Trasposizione Didattica Del Sapere Musicale_Martini

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1 Trasposizione didattica del sapere musicale, aspetti contenutistici e metodologici * Berta Martini ** – Carla Cuomo *** Maria Rosa De Luca **** La trasposizione didattica: concetto-chiave della Didattica della musica. Il presente contributo si situa nell’àmbito delle riflessioni interne alla Didattica della musica e intende offrire un esempio 'a tre voci' di trasposizione didattica del sapere musicale. L’intervento è articolato in tre parti. La prima, a mo’ di introduzione, presenta le linee generali del concetto-chiave di trasposizione didattica che costituisce la cornice concettuale entro la quale si inscrivono i processi di decontestualizzazione e ricontestualizzazione del sapere scolastico; la seconda presenta un percorso didattico dall’ascolto all’esecuzione sul brano “Children at Play” di Bèla Bartók; la terza, infine, un esempio di costruzione del sapere storico-musicale, a partire dallo stesso brano. Da questo punto di vista, le tre parti, pur rimanendo autonome e autosufficienti, intrattengono una stretta relazione sul piano logico e concettuale e si configurano come un percorso didattico paradigmatico di comprensione musicale. Quanto qui descritto, infatti, si situa all’incrocio fra Didattica dell’ascolto (La Face, 2005), Didattica dell’esecuzione (la quale costituisce a sua volta un àmbito specifico della Didattica della produzione) e Didattica della storia della musica. Àmbiti, questi, strettamente interrelati benché non tutti secondo propedeuticità: se è possibile comprendere la musica a partire da un ascolto attento e consapevole senza necessariamente produrla – il che implica, almeno da un punto di vista formativo, che è possibile una didattica dell’ascolto senza didattica dell’esecuzione – non è possibile il viceversa; di interdipendenza è invece la relazione di queste ultime con la didattica della storia della musica giacché, in vista della 'comprensione musicale' (Della Casa, 1985), la collocazione del brano lungo l’asse storico-contestuale appare necessaria tanto all’ascolto quanto alla produzione. Ciò è vero, dicevamo, almeno dal punto di vista formativo. Dal punto di vista della ricerca didattica, invece, i tre àmbiti individuano ciascuno campi di studio e di esperienza (di ascolto, esecuzione, ricostruzione storica ecc.) suscettibili di essere indagati alla luce delle teorie in seno alla Didattica della musica. Teorie che secondo la dinamica propria della ricerca empirica, si strutturano in forza della organizzazione progressiva dei costrutti concettuali emergenti da quelle indagini. A questo proposito, onde evitare confusioni sul piano epistemologico, nelle denominazioni precedenti occorre rilevare il diverso significato delle occorrenze del termine 'Didattica'. Mentre il termine Didattica della musica denota una didattica disciplinare specifica, le espressioni 'Didattica dell’ascolto', 'Didattica dell’esecuzione', 'Didattica della storia della musica' si riferiscono alle pratiche traspositive che si inscrivono nell’àmbito degli studi della Didattica della musica condividendone le finalità, gli assetti teorici e metodologici. Occorre altresì precisare che in questa prospettiva, il riferimento a 'pratiche', in accordo con lo status che oggi * Questo articolo è la versione scritta degli interventi tenuti dalle Autrici in occasione del corso di ricerca- formazione promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, dalle Università di Bologna, Catania e Palermo con il riconoscimento scientifico dell’Associazione culturale «Il Saggiatore musicale-SagGEM», Musica e cultura a scuola. Comprendere la musica, svoltosi ad Agrigento nei giorni 31 marzo e 1 aprile 2009. ** Professore associato, Università di Urbino “Carlo Bo”. *** Ricercatore, Università di Bologna. **** Ricercatore, Università di Catania.

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Trasposizione didattica del sapere musicale, aspetti contenutistici e metodologici* Berta Martini** – Carla Cuomo*** – Maria Rosa De Luca**** La trasposizione didattica: concetto-chiave della Didattica della musica. Il presente contributo si situa nell’àmbito delle riflessioni interne alla Didattica della musica e intende offrire un esempio 'a tre voci' di trasposizione didattica del sapere musicale. L’intervento è articolato in tre parti. La prima, a mo’ di introduzione, presenta le linee generali del concetto-chiave di trasposizione didattica che costituisce la cornice concettuale entro la quale si inscrivono i processi di decontestualizzazione e ricontestualizzazione del sapere scolastico; la seconda presenta un percorso didattico dall’ascolto all’esecuzione sul brano “Children at Play” di Bèla Bartók; la terza, infine, un esempio di costruzione del sapere storico-musicale, a partire dallo stesso brano. Da questo punto di vista, le tre parti, pur rimanendo autonome e autosufficienti, intrattengono una stretta relazione sul piano logico e concettuale e si configurano come un percorso didattico paradigmatico di comprensione musicale. Quanto qui descritto, infatti, si situa all’incrocio fra Didattica dell’ascolto (La Face, 2005), Didattica dell’esecuzione (la quale costituisce a sua volta un àmbito specifico della Didattica della produzione) e Didattica della storia della musica. Àmbiti, questi, strettamente interrelati benché non tutti secondo propedeuticità: se è possibile comprendere la musica a partire da un ascolto attento e consapevole senza necessariamente produrla – il che implica, almeno da un punto di vista formativo, che è possibile una didattica dell’ascolto senza didattica dell’esecuzione – non è possibile il viceversa; di interdipendenza è invece la relazione di queste ultime con la didattica della storia della musica giacché, in vista della 'comprensione musicale' (Della Casa, 1985), la collocazione del brano lungo l’asse storico-contestuale appare necessaria tanto all’ascolto quanto alla produzione. Ciò è vero, dicevamo, almeno dal punto di vista formativo. Dal punto di vista della ricerca didattica, invece, i tre àmbiti individuano ciascuno campi di studio e di esperienza (di ascolto, esecuzione, ricostruzione storica ecc.) suscettibili di essere indagati alla luce delle teorie in seno alla Didattica della musica. Teorie che secondo la dinamica propria della ricerca empirica, si strutturano in forza della organizzazione progressiva dei costrutti concettuali emergenti da quelle indagini. A questo proposito, onde evitare confusioni sul piano epistemologico, nelle denominazioni precedenti occorre rilevare il diverso significato delle occorrenze del termine 'Didattica'. Mentre il termine Didattica della musica denota una didattica disciplinare specifica, le espressioni 'Didattica dell’ascolto', 'Didattica dell’esecuzione', 'Didattica della storia della musica' si riferiscono alle pratiche traspositive che si inscrivono nell’àmbito degli studi della Didattica della musica condividendone le finalità, gli assetti teorici e metodologici. Occorre altresì precisare che in questa prospettiva, il riferimento a 'pratiche', in accordo con lo status che oggi * Questo articolo è la versione scritta degli interventi tenuti dalle Autrici in occasione del corso di ricerca-formazione promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, dalle Università di Bologna, Catania e Palermo con il riconoscimento scientifico dell’Associazione culturale «Il Saggiatore musicale-SagGEM», Musica e cultura a scuola. Comprendere la musica, svoltosi ad Agrigento nei giorni 31 marzo e 1 aprile 2009. ** Professore associato, Università di Urbino “Carlo Bo”. *** Ricercatore, Università di Bologna. **** Ricercatore, Università di Catania.

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esse assumono nei lavori didattico-disciplinari, non è da intendersi in senso applicazionista, per cui esse si ridurrebbero, nel nostro caso, alla mera traduzione empirica in sequenze didattiche delle teorie dell’insegnamento musicale o di quelle musicologiche, bensì esse costituiscono i fenomeni educativi, o le esperienze, a cui la Didattica della musica guarda, descrivendoli e interpretandoli alla luce della sua rete di concetti e in vista della comprensione musicale. Ciò è coerente con il fatto di assumere il sistema didattico – sistema formato dai sottosistemi insegnante-allievo, allievo-sapere, insegnante-sapere – come unità di studio-base di ogni didattica disciplinare. Da questo punto di vista, la didattica dell’ascolto, dell’esecuzione e della produzione definiscono le modalità di un possibile funzionamento efficace del sistema didattico in rapporto all’esigenza di comprensione musicale. Esse definiscono cioè una sorta di sistema didattico “regolato” le cui regole – definite esternamente dall’insegnante che allestisce la pratica e internamente dalle interazioni reciproche fra gli attori del sistema – coincidono con le condizioni che, almeno dal punto di vista teorico, correlano positivamente insegnamento e apprendimento. Tali regole, o condizioni, anziché tradursi in rigide sequenze di insegnamento controllano i principi che sottostanno ad esse, in modo coerente con gli assetti epistemologici, le teorie e i metodi della Didattica della musica. Da ciò, il valore paradigmatico della modellizzazione delle pratiche traspositive. Da una parte esse strutturano l’esperienza in funzione di un’intenzionalità formativa (pur non potendo assicurare il successo dell’apprendimento esse sono responsabili della ricerca delle condizioni perché esso si realizzi per tutti gli allievi, ciascuno secondo il proprio potenziale). Dall’altra esse rendono disponibile un insieme di problemi e di concetti intorno ai quali si costruisce dinamicamente lo statuto epistemologico della disciplina. La nozione di trasposizione didattica† è stata introdotta originariamente nel campo della didattica della matematica da Chevallard (1985/1991) e oggi è largamente utilizzata nei lavori didattici delle diverse discipline (almeno in quelli francofoni) dove ha assunto significati ulteriori: dalla iniziale centratura della teoria sul sapere e in particolare sulla questione della “distanza” tra sapere esperto (savant) e sapere scolastico (à enseigner), fino all’attuale interpretazione nel quadro di un’azione congiunta che permette di interpretare i fenomeni traspositivi tenendo in conto, allo stesso tempo, gli oggetti di insegnamento e i soggetti in apprendimento in seno all’istituzione (Schubauer-Leoni, Leutenegger, 2005). Più precisamente, essa è «il fenomeno che caratterizza la trasformazione adattativa dei saperi affinché essi possano “vivere” nelle condizioni ecologiche delle pratiche didattiche» (Schubauer-Leoni, 2008, p. 131). Bisogna riconoscere che, al momento della sua emergenza, la nozione ha avuto l’indubbio merito di contrastare prospettive psicopedagogiche che assoggettavano l’azione didattica unicamente alle teorie dell’apprendimento, tralasciando il sapere. In corrispondenza dell’affermazione di discipline come la Psicologia dell’età evolutiva e la Psicologia dell’educazione, infatti, la ricerca didattica si era prevalentemente orientata verso un approccio di tipo “applicazionista” che interpretava l’insegnamento come causa dell’apprendimento. Sul piano della ricerca ciò implicava che per conoscere l’insegnamento occorre ed è sufficiente conoscere l’apprendimento (Damiano, 1996, 2007).. Solo negli anni Ottanta l’attenzione agli oggetti culturali viene riformulata in termini di trasformazione o,

† Questo concetto, elaborato nell’àmbito della Didattica della matematica da Yves Chevallard, concerne la possibilità di stabilire relazioni opportune tra sapere esperto (savoir savant), sapere da insegnare (savoir à enseigner) e sapere insegnato (savoir enseigné)..

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meglio, di “trasposizione” dal sapere sapiente al sapere da insegnare e da questo al sapere insegnato. Si riconosce che il sapere scolastico, anziché isomorfo al sapere scientifico, è dotato di sue proprietà specifiche derivanti dal processo di scolarizzazione ovvero, dalla sua partecipazione al sistema di interazioni all’interno del sistema didattico. A partire da questo momento, costruire il sapere significa studiare questo processo e il sistema didattico nel quale ha luogo. Il tipo di lavoro proposto di seguito si colloca, concettualmente, in quel processo che viene definito di Trasposizione didattica interna e che concerne il lavoro didattico di “messa in scena” del sapere da insegnare, ossia di genesi artificiale all’interno di un contesto di gesti, testi, discorsi che costituiscono l’universo di riferimento dell’azione di insegnamento e di apprendimento. Beninteso, trasposizione didattica interna ed esterna non sono processi in alcun modo indipendenti. Se la prima guarda al sistema didattico e alle condizioni del suo funzionamento efficace dall’“interno” del sistema, quest’ultimo e le condizioni che regolano le interazioni fra i suoi elementi risentono delle determinazioni esterne delle trasformazioni adattative del sapere, quelle che provengono dalle istituzioni scolastiche e dal sistema sociale e culturale nel quale hanno luogo. I saperi sono infatti suscettibili di assumere forme scientifiche e forme didattiche. Le prime si danno all’interno delle comunità scientifiche e corrispondono a modalità di strutturazione formale delle discipline. Le seconde si danno all’interno delle istituzioni formative e corrispondono al risultato dei processi di messa in forma didattica delle discipline in rapporto alle loro forme scientifiche. Operare queste trasformazioni adattative dei saperi significa operare selezioni, compiere scelte, fare valutazioni che rispondano, ad un tempo, ad istanze epistemologiche e istanze pedagogiche. Le istanze epistemologiche vincolano la trasposizione didattica agli statuti disciplinari, ossia alle coordinate teoriche e metodologiche che strutturano ciascuna disciplina come corpus organico e coerente di conoscenze. In altri termini, esse riflettono l’esigenza di una sostanziale aderenza a quelle che abbiamo definito le forme scientifiche dei saperi. Le istanze pedagogiche, invece, vincolano la trasposizione didattica a criteri di accessibilità e di attualizzazione della disciplina. Esse riflettono, in particolare, l’esigenza di aderenza alla realtà. Realtà individuale, attraverso l’adeguamento delle forme didattiche alle caratteristiche dei destinatari; e realtà sociale, attraverso la ricerca di forme di mediazione tra cultura della scuola, cultura dell’extrascuola e cultura dell’allievo. Complessivamente, dunque, l’istanza epistemologica e l’istanza pedagogica vincolano le forme scientifiche e le forme didattiche a “distanze” reciproche opportune, pena il rischio di rendere il sapere da insegnare difficilmente accessibile (se la distanza è troppo scarsa), o estraneo e obsoleto (se la distanza è troppo ampia). Con il risultato, rispettivamente, di una tendenza verso forme di astrattismo e di relativismo che rappresentano solo le derive di questo processo di trasposizione. Dal punto di vista operativo, la possibilità di fare salve queste istante richiede la definizione di criteri in base ai quali orientare le selezioni, le scelte, le valutazioni. L’esempio di trasposizione didattica proposto per la comprensione musicale del brano “Children at Play” di Bèla Bartók risponde, in particolare, a tre criteri rilevanti e abbastanza generali: il criterio di essenzializzazione, problematizzazione e storicizzazione dei saperi disciplinari (Martini, 2006). L’applicazione del criterio di essenzializzazione alla selezione degli oggetti di insegnamento permette l’esplicitazione degli “oggetti” o delle “strutture” tipiche della disciplina, ma anche dei suoi metodi di indagine e dei suoi linguaggi specifici. Si ricostruisce, così, la sua “geografia”, o il suo “statuto”, il modo in cui possono essere organizzati i suoi elementi costitutivi (oggetti, linguaggi e metodi) e le loro reciproche

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relazioni. Il criterio di problematizzazione consente di circoscrivere intorno a “problemi” lo specifico modo di pensare e di agire della disciplina; di costruire intorno ad essi contesti semantici assimilabili a “campi di attività e di esperienza” nei quali possono essere collocati gli elementi essenziali del sapere attraverso processi di “genesi artificiale”. In questa direzione, infine, la storicizzazione, mostrando quei problemi che hanno originato o rigettato certe teorie, apre la via allo sviluppo di una mente “critica”. Una mente che pensa e giudica sapendo che i saperi scientifici che sostengono il pensiero e il giudizio sono qualche cosa di costruito storicamente e socialmente tramite la condivisione di significati e di regole metodologiche. Il che, tra l’altro, dà ai saperi un’immagine come fatti essenzialmente storici, dunque un’immagine dinamica e antidogmatica. Complessivamente, dunque, la messa in forma didattica della disciplina prevede due livelli di decostruzione della stessa rispondenti alle istanze epistemologica e pedagogica: il criterio di essenzializzazione permette di ricostruire l’epistemologia della disciplina attraverso la esplicitazione dei suoi elementi costitutivi; i criteri di problematizzazione e di storicizzazione permettono di soddisfare, seppur non in modo esclusivo, l’istanza pedagogica presentando tali essenzialità attraverso la mediazione dei campi semantici rappresentati da situazioni problematiche (siano esse storicizzate o artificiali) o da approfondimenti storici. Nel caso del percorso che presentiamo, il riferimento al criterio di essenzializzazione si traduce nella scelta di una particolare opera musicale rappresentativa di uno o più oggetti-chiave della disciplina, oggetti capaci di disvelarne il “senso”, seppur contestualmente ad un’opera specifica. Nella trasposizione didattica del brano, come si può vedere nel contributo di Carla Cuomo, la scelta cade prevalentemente sull’elemento melodico. Non solo. In quanto rappresentativi della disciplina, i suoi elementi essenziali sono trasversali al suo statuto epistemologico. Essi includono cioè, oltre ai contenuti, anche i metodi. A questo proposito il percorso, come si può vedere nel contributo di Maria Rosa De Luca, opta per la trasposizione del metodo storiografico, seppur secondo opportuni adattamenti didattici. Ciò è coerente con il principio pedagogico secondo il quale il potenziale formativo delle discipline risiede nell’acquisizione, da parte dell’allievo, della loro specifica forma di pensare e di agire. Se ciò è vero, riprodurre in classe il modo in cui la storia della musica costruisce sé stessa (ossia il metodo storiografico nella sua declinazione didattico-musicale) significa costruire il contesto privilegiato per acquisire il sapere storico-musicale e contribuire significativamente alla comprensione della musica. Nel processo di ricostruzione di una genesi artificiale del sapere l’allievo fa “vivere” la disciplina attraverso la presa in carico personale del sapere e un processo autentico di costruzione negoziata di significati. Il criterio di problematizzazione è anch’esso ampiamente assunto all’interno del percorso didattico. Entrambe le contestualizzazioni, inerenti la didattica dell’esecuzione e della storia della musica, infatti, affidano l’elaborazione del contesto semantico ad una situazione problematica: di esecuzione espressiva e di indagine storica rispettivamente. Optare didatticamente per una situazione didattica costruita intorno ad un ostacolo (e non solo ad una difficoltà) significa dare spazio alle regolazioni interne del sistema didattico (oltre a quelle esterne operate dall’insegnate) e ciò costituisce una condizione indubbiamente favorevole all’apprendimento. Di più. Ciò avviene non solo per ragioni di tipo motivazionale, per quanto esse sussistano, ma per ragioni cognitive e affettive insieme. Da un punto di vista didattico, infatti, le

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pratiche non sono neutre rispetto ai fini che perseguono. Il che è come dire che non tutti gli apprendimenti possono essere conseguiti a mezzo di qualunque pratica. Al contrario, tipi di pratiche si correlano, in quanto a efficacia, a tipi (o livelli logici) di apprendimento (Baldacci, 2002). In questo quadro, per esempio, la pratica didattica del laboratorio (Baldacci, 2006) si correla a livelli gerarchicamente elevati di apprendimento, quelli che anziché la riproduzione delle conoscenze e delle abilità reclamano la loro orchestrazione in rapporto ad una situazione sfidante. È il caso, ci sembra, della 'comprensione musicale' a cui mira il percorso che presentiamo. Essa si configura come il risultato di un’“orchestrazione”, di una ricostruzione intellettuale personale e partecipata, dunque affettivamente significativa che procede dall’ascolto consapevole, dall’esecuzione come esercizio critico e dall’acquisizione della trama storica in seno alla quale collocare il brano. Pertanto essa esige l’allestimento di situazioni didattiche epistemologicamente e pedagogicamente fondate che tengano conto, e contemporaneamente, delle ragioni dell’oggetto e di quelle soggetto pensate in rapporto allo stesso fine. Bibliografia Baldacci M. (2002), Una scuola a misura d’alunno, Torino, Utet. Baldacci M. (2006), Ripensare il curricolo, Roma, Carocci. Chevallard Y. (1985), La transposition didactique, Grenoble, La Pensée Sauvage, (l’edizione ampliata è del 1991). Damiano E. (1996), (a cura di), Il dilemma del centauro. stato dell’arte della ricerca su Didattica generale e Didattiche disciplinari, Milano, Vita e Pensiero. Damiano E. (2007), Il sapere dell’insegnare, Milano, Franco Angeli.. Della Casa M. (1985), Educazione musicale e curricolo, Bologna, Zanichelli. La Face Giuseppina G. (2005), Le pedate di Pierrot: la comprensione musicale e la didattica dell’ascolto”, in F. Comploi (a cura di), Musikalische Bildung. Erfharungen und Reflexionen, Brixen, Weger, pp. 40-60. Martini B. (2000), Didattiche disciplinari, Bologna, Pitagora. Martini B. (2006), La programmazione didattica delle discipline, Riforma e didattica, 4, pp. 21-26. Schubauer-Leoni M. L. (2008), voce “Didactique” en d’Agnès van Zanten (a cura di), Dictionnaire de l’éducation, Paris, PUF. Schubauer-Leoni M. L. e Leutenegger F. (2005), Une relecture des phénomènes transpositifs à la lumière de la didactique comparée, Revue suisse des sciences de l’éducation, 3, pp.407-429.

B. M.

Abstract Il presente contributo fornisce la cornice concettuale entro la quale si inserisce l’esempio di trasposizione didattica del sapere musicale. In particolare, si definiscono i rapporti tra la Didattica della musica e le didattiche dell’ascolto, dell’esecuzione e della storia della musica. Secondariamente di descrive brevemente la teoria della trasposizione didattica propria delle didattiche disciplinari.