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direttore responsabileGUIDO GENTILI
Allegato al numero 36del 10 ottobre 2017
reg. Trib. Milano n. 679 del 7/10/98
SOMMARIO
Il progetto 5
La scheda di pianificazione 9
Gli incontri Ecm 12
Il questionario conoscitivo 18
La “sperimentazione” 21
I contributi e le testimonianze 25
Conclusioni e Ringraziamenti 36
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Il progetto
N el novembre del 2014 la SocietàItaliana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria (SIQuASVRQ)organizzò un evento per discutere con vari soggetti di un fenome
no che pareva di interesse e cioè della transizione di cura dei pazienti affetti da patologia cronicache dall’età pediatrica passano nell’età adulta.
Il titolo usato per questo evento era “transitional care”, questi termini venivano spessoutilizzati nella letteratura scientifica per identificare il passaggio da un settng di cura ad un altro (ad esempio fra ospedale e territorio), nel corso di questo evento ed in successive occasioni si è cercato di limitare la confusione terminologica.
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Il tracciante dell’evento era rappresentato daalcune domande chiave sulle quali formare unragionamento.La prima era la seguente: quali sono le differenze fra un paziente adulto in cui insorge una patologia cronica ed un adulto con patologia cronicapregressa, e cioè insorta in età pediatrica? L’ipotesi di lavoro era rappresentata principalmenteda una differenza nel “significato” che assume l’intreccio fra la storia di malattia e la storia di vita in una persona che ha già una lunga esperienza di contatto e confronto con i servizi ed i professionisti sanitari nel momento in cui è un adulto.
Questo intreccio coinvolge numerosi attori: organizzazioni sanitarie ed i professionisti che vi operano, pediatri e medici di famiglia, serviziterritoriali, contesti sociali ed, ovviamente, il paziente e la sua famiglia.Si viene così a determinare un fenomeno particolarmente complesso, e di conseguenza la seconda domanda è stata: come comprendere unfenomeno complesso?Come noto la complessità non può essere“spiegata” ma per meglio comprenderla si puòprovare a “semplificarla” o, meglio, “scomporla” in parti, avendo come riferimento modelli
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sistemici che ne consentano la ricomposizione.Si sono quindi utilizzate le dimensioni del miglioramento della qualità in sanità proposte daDonabedian e cioè la qualità professionale, organizzativa e relazionale.L’ultima domanda era molto indirizzata sull’individuazione di modelli operativi ed infatti era:come gestire un fenomeno complesso?La qualità professionale diviene rilevante non soloper ciò che attiene alle competenze tecniche specialistiche, che rappresenta un problema rilevantesoprattutto in caso di patologie rare, ma anche per le competenze “non tecniche” che vengono richiese ai professionisti, quali ad esempio l’ascolto attivo e la capacità di lavoro in gruppo.La qualità organizzativa necessaria si articola suparole chiave come “processi” integrazione ereti.Infine la qualità relazionale deve essere intesanon come una generica “centralità del paziente”, quanto piuttosto sul potenziamento delle competenze di pazienti esperti.L’impianto dell’evento vedeva tre momenti.In modo assolutamente informale sono staticontattati, per portare la loro esperienza, setterelatori provenienti da cinque regioni differenti.Un secondo aspetto preso in considerazione èstato il punto di vista dei pazienti, espresso dadue associazioni. Infine hanno aderito otto enti e società scientifiche (di area pediatrica e dell’adulto) che portavano il punto di vista dei professionisti.A seguito di questo evento i partecipanti hannopensato utile proseguire l’esperienza articolando una prima proposta di progetto che condivideva la seguente premessa.L’esigenza di assicurare la progettazione e lastrutturazione di percorsi di cura che assicurino una corretta transizione dall’età pediatricaall’età adulta nasce negli ultimi anni da due fenomeni:O un progressivo aumento di pazienti affetti dapatologie croniche in età adolescenziale: si consideri infatti che circa il 1518% degli adolescenti(UNICEF, 2012) sono affetti da patologie croniche e circa 8900.000 con una sola patologia, mentrecirca 100150.000 con almeno due patologie;O una maggior durata di sopravvivenza dei bambini affetti da patologie croniche di varia originee/o sintomatologia, spesso di tipo sindromico,che crescendo richiedono di poter essere inseriti in sistema assistenziale orientato all’adulto.Peraltro la relativa prevalenza di tali patologie
non ha fatto sviluppare adeguate skills nellecompetenze della medicina per l’adulto; la richiesta quindi di tali pazienti complessi e affettida disabilità trova nella struttura organizzativa,logistica e scientifica dell’adulto gravi difficoltàad essere inserita.Ad esempio per quanto concerne le malattierare, definite dalla prevalenza inferiore ad 1: 2000 abitanti nella Comunità Europea e per le caratteristiche di gravità, cronicità e potenzialedisabilità, sono per la maggior parte di origine genetica ed insorgono in età pediatrica. La storia naturale di molte di queste malattie si è significativamente modificata negli ultimi anni grazie al miglioramento delle conoscenze fisiopatologiche, alla diagnosi precoce e ad un migliorapproccio terapeutico; l’aspettativa di vita disoggetti affetti da malattie rare è quindi significativamente aumentata.Tuttavia, manca nei piani sanitari una progettualità per il passaggio dall’età pediatrica all’etàadulta dei soggetti affetti da malattie rare: i sistemi sanitari devono prevedere modelli cheassicurino efficaci programmi di transizione ai pazienti pediatrici con malattie croniche e disabilità.Il ragionamento deve essere, tuttavia esteso ad altre condizioni cliniche che rappresentano leprincipali patologie croniche dell’adolescente:malattie allergiche, bronchite cronica disturbipsichiatrici, diabete, malattie cardiache, malattiereumatiche, etc.Per quanto concerne l’ambito sociosanitario,nonostante gli studi specificamente dedicati all’argomento siano limitati, va considerato applicabile quanto più generalmente rilevato per latransitional care di soggetti con patologia complessa. La letteratura mostra come la tipologiaassistenziale offerta nell’ambito pediatrico e inquello dell’adulto sia profondamente differente.I due contesti, infatti, presuppongono l’accesso di una diversa utenza: il paziente pediatrico, considerato una “persona in divenire”, necessitadell’ausilio dei suoi familiari a livello clinico, cosìcome nel corso del processo decisionale; il paziente adulto è invece ritenuto un individuo autonomo, indipendente, in grado di autogestirsi.Ciò che si osserva, quindi, è una notevole eterogeneità di trattamento sia in relazione allacondizione clinica, che in relazione alla sede diresidenza dei pazientiSulla base di queste considerazioni e volendoprovare una modalità di progettazione parteci
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pata che non fosse caratterizzata da una sola finalità di ricerca, ma con l’obiettivo di proporreipotesi si intervento operativo è stato definitoun primo impianto progettuale così articolato.Di notevole interesse risulta, in questo quadro il recente “Piano Nazionale della Cronicità” che nel capitolo E affronta il tema dellatransizione di cura nell’età evolutiva.Il progetto di seguito sintetizzato pare coerente con gli orientamenti delineati nel Piano.
IL PROGETTO
Dati di letteratura metto in correlazione conefficaci modalità di transizione, fra le altre, duevariabili:O pianificare la transizione;O coinvolgere in tutte le fasi il paziente e la famiglia.Quindi l’obbiettivo principale del progetto èquello di identificare le caratteristiche “vincenti” di modelli di transizione (dall’età pediatricaall’età adulta) in cui sia riconoscibili uno o entrambi gli aspetti riferibili.Non riferendosi solo alle malattie rare, ma anche ad altre condizioni patologiche maggiormente diffuse ma accomunate da tale condizione, identificando modelli di tipo “organizzativo”adattabile a veri condizioni cliniche.Il programma dei lavori si articola su tre versanti che procedono “in parallelo”:1. modellizzazione2. mappatura delle esperienze3. sperimentazione
La modellizzazione
Si prevede la costituzione di un Tavolo di Regiacol compito di formulare ipotesi di funzionamento e di requisiti di qualità di un “servizio transizione” indipendente dalle patologie trattate.Le ipotesi di lavoro vengono sottoposte ad unavalutazione critica del Comitato Tecnico Consultivo per valutarne la fattibilità e l’efficacia teorica.
La mappatura delle esperienze
Si prevede di rendere disponibile una modalitàstrutturata di raccolta delle esperienze presentisul nostro territorio per mettere in comune ipunti di forza e di debolezza rilevati.
La sperimentazione
Vengono individuate alcune realtà regionali nelle quali la parte istituzionale e la parte formati
va universitaria si rendano disponibili da una parte a progettare modelli organizzativi concreti e dall’altra a definire modalità formative innovative.Per dar corso al progetto furono invitati ad unprimo incontro (l’invito è stato rivolto alle presidenze nazionali degli enti e associazioni coinvolte in occasione del citato primo evento) e con queste sulla base del seguente programmadell’incontro:O Condivisione della progettualità;O Programmazione delle attività;O Analisi delle esperienze derivanti dall’incontro pubblico dello scorso novembre 2014;O Analisi ed eventuale raccolta di modelli strutturati In Italia e all’estero;O Individuazione degli elementi comuni e distintivi;O Individuazione di altri soggetti da coinvolgere;O Individuazione prime proposte per sedi disperimentazione – elementi da considerare eelementi di forza.Si formularono ipotesi di coinvolgimento di altri soggetti che nel tempo sono cresciuti, ed al momento vede un “tavolo di regia” composto da rappresentanti di:ASTRA – Associazione per la Salute nelle Transizioni, ANMDO Associazione Nazionale Medici di Direzione Ospedaliera AsIQUAS Associazione Italiana per la Qualità delle Cure Sanitarie e Sociali, CARD Confederazione Assoc iaz ione Regional i d i Distretto,CITTADINANZA ATTIVA, FADOI Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, FNOMCeO Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi eOdontoiatri, FOFI Federazione Ordine deiFarmacisti Italiani, FEDERAZIONE IPASVI Federazione Nazionale Collegi degli Infermieri, ISS – Istituto Superiore di Sanità, SIMG SocietàItaliana di Medicina Generale, SIMI Società Italiana di Medicina Interna, SIP Società Italiana di Pediatria, Slow medicine, UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus, ACP Associazione Culturale Pediatri, SIMA Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, SIPPS Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale,FIASO, Ministero della Salute, Agenas, Federsanità, WONCA Italia (World Organization ofNational Colleges and Academies of Family Medicine/General Practice), FIMP – FederazioneItaliana Medici Pediatri, SICuPP – Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche. O
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La scheda di pianificazione
P rimo compito di questo gruppo dilavoro è stato quella di lavorareprioritariamente sullamodellizzazione. formulando ipotesi di funzionamento e di requisiti di qualità
di un “servizio transizione” indipendente dalle patologie trattate.In un paio di incontri e utilizzando il metododelphi è stata prodotta una scheda utile per lapianificazione della transizione.Questo documento è stato sottoposto (in unworkshop ad hoc) ad una valutazione critica delComitato Tecnico Consultivo costituito daSocietà Scientifiche mediche e degli altri professionisti sanitari unitamente ad associazioni deipazienti al fine di valutarne la fattibilità e l’efficacia teorica.Di questo Comitato fanno, al momento parte: AIEOP Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica, AIN Associazione Italiana di Neuropatologia, AIPO Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri, AMD Associazione Medici Diabetologi, ANIED Associazione Nazionale Infermieri Endocrinologia Diabetologica, ANMCO Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, EDTNAERCA European Dialysis Transplant Nurses Association European Renal Care Association, GITIC Gruppo Italiano Infermieri di Cardiologia, GISEA/OEG | Gruppo Italiano di Studio sulla Early Arthritis, OSDI Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani, S.I.Fi.R. Società Italiana Fisiotera
pia e Riabilitazione, SIC Società Italiana di Cardiologia, SICP Società Italiana di CardiologiaPediatrica, SID Società Italiana di Diabetologia,SIEDP Società Italiana di Endocrinologia Pediatrica, SIGU Società Italiana di Genetica Umana, SIMFER Società Italiana di Medicina Fisica eRiabilitativa, SIMGEPED Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità, SIMMESN Società Italiana per le malattie metaboliche ereditarie e gli screening neonatali, SIN Società Italiana di Nefrologia, SINCH Società Italiana di Neurochirurgia, SIP / IRS Società Italianadi Pneumologia, SIR Società Italiana di Reumatologia, SITE Società Scientifica per le Emoglobinopatie, SIFC Società italiana per lo studiodella Fibrosi Cistica, AICCA Onlus Associazione Italiana Cardiopatici Congeniti Adulti, AIG associazioni italiana glicogenosi, AIP Associazione Immunodeficienze Primitive, AIOM – Associazione Italiana Oncologia Medica, Lega Italianaper la fibrosa cistica, APMAR Associazione Persone con Malattie Reumatiche, SIMRI Società Italiana per le Malattie Respiratorie InfantiliQuesto comitato, sempre utilizzando il metododelhi, ha arricchito lo strumento.In sostanza nel corso di quattro incontri ed utilizzando il metodo delphi è stato prodotto undocumento composto da nove aree tematichearticolate in più di settanta item che consente di tenere presenti tutti gli elementi utili per effettuare la pianificazione di numerose condizioni cliniche:
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Checklist di pianificazione della transizione
patologia/condizione clinica: ………………………………
1. Ambito di applicazione1.1. tipologia di pazienti/patologia1.2. Premessa epidemiologica (dimensione del fenomeno)1.3. organizzazioni/strutture coinvolte
2. Criteri motivati di esclusione del paziente dal piano di transizione "standard"2.1. condizioni del paziente e/o familiari e/o ambientali che possono costituire motivo di esclusione2.2. Mancato completamento del PDTA2.3. Basso/nullo livello di rischio di comorbilità tardive correlate alla patologia di base
3. Criteri motivati di inclusione dei pazienti (correlati alla patologia di base):3.1. Età di inizio della fase di transizione3.2. Sviluppo cognitivo/relazionale comportamentale3.3. Sviluppo antropometrico/somatico3.4. condizioni di fragilità* [inserire voce di glossario]3.5. Stato di attuazione del percorso diagnosticoterapeuticoassistenziale (PDTA)3.6. Grado di autonomia del paziente/caregiver nella gestione della patologia
4. Informazioni cliniche sociali – assistenziali necessarie per la transizione:4.1. problemi clinici attivi/non attivi e relativi piani di cura4.2. presenza di patologie concomitanti e/o correlate4.3. condizioni psicologico/cliniche del paziente e del nucleo famigliare4.4. aspetti legati alla fertilità/sessualità4.5. stato vaccinale4.6. parametri di attenzione in condizioni di urgenza4.7. caratteristiche del follow up4.8. utilizzo di presidi/ausili/piani terapeutici4.9. bisogni riabilitativi che necessitano di interventi fisioterapici, logopedici, cognitivi, neuropsicomotori, occu
pazionali4.9.1 livello di adeguatezza del paziente e/o del caregiver nell’attuazione del progetto riabilitativo personalizzato4.9.2 frequenza e durata degli interventi riabilitativi
4.10. bisogni assistenziali ed educativi che necessitano di interventi infermieristici specialistici4.10.1. livello di adeguatezza alla cura di sé4.10.2. livello di adeguatezza del paziente e/o del caregiver all’attuazione del piano assistenziale4.10.3. frequenza e durata degli interventi assistenziali addestrativi ed educativi
4.11. fragilità/risorse sociali e previdenziali (da utilizzare sulla base di scheda complessità)4.11.1. rete familiare, informale e istituzionale4.11.2. abitazione/territorio4.11.3. condizioni economiche e diritti esigibili4.11.4. forme di tutela4.11.5. altre fragilità/risorse
4.12. etnia cultura valori
5. Modalità organizzative della transizione:5.1. professionisti coinvolti5.2. presenza di gruppo di professionisti dedicato alla transizione5.3. presenza del case manager della transizione5.4. descrizione dei compiti dei professionisti (es. modalità di conduzione delle visite multidisciplinari/multipro
fessionali)5.5. definizione del layout (ambulatori, DH, sistema dell’emergenza, ecc.)5.6. tempistica: ad es. numero di incontri delle equipe, numero di visite multidisciplinari, ecc.5.7. continuità documentale (supporti utilizzati: ad es. documentazione, schede, supporti informatici, ICF, ecc.)5.8. presenza di strumenti di valutazione dell’aderenza e del dropout5.9. strumenti e metodi per l’autogestione della patologia5.10. Modalità di gestione dell’emergenza organizzativa
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6. Criteri di individuazione del centro verso cui transitare:6.1. professionali6.2. logistici6.3. rete dei Presidi Sanitari territoriali presenti (Centri Specialistici di riferimento per patologia rispetto a
MMG, Pediatra cure primarie, Farmacia territoriale)
7. Ruolo del paziente della famiglia delle associazioni (di pazienti, sportive, culturali, ecc.)7.1. ruolo nel coinvolgimento del territorio7.2. presenza di strumenti di comunicazione e informazione, sincronizzati/allineati con Presidi Sanitari territo
riali (MMG, Pediatra cure primarie, territoriale7.3. modalità di partecipazione alla pianificazione7.4. presenza di strumenti di valutazione dell’aderenza al percorso di cura e del dropout7.5. strumenti e metodi per l’autogestione della patologia in abito familiare/domiciliare
8. Modalità di coinvolgimento del territorio:8.1. Pediatra Cure Primarie8.2. MMG8.3. infermieri di famiglia/cure domiciliari8.4. strutture specialistiche di riferimento8.5. servizi sanitari territoriali (Psichiatria, NPI, consultorio, psicologia, SERT, riabilitazione, territoriale, servizi
di continuità assistenziale)8.6. scuola/lavoro, associazioni ricreative8.7. servizi sociali territoriali8.8. terzo settore (lo definirei altro) (associazioni, onlus, gruppi spontanei, aggregazioni di tipo religioso, ecc.)
9. Modalità di monitoraggio e valutazione di risultato9.1. Indicatori di processo e di risultato9.2. Indicatori di esito per specifica area nosologica9.3. Valutazione dell’aderenza e persistenza del percorso di cura (strettamente terapeutico, ma non solo), at
traverso attivazione di canali comunicativi preferenziali e prestabiliti tra Specialisti del Centro di Riferimento perpatologia, MMG e territoriale
9.4. Valutazione della soddisfazione del paziente e famiglia9.5. Standard di qualità9.6. Valutazione dei costi intesa come differenza di impegno di risorse9.7. Valutazione della soddisfazione dei professionisti coinvolti
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Gli incontri ECM
Il progetto è proseguito anche sul filone della mappatura delle esperienzeDi concerto con i partecipanti al progetto in occasione di due eventi, uno a Bari con la presentazione di nove esperienze ed uno a Torino con ulteriori otto esperienze sono state raccolti alcunicasi di studio.
BARI, 27 Novembre 2015
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MILANO, 27 Ottobre 2016Vale la pena di sottolineare che in occasione dell’ultimo workshop tenuto a Milano lo 27 ottobre2016, a dimostrazione che filoni di attività procedono in parallelo e si integrano costantemente, lo strumento di pianificazione è stato utilizzato per analizzare le tre esperienze presentate (relative all’oncologia, la diabetologia e le malattie rare) consentendone di individuare punti di forza e di debolezza. O
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Il questionario conoscitivo
D el resto, non solo nel nostro paese, ma anche in altre realtà internazionali emerge il dato di unascarsa conoscenza del fenomenoper questo motivo si è ritenuto
utile una sorta di “fotografia” di ciò che attualmente accade nelle realtà territoriali.Non era quindi sufficiente pensare di organizzare ulteriori momenti di incontro, e pertanto,utilizzando lo stesso metodo di lavoro citato poc’anzi è stato anche prodotto un questionario per raccogliere, in modalità strutturata leesperienze presenti sul nostro territorio permettere in comune i punti di forza e di debolezza rilevati favorendo, grazie alle attività del Tavolo di Regia e del Comitato tecnico Consultivo sinergie fra territori e comunità di pratica.Il questionario conoscitivo sulla TC è finalizzatoa raccogliere informazioni sulla situazione attuale della gestione della TC sul territorio italiano:esso è dunque uno strumento per realizzarequella che il gruppo di regia della TC ha definito “mappatura delle esperienze”.Esso è inoltre uno strumento formativo, inquanto consente di diffondere informazioni sulla TC.
I dati che esso consentirà di raccogliere consentiranno in dettaglio di sapere le principali condizioni cliniche per le quali la TC è assicurata, gli strumenti che vengono utilizzati, il gradoe la tipologia di coinvolgimento di pazienti e famiglie nonché delle associazioni che li rappresentano, i professionisti coinvolti, l’esistenza di PDTA o di sistemi di valutazione dell’efficacia della transizione.Tali informazioni costituiranno una base di riferimento per la realizzazione di un modello condiviso di TC.Il questionario è indirizzato a responsabili eoperatori di settori disciplinari in cui la TC èappropriata: il target è rappresentato da iscrittialle società scientifiche, direzioni sanitarie diospedali e ASL, direzioni distrettuali, MMG, PLS, educatori, assistenti, infermieri e altre figure professionali che operano nelle strutturecoinvolte nel processo della TC.Il questionario può essere compilato dalle singolepersone individuali o dalla struttura assistenziale, associazione o società nel suo complesso.Il gruppo di regia si riserva di stabilire la modalità più appropriata per la conduzione dell’indagine e l’analisi dei dati. O
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PARTE A
IDENTIFICAZIONE DELLA STRUTTURA (UO, DIPARTIMENTO, DIREZIONI DISTRETTUALI, REPARTO, SEZIONE, AMBULATORIO, SOCIETÀ SCIENTIFICA, ASSOCIAZIONE)
O Denominazione:Persona individuale:Struttura assistenziale, Società scientifica, Associazione:
O Responsabile della struttura o dell’associazione o della Società scientificaO N. operatori che lavorano nella struttura distinti per categoria professionale
O Tipologia di malattie principali (gestite o rappresentate dai componenti)
O Numero di pazienti che afferiscono alla struttura
O Tipo di struttura assistenzialeOspedale aziendaleOspedale di ASLClinica UniversitariaIRCCSCasa di cura privata (convenzionata/non convenzionata)Altro (specificare):
O Ambulatorio (MMG, PLS, specialistico territoriale)
O Sede (regione, provincia, città)
O Referente per il progetto TC (dati anagrafici, mail, recapiti)
PARTE B
QUESTIONARIO
1. Conosce il significato dell’espressione "Transitional Care"?SINO
2. Se SI, può darne una descrizione sintetica?
3. Se NO, è consapevole del fatto che alcuni pazienti durante la transizione dall’età pediatrica all’età adulta possono richiedere una modificazione del proprio contesto assistenziale ed essere indirizzati ad altra unità di cura differente da quella in cui sono stati seguiti in età pediatrica? SI/NO
4. Nella UO o nel Dipartimento in cui lavora, sono svolte attività di TC? SI/NO
5. Lei è personalmente coinvolto in attività di TC?
6. Nella UO o nel Dipartimento in cui lavora, esiste un protocollo condiviso per l’avvio di attività di TC? SI/NO
7. In base alla sua esperienza, è necessario introdurre nella struttura in cui lavora un progetto per attivare la TC?SI/NO
8. Se esiste un protocollo condiviso (risposta SI alla domanda 6), chi ha partecipato alla redazione dello stesso?a. Specialisti della disciplina pediatrica di provenienza del paziente SI/NO
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b. Specialisti della disciplina verso cui transita il paziente SI/NOc. Direziona sanitaria /direzione generale SI/NOd. Associazioni di cittadini in rappresentanza di pazienti e famiglie SI/NOe. Pediatri di famiglia SI/NOf. Medici di famiglia SI/NOg. Strutture/UO extra ospedaliere (specificare) SI/NOh. Società scientifiche SI/NOi. Ordini professionali /SI/NOl. Altro (specificare)_________
9. A suo parere, quali sono i principali ostacoli alla realizzazione di programmi di TC?a. Scarsa attenzione o formazione degli specialisti di provenienza del paziente SI/NOb. Scarsa attenzione o formazione degli specialisti vero cui transitano i pazienti SI/NOc. Resistenza dei pazienti e delle famiglie a cambiare i propri referenti di fiducia SI/NOd. Mancanza di protocolli condivisi SI/NOe. Mancanza di una formazione specifica degli operatori SI/NOf. Mancanza di una informazione e di un coinvolgimento adeguato di pazienti e famiglie SI/NOg. Altro (specificare)
10. A suo parere, quali sono le strategie più efficaci per attivare programmi condivisi e sistematici di TC?a. Migliorare la formazione degli operatori SI/NOb. Sperimentare protocolli pilota SI/NOc. Coinvolgere pazienti e famiglie nelle attività di pianificazione e formazione SI/NOd. Coinvolgere le istituzioni (direzioni strategiche, assessorati, agenzie regionali sanità) SI/NOe. Coinvolgere gli ordini professionali SI/NOf. Coinvolgere le società scientifiche SI/NOg. Altro (specificare)
11. A suo parere, quali dei seguenti obiettivi dovrebbero essere raggiunti nell’ambito di un progetto di TC?a. Ridurre la durata delle degenze ospedaliere SI/NOb. Migliorare la efficacia delle cure SI/NOc. Migliorare l’efficienza d’uso delle risorse sanitarie SI/NOd. Migliorare il rapporto sicurezza/rischi per i pazienti SI/NOe. Migliorare la soddisfazione dei pazienti e delle famiglie per la qualità delle cure SI/NOf. Mettere il paziente e la famiglia al centro del percorso di cura SI/NOg. Migliorare la soddisfazione degli operatori coinvolti nel processo di cura SI/NOh. Fornire un supporto psicologico al paziente e alle famiglie SI/NOi. Migliorare l’equità nell’accesso alle cure SI/NOl. Consentire di creare una rete di continuità delle cure fra ospedali e territoriom. Migliorare la gestione dei sintomi delle malattie
Il questionario verrà reso disponibile sui siti istituzionali dei componenti il tavolo di regia ed in particolare daFNOMCeO, FEDERAZIONE IPASVI e FOFI al fine di raccogliere quante più informazioni possibili.
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La “sperimentazione”
R iteniamo utile, in parallelo alle attività di produzione di strumenti verificarne nel concreto l’utilità intermini di miglioramento della qualità della cura.
In alcune realtà regionali abbiamo raccolto la disponibilità alla collaborazione configurandosicosì come sedi di "sperimentazione" che possano da una parte fornire informazioni utili alla rimodulazione degli strumenti che via via verranno prodotti, e dall’altra di progettarne di nuovi.Al momento le regioni coinvolte sono la Puglia,le Marche ed il Piemonte.In queste regioni contribuiscono sia la parte istituzionale (Assessorato o Agenzia Regionale)
per ciò che attiene la parte organizzativa che laparte formativa universitaria (Scuola di Medicina) per definire modalità formative innovative che coinvolgano congiuntamente le varie figure professionali interessate nel processo di cura.Il Piemonte in particolare vede un ruolo di particolare interesse all’interno della Città della Salute e della Scienza di Torino, poiché sono presenti numerosi ambiti di cura interessati edinoltre vi è una forte presenza della scuola di Medicina, configurandosi quindi come un vero eproprio "laboratorio".Il progetto ha visto un momento di particolare interesse lo scorso 15 dicembre con la presentazione del progetto presso l’Istituto Superiore di Sanità.
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In quell’occasione sono state prese due decisioni molto rilevanti: per dar seguito al progetto garantendo uniformità di comportamento nelle sedi di sperimentazione si è concordato di stipulare un protocollo d’intesa fra le tre regioni, nelle figure istituzionali regionale coinvolte (Assessorati o Agenzie e Atenei), l’Istituto Superiore di Sanità e le altre istituzioni e associazioni coinvolte individuando fra queste un "portavoce" in ASTRA(Associazione per la Salute nelle Transizioni).La seconda decisione è stata quella di individuare le prime quattro aree nosologiche che saranno oggetto di sperimentazione nelle tre regioni.Quanto sin’ora riportato rappresenta la primafase progettuale, descriviamo di seguito quali saranno i prossimi passi
FASE 2
L’ambito di interesse principale nella prima faseprogettuale è stato quello del versante organizzato.Il lavoro su questo fronte proseguirà mettendo in atto una serie di azioni, occorre precisareperò che questa fase e la fase 3 non sono daconsiderare come consequenziali, in quantoprocederanno parallelamente.2.1. Innanzitutto è chiarito che le tre regioni parteciperanno per tutte le aree nosologiche individuate che sono quella oncologica, diabetologia,delle malattie rare e delle malattie respiratorieDefinendo così una sorta di matrice di sperimentazione
Oncologia Diabetologia Malattie rare (*) Malattie respiratorie (*)
Marche Si Si Si Si
Piemonte Si Si Si Si
Puglia Si Si Si Si
Rappresenta un elemento determinante il ruolo delle società scientifiche e delle associazioni dipazienti per almeno tre aspetti:O definire meglio le aree contrassegnate dall’asterisco (*);O contribuire fattivamente anche attraversol’attivazione (ove presenti) delle sezioni regionali;
O proseguire la ricerca di letteratura sulle esperienze presenti (nazionali ed internazionali)A queste aree si sono aggiunte la Fibrosi Cisticain Lazio e Sardegna: occorre verificare se parteciperanno anche le Regioni Interessate.Hanno dimostrato interesse anche l’area nefrologica e reumatologica.In sostanza il quadro attuale risulta essere:
Oncologia Diabetologia Malattie rare (*)Malattie
respiratorie (*)Reumatologia Nefrologia
Marche Si Si Si Si
Piemonte Si Si Si Si
Puglia Si Si Si Si
Lo strumento maggiormente utilizzato sarà il modello di pianificazione.Dall’utilizzo in modo "teorico" di questo modello è emersa la necessità di definire chiaramente imodi, i tempi e gli attori coinvolti. Appare utile prevedere momenti "strutturati" di presa in carico di questi pazienti con modalità multiprofessionali ed interdisciplinari. Che si potrebbe configurare in un vero e proprio "Gruppo di Transizione".Un secondo aspetto emerso è la necessità diprevedere una sorta di "Servizio di Transizione"che assicuri un raccordo organizzativo spessonon definito.2.2. Infine occorrerà produrre documenti ed
azioni coerenti con quanto previsto dal Piano Nazionale delle Cronicità, e questo sarà uno dei compiti principali del Tavolo di Regia, che dovrà anche farsi carico di proseguire la ricercadi letteratura circa modelli attuati ma non relativi a specifiche condizioni cliniche.Infine il tavolo di regia dovrà assicurare il raccordo fra i tra cardini della prima fase progettuale:modellizzazione, mappatura, sperimentazione.Le tre regioni, insieme all’Istituto Superiore diSanità ed ASTRA stipuleranno un protocollo d’intesa per assicurare omogeneità nella sperimentazione.
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ASTRA attraverso forme di associazionismo reciproco, ovvero altre forme prevista dei rispettivi statuti, assicurerà la presenza di tutti i partner nel protocollo d’intesa.Questo approccio, tuttavia non potrà ottenere irisultati attesi se non vengono attivati altri duefiloni di attività, che congruentemente all’impianto complessivo del progetto devono viaggiare di pari passo influenzandosi reciprocamente.2.3. Il primo filone è quello della formazione.In questo caso, anche avvalendosi di quantoemergerà dall’analisi dei dati forniti dai questionari, occorrerà progettare e mettere in essereattività formative specifiche ed innovative rivolte prevalentemente a professionisti in formazione. Le Scuole di Medicina giocheranno quindiun ruolo fondamentale.Occorre prevedere però anche l’attuazione diinterventi formativi rivolti ai professionisti giàpresenti nelle organizzazioni sanitarie.2.4. Il secondo è poi il filone forse più importante ed è quello del "coinvolgimento" dei pazienti, dei genitori e della comunità e verràtrattato più ampiamente nella "fase 3".Certamente il coinvolgimento di associazioni escuole rappresenta un obiettivo rilevante, tuttavia non sufficiente considerando la differentecomplessità delle patologie trattare ed i diversimodelli culturali e sociali delle tre regioni.Occorre quindi prevedere attività di "ricercaintervento" attingendo ad altri approcci di conoscenza
FASE 3
Costruire insieme i percorsi di cura. Il coinvolgimento dei pazienti e della loro rete sociale esanitariaNell’ambito di questa fase progettuale sono quattro i riferimenti teorici indispensabili per orientare la predisposizione di un piano di ricercaintervento che sia in grado al contempo di includere ed integrare le necessità organizzative con il punto di vista dei pazienti e dei loro caregiver.3.1. Innanzitutto, la doppia centralità dei soggetti verso i quali è rivolto l’intervento di accompagnamento alla transizione. Si tratta di unacentralità duplice in quanto declinata secondo la prospettiva dei Childhood Studies, della Dichiarazione dell’ONU del 1989 (Carta dei Diritti dei bambini e delle bambine, dei ragazzi edelle ragazze) e delle Carte successive (es.:Strasburgo, 1996), che considerano tutti i soggetti di minore età aventi diritti soggettivi, tra
cui il diritto alla salute, il diritto all’ascolto, il diritto a esprimere opinioni proprie e il diritto alla partecipazione attiva a tutti i procedimentiche li riguardano, secondo modalità adeguate all’età. La centralità di questi soggetti si declinainoltre secondo la prospettiva dell’umanizzazione delle cure e della partecipazione attiva diogni paziente, riconosciuto nella sua unicità, ai percorsi di diagnosi e cura.3.2. In secondo luogo, nel presente progetto risulta centrale il concetto di "transizione" intesa come processo di lungo periodo e non come atto o evento di breve o medio periodo. In particolare, per i ragazzi e le ragazze affetti da patologie croniche il processo di transizione è costituito dall’intreccio di elementi di natura oggettiva (aspetti clinici della patologia, organizzazione sanitaria in cui essi sono inseriti e in cui verranno inseriti, forza economica, culturale e sociale delle famiglie e delle reti di appartenenza, ecc.) e di natura soggettiva (età, genere, caratteristichepsicologiche, ecc.) che ne influenzano profondamente le caratteristiche e l’andamento. Si trattadi un intreccio complesso i cui elementi distintivi ed evoluzioni possono non essere immediatamente coglibili. Le transizioni dall’età pediatrica aquella adulta richiedono, infatti, di tenere contodelle particolari caratteristiche psicologiche e sociali degli adolescenti, così come delle peculiarità delle loro esperienze di malattia e del riverbero che esse esercitano sullo sviluppo.3.3. In terzo luogo, è necessario tenere in considerazione la rilevanza della dimensione temporale riguardante la malattia percepita dai pazienti e dagli appartenenti alle loro reti. Lo studio delle transizioni che riguardano i pazienti affetti da malattie croniche opera in contesti divita caratterizzati da dimensioni temporali peculiari che potremmo definire ad "orizzonteaperto", nel senso che, ad esclusione di alcune patologie oncologiche, non presumono remissione. Le transizioni, quindi, non prevedono la"chiusura" dell’orizzonte temporale nel quale sisvolge l’esperienza di malattia e ciò, come dimostrano gli studi sulla cronicità, deve essere tenuto in debita considerazione in quanto orienta il senso di sé sviluppato dai pazienti econnota il rapporto con i servizi di salute.3.4. In quarto e ultimo luogo, è necessario riferirsi alla prospettiva secondo la quale le relazioni terapeutiche e i percorsi di diagnosi e di cura sono sempre cocostruiti sulla base di strutture relazionali tutt’altro che diadiche, in quanto preve
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dono la presenza di molteplici attori, presenti oevocati nei luoghi della cura (pazienti, caregiver, frequentemente i genitori, ma non solo – reti parentali e amicali, personale sanitario e amministrativo dei servizi per la salute, ecc.) che ne influenzano le caratteristiche. Si tratta di attori tutti concorrenti nel costruire e influenzare le rappresentazioni dello stato di salute e di malattia dei pazienti, in quanto pazienti e in quanto adolescenti; le rappresentazioni del percorso di diagnosi, di cura, di gestione delle patologie; il sensodi sé, l’identità sociale e individuale, la "carriera" di paziente; ancora, lo status di paziente come status dominante o secondario e lo sviluppo omeno dell’autonomia e dell’empowerment.A partire da queste considerazioni di carattereteorico, si ritiene che la ricercaintervento sisviluppi secondo linee metodologiche e utilizzitecniche di rilevazione e di intervento che tengano in considerazione non soltanto la dimensione organizzativa (oggetto delle fasi 1 e 2 ), ma anche delle dimensioni individuali, sociali, relazionali riguardanti i pazienti e le loro reti.Tutte queste dimensioni, infatti, sono indispensabili per l’individuazione di quegli elementi, caratterizzanti le transizioni dall’età pediatrica aquella adulta in presenza di cronicità, che guideranno la strutturazione dei modelli operativi,scopo ultimo del presente lavoro.Nell’ottica del rispetto della centralità attiva edella partecipazione consapevole dei giovanipazienti e delle loro reti nella costruzione deipercorsi di cura e di gestione delle patologie,
la ricercaintervento si propone di utilizzaremodalità "partecipate" di rilevazione dei dati edi validazione dei modelli, per ciascuna patologia indagata e per ciascun contesto sottopostoa indagine. Ciò avverrà principalmente utilizzando strumenti e tecniche di carattere qualitativo (osservazione partecipante, focus group,focus group delphi, interviste semistrutturate, vignettes, mappe corporee e relazionali, costruzione di storie collettive, narrazioni di storie di malattia). In tal modo verranno raccolti gli elementi costitutivi dei nuclei delle rappresentazioni sociali riguardanti la malattia, i percorsi di cura, la gestione delle transizioni, utilicome "elementi guida", in modo che i modellida validare siano costruiti con il contributo diretto di tutti gli attori – pazienti caregiver, personale sanitario – che popolano le "scene della cura".Si tratta, in sintesi, di adottare un’ottica inclusiva sia nella rilevazione dei dati, sia nella validazione dei modelli, promuovendo in tal modol’autonomia e l’empowerment dei pazienti e delle loro reti già nella fase di progettazione dei servizi di cura.
FASE 4
Definiremo questa fase come fase di "raccordo"per meglio chiarire che non sarà successiva alle precedenti, ma che avrà la funzione di rendere omogenei i vari interventi, modelli e strumenti.Con la sola finalità di sintesi viene proposto unaschema di lettura
AttivitàPianificazione
(versante organizzativo)Coinvolgimento dei pazienti
e della loro rete sociale
Ricognizione della letteratura Prosegue Approfondimento
Mappatura Utilizzo del questionario
Rilevazione situazione attualeUtilizzo del modello di pianificazione per analisi di processo
Rilevazioni con i pazienti, le loro reti, i loro principalicare giver e i loro sanitari
Analisi dei dati Sintesi degli elementi emersi
Costruzione dei modelli Proposte di modelli e strumenti operativi
Sperimentazione Prosegue l’applicazione di quanto progettato
ValidazioneCon tutti i soggetti coinvolti (istituzioni, società scientifiche, associazioni di pazienti, con i pazienti professionisti della salute
Risultati attesiL’articolazione del progetto prevede una scansione temporale di tre anni.L’attenzione principale sarà verso le aree di sperimentazione per le quali si ritiene di ottenere modelli operativi specifici e testati.
Inoltre si prevede di disporre di moduli formativi per i professionisti in formazione e già operanti nelle organizzazioni sanitarie.La pubblicazione della ricerca sia in forma dimateriale scientifico che divulgativo sarà unodegli obiettivi principali del lavoro. O
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I contributi e le testimonianze
FNOMCeO – Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi
Il progetto Transitional Care vuole affrontare i problemi dell’assistenza sanitaria per i pazienti affetti da patologiacronica nel periodo della loro vita in cui passano dall’età pediatrica all’età adulta.
La maggior sopravvivenza dei bambini affetti da patologie croniche, e il loro aumento progressivo, richiede chequesti pazienti ad un certo punto siano inseriti e curati nel sistema assistenziale dell’adulto. Ma la scarsa prevalenzadi tali patologie (pensiamo alle malattie rare o a certi tumori) ha da un lato disincentivato la definizione di percorsidi cura strutturati, dall’altro ha frenato lo sviluppo delle competenze tra i medici degli adulti, per cui, per esempio,una alta quota dei malati adulti di fibrosi cistica è curato in reparti pediatrici o misti, oppure le persone operate neiprimi anni di vita per cardiopatie congenite continuano ad essere seguite dalle cardiochirurgie infantili.
Un secondo aspetto critico è l’età della transizione: gli adolescenti hanno caratteristiche molto diverse dai bambini e dagli adulti; l’adolescente si sta costruendo la propria identità, differenziandosi contemporaneamente da quelloche è stato e dai modelli adultogenitoriali, instaura relazioni diverse e si sente parte di nuovi gruppi di riferimento.
La motivazione alla cura e a uno stile di vita corretto diminuisce o cambia proprio quando il ragazzo diventa l’interlocutore privilegiato dell’incontro medicopaziente.
L’obiettivo principale del progetto è dunque identificare le caratteristiche migliori di modelli di transizione strutturati dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria e nei quali vi sia un forte coinvolgimento del paziente e della famiglia.
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri si è coinvolta con interesse in questoprogetto di grande portata che risponde ad un problema di salute reale, ritenendo di poter dare il proprio contributo su più piani.
Innanzitutto su quello deontologico, ricordando come l’articolo 32 del codice di deontologia medica richiami idoveri di tutela del medico nei confronti delle persone in condizione di vulnerabilità o fragilità psicofisica.
In secondo luogo offre le proprie competenze formative perché sia garantita la qualità professionale, non soloper ciò che attiene alle competenze tecniche specialistiche, un problema comunque rilevante soprattutto in caso dipatologie rare, ma anche per le competenze relazionali che vengono richieste ai professionisti, quali ad esempio l’ascolto, la comunicazione e la capacità di lavoro in gruppo.
Gli Ordini infine possono favorire l’informazione e l’azione di rete, organizzando nei loro territori l’integrazionedelle attività dei diversi professionisti e il rispetto delle reciproche competenze tecniche. Il progetto della transitional care è infatti un intreccio che coinvolge, intorno al paziente e alla sua famiglia numerosi attori: organizzazioni sanitarie ed i professionisti che vi operano, pediatri e medici di famiglia, servizi territoriali, contesti sociali. Gli Ordini,organo ausiliario dello Stato, sono anche la casa dei medici e degli odontoiatri e la naturale sede del loro coordinamento interprofessionale.
Guido Giustetto, Presidente OMCeO Torino e componente Comitato Centrale FNOMCeORoberta Chersevani, Presidente FNOMCeO
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IPASVI – Federazione Nazionale Collegi Infermieri
Nella definizione fornita dalla Society for Adolescent Medicine (1993) ci si riferisce alla transizione come "the purposeful, planned movement of adolescent and young adults with chronic physical and medical conditions from childcentered to adultoriented health care systems" (Viner 1999: 271). I punti chiave sono: l'intenzionalità e pianificazione del passaggio, il fatto che i soggetti del passaggio siano gli adolescenti e i giovani, la presenza di condizioni di malattia croniche.
Davies, Rennick e Majnemer (2011) focalizzano, piuttosto, l'attenzione sul fatto che la transizione debba iniziarepresto e sull'azione del team multidisciplinare. In particolare, evidenziano l'impegno che esso deve mettere aservizio della famiglia per la valutazione, la pianificazione e la gestione degli interventi.
Selicorni (2010), invece, distingue tra "visione minimale" e "visione completa" della transizione. Definisce la primacome "trasferimento più o meno preparato e guidato a referenti clinici dell'età adulta" e la seconda come "processo di adozione graduale di nuovi ruoli, nuove esperienze, sensibilità, prospettive di vita per la persona […] e la sua famiglia" (Selicorni 2010: 33).
La distinzione fondamentale che si rinviene nelle due visioni è tra trasferimento e transizione. L'obiettivo acui si deve cercare di puntare è, ovviamente, la transizione; il trasferimento è visto solo come una parte del più ampio processo di transizione.
L'obiettivo è quello di strutturare la rete delle cure in modo che ci sia un continuum assistenziale sia dal puntodi vista gerarchicopiramidale (diversi livelli di assistenza e diversi sistemi di cura) sia dal punto di vista delle collaborazioni orizzontali (reti familiari e sociali).
L'esigenza di una buona prassi di transizione è sempre più evidente per:O aumento della prevalenza delle malattie rare e cronicheO Progressi in campo biomedico che migliorano le aspettative di vita dei bambini con malattie rare e croniche congeniteO Persistenza di differenze di approcci tra la gestione pediatrica e la gestione degli adulti:
– Il paradigma pediatrico mette al centro la famiglia– La cultura dell'adulto sottende come interlocutore un paziente indipendente ed autonomo
O Alcuni elementi di contesto sociale, epidemiologico, economico, istituzionale, professionaleO Disuguaglianze di salute e di accessibilità alle cureO Aumento delle prospettive di vitaO Patologie cronicodegenerativeO Cittadini stranieriO Organici contingentati, mancato reintegro del personale, blocco del turnoverO Aumento dell'età media degli operatori dedicati all'assistenzaO Lentezza con cui si definiscono e affrontano i cambiamenti nel SSNO Tenuta del sistema, sostenibilità del SSN, trasformazione nella geografia dei serviziO Miglioramento appropriatezza organizzativa e clinicaO Evoluzione dello skillmix
Gli elementi chiave per la progettazione della Transitional Care sono:O Integrazione tra le diverse figure professionaliO Integrazione tra diversi setting assistenzialiO Condivisione di percorsi assistenzialiO Collaborazione multidisciplinareO Comunicazione tra i servizi sanitariO Coinvolgimento del paziente e dei care givers (empowerment)O dentificazione di tipologie di pazienti target:
– Post acuti– Cronici con bisogni assistenziali– Cronici con necessità di monitoraggio
O Ospedale e territorio devono essere connessi in un'ottica di continuità delle cureO La riconversione di parte della rete ospedaliera in rete di assistenza primaria è un processo innovativo e complesso che necessita di una metodologia rigorosaO La Transitional Care migliora l'appropriatezza di setting, riduce i costi e contribuisce alla sostenibilità del SSN
In altri termini, la Transitional care si fonda su una forte interazione tra tre "culture dominanti" del rinnovatopanorama sanitario : cultura professionale, manageriale e tecnologica.
Perché la Transitional Care funzioni occorre un riconoscimento del domicilio come luogo appropriato di cura eassistenza.
Le criticità che si possono rilevare sono:O Trasferimento senza preparazione ai servizi per gli adulti
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O Gestione da parte del pediatra per tempi indefinitiO Mancanza di integrazione multidisciplinareO Mancanza di presa in caricoO Mancanza delle «reti» ospedale/territorioO Discontinuità ospedaleterritorio
È, quindi, necessario:O Creare strutture intermedie per rispondere alle esigenze specifiche di pazienti adolescenti o giovani adulti (AeGA)O Istituire servizi specifici rivolti agli AeGA per decongestionare i servizi pediatrici e adulti e fornire risposte mirate(formazione e consulenza di altri professionisti)O Creare nuclei dedicati agli AeGA dentro i servizi specialistici degli adulti per garantire la continuità assistenziale nei pazienti che transitano dai servizi pediatrici O Lavorare sul fronte dell'armonizzazione del sistema delle cure e quello della sensibilizzazione di utenti e familiariO Stesura di specifici protocolli cliniciO Creazione di equipe multidisciplinariO Preparazione del paziente e dei genitori al distacco dal pediatraO Coinvolgere il paziente nel progetto di cura per «destituire» gradualmente il genitore dal ruolo di mediatore edemancipare l'adolescenteO Identificazione di un luogo specifico destinato alla Transitional Care con personale dedicato (medici e infermieri)O Lavorare su tre dimensioni per realizzare il cambiamento:
– Formazione– Assistenza (1 e 2 livello)– Transizione: modalità di passaggio assistite tra servizi di cura pediatrici e servizi per adulti.La Federaziona Nazionale IPASVI partecipa attivamente e con interesse al progetto perché sempre più consape
vole che è giunto il momento di intraprendere nuove collaborazioni e di impegnarsi nella progettazione e nella realizzazione di progetti innovativi che permettano di indirizzare correttamente le risorse a disposizione verso servizi eprestazioni sanitarie efficaci, appropriate e di valore elevato.
Tutto questo rafforzato dal fatto che in tutto il percorso la figura fondamentale è rappresentata dall'infermiere/infermiere pediatrico ovvero la figura di collegamento che coordina i percorsi di continuità assistenziale; nello specifico diventano importanti i ruoli dell'infermiere case manager e dell'infermiere di famiglia per le loro competenze specialistiche nell'area delle cure primarie (cronicità, sanità pubblica, comunità e fragilità).
Presidente IPASVI, Barbara Mangiacavalli, Luisella Audisio, Laura Odetto
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FOFI – Federazione Ordine dei Farmacisti Italiani
PROGETTO TRANSITIONAL CARE e
Federazione Ordini dei Farmacisti Italiani – FOFICONTRIBUTI e ASPETTATIVE
La territoriale, trovandosi in posizione privilegiata, risulta essere da sempre punto di accesso a servizio della Salute e snodo fondamentale del Servizio Sanitario sul territorio.
Nella prospettiva dell'evoluzione delle professionalità del Farmacista di comunità, in funzione delle nuove esigenze dell'assistenza sanitaria territoriale, si rende sempre più necessaria la concretizzazione della Pharmaceutical care,(intesa come possibilità di migliorare complessivamente i percorsi di utilizzo dei medicinali, finalizzati al raggiungimento del traguardo terapeutico con valutazione di outcome clinico e miglioramento della qualità di vita del paziente), implementando in parallelo la collaborazione con i diversi professionisti sanitari nella cornice delle disposizioni normative collegate al DLgs 153/2009 ( dei servizi) e successivi Decreti attuativi.
Al fine di poter esprimere al meglio le potenzialità professionali, l'attività del Farmacista si è orientata, in Europa eOltreoceano, sempre più in direzione dell'erogazione di servizi cognitivi avanzati; la centralità del medicinale comestrumento di cura, non può più essere declinata senza un concetto allargato di assistenza che preveda l'accompagnamento del paziente attraverso percorsi di monitoraggio dell'utilizzo del farmaco, nonché di valutazione della persistenza terapeutica (prosecuzione della terapia prescritta per tutto il tempo necessario al completamento del percorso di cura). Questo è anche l'orientamento che l'Europa indica per il Farmacista territoriale, confermandone la competenza professionale anche nei programmi di assistenza primaria, attraverso la "presa in carico" dei pazienti(per la parte di propria competenza e in un quadro di integrazione professionale con MMG e Specialista), in particolare nelle cronicità e nei percorsi terapeutici caratterizzati dall'utilizzo dei farmaci innovativi, coniugando professionalità con riduzione degli sprechi e risparmio economico.
In coerenza con le considerazioni sopra espresse, il Progetto Transitional Care (transizione di cura dei pazienti affetti da patologia cronica che dall'età pediatrica passano nell'età adulta), rappresenta per la Federazione degli Ordinidei Farmacisti Italiani, peculiare ambito di condivisione professionale al fianco delle Federazioni degli altri Ordiniprofessionali sanitari, di autorevoli Società scientifiche collegate sia alla cura del paziente adulto che di fascia pediatrica, delle Associazioni di pazienti e con la supervisione dell'Istituto Superiore di Sanità.
Del resto, è proprio nella transizione tra uno schema terapeutico e un altro, tra uno stato e l'altro del paziente(passaggio dall'ospedalizzazione alla cura domiciliare, dal trattamento alla riabilitazione…) che diversi Servizi Sanitari si sono avvalsi delle prestazioni del Farmacista per agevolare l'adattamento del paziente alle nuove prescrizioni: indicativo in questo senso la prestazione chiamata in Inghilterra "New Medicines Service", che nel periodo aprile 2015marzo 2016 è stata erogata a oltre 820.000 pazienti.
Il Farmacista, consapevole delle proprie competenze e responsabilità sociosanitarie, si impegna a sostenere iprocessi di assistenza sanitaria, favorendo in modo sempre più strutturato ed efficace l'alleanza terapeutica tra Medico, Specialista e paziente (o familiare nel caso di pazienti in età pediatrica), senza mai modificare modi e competenze delle professioni; su questa linea il Progetto Transitional care, negli obiettivi, metodi di sviluppo ed auspicabili traguardi, ben si orienta anche alla luce delle linee di indirizzo del "Piano Nazionale della Cronicità", recentemente pubblicato. L'auspicio della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani è che il Progetto Transitional care, in linea conl'evoluzione delle competenze del Farmacista di comunità, possa favorire e strutturare ulteriormente approcci sanitari e di cura, sempre più condivisi tra tutti i professionisti sanitari, mirati a obiettivi terapeutici oggettivamente misurabili e riproducibili, coinvolgendo i pazienti e le loro famiglie per realizzare maggiore consapevolezza nelle scelte di salute (empowerment dei pazienti) indispensabili alla realizzazione di un'autentica alleanza terapeutica.
Sen. Dott. Andrea Mandelli Presidente Federazione Ordini dei Farmacisti ItalianiDott. Francesco Carlo Gamaleri, Consiglio Direttivo Ordine dei Farmacisti Province di Milano, Lodi, Monza BrianzaSettembre 2017
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Ottobre 2017 29
UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare onlus
UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare onlus, ha percepito e intercettato nel progetto “Transitional Care” una risposta ad un bisogno sempre più impellente nella comunità dei malati rari, quello del numero sempre maggiore di pazienti che approdano all’età adulta. Negli ultimi anni, infatti, le nuove terapie hanno permesso di migliorare le curve di sopravvivenza e la qualità della vita dei pazienti, con il risultato che si hanno sempre malati rari che affrontano il delicato passaggio dall’età pediatrica a quella adulta con un bagaglio complesso dato non solo da tutte levariazioni biologiche procurate dalla pubertà, ma anche quelle dettate dalla propria storia clinica di cui bisogna sapertenere conto.
Ci sono evidenze che spesso nel passaggio di presa in carico dall’età pediatrica a quella dell’adulto c’è un peggioramento dello stato di salute degli adolescenti, che affrontano questa fase, proprio per la mancanza di una rete organizzativa di supporto.
I fattori che incidono sono diversi: il fatto che non sempre per i pazienti in età evolutiva con malattia rara l’etàanagrafica corrisponda al reale sviluppo fisico e cognitivo e il trovarsi in una “terra di mezzo” tra il mondo dei bambini e quello degli adulti fa emergere dei bisogni specifici relativi soprattutto al coinvolgimento attivo nella gestionedella propria condizione.
Aderire a questo progetto significa poter dare un valore aggiunto alla definizione globale dei Centri di Competenza delle Malattie Rare inserendo il concetto di una rete assistenziale organizzata per accompagnare il passaggio delpaziente dall’assistenza pediatrica a quella adulta con strumenti che tengano conto dei punti critici di questo cambiamento e delle varie registrazioni.
Il processo deve valutare attentamente la situazione clinica del paziente, tenendo presente il significato della malattia e della sua storia naturale, e garantire un continuum assistenziale tra l’età pediatrica e quella adulta con percorsi che non incorrano nell’eventualità di vuoti assistenziali ma che riducano anche il rischio di drop out dalle terapie durante la fase evolutiva.
Per far sì che l’aderenza alle terapie sia costante, è necessaria un’appropriatezza nell’approccio terapeutico chetenga conto dello sviluppo individuale e del contesto familiare del paziente.
Nelle diverse fasi la relazione di cura tra il medico e il paziente si deve modificare in modo confacente all’età, accompagnando il percorso di crescita verso una maturità consapevole del proprio stato di salute dove possibile.
Mentre, infatti, il paziente pediatrico, considerato una persona in divenire, necessita dell’ausilio dei suoi familiari alivello clinico e decisionale, il paziente adulto è ritenuto un individuo autonomo, indipendente, in grado di autogestirsi. È importante, quindi, una progettualità specifica per il passaggio dall’età pediatrica all’età adulta come questonuovo progetto che, di fatto, va a colmare un gap importante, individuando – coerentemente con quanto contenutonel Piano Nazionale Cronicità – possibili strumenti di continuità e di miglioramento delle cure, standardizzando modelli “vincenti” di transizione già presenti sul territorio, con riferimento non solo alle malattie rare, ma anche ad altre condizioni patologiche maggiormente diffuse.
Il PresidenteTommasina Iorno
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Ottobre 201730
Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus
I centri per la cura della Fibrosi Cistica in Italia nascono negli anni ’80’90 in strutture pediatriche, presso le quali iCentri Fibrosi Cistica hanno acquisito competenze specifiche nella cura dei pazienti FC. Negli ultimi anni l’allungamento dell’aspettativa di vita, dovuto al miglioramento delle terapie e a cure sempre più efficaci e accurate, ha portato a un incremento di pazienti adulti che devono essere seguiti in strutture orientate all’assistenza del pazienteadulto.
Per rispondere a questa esigenza stanno nascendo, ove ci sono condizioni adeguate, nuovi centri per la cura delpaziente adulto e nei prossimi anni un numero sempre maggiore di Centri Fibrosi Cistica dovrà affrontare questaemergenza e trovare soluzioni adeguate. A supporto di questa tendenza c’è il risultato di uno studio europeo che riporta che nel 2025 in Europa ci sarà un incremento di pazienti adulti del 75% (Burgel P et al. Eur Respir J, 2015).
Alla luce di queste considerazioni il passaggio del paziente affetto da fibrosi cistica da un Centro di Fibrosi Cisticapediatrico a una struttura dell’adulto è un tema dibattuto e delicato da affrontare, che vede il paziente protagonista. Le problematiche sono numerose, variando da quelle strettamente di ordine pratico a quelle riguardanti la sferaemotivoaffettiva. L’approccio all’interno della struttura pediatrica è fortemente centrato sulla famiglia, svolto in unaatmosfera protettiva, attenta allo sviluppo psicosociale del paziente e all’inserimento nel mondo della scuola. LIFC, accanto ai medici, è attenta a migliorare la qualità della vita e impegnata a fare in modo che i giovani pazienti riescano via via a conquistare nuovi traguardi.
L’obiettivo che LIFC vuole perseguire in un prossimo futuro è quello di facilitare la nascita di nuovi centri perl’adulto che abbiano competenze specifiche e possano seguire i pazienti con la stessa dedizione e competenza deicentri pediatrici. Il paziente è al centro di questo processo e LIFC auspica che gradualmente il ragazzo possa rinunciare all’approccio fortemente centrato sulla famiglia e alle “premure protettive” a cui è abituato e possa diventare pienamente consapevole della gestione della malattia e responsabile di sé.
L’adesione di LIFC al progetto “transitional care” è motivata dalla consapevolezza che la transizione è un passaggio importante e necessario che riguarderà nel prossimo futuro tutti i nostri giovani e LIFC è impegnata perchéquesto processo abbia successo e si possano trovare soluzioni terapeutiche adeguate alle mutate esigenze.
Presidente Gianna Puppo Fornaro
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Ottobre 2017 31
APMAR – Associazione Persone con Malattie Reumatiche
Il periodo della transizione dall’età pediatrica all’età adulta rappresenta, per i ragazzi, una fase delicata, caratterizzata dal susseguirsi di molteplici cambiamenti; quelli fisici, tipici della pubertà, e quelli a livello psicologico e comportamentale, determinanti per la vita futura.
Per i ragazzi affetti da patologia reumatica cronica su base autoimmune, il periodo della transizione rappresentaun passaggio particolarmente delicato e complesso, una fase della crescita che li vede impegnati ad adattarsi ad ulteriori cambiamenti, quelli relativi al proprio percorso di cura.
Al termine dello sviluppo fisico, psicologico e sociale del paziente, si esaurisce la competenza del pediatra reumatologo e si rende necessario il passaggio di competenze, tra il reumatologo e gli altri medici che si prenderanno cura di lui.
In realtà, per la presa in carico di ogni singolo individuo, è necessaria una sinergia fra il pediatra reumatologo e ilreumatologo poiché, le malattie reumatiche pediatriche, una volta che il paziente è diventato “adulto”, sono comunque da distinguere dalle malattie reumatiche ad esordio in età adulta. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il ragazzo può essere affetto da altre patologie o aver sviluppato comorbilità.
Non meno importante è la gestione sinergica degli aspetti psicologici che accompagnano questa transizione; il“neopaziente adulto va responsabilizzato ed educato a non essere dipendente da specialisti e strutture che fino adallora sono state per lui un punto di riferimento.
APMAR Onlus sostiene che programmare la transizione dal pediatra reumatologo al reumatologo è basilare perassicurare a questi pazienti così giovani, la corretta prosecuzione dei percorsi di monitoraggio e trattamento dellamalattia, affinché la loro vita sia il più possibile priva di difficoltà, almeno per quanto concerne il percorso di cura ela gestione della patologia.
APMAR ha aderito al progetto Transitional Care perché lo crede funzionale alla creazione di percorsi di transizione personalizzabili ed adattabili ad una serie di fattori come le varie realtà locali e il contesto familiare in cui vive il paziente.
Il Presidente NazionaleAntonella Celano
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Ottobre 201732
AIEOP Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica In Italia ogni anno si ammalano di tumore 1380 bambini e 780 adolescenti con un’incidenza di 164 casi/1.000.000
soggetti di età inferiore a 14 anni e 269 casi/1.000.000 soggetti di età 1519 anni. Il progressivo miglioramento deiprotocolli terapeutici permette attualmente una sopravvivenza a 5 anni pari all’80%. Tali risultati giustificano l’incremento costante del numero di guariti o cosiddetti lungosopravviventi. Attualmente in Europa ci sono 300500.000lungosopravviventi, di cui più di 30.000 in Italia, la maggior parte dei quali sono ormai giovani adulti.
Tuttavia, gli attuali dati di mortalità e morbilità a distanza, in questa coorte di pazienti, evidenziano un impatto significativo dei trattamenti praticati sulla qualità di vita. In particolare è noto come il 60% dei lungosopravviventi presentino almeno un’alterazione cronica dello stato di salute e il 30% presentano una condizione severa o a rischio di vita (seconde neoplasie, eventi cardiaci).
Pertanto, in questo gruppo di pazienti è di fondamentale importanza proseguire un monitoraggio a lungo termineadeguato al protocollo di cura effettuato che non si conclude al momento della sospensione dei controlli per la patologia di base.
Questi controlli coinvolgono in molti casi differenti competenze specialistiche (endocrinologo, cardiologo, nefrologo, ortopedico, pneumologo, otorinolaringoiatra, urologo, neurologo, psicologo, etc.) in relazione al trattamentoeffettuato.
Molte complicanze tardive insorgono anche anni dopo il termine delle cure, pertanto si è reso necessario nelcorso degli anni instaurare un percorso di transizione che permettesse di proseguire la sorveglianza di tossicità tardiva in un ambiente adeguato e con personale dedicato e formato sulle possibili complicanze.
La collaborazione nel progetto Transitional Care rappresenta la possibilità di consolidare un modello già messo inatto all’interno dell’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (AIEOP) ma con applicazioni e modalità talora differenti nei diversi centri in relazione alla diversa organizzazione.
La condivisione di modelli ed esperienze ci permetterà quindi un miglioramento del programma di transizione,eventualmente fornendo maggiori strumenti per uniformare realtà differenti. Utile strumento applicabile anche in altre discipline è il “Passaporto dei guariti” (Survivorship Passport), documento elettronico che riassume la storia clinica e i trattamenti effettuati ed è associato a raccomandazioni per il follow up. Il sistema è stato sviluppato nell’ambito del progetto Europeo ENCCA (European Network for Cancer Research in Children) e verrà applicato per ipazienti afferenti ai Centri AIEOP.
Il PresidenteDott.ssa Franca Fagioli
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Ottobre 2017 33
SINePe – Società Italiana di Nefrologia Pediatrica
La Nefrologia Pediatrica è una branca della Pediatria in cui è particolarmente rilevante il problema della cronicità,Il bambino con patologia renale è, infatti, destinato a seconda della patologia di base a proseguire il percorso legato alla sua patologia anche nell’età adulta e quindi per l’intero corso della propria vita.
Alla luce di questo la SINePe, già da tempo pone una grande attenzione alle modalità in cui avviene la transizionedel paziente pediatrico verso il Centro di Nefrologia dell’adulto non solo nel caso di pazienti che necessitano di dialisi o che sono portatori di trapianto, ma per quelli che presentano malattie rare e anomalie renali congenite edelle vie urinarie.
A tal fine è stata avviata dalla nostra società nel passato recente, una indagine conoscitiva indirizzata ai principaliCentri di Nefrologia e dialisi pediatrica italiani con lo scopo di acquisire informazioni su:
a) Esistenza di un programma strutturato (condiviso con il Nefrologo dell’adulto) per la transizione bambinoadulto;
b) Età in cui viene attivato il percorso di transizione;c) Esistenza di un percorso di transizione “individualIzzato” per persone con disabilità mentale o motoria;d) Numero pazienti che hanno effettuato la transizione nei due anni precedenti. Feedback ricevuto dai pazienti sul
percorso di transizione;e) Proposte sul modello ideale di transizione.Per tale motivo, nell’ottica di una cooperazione sempre più forte tra SINEPE e SIN su questo momento delicato
nel cammino del paziente pediatrico con patologia renale cronica, la nostra Società desidera aderire al progetto “TRANSITIONAL CARE”.
Tale progetto speriamo permetterà, attraverso la raccolta dati dei 12 centri specialistici di Nefrologia pediatrica edei Centri nefrologici dell’adulto, di pianificare percorsi assistenziali multidisciplinari di transizione, conorganizzazione delle fasi di informazione e condivisione dei processi di cura, della terapia e del controllo clinico, deiprocessi educazionali dell’adolescente con eventuale supporto sociale e psicologico.
L’obiettivo finale dovrà essere quello di ridurre le complicanze della malattia renale e aumentare la sopravvivenzadei nostri pazienti in età adulta, e migliorare la loro Quality Life.
Il Presidente,Luisa Murer
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AMD – Associazione Medici Diabetologi
La Transizione del giovane affetto da Diabete dall’ambulatorio pediatrico a quello dell’adulto è un momento critico e molto complesso che coinvolge sia i ragazzi con le famiglie che gli operatori sanitari, in una continua sfida per mantenere la continuità delle cure essenziale nella gestione della cronicità della malattia. Dai dati della letteratura emerge forte il rischio della interruzione delle cure, descritto come un inadeguato accesso o perdita del paziente rispetto al sistema curante. La perdita al followup riguarda circa il 1430% dei ragazzi ed ha come conseguenza un aumento della mortalità, il deterioramento del compenso glicemico, la comparsa di complicanze acute e croniche ed un loro insufficiente trattamento, cui si aggiunge l’accentuarsi di problematiche comportamentali, psicosociali ed affettive.
I dati epidemiologici confermano un raddoppio della prevalenza a livello mondiale del diabete di tipo 1 nei bambini e nei giovani adulti nell’arco degli ultimi 25 anni ed un uguale incremento è atteso nei prossimi decenni, fenomeno non osservato in passato. Analogamente l’aumento dell’obesità in età pediatrica ha portato ad un aumento dell’incidenza del diabete di tipo 2 in età adolescenziale.
Il problema della transizione non può essere pertanto trascurato per la crescente numerosità dei pazienti, cui siaggiungono le particolari caratteristiche e problematiche legate alla giovane età, quando gli aspetti psicologici legati aquesta fase della vita dell’individuo condizionano pesantemente la gestione di una malattia cronica come il diabete. La competenza del pediatra diabetologo termina quando si è completato lo sviluppo fisico, psicologico e sociale del paziente. Alla fine del percorso di maturazione si rende necessario il passaggio di competenze tra i medici che si fanno carico della presa in cura del giovane, da servizi con particolari competenze auxologiche, nutrizionali, relazionali a servizi più vicini alle problematiche dell’inserimento nel mondo del lavoro, alla maternità/paternità, alle complicanze tardive, etc.
L’interesse di AMD sulla problematica della transizione ha iniziato a svilupparsi dal 2007 quando, insieme a SIEDPe SID ha partecipato alla stesura del documento di Consenso del Gruppo di Studio SIEDPAMDSID sulla Transizione dei giovani con diabete mellito verso l’età adulta” e successivamente la Società Scientifica ha promosso una survey online con l’obiettivo di conoscere lo stato dell’arte sull’ organizzazione delle strutture diabetologiche dell’adulto nell’attuazione del processo della transizione ed i bisogni formativi dei diabetologi riguardo le competenze specifiche sul problema. Ha inoltre progettato e realizzato Corsi Formativi rivolti al TEAM di transizione, al fine di rispondere al bisogno di agevolare una crescita culturale e professionale del diabetologo dell'adulto e della rete di assistenza diabetologica.
Dal progetto “TRANSITIONAL CARE”, al quale abbiamo partecipato portando la nostra esperienza, ci aspettiamo la strutturazione di percorsi di cura che assicurino una corretta transizione dall’età pediatrica all’età adulta conl’obiettivo di proporre ipotesi di intervento operativo che coinvolgano tutti gli attori del percorso ed in modo particolare le direzioni aziendali, sanitarie locali e regionali al fine di prevedere la possibilità di realizzare dei “Servizi ditransizione” nelle nostre AUSL.
Giuliana La Penna per Associazione Medici DiabetologiConsigliere Nazionale AMD
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OSDI – Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani
In Italia vivono circa 20.000 bambini ed adolescenti con diabete di tipo 1.Le complesse esigenze di cura di queste persone, nel momento del trasferimento da un ambiente pediatrico a un
servizio di diabetologia per adulti, si sommano alle sfide dell’età e delle normative, che pure ne riconoscono le peculiarità (Piano Nazionale della Malattia Diabetica).
Questo periodo di cambiamento rappresenta un significativo evento di vita per i giovani con patologie croniche.Il passaggio dal Centro pediatrico al Centro dell’adulto deve essere un “processo”, che vede protagonisti pazien
te, famiglia e team curante.Per garantire una transizione efficace è indispensabile che il team pediatrico aiuti il paziente a sviluppare l’indipen
denza trasferendo la gestione delle cure dal genitore al giovane adulto, che tutti gli attori diquesto processo siano orientati al futuro aiutati da una progettazione e che si concretizzi una comunicazione effi
cace tra il Personale della Diabetologia Pediatrica e il Personale della Diabetologia dell’Adulto, così da costituire un“Team di transizione” con il compito di accompagnare il giovane adulto nel passaggio, condividendo visite, protocolli, dubbi e speranze (gli studi che hanno riportato maggiore successo nella transizione si basano proprio su modelliche coinvolgono i rispettive team di cura).
Le ragioni della transizione, quindi, non derivano solo dall’obbligatorietà del passaggio, ma dalla necessità di favorire l’autonomia del giovane nella gestione della malattia: il permanere in una struttura pediatrica rischia di prolungare una modalità di cura troppo centrata sulla famiglia, con il rischio di ritardare lo sviluppo di uno spirito di indipendenza e l’adeguamento terapeutico finalizzato a ridurre l’incidenza delle complicanze. La letteratura identifica alcune delle molte barriere esistenti per il passaggio al sistema di assistenza sanitaria per adulti; queste barriere possonoessere costruite da una delle parti coinvolte: il team pediatrico, il team dell’adulto, l’adolescente o la loro famiglia eriguardano due variabili principali: i fattori ambientali e i fattori emozionali. Ciò rende il processo e gli esiti del trasferimento dalla pediatria ai servizi degli adulti spesso inadeguati per la continuità delle cure, con controllo glicemico e comportamenti di autocura non ottimali, con il rischio di perdere il paziente al follow up.
Gli infermieri possono svolgere n ruolo assistenziale e organizzativo fondamentale tra i due team e il giovaneadulto sia per l’organizzazione dei followup che per incontri educativi tesi alla maggiore responsabilizzazione, da ricercare negli outcomes clinici e nelle abilità di selfcare ed empowerment.
Nonostante la malattia diabetica sia riconosciuta come paradigma delle malattie croniche e con maggiori evidenze/esperienze strutturate di “passaggio”, le difficoltà dell’implementazione della transizione ancora esistono.
La necessità del confronto e dello scambio di esperienze ed evidenze tra di ersi operatori che lavorano con persone affette da malattie croniche, le difficoltà dell’implementazione della transizione, il desiderio di garantire equità di cura a tutti i giovani affetti da malattie croniche, nonché l’esigenza di una maggiore definizione del core curriculum degli infermieri che dovrebbero occuparsi della transizione, hanno spinto OSDI,(Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani), a partecipare e a dare il proprio contributo a questo progetto di lavoro, nell’ottica di un cambiamento culturale impronta o al riconoscimento della complessità del fenomeno e alla necessità di un coinvolgimento(come nel Chronic Care Model) di tutti gli attori coinvolti nel Processo, per arrivare a definire i migliori comuni indicatori di transizione desiderabili per i giovani affetti da malattie croniche nel processo di transizione.
Presidente NazionaleOsdi Katja Speese
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Conclusioni e Ringraziamenti
I l 2016 ed il 2017 sembrano essere,non solo per il nostro Paese, gli annidel “transitional care”.Le poche pubblicazioni su questo temafino a buona parte del 2016 erano per lo
più relative a singole condizioni cliniche (adesempio diabete, artrite, fibrosi cistica) manon riguardavano il fenomeno nel suo complesso.Si pensi che alla fine del 2016 la Cochrane Library ha pubblicato una rewev sull’argomentoin cui Campbell ed altri riescono a compararesolo 4 studi ed una popolazione di 238 soggetti.È interessante notare che in questa pubblicazione, inoltre viene utilizzata la seguente definizione di transitional care “the purposeful,planned movement of adolescents and youngadults with chronic physical and medical conditions from childcentred to adultoriented healthcare systems” adottata nel 1993 dalla Society for Adolescent Medicine, e, a partire dalla fine dello scorso anno, il numero di pubblicazioni sull’argomento è passato da pochedecine ad alcune centinaia e alcune di questesono relative ai modelli utilizzati.Tuttavia nella quasi totalità le conclusioni sonorappresentate dalla necessità di sviluppare ulteriori ricerche affrontando aspetti qualitativie di outcome clinici.Nel periodo citato osserviamo nel nostro Paese un crescente interesse della comunitàscientifica e dell’associazionismo, per cui diviene sempre più frequente trovare eventi in cuiil tema “transizione” era affrontato o comesessioni congressuali o come argomento principale su cui confrontarsi.Ma fra le tante cose che sono successe, vorreisottolinearne tre.A settembre del 2016 viene pubblicato il “Piano Nazionale della Cronicità” accordo che dedica il capitolo “E” proprio al problema dellatransizione del paziente cronico adolescente.A dicembre del 2016 il lavoro svolto in questodocumento trova un importante momento disintesi.Leggendo il lavoro di Campbell, il documentoprogrammatico del progetto nazionale descritto, nonché il piano della cronicità, colpiscono,
a mio avviso due cose: la prima è che i terminiusati per descrivere le criticità presenti in questa fase della vita in persone affette da patologie croniche (e per le loro famiglie) sono quasiidentici. Per lo più hanno una caratterizzazionenegativa (“terra di mezzo”, “gap”, “differenze”), ma come spesso accade le criticità contengono in esse stesse le prospettive di miglioramento che si concretizza in parole quali“ponte”, “equità”, “empowerment” etc.Il secondo elemento di riflessione invece riguarda il fatto che le Istituzioni e la “comunitàdi pratica” composta da società scientifiche,associazioni e professionisti, giungono a conclusioni simili in momenti fra loro vicini, e tral’altro propongono l’utilizzo di strumenti emetodi.Ritengo che ciò fornisca opportunità di miglioramento della qualità delle cure di grande respiro se verranno percorsi virtuosi su, almeno,due versanti: quello del coordinamento delleiniziative e quello dell’aumento delle conoscenze.In questo senso vorrei citare due esempi.Per ciò che attiene il coordinamento delle iniziative una progettualità che riguarda la fibrosicistica a visto realizzarsi un circuito di comunicazione che consente di mettere al tavolo diprogettazione ed attuazione rappresentanti deiprofessionisti e dei pazienti, insieme a societàscientifica, associazioni dei pazienti, rappresentante del progetto nazionale e del ministero.Il secondo esempio riguarda la diffusione diconoscenze.È di questi giorni la pubblicazione di un volumecoordinato dalla SIPPS dal titolo “ADOLESCENZA E TRANSIZIONE dal Pediatra al Medico dell’adulto”. Questo lavoro ha alcuni elementi di interesse che vorrei, fra gli altri, sottolineare.Il primo è rappresentato dal fatto allarga gliorizzonti parlando del paziente cronico, maanche della “normalità” cioè di quel più dell’80% di adolescenti il cui unico motivo di attenzione è l’adolescenza stessa.Il secondo è che prosegue nel percorso diprodurre non solo riflessioni, ma anche strumenti, infatti si caratterizza come una “GuidaPratica”. Infine prosegue in una logica di condi
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visione di idee e prospettive e si caratterizzacome “Intersocietaria”.Vorrei concludere con una riflessione piuttosto ovvia e banale: i bambini di oggi saranno gliadulti del futuro, che siano ora sani o malati.Se nel prendersi cura di loro considereremo sempre più la necessità di “autonomia” tantopiù avremo adulti consapevoli e partecipi deiprocessi di cura.È un piacere, e non solo un dovere, ringraziarepresidenti, consigli direttivi ed organi ACP Associazione Culturale Pediatri, Agenas Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali, AICCA Onlus Associazione Italiana Cardiopatici Congeniti Adulti, AIEOP Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica, AIG associazioni italiana glicogenosi,AIN Associazione Italiana di Neuropatologia,AIOM – Associazione Italiana Oncologia Medica, AIP Associazione Immunodeficienze Primitive, AIPO Associazione Italiana PneumologiOspedalieri, AMD Associazione Medici Diabetologi, ANIED Associazione Nazionale Infermieri Endocrinologia Diabetologica,ANMCO Associazione Nazionale MediciCardiologi Ospedalieri, ANMDO Associazione Nazionale Medici di Direzione Ospedaliera,APMAR Associazione Persone con MalattieReumatiche, AsIQUAS Associazione Italianaper la Qualità delle Cure Sanitarie e Sociali,ASTRA – Associazione per la Salute nelleTransizioni, CARD Confederazione Associazione Regionali di Distretto, CITTADINANZAATTIVA, EDTNA ERCA European DialysisTransplant Nurses Association European Renal Care Association, FADOI Federazionedelle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, FEDERAZIONE IPASVI FederazioneNazionale Collegi degli Infermieri, Federsanità,FIASO Federazione Italiana Aziende Sanitariee Ospedaliere, FIMP – Federazione ItalianaMedici Pediatri, FNOMCeO Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi eOdontoiatri, FOFI Federazione Ordine deiFarmacisti Italiani, GISEA/OEG Gruppo Italiano di Studio sulla Early Arthritis, GITIC
Gruppo Italiano Infermieri di Cardiologia, ISS –Istituto Superiore di Sanità, Lega Italiana per lafibrosa cistica, Ministero della Salute, OSDI Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani,S.I.Fi.R. Società Italiana Fisioterapia e Riabilitazione, SIC Società Italiana di Cardiologia,SICP Società Italiana di Cardiologia Pediatrica, SICuPP – Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche, SID Società Italiana di Diabetologia, SIEDP Società Italiana di Endocrinologia Pediatrica, SIFC Società italiana per lostudio della Fibrosi Cistica, SIGU Società Italiana di Genetica Umana, SIMA Società Italiana di Medicina dell'Adolescenza, SIMFER Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa,SIMG Società Italiana di Medicina Generale,SIMGEPED Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità, SIMI Società Italiana di Medicina Interna, SIMMESN SocietàItaliana per le malattie metaboliche ereditariee gli screening neonatali, SIMRI Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili, SIN Società Italiana di Nefrologia, SINCH SocietàItaliana di Neurochirurgia, SIP Società Italianadi Pediatria, SIP/IRS Società Italiana di Pneumologia, SIPPS Società Italiana di PediatriaPreventiva e Sociale, SIR Società Italiana diReumatologia, SITE Società Scientifica per leEmoglobinopatie, Slow medicine, UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus,WONCA Italia (World Organization of National Colleges and Academies of Family Medicine/General Practice).Un ulteriore ringraziamento va anche alle treAziende che hanno supportato il progetto conil loro contributo non condizionante: ChiesiFarmaceutici spa, Roche spa e Sanofi Genzyme.Come spesso capita dietro ai nomi delle organizzazioni ci sono delle persone che si impegnano, lavorano, pensano, fanno.A queste amiche e a questi amici che associo avolti, sorrisi, dubbi, strette di mano, critiche eabbracci voglio dire, come direbbe Peppino deFilippo «Grazie! … e ho detto tutto …»
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Alcuni Riferimenti
Totò Peppino e la malafemmina 1956Quality of care, a process for making strategic choices in health systems 2006http://www.who.int/management/quality/assurance/QualityCare_B.Def.pdf“The Best Journey to Adult Life”For Youth with Disabilities An Evidencebased Model and Best Practice Guidelines For The Transition To Adulthood For Youth With Disabilities 2009h t t p s : / / c a n c h i l d . c a / s y s t e m / t e n o n / a s s e t s / a t t a c h m e n t s / 0 0 0 / 0 0 0 / 6 8 8 / o r i g i n a l /BJAmodelandbestpracticeguidelinespdf2009.pdfTransition of care for adolescents from paediatric services to adult health services (Review) 2016http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/14651858.CD009794.pub2/fullPiano Nazionale delle cronicità 2016http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=4654&area=programmazioneSanitariaLea&menu=vuotoGuida pratica per la transizione dal pediatra al medico dell’ adulto 2017https://www.sipps.it/adolescenzatransizionedalpediatraalmedicodelladultoguidapratica/ O