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SOMMARIO: 1. Note introduttive: da “Balduzzi” a “Gelli-Bianco” alla ricerca di un «equilibrio» – 2. Un punto di partenza paradossale: la responsabilità penale come “avamposto” dell’ordinamento per i casi di malpractice medica – 3. Novembre 2012: “irrompe” la legge “Balduzzi” – 4. Una parentesi: le linee guida e la (tentata) “po- sitivizzazione” delle leges artis in ambito medico – 5. (Segue): il ruolo e la natura delle linee guida nell’afferma- zione e negazione della responsabilità colposa (prima della legge “Balduzzi”): le Guidelines tra colpa specifica e colpa generica – 6. In culpa sine culpa? Il giudizio di colpa medica (fondato sulle linee guida) dopo la legge “Balduzzi” – 7. La non punibilità della «colpa lieve»: tra istanze di depenalizzazione ed un primo tentativo di definizione della graduazione – 8. Una costellazione di altri problemi – 8.1. Quali linee guida? Il problema delle linee guida che perseguono anche finalità economiche – 8.2. Cosa si intende(va) per «Buone pratiche»? – 8.3. L’inatteso (e ingiustificato) ritorno sulla scena dell’imperizia – 9. Un breve bilancio (di commiato) dalla legge “Balduzzi” – 10. L’introduzione della legge “Gelli-Bianco” – 11. Una panoramica sulle modifiche apportate dalla riforma “Gelli-Bianco”: la scomparsa della colpa grave e le nuove sfide per l’interprete per non “tornare indietro” – 12. (Segue): la rinnovata centralità delle Guidelines, ma solo se approvate dallo Stato: il Sistema Nazionale Linee Guida – 13. (Segue): la ratifica normativa di un orientamento giurisprudenziale superato, ovvero: il nuovo (e non auspicato) ritorno dell’imperizia – 14. «C’è del “buono” in Danimarca»: brevi riflessioni sull’art. 16 – 15. Conclusioni. Spunti per un’alternativa. ABSTRACT: Nell’ordinamento italiano il diritto penale ha svolto per tanti anni un ruolo di “avamposto” nella tutela dei pa- zienti dalla malpractice medica. Ciò ha cagionato un atteggiamento difensivo da parte dei sanitari, protago- nisti di un’indesiderata sovraesposizione giudiziaria. A partire dal 2012, il legislatore italiano ha provato ad al- leggerire il carico di responsabilità penale dei medici, attraverso norme di favore che incidono direttamente sul tessuto normativo della colpa penale. Le soluzioni normative adottate presentano, tuttavia, diverse criticità, specialmente in relazione all’utilizzo dell’ambiguo stru- mento delle linee guida, la cui osservanza è conditio sine qua non dell’applicabilità della disciplina di favore. Il contributo si propone di ripercorrere tutte le tappe di questo percorso, fino alla recentissima legge “Gel- li-Bianco” appena approvata. In the Italian legal system the Criminal law has been for many years at the forefront of the patients’ protection from medical malpractice. This has led medical practi- tioners adopt a defensive approach, in order to compen- sate for their overexposure to legal disputes. From 2012, the Italian legislator has tried to lighten the practition- Tra “Gelli-Bianco” e “Balduzzi”: un itinerario tra le riforme in tema di responsabilità penale colposa del sanitario Gian Marco Caletti Avvocato in Bologna

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Sommario: 1. Note introduttive: da “Balduzzi” a “Gelli-Bianco” alla ricerca di un «equilibrio» – 2. Un punto di partenza paradossale: la responsabilità penale come “avamposto” dell’ordinamento per i casi di malpractice medica – 3. Novembre 2012: “irrompe” la legge “Balduzzi” – 4. Una parentesi: le linee guida e la (tentata) “po-sitivizzazione” delle leges artis in ambito medico – 5. (Segue): il ruolo e la natura delle linee guida nell’afferma-zione e negazione della responsabilità colposa (prima della legge “Balduzzi”): le Guidelines tra colpa specifica e colpa generica – 6. In culpa sine culpa? Il giudizio di colpa medica (fondato sulle linee guida) dopo la legge “Balduzzi” – 7. La non punibilità della «colpa lieve»: tra istanze di depenalizzazione ed un primo tentativo di definizione della graduazione – 8. Una costellazione di altri problemi – 8.1. Quali linee guida? Il problema delle linee guida che perseguono anche finalità economiche – 8.2. Cosa si intende(va) per «Buone pratiche»? – 8.3. L’inatteso (e ingiustificato) ritorno sulla scena dell’imperizia – 9. Un breve bilancio (di commiato) dalla legge “Balduzzi” – 10. L’introduzione della legge “Gelli-Bianco” – 11. Una panoramica sulle modifiche apportate dalla riforma “Gelli-Bianco”: la scomparsa della colpa grave e le nuove sfide per l’interprete per non “tornare indietro” – 12. (Segue): la rinnovata centralità delle Guidelines, ma solo se approvate dallo Stato: il Sistema Nazionale Linee Guida – 13. (Segue): la ratifica normativa di un orientamento giurisprudenziale superato, ovvero: il nuovo (e non auspicato) ritorno dell’imperizia – 14. «C’è del “buono” in Danimarca»: brevi riflessioni sull’art. 16 – 15. Conclusioni. Spunti per un’alternativa.

abStract:Nell’ordinamento italiano il diritto penale ha svolto per

tanti anni un ruolo di “avamposto” nella tutela dei pa-

zienti dalla malpractice medica. Ciò ha cagionato un

atteggiamento difensivo da parte dei sanitari, protago-

nisti di un’indesiderata sovraesposizione giudiziaria. A

partire dal 2012, il legislatore italiano ha provato ad al-

leggerire il carico di responsabilità penale dei medici,

attraverso norme di favore che incidono direttamente

sul tessuto normativo della colpa penale. Le soluzioni

normative adottate presentano, tuttavia, diverse criticità,

specialmente in relazione all’utilizzo dell’ambiguo stru-

mento delle linee guida, la cui osservanza è conditio

sine qua non dell’applicabilità della disciplina di favore.

Il contributo si propone di ripercorrere tutte le tappe

di questo percorso, fino alla recentissima legge “Gel-

li-Bianco” appena approvata.

In the Italian legal system the Criminal law has been for

many years at the forefront of the patients’ protection

from medical malpractice. This has led medical practi-

tioners adopt a defensive approach, in order to compen-

sate for their overexposure to legal disputes. From 2012,

the Italian legislator has tried to lighten the practition-

Tra “Gelli-Bianco” e “Balduzzi”: un itinerario tra le riforme in tema di responsabilità penale colposa del sanitarioGian Marco CalettiAvvocato in Bologna

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98 Saggi e Pareri

1. Note introduttive: da “Balduzzi” a “Gelli-Bianco” alla ricerca di un «equilibrio»

Nel giro di pochi anni il legislatore ha inteso mo-dificare più volte il quadro normativo relativo alla responsabilità penale colposa degli operatori sa-nitari: dapprima, con l’art. 3, comma 1, della l. n. 189/2012, che aveva convertito il noto decreto “Balduzzi”, poi, recentemente, con l’art. 6 della l. 8 marzo 2017, n. 24, già conosciuta come legge “Gelli-Bianco” dal nome dei relatori nelle due Ca-mere.L’intento dichiarato in occasione dell’approva-zione di entrambe le riforme sarebbe quello di costruire una maggiore determinatezza ed una minore estensione dell’ambito della colpa pena-le nel settore medico1. Si tratta di obiettivi molto ambiziosi, che il legislatore si è posto per contra-stare il crescente senso di «disagio professiona-

1 In particolare, è stato l’ultimo intervento normativo ad essere atteso e, successivamente, accolto con il maggiore entusiasmo, al punto che nel dibattito politico si è parla-to, enfaticamente, del raggiungimento di «un nuovo punto di equilibrio» nelle dinamiche tra medico e paziente. Una dettagliata raccolta delle prime dichiarazioni provenienti dal mondo politico successive all’approvazione della normativa è disponibile sulla rivista online quotidianosanità.it, che ha seguito con grande attenzione ogni passo dell’iter parlamen-tare della riforma. Ad ogni modo, la riforma ha riscontrato grande fiducia e apprezzamento anche in alcuni ambiti me-dici, come dimostra la mobilitazione in vista di una raccolta firme a seguito del fallimento del referendum costituzionale e della successiva “caduta” del Governo Renzi, per sollecita-re, anche nel difficile scenario politico, l’approvazione della riforma in commento.

le» provato dai sanitari in relazione all’aumento del contenzioso medico-legale e alla base, come noto, della c.d. “medicina difensiva”2. Tale diffuso e pernicioso fenomeno, che ha visto, specie negli ultimi anni, dilatare a dismisura i propri confini, è infatti ancora oggi causa di forti e costanti aggravi della spesa pubblica3.La prima finalità, quella di edificare un rimprove-ro colposo più “tassativo” e ritagliato sulle speci-ficità dell’arte medica, è stata perseguita mediante il ricorso al discusso strumento delle linee guida, vere e proprie protagoniste delle recenti scelte di politica legislativa. La delimitazione della respon-sabilità penale, invece, è passata, almeno inizial-mente, per un innalzamento del grado della colpa punibile. Proprio la sovrapposizione, sullo stesso piano, di tali problematiche – la punibilità della colpa lieve e l’incidenza delle linee guida nel giu-dizio di colpa medica – da tempo dibattute, ma comunque estremamente controverse, ha condot-to in occasione di entrambi gli interventi normati-vi alla creazione di testi di legge di non semplice lettura, veri e propri “rompicapi” ermeneutici, del-la cui soluzione sono stati gravati gli interpreti4.

2 Un meditato affresco del rapporto tra i medici ed il diritto penale è rinvenibile in Palazzo, Responsabilità medica, “di-sagio” professionale e riforme penali, in DPP, 2009, 1063.3 La letteratura in tema di medicina difensiva è ormai ster-minata. Per il versante penalistico del fenomeno si rinvia ai lavori monografici di Manna, Medicina difensiva e diritto pe-nale. Tra legalità e tutela della salute, Pisa, 2014; e Roiati, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale. Tra teoria e prassi giurisprudenziale, Milano, 2012; nonché al lavoro, in prospettiva di riforma, di Forti, Catino, D’Alessandro, Mazzucato, Varraso, Il problema della medicina difensiva, Pisa, 2010.4 Quello della non punibilità della colpa lieve è tema de-finito «perennemente de lege ferenda», ma il suo approfon-dimento in un sistema che, fino ad oggi, valorizzava il grado della colpa solo sul piano del quantum e pressoché mai su quello dell’an respondeatur risulta estremamente limitato. De iure condito, invece, è stata proprio la responsabilità medica a costituire il “laboratorio” privilegiato da dottrina e giurispru-denza per misurarsi con la colpa grave, veicolata nel dibattito dalla controversa questione dell’applicabilità in sede penale dell’art. 2236 c.c. «Perennemente de lege ferenda» è espressio-ne utilizzata da Donini, Teoria del reato, in DP, Torino, 1999, 221 ss., e ripresa, in riferimento al tema del grado della colpa, da Castronuovo, La colpa penale, Milano, 2009, 529.

ers’ criminal liability, by emending in their favour the

discipline concerning negligence. These amendments

have though raised several critical issues, in particular

in the reference they make to the ambiguous parameter

of medical guidelines; indeed, the respect of the guide-

lines is now a necessary condition for the application of

such favourable discipline. The paper tries to retrace all

the steps of this route until the very recent “Gelli-Bianco

Act”, approved in March 2017.

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99Responsabilità penale del sanitario

Il proposito del presente contributo è, allora, quello di verificare se ed in quale misura gli obiet-tivi resi noti dal legislatore possano oggi dirsi rag-giunti grazie al ricorso a tali strumenti normativi. Il percorso seguito prenderà le mosse da una sin-tetica ricostruzione del suo “punto di partenza”, da collocarsi più precisamente al novembre 2012, quando il decreto “Balduzzi”, ancora non conver-tito in legge, recava con sé innovazioni soltanto di stampo civilistico. L’indagine proseguirà, poi, con l’analisi di entrambe le recenti riforme. Parti-colare attenzione, tuttavia, sarà riservata alle linee guida, nella convinzione che sia anche in ragione di una scarsa comprensione delle stesse che sia-no scaturiti diversi equivoci interpretativi in grado di paralizzare le norme di favore predisposte dal legislatore5.

2. Un punto di partenza paradossale: la responsabilità penale come “avamposto” dell’ordinamento per i casi di malpractice medica

Nella prospettiva di una costante e accentuata dif-ferenziazione in diversi “sottosistemi” a seconda dei contesti in cui di solito viene a manifestarsi, la peculiarità della colpa penale nell’ambito sanita-rio, fino alle recenti riforme, è stata quella di una punibilità “a tappeto” di ogni sua forma. Ciò è avvenuto in controtendenza con altre espe-rienze giuridiche. Nei sistemi che ancora oggi – forse in modo un po’ semplicistico – definiamo di Common Law, ad esempio, la Criminal Negligen-ce, vale a dirsi la colpa penale (prevista solo per i reati più gravi), è un rimedio del tutto straordi-

5 L’assoluta necessità di dibattito e confronto tra le diverse competenze in gioco, obiettivo che connota anche questa nuova Rivista, è stata recentemente sostenuta con forza e grande chiarezza da Canestrari, Principi di biodiritto pena-le, Bologna, 2015. Uno spirito di dialogo e confronto tra le diverse discipline pervade anche la raccolta di atti di un se-minario tenutosi a Trieste ed incentrato sul ruolo delle linee guida nel contenzioso penale e civile. Si veda Linee guida e buone pratiche. Implicazioni giuridiche e medico-legali. Cosa cambia nella sanità, a cura di Ventre, in QS, 2017, con contributi di scorretti, cavicchi, caletti, ziviz.

nario ed eccezionale, che nel pensiero dei giuristi inglesi raramente può convogliare effetti positivi sulla tutela della salute6. Sul piano tecnico, la pro-spettiva angloamericana è, quindi, il risultato di una incondizionata restrizione della responsabi-lità penale colposa alle sole ipotesi gravi: quelle in cui il professionista sanitario dimostra una tale indifferenza verso la salute del proprio paziente da risultare – appunto – “criminale”. Simili argomenti hanno, recentemente, fatto brec-cia anche in alcuni Paesi continentali, come ad esempio la Francia, che proprio in ambito medico ha sperimentato l’adozione di una forma qualifi-cata di colpa, la faute qualifiée7.In Italia, al contrario, (anche a dispetto delle re-centi riforme) si attraversa una fase storica in cui la minaccia della sanzione penale grava ancora fortemente sulla figura dell’operatore sanitario ed, anzi, assume un ruolo assolutamente centrale nel-la complessiva risposta dell’ordinamento all’erro-re medico8. Ad ogni buon conto, si ritiene che, al 2012, anno di inizio della nostra indagine, lo “stato dell’arte” – connotato dalla grande pervasività del diritto criminale – fosse ben fotografato dalla “parabola applicativa” in ambito penale di una norma con-tenuta nel codice civile, ovvero l’art. 2236 c.c., secondo cui: «se la prestazione implica la solu-zione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave».

6 Nella manualistica di lingua inglese rimane un riferimen-to il Mason e McCall Smith’s Law and Medical Ethics, la cui versione più recente (la decima) è a cura di Laurie, HarMon, Porter, Oxford, 2016.7 Su tale riforma, Porro, La faute qualifiée nel diritto penale francese, in Dir. pen. XXI secolo, 2011, 63 ss.8 Per un più puntuale riscontro statistico di quest’affermazio-ne si rinvia a Brusco, Informazioni statistiche sulla giurispru-denza penale di legittimità in tema di responsabilità medica, in www.penalecontemporaneo.it, 2016, che riporta un numero di giudizi per responsabilità medica decisi dalla IV Sezione della Corte vicino al 70. Non si può, tuttavia, condividere l’ot-timismo con cui tale dato viene presentato dall’autore dello studio, che lo considera molto esiguo, non tenendo conto di tutti i procedimenti che, per le più disparate ragioni, non arri-vano all’ultimo grado di giudizio, sicuramente non pochi.

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100 Saggi e Pareri

Il codice penale, come noto, non presenta un cor-rispettivo di questa norma, per cui già in anni lontani si è posta la questione se l’art. 2236 c.c. potesse trovare applicazione anche in ambito pe-nale. La conseguente limitazione della responsa-bilità ai soli casi di colpa grave, tuttavia, ha vissu-to alterne fortune9. In una prima fase storica, di grande “compren-sione” per l’errore medico, che arriva all’incirca a metà degli anni Settanta, dottrina penalistica e giurisprudenza erano concordi nel ritenere l’art. 2236 c.c. direttamente applicabile anche in sede penale. In giurisprudenza si affermava che, a fronte di problemi di particolare difficoltà, il me-dico meriterebbe una punizione soltanto in quei casi in cui commette «un errore così grossolano da risultare assolutamente incompatibile con il mini-mo di cultura ed esperienza che deve legittima-mente pretendersi da chi sia abilitato all’esercizio della professione medica»10.Chiaramente, anche in virtù di un’evoluzione culturale dei tempi che – va ammesso – si è ac-compagnata con un crescente livello di pretese da parte della società nei confronti del medico, l’orientamento della Cassazione è venuto progres-sivamente a mutare. Si è entrati dunque, all’incir-ca alla metà degli anni Settanta, in una seconda fase, nella quale l’applicabilità dell’art. 2236 c.c. in ambito penale non è stata messa in dubbio, ma circoscritta. Tale ridotta operatività della norma in ambito penalistico, si è ottenuta facendo riferi-mento ad un profilo specifico di quanto disposto dall’art. 43 c.p. La Cassazione, infatti, ha affermato che la limitazione di responsabilità per il profes-sionista introdotta dalla colpa grave dell’art. 2236 c.c. è suscettibile di essere estesa anche all’am-bito penale, ma soltanto relativamente al profilo dell’imperizia11.

9 Per un approfondimento circa il succedersi di tali fasi, tra tanti, Manna, Medicina difensiva e diritto penale, cit., 88 ss.10 Queste sono le parole esatte della Corte di cassazione nel 1967 (Cfr. Cass. pen., 6 marzo 1967).11 In tal senso anche la Corte costituzionale con sentenza del 28 novembre 1973, in GP, 1974, 34 ss., che ha funto da spartiacque tra queste due fasi. La presente impostazione, peraltro, era già maturata nel dibattito dottrinale. Cfr. CresPi,

Il ragionamento sotteso a quest’inversione di ten-denza è all’incirca il seguente: se, come ovvio, la colpa grave è un parametro per la valutazione della responsabilità molto meno rigoroso rispetto a quello ordinario, e questo parametro di favore è ricollegato al fatto che il professionista (sanitario) stia affrontando un problema di speciale difficol-tà, allora tale regime non può che essere adottato soltanto nei casi di colpa per imperizia, ovvero, semplificando, quando il sanitario commette un errore di tipo “tecnico”, e non dovuto ad una ne-gligenza o ad un’imprudenza. Si è indugiato su tale restrizione per imperizia anche perché tor-nerà molto utile per comprendere alcune inter-pretazioni – a dire il vero piuttosto inattese – della legge “Balduzzi”.L’ultima “stagione” della “parabola applicativa” dell’art. 2236 c.c., che arriva fino ad oggi, è invece caratterizzata dalla completa negazione della pos-sibilità di applicare l’art. 2236 c.c. all’interno del processo penale, limitandone il raggio d’azione al solo risarcimento del danno12.Si tratta, però, (va rimarcato) di un’incongruen-za sistematica di notevoli proporzioni. Il diritto penale che, in virtù della sua carica fortemente afflittiva, costituisce, nei moderni sistemi giuridi-ci democratici, l’extrema ratio dell’ordinamento, diventa nel settore medico il primo strumento di tutela, coprendo addirittura anche quei casi in cui il medico non è chiamato a risarcire il dan-

La “colpa grave” nell’esercizio dell’attività medico-chirurgi-ca, in RIDPP, 1973, 255 ss.; N. Mazzacuva, Problemi attuali in materia di responsabilità penale del sanitario, in RIML, 1984, 399 ss.12 Come detto, questa impostazione applicativa inizia a fine anni Ottanta ed è ancora oggi “in buona salute”: in questo momento, dunque, salvo qualche sporadica sentenza (peral-tro tutte a firma dello stesso Relatore della Quarta Sezione della Corte di cassazione), nei casi di speciale difficoltà il me-dico risponde solo per colpa grave sul piano civile, mentre risponde anche per colpa lieve a livello penale. In proposito si veda Cass. pen., Sez. IV, 1.2.2012, n. 4391, (imp. DLM, rel. Blaiotta), ottimo esempio di quel filone giurisprudenziale che, pur non riconoscendo la norma civilistica come diretta-mente applicabile in sede penale, richiama la colpa grave ex art. 2236 c.c. come “regola d’esperienza” cui deve attenersi il giudice, con nota di CuPelli, La responsabilità colposa dello psichiatra tra ingovernabilità del rischio e misura soggettiva, in DPP, 2012, 1104 ss.

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101Responsabilità penale del sanitario

no in sede civile. In definitiva, non ultima ratio, ma piuttosto – verrebbe da dire – prima ratio: il diritto penale funge da vera e propria “avan-guardia” dell’ordinamento per i casi di medical malpractice13.Venendo a tirare le fila del discorso, si è passa-ti progressivamente da una fase di deference nei confronti degli operatori sanitari, durante la quale essi venivano incriminati solo per errori davvero «grossolani», ad un approccio di particolare rigo-re, cosicché al medico viene chiesto di misurarsi con casi di speciale difficoltà convivendo con la minaccia incombente di un rimprovero penale. È dunque in questo contesto normativo, dai ri-svolti evidentemente paradossali, che è venuta ad incidere la prima delle menzionate riforme, nota come legge “Balduzzi”.

3. Novembre 2012: “irrompe” la legge “Balduzzi”

Nel novembre 2012, infatti, il legislatore ha – in via del tutto inaspettata – provato a mitigare il rigore della situazione appena descritta con l’art. 3 legge “Balduzzi” (l. n. 189/2012), a norma del quale «l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dal-la comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile»14.

13 In linea con le finalità del presente scritto, per un quadro recente del tema della sussidiarietà penale, per la verità mol-to trattato dalla dottrina penalistica, si rinvia solo a DeMuro, “Ultima ratio”: alla ricerca di limiti all’espansione del diritto penale, in RIDPP, 2013, 1660 ss.14 La letteratura sulla legge “Balduzzi” è, ormai, molto va-sta. Senza pretese di esaustività, per commenti analitici delle numerose problematiche sollevate dalla riforma: Pulitanò, Responsabilità medica: letture e valutazioni divergenti del Novum legislativo, in RTDPC, 2013, IV, 73 ss.; Manna, I nuovi profili della colpa medica in ambito penale, in RTDPE, 2013, I-II, 91 ss.; Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi (ovvero: perché non è possibile ragionare di medicina come se fosse diritto e di diritto come se fosse matematica), in AP, 2014, 1 ss. (del dattiloscritto); Giunta, Protocolli medici e col-pa penale secondo il «decreto Balduzzi», in RIML, 2013, 822 ss.; Roiati, Linee guida, buone pratiche e colpa grave: vera

Il tentativo era incentrato sulla graduazione della colpa, già (ma solo in parte) nota al nostro sistema penale grazie al dibattito sviluppato attorno all’art. 2236 c.c.. In quest’occasione, però, la restrizione della responsabilità colposa ai soli casi gravi o, per usare il linguaggio esatto del legislatore, “non lievi”, non è stata ricollegata alla risoluzione di problemi di speciale difficoltà, bensì all’osservan-za delle linee guida. Per la prima volta, dunque, il legislatore penale ha ancorato espressamente la punibilità del medico al raggiungimento di un grado di colpa e, al contempo, per la prima volta il legislatore penale ha fatto espresso riferimen-to alle linee guida, decretandone in tal modo un ruolo centrale nell’accertamento della configura-bilità dell’illecito colposo da parte dei professio-nisti sanitari.Come già anticipato in sede introduttiva, l’inedita intersezione in un unico testo di legge delle diver-

riforma o mero placebo?, in DPP, 2013, 216 ss.; Brusco, Linee guida, protocolli e regole deontologiche. Le modifiche intro-dotte dal cd. Decreto Balduzzi, in RTDPC, 2013, IV, 51 ss.; Vallini, L’art. 3 del “Decreto Balduzzi” tra retaggi dottrinali, esigenze concrete, approssimazioni testuali, dubbi di costitu-zionalità, RIML, 2013, 735 ss.; di landro, Le novità norma-tive in tema di colpa penale (l. 189/2012, cd. “Balduzzi”). Le indicazioni del diritto comparato, in RIML, 2013, 833 ss.; Civello, Responsabilità medica e rispetto delle “linee guida”, tra colpa grave e colpa lieve (la nuova disposizione del de-creto sanità), in AP, 2013, 1 ss. (del dattiloscritto); Valbonesi, Linee guida e protocolli per una nuova tipicità dell’illecito colposo, in RIDPP, 2013, 276 ss.; Fiori, Marchetti, L’articolo 3 della Legge Balduzzi n. 189/2012 ed i vecchi e nuovi proble-mi della medicina legale, in RIML, 2013, 564 ss.; Piras, In cul-pa sine culpa. Commento all’art. 3 I co. l. 8 novembre 2012 n. 189, in www.penalecontemporaneo.it, 26 novembre 2012; Grosso, I profili di interesse penalistico del “decreto Balduz-zi” (d.l. 158/2012, conv. in l. 189/2012): Un’indagine sui de-licati rapporti tra linee guida e colpa grave; in LP, 2013, 543 ss.; PezziMenti, La responsabilità penale del medico tra linee guida e “colpa non lieve”: un’analisi critica, in RIDPP, 2015, 311 ss. Si segnala anche l’inserto La colpa non lieve dopo la legge Balduzzi, a cura di Risicato, in GI, 2014, 2057 ss., con contributi di AsMundo, Canzio, Risicato, Scurria, Vallini. Sia infine consentito anche il rinvio a Caletti, La colpa professio-nale del medico a due anni dalla Legge Balduzzi, in RTDPC, 2015, I, 170 ss. È bene ribadire come la norma fosse inattesa: a fronte di progetti iniziali in cui tutte le modifiche erano di stampo meramente civilistico, le novità penalistiche sono affiorate soltanto al momento della conversione in legge del c.d. “Decreto Sanità”, allorquando si è provato con l’art. 3 ad edificare un argine alla responsabilità penale del medico.

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102 Saggi e Pareri

se tematiche della colpa grave da un lato e delle linee guida dall’altro ha generato un testo che, alla prima lettura, è sembrato difficilmente decifrabile.

Non a caso, in dottrina, con toni (talvolta) esage-rati, si è parlato di «rompicapo interpretativo», di «disposizione maldestra, laconica, incompleta» e così via, fino al punto di proporne un’interpreta-zione dai risvolti sostanzialmente abrogativi15. Prima di proseguire l’itinerario tra le recenti ri-forme con l’analisi della legge del 2012 e delle complesse questioni ermeneutiche da essa solle-vate, quindi, sembra opportuno effettuare un bre-ve passo indietro, allo scopo di definire cosa si intenda per “linee guida”, evidenziandone i pregi e i difetti essenziali e delineandone altresì le mo-dalità di incidenza nel giudizio di colpa medica prima del loro recente “protagonismo” a livello legislativo16.

15 Per un quadro più preciso delle definizioni riportate nel testo si rimanda alla dottrina citata alla nota precedente. Quanto all’interpretazione di fatto “abrogativa” della legge si veda Piras, In culpa sine culpa, cit.16 Anche la letteratura in materia di linee guida prima dell’introduzione della legge Balduzzi era molto ampia. Per la dottrina medico-legale Portigliatti barbos, Le linee-guida nell’esercizio della pratica clinica, in DPP, 1996, 891 ss.; Fi-neschi, Frati, Linee guida: a double edge sword. Riflessioni medico-legali sulle esperienze statunitensi, in RIML, 1998, 665 ss.; terrosi vagnoli, Le linee guida per la pratica clinica: va-lenze e problemi medico-legali, in RIML, 1999, 189 ss.; per quella penalistica invece, CaPuto, Filo d’Arianna o flauto ma-gico? Linee guida e checklist nel sistema della responsabilità per colpa medica, in RIDPP, 2013, 875 ss.; Veneziani, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, in Marinucci, dol-cini, Trattato di diritto penale. Parte Speciale, Padova, 2003, tomo II, 167 ss.; Piras, Carboni, Linee guida e colpa specifica del medico, in Medicina e diritto penale, a cura di Canestrari, Giunta, Guerrini, Padovani, Pisa, 2009, 285 ss.; Castronuovo, RaMPoni, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, in La responsabilità in medicina, a cura di Belvedere, Rionda-to, Milano, 2011, 971 ss.; Consorte, Colpa e linee guida, in DPP, 2011, 1227 ss. Da segnalare anche l’approfondito lavoro monografico di di landro, Dalle linee guida e dai protocolli all’individuazione della colpa nel settore sanitario. Misura oggettiva e soggettiva della malpractice, Torino, 2012.

4. Una parentesi: le linee guida e la (tentata) “positivizzazione” delle leges artis in ambito medico

Secondo la nota definizione dell’autorevole Insti-tute of Medicine, le linee guida costituiscono «rac-comandazioni di comportamento clinico, elabora-te mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le mo-dalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche»17. Quanto alla loro prescrittivi-tà, esse «si collocano a mezza via tra regole etiche, direttive deontologiche e prescrizioni giuridiche. Non si tratta quindi di ordini calati dall’alto, cate-gorici e definitivi, ma di suggerimenti, di indirizzi motivati ed intesi a tenere conto di tutte le istan-ze talora confliggenti, quali emergono dal mondo dei sanitari, dei pazienti, degli amministratori, dei giuristi»18.La diffusione delle linee guida è iniziata negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta del secolo scor-so ed ha ricevuto un impulso decisivo dall’affer-marsi dell’Evidence Based Medicine (EBM), la me-dicina basata sull’evidenza di dati statistici, di cui le Guidelines rappresentano senz’altro una delle espressioni più compiute19. La ragione principale del loro successo risiede, oltre che in una pres-sante esigenza di contenimento della spesa ospe-daliera dovuta alla crisi economica, nell’opera di razionalizzazione della conoscenza scientifica e di semplificazione nell’accesso alla stessa per gli operatori sanitari. In un’epoca, infatti, in cui i pro-gressi scientifici si susseguono rapidissimi dando

17 Definizione in Field, lohr, Guideline for Clinical Practice: from development to use, Institute of Medicine, Washington, 1992, 35.18 La definizione appartiene a Portigliatti barbos, Le li-nee-guida nell’esercizio della pratica clinica, cit., 891.19 Per EBM si intende il processo di ricerca sistematica volta ad acquisire, valutare criticamente ed utilizzare dati tecni-co-scientifici enucleati dalla osservazione e dalla cura dei pazienti. Il movimento ha espresso, negli anni, un’istanza di massima “scientificazione” sul piano metodologico, di cui le stesse linee guida possono dirsi figlie. Sul punto in parti-colare barni, Evidence Based Medicine e medicina legale, in RIML, 1998, 3 ss.

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103Responsabilità penale del sanitario

vita ad un flusso incessante di nuovi dati, peraltro pubblicabili in tempo reale attraverso la rete, si è reso indispensabile uno strumento teso a preve-nire quel senso di disorientamento che, sempre più di frequente, colpisce il terapeuta al cospetto di un simile «eccesso di sapere scientifico»20. Le linee guida propongono, proprio al fine di sem-plificare il vastissimo orizzonte delle conoscenze a disposizione del medico, «un percorso terapeu-tico ideale» che, sulla base della migliore scienza ed esperienza del momento, offre suggerimenti diretti ad agevolare la decisione clinica nel caso concreto21.La prospettazione di tale «percorso terapeutico ide-ale» presenta alcuni innegabili vantaggi e non può che dispiegare effetti positivi anche sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Da un lato le linee gui-da, favorendo un approccio più “oggettivizzato” e meno idiografico da parte del curante, tendono a ridurre il tasso di errore che invece è tipico del ragionamento veloce ed intuitivo22. Dall’altro lato, il tendenziale uniformarsi alle migliori prassi me-diche comporta un’ottimizzazione dei processi di cura, cui conseguono una maggiore facilità nella pianificazione degli investimenti e una riduzione delle disuguaglianze nell’allocazione dei servizi23. Questo profilo permette di introdurre, una volta tracciato il quadro dei pregi presentati dalle Gui-delines, la lunga serie di difetti ed inconvenienti messi in luce dalla dottrina medico-legale. Pro-prio perché in grado di “ottimizzare” e “raziona-lizzare”, non di rado le linee guida vengono uti-lizzate per finalità di tipo economico, nella specie di contenimento della spesa sanitaria, ed anzi, per una sorte di “eterogenesi dei fini” tale obiettivo, spesso, finisce per occupare il primo posto nelle intenzioni dell’estensore, talvolta anche a discapi-to della ricerca della miglior cura per il paziente.

20 V. in particolare CaPuto, Filo d’Arianna o flauto magico?, cit., 876. In senso analogo Di Giovine, La responsabilità pena-le del medico: dalle regole ai casi, in RIML, 2013, 62 ss.21 Così Piras, Carboni, Linee guida e colpa specifica, cit., 286.22 Cfr. Di Giovine, La responsabilità penale del medico, cit., 79; Giunta, Protocolli medici e colpa penale, cit., 824.23 V. CaPuto, Filo d’Arianna o flauto magico?, cit., 882.

Proprio quello del soggetto estensore, del resto, costituisce da tempo l’aspetto cruciale in materia di linee guida. Il successo riscosso dallo strumen-to, infatti, ha indotto tutti i protagonisti del mon-do sanitario (associazioni scientifiche nazionali e internazionali, case farmaceutiche, compagnie assicurative, rappresentanti dei pazienti, ammini-stratori di aziende sanitarie, persino singoli reparti ospedalieri) a formulare i propri suggerimenti di comportamento clinico. Due le immediate conse-guenze della “sovrapproduzione” di linee guida. Ne è derivato, anzitutto, che quello che era nato come uno strumento di semplificazione dell’ac-cesso alla conoscenza rischia di tramutarsi in un fattore di complicazione, costringendo il curante a confrontarsi con una pluralità di testi, molti dei quali alcuni anche in evidente contraddizione tra loro. Il coinvolgimento di soggetti portatori di dif-ferenti interessi nella redazione delle linee guida, inoltre, ha fatto sì che sia oggi sempre più com-plicato distinguere tra linee guida principalmente dedicate alla tutela della salute dei pazienti da raccomandazioni che, invece, sono più preoccu-pate per il contenimento della spesa sanitaria o per la prevenzione di controversie giudiziarie24.Un altro problema consuetamente segnalato in tema di linee guida consiste nell’atteggiamen-to sospettoso con cui gli stessi operatori sanitari guardano alle prescrizioni cliniche25. Da un lato viene evidenziata la loro difficile compatibilità con il principio di libertà di cura da parte del medico26: le linee guida – si dice – “burocratizze-rebbero” l’attività del sanitario, il quale vedrebbe la propria autonomia professionale svilita dal ne-cessario conformarsi agli standard ivi delineati27.

24 Dà conto del dibattito americano su questi punti Venezia-ni, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., 176.25 A riprova della diffidenza degli stessi destinatari dei sug-gerimenti clinici, Di Landro fa notare come l’indice di ade-sione alle linee guida da parte dei sanitari sia tutt’altro che soddisfacente. V. di landro, Dalle linee guida e dai protocolli all’individuazione della colpa nel settore sanitario, cit., 66.26 Cfr. Portigliatti barbos, Le linee-guida nell’esercizio della pratica clinica, cit., 893. Sulla libertà e l’autonomia del me-dico invece Giunta, Il caso Di Bella: libera sperimentazione terapeutica e responsabilità penale, in DPP, 1998, 667 ss.27 Cfr. terrosi vagnoli, Le linee guida per la pratica clinica:

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104 Saggi e Pareri

Dall’altro lato, la diffusione di suggerimenti clinici incentiverebbe comportamenti “difensivi”28, dal momento che il discostarsi da tali suggerimenti può comportare un addebito colposo. Addirittura può accadere che il sanitario, a seguito di un dan-no riportato dal paziente affidatogli in cura, vada a “rovistare” nel mare magnum delle linee gui-da per rinvenire quelle che, in sede processuale, scagionerebbero la sua strategia terapeutica (c.d. fenomeno della “scelta postuma”).Ad ogni buon conto, da un punto di vista stret-tamente penalistico, l’aspetto più rilevante della diffusione delle linee guida dovrebbe consistere, come da più parti segnalato, nella progressiva codificazione delle leges artis in ambito medica-le29. Oltre che dalla generale carenza di tassatività propria dell’illecito colposo, l’accertamento della responsabilità in ambito sanitario è tradizional-mente caratterizzato da una diffusa diffidenza nei confronti di ogni processo di “positivizzazione” delle regole cautelari30. Come anticipato, le resi-stenze, paradossalmente, provengono non solo

valenze e problemi medico-legali, cit., 223.28 Sul rapporto tra linee guida e medicina difensiva Roiati, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale, cit., 135 ss. 29 In questo senso, ex multis, Marinucci, La responsabilità colposa: teoria e prassi, in RIDPP, 2012, III. Sui vantaggi che generalmente derivano dalla tipizzazione delle regole caute-lari si vedano le osservazioni di Castronuovo, Le definizioni legali del reato colposo, in RIDPP, 2002, 514 ss. Si esprime in termini più prudenti invece, Canestrari, La colpa, in Trat-tato di diritto penale, a cura di CadoPPi, Canestrari, Manna, PaPa, Milano, 2013, vol II, 148, il quale mette in guardia, in modo condivisibile, dagli aspetti più deteriori di un’eccessi-va standardizzazione delle regole cautelari nel settore sani-tario. Come meglio si approfondirà nei paragrafi successivi ed, in particolare, in quello relativo all’impatto delle linee guida sulla teoria della colpa, d’altronde, appare pressoché impossibile raggiungere in ambito sanitario quella standar-dizzazione delle regole cautelari proprie di altri settori della responsabilità colposa. La responsabilità del medico, infatti, è un mondo molto popolato e concorrenziale di regole cau-telari, giacché risulta estremamente difficile e, per certi versi inopportuna, una eccessiva positivizzazione delle stesse. V. Giunta, Protocolli medici e colpa penale, cit., 825.30 Per un’ampia e puntuale panoramica sul tema, Michelet-ti, La normatività della colpa medica nella giurisprudenza della Cassazione, in Medicina e diritto penale, a cura di Ca-nestrari, Guerrini, Padovani, cit., 248 ss.

dalla giurisprudenza ma anche dalla stessa classe medica, entrambe concordi nel rilevare come le peculiarità della clinica – arte che incide sul «più complesso degli organismi» –, che incide sul «più complesso degli organismi»31, impongano una sua valutazione sempre ancorata alle specificità del caso concreto, con la conseguenza che, non di rado, l’inosservanza di una regola standardizzata potrebbe risultare più efficace dal punto di vista terapeutico32.Una simile impostazione, se da una parte ha avu-to il pregio di offrire una massima protezione del paziente, sia sul piano terapeutico, riducendone i rischi, sia su quello della tutela giudiziaria, ha, dall’altra parte, spesso comportato un’eccessiva dilatazione della responsabilità colposa del sani-tario33. Muovendosi in un terreno costituito solo da regole cautelari aperte e indeterminate, infatti, il Giudice può sempre individuarne una “ulterio-re” che, se correttamente osservata, avrebbe po-tuto impedire l’evento, con la conseguenza che, talvolta, finiscono per risultare penalmente illecite anche condotte tecnicamente ineccepibili ma da cui sia derivato un esito infausto34.Sembra il caso, allora, di meglio illustrare tutti questi profili, esaminando con quali modalità le linee guida sono penetrate nel giudizio di colpa medica.

31 L’efficace definizione è di bilancetti, La responsabilità penale e civile del medico, Padova, 2001, 635.32 Così Palazzo, Responsabilità medica, “disagio” professio-nale e riforme penali, cit., 1063. 33 Sugli effetti collaterali di una colpa medica non standar-dizzata Manna, Medicina difensiva e diritto penale, cit., 59 ss. Sul punto anche Fiandaca, Appunti su causalità e colpa nella responsabilità medica, in Responsabilità penale e rischio nel-le attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurispru-denza), a cura di Bartoli, Firenze, 2010, 183 ss.34 In questo senso Palazzo, Responsabilità medica, “disagio” professionale e riforme penali, cit., 1064. L’obbligo cautelare, in altre parole, finisce per essere ricostruito ex post, ragionan-do con il “senno di poi” (c.d. “Hindsight bias”), e la respon-sabilità colposa viene affermata attraverso lo “specchio de-formante” dell’evento. Su questi aspetti, cfr. di landro, Dalle linee guida e dai protocolli all’individuazione della colpa nel settore sanitario, cit., 3; Manna, Medicina difensiva e diritto penale, cit., 61; Di Giovine, La responsabilità penale del medi-co, cit., 78.

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105Responsabilità penale del sanitario

5. (Segue): il ruolo e la natura delle linee guida nell’affermazione e negazione della responsabilità colposa (prima della legge “Balduzzi”): le Guidelines tra colpa specifica e colpa generica

Con riferimento alla loro rilevanza nell’ambito della colpa professionale è comune opinione che le linee guida rappresentino un’arma a doppio taglio (double-edged sword)35. Esse infatti risulta-no essere valorizzate tanto in chiave accusatoria (inculpatory way), qualora il medico non vi si sia attenuto e da tale immotivato scostamento sia de-rivato un esito infausto, quanto in chiave discol-pante (exculpatory way), nei casi in cui, invece, il sanitario dimostri di aver perfettamente osservato le prescrizioni cliniche e, ciononostante, l’evento si sia ugualmente verificato.Nello specifico, una breve rassegna della giuri-sprudenza di legittimità antecedente alla riforma “Balduzzi” permette di distinguere quattro diffe-renti modalità con cui le linee guida possono in-cidere sul giudizio di colpa medica36.Una prima ipotesi di frequente verificazione è quella in cui il sanitario si discosti senza ragioni dalle linee guida che avrebbe dovuto osservare in relazione alla patologia presentata dal paziente. E’ questo il caso, ad esempio, dello psichiatra che sospende o riduce le dosi dei farmaci al paziente affetto da schizofrenia, poi autore di un’aggres-sione mortale nei confronti dell’operatore che lo accudiva, senza osservare le linee guida che prescrivono riduzioni graduali della terapia far-macologica37; ma anche del sanitario che sbaglia

35 Ex multis, Fineschi, Frati, Linee guida: a double edged sword, cit.; Veneziani, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., 178.36 Cfr. CaPuto, Filo d’Arianna o flauto magico?, cit., 900. A livello giurisprudenziale, invece, effettua un’articolata retro-spettiva di tutti gli orientamenti sviluppatisi nella giurispru-denza della Cassazione l’ultima sentenza in materia di linee guida prima dell’approvazione della legge “Balduzzi”, vale a dirsi Cass. pen., Sez. IV, 19.9.2012, n. 35922, (imp. Ingrassia, rel. Piccialli), in DPP, 2013, 191 ss., con nota di Risicato.37 V. Cass. pen., Sez. IV, 14.11.2007, n. 10795, (imp. Pozzi), in CP, 2008, 4622 ss.

la diagnosi per aver omesso un accertamento pre-scritto dai suggerimenti clinici38. In simili frangenti il giudice, coadiuvato dal suo perito, rinviene la regola cautelare violata dal medico nelle direttive cliniche codificate che, pertanto, assumono una fondamentale valenza in ottica accusatoria.Accade altrettanto spesso – siamo nel secon-do degli scenari configurabili in giurisprudenza – che la terapia si concluda con esito infausto nonostante la perfetta adesione del curante alle linee guida di riferimento. Laddove non emerga-no aspetti peculiari del caso concreto che avreb-bero richiesto una condotta alternativa a quella suggerita dalle linee guida, il comportamento ad esse conforme tenuto dal medico non può essere giudicato colposo. Paradigmatica di quest’orienta-mento è la sentenza della Cassazione “Duce”, con la quale la Suprema Corte ha confermato l’assolu-zione da parte dei giudici di merito di un’équipe medica che, sulla scorta di quanto previsto dalle linee guida dettate da un autorevolissimo trattato di cardiologia statunitense, definito in modo alti-sonante la «Bibbia dei cardiologi mondiali», aveva sospeso l’assunzione di farmaci anticoagulanti in prossimità di un intervento di colecistectomia39.A fronte di questi due indirizzi giurisprudenziali che, pur di segno opposto, fondano il giudizio di colpa sul conformarsi o meno da parte del medico alle linee guida, ve ne sono altri due che, al con-trario, prescindono dal rispetto delle prescrizioni cliniche, negando la validità di qualsiasi equazio-ne tra osservanza o inosservanza delle Guidelines ed esonero o affermazione della responsabilità.Nei repertori giurisprudenziali, infatti, ci si imbat-te soventemente anche in sanitari che rispettano le linee guida e, tuttavia, vengono condannati. In questi casi l’adesione alle raccomandazioni risulta così «rigida e cieca» che finisce per essere trascu-rata l’alternativa clinicamente più appropriata alle peculiarità presentate dal singolo paziente. L’esa-me della complessiva situazione avrebbe dovuto

38 Si fa riferimento alla vicenda esaminata in Cass. pen., Sez. IV, 12-7-2011, n. 34729, in CP, 2011, 665 ss.39 V. Cass. pen., Sez. IV, 2.3.2007, n. 19354, in DeJure. In senso conforme anche Cass. pen., Sez. IV, 8.6.2006, n. 24400, (imp. Cardillo).

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106 Saggi e Pareri

consigliare al medico di rinunciare al formale ri-spetto delle Guidelines per adeguarsi, apportando qualche accorgimento al percorso ideale in esse tracciato, alle specifiche necessità sollevate dal caso concreto40.La relatività del percorso terapeutico intrapreso in ossequio alle linee guida è confermata dall’ultimo genere di casistica che si incontra nella giurispru-denza di legittimità, vale a dirsi quella in cui il medico sia esonerato da responsabilità nonostan-te – o, meglio, proprio in ragione – dell’inosser-vanza dei suggerimenti codificati41.Dalla breve analisi dei quattro paradigmi secondo cui le linee guida agiscono nel giudizio di colpa è possibile trarre un’indicazione di carattere genera-le: nel valutare la rilevanza delle linee guida non sono ammessi automatismi, né in chiave accusa-toria né in chiave di esonero da responsabilità. In altre parole, «l’adeguamento o il non adegua-mento del medico alle linee guida non esclude né determina automaticamente la colpa»42, giacché discostarsi o conformarsi alle linee guida integra una scelta del medico che il giudice reputa di per sé sola insufficiente per pervenire a un verdetto di esonero o di affermazione della responsabilità.D’altronde, simili conclusioni sembrano imposte dalla natura stessa delle Guidelines e delle leges artis mediche che esse tentano di “formalizzare”. Come in parte illustrato anche nel paragrafo che

40 Risponde dunque «di omicidio colposo il cardiologo, che attesti l’idoneità alla pratica sportiva di un atleta, in seguito deceduto nel corso di un incontro ufficiale di calcio a causa di una patologia cardiologica (nella specie “cardiomiopatia ipertrofica”), non diagnosticata dal sanitario per l’omessa ef-fettuazione di esami strumentali di secondo livello che, an-corché non richiesti dai protocolli medici, dovevano ritenersi necessari in presenza di anomalie del tracciato elettrocar-diografico desumibili dagli esami di primo livello». Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 5.6.2009, n. 38154, (imp. Ronzoni), in CP, 2011, 2570 ss. Si vedano altresì, Cass. pen., Sez. IV, 18.2.2010, n. 10454, (imp. Cordone, rel. Piccialli), in GD, 2010, XV, 87. Sul-la stessa linea anche la nota sentenza “Grassini”, Cass. pen., Sez. IV, 23.11.2010, n. 8254, (imp. Grassini), in CP, 2012, 542 ss.41 Su questa linea Cass. pen., Sez. V, 28.6.2011, n. 33136, in RIML, 2012, 275 ss.42 V. Cass. pen., Sez. IV, 19.9.2012, n. 35922, (imp. Ingrassia, rel. Piccialli), cit., 194.

precede, la disciplina offerta dalle linee guida, in-fatti, limitandosi a proporre un «percorso terapeu-tico ideale», si pone per lo più come un insieme di indicazioni di massima che, per definizione, sono insufficienti ad abbracciare l’intera varietà della casistica clinica. Ne consegue che i “suggerimen-ti” da esse evincibili presentano un carattere non esaustivo, che risente della volubilità di ogni spe-cifica situazione terapeutica43. Per tutte queste ragioni è quindi difficile attribuire alle linee guida un carattere vincolante che, peral-tro, mal si concilierebbe con il principio di libertà di cura da parte del medico44. Ed è proprio in questo contesto che alberga il dibattito sulla na-tura specifica o generica della colpa fondata sulla violazione delle linee guida; dibattito che, a dire il vero, sembra impegnare quasi esclusivamente la dottrina, divisa tra chi sostiene la possibilità di inquadrare le Guidelines tra le “discipline” di cui all’art. 43 c.p.45, chi invece le ritiene regole caute-lari proprie della colpa generica46 e chi, infine, le considera “fonti di cognizione” delle leges artis47.Sul punto la giurisprudenza, probabilmente in virtù della rilevanza pressoché solo “classifica-toria” della questione48, non ha ancora profuso grandi energie, limitandosi ad affermare che «le linee guida e i protocolli, proprio in ragione del-la peculiarità dell’attività del medico, che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono

43 Così di landro, Dalle linee guida e dai protocolli all’in-dividuazione della colpa nel settore sanitario, cit., 20. Dietro il riconoscimento della scarsa vincolatività delle linee guida, a ben vedere, si nasconde anche la preoccupazione di non dare cittadinanza a prescrizioni incentrate sul risparmio di spesa. 44 V. Cass. pen., Sez. IV, 8.2.2001, n. 2865, (imp. Bizzarri), in RP, 2002, 353.45 Di quest’opinione Veneziani, I delitti contro la vita e l’in-columità individuale, cit., 178; Piras, Carboni, Linee guida e colpa specifica, cit., 289; Micheletti, La normatività della colpa medica, cit., 274.46 Così di landro, La colpa medica negli Stati Uniti e in Ita-lia. Il ruolo del diritto penale e il confronto col sistema civile, Torino, 2009.47 V. Castronuovo, RaMPoni, Dolo e colpa nel trattamento me-dico-sanitario, cit., 974.48 Così, ex multis, Brusco, Linee guida, protocolli e regole deontologiche, cit., 59.

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107Responsabilità penale del sanitario

assumere il rango di fonti di regole cautelari codi-ficate, rientranti nel paradigma normativo dell’art. 43 c.p. (leggi, regolamenti, ordini o discipline)»49.L’incertezza sul loro statuto giuridico, ad ogni modo, non incide sul grado di vincolatività e tas-satività delle prescrizioni cliniche, il cui rispetto raramente assume una valenza certamente libe-ratoria per l’operatore sanitario. Anche dando se-guito alle impostazioni teoriche che intravedono nelle Guidelines fonti scritte su cui edificare un rimprovero a titolo di colpa specifica, infatti, pri-ma di giungere con sicurezza a un esonero di responsabilità permane pur sempre una valuta-zione circa l’eventuale sussistenza di una colpa generica50. Nel caso delle linee guida, per di più, a richiedere un ulteriore vaglio sulla generica dili-genza del medico calibrata sulle peculiarità della concreta situazione clinica è proprio il loro già più volte rimarcato carattere di meri “suggerimen-ti” e non di «ordini calati dall’alto, categorici e definitivi»51, cui non si può fare a meno di ricono-scere una struttura “elastica”52.Questa tendenza, particolarmente marcata in am-bito sanitario, all’“eterno ritorno” nell’alveo della colpa generica, connotata dal consueto deficit di tassatività e determinatezza, presenta riflessi pra-tici di fondamentale importanza. L’“ultima parola” nel giudizio di colpa, in definitiva, finisce per ri-manere nella disponibilità del giudice – e del suo perito il cui ruolo, lungi dall’essere ridimensiona-to dalle linee guida, risulta ancora decisivo53 – se-

49 Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 19.9.2012, n. 35922, (imp. Ingras-sia, rel. Piccialli), cit., 195.50 Il dato della sopravvivenza di un residuo “spazio” del-la colpa generica anche nel caso di osservanza dei precetti di colpa specifica risulta pacificamente acquisito dalla teoria del reato colposo: Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, Milano, 1965, 231 ss.; Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, Milano, 1990, 314 ss.; per la manualistica Canestrari, Cornacchia, de siMone, Manuale di diritto penale, Bologna, 2007, 429.51 Si esprime in questi termini Portigliatti barbos, Le li-nee-guida nell’esercizio della pratica clinica, cit., 891.52 Così CaPuto, Filo d’Arianna o flauto magico?, cit., 894; in questo senso anche Consorte, Colpa e linee guida, cit., 1227.53 Sul punto, Veneziani, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., 177; che, rifacendosi all’esempio america-no, sottolinea: «si è appurato che l’uso delle linee-guida non

condo una valutazione che, fondata su un inde-terminato agente modello (sempre disponibile ad incarnare uno standard più elevato) e sui giudizi di evitabilità e prevedibilità (spesso inquinati dal “senno del poi”), presenta ineliminabili caratteri di discrezionalità54. Già a questo primo sguardo di insieme, che pre-scinde dalle novità introdotte dalla legge “Balduz-zi” e dalla successiva legge “Gelli-Bianco”, le linee guida paiono non poter dare adeguata risposta alle problematiche e alle istanze maturate nel di-battito dottrinale sulla responsabilità medica e, segnatamente, sull’opportunità di avviare un pro-cesso di “standardizzazione” delle regole caute-lari.

6. In culpa sine culpa? Il giudizio di colpa medica (fondato sulle linee guida) dopo la legge “Balduzzi”

Questo dunque il quadro che, a fine 2012, è stato ridisegnato dall’intervento dell’art. 3 del “Decreto Sanità”, a norma del quale l’esercente la profes-sione sanitaria che si è attenuto alle linee guida ri-sponde penalmente solo per colpa non lieve. Alla luce di quanto già evidenziato, potrebbe sorpren-dere che uno dei primi commenti della riforma ne abbia proposto una lettura dai riflessi sostan-zialmente “abrogativi” come quella ben riassunta nella icastica espressione «in culpa sine culpa»55.Con tale rilievo si imputava all’art. 3 la previsione di una «contraddizione in termini», consistente nel

diminuisce affatto la necessità di ricorrere a periti (medical experts), i quali continuano a svolgere un ruolo da protago-nisti nelle aule di giustizia dove si discute di malpractice».54 Di quest’avviso Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Bal-duzzi, cit., 11. Come peraltro ammesso dalla stessa giurispru-denza di legittimità: «le linee guida non eliminano neanche la discrezionalità insita nel giudizio di colpa; il giudice resta, infatti, libero di valutare se le circostanze concrete esigessero una condotta diversa da quella prescritta nelle linee guida stesse». V. Cass. pen., Sez. IV, 19.9.2012, n. 35922, (imp. In-grassia, rel. Piccialli), cit., 195.55 Si tratta dell’obiezione di Piras, In culpa sine culpa, cit. Essa è stata parzialmente riconfermata anche in relazione alla legge “Gelli-Bianco”: id, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590 sexies, in www.penalecontempo-raneo.it, 1° marzo 2017.

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108 Saggi e Pareri

lasciare sopravvivere all’osservanza delle linee guida una responsabilità per colpa, sia essa lieve o grave, quando le prescrizioni in esse contenute costituiscono «un collaudato standard di perizia e, conseguentemente, chi vi si attiene agisce perita-mente, agisce quindi senza colpa»56.Ora, quanto appena evidenziato circa il carattere non esaustivo e non vincolante dei suggerimenti clinici rivela come il paradosso fosse, in realtà, solo apparente, ben potendosi configurare una colpa anche nella più stretta osservanza delle li-nee guida57. Il superamento dell’ossimorica opzione interpre-tativa dell’in culpa sine culpa è stato confermato dalla Corte di cassazione in apertura di una delle prime pronunce sulla legge “Balduzzi”, nota come “Cantore”, che si è contraddistinta per un notevole sforzo ermeneutico58. Tale sentenza ha affrontato

56 Cfr. Piras, In culpa sine culpa, cit., 2.57 Sul punto, però, occorre formulare un’ulteriore precisa-zione. Se è vero che – così argomentano i sostenitori dell’in culpa sine culpa – il medico non solo può, ma deve anche discostarsi dai protocolli allorché ne colga la necessità, non essendo seriamente pensabile che la singolare condizione di ogni paziente sia sempre riconducibile alle prescrizioni di riferimento, non può dirsi che il medico si sia attenuto alle linee guida quando ha osservato i suggerimenti terapeutici relativi a una situazione clinica macroscopicamente (colpa grave) diversa da quella effettivamente presentata dal malato. Questa ulteriore obiezione, però, si pone da una angolo di visuale influenzato e inquinato dal “senno del poi”, giacché «ove si rifugga l’insight bias e si tenga presente che il giudizio sulla colpa dovrebbe conservare la sua caratterizzazione pro-gnostica, si potrebbe affermare che il medico vada scusato nei casi in cui, pur avendo osservato le cautele che ex ante gli apparivano doverose (siano o meno positivizzate), tali cautele non si siano verificate ex post sufficienti ad evitare l’evento avverso per circostanze di fatto a lui non imputa-bili». In altre parole, la patologia su cui calibrare le linee guida discolpanti, nell’ottica di un giudizio di colpa di tipo prognostico, non è quella di cui era effettivamente affetto il paziente, bensì quella che tutti gli elementi a disposizione del sanitario avrebbero indotto a individuare in una prospet-tiva ex ante. Si è indugiato su questi passaggi poiché, come si vedrà in seguito, essi assumono grande rilievo in relazione alla diversa formulazione testuale della recentissima riforma “Gelli-Bianco”. Citazione testuale di Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi, cit., 21.58 Cass. pen., Sez. IV, 29.1.2013, n. 16237, (imp. Cantore, rel. Blaiotta). La sentenza, data la sua rilevanza, è stata annotata da più autori: CuPelli, I limiti di una codificazione terapeuti-ca. Linee guida, buone pratiche e colpa grave al vaglio della

“di petto” la questione sottolineando, in perfetta continuità con la giurisprudenza “pre-Balduzzi”, il ruolo “non meccanicistico” delle linee guida: «per risolverla occorre considerare che le linee guida, a differenza dei protocolli e delle check list, non indicano una analitica, automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali, istruzioni di massa, orientamenti. Esse, dunque, vanno in concreto applicate senza auto-matismi, ma rapportandole alle peculiari specifi-cità di ciascun caso clinico. Potrà ben accadere, dunque, che il professionista debba modellare le direttive, adattandole alle contingenze che mo-mento per momento gli si prospettano nel corso dello sviluppo della patologia e che, in alcuni casi si trovi a dovervi addirittura derogare radicalmen-te. Il legislatore ha evidentemente tenuto conto di tale situazione, disciplinando l’evenienza di un terapeuta rispettoso delle “istruzioni per l’uso” e tuttavia in colpa».Sempre nella prospettiva di risolvere l’apparente contraddittorietà della norma, la sentenza “Can-tore” ha, poi, delineato le due ipotesi in cui l’o-peratore sanitario può versare in colpa pur nella compiuta osservanza dei suggerimenti clinici. «Po-trà – anzitutto – ben accadere che il professionista si orienti correttamente in ambito diagnostico o terapeutico, si affidi cioè alle strategie suggeritegli dal sapere scientifico consolidato, inquadri cor-rettamente il caso nelle sue linee generali e tutta-via, nel concreto farsi del trattamento, commetta qualche errore pertinente proprio all’adattamento delle direttive di massima alle evenienze ed alle peculiarità che gli si prospettano nello specifico caso clinico. In tale caso, la condotta sarà sogget-tivamente rimproverabile, in ambito penale, solo quando l’errore non sia lieve».In secondo luogo «potrà pure accadere che, sebbe-ne in relazione alla patologia trattata le linee guida indichino una determinata strategia, le già evocate

Cassazione, in CP, 2099 ss.; Roiati, Il ruolo del sapere scien-tifico e l’individuazione della colpa lieve nel cono d’ombra della prescrizione, in www.penaleconteporaneo.it, 20 mag-gio 2013; Risicato, Linee guida e imperizia “lieve” del medico dopo la l. 189/2012: i primi orientamenti della Cassazione, in DPP, 2013, 691 ss.

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109Responsabilità penale del sanitario

peculiarità dello specifico caso suggeriscano ad-dirittura il discostarsi radicalmente dallo standard, cioè di disattendere la linea d’azione ordinaria. Una tale eventualità può essere agevolmente ipo-tizzata, ad esempio, in un caso in cui la presenza di patologie concomitanti imponga di tenere in conto anche i rischi connessi alle altre affezioni e di in-traprendere, quindi, decisioni anche radicalmente eccentriche rispetto alla prassi ordinaria».Si potrebbe affermare, ricorrendo ad una termino-logia parzialmente inedita, che la legge “Balduz-zi” ha inteso esimere da responsabilità il sanitario attenutosi alle linee guida nei casi di «adempi-menti imperfetti» e «adempimenti inopportuni» delle stesse59. Da un lato, quindi, errori commes-si nell’adempimento delle prescrizioni contenu-

59 Sulla nomenclatura utilizzata sembra doverosa una pre-cisazione. Capita, non di rado, nella letteratura di trovare l’ambito applicativo della legge “Balduzzi” sintetizzato con la duplice espressione «adempimenti imperfetti» ed «inadem-pimenti perfetti». Quanto al primo estremo, esso non crea alcun problema e la sua prima individuazione si deve a Pu-litanò, Responsabilità medica, cit., 80. Gli «inadempimenti perfetti», invece, compaiono a costituire l’ambito applicativo della legge “Balduzzi” nei lavori di Risicato, Linee guida e imperizia “lieve” del medico dopo la l. 189/2012, cit., 691 ss., e Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi, cit., 21. L’espressione, tuttavia, pare aver assunto diversi significati. In particolare, secondo Risicato, sarebbero «inadempimenti perfetti» quei casi in cui il medico non ha osservato le linee guida e, proprio per questo, non è in colpa, visto che la man-cata osservanza dei suggerimenti codificati si è rivelata per-fetta rispetto al caso di specie. Chi scrive (in Caletti, La colpa professionale del medico a due anni dalla Legge Balduzzi, cit. 180), al contrario, ha inteso gli «inadempimenti perfetti» come quei casi in cui il medico si è attenuto alle linee guida corrette relative alla patologia presentata dal paziente, ma queste erano, in realtà, completamente inadeguate rispetto al caso concreto, cosicché l’“inadempimento” andrebbe rife-rito non già alle linee guida ma al caso specifico, mentre la “perfezione” alle linee guida. Tale impostazione appariva più in linea con l’interpretazione della norma, poiché l’ipotesi del medico che, correttamente, non si attiene alle linee gui-da, oltre a non costituire un’ipotesi di colpa, non poteva in radice essere oggetto della legge “Balduzzi”. Ad ogni modo, riconoscendo l’ambiguità dell’espressione, in particolare per il chiasmo che viene a formarsi tra i riferimenti di sostanti-vi ed attributi, sembra preferibile utilizzare la terminologia («adempimenti inopportuni») utilizzata nel testo e già in Ca-letti, Mattheudakis, Una prima lettura della legge “Gelli-Bian-co” nella prospettiva del diritto penale, in www.penalecon-temporaneo.it, 9 marzo 2017, 10.

te nelle linee guida (in quest’ambito assume ri-levanza anche il c.d. “errore esecutivo” di lieve entità); dall’altro, il mancato discostamento dalle prescrizioni quando le circostanze del caso con-creto suggerivano, pur in maniera non del tutto evidente o macroscopica, di elaborare un percor-so terapeutico individualizzato e calibrato sulle specifiche problematiche poste dal paziente.Sotto il profilo della possibile sopravvivenza di una responsabilità colposa a seguito di una con-dotta conforme alle linee guida, dunque, la legge “Balduzzi” non pare foriera di grandi novità. In definitiva, prescindendo da difficili ed incerte de-finizioni sul loro statuto giuridico, ciò che emerge dal dibattito sulla natura e sull’utilizzo delle linee guida nel giudizio di colpa è che la riforma del 2012, lungi dall’aver consacrato la “standardizza-zione” delle regole cautelari in ambito medico, ha, sotto questo profilo, deluso le aspettative di cui era stata – forse troppo frettolosamente – gra-vata. Ma non poteva essere altrimenti: come visto, essa scontava i limiti ontologici presentati dallo strumento scelto per siffatta “positivizzazione” del sapere medico, le linee guida.Svanita questa prima illusione di “tipizzazione” delle leges artis mediche, resta, tuttavia, da ana-lizzare il secondo estremo del “binomio” di novità predisposto dalla legge “Balduzzi, ovvero la colpa «non lieve».

7. La non punibilità della «colpa lieve»: tra istanze di depenalizzazione ed un primo tentativo di definizione della graduazione

Se è vero che la reale carica innovativa della legge Balduzzi è consistita nella delimitazione della re-sponsabilità del sanitario alle sole ipotesi di colpa grave (rectius: «non lieve»), è altresì vero che, seb-bene l’unica (o quasi) forma di colpa qualificata conosciuta dall’ordinamento prima del 2012 fosse quella prevista dall’art.  217 della l. fall. («banca-rotta semplice»)60, la riforma si è collocata nel sol-

60 Sull’imputazione soggettiva di tale reato Canestrari, Ri-

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co di un dibattito già da tempo avviato, sia con precipuo riguardo all’attività medico-chirurgica, per tramite – come già osservato – della querelle relativa all’art. 2236 c.c., che in relazione a un’e-ventuale estensione della forma qualificata della colpa grave quale ordinario criterio di imputazio-ne dei delitti colposi.Sono infatti molti anni che, anche sulla scorta di esperienze giuridiche straniere (delle quali alcune sono state ricordate in sede introduttiva), una par-te rilevante ed autorevole della dottrina penali-stica auspica una radicale depenalizzazione della colpa lieve61. Un simile orientamento di politica legislativa, infatti, avrebbe il pregio di consenti-re il superamento delle forme di “responsabilità oggettiva occulta” celate dietro il maquillage di facciata della colpa lieve62, la quale è connotata da un’ineliminabile componente di casualità e di sorte nella verificazione dell’evento63.Secondo questa prospettiva, dunque, la legge “Balduzzi” costituiva un innegabile passo in avan-ti. Anche sul punto, però, la tale riforma è stata oggetto di decise censure.

schio d’impresa e imputazione soggettiva nel diritto penale fallimentare, in RTDPE, 2003, 546 ss.61 Già Francesco Carrara, agli albori del secolo scorso, si schierava per la “causa riduzionista”, v. Carrara, Programma del corso di diritto criminale. Parte Speciale, Firenze, 1909. Più recentemente, secondo diversi accenti, Donini, Teoria del reato. Una introduzione, Padova, 1996; Canestrari, Cornac-chia, de siMone, Manuale di diritto penale, cit., 411; CadoPPi, Mens Rea, in Dir. Pen., Torino, 1993, 618 ss.; Giunta, Il tratta-mento differenziato dei reati colposi: spunti per una riforma, in SS, 1994, 22; Cornacchia, Concorso di colpe e principio di responsabilità per fatto proprio, Torino, 2004; di landro, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, dal limi-te della gravità ex art. 2236 c.c. alle prospettive della Gross Negligence anglosassone, in IP, 2004, 733 ss. In senso sostan-zialmente concorde anche Pulitanò, Responsabilità medica: letture e valutazioni divergenti del Novum legislativo, cit., 75 ss. In dottrina va segnalata anche la proposta di riforma della responsabilità del sanitario avanzata dal “Centro Studi Federi-co Stella”, nella quale si è proposta la delimitazione della col-pa del medico ai soli casi gravi in Forti, Catino, D’Alessandro, Mazzucato, Varraso, Il problema della medicina difensiva, cit.62 V. Donini, L’elemento soggettivo della colpa. Garanzie e sistematica, in RIDPP, 2013, 154.63 Si tratta dello Zufallsmoment, ben noto alla dottrina tede-sca. Sul tema diffusamente Castronuovo, La colpa penale, cit., 529 ss.

In particolare, la disciplina del 2012, rivolgendosi alla sola classe medica, è stata accusata di pre-vedere un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altri settori della responsabilità colpo-sa, al contrario, per esempio, di quanto stabilito dall’art. 2236 c.c., la cui limitazione di responsabi-lità per colpa grave, giustificata dalla speciale dif-ficoltà del caso, riguarda tutti i prestatori d’opera e non solo coloro che “indossano il camice”. 64

A chi scrive, tuttavia, la previsione di un’esimen-te riferita esclusivamente agli esercenti la profes-sione sanitaria appare compatibile (e giustifica-bile) con il carattere del tutto peculiare dell’ars medica. Sembra condivisibile il punto di vista di un’Autrice che ritiene «le difficoltà tecniche nella progettazione di un ponte, di una centrale nu-cleare o di un’astronave possano anche essere maggiori quantitativamente, ma che siano qualita-tivamente diverse da quelle che si incontrano nel settore medico. Se infatti nel primo caso si avrà a che fare con complesse nozioni e leggi della fisica (difficili da possedere e da usare, ma) che (comunque) consentono ad un agente modello di avvicinare, a date condizioni, standard di certez-za, non altrettanto accade nel secondo caso, dove il sostrato empirico è diverso. In materia sanita-ria è la casualità della biologia a rivelarsi – come noto – incoercibile e a precludere, su un piano ontologico, prognosi esatte, al di là della perizia e delle conoscenze del sanitario»65.La medicina infatti, come già rimarcato, si occupa del «più complesso degli organismi» e, secondo una efficace definizione, non affronta «malattie, ma malati»66. In concreto, nel giudizio di colpa, ciò si riflette nel carattere “improprio” – già in una prospettiva ex ante – della quasi totalità delle regole cautelari presenti nel settore sanitario, con

64 In questo senso, Manna, nuovi profili della colpa medica, cit., 97 ss.65 Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi, cit., 6. Contra tuttavia autorevoli Autori come RoMano, nella “tavola rotonda” riportata in Forti, Catino, D’Alessandro, Mazzucato, Varraso, Il problema della medicina difensiva, cit., 123-124.66 Bartoli, Paradigmi giurisprudenziali della responsabilità medica, in Responsabilità penale e rischio nelle attività medi-che e d’impresa, a cura di Bartoli, cit., 73 ss.

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111Responsabilità penale del sanitario

la conseguenza che ancorché il medico le osservi puntualmente, non è sicura l’efficacia impeditiva dell’esito infausto67.In definitiva, tra le due declinazioni astrattamen-te ipotizzabili per l’introduzione del limite della colpa grave nell’ordinamento, la prima consisten-te nel ricorso alla colpa qualificata come criterio ordinario, accanto al dolo, quale criterio di impu-tazione ordinario per i delitti; la seconda invece, individuabile nella previsione di singole ipotesi punibili soltanto se realizzate con (dolo o) colpa grave, eventualmente selezionate in rapporto a specifici settori di responsabilità, il legislatore del 2012 ha, evidentemente optato per quest’ultima. Ed ha iniziato a “sperimentare” proprio partendo da quello che, da sempre, costituisce il topos per lo studio della colpa grave – la responsabilità me-dica –, prevedendone uno spazio applicativo tutto sommato ristretto, limitato ai casi in cui il medico, aderendo alle linee guida, si mostra informato ed attento alla miglior scienza del momento68.Diverso problema è, invece, quello relativo alla delimitazione dei confini tra colpa lieve e col-pa grave. Come noto infatti, il legislatore non ha accompagnato all’introduzione di una forma qualificata di colpa una definizione legale della stessa, lasciando invece all’interprete il compito di individuare e delineare i criteri di distinzione tra le due graduazioni69. La Corte di cassazione,

67 Sul tema, Veneziani, Regole cautelari “proprie” ed “impro-prie” nella prospettiva delle fattispecie colpose causalmente orientate, Padova, 2003, 101. Ciò, come già ampiamente ri-levato nei precedenti paragrafi in materia di linee guida, si ripercuote anche sui tentativi di un’esaustiva codificazione delle leges artis che, connotate da “strumentalità alternati-va”, lungi dal consacrare la normatività della colpa, lasciano comunque vivo un patologico, cronico, ineliminabile spazio per la colpa generica.68 A chi fa notare come almeno l’art. 2236 c.c. facesse ri-ferimento ai soli casi di «speciale difficoltà», sembra potersi rispondere che, in definitiva, anche i casi in cui il medico deve discostarsi, in ragione delle peculiarità della specifica situazione clinica, dalle linee guida che tracciano il percorso terapeutico ideale per la patologia di cui è affetto il paziente, non appartengono certamente alla sfera dei casi banali.69 Anche questo profilo ha costituito oggetto dell’ordinanza con cui il Tribunale di Milano ha demandato alla Consulta il vaglio sulla costituzionalità dell’art. 3.

nella sentenza “Cantore”, pur sottolineandone le difficoltà e segnalando il pericolo di demandare alla discrezionalità delle stessa Corte un interven-to così delicato, si è caricata di questo non facile compito ermeneutico, proponendo, innanzitutto, una serie di quattro criteri generali attraverso cui stabilire il grado della responsabilità colposa. Un primo, fondamentale parametro viene ravvisato nella «misura della divergenza tra la condotta ef-fettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si dove-va attenere». Occorre poi «determinare la misura del rimprovero personale sulla base delle speci-fiche condizioni dell’agente» concreto, indagando specialmente sul «quantum di esigibilità dell’os-servanza delle regole cautelari». Altro elemento individuato dalla Corte è la «motivazione della condotta», dal momento che, rimanendo in ambi-to sanitario, «un trattamento terapeutico sbrigativo e non appropriato è meno grave se commesso per una ragione d’urgenza». Infine, attiene alla graduazione della colpa la previsione dell’evento, ragion per cui anche la c.d. colpa cosciente viene annoverata tra gli indicatori di una forma signifi-cativa di responsabilità colposa.La Corte, poi, ha meglio specificato i possibili in-dicatori della gravità della colpa nell’ambito della responsabilità medica e, precipuamente, come ri-chiesto dalla novella legislativa, nei casi di previa osservanza delle linee guida. Nella motivazione viene, infatti, “ammodernato” il parametro utiliz-zato dalla risalente giurisprudenza, quella della c.d. fase della “comprensione” per il medico, in cui la responsabilità era di regola esclusa se non nei casi di «terapeuta radicalmente inadeguato», cioè che viola le regole più elementari dell’ars medica. Al cospetto della medicina moderna, che fa apparire riduttivo stabilire la gravità della colpa in riferimento alle sue regole basilari, l’ina-deguatezza del terapeuta «va rapportata proprio agli standard di perizia richiesti dalle linee guida, dalle virtuose pratiche mediche o, in mancanza, da corroborate informazioni scientifiche di base. Quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa; e si potrà ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione rag-guardevole rispetto all’agire appropriato definito

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dalle standardizzate regole d’azione». Del resto, un simile criterio non sarebbe stato incompatibile con la disciplina della “Balduzzi”, atteso che essa si riferiva ad un «terapeuta che si sia mantenuto entro l’area astrattamente, genericamente segnata dalle accreditate istruzioni scientifiche ed appli-cative»70. A questa prima analisi, incentrata sulla misura del-la divergenza rispetto all’agire appropriato defini-to secondo il tradizionale parametro dell’agente modello, la sentenza “Cantore” affiancava un se-condo livello di valutazione, «forse ancora più de-cisivo». «Per articolare – infatti – un giudizio sulla colpa ispirato al canone del rimprovero personale si dovrà porre speciale attenzione alle peculiarità del caso concreto; ci si dovrà dedicare a consi-derare i tratti della specifica vicenda […]. Allora, non si potrà mancare di valutare la complessità, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data. Neppu-re si potrà trascurare la situazione nella quale il terapeuta si trovi ad operare: l’urgenza e l’assen-

70 La Corte, simmetricamente a quanto fatto nei casi di “col-pa lieve” oggetto dell’esimente, ha tracciato due possibili ipotesi di «ragguardevole deviazione» dal modello di com-portamento. Può anzitutto accadere che il medico, «nel corso del trattamento, abbia in qualche guisa errato nell’adeguare le prescrizioni alle specificità del caso trattato. Qui, verosi-milmente, per misurare il grado della colpa sarà scarsamente concludente il raffronto con le regole standardizzate, con le linee guida, che si assumono rispettate nella loro com-plessiva, generica configurazione. Si può ragionevolmente affermare che, in tale situazione, la colpa assumerà connotati di grave entità solo quando l’erronea conformazione dell’ap-proccio terapeutico risulti marcatamente distante dalle ne-cessità di adeguamento alle peculiarità della malattia, al suo sviluppo, alle condizioni del paziente». Ma vi è anche un altro possibile scenario in cui il medico poteva versare in col-pa grave pur avendo osservato le linee guida dal momento che, secondo la Corte, un «discorso non dissimile può esse-re fatto nel caso in cui il terapeuta si attenga allo standard generalmente appropriato per un’affezione, trascurando i concomitanti fattori di rischio o le contingenze che giustifi-chino la necessità di discostarsi radicalmente dalla routine. In tale situazione potrà parlarsi di colpa grave solo quando i riconoscibili fattori che suggerivano l’abbandono delle pras-si accreditate assumano rimarchevole, chiaro rilievo e non lascino residuare un dubbio plausibile sulle necessità di un intervento difforme e personalizzato rispetto alla peculiare condizione del paziente».

za di presidi adeguati rendono difficile anche ciò che astrattamente non è fuori dagli standard. E quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata dall’impellenza, tanto maggio-re dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del terapeuta».Dall’analisi della sentenza “Cantore” emerge, dun-que, un complesso accertamento del grado della colpa sviluppato su due piani distinti. Nel primo, quello della tipicità, andrebbe indagata, utilizzan-do gli indicatori proposti dalla sentenza, la misura della divergenza tra l’operato del sanitario e quel-lo astrattamente previsto da un agente modello di riferimento. Segue poi, sul versante soggetti-vo della colpa71, un giudizio “individualizzante”, all’interno del quale andrebbero valutate, nella prospettiva di delineare quanto fosse esigibile per il soggetto il conformarsi perfettamente al model-lo di riferimento, tutte le peculiarità proprie del caso concreto72.La prognosi sul grado della colpa imposta al giu-dice dalla legge “Balduzzi” apriva, pertanto, il giudizio di colpa ad istanze e considerazioni di carattere soggettivo che da tempo, invece, sono sconosciute alla prevalente giurisprudenza, ormai attestata sull’accertamento di una colpa “iper-nor-mativizzata”. Ricalibrando il giudizio sulla disci-plina del 2012, una rinnovata attenzione per la “colpevolezza colposa”, da ottenersi proprio attra-verso il ricorso a un grado di colpa significativo, sembrava costituire proprio uno dei punti di mag-

71 In dottrina l’indagine sulla c.d. “misura soggettiva” della colpa è rimasta a lungo ferma a de Francesco, Sulla misura soggettiva della colpa, in SU, 1977-78, 339 ss. Di recente inve-ce la misura soggettiva è stata oggetto di una vera e propria “riscoperta” da parte della letteratura penalistica, per la qua-le, pur con accenti diversi: Canestrari, La doppia misura della colpa nella struttura del reato colposo, in IP, 2012, 21 ss.; Donini, L’elemento soggettivo della colpa, cit., 124 ss.; Castro-nuovo, La colpa penale, cit., 341 ss.; CanePa, L’imputazione soggettiva della colpa, Torino, 2011; di landro, Dalle linee guida e dai protocolli all’individuazione della colpa nel set-tore sanitario, cit., 230 ss.; Grotto, Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colpa specifica, Torino, 2012.72 Questa modalità di accertamento bipartito della colpa grave presenta notevoli assonanze con quello proposto molti anni prima da Padovani, Il grado della colpa, in RIDPP, 1969, 876 ss.

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113Responsabilità penale del sanitario

gior interesse di quella riforma. D’altronde, già in tempi non sospetti appariva chiaro che «attraverso il concetto di colpa grave rivisitato in chiave lo-gica si rinviene lo strumento concettuale, il topos per far entrare il profilo più squisitamente sogget-tivo della colpa nel giudizio di responsabilità»73.La colpa grave, quindi, come dimostrato dalla “Balduzzi” e dai suoi risvolti applicativi, può fun-gere da “grimaldello” per far penetrare nel giudi-zio di colpa quegli aspetti di carattere soggettivo sistematicamente trascurati in giurisprudenza.

8. Una costellazione di altri problemi

Procedendo oltre questi profili – certamente quel-li più problematici della legge “Balduzzi” –, la riforma del 2012 ha lasciato in eredità una co-stellazione di altre questioni interpretative, dalla cui soluzione, nonostante potessero sembrare secondarie, è dipesa l’estensione dell’ambito ap-plicativo della riforma. La loro (sintetica) analisi, in questa sede, appare necessaria nella misura in cui tali snodi ermeneutici hanno – secondo diver-se modalità – influito sulla formulazione testuale della successiva legge “Gelli-Bianco”.

8.1. Quali linee guida? Il problema delle linee guida che perseguono anche finalità economiche

Come già anticipato, un primo aspetto sul quale – vigente la legge “Balduzzi” – occorreva inter-rogarsi è quello relativo a quali linee guida, se osservate, fondassero l’esonero da responsabilità nei casi di colpa lieve. Il quesito era sorto perché la “Balduzzi” non indicava con chiarezza a quali linee guida si riferisse, limitandosi ad esplicitare il requisito «dell’accreditamento da parte della co-munità scientifica» 74.

73 Si esprime in questi termini, poco prima dell’approvazio-ne della legge “Balduzzi”, l’estensore della sentenza “Canto-re”, Blaiotta, La responsabilità medica: nuove prospettive per la colpa, nel www.penalecontemporaneo.it, 5 novembre 2012, 11. In senso analogo già Castronuovo, La colpa penale, cit., 552.74 Sembra il caso di anticipare sin d’ora un dato che tornerà alla ribalta nella pagine successive. In Italia, fin dal 2004,

Il problema è centrale se si pone mente a quel fenomeno, già tratteggiato in precedenza, della “proliferazione delle linee guida”.A ben vedere, la soluzione adottata nel 2012, fon-data sull’accreditamento delle linee guida da par-te della comunità scientifica, finiva per rimettere al giudice e, quindi, in sostanza, al suo perito il vaglio circa l’affidabilità delle linee guida. Pertan-to, chi coltivava la speranza di vedere un giudice affrancato dall’esperto, dopo la legge “Balduzzi”, vedeva in realtà realizzarsi lo scenario contrario. Il perito assumeva ancora più rilevanza, dal mo-mento che era colui che doveva stabilire se le linee guida portate dall’imputato a sua discolpa fossero veramente quelle “accreditate dalla comu-nità scientifica”, operazione per la quale, per forza di cosa, il giudice non dispone degli strumenti scientifici necessari.75

Questa flessibilità lasciata dalla “Legge Balduzzi”, ad ogni modo, poneva il quesito se l’esonero per colpa lieve potesse derivare anche dall’osservan-za di prescrizioni che non presentassero una ratio strettamente ed esclusivamente cautelare, ma che ad essa combinassero anche finalità di tipo orga-nizzativo ed economico. Chi scrive, in controtendenza con la dottrina pre-valente e, soprattutto, la giurisprudenza, aveva sostenuto che, qualora tali linee guida non in-crementassero il livello di rischio per il paziente, fosse ragionevole che potessero essere prese in considerazione per l’individuazione del grado di colpa imputabile76. Ragionando diversamente il ri-

è attivo il Sistema Nazionale per le Linee guida (SNLG), il quale però non era menzionato dalla “legge Balduzzi”. Sul tema, Buccelli e altri, La rilevanza delle linee guida nella determinazione della responsabilità medica. Le novità intro-dotte dalla c.d. legge Balduzzi, le problematiche connesse i tentativi di risoluzione, in RIML, 2016, 665 ss.75 Ciò è in linea con lo scenario americano descritto da Veneziani, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., 177. Si rimanda in particolare al passaggio citato testual-mente alla nota 53. Confidavano, invece, in un ridimensio-namento di tale figura, invece, Marinucci, La responsabilità colposa: teoria e prassi, cit., 3; Piras, Carboni, Linee guida e colpa specifica, cit., 298.76 Per maggiore approfondimento sia consentito rinviare a Caletti, La colpa professionale del medico a due anni dalla Legge Balduzzi, cit., 183 ss.

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114 Saggi e Pareri

schio sarebbe stato quello di far gravare sul singo-lo sanitario le inefficienze della sua struttura. Non sempre i nostri ospedali, specie quelli di piccole dimensioni, dispongono delle apparecchiature che garantiscono di mantenersi sugli standard delineati dalle grandi società scientifiche america-ne, di talché, si riteneva ingiusto che, ad esempio, l’osservanza di una linea guida elaborata da una struttura per “adeguare” il dettato di una impor-tante raccomandazione clinica internazionale alle proprie disponibilità non potesse fondare l’ado-zione da parte del giudice del regime di favore della colpa grave77.Oltretutto, una finalità di razionalizzazione e ot-timizzazione delle risorse disponibili – è inutile negarselo – sembra connaturata alle stesse linee guida e, come dimostrerà l’analisi della legge “Gelli-Bianco”, non è detto che la predisposizione di un accreditamento formale a livello statale non sia ancor più influenzato da prospettive di otti-mizzazione e risparmio delle risorse disponibili.

8.2. Cosa si intende(va) per «Buone pratiche»?

Passiamo al secondo problema. Come noto, la legge “Balduzzi” alle più celebri Guidelines affian-cava le «buone pratiche». Al momento dell’appro-vazione della nuova riforma “Gelli-Bianco”, però, non era ancora stato precisato in cosa queste con-sistessero esattamente78. Atteso che la giurisprudenza non ha mai avuto occasione di occuparsene, l’imbarazzo ha colpito più che altro la dottrina, all’interno della quale è stato possibile individuare più posizioni. In parti-colare, un primo orientamento era incline a iden-tificare le buone pratiche con i protocolli medici79.

77 Per maggiori riflessioni sul tema sia consentito rinviare a Caletti, La riforma della responsabilità per colpa del sani-tario, in Trattato di diritto penale, Parte Generale e Speciale - Riforme 2008-2015, a cura di cadoPPi, canestrari, Manna, PaPa, Torino, 2015, 74 ss.78 Anche su questo punto sia permesso richiamare, per eventuali approfondimenti, Caletti, La colpa professionale del medico a due anni dalla Legge Balduzzi, cit., 186 ss.79 Così soprattutto Giunta, Protocolli medici e colpa penale, cit., passim; Valbonesi Linee guida e protocolli, cit., passim.

Un secondo, invece, riteneva l’espressione utiliz-zata dal legislatore – «linee guida e buone prati-che» – un «pleonasmo giuridico», ovvero una sorta di endiadi priva di ogni rilievo pratico80. Vi era anche una terza tesi – quella condivisa da chi scrive – secondo cui «il concetto di buone pra-tiche sembrava alludere più che ad una disciplina regolamentata (come avviene nelle linee guida e nei protocolli) alla concreta attuazione delle me-desime linee guida o a procedure non previste dalle linee guida ma comunemente applicate, e di cui sia riconosciuta l’efficacia terapeutica o comunque la non dannosità per il paziente. Per esemplificare se la somministrazione di un far-maco, pur non specificamente indicato e non previsto dalle linee guida per il contrasto di una determinata patologia (c.d. “farmaci off label”), ha dato, in un numero significativo di casi, effetti po-sitivi e mai negativi il medico che lo somministra si attiene ad una buona pratica»81.

8.3. L’inatteso (e ingiustificato) ritorno sulla scena dell’imperizia

La terza questione interpretativa da affrontare riguarda la restrizione dell’applicabilità dell’e-senzione da responsabilità per colpa lieve solo all’ambito dell’imperizia. Si tratta di problematica in un primo momento – quello della sua affer-mazione per via giurisprudenziale – molto sotto-valutata, ma in realtà di grande rilievo poiché ha di fatto paralizzato per mesi la riforma “Balduzzi” ed ogni suo spiraglio applicativo: da un iniziale “equivoco” interpretativo è derivata la sostanziale disapplicazione della legge82.La prima affermazione di questo principio, avve-nuta per la verità in modo piuttosto apodittico, data l’assoluta assenza di qualsivoglia appiglio a livello normativo, si deve alla prima sentenza

80 In questo senso Risicato, La Cassazione identifica un’ipo-tesi di colpa “non lieve” del medico, cit., 424; ma anche Piras, In culpa sine culpa, cit.81 Brusco, Linee guida, protocolli e regole deontologiche, cit., 64.82 Su questi profili, Caletti, Non solo imperizia: la Cassazio-ne amplia gli orizzonti applicativi della Legge Balduzzi, in DPP, 2015, 1147 ss.

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115Responsabilità penale del sanitario

emessa dalla Suprema Corte a seguito della con-versione in legge del decreto Sanità, sentenza nota come “Pagano”83.Tale restrizione per via interpre-tativa della “Balduzzi” muove dalla discutibile premessa secondo cui le linee guida conterrebbe-ro esclusivamente regole di perizia, di talché l’am-bito applicativo della nuova norma non avrebbe potuto involgere ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza («non può, pertanto, essere utilmen-te evocata l’applicazione delle linee guida che ri-guardano e contengono solo regole di perizia e non afferiscono ai profili di negligenza e impru-denza»). Il predetto “sillogismo” non trova alcun precedente nella giurisprudenza sulle linee guida anteriore all’approvazione della legge “Balduzzi”, né tantomeno nell’ampio dibattito dottrinale foca-lizzatosi sul ruolo delle stesse nell’affermazione e negazione della responsabilità colposa. Ciò no-nostante, quasi per inerzia, esso è stato recepito in modo costante nella giurisprudenza successiva, senza essere mai sottoposto a revisione critica se non da una parte – a dire il vero neppure troppo nutrita – della dottrina84.Le ragioni che potrebbero aver ingenerato un si-mile orientamento sono quindi da ricercare, per un verso, nell’evoluzione storica della responsa-bilità medica, e segnatamente in quel suo lega-me da sempre controverso ma vivo con la colpa grave, per l’altro, nelle numerose difficoltà inter-pretative sollevate dalla nuova norma. Sotto il pri-mo profilo, la restrizione ai soli casi di imperizia

83 V. Cass. pen., Sez. IV, 11.3.2013, n. 11493, (imp. Pagano, rel. Piccialli).84 In giurisprudenza si sono conformate al principio la stessa sentenza “Cantore”, seppure, come si vedrà, con un’adesione prudente, e numerose altre pronunce, tra cui: Cass. pen., Sez. IV, 8.10.2013, n. 7951, (rel. Esposito), in DeJure; Cass. pen., Sez. IV, 11.4.2014, n. 15495, (rel. Montagni), in GD, 2014, XXV, 84 ss.; Cass. pen., Sez. IV, 23.5.2014, n. 36347, (rel. Dovere), in GD, 2014, XL, 29. Fuori dai confini della Quarta Sezione v. Cass. pen., Sez. III, 4.12.2013, n. 5460, (rel. Di Nicola, ric. Grassini), in DeJure. In dottrina in senso adesivo alla posizione espressa in “Pagano” Piras, In culpa sine culpa, cit., 3; risicato, Linee guida e imperizia “lieve” del medico dopo la l. 189/2012, cit., 700; Iadecola, Brevi note in tema di colpa medica dopo la legge Balduzzi, in RIML, 2013, 549 ss. Critici invece Manna, Me-dicina difensiva e diritto penale, cit., 178; di giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi, cit., 7.

dell’operato della “Balduzzi” sembra costituire l’eredità dell’annosa questione relativa all’appli-cabilità dell’art. 2236 c.c. in sede penale. Come si è precisato nelle battute introduttive, dai meandri del dibattito sviluppatosi attorno a tale problema è emersa una tralatizia certezza: la colpa è gra-duabile – rectius: merita di essere graduata – solo nella sua forma più tecnica, l’imperizia.L’“equivoco” circa la delimitazione dell’ambito ap-plicativo della “Balduzzi”, però, oltre che da re-taggi del passato, sembra essere stato alimentato anche dalle lacune testuali della norma. In questa prospettiva, come ampiamente messo in luce in precedenza, un problema cruciale attiene all’esat-ta individuazione di quali linee guida possano, se osservate, fondare l’esonero di responsabilità per l’esercente la professione sanitaria nei casi di colpa lieve. Ebbene, dalla lettura della senten-za “Pagano” emerge come dietro all’enunciazio-ne del principio «culpa levis sine imperitia non excusat» vi sia proprio la preoccupazione – tipica espressione della diffusa diffidenza nei confronti delle linee guida – di non concedere spazi ap-plicativi (e scusanti) a direttive cliniche ispirate da necessità di carattere economico. Attraverso l’affermazione del principio, dunque, la giurispru-denza è sembrata volersi riservare la possibilità di procedere ad un ulteriore vaglio, successivo a quello relativo al loro accreditamento formale da parte della comunità scientifica, delle linee guida richiamate dall’imputato a giustificazione del pro-prio operato, vaglio diretto a verificare che esse contenessero regole di perizia finalizzate esclusi-vamente alla cura del paziente ed in nessun modo orientate, o quantomeno condizionate, (d)al con-tenimento delle spese85.

85 Ciò è ancor più evidente se si tiene in debito conto che, non di rado, nella giurisprudenza successiva a “Pagano”, le condotte potenzialmente dettate da esigenze di risparmio, come per esempio l’omesso approfondimento diagnostico e le dimissioni affrettate del paziente, sono state ricondotte non all’imperizia ma, rispettivamente, a negligenza ed impru-denza. In questa prospettiva pare emblematica la tortuosa e già citata vicenda “Grassini”, nella quale un medico, accusato di aver frettolosamente dimesso un paziente colpito da infar-to in ossequio alle linee guida di settore, seppur assolto per due volte dalla Corte d’Appello, ha visto annullare entrambe

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116 Saggi e Pareri

Si è finalmente giunti al cuore del problema: la (vera) portata limitante del principio «culpa levis sine im-peritia non excusat» si è estrinsecata nell’adozione, da parte della giurisprudenza di merito e di legitti-mità, di una interpretazione particolarmente restritti-va del concetto di imperizia, tradizionalmente inteso invece come «negligenza e imprudenza qualificate», di talché anche ipotesi di colpa, che pure richie-dono elevate cognizioni tecniche e sarebbero più correttamente riconducibili all’imperizia, sono state attratte nell’area ora della negligenza, ora dell’im-prudenza, con conseguente inapplicabilità del crite-rio d’imputazione più favorevole della colpa grave86. Al termine di questo complicato, quanto ingiustifica-to, processo ermeneutico, la legge Balduzzi, che già era caratterizzata da uno spettro applicativo piutto-sto ridotto, è uscita – è inutile nasconderselo – come una norma di mera facciata, privata di qualunque effettiva rilevanza pratica.Sennonché, è stata proprio la Corte di cassazione a sottoporre a revisione questo orientamento, attra-verso due sentenze vicine nel tempo, “Stefanetti” e “Manzo”87. Le due pronunce utilizzano percorsi ar-

le assoluzioni proprio per il suo essersi attenuto alle direttive cliniche. Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 23.11.2010, n. 8254, cit., 542 ss.; Cass. pen., Sez. III, 4.12.2013, n. 5460, cit. In quest’ulti-ma sentenza si è esclusa l’operatività della legge “Balduzzi” proprio in ragione della sua non applicabilità a casi di impru-denza, come sarebbero le dimissioni anticipate del paziente.86 Così Piras, Culpa levis sine imperitia non excusat: il prin-cipio si ritrae e giunge la prima assoluzione di legittimità per la Legge Balduzzi, in www.penalecontemporaneo.it, 24 aprile 2015, 3 ss., che riporta anche un’ampia panoramica giuri-sprudenziale. La definizione tradizionale di imperizia si deve invece a M. Gallo, Colpa penale (voce), in Enc. dir., Milano, 1960, VII, 641.87 Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 9.10.2014, n. 47289, (imp. Stefa-netti, rel. Blaiotta); Cass. pen., Sez. IV, 19.1.2015, n. 9923, (rel. Piccialli, imp. Manzo). Su queste due sentenze, non-ché su tutti questi profili critici, oltre al proprio commen-to di entrambe, Caletti, Non solo imperizia: la Cassazione amplia gli orizzonti applicativi della Legge Balduzzi, cit., 1147, cfr. Piras, Culpa levis sine imperitia non excusat, cit.; roiati, Prime aperture interpretative a fronte della supposta limitazione della Balduzzi al solo profilo dell’imperizia, in RTDPC, 2015, I, 231 ss. Con uno sguardo già al testo della legge “Gelli-Bianco” inizialmente approvato dalla Camera, cuPelli, La colpa lieve del medico tra imperizia, impruden-za e negligenza: il passo avanti della Cassazione (e i rischi della riforma alle porte), in www.penalecontemporaneo.it, 27

gomentativi differenti: la prima, infatti, è incentra-ta sul superamento del principio «culpa levis sine imperitia non excusat», riconoscendo la possibilità che le linee guida contengano anche regole non strettamente di perizia; la seconda, al contrario, ri-allargando i confini della stessa imperizia88.A prescindere dalla preferibilità di una delle due impostazioni, nonché dai dettagli di entrambe, è doveroso, specie con lo sguardo già proiettato alla recente riforma “Gelli-Bianco”, rilevare quan-to segue. Pare, invero, poco opportuno che la la-bile distinzione tra negligenza, imprudenza e im-perizia assuma una rilevanza così decisiva nello stabilire l’an della responsabilità colposa. Già di-versi anni orsono, un autorevole studioso metteva in guardia dal sopravvalutare il significato della ripartizione codicistica in tre forme di colpa, de-finendola un’operazione «gravemente pericolosa», poiché ciò che davvero rileva nell’accertamento del reato colposo, dal momento che detta triparti-zione è stata soppiantata dal giudizio di prevedi-bilità ed evitabilità dell’evento, è l’individuazione della regola di condotta violata in concreto la cui osservanza avrebbe evitato l’evento89.

giugno 2016; da ultimo, poco prima dell’approvazione della nuova riforma, basile, Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 cod. civ. e Legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in www.pe-nalecontemporaneo.it, 23 febbraio 2017.88 Un peso sul differente percorso argomentativo delle due sentenze - è inutile negarselo - sembra dover essere attri-buito alle precedenti prese di posizione sul tema da parte degli estensori, senz’altro tra i più autorevoli della Corte di cassazione, delle pronunce in commento. L’estensore della prima sentenza, “Stefanetti”, è infatti lo stesso della sentenza “Cantore”, che alla limitazione alla sola imperizia aveva ade-rito, ma in modo piuttosto “tiepido”, sostenendo che l’ambito della perizia è “il terreno d’elezione delle linee guida”. L’e-stensore della seconda sentenza, “Manzo”, è invece lo stesso della “Pagano”, che come è stato ampiamente specificato è la “capostipite” dell’indirizzo interpretativo in questione.89 Cfr. M. Gallo, Colpa penale, cit., 641. Più recentemente Giunta, Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, Padova, 1993, 166-169. Nella manualistica invece, Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, 549 ss.; Canestrari, cornacchia, de siMone, Manuale di diritto penale, cit., 432. Non a caso, nella prassi quanto appena evidenziato si riflette nelle modalità di contestazione del reato colposo da parte dell’accusa, caratterizzate da capi di imputazione che non distinguono mai tra le tre forme di colpa e, anzi, si

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117Responsabilità penale del sanitario

9. Un breve bilancio (di commiato) dalla legge “Balduzzi”

Esaurita l’analisi della riforma della responsabi-lità per colpa del sanitario del 2012, è possibile, al momento della sua abrogazione, tracciarne un breve bilancio90, da condurre con particolare at-tenzione a quei due obiettivi legislativi che si sono individuati sin dalle battute iniziali: la maggiore determinatezza e la minore estensione dell’ambi-to della colpa nelle attività sanitarie.Quanto al primo profilo, è piuttosto chiaro come l’obiettivo di accrescere il tasso di determinatezza dell’illecito colposo in ambito sanitario non sia sta-to conseguito dalla legge “Balduzzi”. Bisogna, tutta-via, non incorrere nel malinteso di individuarne la causa in una carenza della formulazione legislativa, rea di non aver delineato con chiarezza a quali linee guida si facesse riferimento. In questo senso, come già osservato, l’esperienza di altri ordinamen-ti provvisti di un sistema di accreditamento formale delle linee guida dimostra come, comunque, non si possa prescindere dal perito, la cui centralità, anzi, è incrementata dal ricorso alle linee guida. La tentata “positivizzazione” delle regole cautelari in ambito sanitario, dunque, ha scontato soprattutto i limiti ontologici dello strumento prescelto per tale “positivizzazione”, le linee guida, nonché, forse, le peculiarità della stessa materia che si tentava di formalizzare, la medicina.Sul piano della minore estensione della responsa-bilità per colpa, al contrario, la “Balduzzi” sembra aver ottenuto, ancorché faticosamente, qualche risultato. Certamente, la restrizione – come visto, del tutto arbitraria – ai soli casi di imperizia ha paralizzato a lungo la norma, ma, specie dopo la sentenza “Cantore”, che ne ha ritagliato sapiente-

richiamano, attraverso formule ellittiche e onnicomprensive, a tutto l’universo cautelare, tanto generico quanto specifico. Sul tema, cfr. Castronuovo, La contestazione del fatto colposo: discrasie tra formule prasseologiche d’imputazione e conce-zioni teoriche della colpa, in CP, 2002, 3843 ss.; Musco, La contestazione dei reati colposi, in RIDPP, 1971, 330 ss.90 Per un quadro finale della giurisprudenza nel periodo del-la legge “Balduzzi” e di tutte le sue problematiche applica-tive, bartoli, Ancora difficoltà ad inquadrare i presupposti applicativi della legge c.d. Balduzzi, in DPP, 2016, 643 ss.

mente il campo applicativo, e dopo l’inversione di tendenza di “Stefanetti” e “Manzo”, la disciplina di favore contenuta nell’art. 3 aveva cominciato a dispiegare qualche effetto benefico. Sotto un pro-filo (più) teorico – lo si è visto – l’introduzione di una forma “qualificata” di colpa si è accom-pagnata con una nuova sensibilità per gli aspetti individualizzanti su cui calibrare il rimprovero nel caso concreto; in altre parole: per una maggiore attenzione alla “misura soggettiva” della colpa. Da un punto di vista (più) “pratico”, invece, è proprio nella sentenza “Manzo” che si manifesta la vera efficacia della legge “Balduzzi” e, in particolare, della colpa grave. Essa, infatti, sembrava dispie-garsi con più evidenza nei casi in cui ad essere in gioco più che il suo grado era l’assenza stessa della colpa. Il ragionamento del GUP di Taranto in quell’occasione, poi avallato dalla Cassazione, secondo lo schema – non nuovo nelle corti di merito – per cui “se anche una colpa c’è, è lieve e quindi penalmente irrilevante”, consente, interve-nendo in via sussidiaria, di evitare quelle distor-sioni rigoristiche nell’accertamento della colpa medica evidenziate da diverso tempo in dottrina.In definitiva, anche al momento della sua abroga-zione, sembra giusto condividere quanto affermato da Domenico Pulitanò poco dopo la conversione in legge del decreto “Balduzzi”: «sulla via del ri-pensamento della responsabilità per colpa, la stra-na norma introdotta dal decreto sanità segna, pre-vedibilmente, un punto di non ritorno; ma anche una tappa provvisoria, un equilibrio instabile […]. Il lavoro sulla nuova norma, e la verifica del suo funzionamento, saranno anche una base di parten-za per la ricerca di soluzioni normative migliori: più chiaramente leggibili, e più solide sul piano assiologico»91. La legge “Balduzzi” è stata, quindi, una sorta di “esperimento legislativo”, da cui trarre indicazioni in vista di nuovi interventi normativi. E, in effetti, proprio questo è stato il suo pregio, l’aver imposto agli interpreti – giuristi e medici-legali – di

91 Pulitanò, Responsabilità medica: letture e valutazioni di-vergenti del Novum legislativo, cit., 85. Corsivi di chi scrive. Sostanzialmente concorde, Forti, Il “quadro in movimento” della colpa penale del medico, tra riforme auspicate e riforme attuate, in DPP, 2015, 738 ss.

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118 Saggi e Pareri

confrontarsi su aspetti cruciali della responsabilità professionale dei sanitari come le linee guida, la graduazione della colpa, l’imperizia.

10. L’introduzione della legge “Gelli-Bianco”

Come pronosticato dalla dottrina, ben presto, su iniziativa di alcuni parlamentari, ha preso avvio un iter di revisione della riforma del 2012 nella prospettiva – almeno questi gli intenti dichiara-ti – di delimitare ulteriormente l’area di rilevan-za penale della colpa in ambito sanitario. Così, a distanza di (solo) poco più di quattro anni, il legislatore ha “rimesso mano” alla normativa sul-la responsabilità penale colposa del sanitario con l’art. 6 della legge nota come “Gelli-Bianco”, che ha introdotto all’interno del codice penale l’art. 590-sexies, rubricato «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario: (1) Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono com-messi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto di-sposto dal secondo comma. (2) Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomanda-zioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenzia-li, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle speci-ficità del caso concreto»92.La norma si inserisce nel contesto di una riforma più ampia, che reca con sé ambiziose «disposizioni in materia di sicurezza delle cure e di responsa-bilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie». Da un lato, quindi, le novità sul fronte penalistico non si esauriscono nella già menziona-ta modifica del codice penale, ma questa va coor-

92 Per i primi commenti della norma, oltre al già citato calet-ti, Mattheudakis, Una prima lettura della legge “Gelli-Bianco” nella prospettiva del diritto penale, cit., si rinvia anche ad aMato, Professionisti “salvi” se l’evento dannoso è dovuto a imperizia, in GD, 2017, n. 24, 51 ss.; cuPelli, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bian-co, in www.penalecontemporaneo.it, 3 aprile 2017.

dinata con le altre disposizioni del testo di legge, a cominciare dagli artt. 3 e 5, che prevedono la creazione di un sistema di accreditamento formale delle linee guida e delle buone pratiche mediche; dall’altro lato, proprio la compenetrazione con la finalità di implementare la sicurezza delle cure per-mette di comprendere alcune scelte legislative sul piano della responsabilità professionale.Ad ogni modo, anche ad una prima lettura, l’art. 590-sexies sembra deludere grandemente le aspettative di cui, in ragione dei buoni propositi manifestati più volte dal legislatore, era stato gra-vato. La “delusione” passa, soprattutto, attraverso la – a questo punto del nostro itinerario – evi-dente “sconfessione” degli esiti applicativi della disciplina previgente. Così: il rinnovato (e irro-bustito) riferimento allo scivoloso e inafferrabile strumento delle linee guida, l’esplicita restrizio-ne dell’esimente all’imperizia, la scomparsa della graduazione della colpa. L’unica eccezione, forse, è data dalla più precisa individuazione delle linee guida la cui osservanza può, oggi, escludere la punibilità del sanitario.Vediamo, allora, di provare a meglio precisare queste prime impressioni sulle modifiche appor-tate dal recentissimo intervento legislativo.

11. Una panoramica sulle modifiche apportate dalla riforma “Gelli-Bianco”: la scomparsa della colpa grave e le nuove sfide per l’interprete per non “tornare indietro”

La legge “Balduzzi”, su cui si è già a lungo indu-giato, era incentrata sulla sovrapposizione di due problematiche altamente controverse, ovvero la punibilità della colpa lieve e l’incidenza delle linee guida nel giudizio di colpa medica. Questo “inedi-to” binomio, pur avendo attirato le critiche di cui si è riferito, aveva dato luogo ad un circoscritto “microsistema” di punibilità solo per colpa grave.Certo, l’ambito di applicazione della norma era tutt’altro che esteso se commisurato alla comples-siva “morfologia” dell’errore medico. Ma, come già illustrato, questa innovativa ed insolita gra-duazione della colpa sul piano dell’an della re-sponsabilità costituiva, a giudizio di gran parte

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119Responsabilità penale del sanitario

della dottrina, la parte migliore della riforma, l’e-picentro su cui edificare le soluzioni normative migliori a seguito dell’“esperimento Balduzzi”.Non a caso, prima di assumere le attuali sembian-ze durante la lettura al Senato, la prima versione della legge in commento approvata alla Camera proseguiva secondo la medesima direttrice trac-ciata nel 2012, prevedendo, da un lato, una gene-rale estensione del criterio di imputazione della colpa grave a tutti gli eventi avversi verificatisi in ambito medicale per “imperizia” e, dall’altro lato, introducendo una sorta di “presunzione” di non gravità della colpa del sanitario osservante del-le direttive cliniche contenute nelle linee guida93. Ora, per quanto la scelta di presumere la “non gravità” – e, di riflesso, la non punibilità – della condotta del medico ossequioso delle linee guida, anche se temperata dall’inciso «salve le rilevan-ti specificità del caso concreto», potesse destare qualche perplessità, così come la restrizione alla sola imperizia, il testo sembrava costituire un pas-so in avanti rispetto alla situazione preesistente, perlomeno in relazione all’estensione del para-metro più garantista della colpa grave. Il “bino-mio” iniziava a sfaldarsi, ma nella prospettiva di un’ulteriore restrizione della responsabilità per colpa, generalizzata a tutti gli operatori sanitari e non solo quelli osservanti le Guidelines. Il sani-tario che, poi, fosse stato in grado di dimostrare la conformità del proprio operato alle linee gui-da avrebbe beneficiato con maggiore facilità del parametro favorevole. La stessa carica “innovati-va” non può essere attribuita al testo definitivo, approvato, dopo le modifiche del Senato, anche

93 La prima stesura, approvata dalla Camera dei Deputati, della nuova legge prevedeva: «1. Dopo l’articolo 590-bis del codice penale è inserito il seguente: Art. 590-ter. – responsa-bilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sani-tario –. L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgi-mento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave. Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clini-co-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee gui-da come definite e pubblicate ai sensi di legge».

dalla Camera. Scompare, infatti, ogni riferimento al grado della colpa e vi è una generica esclusio-ne della punibilità per il sanitario che si è attenu-to alle linee guida, sempre che le stesse fossero «adeguate alle specificità del caso concreto».A prima vista, il testo così strutturato sembra rista-bilire l’ovvio: il sanitario che si attiene alle linee guida in astratto raccomandate per la patologia presentata dal paziente, se esse si rivelano “ade-guate” anche rispetto alle peculiarità della specifi-ca situazione clinica, non versa in colpa e non è, quindi, punibile. Quest’ennesima formulazione legislativa poco chiara sembra riportarci – senza che nessuno lo auspicasse – al nostro punto di partenza, ovve-ro la sentenza “Ingrassia”, ultima pronuncia del “pre-Balduzzi”, secondo la quale l’osservanza del-le linee guida esclude la colpa, ma solo se le stes-se sono «adeguate» anche al caso concreto94.In realtà, non foss’altro per le intenzioni più volte manifestate dal legislatore di “alleggerire” una vol-ta per tutte il carico di responsabilità penale dei medici, nonché per l’accoglienza trionfale riservata alla riforma “Gelli-Bianco” anche da parte di mol-ti “addetti ai lavori”, sembra doveroso non cedere alla tentazione di arrestarsi all’interpretazione più intuitiva e provare, nel limite del dato letterale, a prospettarne una che non azzeri completamente la “Balduzzi” o che, quantomeno, non si limiti a certificare qualcosa di ovvio, come il fatto che il sanitario che rispetta le linee guida appropriate alla situazione del proprio paziente non versa in colpa.A questo fine, pare opportuno condurre la com-parazione tra il nuovo testo e quello appena ap-provato riferendoci alla dicotomia di ipotesi di operatività della “Balduzzi” – e della sua esen-zione per colpa lieve – delineata nei paragrafi che precedono: gli «adempimenti imperfetti» e gli «adempimenti inopportuni». Quanto a questi ul-timi, il verdetto sembra inappellabile: se il sani-tario si attiene “inopportunamente” a linee guida evidentemente inadatte – rectius: inadeguate – al caso specifico presentato dal paziente e da tale

94 V. Cass. pen., Sez. IV, 19.9.2012, n. 35922, (rel. Piccialli, imp. Ingrassia), cit.

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allineamento derivano conseguenze dannose per il paziente, allora il sanitario risulta penalmente responsabile, anche per colpa lieve. Sul punto, la “clausola di adeguatezza” delle linee guida previ-sta dall’art. 590-sexies c.p. senza dubbio95.Al contrario, la questione sembra più articolata con riguardo agli “adempimenti imperfetti”, ovve-ro quelle ipotesi nelle quali il sanitario ha com-messo un errore nel conformarsi alle linee guida correttamente individuate per il caso trattato. In questi frangenti non sarà senz’altro più invoca-bile il parametro “di favore” della colpa grave, posto che la legge “Gelli-Bianco” ha evitato ogni riferimento alla graduazione della responsabilità colposa, mentre resta da chiarire se potrà esse-re invocata la “nuova” disciplina speciale fondata sull’osservanza delle linee guida.A ben vedere, la soluzione del quesito dipenderà, molto più di quanto accadeva in passato, dalla flessibilità con cui verrà inteso il concetto di “ri-spetto” delle linee guida. In altri termini: un erro-re nell’esecuzione delle raccomandazioni cliniche potrà inficiare tout court il loro “rispetto”? O an-cora: sarà sufficiente una loro osservanza parziale per godere della disciplina speciale di cui all’art. 590-sexies c.p.?96

Si tratta di questioni complesse, ma ora davvero cru-ciali per ritagliare l’esatta portata applicativa della riforma, nonché per valutarne gli effetti di tipo in-tertemporale. È chiaro, del resto, che un’interpreta-zione restrittiva del “rispetto” delle raccomandazioni cliniche, combinata con la “clausola di adeguatezza” di cui si è detto, riporterebbe le lancette dell’orolo-

95 Attesi gli equivoci ingenerati in passato (e messi in luce anche nel presente lavoro), però, sembra giusto precisare come la valutazione sull’adeguatezza delle linee guida vada svolta ex ante, sulla base delle conoscenze che aveva – o che avrebbe dovuto avere – il sanitario. Nelle ipotesi in cui, infatti, le ragioni dell’inadeguatezza delle linee guida rispetto alla specifica situa-zione del paziente siano emerse solo a trattamento concluso, senza che al momento della condotta vi fosse alcuna avvisaglia di tale inadeguatezza, non vi sarà in radice una colpa, nemme-no lieve. Sul punto, rimangono di attualità le considerazioni di Di Giovine, In difesa del cd. Decreto Balduzzi, cit., 21.96 Per un maggiore approfondimento di queste problemati-che sia permesso rinviare a caletti, Mattheudakis, Una prima lettura della legge “Gelli-Bianco” nella prospettiva del diritto penale, cit., 13 ss.

gio indietro di quattro anni e mezzo, più precisa-mente al novembre 2012, quando il decreto “Bal-duzzi”, ancora non convertito in legge, recava con sé innovazioni soltanto di stampo civilistico97.Si tratta, a ben vedere, di nodi interpretativi che derivano, in modo forse inevitabile, dalla scelta legislativa di fondo comune alle ultime riforme, quella di mettere al centro dell’accertamento della responsabilità penale le linee guida. Come si è più volte evidenziato nel corso di questo contri-buto, esse, anziché semplificare il riconoscimento della colpa, garantendone una maggiore tassati-vità, sembrano complicarlo ulteriormente. Ciò è dovuto essenzialmente alla loro natura, a tutt’oggi ancora indecifrabile sotto molti aspetti. Occorre allora provare ad interrogarsi brevemente sulle ragioni di questo accentuato “protagonismo legi-slativo” delle linee guida.

12. (Segue): la rinnovata centralità delle Guidelines, ma solo se approvate dallo Stato: il Sistema Nazionale Linee Guida

Come illustrato, al momento della conversione in legge del decreto “Balduzzi”, la maggiore pre-occupazione espressa in dottrina, sul piano della (non) determinatezza dell’art. 3, non fu relativa all’introduzione di una forma qualificata di colpa del tutto estranea alla nostra tradizione penalisti-ca, bensì all’individuabilità delle linee guida men-zionate dalla norma98. In effetti, come più volte fatto presente nelle pagine che precedono, sul punto la legge risultava davvero laconica, prescri-vendo soltanto il requisito dell’accreditamento da parte della comunità scientifica, così – di fatto – rimettendo l’accertamento al giudice e, nella spe-

97 Ovviamente, dalla risposta che fornirà la giurisprudenza in relazione alle questioni appena sollevate dipenderanno anche delicati profili intertemporali suscitati dalla riforma. Il tema è molto complesso e difficilmente affrontabile in questa sede. Per qualche prima ipotesi, sia consentito fare ancora riferimento a caletti, Mattheudakis, Una prima lettura della legge “Gelli-Bianco” nella prospettiva del diritto penale, cit., 28 ss.98 Non a caso, anche questo profilo era stato sottoposto al vaglio della Corte costituzionale dal Tribunale di Milano.

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cie, al suo perito, unico in grado di destreggiarsi e navigare nel mare magnum.La legge appena approvata, all’opposto, si premu-ra di stabilire un sistema di accreditamento forma-le delle linee guida. In particolare, l’art. 5, comma 3, della legge “Gelli-Bianco” valorizza il Sistema Nazionale per le Linee guida (SNLG), già opera-tivo dal 2004, al quale un successivo decreto, da emanare entro centoventi giorni, attribuirà ulte-riori compiti e funzioni99. Nel frattempo, la legge stabilisce che esso raccoglierà («integrerà») le linee guida, che saranno poi pubblicate sul sito internet dell’Istituto superiore di sanità pubblica, «previa verifica della metodologia adottata a standard de-finiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche»100.Tale attività di verifica avviene su linee guida che, ai sensi del comma 1, sono «elaborate da enti ed istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elen-co istituito e regolamentato con decreto del Mini-stro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, da aggiornare con cadenza biennale». Il comma 2, invece, fissa alcuni requisiti minimi ed alcuni criteri che il Ministro della salute dovrà tenere in conside-razione per la redazione di tale elenco.Sulla scorta di quanto già avvenuto da anni in altri paesi, specie di lingua inglese, l’Italia si munisce quindi di un sistema di accreditamento, monitorag-gio ed aggiornamento delle linee guida101. Ovvia-

99 Recentemente nella dottrina medico-legale, sul tema, Buccelli e altri, La rilevanza delle linee guida nella determi-nazione della responsabilità medica cit., 665 ss.100 Lo standard di valutazione delle linee guida più diffuso è oggi il c.d. “sistema AGREE” (Appraisal of Guidelines for Research and Evaluation), sul quale, Massoni e altri, La valu-tazione della qualità delle linee guida: una nuova sfida per la medicina legale. Considerazioni medico legali sul metodo AGREE, in RIML, 2014, 393 e ss.101 Il modello, nemmeno troppo nascosto, dell’odierna ri-forma, complici anche le grandi diversità con il sistema sa-nitario americano, è quello inglese del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), fondato nel 1999. Per un maggiore approfondimento è sufficiente consultare un manuale di Medical law. Ad esempio, Jackson, Medical Law. Text, Cases and Materials, IV edizione, Oxford, 2016. Per un

mente, non è semplice prevedere la portata – e la bontà – di queste novità, né ciò costituisce l’intento del contributo. Sia consentita, tuttavia, la formula-zione di qualche breve considerazione, come ov-vio, da un punto di osservazione penalistico.In generale, a prescindere dalle concrete moda-lità, la “valorizzazione” del SNLG appare come qualcosa da guardare con favore: potrebbe, in effetti, mettere sotto controllo quel sovrapporsi “selvaggio” di linee guida che si è cercato di met-tere in evidenza. Allo stesso tempo, quel deficit di legalità che si era lamentato con riguardo alla leg-ge “Balduzzi” dovrebbe risultare “sanato” con la nuova normativa. Quantomeno, infatti, dovrebbe essere ora più semplice individuare le linee guida che vanno osservate per non incorrere, alle con-dizioni esaminate, in responsabilità penale. Ciò che, tuttavia, occorre mettere in rilievo è che gran parte dei limiti intrinseci delle linee guida non svaniranno di colpo in ragione del nuovo si-stema di accreditamento incentrato sul SNLG. Ed è allora importante che, dietro le novità legislative in esame, non si nasconda l’utopia di codifica-re tutte le regole cautelari dell’attività sanitaria. Si tratta di un’operazione che, condotta con suc-cesso in altri settori della colpa penale, non può essere riproposta nell’ambito della responsabilità medica, come peraltro già ampiamente dimostra-to dall’“esperimento Balduzzi” e da tutti i profili problematici già illustrati.A fronte di questi argomenti e a fronte di tutte le difficoltà che esse introducono nell’accertamento della colpa penale, sorge spontaneo domandarsi quali siano le ragioni che inducono il legislato-re a nutrire questa “cieca” e incrollabile fiducia nelle linee guida e, soprattutto, a perseverare nel forzare i limiti intrinseci di questo strumento per “cucirvi” attorno la responsabilità penale. Dopo-tutto, l’art. 5 sancisce che: «gli esercenti le pro-fessioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazio-ni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina

quadro della situazione statunitense, invece, Fineschi, Frati, Linee guida: a double-edged sword. Riflessioni medico-legali sulle esperienze statunitensi, cit., 665 ss.

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legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle li-nee guida». È in questi termini che, come è sta-to osservato con buona dose di ironia, possiamo parlare di «vittoria dei lineaguidari»: le linee guida sono collocate dalla legge esattamente al centro dell’attività sanitaria e la loro osservanza è dive-nuta tendenzialmente obbligatoria102. Tale vittoria desta ancora più perplessità se si considera che altri ordinamenti stanno gradualmente prendendo le distanze dalle linee guida, ridimensionandone il ruolo nella definizione delle responsabilità103.Per rispondere a questo interrogativo è necessario sollevare la lente di ingrandimento e osservare la riforma “Gelli-Bianco” nel suo complesso, non limitandosi alla disciplina penale. Ebbene, l’art. 1, comma 1, rubricato «sicurezza delle cure», affer-ma che «la sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività». Essa – secondo quanto previsto dal comma successivo – «si rea-lizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del ri-schio connesso all’erogazione di prestazioni sani-tarie e l’utilizzo appropriato delle risorse struttu-rali, tecnologiche e organizzative».La legge, pertanto, proprio in apertura rivela la sua finalità principale: la predisposizione di siste-mi c.d. di Risk Management allo scopo di conte-nimento della spesa pubblica. Come è stato già affermato: «il nostro fantasioso legislatore si è messo in mente che la sicurezza rappresenta un risparmio»104. E non da oggi, dal momento che già i commi 538 e 539, dell’art. 1 della l. 28 dicem-

102 L’efficace espressione “lineaguidari” si deve a Cavicchi, Linee guida e buone pratiche. Limiti, aporie, presagi, in Linee guida e buone pratiche. Implicazioni giuridiche e medico-le-gali, a cura di Ventre, cit. La tendenziale obbligatorietà delle linee guida è già stata sottolineata da CuPelli, Alle porte la nuova responsabilità penale degli operatori sanitari. Buoni propositi, facili entusiasmi, prime perplessità, in www.pena-lecontemporaneo.it, 16 gennaio 2017.103 terrosi vagnoli, Le linee guida per la pratica clinica: va-lenze e problemi medico-legali, cit., 189 ss.104 In questi termini letterali, Panti, Il d.d.l. sulla responsabi-lità professionale del personale sanitario: il punto di vista del medico, in DPP, 2016, 374.

bre 2015, n. 208, avevano determinato come pri-orità la realizzazione di sistemi di prevenzione e gestione del rischio, definita come «interesse pri-mario del Sistema sanitario nazionale»105. E come emerge anche dal dossier n. 400/2016 del Servizio Studi del Senato, relativo proprio all’allora dise-gno di legge “Gelli-Bianco”, è proprio attraverso la prevenzione degli incidenti – e dei relativi risar-cimenti – che si intende porre un freno alle spese, ormai insostenibili, del Sistema106.Molto ci sarebbe da dire sulle moderne strategie di contrasto al c.d. “rischio clinico”, ed in partico-lare sul Clinical Risk Management (CRM), inteso come quell’approccio, in parte plasmato sulla ce-lebre teoria degli errori di James Reason107, teso a «controllare l’erogazione delle prestazioni fornite dai servizi sanitari, al fine di migliorarne la qualità e l’appropriatezza, il che richiede la conoscen-za e la conseguente prevenzione di quegli eventi inaspettati (advers events) che siano idonei a de-terminare un danno, foriero spesso di significativi costi per risarcirlo, delle sofferenze del paziente ed anche del coinvolgimento negativo dei sanitari coinvolti»108. Le finalità di questo lavoro, tuttavia, inducono a limitarci a questa sommaria definizio-ne ed al rimando ai riferimenti bibliografici conte-nuti nelle note, per arrivare così subito al punto.Se, come visto, lo scopo primario della riforma è quello di promuovere la prevenzione del rischio secondo le modalità appena accennate, è chiaro come la responsabilità professionale, altro cardine della stessa riforma, sia stata modellata secondo la predetta finalità. E allora, finalmente, è dato com-

105 Chiaramente sono già diversi anni che in Italia ci si inter-roga sui sistemi di gestione del rischio. Per un chiaro ed esau-riente quadro, anche storico, del tema si consiglia la lettura di Scorretti, Il Clinical Risk Management oggi: dal sistema alla persona. Aspetti medico-legali, in RIML, 2011, 1031 ss.106 V. Dossier del Servizio Studi sull’A.S. n. 2224-A, Disposi-zioni in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, a cura di Bracco, 2016, n. 400.107 Pietra miliare in questo campo è, infatti, il celebre lavoro (tradotto anche in italiano) di Reason, L’errore umano, Bolo-gna, 1990.108 Definizione di Scorretti, Il Clinical Risk Management oggi, cit., 1033.

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prendere il perché di tanta insistenza sul rispetto delle linee guida. Fin dalla loro nascita – guarda caso – esse sono intrecciate a doppio filo tanto con la gestione del rischio che con la razionaliz-zazione delle spese. Quanto al primo profilo, la riduzione del rischio è stata da sempre perseguita attraverso l’ adozione di procedure e protocolli, di talché sono entrate nella “gestione del rischio cli-nico” parole diverse, spesso (ma non sempre cor-rettamente) impiegate in modo intercambiabile, come «linee guida», «protocolli», «checklist», «bun-dle» e così via109. In questa prospettiva, le linee guida sostituiscono l’intuito clinico del curante, conferendo al sistema un carattere più oggettivo e prevedibile110. Sotto il secondo aspetto, nella mag-gior parte dei casi, esse non si limitano a prescri-vere la terapia migliore (la più appropriata), ma anche quella che si dimostra efficace al minor co-sto (la più appropriata economicamente)111. Vale la pena di ricordare come l’origine stessa delle linee guida sia collegata ad un contesto di assolu-ta scarsità di risorse, come l’infermeria di un lager per prigionieri di guerra inglesi, dove si tramanda che furono adottate le prime forme di medicina basata sulle evidenze statistiche.Appare, in definitiva, piuttosto riduttivo ritenere che il legislatore abbia ignorato, per l’ennesima volta, il costoso problema della medicina difensi-va. È forse vero il contrario: alla medicina difensi-va – e al risparmio di spesa che può derivare da un suo contenimento – il legislatore ha guardato anche troppo in questa occasione. E per fare ciò è tornato a ricorrere allo strumento che, come

109 Scorretti, Il perché di questo seminario sulle linee guida, cit.110 La relazione tra linee guida e CRM è sottolineata, nella dottrina penalistica da Di Giovine, La responsabilità penale del medico: dalle regole ai casi, cit., 62 ss., in particolare 79; ancor più di recente, con riferimento al testo approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati, id., Colpa penale, “legge Balduzzi” e “disegno di legge Gelli-Bianco”: il matri-monio impossibile tra diritto penale e gestione del rischio cli-nico, in CP, 2017, 386 ss., in particolare 399 ss.111 Sembra opportuno sottolineare anche la parabola dell’ap-propriatezza delle linee guida: mentre un tempo se ne parlava rispetto alla terapia e al caso clinico, in tempi recenti, invece, l’appropriatezza integra soprattutto un requisito economico. Sul punto, Cavicchi, Linee guida e buone pratiche, cit.

detto, in tutto il mondo è collegato all’efficienza organizzativa e a quella economica: le Guidelines.Sembra quasi materializzarsi un “baratto” proposto al sanitario: in cambio dell’osservanza delle linee guida – sia ben inteso: le linee guida individuate dal Ministero112 – viene promessa la non punibilità a livello penale. Peccato che i termini dello “scam-bio” risultino in concreto “viziati”: dall’osservanza delle linee guida, un po’ per ragioni ontologiche e un po’ per la formulazione della norma, cui è stato aggiunto (forse dopo? forse senza coglierne la portata?) il riferimento all’adeguatezza nel caso specifico, non può discendere automaticamente la non punibilità del sanitario.Quantomeno sul versante della responsabilità pe-nale del medico, quindi, la «vittoria dei lineagui-dari» non è schiacciante e sembra rimandato l’ap-prodo della medicina ad una sua nuova frontiera, che la allontana sempre più dall’essere un’arte per avvicinarsi alla tecnica113.

13. (Segue): la ratifica normativa di un orientamento giurisprudenziale superato, ovvero: il nuovo (e non auspicato) ritorno dell’imperizia

Tra le criticità della nuova disciplina va annove-rato anche il richiamo espresso all’imperizia. Sul tema ci si è a lungo soffermati in relazione alla legge “Balduzzi” ed è sufficiente qui richiamarsi alle considerazioni già svolte. Sembra opportuno solo sottolineare come, al di là della non con-divisibilità della scelta legislativa, essa risulti, in qualche misura, meno “impattante” di quanto non fosse nel periodo di vigenza della “Balduzzi” o nel caso fosse stata approvata la prima versione della legge come inizialmente trasmessa dalla Ca-mera al Senato.

112 Dopotutto, anche nell’esperienza inglese viene specifi-cato come la primaria finalità del NICE sia proprio il «ratio-ning». Sul punto, Jackson, Medical Law, cit., 65 ss.113 In effetti, il futuro della medicina sembra tracciato in direzione di una sua “proceduralizzazione”. Sul tema, si ve-dano ancora le profonde e condivisibili, quanto inquietanti, riflessioni di Cavicchi, Linee guida e buone pratiche, cit.

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14. «C’è del “buono” in Danimarca»: brevi riflessioni sull’art. 16

Prima di avviarsi all’esposizione delle conclusioni ricavabili dalla complessiva indagine sulla riforma “Gelli-Bianco”, occorre prenderne in esame un’ul-tima norma dalla chiara rilevanza penalistica (e processual-penalistica). Si tratta dell’art. 16, com-ma 1, a norma del quale «all’art. 1, comma 539, lettera a) della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari».In effetti, come già accennato, la legge n. 208 del 2015, all’art. 1, comma 538, aveva sancito il princi-pio della prevenzione e gestione del rischio come interessi prioritari del Sistema Sanitario Nazionale. Il comma 539, lett. a), tuttavia, prevedeva: «ai ver-bali e agli atti conseguenti all’attività di gestione aziendale del rischio clinico, svolta in occasione del verificarsi di un evento avverso, si applica l’art. 220 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271». Di talché, per via del richiamo all’art. 220, relativo alle «attività ispettive e di vigilanza», nel caso nel corso di tali attività di gestione del rischio clinico – e nella specie, gli audit, le peer review, il mor-tality and morbility – emergessero indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro fosse utile potevano essere compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale. In altre parole, i ri-sultati delle indagini interne per la comprensione e lo studio degli errori erano a disposizione delle autorità inquirenti, pronte a confluire nei processi penali quali prove incolpanti il sanitario.L’art. 16, comma 1, della legge “Gelli-Bianco” in-terviene proprio al fine di escludere quest’eve-nienza. Il discorso sul punto non può dilungarsi più di tanto, ma è bene specificare come la scelta del legislatore appaia condivisibile e, soprattut-to, coerente con le generali finalità di istituire un sistema di prevenzione degli errori fondato sulla gestione e lo studio del rischio. È ormai risaputo, infatti, come il Risk Management ed il diritto penale abbiano approcci opposti –

per non dire agli antipodi – quanto all’indagine degli errori114. Il primo, in caso di evento avverso, si ripromette di comprendere a fondo la genesi e le dinamiche dell’errore sanitario e, per farlo, necessita della collaborazione dei protagonisti, gli unici che possono contribuire a spiegarne de-terminati profili. Tale collaborazione, per forza di cose, spesso passa per l’ammissione dell’errore, o, perlomeno, comporta il rischio che all’esito delle verifiche emerga un errore di colui che ha coope-rato per far luce sull’accaduto. Nel procedimento penale, invece, i protagonisti dell’incidente ven-gono accusati di aver cagionato l’evento avver-so. Non hanno alcun obbligo di collaborazione, ma anzi il diritto di difendersi dalle contestazioni. L’accertamento, in quest’ottica di contrapposizio-ne, perde gran parte delle informazioni disponi-bili per comprendere al meglio l’incidente, quelle in possesso del sanitario. Ed è proprio sulla scorta di questo argomento, tra gli altri, che da anni vie-ne auspicato un arretramento del diritto penale dall’ambito degli incidenti verificatisi nelle orga-nizzazioni complesse, la cui prevenzione sarebbe meglio perseguita dagli strumenti tipici della ge-stione del rischio115.Peraltro – si tratta anche in questo caso di argo-mento ormai noto – il diritto penale si occupa di responsabilità individuali, che, talvolta, vengono perseguite anche forzando alcune sue categorie; i sistemi di studio della gestione del rischio, al contrario, estendono la propria indagine anche all’organizzazione, nel cui alveo molto spesso ma-turano le vere cause scatenanti dell’incidente116.

114 Da un lato, infatti, istanze punitive, dall’altro, la volontà di incrementare il livello di sicurezza. Su questi aspetti, si rin-via ancora a Scorretti, Il Clinical Risk Management oggi, cit., passim. Questa differenza di prospettive è spiegata in modo molto chiaro anche da Panti, Il d.d.l. sulla responsabilità pro-fessionale del sanitario, cit., 375.115 Un “classico” in materia, peraltro incentrato su tematiche sanitarie, è (nella traduzione italiana) Merry, McCall SMith, L’errore, la medicina e la legge, Milano, 2004. Nella dottri-na italiana, Centonze, La normalità dei disastri tecnologici. Il problema del congedo dal diritto penale, Milano, 2004.116 Su questi aspetti, Catino, Oltre l’errore umano. Per una teoria organizzativa degli incidenti, in RIML, 2014, 917 ss. Nella dottrina penalistica, Di Giovine, La responsabilità pena-le del medico, cit., 63; Forti, Nuove prospettive sull’imputa-

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125Responsabilità penale del sanitario

Ciò premesso, appare coerente con una legislazio-ne sempre più improntata alla gestione e preven-zione del rischio la previsione che gli atti sorti in quel contesto non possano rivestire un ruolo pro-batorio (e accusatorio) nei processi penali. Se così non fosse, le procedure di Clinical Risk Manage-ment non potrebbero più contare su un elemento fondamentale come la collaborazione degli opera-tori sanitari, troppo preoccupati per un successivo utilizzo degli atti nell’eventuale processo penale per aiutare effettivamente nella ricerca delle cau-se dell’evento avverso117. È chiaro, dunque, che la norma introdotta dall’art. 16, comma 1, della nuova legge si pone come necessaria per non “frustrare” la recente politica legislativa incentrata sulla pre-venzione e gestione del rischio sanitario, che senza l’apporto dei suoi principali attori – gli operatori sanitari – rischierebbe di risultare ineffettiva.

15. Conclusioni. Spunti per un’alternativa

Non è semplice condensare in poche righe conclu-sive le riflessioni maturate nell’osservazione della responsabilità medica attraverso le recenti riforme che l’hanno interessata. Molte considerazioni criti-che, del resto, sono già state disseminate nel testo. In conclusione, preme evidenziare solo un ultimo aspetto. Fermo restando che, come si è osserva-to più volte nel presente lavoro, difficilmente in ambito medico sarà possibile addivenire ad una maggiore determinatezza dell’illecito colposo, sul piano della restrizione dell’area della punibilità, al contrario, un’alternativa alla riforma “Gelli-Bian-co” era assolutamente plausibile, ed è quella au-

zione penale “per colpa”: una ricognizione interdisciplinare, in Reato colposo e modelli di responsabilità, a cura di Donini, Orlandi, Bologna, 2013, 97 ss.117 Dopotutto, anche in tempi recenti vi sono stati casi giudi-ziari di medici, specie in posizioni di direzione, ritrovatisi unici imputati nel processo dopo che si erano attivati per chiarire le ragioni di un decesso nel reparto di competenza. Il riferimento è al caso deciso da Cass. pen., IV Sez., 3.12.2015, n. 2541, (rel. Gianniti, imp. Galli), in RIML, 2016, 729 ss., con nota propria: Caletti, La responsabilità penale per carenze organizzative e strutturali in ambito sanitario, 737 ss.

spicata già da tanti anni dalla dottrina di una ge-nerale “depenalizzazione” della colpa lieve. Del resto, che questa sia l’unica strada percorribile in vista di un contenimento del contenzioso pena-le in ambito sanitario lo insegnano le esperienze di altri ordinamenti, e non solo di Common Law. È proprio l’Inghilterra, tuttavia, che, sulla base di alcuni dati statistici, ci induce a ritenere che quella dell’innalzamento del grado della respon-sabilità colposa sia l’unica strada da percorrere per ottenere i risultati che, sulla carta, la legge “Gelli-Bianco” sperava di conseguire. Dal 1990 al 2005, in Inghilterra, sono stati celebrati 38 pro-cessi nei confronti di sanitari118. In Italia, secondo una recente statistica, ve ne sono più di sessanta che vengono ogni anno sottoposti al giudizio del-la Corte di cassazione, di talché è lecito pensare che – in virtù delle più disparate vicissitudini pro-cessuali – i procedimenti siano molti di più119.Sul punto è bene formulare un’ultima precisazio-ne. Al momento dell’approvazione della legge “Balduzzi”, era stata fortemente criticata la scelta di introdurre una forma di colpa “qualificata” solo in relazione ai professionisti sanitari. Come ovvio, l’auspicio di chi scrive, nella prospettiva di resti-tuire un carattere davvero “colpevole” alla colpa penale, è che tale forma di colpa “qualificata”, in controtendenza con quel processo di differenzia-zione che si è accennato agli inizi di questo scrit-to, venga estesa a tutti i settori in cui essa tende a manifestarsi. Ma cominciare dalla medicina sareb-be stato assolutamente legittimo ed opportuno120.

118 Ferner, McDowell, Doctors charged with mansalughter in the course of medical malpractice, 1795-2005: a literature review, in JRSM, 2006, XCIX, 309 ss.119 Si veda il già citato lavoro di Brusco, Informazioni sta-tistiche sulla giurisprudenza penale di legittimità in tema di responsabilità medica, cit. 120 Le ragioni che avrebbero consentito, senza violare il prin-cipio di uguaglianza, di restringere l’ambito della colpa in ambito medico, sono state espresse in più momenti del con-tributo in particolare al n. 7.

Page 30: Tra “Gelli-Bianco” e “Balduzzi”: un itinerario tra le ... · 98 ai e areri 1. Note introduttive: da “Balduzzi” a “Gelli-Bianco” alla ricerca di un «equilibrio» Nel