di

svolta di questa pratica turistica raggiunge però un punto di svolta dopo la prima guerra mondiale. Il grado

di devastazione, la natura della guerra, insieme ai cambiamenti economici, sociali e tecnologici avrebbero

consentito ad un gran numero di persone di visitare le macabre location. Dal punto di vista terminologico

esistono altri modi di indicare il fenomeno dell'Hot War Tourism:

terror-tourism, riferito ai viaggi verso siti dove ha luogo la guerra o dove i terroristi hanno compiuto

atrocità;

testosterone tourism, riferito all'eccitamento provato nel visitare zone di conflitto attivo;

danger zone tourism o reality tourism, riferito alle forme di viaggio verso le zone politicamente più

calde del mondo.

Il problema principale di queste espressioni è che non riescono a comprire interamente tutti gli aspetti

presenti. Termini come thanatourism o dark tourism sottolineano nella motivazione più importante al

viaggio l'incontro con la morte e con la violenza, mettendo da parte le persone che viaggiano in tali luoghi

per lavoro o volontariato, mentre diciture come terror-tourism o testosterone toursim risultano riduttive in

quanto, oltre a non includere la categoria dei viaggiatori d'affari o per lavoro, rivolgono l'attenzione solo

agli stati d'animo più descrittivi. I luoghi associati alla morte o alla guerra sono stati elemento di attenzione

anche per i media che, attraverso le tecnologie di comunicazione globale, hanno sucitato un grosso

interesse sull'argomento. Quindi, esaminando più attentamente il fenomeno, si può dire che l'industria

della guerra e l'industria del turismo e del tempo libero siano strettamente legate tra loro, come dimostra il

numero di attrattive legate a campi di battaglia, monumenti celebrativi, musei, rievocazioni e quant'altro.

[...]

L'enorme mole di conflitti consumatisi negli anni Novanta del secolo scorso hanno portato a due principale

reazioni: l'adozione di un giusto atteggiamento di prevenzione nei confronti della guerra, e l'attivazione di

un processo di ricostruzione di quei paesi colpiti da conflitti armati, la cui principale conseguenza è la

crescita dei cosiddetti peacekeeping, ovvero l'industria della pece che impegna diversi tipi di lavoratori al

fine di riportati gli stati colpiti dalla guerra ad uno stato di normalità; vengono impegnati avvocati per la

costituzione di nuove leggi, volontari, associazioni governative, diplomatici etc. In accordo e relazione con

lo sviluppo di questo fenomeno vengono riconosciuti otto differenti modelli di viaggiatori che si dedicano

all'Hot War Tourism:

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the innocents: coloro che involontariamente finiscono per essere catturati diventando prigionieri di

conflitti o ribellioni, nonostante non cerchino direttamente il pericolo della guerra;

the cocktail traveller: non è interessato direttamente alla guerra ma qualche elemento di pericolo o

la possibilità di vedere coi propri occhi le conseguenze della guerra vengono considerate

opportunità importanti;

remembrance/pilgrim traveller: viaggiatore della memoria o pellegrino, colui che si reca in visita ai

luoghi dove sono morti i proprio cari in battaglia;

the duty/working traveller: viaggiatore d'affari, giornalista che si occupa delle zone di guerra o

coloro che vi si recano per aiuti umanitari, volontariato e più in generale coloro impegnati

nell'industria della pace o coloro che vogliono sfruttare le zone di guerra o conflitto per scopi

commerciali;

the thrill seeker traveller: viaggiatore che ricerca volutamente il brivido della guerra per poterne

provare le emozioni e i pericoli che ne derivano;

the rubbernecker traveller: il curioso, coloro che vogliono direttamente vedere le disastrose

conseguenze della guerra;

the fighting volunteer: i volontari combattenti al servizio di fazioni straniere;

the thropy seeker: i ricercatori di trofei di guerra, una sfida di viaggio.

Queste categoria di viaggiatori che si dedicano all'Hot war Tourism non sono da considerarsi fisse e

statiche, ma dinamiche in quanto ognuna di queste categorie è mossa da diverse motivazioni che tuttavia

possono modificarsi durante il viaggio e quindi concorrere ad una sorta di spostamento di categoria

dell'individuo turista. Tuttavia, viste le destinazioni scelte e il tipo di turismo praticato, l'elemento

fondamentale di questi turisti è la complessità delle loro motivazione, indipendentemente da quello che sia

lo scopo dello spostamento. Sono stati identificati quattro elementi motivazionali di base:

la cognizione calda: lo schok, l'empatia, la ricerca del brivido;

il comportamento opportunistico: derivato dalla reputazione ottenuta a seguito di un viaggio in

territori pericolosi (vedi giornalisti di guerra);

un'attività obbligata: il portatore di pace, il volontario;

la ricerca del nuovo: una nuova destinazione mai toccata attraverso un turismo più standardizzato.

[…]

La caccia al souvenir rappresenta una passione per molti turisti e, allo stesso tempo, costituisce una delle

pratiche più significative per il viaggiatore-turista. Il souvenir non solo custodisce il ricordo del viaggio o

cmq di un esperienza vissuta, ma racchiude in sé una storia, delle emozioni, delle sensazioni che possono

essere rievocate a distanza di tempo: “la sua presenza fisica aiuta a localizzare, definire e congelare nel

tempo un esperienza transitoria e momentanea, e riporta indietro all’esperienza ordinaria qualcosa della

qualità di un’esperienza straordinaria”. L’usanza di associare ricordi di viaggio ad un oggetto materiale per

poi rievocarne successivamente i ricordi, risale al medioevo: nelle stazioni di viaggio lungo le vie dei

principali pellegrinaggi si trovano infatti venditori di reliquie, oggetti particolarmente ricercati dai pellegrini.

La parola souvenir deriva dal francese nel significato di oggetto ricordo, che deriva a sua volta dal latino

subvenire, che significa venire alla memoria, ricordarsi. Essi fanno parte dell’insieme di immagini che si

formano e si istituiscono nell’incontro, arrivando spesso a stereotipare l’altro. Il souvenir gioca un ruolo

duplice sia del ricordo di essere stati là, sia come prova dell’esserci realmente stati. I souvenir possono

essere di varia natura e sono distinti in (Gulotta):

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pittorici, cartoline o fotografie;

naturali, come una pietra o una pianta locale;

simbolici, come i monumenti in miniatura;

segnalatori, come nel caso di t-shirt, cappellini etc.;

prodotti locali

Una distinzione semplice ma funzionale può essere fatta tra gli oggetti di ieri, o di prima generazione, e

quelli di oggi, o globalizzati. I primi sono quei souvenir turistici di fattura artigianale che corrispondo ad uno

stile tradizionale locale, i secondi sono quelli creati ad hoc dall’industria turistica. Un ulteriore distinzione

può essere fatta da oggetti prodotti per puri scopi commerciali, spesso associati al turismo, e i memento,

oggetti non acquistati che acquisiscono un valore simbolico ed esperienziale che solo il portatore può

raccontare, come avviene nei souvenir di guerra. […]

“Israele, o Palestina, dipende dalle vostre opinioni politiche, è una delle destinazioni più antiche del mondo.

Tutti hanno sognato di andarci, da Mosè a Mark Twain. I profeti sono ormai lontani e i crociati hanno da

tempo riposto spade e armamenti, ma il magnetismo di questa terra, santa per milioni di persone, continua

ad attirare folle di viaggiatori”.

Così comincia l’introduzione alla terza edizione italiana della guida EDT, la descrizione di un viaggio verso

territori che, oltre alla bellezza, hanno l’aria di essere ricchi di storia e religione. Tuttavia, i continui conflitti

che da tempo segnano questi luoghi e di cui molto frequentemente si parla, possono portare a pensare che

l’area sia potenzialmente pericolosa per i viaggiatori. Nonostante questo, il turismo in questi luoghi,

nonostante l’inevitabile vulnerabilità agli sviluppi della situazione politica, non si è mai arrestato, rendendo

questa attività di forte importanza per l’economia locale. Il turismo è uno dei mezzi più persuasivi per

diffondere la propaganda politica locale e, infatti, a fianco del turismo più tradizionale come può esserlo

quello religioso, culturale, rurale, balneare, cicloturismo e vacanze studio, in Israele e in Palestina esistono

reti di organizzazioni umanitarie e non governative, politiche e religiose, interessate a far conoscere alla

gente l’altra faccia della medaglia, ovvero la realtà del conflitto. Cominciando da Israele, il primo esempio

rappresentativo di questo fenomeno e che ben abbraccia l’idea di Hot War Tourism è dato dall’attività di un

organizzazione no-profit locale, nata del 2003 dall’iniziativa di un avvocato israeliano, totalmente

indipendente da altre autorità governative o partiti politici, che si occupa di sostenere le cause di cittadini

israeliani contro le organizzazioni terroriste palestinesi. L’organizzazione organizza tour che promette ai

partecipanti un viaggio d’avventura a fianco dei militari israeliani. E’ un viaggio che permette di immergersi

totalmente nel clima delle forze armate israeliane e comprendere appieno quanto sia complessa e grande

la responsabilità di proteggere lo stato di Israele. Tuttavia gli organizzatori hanno la facoltà di escludere dal

tour alcuni candidati, ovvero coloro che cercano di capire la vera natura del conflitto con l’intento di

rafforzare le certezze di chi, senza esitazioni, è già schierato dalla parte israeliana. Sul fronte opposto si

muove invece il turismo palestinese che, attraverso la formula dei political tours (un’area emergente

nell’ambito del turismo internazionale che comprende tutti quei viaggi compiuti verso le aree di conflitto per

osservare in primo luogo qual è la situazione dell’area interessata, incontrare attori di entrambe le parti in

guerra e capirne meglio la storia locale e organizzati da organizzazioni no-profit), propone un turismo

alternativo volto alla conoscenza della situazione in cui si trovano i palestinesi, partendo dalle analisi delle

condizioni geopolitiche in cui vivono, per passare poi all’incontro diretto con gli stessi, utile a comprendere

più a fondo la loro cultura e la loro storia. La più importante organizzazione non governativa che opera in

tale direzione in Palestina è l’Alternative Tourism Group, nata nel 1995 ed operante secondo i principi di

justice tourism, ovvero quella formula che ha come obiettivi principali la creazione di opportunità

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economiche per la comunità locale, un positivo scambio culturale tra ospite ed ospitante, la tutela

dell’ambiente e l’educazione storico-politica. Si tratta di esperienze che, rispetto al turismo tradizionale,

permettono di immergersi totalmente nella realtà circostante e di conoscere più a fondo la cultura e la

storia di un popolo. […]

Nei paesi colpiti da guerre o destabilizzati a livello politico è sempre più comune che il turismo venga

utilizzato come abile strumento di propaganda politica: “le persone ricordano per molto tempo ciò che

hanno visto e continuano costantemente a rielaborare nella propria mente le immagini legate all’esperienza

del viaggio. Ed è proprio attraverso la manipolazione delle immagini che scorrono di fronte ai turisti che i

governi sperano di nascondere tutto ciò che può operare a loro svantaggio”. Il turista vede solo ciò che ha

difronte pensando che sia la realtà nuda e cruda e dunque, conseguentemente, non vede ciò che non

esiste. Israele e Palestina costituiscono un esempio significativo di quanto appena accennato. Qui il turismo

è quasi totalmente controllato dal governo israeliano che ne fa un elemento di manipolazione, sperando in

questo modo di ottenere consensi e alleati nella sua lotta contro il popolo palestinese. Vengono distinti due

particolari metodi di manipolazione utilizzati dal governo israeliano per confondere e catechizzare il turista:

l’alterazione della topografia nelle carte geografiche o turistiche;

il mascheramento della realtà.

“E’ naturale che il turista segua gli itinerari tracciati nelle carte ed eviti di intraprendere cammini che non

sono riportati. In questo modo è più semplice nascondere la presenza di sentieri, strade o interi villaggi che

potrebbero turbare l’immagine che il governo vuole offrire ai visitatori”.

Opposta è invece la situazione mostrata dalle carte palestinesi, dove il territorio risulta essere fortemente

frammentato, il che rende in maniera evidente la facilità di controllo politico da parte del governo

israeliano. Il desiderio che il governo ha di occultare e di cambiare l’immagine del proprio paese porta alla

manipolazione percettiva non solo il turista ma anche degli abitanti stessi. […]

La sicurezza in viaggio sembra essere uno dei prerequisiti essenziali nella scelta della propria destinazione di

viaggio. Varie ricerche dimostrano come l’instabilità politica di un paese può essere un forte elemento

avverso al turismo e quindi per i viaggiatori. Nonostante ciò, lo sguardo del turista moderno si sta

soffermando anche sui luoghi più pericolosi. I viaggiatori più impavidi sono sempre più spinti a trovare

luoghi che combinino l’esotico con il rischioso; il pericolo diventa così l’oggetto del desiderio, la

componente eccitante del viaggio. Turismo e guerra dunque, che nell’ottica globale vengono collocati su

due piano temporali e spaziali differenti, diventano complici per il raggiungimento di un obiettivo comune:

la commercializzazione del pericolo. Dato che di solito il turismo rappresenta il settore più remunerativo

per l’economia locale, i governi delle nazioni di conflitto decidono di investire su di esso promuovendo la

sicurezza del proprio paese e tacendo quindi l’esistenza della guerra stessa. Nonostante la scelta coraggiosa

di alcuni viaggiatori e l’inclusione della guerra nel marketing turistico, il tema della sicurezza rimane di

importanza internazionale e in molte parti del mondo i governi hanno elaborato misure di tutela differenti.

Un altro strumento per la tutela e la sicurezza del turista nei paesi in conflitto consiste nella

programmazione di corsi anti-terrorismo per la difesa personale del viaggiatore. Il problema si fa più

delicato quando si parla invece di giornalisti o inviati di guerra; la violenza contro i giornalisti continua ad

essere una delle più grandi minacce alla libertà espressiva.

IV. Dark Tourism e Luoghi della Memoria

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Il turismo è un fenomeno in continua evoluzione: con il passare degli anni l’idea di viaggio ha subito

cambiamenti e così anche il turismo si è lasciato trasportare dalle nuove tendenze adeguandosi ai bisogni,

alle motivazioni e alle aspettative dei turisti. Se prima il piacere del viaggio era associato esclusivamente

all’essere lontani dalla routine e dalla quotidianità, ora i fattori che spingono i turisti alla ricerca del leisure

sono numerosi, differenti e a volte bizzarri. Accanto alle forme di turismo già conosciute e largamente

diffuse come quello religioso, culturale, enogastronomico etc., è bene considerare anche altre pratiche

alternative di più recente sviluppo. Una tipologia turistica che ha fatto molto parlare di sé riguarda il

turismo che nasce dalla passione per i luoghi connessi ad un’immagine di morte o sofferenza e che è

propriamente chiamato turismo macabro, dark tourism o thanatourism, parole che definiscono quel

fenomeno che si basa sulla presentazione e la fruizione di luoghi, reali o fittizi, legati alla morte di una o più

persone e ad avvenimenti tristi e dolorosi. Successivamente il dark tourism è stato ridefinito come quel

fenomeno moderno ed occidentale per cui la morte, atrocità e catastrofi sono manovrate per offrire

prodotti turistici. La definizione di dark attraction o black spot si riferisce quindi alla commercializzazione di

luoghi macabri nei quali celebrità o un gran numero di persone hanno trovato morte violenta o inattesa.

Parlare di dark tourism diventa molto complesso in quanto bisogna tenere in considerazione un gran

numero di fattori. Innanzitutto è bene sottolineare che esiste una differenza tra le attrazioni già costruite e

premeditate che cercano di ricreare un evento e quelle riferiti a siti accidentali o spontanei, i quali non

nascono come siti macabri ma lo diventano in seguito. Inoltre bisogna considerare la vastità di motivazioni

che spingono il turista e anche il fatto che molte esperienze macabre sono proposte ed offerte a scopi

politici, formativi, ludici ed economici. […]

I dark sites sono veri e propri siti di morte e sofferenza. Essi non nascono volontariamente come siti

turistici, a differenza dei lightest sites, che sono siti associati alla morte e alla sofferenza poiché nascono

intenzionalmente come siti ti attrazione macabra. Il dark tourism è in grado di aiutare a spiegare l’approccio

contemporaneo verso la morte e la sua contemplazione in quanto offre al turista la possibilità di

confrontare l’inevitabilità della morte propria e altrui, osservando sempre da una distanza di sicurezza che

lo rende immune e rassicurato. Esiste quindi un legame molto stretto tra turismo macabro e massmedia in

quanto spesso sono questi ultimi che permettono un’efficace interazione tra dark sites e lo spettatore. Il

fascino dell’attrazione non è dovuto quindi solo dal significato attribuitogli da chi lo visita, ma anche dalla

maniera in cui esso è presentato al pubblico. Anche lo spettacolo della morte è un elemento essenziale per

analizzare il dark tourism: quando la morte produce e rappresenta immagini di orrore, è proprio in quel

momento che essa diviene spettacolo. I visitatori si recano in quei luoghi perché credono che attraverso la

visita possano raggiungere un senso di identificazione con qualcosa che ha fatto parte del loro passato;

esistono per questi diversi tipi di dark tourism che differiscono in relazione al minore o maggiore

coinvolgimento con l’evento drammatico. Il dark tourism è in grado di aiutare a comprendere l’approccio

contemporaneo verso la morte in quanto offre al turista la possibilità di confrontare l’inevitabilità della

morte propria e altrui osservando sempre da una distanza di sicurezza che lo rende immune e rassicurato.

Esiste quindi uno stretto legame tra turismo macabro e mass media in quanto sono spesso questi ultimi che

permettono un efficace interazione tra i dark sites e gli spettatori. Da qualsiasi esigenza il turista sia

animato, cultura, storia, senso di colpa, morte, ricordo o nostalgia, essa offre le informazioni necessarie per

soddisfare queste esigenze, mediando in questo modo tra visitatori e destinazioni. Per molti siti macabri

l’obiettivo primario è il ricordo e il ricordare il dolore dell’accaduto per capirne la gravità. Per questo motivo

è fondamentale gestire i luoghi di morte in maniera appropriata rispettando il valore della morte e delle

vittime, l’integrità del sito e il pensiero della comunità locale che ha ospitato la tragedia. Il forte impatto

economico che questo turismo offre molto spesso trionfa sul volere delle vittime e sull’avvenimento storico

in se e il conflitto “volere di chi ospita e richiesta di chi è ospitato” si intensifica sempre di più.

Inevitabilmente si accentua anche il contrasto tra visitatore che vuole vedere e conoscere e il locale che

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vuole dimenticare. Il dark tourism ha infatti spesso acceso dibattiti perché accusato di banalizzare e

commercializzare tragedie e morte a vantaggio di guadagni economici. […]

La guerra è divenuta un importante stimolo per i turisti e per il turismo: la nostalgia, la memoria e l’onore

che scaturiscono dal ricordo degli eventi ne fanno uno dei principali input di attrazione turistica. La

commemorazione di battaglie storiche sotto forma di memoriale di guerra musei fanno parte di gran parte

delle pratiche turistiche moderne ed è proprio in queste forme turistiche che guerra e turismo si alleano e

si incrociano nel fenomeno del war tourism. Esistono due diverse categorie: da un lato troviamo il turista

attratto da situazioni di instabilità politica e armato di rischio e coraggio e visita i luoghi in cui la guerra è

ancora in corso, dall’altro coloro che visita luoghi di guerra successivamente alla sua fine. Holts Tour è una

delle compagnie britanniche che da diversi decenni organizza tour in campi di battaglia cecando di trovare il

giusto compromesso tra le richieste di pericolosità e di leisure espresse dal consumatore (battaglia di

Crimea, Gallipoli, Waterloo etc.). La relazione turismo-guerra necessità di una combinazione di perciolo,

seduzione, estetica ma anche sicurezza del vacanziere che sembra essere un requisito necessario per

assicurare al turista una destinazione attraente. Anche la morte di personaggio illustri si inserisce all’interno

del fenomeno del dark tourism attirando folle di visitatori nostalgici che vogliono ricordare il personaggio

ma anche un gran numero di curiosi affascinati dal mistero che si cela dietro determinati avvenimenti,

conosciuti e largamente diffusi grazie agli strumenti mediatici. Gli esempi più eminenti riguardano la morte

di Lady D e del presidente Kennedy, divenuti tragedie celebri non solo per la portata delle persone

coinvolte ma anche per l’alone di mistero che avvolge entrambi gli sventurati avvenimenti. Ricordo,

nostalgia, mistero e indagine sono gli aspetti chiave che favorirono la realizzazione di memoriali nei luoghi

di morte dei due personaggi, accrescendo i flussi turistici e i relativi guadagni (per l’assassinio del

presidente Kennedy sono stati istituiti tre musei memoriali; una decina d’anni fa era possibile inoltre

intraprendere un itinerario chiamato “JKF Presidential Lomousine Tour” per la cifra di 25 $ ripercorrendo

l’infausto tragitto). […]

Una delle ultime novità in fatto di turismo macabro arriva dal Sudamerica e si tratta di un vero e proprio

safari nelle favelas di Rio. Nelle baraccopoli situate alla periferia della città brasiliana degrado sociale.

Criminalità e problemi igienici sono all’ordine del giorno. Essendo localizzate proprio affianco agli edifici

lussuosi della zona più ricca della città. Le favelas sono un chiaro esempio drammatico di come possa

esistere tanto divario economico e sociale a poca distanza. L’efficiente macchina turistica, approfittando

dell’alone di curiosità formatosi attorno allo spettacolo della miseria, ha saputo gestire un business

turistico-economico realizzando il Favelas Jeep Tour. Il momento clou del viaggio è il passaggio per la bocca

del fuoco, il punto chiave per il mercato della droga, dove ricchi consumatori brasiliani si spingono per

acquistare cocaina: è la vera frontiera del narcotraffico, quella in cui il contatto tra ricchi e poveri, tra chi

consuma e chi vende, si palesa agli occhi di tutti. […]

I lighter site rappresentano attrazioni turistiche che ricreano e riproducono la morte, la sofferenza e il

macabro con l’intento dell’intrattenimento. All’interno di questa categoria troviamo il dark fun factory ,

tipologia di attrazione che ha principalmente un obiettivo ludico per mezzo del quale presenta morti reali o

fittizie e macabri eventi . Ai visitatori è offerto un mix di avventura, esperienze adrenaliniche,

disorientamento, trepidazione e anche novità. Un esempio è il tour guidato sulle tracce del serial killer Jack

lo Squartatore nel quartiere di East End, conosciuto per il suo degrado e le strade vittoriane. Sulla scia di

questo tour possiamo ricordare le varie attrazioni situate a Bucarest relative al conte Dracula, il Ghost Walk

alla ricerca di storie soprannaturali, il labirinto perduto ad Amsterdam o ancora il London Dungeon che

presenta un esposizione legata alla peste nera che si diffuse in Europa in età medievale (in Texas un museo

dedicato al sistema penitenziario e punitivo fornisce leggere scosse ai turisti che vogliono provare

l’emozione della sedia elettrica), senza tralasciare il dark tourism delle prigioni come Guantanamo a Cuba

con i detenuti spiati in lontananza dai turisti con l’ausilio di binocoli (Taliban Watching) e ancora il tour

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proposto a San Francisco nel più famoso carcere di Alcatraz. Anche in Sud Africa, ed in particolare nella

capitale Città del Capo, le crudeltà del passato ed in particolare dell’apartheid rimangono vive a Robben

Island, una piccola isola dove vennero tenuti prigionieri moltissime persone tra cui Nelson Mandela.

L’industria del turismo macabro prosegue la sua corsa puntando su quello che è definito il turismo delle

disgrazie, come ci ricordano il recente disastro della Costa Concordia, la tragedie del terremoto di Sichuan

in Cina del 2008, o il più “datato” attentato dell’11 Settembre e la costituzione del Ground Zero, con

magliette recanti le torri inclinate e la scritta “sono sopravvissuto” vendute a 20 dollari o macchine

fotografiche usa e getta andate a ruba per immortalare la tragedie e poter esclamare “c’ero anche io”.

Questo dimostra come un evento drammatico porti con se dei riscontri mediatici, politici e culturali che

trasformano la drammaticità in spettacolo catturando la curiosità del mondo intero. Anche lo tsunami che

ha colpito l’Asia nel 2004 ha dato vita ad un tour chiamato tsunami tour, viaggi organizzati verso i luoghi

spezzati dal maremoto e luogo di sepoltura di migliaia vittime. Anche la Sicilia è teatro di turismo di

disgrazia, soprattutto legato alla forte esplosione dell’Etna datata 2001 (o i mafia tour proposti dall’agenzia

Onesicilia sviluppatosi a Palermo intorno alle maggiori stragi che interessano la mafia, iniziativa che ha

preceduto la più recente attrattiva turistica americana del Museum of American Gangster e Mob Tour,dove

mob sta per malavitoso, concentrato sui luoghi delle organizzazioni criminali newyorkesi). L’Italia è ancora

palcoscenico di turismo di disgrazia legato ai devastanti terremoti che hanno colpito l’Abruzzo nel 2009 e

l’alluvione che ha colpito la Liguria nel 2001 e ancora la più recente tragedia che ha colpito l’isola del Giglio

in seguito al già citato schianto della Costa Concordia. Questi tragici eventi sono stati sicuramente sentiti e

vissuti con costanza e coinvolgimento non solo perché hanno colpito profondamente gli animi della

popolazione italiana, ma anche perché questa ultima è stata resa partecipe quotidianamente della vicenda

e della sua evoluzione attraverso programmi tv, Internet e giornali. Ed è proprio da lì che a volte sfocia nel

lato oscuro del turismo in quanto dietro l’intenzione di ricordare l’accaduto si nasconde la curiosità di voler

sapere, vedere, toccare con i proprio occhi e le proprie mani. E’ evidente come questo tipo di turismo attiri

numerosi turisti/curiosi nonostante non siano direttamente coinvolti nella vicenda essi stessi grazie

soprattutto alla macchina mediatica che riesce a mettere i fatti e la loro dettagliata descrizione alla portata

di tutti.

V. Eros in Viaggio

Il viaggio è un fenomeno sessuato, volto a definire una distinzione di sessi. Storicamente l’uomo è

considerato viaggiatore, mentre la donna è preposta all’accoglienza. In molte culture al genere maschile è

associato un orientamento centrifugo che spinge i suoi membri a proiettarsi verso spazi esterni, verso

attività virilizzanti come il commercio e i viaggi e, spesso, tale libertà culmina nello scambio sessuale. AL

genere femminile si attribuisce invece un orientamento di tipo centripeto, rivolto verso lo spazio interno, la

casa o la terra. Si può descrivere il viaggio maschile come volto alla diffusione del seme maschile a scopo

spermatico, mentre la donna è considerata il ido a cui approdare. Mentre l’uomo cerca ospitalità sessuale

come punto d’arrivo, la donna trova nell’ospitalità sessuale offerta allo straniero un veicolo di mobilità

sociale. Nonostante esistano casi di turismo sessuale femminile, senza dubbio il turismo sessuale è un

attività che interessa principalmente il genere maschile alla ricerca di sesso mercenario con donne o

bambini. Se ne possono distinguere due forme:

Il turismo sessuale promosso da paesi dove la prostituzione è legalmente praticata e riconosciuta;

Il turismo sessuale praticato in paesi cosiddetti in via di sviluppo dove la prostituzione non è

regolamentata da leggi specifiche ma da un sistema illecito e talvolta para-legale.

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Nel primo caso possiamo citara paesi quali l’Olanda, la Germania, la Svizzera, il Belgio o la Spagna, dove

l’attività della prostituzione non è solo tollerata ma regolamentata e circoscritta in luoghi preposti.

Completamente diverso è il discorso che abbraccia certi paesi dell’Asia, dell’Africa, del Sud America o

dell’Europa dell’Est, dove la prostituzione è strettamente legata allo sfruttamento e alla violenza, ovvero al

non rispetto per l’altro che per motivi personali o socio-economici diventa vittima di un sistema politico

altamente corrotto. Il turismo sessuale è un fenomeno itinerante che si è spostato sulla scia di grandi

cambiamenti storici, culturali e scientifici. Non si tratta di un fenomeno recente ma piuttosto di un

fenomeno che affonda le sue radici nell’antichità e che si è semplicemente evoluto nella forma e ingrandito

nelle cifre. Negli ultimi anni si è assistito ad un drastico decentramento dell’età dei turisti in cerca di sesso a

pagamento, dovuto in prima istanza alla diffusione di vettori a basso costo e in secondo luogo alla sempre

maggiore difficoltà delle giovani generazioni di intrattenere rapporti interpersonali duraturi. Fuori dal

proprio paese e dal controllo sociale l’uomo è portato a dare libero sfogo a pulsioni solitamente represse,

siano esse di tipo alimentare, comportamentale o sessuale. E’ lo status stesso di turista che concede

all’individuo una maggiore libertà di agire secondo i propri impulsi, i propri desideri e stragredendo a rigide

regole morali che rispetta nel proprio paese. [...]

La pubblicità utilizza l'immagine della donna per pubblicizzare prodotti di ogni genere; si serve di corpi e visi

perfetti per indirizzarsi ad un target di mercato generalmente in prevalenza maschile e per pubblicizzare

viaggi più o meno esotici dove a primeggiare sono le donne, bellissime, un pretesto eccellente per il turista

uomo che ne è attratto e per la turista donna che ne individua la perfezione. Ogni viaggio è un richiamo al

sesso, anche quando non esplicitamente finalizzato ad esso, e il sesso, in ogni viaggio, è commercializzato

anche se non fruito. Nell'era del consumismo si può affermare che anche il sesso è diventato un bene di

consumo che si può acquistare con la giusta disponibilità economica. Vendendo un prodotto intangibile, il

turismo sfrutta l'immagine e le aspettative per una rappresentazione che ha sempre più un potere

persuasivo e al tempo stesso stereotipizzato. La nascita dell'industria sessuale di una certa rilevanza prende

vita sempre in seguito ad eventi traumatici, ad esempio guerre. Basti pensare al Vietnam dove nasce un

mercato sessuale volto a soddisfare le esigenze delle truppe americane, oppure la Thailandia, dove bordelli

destina a soldati sempre americani si trasformano in luoghi per turisti, generalmente ricchi, fino ad arrivare

alla costituzione di veri e propri tour del sesso. Nasce così un autentico marketing del sesso in cui la figura

femminile della comunità ospitante viene riprodotta come docile e assoggettata ma al tempo stesso

sessualmente infaticabile. Il turista in questo contesto interpreta un ruolo, ovvero si comporta nella

maniera che gli altri si aspettano da lui. Ciò comporta una sorta di spaesamente, come nel caso del turista

sessuale, che porta l'individuo a non riconoscersi immediatamente come tale e ciò creerebbe in lui una

contrapposizione tra la sua identità ed il suo ruolo. Per risolvere questo conflitto attua quella che in

psicologia viene chiamate "sponsor di identità situazionale"; per adattarsi al ruolo che si discosta

fortemente dai suoi abituali valori, l'individuo li modifica. [...]

Gli stereotipi sono rappresentazioni schematiche di fenomeni che costituiscono un riferimento coerente e

funzionale per la vita di un singolo o di un gruppo. Il termine ha origine nel 1700 per indicare la

riproduzione di immagini a stampa per mezzo di forme fisse (stereos, fisso + tupos, impronta). Essi

costituiscono la conoscenza che un individuo immagina di possedere, sono falsi concetti classificatori

associati a forti inclinazioni emozionali di simpatia o antipatia. Ognuno di noi produce stereotipi, essi ci

difendono dalle nostre paure: non esistendo un'autentica linea di confine tra noi e gli altri, risulta

necessario disegnarla. La stereotipizzazione comprende due tipologie: una patologica e un'altra atta la

mantenimento dell'illusione del controllo di Sè e sul mondo. Nell'acceziona patologica il mondo è concepito

come diviso in rigide ed indispensabili categorie mentali mentre nella personalità non patologica gli

stereotipi vengono messi in atto solo qualora subentri uno stato di ania. [...]

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Nonostante la società moderna occidentale sia una delle piùù avanzate in materia di parità di genere, nella

quale la discriminazione femminile non solo non è ammessa ma è anche ufficialmente combattuta, in essa

è ancora forte il predominio maschhile e le regole della convivenza sono ancora costruite a vantaggio

dell'uomo: la percentuale delle donne impegnate è minore di quella degli uomini; ciò si riscontra nella

scarsa presenza delle donne nella vita pubblica e nel ricoprire incarichi di alta responsabilità. Gli stereotipi

non si limitanpo a costruire delle rappresentazioni che si insinuano nella mente delle persone, servono

anche per trasmettere contenuti culturali e conoscenze condivise. Il ruolo che il linguaggio e le etichette

linguistiche svolgono all'interno di questo processo si può articolare in tre diverse funzioni:

la trasmissione;

l'organizzazione nella mente dell'individuo;

l'espressione dell'identità sociale dei gruppi;

L'utilizzo di etichette linguistiche è un fenomeno centrale all'interno del processo di categorizzazione delle

persone, che varia al variare della cultura e di una società.La mutevolezza e le frasi idiomatiche utilizzate

per definire un gruppo, una categoria sociale o un comportamento hanno un impatto rilevante sul mondo

in cui questi soggetti vengono percepito dalla società. Ogni turista che si mette in viaggio per raggiungere

mete pià o meno lontane porta con sé un bagaglio che insieme ad abiti, medici e guide contiene incertezze,

paure e rappresentazioni mentali del luogo e delle persone che incontrerà. Tali immagini costituiscono una

presunta autenticità che il turista ricerca in ogni costo, accontentandosi spesso di una semplice

contraffazione del reale. L'utilizzo di stereotipi apporta vantaggi a chi ne possiede e penalizza chi ne diviene

oggetto. Essi sono trasmessi attraverso canali comunicativi informali in cui il potere può consolidarli e

renderli condivisi. Questa trasmissione di valori conduce ad un'inevitabile asimmetria tra gruppi dominanti

(ingroup) e gruppi bersaglio (outgroup). Navigando nel web e cercando turismo sessuale emergono

numerosissimi siti in cui il fenomeno è definito o condannato, altri in cui associazioni che si occupano della

tutela dei diritti umani, altri ancora che forniscono informazioni dettagliate attraverso vere e proprie guide

turistiche redatte da chi ha già sperimentato e avuto esperienze nei luoghi descritti. Questi siti contengono

moltissimi luoghi comuni e stereotipi che riguardano la decrizione dei luoghi, l'accoglienza ricevuta e

soprattutto particolare attenzione è rivolta alle donne che è possibile "incontrare" in quei luoghi. Ci sono

altri stereotipi su cui riflettere e sono quelli legati al turismo pedofilo, che si manifesta in molte parti del

mondo in risposta ad una crescente domanda di bambini, preferibilmente vergini e di aspetto sano. Per

rendere meglio la condizione di sfruttamento che i bambini vivono in paesi in via di sviluppo come il Brasile,

basta un detto diffuso in quelle zone tra le bambine di strada: "a 10 anni sei giovane, a 20 anni sei vecchia,

a 30 sei morta". Anche rigurardo alla sfruttamento sessuale dei minori si sono diffusi molti stereotipi e

luoghi comuni, soprattutto leggende metropolitane poiché nel passato le pratiche sessuali erano avvolte di

mistero così come la nascita di una nuova vita era circondata da superstizioni e miti. Nel passato lo sviluppo

sessuale delle giovani era infatti visto come un evento particolarmente misterioso dovuto ai flussi di sangue

che preannunciavano l'inizio dell'adolescenza per poi ricomparire periodicamente. Il sangue era

considerato compagno di nascita e di morte. Nella cultura cinese ad esempio si considerava il corpo della

donna una miniera da cui poter attingere attingere, attraverso il rapporto sessuale, potenti essenze per

l'uomo. Si tratta dell'equilibrio tra yin e yang. La donna dotata dell'essenza yin ritenuta inesauribile,

fornisce il nutrimento e il vigore all'uomo, il cui yang è invece limitato e molto prezioso. [...]

Il turismo è un' attività ludica che ruota attorno all'adorazione del sole, e il sole è considerato un potente

afrodisiaco. Il legame tra sole e sesso è ampiamente presente anche nel lessico corrente, come tutte le

espressioni legate al clima e che vengono riflesse nel sesso (bollente, hot, caldo/a, rovente); fu Shakespeare

il primo ad attribuire una connotazione sessuale ai termini caldoe freddo. Possiamo parlare di uno spazio,

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quello della vacanza, dove tutto diventa lecito per un breve lasso di tempo: l'orgia di sole, di mera e di sesso

come esperienza di rifiuto e contemporaneamente la riaffermazione delle regole sociali. Se nei secoli scorsi

la promiscuità era una conseguenza delle rigide morali imposte dalla società, è necessario comprendere

quali siano ora, in una società sessualmente liberata, ler motivazioni che spingono l'uomo alla ricerca di una

ulteriore libertà sessuale. Si può interpretare il fenomeno in chiave economica: l'accesso di offerte che

stimolano la domanda, i prezzi bassi che ne derivano, oppure in chiave biologica: l'irrefrenabilità

dell'impulso maschile nei confronti di diverse e giovani donne. Qualcuno afferma che la prostituzione

femminile potrebbe rappresentare una conseguenza ad un problema relazionale tra uomo e donna nato

dalla riformulazione dell'identità di genere nella nostra società, piuttosto che una semplice soluzione ad un

impellenza fisica. In quest'ottica, la diffusione su larga scala della prostituzione può configurarsi come un

effetto indotto dai cambiamenti sociali del nostro tempo, un rifugio a situazioni relazionali vissute con il

peso di vincoli e responsabilità. Il sesso a pagamento pone fine ad un conflitto di genere, quello della

gerarchizzazione dei ruoli e della questione del predominio maschile. In questo modo l'uomo si sottrae alla

logica del femminismo imperante, che ha scardinato il tradizionale ruolo sociale della donna. [...]

Il turista sessuale viene classificato in differenti categoria relazionate con lo scopo e gli "attori" della sua

pratica turistica sessale:

I pedofili, che sono pochi nonostante il mombardamento mediatico faccia credere il contrario;

Gli abituali, coloro che dopo aver sperimentato il turismo sessuale per casualità o curiosità ne

diventano "dipendenti";

Gli occasionali, che rappresentano la categoria maggiore, spinti da curiosità e dalla certezza di non

essere scoperti nè riconosciuti.

Il consumismo odierno impone bisogni per mezzo di pubblicità, imponendo di spendere per acquistare beni

o servizi. La forma più estrema è l'acquisto e il consumismo di esseri umani. Le pene comminate ai turisti

per reati di natura sessuale su minori sono spesso simboliche, incongruenti e numerosissimi sono i casi di

bambini morti dopo rapporti sessuali con adulti. Si rende necessario per il turista sessuale fare una scelta

mirata sul luogo della sua destinazione anche relazionato alla tolleranza legislativa in materia; alcuni

governi sono più propensi di altri verso il turista pedofilo poiché porta nell'economia locale una moneta

straniera di grande valore. Un esempio è l'India: la consolidata tradizione del sesso commerciale infantile in

India risale al XI secolo quando, secondo i dettami induisti, le giovani veniva costrette a prostituirsi per

accrescere i tesori dei templi (anche in altri paesi orientali la pratica ha radici più antiche quali Cina,

Pakistan, Sri Lanka, in cui la pedofilia è un fenomeno crescente).