Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): impatto sullo sviluppo internazionale della...

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Dogane.Export La rivista pratica trimestrale per responsabili e addetti degli Uffici import/export N. 1 - Gennaio 2016 A.E.O. - Operatore Economico autorizzato: vantaggi, criticità e prospettive della certificazione di affidabilità doganale In sintesi, le principali notizie utili per gli operatori import/export Nuovo modello di dichiarazione di intento per esportatori abituali TTIP : Quali nuove opportunità negli USA per le aziende italiane? Origine preferenziale e responsabilità dell’esportatore Perfezionamento passivo o esportazione definitiva? La Corte di Giustizia ed il diritto alla detrazione IVA Accertamento doganale: prevenire e gestire le contestazioni in dogana ADR: tutti gli obblighi sono del trasportatore? Come proteggere la proprietà intellettuale in Dogana POSTE ITALIANE SPA - SPED.IN A.P. - D.L. 353/2003 - (CONV.IN L. 27/02/2004 N. 46) - ART.1 COMMA 1 - NE/PD

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Dogane.ExportLa rivista pratica trimestrale per responsabili e addetti degli Uffici import/export

N. 1 - Gennaio 2016

A.E.O. - Operatore Economico autorizzato: vantaggi, criticità e

prospettive della certificazione di affidabilità doganale

In sintesi, le principali notizie utili per gli operatori

import/export

Nuovo modello di dichiarazione di intento per

esportatori abituali

TTIP : Quali nuove opportunità negli USA per le aziende italiane?

Origine preferenziale e responsabilità

dell’esportatore

Perfezionamento passivo o esportazione definitiva?

La Corte di Giustizia ed il diritto alla detrazione IVA

Accertamento doganale: prevenire e gestire le

contestazioni in dogana

ADR: tutti gli obblighi sono del trasportatore?

Come proteggere la proprietà intellettuale in Dogana

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INDICECOVER STORY

A.E.O. - Operatore Economico autorizzato: vantaggi, criticità e prospet-tive della certificazione di affidabilità doganale Di Massimiliano Mercurio

NOTIZIE IN BREVEIn sintesi, le principali notizie utili per gli operatori import/exportA cura di Hermes s.n.c.

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVANuovo modello di dichiarazione di intento per esportatori abitualiDi Massimiliano Mercurio

Origine preferenziale e responsabilità dell’esportatore Di Massimiliano Mercurio

Perfezionamento passivo o esportazione definitiva?Di Massimiliano Mercurio

La Corte di Giustizia ed il diritto alla detrazioneDi Massimiliano Mercurio

Accertamento doganale: prevenire e gestire le contestazioni in doganaDi Massimiliano Mercurio

ADR: tutti gli obblighi sono del trasportatore?Di Tommaso Castellan, Carla Repice e Federico Vota

BEST PRACTICECome proteggere la proprietà intellettuale in doganaDi Giovanni Casucci

FOCUS PAESEThe Transatlantic Trade and Investment Partnership: quali nuove oppor-tunità negli USA per le aziende italiane?Di Claudio Tanca

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- Normativa di riferimento - Modulistica

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3| gennaio 2016

Periodico trimestrale in abbonamento annuale

Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Con. In L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 – Tariffa R.O.C. Po-ste Italiane SpA

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Numero chiuso in redazione il 10/12/2015, Verona

Direttore responsabile: Massimiliano Mercurio

Direttore editoriale e vice direttore responsabile: Pietro Butturini

Proprietario ed Editore: Forum Media Edizioni srl

Direzione e Redazione:Forum Media Edizioni srl, Via Pietro Cossali 17b, 37136, VeronaTel 045.810.1518Fax 045.813.0371Email [email protected]

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Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione totale o parziale degli articoli e delle illustrazioni pubblicate in questa rivista è permessa previa specifica autorizza-zione della Direzione.

EDITORIALEQuesta rivista nasce con l’intento di fornire un supporto concreto ai responsabili degli uffici im-port/export, focalizzandosi sulla materia doganale e sugli ambiti ad essa connessi: fiscalità, con-trattualistica, logistica e traspor-ti, etc. Abbiamo scelto di dare alla rivista un taglio pratico, con

istruzioni operative di immediata utilità e soluzioni alle principali problematiche che incontra chi opera frequentemente con le dogane; per questo abbiamo coinvolto come Direttore Responsabile della rivista e curatore della maggior parte degli articoli il dott. Massimiliano Mercurio, doganalista con grande esperienza “sul campo” e una profonda conoscenza delle reali esigenze di chi opera con l’estero.Accanto a lui, una squadra di esperti che di volta in volta verranno coinvolti per trattare temi specifici o “focus paese” sui principali mercati di interesse per le aziende italiane.Dal prossimo numero, inoltre, sarà aggiunta la ru-brica “L’esperto risponde” nella quale i lettori trove-ranno risposta alle domande che vorranno inoltrare ai nostri esperti.Per gli abbonati alla versione Premium Plus, sono disponibili on line, oltre alla rivista in formato elet-tronico, altri contenuti aggiuntivi (modulistica, nor-mativa, focus Emirati Arabi Uniti, etc.).L’invito che vi vogliamo rivolgere è di aiutarci a ren-dere sempre più interattiva questa rivista, invian-doci commenti e suggerimenti sui temi da trattare, all’indirizzo [email protected], per consen-tirci di migliorare ad ogni numero e rendere questo “strumento” il più possibile rispondente alle vostre esigenze.

Pietro ButturiniDirettore Editoriale

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4 gennaio 2016 |

Premessa e quadro normativo

L’11 settembre 2001 costituisce una data spar-tiacque della storia recente. Prescindendo in questa sede da qualunque valutazione storica, politica o sociologica dei tragici eventi di quel giorno, ci limitiamo a evidenziare che, in segui-to a quegli atti che furono percepiti dagli Stati Uniti d’America come una vera e propria dichia-razione di guerra, cambiò anche il loro modo di approcciarsi agli scambi internazionali di merci con gli altri Paesi, stringendo le maglie della macchina dei controlli non solo per le persone ma anche per i mezzi di trasporto e per le merci in entrata sul proprio territorio. In brevissimo tempo fu elaborato un program-ma di selezione per le imprese statunitensi che potessero essere considerate affidabili, al

fine di non intralciare inutilmente gli scambi commerciali e al contempo garantire più alti livelli di Sicurezza Nazionale. Il programma, de-nominato “C-TPAT – Custom-Trade Partnership against Terrorism”, è gestito dalla US Customs and Border Protection, una delle Agenzie del Dipartimento della Sicurezza Interna degli Sta-ti Uniti d’America (in inglese United States De-partment of Homeland Security).Invero, già nel 1999 la “Convenzione riveduta di Kyoto” sulla semplificazione e armonizzazione dei regimi doganali aveva visto oltre cinquanta Paesi sottoscrivere un accordo per riavvicina-re e raccordare procedure e tecniche doganali, al fine di adottare criteri che facilitassero gli scambi garantendo al contempo la sicurezza. Tale accordo prevede la possibilità che le do-gane concedano a particolari soggetti che ga-

A.E.O. OPERATORE ECONOMICO AUTORIZZATO: VANTAGGI, CRITICITÀ E

PROSPETTIVE DELLA CERTIFICAZIONE DI AFFIDABILITÀ DOGANALE

Massimiliano MercurioTitolare di Hermes s.n.c., doganalista e consulente per gli scambi con l’estero, svolge anche attività di docenza per Forum Acade-my, CEI Piemonte, Camere di Commercio e altri enti formativi. Direttore della rivista Dogane.Export.

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rantiscano “un adeguato sistema di scritture e un soddisfacente sistema di gestione commer-ciale” un rapido rilascio delle merci e semplifi-cazioni quali un numero ridotto di dati per le dichiarazioni, lo sdoganamento presso la sede dell’impresa, dichiarazioni periodiche e cumu-lative per più operazioni in un dato periodo e altre agevolazioni contabili e amministrative.Questa partnership tra autorità doganale e impresa nel 2000 prese forma nello StairSec – Stairway Security Program adottato dalla Do-gana del Regno di Svezia, progetto pilota di ge-stione degli aspetti legati alla sicurezza della catena logistica. Con esso l’autorità doganale svedese, che affermava “We want the Swedish business community to consider us the most efficient Customs administration in Europe” (vogliamo che la comunità imprenditoriale Svedese ci consideri la più efficiente Ammini-strazione doganale in Europa, Ndr), razionaliz-zava procedure e gestione dei rischi connessi agli scambi internazionali, rappresentati da traffici illegali di stupefacenti, armi e tecno-logie di distruzione di massa, atti terroristici, emergenze sanitarie, danni erariali, investendo sulla selezione di operatori seri, bene organiz-zati, rispettosi delle norme e trasparenti con l’Amministrazione. A questi l’autorità doganale avrebbe potuto assicurare la maggiore spedi-tezza possibile degli scambi e delle procedure grazie ad un reciproco rapporto collaborativo e fiduciario, tale da consentire alla Dogana di concentrarsi su altre criticità e all’impresa di ottimizzare aspetti della propria attività con-seguendo al contempo una riduzione di alcuni centri di costo.L’OMD, Organizzazione Mondiale delle Doga-ne, nel 2005 ha lanciato il SAFE Framework of Standards to Secure and Facilitate Global Tra-de (SAFE Framework), il cui cosiddetto Secon-do Pilastro è dedicato a imprese e Authorized Economic Operator. L’Organizzazione, che a giugno 2015 contava 180 membri nel mondo, con questo programma ha impegnato tutte le amministrazioni doganali dei Paesi aderenti a instaurare programmi di compliance doganale,

rilasciando già nel 2007 all’interno del program-ma dettagliate disposizioni sulle condizioni ed i requisiti per il rilascio dello status di A.E.O. Authorized Economic Operator ed i rapporti dei soggetti certificati con l’Autorità dogana-le, contenute oggi nell’Annex IV della versione 2015 del programma. Con l’intento di aumentare la sicurezza dei traffici e contrastare le minacce del terrorismo internazionale, l’Unione Europea ha adottato una serie di misure contenute nei c.d. “emen-damenti sicurezza” al Codice Doganale Comu-nitario con Reg. (CE) n. 648/2005 del 13 aprile 2005 e relativo Regolamento di esecuzione n. 1875 del 2006, in seguito trasfuse nel Reg. (CE) n. 450/2008, noto come “Codice Doganale Mo-dernizzato”, che dal 2013 è stato sostituito dal “Codice Doganale dell’Unione” [Reg. (UE) n. 952/2013 del 9 ottobre 2013]. In quest’ultimo il tema della sicurezza è po-sto in evidenza sin dai considerando e poi nei primi articoli del testo. All’art. 3 in particolare sono enunciati gli aspetti attinenti alla sicu-rezza dell’intera catena logistica ed i relativi obiettivi che le autorità doganali debbono per-seguire con le opportune misure; l’art. 5 p.to 7 definisce il “rischio” attraverso i concetti di probabilità ed impatto che ritroveremo più avanti in questa trattazione. La Sezione 4 è dedicata all’Operatore Economico Autorizzato, essendo nel frattempo intervenuto, rispetto al Reg. (CE) n. 450/2008 abrogato dall’art. 286 del Codice Doganale dell’Unione, il documen-to TAXUD/2006/1450 del 29 giugno 2007 della Commissione (che riprendeva le linee guida dell’OMD del giugno 2006 contenenti precise ed uniformi indicazioni ai governi dei Paesi ade-renti sulla figura dell’A.E.O.) e le modifiche for-mali al Codice del 1992 intervenute con il Reg. (CE) n. 648/2005 e quelle alle DAC-Disposizioni di Applicazione del Codice (Reg. (CEE) n. 2454/93 adottate a norma del Reg. (CE) n. 1875/2006): fin qui, le doverose fonti normative. Scendiamo nel dettaglio.

COVER STORY

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6 gennaio 2016 |

Requisiti e procedura per l’otteni-mento della certificazione

Con effetto dal 1° gennaio 2008 vigono nell’U-nione disposizioni che consentono a qualun-que soggetto della catena logistica internazio-nale che svolga attività soggette alla disciplina doganale di vedersi riconosciuta la qualifica di A.E.O., a prescindere dalla figura che in questa tale soggetto assuma, sia dunque produttore, commerciante, vettore, operatore logistico, rappresentante doganale, depositario, espor-tatore e/o importatore, e a prescindere dalla “dimensione” aziendale dello stesso. I requisiti previsti per la concessione dello status di A.E.O. di cui all’art. 39 del Codice dell’Unione sono, infatti, tarati anche tenendo conto di queste variabili preliminari. Tali requisiti sono in linea generale: a) assenza di violazioni gravi o ripetute del-

la normativa doganale e fiscale, compresa l’assenza di trascorsi di reati gravi in rela-zione all’attività economica del richieden-te;

b) dimostrazione, da parte del richiedente, di un alto livello di controllo sulle sue ope-razioni e sul flusso di merci, mediante un sistema di gestione delle scritture com-merciali e, se del caso, di quelle relative ai trasporti, che consenta adeguati controlli doganali;

c) solvibilità finanziaria, che si considera com-provata se il richiedente si trova in una si-tuazione finanziaria sana, che gli consente di adempiere ai propri impegni, tenendo in debita considerazione le caratteristiche del tipo di attività commerciale interessata;

d) il rispetto di standard pratici di competen-za o qualifiche professionali direttamente connesse con l’attività svolta con riguardo ai soggetti che intendano ottenere sempli-ficazioni doganali;

e) l’esistenza di adeguati standard di scurez-za, che si considerano rispettati se il richie-dente dimostra di disporre di misure ido-nee a garantire la sicurezza della catena internazionale di approvvigionamento an-che per quanto riguarda l’integrità fisica e i controlli degli accessi, i processi logistici e le manipolazioni di specifici tipi di merci, il personale e l’individuazione dei partner commerciali con riferimento ai soggetti che intendano ottenere semplificazioni at-tinenti alla sicurezza.

Esistono dunque due figure di A.E.O., A.E.O.-C (ove C sta per custom) per i soggetti che aspi-rino a semplificazioni doganali, e A.E.O.-S (ove S sta per security) per quelle in tema di sicu-rezza, che potendosi cumulare tra loro in una terza figura consentono l’ottenimento dello status A.E.O.-F (full) che prevede entrambe le tipologie di agevolazioni.Coloro che aspirino a vedersi certificata dalla dogana la propria compliance devono presen-tare apposita domanda all’Ufficio delle Doga-ne in cui ha sede la propria attività principale connessa e soggetta alla disciplina doganale, dunque non necessariamente, ad esempio, il luogo ove il soggetto ha la sede legale. La do-manda, redatta su apposito formulario e corre-data da una serie di documenti, attiva la proce-dura amministrativa di pre-audit, a cui l’Ufficio dà corso attraverso una serie di incontri presso la sede del richiedente che con questi vengono concordati. Durante le visite i funzionari del-la dogana procedono alla verifica dei requisiti così come sopra definiti, avendo riguardo alla specificità di ciascun soggetto, della tipolo-gia della sua attività e della figura che questo svolge nell’ambito della supply chain. Questi accertamenti, vale la pena ricordarlo, non hanno natura di verifica ispettiva. La dogana al contrario procede al riscontro del grado di af-fidabilità del richiedente valutandone l’attivi-tà in tema di rischi potenziali ed effettivi, loro eventuale impatto e contromisure che sono previste per contrastare e gestire le criticità. Esemplificando, il soggetto deve dimostrare di:• avere adeguata e comprovata osservanza

degli obblighi di natura doganale, ovvia-mente;

• operare con un sufficiente grado di organiz-zazione, possibilmente attraverso l’adozio-ne di specifiche procedure scritte, monito-rate ed aggiornate periodicamente;

• gestire le proprie attività in modo da con-sentire all’autorità doganale controlli rapi-di ed efficaci;

• avere un sistema contabile che correli ed agevoli tali controlli;

• essere di comprovata solvibilità finanziaria; • gestire adeguatamente gli aspetti connessi

alla sicurezza, intesa nel modo più ampio della doppia accezione in lingua inglese, safety & security.

Lo strumento operativo di approccio alla verifi-ca autonoma della sussistenza di questi requi-siti che il richiedente può utilizzare è il “Que-

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stionario di autovalutazione”, una check-list ove evidenziare fino a che punto la propria at-tività incontra le attese dell’Ufficio che dovrà asseverarne il livello di affidabilità.

Al termine dell’attività di pre-audit, se l’esito è positivo l’Ufficio trasmette i risultati alla Dire-zione nazionale che provvede al rilascio della certificazione, che non ha un periodo di validi-tà o un termine di scadenza, ma è soggetta a periodici post-audit che l’Ufficio pone in essere per la verifica della permanenza dei requisiti riscontrati in sede di rilascio ed eventualmente del loro miglioramento, con possibilità di incre-mentare l’entità dei benefici per l’A.E.O.

I vantaggi della certificazione

Venendo ai vantaggi connessi allo status, que-sti si sostanziano in:• riduzione dei controlli fisici e documentali

connessi alle operazioni doganali;• una sorta di “corsia preferenziale” per il

trattamento delle spedizioni se queste ven-gono selezionate per verifiche dal Circuito Doganale di Controllo, il sistema di gestio-ne informatizzato delle operazioni doganali attraverso, si noti il caso, l’analisi dei rischi connessi alle stesse: l’A.E.O. ha titolo per veder sottoposta a controllo la propria ope-razione prima di ogni altro operatore non certificato;

• possibilità che i controlli, se la dogana for-nisce il proprio assenso, avvengano in un luogo diverso da quello in cui essi vengono disposti, consentendo all’A.E.O. di vederli

svolti in tempi minori e/o a costi inferiori;• accesso più rapido alle altre semplifica-

zioni, agevolazioni o autorizzazioni in am-bito doganale: poiché lo status A.E.O. è la certificazione apicale in ambito doganale, ricomprende il possesso di tutti i requisi-ti delle altre (con riguardo in tale contesto alle tipologie C ed F, non essendo previsto per il tipo S il soddisfacimento degli aspetti doganali);

• numero di dati ridotto per le “dichiarazio-ni sommarie” che vanno presentate prima dell’arrivo o dell’uscita delle merci dal terri-torio comunitario per consentire la preven-tiva analisi dei rischi;

• notifica preventiva degli eventuali controlli disposti sulle merci notificati in arrivo o in uscita.

Agli aspetti più strettamente operativi e pratici che possono godere dei vantaggi della certifi-cazione, si aggiungono alcuni vantaggi indi-retti, non meno degni di nota.Al fine di dimostrare il proprio grado di affida-bilità, il richiedente ha la possibilità di imple-mentare al meglio le proprie procedure e le proprie attività. Ottimizzando i processi interni l’operatore economico migliora la propria vi-sibilità nella catena di approvvigionamento e ragionevolmente raggiunge obiettivi più ampi e più rapidamente dei propri concorrenti meno organizzati.Altre ripercussioni positive possono essere: il miglioramento della sicurezza sul luogo delle attività; l’incremento dell’utilizzo e degli inve-stimenti in tecnologia; una formazione e un aggiornamento periodico e continuo del perso-nale con conseguente aumento delle compe-tenze e delle risorse; migliore comunicazione e maggiore fluidità delle informazioni all’interno dei diversi enti aziendali; una più ampia visibi-lità e riconoscibilità come “partner affidabile e sicuro” della catena di approvvigionamento in-ternazionale, amplificata dai mutui riconosci-menti delle certificazioni doganali tra i diversi Paesi.A quanto sopra va aggiunta la possibilità di un rapporto più diretto e una migliore rela-zione con le dogane, attraverso la figura del client coordinator che costituisce il punto di riferimento per gli A.E.O. residenti nel territo-rio di competenza dell’Ufficio: un funzionario, normalmente il responsabile del team di audit, che fa da interfaccia per qualunque questione l’A.E.O. necessiti sottoporre alla dogana.Anche altre autorità pubbliche possono ricono-

“Esistono due figure di A.E.O., A.E.O.-C (ove C sta per

custom) per i soggetti che aspirino a semplificazioni

doganali, e A.E.O.-S (ove S sta per security) per quelle in tema di

sicurezza, che potendosi cumulare tra loro in una terza

figura consentono l’ottenimento dello status A.E.O.-F (full) che prevede entrambe le tipologie di

agevolazioni”

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scere la valenza dello status di AEO.È il caso ad esempio dell’accordo tra l’Agenzia delle Dogane e l’ENAC-Ente Nazionale per l’A-viazione Civile, relativo allo scambio di dati che consente di allineare il programma A.E.O. con quelli di Agente Regolamentato (RA) e Mitten-te Conosciuto (KC), razionalizzando le attività di verifica ed evitando la duplicazione dei con-trolli per i soggetti certificati.Sono altresì stati già attivati alcuni mutui ri-conoscimenti dei rispettivi programmi di cer-tificazione doganale tra l’Unione Europea e il Giappone, gli Stati Uniti d’America e la Cina, li-mitatamente ai soggetti titolari AEO-S e AEO-F. Sono in corso di attuazione quelli con altri Pa-esi. Attualmente la certificazione è rilasciata con 2 soli livelli di affidabilità: A (affidabile) e AA (altamente affidabile).La connessa riduzione dei controlli fisici e do-cumentali va rispettivamente dal 10 al 50% e dal 50 al 90%. È utile precisare che i benefici connessi alla certificazione A.E.O. riguardano esclusiva-mente il titolare dello status, inteso come singolo operatore economico, e non si esten-dono in alcun modo ad altri soggetti a lui in qualche modo legati. Per chiarire, società ap-partenenti al medesimo gruppo non godranno delle agevolazioni concesse ad una di esse che fosse titolare A.E.O., né i clienti o i fornitori di

un soggetto A.E.O. beneficeranno delle facilita-zioni a lui riservate. La ratio di ciò è che si aspira all’incremento dell’affidabilità di ogni singolo anello della catena di approvvigionamento: lungo di essa i soggetti non certificati rappresenteranno gli anelli deboli, dove i flussi rallenteranno gene-rando presumibilmente costi addizionali con-nessi ai maggiori potenziali rischi di cui l’auto-rità doganale deve tenere conto.A distanza di ormai quasi otto anni l’esisten-za della certificazione è abbastanza nota agli operatori economici, seppure con gradi diversi di approfondimento. I numeri dei soggetti che l’hanno ottenuta resta ancora molto ridotto in realtà. In tutta l’Unione sono meno di 14000 i soggetti certificati, in Italia meno di 1000, a fronte dei quasi 800 in Polonia, dei poco meno di 1300 della Francia, degli oltre 1400 olandesi e degli oltre 5600 presenti in Germania (dati a fine ottobre 2015). Se immaginiamo il numero delle imprese che in ognuno di questi Paesi ef-fettua scambi con l’estero o attività comunque disciplinate dalla normativa doganale, coloro che hanno richiesto ed ottenuto lo status di A.E.O. costituiscono una vera e propria élite.Le ragioni di questo esiguo numero di certifi-cazioni rapportato alla generalità degli attori della catena di approvvigionamento interna-zionale sono diverse.

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Certamente si tratta di una possibilità a dispo-sizione delle imprese relativamente recente, e quindi implicitamente non compiutamente nota all’intera platea degli operatori economi-ci.Per quanti ne conoscono l’esistenza, la relativa procedura amministrativa necessaria al rilascio dello status può apparire ostica, o come molto onerosa in termini di investimenti in infrastrut-ture necessari, o più semplicemente priva di un reale conveniente rapporto costi/benefici.

Asserire che i vantaggi siano parimenti eviden-ti, eclatanti e dirimenti per qualunque sogget-to che ottenesse la certificazione sarebbe una generalizzazione del tutto inappropriata. Ciò non di meno, i riscontri ottenuti dalle aziende e verificati dall’Ufficio anche in sede di post-au-dit , con particolare riferimento ai titolari A.E.O. che hanno usufruito delle ulteriori agevolazio-ni connesse ed implicitamente soddisfatte. Si aggiunga che, sempre in misura maggiore, provengono sollecitazioni per l’ottenimento della certificazione da parte dei propri partner internazionali, i quali beneficerebbero del fat-to di intrattenere rapporti commerciali con un soggetto degno della fiducia dell’amministra-

Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Reg. CE 648/2005• Reg. CE 450/2008 (Nuovo Codice Doganale)• Reg. CE 2454/1993• Reg. CE 1875/2006• TAXUD/2006/1450• TAXUD/B2/047/2011 –Rev. 5• Questionario di Autovalutazione A.E.O.• Note esplicative questionario di Autovalutazione A.E.O.

zione doganale.La globalizzazione non è ormai più una novi-tà. Le imprese, anche loro malgrado, si trovano sempre più massicciamente a dover affronta-re i nuovi scenari degli scambi internazionali. L’informatizzazione e l’utilizzo del web sono re-altà fattuali ed operative che hanno permeato non solo l’attività delle imprese, ma anche le modalità con cui le pubbliche autorità provve-dono ai propri compiti istituzionali, ivi compre-so il presidio doganale attraverso una moderna e razionale “analisi dei rischi” che, un passo dopo l’altro, ha consentito l’instaurazione di procedure di pre-clearing o l’attivazione, allo stato sperimentale, dei cosiddetti fast-corridor ferroviari e stradali per l’alleggerimento dei porti nei tempi più rapidi possibili.Anche grazie alle sollecitazioni e indicazioni decise in ambito internazionale cui si faceva riferimento più sopra, sono stati messi a dispo-sizione dei soggetti economici strumenti con-cepiti ed implementati da un lato per garantire la sicurezza dei flussi, e dall’altro per esplicita-mente evitare di penalizzare l’attività di chi è degno di fiducia. La certificazione A.E.O. rappresenta oggi il via-tico per la razionalizzazione dei processi e de-gli aspetti doganali connessi all’attività d’im-presa, garantendo l’uso ottimale delle risorse interne, l’eliminazione o quanto meno la dra-stica riduzione dei costi connessi ai controlli cui potrebbero soggiacere le merci, ma anche e soprattutto la conoscenza delle possibili criti-cità e l’adozione delle relative azioni correttive volte ad evitare incidenti di natura fiscale, am-ministrativa, commerciale, logistica e gestio-nale in generale.

“Ottimizzando i processi interni l’operatore economico migliora la propria visibilità nella catena

di approvvigionamento e ragionevolmente raggiunge

obiettivi più ampi e più rapidamente dei propri

concorrenti meno organizzati”

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10 gennaio 2016 |

Accordo di libero scambio UE-Canada

Nell’ottobre del 2014, dopo quattro anni di trat-tative, l’Unione Europea ed il Canada hanno raggiunto un’intesa di principio su un accordo di libero scambio denominato Comprehensive Economic Trade Agreement – CETA.“L’UE è il secondo partner commerciale del Ca-nada dopo gli USA. Nel 2013 l’UE ha esportato verso il Canada merci per 31,6 miliardi di EUR e ha assorbito merci canadesi per un valore di 27,3 miliardi di EUR. Sempre nello stesso anno il Canada si è classificato al 12° posto tra i par-tner commerciali internazionali dell’Unione. Gli scambi di servizi tra l’UE e il Canada hanno re-gistrato una lieve flessione nel 2013 rispetto al 2012. Nel 2013 le esportazioni di servizi dall’UE verso il Canada hanno raggiunto quota 16,3 mi-liardi di EUR, mentre le importazioni nell’Unio-ne di servizi provenienti dal Canada sono state valutate a 9,9 miliardi di EUR.” (fonte: www.eu-

roparl.europa.eur).Come per gli altri accordi che, negli anni, l’U-nione ha sottoscritto con altri Paesi, l’obiet-tivo è quello di abbattere la maggior parte delle barriere tariffarie oggi in essere. All’en-trata in vigore dell’Accordo verranno annulla-ti il 98% dei dazi attualmente applicati per le merci non-agricole, mentre per queste ultime si arriverà al 94% di prodotti “duty free”. L’ac-cordo di massima sottoscritto prevede 7 princi-pali punti: beni non agricoli, beni agricoli, ser-vizi ed investimenti, appalti pubblici, proprietà intellettuale, risoluzione delle controversie e sviluppo sostenibile.Ferma restando una generale maggiore compe-titività che l’Accordo dovrebbe comportare per le imprese europee e canadesi, i dettagli sui termini dello stesso sono ancora troppo vaghi per quantificare con una certa precisione la po-tenzialità che esso dovrebbe liberare.Come spesso accade, una parte dei soggetti economici trarrà ragionevolmente ottimi van-taggi dall’abbattimento delle barriere tariffa-

IN SINTESI, LE PRINCIPALI NOTIZIE UTILI PER GLI OPERATORI

IMPORT/EXPORT

a cura di Hermes s.n.c.

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11| gennaio 2016

rie. Per le imprese che esportano, l’eliminazione dei dazi comporterà una maggiore appetibilità per i prodotti agroalimentari in generale e per pesce e frutti di mare in particolare, oltre al libero accesso per la silvicoltura e prodotti di legno, nichel, acciaio, rame e zinco. Anche il mercato dei servizi potrà vedersi aperta la stra-da a maggiore competitività e a migliori servizi professionali. D’altro canto, i soggetti che ad oggi beneficiano di una sorta di protezionismo implicito all’applicazione dei dazi si vedranno posti in competizione con prodotti che saranno importabili ad un costo più basso, tra questi formaggi, vini e veicoli a motore, che sono tra i principali beni d’esportazione dall’Italia al Ca-nada.

Iran e sanzioni

Lo scorso 24 luglio a Vienna è stato siglato, tra il gruppo dei Paesi cosiddetti 5+1 (USA, Re-gno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina) e l’Iran, il Joint Comprehensive Plan of Action (Piano d’azione congiunto globale – “JCPOA”). Tale accordo comprende un testo principale e cinque allegati tecnici (questi ultimi sul nucle-are, le sanzioni, la cooperazione energetica sul nucleare civile, una commissione congiunta e l’implementazione). Nel dettaglio, l’allegato V sull’implementazione del JCPOA delinea un percorso a tappe, con modalità e tempi neces-sari per la completa attuazione, prevedendo al contempo la progressiva revoca delle vigenti misure restrittive nei confronti dell’Iran, tan-to da parte dell’ONU che dell’Unione Europea e degli USA.Con particolare riferimento a detto allegato V, la roadmap prevede le seguenti 5 tappe.

1. FINALISATION DAY (14 luglio 2015)Data prevista per l’approvazione del JCPOA da parte dei Paesi 5+1 e Iran, avvio delle pratiche per l’endorsement del JCPOA da parte del Con-siglio di Sicurezza ONU e per la definizione dei

dettagli delle misure di controllo sulle attività nucleari tra l’Agenzia internazionale dell’ener-gia atomica (AIEA) e il governo iraniano.Il 14 luglio 2015 la UE ha prorogato di ulteriori 6 mesi le misure del Piano d’azione congiunto del 24 novembre 2013, che sarebbero scadute lo scorso luglio 2015, fino al 14 gennaio 2016. L’attuazione del Piano d’azione congiunto ha comportato, a far tempo dal 21 gennaio 2014, la sospensione delle restrizioni riguardanti il di-vieto di prestare servizi di assicurazione, riassi-curazione e trasporto petrolifero, quelle riguar-danti l’importazione, l’acquisto ed il trasporto di prodotti petrolchimici iraniani e la presta-zione dei relativi servizi connessi, oltre a quelli concernenti il commercio di oro e preziosi.

2. ADOPTION DAY (18 ottobre 2015)Data di entrata in vigore del JCPOA e defini-zione degli adempimenti necessari alla sua at-tuazione, cui sono collegate le seguenti azioni: l’Iran notifica all’AIEA che applicherà tempora-neamente il Protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione (c.d. regime potenziato delle ispezioni) a partire dall’Implementation day; l’Unione Europea adotta un regolamento per la revoca di alcune restrizioni con efficacia sempre a partire dall’Implementation day; gli USA si impegnano ad eliminare altre restrizioni minori a partire dalla stessa data.

3. IMPLEMENTATION DAY (verosimilmente: prima metà del 2016)

Simultaneamente: l’AEIA verifica il rispetto de-gli impegni iraniani, l’UE e gli USA abrogano al-cune sanzioni previste all’Allegato II del JCPOA e l’ONU revoca tutte le vigenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.

4. TRANSITION DAY (8 anni dopo l’Adoption day)

Eliminazione da parte dell’UE e degli USA delle rimanenti sanzioni e ratifica da parte dell’Iran di un Protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare.

5. TERMINATION DAY (10 anni dopo l’ Adop-tion day)

Termine del JCPOA e abrogazione del Reg. (UE)

NOTIZIEIN BREVE

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12 gennaio 2016 |

n. 267/2012.

L’UE e le restrizioni alla Russia

Il 22 giugno 2015, formalizzando una decisione già presa a livello di rappresentanti permanen-ti, il Consiglio dell’Unione Europea ha proro-gato di ulteriori sei mesi le misure restrittive adottate nei confronti della Russia a seguito della crisi ucraina con Reg. (UE) n. 833/2014 e sue successive modifiche ed integrazioni inter-venute con i Reg. (UE) n. 960/2014 e Reg. (UE) n. 1290/2014.Dette misure riguardano principalmente:• le restrizioni sulle esportazioni di beni e

tecnologie duali che, si rammenta, ineri-scono prodotti che potrebbero essere de-stinati, in tutto o in parte, ad un uso non civile ma militare o comunque destinati ad un utilizzatore militare della Federazione russa;

• il divieto di esportare ed importare mate-riale d’armamento e tecnologie correlate;

• l’obbligo di autorizzazione preventiva per la vendita, la fornitura, il trasferimento e l’e-sportazione di taluni prodotti e tecnologia del settore petrolifero in Russia;

• le limitazioni all’accesso al mercato pri-mario e secondario dei capitali dell’Unione per i primi cinque enti finanziari russi, di proprietà statale, e per le loro filiali con-trollate a maggioranza stabilite al di fuori dell’UE, nonché per le tre maggiori società del comparto energetico e le tre operanti nel settore della difesa.

Il Consiglio già dallo scorso mese di marzo aveva deciso di legare l’ammorbidimento o la riduzione delle misure alla completa attuazio-ne da parte russa degli accordi di Minsk, volti alla cessazione delle azioni militari in Ucraina orientale.Tuttavia recentemente i rappresentanti del G7 si sono comunque riservati di inasprire ed au-mentare le sanzioni a carico della Russia, in ragione del persistere delle sue azioni desta-bilizzanti nell’area. A ciò si aggiunga la recen-te ulteriore delicatissima crisi susseguente all’abbattimento, da parte delle forze di difesa turche, di un aereo da caccia russo impegnato sul teatro di guerra siriano, che non fa certo ben sperare per il distendersi dei rapporti.Le misure restrittive europee resteranno dunque in vigore almeno fino al 31 gennaio

2016.In risposta a quella che è stata considerata una illegale annessione della Crimea e di Se-bastopoli da parte della Federazione Russa, la UE ha prorogato in data 19 giugno 2015 fino al 23 giugno 2016 l’efficacia delle sanzioni e del-le misure restrittive nei confronti della Russia adottate con Reg. (UE) n. 692/2014. Tra gli altri, esse prevedono il divieto agli investimenti in Crimea o a Sebastopoli e alle esportazioni di taluni beni e tecnologie ivi diretti o destinate ad imprese di quell’area operanti nel settore dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’e-nergia, riguardanti la prospezione, l’esplorazio-ne e la produzione nel settore oil & gas.

Il nuovo ravvedimento operoso limitato per i tributi doganali

La scorsa Legge di stabilità 2015 ha rinnova-to in modo rilevante la disciplina del ravvedi-mento operoso, introducendo più ampi termini tanto per le modalità che per l’applicazione di questo istituto.Una consistente riduzione delle sanzioni è sta-ta prevista per gli omessi versamenti, anche oltre il previgente termine di un anno dalla regolarizzazione, con un aumento progressi-vo dell’onerosità delle stesse in ragione della tempestività del versamento tardivo. Si è an-che prevista la riduzione a 1/5 del minimo della sanzione nei casi in cui il pagamento avvenga dopo la constatazione della violazione con pro-cesso verbale e pure per quegli errori e/o omis-sioni che abbiano inciso sulla determinazione del tributo.Il nuovo comma 1-bis dell’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 (“Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”) riscritto in occasione del-la succitata Legge di stabilità espressamente prevede che “le disposizioni di cui al comma 1, lettere b-bis) e b-ter), si applicano ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate”. Ne deriva che l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione risulta espressamente cir-coscritto ai tributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate, e quindi non anche quello con-cernente i diritti doganali.Non così chiara è apparsa la possibilità di po-ter beneficiare, per i diritti amministrati dalla

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13| gennaio 2016

dogana, della regolarizzazione anche dopo la redazione di processo verbale di constatazione delle violazioni o omissioni, di cui al comma 1-ter. La nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 89853/RU del 18/08/2015, a tale riguardo precisa che pur essendo prevista una deroga alla generale preclusione di poter adire al ravvedimento operoso anche nei casi in cui la violazione sia già stata constatata e siano iniziati accessi e verifiche o altri accertamenti di cui l’autore della violazione sia formalmente a conoscenza, salva la notifica formale di un atto di liquidazione o accertamento o il rice-vimento di comunicazione di irregolarità, essa va intesa come limitata espressamente ai tri-buti su cui ha competenza l’Agenzia delle En-trate. Quanto disposto al comma 1-ter riguardo all’applicazione di tutte le disposizioni dell’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 induce a ritenere che an-che quanto previsto alla lettera b-quater del comma 1 debba intendersi riferita esclusiva-mente ai tributi dell’Agenzia delle Entrate. Così è stato infatti confermato anche in occasione di incontro periodico con l’Avvocatura Generale dello Stato.A diverse conclusioni si deve invece giungere con riguardo al contenuto della nuova lettera a-bis) del comma 1 dell’art. 13, il quale ammet-te la possibilità che la sanzione si riduca “ad un nono del minimo se la regolarizzazione de-

gli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tri-buto, avviene entro il novantesimo giorno suc-cessivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall’errore”. Secondo la nota delle dogane n. 89853/RU/2015 non si vedono motivi per i quali questa possibilità non pos-sa vedersi riconosciuta anche per i tributi do-ganali, trattandosi di un principio generale di graduazione delle sanzioni amministrative che unitamente a proporzionalità ed effettività è costantemente affermato anche dalla Corte di Giustizia UE, oltre ad essere fissato all’art. 42 del Reg. (UE) n. 952/2013 che ha istituito il nuo-vo Codice doganale dell’Unione.La medesima nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, anche su questo punto con il conforto del parere dell’Avvocatura Generale, ribadisce all’ultimo paragrafo che comunque continua a trovare applicazione l’istituto do-ganale della revisione dell’accertamento su istanza di parte che dà diritto alla non appli-cazione di sanzioni alle medesime condizioni sopra indicate (constatazione della violazione non ancora avvenuta e accessi, ispezioni, veri-fiche o altre attività amministrative di accerta-mento non già poste in essere).

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14 gennaio 2016 |

Nel nostro meraviglioso Paese accade, di tanto in tanto, che anche il legislatore dia prova di quella fantasia ed inventiva che, nel mondo, ci ha sempre contraddistinto.Così, contrariamente a quanto avviene da parte di altre Amministrazioni, ottenere un rimborso per un credito IVA. può comportare tempi deci-samente molto lunghi. Per ovviare parzialmen-te a tale problema, vige da noi un meccanismo che consente a determinati soggetti di poter parzialmente recuperare tale credito, evitando l’apposita istanza di rimborso o compensa-zione.Questa possibilità è prevista per i contribuenti che nell’anno solare precedente, o nei 12 mesi precedenti, abbiano registrato esportazioni, cessioni intracomunitarie e altre operazioni assimilate per un ammontare superiore al 10% del proprio volume di affari. Questa possibilità vige anche per i soggetti passivi non residenti che abbiano nominato in Italia un rappresen-tante fiscale o che si siano identificati diret-tamente (risoluzioni 21 giugno 1999, n. 120/E e 4 agosto 2011, n. 80/E). Per contro non posso-no avvalersi di questo sistema i soggetti che

abbiano iniziato l’attività da meno di un anno e coloro che non possono esercitare il diritto alla detrazione (e.g.: produttori agricoli in re-gime speciale di cui all’art. 34 del D.P.R. 633/72; contribuenti minimi). Il “volume di affari IVA” consta dell’ammontare delle operazioni impo-nibili, non imponibili, esenti (al netto di beni ammortizzabili materiali e di beni immateriali: diritti per brevetti industriali, di utilizzazione di opere dell’ingegno, di concessioni, licenze, marchi di fabbrica) registrate o nell’anno so-lare precedente, in tal caso tale ammontare è definito “plafond fisso”, o nei 12 mesi prece-denti, definendosi in tal caso l’ammontare to-tale “plafond mobile”. Ciò che va considerato per la qualifica di esportatore abituale è invece il volume d’affari IVA “rettificato”, corrispon-dente al volume d’affari IVA a cui vanno detrat-te le cessioni di beni in transito, le cessioni di beni immagazzinati in luoghi sotto vigilanza doganale (depositi doganali) e le operazioni extraterritoriali di cui all’art. 21, co. 6-bis, lett. a) e b) del DPR 633/72. Dal 1° gennaio 2013 l’ob-bligo di emissione della fattura per operazioni extraterritoriali è stato esteso alle cessioni di

NUOVO MODELLO DI DICHIARAZIONE DI

INTENTO PER ESPORTATORI ABITUALI

di Massimiliano Mercurio

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15| gennaio 2016

beni e prestazioni di servizi (diverse da quelle di tipo finanziario, bancario, creditizio e assicu-rativo di cui all’art. 10 del DPR 633/72) rese nei confronti di altro soggetto passivo residente nella UE, quali le cessioni di beni di cui all’art. 7-bis e le prestazioni di servizio non soggette ad IVA di cui all’art.7 da 7-ter a 7-quinquies, e a quelle rese nei confronti di soggetti non resi-denti nella UE.La verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di esportatore abituale deve essere riferita alle operazioni “registrate”: rientrano

Esportazioni dirette art.8, c. 1, lett. a) DPR 633/72 art. 8, c. 1, lett. a) DPR 633/72

Esportazioni dirette triangolari 633/772 art. 8, c. 1, lett. a) DPR 633/72

Esportazioni indirette (uscita a cura del cessionario non residente entro 90 dalla consegna) 633/72

art. 8, c. 1, lett. b) DPR 633/72

Cessioni verso San Marino e Città del Vaticano art. 71, c. 1, DPR 633/72

Cessioni di beni destinati ad essere impiegati nel mare territoriale a piattaforme di perforazione e sfruttamento

art. 8, c. 5, DPR 633/72

Operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione “effettuate nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa” 633/72

art. 8-bis, c. 1, DPR 633/72

Servizi internazionali art. 9, c. 1, DPR 633/72

Cessioni e prestazioni nei confronti di consolati, ambasciate, basi NATO, ONU, comandi militari ecc.

art. 72 DPR 633/72

Cessioni intracomunitarie art. 41 DL 331/93

Cessioni intracomunitarie triangolari art. 41 DL 331/93

Cessioni intracomunitarie interne triangolari art. 58 c. 1 DL 331/93

Cessioni intra-UE di beni prelevati da deposito IVA con trasporto e spedizione in altro Paese UE 331/93

art. 58-bis, c. 4 lett. f DL 331/93

Margini positivi delle esportazioni non imponibili di beni usati (c.d. regime del margine)

art. 37, c. 1 DL 41/95

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

Tabella 1

pertanto nel calcolo le fatture emesse antici-patamente alla consegna della merce e quelle per il pagamento di acconti, ma non le fatture differite.riferita alle operazioni “registrate”: rientrano pertanto nel calcolo le fatture emesse antici-patamente alla consegna della merce e quelle per il pagamento di acconti, ma non le fatture differite. Riepilogando, le operazioni che concorrono alla formazione del plafond sono quelle riportate nella tabella 1. Al contrario, NON concorrono alla costituzione del plafond le operazioni riportate nella Tabella 2.

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Cessioni di beni e prestazioni di servizi ad esportatori abituali art. 8, c. 1 lett. c) DPR 633/72

Cessioni a viaggiatori extracomunitari art. 38-quater, c. 1 DPR 633/72

Cessioni di beni in transito doganale o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale

art. 7-bis DPR 633/72

Cessioni di beni destinati a un deposito IVA art. 50-bis, c. 4, lett. c)-d) DL 331/93

Cessioni di beni all’interno di un deposito IVA e relative prestazioni di servizio

art. 50-bis, c. 4, lett. e)-h) DL 331/93

Trasferimenti di beni da un deposito IVA ad un altro art. 50-bis, c. 4, lett. i DL 331/93

Cessione di beni e prestazioni accessorie per finalità umanitarie art. 14 c. 4 L. 49/87, DM 379/88

La quota parte dei corrispettivi corrispondente al prezzo di acquisto nelle operazioni effettuate col regime di margine

art. 37, c. 1 DL 41/95

Prestazioni di servizio rese fuori dall’UE da agenzie di viaggio e turismo (regime speciale del DM 340/99)

art. 74-ter DPR 633/72

Tutte le cessioni e prestazioni di servizi extraterritoriali che dal 1o

gennaio 2013 concorrono al volume d’affari IVAartt. da 7-bis a 7-quinquies ai sensi dell’art. 21 c. 6-bis DPR 633/72

Esportazioni gratuite di beni oggetto dell’attività di impresa art. 8, c. 1 lett. a) DPR 633/72

Esportazioni gratuite di campioni di modico valore, appositamente contrassegnati e non destinati alla vendita oggetto dell’attività di impresa

art. 2, c. 3 lett. d) DPR 633/72

Esportazioni gratuite di beni non oggetto della attività di impresa se di valore non superiore a 50 euro

art. 2, c. 2 DPR 633/72

Esportazioni gratuite di beni estranei all’attività di impresa di costo unitario inferiore a 50 euro per i quali sia stata operata in acquisto o importazione la detrazione dell’imposta

art. 2, c. 2 DPR 633/72

Come si diceva più sopra, l’esportatore ha fa-coltà di scegliere tra due sistemi di calcolo del plafond a sua disposizione. Questi differiscono a seconda del periodo di riferimento preso in esame, che per il c.d. “plafond fisso” (detto an-che “plafond annuale”) riguarda le operazioni registrate nell’anno solare precedente, mentre per il c.d “plafond mobile” (detto anche “pla-fond mensile”) riguarda le operazioni registra-te nei 12 mesi precedenti. Questo secondo si-stema risulta più complesso, in quanto occorre verificare in ciascun mese sia la sussistenza dello status di esportatore abituale, sia il re-lativo plafond disponibile. Si rivela dunque di

maggiore utilità per quei soggetti che preve-dano una crescita delle operazioni interessate, e per coloro che abbiano iniziato l’attività da almeno 12 mesi e che possono quindi utilizzare il plafond già dal 13° mese, senza dover atten-dere la chiusura dell’anno solare.La scelta della tipologia di plafond viene ma-nifestata dal contribuente a posteriori in occa-sione del deposito della dichiarazione annuale IVA dell’anno di riferimento al quadro VC.È possibile passare da un tipo di plafond all’al-tro, ma evidentemente una volta scelto uno dei due va mantenuto fino al 1° gennaio dell’anno

Tabella 2

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Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Risoluzione del Ministero delle Finanze del 21 giugno 1999, n. 120/E• Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 4 agosto 2011, n. 80/E• D.P.R. 633/1972• D.P.R. 322/1988• Nota l’Agenzia delle Dogane del 20 maggio 2015• Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 13 aprile 2015, n. 38

successivo, non essendo possibile cambiare ti-pologia in corso d’anno.Per disciplina generale, le variazioni dell’impo-nibile che incidano in aumento sul fatturato dell’operatore economico, che lo obbligano quindi all’emissione di una fattura integrativa, vanno computate con riguardo all’operazione principale se la relativa fattura integrativa è emessa nel corso dell’anno o entro quello successivo. Sempre per disciplina generale, le note di credito che riducano imponibile e relativa imposta afferente sono facoltative, ma vanno sempre a ridurre il plafond disponi-bile. Pertanto se emesse nello stesso anno o nell’anno successivo riducono il plafond dispo-nibile dell’anno o dell’anno precedente, ma se emesse in anni ancora successivi, diminuendo il plafond dell’anno in cui è stata effettuata l’operazione principale potrebbero causare il c.d. “splafonamento”, cioè un utilizzo del pla-fond senza capienza che porterebbe ad irrego-larità e sanzioni.Il contribuente esportatore abituale può quindi utilizzare il plafond per acquistare o importare senza addebito dell’imposta beni e servizi di qualunque natura, inerenti l’attività di impre-sa, con eccezione di fabbricati, aree edificabili e in generale di beni e servizi con IVA indetrai-bile. La limitazione prevista inizialmente dalla norma che consentiva l’acquisto con utilizzo del plafond esclusivamente di beni che sareb-bero stati esportati tal quali o che sarebbero entrati nel ciclo produttivo dell’impresa per essere poi esportati sotto forma di altri beni è stata superata.Il momento di utilizzo del plafond è quello in cui si considera effettuata l’operazione di ac-quisto o importazione, non quello in cui si re-gistra la fattura o la bolletta doganale.Dall’11 febbraio 2015 vigono nuove modalità per ciò che riguarda la consegna o l’invio al ceden-

te o prestatore della dichiarazione di intento, cioè il documento con il quale l’esportatore abituale acclara alla controparte la propria volontà di avvalersi dell’utilizzo del plafond a propria disposizione. Oggi le dichiarazioni van-no trasmesse all’Agenzia delle Entrate esclu-sivamente per via telematica, direttamente o avvalendosi di soggetti abilitati a Entratel o Fi-sconline, o per il tramite di soggetti incaricati (art. 3 c. 2-bis e 3 DPR 322/98). Successivamen-te all’invio telematico l’esportatore abituale dovrà consegnare copia della dichiarazione di intento e relativa ricevuta di trasmissione al proprio fornitore, al quale compete l’onere di effettuare la verifica che il documento risulti a sistema attraverso la funzione “verifica rice-vuta dichiarazioni di intento” o accedendo alla sezione “comunicazioni” del cassetto fiscale.Con la nota del 20/05/2015 l’Agenzia delle Do-gane ha per parte sua dato il via libera alle semplificazioni contenute nella risoluzione 38/E del 13/04/2015 con la quale l’Agenzia del-le Entrate ha equiparato la procedura per le dichiarazioni di intento prevista per le opera-zioni interne con quella delle importazioni. Dal 25/05/2015 gli esportatori abituali che effettu-ino operazioni di importazione possono utiliz-zare un’unica dichiarazione di intento anche per più dichiarazioni doganali, evitando anche il deposito all’Ufficio delle Dogane della copia della dichiarazione di intento e della relativa ricevuta di presentazione. Ulteriori modifiche al modello di dichiarazione di intento atten-gono al campo 1 nel quale va indicato l’am-montare “presunto” (e non più “effettivo”) dell’imponibile dell’operazione doganale di importazione (rendendo preferibile una stima per eccesso piuttosto che per difetto) e l’indi-cazione degli importi al centesimo di euro e non più all’unità di euro.

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Dal punto di vista doganale il concetto di ori-gine assume due significati, a seconda che si parli dell’origine tout court e ci si riferisca all’origine comune, commerciale, non preferen-ziale dei beni, oppure che si tratti di origine preferenziale della merce.Posto che la provenienza di un prodotto non indica necessariamente anche l’origine dello stesso, rimanendo questo un concetto geogra-fico legato al luogo fisico in cui il prodotto me-desimo è ottenuto, e posto altresì che tale con-cetto di origine non attiene anche, come pure in passato è parsa l’interpretazione di alcune corti, al nome o al marchio più o meno noto, re-gistrato o meno, del soggetto che direttamen-te o attraverso terzi assume la veste giuridica di “produttore”, occorre distinguere tra origine non preferenziale ed origine preferenziale del-le merci.L’origine non preferenziale costituisce un dato fondamentale delle dichiarazioni doganali. Agli articoli 23 e seguenti del Codice doganale co-

munitario- CDC (Reg. (CEE) n. 2913/92) [oggi ne-gli articoli 59 e seguenti del Codice doganale dell’Unione, Reg. (UE) n. 952/2013] e agli articoli 35 e seguenti oltre che agli Allegato 9, 10 e 11 delle DAC-Disposizioni di Applicazione del Co-dice (Reg. (CEE) n. 2454/93) viene disciplinato il concetto di “origine non preferenziale” del-le merci, intendendosi dunque il Paese ove il bene risulti interamente ottenuto o nel quale abbia subito la c.d. “ultima trasformazione so-stanziale”.L’“origine preferenziale” al contrario trova la sua base giuridica agli articoli 27 e seguenti del Codice del ’92 e oggi all’art.64 del Codice dell’U-nione e agli articoli 66 e seguenti delle DAC. L’applicazione di dettaglio è poi contenuta nei regolamenti che, negli anni, hanno disciplinato il “Sistema delle Preferenze Generalizzate” at-tuato dall’Unione Europea in favore dei Paesi meno sviluppati, oltre che negli Accordi sotto-scritti con Paesi o gruppi di Paesi per il recipro-co trattamento agevolato.

ORIGINE PREFERENZIALE E RESPONSABILITÀ

DELL’ESPORTATORE

di Massimiliano Mercurio

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Scopo precipuo dell’origine preferenziale è quello di consentire l’abbattimento dei dazi all’importazione per quei prodotti che risultino avere le caratteristiche richieste dalle rispetti-ve regole.Come peraltro avviene anche nella determina-zione dell’origine non preferenziale, il punto di partenza del ragionamento per determinare se un prodotto possa dirsi “di origine preferenzia-le” è la classificazione doganale delle merci. Non si considerano mai idonee a conferire l’o-rigine (non preferenziale né tanto meno prefe-renziale) quelle operazioni che si definiscono “lavorazioni minime”, contenute all’art. 38 delle DAC:“a) le manipolazioni destinate ad assicurare la

conservazione dei prodotti tal quali durante il trasporto e il magazzinaggio (ventilazione, spanditura, essiccazione, rimozione di parti avariate e operazioni affini);

b) le semplici operazioni di spolveratura, vaglia-tura, cernita, classificazione, assortimento (ivi compresa la composizione di serie di prodotti), lavatura, riduzione in pezzi;

c) i) i cambiamenti d’imballaggio; le divisioni e riunioni di partite;

ii) la semplice insaccatura, nonché il sem-plice collocamento in astucci, scatole o su tavolette, ecc., e ogni altra semplice opera-zione di condizionamento;

d) l’apposizione sui prodotti e sul loro imbal-laggio di marchi, etichette o altri segni di-stintivi di condizionamento;

e) la semplice riunione di parti di prodotti per costituire un prodotto completo;

f) il cumulo di due o più operazioni indicate alle lettere da a) ad e).”

Per i prodotti interamente ottenuti, quelli cioè che non hanno subito ulteriori lavorazioni ma sono commercializzati così come coltivati, allevati, cacciati, estratti dal sottosuolo o dai fondali delle acque territoriali, o nelle stesse acque pescati, elencati all’art. 23 del CDC, la determinazione dell’origine è immediata.Se invece un prodotto è ottenuto a seguito di lavorazioni effettuate in due o più Paesi, o

utilizzando materie prime, componenti, se-mi-lavorati non tutti originari del Paese in cui avviene la lavorazione, si pone il problema di determinare quale di queste operazioni di tra-sformazione conferisca l’origine alle merci ot-tenute e se gli input utilizzati rilevino e quanto in questa determinazione.Il concetto di “ultima lavorazione o trasfor-mazione sostanziale” dell’art. 24 del CDC non è sempre di facile definizione. Uno degli indi-catori che spesso consente di affermare che il prodotto sia originario di un determinato Pae-se è il c.d. “salto di codice”, in cui per “codi-ce” si intende riferirsi alla voce doganale del prodotto ottenuto, ovvero le prime 4 cifre della classificazione doganale delle merci. Così, se un certo bene è ottenuto utilizzando materie prime, componenti, semi-lavorati che abbiano una classificazione doganale diversa rispetto ad esso, può ragionevolmente dirsi che tale bene è originario del Paese in cui è in tal modo ottenuto: utilizzando qualcosa si ottiene un bene che è qualcos’altro, quindi originario. In altri casi, pur in assenza di un “salto di codi-ce” a livello di voce doganale, la lavorazione o trasformazione effettuata può comunque risul-tare idonea a conferire l’origine del prodotto ottenuto, avendo apportato un valore aggiunto tale da poter far considerare il prodotto origi-nario. In altri casi ancora l’origine di un prodot-to è data dalla combinazione delle due ipotesi di cui sopra, per cui in parte vi è un cambio di voce doganale e in parte un certo apporto di valore aggiunto.Con riguardo all’origine non preferenziale, le regole di origine sono contenute come detto negli articoli da 23 in poi del Codice e negli ar-ticoli da 60 in poi delle DAC oltre agli Allegati 9, 10 e 11 del medesimo Reg. (CEE) n. 2454/93. L’Allegato 9 contiene le note introduttive per la lettura e corretta comprensione dei due allega-ti successivi. L’Allegato 10 riguarda la Sezione XI della Tariffa Doganale Integrata della Comu-nità (TARIC), quindi alle sole materie tessili ed ai manufatti di queste. L’Allegato 11 contiene le lavorazioni atte a conferire l’origine ad altri prodotti industriali non compresi nella Sezione XI, quindi diversi dalle materie e dai manufatti tessili, ma consta di meno di una quarantina di

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

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voci e sottovoci doganali: è evidente che nella totalità delle classificazioni doganali possibi-li per le merci si tratta di un numero davvero esiguo di prodotti. Per tutti gli altri beni non ricompresi in questi due Allegati, che vale la pena ricordare costituiscono l’unico testo normativo in tema di regole tecniche di origi-ne non preferenziale delle merci, l’origine va determinata caso per caso, avendo riguardo, come recita l’art. 24 del Codice, alla lavorazio-ne o trasformazione con cui sono ottenuti, alla necessaria giustificazione economica di que-ste operazioni, al fatto che siano effettuate da un soggetto professionale ed al fatto che ciò che si è ottenuto con esse sia un “prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase impor-tante del processo di fabbricazione”.Un ausilio al ragionamento logico concettua-le necessario alla determinazione dell’origine non preferenziale di un prodotto è rappresen-tato dalle list rules, le “regole di lista” fis-sate in seno al Comitato per l’origine della WTO-World Trade Organization che costitui-scono la posizione UE a riguardo in seno all’Or-ganizzazione Mondiale del Commercio.L’origine non preferenziale attiene al “Pae-se” in cui un bene è ottenuto. Ancorché am-messa anche dalle Camere di Commercio, com-petenti per il rilascio dei Certificati di Origine delle merci, l’origine “CE” o “UE” o comunque comunitaria dei prodotti non è del tutto cor-retta, stante il fatto che, ad oggi, possiamo definire l’Unione Europea come un mercato comune, come una zona di libero scambio pri-va di barriere doganali, come una associazione economica e commerciale, dotata sì di organi legislativi ed esecutivi e di apparati giuridici, normalmente prerogative di uno Stato sovra-no, ma comunque non è possibile definirla come un “Paese federale”.Infatti, l’indicazione “origine CE/UE” non è am-messa in molti Paesi terzi, se non accompa-gnata dalla precisazione di quale, dei 28 Paesi membri, sia quello in cui i prodotti sono otte-nuti.L’origine preferenziale, per ciò che qui rileva, si applica oggi in modo unilaterale a quei Paesi a cui l’Unione Europea riserva un trattamento favorevole in ragione del grado di arretratez-za economica degli stessi. La versione attuale del Sistema delle Preferenze Generalizzate è in vigore dal 1° gennaio 2014 e la relativa di-sciplina è contenuta nel Reg. (UE) n. 978/2012 così come modificato dal Reg. (UE) n. 1421/2013. Con questi ultimi regolamenti i Paesi benefi-

ciari del Sistema sono scesi da 176 a 89. Anche il documento attestante l’origine preferenziale nell’ambito dell’SPG (certificato di origine Mo-dello A – Form A) non dovrebbe essere più uti-lizzato dal 2017.L’altro ambito di applicazione dell’origine pre-ferenziale riguarda gli Accordi sottoscritti dalla Comunità Europea prima e dall’Unione Europea poi con altri Paesi. Con questi il trattamento è reciproco, contrariamente al Sistema delle Pre-ferenze Generalizzate. Pertanto si applica sia ai beni importati nell’UE da questi Paesi terzi che per quelli di origine comunitaria ivi destinati.Le regole di riferimento sono contenute in Al-legati agli Accordi che disciplinano quali siano le lavorazioni e trasformazioni necessarie affin-ché un bene possa dirsi di origine preferenzia-le. In questo senso ciò che qui rileva dal punto di vista degli operatori economici comunitari che esportino in Paesi terzi è che il concetto di origine preferenziale, pur con definizioni più “strette” rispetto all’origine comune riguardo alle necessarie lavorazioni o alle soglie minime di valore aggiunto, si estende a tutti i Paesi membri dell’Unione. Il bene si dirà “di origine preferenziale comunitaria”, in quanto la Parte contraente degli accordi è appunto l’Unione e non i singoli Membri. Parimenti, nell’analisi per determinare se un prodotto – che non sia un prodotto interamente ottenuto, che ne go-drebbe di per sé - abbia o meno origine pre-ferenziale, occorre tenere in considerazione non materie prime, componenti e semilavorati ”semplicemente” di origine (comune, commer-ciale, non preferenziale) della UE in generale e di uno dei 28 Paesi membri in particolare, ma la valutazione dovrà discriminare tra quelli di ori-gine preferenziale comunitaria e quelli che tale origine preferenziale non hanno. Lavorazioni e trasformazioni richieste e/o soglie massime in termini di valore poste dalle regole contenu-te negli Accordi riguardano, in tale contesto, le materie prime, i componenti o semilavorati non di origine preferenziale comunitaria, di fatto escludendo anche quelli che possano dir-si soltanto di origine comune comunitaria. Per chiarire quest’ultimo concetto, si pensi ad un bene, non interamente ottenuto, di origine ita-liana perché ottenuto in Italia con componenti italiani. Questo bene sarà di origine comune italiana indipendentemente dal fatto che ven-ga venduto in Italia, nella Ue o esportato in un Paese terzo. Lo stesso bene potrà dirsi anche di origine preferenziale comunitaria se e solo se gli stessi componenti, a loro volta, posso-

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no dirsi di origine preferenziale comunitaria in base alle regole per essi previste nell’Accordo in cui quel bene dovesse essere esportato, e non componenti semplicemente di origine co-mune/non preferenziale italiana. Il beneficio dell’abbattimento daziario per l’im-portatore residente in uno dei Paesi contraenti di un Accordo di libero scambio come quelli in discorso, che evidentemente si sostanzia anche nel vantaggio implicito per l’esportato-re comunitario dall’altro lato che, a parità di altre condizioni, sarà preferito ai concorrenti che non possano proporre beni destinatari del medesimo trattamento, è accordato dalle au-torità doganali dietro attestazione dell’origine preferenziale dei prodotti in sede di importa-zione. Questa attestazione di origine preferen-ziale, di regola di competenza della Dogana di esportazione con la vidimazione dei “Certifica-ti di circolazione delle merci” EUR.1 o EUR-MED oppure, per i soggetti autorizzati, rilasciata dagli stessi direttamente sulle proprie fatture commerciali export, è sempre responsabilità dell’esportatore, sia esso anche il produttore delle merci o meno. In altri termini, il soggetto tenuto a dichiarare alla dogana di esportazio-ne l’origine preferenziale delle merci al fine di vedersi rilasciare il documento che dovrà scor-tarle alla dogana di destinazione consenten-do al cliente importatore di vedersi applicato un dazio ridotto o azzerato, o che autonoma-mente attesti in qualità di “esportatore auto-rizzato” l’origine preferenziale sulle fatture di esportazione che a destino otterranno lo stes-so trattamento di favore, è chi esporta i beni, a prescindere che ne sia anche il produttore o un successivo rivenditore. Nel primo caso, co-noscendo le modalità di ottenimento dei beni che esporta, potrà consapevolmente attestar-ne, e dimostrarne all’occorrenza, l’eventuale

origine preferenziale. Se al contrario l’esporta-tore non coincide con il produttore, per otte-nere il certificato di circolazione che attesti (o dichiarare in fattura) l’origine preferenziale dei beni dovrà disporre della “dichiarazione del fornitore”, redatta come da Allegati I o II del Reg. (CE) n. 1207/2001 come modificati dal Reg. (CE) n. 1617/2006, sia nuovamente questo suo fornitore il produttore dei beni o meno, per il quale vale il medesimo ragionamento che farà risalire la filiera della responsabilità fino al pro-duttore effettivo. La dogana può richiedere la documentazione giustificativa sia all’atto della dichiarazione doganale di esportazione, sia a posteriori, d’ufficio o interessata da richiesta di cooperazione amministrativa dalla omolo-ga autorità nel Paese di importazione per la conferma della dichiarazione di origine prefe-renziale. Le prove documentali giustificative della dichiarazione di origine preferenziale per espressa disposizione normativa vanno mante-nute agli atti a disposizione delle autorità per almeno tre anni dalla dichiarazione export.Se fosse accertata la falsità della dichiarazio-ne di origine (a tale riguardo, sia essa l’origi-ne non preferenziale dichiarata alla Camera di Commercio per l’ottenimento del Certifica-to di Origine delle merci, come pure l’origine preferenziale dichiarata alla dogana per l’ot-tenimento del Certificato di Circolazione EUR.1 o EUR-MED) l’esportatore potrà vedersi conte-stata la fattispecie generale di “falso ideolo-gico del privato in atto pubblico” di cui all’art. 483 c.p., che prevede la reclusione fino a 2 anni. La disciplina sanzionatoria della falsa o fallace indicazione di origine italiana è poi contenuta all’art. 517 c.p. e all’art. 4 comma 49 e 49-bis della legge n. 350 del 2003.

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• Reg. CEE 2913/92• Reg. UE 952/2013• Reg. CEE 2454/93• Reg. UE 978/2012• Reg. UE 1421/2013• Reg. CE 1207/2001• Reg. (CE) 1617/2006

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La cessione di beni all’esportazione, discipli-nata all’art. 8 del DPR n. 633/72, rappresenta certamente la principale operazione che com-porta la movimentazione fisica delle merci da un operatore comunitario ad un soggetto residente in un Paese terzo. I beni d’altronde possono essere spediti anche per altre ragio-ni diverse dalla vendita. È il caso, ad esempio, dell’invio di prodotti per partecipare a fiere o esposizioni, dell’inoltro di apparecchiature ed attrezzature per l’effettuazione di interventi tecnici, dell’invio di campioni commerciali per la loro valutazione da parte di possibili clienti, delle spedizioni di merci che dovranno subire una lavorazione e poi rientrare. Dal punto di vi-sta doganale queste operazioni vanno distinte in base al fatto che i beni, esaurito il motivo per cui sono stati spediti, saranno reimportati tal quali o, al contrario, rientreranno sotto for-ma di “prodotti compensatori”, come si defini-scono beni ottenuti a seguito di una qualche lavorazione o trasformazione effettuata al di

fuori dell’Unione Europea attraverso l’utilizzo di beni temporaneamente esportati. Per questa seconda ipotesi la disciplina di riferimento per il c.d. “traffico di perfezionamento passivo” è contenuta negli articoli 145 e seguenti del CDC - Codice Doganale Comunitario [Reg. (CEE) n. 2913/1992] e all’art. 258 del nuovo Codice Do-ganale dell’Unione [Reg. (UE) n. 952/2013], oltre che nelle DAC – Disposizioni di Applicazione del Codice [Reg. (CEE) n. 2454/1993] agli articoli 585 e seguenti.Per i beni spediti temporaneamente ma che non dovranno essere sottoposti a lavorazioni o trasformazioni, la procedura doganale di espor-tazione temporanea comporta la richiesta di apposita autorizzazione alla dogana territo-rialmente competente ove ha sede l’esporta-tore. Al fine di riscontrare che i beni all’atto del rientro sono i medesimi usciti, occorre indi-care quali siano i c.d. “mezzi di identificazio-ne” previsti (numeri di serie, etichette, sigilli, schede tecniche, fotografie, ecc.). All’arrivo nel

PERFEZIONAMENTO

PASSIVO O ESPORTAZIONE DEFINITIVA?

di Massimiliano Mercurio

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23| gennaio 2016

Paese di importazione, onde evitare l’applica-zione dei diritti doganali previsti per le merci che si introducono provvisoriamente (non de-stinati dunque al consumo in tale Paese), oc-correrà richiedere l’autorizzazione a quella che le norme comunitarie definiscono “ammissione temporanea”. Di regola l’autorità doganale che deve autorizzare questo momentaneo ingres-so nel proprio territorio richiede la prestazione di una garanzia a copertura dei diritti che si pagherebbero se i beni fossero importati defi-nitivamente (attraverso deposito della somma in denaro o, più frequentemente, attraverso la presentazione di idonea copertura fideiusso-ria), garanzia che verrà svincolata all’atto della riesportazione dei beni. Per ovviare a questa procedura, che comporta come descritto la richiesta di autorizzazioni sia in partenza che in arrivo, oltre alla prestazione della garanzia, è possibile usufruire del mec-canismo previsto dalla Convenzione ATA (in cui l’acronimo bilingue francese-inglese “Ad-mission Temporaire – Temporary Admission” significa appunto “Ammissione Temporanea”) sottoscritta a Bruxelles il 6 dicembre 1961 e ra-tificata dall’Italia con DPR n. 2070 del 18 mar-

zo 1963. Successivamente è stata firmata il 26 giugno del 1990 la Convenzione di Istanbul sull’ammissione temporanea di merci, ratifica-ta dall’Italia con DPR n.479 del 26 ottobre 1995. Questa convenzione, elaborata con l’intento di raggruppare tutte le convenzioni in materia di ammissione temporanea di merci, ha ripreso nell’Allegato A la normativa del carnet ATA e del CDP (Carnet de Passage en Douane per gli automezzi) con relativi modelli e documenti in uso. La Convenzione di Istanbul non si sostitu-isce alle singole convenzioni, almeno fino alla sua ratifica da parte di tutti i Paesi aderenti alle stesse. L’intento di queste convenzioni è proprio quello di semplificare e facilitare la movimentazione internazionale di merci, riducendo al minimo le formalità doganali e semplificando le procedu-re che ciascun Paese impone per le operazioni di esportazione, transito ed importazione, ga-rantendo al contempo allo Stato di importazio-ne l’eventuale riscossione dei diritti in caso di mancata riesportazione. I beni che possono utilizzare le previste agevo-lazioni sono:1) merci destinate a essere presentate od

utilizzate in occasione di una esposizione, fiera, congresso o manifestazione simila-re:

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

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24 gennaio 2016 |

a) le merci destinate ad essere esposte o a formare oggetto di una dimostrazione nel corso di una manifestazione o altro evento, compresi macchine, animali, im-barcazioni e materiale vario destinati alle competizioni sportive; cavalli, con i relativi oggetti di selleria, per partecipa-re a gare o concorsi ippici; armi e muni-zioni a seguito di sportivi partecipanti a gare di tiro a volo o di tiro a segno;

b) le merci destinate ad essere utilizzate in occasione di una manifestazione per esigenze di presentazione di prodotti im-portanti, quali:• le merci necessarie per la dimostra-

zione di macchine o apparecchi espo-sti;

• il materiale di costruzione o di deco-razione, compreso l’equipaggiamento elettrico, per i padiglioni provvisori di una persona fisica o giuridica stabili-ta al di fuori della Comunità;

• il materiale pubblicitario, di dimostra-zione e di equipaggiamento destinato ad essere utilizzato per la pubblicità delle merci importate ed esposte, quali le registrazioni sonore, le pel-licole cinematografiche o comunque altro supporto atto alla riproduzione di prodotti audiovisivi, le diapositive nonché l’apparecchiatura necessaria per la loro utilizzazione;

c) il materiale destinato ad essere utilizza-to in occasione di riunioni, conferenze e congressi internazionali, comprese le apparecchiature per l’interpretazione, gli apparecchi di registrazione del suono e i prodotti audiovisivi a carattere educati-vo, scientifico o culturale;d) gli animali vivi destinati ad essere esposti, sottoposti a trattamenti veteri-nari o utilizzati per la riproduzione, am-maestrati o a partecipare a manifesta-zioni;

2) materiali professionali, e cioè:a) materiale necessario ai rappresentati

della stampa, della radiodiffusione o del-la televisione che si recano in un Paese per la realizzazione di reportages, o di registrazioni o di emissioni nel quadro di programmi determinati;

b) materiale necessario a persone o ditte che si recano in un Paese per la realiz-zazione di uno o più film cinematografici determinati;

c) materiale necessario all’esercizio del me-stiere o della professione di una persona che si reca in un Paese per compiervi un lavoro determinato, con esclusione, però, del materiale destinato ad essere utiliz-zato:• nei trasporti all’interno del Paese

d’importazione; • per la fabbricazione industriale;• per il confezionamento di merci;• per lo sfruttamento di risorse natura-

li, la costruzione, riparazione o manu-tenzione di immobili, l’esecuzione di lavori di terrazzamento o similari, a meno che, in questi casi, non si tratti di utensili a mano;

a) materiale pedagogico;b) materiale scientifico;c) campioni rappresentativi di una deter-

minata categoria di merci, ad esclusio-ne degli articoli identici, e destinati ad essere presentati o ad essere oggetto di dimostrazione, per suscitare ordinazioni di merci analoghe;

d) film cinematografici, impressionati o sviluppati, positivi, destinati ad essere visionati prima della loro utilizzazione commerciale;

e) cavalli per ippoturismo montati da tu-risti.

Precisando che l’utilizzo del carnet ATA è ov-viamente possibile solo in quei Paesi che ne hanno ratificato la Convenzione, si aggiunge che non è consentito utilizzarlo per la tempo-ranea esportazione di alcune tipologie di beni, quali materiale di consumo, depliants, prodotti deperibili, gadgets e merci destinate ad ope-razioni di trasformazione o riparazione. Inoltre, non tutte le tipologie sopra descritte sono am-messe in tutti i Paesi aderenti, dato che alcuni ne hanno autorizzato l’impiego per esempio per manifestazioni e fiere ma non per materiali

professionali o campioni commerciali come nel caso degli Emirati Arabi Uniti.La richiesta di rilascio del carnet ATA, cioè il supporto cartaceo utilizzato nel meccanismo previsto dalla Convenzione, va presentata alla

“ L’intento di queste convenzioni è proprio quello di semplificare e facilitare la movimentazione

internazionale di merci”

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Camera di Commercio territorialmente compe-tente per la sede dell’esportatore. Andrà “alli-brato” presso un Ufficio doganale comunitario e presentato all’Ufficio di uscita. All’arrivo nel Paese di destinazione sarà nuovamente regi-strato dalla Dogana di ingresso, consentendo all’operatore di utilizzare i beni per l’operazio-ne temporanea. Con la riesportazione dei beni dal Paese terzo e la reimportazione nell’Unione (che deve avvenire al massimo entro 12 mesi dalla data di rilascio del carnet) l’operazione temporanea si conclude definitivamente. I beni che devono essere spediti per essere sottoposti ad una qualche lavorazione o tra-sformazione e che, successivamente a queste, rientreranno nel territorio doganale comunita-rio, non potendo beneficiare del meccanismo del carnet ATA dovranno essere assoggettate alla normale procedura prevista dalle norme doganali. Essa si sostanza nella richiesta di autorizzazione alla temporanea esportazione in regime di “TPA - Traffico di Perfezionamento Passivo” alla dogana. La domanda, redatta su apposito formulario comunitario di cui all’Alle-gato 67 delle DAC, deve contenere anche la c.d. “giustificazione economica” per cui si richie-de l’autorizzazione, intendendosi con questa la motivazione in base alla quale si intende far effettuare delle lavorazioni al di fuori dell’U-nione. A questo riguardo l’esame dell’autorità

doganale che dovrà autorizzare il TPA accerterà che il ricorso al perfezionamento in un Paese terzo non arrecherà “grave pregiudizio agli in-teressi dei trasformatori comunitari” e che “il perfezionamento nella Comunità sia economi-camente impossibile oppure non realizzabile

per motivi tecnici o a causa di obblighi contrat-tuali” [art. 502 p.to 4 Reg. (CEE) n. 2454/93].Scopo precipuo del ricorso al traffico di per-fezionamento passivo è evitare che all’atto della reimportazione beni in precedenza de-finitivamente esportati che dovessero rien-trare sotto forma di prodotti compensatori (in qualche modo inglobati quindi in altri pro-dotti di cui costituiscono componenti, materie prime o semilavorati) siano assoggettati ai diritti di importazione, con particolare riguar-do al dazio afferente così come previsto dalla Tariffa doganale. Con l’esportazione definitiva i beni perdono la qualifica giuridica di “merce comunitaria”, ma giova precisare che nel mo-

“ La richiesta di rilascio del carnet ATA va presentata alla

Camera di Commercio territorialmente competente per la sede dell’esportatore”

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“ L’esportazione temporanea, qualunque sia la ragione per

la quale i beni vengono spediti all’estero, è sempre e solo una

facoltà dell’operatore economico, mai un obbligo”

mento in cui dovessero rientrare a seguito di una qualche lavorazione o trasformazione, la corretta determinazione del valore in dogana dei prodotti compensatori non potrà prescin-dere dalla valorizzazione anche di quanto a suo tempo spedito e trasformato nel Paese terzo, con conseguente applicazione dei diritti di confine sia sul valore delle operazioni svolte dal prestatore extracomunitario e su eventua-li altri beni utilizzati, che sul valore dei beni esportati in via definitiva dal committente co-munitario. Un esempio aiuterà a chiarire que-sto concetto.

ESEMPIOSi ipotizzi che, per motivi che consentano il soddisfacimento delle “condizioni economi-che” sopra richiamate, un operatore comuni-tario invii con esportazione definitiva un certo quantitativo di tessuti ad un partner situato al di fuori dell’Unione che li trasformerà in capi di abbigliamento, addebitando al committente solo la relativa prestazione di servizio di con-fezionamento. In base alle norme sul “valore in dogana” dei prodotti importati, l’imponibi-le su cui verrà accertato, liquidato e riscosso il dazio previsto dalla TARIC per quei capi di

abbigliamento non sarà semplicemente dato dal corrispettivo esposto per la prestazione di confezionamento, ma a questo dovrà sommarsi il valore dei tessuti a suo tempo dichiarati per l’esportazione definitiva. In regime di Traffico di Perfezionamento Passivo al contrario il mec-canismo di calcolo porterà a dover versare in dogana il dazio afferente a questa tipologia di prodotti solo sulla quota parte di valore rap-presentato dalla prestazione di servizio, e non anche sul valore dei beni esportati per essere

trasformati, con evidente vantaggio economico per l’operatore comunitario.Non sempre il ricorso al TPA si traduce in un risparmio di costi. La valutazione dell’opportu-nità di usufruire di tale “regime doganale eco-

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• D.P.R. 633/1972 • Reg. CEE 2913/1992 • Reg. UE 952/2013 • Reg. CEE 2454/1993• L. 479/1975

nomico”, come definito dalle norme doganali, deve tenere in conto sia il risparmio sul dazio in reimportazione che altre componenti di co-sto connesse all’utilizzo di questa procedura. Più chiaramente, la gestione documentale ed amministrativa ed i relativi costi a cui l’impre-sa deve andare incontro per usufruire del re-gime di cui trattasi (si pensi a puro titolo di esempio alla redazione, sottoscrizione ed inol-tro alla dogana dell’istanza di autorizzazione, per la quale il professionista che rappresenta l’impresa ragionevolmente esporrà degli ono-rari) dovranno essere adeguatamente compen-sati dal risparmio sul dazio dovuto in reimpor-tazione. Nel caso in cui i prodotti compensatori scontassero nella UE un dazio pari a zero, e ciò sia perché tale è l’aliquota standard prevista in Tariffa, sia per una riduzione accordata in ra-gione dell’eventuale origine preferenziale che i beni dovessero acquisire grazie alle operazioni di trasformazione effettuate nel Paese terzo, l’effettivo vantaggio economico risulterebbe vanificato. In tale contesto vale la pena ricor-dare che l’esportazione temporanea, qualun-que sia la ragione per la quale i beni vengono spediti all’estero, è sempre e solo una facoltà dell’operatore economico, mai un obbligo. La regola generale è l’esportazione definitiva, es-sendo quella temporanea ammessa al ricorrere di determinate condizioni. Tanto per sfatare la convinzione di alcune imprese (e della dogana italiana di molto tempo fa …) che in assenza di una vera e propria vendita di beni non sia pos-sibile dichiarare i beni per il regime di espor-tazione definitiva, posto che non esiste alcuna correlazione – dal punto di vista della tecnica doganale – tra l’eventuale passaggio di pro-

prietà delle merci e il tipo di esportazione, de-finitiva o temporanea, che l’operatore dovesse decidere di attuare. Laddove questi verificasse più conveniente spedire con esportazione defi-nitiva potrà presentare alla dogana semplice-mente una lista valorizzata, o una fattura pro-forma, o qualunque altro documento idoneo alla corretta compilazione della dichiarazione doganale, senza che questo costituisca implici-ta asserzione della vendita dei beni e dato che non esiste alcuna norma contabile che leghi necessariamente una bolletta doganale export (e, sia detto per inciso, neppure import) ad una fattura di vendita (o di acquisto per una bolla import). Come ben rappresentato, seppure con l’ironia del caso, in una celebre pellicola uscita nel-le sale cinematografiche a ridosso del Natale del 1984, “Non ci resta che piangere”, di e con Roberto Benigni e Massimo Troisi, nella scena diventata un cult “Chi siete? Cosa fate? Cosa portate? Un fiorino!”, il presupposto della di-chiarazione doganale è l’attraversamento del-la frontiera, non necessariamente il rapporto commerciale sottostante …Si ritiene pertanto opportuna una puntuale ed approfondita analisi dell’operazione che si vorrebbe attuare, discriminando l’utilizzo degli strumenti giuridici ed operativi più consoni ed economicamente vantaggiosi.

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In materia di IVA è stata emanata la Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valo-re aggiunto.Come noto, l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) è un’imposta generale sui consumi, applicabile alle attività commerciali che prevedano cessio-ni di beni e prestazioni di servizi. Il sistema co-mune dell’IVA di cui alla direttiva citata riguar-da dunque beni e servizi che siano acquistati e venduti per essere destinati al consumo nel territorio comunitario. L’imposta si calcola in funzione del maggiore valore aggiunto in ogni fase della filiera, dalla produzione fino al con-sumatore finale ed è su quest’ultimo che deve gravare. La riscossione avviene in modo frazio-nato, attraverso un sistema di pagamenti par-ziali (rispetto al totale finale che graverà su chi consuma il bene o gode del servizio) tale per cui il soggetto imponibile (le imprese identifi-cate ai fini IVA) possono portare in detrazione

l’imposta versata ai propri fornitori dal totale di quanto da essi addebitato ai propri clienti. In questo modo, a prescindere dal numero di pas-saggi prima di arrivare al consumatore finale, l’IVA rimane neutra per l’impresa, rimanendo in definitiva a carico di chi consuma il bene o fruisce del servizio sotto forma di percentuale applicata al prezzo finale, dato dalla somma degli incrementi di valore risultanti da ognuna delle diverse fasi di produzione e commercia-lizzazione. I soggetti passivi versano dunque al fisco nazionale l’IVA relativa alle proprie ces-sioni di beni o prestazioni di servizi da questi addebitate ai clienti, dopo aver detratto l’IVA corrisposta ai propri fornitori.Fin qui appare tutto molto semplice e lineare: se tale è il vostro pensiero è probabile che non vi occupiate di diritto, più precisamente di di-ritto tributario, ed ancora più nel dettaglio di norme in tema d’IVA. Soprassedendo sull’affer-

LA CORTE DI

GIUSTIZIA UE E IL DIRITTO ALLA DETRAZIONE IVA: I DIVERSI

ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E

COMUNITARIAdi Massimiliano Mercurio

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mazione che una volta chi scrive ebbe ad ascol-tare, “La disciplina IVA o la si ama o la si odia, io l’amo” (de gustibus...), l’estrema eterogenei-tà delle operazioni commerciali che è possibile porre in essere comporta, inevitabilmente, una altrettanto imponente giurisprudenza sulle possibili diverse interpretazioni. Nonostante il poderoso (taluno direbbe bizantino) apparato normativo cui siamo avvezzi nel nostro Paese, che potrebbe dare l’idea di voler tutto norma-re e tutto prevedere, le casistiche contemplate dalle norme in campo IVA, come in qualunque altra branca del diritto, possono e debbono ne-cessariamente disciplinare fattispecie genera-li. Inoltre, negli anni sono intervenute modifi-che importanti (si pensi al riordino in tema di prestazioni di servizi del 2010), dettate in molti casi anche da direttive comunitarie sulla ma-teria.

Pur essendo di competenza istituzionale dell’A-genzia delle Entrate, l’IVA è dovuta anche “sul-le importazioni da chiunque effettuate” (art. 1 DPR 633/72): in questo ambito è pertanto accer-tata, liquidata e riscossa in dogana. L’operato-re economico provvede attraverso la dichiara-zione import a versare il dazio afferente ai beni importati, immettendoli in “libera pratica” o “libera circolazione”. Di solito contestualmente gli stessi beni assolvono anche la fiscalità in-terna, IVA in primis ma anche eventuali impo-ste di consumo, accise ed altre se previste. Con questo passaggio la merce si dice “immessa in consumo” e rientra nella piena disponibilità dell’importatore.Al fine di sanare una discrasia tra il trattamen-to riservato ai beni di provenienza terza, che possono fruire dell’introduzione in deposito doganale per sospendere il pagamento dei di-ritti di importazione, e quindi anche dell’IVA, e quelli comunitari che di questo beneficio non potevano godere, il D.L. 30 agosto 1993, n. 331 recante «Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’al-cole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi la-vorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché ... (omissis) » (GURI n. 203, del 30 agosto 1993), convertito nella Legge 29 ottobre 1993, n. 427, ha introdot-to l’articolo 50 bis, che al IV comma punto b) prevede che siano effettuate senza pagamento dell’imposta “le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari desti-nati ad essere introdotti in un deposito IVA”, oltre che “le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le mani-polazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei lo-cali limitrofi sempreché, in tal caso, le sud-dette operazioni siano di durata non supe-riore a sessanta giorni” [punto h)]. In estrema sintesi, l’introduzione di beni immessi in libera pratica nel deposito IVA consente di non as-solvere l’imposta in dogana come avviene per l’immissione in libera pratica con contestuale immissione in consumo. L’imposta sarà assol-ta attraverso il meccanismo del c.d. “reverse

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

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charge” di cui all’art. 17 terzo comma del DPR 633/72 solo al momento dell’estrazione dei beni dal deposito. È evidente che, da un punto di vi-sta finanziario, il meccanismo consente anche di evitare il materiale esborso dell’IVA come al contrario avviene all’atto dell’importazione/im-missione in consumo in dogana.Negli anni l’istituto del deposito IVA è stato og-getto di interventi interpretativi, resi necessari anche dal contenzioso che, nel frattempo, era sorto su talune operazioni poste in essere da operatori che, a parere dell’autorità doganali, ne avevano fatto indebito ed arbitrario utilizzo.Alcuni aspetti degni di nota nella corretta ge-stione del regime del deposito IVA:• il legislatore non ha previsto nessun tem-

po minimo di sosta delle merci all’inter-no dei depositi, come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate (nota 30 agosto 2006, n. 2006/127886) e dall’Agenzia delle Dogane (nota 24 luglio 2006, n. 4402; nota 16 settembre 2004, n. 2004/29908);

• non è previsto da alcuna normativa che le merci debbano essere scaricate dai mezzi di trasporto, (nota 2162/V/SD del 2 agosto 1999, citata dalla circolare 28 aprile 2006, n. 16/D, Agenzia delle Dogane);

• il deposito IVA è un deposito fisico, se pure siano sufficienti ma necessari i rela-tivi servizi di stoccaggio e custodia, risul-tanti da regolari registrazioni contabili e commerciali, tali da giustificare economi-camente e giuridicamente il contratto di deposito, deposito che se inesistente o le-gato a un contratto simulato non potrebbe godere delle agevolazioni di cui all’art. 50 bis: è dunque specificamente vietato il de-posito virtuale (nota 28 dicembre 2006, n. 7521 Agenzia delle Dogane);

• le prestazioni di servizi di cui alla lettera h) quarto comma dell’art. 50 bis, relative a beni consegnati al depositario, costituisco-no ad ogni effetto introduzione nel deposi-to IVA, anche se svolte nei locali limitrofi (art. 16 comma 5 bis Legge 27 gennaio 2009, n. 2).

Nonostante i chiarimenti intervenuti, il con-tenzioso tributario è stato risolto in alcuni casi ritenendo l’imposta assolta attraverso la dop-pia registrazione dell’autofattura emessa ai sensi dell’art. 17 comma 3 del DPR 633/72 sia sul registro delle fatture emesse che su quello degli acquisti, e in ragione del generale divie-to di doppia imposizione affermando preclusa la possibilità di recupero dell’imposta (Comm.

trib. prov. Torino, sez. XVIII, 18 settembre 2006, n. 61; Comm. trib. prov. Torino, sez. XX, 16 luglio 2008, n. 74); in altri casi, giustificandola con la mancata introduzione dei beni in deposito IVA da parte dell’operatore, la dogana che ha proceduto a recuperare l’imposta ha agito se-condo i giudici illegittimamente, posto che l’in-troduzione nei luoghi adiacenti allo spazio fisi-co del magazzino e non al suo interno non ha arrecato alcun danno all’erario (Comm. trib. La Spezia, 25 maggio 2009, n. 120; Comm. trib. prov. Torino, sez., 9 ottobre 2009, n. 102), e quanto alla pretesa della dogana di dover riscuotere l’IVA comunque già assolta in reverse charge poiché trattavasi di imposta che avrebbe dovuto es-sere versata all’atto dell’importazione – quindi di propria competenza e non dell’Agenzia delle Entrate - questa è stata respinta poiché ben si può ritenere che la stessa imposta sia stata legittimamente assolta per l’Ufficio competen-te per l’IVA nazionale (Comm. trib. prov. Napoli, 30 giugno 2009, n. 394), ed una interpretazione che invece ritenesse legittima tale richiesta di versamento comporterebbe de facto una inam-missibile duplicazione dell’imposta (Comm. trib. prov. Milano, sez. VII, 22 dicembre 2008, n. 307/08, che ha richiamato la “giurisprudenza costante della Corte di Giustizia – ex multis sent. 19.9.2000 n. C454/98 e 27.9.2007 n. C409/04 – e per l’indifferenza dell’Ufficio che ha rice-vuto il versamento, della Corte di Cassazione, sent. n. 12333/2001 e sent. n. 19194/2006”, oltre a Comm. trib. prov. Torino, sez., 9 ottobre 2009, n. 102).

Al contrario la Cassazione ha ritenuto in altri casi legittima la competenza dell’Agenzia del-le Dogane (Cass. civ. 19 maggio 2010, n. 12262), riconoscendo esplicitamente l’esistenza di un’imposta interna ed una all’importazione: “Nella specie, riguardando la contestazione l’omesso pagamento di IVA all’importazione, e non l’IVA interna (pacificamente corrisposta), la competenza degli Uffici doganali non può essere posta in discussione.” Sulla stessa lun-

“ L’introduzione di beni immessi in libera pratica nel deposito IVA

consente di non assolvere l’imposta in dogana come

avviene per l’immissione in libera pratica con contestuale

immissione in consumo”

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ghezza d’onda anche altre pronunce (e.g. Cass. civ. 19 maggio 2010, n. 12581), che hanno pari-menti negato l’esistenza di una doppia imposi-zione, “non potendo l’avvenuto assolvimento, mediante auto fatturazione, dell’IVA interna, compensare il mancato pagamento dell’IVA all’importazione”.Come sopra esposto, frequentemente la diatri-ba verte sulla natura stessa del tributo, ovvero se nelle diverse operazioni economiche e nei relative rapporti con l’Erario ciò che differisce sia semplicemente una diversa modalità di assolvimento o se, al contrario, si tratti di im-poste differenti che in comune hanno solo il nome. In altre parole, laddove la dogana avesse ritenuto non corretto il meccanismo di assolvi-mento dell’imposta attraverso reverse charge, ed avesse preteso il pagamento dell’IVA – oltre a sanzioni ed interessi –, bene avrebbe fatto in ragione di una differenza sostanziale tra “IVA interna” e “IVA all’importazione”.Invero la Corte di giustizia europea ha affer-mato in diverse occasioni che l’IVA è un unico tributo, a nulla rilevando, sotto questo aspetto, le modalità ed il momento della relativa liqui-dazione e riscossione, anche con riferimento alle eventuali sanzioni (Corte di giustizia CE, 5 maggio 1982, “Gaston Schul”, causa 15/81, Corte di giustizia CE, 25 febbraio 1988, “Rainer Drexl”,

causa 299/86). Così pure si è espressa anche la stessa Cassazione che ha affermato che l’IVA all’importazione “costituisce un tributo inter-no che, secondo i principi del Trattato CE, è dovuto allo Stato al momento dell’ingresso delle merci” (Cass., Sez. III pen., 4 maggio 2010, n. 16860).Un altro aspetto della questione che ha gene-rato vertenze tra gli operatori e l’autorità do-ganale è la detraibilità dell’imposta in caso di inosservanza degli obblighi contabili e di dichiarazione.Per principio generale i Paesi membri, al fine di assicurare il corretto adempimento degli obblighi tributari che garantiscano la puntua-le riscossione dell’IVA e consentano di evitare frodi, ben possono prevedere meccanismi san-zionatori. Ma tali meccanismi che a titolo di ammenda precludessero la detraibilità dell’im-posta andrebbero oltre quanto necessario al raggiungimento di tali obiettivi, e certamente verrebbero meno anche ad un criterio di propor-zionalità previsto per l’irrogazione di sanzioni.Su queste stesse posizioni si è espressa la Cor-te di giustizia europea anche più recentemente (causa C- 272/13 del 17 luglio 2014), affermando che “nei limiti in cui [...] non sussiste né eva-sione né tentativo di evasione, la parte della sanzione consistente nel richiedere un nuovo

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pagamento dell’IVA già assolta, senza che tale secondo pagamento conferisca un diritto a detrazione, non può considerarsi conforme al principio di neutralità dell’IVA”. In ossequio ai principi espressi dalla Corte, l’Agenzia delle Do-gane e dei Monopoli ha chiarito, con la circolare n. 16/D del 20 ottobre 2014, le conseguenze ap-plicative sia sul contenzioso in essere che sull’ attività procedimentale futura. La citata circo-lare afferma che, a seguito della riformulazio-ne dell’art. 60 comma 7 del DPR 633/72 avvenuto ad opera dell’art. 93 del D.L. 1/2012, il principio di neutralità dell’imposta è fatto salvo anche nel caso in cui la maggiore IVA fosse liquidata in sede di revisione dell’accertamento doga-nale. Tale convincimento della dogana derive-rebbe anche da quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate che con la circolare n. 35/E/2013, ovvero che il termine per esercitare la detra-zione decorre dal pagamento della maggiore imposta accertata dall’autorità doganale in capo all’importatore; posto che nelle importa-zioni non vige il meccanismo di rivalsa come per gli altri acquisti ma l’imposta è versata da questi direttamente all’Erario, il relativo diritto alla detrazione va esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno succes-sivo a quello in cui è avvenuto il regolamento.

Questo ragionamento collide con cospicua giu-risprudenza della Corte di giustizia europea (si vedano cause riunite C-439-04 e C-440-04 del 6 luglio 2006 e cause riunite C-354-03, C-355-03 e C-484-03 del 12 gennaio 2006), la quale ha a più riprese affermato come sia “irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di dedurre l’IVA pagata a monte, stabilire se l’IVA dovuta sulle operazioni di vendita precedenti o suc-cessive riguardanti i beni interessati sia stata versata o meno all’erario”.

“ Restano notevoli dubbi sia sul fatto che la detrazione

della maggiore imposta che fosse liquidata dalla dogana in

sede di revisione dell’accertamento possa essere subordinata al suo versamento,

sia sulla legittimità che la medesima detrazione sia

ulteriormente condizionata al pagamento della sanzione”

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Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Direttiva 2006/112/CE• D.L. 331/1993• Agenzia delle Dogane 28 aprile 2006, n. 16/D,• Agenzia delle Dogane 28 dicembre 2006, n. 7521• L. 2/2009• Cass. Civ. n. 12262/2010 • Corte di giustizia CE, 5 maggio 1982, “Gaston Schul”, causa 15/81• Corte di giustizia CE, 25 febbraio 1988, “Rainer Drexl”, causa 299/86• Cass., Sez. III Pen., 4 maggio 2010, n. 16860• Causa C-272/13 del 17 luglio 2014• Agenzia delle Dogane 20 ottobre 2014, n. 16/D• D.L. 1/2012• Agenzia delle Entrate 35/E/2013• Cause riunite C-439-04 e C-440-04 del 6 luglio 2006 • Cause riunite C-354-03, C-355-03 e C-484-03 del 12 gennaio 2006

In sostanza, gli effetti del rapporto tra forni-tore ed Erario non possono estendersi a val-le al rapporto tra fornitore e cliente, dato che quest’ultimo non può vedersi precluso il diritto alla detrazione in ragione di un eventuale irre-golare comportamento del fornitore. Parimenti l’importatore/cliente non può vedersi subor-dinare l’esercizio del diritto alla detrazione al pagamento dell’imposta allo Stato/fornitore. La stessa Corte affermava (causa C- 414/2010 del 29 marzo 2012) che per le importazioni, in

base alla normativa comunitaria, “il diritto alla detrazione dell’imposta di cui beneficia il sog-getto passivo riguarda non soltanto l’IVA che ha versato, ma anche l’IVA dovuta, vale a dire quella che deve essere ancora pagata.”Per concludere, restano notevoli dubbi sia sul fatto che la detrazione della maggiore impo-sta che fosse liquidata dalla dogana in sede di revisione dell’accertamento possa esse-re subordinata al suo versamento, sia sulla legittimità che la medesima detrazione sia ulteriormente condizionata al pagamento della sanzione. Sanzione, sia detto per inciso, pari al 30% dell’imposta, cosa che potrebbe più che ragionevolmente essere in contrasto con il generale criterio di proporzionalità. Ma questa è – e sarà certamente su queste pagine – tutta un’altra storia.

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Da sempre primo presidio all’ingresso delle merci sul territorio dello Stato, la Dogana as-solve ancora oggi il compito di “esattore tri-butario” per quelle imposte che, a matrice comune, hanno la caratteristica di essere pre-levate all’atto del compimento delle operazioni doganali.In particolare, l’obbligazione doganale sorge all’atto del vincolo delle merci non comunitarie ai “regimi doganali” di immissione in libera pratica di merci soggette a dazi all’importazio-ne o di vincolo di merci al regime di ammissio-ne temporanea con esonero parziale dei dazi.Debitore dell’imposta è il DICHIARANTE, cioè “colui che presenta la dichiarazione doganale o in nome del quale essa è presentata”.L’obbligazione sorge anche a seguito di fatti illeciti, come l’“introduzione nel territorio do-ganale dell’UE di beni con loro sottrazione alla vigilanza dell’Autorità doganale e loro circo-lazione, trasformazione, magazzinaggio, am-

missione temporanea e la loro rimozione delle medesime all’interno del territorio” (art. 201 CDC).Nei casi di non osservanza degli obblighi doga-nali, l’obbligazione sorge nel momento in cui non è soddisfatto – o cessa di esserlo – l’ob-bligo la cui inadempienza fa nascere l’obbliga-zione, o sia stata accettata una dichiarazione doganale che abbia vincolato le merci ad un particolare regime qualora si constati, a poste-riori, che all’atto del vincolo delle merci al regi-me in questione non era dovuta, totalmente o parzialmente, una esenzione totale o parziale dei dazi.È ritenuto debitore “chiunque fosse tenuto al rispetto degli obblighi di cui sopra, chiunque sapeva o avrebbe ragionevolmente dovuto sa-pere dell’esistenza di tali obblighi ed ha agito per conto del soggetto che li doveva rispettare o abbia partecipato all’atto che ha dato origi-

L’ACCERTAMENTO DOGANALE: PREVENIRE E

GESTIRE LE CONTESTAZIONI IN DOGANA

di Massimiliano Mercurio

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ne al mancato rispetto, chiunque abbia acqui-sito o detenuto i beni di cui trattasi e cono-sceva, o avrebbe dovuto conoscere, il mancato rispetto di tali obblighi, chiunque non abbia rispettato le condizioni stabilite per vincolare le merci ad un determinato regime doganale e/o quelle riguardanti la concessione di sgravi o esenzioni dai dazi” (artt. 202-206 CDC).Le norme comunitarie ed in subordine quelle nazionali disciplinano l’applicazione dei diritti doganali sulle merci che dall’Autorità vengono “accertati, liquidati e riscossi” all’atto della presentazione della dichiarazione di vincolo al regime doganale.L’applicazione di tali norme riguarda tanto i dazi (e le altre imposte definite “risorse pro-prie” dell’UE) che l’IVA dovuta all’atto dell’im-portazione per merci terze (artt. 1, 69 e 70 D.P.R. 633/72).I principali documenti di prassi a riguardo sono:• la circolare n. 79D/2000 in tema di azioni

di recupero dei diritti doganali e revisione dell’accertamento;

• la circolare n. 74D/2003 in tema di circuito doganale di controllo.

L’accertamento doganale è un procedimento amministrativo con il quale l’Ufficio identifica e valuta i presupposti di fatto e di diritto ge-neratori dell’obbligazione tributaria doganale.In pratica, la Dogana esamina le condizioni di importabilità o esportabilità della merce, veri-ficando che il soggetto passivo del rapporto (il dichiarante come in precedenza definito) abbia assolto tutti gli adempimenti e rispettato tutti gli obblighi connessi al regime doganale pre-scelto, con riferimento non solo ai c.d. “quattro pilastri della dichiarazione doganale” (quali-tà, quantità, origine e valore), ma anche riguar-do a tutti i vincoli di natura tributaria ed ex-tratributaria la cui applicazione sia demandata alla Dogana stessa.Le dichiarazioni doganali, oggi trasmesse quasi esclusivamente per via telematica, sono sotto-poste ad un primo controllo “formale” da par-te del CIRCUITO DOGANALE DI CONTROLLO, il

software integrato che l’Agenzia delle Dogane utilizza per la c.d. “analisi dei rischi”, il quale provvede in modo informatico ad acquisire e ri-portare i dati nei registri del sistema doganale elettronicamente gestito.A seguito della registrazione della dichiara-zione doganale da parte del sistema doganale questa assume la natura di ATTO PUBBLICO fa-cente fede fino a querela di falso.Il controllo “sostanziale” può avvenire prima della concessione dello svincolo delle merci (artt. 13 e 14 C.D.C.) o successivamente (art. 78 C.D.C.).La dichiarazione doganale acquisita dal Siste-ma, esaminata elettronicamente in base all’“a-nalisi dei rischi”, viene assegnata alla tipologia di controllo da eseguire:• CA - controllo automatizzato (canale ver-

de) – nessun ulteriore controllo immediato;• CD - controllo documentale (canale gial-

lo): l’Ufficio provvede all’esame della docu-mentazione presentata a corredo;

• CS - controllo scanner (canale arancione): oltre alla verifica dei documenti, la merce viene verificata attraverso apparecchi scan-ner senza essere scaricata dall’unità di ca-rico;

• VM - visita merce: l’Ufficio provvede al ri-scontro fisico dei beni dichiarati.

Le autorità doganali hanno comunque facoltà di eseguire qualunque controllo ritenessero utile o necessario:• visita delle merci;• prelievo di campioni;• verifica dell’accuratezza e della completez-

za delle informazioni fornite in dichiarazio-ni o notifiche;

• verifica dell’esistenza, dell’autenticità, dell’accuratezza e della validità di docu-menti;

• esame della contabilità degli operatori eco-nomici e di altre scritture;

• controllo dei mezzi di trasporto;• controllo del bagaglio e di altre merci che

le persone portano con sé o su di sé;• svolgimento di indagini ufficiali e altri atti

simili (artt. 46 – 188 C.D.U.).Il c.d. termine per l’accertamento doganale è di 3 anni, nei quali l’interessato deve conserva-

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

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re (su qualunque supporto accessibile da parte della Dogana) tutti i documenti e le informa-zioni attinenti alla dichiarazione resa.Ai fini dei controlli doganali, le autorità doga-nali possono verificare l’esattezza e la com-pletezza delle informazioni fornite in una di-chiarazione in dogana, nonché l’esistenza, l’autenticità, l’accuratezza e la validità di qual-siasi documento di accompagnamento e pos-sono esaminare la contabilità del dichiarante e altre scritture riguardanti le operazioni rela-tive alle merci in questione o le precedenti e successive operazioni commerciali relative alle stesse merci dopo averle svincolate.Le medesime autorità possono anche procede-re alla visita delle merci e/o al prelievo di cam-pioni quando ne hanno ancora la possibilità.Tali controlli possono essere svolti presso il tito-lare delle merci o il rappresentante del titolare, presso qualsiasi altra persona direttamente o indirettamente interessata dalle predette ope-razioni a causa della sua attività professionale o presso qualsiasi altra persona che possieda, per le stesse ragioni, tali documenti e dati (art. 48 C.D.U. – art. 78 C.D.C.).Lo strumento a disposizione della Dogana per la verifica a posteriori (entro il termine di 3 anni come sopra definito) per verificare la com-pletezza e correttezza degli elementi dichiarati è la c.d. revisione dell’accertamento, attraver-so l’esame dei documenti già forniti o di nuovi successivamente acquisiti, che può avvenire sia su iniziativa dell’Ufficio che su istanza di parte.I più comuni errori nella dichiarazione doga-nale sono:• quantità della merce (numero dei colli/

massa netta/unità supplementare);• qualità della merce (designazione commer-

ciale e codice NC);• codice EORI dell’esportatore;• variazioni del valore della merce (ad es., in

caso di acconti non computati, note di de-bito o credito intervenute successivamen-te, errata indicazione della valuta, etc.);

• errori nelle indicazioni delle condizioni di consegna che abbiano comportato variazio-ni nel valore dichiarato.

“L’Agenzia delle Dogane, nelle attività di pre-venzione e contrasto delle violazioni tributa-rie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli altri elementi che determinano l’accertamento doganale ai sensi del D.Lgs. 374/90, ha facoltà di proce-dere, con le modalità previste dall’art. 51 del

D.P.R. 633/1972, all’acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, as-sicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l’im-portazione, l’esportazione, l’introduzione in deposito doganale o IVA ed il transito. Per le finalità di cui al presente comma , la richie-sta di informazioni e di documenti può essere rivolta dall’Agenzia delle Dogane, agli impor-tatori, agli esportatori, alle società di servizi aeroportuali, alle compagnie di navigazione, alle società e alle persone fisiche esercenti le attività di movimentazione, deposito, traspor-to e rappresentanza in dogana delle merci. (... ). In caso di inottemperanza agli inviti a com-parire e alle richieste di informazioni, L’A-genzia delle Dogane procede all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 10.000 euro, oltre alle misure di sospensio-ne e revoca delle autorizzazioni e delle fa-coltà concesse agli operatori inadempienti.” (art. 35, comma 35 D.L. 04/07/2006 conv. in L. 04/08/2006 n. 248). Come si vede, oltre alla “nor-male” attività di accertamento in dogana, il le-gislatore ha previsto anche ulteriori strumenti e poteri nell’esercizio dell’attività di accerta-mento e controllo dell’Ufficio, quali l’accesso e la verifica presso la sede del contribuente, l’invito a comparire per esibire documenti, dati o chiarimenti, l’invio di questionari, l’invito a trasmettere documenti, l’accertamento presso altri enti organi, aziende, istituti, etc., oltre alla possibilità di svolgere indagini finanziarie pres-so enti/istituti di credito (artt. 51 e 52 del D.P.R. 633/1972, artt. 31 e 35 della L. 4/1929, art. 11 del D.Lgs. 374/1990).Per quanto attiene alla competenza, “l’ufficio doganale che effettua le verifiche generali o parziali con accesso presso l’operatore è com-petente alla revisione delle dichiarazioni do-ganali oggetto del controllo anche se accer-tate presso un altro ufficio doganale” (art. 9, comma 3 decies, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conver-tito in L. 26 aprile 2012, n. 44).In ambito di accertamento doganale valgono i generali diritti del contribuente, che ha fa-coltà di:• farsi assistere da un professionista abilita-

to alla difesa dinanzi agli organi di giusti-zia tributaria;

• richiedere che l’esame dei documenti am-ministrativi e contabili venga fatto presso l’Ufficio dei verificatori o presso l’ufficio del professionista che lo assiste o rappresenta;

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• muovere rilievi o formulare osservazioni delle quali sarà dato atto nel processo ver-bale delle operazioni di verifica;

• richiedere, consultare, esaminare ed estrar-re copia di ogni documento acquisito ai fini della verifica;

• comunicare, entro sessanta giorni dal ri-lascio della copia del “Processo Verbale” di chiusura delle operazioni di controllo, osservazioni e richieste che saranno valu-tate dagli Uffici impositori, fermo restan-do il divieto di emanare l’eventuale avviso di accertamento prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (artt. 10 e 12 della L. 27/07/2000, n. 212 e ss. modificazioni – Sta-tuto del contribuente).

Il dichiarante (anche tramite il rappresentante cui abbia conferito mandato) può fare richiesta di revisione dell’accertamento entro tre anni dalla data in cui l’accertamento è divenuto de-finitivo. In tal caso la richiesta è definita “su istanza” o “a richiesta di parte”.La richiesta può essere fatta non solo per ot-tenere una riliquidazione più favorevole dei maggiori diritti eventualmente versati, ma an-che e soprattutto nei casi di minori versamenti in cui l’istante chiede di regolare la differenza dovuta. in ogni caso se la domanda di revisione dell’accertamento è presentata dall’operatore economico vige l’inapplicabilità delle sanzio-ni amministrative ai sensi dell’art. 20 della L. 449/1997 (e degli interessi di mora sui maggiori diritti eventualmente dovuti, qualora l’istanza di revisione sia presentata entro 90 giorni dalla data in cui l’accertamento è divenuto definiti-vo).Una corretta programmazione delle operazio-ni doganali è dunque sempre veramente con-sigliabile al fine di evitare di incorrere, oltre che nelle sanzioni, anche in altre criticità non

meno problematiche, quale potrebbe essere un blocco della merce non conforme, con con-seguente rischio di danno emergente e lucro cessante. Inutile ribadire che, nel momento in cui la merce si trova in dogana, o è comunque dichiarata per essere legata ad un regime do-ganale in caso di esportazione o importazione, potrebbe essere difficoltoso reperire documen-tazione ed ottemperare alle richieste di appro-fondimento di esame della documentazione di supporto che la dogana dovesse richiedere.A puro titolo di esempio, si immagini il caso di richiesta dell’Ufficio delle prove giustificati-ve dell’origine preferenziale dichiarata ai fini del rilascio del corrispondente certificato di circolazione delle merci EUR. 1 da allegare ai documenti di spedizione, necessario per poter far beneficiare al proprio cliente nel Paese ac-cordatario del previsto abbattimento daziario. Ammesso che l’esportatore, consapevole dei propri obblighi giuridici che gli impongono di dover già disporre di tali prove al momento della richiesta del certificato, recuperarle in archivio potrebbe non essere così facile ed im-mediato, il che potrebbe tradursi in un ritardo nello svincolo della merce e un altrettanto rischioso ritardo nella partenza della merce, soprattutto se questa dovesse perdere l’imbar-co, con possibili spiacevoli conseguenze nei rapporti commerciali.Una maggiore attenzione agli aspetti e ai rap-porti con le autorità doganali comporta da un lato la possibilità di eliminare o comunque prevedere le situazioni critiche, adottando le misure necessarie a non incorrere in sanzio-ni, dall’altro quella di razionalizzare l’attività aziendale ottimizzando le risorse che di solito porta al contempo rilevanti risparmi sui costi gestionali ed amministrativi.

Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Circolare del Ministero delle Finanze n. 79 /D del 2000• Circolare del Ministero delle Finanze n. 74/D del 2003• D.Lgs. 374/1990• L. 248/2006• L. 44/2012• L. 212/2000• L. 449/1997

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38 gennaio 2016 |

Tutto quello che i mittenti/speditori non sanno e dovreb-bero sapere sulla spedizione di merci pericolose

Che cos’hanno in comune una grande multi-nazionale del settore metalmeccanico, una micro-impresa tessile, un laboratorio chimico per il controllo ambientale e un’azienda elet-tronica? Apparentemente lontane, tutte queste imprese hanno un importantissimo elemento comune: l’uso e l’applicazione di molteplici pro-dotti chimici indispensabili per le loro attività

(oli lubro-refrigeranti, fluidi di processo, flus-santi, pigmenti, additivi, antibatterici, reagenti, ecc.). La chimica, in altre parole, abbraccia tutti i settori produttivi e tutte le aziende, grandi o piccole che siano. Non c’è realtà produttiva che possa fare a meno delle sostanze chimiche e delle loro miscele e, di conseguenza, per ogni impresa si pone il problema di gestire i flussi

ADR: TUTTI GLI OBBLIGHI SONO DEL

TRASPORTATORE?

Tommaso Castellan – Carla Repice – Federico VotaNormachem (www.normachem.it)Normachem è una società di consulenza che si occu-pa di valutazione del rischio chimico, salute e sicu-rezza nei luoghi di lavoro, Trasporto merci pericolose (ADR, IMDG, IATA), normative di prodotto come REACH, CLP, Biocidi, normative sull’ambiente. Ha maturato la propria esperienza a fianco di aziende, enti di ricerca

e istituzioni nazionali e internazionali, coniugando l’aspetto di ricerca ed approfondi-mento normativo all’applicazione in ambito produttivo delle disposizioni legislative. Per informazioni www.normachem.it; [email protected]; tel. 049.5940419.

Page 39: Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): impatto sullo sviluppo internazionale della aziende Europee

39| gennaio 2016

in ingresso e in uscita di tali materie, tenendo conto degli obblighi normativi, in relazione alle procedure di spedizione, trasporto, movimenta-zione e ricezione, che molti di questi prodotti richiedono a causa della loro pericolosità per la sicurezza, per la salute umana o per l’am-biente.

La normativa di riferimento

Il trasporto di merci pericolose è ad oggi rego-lamentato da diverse normative a seconda che questo venga effettuato su strada, su ferrovia, via mare o via aereo.Per il trasporto su strada si fa riferimento all’accordo ADR (Accord europeen relatif au transport international des merchandises Dan-gereuses par Route - Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose su strada), che regolamenta appunto il tra-sporto in Europa di merci pericolose su strada, mentre il Regolamento RID, il Codice IMDG e le Istruzioni Tecniche ICAO (manuale IATA-DGR) disciplinano invece il trasporto internazionale di merci pericolose rispettivamente per ferro-via, mare e aereo.Le strutture base delle quattro norme sono molto simili: stabiliscono quali sono le merci considerate pericolose per il trasporto, come debbano essere classificate, imballate ed eti-chettate e prescrivono le condizioni di spedi-zione e trasporto.

Quali sono le merci pericolose?

Ogni merce (sostanze, miscele, oggetti e anche i rifiuti) che rientra nei criteri di pericolosità definiti dalle normative trasportistiche (ADR/RID/IMDG/IATA) deve essere considerata come pericolosa per il trasporto e quindi gestita di conseguenza.

Le classi di merci pericolose sono in tutto 13 e spaziano dagli esplosivi ai corrosivi (nella sot-tostante Tabella 1 è presentato l’elenco com-pleto delle materie pericolose per il trasporto). È importante tenere presente che possono rientrare in tali tipologie anche oggetti o di-spositivi che apparentemente sembrano “in-nocui” (es.: ammortizzatori, air-bag, estintori, pile al litio, accumulatori, ecc.).È opportuno sottolineare inoltre che, rispetto ad altre normative (ad es. quelle di prodotto o anche quelle ambientali), l’ADR non distingue i rifiuti dalle altre materie pericolose, quali ad esempio materie prime e/o prodotti finiti. Al contrario, i rifiuti sono considerati in tutto e per tutto merci pericolose e, qualora rientrino in una delle classi sopracitate, sono soggetti alla normativa ADR. Ecco dunque che non solo le aziende il cui business è incentrato sulla distribuzione di prodotti chimici pericolosi de-vono occuparsi e preoccuparsi di rispettare la normativa pertinente, ma anche quelle impre-se che hanno i propri rifiuti come uniche merci pericolose: esse risultano a tutti gli effetti spe-ditori di merci pericolose, con tutti gli obblighi e le responsabilità che ne derivano.

ISTRUZIONI OPERATIVE, PRASSI E NORMATIVA

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40 gennaio 2016 |

I ruoli e le responsabilità: la figura del trasportatore

Quali sono le disposizioni da rispettare per il trasporto? Quali obblighi ricadono su colui che deve spedire merci pericolose? E su chi le tra-sporta o le riceve? Le risposte si possono trova-re già nei primi capitoli dell’ADR, in particolare

nel capitolo 1.4, che identifica le diverse figure (operatori; v. tab. 2) nella catena del trasporto di merci pericolose, specificando per ciascuna di esse obblighi e responsabilità.Una stessa impresa può chiaramente ricoprire più ruoli, risultando ad esempio sia speditore di merce pericolosa che destinatario.

*La classe 9 comprende tutte le materie non incluse nelle classi precedenti e che presentano pericoli rilevanti per il trasporto.

Classe Descrizione Esempi

Classe 1 Materie e oggetti esplosivi Cartucce/proiettili, detonatori, fuochi d’artificio, polvere da sparo.

Classe 2 Gas GPL, bombolette spray, aria compressa, macchine frigorifere, azoto liquido.

Classe 3 Liquidi infiammabili Adesivi, pitture e vernici, diluenti, bevande alcoliche, carburanti, solventi.

Classe 4.1 Solidi infiammabili, materie autoreattive ed esplosivi solidi desensibilizzati

Cerini, rifiuti di gomma (in polvere o grani), zolfo, magnesio in granuli.

Classe 4.2 Materie soggette ad accensio-ne spontanea

Carbone attivo, catalizzatori metallici, fosforo bianco.

Classe 4.3 Materie che, a contatto con l’acqua, sviluppano gas infiam-mabili

Accumulatori al sodio, sodio, magnesio o zinco in polvere.

Classe 5.1 Materie comburenti Acqua ossigenata, nitrati (es. fertilizzanti a base di nitrato di ammonio)

Classe 5.2 Perossidi organici Perossidi di dibenzoile, idroperossido di cumile.

Classe 6.1 Materie tossiche Alcaloidi (es. caffeina), cianuri, pesticidi.

Classe 6.2 Materie infettanti Rifiuti ospedalieri o medicali, materiali biologici, colture batteriche.

Classe 7 Materiale radioattivo Esafluoruro di uranio, articoli fabbricati con uranio naturale, materiale fissile.

Classe 8 Materie corrosive Soluzioni di ipoclorito (candeggina), accumulatori contenenti acido solforico, idrossido di sodio, mercurio contenuto in manufatti

Classe 9 Materie e oggetti pericolosi diversi*

Pile/batterie al litio, amianto, materie unicamente pericolose per l’ambiente, farina di ricino, PCB.

Tabella 1: Classi di merci pericolose per il trasporto e relativi esempi.

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41| gennaio 2016

Tra tutte le figure elencate, ci si focalizza in questa sede sullo speditore, su cui ricade in tutto e per tutto la responsabilità di presentare al trasporto una spedizione conforme alle di-

sposizioni ADR. Ciò significa innanzitutto clas-sificare correttamente la merce sulla base dei pericoli intrinseci che essa presenta, proceden-do con l’attribuzione del numero ONU (numero

Speditore L’impresa che spedisce merci pericolose per conto proprio o per conto terzi.

Trasportatore L’impresa che esegue il trasporto con o senza contratto di trasporto.

Destinatario Il destinatario secondo il contratto di trasporto.

Caricatore L’impresa che carica merci pericolose su un veicolo o container.

Imballatore L’impresa che riempie con le merci pericolose gli im-ballaggi e, se il caso, prepara i colli ai fini del trasporto.

Riempitore L’impresa che riempie con merci pericolose una cisterna o un veicolo, una cisterna o un container per il trasporto alla rinfusa.

Gestore di un container-cisterna o di una cisterna mobile

L’impresa in nome della quale il container-cisterna o la cisterna mobile è immatricolato o ammesso al traffico.

Scaricatore L’impresa che scarica merci pericolose da un veicolo o da un container o da una cisterna, o che rimuove un container o una cisterna mobile da un veicolo.

Tabella 2: Definizioni dei vari operatori della catena del trasporto di merci pericolose secondo l’ADR.

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42 gennaio 2016 |

identificativo) e verificando che sia autorizzata al trasporto. Devono essere rispettate quindi le disposizioni in materia di imballaggio (tipo-logia di contenitore, materiale, omologazione, ecc.) ed etichettatura.Sempre a carico dello speditore è fornire al trasportatore determinate informazioni in ma-niera tracciabile, oltre ad eventuali documenti di accompagnamento richiesti (autorizzazio-ni, approvazioni, notifiche, certificati, ecc.). In particolare lo speditore deve comunicare al trasportatore la tipologia di merci pericolose che sta presentando al trasporto, il numero e la descrizione dei colli, la quantità totale di ogni merce pericolosa, nome e indirizzo dello speditore e del destinatario. Questi dati nor-malmente vengono integrati nel documento di trasporto delle merci, mentre nel caso dei rifiuti possono essere inseriti nel campo “an-notazioni” del formulario di identificazione del rifiuto.In ultimo, sulla base del principio della respon-sabilità condivisa tra speditore e trasportatore nella gestione del trasporto di merci pericolose, lo speditore deve verificare, prima di consegna-re le merci al trasportatore, che quest’ultimo sia in possesso di un certificato di abilitazione

(patentino ADR) e che il veicolo sia idoneo e provvisto di tutto l’equipaggiamento richiesto.

La security

Le merci pericolose pongono anche un proble-ma di “security”, cioè il rischio di usi impropri o furti che possono mettere in pericolo per-sone, beni o l’ambiente. L’ADR dedica grande attenzione a questa problematica imponendo obblighi di formazione su questi argomenti a tutti gli operatori coinvolti nella spedizione, nel trasporto, nella movimentazione o nella ricezione di merci pericolose. Inoltre, per alcu-ne classi di materie (definite “ad alto rischio”, cioè suscettibili di essere utilizzate a fini ter-roristici o in grado di provocare sconvolgimen-

“I rifiuti sono considerati in tutto e per tutto merci

pericolose e, qualora rientrino in una delle classi sopracitate, sono

soggetti alla normativa ADR”

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43| gennaio 2016

ti socio-economici), è prescritto agli operatori economici coinvolti un vero e proprio regime di sorveglianza (“piano di security”), comprenden-te tracciabilità delle merci pericolose, attribu-zione di responsabilità specifiche nelle catene gerarchiche, vigilanza sui mezzi e sui carichi, procedure per affrontare possibili minacce o incidenti, protezione dei dati sensibili, ecc.

La nomina del consulente ADR

Per la corretta gestione e applicazione degli obblighi normativi relativi al trasporto di merci pericolose, l’ADR impone l’obbligo di nomina del “consulente per la sicurezza” dei traspor-ti di merci pericolose (c.d. “consulente ADR”).Occorre sottolineare che la nomina del consu-lente ADR riguarda tutte le imprese che effet-tuano spedizioni o trasporto di merci pericolo-se, ma anche operazioni di imballaggio, carico/scarico e movimentazione di tali merci in ognu-na delle sedi operative dell’azienda.Il consulente ADR ha quindi il compito di faci-litare l’impresa nella conformità alle disposi-zioni del trasporto di merci pericolose e di re-lazionarsi direttamente col datore di lavoro per la verifica e l’implementazione delle corrette procedure.Il consulente ADR deve essere specificamen-te formato per poter svolgere tale ruolo: la sua idoneità deve essere provata dal supera-mento di Esame di Stato con rilascio di apposi-to Certificato di Formazione.Nella pratica della realtà lavorativa molte aziende si avvalgono della collaborazione di studi di consulenza esterni specializzati in tale campo, poiché è spesso difficile gestire inter-namente tale questione.

“L’ADR impone l’obbligo di nomina del “consulente per la

sicurezza” dei trasporti di merci pericolose”

Il regime sanzionatorio

L’ADR prevede un regime di sanzioni che si fon-da su due punti principali: il Codice della Stra-da (in particolare l’art. 168) e il D.Lgs. 35/2010; sono previste sanzioni amministrative e acces-sorie diversificate a seconda delle infrazioni commesse. Tali sanzioni possono coinvolgere il conducente del veicolo, l’impresa di trasporto e lo speditore di merci pericolose. Sono altresì previste sanzioni per il consulente ADR che non assolve i suoi doveri e obblighi (es.: mancata redazione della relazione annuale, ecc.). Le autorità preposte alla vigilanza in tale am-bito sono quelle deputate ai controlli stradali (Polizia Stradale, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia locale, ecc.).È importante in questo senso avere piena con-sapevolezza delle ripercussioni che le normati-ve per il trasporto di merci pericolose possono avere sulla propria impresa. È fondamentale avere la lungimiranza necessaria che porta ad investire tempo, risorse ed energie per fare in modo di operare secondo la legge, al fine di perseguire gli obiettivi della libera circolazione delle merci, della protezione della salute uma-na e dell’ambiente che anche l’ADR (come tan-te altre recenti normative in campo chimico) si pone.

Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Accordo europeo relativo al trasporto internazionale su strada delle merci pericolose (ADR)

• Regolamento concernente il trasporto internazionale per ferrovia del-le merci pericolose (RID)

• D.Lgs. 35/2010

Page 44: Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): impatto sullo sviluppo internazionale della aziende Europee

44 gennaio 2016 |

Quali sono gli scenari e le opportunità che si presentano per le aziende Italiane a seguito dell’accordo commerciale e per gli investimenti in fase di negoziazione tra UE e USA

Il Transatlantic Trade and Investment Part-nership (TTIP) è un progetto di accordo com-merciale e per gli investimenti in fase di nego-ziazione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America. Il trattato mira ad abolire o ridurre i dazi doganali e le barriere non-tariffarie come regolamenti tecnici, procedure di omologazio-ne, standard prodotti, regolamenti sanitari e fitosanitari che limitano lo scambio di beni e servizi tra UE e USA.

Cenni Storici e tempistiche

Già negli anni ’90, con la fine della Guerra Fred-

da, si era cominciato a parlare di un’area di libero scambio tra la Comunità Europea e gli USA. Nel 2011, un gruppo di esperti del Transat-lantic Business Dialogue, un forum che faceva incontrare i rappresentanti di aziende europee e americane con istituzioni europee e ameri-cane, cominciò a lavorare su un progetto per un’area di libero scambio transatlantica. Il pro-getto fu sottoposto alla Commissione Europea e al Governo USA l’11 febbraio del 2013, racco-mandando l’avvio di negoziati per un accordo di questo tipo.Nel febbraio 2013, il Presidente degli USA Ba-rack Obama, durante il “Discorso sullo Stato dell’Unione” propose ufficialmente un accor-

TRANSATLANTIC TRADE AND

INVESTMENT PARTNERSHIP: QUALI NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE AZIENDE

ITALIANE?

Claudio Tanca – Analista di Mercato e Project ManagerSpecializzato in analisi di mercato, marketing, comunicazione e gestione proget-ti. Attualmente collabora con GEN USA come Project Manager ed esperto di mar-keting. Inoltre, come Director of Global Market Research, fa parte dell’Executive Team del Soriano Consulting Group LLC, una società internazionale di consulenza e private equity con sede a New York. In precedenza ha lavorato nella consulenza per l’internazionalizzazione delle imprese italiane e per gli scambi commerciali tra Italia e USA, nelle relazioni pubbliche e come analista di mercato per Barilla America. Ha vissuto oltre 10 anni in America, dove ha conseguito un Master De-gree in International Business presso la Georgetown University, Washington, DC.

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45| gennaio 2016

do di libero scambio con l’UE dando così il via libera ai primi negoziati ufficiali, che si sono svolti tra il 7 e il 12 Luglio a Washington, DC, tra la delegazione della Commissione Europea (Directorate-General for Trade) e quella del Go-verno Americano (Office of United States Trade Representative - USTR). L’ultimo round di in-contri tra i rappresentanti dell’UE e degli USA si è svolto dal 19 al 23 ottobre a Miami e, secon-do le dichiarazioni di intento dei negoziatori, si dovrebbe raggiungere un accordo entro la fine del 2016. Il TTIP sarà poi sottoposto all’approva-zione delle istituzioni dell’UE e poi dei singo-li stati dell’Unione e degli USA. Tuttavia, pare improbabile che le tempistiche previste dai negoziatori siano rispettate, sia in considera-zione delle scadenze elettorali negli USA, dove si vota a novembre del 2016, sia a causa della forte opposizione di politici, gruppi di pressio-ne e dell’opinione pubblica nell’UE e negli USA.

Il contenuto del TTIP

Sul contenuto vige la massima segretezza; si pensi che le bozze del trattato (“consolidated texts”) possono essere visionate solo in co-pia cartacea, in alcune locations stabilite e da pochissime persone. Comunque, sia grazie ad alcuni documenti resi pubblici dai media, sia grazie a schede pubblicate della Commissione Europea è possibile farsi un’idea delle temati-che e degli obiettivi del trattato.Il TTIP si comporrebbe di 24 capitoli suddivisi in 3 sezioni

ACCESSO AL MERCATOLo scopo è aiutare le imprese europee ad acce-dere più agevolmente al mercato statunitense, attraverso:- l’abolizione o riduzione dei dazi doganali

e delle barriere non-tariffarie sulle merci esportate negli o importate dagli USA,

- l’agevolazione della vendita di servizi,- l’apertura delle gare di appalto pubblico,- l’accordo sulle norme che disciplinano l’ori-

gine dei prodotti.

COOPERAZIONE IN CAMPO NORMATIVODialogo per la definizione e modifica delle normeL’obiettivo è di far dialogare le autorità per l’ordinamento UE e USA affinché collaborino per la stesura e per il controllo dei regolamen-ti. In questo modo in futuro si approveranno regolamenti simili, cercando allo stesso tempo di armonizzare quelli esistenti.Ridurre ostacoli tecnici agli scambi (Techni-cal Barriers to Trade – TBT.)Le TBT prese in considerazione sono le proce-dure di valutazione di conformità: prove, ispe-zione, certificazione del prodotto. Il TTIP si pro-pone di far accettare agli USA che le imprese europee facciano riferimento alle norme ISO, di eliminare o ridurre le procedure ridondanti per la verifica prodotti (gli USA accetteranno le certificazioni UE per un prodotto e viceversa), facilitare l’accesso a norme e regolamenti, mi-gliorare la cooperazione tra organi di normaliz-zazione.Sicurezza alimentare e la salute di animali e pianteIl TTIP si propone di creare un’unica procedura di approvazione per le esportazioni negli USA da tutti i paesi europei e viceversa, di velociz-zare le decisioni su regolamenti relativi agli scambi avendo tempistiche chiare, di far colla-borare le autorità di USA e UE sui regolamenti e per superare divergenze.Settori industrialiI settori considerati in modo specifico dal TTIP sono il tessile, la chimica, il farmaceutico, la cosmesi, le attrezzature mediche, l’automobi-listico, le tecnologie dell’informazione e comu-nicazione, l’ingegneristico (macchinari, mac-chine utensili, frigoriferi, ecc.) e i pesticidi.

NORME PER AGEVOLARE IMPORTAZIONI, ESPORTAZIONI O INVESTIMENTIQuesta sezione include norme specifiche vol-te a:- semplificare e favorire l’accesso da parte

delle imprese all’energia e alle materie prime: per esempio abolendo i limiti che gli

FOCUS PAESE

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46 gennaio 2016 |

USA impongono sull’esportazione di gas na-turale;

- tutelare la proprietà intellettuale e le indi-cazioni di origine geografica;

- snellire le pratiche burocratiche: per esem-pio per lo sdoganamento delle merci;

- promuovere la concorrenza: impedendo che le imprese facciano cartello o che abu-sino della loro posizione dominante.

Vi sono inoltre norme che attengono allo svi-luppo sostenibile e alla tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Si prevede poi un si-stema formale che permetta alla società civile (organismi rappresentanza imprese, sindacati e ONG) di verificare che l’attuazione del tratta-to mantenga queste promesse.È interessante notare come in questa sezione si faccia riferimento alle piccole e medie im-prese (PMI), quelle con meno di 250 addetti, con l’obiettivo di assicurare i massimi benefici possibili grazie al trattato. Il TTIP, per esempio, prevede la creazione di un helpdesk online in Europa per le PMI interessate a esportare o im-portare dagli USA.Infine, per quanto riguarda la promozione e protezione degli investimenti esteri, si fa di-vieto di discriminare tra investitori nazionali e internazionali, di espropriare senza giusta cau-sa e senza giusto compenso. Tra queste norme vi è l’Investors-State Dispute Settlements, un meccanismo che permette alle imprese di agi-re per vie legali contro i governi che le avessero trattate in modo ingiusto; alle imprese sarebbe concesso il ricorso a corti private di arbitrato internazionale. Più recentemente, in seguito ad aspre critiche da parte dei media, di esperti di diritto internazionale e dell’opinione pubblica, la Commissione Europea ha proposto opzioni aggiuntive per risolvere le dispute tra imprese e governi all’interno del TTIP.

I benefici del TTIP a livello europeo

È molto difficile stimare con precisione le rica-dute economiche di un accordo di libero scam-bio così complesso e che interessa così tanti paesi e circa il 50% dell’economia mondiale .Secondo uno studio del Centre for Economic Policy Research (CEPR) “TTIP The Economic Analysis Explained” (2013), cui fa rifermen-to anche la Commissione Europea, se il TTIP sarà pienamente attuato, nel 2027 l’economia dell’UE sarà maggiore di circa 120 miliardi di euro (+0,5% del PIL) rispetto a uno scenario

senza il TTIP, mentre l’economia degli USA sarà maggiore di 95 miliardi di Euro (+0,4% del PIL).Grazie al TTIP, le esportazioni di beni e servizi dall’UE verso gli USA crescerebbero di 187 mi-liardi di Euro, mentre le importazioni di 159 mi-liardi. È interessante notare come fino buona parte dei benefici deriverà dalla riduzione delle barriere non tariffarie.Per quanto riguarda i settori economici speci-fici, per il CERP quelli che otterranno maggiori benefici sono le esportazioni di prodotti metal-lurgici (+12%), alimentari (+9%), chimici (+9%) altri prodotti manifatturieri (+6%), mezzi di tra-sporto (+6%) e automobili (+40%). Si noti che i settori industriali più legati alle esportazioni e importazioni dagli USA otterranno i maggiori benefici.Riguardo ai posti di lavoro, la Commissione sti-ma che quando il trattato sarà a regime, ne saranno creati diversi milioni sopratutto nei settori che producono beni e servizi per l’espor-tazione. Inoltre, i salari dei lavoratori dovrebbe-ro crescere circa dello 0,5%.Infine si prevede che per i consumatori i pro-dotti saranno più a buon mercato portando, per un nucleo familiare di quattro persone, ad una crescita annua di circa 500 euro del reddito di-sponibile.

I benefici del TTIP per l’Italia e le opportunità per le imprese italiane

Secondo l’analisi dell’IFO Institute for Econo-mic Research “TTIP Who benefits from a tran-satlantic free trade deal?”(2013), i paesi che hanno maggiori scambi commerciali con gli USA sono quelli che otterranno maggiori bene-fici dal TTIP. Lo studio prende in considerazione due scenari:1) abbattimento solo delle barriere tariffarie 2) abbattimento anche delle barriere non tariffarie.

Secondo i dati dell’Istituto per il Commercio Estero, gli USA sono la terza destinazione delle importazioni italiane (nel 2014, quasi 30 miliar-di di Euro), invece gli USA sono all’ottavo posto come provenienza delle importazioni italiane (nel 2014, quasi 12,5 miliardi di Euro). Quindi l’Italia è ben piazzata per trarre vantaggio dal TTIP, come confermato dallo studio dell’IFO; si veda la tabella A.

Per quanto riguarda le imprese, a prescindere

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dalla dimensione, quelle che già vantano forti scambi commerciali con gli USA si troveranno in una posizione migliore per trarre vantaggio dal TTIP. Analizzando i dati dello U.S. Census Bureau del 2014, si nota che in valore ai pri-mi tre posti delle esportazioni di merci italia-ne negli USA figurano i prodotti farmaceutici, macchine industriali e automobili. Per quanto riguarda le importazioni dagli USA, le prime tre tipologie di prodotto sono quelli farmaceutici, motori ed equipaggiamenti per l’aviazione civile, metalli preziosi. Le imprese che espor-tano o importano queste tipologie di prodotti si troveranno avvantaggiate, ancora di più se rientrano in quei settori industriali come il far-maceutico, l’automobilistico e l’ingegneristico, specificatamente presi in considerazione dal TTIP.Un’altra opportunità per le imprese italiane è rappresentata dalla facilitazione degli inve-stimenti negli USA offerta dal TTIP e per le imprese potrebbe essere conveniente investire in un’ottica di medio - lungo termine in consi-derazione dei vantaggi e della forza dell’econo-mia USA.L’economia americana possiede vantaggi com-petitivi notevoli: un enorme e uniforme mer-cato interno, prezzi dell’energia molto bassi, manodopera a basso costo, forti investimenti pubblici in ricerca e sviluppo e una forte com-petizione interna tra stati dell’Unione per atti-rare investimenti esteri attraverso sgravi fiscali e leggi che semplificano le procedure burocra-tiche per fare business.Il Boston Consulting Group (BCG) nel report “Made in America, Again Why Manufacturing will return to the U.S.” (2011) prevede che gli USA diventeranno, tra i paesi industrializzati, l’economia più competitiva per il settore mani-fatturiero. Per molti prodotti i costi di produzio-ne negli USA sono inferiori dell’8-18% rispetto a moltissimi altri paesi, tanto che il BCG preve-

de che gli Usa gli potrebbero sottrarre ai paesi industrializzati fino al 5% della loro quota di export.A ciò si devono aggiungere i vantaggi che gli accordi di libero scambio porteranno alla com-petitività americana. Gli USA fanno già parte dell’American Free Trade Agreement (NAFTA) e del Central America Free Trade Agreement (CAFTA) e dovrebbero firmare la Trans-Pacific Partnership (TPP). Grazie a questi trattati gli USA si troveranno al centro di una vasta zona di libero scambio che renderà vantaggioso per le aziende estere produrre negli Stati Uniti sia per fornire l’enorme mercato interno che per ri-esportare in tutti quei paesi che hanno accordi di libero scambio con gli USA.

Conclusione

Con questo articolo si è voluto dare una pano-ramica del TTIP, un trattato di libero scambio che se approvato, produrrà profondi cambia-menti nell’economia italiana, europea e mon-diale. Per brevità, si è dato risalto agli aspetti positivi e alle opportunità, tuttavia il TTIP pre-senta anche rischi, come lo spostamento di ca-pitali e manodopera verso settori e produzioni favorite dal TTIP, con tutti i problemi legati alla perdita di competitività di alcune produzioni o lavoratori. Altri rischi riguardano la riorganizza-zione dei flussi commerciali internazionali, poi-ché in alcuni casi sarà più facile e vantaggioso esportare negli USA rispetto a quei paesi che non hanno accordi di libero scambio con UE o USA (per es. Cina o Russia).Si spera che questa breve analisi possa con-tribuire a stimolare il dibattito all’interno del mondo imprenditoriale italiano affinché il Pa-ese e, in primis le imprese e gli investitori, si organizzino al meglio per cogliere pienamente le opportunità offerte dal TTIP.

Abbattimento delle

barriere tariffarie barriere tariffarie e non-tariffarie

0,28% 4,92%

0,16% 0,62%

35.000 141.000

0,72% 2,9%

Aumento del reddito reale procapite

Aumento occupazione

Posti di lavoro creati

Aumento reale dei salari

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48 gennaio 2016 |

Attività doganale e controlli in tema di proprietà Intellettuale

Gli accordi TRIPS (Trade Related Aspects in In-tellectual Property che costituiscono un accor-do ancillare ma obbligatorio per ciascun paese che voglia aderire al WTO) del 1994 hanno im-posto a tutti i paesi del mondo interessati ad aderire al WTO di adottare dei sistemi di vigi-lanza doganale a protezione dei diritti.L’impegno previsto dagli artt. 51-60 è quello di prevedere un sistema di “sospensione” dall’in-gresso (import) o dall’uscita (export) per tutte quelle merci che vengano sospettate di viola-zione di diritti di Proprietà intellettuale in sen-so lato.L’Unione Europea ha dato attuazione a tale im-pegno con l’adozione di regolamenti comunita-ri sin dal 1994.Attualmente, il Regolamento in vigore è il 608/2013. Tutti gli uffici doganali comunitari sono tenuti alla sua applicazione. Il Regola-

mento prevede la possibilità di “sospendere” la merce sospetta al fine di permettere al titolare dei diritti di proprietà intellettuale di ricorrere all’autorità civile o penale per ottenere misu-re interdittive o di sequestro mentre la merce viene trattenuta dalla dogana.I casi di intervento doganale negli ultimi anni si sono stabilizzati in un volume decisamente rilevante (Fig. 1 - report TAXUD 2014):

COME PROTEGGERE LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE IN DOGANAGiovanni F. CasucciAvvocato specializzato in Proprietà Industriale (contenzioso, tech transfer e licenze). Partner Italiano dello Studio Internazionale BARDEHLE PAGEN-BERG. Docente presso il MIP-Politecnico di Milano in tema di Proprietà Industriale dal 2001. Co-Direttore del Corso di formazione permanente in Proprietà Industriale Brevetti / Marchi – Politecnico di Milano dal 2010. Dal 2008 Co-Direttore del Master ICE-IdeaCina in tema di Proprietà Industriale e Cina. Creatore del servizio di anticontraffazione presso le fiere di Milano e Verona e coordinatore di tale servizio dal 2002 al 2011. Dal 2012 – Coordi-

natore del Comitato Scientifico del Centro Studi Anti-contraffazione, Milano

Fig. 1

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BEST PRACTICE

Fig. 2

In cosa consiste la Proprietà Intel-lettuale ai fini doganali

L’attuale regolamento definisce come Pro-prietà Intellettuale :- Marchi (registrati)- Disegni e Modelli (registrati)- Diritti d’autore- Indicazioni geografiche- Brevetti (concessi)- Certificati complementari per farmaci e fito-

sanitari- Varietà Vegetali- Topografie di prodotti e semiconduttori- Modelli di utilità

Quali tipologie di violazioni vengono prese in considerazione

Il regolamento attuale prevede tre tipologie di violazioni:a) Merci contraffatte: quelle in violazione di

Marchi e/o Indicazioni Geografiche;b) Merci usurpative: quelle in violazione di Di-

ritti d’Autore e/o Disegni e Modelli;c) Merci sospettate di violare un diritto di

proprietà intellettuale: quelle in violazione di tutti gli alti diritti.

Tale differenziazione potrebbe creare qualche

problema in sede penale: se per errore l’even-tuale sequestro penale avesse a che fare con Disegni e Modelli e il Pubblico Ministero quali-ficasse tali prodotti come merci “contraffatte” (utilizzando questo termine, al posto di “usur-pative”, come un sinonimo generico di “copia”) il sequestro verrebbe immediatamente revo-cato in sede di riesame perché “fatto che non costituiscereato”. Pertanto si raccomanda vivamente che le perizie rese dai Titolari in sede doganale chiariscano molto bene il tipo di illecito con-testato.Statisticamente, le violazioni più comuni re-stano ancora quelle relative ai Marchi (CTM e NTM) (fig. 3 - rapporto TAXUD 2014):

Per quanto concerne la provenienza, la fonte di maggior rilievo è data dall’estremo oriente (fig. 4):

Tuttavia i quantitativi di merce bloccata han-no subìto un’importante riduzione rispetto agli inizi (fig. 2):

Fig. 4

Fig. 3

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50 gennaio 2016 |

Come accedere alla protezione e utilizzarne al meglio i vantaggi

L’accesso alla protezione viene garantito at-traverso i servizi delle autorità doganali na-zionali che hanno il compito di raccogliere le “domande di protezione” come disciplinato dal Regolamento 608/13 e poi comunicarle alle al-tre autorità doganali ove sia valido il Diritto di Proprietà Intellettuale.Al momento quindi abbiamo due modalità di protezione:i) Nazionale: Marchi nazionali, Disegni e Mo-

delli Nazionali, Brevetti, Modelli di Utilità;ii) Comunitaria: per Marchi Comunitari (CTM),

Indicazioni Geografiche riconosciute, Dise-gni e Modelli comunitari (RCD); Diritti D’au-tore.

Per l’Italia, il servizio è gestito dall’Agenzia del-la Dogane - Direzione Centrale Antifrode: http://www.agenziadoganemonopoli.gov.it/wps/wcm/connect/internet/ed/dogane/opera-tore/aree+tematiche/lotta+alla+contraffazione.

I titolari di Diritti di Proprietà intellettuale pos-sono gratuitamente inviare la propria domanda di protezione elencando i propri diritti e indi-cando eventuali soggetti sospetti di violazione.Tali domande vengono esaminate e, se appro-vate, entrano in vigilanza presso tutti gli uffici doganali competenti. Una volta che un ufficio doganale dovesse ravvisare una ipotesi di vio-lazione, di tale intervento viene data notificata al titolare che usualmente riceve fotografie di-gitali dei prodotti in sospetta violazione onde permettere una prima valutazione. Il titola-re deve rilasciare una propria perizia entro 10 giorni in cui dichiari di essere convinto che sus-sista violazione o no. In caso di perizia positiva, il titolare dovrà indicare espressamente se è interessato alla distruzione della merce.A questo punto, la dogana richiede al destina-tario della merce se acconsenta alla distruzio-ne della merce: in caso di non risposta il suo assenso viene presunto. Solo in caso di oppo-

sizione da parte del destinatario la merce non potrà essere distrutta.In questa situazione, il titolare ha 10 giorni di tempo (estensibili ad altri 10 giorni) per notifi-care alla dogana di aver instaurato un giudizio penale o civile. In difetto le merci vengono ri-lasciate.L’attuale situazione vede di gran prevalenza i casi distruzione (fig. 5 - Report TAXUD 2014):

Come gestire casi di sospensioni subite

Nel caso ci si trovi nella situazione di subire un fermo sulla base di una sospetta violazione, il destinatario della merce ha due opzioni:a) abbandonare il carico, sapendo che in as-

senza di risposte la merce verrà distrutta;b) opporsi alla notifica di distruzione e pre-

disporre le proprie difese giudiziarie dirette ad ottenere il rilascio del carico.

Solo nel caso di merci inerenti a Brevetti, Mo-delli e Disegni, Modelli di utilità, Topografie di Semiconduttori e Varietà Vegetali, è ammessa la possibilità di chiedere il rilascio della merce su cauzione (art. 24 del Reg 608/13). Tale misu-ra viene, purtroppo, scarsamente applicata per i tempi molto ristretti per il suo ottenimento. Molto più efficace, quindi, risulta il ricorso ur-gente dinanzi al competente Tribunale delle Imprese per il rilascio della merce se fondato su motivi di rischio di danno irreparabile.

Documenti disponibili per gli abbonati Premium Plus

• Reg. UE 608/2013

Fig. 5

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51| gennaio 2016

Rubriche della rivista

• NOVITÀ LEGISLATICHE E ADEMPIMENTI-COME FARESintesi ragionata delle novità legislative che incidono realmente sull’attività aziendale.Istruzioni operative su come gestire la compliance aziendale (obblighi e responsabil-ità connessi a D.Lgs. 231/01, ambiente e si-curezza, information technology, privacy, con-tabilità, etc.).

• BEST PRACTICEFocus su casi di successo.

• ORGANIZZAZIONE E RISORSE UMANEIndicazioni operative per la gestione delle risorse umane e dei rapporti di lavoro.

• AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLOConsigli e raccomandazioni per la gestione dei flussi di cassa, l’incasso dei crediti, le opportunità di investimento, l’accesso alla fi-nanza agevolata, etc.

• INNOVAZIONE E NUOVE TECNOLOGIEOrientamento sulle nuove tendenze e linee guida utilizzabili in pratica per migliorare l’ef-ficenza e l’efficacia della gestione della propria azienda.

• COMPETENZE MANAGERIALE E LEADERSHIPMetodi, consigli e strumenti per favorire lo svi-luppo personale del top manager.

Nel prossimo numero

• NUOVA LEGGE DI STABILITÀ: QUALI NOVITÀ PER LE AZIENDE? (di Paola Aglietta)

• LA NUOVA LEGGE SUGLI ECO-REATI: ISTRUZIONI PRA-TICHE PER EVITARE RESPONSABILITÀ E SANZIONI (di Luciano Butti)

• QUANTO COSTA REGISTRARE MARCHI, BREVETTI E DE-SIGN (di Gabbriella Reniero)

• COME OTTIMIZZARE LA PARTECIPAZIONE ALLE FIERE: DALLA PREPARAZIONE ALLE ATTIVITÀ POST FIERA (di Fabio Tranzocchi)

• MOBBING: COSA RISCHIA IL DATORE DI LAVORO? (di Emiliana Dal Bon)

• FONDI EUROPEI: QUALI SONO LE OPPORTUNITÀ PER LE AZIENDE E COME COGLIERLE (a cura di Gruppo Im-presa)

• CONTROLLI SUI LAVORATORI: QUALI NOVITÀ? (a cura di Colin&Partners)

• COMPETENZE MANAGERIALI: COME COMPORTARSI IN RIUNIONE (di Mario Antonio Catarozzo)

• STRUMENTI: CHECKLIST E FILMATI ONLINE

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LA RIVISTA EXECUTIVE TRIMESTRALE PER LEGALI RAPPRESENTANTI, DIRIGENTI, MEMBRI DI CDA E COLLEGI SINDACALI

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I NOSTRI CORSI PER LE AZIENDE CHE OPERANO CON L’ESTERO

ESPERTO IN CREDITI DOCUMENTARI, GARANZIE BANCARIE INTERNAZIONALI e BANK PAYMENT OBLIGATION (BPO) Come ottimizzare i rapporti con le banche e i clienti esteri e rendere efficaci le ga-ranzie bancarie evitando contenziosi e ritardi negli incassi

ESPERTO IN MATERIA DOGANALEOrigine delle merci, Dual Use e restrizioni all’import-exportGestire le operazioni commerciali con l’estero con riferimento all’origine delle merci e alle restrizioni imposte dalle normative particolari

ESPERTO DI CONTRATTUALISTICA NEL COMMERCIO INTERNAZIONALESoluzione delle controversie internazionali - Negoziazione – Incoterms – Principali clausole – Garanzie bancarie –Compravendita – Trasporto – Agenzia - Concessione di vendita - Franchising

ESPERTO DI LOGISTICA E TRASPORTO INTERNAZIONALE DI MERCIIstruzioni operative per la redazione delle clausole contrattuali, la compilazione dei documenti e la gestione delle situazioni critiche (perdita, avaria, ritardi)

ESPERTO DI FISCALITÀ INTERNAZIONALEIva nei rapporti con l’estero – Operazioni complesse - Imposte sui redditi e altre imposte nei rapporti con l’estero – Transfer pricing

ESPERTO IN TRANSFER PRICINGIstruzioni pratiche per gestire le procedure, redigere e conservare la documen-tazione, difendere le politiche di transfer pricing (Masterfile, Ruling internazio-nale, Accordi APA)

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