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    RAFAEL PASCUAL

    Il trascendentale verumin Tommaso dAquino

    lintelligibilit dellente e lesistenza di Dio

    Introduzione: la questione del trascendentale verumcome crocevia dei saperi

    filosofici

    In queste brevi riflessioni, possiamo presentare il trascendentale ve-rumcome il rapporto tra la realt (lente) e la mente (lintelligenza). Ilsignificato del trascendentale verum si potrebbe esprimere dicendo chelente vero in rapporto alla mente che lo conosce o lo pu conoscere;cio lente in se stesso, in quanto ente, conoscibile, intelligibile.

    Per cominciare, davanti al tema del verumcome trascendentale pos-siamo proporre alcune domande e risposte:- Cosa vuol dire che lente intelligibile? Vuol dire che si pu cono-

    scere intellettualmente, che adeguabile, accessibile al nostro intelletto.- Come avviene questo? Nel caso dellintelletto umano, tramite il

    processo della conoscenza, che in sintesi un processo astrattivo-risolutivo.

    - Come mai lente intelligibile? Cosa fa s che lente sia intelligibi-le? Questa la domanda di fondo che cercheremo di affrontare in queste

    riflessioni. Come vedremo, tale domanda in ultima istanza avr a che ve-dere con una delle classiche cinque viedella dimostrazione dellesistenza diDio, concretamente la quinta.

    chiaro che ci troviamo in un determinato contesto filosofico, quelloche possiamo chiamare aristotelico-tomistico. In esso troviamo sia una de-terminata concezione metafisica, riguardante la realt e la sua natura estruttura ontologica, sia una particolare teoria della conoscenza, quella ap-punto di carattere astrattivo alla quale abbiamo gi accennato. Inoltre esiste

    una certa concezione antropologica, perch stiamo parlando della conoscen-za umana, del rapporto gnoseologico delluomo con la realt che lo circon-

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    da, e infine bisogna tener presente una particolare teologia filosofica, unadottrina riguardante Dio e il suo rapporto con il mondo creato, e viceversa.

    Ovviamente non possiamo entrare nel dettaglio di tutte queste dimen-

    sioni, ma dobbiamo aver presente che tutte quante hanno un ruolo nel te-ma in questione.

    Infine, in questa fase preliminare, bisogna tener conto di unaltra que-stione che ha a che vedere con la dimensione metafisica, cio lanalogiadellente. Infatti, se vero che i trascendentali, e con questi il verum, sitrovano per il fatto di essere tali in tutti gli enti, lo fanno in modo analogi-co. Infatti, come insegna Aristotele, in un testo che Tommaso cita spesso,ogni cosa possiede tanto di verit quanto possiede di essere1, e in conse-guenza, quae sunt maxime vera, sunt maxime entia, ut dicitur II Me-taphys.2. Questo avr a che vedere, a sua volta, con la quarta viadelladimostrazione dellesistenza di Dio.

    1. Constatazione del fatto. La realt ci si presenta, sorprendentemente, come

    intelligibile

    . Il mondo un

    cosmos

    , e non un

    c os

    dimostrazione

    qui

    )

    Possiamo cominciare questo primo punto citando un testo molto elo-

    quente di Giovanni Paolo II:

    Chi si impegna nella ricerca scientifica e tecnica ammette come presuppostodel suo itinerario che il mondo non un caos, ma un cosmos, ossia chec un ordine e delle leggi naturali, che si lasciano apprendere e pensare, eche hanno pertanto una certa affinit con lo spirito. Einstein amava dire:Quello che c, nel mondo, di eternamente incomprensibile, che esso siacomprensibile3. Questa intelligibilit, attestata dalle prodigiose scoperte del-le scienze e delle tecniche, rinvia in definitiva al Pensiero trascendente e o-riginario di cui ogni cosa porta limpronta4.

    Albert Einstein esprimeva cos la sua meraviglia davanti a questo fatto:

    1ARISTOTELE, Metafisica, 1, 993b 30.2TOMMASO D'AQUINO, Sum. theol.I, q. 2, a. 3, c.3A. EINSTEIN, in The Journal of the Franklin Institute, vol. 221, n. 3, marzo

    1936.4GIOVANNI PAOLOII, Discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontifi-

    cia Accademia delle Scienze, 31 ottobre 1992, originale francese in Acta Apostolicae Sedis85 (1993), pp. 771-772.

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    Vi sembrer strano che io consideri lintelligibilit del mondo [...] come unmiracolo o un mistero eterno. Ma [...], a priori, ci dovremmo aspettare unmondo caotico; questo, invece, comprensibile dalla nostra intelligenza or-dinatrice. Bench sia luomo a formulare gli assiomi della teoria della gravi-

    tazione universale, il successo di una tale impresa suppone un ordine di gra-do elevato del mondo oggettivo, che a priori non siamo per nulla autorizzatiad aspettarci [...]. Questo miracolo si manifesta in modo sempre pi eviden-te a mano a mano che si sviluppano le nostre conoscenze5.

    Un altro gigante tra i scienziati del secolo XX, Max Planck, si e-sprimeva in modo simile:

    Ci che noi dobbiamo riguardare come la meraviglia pi grande il fatto

    che la formulazione pi esatta di questa legge suscita in ogni persona impar-ziale limpressione, come se la natura fosse retta da un volere razionale,conscio del fine6.

    E ancora un altro scienziato conosciuto, nellambito della biologia:

    Non so ancora cosa accada davvero, ma certo quando guardo gli elefanti, imaiali, le antilopi, i cavalli cambiare tutti le loro caratteristiche fisiche nelladirezione giusta proprio al momento giusto, mi dico: possibile che sianotutti guidati solo dal caso? Si ha limpressione che ci sia un trucco!7.

    Questa stessa idea stata ripresa recentemente da Papa BenedettoXVI, a pi riprese, come in questo testo del suo discorso allUniversit diRatisbona del 2006:

    La moderna ragione propria delle scienze naturali, con lintrinseco suo ele-mento platonico, porta in s, come ho cercato di dimostrare, un interrogati-vo che la trascende insieme con le sue possibilit metodiche. Essa stessa de-ve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corri-

    spondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella naturacome un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la do-manda sul perch di questo dato di fatto esiste e deve essere affidata dalle

    5A. EINSTEIN, Lettres Maurice Solovine, Gauthier-Villars, Paris 1956, p. 115;

    testo italiano in R. CHAUVIN, La biologia dello spirito. Lo sviluppo degli esseri viventi aldi l di ogni evoluzionismo, San Paolo, Milano 1995, p. 7.

    6M. PLANCK, Scienza, filosofia e religione, Fabbri, Milano 1965, p. 251; ID.,Reli-gion und Naturwissenschaft, Barth, Leipzig 1942, p. 24.

    7Y. COPPENS, Perch l'uomo non un caso. Intervista di Carlo Dignola, inAvvenire, 15 gennaio 2008, p. 24.

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    scienze naturali ad altri livelli e modi del pensare alla filosofia e alla teo-logia8.

    Un altro testo simile lo troviamo nel discorso di Verona dello stessoanno:

    La matematica come tale una creazione della nostra intelligenza: la corri-spondenza tra le sue strutture e le strutture reali delluniverso che ilpresupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, gi espressa-mente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il librodella natura scritto in linguaggio matematico suscita la nostra ammira-zione e pone una grande domanda. Implica infatti che luniverso stesso siastrutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza

    profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natu-ra. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi ununica intelli-genza originaria, che sia la comune fonte delluna e dellaltra. Cos propriola riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logoscreatore.Viene capovolta la tendenza a dare il primato allirrazionale, al caso e allanecessit, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra liber-t. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi dellanostra razionalit, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniu-gare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei lorometodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevo-

    lezza dellintrinseca unit che le tiene insieme

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    Gi in precedenza, come arcivescovo di Monaco di Baviera, si era e-spresso in modo simile:

    Pi conosciamo il mondo, pi vediamo balenare in esso una ragione, di cuipossiamo ripercorrere pieni di stupore le vie. Attraverso di esse riconoscia-mo in maniera completamente nuova quello Spirito creatore, cui anche lanostra ragione deve se stessa10.

    E ancora:

    8BENEDETTOXVI, Discorso alla comunit accademica dell'Universit di Ratisbo-

    na, 12 settembre 2006, originale tedesco Glaube, Vernunft und Universitt. Erinnerun-gen und Reflexionen, in Acta Apostolicae Sedis98/10 (2006), p. 738.

    9BENEDETTOXVI, Discorso al 4 Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, 19ottobre 2006, in Acta Apostolicae Sedis98/11 (2006), p. 809.

    10J. RATZINGER BENEDETTOXVI, In principio Dio cre il cielo e la terra. Ri-flessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, p. 41.

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    Albert Einstein disse una volta che nelle leggi della natura si rivela unaragione cos superiore che tutta la razionalit del pensiero e degli ordina-menti umani al confronto un riflesso assolutamente insignificante11.

    2. La questione dellintelligibilit del reale. Perch, la realt, o secondo la

    formulazione classica, lente in quanto tale, intelligibile?

    dimostrazione propter quid).

    Per sviluppare questo argomento ci serviremo principalmente di alcunitesti delle Quaestiones disputatae de veritate, cercando di seguire il percorsoche ci propone lAquinate, a modo quasi di parafrasi o di un commento

    come quelli da lui fatti. Cos cercheremo di essere come presi per mano dalgrande Dottore medievale che ci guida nella nostra ricerca.

    Il primo testo in questione il seguente:

    [...] come si detto in precedenza, la verit nelle creature si trova in dueoggetti: nelle cose stesse e nellintelletto. La verit di unazione, infatti, compresa nella verit di una cosa, allo stesso modo della verit del giudizio,la quale compresa nella verit dellintelletto, che il giudizio esprime. Ora,una cosa si dice vera per comparazione allintelletto divino ed umano12.

    Gi precedentemente Tommaso si chiedeva se la verit si trova prima-riamente nelle cose oppure nellintelletto (cfr. De verit.q.1 a.2). Infatti, sedefiniamo vero il rapporto di adeguazione tra lintelletto e le cose, possia-mo considerare questo rapporto sia dalla parte dellintelletto, sia dalla par-te delle cose. Anche qui si pu applicare lanalogia del verum. Tommasorisponder che il verum si trova primariamente nellintelletto. Ma a noiqui interessa piuttosto come si trova il verumnelle cose stesse, nellente inquanto tale, come una delle sue propriet trascendentali, appunto.

    Cos, in questo testo, si comincia precisando che nelle creature la ve-rit si pu trovare sia nelle cose stesse sia nellintelletto. Inoltre, la veritsi pu considerare sia riguardo allintelletto divino sia a quello umano. Sela cosa si dice vera, perch in rapporto ad un intelletto.

    11Ibid.12TOMMASO D'AQUINO,QD De veritate, q. 1, a. 6, c: [] ut prius dictum est, veri-

    tas in creaturis invenitur in duobus, in rebus ipsis et in intellectu veritas enim actionis subveritate rei comprehenditur et veritas enuntiationis sub veritate intellectus quam significat ,res autem dicitur vera et per comparationem ad intellectum divinum et humanum.

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    Orbene, questo rapporto non equivalente. Esiste cio una asimmetrianel rapporto delle cose rispetto allintelletto divino e rispetto a quello uma-no. Infatti, mentre rispetto allintelletto divino le cose si adeguano ad esso

    e in conseguenze sono misurate da esso, rispetto a quello umano sono lecose a misurare il nostro intelletto ed questo a doversi adeguare alle cose.Anzi, in virt delladeguazione in atto delle cose rispetto allintelletto di-vino che esse sono adeguabili al nostro intelletto.

    Per questo motivo, mentre il rapporto delle cose allintelletto umano accidentale, nel senso che le cose non hanno bisogno di questo rapportoper essere quello che sono (ma anche nel senso che questo rapporto puanche non darsi e pu venir meno), invece rispetto allintelletto divinoquesto rapporto necessario, giacch le cose non possono nemmeno sussi-stere se non a ragione dellintelletto divino che le produce nellessere. Perquesto c una priorit della verit delle cose in rapporto allintelletto divi-no rispetto alla verit delle cose riguardo allintelletto umano, e questoperch lintelletto divino si rapporta alle cose come sua causa, mentrelintelletto umano si rapporta con le cose come rispetto ad un effetto, per-ch sono le cose a causare in noi la conoscenza, per il fatto che lintellettoprende la scienza proprio dalle cose.

    In conseguenza, le cose si dicono vere (ed questo che significa la ve-

    rit dellente come trascendentale) principalmente in ordine allintellettodivino, in virt della loro adeguazione ad esso, piuttosto che in ordineallintelletto umano; per questo motivo le cose si dicono vere grazie e so-prattutto in rapporto a Dio, ed questo che fonda in ultima istanza la po-tenziale adeguatezza delle cose al nostro intelletto.

    In questo contesto possiamo seguire il ragionamento di Tommaso che,per capire questo doppio rapporto delle cose, cio rispetto allintelletto di-vino e rispetto a quello umano, fa riferimento alla distinzione fra

    lintelletto pratico e quello speculativo. Infatti questo modo di impostare lariflessione ci di grande aiuto, perch ci permette di stabilire unanalogiacon quello che succede con la nostra esperienza. Infatti anche in noi tro-viamo la dimensione pratica e quella speculativa nel nostro intelletto. Ve-diamo la spiegazione:

    Lintelletto pratico si dice quello secondo cui si fanno le cose che pro-duciamo. In questo senso, le cose prodotte sono misurate dallintellettopratico, perch realizzano ci che esso intende. Invece, lintelletto specula-tivo misurato dalle cose che intende conoscere, e in questo senso piutto-

    sto subisce lazione delle cose su di esso, per cui si pu dire che mosso

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    dalle cose, ed misurato da esse. In conseguenza, nel nostro caso sono lecose naturali a misurare il nostro intelletto, come gi faceva notare Aristo-tele, a cui fa riferimento Tommaso stesso13. Invece, riguardo lintelletto di-

    vino, questo a misurare le cose. in questo contesto che Tommaso stes-so propone unanalogia di proporzionalit con i prodotti del nostro intellet-to pratico. Questa analogia molto chiara ed esplicita: le cose naturali so-no misurate dallintelletto divino cos come le cose artificiali lo sonodallintelletto umano artefice di esse.

    In conseguenza, troviamo che ci sono tre modi di rapportarsi fralintelletto e le cose secondo la misurazione: da una parte, lintelletto divi-no misura delle cose, e non misurato da esse (mensurans non mensura-tus); le cose naturali, da parte loro, sono misurate dallintelletto divino,ma misurano lintelletto umano (mensurans et mensurata); finalmente, ilnostro intelletto misurato e non misurante le cose naturali (mensuratus etnon mensurans), sebbene sia misurante delle cose artificiali.

    Da unaltra prospettiva, troviamo le cose come commisurate tra due in-telletti, quello divino e quello umano, secondo che si adeguino alluno oppu-re allaltro, e in funzione di come si trovino rispetto ad essi, si dicono vere:

    - Rispetto allintelletto divino si dicono vere per il fatto di compie-

    re quello secondo cui sono state ordinate da esso. Per confermarequestaffermazione, Tommaso si appella a ben tre autori, cioAnselmo, Agostino e Avicenna, citando proprio questultimo:veritas uniuscuiusque rei est proprietas sui esse quod stabilitumest ei14.

    - invece, rispetto allintelletto umano, la cosa si dice vera per ilfatto di essere stata fatta in modo da dare luogo ad una vera con-siderazione (estimazione) di essa, cio di presentarsi ad esso cos

    come essa effettivamente . In contrasto, Tommaso presenta quiuna definizione del falso: si dicono false le cose che sono state

    13Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, 1, 1053 a 31: [] anche se, in realt, scienza

    e sensazione siano misurate [dalle cose] piuttosto che misure.14TOMMASO D'AQUINO,Sum. theol.I, q. 16, a. 1, c; cfr. AVICENNA, Metafisica

    VIII, 6. Il testo potrebbe essere tradotto in italiano in questo modo: la verit di ciascunacosa la propriet del suo essere il quale gli stato stabilito [da Dio].

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    fatte in modo da apparire quello che non sono oppure come nonsono, e qui Tommaso cita Aristotele15.

    3. Conclusione. Lintelligibilit del reale e la dimostrazione dellesistenza

    di Dio. Il mondo intelligibile, quindi Dio esiste

    In realt tutte e cinque le vie fanno riferimento al trascendentale ve-rum, ma forse quella che lo fa pi propriamente la quinta: Quinta viasumitur ex gubernatione rerum.

    Il contesto quello della creazione e della causalit divina. Nella cre-azione, Dio partecipa sia lessere sia lagire, e in questo possiamo conside-rare anche il conoscere, che una dimensione dellagire, soprattutto il co-noscere razionale proprio delluomo.

    Quindi, nel fatto che, da una parte la realt si manifesta come intelli-gibile, cio come conoscibile, come adeguabile ad un soggetto conoscente, edallaltra luomo ha proprio la capacit di conoscere, cio di adeguarsi allarealt, troviamo un doppio percorso per fondare luna e laltro in Dio,causa dellessere delle cose, e della sua intelligibilit, e causa dellagiredelluomo, al quale ha conferito una natura razionale, cio capace di cono-

    scere le cose, di adeguarsi ad esse.Possiamo concludere queste brevi riflessioni con un testo di un pensa-

    tore spagnolo:

    Ese universo real que hay ah fuera nos ha dado pruebas abundantsimas,gracias a la propia ciencia, de que es inteligible. Y aunque la ciencia puedadar palos de ciego para entender esa inteligibilidad, ha avanzado de unaforma impresionante que no hubiera sido posible si el universo no hubiesesido esencialmente inteligible. Cierto que hay cientficos que ponen en entre-dicho esta realidad objetiva e inteligibilidad del cosmos, pero no lo hacen enbase a argumentos cientficos-empricos y, a decir verdad, sus planteamien-tos me suenan a irracionales y apriorsticos. Porque si hay ah fuera unmundo material inteligible, es muy difcil negar que esa inteligibilidad no le

    15Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, 29, 1024 b 21: le cose sono false perch esi-

    stono, s, realmente, ma per loro natura sono tali da apparire non quali sono e non ciche sono.

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    haya sido dada por una inteligencia personal que ha diseado unas leyes quelo han hecho as16.

    16T. ALFARO, Se equivoc Einstein?, Anlisis & Actualidad, Anno V, n. 36

    (230), dal 4 al 10 ottobre 2011.