Tradurre per le istituzioni
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Tradurre per le istituzioni. Panoramica dei traduttori che operano nelle principali istituzioni governative italiane e della loro attività
Flavia Vecchione, Ministero dell’Interno
Citation: Vecchione, Flavia (2014), “Tradurre per le istituzioni. Panoramica dei traduttori che operano nelle principali istituzioni governative italiane e della loro attività”, mediAzioni 16, http://mediazioni.sitlec.unibo.it, ISSN 1974-4382.
1. Introduzione
L’importanza della traduzione a livello istituzionale è senza dubbio
maggiormente sentita in paesi come la Svizzera,1 il Canada o la Spagna,2 per
la particolare situazione di plurilinguismo che li caratterizza. Si tratta infatti di
realtà che vedono la compresenza di lingue ufficiali diverse, nelle quali dunque
l’esigenza di traduzione a livello istituzionale è costante e dove questo tipo di
traduzione rappresenta, come osserva Egger nel suo articolo “Elementi per un
paradigma della traduzione istituzionale”, “un fattore di coesione essenziale”
(2012: 86). Non è un caso quindi che le riflessioni su questo tipo di traduzione si
siano sviluppate in maniera più consistente proprio in questi paesi caratterizzati
da situazioni di plurilinguismo.3
La presenza di traduttori all’interno delle istituzioni governative è però una realtà
anche in altri paesi. Si pensi, ad esempio, per la Germania, al
Bundessprachenamt del Ministero della Difesa o ai vari Sprachendienste di cui
1 La Confederazione Elvetica dispone di tre centri di traduzione che dipendono dalla Cancelleria Federale Svizzera con sede a Berna.
2 Ad es. la Galizia, con lingue ufficiali spagnolo e galiziano.
3 Cfr. ad esempio, per la Spagna Cruces Colado e Luna Alonso (2004) e, per la Federazione Elvetica, i numerosi contributi di Jean-Luc Egger, capo sezione traduzione e redazione presso la Cancelleria Federale.Cfr., per tutti, Egger (2012).
1
2
dispongono altri ministeri come il Ministero degli Esteri,4 quello delle Finanze,
oppure alle translation sections del Ministero dei Trasporti e dell’Ambiente in
Gran Bretagna.
In Italia dispongono di traduttori-interpreti in-house Camera e Senato, il
Ministero dell’Interno, il Ministero della Giustizia, il Ministero della Difesa, il
Ministero dell’Economia e delle Finanze e quello delle Infrastrutture e dei
Trasporti.Fa eccezione il Ministero degli Esteri nel quale, dal 2010, non esiste
più un ruolo per traduttori-interpreti e opera, di fatto, una sezione che lavora
esclusivamente in outsourcing.
A differenza dei paesi stranieri sopra citati, però, le istituzioni italiane in esame
non dispongono di servizi linguistici centralizzati, i quali invece, come accade
per la Svizzera e la Germania, costituiscono delle vere e proprie divisioni che si
occupano non solo di traduzione o di interpretariato, ma anche di terminologia,
documentazione e insegnamento delle lingue.5
Il presente contributo si propone di avvicinare il mondo dei Translation Studies
e, più in generale, gli operatori del mondo della traduzione, alla figura del
traduttore in-house delle istituzioni italiane e alla sua attività. Si tratta di una
figura altamente specializzata ma quasi del tutto sconosciuta ai più, della quale
anche gli addetti ai lavori si occupano poco o citano solo a margine delle loro
pubblicazioni.6
I dati e le informazioni presentati sono frutto di un lavoro di ricerca condotto su
due binari: quelli relativi al Ministero dell’Interno sono stati forniti dalla scrivente,
mentre per le altre istituzioni prese in esame ci si è avvalsi della collaborazione
4 Cfr. Sprachendienst des Auswärtigen Amts: http://www.auswaertiges-amt.de/DE/AAmt/Dienste/Sprachendienst_node.html.
5 La necessità dell’istituzione di servizi linguistici centralizzati era stata già rappresentata diversi anni fa da alcuni funzionari linguistici del Ministero dell’Interno (cfr. Bonagura et al. 2002).
6 Cfr. ad es. Megale (2008).
3
di colleghi dipendenti di quelle amministrazioni. 7 Ad essi è stato chiesto di
rispondere a un breve questionario informale articolato in due parti, ciascuna
delle quali composta da 5 domande. Il questionario e le relative risposte sono
allegati al presente contributo.
La prima parte riguarda aspetti di carattere prevalentemente organizzativo, tra i
quali la direzionalità delle lingue di lavoro nella pratica traduttiva e l’eventuale
ricorso all’esternalizzazione per le lingue non coperte. In particolare, lo scopo
era verificare il grado di diffusione nelle istituzioni della traduzione nella
seconda lingua (L2), requisito peraltro previsto dal profilo professionale del
traduttore istituzionale. Come si avrà modo di constatare, la pratica della
traduzione nella L2 è molto frequente e riguarda in gran parte la lingua inglese,
anche se non è limitata esclusivamente ad essa. Questo dato sfida, in un certo
senso, i tradizionali approcci prescrittivi alla traduzione, che riconoscono
l’attività traduttiva verso la propria madrelingua come l’unica possibile e
deontologicamente corretta. Ciò che si vuole dimostrare è come in un campo
così specifico come quello istituzionale, la profonda conoscenza delle istituzioni
e del sistema giuridico posseduta dal traduttore madrelingua italiano possa
efficacemente compensare il vantaggio della fluidità della lingua posseduto da
un native speaker. In questo settore, infatti, il contenuto della comunicazione ha
necessariamente priorità sulla forma.
Le domande della seconda parte del questionario, alle quali è stato chiesto di
rispondere a titolo personale, ineriscono all’attività di traduzione vera e propria e
riguardano i tipi di difficoltà maggiormente riscontrati e le strategie traduttive
messe in atto per affrontarle. Le informazioni raccolte mettono in luce le
problematiche tipiche della traduzione giuridica, evidenziando in particolare
difficoltà di carattere terminologico-lessicale, data la non corrispondenza dei
sistemi giuridici e amministrativi coinvolti. Esula dalla trattazione la traduzione
7 Colgo l’occasione per ringraziare i colleghi la cui collaborazione è stata determinante per la stesura del presente contributo: per la Camera Stefano Marrone; per il Senato: Patrizia Mauracher, Claudio Olmeda e Paola Talevi; per il Ministero della Giustizia Claudia Foti; per il Ministero della Difesa il capitano Paolo Cappelli; per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Stefano Pensabene e Giuseppina Romanelli; per il Dipartimento delle Finanze Gabriella Murolo e per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Stefano Alidori.
4
negli ordinamenti plurilingui, alla quale si fa solo breve cenno, dato che tutte le
istituzioni in esame, eccezion fatta per alcuni uffici del Ministero dell’Interno e di
quello della Giustizia (cfr. par. 2.1., tab. 1),operano esclusivamente in una
dimensione internazionale e che vede coinvolti pertanto ordinamenti istituzionali
diversi.
Completano le informazioni raccolte attraverso il questionario esempi tratti
direttamente dalla pratica traduttiva sia personale sia dei colleghi del Ministero
dell’Interno e delle altre Amministrazioni.
Per comodità espositiva, la trattazione è divisa in tre sezioni: nella prima si
fornisce innanzitutto una ‘carta d’identità’ dei traduttori in servizio presso le
istituzioni sopra citate, con l’indicazione degli Uffici e delle lingue di lavoro (par.
2.1. e 2.2.). Nella seconda sezione si entra nel merito dell'attività traduttiva vera
e propria, partendo dalla tipologia degli atti oggetto di traduzione (par. 3.1.), con
un breve cenno ai riferimenti normativi che prevedono l’obbligo del ricorso alla
traduzione (par. 3.2.). Si prosegue poi con l’analisi degli aspetti pragmatici della
traduzione ‘istituzionale’, seguita da alcune considerazioni sul tipo di
conoscenze richieste per affrontarla. In particolare, si esaminano le situazioni-
tipo che ricorrono in questo settore e le dinamiche che guidano le scelte
operate dai traduttori in funzione dei destinatari e dello scopo della traduzione
(par. 3.3. e 3.4.). Nella terza sezione (par. 4.), infine, si traccia un profilo delle
principali difficoltà poste da questo tipo di traduzione, in primis quella
dell’equivalenza giuridica, con tutti i limiti che un’operazione di
schematizzazione comporta. Completa l’esposizione una breve trattazione dei
vari livelli dell’interferenza dell’inglese sulla traduzione in italiano. In questo
contesto si infatti avrà modo di constare come, al di là dei casi in cui la
dipendenza da questa lingua appare inevitabile, dato l’ambito internazionale
della comunicazione quale quello in esame, il fenomeno oltrepassi limiti
accettabili, spingendosi sino alla produzione di forme lessicali gergali
incomprensibili al di fuori dei contesti dai quali hanno origine.
5
2. I traduttori istituzionali in alcune delle principali istituzioni governative italiane
2.1. Numero e distribuzione
La tabella sottostante riepiloga l’entità degli organici e le lingue coperte dai vari
servizi linguistici dei singoli ministeri. Poiché in alcuni casi l’aggiornamento delle
piante organiche risale ad alcuni anni fa (in ogni caso, non successivamente al
2010), i dati di seguito riportati potrebbero non essere più attuali.
Organico Sedi di lavoro8 Lingue di lavoro9
Camera dei Deputati 4 C en-fr-de-es-pt-gr
Senato della
Repubblica
5 C en-de-es
Ministero dell’Interno Circa 350 (tra
funzionari e assistenti
linguistici)
C /P en-fr-de-es-ru-sl-ar-
zh-sq-tr
Ministero della
Giustizia
34 C + 28 P10
CP (di cui 17 a
Bolzano, 2 ad Aosta, i
restanti in altre città
capoluogo)
en-fr-de-es
Ministero
dell’Economia e delle
Finanze (MEF)
Agenzia delle Dogane
e dei Monopoli
4
5 C +10 P
C Dipartimento delle
Finanze (DF)
C/P
en-fr-de-es
en-fr-de-es-ru-zh-nl
Ministero della Difesa 35 + 5911 C en-fr-de-es-ru-sh-ar-
dhari-ja
8 C= Centrali (sede di lavoro Roma); P= Periferiche (distribuite sul territorio, generalmente capoluoghi di province).
9 In alcuni casi, i traduttori lavorano all’occorrenza anche in altre lingue accanto alle lingue per le quali hanno sostenuto la prova di concorso.
10 I dati non includono il Dipartimento della Giustizia Minorile, in quanto non disponibili.
6
Ministero degli Affari
Esteri
Servizio di
outsourcing
Ministero delle
Infrastrutture e dei
Trasporti (MIT)
1 funzionario
linguistico + 8
assistenti linguistici
C en-de
Tabella 1: I servizi linguistici dei singoli ministeri
Si può immediatamente notare come i Ministeri con l’organico di traduttori più
rappresentativo siano il Ministero dell’Interno, il Ministero della Giustizia e quello
della Difesa, i c.d. Ministeri della sovranità. Occorre evidenziare inoltre come il
personale linguistico sia concentrato prevalentemente nelle sedi centrali dei
Ministeri, ad eccezione del Ministero della Giustizia, dell’Interno e delle Finanze
(più precisamente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che da esso
dipende) che dispongono di traduttori anche nelle sedi periferiche. Non si
entrerà nel merito delle molteplici ragioni di questa presenza anche sul
territorio. Ci limiteremo in particolare ad osservare che, per quanto concerne il
Ministero della Giustizia, l’impiego principale dei traduttori a livello periferico si
registra presso i tribunali delle province autonome di Aosta e Bolzano (in virtù
del principio della tutela delle minoranze linguistiche).
Un discorso a parte merita il Ministero dell’Interno, il cui personale linguistico è
distribuito in maniera abbastanza capillare sul territorio, essendo presente
presso molte Questure e Uffici di polizia di frontiera aerea, marittima e terrestre.
La necessità di ricorrere a una presenza così estesa sul territorio risale, per il
Ministero dell’Interno, alla metà degli anni ‘80, quando il nostro Paese ha
cominciato a conoscere il fenomeno dell’immigrazione dai paesi extracomunitari
e dell’Europa Orientale. A questo si aggiunga il fenomeno dell’internalizzazione
della criminalità organizzata, che ha reso indispensabile l’impiego di personale
linguistico interno qualificato. Oggi la mutata geografia dell’immigrazione e della
criminalità organizzata richiederebbe una riorganizzazione di tale personale e
soprattutto un ampliamento dello spettro delle lingue di lavoro, ma questo esula
dalla trattazione del presente contributo.
11 La prima cifra si riferisce ai traduttori civili, la seconda ai traduttori militari.
Un cenno particolare merita il Ministero della Difesa, che vede la presenza al
suo interno di interpreti civili e militari. I primi sono stati assunti nel ruolo di
funzionari dietro superamento di concorso, ai secondi è stata conferita la
qualifica di interprete indipendentemente dal grado rivestito, a seguito del
superamento del Corso di interpreti militari. Al di là delle denominazione, questi
ultimi svolgono comunque anche attività di traduzione.
2.2. Le combinazioni linguistiche
Occorre subito premettere che il profilo professionale del traduttore istituzionale
prevede anche la traduzione attiva, cioè verso la L2. Per essere più precisi, tale
tipo di traduzione costituisce, in buona parte delle istituzioni oggetto del
presente articolo, una parte rilevante dell’attività dei traduttori, che in alcuni casi
rappresenta la metà o più dei carichi di lavoro (cfr. grafico 1)12. Questo aspetto
è direttamente connesso all’esigenza, sempre più pressante, di traduzione in
una società in cui l’operato delle istituzioni governative dei singoli paesi assume
sempre più rilevanza su di un piano internazionale e, viceversa, le istituzioni
sovranazionali hanno diretti riflessi sulla politica e gli aspetti sociali degli stati.
Basti semplicemente pensare alle ripercussioni delle Direttive europee sulla vita
dei singoli cittadini degli Stati Membri.
Grafico 1: Traduzioni attive nelle maggiori lingue europee
7
12 I grafici riportati sono riepilogativi dei dati raccolti attraverso il questionario allegato al presente contributo.
8
Il panorama delle lingue coperte nelle istituzioni in esame (cfr. par. 2.1., tab. 1)
comprende le lingue europee di maggiore diffusione, eccezion fatta per alcuni
Ministeri come quello della Difesa e, in misura minore, dell’Interno. Per le
cosiddette lingue ‘esotiche’ o di minor diffusione, la cui domanda è in continuo
aumento,tutte le istituzioni ricorrono alla procedura di esternalizzazione. A titolo
di esempio, il Ministero della Giustizia ricorre a professionisti esterni per lingue
molto richieste per l'assistenza giudiziaria in materia penale, quali rumeno,
albanese, bulgaro, russo, finlandese, olandese, polacco, greco, portoghese,
serbo-croato, ceco, ungherese, svedese, arabo, macedone, sloveno, turco.
Si ricorre all’outsourcing anche nel caso di progetti traduttivi di grosse
dimensioni o di particolare urgenza, indipendentemente dalla disponibilità in-
house della lingua (cfr. grafico 2).
I criteri che regolano in genere il ricorso all’esternalizzazione degli incarichi
sono l’appartenenza ad associazioni di categoria o a istituzioni
nazionali/internazionali, più raramente la procedura di appalto ad agenzie di
traduzione. In alcuni casi si ricorre all’outsourcing per traduzioni attive di
particolare lunghezza o complessità. Generalmente, come nel caso del
Ministero della Difesa, si tratta di incarichi conferiti per documentazione ‘non
classificata’.13 La prassi dell’esternalizzazione è esclusa per revisioni di testi
tradotti in-house verso la lingua straniera. Viceversa, la revisione è effettuata
dai traduttori istituzionali per progetti traduttivi affidati a traduttori esterni, anche
per motivi di uniformità terminologica.
Nel contesto della gestione degli incarichi di traduzione merita un cenno
particolare la rete informale istituita, su proposta di alcuni traduttori del Ministero
dell'Interno, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006, allo
scopodi far fronte alle esigenze traduttive contingenti. L’esperimento è stato
riproposto in successive occasioni sino a divenire un prassi ormai consolidata
13 Di seguito la definizione di “informazione classificata” ai sensi dell’articolo 42, comma 3, della legge 3 agosto 2007, n. 124: “ogni informazione, atto, attività, documento, materiale o cosa, cui sia stata attribuita una delle classifiche di segretezza previste”.
per alcuni uffici centrali e periferici del Ministero. Funziona tramite richiesta
ufficiale via fax ai colleghi traduttori disponibili sul territorio nazionale a
collaborare al progetto traduttivo.
Grafico 2: Esternalizzazione degli incarichi di traduzione
Per quanto riguarda la domanda di traduzione attiva nelle varie combinazioni linguistiche, si registra una prevedibile preponderanza dell’inglese, seguita dal francese, come si evince dal grafico sottostante.
Grafico 3: Stime in percentuale dell’attività di traduzione in L2 nelle maggiori
lingue europee
9
10
Nel questionario era stato chiesto di fornire una stima in percentuale, laddove si
è optato per valori (approssimativi) del 20% e del 50%, indicanti rispettivamente
una modesta, ma pur presente quantità di lavoro verso la L2 e una quantità
significativa di traduzione attiva. Non sembrano esserci differenze significative
tra spagnolo e tedesco, con una predominanza della seconda per quanto
riguarda la percentuale inferiore. È doverosa tuttavia in questa sede una
precisazione: i dati relativi alle percentuali stimate di traduzione attiva verso le
maggiori lingue europee (en-fr-de-es) non hanno valore assoluto, ma sono
sempre da considerarsi in relazione alle lingue coperte dalle diverse istituzioni.
Così, per esempio, il Senato, non disponendo attualmente di propri traduttori
per il francese, esternalizza gli incarichi in quella lingua, così come le stime
relative al MIT riguardano l’inglese e il tedesco in quanto lingue di lavoro del
traduttore in-house.
Per quanto riguarda invece la frequenza con cui ricorre una combinazione
linguistica rispetto ad un’altra è interessante rilevare come, eccezion fatta per
l’inglese,la necessità di traduzione dalle e verso le varie lingue sia spesso
legata a fattori contingenti, ad esempio a tutto ciò che è ‘scottante’ in un
determinato momento politico. Per esempio, nel caso della Camera, le priorità
delle singole legislature nei rapporti con nuovi parlamenti determina la
prevalenza di lavoro relativo alle lingue di quei paesi, oppure sono temi di
stretta attualità a far pendere l’ago della bilancia verso una lingua piuttosto che
un’altra. Ad esempio, all’epoca della firma del Trattato sulla stabilità, il
coordinamento e la governance nell’unione economica e monetaria (il cd. Fiscal
Compact)si era registrata una prevalenza di attività traduttiva da e verso la
lingua tedesca.
Presso gli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione dell’Interno le lingue di
lavoro prevalenti sono l’inglese e il francese. Un’eccezione è rappresentata
dalla Provincia di Bolzano, dove prevale il tedesco.
In generale però predomina l’inglese, che si sta sempre di più affermando come
lingua franca, il cui impiego appare inevitabile non solo nel caso della
traduzione attiva (necessità di tradurre atti, rapporti e altro materiale informativo
11
per la diffusione degli stessi in ambito europeo e internazionale), ma anche
della traduzione passiva, in quanto gran parte dei testi da tradurre, emanati da
altre istituzioni governative europee e non, è redatta in lingua inglese. Basti
pensare a organismi come l'Europol, Eurojusto, nel sistema informativo
Schengen, alle Unità S.I.R.E.N.E14 dei vari paesi, nell’ambito dei quali il flusso
delle informazioni avviene quasi esclusivamente in lingua inglese. Anche la
traduzione istituzionale non sfugge dunque alla progressiva erosione del
multilinguismo determinata dal sempre più massiccio uso di questa lingua. In
alcune delle istituzioni in esame si ricorre all’inglese,in alternativa a lingue poco
diffuse, per ragioni di economia e di tempo. Vi sono tuttavia casi in cui questa
pratica non è possibile, come è avvenuto per il Ministero dell'Interno nella
traduzione in diverse lingue rare dell'Accordo di integrazione.15
L’uso dell’inglese come della lingua della globalizzazione è stato messo in luce
anche dagli autori della recentissima traduzione in inglese del Codice Italiano di
Procedura Penale, i quali, nella prefazione dell’opera, sottolineano come essa
abbia un ruolo preminente nei “commercial and legal settings” (Gialuz et al.,
2014: 53). Gli stessi autori si spingono sino a ‘sdoganare’ la traduzione nella L2,
sostenendo come
Although many professional associations […] urge their members to work exclusively in their mother tongue, […], because of the special position of English as lingua franca, axioms on the directionality in translation practice have been challenged by studies based on empirical research (ibid.: 55).
L’impiego dell’inglese come lingua franca richiederebbe un discorso troppo
ampio per essere affrontato in questa sede, che vuol essere solo una
panoramica dell’attività traduttiva istituzionale. Ci limiteremo ad osservare
come, se da un lato questa prassi può risultare molto vantaggiosa da un punto
di vista pratico e organizzativo, l’uso quasi indiscriminato dell’inglese da parte di
non-native speakers, a discapito delle lingue che dovrebbero essere impiegate
in un determinato contesto, può, in alcuni casi, rendere gli effetti di eventuali
14 Supplementary Information Request at the National Entries.
15 Previsto dal DPR 14 settembre 2011, n. 179.
12
problemi di comunicazione interculturale ancora più evidenti, dando luogo ad
ulteriori ‘dispersioni’ o inesattezze lessicali che, come ben sappiamo, in un
contesto istituzionale transnazionale diventano dispersioni o inesattezze
concettuali. Si farà cenno a esempi pratici quando si accennerà ai principali
scogli di questo tipo di traduzione.
3. La traduzione ‘istituzionale’
3.1.Tipologia degli atti oggetto di traduzione e riferimenti normativi
La tipologia degli atti da tradurre, pur variando sensibilmente da un’istituzione
all’altra, è fondamentalmente di due tipi: giuridico e amministrativo. Accanto alla
traduzione di testi della prima categoria, quali testi legislativi, documenti
programmatici, protocolli di intesa, sentenze ecc., rientra nella routine
dell’attività traduttiva istituzionale tutta una serie di atti di carattere
squisitamente amministrativo, come decreti, comunicazioni, provvedimenti,
corrispondenza ad uso interno e nei rapporti con uffici stranieri omologhi.
Per quanto riguarda il Ministero dell’Interno, si può generalmente affermare che
l’attività traduttiva riproduce, con poche eccezioni, la bipartizione tra gli Uffici
Centrali e gli Uffici Periferici dell’Amministrazione (Questure e Commissariati).
Infatti nei primi si affrontano testi strettamente legati a contesti internazionali
quali accordi, protocolli d’intesa,convenzioni, rapporti informativi sull’attività del
ministero e destinati alla divulgazione presso organismi ed agenzie
internazionali, comunicati stampa ecc. Di contro, la traduzione in ambito
amministrativo e giudiziario è ‘appannaggio’ dei traduttori degli Uffici Periferici
dell’Amministrazione, essendo l’attività di questi ultimi concentrata
prevalentemente sul territorio. Tra i documenti oggetto di traduzione rientrano
denunce sporte da cittadini stranieri, decreti ingiuntivi, decreti di espulsione,
modulistica di vario tipo, ricorsi avverso contravvenzioni elevate a cittadini
stranieri, verbali di elezione di domicilio, notifiche.
13
Una tipologia di testi squisitamente tecnici è oggetto di traduzione del Ministero
dei Trasporti e dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e interessa settori
quali ingegneristico, chimico e informatico.
Chiudiamo questa elencazione con una quarta tipologia di testi comune a tutte
le istituzioni sinora esaminate, che riguarda materiale della
‘comunicazione’come dépliant, opuscoli, brochure, DVD promozionali,
presentazioni per convegni e conferenze o traduzioni di pagine web.
Per quanto riguarda l’uso di strumenti di traduzione assistita (CAT) o di altri
ausili tecnologici alla traduzione, quali la traduzione automatica (MT), la risposta
alla domanda n. 8 evidenzia la scarsa familiarità del traduttore istituzionale con
tali strumenti. Il fenomeno è riconducibile essenzialmente a due ordini di fattori:
i testi oggetto di traduzione sono spesso in formato cartaceo e sono
caratterizzati da una bassa percentuale di ripetitività che non giustificherebbe il
ricorso a strumenti di traduzione assistita. Accanto a tali motivazioni, però, si
denuncia in qualche caso la difficoltà a far comprendere l'utilità dei CAT non
solo ai superiori, ma anche agli stessi colleghi. I funzionari linguistici del
Ministero dell’Interno hanno sensibilizzato i responsabili per la formazione del
personale per l'introduzione, nei recenti corsi di aggiornamento organizzati dalla
Scuola Superiore dell'Amministrazione Civile dell’Interno, di un corso base per
l’avvio all’uso dei CAT, anche data la maggiore ripetitività che caratterizza
alcune tipologie di testi da essi tradotti (decreti vari, contenenti formule o parti
fisse, testi riguardanti agenzie e organismi internazionali che ricorrono
periodicamente quali verbali di riunioni, relazioni di verifica ecc.). Nel caso poi
della rete informale dei servizi linguistici del Ministero dell’Interno (cfr. par. 2.2.),
l'uso delle memorie di traduzione e di banche dati terminologiche faciliterebbe
l'uniformazione terminologica e la revisione del progetto traduttivo al quale
partecipano i traduttori. Ciononostante, l'impiego degli strumenti di traduzione
assistita continua a essere limitato a pochi traduttori particolarmente inclini
all’innovazione tecnologica. In questo contesto la collaborazione tra istituzioni e
mondo accademico potrebbe rivelarsi particolarmente utile, ad esempio
attraverso forme di scambio quali tirocini per studenti o neolaureati in cambio di
14
supporto nella sistematizzazione del ‘patrimonio’ terminologico-traduttivo
istituzionale.
3.2. Riferimenti normativi
A fronte della varietà di atti da tradurre, è bene precisare che si tratta in tutti i
casi di traduzioni prive di carattere giuridicamente vincolante. In altri termini, il
testo di arrivo ha una funzione puramente informativa, non è dunque utilizzabile
disgiunto dall’atto originale. La lingua facente fede è sempre quella del testo di
origine.
Tale circostanza non preclude l’obbligatorietà della traduzione, la quale anzi, in
alcuni casi, è sancita normativamente, pena conseguenze quali impugnabilità
degli atti, nullità, sanzioni amministrative ecc. Citiamo qui solo alcune di queste
disposizioni legislative a titolo meramente esemplificativo:
1) in materia di atti amministrativi, la Convenzione di Strasburgo del 24
novembre 1977 sulla notifica all’estero dei documenti in materia
amministrativa, che prevede anche la possibilità per il destinatario di
“opporsi alla notifica per non conoscenza della lingua in cui il documento è
stato originariamente redatto”;
2) in materia di legislazione sull’immigrazione, il D.Lgs. n° 286 del 25 luglio
1998 (art. 2) in base al quale
[…] ai fini della comunicazione dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile allo straniero ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese e spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato.
3) in materia di giustizia, la decisione quadro del Consiglio del 13 giugno
2002 relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna
tra Stati membri (art. 8, c.2):
15
Il mandato di arresto europeo è tradotto nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di esecuzione. Ciascuno Stato membro può al momento dell'adozione della presente decisione quadro, o successivamente, attestare in una dichiarazione depositata presso il Segretariato generale del Consiglio che accetterà una traduzione in una o più lingue ufficiali delle istituzioni delle Comunità europee.
4) in ambito strettamente giudiziario: 1) il D.Lgs. n°32 del 4 marzo 2014 di
recepimento della Direttiva 2010/64/UE sul diritto alla traduzione e
all’interpretazione nei processi penali che qui citiamo per i suoi diretti
riflessi sull’attività traduttiva del Ministero dell’Interno e di quello della
Giustizia in quanto vi si individuano gli atti fondamentali che necessitano di
traduzione, tra i quali quelli relativi alla fase ante judicium; 2) D.Lgs. n° 101
del 1 luglio 2014 di attuazione della Direttiva 2012/13/UE sul diritto
all’informazione nei procedimenti penali;
5) in materia di sicurezza stradale, il recentissimo decreto legislativo n° 37
del 4 marzo 2014, con cui è stata recepita la direttiva 2011/82/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, in vigore dal 22
marzo 2014, che disciplina lo scambio tra l'Italia e gli altri Stati membri
dell'Unione Europea delle informazioni sulle infrazioni in materia di
sicurezza stradale e prevede, tra l’altro, che:
La lettera d'informazione indirizzata al proprietario, all'intestatario del veicolo o alla persona altrimenti individuata come autore dell'infrazione sia redatta […] nella lingua del documento d’immatricolazione del veicolo con il quale è stata commessa – laddove esso sia disponibile – o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro d’immatricolazione.
Infine, un caso particolare di obbligo di traduzione è rappresentato dalla
situazione dellaminoranza linguistica tedesca dell’Alto Adige, normativamente
tutelata dall’art. 99dello Statuto di Autonomia (Parificazione del bilinguismo) e in
particolare dall’art. 100, che garantisce alla minoranza tedescofona il diritto
all’uso della propria lingua nei rapporti con gli organi e gli uffici della Pubblica
Amministrazione:
I cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi competenza
16
regionale, nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia stessa.
3.3. Aspetti pragmatici della traduzione istituzionale: autori, destinatari e scopi
Un approccio alla traduzione istituzionale deve necessariamente tener conto, al
pari di altri tipi di attività traduttiva, di alcune variabili essenziali: l’autore, il
destinatario, lo scopo della traduzione. Il traduttore istituzionale si trova quindi a
dover tarare le sue scelte terminologiche in base a questi tre elementi e alle loro
molteplici combinazioni. Spesso è solo grazie all’esperienza acquisita che si
riesce ad affinare una ‘sensibilità linguistica’ che consente di optare per una
strategia traduttiva piuttosto che per un’altra.
Rispetto al traduttore freelance, il traduttore istituzionale in-house è, almeno in
teoria, avvantaggiato dalla sua posizione che gli consente di relazionarsi in
maniera più diretta con l’ufficio committente, anche per il semplice motivo che
esso coincide, in molti casi, con il destinatario delle traduzioni e, laddove non
sia così, può fornire le informazioni necessarie sui destinatari e sugli scopi dei
testi dei quali dà incarico di traduzione.
In particolare, per quanto concerne i destinatari, si individuano le seguenti
situazioni-tipo:
1) il destinatario della traduzione è il proprio ufficio di appartenenza od omologo
ufficio straniero (in caso di traduzione attiva); 2) un organismo internazionale; 3)
un privato cittadino; 4) una pluralità indeterminata di destinatari.
I casi 1) e 2) sono i più frequenti nei ministeri presi in esame.16 Ad esempio i
traduttori del Ministero della Giustizia traducono documenti di risposta a
organismi internazionali (OCSE, GRECO), 17 documentazione della CEDU e
16 Cfr. risposte al questionario allegato.
17 Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO) in seno al CoE.
17
dell’ONU ecc. I destinatari delle traduzioni effettuate dai funzionari linguistici
degli uffici centrali del Ministero dell’Interno sono spesso organismi e agenzie
europee quali Europol, Frontex ecc.
Il caso 3), meno frequente, riguarda prevalentemente l’attività traduttiva degli
Uffici Periferici del Ministero dell’Interno, vale a dire principalmente Questure,
Commissariati e Uffici di polizia di frontiera i quali appunto, emanano e ricevono
atti e provvedimenti legati alla loro attività sul territorio e che vedono coinvolti
cittadini stranieri, come i decreti ingiuntivi di pagamento in seguito ad
elevazione di contravvenzione al Codice della Strada, denunce di furti,
smarrimenti, sinistri, elezioni di domicilio e nomina del difensore, solo per
citarne alcuni.
Come abbiamo già osservato, anche i traduttori dell’Agenzia delle Dogane e dei
Monopoli si occupano della traduzione di provvedimenti i cui destinatari sono
singoli cittadini, quali sequestri, confische, pignoramenti o provvedimenti di
custodia cautelare per i cittadini italiani residenti all'estero o esteri che hanno
commesso reati in Italia.
Le scelte traduttive dipenderanno dunque molto da queste variabili. Ad
esempio, nel caso di corrispondenza tra uffici omologhi, per i nomi designanti
istituzioni straniere si potrà spesso optare per una non traduzione, in virtù del
livello di conoscenza presunta del destinatario del messaggio. Tuttavia, se la
denominazione della stessa istituzione compare in un atto destinato a un
privato cittadino oppure a una pluralità indistinta di destinatari, occorrerà
tradurlo o comunque spiegarne la funzione con una perifrasi al fine di rendere
chiaro il messaggio.
Ulteriore elemento di differenziazione è rappresentato dalla nazionalità degli
autori e/o destinatari dei testi. È noto come a una stessa lingua possano
corrispondere più sistemi giuridico-istituzionali. Il pensiero corre
immediatamente all’inglese, lingua di importanti nazioni con sistemi giuridico-
istituzionali diversi (di cui uno, il Canada, nel quale vi è compresenza di
ordinamento di Common Law e di Civil Law) o anche al tedesco, lingua comune
di Germania, Svizzera e Austria. In questo caso, la traduzione dovrà tenere
18
conto della varietà linguistica dei testi oggetto di traduzione. Si prenda per
esempio, per il tedesco, il termine “Bundespolizei”, che si riferisce sia alla realtà
tedesca sia a quella austriaca. Ma, mentre nel primo caso indica un corpo di
polizia alle dirette dipendenze del ministero dell'Interno tedesco, con mansioni
un tempo affidate al disciolto BGS (Bundesgrenzschutz), la “Bundespolizei”
austriaca comprende tutte le forze di polizia che operano in Austria. Nel
secondo caso il determinante “Bundes”, più che alla connotazione territoriale
del termine (“Bundes” contrapposto a “Landes”), si riferisce alla unificazione dei
due tipi di forze dell’ordine, un tempo distinti, e cioè la Polizei e la Gendarmerie,
divenute unico corpo di polizia in seguito alla riforma del 2005.
Il caso 4) riguarda essenzialmente la traduzione della modulistica plurilingue,
questionari, formulari e/o materiale informativo destinati a individui di diverse
nazionalità e background culturale.
La terza ‘variabile’ di cui tener conto, lo scopo della traduzione, è direttamente
legata al contesto. Le scelte traduttive quindi non possono prescindere da
questi elementi, pena un insuccesso della comunicazione.
Prendiamo ad es. il termine “sportello unico” e le sue possibili rese in lingua
inglese sulla base di due esempi relativi a due ambiti, l’immigrazione e le
dogane.
Lo Sportello Unico per l’Immigrazione designa l’ufficio della Prefettura
competente per il disbrigo di pratiche in materia di immigrazione e lavoro. Il
traducente “one-stop-shopfor immigration”, dove il termine “one-stop-shop”
designa, in inglese, una realtà aziendale o amministrativa unica che consente
l’effettuazione di diverse procedure nello stesso luogo fisico, apparirà più
opportuno nel caso di un dépliant informativo destinato alla pubblicazione per
conto di un organismo istituzionale o su un sito web, mentre sarà preferibile il
traducente “Immigration Office” (che ne rappresenta però una semplificazione),
nel caso di moduli o dépliant divulgativi destinati a fornire una guida sintetica,
per esempio, ai richiedenti asilo provenienti da paesi terzi e che usano l’inglese
come lingua veicolare. Naturalmente in entrambi i casi è consigliabile l’uso del
19
traducente con funzione esplicativa, da riportare in parentesi accanto alla
denominazione propria dell’istituto.
In ambito doganale si impiegherà sempre il traducente “one-stop-shop” per
indicare lo sportello unico in quanto istituto previsto dall’art. 26 del Regolamento
comunitario 450/2008, che prevede il coordinamento dei controlli eseguiti sulle
merci oggetto di scambio internazionale, affinché questi avvengano nello stesso
momento e nello stesso luogo.
Questo traducente non sarà però più accettabile se si deve designare il
concetto di piattaforma unica sulla quale è possibile presentare informazioni
standardizzate e documentazione per via elettronica, attivata per facilitare gli
operatori nell’obbligo di rispettare tutti gli adempimenti normativi connessi
all’operazione doganale, ivi inclusi controlli sanitari, fitosanitari, veterinari, di
sicurezza, ecc., ciascuno dei quali affidato ad un'autorità diversa. In questo
caso i traduttori utilizzano il termine “single window”, che non è frutto di scelte
arbitrarie, ma rappresenta un concetto riconosciuto da molte organizzazioni
internazionali che si occupano di agevolare le operazioni commerciali, quali
l’Organizzazione Mondiale delle Dogane.
I pochi esempi riportati non esauriscono ovviamente la casistica delle situazioni
che determinano le scelte delle strategie traduttive. Esiste poi tutta una serie di
fattori esterni che determinano e a volte condizionano le scelte dei traduttori
nell’optare per una strategia traduttiva piuttosto che per un'altra.
Due domande della seconda parte del questionario miravano a elicitare risposte
circa le scelte fatte dai traduttori riguardanti, nello specifico, la ‘gestione’ di
sigle, acronimi e nomi di istituzioni straniere (domanda n. 8) e, più in generale,
l’adozione di strategie ‘stranianti’ o ‘naturalizzanti’ nell’approccio al testo oggetto
di traduzione (domanda n. 10). In generale, le risposte hanno evidenziato come
le variabili del destinatario della traduzione e del tipo di testo abbiano un peso
determinante in tali scelte. È stato inoltre osservato come, in casi frequenti, in
cui una stessa traduzione sia destinata a più uffici diversi, occorra propendere
per soluzioni che possano mediare tra diversi livelli di conoscenza presunta dei
destinatari.
20
Le scelte dei traduttori non sono sempre scelte personali. A volte è la politica
dell’istituzione a dettare le direttive o quantomeno gli orientamenti da seguire. È
il caso, per esempio, dell'ambito militare, che, nelle pubblicazioni italiane
tradotte in inglese, preferisce l’adozione dei termini dell’inglese britannico (BE)
in luogo di quelli dell’inglese americano (AE), nel rispetto dei dettami della guida
interistituzionale inglese di stile della Commissione Europea (European
Commission-DGT 2011). Per citare un esempio, per la traduzione inglese della
carica“Capo di Stato Maggiore dell’Esercito” si preferisce il termine del BE
“Chief of the General Staff” al “Chief of Staff of the Army” statunitense.
Abbiamo visto come molteplici siano i fattori pragmatici che condizionano la
traduzione e le strategie per ‘gestirli’. Uno studio sistematico delle scelte dei
traduttori in un certo ambito costituirebbe uno spunto interessante per la stesura
di linee guida che potrebbero agevolare i traduttori stessi e tutti coloro che in
futuro vogliano affrontare questo tipo di traduzione.
3.4. Conoscenze e competenze del traduttore istituzionale
Tutte le considerazioni sin qui espresse ci inducono ad affermare che due sono
gli attributi che meglio caratterizzano la traduzione istituzionale: in primo luogo è
trasversale, abbraccia cioè svariati settori, dovendo le istituzioni legiferare e
intervenire su ambiti tra i più disparati; in secondo luogo, la traduzione
istituzionale è interculturale. Se si eccettuano le realtà di plurilinguismo quale, in
Italia, quella dell’Alto Adige, il traduttore istituzionale si confronta costantemente
con situazioni che vedono coinvolti almeno due ordinamenti giuridici, con tutti i
problemi e le difficoltà che la traduzione giuridica comporta. Infatti, per citare De
Groot (1999:18) “tradurre un testo giuridico o, più semplicemente, cercare un
termine equivalente in un altro ordinamento, non consiste […] nella sola ricerca
dell’etichetta linguistica e, dunque, nel passaggio da una lingua all’altra, ma da
un intero sistema normativo all’altro”. E nel nostro caso, il traduttore, che
affronta quotidianamente documenti e testi provenienti da o destinati a organi o
istituzioni di paesi diversi, ha anche la responsabilità di rendere possibile la
21
comunicazione tra realtà istituzionali diverse, che producono e sono al tempo
stesso espressione dei diversi sistemi giuridici nazionali.
Il portfolio di conoscenze del traduttore istituzionale deve dunque comprendere
almeno i fondamenti dell’organizzazione istituzionale, legislativa e giudiziaria
dei paesi delle sue lingue di lavoro. Queste conoscenze di geografia giuridica
costituiscono la base per il lavoro di comparazione indispensabile alla
‘produzione’ di una traduzione consapevole.
In questo contesto è doveroso puntualizzare come si tratti di competenze
sviluppate, nella maggioranza dei casi, sul campo o per iniziativa autonoma dei
singoli traduttori. Se si eccettuano infatti sporadiche iniziative di formazione
continua, a volte insufficienti per durata e contenuti, intraprese da alcuni
Ministeri 18 l’attività di aggiornamento è lasciata interamente all’iniziativa dei
singoli.
4. Gli scogli della traduzione istituzionale: un tentativo di schematizzazione
Le osservazioni che seguono si riferiscono a esempi tratti dalla pratica
traduttiva quotidiana e mirano a fornire una panoramica della tipologia delle
principali difficoltà poste dalla traduzione ‘istituzionale’. Gli esempi proposti si
riferiscono essenzialmente all’attività traduttiva del ministero di appartenenza,
quello dell'Interno, con qualche ‘incursione’ nell’ambito di alcune delle altre
istituzioni in esame.
Come si evince dalle tabelle riepilogative del questionario sottoposto ai colleghi
in rappresentanza delle istituzioni da cui dipendono, emerge un dato evidente
18 Il Ministero dell’Interno ha organizzato di recente corsi di aggiornamento per i traduttori delle lingue inglese e tedesco presso la SSAI (Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno) a più di venti anni di distanza dai primi corsi di formazione. Si segnala inoltre il Master in Traduzione giuridica dell’Università di Genova di cui hanno fruito traduttori dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del MEF.
22
rispetto alle difficoltà con le quali ci si confronta, che sono fondamentalmente di
due tipi: 1) testuale; 2) lessicale/terminologico.
Difficoltà di tipo testuale insorgono in particolare nella traduzione attiva. A
leggere i testi che il traduttore istituzionale deve affrontare quotidianamente,
non si direbbe che le raccomandazioni per diradare la “nebbia del linguaggio
amministrativo”, come recita, nel titolo, la guida multilingue per la
semplificazione dei testi amministrativi a cura della Commissione Europea Fight
the Fog. How to write clearly (European Commission-DGT 2012), siano state
messe in pratica. Della chiarezza dell’italiano istituzionale, con particolare
riferimento alle implicazioni in ambito traduttivo, si occupa la Rete REI,19 Rete
per l’eccellenza dell’italiano istituzionale, che al tema ha dedicato convegni,
articoli, e giornate di incontro. Nel frattempo, però, il traduttore istituzionale
continua a scontrarsi ogni giorno con una lingua, o piuttosto con un’antilingua
caratterizzata dall’uso frequente di ipotassi, passivizzazione, tecnicismi
collaterali, ellissi e altri costrutti che pongono non pochi problemi nella
traduzione attiva.
Si prenda, ad esempio, la tipologia di atti giuridici/amministrativi costituiti da una
‘frase unica’ (es: “l’Autorità XXX, visti gli atti di ufficio da cui risulta che..……, il
sig. ……., res. in………a………, considerato……… letti gli articoli………
dispone che…..”) la cui struttura, in molti casi, non ha corrispondenti nella
prassi giuridico-amministrativa di altri paesi. Questo tipo di testi costringe il
traduttore istituzionale a effettuare, nella traduzione attiva,vere e proprie
operazioni di re-drafting, frammentando i periodi troppo lunghi, sciogliendo
forme gerundivali, verbalizzando nominalizzazioni, personalizzando le
spersonalizzazioni e così via. Inoltre, la concatenazione in un periodo di tanti
elementi strettamente interdipendenti che caratterizza non solo i testi legislativi
19 Cfr. http://ec.europa.eu/translation/italian/rei/index_it.htm.
23
ma anche quelli amministrativi,rende spesso difficile l’attribuzione di questo o
quel riferimento normativo ai concetti e/o alle procedure esposti. Un esempio:20
Non possono essere autorizzate, ai sensi dell’Art. 18, condotte previste dalla legge come reato per le quali non è opponibile il segreto di Stato a norma dell’articolo 39, comma 11, ad eccezione delle fattispecie di cui agli articoli 270-bis, secondo comma, e 416-bis, primo comma, del codice penale.
The forms of conduct deemed by the Law to constitute a criminal offence in relation to which State-secret status may not be invoked pursuant to section 39 (11) of this Act, with the exception of the cases referred to under articles 270/bis (2 and 415-bis (1) of the Criminal Code cannot be authorized pursuant to section 18 of this Act.
Accanto a difficoltà di tipo testuale, sono le questioni di carattere lessicale e
terminologico quelle che maggiormente ‘affliggono’ i traduttori istituzionali, come
si evince dalle risposte alla domanda n. 7. Come abbiamo accennato nel
paragrafo 3.3., tradurre in questo settore, infatti,non si esaurisce nella ricerca
dell’equivalente di un dato termine. Anche quando questo esista, denoterà
comunque un concetto non perfettamente sovrapponibile a quello della lingua di
arrivo. Questo perché il linguaggio giuridico, che è una componente essenziale
della traduzione istituzionale, è legato all’ordinamento giuridico del paese da cui
ha origine. Per una traduzione consapevole, infatti, il traduttore istituzionale
deve saper affrontare adeguatamente il problema delle equivalenze e il “calcolo
delle perdite” (Megale 2008: 12) legato alle sue scelte traduttive. Partendo dal
concetto di equivalenza funzionale teorizzato da Šarčević (1997: 236)
applicabile a entità che svolgono sostanzialmente la stessa funzione, qual è, ad
esempio, in questo settore, il caso di organi e istituzioni, preferiamo analizzare
in questa sede, sulla base di esempi concreti della pratica traduttiva, i ‘gradi’ di
tali equivalenze,sempre facendo riferimento alla tripartizione teorizzata dalla
stessa linguista (ibid.: 237 ss.), che le divide in 1) near, 2) partial, 3) null
equivalences.
20 Esempi tratti dal materiale del corso di formazione per funzionari linguistici presso la Scuola Superiore dell'Amministrazione dell’Interno, tenuto dalla Dott.ssa Catharine de Rienzo, Marzo 2013.
24
Prendiamo la prima tipologia, quella delle equivalenze pressoché identiche.La
divisione dei reati in delitti e contravvenzioni non è tipica solo del nostro sistema
penale. Nel sistema tedesco abbiamo i “Verbrechen” e i “Vergehen”, nel Regno
Unito si ha una tripartizione in “indictable”, “summary offences” e “offences
'triable either way'”. Ma, al di là di una generalissima distinzione comune ai tre
sistemi tra reati più gravi e meno gravi, le tipologie non sono perfettamente
sovrapponibili, basandosi su una serie di altri fattori quali il tipo di pena prevista
nella procedura penale italiana, la gravità e il tipo di organo giudicante
competente nel sistema inglese, o ancora l’entità della pena in quello tedesco
ecc. Ecco che, nella traduzione dei capi di imputazione in una sentenza, ad
esempio, possono insorgere facilmente delle difficoltà (Vecchione 2011: 94).
L’apparente identità concettuale viene così ‘smascherata’ dalla traduzione.
Veniamo alla seconda tipologia, quella delle equivalenze parziali, nelle quali il
concetto di una lingua contiene le caratteristiche dell’altra ma non viceversa. Un
esempio per tutti: in Germania, a differenza del nostro Paese, esiste la
separazione delle carriere per giudici e pubblici ministeri. In Italia, il concetto di
“magistratura”, ancorato negli articoli 101-110 della Costituzione, comprende
invece sia la figura del giudice sia quella del magistrato, sottolineando il
carattere di indipendenza di quest’ultimo dall’esecutivo, al pari di un giudice.
Pertanto, la resa del termine “magistratura” è apparsa compito arduo a un
gruppo di funzionari di polizia tedeschi che avevano intrapreso un viaggio di
studi in Italia. L’autore della relazione finale, tentando di fornire ad ogni costo un
traducente, ha reso il termine con “Richterschaft”, ma puntualizzando come
questo fosse da intendersi come un iperonimo che include sia i “Richter”
(giudici) che gli “Staatsanwälte” (Pubblici Ministeri). In questo caso sarebbe
stato forse più adeguato il ricorso alla perifrasi “Richter und Staatsanwälte”
(giudici e pubblici ministeri).
Per quanto riguarda infine le null equivalences la traduzione istituzionale offre
una casistica amplissima. Basti semplicemente pensare ai nomi di
istituzioni,titoli e cariche ufficiali, oppure alla differenza degli strumenti legislativi
nei paesi di Common Law e di Civil Law.
25
La traduzione dei nomi di organi e istituzioni può rivelarsi problematica anche in
casi apparentemente ‘facili’. In ambito EU i Presidenti si riuniscono in una
conferenza apposita, la “conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione
Europea”, la cui denominazione ufficiale inglese è stata per lungo tempo
“Conference of Speakers of EU Parliaments”. Sin qui tutto bene, se però non si
tiene conto della diversa natura dei Presidenti delle Camere nella realtà
anglosassone e in quella di altri paesi. Infatti nei primi i Presidenti (gli Speakers)
non sono autorizzati a prendere decisioni di tipo politico, mentre in Italia, ad
esempio, il Presidente della Camera è un vero e proprio President, dotato di
maggiore potere decisionale rispetto al suo collega britannico. L’intensificazione
dei rapporti tra i parlamenti dei vari paesi dell’UE, suggellata dal Trattato di
Lisbona, ha dunque evidenziato questa dicotomia, rendendo di fatto inadeguata
la denominazione inglese di “Speakers”, e costringendo in qualche modo a
trovare una soluzione terminologica che tenesse conto di entrambe le realtà. Ed
è stato così che si è arrivati alla nuova denominazione ufficiale di “Conference
of Speakers and Presidents of EU Parliaments”, coniando di fatto un
neologismo. Questo esempio è davvero emblematico delle peculiarità della
traduzione istituzionale che, come mette bene in rilievo l’interprete-traduttore
della Camera Stefano Marrone, “non può basarsi solo sulla consultazione di
dizionari, che non sono in grado di registrare le evoluzioni della realtà
istituzionali che sottendono i termini” (corsivo mio).21 Inoltre evidenzia, come
osserva anche Egger (ibid.: 86), il carattere tipico della figura “del traduttore
istituzionale che,è per certi versi pure un facitore di lingua, crea termini nuovi e
perpetua l'uso di strutture e parole […]” (corsivo mio).
Come già osservato, la mancanza di equivalenza rappresenta una costante
nella resa delle denominazioni di organismi e cariche istituzionali. È
significativa, in tale contesto, la scelta di tre traduttori su dieci che opta in questi
casi per una non traduzione (domanda n. 8). In ogni caso, nei commenti alle
risposte, è stato messo in luce da alcuni rispondenti il carattere indicativo di tali
scelte, sottolineando giustamente come non si debbano ‘assolutizzare’ le
21 Corso di formazione per funzionari linguistici presso la Scuola Superiore dell'Amministrazione dell’Interno, tenuto dal collega Dr. Stefano Marrone a Marzo 2013.
26
strategie da adottare, la cui scelta dipende da fattori quali il tipo di testo da
tradurre, il livello di informazione dell'utente, il grado di notorietà dell'istituzione.
In questo contesto ci sembra opportuno osservare che, in generale, le istituzioni
governative italiane non hanno approntato traduzioni ‘ufficiali’ delle loro divisioni
o degli omologhi uffici stranieri.
Solo laddove esista un servizio centralizzato di traduzione (si pensi
all’Auswärtiges Amt in Germania che fornisce sulla sua pagina web, alla
sezione Terminologie22 la propria traduzione dei nomi delle principali istituzioni
degli altri paesi) è possibile rifarsi a traducenti già accreditati o ufficiali, evitando
in questo modo una difformità terminologica. Nelle istituzioni governative
italiane, le scelte terminologiche sono lasciate in molti casi a scelte personali
dei singoli traduttori, alcuni dei quali hanno provveduto a costruire propri
glossari ad uso personale o interno all’ufficio. Non risultano infatti operazioni di
sistematizzazione terminologica. Un’eccezione è rappresentata dal dizionario
terminologico italiano-tedesco delle attività del Ministero dell’Interno a cura di
Lentini e Mayer (2001), nonché dal dizionario comparato italiano-inglese sulle
attività del Ministero dell’Interno,di recentissima pubblicazione (Lentini 2014).
Oltre ai casi citati, la mancanza di equivalenza riguarda naturalmente anche i
sistemi giuridici e amministrativi di cui le istituzioni sono espressione.
Prendiamo ad esempio l’ambito dell’immigrazione. Nonostante la politica
europea di uniformazione di molte procedure, come quella dei visti, le tipologie
di istituti e procedure adottati nei vari paesi restano molteplici. Poniamo di
dovere tradurre in italiano il termine “Duldung” che compare sul permesso di
soggiorno di uno straniero proveniente dalla Germania e richiedente un
permesso di soggiorno nel nostro Paese: la “Duldung”, prevista
dall’Aufenthaltsgesetz tedesca designa un tipo particolare di permesso
22 Cfr. http://www.auswaertiges-amt.de/sid_B6DAA61B7DA50050D424DD9C01D762C5/DE/Infoservice/Terminologie/Uebersicht_node.html.
27
concesso a cittadini terzi inespellibili a vario titolo23 e non ha un corrispondente
in italiano. Il corrispondente termine italiano proposto da IATE “accoglienza
straordinaria” risulterebbe infatti inadeguato in tale contesto,in quanto vago e
privo di un referente concreto. È solo risalendo alla fonte normativa che sarà
possibile giungere ad una traduzione consapevole. In questi casi, occorrerà
effettuare,come la definisce Ralli (2009), “un’operazione di micro-
comparazione” con fini pratico-applicativi, che tenga conto del bisogno di
informazione del destinatario, in questo caso l’ufficio Immigrazione che deve
esaminare il documento in questione.
Gli esempi sin qui citati sono una dimostrazione di come il traduttore
istituzionale debba ‘maneggiare’ con cautela gli strumenti e le risorse di cui oggi
dispone. Naturalmente, come emerge dalla risposta n. 7 del questionario, le
banche dati europee sono una fonte privilegiata di risorse per i traduttori
istituzionali, molti dei quali lavorano a stretto contatto con istituzioni europee,
ma spesso non possono dare una risposta adeguata al bisogno del traduttore.
Naturalmente queste considerazioni sono estese a tutti i tipi di risorse di cui si
dispone, terminologiche e non, in quanto va assolutamente evitata, in questo
tipo di traduzione forse più che in altri,la tentazione di utilizzare traducenti pret-
à-porter, sganciati dalle variabili dei contesti, scopi e destinatari della
traduzione. Sempre in ambito terminologico, dedichiamo un breve cenno anche
ai cosiddetti ‘falsi amici’. Nell’ambito delle forze di polizia, ad es., il “Kommissar”
tedesco non corrisponde al nostro “commissario”, (se non nella nota serie
televisiva “Kommissar Rex” dove, per esigenze di adattamento, diventa “Il
commissario Rex”) bensì al grado di “ispettore”. O ancora, il termine tedesco
“Kriminalpolizei” non si traduce con “polizia criminale”, poiché indica la polizia
giudiziaria, distinta dalla “Schutzpolizei”, la quale invece ha esclusivamente
mansioni di ordine pubblico, e non giudiziario. Va precisato inoltre che il termine
“polizia giudiziaria” abbraccia, nella realtà italiana, anche altre forze di polizia
con competenze giudiziarie (Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale)
e dunque non rende egualmente giustizia al termine tedesco “Kriminalpolizei”.
23 Vorübergehende Aussetzung der Abschiebung (“Duldung”§ 60a Aufenthaltsgesetz; http://www.gesetze-im-internet.de/aufenthg_2004/__60a.html).
28
Ma, è noto, la traduzione è pur sempre una negoziazione e la resa perfetta
resta un’utopia.
Vi sono ancora casi in cui l’esistenza di ‘somiglianze pericolose’ potrebbe
indurre il traduttore ad avventurarsi in calchi azzardati.
Per citare un esempio, all’epoca dell’esplosione in Italia del fenomeno dei
collaboratori di giustizia, fu spiegato a un gruppo di commissari tedeschi venuti
nel nostro Paese per studiare da vicino il fenomeno del pentitismo e di come
gestirlo, che i “Justizmitarbeiter” usufruivano di speciali garanzie di protezione.
Naturalmente il termine tedesco indica ben altra categoria, cioè quella degli
operatori giudiziari, mentre il termine italiano, che indica gli individui altrimenti
noti come “pentiti”, andrebbe tradotto con una perifrasi o, con il termine, pur
riduttivo,di “Kronzeuge”. È un semplice aneddoto, ma esemplare di quanto sia
scivoloso il terreno della terminologia istituzionale.
Per terminare questa breve carrellata di esempi, accenniamo a un ultimo
aspetto delle particolarità della traduzione istituzionale. Si è già detto
dell’italiano della burocrazia e dell’inevitabilità per il traduttore di procedere in
molti casi a un’operazione di riscrittura di intere frasi, date le diverse strutture
della lingua di partenza e di quella di arrivo. Accanto alle caratteristiche
dell’italiano istituzionale citate nel paragrafo 4, è interessante soffermarsi
brevemente su un altro aspetto e cioè sulle problematiche linguistiche
determinate dall’uso prevalente, anche se non esclusivo, della lingua inglese a
certi livelli della comunicazione in molti degli ambiti istituzionali esaminati.
Prendiamo ad es. la comunicazione nel sistema comune di informazione di
polizia, l’Europol, dove il regime linguistico di plurilinguismo è assicurato solo a
livello normativo-regolativo. La restante parte della comunicazione, infatti,
avviene prevalentemente in lingua inglese. I traduttori nazionali del Ministero
dell’Interno svolgono dunque una funzione di “cerniera” (Dell’Anna/Serpentini
2008: 171) tra le due dimensioni, quella nazionale e quella sovranazionale
europea di Europol. Si tratta di un settore, al pari di quello finanziario, doganale
e militare, tradizionalmente dominato da paesi anglofoni e pertanto i traduttori si
trovano a dover affrontare quotidianamente il difficile compito di rendere in
29
italiano concetti e procedure di matrice squisitamente anglosassone. Le strade
percorse sono tante e vanno dalla non traduzione, all’uso di calchi o al conio di
ibridi, neologismi o risemantizzazioni non sempre felici, spesso comprensibili
agli addetti ai lavori, ma non altrettanto chiari quando i documenti siano
destinati a uffici esterni o altri attori della comunicazione. Riportiamo qui alcuni
casi esemplificativi, ma che riteniamo sufficienti a dare un’idea delle
problematiche e delle dinamiche linguistiche che si innescano in questi casi.
Prendiamo per esempio il termine “threat assessment”,24 che sta a indicare
l’attività di analisi della criminalità nei vari paesi, utile all’elaborazione, in sede
europea, di piani e strategie di contrasto al crimine. Il traducente usato
“valutazione della minaccia”, evidentemente un calco, risente fortemente del
termine originale e non ha una sua vera autonomia. Altre volte l’impossibilità di
trovare un traducente adeguato dà luogo a ibridi discutibili. È il caso di “paesi
forerunner”, soluzione usata per designare i “forerunner countries”, appunto,
cioè i paesi aventi un ruolo pioneristico in determinate iniziative in materia di
cooperazione di polizia. Si tratta in questi casi di soluzioni negoziate con i diretti
destinatari della comunicazione,cioè gli operatori di polizia. In altri casi, invece,
la problematicità di termini chiave ha costituito lo spunto per iniziative di studio e
di riflessione in altre sedi.25
Se da un lato esiste la difficoltà di reperire traducenti italiani per i termini inglesi,
si assiste, dall’altro, al fenomeno opposto e cioè all’uso indiscriminato del
termine inglese anche laddove esisterebbe l’esatto corrispondente in italiano.
Pensiamo per esempio, nell’ambito militare, a “battle groups”, in luogo
dell’italiano “gruppi tattici” oppure un “end state"in luogo dell’italianissimo “stato
finale” ecc. (Cappelli 2005: 57).
Concludiamo questo breve excursus sulle interferenze tra inglese e italiano in
ambito istituzionale citando alcuni casi, sempre tratti dall’ambito militare,in cui
esse si spingono oltre limiti accettabili, generando improbabili calchi o
24 Una trattazione più ampia di questo tipo di terminologia è affrontata in Dell’Anna/Serpentini (2008).
25 Si allude qui fruttuoso rapporto di collaborazione con la Rete di Eccellenza dell’Italiano istituzionale (REI) iniziato nel 2005 ad opera di un gruppo di traduttori del Ministero dell’Interno, finalizzato a un’operazione di confronto e raccordo in ambito terminologico.
30
neologismi, anche dovuti a originari errori di traduzione dall’inglese che si sono
perpetuati fino a cristallizzarsi in un vero e proprio gergo. E così non è
infrequente imbattersi in un italiano improbabile, caratterizzato da termini
incomprensibili ai non addetti ai lavori, come la ridefinizione semantica di
“assetto” quale traducente di “asset” in luogo di risorsa, oppure da neologismi
quali “Brigata toata” (da TOA, acronimo di “Transfer of Authority”), ovvero
‘passaggio di consegne’, per indicare l’avvicendamento di reparti sul teatro
operativo di una missione.
La casistica delle difficoltà traduttive qui presentata è molto riduttiva. Una
trattazione più approfondita meriterebbe un discorso a parte, che non può
trovare spazio in un contributo di carattere generale. Ci auguriamo comunque
sia stato sufficiente a evidenziare difficoltà e problematiche tipiche della
traduzione istituzionale e non sempre scontate.
5. Conclusioni
Questo breve articolo ci ha introdotto nel mondo della traduzione istituzionale
italiana. Com’era intenzione, si è trattato l’argomento ‘a volo d'uccello’, con
l'esclusiva finalità di avvicinare tutti gli operatori della traduzione a una realtà
così poco conosciuta e meritevole di attenzione e di approfondimento. Sono
stati volutamente tralasciati gli aspetti per così dire ‘sindacali’ della categoria e
le problematiche connesse all'organizzazione del lavoro, che vanno discussi in
altre sedi.
Le tematiche alle quali si è accennato sono troppo vaste per trovare spazio in
un singolo articolo, ma si spera possano essere servite a offrire stimoli e
materia di dialogo sia tra i traduttori delle istituzioni esaminate che con le
istituzioni stesse e il mondo accademico. È mia ferma convinzione che l’enorme
patrimonio di risorse e conoscenze stratificatosi a partire dalla metà degli anni
'80, e cioè dall'introduzione nelle istituzioni di questa figura altamente
specializzata, debba essere in un certo senso capitalizzato. E questo è
possibile anche attraverso la collaborazione tra professionisti e ambito
31
accademico, che può sostanziarsi attraverso iniziative concrete di scambio di
professionalità e di risorse, come si è già osservato (cfr. par. 2.1). Qualche
esperimento di collaborazione tra le due realtà è stato già fatto e ha confermato
ogni volta la validità dell'idea.
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