Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

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ANNO Torino, Grixig-no 1898 Num . f>. L’INGEGNERIA CIVILE E le ARTI IN D U STR IA LI PERIODICO TECNICO MENSILE Si discorre in fine del Fascicolo delle opere e degli opuscoli spediti franchi alla Direzione dai loro Autori od Editori. ARCH ITETTU RA CIVILE IL RISULTATO DEL CONCORSO PER IL NUOVO PALAZZO COMUNALE DJ CAGLIARI. La città di Cagliari, dopo un lungo dibattito giudiziario, diventata creditrice dal Demanio di una somma di circa tre milioni, per cagione di antichi diritti sulle saline dello stagno, che erano stati erroneamente.incamerati dallo Stato, pensò di destinare questo suo credito in opere edilizie di nti- lità e decoro, com3 sono le scuole, la viabilità ed un nuovo Palazzo Comunale. Anzi si volle che il Palazzo Comunale, mentre deve sosti- tuire quello odierno, che è ristretto e disadatto, fosse al tempo stesso un’opera di abbellimento pjr la grandiosa via Roma, nuova arteria in riva al mare, sulla quale sono già sorti no- tevoli isolati a portico pubblico, ed altri sono presentemente in costruzione. Questa arteria è fin d’ora la via commerciale e la passeggiata più importante della città, perchè attraversa tutto il vasto quartiere della Marina, fa capo alla stazione delle Ferrovie Reali dal lato sud e quella delle Ferrovie Se- condarie dal lato nord, costeggia con un viale alberato tutta la banchina del porto, della darsena e delle dogane, tocca i giardini pubblici e i nuovi e grandiosi mercati alimentari, che sono stati costrutti in quest’ultimo decennio. Il programma di concorso per questo nuovo palazzo, ban- dito in data 15 marzo 1897, assegna un’area pressoché ret- tangolare di m. Oi X 49 col lato maggiore a portici lungo la via Roma e il fianco sul largo Carlo Felice, che è una piazza alberata, disposta in salita, sulla quale sorgono gli anzidetti mercati, una caserma e molle recenti e ricche case di abita- zione e di commercio, mentre congiunge direttamente la marina con le arterie principali della città alta. Si è fissata la spesa di 900 mila lire, ivi comprese le con- dotture, le decorazioni interne ed esterne e gli imprevisti. Il programma ha lasciato piena libertà ai concorrenti, ha posto la sola condizione della ricorrenza del portico pubblico e che la fronte principale sia in via Roma o sul largo Carlo Felice, ed ha messo a disposizione dei concorrenti i seguenti documenti a stampa : La planimetria della località corredata da tre vedute fo- tografiche; Un elenco particolareggiato dei locali necessari ; L’elenco dei prezzi in uso nella città; Una descrizione sommaria dei processi di muratura e dei più disponibili materiali del l’Isola; l'n quadro numerico dei risultati delle trivellazioni ap- positamente eseguile nell’area a fabbricare. 11 concorso fu tenuto a due gradi: nel primo si presenta- rono 52 progelli con disegni 1 : 200 e perizia sommaria; al secondo grado si ridussero tre progetti con disegni di assieme 1 : 100, particolari 1 : 29, perizia e relazione. Ed è su questi Ire progetti che una Commissione tecnica ha ultimato in questi giorni i suoi stadi di confronto, e che quanto prima il Consiglio sarà chiamato a decidere a quale sarà da assegnarsi il premio unico delle lire sei mila indi- cate nel programma, mentre gli altri riceveranno solamente cinquecento lire di indennizzo. La stampa locale ha riprodotto le relazioni dei concorrenti cu ha pubblicato lunghi articoli di critica. <■ Col titolo: Io siile e il carattere nei tre progetti per il alano Municipale, troviamo nel n. 51 della Sardegna Cat- tolica uno scritto dell’ingegnere Francesco Mossa che fu al- lievo della Scuola degli Ingegneri di Torino, ed è ora distin- tissimo costruttore meccanico in Cagliari. Egli, con vastità di veduta, originalità e brevità di forma, rende conto così esatto di questo concorso, che crediamo utile di riprodurre quasi per intero quello scritto, dolenti di poterlo corredare solo di alcuni informi schizzi di piante, che furono fatti a vista e che non vogliono essere considerali altrimenti che una indicazione schematica del concetto informativo dei pro- getti stessi. * « Mentre le critiche più passionate ed accanite vanno dilaniando i tre progetti per il nostro Palazzo Munici- pale ............. viene a me il ghiribizzo di dimostrare che dal Iato dello stile e del carattere tutti e tre devono considerarsi come capolavori. Mai furono concepite architetture più espressive, più efficaci, più adatte allo scopo. Spero in tal modo di combattere le idee troppo esclusive su questo e su quello stile, di cancellare dalla mente de’ miei concittadini quelle impressioni troppo superficiali, che pos- sono essere state prodotte dal semplice esame delle facciate. Idee e impressioni alle quali suppongo debbano attribuirsi certe correnti che vanno formandosi a favore di questo o di ; quel progetto, e che sarebbero di ostacolo all’accettazione pura e semplice di quel più maturo e profondo giudizio che la Commissione darà, basandosi soprattutto suH’esame com- I pleto e spassionato dei tre progetti dal punto di vista delle convenienze interne, che sono il vero scopo pratico dell’edi- ' fizio. * Il progetto Sidera è ispirato alle forme maschie e severe del Palazzo del Comune medioevale, ingentilite alquanto col- l’abbondanza e l’ampiezza delle aperture e col movimento delle balconate, onde può nascere una certa espressione di espansività tutta moderna. Senza dubbio, qualunque osservatore, che sia colto nella storia dell’arte, deve dire di primo colpo: questo è un pa- lazzo municipale. Ma, obiettano taluni, dirà lo stesso il buongustaio,che ama e sente l’arte, ma non conosce l’archeologia? Dirà lo stesso l’os- servatore incolto, il popolo nostro, che nulla sa delle maniere municipali del Trecento? Guardando i torrioni minacciosi e le merlature insidiose, non baderà più alla gentilezza delle aperture e delle balconate, e si sentirà intimorito da quel co- ronamento guerresco che non sembra troppo di buon augurio. Per quanti sforzi egli faccia per trovare allettamento degli occhi in quelle merlature, penserà che il significato di esse è troppo preciso, il loro uso è troppo chiaro e caratteristico, perchè possano considerarsi come un mezzo convenzionale di artifiziosa bellezza. Taluno vi dirà che la gentilezza delle aperture e delle bal- conate non è che una ingannevole apparenza, mentre il tor- rione centrale apparisce come un ridotto fortificato, nel quale debba rinchiudersi la rappresentanza municipale in momenti pericolosi,o quando debba maturare tenebrosi disegni a danno del popolo. E concluderanno che altri tempi, altri ordina- menti sociali sono i nostri, perchè il carattere storico di quello stile possa ragionevolmente sostituirsi al carattere ge- nuino di un Municipio moderno. Coloro che in tal modo ragionano non mi sembrano pro- fondi pensatori. Seguite invece il mio ragionamento e vi per- suaderete che tutto dovrebbe concorrere ad adottare il prò-

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ANNOTorino, Grixig-no 1898 Nu m . f> .

L’INGEGNERIA CIVILEE

l e A R T I I N D U S T R I A L IP E R I O D I C O T E C N I C O M E N S I L E

Si discorre in fine del Fascicolo delle opere e degli opuscoli spediti franchi alla Direzione dai loro A utori od E d ito r i.

A R C H I T E T T U R A C I V I L E

IL RISULTATO DEL CONCORSO PER IL NUOVO PALAZZO COMUNALE DJ CAGLIARI.

La città di Cagliari, dopo un lungo dibattito giudiziario, diventata creditrice dal Demanio di una somma di circa tre milioni, per cagione di antichi diritti sulle saline dello stagno, che erano stati erroneamente.incamerati dallo Stato, pensò di destinare questo suo credito in opere edilizie di nti- lità e decoro, com3 sono le scuole, la viabilità ed un nuovo Palazzo Comunale.

Anzi si volle che il Palazzo Comunale, mentre deve sosti­tuire quello odierno, che è ristretto e disadatto, fosse al tempo stesso un’opera di abbellimento p jr la grandiosa via Roma, nuova arteria in riva al mare, sulla quale sono già sorti no­tevoli isolati a portico pubblico, ed altri sono presentemente in costruzione. Questa arteria è fin d’ora la via commerciale e la passeggiata più importante della città, perchè attraversa tutto il vasto quartiere della Marina, fa capo alla stazione delle Ferrovie Reali dal lato sud e quella delle Ferrovie Se­condarie dal lato nord, costeggia con un viale alberato tutta la banchina del porto, della darsena e delle dogane, tocca i giardini pubblici e i nuovi e grandiosi mercati alimentari, che sono stati costrutti in quest’ultimo decennio.

Il programma di concorso per questo nuovo palazzo, ban­dito in data 15 marzo 1897, assegna un’area pressoché ret­tangolare di m. Oi X 49 col lato maggiore a portici lungo la via Roma e il fianco sul largo Carlo Felice, che è una piazza alberata, disposta in salita, sulla quale sorgono gli anzidetti mercati, una caserma e molle recenti e ricche case di abita­zione e di commercio, mentre congiunge direttamente la marina con le arterie principali della città alta.

Si è fissata la spesa di 900 mila lire, ivi comprese le con- dotture, le decorazioni interne ed esterne e gli imprevisti.

Il programma ha lasciato piena libertà ai concorrenti, ha posto la sola condizione della ricorrenza del portico pubblico e che la fronte principale sia in via Roma o sul largo Carlo Felice, ed ha messo a disposizione dei concorrenti i seguenti documenti a stampa :

La planimetria della località corredata da tre vedute fo­tografiche;

Un elenco particolareggiato dei locali necessari ; L’elenco dei prezzi in uso nella città;Una descrizione sommaria dei processi di muratura e

dei più disponibili materiali del l’Isola;l'n quadro numerico dei risultati delle trivellazioni ap­

positamente eseguile nell’area a fabbricare.11 concorso fu tenuto a due gradi: nel primo si presenta­

rono 52 progelli con disegni 1 : 200 e perizia sommaria; al secondo grado si ridussero tre progetti con disegni di assieme1 : 100, particolari 1 : 29, perizia e relazione.

Ed è su questi Ire progetti che una Commissione tecnica ha ultimato in questi giorni i suoi stadi di confronto, e che quanto prima il Consiglio sarà chiamato a decidere a quale sarà da assegnarsi il premio unico delle lire sei mila indi­cate nel programma, mentre gli altri riceveranno solamente cinquecento lire di indennizzo.

La stampa locale ha riprodotto le relazioni dei concorrenti cu ha pubblicato lunghi articoli di critica. <■

Col titolo: Io siile e il carattere nei tre progetti per il a la n o Municipale, troviamo nel n. 51 della Sardegna Cat­

tolica uno scritto dell’ingegnere Francesco Mossa che fu al­lievo della Scuola degli Ingegneri di Torino, ed è ora distin­tissimo costruttore meccanico in Cagliari. Egli, con vastità di veduta, originalità e brevità di forma, rende conto così esatto di questo concorso, che crediamo utile di riprodurre quasi per intero quello scritto, dolenti di poterlo corredare solo di alcuni informi schizzi di piante, che furono fatti a vista e che non vogliono essere considerali altrimenti che una indicazione schematica del concetto informativo dei pro­getti stessi.

*« Mentre le critiche più passionate ed accanite vanno

dilaniando i tre progetti per il nostro Palazzo Munici­pale .............viene a me il ghiribizzo di dimostrare che dalIato dello stile e del carattere tutti e tre devono considerarsi come capolavori. Mai furono concepite architetture più espressive, più efficaci, più adatte allo scopo.

Spero in tal modo di combattere le idee troppo esclusive su questo e su quello stile, di cancellare dalla mente de’ miei concittadini quelle impressioni troppo superficiali, che pos­sono essere state prodotte dal semplice esame delle facciate. Idee e impressioni alle quali suppongo debbano attribuirsi certe correnti che vanno formandosi a favore di questo o di

; quel progetto, e che sarebbero di ostacolo all’accettazione pura e semplice di quel più maturo e profondo giudizio che la Commissione darà, basandosi soprattutto suH’esame com­

I pleto e spassionato dei tre progetti dal punto di vista delle convenienze interne, che sono il vero scopo pratico dell’edi-

' fizio.*

Il progetto Sidera è ispirato alle forme maschie e severe del Palazzo del Comune medioevale, ingentilite alquanto col­l ’abbondanza e l’ampiezza delle aperture e col movimento delle balconate, onde può nascere una certa espressione di espansività tutta moderna.

Senza dubbio, qualunque osservatore, che sia colto nella storia dell’arte, deve dire di primo colpo: questo è un pa­lazzo municipale.

Ma, obiettano taluni, dirà lo stesso il buongustaio,che ama e sente l ’arte, ma non conosce l ’archeologia? Dirà lo stesso l ’os­servatore incolto, il popolo nostro, che nulla sa delle maniere municipali del Trecento? Guardando i torrioni minacciosi e le merlature insidiose, non baderà più alla gentilezza delle aperture e delle balconate, e si sentirà intimorito da quel co­ronamento guerresco che non sembra troppo di buon augurio. Per quanti sforzi egli faccia per trovare allettamento degli occhi in quelle merlature, penserà che il significato di esse è troppo preciso, il loro uso è troppo chiaro e caratteristico, perchè possano considerarsi come un mezzo convenzionale di artifiziosa bellezza.

Taluno vi dirà che la gentilezza delle aperture e delle bal­conate non è che una ingannevole apparenza, mentre il tor­rione centrale apparisce come un ridotto fortificato, nel quale debba rinchiudersi la rappresentanza municipale in momenti pericolosi,o quando debba maturare tenebrosi disegni a danno del popolo. E concluderanno che altri tempi, altri ordina­menti sociali sono i nostri, perchè il carattere storico di quello stile possa ragionevolmente sostituirsi al carattere ge­nuino di un Municipio moderno.

Coloro che in tal modo ragionano non mi sembrano pro­fondi pensatori. Seguite invece il mio ragionamento e vi per­suaderete che tutto dovrebbe concorrere ad adottare il prò-

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82 L ’INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

V U f.

Vi»

F ig . 27. — P ia n te del p ro ge tto « S id e ra ».

getto Sidera, perchè esso, indipendentemente da ogni ragione storica, risponde benissimo al carattere del palazzo munici­pale moderno.

Riflettete, infatti, che fra tutti i rapporti che passano fra amministrati ed amministratori, hanno vitale importanza quelli che si riferiscono ai gravami che sotto mille forme op­primono gli amministrati. E qualche cosa ne sanno quei po­veri amministratori, i quali devono di continuo lottare col malcontento dei cittadini, che si ritengono ingiustamente gravati dalle imposte comunali, vessati ad ogni momento dalle angherie e dalle fiscalità del dazio consumo, mal sod­disfatti dai pubblici servizi, e via di seguito.............

A ciò, non v’ha dubbio, pensarono pure i nostri padri co­scritti, allorché prescelsero la località, in cui dovrà sorgereil nuovo palazzo comunale............

Se ragioni di tutt’altra natura non avessero indotto alla ubicazione che fu adottata, questa sola avrebbe bastato, della necessità di evitare un qualsiasi pericoloso accerchiamento. Ponendosi ad uno degli estremi della città, più agevole riu­sciva lo stare sulle vedette, che non ponendosi nel mezzo degli attendamenti nemici.

Logico adunque il ragionamento e logiche pure le ultime conseguenze. Il palazzo, che deve sorgere interpretando questo ordine di idee, non potrebbe essere meglio inspirato che dalle forme guerresche del medio evo.

Simulare bensì quanto è possibile la gentilezza e la cordia­lità coll’abbondanza, l ’ampiezza e la gentilezza delle aperture in tutti i piani, ma piantare ben solidamente il palazzo con un maschio porticato, resistente agli assalti del popolo e soprattutto prepararsi ad una efficace difesa col torrione for­tificato e colle merlature, in cui passeggino notte e giorno le vigili scolte, e possano all’occasione appiattarsi le nostre guardie municipali, convertite in valorosi archibugieri. Nè sarebbe, in verità, opportuno che le linee architettoniche la­sciassero intravedere dall’esterno in alcun modo da qual parte si trovi quell’aula consigliare, in cui devono macchinarsi le sorti del popolo ; a qual prò, infatti, indicare al popolo fu­rente il suo naturale bersaglio?

Ecco dunque in qual modo l ’architettura esterna del pro­getto Sidera apparisce perfettamente giustificata, appena si rifletta ai rapporti d’indole fiscale che corrono fra cittadini e

municipio. Anzi, da questo punto divista, potrebbe desiderarsi che l ’espressione di fortezza di questo progetto fosse ancora più accentuata, avvicinandosi addirittura alle forme del fa­moso Bargello .............

*-Sotto un aspetto affatto diverso, non meno accettabile si

presenta il carattere del progetto Maiestas.

ViV

j*R

F ig . 28. — P ia n te del p ro ge tto « M a je sta s ».

Fu rimproverato all’ architettura di questo l ’abuso delle falsità decorative: le colonne che realmente non sostengono nulla e formano solo un apparato scenico di decorazione falsa e bugiarda ; i piedestalli che fanno da trampoli per permet­tere alle colonne di giungere all’altezza occorrente; i frontoni che non stanno a rappresentare le coperture, ma a nascondere intieri piani; i frontoncini che son lì appiccicati e senza le­game colle sottostanti finestre, a far da riempitivo per na­scondere la parete murale: le statue colossali che popolano ogni parte dell’edifizio senza esprimere alcun concetto, e che costruite economicamente in cemento osano sfidare i cocenti raggi del sole, ed infine quella torre centrale senza senso, ma pretenziosa e superba, che si estolle, come colmo di fal­sità, a dominare su tutte le sottostanti menzogne! E fu detto anche, che se da codesto progetto si toglie tutto questo appa­rato scenico e costoso di fatua magnificenza, tutta questa fan­tasmagoria di forme senza sostanza, non rimane che una ben misera architettura. A sentire codesti sapientissimi chiac- cheroni, manca poco che il progetto Maiestas debba ricor­dare la favola dell’asinelio, che volle vestirsi della pelle del leone.

Ma considerate, o critici se pur volete apparire profondi, considerate ben a fondo le condizioni della vita pubblica odierna. Non sono forse la vanità, l’apparato scenico, l ’osten­tazione della grandezza, i caratteri pi-opri dell’epoca nostra? Non è tutto teatralità e gonfiezza rettorica, il funzionamento dei moderni ordinamenti rappresentativi? Come le bizzarrie sensuali dell’architettura del seicento furono schietta e fedele espressione di quel secolo corrotto, così le più assurde falsità organiche e decorative del « Maiestas » potranno narrare ai posteri le falsità della vita pubblica dei giorni nostri.

Ed ancora un altro fatto narrerà ai posteri il palazzo co- strnito col progetto « Maiestas ». Lo sfarzo farraginoso delle

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ricchezze posticcie dirà che esso fu costruito quando vWa era l ’ebbrezza di una pioggia di milioni, che la Provvi­denza aveva fatto cadere sulla c i t tà .................. Se io potessil ire un consiglio ai nostri padri coscritti, direi loro : adottate

il progetto «S\laiestas »; ma non badate a sagrifizi per co- nruirlo tutto in marmo, per evitare che quei tardi nepoti, che dovranno ammirarvi scolpita l ’odierna opulenza della nostra città, non abbiano a sospettare invece, sotto le creppe (ieH’intonaco, le miserie del volgare mattone.

lnsomma, tutte le falsità e le gonfiezze che si rimproverano al progetto « Maiestas » sono invece verità della maggior ef- ficacia”per costituire il carattere del palazzo pubblico mo­derno come espressione'genuina del modo con cui realmente funzionano oggidì i pubblici ordinamenti.

*-Nè maggior valore hanno le critiche che si muovono al

progetto «Palm as ».

• vr*■ *

Fig. 29. — Piante del progetto « Palmas ».

Taluni riconoscono nella sua facciata un geniale concepi­mento d artista, una freschezza ed originalità di concetto alle quali non siamo abituati, un saggio non frequente di archi­tettura avente impronta personale, libera da pastoie di stili e di scuole, o che tutt’al più potrebbe riferirsi alle forme ar- ■ìstichedi un epoca in cui la logica architettonica non era ancoia diventata una vana parola, e la bellezza sapeva ancora rovarsi nelle linee vere dell’ossatura costruttiva,

fa * V!vece’ ,e sono • Più, non sanno perdonare a questa “ la eccessivo predominio del motivo verticale, l’esube- nza di superficie vetrata in confronto alla parete murale

a continuità delle aperture fra il primo ed il secondo piano: f . ™ 0™ per tutto ciò col paragonare l ’edifizio ad una gab- rinnn ? e‘ 1 Iadarno i difensori di questo progetto vi di-nol C01 ®sta .impressione cesserebbe quasi del tutto se chin,.a ii n0 alIa tinta riera ,lei vani fosse sostituita quella perder*]!)6 &V1j “u ° i 1 vetri smerigliati; che nullaneraH Ì , ° ! lo,r° §eni.alit.à le linee architettoniche ge-piani ori PPrimencI° *a continuità delle colonnine fra i due

> a accentuando meglio la ripartizione orizzontale di

questi; che agevole sarebbe togliere il predominio delle ve­trate, e far apparire in giusta misura la parete murale, sop­primendo i vani laterali di ogni scomparto, per ridurre cia­scuna finestrata ad una semplice trifora, la quale compeggie- rebbe bene in una quadratura murale, e questa proteggerebbe meglio dai cocenti calori estivi ; che le semplici colonnine dei tre vani corrispondenti all’aula potrebbero essere sosti­tuite con una parete ornata a gentili trafori, sul genere di quelli che ornavano il progetto di massima; che queste ed altre piccole modificazioni, tutte possibili e facilissime senza alterare l ’organismo costruttivo (perchè le linee degli scom­parti esterni non sono che la fedele espressione dell’ interna ripartizione degli ambienti), toglierebbero affatto quel carat­tere che vuol chiamarsi industriale della facciata ; e forse anche non si parlerebbe più nè di stile inglese nè di palazzo di cristallo, badando solo alla leggiadria ed all’espressione squisitamente moderna delle linee architettoniche.

Ma io vorrei accondiscendere a codeste leggiere modifica­zioni ad una condizione soltanto: quella cioè, che pur modi­ficando questa facciata non le si togliesse troppo quel concetto dirò cosi di trasparenza che la distingue ; giaechè non sa­prebbe trovarsi mezzo migliore per far esprimere alle linee architettoniche il concetto che dovrebbe informare i nostri ordinamenti pubblici. In questo modo soltanto potrà infatti l ’architettura dire chiaramente ai cittadini: in quest’aula, che chiaramente si palesa all’esterno, i n queste sale quasi aperte ai vostri vigili sguardi, hanno sede quei Magistrati che sono vostra diretta emanazione, che non si chiudono nel mistero di tenebrose congiure, che tutto fanno con voi e per voi, senza nulla celarvi, senza ombra di diffidenze. Qui potranno liberamente penetrare, e saranno ben accolti, tutti i vostri voti, i vostri sentimenti; e insieme alia chiara luce del sole pioveranno qui i lumi ed i consigli della sapienza popolare, a guidare la mente dei vostri reggitori. — Nè vi spiaccia se in queste sale esuberantemente illuminate i vostri impiegati non potranno sonnecchiare e dovranno sbrigare sollecitamente i vostri affari, anche perchè l ’altezza dei parapetti toglierà ad essi la possibilità di distrarsi ad ogni momento, per curiosare sui rumori della via.

Soltanto io desidererei che il motivo ispiratore della fac­ciata principale, così semplice, così logico, così efficace ad esprimere che si tratta di locali di ufficio e non di locali di abitazione, diventasse anche motivo caratteristico di tutte le altre fronti; per modo, che da qualunque lato il palazzo fosse visto, sempre apparisse evidente quell’espressione di onesta sincerità, di cordiale espansività.

Riassumendo, io credo di aver dimostrato che, quando ben si sappia leggere fra le linee architettoniche dei tre progetti, in tutti si può trovare espressione adatta a caratterizzare il palazzo municipale. — Ognuno di essi corrisponde ad uno degli aspetti sotto i quali può essere oggidì considerata la vita pubblica ed il funzionamento dell’organismo rappresen­tativo : non vi è che l ’ imbarazzo della scelta. Decidendosi per l’uno o per l ’altro dei tre aspetti, sotto i quali io volli esaminare l ’esteriore del palazzo, il nostro Consiglio verrà naturalmente ad esprimere quale sentimento, quale concetto esso abbia delle sue funzioni, dell’odierna vita pubblica, e dell’affiatamento che deve legarlo al popolo da cui emana.

Non lascio però dal ripetere, che non conviene dare troppa importanza a considerazioni di bellezza esteriore, di stile0 di carattere ; bisognerà invece badare sopratutto ai più completo e comodo soddisfacimento dei bisogni pratici, per1 quali l’edifizio deve sorgere. E sotto questo aspetto nessuno potrà fare uno studio veramente esalto e completo, e sopra­tutto imparziale, a l!’infuori della Commissione.

Tregua dunque alle critiche artistiche, e lasciamo libero corso al giudizio sereno di essa, a ll’infuori di ogni opinione od influenza personale ».

Risultato del Concorso.

Mentre la parte precedente di questo articolo era già starn­ata in bozze, giunsero i giornali di Cagliari colla relazione

Consiglio Comu-patadella Commissione aggiudicatrice letta alnaie in seduta del 2i marzo.

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84 L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

La Relazione, fatta una storia circostanziata di tutte le fasi del concorso, prende a rigoroso esame i tre progetti pre­scelti, e pur facendo apprezzamento delle alte qualità conte­nute nei progetti Maiestas e Sidera, conclude preferibil­mente a favore del progetto Palmas. E qui riportiamo la Relazione stessa :

« Il Palmas ha lasciato nella sua relazione un sobrio ma » fedele riassunto di tutte le opere del progetto; è un fab­» bricato a pilastri di muratura di pietrame radiciata in » ferro, poggiata su palificazioni di castagno (a rifiuto), di­» stribuite a pozzi. Le divisioni orizzontali sono tutte a vòlte » per i quattro piani fuori terra, ed è pure a vòlte la coper- » tura del tetto su armature in ferro.

« L’edificio è alto poco più dell’attiguo palazzo Vivanet » (22 m. circa), con un solo cortile centrale decorato a gran­» dioso vestibolo. Il grande salone, che cosi ne risulta, co­» mimica con due branche di scale che conducono ai vari » uffici a destra e sinistra. L’ingresso maggiore che dà sulla » via Roma, è ben distinto per forme e dimensioni. Altro in­» gresso è sul Largo Carlo Felice, ed un terzo sulla via » G. M. Angioi, poco discosto da una porta riservata al cu­» stode.

« I locali richiesti dal programma per i vari uffici vi » sono tutti, si contano in più altri sedici ambienti. Per » l ’introduzione dell’ammezzato l ’ingresso è addirittura trion- » l'ale. Si contano l i locali a pian terreno; 30 al primo piano )> e 27 al secondo ed ultimo piano, dove potrebbesi sistemare » l ’accesso alle due torrette. L ’area occupata (tolti i muri)

gli ambienti è cosi ripartita:« Cortile e scalone . . . mq. 456« M u s e i ..................................... » 274« Salone del Consiglio . . » 105« Biblioteca ed archivio . . » 201« Sale di ricevimento . . » 196« Complesso di 57 locali vari » 4995

« Area complessiva mq. 6389

« Il problema è stato risolto in modo veramente originale, » ed ha soddisfatto il pubblico e la critica. Si è detto anche » da noi, è un edificio di stile inglese, e ciò non è, è di stile » moderno. Altri l ’hanno detto gotico, e neanche questo può » dirsi : mentre la stessa confusione di pa re ri ci persuade che » l ’autore ha veramente l’atto del nuovo. L ’impronta che ha » l ’edificio nel suo insieme è industriale, e ciò è quanto può » convenire maggiormente ad un edificio costrutto a giorni » nostri e allibito all’uso di amministrazione civica.

« La facciata principale reca delle alte finestre ben ideate » e ben ripartite. Cosi la fronte al Largo Carlo Felice pre- » senta uno sviluppo di ornamentazione indovinalo. Nelle fac- » ciate secondarie il sistema delle finestrate è meno abbon- y> dante, ma ciò non toglie nulla all’armonia. Tutte quattro le ì> facciate sono in pietra concia lavorala, resistenti quindi al » tempo. Due torrette completano l ’edifizio senza alterare y> l ’assieme. La Commissione suggerisce che queste due tor­» rette siano rese utili. La decorazione esterna è in lutto lo­» devotissima, e altrettanto deve dirsi della interna che le » corrisponde nello stile. La forma delle finestre può con­» ferire all’edificio un aspetto industriale, ina rende certo più » alte e più grandiose le sale ».

E qui il Relatore esamina con certo lusso di particolari le varie parti dell’edifizio, quale l’ingresso, il cortile coperto,lo scalone, la sala de Consiglio e le altre sale annesse, accen­nando come la sola decorazione architettonica sarebbe di per sè sufficiente a dar lustro con eleganza all'edilizio, anche pre­scindendo da una decorazione artistica, alla quale pure il progetto si presta.

Fatta poi una disamina del preventivo della spesa per ogni categoria di lavori di struttura, di finimento, decorazione ed imprevisti afferma che è lecito concludere che il progetto Palmas potrà convenientemente addottarsi con una spesa giustificata di lire '.'00 mila.

!

I

Palmas occupava il primo posto, essa chiude col consfo-nare testualmente il risultato di una votazione nella quale ognuno dei nove commissari poteva disporre di 10 punti, e ì pru getti vennero cosi graduati; Majestas 80 novantesimi Pai- mas 78 e Sidera 51.

La Commissione era così composta: avv. cav. Ottone Ba- caredda, Sindaco; avv. G. Piccinelli, Assessore; ingegneri G. .Marcello, V. Muscas, F. Vivanet (Relatore) Consiglieri comunali; cav. ing. E. Sangiust, Capo del Genio civile- ing. C. Manconi, Capo dell’Ufficio tecnico della Provincia- ing. F . Setti, Capo dell’ Ufficio tecnico del Comune; e dèù ing. C. Stagno, professore di disegno nella R. Università di Cagliari.

*

Nella successiva riunione del Consiglio, tenutasi il28 marzo dopo matura discussione nella quale si diedero anche schiari­menti in merito alla apparente contraddizione di due novan­tesimi avuti in più dal progetto Majestas, fattasi la votazione a schede segrete, con 3(5 votanti, ebbero il progetto Palmas voti 23 contro sei dati al Majestas e sette schede bianche.

Proclamatosi adottato definitivamente il progetto Palmas conformemente al programma del concorso e alla succitata deliberazione del Consiglio del giorno 28, la Giunta prov­vedeva nel giorno successivo a ll’apertura delle schede e risultò :

il motto M a j e s t a s rispondere al nome dell'ingegnere cav. Piero Paolo Quaglia (Napoli) ;

il motto P a l m a s al nome dell’ ing. cav. Crescenlino Caselli, professore nell’Accademia Albertina (Torino);

il motto S i d e r a al nome dell’ingegnere Ernesto Donzelli ! (Napoli).

Su proposta della Commissione il Consiglio deliberava di accordare agli autori dei progetti Majestas e Sidera un in­dennizzo di lire mille invece delle sole cinquecento portate dal programma.

Notiamo ancora col più vivo rammarico la luttuosa coin­cidenza della morte dell’architetto Pietro Quaglia pochi giorni dopo che egli aveva spedito il suo progetto a Cagliari.

Nato a Lardello in provincia di Milano nel 185(3, il Quaglia aveva fatto i suoi primi studi di ingegneria a Roma, e fu lau­reato a Palermo nel 1884.

I in dal 1888 era a Napoli dove diede i disegni di quasi tutti i grandiosi palazzi della Società pel Risanamento.

Era stalo premiato a Roma nei concorsi del Palazzo di Giu­stizia e del Parlamento; fu vincitore nel concorso pel palazzo della Prefettura di Benevento; da ultimo aveva condotto a termine il progetto che si sta eseguendo per l ’Università di Napoli; ma, inesorabile, la morte è venuta a spezzare a soli12 anni il filo de’ suoi lavori e dei suoi trionfi proprio mentre teneva cosi alto il suo onore in questo concorso di Cagliari e mentre era in viaggio per l ’America altro progetto di con­corso per il Corpo legislativo del Messico, il qual progetto è riuscito pure tra i premiati.

II Caselli, vincitore in questo Concorso, non ha bisogno di presentazione nelle colonne di questo periodico; è professore di architettura da 15 anni nella nostra Accademia di Belle Arti, è pure l’autore del ben noto Ospizio di Carità della città di Torino.

Egli stesso ci prega di aggiungere che nello ideare e svol­gere la parte architettonica e decorativa di questo progetto ha avuta larghissima collaborazione dall’architetto Annibale Rigotti da Torino e che è lieto di questa occasione per rendere pubblica testimonianza della giusta parte di encomio che spetta a questo suo distinto allievo nell’esito di questo con­corso.

A. F.

Per quanto il contesto della Relazione addimostri che nel concetto della maggioranza della Commissione il progetto

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L'INGEGNERIA CITILE E LE ARTI INDUSTRIALI 85

I D R A U L I C A P R A T I C A

L’ODER e IL SUO BACINO IDROGRAFICO

( Veggansi le Tavole I I I e IV )

(Continuazione)

Alto Oder ( Corso inferiore).

Il eoi^o inferiore dell’Alto Oder, benché vadi acquistandoil carattere di fiume di pianura, pure si risente ancora mol­tissimo della natura torrentizia, in causa dei suoi affluenti di’ sinistra, che discendono dalla catena media dei Sudeti e dai contrafforti della medesima. Esso va dalla foce della ¡Scisse di Glatz fino a quella della Weide sotto Breslau; la lunghezza del tronco non è che di 85 ,6 km., e quindi minore di quella del corso superiore quasi di un terzo; il bacino im­brifero i n v e c e è assai più esteso ed ha un’area di kmq. 12 715,8, la quale èpress’a poco uguale a quella di tutto il bacino del corso del fiume precedente (kmq. 13 469,6). Notevole poi èil fatto che tale aumento di area si verifica per la massima parte all'origine ed alla fine del corso, ossia alle due estremità. All’origine vi immettono due influenti molto importanti, la Neisse sulla sinistra, e 5 km. più a valle lo Stober, ambedue con direzione perpendicolare a quella ovest-nord-ovest del recipiente. Dopo, per ben 61,6 km. non abbiamo altro influente importante, e il tratto di sinistra con kmq. 340,5 , e quello di destra con 609,1 kinq.,scolano direttamente nelI’Oder. Questo fatto è in intima relazione con quello poc’anzi rimarcato, che nella parte centrale l’estensione del bacino è minima per ri­spetto alle estremità.

Alla progressiva 345,9 km. dalla sorgente, incontriamo l'Ohle che sbocca dalla sinistra, poi laLohea 11 ,4km., sempre sulla s i n i s t r a , e final mente dopo altri 5,1 km. la Weistritz sulla sinistra, e di fronte sulla destra la Weide. L ’intervallo fra la Olile e In Lohe è di kmq. 22 e fra la Lolle e la Weistritz di kmq. 3 0 ,4 ; sulla destra è di soli kmq. 4, cosicché l ’aumento del bacino ha luogo all’estremità del corso coi tre ultimi in­f l u e n t i nominati. 11 contributo dei piccoli corsi d’acqua ha quindi un’estensione di kmq. 1064,5, dei quali 423,9 a sinistra dell’Oder e 640,6 alla destra. Quello degli influenti princi­pali è rispettivamente di 8289,7 e 3361,6 kmq. cosicché in complesso l’area totale del bacino si ripartisce in kmq. 8713,6 sulla sinistra e kmq. 4002,2 sulla destra.

I boschi occupano una superficie di 24 4 kmq. ossia 22,9 0,0 dell’area totale; il resto per 5|6 viene coltivato e per 1[7 è coperto da prati; nella vallata dell’Alto Oder corso inferiore si può quindi dire che la coltura agraria ha la preponderanza.

La portata del fiume varia naturalmente secondo i punti dove viene misurata; e così, mentre nel corso superiore può prendersi uguale a me. 35 la magra media, a me. 60 la inedia annuale, e da 700 a 800 me. quella delle massime piene, nella tratta inferiore si hanno rispettivamente le quantità: 49 me., 138 me. e 2450 me. Ad onta del considerevole au­mento che si verifica rispetto a ll’Alto Oder corso superiore, pur tuttavia si può ritenere che in generale il regime è analogo. La Neisse all’origine, con uu bacino tanto esteso, produce necessariamente delle irregolarità, ma queste, ap­punto per essere la foce all’origine del corso, si fanno r i­marcare anche nell’ultima tratta del corso superiore, ren­dendolo cosi soggetto alle condizioni meteorologiche della regione montuosa, da dove discende la Neisse.

U disgelo apporta un contributo d’acqua larghissimo, che raggiunge il suo massimo in marzo; però non si estende nel febbraio tanto addietro quanto ciò si verifica nel corso supe­riore dell’Oder.

Queste piene primaverili non arrecano d’ordinario danno, quando non sono accompagnate da ghiacci; mentre in­vece quelle estive si comportano ben diversamente, distrug­gendo nel perimetro sottoposto a inondazione il raccolto. Per verità, le piene, escluse le invernali, sono di poca durata, come le cause che vi danno origine. Crescono rapidamente, e raggiunta la colma, impiegano per diminuire un tempo

assai più lungo, con vantaggio della navigazione, per la quale le magre impediscono di passarvi con legni a carico completo.

La Neisse ha un bacino estesissimo, del quale la metà circa in montagna; è naturale che la sua influenza sul recipiente deve essere notevole, e cosi, mentre a tempo secco ha una portata piccolissima, nelle epoche di disgelo o delle pioggie apporta una quantità grandissima d’acqua con forte velocità, alimentata per via da numerosi corsi minori, che non raramente straripa e produce gravi danni. Se la sua piena coincide con quella dell’Oder, avviene in questo un tale au­mento, che le arginature e le bassure vengono seriamente mi­nacciate e spesso inondate. Se invece il recipiente si trova in magra, la maggiore altezza che ne risulta riesce di vantaggio alla navigazione, vantaggio però di breve durata per la natura stessa della piena, che non dura che poco tempo.

Lo Stober ha una pendenza lieve, e per la conformazione del suo corso non può produrre che un’influenza insensibile sul recipiente, la quale non è stata a sufficienza studiata.

Però in causa della vicinanza ed analogia del bacino della Malapane,si verifica che gli stessi temporali producono piena in ambedue i torrenti, e così la loro influenza si accumula sovrapponendosi. Gli altri due influenti, l ’Ohle e la Lohe, non producono effetti rimarchevoli nel recipiente.

L ’ Oder quando è in piena forte straripa sopra corrente ad Ohlau, versandosi nella pianura di destra e ritorna poi nel suo alveo presso llattwitz. Sopra e sottocorrente a Breslau inonda pure tutta la pianura, mischiando le sue acque con quelle della Olile, della Lohe e della Weide. Salvo queste ec­cezioni il suo letto è quasi dappertutto regolare senza curve troppo strette, meno in qualche raro punto. La sua pendenza media è di m. 0,363 0|00; però si deve considerare che in quattro punti diversi esistono degli sbarramenti i quali com­plessivamente producono un salto totale di m. 10,29 dedotto il quale dalla differenza di livello, risulta la pendenza media di solo m. 0,243 0|00 invece di 0,363.

La larghezza dell’alveo varia nella metà superiore da 95 m. a 223 m., e in media può considerarsi di 150 m.Nella metà in­feriore non è così regolare; esistono alcuni punti dove si può dire che l ’alveo subisce uno strozzamento relativo, ma in ge­nerale si può ritenere variabile da 100 a 250 m. Ben inteso che nelle piene queste larghezze spariscono e non sono più a contarsi.

In questo tronco, nell’interesse della navigazione, i lavori di sistemazione eseguiti ebbero per iscopo di ottenere un fon­dale di 2 metri ad acqua media, che equivale a circa un metro in magra. A tal uopo la larghezza normale dell’alveo stabi­lita era troppo ampia, per la qual cosa fu necessario di re­stringere la sezione del profilo di magra.

Le sponde constano nella metà superiore del corso del fiume, di argilla pura o sabbiosa, e sono sufficientemente ele-

j vate; non così nella seconda metà dell’Oder dove vengono facilmente sormontate dalla corrente, specialmente sulla si­nistra e danno luogo a inondazioni considerevoli. L’area sog­getta a inondazioni non ha una larghezza superiore ai 2,7 km. nella parte superiore del fiume, inferiormente varia da 5 km. a 7,5 km. Il ghiaccio si manifesta qui in modo analogo a quanto abbiamo visto nel corso superiore deH’alto Oder e produce gli stessi effetti.

E ’ ovvio il comprendere che il pericolo dell’ inondazione è collegato colla coincidenza delle piene nei vari affluenti. Ora qui abbiamo la Neisse con un bacino estesissimo nei Sudeti,1’ Otzenplotz poco più sopra nel corso superiore col suo bacino pure nei Sudeti; le vallate dei Sudeti centrali e meridionali sono in gran parte esposte agli stessi venti acquosi che si ver­sano sui Besekidi; se quindi le pioggie si verificano a un tempo nei Sudeti e nei Besekidi, le piene della Neisse e dell’ Hotzen- plotz si smaltiscono nel recipiente prima che arrivi la piena dell’ Oder delle sorgenti, e specialmente prima di quella del- l’ Oppa. Se invece la distribuzione della pressione atmosferica

| è di tale natura da ritardare di un giorno le pioggie nei Su- deti, per rispetto a quelle dei Besekidi, allora le piene coin­cidono, e l ’altezza di quella nell’ Oder diventa pericolosa. Ciò può avvenire anche nell’epoca del disgelo delle nevi; verifi-

; eandosi un giorno di differenza fra le due catene di montagne, ha luogo una piena pericolosissima.

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8 6 L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

£ ’ noto che il ventre di una piena ha bisogno di un certo tempo per recarsi dal corso superiore alla foce, tempo che dipende dalla lunghezza del corso d’acqua, dalla sua pendenza e dall’estensione del perimetro sottoposto a inondazione; ora, sebbene la Neisse e l ’Oder superiore non si rassomiglino troppo, pur tuttavia accade, come si disse, qualche volta che i ventri delle rispettive piene coincidono, e allora ne deriva un’ inon­dazione a valle considerevole. Nel caso contrario invece, visto anche la breve durata delle piene della Neisse e dell’ Otzen- plotz, esse riescono di vantaggio alla navigazione, poiché rin­sanguano l’arteria principale, che scarseggia di profondità.

Procedendo verso valle, l ’ influenza della pianura si fa sempre più sentire, Io Stober e la Weide sulla destra appartengono quasi esclusivamente alla pianura. La Ohle e la Lohe hanno è vero la loro origine in montagna e carattere torrentizio, ma si sbizzarriscono d’ordinario nella propria valle, prima di arrivare nell’Oder. La Weistritz, e più sotto nell’ Oder me­diano la Katzbach sono influenti importanti, che provengono pure dalle montagne, e quindi veri torrenti pericolosi; ma siccome in questa parte 1’ Oder si avvicina ai Sudeti ne segue che le loro piene arrivano nel recipiente, con grande rapidità e prima ancora che sopraggiunga la piena superiore e cosi cagionano poco danno.

Abbiamo già accennato che nel corso del fiume esistono quattro sbarramenti,i quali elevano l ’acqua complessivamente di un’altezza di m. 10,29 per derivarla per usi industriali, e precisamente in Brieg si eleva di m. 2,55, in Ohlau di in. 3,17 e in lireslau in due punti, in totale ni. 4,57. Oltre queste derivazioni se ne hanno altre per alimentazione di cal­daie a vapore e per utilizzazione nelle fabbriche in Brieg, Ohlau e Breslau; nessuna per usi agricoli. Brieg estrae pure dall’ Oder la sua acqua potabile, filtrandola opportunamente; e Breslau anche, anzi con due derivazioni, l’una antica di circa 6 000 mi. al giorno; l ’altra più moderna di 29 300 me. al giorno, che nei momenti di massimo consumo, sale fino a40 000 me. Si comprende che queste derivazioni diminui­scono considerevolmente la portata del fiume.

La Neisse eli Glatz. — E ’ l ’ influente più importante di tutto il corso inferiore dell’ Alto Oder, tanto pel bacino, quanto per lunghezza del suo corso. Il bacino costituisce il passaggio fra i Sudeti meridionali e quelli centrali, ed ha un’estensione che è più della terza parte del bacino totale,4 533,7 kmq. La sua asta è lunga 195,5 km. mentre nessuno degli altri influenti ha più di 111 km. La sua portata è natu­ralmente in rapporto colla sui importanza; ed infatti la mas­sima magra non discende mai sotto 8,8 me. per minuto se­condo; la media annuale è di 50 me. e le massime piene raggiungono la portata delle massime piene dell’ Oder alla sua confluenza colla Neisse, ossia 1 600 me. Ha origine sotto la punta del Klappersteine vicino allo spartiacque colla March, fiume che va nel Danubio, a975 m. d’altitudine e con dire­zione sud-nord, poi sud-ovest nord-est, discende fino a Wartha per km. 79,1 con una pendenza media del 9,07 0(00; ed un bacino di 1 731 kmq. In questo tratto riceve vari influenti, fra i quali più importanti la Biele di Landeck (52,7 km. di percorso e 15,1 0|00 di pendenza); la Weistritz di Reiuerz (33,7 km. ; 17,30(90) e la Steine (61,4 km.; 7 ,40(00).

Dopo Wartha la Neisse corre in direzione est per circa la metà del percorso che ancora le rimane, poi piega verso nord e solo a pochi chilometri dalla sua immissione nell’Oderpiega di nuovo ad est e poi a nord. II bacino di questa seconda parte ha un’estensione di 2 799,8 kmq.; gli influenti che l’alimen­tano sono assai numerosi, principalissimo la Steinau con un percorso di 61,8 km., un bacino imbrifero di 420,4 kmq., e una pendenza media del 2,12 0 (00 .

La Neisse in questa seconda parte si divide in corso medio (con una lunghezza di 49,9 km., una pendenza di 1,37 0(00) e corso inferiore (66,5 km. e 0,76 0(00), ed ha una pendenza media dall’origine fino alla foce di 4,28 0(00. Nel suo bacino 26,9 0(0 è occupato da boschi e più precisamente 33 0(0 nel bacino superiore (di cui 52 0(0 in territorio austriaco) e 230(0 nel medio e inferiore. Col suo bacino lambisce al sud quello della Ohle, della Lohe e della Weistritz, e serve quasi di retro

bacino, raccogliendo tutte le acque dei Sudeti, come per libe­rare gli influenti nominati.

Le acque di questo fiume e suoi torrenti vengono utilizzate come forza motrice per varii molini, frantoi, e fabbriche, di­verse, in tutto 398 nella parte superiore e relativi affluenti e 291 in quella inferiore.

Lo Stober. — Appena a 7500 m. dopo la confluenza della Neisse, si incontra lo Stober, affluente di destra, che nasce a 260 m. di altitudine presso Wachowitz ed immette nell’Oder presso Stoberau, dopo un percorso di 85 km. in un arco am­plissimo colla convessità verso mezzogiorno, che termina a6 km. sopracorrente della foce, perchè il corso qui si piega in direzione ovest-nord-ovest e la immissione viene spostata a valle dall’ influenza dello stesso recipiente. Il suo bacino è di 1 601,9 kmq., di cui 670,9 kmq. imboschito. Il maggiore numero di affluenti li riceve dalla sinistra. La sua pendenza media è di 1,46 0(00. La portata delle massime piene è di 64 me. Il numero di molini sul suo corso e su quello degli af­fluenti ascende complessivamente a 41.

*

L' Ohle. — Ha origine da due sorgenti, l ’una al nord di Lindenau, l’altra a mezzogiorno di N.-Altmannsdorf a ll’al­titudine di 315 m. La lunghezza di questo affluente di sinistra che s’ incontra a 61,6 km. più a valle dello Stober, e precisa­mente vicinissimo a Breslau prima di arrivarvi, è di 99,8 km.;il suo bacino imbrifero ha un’estensione di 989,4 kmq., una parte di esso, e cioè per 42,4 km. di percorso del fiume ap­partiene alle colline, il resto (lunghezza 57,4 km.) alla pia­nura, in terreni diluviali e alluvionali. Soli 5 ,7 0(00 di tuttoil bacino è coperto da boschi. La sua direzione è da sud a nord per lunghissimo tratto; poi, dopo che si è avvicinato a ll’ Oder, presso Ohlau, scorre parellelamente al medesimo fino alla sua immissione.

Ha una pendenza inedia di 2 0|00 di cui 4 ,53 nei primi 36 km. fino alla confluenza col suo massimo affluente la Kryhn; 1,04 0(00 nel suo corso mediano fino ad Ohlau e0,43 0(0!) nel corso inferiore. La sua portata massima nelle maggiori piene è di 72 me. per minuto secondo. Nel tratto sotto corrente a Ohlau, subisce le peripezie dell’ Oder, e quando questo va in piena intromette nella vallata dell’ Ohle fino a 100 me. d’acqua per minuto secondo, senza che per questo si abbia nella sua piena una diminuzione sensibile.

Lungo il corso dell’ Ohle vi sono 33 derivazioni d’acqua per forza motrice, la maggior parte molini ; e in tutto il bacino 76.

*Lohe. — Poco sotto Breslau sempre sulla sinistra e più pro­

priamente a km. 11,4 dalla foce deH’Ohle, s’ incontra la Lohe, che è un torrente affatto analogo al precedente Infatti la lun­ghezza è quasi uguale (86,1 k m .); l ’estensione del bacino imbrifero (980,5 kmq.) è quasi identica ; ha la forma di figura irregolare allungata coll’asse principale verso nord; in nessun punto con larghezza maggiore di 30 km. e lungo 58 km. Il fiume nasce a 370 in. di altitudine, al mezzogiorno del villaggio Kleutsch; e vicino a Markt-Bohrau, ossia a km. 67,5 dall’ori­gine, confluisce colla piccola Lohe che è un influente di im­portanza poco minore. Anche prima però di tale influenza, ossia dopo un percorso di 23 km. entra in pianura.

La sua pendenza media è di 3,03 0 (0 0 ; però nella parte in collina sale a 8,76 0(00; poi discende a 1,43 e finalmente a 0,69 0(00. La portata è piccola per la massima parte del­l ’anno, le medie annuali non si distinguono quasi dalle magre, la cui minima è di 0,79 me.; va in piena al disgelo delle nevi o in estate dopo un forte temporale ed allora la sua massima portata raggiunge i 92 me. per m. s. Una parte minima ( 1,8 0 (0) del suo bacino è rivestita di foreste, per cui queste non influiscono menomamente sul suo regime.

Per forza motrice si utilizzano 42 derivazioni, delle quali 19 dalla Lohe stessa, 16 dalla piccola Lohe e il resto dagli altri affluenti. Invece si verifica qui ciò che ancora non abbiamo in­contrato su vasta scala altrove, cioè derivazioni importanti in servizio dell’agricoltura nelle estese e larghe valli delle due

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L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI 87

r I • le acque vengono trattenute generalmente da chiuseoblìi’ i brandi proprietari hanno derivazioni per proprio

c o n t o , i piccoli sono riuniti in consorzio.*

Weistritx — Appena a 5,1 km. più a valle incontriamo lue affluenti che per estensione di bacino e per lunghezza di percorso si equivalgono; l ’uno sulla destra la Weide, l ’altro s u l l a sinistra la Weistritz. Quest’ultimo ha la sua origine a l l ' a l t e z z a di 580 m. sul livello del mare in Beutengrund e corre verso nord-est, con un percorso di 110,2 km.

Il SUO bacino imbrifero ha un’estensione di 1 786,1 kmq. e a partire dalla foce dove è ristrettissimo, va sempre più cre­scendo in modo regolare man mano che si sale verso le sor- centi fino a raggiungere la larghezza di 52 km. che costi­tuisce quasi laìiase della sua forma triangolare, la cui altezza avrebbe 68 km. Con questa base penetra nelle montagne dei Sudeti, dove l ’altitudine maggiore è quella dell’Alta Eule (1014 ni.), che forma lo spartiacque fra la Weistritz e la Neisse. Cosicché il fiume si può dividere in tre parti naturali, l’una di26 km., nella quale è un vero torrente di montagna; la seconda lunga 27 km. appartiene alle colline e la terza di 57 2 km. alla pianura. La caduta totale è di 472,2 m. per cui la pendenza media viene ad essere di 4,29 0[00 che si ripar­tisce nelle tre nature del fiume in 12,4; 4,1 ; e 1,5 0|00.

Fra i numerosi affluenti della Weistritz meritano di essere menzionati la l’eile lunga 58,2 km., con un bacino di 358,2 kmq., e con pendenza media del 3 0[00; lo Schwarz­wasser che nasce da due sorgenti, ciascuna delle quali dà ori­gine a un rivo speciale, i quali, quasi semicirconferenze di imo stesso circolo, circondano la montagna di Zobten, l’uno con un percorso di 28,6 km. e 8 0[00 di pendenza al­l ’oriente, l ’altro all’occidente con una lunghezza di 14,4 km. e una pendenza del 16 0|00. Si uniscono a Queitsch e conti­nuano uniti per altri 21,2 km. e pendenza dell’ 1 0|00 fino a versarsi nella Weistritz; il bacino imbrifero di questo in­fluente è di 268,6 kmq.

L’acqua di Striegau nasce a 180 m. sul mare, corre per gran parte lateralmente al fiume principale e vi immette, dopo di aver ricevuto un altro influente importante, l ’acqua di Freiburg; ha un percorso di 81,2 km. con una pendenza media di 4,4 0|00 e un bacino idrografico di 611,4 kmq.

Nel bacino della Weistritz e suoi affluenti montuosi esistono numerosi stagni, non troppo grandi, in servizio della pisci­coltura, a scopo industriale e per forza motrice; nel bacino della Peile gli stagni sono ben più numerosi e più grandi. — Una superficie di 301,5 kmq. ossia 16,9 0|0 dell'intero bacino è coperta dai boschi ; il 78 0|0 è in servizio dell’agricoltura; 1234 kmq. terreno aratorio e di esso 1)5 circa (260 kmq.) fognato.

La portata media annuale è di 25,6 m e.; la minima magra di 9,4 me. e la massima piena conosciuta di 700 me. In tuttoil bacino esistono 200 derivazioni d’acqua per forza motrice; di cui 60 sull’asta principale e 42 sull’acqua di Striegau. — Ad onta che tutta la portata del fiume venga utilizzata, accade spesso che per deficienza d’acqua si verificano interruzioni. Esistono pure delle derivazioni per irrigazioni, ma i diritti acquisiti dai padroni dei molini si oppongono ad uno sviluppo maggiore dell’ irrigazione.

Weide. — La Weide è l ’ultimo degli affluenti del corso in­feriore dell’Alto Oder; per bacino ( ì 759,7 kmq.) e per lun­ghezza di percorso (110 km.) abbiamo detto che può stare a pari colla Weistritz, ma la portata è ben diversa, 0,35 me. la minima magra; 6,2 me. la media annuale e 106 me. la massima piena ; ossia molto minore della medesima. Il suo bacino si estendesulla destra delI’Oder e per circa 318,4 kmq. e occupato da boschi.

Il fiume nasce a ll’altitudine di soli 204 m. in pianura con pochi poggi circostanti, corre verso sud-sud est, poi verso sud, indi, verso ovest e finalmente in direzione ovest-nord etl una caduta totale di in. 96,31, cosicché la sua pendenza media viene ad essere di 0,88 0(00. E ’ un vero fiume di pia­nura, donde la sua piccola portata, ad onta che riceva nume­rosi affluenti, dei quali i più importanti sono l ’Oelser Bach

con un bacino imbrifero di 226 kmq. e l ’Acqua di Juliusburg col bacino di 280,7 kmq. La portata viene poi diminuita maggiormente dalla grande moltitudine di derivazioni per forza motrice in numero di 117, delle quali 24 sull’asta prin­cipale. Alcuni di questi canali sono più larghi dell’alveo stesso del fiume. Gli edifici di presa poi essendo per la mas- simima parte costruiti in modo affatto contrario alle buone regole, cagionano impaludamenti, stagni e simili. Le sue piene hanno una grande importanza e le massime si verificano al disgelo delle nevi. — Un’estensione di 1 155 kmq. è terreno aratorio e di esso 230 kmq., ossia il 20 0[0 circa, sono pro­sciugati mediante fognatura.

( Continua) Ing. G. C r u g n o l a .

S C IE N Z A D E L L E C O S T R U Z I O N I

ANGOLO ECONOMICO DEI PUNTONI DELLE CAPRIATE METALLICHE.

CONFRONTO FRA IL TIPO POLONCEAU E I TIPI INGLESI.

1. — In questa Nota limiterò le mie considerazioni ai tipi di capriate più in uso nella pratica, e cioè alle capriate Po- lonceau semplice e composta e alle capriate inglesi con dia­gonali inclinate a sinistra o a destra.

Per facilità di calcoli e semplicità di risultati supporrò che le aste del contorno inferiore sieno in ogni tipo disposte orizzontalmente; che i collegamenti fra levarie membrature sieno tutti a cerniera; che i carichi sollecitanti sieno con­centrati e applicati ai nodi dei puntoni e che il peso proprio della costruzione possa ritenersi conglobato ai detti carichi.

2. — Per chiarire la questioneche mi propongo eintravve- derela possibilità della sua soluzione,comincieròdal conside- rarel’insieme di due puntoni e di un tirante come alla fig. 30.

Fig. 30.

In A si abbia un appoggio fisso; in B un appoggio mobile su piano orizzontale senza attrito; in C un carico verticale uguale a 2 P.

Armature identiche vengano poste alla distanza l fra di loro ; sia o, il carico di sicurezza a trazione, a.2 quello a com­pressione e il peso specifico del materiale unico di cui esse sono formate; sia k , il loro costo per ogni kg. di peso e l:2 quello della copertura propriamente detta per ogni mq.

Col diminuire dell’angolo i. diminuisce evidentemente la lunghezza «, del puntone A C e l ’area della falda corrispon­dente del tetto; ma, per contrario, aumenta Io sforzo che sollecita il tirante e quello che sollecita il puntone e quindi aumenta l ’area della sezione di queste membrature; vice­versa accade col crescere dell’angolo a. Conseguentemente, tanto il peso dell’armatura quanto l ’area delle falde del tetto sono funzioni dell’angolo a e si intuisce che debba esservi per a un tal valore che renda minima la spesa di costruzione di tutta la copertura.

Detta W tale spesa, essa risulterà espressa da:W = f (a , l, o ,, a2 , J , k ì , k> . . . a),

e quindi il valore cercato di “ si caverà dalla equazione:

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88 L ’INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

P eraltro l ’influenza sul valore di W dovuta alla copertura propriamente detta, non è assai rilevante, perchè l ’area della falda non varia di molto per poco variare dell’angolo <*; onde allo scopo che mi sono prefisso, di arrivare cioè a risultati facili e semplici, tralascierò di considerare il costo di detta copertura, e prenderò unicamente in esame quello dell’arma­tura. E poiché tale costo è proporzionale al peso, e il peso proporzionale al volume dell’armatura, segue, che trovato in funzione di a questo volume, che diremo V, cioè:

v = A * ) , ( i )ricaveremo « dall’equazione:

(2)a ae il suo valore sostituito nella (1) ci darà poi il volume mi­nimo dell’armatura.

3. — Dalla fisr. 30 risulta:

a, =COS a

Ed ecco trovato il valore di a che evidentemente risulta indipendente dalla grandezza del carico 2 P sollecitante l ’armatura.

Quanto all’espressione del volume minimo di questa essa si ha dalla ( ‘ò) ponendovi a luogo di tga l ’espressione (4) cioè : '

V,

e quindi risulta :

Vmin.^^P . & .2

ossia :

B AB

A ' 1aa

e dal poligono d’equilibrio del nodo A (fig. 31) si ha:

Ì * (7)4 .— Ciò premesso, passiamo con lo stesso criterio a con­

siderare una capriata Polonceau a un contra/isso (fi». 32} I dati sono « e P.

r+

T / ') .tga

Fig. 81.

, T.W : sen a (*)

quindi le aree delle sezioni del tirante e del puntone ven­gono date rispettivamente da :

P PW.--- ------------ (*>. -----------------,

a, tg a a2 sen ae perciò il volume di metà armatura è :

„ P V aV = — ;-----. a -\-------------------------- - . -

Dallo schema della travatura risulta:a

a i — «5 = ~a

a sen aa, = ----- , —

a, — a.a

6 2 COS a ’a

a, tg aa, — a —

2 COS2 a

= P . a —3. tg a

— V .a

ossia, ponendo:\

I 1I tg a

1 1 -4- tg2 a

a2 ‘ tg a \ i \

---- - f tg a .

Inoltre dal diagramma reciproco (fig. 33) si ha:

•= A

P . aA

tsr a

B ,

(3)

Di qui, derivando rispetto ad a ed uguagliando a zero, si ha :

A B 0 ,

da cui :

da cui ancora

sen- a cos a

— A - f B tg2 a = 0,

e quindi sostituendo :I T ’

tg a = 1/

(4)

(5)

T,W =

T4(0 =

onde:

V

2 tgaP

Fig. 33.

T (c) — J L ^ T3(') = P cos «

tg!T5«> = - ~ —

2 tg !

3 P

(*) (i) tensione; (e) compressione.I' ( _____P

a, tga a 2 cos2a/ 2 <J,t

2 sen «

p a sen aCOS a . 2c0S2a

a , i 3 Pcos2a 1 l 2a2sena

Page 9: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

L ’INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI 89

— .— sen 2On 2 COSa |4a, tga 4 a2 tg a

1 l+ t g 2a t 1 l- j-tg 2a 4a, ' tga

ì3 l-)-tg2a e dal diagramma reciproco (fig. 35), si ha :

2 tg aT J C) =2 9

" P ,

al\

l:t) = 3P|

+ 4 a, tg a

= P fliI l 3 / 1|tga 2 a

ossia, ponendo:

3 = A

V = P a

da cui, ricordando la (4):

tg a

_ — 4- — J-f tga.

tg a

T7(c) — 2 Pj COS a

p ,

, TjM = P, COS a ,

T.M = J i i - , Tic) = - ^ A _ - P 1sen«,2 tg: 2 sen a

T.(*> =_ 2 P,

tg a

Í’ T10W2 tga

T («) — -1___ í j _111 — a2 sena

T (t) — — 1 9 tg a ’

— 2 Pj sen a ,

( - + ^ ) = A e \ O, 2

—— “H B tga ] ,

Ttiic) = Pj COS a , Tuw

= B, quindi:

2P 7 P1 » Ti ì(c) = ñ ^ I — 3 P, sen a ;zsena

i 1

+ °2 (8)

”3” a‘ 3 °3

Ed ecco il valore cercato di a anch’esso indipendente dalla grandezza del carico P." Circa al volume minimo, esso è dato, ricordando la (6), da :

Vmm. = P a 2 j/ A .B :V (ai + °2) ( a , + x ) Í „2

ossia da :

V ni ir i / l 4 - 1 , 3 3 ^ + 0,33 (9)r a, ' c, '

7 P„ a 7 Pj a PjCosa «sena (2a,tga ‘ 4c0S2a 2s2sena 4cosa 1 a2 ‘ 4cos2a +

3 P t a P, 7 Pj PjSena a

5. — Consideriamo ora la capriata Polonceau a due contra­fìssi (fig. 34). I dati sono a e P,.

a1tga’4cos2a ' 2s,tg a’4cos2a ‘ \2a2sena2PjCosa «sen a 2P,

~ • 077^7 +2coS2a a, tga a—

V2a2sena a 2 / 4 cosa

a \ , p, a2 CO S2a / ' °ltg“' 4cos2a

2P,sena | a

_LP (COSa «sena 3P* I 3P, a I

-/ 9.n \crnr li»nc2fvi 7 P, 3P,sena- a

¡sena a2 Ucosa"

=P . » ! j _ . l ± í £ í + J _ . l ± Í É f + J _ . t„ + 3 *+*«*-

a2 "4COS2a r 2a1tga'4cos2a 2a2

Ì8 a/ tga 8 s2' tg c 4 a.,1 l - f t g 2a 7 1 + tg2

° ' 8 a ' tg a

tga 2 1

Sa, tga1 1 -

~ r ~ - t f f a —j---------t g a n - ----------4 s 2 » ' a2 » 1 a, tga

Fig. 34.

Dallo schema della travatura risulta:

a, = a, := «5 = a0 — ai0 — a n :

« 2 = « e = « n = « i ì

a sen a

a4 cosa ’

Cío -----

a- =

12 4 cos2 a ’a sen a

a~— a2 cos2 a

Fase. 6° — Fog. 2*

1 l+ t g 2a 1 l + tg2a 1 1 -f- tg2a 7 l-ftg *a°i ‘ tga 4a/ tg a 8 ^ ' tga 8 <J2' tga1 1 3 l + t g 2a 7 14 -tg 2a 3

_____ t» a 4 ------- tir a 4----------- —2 i------------ L_?_______“ " W * S o ' tg a 8 3," tg a 4tJ2 a

t g a ,=

: P, a1 7

ì tga 2

ossia, ponendo :

v = p ' “ ( t ^ + d 1s * ) -da cui, ricordando la (4) :

^ + 4 - ) = b ,

+3 '

(10)

Ed ecco il valore cercato di «.

Page 10: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

90 L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

Quanto al volume corrispondente si ha, ricordando la (6),

Vm:». = P 1« 2 )/A .B =

ossia :

Vrnin. = 7 j / l + 1,43— -f 0,43 ( - ^ ) \a2 ! °1 O, /— • CU)

6 . — Volendo confrontare questo volume con quello del caso precedente, bisognerà evidentemente sostituire al posto di P, il valore che si ricava dall’uguagliare le reazioni dei due casi, cioè dal porre :

— P — — Po r — 9 r i >

da cui risulta P, = — P ; quindi :

^ 3 | / l + 1 ,4 3 ^ - + 0,43 (12)°2 r Gi '

7. _ Passiamo ora a considerare il tipo di capriata inglese con aste diagonali inclinate a sin istra; e cominciamo dal caso più semplice (fig. 36).

quindi :

y — 3P 3 j 3P a I P g : P «tgaSajtga" ' 2a2se n a '2 cosa 232sena‘ 2cosa 1 0j * 3 + P 0 " i 3 1 , 3 l+tg^q , 1 l+ tg2aVa'

12sena' 2cosa * “ /2a, tga ‘ 4tJ2 tga 1 4a2~7gV~+

1 l4 -tg 2a I ciT “ + cTT '2 a2 tga )

1 \ . . 1 / 13 / 1 , 1 \ , 1 / 1 . 3 , j

lo :

L(_L+JL).=A2 \ a, ' a2 I

ossia, ponendo :

_39

V = P «

da cui, ricordando la (4) :

e

Atga

1 _ 1 1 2

-4- B tg a

i r l ^ r + - r J = B >

3— c , ■3 1

(13)°2

Forinola identica alla (8) ; cosicché risulterà anche Vmin espresso dalla (9), cioè, avremo anche pel caso attuale:

Vn "•= 3 \ 4 + 1 >33 r + ° ’33 ( -7 - ) 1’• (14)

8 . — Consideriamo ora il tipo a due aste diagonali^fig.38).I dati sono a e P ,.

I*

Fig. 36.

Dallo schema della travatura risulta:

a: cos a

ai a tg a~cT 9

E dal diagramma reciproco (fig. 37) si ha:

Fig. 3?.

Dallo schema della travatura risulta:9

«1 = -3 a a2 = a3 = a,t = a9 =3 cos 1

a. =

a- - « t g a , | l -U4tg2a , —

3 ’ a tga

0 - -B - 7 " 7 0 r - - S -■ > 2 2

E dal diagramma reciproco (fig. 39), in cui è facile vedere

TjW =3 P2 tg a

Fig. 37.

3PTJe) = --------z sen a 2 sen a

T4(f) = P , T5<«> :sen a Fi?. 39.

Page 11: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI 91

, -i vortici' 5 è punto medio del segmento 2 8 e che il lato 7 $ passa pel punto 8 comune ai lati 0 2 e 3 4 , si ha:

5 P i T>' ’ = l ì g i

, 2 P iT/>

t 2(c)= - 9

T,(') =

5 P i

tir a

sen a

9

T,('> =3 e)

T .(«> =

P,2 sen a

2 P ,

T-(c)

onde :

_ P, (' 1—4 tg~a rp _ 2 P I 2 tga

sen a

3 Pir:sena

5 P , 5 P , P.^ — _2atg a" 3 0 1 2 a2sena ‘ 3cosa 232sena ’ 3 cosa

’ ° 2 P, a P, * 2 P, a __________________I-—. —- a tg a -,------------------------------ . —--- ro,tga " 3 2 a, 3 o2sena 3 cosa

P / ---------- « 2P, «tga .■a /— / l+ 4 tg 3a . — M + 4 tg a + — . - g -----f23,tga o ai z

5 l+ t g 2a+

3P, a3 3, tga 1 6d2 tg a

12 ì2sena 3 cosa

r l+tg»* 2_____+ 6 i 2 tga ‘ 3 a, tga ~r 33,

1 l+ 4 tg 2a 1 1 l + tg2a iI .

1 , 2 l+ tg 2a— tga + -

3 s2 tga

6 a2 tg atg a -r

20»„ i 1 7 1 1 I , 1

--- P ia Z Q 1 I O X C1 I tg a 3 \ a, a2 ! 0I tgossia, ponendo :_7_ / J_ . II T 1 a.

tga \8 17^ T + T "

T — A

V — P, a

da cui, ricordando la (4) :

tg a

e

Atga

\ir

- B tgc

17= B

n - e! 14 a‘

(15)

. + 1 4 ° .Quanto al volume minimo, esso è dato, per la (6), da:

| ( V K ) ( a. + T 7 - a2Vmin .= P ,a2 (/A.B = / 14X 1

CO,

<;ioè da :

V» min ^ 5,14 \/\ + 1 ,4 7 ^ - + 0,47 ( A ) 2. (16)a °i ' ai '

9. — Volendo confrontare questo valore con quello del caso precedente, si porrà:

Ì P = Ì P 9 9 1 ’

da cui P, = - - P, e perciò:

Vmin. = — . 3,08 1/1 + 1 ,4 7 A + 5,47 ( A V\°2 r o, \ Oj /

(17)

j ^ 0 ; Consideriamo il //po a /re aste diagonali (fig. 40).

Dallo schema della travatura risulta:

a > a2--a3--- fl6--- a iO — a i3--- 4cosa„ a tara a5 = — 8__

9 a » = — a tg a 9 4 »dtn

ai-- fl8---- ̂ J

a tga 2 ’

«7 = j/l + 4tg2< «il = -T - |/l + 9 tg 2a .

E dal diagramma reciproco (fig. 41), in cui è facile dimostrare che il punto 11 è punto di mezzo del segmento 8 12, si ha:

T t<« = -

T/0 =

7 P 22 tg a3 P 2

7 PT .W = 2 T,(c) :

2 seni

tgaT.(') P,

T,W =

T..W

P22tga

5 P22 sen a

f i + 4 tg2 a , TglO5 P»

2 tg a

T11W = 2 P 1 -lü - = P)(l,o

T12«> = 3 P2

onde :7P,

T (c) :13

iP ,

2P ,sena

PT,M = sena

, TtW = Pll

/ ì + 9 tg2 a2 tg a ’

P,------- ---. -------1---------- ---- . ------------ 1-------------. -----------p2 Oj tg x 2 2 a2 sen a 4 eos a 2 a2sen a 4cosa

+ 3 p '

2 DP3 3

P2_ a tga , 3 P2 _ a___23j ' 2 'r a2sena ’ 4cosa

I 5 P 2 a_r 2a jtg a‘ 4

+ s - ? - / l + 4 t g 2a ® [ / l + 4 t g 2a2 °jtga 4

5 P., i' a, ‘ 4 2a2sena ■ 4cosa 1

+ |/Ì+9tg2a . A / l+ 9 t g 2a + ̂ atg2<32tga 4 ot

a

a2sena ’ 4cosa

4

P ,a

a

7 1 + tg2

2

;g2a14Oj tga 1 8 <J2’ tg a +

1 l+ tg 2a 3 1 1 3 1+ tg 2 a+ T-------- ----------1-7-------- + tg ̂ 7----------------- h8 o2 tga 4at tga 43 t 4a2 tga

1 1 + 4tg2a 5 1 3 , 5 l+ t g 2a4 ________1__ -__-)--------------- 1____ t^a + ___ ___ — ___ U

8 o2 tga ’ 83, tga 43, r 8 32 tga3 1 l+ tg 2a /tg a + ---------- L A _ =

2a, tg a i1 l+ 9 tg 2a

"8 ^ _ tga

2“ Itga 8 l a

ossia, ponendo:25 ( J L + M - A e 1

i — +32 \

8 \ 1 ---- --- A c\ 0 0 >* 1 ' _8~ 1 -, + '

V = P2a ( A ' tga

+ B tg « ) ,

B ,

da cui, ricordando la (4) :

i /"Â" • * « = l/ -r =

ai + °232 , 20

- . + 1 5 ^

(18)

25

Page 12: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

92 L ’INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

Fig. 41.

Quanto al volume corrispondente, si ha, per la (6) :

Vmin - P2«2 / A . R = ^ f/25X32I (0l+®2) ( CT1 + “I - °2 )

M -----------’

onde :

V

Fig. 43.

______ _ _____ ______ , J L «tf2o,tga 2 2a2sena’ 2cosa o2 ’ 2

P f/ l+ 4tg 2a ao,tga* 2~~à~ +

+ Z l- j-4 tg 2<3 P

ossia:

Vm, = ^ . 7,07 I /-I + 1,63 A + 0,63 ( -^ - ) \ (19)32 t 3, ' °i '

11. — Volendo confrontare questo valore con quello del caso più semplice trattato al n. 7, basterà porre :

— P — — P 2 23

da cui P2 == - — P, e sostituire nella (19). Si ha così:

2 a, tga 2 8 2o2sena 2 cosa

P a \ ~ — + — i- ± l É l + ± t„ a + _ L i _I 43, tga 4 o2 tg a 2 o2 3 2 o, tga

! 1 l+ 4 tg 2a | 3 l+ t g 2a j4 o2 tga4 o, tga

= p . ( M - ( — ■+— ) + t g « 4 - ( — + — ])•jtga 2 \ a, o J S 2 l 3 , ^ o2 I | ’ossia, ponendo:3 f i , 1 \ . 1 / 2 4 \v ( - + - ) = A • i -b r + ir H ’

P a 1 /Vmin. = ----- . 3,03 \ 1 + 1,63 - L + 0 ,6 3 — . (20)

12. — Passiamo ora a considerare il tipo di capriata inglese con aste diagonali inclinate a destra; e come abbiamo fatto per i tipi precedenti, cominciamo dal caso più semplice (fig. 42). I dati sono a e P.

2 1 Z

V = P «

da cui, ricordando la (4 ):

t g a = | / A =

A■ B t g o ) ,

-=I/ ì =Vt 3-f - jT « . -

r o2 (2 1)

T - ° 2Quanto al volume corrispondente, esso è dato da :

Vmin. = P « 2 f/ A B = — (/ 3 X 4 °2

ossia da:

Ì (o,+oa) (a. + ^ - O j j

------------- 7 * ------------- ’

Vmin. — ----- . 3 ,4 6 1/'1 + 1 ,5 —— + 0,5 ( —— ) . (22)°2 r 3, \ 0, /

13. — Consideriamo la capriata a due aste diagonali (fig. 44). 1 dati sono a e P ,.

Dallo schema della travatura risulta:a

a\ — a\ — ~a~ > G.j — — ‘2 6 --- r» »2 COS a

a3 = 4 r = l~ Z i~ + * tg2 aT , a, = atga.

E dal diagramma reciproco (fig. 43) si ha :3 P 3 P p

, T .W = - , T ,W = p , T 4( 0 = - L ,5“ 2sena ’ 3 ’ 1 tga’2 tga

T5(‘> = P

2sena

o5 P |/l + 4 tg2 aa. 2 tga T»<e> =

3P 2 sen a ’ Fig. 44.

Page 13: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI 93

Dallo schema della travatura risulta: Quanto al volume corrispondente, si ha, per la (6 ):

a, = 0 4 — a* 3

a tg«_ »a— 3

2 a tga, 05= - g - / l + 4 t g 2 Vfflin- P , a 2 |/AB= 1’1- 1/14<22

(ai + C2) i ®| + a2

« .,= ----Q , “7— 0

fl9 = - J - | / I + 9 t g ^ , °11 = « tg a .

E dal diagramma reciproco (fig. 45), in cui è facile dimo-

3 a,ossia :

P .ao, 85 / 1+ 1,59 - 2 -i-0 ,59 i - ^ - l . (24)

U2 0, ' Oj /

14. — Volendo confrontare questo valore con quello del caso precedente, basterà porre :

— P = ° P 2 2 ’

. 3 .da cui P, = — P, e sostituire nella (24); si ha:

Vmin. -

0

Pfl. 3, 51 J / l+ 1 ,5 9

a , / a , . 2

v + ° ’5 9 ( v • (25). * a l ' a , 7

15. — Consideriamo infine la capriata a Ire diagonali (fig. 46). I dati sono a e P2.

F ig . 45 .

strare che il lato 78 passa pel punto d’incontro dei lati 02 e 3 4 , si ha :

xp ̂p 2 Po r ‘ T ( c> = - 1- , T3W = P, , T .W = —

2 2sena ’ 3 teaT.W 2te a ’

rk «- P, j/l + 4 tg2 aT ( i — P ___ 2- — __ li___ :____?_____

5 “ «- “ 2 tg aT .e) _ 5P ,

2 sen a3 P

T.W = 1

T (t) — A .a- un

onde:

P, (/'l + 9 tg2;2 tara

2 tga ’

, T ,.W

5 P j a 5P ,

2 P ,sen a

P, a tg a 2P, a2a,tga 3 2o2sena' 3c0Sa^~ a2 ' 3 a,tga 3

p y i+ 4 t g * a ^ j ^ - + _ 5 P , _ j . _ g _ T 2 o ,tg a 3 K T 8 2a2sena 3 cosa

- 4-

+

Dallo schema della travatura risulta : a

itj (l ; flì8 I a* = ae = a 10 = aii = — ,

3P . 2 3— « t g a + — P . +. 3 ° ' 2 a, tg a 3

. _ L ^ r r 5 i s + - ? Ì ! - . _ ! _ =2 c( tga 3 I O a2sena 3 cosa

„ ( 5 1 5 l + t e 2a , 1 , 2 1= p a ----------- --------- ^ -2 -----—— tga + —-------------- +I 6 a. tga 6 a, tga 3a2 3 a, tga

tga + T~ +

« 3= - ^ - t g * , « 7= - f - t g a , a „ = - | - « t g a , fll5= a t g a ,

aa- V 1 + 4 tg2a 4

a 9 = -®-|/1 + 9 tg2a,

_ . tga 3a2J _ 1 + 4 tg2 a ^ ó_ l+ t g 2q 16 a , tga 1 6 a , tga

| 1 1 + 9 tg2 a6 o, tga

D ( 1 1 4 / 1 = P ,a J

« 1 3 = - J - ^ t 1 6 tg2a ,

E dal diagramma reciproco (fig. 47), in cui è facile provare

2 lS“ ° 2 “ 2 o 4 tga2 1 + tg2 a

| tga 6ossia, ponendo :

i l I 1 1 » »6 l " r + - H - A

V = P ,a

da cui, ricordando la (4) :

------ h0«

3°2 tga1 \ 1 |

4 tg a — !

1 / 13

T H T

tg aB tg a ) ,

Page 14: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

94 L'INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

che il lato 10 11 incontra il segmento 8 12 nel suo punto di mezzo, si ha :

T P , „ „ „ ... 3 P2T.(*) — ,l>0

1 2 t 2 , T ,W = g - - - -2 senaT.M = P2 , T4« = — .tga

a |/l4-4t s2aT W — P —— = P — ’___ 5—

5 2 a- 2 2 tga

T7M = - ^ - P .

T,(«):

5P ,

T P .2 sen a ’

TJO = -a—2 tea

_ P .y i + 9 t g 2a

TI1W = 2 P 1

onde:

2 tg a

T I1( « ) - 2 P 1 , T„<‘)

P2 (/Ì4-16tgì*

T («) = 1 io —

2 P,

3 P 2sena

tga

“13 _2 tea

T ic) => 1 ü a5 P 2

2 sen a,

V =7 P, a P2 a tga 3 P2 a

a2 ‘ 4 1 a,tga ‘ 4P2( l+ 4 tg V ) a ~P, a,

2 3,tga' 4 2a2sena 4 cosa3 P , a ,

-• — tg“ -f. I * / I - - Z _______ |____f __2 a,tga ‘ 4 1 2<32sena' 4 cosa ' 2a2’ 2

P . 3 P 2 a+ -—-— (l+ 9 tg a). —-— j---------- ----------

. " 4 o2sena 4 cosaP , .............. a

ai lo5 P , «

2 a,tga' 4 ' 2 3, tga _2P, 3 2P, a P2 , a

— ~ r a tg*4----■ -7- + Q —*— ( l+ 1 6 tg 2a) — +a, 4 a. tga 4 2 a, tga 45 P,

a, tga , „

-p a! JL JL+_L + L t„a +/ 8 a, tga 8 s2 tga ‘ 4a2 3 T

7 l+ t g 2a 3---- -------- t_____________ -1----------- - tg a +43, tga 8 a, tga 8a2 tga 4a2

= 1 1 1 + 9 tg2a 3 1 + tg2a 3- • - ----------------------1------ tg a +

1 2a2sena'4cosa -Ei 3 1 , 1 l-(-4 tg 2a t 7 l+ t g 2a

+ 7— T~r H-------

8 a , tga ~^8 3,

= M t g ^

ossia, ponendo :25 / 1 1

8 \ a , : a .

ta a tga1 r l g 2“

= A

tga 8 3 2 tga

+ - )1

+ t g a - ( — ' a i

e ± 1 8 l

29

a i

1 A \ tga

+ B tg a)■

da cui, ricordando la (4 ):

t

> 25 J l + 25 52 Quanto al volume, esso è dato, per la (6), da

2 / aT b = j/25><45^

(26)

Vmin.— ® *

ossia da :

] ( " .+ * * ) ( 7>+ l ‘c

Vmin. = — 8,39 [/ 1 + 1 , 6 4 ^ + 0 , 6 4 ; — l*. (27)(Jg r <7̂ \ Oj /

16. — Volendo confrontare, al solito, questo valore conquello ottenuto nel caso semplice trattato al n. 12, si ha:3 3 3

-Q- P = P2, da cui P2 = -=-P , e quindi :A i 4

Vmin. = 3,59 J / 1 + 1 , 6 4 + 0,64 (28)

17. — Giunti a questo punto, noteremo che continuando a trattare nell’identico modo gli stessi tipi di capriate con un numero sempre maggiore di aste, non sarebbe difficile de­durre la legge di formazione delle espressioni successive di tga e di Vmin.; ma a noi basteranno i casi trattati fin qui perchè sono essi che più comunemente si presentano in pratica.

Senz’altro quindi procederemo ad un confronto economico tra i diversi tipi che abbiamo studiati.

Paragonando i valori di tga e di Vmin. per le capriate di uno stesso tipo, osserviamo che, a mano a mano che cresce il numero delle aste, diminuisce a e aumenta V min.

E cosi, confrontando i valori di tga e di V,„i„. per le ca­priate di tipo diverso, ma aventi uno stesso numero di ca­richi, e cioè confrontando in primo luogo le (8) , (13), (21), e le (9), (14), (22) , risulta che fra la capriata Polonceau a un contrafisso e la inglese ad una sola diagonale inclinata a sinistra, non vi ha dilferenza alcuna nè per l’inclinazione dei puntoni, nè per il volume del materiale; mentre nella ca­priata inglese ad un’asta diagonale inclinata a destra, l ’incli­nazione dei puntoni è minore e il volume maggiore; e con­frontando in secondo luogo le ( 10), (18), (26) e le (12), (20), (28), risulta che nella capriata Polonceau a due contrafissi, in quella inglese a tre diagonali inclinate a sinistra, e in quella inglese a tre diagonali inclinate a destra, l’inclinazione dei puntoni va diminuendo, mentre il volume va rispettiva­mente crescendo.

E pertanto potremo conchiudere che il tipo di capriata Polonceau, è quello che, a parità di prezzo per unità di peso, risponde meglio dei tipi inglesi al criterio della massima eco­nomia quando l ’inclinazione dei suoi puntoni sia calcolata colle formole (8) 0 (10).

Boina, 13 ottobre 1897.Ing. A. Ciappi.

N 0 T I Z I E

Intorno al calore che si sviluppa nel bagnare le polveri.— I fenomeni calorifici che si manifestano nell’atto che le polveri, od altri corpi porosi, si imbevono di un liquido chimicamente inat tivo rispetto al corpo bagnato, non sono nuovi; anzi molti sono vecchi perchè scoperti dal Pouillet in sul principio del secolo e ri­studiati poi dal Cantoni e da molti altri. Il prof. Tito Martini di Venezia, rinnovati gli esperimenti in modo da rimuovere le cause perturbatrici, giunse a risultati più precisi che consegnò in una Memoria all’ Istituto Veneto il 24 scordo aprile.

Così, per esempio, ne è risultato che 25 grammi di purissimo carbone animale, bagnati con quella conveniente quantità d’acqua distillata, che il metodo insegna a valutare, bastano a produrre un incremento di temperatura di 23°; con 40 grammi di carbone l’in­cremento oltrepassa i 30°. Nè meno sorprendenti sono i risultamenti che si hanno con l'anidride silicica; perchè 50 grammi di silice, bagnati con l’acqua distillata, determinano nn incremento di tem­peratura di circa 29°, laddove il Meissner ne ottenne appena 6 con 60 grammi di silice. Un considerevole aumento di temperatura ha luogo anche se la polvere e l’acqua sono a temperature elevate ; sperimentando a circa 70°, si ebbe nn incremento dai 16 ai 18 gradi tanto col carbone quanto con la silice.

Con altri liquidi si destano effetti termici talvolta maggiori di quelli provocati dall'acqua ; ciò avviene, singolarmente, con l’alcool etilico e con gli eteri acetico e solforico. Bagnati 25 grammi di silice con l'etere solforico, dalla temperatura iniziale di 5", si ascese a 37°. — Nè alle sole prove termometriche il prof. Martini limitò le sue ricerche, ma vi aggiunse quelle calorimetriche eseguite con un apparecchio, un po’ diverso dagli ordinari calorimetri, rispondente assai bene allo scopo che si era prefisso. Così trovò che 40 grammi di puro carbone animale, bagnati con l’acqua distillata, sviluppano 570 calorie grammo; e 40 grammi di silice, umettati pure con l’acqua, ne sviluppano 562 ; i quali numeri sono, all’ incirca, qua­drupli di quelli ottenuti dal Meissner. La estesa serie di ricerche calorimetriche sta pure a dimostrare una legge, negata dal Meissner, essere cioè la produzione del calore proporzionale a l peso della polvere bagnata.

1Rivista Scientifica).

Page 15: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

L'INGEGNERIA CITILE

N E C R O L O G I A

Alfredo Coltrali.

T] 24 scorso maggio moriva improvvisamente nella sua amena "Ila di Posilip p o presso Napoli il comm. Alfredo Cottrau, in e tà di

Vl[i 59 a n n i, essen d o n a to in Napoli il 23 settembre 1839.S° Lavoratore instancabile, nel quale le doti naturali dell'ingegno an­davano di pari passo colla perseverante attività nello studio e nel livore, non conseguì gradi accademici, ma non fu perciò meno valente Drofe=sionista, e segnatamente emerse nello studio delle costruzionimetalliche e nel ramo ferroviario

K soli o tto an n i rim a n e v a o rlan o d el p ad re , ch e tu d is tin to m u-

S*CNel l849 otteneva nel Collegio di marina di Tolone un posto s e m i g r a t u i t o e nel 1855 compì, con quei collegiali e su di un legno a vela, un viaggio fortunoso al Brasile, al Messico, agli Stati Uniti.

Due anni dopo, abbandonata la marina, passò come operaio-ap­prendista e poi come disegnatore nelle officine di Guppy-Pattison in Napoli ; ritornato in Francia si fermò a Parigi nelle grandi officine « des Batisnolle? » della ditta Gouin dal 1858 al 1860, dove come allievo ingegnere si addestrò nelle costruzioni metalliche.

R ito rn a lo in patria, quando si compì la grande rivoluzione ita­liana, ebbe la ventura di entrare nel 1861 a far parte del Com­missariato generale straordinario delle Ferrovie Meridionali.

Due anni dopo prese parte attiva ai lavori del primo traforo delle Alpi sotto la dipendenza dell’ing. Mattia Massa; poi come in­gegnere di Sezione della Società delle Ferrovie Meridionali ebbe a studiare il progetto del famoso ponte sul Po a Mezzanacorti per la linea Voghera-Pavia, la costruzione del quale veniva dalla Società delle Ferrovie Meridionali con -essionaria appaltata all’ Impresa Gouin di Parigi, quella stessa presso cui Alfredo Cottrau aveva fatto quattro anni prima il suo tirocinio.

Alfredo Cottrau ebbe in seguito a dare altri progetti di viadotti metallici, tra cui quello arditissimo di Castellaneta. Ed il suo Album di 36 ponti metallici, pubblicato nel 1867, servì di guida pratica per molti anni agli allievi delle nostre Scuole di Applicazione degli Ingegneri.

Nel 1870 il Cottrau dava le dimissioni da Ispettore delle Costru­zioni metalliche presso la Società delle Ferrovie Meridionali, per impiantare e dirigere in Castellamare di Stabbi le prime officine di quell’ Impresa Industriale Italiana di Costruzioni metalliche, dalla quale uscirono in breve volger d’anni, oltre a moltissime tettoie, ben 3450 ponti per oltre 38 chilometri di lunghezza complessiva; in essi il Cottrau profuse tutto il suo genio inventivo, avendo a col­laboratore valente ed assiduo l’ottimo amico suo, ing. Boubée.

Il Governo non mancò di ricorrere occorrendo al senso pratico di lui, e così lo vedemmo chiamato a giudicare nel Concorso dei con­gegni meccanici del Macinato, a far parte della Giunta Superiore del Museo Industriale Italiano di Torino, del Consiglio Superiore dell’Industria e del Commercio, ecc. Non volle mai prender parte alla vita politica.

Il problema ferroviario ebbe in Alfredo Cottrau uno degli stu­diosi più assidui e competenti; le Ferrovie economiche il loro primo e più convinto apostolo.

Nominato nel J878 Direttore generale tecnico della Ferrovia Si­cilia Occidentale, divenne presto Vice-Presidente del Consiglio di Amministrazione delle Strade Ferrate della Sicilia. Anche in Sar­degna, col concorso dell’ ing. F.nrico Olivieri, studiava 600 chilo­metri delle Ferrovie secondarie Sarde, e ne otteneva la concessione rimanendo poi Vice-Presidente della costituitasi Società Italiana per le Strade Ferrate secondarie della Sardegna.

Di carattere quanto mai espansivo, dava volentieri alle stampe tutte le idee che la fervida sua immaginazione escogitava. Innume­revoli quindi i suoi scritti, sia in ordine a problemi tecnici, sia in ordine a questioni economiche. Come delle proprie era portato facil­mente all’entusiasmo delle idee altrui. Ed ogni buona iniziativa sorgesse in qualsiasi parte d’Italia, trovava in Alfredo Cottrau ade­sione ed incoraggiamento

Non si tosto s rse a Torino l’idea di solennizzare, il 50° anniver­sario dello Statuto con una Esposizione Generale Italiana, Alfredo Cottrau di propria iniziativa organizzava in Napoli un Comitato Centrale per favorire il concorso degli espositori di tutta la Regione* apoletana; ma appena inaugurata l’Esposizione, Alfredo Cottrau moriva. Mirabile esempio di operosità senza pari, le molteplici sue occupa­

zioni professionali non lo distoglievano dal consacrarsi alle cure della amiglia, che egli vide crescere attorno a sé numerosa, all’educa'

zione dei figli ai quali lascia l’esempio di una vita nobilmente spesa « circondata dalla simpatia di quanti hanno viva l’ammirazione pero ' uomini forti, benemeriti della famiglia e della patria.

G. S.

E LE ARTI INDUSTRIALI 95

B I B L I O G R A F I A

I. — Spesa d’esercizio e quantità di personale delle princi­pali Reti ferroviarie Italiane e di alcune lieti estere. — R i­cerche statistiche eseguite p er incarico e su traccia d i S. E . il Ministro dei L avori Pubblici, dall’ing. A do lfo R o s s i , R. Ispettore superiore delle Strade Ferrate. — Op. in-4’ gr. di pag. 261, con una tavola di diagrammi e n. 48 tabelle numeriche. — Unione Cooperativa Editrice, Roma, 1897. .

II. — Sul coefficiente d’esercizio delle Reti ferroviarie Me­diterranea ed Adriatica. — Appunti d i un Tecnico. — Op. in-S” di pag. 70, inviato in anonimo omaggio per cura della Ditta Editrice- Libraria L. di G. Pirola. — Milano, 1898.

III. — Ing. A d o lfo R o s s i . — Osservazioni circa gli « A p p u n t i di vs T ecnico » sul coefficiente d’esercizio delle Reti ferroviarie Mediterranea ed Adriatica. — Op. in-8" di pag. 39. — Unione Cooperativa Editrice, Roma, 1898.

Le pubblicazioni sovraccennate hanno destato non poco rumore e dato luogo ad una serie di articoli in vario senso su quasi tutti i giornali che si occupano di questioni tecniche ed economiche.

Noi brevemente qui riassumiamo le tre pubblicazioni, tanto più che tutte tre, per l’autorità e competenza degli Autori dai quali emanano, portano un utile contributo allo studio della questione ferroviaria.

I.La prima è una Memoria, portante la data del 6 luglio 1897, ispi­

rata dall’on. Prinetti, quand’era Ministro dei Lavori Pubblici, nella quale l’ing. Adolfo Rossi. R. Ispettore superiore delle Strade Ferrate, espone i metodi ed i risultati di opportune ed ingegnose ricerche, isti­tuite nell’intento di rendere un po’ omogenei i dati brutali delle stati­stiche di un certo numero di Reti ferroviarie : sul coefficiente d’esercizio (rapporto tra la spesa ed il prodotto lordo dell’esercizio di una ferrovia) e sulla quantità relativa di personale. Tutto ciò nello scopo di fare utili confronti fra i risultati delle ferrovie nostre e quelli delle estere.

L’Autore mette a fianco delle cifre concernenti le Reti Mediterranea, Adriatica e Sicula, quelle di otto ferrovie estere, e cerca di ridurre, per quanto possibile, alle condizioni di una stessa Rete, la 3Iediterranea, i prodotti lordi e le spese d’esercizio delle rimanenti dieci, in modo da rendere, all’ingrosso, i prodotti lordi spogliati dalla influenza della varietà nelle tariffe, e le spese da quella inerente alla diversità nei prezzi e nelle qualità dei combustibili,nell’andamento altimetrico delle linee, e simili, senza potere tuttavia abbracciare che le precipue tra le moltissime cause dalle quali j>uò dipendere il maggiore o minor costo deH’esercizio.

Per tal modo, i valori dei coefficienti si vanno progressivamente mo­dificando, ora in uno ed ora in altro senso, diventando man mano quan­tità un po’ più paragonabili, ma rimanendo pur sempre affetti dalla principale causa di eterogeneità, quella delle notevoli differenze nella intensità del traffico delle diverse Reti.

Procedendo oltre, il Rossi osserva che se i risultati d’esercizio delle undici Reti non avessero altro motivo di divergenza fuor quello ora accennato, dovrebbe essere la spesa legata da una identica relazione con gli elementi relativi all’estensione delle linee ed all'intensità del traffico, ed assumendo per questa relazione una delle forme più semplici generalmente ammesse, determina i valori più probabili dei coeffi­cienti numerici della medesima, in base ai risultati delle otto Seti estere, nel doppio caso che si voglia tener conto solamente della fre­quenza dei trasporti, ovvero, ad un tempo, della quantità e della per­correnza delle persone e cose trasportate.

Le differenze fra le spese effettive delle ferrovie italiane e quelle teo­riche calcolate con le formule così ottenute, dovrebbero rappresentare, in confronto con ciò che accade mediamente sulle Reti estere, gli ef­fetti combinati, sia delia inaarsiore o minore economia dell’esercizio, sia di tutte quelle altre cause influenti sulla spesa, le cui conseguenze, per mancanza delle occorrenti notizie, o per la natura loro, non pote­rono essere tradotte in cifre.

Identiche ricerche vengono dall'Autore eseguite per la quantità del personale d’esercizio, fattore principale della spesa, tentando poi di in­dagare il grado di fiducia da riporsi nelle formule per essa ottenute, con l’applicarle a Reti non entrate nella loro determinazione, ed anche ai successivi esercizi di una medesima Rete, onde vedere se ne scaturi­scano risultati in armonia con quanto per altra via si possa argo­mentare.

Nella seconda parte della Memoria sono allo stesso modo considerate alcune ferrovie di debole traffico o di interesse locale, e nella terza sono poste a confronto le quantità relative degli agenti ferroviari in com­plesso di alcuni Stati.

Questi calcoli, basati su di un materiale statistico, che non fu natu­ralmente preparato a tale scopo e necessariamente incompleto per tali studi, non possono, ben s’intende, essere meritevoli che di un grado di fiducia molto relativo nei risultati numerici, e ciò indipendentemente

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96 L ’INGEGNERIA CIVILE E LE ARTI INDUSTRIALI

dalla precisione del metodo escogitato, che vuoisi ritenere una vera e completa teoria per il calcolo del coefficiente d’esercizio delle ferrovie.

Ma'nel medesimo tempo non si può negare che lo studio del Rossi viene pure nei risultati a confermare ciò che da anni ed anni si va ri­petendo dai tecnici più competenti e disinteressati in materia di eco­nomia ferroviaria, quello che pare asseriva la Commissione d’inchiesta sui ritardi dei treni ferroviari, nella sua Relazione del 10 febbraio 1889, circa la soluzione del problema economico dell’esercizio delle Ferrovie italiane, la quale dovrebbe specialmente consistere in provvedimenti atti a far compiere il servizio con minore quantità relativa di per­sonale.

II.

Negli Appunti d i un Tecnico l’anonimo Autore mira a demolire, non diremo il metodo, la teoria, che in sè stessa approva, ma l’impres: sione necessariamente cattiva che egli deve aver avuto dai risultati, per quanto non nuovi, ai quali hanno condotto e formóle e cifre. E da buon artefice, dando un colpo al cerchio, l’altro alla botte, ritoccando dati e sostituendo formule a dir suo più attendibili, ci presenta l’illu­sione di risultati opposti, sui quali però non insiste, pago di dedurne la conseguenza che, per la deficienza dei mezzi adoperati, e per lo spo­stamento di milioni prodotto da leggiere modificazioni alle formule, non è lecito, malgrado la precisione del metodo seguito, dedurre al­cunché di concreto da ricerche del genere di quelle di cui si tratta.

Le più importanti obiezioni contenute negli Appunti si possono riassumere come segue :

a) Le Reti estere prese a considerare differiscono troppo, per lo sviluppo e prodotto chilometrico, dalle italiane;

b) In causa della falsità delle statistiche, i prezzi unitarii del com­bustibile, adoperati nella M emoria, fanno supporre erroneamente che la Mediterranea paghi i carboni più cari dell'Adriatica;

c) La Memoria si serve pure di cifre, che farebbero inesattamente apparire i combustibili adoperati sulle Ferrovie italiane, inferiori, per potenza calorifica, a quelli che si bruciano sulle Ferrovie estere;

à)‘Il criterio adoperato dal Rossi per parificare le diverse reti dal punto di vista dell’influenza delle pendenze sulle spese della trazione e del materiale, sarebbe matematicamente rigoroso ; ma l’esaurimento delle casse patrimoniali impedisce di acquistare locomotive adatte ad un buon servizio, e ciò reca grave scapito alla buona utilizzazione del combustibile ;

e) Tutto sommato, si può ammettere che il Rossi abbia raggiunta, nel correggere le spase, una approssimazione corrispondente ad un errore probabile, in più od in meno, che il Tecnico stima del 5 per cento, e quindi rilevante a sei milioni circa di lire per la Mediterranea, ed a cinque milioni e mezzo per l’Adriatica ;

f ) Arbitraria (?) la scelta fatta nella Memoria di una formula l i ­neare per esprimere la spesa teorica d’esercizio;

g) Meno arbitrario è il supporre, che una parte della spesa d’eser­cizio varii proporzionalmente, non già al prodotto, ma alla radice qua­drata (?) di questo. Erigendo su tal base una nuova formula, parabo­lica, si arriva a risultati assolutamente diversi da quelli del Rossi. Nè dagli uni, nè dagli altri, è dunque lecito, secondo il Tecnico, dedurre qualsiasi conclusione pratica ;

7j) Altrettanto crede di poter dire a proposito delle formule dal- ingegnere Rossi assunte per esprimere una supposta relazione fra la quantità del personale e le condizioni della rete e del traffico.

III.

Nelle sue Osservazioni circa g li « Appunti d'un Tecnico », l’in­gegnere Rossi confuta tutte le obiezioni e le formule dell’anonimo, mostrando, come, anche opportunamente corretti, come il Tecnico vorrebbe, i risaltati ottenuti non costituiscono che una conferma di quelli, cui la Memoria era arrivata.

Ecco, punto per punto, la sostanza delle repliche alle principali obiezioni che abbiamo precedentemente riassunte:

a) Il metodo seguito nella Memoria 6 luglio 1897, per l’applica­zione del principio dei minimi quadrati (quello cioè della considerazione delle differenze relative, e non già di quelle assolute), ha eliminata l ’in­fluenza della diversa importanza delle varie reti nel calcolo dei coeffi­cienti delle formule ;

b) Se effettivamente, per la falsità delle statistiche, venne assunto un prezzo unitario del carbone troppo forte per la Mediterranea, siccome esso sta a rappresentare la somma delle difficolta da vincersi per ali­mentare di combustibile i tenders delle locomotive, la Memoria ha esa­gerate tali difficoltà per quella rete, ed ha quindi fatto torto a tutte le altre nei calcoli tendenti a parificare, da questo punto di vista, le di­verse ferrovie prese in esame ;

e) La quantità d’acqua evaporata per chilogramma di combusti bile, non è punto, come inesattamente suppone il Tecnico funzio *" della sola potenza calorifica, ma anche, come è chiaramente detto nell Memoria, della temperatura media regnante sulla rete, e, più di tutta della qualità delle acque di alimentazione. Ammesso, ad ogni modo’ che per le Reti italiane si siano assunte cifre troppo piccole, si sareb' bero anche qui, stante l’uso fatto delle cifre stesse, favorite le'Reti me" desime a scapito delle estere;

d) Se sta l’obiezione degli Appunti, circa la cattiva utilizzazione del carbone in causa delle condizioni delle casse patrimoniali, non n»r-

, mettenti di tenersi a paro coi progressi nella costruzione delle locomo- | tive, la Memoria, con l’aver assunto il consumo di combustibile ner ì tonnellata-chilometro lorda rimorchiata, quale indice misuratore delle

difficoltà di trazione, avrebbe, esagerando queste difficoltà delle Ferrovie : italiane, trattate queste troppo bene nel confronto con le Reti estere ■

e) A parte l’arbitrarietà di quel 5 per cento, a cui il Tecnico fa- < rebbe salire l’errore probabile, dalle cose che precedono, deriverebbe i doversi l’errore, nella determinazione della spesa teorica, considerare ; piuttosto come certo, ma esclusivamente in p iù , cioè la Memoria : avrebbe ritenute, come necessarie all’esercizio delle Reti italiane, certe : spese, delle quali, se stanno le cose esposte negli Appunti, si può in-,

vece, fare a meno ;f ) La forma lineare, per l’espressione della spesa d'esercizio è

quella che risulta da quasi tutti gli atti della nostra legislazione ferro­viaria, come è facile persuadersene consultando, ad esempio, la Rela­zione degli onorevoli Brioschi e Genala per l'Inchiesta parlamentare

j ferroviaria del 1881, ovvero una pregevole Monografìa pubblicata nel ; 1887 dall’ing. Giuseppe Lampugnani, segretario-capo della Direzione

Generale delle Ferrovie del Mediterraneo, sulla Costituzione generale dell’Amministrazione ferroviaria italiana;

g) A rbitrario è il supporre, come fa il Tecnico, che una frazione della spesa ridotta debba variare proporzionalmente alla radice qua

\ drata, anziché proporzionalmente ad un’altra potenza, di grado com­; preso fra 0.50 ed 1, del prodotto lordo. Se per esponente di siffatta

potenza si assumono rispettivamente i valori 0.75 e 0.90 (più in ar­i inonia coi criteri che hanno servito alla correzione delle spese effettive),| si cade su formule paraboliche, i cui risultati confermano pienamente j quelli ottenuti da formule lineari, e li dimostrano anzi troppo favo­

revoli alle Reti italiane.Nella 3Iemoria 6 luglio 1897 si accennava ad una somma di dodici

milioni tondi, rappresentanti in blocco, pel 1893, gli effetti, in parte \ sommantisi ed in parte compensantisi a vicenda, sia delle diverse con­; dizioni nelle quali si trovano le Ferrovie nostre e quelle estere rispetto | alle cause di varia natura non contemplate dalle formule, sia dei metodi

di amministrazione e di esercizio; ai quali dodici milioni sarebbero da j contrapporsi, tanto gli effetti scaturenti da quelle, fra dette cause, che | non possono essere rimosse, quanto l’onere annuo d’interesse e d’am­

mortamento dei capitali, senza la cui previa erogazione, l’altra parte dei dodici milioni, di eccedenza teorica nella spesa, non potrebbe con­siderarsi tutta come eliminabile.

Invece, le cifre dedotte dallo studio rettificato del Tecnico, indiche­rebbero essere gli effetti delle circostanze trascurate, per lo meno com­pensati dagli aumenti, che ai dodici milioni dovrebbero portarsi, in causa della esagerazione in più commessa nella determinazione della spesa teorica d’esercizio ;

h) A torto negli Appunti si nega la possibibilità di tradurre in formule la relazione, necessariamente esistente, fra la quantità del per­sonale e le condizioni della rete e del traffico, giacché la formula (li­neare) istituita nella Memoria 6 luglio 1897, per esprimere il numero totale degli agenti in funzione della lunghezza delle linee,dell’affluenza del traffico e della percorrenza dei treni, è relativamente più attendi­bile di quella parabolica proposta dal Tecnico per la spesa totale cor­retta (e lo si deduce facilmente dal confronto dei valori che per le due formule assume la somma dei quadrati delle differenze percentuali frai valori sperimentali e quelli calcolati), cosicché sembra che egli abbia, meno di chiunque altro, il diritto di asserire che « non esiste un rap­» porto obbligato fra la spesa d’esercizio e la quantità del personale, » e che quest’ultimo elemento sfugge pertanto, non solo a qu alu n que » calcolo positivo, ma anche a qualsiasi previsione teorica ».

Per debito d’imparzialità dobbiamo ancora aggiungere che a queste controsservazioni o risposte, a parer nostro esaurienti, dell’ing. Rossi, l’anonimo autore degli Appunti d i un Tecnico brevemente replicava, stando a quanto almeno ci è caduto sott’occhi, nel Giornale dei La­vori pubblici (n. 20 del 18 maggio), nel Monitore delle Strade f erra^ (n. 21 del 21 maggio) e nel Bollettino delle finanze (n. 22 del 29 maggio). Ma dall'attento esame di quelle tre lettere nulla abbiamo sa­puto dedurre che tornasse a suo favore od a modificazione dei termini ben definiti nei quali rimane circoscritta la interessante questione, anche nel campo della pura teoria.

G. S a c h e r i .

G io v a n n i S a c h e r i , D irettore. Tip. e L it. C a m i l l a e B e r t o l e r o di N a t a l e B e r t o l e r o , Editore. P a o l o H a k i a n o , G e r e n t e .

Page 17: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

tln~J e~~ncr i n Civlle e le Arti lnduslrinli Anno XXIV - T a v. III.

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CARTA IDROGRAFICA DELLA GERMANI A SRrrrrEN'L1RIONALR

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Page 18: Torino, Grixig-no 1898 Num f>. ANNO L’INGEGNERIA CIVILE

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Il. .,, dell'Alto Oder Superi re.

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" IV. .,, dell 'Oder Medio Supe iore. "' ~ V. » .,, Inferi re • ~

VI. )) dell' Alta Warthe.

VII. della Warthe Media. 51~ .,,

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IX. -.. dell'Obra. -X. .,, dell'Oder Inferiore

52

50

37 Torino . Ti p-LU . Ct1niì lln e Bc·rtoleto Jl 'N.Bcrtolero, e ditore.

CARTA ·IDROGRAFICA SCHEMA'rICA DEL BACINO DELL'ODER.

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