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La Teoria dei Vincoli(Theory of Constraints –

TOC)Pubblicato su: “Sistemi & Impresa” -Edizioni Este – N°7 – Settembre 2002

La Teoria dei Vincoli (Theory of Constraints – TOC) è un approccio alle scienze dell ’organizzazione tanto rivoluzionario, quanto efficace, che si basa sul miglioramento continuo delle prestazioni aziendali e dei profitti ad esse legati attraverso la gestione dinamica dei vincoli del sistema organizzativo. I principi della TOC forniscono al management la possibilità di collegare le azioni locali alle prestazioni globali del sistema, in altre parole permettono di definire con precisione l ’ impatto delle decisioni manageriali sull ’utile.L ’articolo presenta in modo sintetico l ’ampio spettro di conoscenze legate alla Theory of Constraints, sviluppatasi negli ultimi 20 anni sotto lo stimolo e la guida di Eli Goldratt, che ha applicato il metodo scientifico alla disciplina manageriale ottenendo risultati eccezionali in termini di miglioramento delle prestazioni aziendali in centinaia di imprese in tutto il mondo.

© Filippo Pescara - IFP Ingegneria e Management

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1. Generalità

L’idea fondamentale nella Teoria dei Vincoli è che ogni sistema esistente in realtà (le organizzazioni sono sistemi esistenti in realtà) deve avere almeno un vincolo che ne limita le prestazioni. Se così non fosse, il sistema potrebbe produrre un’ammontare infinito di output; nel caso di un’azienda un profitto infinito.Dato che un vincolo è un fattore che limita la possibilità di perseguire maggiori profitti, i managers che intendono migliorare le prestazioni aziendali devono gestire i vincoli. I vincoli determinano l’output del sistema sia che siano gestiti, sia che non lo siano, quindi esiste un solo modo per orientare il risultato aziendale: gestirli con attenzione e in modo consapevole. La Teoria dei Vincoli semplifica la gestione dei sistemi complessi attraverso la ricerca e la successiva gestione di pochi punti chiave nel funzionamento dei processi (i vincoli), responsabili delle prestazioni dell’intero sistema.

Ogni business può essere descritto in termini di sistema costituito da una sequenza di processi interdipendenti finalizzati alla trasformazione di opportune risorse (input) in un prodotto/servizio vendibile (output). Assimilando le prestazioni di tale sistema alla forza di una catena, si intuisce che il modo più efficace per ottenere miglioramenti nelle prestazioni prevede i passi seguenti:

• Identificare l’anello più debole, in altre parole il vincolo. Ciò può non essere immediato, a causa del fatto che in molti contesti aziendali si cerca di risolvere i problemi dipendenti da una domanda di mercato che fluttua nel tempo e da variabilità nelle prestazioni delle risorse inserendo tra ogni fase del processo buffer di disaccoppiamento e protezione. Tali buffer di work in process nascondono i problemi, mascherano le interdipendenze e rendono più difficile l’identificazione del vincolo reale del sistema.

• Non cercare di sottoporre il sistema a un carico troppo elevato. Se tale carico è superiore a quello sopportabile dall’anello più debole della catena, la catena si romperà.

• Concentrare gli sforzi di miglioramento sull’anello più debole.• Se gli sforzi di miglioramento hanno successo l’anello più debole migliorerà in termini di

prestazioni fino al punto in cui qualche altro anello diventerà il più debole. Ogni ulteriore sforzo teso al miglioramento del primo anello comporterà un’inutile dispendio di costi e risorse. La focalizzazione del miglioramento, per garantirne l’efficacia, dovrà orientarsi sul nuovo anello debole.

I principi della Teoria dei Vincoli forniscono quindi al management l’abilità di focalizzare il miglioramento delle prestazioni nei punti in cui tali miglioramenti sono più efficaci in relazione al miglioramento del sistema nel suo complesso.

L’analogia della catena è di importanza cruciale per comprendere la filosofia di base sottesa alla TOC. I sistemi organizzativi infatti, così come gli anelli di una catena, sono composti da processi ed eventi interdipendenti. In aggiunta al concetto di interdipendenza, la teoria considera il fatto che i sistemi reali non sono governati da variabili deterministiche, ma le variabili associate al funzionamento di qualsiasi processo sono soggette a fluttuazioni statistiche.Fluttuazioni statistiche associate a variabili tra loro dipendenti determinano il fatto che la ricerca dell’ottimo di prestazione relativo a tutte le variabili locali non ottimizza le prestazioni globali del sistema (per esempio la saturazione di una risorsa produttiva, al fine di ridurre il costo unitario di prodotto, non comporta, se la risorsa non è un vincolo produttivo, prestazioni migliorative per il sistema nel suo complesso, ma anzi danneggia le prestazioni

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globali generando eccesso di WIP, allungando il lead time e sprecando capacità utile per la soddisfazione della domanda che grava sul sistema).Se tutti i componenti di un sistema realizzano singolarmente le prestazioni massime in ottica locale, il sistema globalmente non realizzerà le sue massime prestazioni.

La maggior parte dei vincoli che limitano le prestazioni dei sistemi organizzativi sono originati da politiche e meccanismi operativi sbagliati, non da vincoli fisici. Per esemplificare, molti stabilimenti produttivi hanno mediocri prestazioni in termini di evasione ordini alle date promesse. Ciò sembrerebbe imputabile a carenza di capacità produttiva per la soddisfazione della domanda, e quindi a vincoli fisici di capacità (colli di bottiglia). Le applicazioni della TOC hanno invece dimostrato in migliaia di contesti, e nei più disparati settori industriali, che il 60-70% degli stabilimenti ha capacità in esubero rispetto alla domanda che grava su di essi, ciò nonostante gli ordini non sono evasi in tempo e la produzione è costantemente in ritardo. La causa di ciò (“core problem”) spesso risiede in una erronea politica di misurazione e controllo economico che privilegia l’accorpamento (“batching”) di ordini al fine di ridurre i tempi di set up e quindi i costi unitari, o di meccanismi operativi di programmazione basati su previsioni spesso inaffidabili che determinano anticipi nel lancio in produzione nell’illusoria speranza di “avvantaggiarsi” su ciò che si presume debba essere prodotto. Effetti indesiderati indotti da tali politiche sono lead times lunghi, basse rotazioni degli stock, eccessiva presenza di codici obsoleti, basso livello di servizio, difficoltà nel controllo qualità, materiali mancanti, frustrazione nei dipendenti, diminuzione del fatturato, ecc..Tutti gli effetti indesiderati di cui sopra impattano in modo negativo sul profitto.

In generale i vincoli possono essere di tipo “fisico” (un collo di bottiglia produttivo, una domanda di mercato inferiore alla capacità produttiva, una risorsa scarsa) o “di politica” (politiche e procedure erronee).

I vincoli di tipo fisico sono relativamente facili da individuare e da gestire.I vincoli di politica sono più subdoli, ma una volta individuati e gestiti rendono possibili miglioramenti più significativi e su più vasta scala nelle prestazioni del sistema.

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2. Le soluzioni generali e le tecniche di base

La TOC comprende tre gruppi principali di tecniche.

Il primo gruppo definisce l’infrastruttura metodologica entro la quale le soluzioni e gli strumenti della teoria trovano fondamento: in particolare il ciclo di miglioramento continuo focalizzato (“five focusing steps”) e il sistema di misurazione e controllo economico finalizzato a orientare i comportamenti e le azioni (che hanno sempre natura locale) in modo da massimizzare le prestazioni del sistema nel suo complesso (“throughput accounting”).

Per migliorare le prestazioni di un sistema è necessario procedere nel seguente modo:

• individuare il vincolo del sistema• sfruttare il vincolo del sistema• subordinare ogni azione a quanto definito in 1 e 2• migliorare le prestazioni del vincolo del sistema• se il vincolo è stato rimosso, tornare al punto 1. Porre attenzione a che i meccanismi

operativi messi in atto nei passi 2 e 3 non diventino essi stessi un vincolo (di politica)

I passi precedenti (“five focusing steps”) costituiscono l’unico modo per rendere il miglioramento delle prestazioni dell’organizzazione veloce ed efficace.

Se l’obiettivo è migliorare, è condizione necessaria dotarsi di riferimenti di misurazione per quantificare i miglioramenti, e tali riferimenti devono essere utili principalmente a due cose:• essere in grado di misurare il sistema nel suo complesso, di far cioè capire in che

misura le direzioni di cambiamento sono coerenti con l’obiettivo finale (che per l’azienda è il profitto nel breve, medio e lungo periodo)

• costituire un riferimento costante e immediato per misurare in che modo le decisioni, a qualsiasi livello, e le azioni conseguenti, impattano sull’obiettivo finale e sono con esso coerenti

Tali riferimenti di misurazione costituiscono il nucleo del “throughput accounting”.Le variabili economiche fondamentali sono:

Throughput (T) E’ il tasso al quale l’organizzazione genera “unità obiettivo” (nel caso di aziende industriali soldi attraverso le vendite)

Inventory (I) E’ il denaro immobilizzato nell’organizzazione, che può trasformarsi in throughput

Operating Expenses (OE) E’ il denaro che l’organizzazione spende nel generare “unità obiettivo”

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NET PROFIT = T – OEROI = (T - OE)/I

Per migliorare le prestazioni dell’organizzazione è evidente che si deve aumentare T, diminuire I e diminuire OE, e in tal modo si definisce la chiave che lega le decisioni locali alla prestazione dell’intero sistema. Quando si deve decidere una specifica azione, le domande da porsi sono:

l’azione determinerà un aumento del throughput? Se sì, come?l’azione determinerà una riduzione dell’inventory? Se sì, come?l’azione determinerà una riduzione delle operating expenses? Se sì, come?

Il secondo gruppo (“constraint management tools” o ” tecniche per gestire i vincoli”) comprende soluzioni generiche progettate per gestire vincoli interni che risiedono in ambiente produttivo, nella distribuzione o nella progettazione e vincoli esterni relativi a relazioni con i fornitori, con il mercato e con altri anelli della supply chain. Il vincolo che limita le prestazioni dell’organizzazione può risiedere in qualsiasi funzione aziendale; le soluzioni generiche di cui sopra si focalizzano sui processi gestiti da tali funzioni secondo lo schema seguente:

PROCESSO TECNICHEApprovvigionamento Costruzione di un accordo win win (“Un-

refusable Offer”)Acquisizione del consenso e chiusura del contratto (“TOC buy-in”)

Produzione Pianificazione dei flussi sincronizzata ai vincoli (“Drum-Buffer-Rope” -DBR)Controllo e protezione dinamica dei flussi (“Buffer Management”)Analisi delle tipologie di routing finalizzata alla sincronizzazione (“V-A-T Analysis”)

Logistica distributiva Tecnica “pull” per la catena distributiva (“Replenishment”)

Progettazione e Ingegnerizzazione Pianificazione dei progetti in contesti “single project” e “multi project” (“Critical Chain Single Project e Multi Project”)Controllo e protezione dei progetti in tempi, costi e specifiche (“Buffer Management”)

Marketing Costruzione di un’offerta win win al mercato (“Un-refusable Offer”)

Vendite Acquisizione di un ordine o chiusura di un contratto (“TOC buy-in”)

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Il terzo gruppo è costituito da un set di strumenti di problem solving (noti come “thinking process tools” ) che opportunamente combinati permettono di individuare le soluzioni più efficaci per l’organizzazione basate sull’individuazione del problema centrale (“core problem”) che limita le prestazioni, sull’individuazione della soluzione al problema centrale e sulla rigorosa pianificazione dei passi per l’implementazione della soluzione.Tutti gli strumenti servono a rappresentare graficamente le connessioni logiche esistenti tra eventi interdipendenti nei contesti organizzativi e sono basati sull’applicazione rigorosa delle categorie logiche di causalità (se..allora..) e di necessità (affinché sia…si deve…)

In altre parole gli strumenti di cui sopra permettono di gestire le tre macrofasi del miglioramento secondo lo schema seguente:

MACROFASE STRUMENTI DEL “THINKING PROCESS”/CATEGORIA LOGICA SOTTOSTANTE

Cosa cambiare (individuazione del “core problem”)

Albero della realtà corrente (Current Reality Tree-CRT) / causalitàNuvola di descrizione del conflitto (Generic Cloud-GC) / necessità

In cosa cambiare (individuazione della direzione di cambiamento o soluzione)

Nuvola di risoluzione del conflitto (Evaporating Cloud-EC) / necessitàAlbero della realtà futura (Future reality Tree-FRT) / causalitàRisoluzione degli effetti indesiderati indotti (Negative Branch Reservation-NBR) / causalità

Come implementare il cambiamento Albero dei prerequisiti (PreRequisite Tree-PRT) / necessitàAlbero di transizione (Transition Tree-TrT) / causalità

Pur essendo possibile (e a volte molto efficace) impiegare in modo flessibile gli strumenti del thinking process isolatamente, in dipendenza della situazione contingente e del particolare problema analizzato, un’applicazione rigorosa del ciclo di miglioramento prevede il loro utilizzo in sequenza secondo quanto descritto in seguito.

Poiché alla base della TOC c’è la convinzione che la gestione efficace delle organizzazioni non può prescindere dalla visione totale e non parziale dei problemi e delle soluzioni, il primo passo è finalizzato all’individuazione della causa comune responsabile degli effetti indesiderati osservati nel sistema. Tale causa comune costituisce la radice dell’albero della realtà corrente (CRT), e la costruzione di tale albero permette di legare la causa comune, attraverso connessioni logiche, agli effetti indesiderati, che ne sono le foglie e rappresentano una visione solo parziale del problema.

Il problema centrale (causa comune) spesso esiste perché alla base di esso c’è la ricerca di un compromesso tra prerequisiti a condizioni necessarie per il perseguimento di un obiettivo, e tali prerequisiti sono in conflitto tra loro. La nuvola di descrizione del conflitto (GC) evidenzia quanto sopra esplicitando graficamente le connessioni tra obiettivi, condizioni necessarie e prerequisiti (figura 1).

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Quando prerequisiti a condizioni necessarie sono in contraddizione tra loro, il problema è mal posto, cioè esistono, nella descrizione della catena di condizioni necessarie, delle assunzioni implicite che devono per forza essere non vere. Una volta che tali assunzioni sono individuate, è possibile intraprendere azioni risolutive che eliminano l’assunzione implicita e di conseguenza il conflitto.

L’azione risolutiva deve attaccare l’assunzione erronea “rompendo” una delle catene di condizioni necessarie in conflitto tra loro. In tal modo il conflitto “evapora” e il problema è risolto.

Ciò è rappresentato graficamente attraverso la nuvola di risoluzione del conflitto (EC). L’azione risolutiva che rende il conflitto non più valido dovrebbe eliminare il “core problem”, o causa comune.

Prima però di implementare l’azione risolutiva, è necessario verificare l’impatto di questa sulla situazione attuale descritta dal CRT. Inserendo l’azione risolutiva nell’albero di connessioni logiche, si verifica se e come scompaiono gli effetti indesiderati, e se le connessioni logiche portano a effetti desiderati. Tale albero, modificato dall’inserimento dell’azione risolutiva, rappresenta la realtà futura (FRT).

Spesso le azioni risolutive inducono nel sistema effetti indesiderati indotti, la cui rappresentazione in termini di connessioni logiche è evidente in alcuni rami del FRT. Tali rami sono rappresentati da parti di alberi logici (NBR).La focalizzazione sui rami NBR permette di inserire ulteriori azioni risolutive nella concatenazione logica rappresentata dal FRT, “pulendo” così la soluzione.

Ora è il momento di progettare l’implementazione, esplicitando gli ostacoli che si frappongono tra la situazione attuale e l’implementazione delle azioni risolutive. Ordinando cronologicamente gli ostacoli da superare, si ottengono tutti gli obiettivi intermedi che è necessario raggiungere per poter implementare le azioni risolutive. Ciò è graficamente descritto dall’albero dei prerequisiti (PRT).

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A

obiett ivo che può essere raggiunto se

sono vere sia B che C

condiz ioni necessarie prerequisit i

conf lit to

Figura 1

B

C

D

D'

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Il superamento di un ostacolo, infatti, pone il sistema in una nuova situazione, più vicina all’obiettivo finale (l’implementazione dell’azione risolutiva), e ciò costituisce il passaggio per un obiettivo intermedio. Individuando le azioni necessarie alla rimozione degli ostacoli, e costruendo l’albero di connessioni logiche che lega dette azioni agli obiettivi intermedi, si ottiene l’ albero di transizione (TrT), che rappresenta nei dettagli il piano di implementazione della soluzione. La figura 2 presenta in modo schematico il processo descritto sopra.

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UDE

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Obiettivo

DE

I.O I.Oobst

Azionerisolutiva

Az. risol.

Conflitto Principale

Azione del risolutore

(che affronta l’ostacolo)

1.Current Reality Tree:Il conflitto principale è responsabile di tutti gli effetti indesiderati (UDEs)?

2.Generic Cloud:Qual è il conflitto principale responsabile di tutti gli effetti indesiderati (UDEs)?

3.Evaporating Cloud:Quali assuzioni implicite si devono mettere in discussione?

4.Future Reality Tree:Riuscirà l’azione risolutiva a conseguire solo effetti desiderati (DEs) senza creare nuovi effetti indesiderati (UDEs)?

5.Prerequisite Tree:Che cosa ostacola la realizzazione dell’azione risolutiva?

6.Transition Tree:Quali meccanismi deve mettere in atto il risolutore per “attaccare” effettivamente l’azione risolutiva?

Figura 2Fonte Avraham Goldratt Institute

Az. risol.

Assunzioni/ Azioni risolutive

Azione del

risolutore

Azione del risolutore

Azione del risolutore

(che affronta l’ostacolo)

I .O

I.O

Obiettivo

Obiettivo

UDE

UDE

DE DE

DE

DE

I.O

Figura 2

Obiettivo

UDE

UDE

UDE

UDE

Conflitto Principale

Fonte Avraham Goldratt Institute

I.O I.O

Ost.Ost.

Azionerisolutiva

Azionerisolutiva

I.O I.O I.O

I.O

Ost.Ost.Ost.

Ost.

I.O

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Le soluzioni generiche appartenenti al secondo gruppo derivano da una rigorosa applicazione degli strumenti del terzo gruppo impiegati seguendo la sequenza metodologica dei 5 passi di miglioramento focalizzato (“five focusing steps). Con tali strumenti è possibile individuare soluzioni a problemi specifici in realtà differenziate, con la possibilità di impiegare le soluzioni generiche appartenenti al secondo gruppo, la cui efficacia è comprovata da migliaia di implementazioni in tutto il mondo.

3. Cenni alle soluzioni generiche “Drum Buffer Rope” e “Critical Chain”

Per esemplificare si dà ora cenno alla prima soluzione generale della TOC nata nella prima metà degli anni 80: la tecnica “Drum-Buffer-Rope (DBR). I principi ispiratori sono i seguenti:

1 non si devono bilanciare le capacità, ma bilanciare i flussi2 il livello di utilizzo di una risorsa che non costituisce vincolo è determinato da

un’altra risorsa che costituisce vincolo3 utilizzazione e attivazione di una risorsa non sono lo stesso concetto (le risorse

attivate non necessariamente sono “utilizzate”, se l’attivazione non aumenta il throughput)

4 un’ora persa in un collo di bottiglia è un’ora persa dall’intero sistema5 un’ora risparmiata in una risorsa non vincolante non serve a nulla6 i colli di bottiglia regolano sia il throughput che l’inventory7 i lotti di trasferimento non devono necessariamente uguagliare i lotti di produzione8 I lotti di produzione non dovrebbero essere fissi9 le priorità possono essere definite solo attraverso l’esame dei vincoli del sistema

In coerenza con tali principi si definiscono dei buffer a monte dei colli di bottiglia in modo da garantire per essi un’alimentazione continua. Altri buffer vengono disposti in punti strategici della fabbrica per garantire che il tempo lavorato dai colli di bottiglia non venga sprecato (ad esempio per mancanza di componenti in punti di assemblaggio in cui devono convergere lavorazioni effettuate dai colli di bottiglia). Il tasso di ripristino del buffer (drum) è determinato dalla capacità di processare materiale del collo di bottiglia, e l’alimentazione del sistema produttivo deve essere legata (rope) al consumo di materiale del buffer immettendo nel sistema con tecnica pull solo le materie prime necessarie a mantenere il livello desiderato del buffer stesso. Il dimensionamento del buffer deve tenere conto del livello di affidabilità della catena produttiva a monte del collo di bottiglia.

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La figura 3 presenta in modo schematico le logiche del Drum Buffer Rope.

La soluzione generica per il project management (“Critical Chain”) applica gli stessi assunti di base, con l’obiettivo di gestire contesti in cui:• il livello di imprevedibilità è molto più alto che in ambiente produttivo (ogni progetto è

unico)• le risorse principali sono costituite da persone e non da macchine, e il fattore umano

determina la durata delle attività svolte• la gestione della capacità delle risorse umane è molto più difficile della gestione della

capacità delle macchine

La vera sfida in questo caso è relativa al come proteggere i progetti dall’altissima imprevedibilità. Così come in uno stabilimento produttivo le prestazioni del sistema dipendono dal collo di bottiglia, in un progetto le prestazioni sono definite dal cammino critico (“Critical Path”). Così come in produzione, la soluzione della TOC per il project management considera (nella definizione dei reticoli di progetto) la capacità finita delle risorse. Pertanto, la TOC introduce un’estensione necessaria al concetto di cammino critico.Il cammino critico, nelle tecniche reticolari tradizionali, è definito dalla sequenza di attività che determina la durata del progetto, ma gli algoritmi di calcolo prevedono l’adozione della logica della capacità infinita. Infatti per determinare il cammino critico si costruisce il reticolo di progetto assumendo come vincolo di dipendenza tra attività solo il legame di causalità (“path dependence”)

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Buffer (Inventory)

Drum (Schedulazione

del Collo di Bottiglia)

X

Direzione del Flusso

Fasi del Processo

Rilascio del Materiale

Rope (Informazione)

Collo di Bottiglia

Figura 3

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Esiste però un secondo tipo di dipendenza, non meno importante, che le tecniche tradizionali (PERT, CPM) non considerano, se non in seguito alla costruzione del reticolo: tale dipendenza dipende dai conflitti di assegnazione risorse (“resource dependence”).Se si considerano entrambi i tipi di dipendenza si ottiene, come sopra accennato, un’estensione del concetto di cammino critico, che nella TOC è definita catena critica (“Critical Chain”). La catena critica è costituita dalle attività in sequenza che determinano la reale durata del progetto, ed è ottenuta tenendo in conto la capacità finita delle risorse.

Così come in produzione è necessario proteggere il collo di bottiglia mediante un buffer di alimentazione, nel project management occorre proteggere la durata del progetto posizionando un buffer a valle della catena critica (“project buffer”). E’ inoltre necessario proteggere la catena critica dagli eventi imprevedibili che possono accadere in attività che fanno parte di rami secondari e che in qualche punto si integrano nella catena critica: ciò si persegue attraverso l’inserimento di buffers alla fine delle attività dei rami secondari (“feeding buffers”).

In figura 4 si presenta un tipico reticolo di progetto costruito secondo le logiche della catena critica.

Sia il project buffer che i feeding buffers sono quantità temporali di protezione da inserire nella schedulazione delle attività, e hanno il compito, oltre che di proteggere la durata del progetto, di evitare tre problemi connessi alla natura delle risorse coinvolte:

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X

X FB PB

X

X

X

FB

FB

FB

FB

X

Data di completamento

a ttività assegnate a lla risorsa x

Critical chain

Figura 4

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• le risorse umane allocate su attività tendono a consumare tutto il tempo disponibile (“legge di Parkinson”)

• le risorse umane iniziano le attività in ritardo, se pensano di avere esubero di tempo (“sindrome dello studente”)

• le risorse umane tendono a sovrastimare le durate delle attività aggiungendovi margini di sicurezza (“safety”) che per i due problemi precedenti sono sistematicamente sprecati durante l’esecuzione.

Forzando una riduzione nella stima di attività (eliminando i margini di sicurezza) e compensando tale riduzione con l’inserimento di buffers (contenenti i margini di sicurezza precedentemente eliminati) alla fine della catena di attività dipendenti, si instaurano meccanismi che orientano i comportamenti favorendo l’eliminazione dei problemi di cui sopra. Con lo spostamento dei margini di sicurezza nei buffers, inoltre, ritardi e anticipi si mediano. Al contrario, se le “safety” sono incorporate a livello di singola attività, per il primo dei problemi sopra citati, si propagano solo i ritardi.

La più drammatica determinante del degrado sistematico nelle prestazioni dei progetti è la non corretta gestione dei contesti “multiproject”, quelli in cui le stesse risorse sono assegnate contemporaneamente allo sviluppo di più progetti.Il continuo spostare risorse su attività relative a differenti progetti allunga inesorabilmente le durate dei vari reticoli (“bad multitasking”) e introduce in tutti i progetti conflitti di assegnazione risorse (“resource contention”).Ancora una volta si ricorre al concetto di “drum”, sequenziando le attività della risorsa più carica e sincronizzando i vari reticoli di progetto alla schedulazione di detta risorsa. La sequenziazione dei reticoli così ottenuta (“staggering”) riduce al minimo i conflitti non solo della risorsa più carica, ma di tutte le altre risorse assegnate ai progetti.

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4. Conclusioni

Nata alla fine degli anni 70 come applicazione in ambito produttivo, la TOC è oggi una teoria manageriale completa a beneficio di tutti gli anelli della supply chain, la cui efficacia è comprovata da centinaia di casi di successo nel mondo nei più svariati settori industriali.

Aziende quali Boeing, General Motors, Ford, Procter, Rockwell, Philips, Alcan, Xerox, Lucent, 3M, Caterpillar, Motorola e molte altre, adottano la teoria già da qualche anno. Esperti di Theory of Constraints stanno lavorando in Toyota per ridefinire le politiche produttive adattandole alle logiche del Drum Buffer Rope.

La conoscenza della TOC si sta diffondendo a un tasso elevato, l’efficacia delle sue tecniche sta prepotentemente conquistando la ribalta negli ambienti industriali e accademici di tutto il mondo, e le aziende italiane non possono permettersi di ignorare questa realtà.

In Italia la sua diffusione è ancora limitata, anche per la mancanza di pubblicazioni in lingua italiana. L’articolo, necessariamente sintetico, presenta la teoria completa definendo un contesto di riferimento per l’approfondimento dei singoli argomenti che dovrà per il momento essere affrontato in lingua inglese.

5. Bibliografia

Cox, James F. III and Michael S. Spencer. The Constraints Management Handbook.Boca Raton, FL: St. Lucie Press/APICS Series on Constraints Management: 1998.

Dettmer, William H. Goldratt ’s Theory of Constraints: A Systems Approach to Continuos Improvement. Milwaukee, WI: ASQC Press, 1997

Goldratt, Eliyahu M.The Haystack Syndrome: Sifting Information out of the Data Ocean. Croton-on-Hudson, NY: The North River Press, 1990.

Goldratt, Eliyahu M. Theory of Constraints: What is This Thing Called the Theory of Constraints and How Should It be Implemented? Croton-on-Hudson, NY: The North River Press, 1990.

Goldratt, Eliyahu M. Critical Chain. Great Barrington, MA: The North River Press, 1997.

Goldratt, Eliyahu M. & Jeff Cox.1992. The Goal, Second rev.ed. Croton-on-Hudson, NY: The North River Press.

Goldratt, Eliyahu M. and Robert E. Fox. The Race. Croton-on-Hudson, NY: The North River Press, 1986.

Noreen, Eric, Debra A. Smith, and James T. Mackey. The Theory of Constraints and its Implications for Management Accounting, edited by Clare Barth. First Edition. Great Barrington, MA: North River Press, 1995.

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Scheinkopf, Lisa. Thinking For Change: Putting the TOC Thinking Processes to Use. Boca Raton, FL: St. Lucie Press/APICS Series on Constraints Management, 1999.

Schragenheim, Eli. 1999; Management Dilemmas: The Theory of Constraints Approach to Problem Identification and Solutions. Boca Raton, FL: St. Lucie Press APICS Series on Constraints Management, 1999.

Breve profilo dell’autore

Filippo Pescara, ingegnere, consulente di direzione nell’ambito di progetti di sviluppo organizzativo e di miglioramento dei processi della supply chain, si occupa da anni di Teoria dei Vincoli (Theory of Constraints – TOC) applicandone le metodologie e i principi ai suoi progetti di consulenza. È membro del Constraint Management Special Interest Group dell’APICS ed è parte del network internazionale ad esso collegato. È stato formato dal dottor Eli Goldratt (ideatore della teoria) ed è stato facilitatore del sito italiano del Goldratt Satellite Program (corso erogato in diretta via satellite sui 6 continenti dal dottor Goldratt nella primavera 1999). Fa inoltre parte, in qualità di “Toc Expert” del network internazionale legato al GMG (Goldratt Marketing Group). Filippo Pescara è titolare della società di consulenza di direzione IFP Ingegneria e Management.

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