TRASVERSALE - SLIDES · - Modificazione interna delle strutture mentali dell’individuo -...

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30/01/2013 1 I fondamenti della Psicologia dell’educazione - La relazione educativa – Apprendimento – insegnamento - La gestione dei gruppi - La continuità educativa - 29 Gennaio 2013 a cura di Giuseppe Duminuco I FONDAMENTI DELLA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE. QUESITI 1) Come si possono tradurre didatticamente le teorie pedagogiche di Piaget, Vygotskij e Bruner. Quali metodologie metterebbe in atto per agire coerentemente con le loro teorie? 2) Come definire il concetto di metacognizione e qual è l’utilità pedagogica di esso?

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I fondamenti della Psicologia dell’educazione - La relazione educativa – Apprendimento –

insegnamento- La gestione dei gruppi- La continuità educativa

- 29 Gennaio 2013a cura di Giuseppe Duminuco

I FONDAMENTI DELLA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE.

QUESITI

1) Come si possono tradurre didatticamente le teorie pedagogiche diPiaget, Vygotskij e Bruner. Quali metodologie metterebbe in atto per agire coerentemente con le loro teorie?

2) Come definire il concetto di metacognizione e qual è l’utilità pedagogica di esso?

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TEORIE PSICOLOGICHE E TEORIE PEDAGOGICHE.

Le teorie sull’apprendimento poggiano le loro basi su diverse teorie psicologiche che hanno fornito loro metodi di conoscenza e comprensione del funzionamento della psiche e della mente.

Ogni modello teorico ha elaborato una propria immagine del bambino.

La conoscenza delle teorie pedagogiche può essere un buon patrimonio per la comprensione delle condizioni psicologiche, cognitive ed emotive del bambino e per la progettazione di metodologie adeguate alla realtà ed ai bisogni dei vari tipi di alunno.

«Mappa» di conoscenze mediante l’individuazione di tre filoni di teorie psicologiche che stanno alla base delle moderne concezioni pedagogiche.

MODELLO COMPORTAMENTISTA

- Apprendimento stimolo – risposta

- Apprendimento come addestramento

- Passività del soggetto che apprende

- Apprendimento per piccoli passi: istruzione programmata (uso di nuove tecnologie)

- Rinforzo immediato della performance positiva

- Concezione negativa dell’errore

- Comportamenti determinati dalle condizioni ambientali

- PROGRAMMAZIONE PER OBIETTIVI

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MODELLO COGNITIVISTA

- Apprendimento: relazione fra le strutture psicologiche del bambino e le strutture epistemologiche delle discipline

- Ruolo centrale della motivazione

- Lettura delle realtà attraverso le mappe mentali

- Plasticità della mente e organizzazione disciplinare ( nella mente avviene una rielaborazione e organizzazione dei dati)

- Modificazione interna delle strutture mentali dell’individuo

- Pluralità di stili cognitivi e intelligenze multiple

- PROGRAMMAZIONE PER CONCETTI

MODELLO COSTRUTTIVISTA

- Apprendimento come processo condiviso (cooperative learnig) e «in situazione»

- Apprendimento come processo euristico: centralità dell’esperienza e dell’idagine sui problemi

- Relativismo e rifiuto di atteggiamenti dogmatici o oggettivisti ( non esiste un apprendimento oggettivo, ogni conoscenza è un’interpretazione della realtà)

- Alunno visto come «attore» del proprio apprendimento

- L’insegnante e/o gli altri alunni contribuiscono alla costruzione del «senso « dei fenomeni

- L’apprendimento è costituito dalla capacità del sistema personale di effettuare nuove costruzioni

- PROGRAMMAZIONE PER PROBLEMI (RICERCA – AZIONE)

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Le figure più importanti.

JEAN PIAGET : Epistemologia genetica – Meccanismi di formazione delle conoscenze -Sviluppo dell’intelligenza nel bambino – Teoria strutturale dello sviluppoper stadi.

LEV VYGOTSKIJ : Zona prossimale di sviluppo dell’apprendimento -Ruolo del linguaggio nello sviluppo mentale (Pensiero e linguaggio ) –Sviluppo mentale imprescindibile dalla funzione del contestoambientale.

JEROME BRUNER: Il suo modello teorico è definito «strutturalista» – Convergenza delfenomeno psicologico della conoscenza col contesto culturale in cui esso avviene per acquisirne padronanza – Tre modalità di rappresen=tazione della conoscenza: esecutiva, iconica, simbolica –Strutturalismo educativo basato sull’insegnamento ciclico «a spirale» – Far emergere la struttura delle discipline nell’insegnamen= to, insegnare a pensare per strutture.

JEAN PIAGET

Tra i diversi contributi offerti da Piagetall’educazione il più conosciuto è quello che riguarda lo sviluppo stadiale o, detto diversamente, il problema dell’idoneità all’apprendimento.

Piaget ha sempre sottolineato l’importanza di rispettare lo sviluppo delle tappe cogfnitive del bambino.Conseguenze che derivano da questo principio:. l’istruzione deve adeguarsi alle fasi dello sviluppo;. la successione con cui i concetti emergono nello sviluppo cognitivo spontaneo diventa il

punto di riferimento per l’insegnamento di tali concetti;. l’insegnante, allo scopo di valutare con la massima precisione la «maturità» dell’allievo,

deve saper utilizzare le tecniche e le classiche prove piagettiane(di conservazione, invarianza, ordinamento, ecc) .

Sul piano pedagogico possiamo così schematizzarle:- L’apprendimento è tanto più produttivo quanto più il soggetto è posto nella condizione di interagire con l’ambiente;

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- l’evoluzione della conoscenza implica un processo di continua integrazione delle strutture del soggetto in strutture più ampie;

- La formazione delle strutture segue fasi che non è possibile saltare.

Caratteristiche fondamentali del funzionamento intellettuale:- l’organizzazione- l’adattamento (assimilazione – accomodamento).Si ha adattamento tutte le volte che un dato scambio «organismo-ambiente» ha l’effetto di modificare l’organismo stesso. Questo processo si articola in due momenti:- In primo luogo l’organismo trasformerà il dato introdotto, che perde l’identità originaria e diventa così parte integrante dell’organismo = Assimilazione.- In secondo luogo l’organismo deve modificare il suo funzionamento adattandolo allecaratteristiche dell’oggetto acquisito = Accomodamento.

LEV VYGOTSKIJ. APPRENDIMENTO E SVILUPPO.

Connessione strettissima tra pensiero e linguaggio e cioè tra modi di conoscenza e contesto sociale cui i diversi sistemi simbolici hanno preso storicamente forma.

In educazione questa teoria «valorizza al massimo l’interazione educativa fin dalla prima infanzia e suggerisce che non è nemmeno possibile interpretare lo sviluppo senza riferirsi ad un contesto ambientale».

L’ambiente come contesto di sviluppo inteso come ambiente sociale , con le sue relazioni . modelli, riferimenti espliciti o nascosti cioè l’ambiente socio-culturale nel suo insieme.

Il meccanismo che spiega il cambiamento non è uno squilibrio socio-cognitivo (Piaget) ma l’incontro tra menti e pensieri diversi che si realizza nella discussione, nella ricerca e negoziazione comune di significati.

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Importanza della consapevolezza come strumento dell’accrescimento: la presa di coscienza è il risultato della capacità linguistica dell’adulto competente che favorisce – nell’interazione verbale – la riorganizzazione delle rappresentazioni mentali e dei concetti nei bambini.

Fiducia nell’istruzione e nella sua possibilità di intervenire per accelerare o migliorare lo sviluppo.

Concetto di «zona attuale di sviluppo» e di «zona prossimale di sviluppo»: quest’ultima è quella che sta immediatamente oltre la zona direttamente rilevabile con i test e le prove oggettive; è il potenziale interno della mente, che si può manifestare attraverso situazioni di problem solving e simili, eseguiti sotto la guida dell’adulto o in collaborazione con coetanei più abili.

E’ il processo dell’apprendimento che crea le potenzialità di sviluppo, attraverso la mediazione del linguaggio.

Utilizzo degli strumenti (linguaggio, sistemi di calcolo, scrittura, mappe, opere d’arte, ecc) che modificano struttura e funzionamento della mente.

SVILUPPO E CULTURA IN JEROME BRUNER

L’oggetto dell’educazione è la creazione di grandi aree, nella mente, che organizzanosistemi complessi di informazioni. Queste grandi aree sono i diversi saperi , le varie discipline.

Il suo obiettivo è ricollocare al centro della scuola l’apprendimento dei sistemi simbolici, cioè dei linguaggi e delle concettualizzazioni propri di ogni forma del sapere.

Non esistono stadi di sviluppo ben delineati, ma una serie di strategie che servono ad interpretare ciò che si verifica nell’ambiente e che portano il bambino verso una padronanza del mondo esterno sempre più adeguata.

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Tre modalità di rappresentazione dell’esperienza e della realtà: - Esecutiva: il bambino rappresenta il suo mondo prevalentemente attraverso l’azione;- Iconica: il bambino conosce attraverso la vista, li valuta e li classifica a seconda del

colore, della forma e delle dimensioni ;- Simbolica: costituisce la forma più sofisticata e flessibile di rappresentazione effettuata

attraverso codici simbolici (linguaggio).

- L’insegnamento è l’apprendimento delle strutture delle discipline e non la semplice acquisizione di fatti e tecniche.

- Il curricolo deve mirare alla padronanza di abilità che, a loro volta, conducano alllapadronanza di abilità più potenti.

- Strutturalismo educativo basato sull’insegnamento ciclico «a spirale», che prevede la presentazione di contenuti e dei concetti a più riprese, utilizzando mediatori didattici di diverso livello e natura.

MOLTEPLICITA’ DELLE INTELLIGENZE. HOWARD GARDNER

Critica l’idea di intelligenza come globalità di prestazioni e conoscenze.Propone un modello di intelligenza a più dimensioni, parla di una molteplicità di intelligenze.Interessante, dal punto di vista educativo: esistono variegati modi di essere intelligenti.

Le forme di rappresentazione che la nostra cultura ha elaborato sviluppano diverse forme di intelligenza: non solo quella linguistica e quello logico – matematica (tradizionalmente privilegiate) ma anche spaziale, musicale, corporea-motoria, interpersonale (relazionale), intrapersonale (autoreferenziale).

Ciascuna di esse si esprime con un suo proprio sistema simbolico.

Sul piano pedagogico e didattico questo modello si traduce nella possibilità di ricercare sempre più i percorsi realizzabili all’interno dei diversi sistemi simbolici e quindi attraverso i diversi contesti cognitivi.

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LA METACOGNIZIONE.

La dimensione metacognitiva è oggi considerata come un punto di vista «panoramico» da cui osservare tutto il processo cognitivo.

Con metacognizione oggi si intende sia la capacità di riflettere , di rendersi conto del proprio operare cognitivo, sia la capacità di adottare strategie cognitive conseguenti.Consapevolezza e contemporaneamente regolazione dei processi cognitivi.

Lo sviluppo metacognitivo può essere sollecitato aiutando i soggetti ad accedere ai dati che provengono dai loro stessi processi cognitivi:- prevedere se e come si è in grado di affrontare un compito sulla base di quello che si sa sul

proprio sapere;- pianificare il proprio comportamento cognitivo in vista della richiesta ;- verificare e controllare i risultati dell’attività.

Monitoring come controllo e regolazione del funzionamento cognitivo.

LA RELAZIONE EDUCATIVA E IL PROCESSO DI INSEGNAMENT O –APPRENDIMENTO.

QUESITI

1) Il concetto di gestione della classe può essere definito in tanti modi. Indichi quello che, a parere suo , ne esprime meglio l’idea e quali sono alcuni comportamenti fondamentali che il docente deve adottare per una buona gestione della classe.

2) Il candidato illustri le fasi principali attraverso cui si puo mettere in atto una didattica per concetti.

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IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO - APPPRENDIMENTO PER L’EFFICACIA EDUCATIVA

Negli ultimi decenni si è assistito ad una ridefinizione del rapporto insegnamento –apprendimento in cui, dalla centralità del contenuto culturale e del ruolo dell’insegnanteall’attenzione sulla funzione attiva del soggetto nella costruzione del suo sapere :centralità del processo di apprendimento.Molto importante l’elaborazione sul rapporto educativo all’interno della classe, considerato in un’ottica sistemica.

Apprendimento come processo dinamicoIl punto determinante nella relazione educativaè il modo con cui il docente imposta il rapporto tra sé e il sapere, tra il sapere e gli alunni, tra sé e gli alunni; è cioè il modo con cui il docente permette agli allievi di assumere dei ruoli nella scoperta della conoscenza

COMPRENSIONE E CONOSCENZA

Comprendere: penetrare con la mente –capire con l’intelletto, intendere una nozione o un ragionamento.Ciò può accadere in modo automatico e immediato.

Conoscere: prendere possesso intellettualmente o psicologicamente di un aspetto della realtà.Risultato di una sistematica attività di apprendimento.

La comprensione è un fenomeno cognitivo più diretto, ha a che fare con l’intuizione, la percezione.La conoscenza è un atto successivo, in cui dopo aver colto i dati, si costruiscono i passaggi logici e i collegamenti fra questi dati o con quelli già posseduti, formando così «strutture» più ampie.

Nella progettazione didattica bisogna aver chiara e rispettare la successione di queste fasi.

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E’ opportuno fissare il significato di alcuni termini che spesso vengono usati come sinonimima che, in realtà, esprimono concetti diversi.

Competenze: indicano la capacità di usare conoscenze, abilità/capacitù personali e sociali, capacità metodologiche e attitudini , in contesti di lavoro, di studio e nello sviluppo personale o professionale. Esse si evidenziano «in situazione»; hanno a che fare con il problem solvinge con il raggiungimento di uno scopo; sono tendenzialmente trasversali.

Conoscenze: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche o pratiche.

Abilità : indicano le «capacità di applicare conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivoe creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti.

LA MOTIVAZIONE, L’ATTRIBUZIONE, LA CURIOSITA’

In questi ultimi decenni la dimensione motivazionale degli allievi ha acquistato centralità nel processo di insegnamento-apprendimento, accanto a quella cognitiva tradizionalmente studiata.

Per motivazione si intende uno stato interno che dirige e mantiene nel tempo il comportamento di un individuo.

Motivazione intrinseca: comportamento che scaturisce da cause interne, connesse con la percezione che il soggetto avverte nel raggiungimento del suo scopo.

Motivazione estrinseca: comportamento generato da cause esterne all’individuo che vuole ottenere una gratificazione o evitare una conseguenza negativa o frustrante.

Il concetto diorientamento motivazionaleindica che l’alunno partecipa attivamente alla costruzione delle sue motivazioni mediante la rappresentazione degli obiettivi che vuole raggiungere o dei rischi che vuole evitare.

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La teoria delle attribuzioni riguarda la percezione che l’individuo ha delle cause degli eventi: il processo di attribuzione di una causa avviene quando un individuo osserva un evento e poi, sulla base delle informazioni disponibili e di vari fattori individuali e motivazionali, attribuisce l’evento ad una causa.

Le spiegazioni possono essere di origine interna quando il soggetto si attribuisce la causa dell’evento o di origine esterna quando egli attribuisce la causa a fattori non dipendenti e non condizionabili da egli stesso.

Emerge l’importanza, per il bambino, del comprendere la dinamica degli eventi che lo riguardano; la necessità di sentirsi protagonisti del proprio processo di conoscenza.Il senso di efficacia e capacità di autoregolazione: percezione delle proprie capacità e crescita della stima di sé.

Altro fattore importante, che rientra nelle motivazioni di tipo intrinseco è la curiosità: desiderio di sapere, di conoscere , che porta ad una attività di ricerca e di esplorazione.

GLI STILI D’INSEGNAMENTO (o «Lo stile dell’insegnante»).

Premessa: l’interesse per l’apprendimento che l’alunno manifesta può muovere da diversi tipi di motivazione.C’è poi un interesse legato agli elementi presenti nel momento dell’apprendimento, un interesse «situazionale» prodotto dagli elementi del contesto, ad es. il modo utilizzato dal docente per presentare un argomento.In questo quadro assume un ruolo fondamentale lo stile d’insegnamento adottato dal docente.

Lo stile si manifesta il modo di gestire le relazioni, il tipo di comunicazione che si adotta, la forma, le espressioni che le azioni assumono.

Lo stile d’insegnamento è il risultato di diverse componenti:- Il quadro dei propri valori.- Le esperienze precedenti.- Le idee che ognuno ha rispetto all’educazione, all’apprendimento, all’intelligenza, ecc.- Gli obiettivi rispetto alla professione

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GLI STILI EDUCATIVI.

L’adozione di uno stile dipende dallo SCOPO che ci si prefigge , ma principalmente:

- dalla percezione di sé- dall’immagine che di sé si vuol dare- dal ruolo che ci si attribuisce.

- La classe, il Consiglio di classe, il Collegio dei docenti e tutti gli altri contesti scolastici sono delle «scene» in cui si agisce uno stile e si realizzano delle «performance».

- Attraverso gli stili educativi si sperimentano le varie forme della relazione educativa.

- Esiste una molteplicità di stili descrivibili; possiamo provare a costruire delle categorie, riferendole ai modelli psicopedagogici con cui possono essere descritti:

Esistono una molteplicità di stili. Possiamo individuarne una serie secondo i modelli psicopedagogici con cui è possibile descriverne le manifestazioni

Stili descrivibili col modello costruttivista , centrando l’attenzione sulle strategie educative e didattiche che mettono in atto.

Stili descrivibili col modello positivistico–comportamentale, cioè mettendo a fuoco gli atteggiamenti e le manifestazioni che mette in atto.

Stili descrivibili col modello psicoanalitico, cioè analizzando le fantasie e i desideri che lo pervadono nel mettere in atto la sua funzione di docente.

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Gli stili si traducono, sul piano didattico, in metodologie che ognuno sente più congruente col suo modello. Si può parlare di stile privilegiato.Tuttavia i metodi sono differenti ed un professionista dell’insegnamento deve conoscerne e utilizzarne diversi, coerentemente con lo scopo che si vuole raggiungere, cioè essi devono avere una efficacia didattica.

Gli stili d’insegnamento personali influenzano non solo la possibilità di successo nell’apprendimento ma concorrono a determinare quello che viene chiamati il clima della classe.

La capacità di adottare lo stile e le metodologie più efficaci e conseguire successo nell’insegnamento e nelle relazioni contribuiscono costruire il senso della propria realizzazione professionale.

La metodologia più adeguata risponde a due condizioni:- scoprire come imparano i propri alunni- avere chiaro qual è lo scopo didattico dell’attività da svolgere.

METODOLOGIE E PROGRAMMAZIONE.

Ogni metodo prevede una Programmazione e Progettazione che si rifà ad una visione dell’insegnare o ad un modello psicopedagogico.

Esempi:Programmazione per obiettivi.Modelli teorici di riferimento: comportamentismo e cognitivismo.

Programmazione per concetti.Modello teorico di riferimento: cognitivismo.

Programmazione per problemi ( ricerca – azione) / euristico.Modello teorico di riferimento: socio-costruttivismo

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La didattica per concetti – La programmazione per concetti.Le carenze del curricolo per obiettivi e del modello contrato sul prodotto aprono la strada ad un altro modello didattico imperniato sulla programmazione per concetti.Riferimenti teorici:Piaget e Vygotskiji i quali definiscono la conoscenza come la rielaborazione e la concettualizzazione dell’esperienza;Bruner e Ausubel, secondo i quali la conoscenza è produzione ed organizzazione di nozioni in strutture sempre più astratte e formali proprie delle discipline.FASI: -elaborazione della mappa concettuale di base dell’argomento che si vuole trattare;- identificazione della dello stile di apprendimento, dello stile cognitivo degli allievi;- strutturazione dell’intervento didattico a partire dalle conoscenze pregresse degli allievi;- pianificazione dello sviluppo dell’apprendimento della rete concettuale dell’argomento;- esecuzione dell’attività didattica mirata a guidare alla scoperta della struttura concettuale

dell’argomento;- utilizzazione dei «mediatori» didattici: mediatori attivi (esplorazioni, esperimenti ..),

mediatori iconici (disegni, schemi, grafici..), mediatori simbolici (definizioni, narrazioni..), mediatori analogici (drammatizzazioni, simulazioni..).

LA GESTIONE DELLA CLASSE

In ogni classe, per un gioco interno di equilibrio e rapporti di forza, (E. Durkeim, «dinamica sociale e «individualità collettiva»), si vengono a determinare degli stili di comportamento e degli atteggiamenti prevalenti o più evidenti.

La classe è un sistema che va «gestito»

Totalità, sistema aperto, contesto, clima, regole, negoziazione, punteggiatura, circolarità sono concetti chiari della teoria generale dei sistemi (von Bertalanffy).

Gestione della classe dunque non significa solo mantenimento della disciplina.La necessità maggiormente avvertita è quella che in classe si realizzi un clima in cui ognuno possa sta bene, in armonico rapporto con gli altri, partecipando con soddisfazione e successo alla vita scolastica.

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Le definizioni del concetto di «gestione della classe».Esistono molte definizioni di questo concetto: Tutte quante indicano, comunque , le modalitàadottate dagli insegnanti per promuovere negli alunni:- la partecipazione alle attività della classe;- il rispetto delle regole e dell’ordine;- l’adempimento dei loro doveri di scolari;- il benessere psicofisico.

Nella gestione della classe il docente deve tenere presenti questi comportamenti (Kounin, 1970) - Essere presenti: il grado di attenzione con cui il docente riesce a seguire la clesse e le

dinamiche di gruppo, sapendo sempre cosa sta succedendo;- Gestire diversi compiti contemporaneamente: la capacità di affrontare diversi compiti nel

medesimo tempo;- Appianare i problemi: saper reagire in modo appropriato nei momenti critici e far si che le

dinamiche di gruppo non incontrino ostacoli;- Possedere flessibilità: essere capace di cambiare o riorganizzare ol proprio lavoro quando esso

non è abbastanza efficace.- Alla gestione della classe vanno riferite le tipologie dileadership.

Lo strumento di lavoro fondamentale del docente è la COMUNICAZIONE .

Cosa intendiamo per comunicazione efficace in ambito scolastico?

Due ambiti – due significati:

COMUNICAZIONE EFFICACE NELLA RELAZIONE EDUCATIVA

COMUNICAZIONE DIDATTICA EFFICACE

In questo contesto consideriamo la comunicazione come uno strumento per la gestione della classe.

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La comunicazione in classe.

Gli scopi della comunicazione:

INFORMARE

ESPORRE

CONVINCERE

RISPONDERE

ASCOLTARE

LA GESTIONE DEI GRUPPI A SCUOLA

QUESITI

1) Cosa intendiamo per abilità comunicativa e in quali forme si esplica questa competenza?

2) Quali sono le fasi che attraversa un gruppo di lavoro sia dal punto di vista delle dinamiche relazionali che da quello operativo?

3) E’ possibile individuare degli indicatori di un buon funzionamento del gruppo di lavoro?

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Quando parliamo di gruppo di lavoro a scuola questa definizione può essere intesa in due sensi:

- come il gruppo degli insegnanti, caratterizzato dal fatto di essere costituito da adulti , (con le implicazioni che ciò porta sul piano delle relazioni), che condividono una funzione, unruolo, che è quello di essere docenti (con le implicazioni che ciò comporta sul piano delle competenze e dei compiti).

- come gruppo di lavoro degli alunni, che hanno lo status di bambini o adolescenti e vivono la condizione di scolari.

Nel primo caso parliamo dunque di team dei docenti e lo scopo del loro essere gruppo e l’unitarietà dell’insegnamento.

Gli elementi su cui va costruita l’unitarietà:

- Gestione organizzativa

- Intese sulla conduzione unitaria del progetto educativo

Gli elementi costitutivi di un gruppo di lavoro in classe.

Un gruppo di lavoro ha delle caratteristiche ben precise:- la dimensione (piccolo numero);- l’obiettivo, lo scopo, il compito vero e proprio, che deve essere espresso in forma chiara e

compresa da tutti, i cui risultati attesi siano definiti; il compito deve essere costruito su dati e risorse disponibili, articolato in operazioni e adempimenti realistici, in modo da poter essere , alla fine, valutato;

- un metodo di lavoro a cui si riconosca efficacia;- un’ organizzazione funzionale al gruppo ed al compito, che individui ruoli e funzioni;- dei tempi di lavoro, che vanno organizzati e tenuti sotto controllo;- chiare procedure di decisione;- un buon clima, inteso come benessere e partecipazione di tutti i membri al lavoro.

E’ chiaro che quest’ultimo è l’elemento chiave per la produttività e la funzionalità del gruppo e per la valorizzazione delle capacità di tutti i suoi membri.

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Indicatori di efficacia del gruppo di lavoro.

Il gruppo è efficace quando i suoi componenti:- sono in grado di descrivere lo scopo e sono motivati a raggiungere l’obiettivo;- i ruoli e i metodi di lavoro sono chiari;- sono in grado di utilizzare efficacemente le risorse;- si esprimono liberamente;- evitano giudizi sugli altri;- si ascoltano con lo scopo di comprendere;- tollerano le manifestazioni emotive e l’aggressività;- sono disponibili a confrontarsi e cooperare;- si rapportano vicendevolmente dandosi credito e fiducia;- manifestano segni di soddisfazione per il loro lavoro;- mostrano flessibilità che permette loro di introdurre i cambiamenti necessari;- hanno definito un processo decisionale chiaro e che coinvolge tutti.

Norming.E’ in questa fase che si cominciano a stabilire regole, categorie, metodi con i quali organizzare tutto il materiale proposto. In questo momento si fanno le associazioni e si stabiliscono i criteri di selezione delle proposte (attuabilità, vantaggi, svantaggi, ..).

Forming.E’ la fase in cui si mettono a confronto le richieste del compito con le risorse del gruppo (le soluzioni disponibili, le competenze e le risorse interne,..). E’ il momento delle decisioni e della formalizzazione della soluzione:

Performing.E’ l’ultima fase: quella operativa. A ciascuno si attribuiscono i compiti e si stabiliscono i sistemi di monitoraggio e verifica.

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Le fasi operative del gruppo: le «fasi per fare».

Dal punto di vista strettamente operativo individuiamo quattro fasi:- Storming- Norming- Forming- Performing.

- Storming- E’ il momento della creatività, della ricerca, della raccolta delle informazioni

rilevanti.- E’ la fase in cui ogni membro del gruppo può dire ciò che pensa sia utile

apportando il suo contributo di idee. La quantità delle informazioni raccolte è fondamentale. In questa fase è importantissimo che nessuno si senta giudicato osservato o criticato per le proprie proposte. E’ indispensabile la funzione di un coordinatore e di qualcuno che registri tutte le ipotesi.

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La gestione del conflitto.

Preliminarmente è necessario riflettere sul fatto che una certa dose di conflittualità all’interno dei gruppi è fisiologica e che forse la mancanza di conflitto non è un fatto naturale.

L’uscita dalla situazione conflittuale è possibile tra i due contendenti (singoli o sottogruppo) con una delle seguenti situazioni:- vincere-perdere (qualcuno vince e qualcuno perde)- perdere- perdere ( perdono tutti, non si salva nessuno)- vincere-vincere ( non c’è un vincitore né uno sconfitto; si trova una soluzione

che ha una porzione di vittoria per entrambi).

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GESTIONE DEL CONFLITTO

SAPER RISOLVERE I CONFLITTI IN MODO COSTRUTTIVOTRAMITE STRATEGIE DI PROBLEM SOLVING

TRASFORMARE IL CONFLITTO DA CONTRASTOA PROBLEMA DA RISOLVERE

DIAGNOSI DEL PROBLEMA

RICERCA DI SOLUZIONI

LA CONTINUITA’ EDUCATIVA

QUESITI

1) La continuità educativa interessa tutti gli ordini scolastici.Può indicare sinteticamente gli ambiti in cui si costruiscono i progetti di continuità?

2) Su quali presupposti teorici si può impostare una continuità di curricoli disciplinari?A quale modello psicopedagogico fare riferimento?

3) La valutazione del percorso formativo degli alunni è un compito fondamentale del docente. Può illustrarne obiettivi e procedure all’interno del concetto di continuità educativa?

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Continuità e unitarietà del curricolo.

Tematiche che, dalle diverse angolazioni educative e scolastiche , afferiscono al concetto di continuità:- Il ciclo formativo di base che è progressivo e continuo, pur nella sua differenziazione

interna in tipologie di scuole diverse (tre ordini scolastici);- Ogni ordine scolastico mantiene la sua identità educativa;- Il curricolo verticale, facilitato dalla diffusione degli Istituti Comprensivi;- La prospettiva di evoluzione in cui è vista l’acquisizione della conoscenza che,

partendo dalle prime esperienze della Scuola dell’Infanzia, progressivamente si connota come patrimonio di discipline;

- Una prospettiva interdisciplinare nella direzione della integrazione dei saperi.

- «La continuità nasce dall’esigenza primaria di garantire il diritto dell’uomo ad un percorso formativo organico e completo, che mira a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale del soggetto… che così costruisce la sua particolare identità»

Una pluralità di forme di attuazione:1) Continuità dei percorsi scolastici, tenendo conto delle tappe

evolutive, dei cambiamenti degli interessi e delle motivazioni;2) Continuità specificamente didattica;3) Continuità tra modalità di definizione degli obiettivi didattici e dei

criteri di valutazione;4) Continuità fra progetti formativi trasversali a più discipline;5) Continuità fra metodologie di gestione della classe;6) Continuità nella valutazione dei comportamenti e nella gestione

della disciplina;7) Continuità nella modalità di rapportarsi con le famiglie, con le altre

scuole e col territorio.

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Il curricolo verticale.

Il curricolo verticale nasce contemporaneamente al dibattito sulle competenze. Non si tratta però della pianificazione della distribuzione cronologica dei contenuti delle discipline e della loro concatenazione. Si tratta, piuttosto, di definire cosa significano locuzioni come « traguardi per lo sviluppo delle competenze», «lavorare sulle competenze», «certificare le competenze», «curricolo verticale».

Nelle sperimentazioni viene convalidata l’ipotesi di un percorso curricolare centrato sull’apprendimento e l’acquisizione di «competenze».Il concetto di competenza viene considerato come un insieme di conoscenze dichiarative, di abilità procedurali, di atteggiamenti, che si snodano lungo un percorso coerente, mediante il quale si consolidano e si articolano.

Il curricolo verticale deve promuovere una progressione sicura nei risultati degli apprendimenti, nella differenziazione delle abilità cognitive (dagli automatismi a capacità sempre più elaborate e riflessive), nella specializzazione delle abilità e dei linguaggi.

Nella sua realizzazione pratica il curricolo ha due ambiti di azione:- quello della programmazione fra docenti- quello dei cosiddetti «raccordi» nei bienni di passaggio fra ordini.

I raccordi, ovunque si realizzino, hanno degli elementi in comune:1) La definizione degli obiettivi cognitivi e strumentali minimi o standard;2) I criteri di valutazione;3) Le modalità di scambio delle informazioni sugli alunni;4) I criteri di formazione delle classi;5) Le modalità dio conoscenza degli ambienti, dell’organizzazione e delle regole della nuova

scuola.

Si possono attuare anche iniziative legate al contesto o a specificità di classi o di scuola, che prendono il nome di «Progetti ponte».

Talvolta si realizzano progetti di continuità su più anni che prevedono l’attuazione di percorsi didattici o formativi nella classe terminale di un ordine e che prosegue nella prima classe dell’ordine seguente, con la presenza, per determinati periodi di insegnanti dell’ordine precedente in quello seguente.

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Continuità come coordinamento dei curricoli disciplinari.

Occorre analizzare ogni disciplina, conoscerne l’origine e lo scopo ma anche l’organizzazione interna, per cogliere gli elementi specifici e quelli generalzzabili, per individuare in essa icontenuti e i concetti.

E’ l’individuazione della struttura disciplinare (Bruner) che ci interessa, per poter individuare gli elementi su cui costruire un curricolo verticale.E’ su questi elementi strutturali, che possiamo definire «quadri concettuali» che una disciplina o un’area disciplinare può essere sviluppata sull’asse temporale , costituendo così l’impianto di un curricolo continuo.

A questo scopo si prestano bene concetti di area antropologica come quelli di democrazia, economia, libertà oppure quello più concreti, ad es. quello della funzione dei centri urbani , o degli strumenti di lavoro o della funzione dei corsi d’acqua, ecc.

Continuità e discontinuità.

L’esperienza scolastica è segnata da momenti di discontinuità e, come in tutte le altre esperienze di vita, le novità, le nuove relazioni, le nuove richieste possono creare difficolta, disagi, tensioni.La continuità tende a neutralizzare il timore dell’imprevisto, del cambiamento ma è il bisogno di scoprire, nei fenomeni, aspetti nuovi e diversi da quelli già sperimentati a spingerci nel processo di scoperta e riappropriazione degli ambienti o delle informazioni.

I più recenti studi sull’apprendimento mettono in evidenza l’importanza della discontinuità, delle sfide, dei dislivelli da superare, il procedere secondo fasi con alternanza di sviluppo alternate a momenti regressivi: continuità e discontinuità.

Superamento di una visione «naturalistica» che sottintende un’idea lineare e cumulativa dello sviluppo cognitivo.«Spetta alla regia degli adulti definire le caratteristiche di queste forme dello sviluppo per motivare gli alunni ad esplorare nuove forme di conoscenza e non deprimere le loro potenzialità. Dunque la continuità si intreccia con la discontinuità. Si dovrebbe parlare di discontinuità utile (G Cerini)».

30/01/2013

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Gli Istituti Comprensivi.

Questo modello organizzativo presenta molte possibilità per la realizzazione della continuità educativa e didattica:-team integrati di docenti di ordini scolastici diversi;- uso flessibile del tempo di insegnamento con possibilità di intervento presso un

altro ordine scolastico;- moduli nuovi che superino l’orario della singola disciplina;- progetti comuni;- interventi differenziati (alunni diversamente abili, difficoltà di apprendimento,

…);- criteri e strumenti di valutazione comuni;- curricoli unitari per alcune discipline;- rapporti facilitati con le famiglie e con il territorio.

La continuità orizzontale.

La continuità, oltre ad essere una dimensione tutta interna alla scuola, è un concetto che si estende e coinvolge l’intera comunità sociale in cui essa è inserita.

In questo senso la continuità rimanda al concetto di corresponsabilità educativa.

Ma le «agenzie educative» sul territorio sono tante e con caratteristiche e competenze diverse: compito della scuola sarà quello di assumere un ruolo centrale in un sistema formativo integrato, in cui interagiscono agenzie intenzionalmente o potenzialmente educative. Questo sistema è costituito da tutti quegli elementi che possono incidere sul processo formativo del bambino e che arricchiscono il suo mondo di conoscenze ed esperienze.

Un tipo particolare di continuità orizzontale, di impostazione specificamente didattica, e quella che prevede la costituzione di reti di scuole.