Tiziana Basiricò, Simona Bertorotta - Aracne editrice · strada italiana non passa per le...

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Tiziana Basiricò, Simona Bertorotta L’industrializzazione nei quartieri di edilizia residenziale pubblica con una presentazione di Sergio Poretti ed un saggio introduttivo di Antonio Cottone

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Tiziana Basiricò, Simona Bertorotta

L’industrializzazione nei quartieri di edilizia residenziale pubblica

con una presentazione di Sergio Poretti ed un saggio introduttivo di Antonio Cottone

Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

Via Raffaele Garofalo, 133/A-B00173 Roma

+39(06) 93781065

isbn: 978-88-548-6038-4

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale, conqualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore

I Edizione: Giugno 2013

Direttori

Antonio CottoneUniversità degli Studi di Enna “Kore”Cesare AjroldiUniversità degli Studi di Palermo

Comitato scientifico

Riccardo NelvaPolitecnico di TorinoFranco NutiUniversità degli Studi di FirenzeAngelo TorricelliPolitecnico di MilanoDaniele VitalePolitecnico di Milano

Comitato di redazione

Dario CottoneUniversità degli Studi di PalermoTiziana BasiricòUniversità degli Studi di Enna “Kore”Simona BertorottaUniversità degli Studi di PalermoGiuseppe BorzellieriUniversità degli Studi di PalermoFosca MiceliUniversità degli Studi di Palermo

Della stessa collana

1Simona Bertorotta, Dario CottoneIdee per una nuova città moderna.Concorsi di Architettura a Palermo

2Dario CottoneTradizione e modernità. Le architetture di Pietro Ajroldi

3 Tiziana Basiricò, Simona BertorottaL’industrializzazione nei quartieri di edilizia residenziale pubblica

DAL PROGETTO ALLA COSTRUZIONE ALLA CITTÀ

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La collana intende incentrare la sua atten-zione sui processi legati al progetto ed allacostruzione dell'architettura modernanella città ai fini anche della conservazionee recupero degli episodi più significativi.Al suo interno sono pubblicati volumisviluppati e curati all’interno di gruppi diricerca appartenenti al mondo universi -tario. La collana vuole essere il luogo dellamulti disciplinarietà ma avendo comefermo e preciso punto di riferimento ilprogetto (in tutte le sue declinazioni) inquanto strumento di analisi e modifi-cazione delle nostre città.Particolare attenzione sarà riservata allaconoscenza di protagonisti ed operespesso noti solo agli studiosi locali.

Si ringraziano:Gli eredi del Prof. Benedetto Colajanni, per avere messo a disposizione il cospicuo materiale dell’archivio professionle, la RipartizioneLavori Pubblici del Comune di Palermo per avere concesso la consultazione e riproduzione del ricco materiale del suo archivio, ed inparticolare l’ing. Calogero Vinci, l’ing. Michele Trimarchi per i preziosi ricordi e testimonianze, l’ing. Claudio Li Vigni per avere fornitoinformazioni e documetazione fotografica sull’intervento di Piazza della Pace, il sig. Giuseppe Saitta per avere restituito uno squarciodel clima nel quale le cooperative edilizie lavorarono in Sicilia, il geom. Salvatore Saitta per le notizie sui cantieri industrializzati dellacooperativa “La Sicilia” negli anni ‘80, gli ingg. Massimo Trebbi e Rodolfo Morigi per il materiale fotografico del Consorzio Ravennate,l’associazione ArchxArch per il supporto informatico ed archivistico fornito.Si ringrazia, infine, l’arch. Dario Cottone per avere curato l’editing della copertina di questo volume.

Dedichiamo questo lavoro ai nostri amati Daniele e Simone ed Alessandro, Caterina e Marta, privati per qualche tempo della nostradedizione.

In copertina: Fotografia di cantiere del quartiere Oreto (1982)

Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di ArchitetturaPubblicazione effettuata con fondi di ricerca MIUR PRIN 2008 dal titolo La costruzione industrializzata in Italia tra gli anni ‘60 e gli anni ‘80. Modi e tecniche di conservazione e recupero. Coordinatore Scientifico: Prof. Sergio Poretti, Università degli Studi di Roma - Tor VergataResponsabile locale Prof. Antonio Cottone (sino al 30.06.2010)

Prof.ssa Silvia Pennisi (dal 01.07.2010)

L’uomo fiorisce una volta sola. La bellezza, l’agilità, la forma fisica, la prontezza dei riflessi,

l’euforia e la goliardia sono propri della gioventù.Poi inizia il declino, fisico e mentale, e appassisce lentamente.

L’albero no.L’albero fiorisce a cicli continui. Quando sembra decrepito e

stanco, in una sola primavera rinasce e torna più bello erigoglioso di prima.

(Antonio Manganelli, Il sangue non sbaglia, Rizzoli, 2013)

A Benedetto Colajanni

Indice

Un’industrializzazione sfasata 11Presentazione di Sergio Poretti

Edilizia ed industria nell’Italia del secondo dopoguerra 15Saggio introduttivo di Antonio Cottone

1.Industrializzazione e cooperazione nella realtà edilizia palermitana 31Tiziana Basiricò

2.Morfologia e tecniche industrializzate nei quartieri di edilizia residenziale pubblica a Palermo 61Simona Bertorotta

3.La prima esperienza di industrializzazione con coffrage-tunnel nel quartiere Sperone 81Tiziana Basiricò

4.Una stecca di banches et tables lungo il fiume Oreto 95Simona Bertorotta

5.Industrializzazione e prefabbricazione in tre interventi nel quartiere Borgo Nuovo 113Simona Bertorotta

6.L’industrializzazione per componenti in acciaio nel complesso polifunzionale di Piazza della Pace 131Tiziana Basiricò

Bibliografia ed Emerografia 143

Gli studi compresi in questo libro rientrano tra gli esiti diuna ricerca nazionale su "La costruzione industrializzata inItalia tra gli anni '60 e gli anni '80”. È l’ultima di una lungaserie di lavori collettivi iniziata nel lontano 1994 con l’in-tento di ripercorrere il tortuoso tragitto che nel XX secoloha portato dalla costruzione tradizionale a quella moderna.Dopo le esplorazioni compiute sul periodo tra le due guerre,sulla ricostruzione nel secondo dopoguerra, sulla vicendadel piano INA-Casa, siamo arrivati al fenomeno forse piùtrascurato dalla storia dell’architettura: il tentativo di avviareanche in Italia, all’inizio degli anni sessanta, con vent'annidi ritardo, un processo di industrializzazione generale del-l’edilizia.Nei vari paesi europei lo sviluppo dell’industrializzazionedell'edilizia ha seguito nel Novecento un percorso bendefinito. In una prima fase, tra le due guerre, si inserivanonel cantiere tradizionale nuovi prodotti industriali. Era unaconseguenza diretta della diffusione della struttura a telaioindipendente (in acciaio o cemento armato) che richiedevacomponenti più leggeri. Intanto si sperimentavano, ma solosporadicamente, le prime applicazioni di sistemi prefabbri-cati. Con queste premesse, subito dopo la seconda guerradecollava il processo indirizzato alla industrializzazionecompleta dell’edilizia. Sotto le pressanti esigenze della ri-costruzione, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, inOlanda, si varavano grandi programmi per la residenza e perl'edilizia scolastica, basati interamente sulla prefabbricazioneindustriale.Ben diverso, nei tempi e nei modi, è il corso del progressotecnico nell'edilizia italiana. Negli anni venti e trenta, la dif-fusione del cemento armato non provoca trasformazioninel cantiere tradizionale: il materiale del secolo, simbolodella modernità, viene trattato, non alla stregua dell'acciaio,ma come una variante dell'opera muraria. Durantel'autarchia, la natura muraria del calcestruzzo risulta ulteri-

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ormente enfatizzata. All'indomani della seconda guerra, edè questa la vera singolarità, dopo un dibattito vivace e nu-merosi esperimenti sulla prefabbricazione, alla fine vieneribadita l'esigenza di conservare la costruzione artigianale.L’industrializzazione, intesa come trasformazione com-plessiva del modo di costruire, è ulteriormente rinviata. Equando arriverà, finito il miracolo economico, sarà unfenomeno ormai anacronistico. Si ridurrà all'importazionedi tecniche costruttive del tutto estranee alla tradizione ita-liana. Durerà pochi anni, coincidenti con uno dei periodimeno felici dell'edilizia e dell'architettura italiana.Le ragioni dello sfasamento del fenomeno vanno ricondotte,allargando il quadro, al percorso anomalo che l’intero si-stema-paese compie per arrivare alla modernizzazione. Lastrada italiana non passa per le canoniche rivoluzioni indu-striali: non per la prima, certamente; ma nemmeno per laseconda, basata sull'energia idroelettrica (anche se è stato af-fermato spesso il contrario). È verò che attività industrialivengono intraprese, ma non avviene mai, almeno fino almiracolo economico, quel passaggio netto da paese agricoloa paese industrializzato per cui è stata coniata la definizioneun po’ enfatica di "rivoluzione industriale”. L’Italia (consi-derata per questo affetta da un incurabile ritardo tecno-logico), procede verso la modernizzazione seguendo unpercorso diverso, lungo il quale mantiene una condizioneibrida, di pacifica coesistenza tra attività industriali etradizioni artigianali. La fase della protoindustrializzazione (normalmente brevee dinamica) in Italia assume un carattere cronico. Questospiega il congelamento dell’edilizia in uno stato artigianalee il ritardo della prefabbricazione. All’avvio dell’industria-lizzazione, infatti, ovunque il settore edilizio ha funzionatoda elemento equilibrante tra agricoltura e industria, graziealla sua capacità di assorbire la mano d'opera in transito daun settore all'altro. La differenza è che in Italia questo ruolo

Un’industrializzazione sfasataSergio Poretti

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si protrae negli anni trenta e si rivela ancora necessario nelsecondo dopoguerra. Nel ’49 il piano INA-Casa, dovendorispondere prima ancora che al fabbisogno di case all’esi-genza dell'occupazione operaia, interrompe in modo dras-tico il dibattito sulla prefabbricazione e arriva al punto divietarne severamente l’applicazione.Bisogna dunque aspettare il 1963, quando all’improvvisol’ondata della prefabbricazione industriale dilaga su piùfronti. Nel settore della residenza (l’iniziativa è degli IACPdella Lombardia) vengono importati i principali sistemifrancesi a grandi pannelli, usati negli altri paesi durante la ri-costruzione e ormai in fase di dismissione (sullo slancio,analoghi sistemi di prefabbricazione pesante vengono messia punto da imprese italiane). Intanto, nell’edilizia scolasticadecolla un'altra prefabbricazione, quella leggera per compo-nenti, basata su agili ossature portanti in acciaio o in ce-mento armato precompresso e sottili pannellature. Ispiratedai sistemi inglesi importati (Clasp e Laingspan), piccoleditte specializzate nei serramenti metallici si impegnano nellaproduzione di analoghi sistemi italiani. Nel frattempo, uncontributo fondamentale alla definizione di sistemi in ce-mento armato ad elementi prefabbricati proviene dallascuola del design italiano (figg. 1 e 2).

All’interno della cultura tecnica, il clima è quello del trion-fante inizio di una trasformazione radicale e definitiva del-l’edilizia. Le iniziative sono tante: dalle associazioniimprenditoriali, come l'AIP, alla istituzione di organismi sci-entifico-burocratici, come l'ICITE; dagli studi sulla unifi-cazione, sulla normativa e sul controllo della qualità, allapromozione della ricerca, con l’istituzione dell'AIRE, con iprogrammi speciali del CNR; da azioni divulgative come ilSAIE di Bologna, alla costituzione di organismi tecnici spe-cializzati, come l'Italstat, la Montedil, la Tecneco, la Tecno-casa. Nel frattempo la tesi dell’industrializzazionerivoluziona la ricerca accademica sull'edilizia. Dal Politec-nico di Milano, dove Giuseppe Ciribini fin dagli annicinquanta ha posto l'istanza della scientificità, il processo dirinnovamento invade l'intera struttura universitaria. A parte qualche profetico scetticismo, l’opinione che l’in-dustrializzazione segni il passaggio definitivo dell’edilizia inuna nuova epoca è largamente prevalente. Oggi constatiamoche è stata una falsa partenza: nel giro di pochi annil'evoluzione del modo di costruire cambierà rotta di nuovo,imboccando direzioni impreviste. Resta il fatto che l’edilizia industrializzata realmente costruitain questo breve lasso di tempo (in quantità rilevanti, almeno

SERGIO PORETTI

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Fig.1: Scuola materna di Mangiarotti e Sironi

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UN’INDUSTRIALIZZAZIONE SFASATA

nelle grandi città) segna un drastico scadimento della qualitàdell’architettura corrente. Sia pure con qualche isolata ec-cezione, nei quartieri e nelle scuole di questi anni rimane larappresentazione più emblematica di un momento negativo:quello in cui l'edilizia e l'architettura italiana perdono la loroidentità. È solo una coincidenza? Oppure l'industrializzazione,sfasata e importata, è uno dei sintomi del declino? O ad-dirittura una delle cause? La verità è che il fenomeno, enfatizzato nei settori accade-mici e burocratici della tecnica (alla ricerca di occasioni perrivitalizzarsi), si svolge però nella totale indifferenza dellacultura architettonica più avvertita. Mentre negli altri paesil’industrializzazione dell’edilizia ha coinvolto l'intero mondodell'architettura, quando arriva in Italia, l'intellighenzia ar-

chitettonica (che pure fino ad allora, negli anni dell'Ina Casa,aveva partecipato attivamente alle vicende produttive) èormai impegnata su altri temi, ben lontani dalle questionidella costruzione. È il momento delle sofisticate teorie sulladimensione urbana dell'architettura, delle originali riletturestorico-critiche del movimento moderno, dell'importazionedei primi postmodernismi, di Kahn, di Venturi, di Stirling.È in corso, insomma, un progetto di vera e propria rifon-dazione della disciplina, che non può essere condizionatodalle contemporanee vicissitudini di natura produttivistica.La storia della costruzione, come ogni storia materiale, im-pone di anteporre al giudizio critico la ricostruzione dei fattie la conoscenza delle opere. In quanto considera l'architet-tura come una pratica, momento nevralgico della culturamateriale, nutre la stessa curiosità per quanto accaduto neiperiodi più gloriosi e nelle fasi involutive o decadenti. Anzi,succede spesso che dall'investigazione nei momenti più bui,superato il pregiudizio ideologico, scaturiscano storie inter-essanti ed avvincenti. Sullo slancio però, la storia materialepuò portare, sul versante opposto, all’apprezzamentoacritico. Rovistando in periodi rimossi, tra eventi e cose ri-maste a lungo dimenticate, facilmente ci si innamora del-l’oggetto di studio. Capita allora di scivolare dal rifiuto all’apologia (l’eccessivarivalutazione dello stile littorio è un esempio recente diquesto passaggio dal pregiudizio ad un simmetrico post-giudizio).È anche vero che nel caso dell'edilizia industrializzata italianail pericolo è molto più remoto: per quanto le vicende ri-costruite possano essere interessanti (e gli studi pubblicatiin questo volume lo dimostrano), la qualità scadente dell’ar-chitettura realizzata sembra francamente irrimediabile.

Fig.2: Stabilimento industriale di Mangiarotti,Ballio, Colombo e Vintani

A pagina 10 foto del quartiere Corviale a Roma in fase di costruzione

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coordinamento dimensionale fu fornito dall’UNI, l’Entenazionale per l’unificazione nell’industria, che nel 1949 pub-blica la Tabella UNI 2951 “Unificazione coordinata nel-l’edilizia: sistema del modulo”, con la terminologia di baseed i principi fondamentali della coordinazione modulare,stabilendo il modulo base M uguale a 10 cm, identico aquello adottato dalla Francia sin dal 1942 ed analogo aquello di 4” (10,159 cm) in vigore dal 1945 negli Stati Uniti;l’attività dell’UNI nel settore edilizio proseguì occupandosidi unificazione degli elementi costruttivi e degli impianti, disimbologie e norme per il disegno tecnico, di coordinazionedimensionale delle altezze e delle tolleranze sia di lavo-razione che di posa in opera.Nonostante l’interesse per la prefabbricazione e l’industri-alizzazione edilizia andasse crescendo e ottenendo molticonsensi, in Italia si era ancora troppo legati all’ediliziatradizionale ed artigianale e sfiduciosi dei risultati ottenibilicon un’industrializzazione su larga scala; la maggiore diffi-coltà era quella di convincere gli operatori e gli utenti che lenuove tecnologie potessero concretamente velocizzare itempi e ridurre i costi, utilizzando prodotti di qualità con-trollabile e senza alcuna limitazione all’inventiva progettualeed alla creatività garantendo sempre la varietà degli edifici el’autonomia dei progettisti.L’attenzione degli operatori si concetrò allora su aspetti mar-ginali e lontani dalla centralità della progettazione, come larazionalizzazione del cantiere (fig. 5), defininendo i tempidi realizzazione delle varie parti dell’edificio, analizzando imovimenti interni degli uomini, dei mezzi e dei materiali,individuando le aree per lo stoccaggio, traducendosi così inun risparmio di tempi e di costi pur non incidendo sul di-battito riguardante la qualità architettonica.L’esigenza di riorganizzare e modernizzare il settore ediliziorestava abbastanza diffusa sia a livello nazionale che inter-nazionale ed era al centro di numerose iniziative.

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I primi esempi di industrializzazione edilizia si sviluppanonella prima metà del XIX secolo con la realizzazione dimanufatti totalmente prefabbricati e montati lontano dai lu-oghi di produzione (fig. 1).Sarà con i primi esempi di costruzioni in ferro della secondametà del secolo, per merito principalmente di Joseph Pax-ton, che l’idea della costruzione prefabbricata smontabile erimontabile (fig. 2) si afferma in Europa.Negli anni del primo dopoguerra, in Germania, il regimesocialdemocratico della Repubblica di Weimar affronta ilproblema dell’abitazione a grande scala sperimentando nelleSiedlungen, con i giovani architetti May, Taut, Wagner,Salvisberg, Gropius ed Haesler, nuovi materiali con carat-testiche innovative e nuovi sistemi costruttivi industrializzatisia in acciaio che in calcestruzzo (fig. 3). Nello stessoperiodo anche Le Corbusier sperimentava in Francia lacostruzione di case prefabbricate con il sistema Minimal, re-alizzato in acciaio e calcestruzzo (fig. 4); ma il movimentomoderno e le sue poche realizzazioni ebbero scarso seguitoper la difficoltà di liberarsi da un’architettura di tipotradizionale, che frenò l’evoluzione delle varie sperimen-tazioni e che si concluse con i nuovi regimi autoritari che siimposero in quegli anni in Europa.Con la fine della seconda guerra mondiale si ha la necessitàdi ricostruire, restaurare, rimettere in piedi il vecchio conti-nente creando quindi le opportunità per l’adozione di nuovimateriali e nuove tecniche costruttive che contribuisseroanche alla ripresa del tessuto industriale e produttivo. Sipone l’esigenza di riduzione ed ottimizzazione dei tempi edei costi di costruzione, ottenibili solo applicando all’ediliziametodologie già consolidate in altri settori industriali qualila standardizzazione dei prodotti, la produzione in serie eda magazzino ottenibili solo attraverso l’unificazione ed il co-ordinamento dimensionale degli elementi costruttivi.In Italia un contributo fondamentale all’unificazione ed al

Edilizia ed industria nell’Italia del secondo dopoguerraAntonio Cottone

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Ricordiamo nel 1946 la costituzione del Centro industrialelombardo di coordinamento per l’edilizia, la Mostra del Cen-tro Italiano Studi per la Ricostruzione e la Fiera campionariadi Milano, sorte per favorire la ripresa produttiva in terminiindustrializzati del settore edile e per sollecitare la sensibilitàdegli organi statali, degli enti locali e la partecipazione delleindustrie e delle categorie professionali.Nel 1948 viene fondato il Centro Studi sull’Abitazione,organo del C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche),basato sulla ricerca, sugli studi e sulle sperimentazioni e cheaveva come finalità, non solo quella di promuovere e faradottare su scala nazionale gli elementi di dimensioni unifi-cate, ma anche di fissare le tipologie, diffondere i tipi diimpiego, adeguare i ritmi di costruzione in fabbrica con

Fig.1: Palazzo prefabbricato di J. Walker Fig.2: Casa trasportabile di J. PaxtonFig.3: Parete esterna progettata da W. GropiusFig.4: Sistema Minimal di Le Corbusier

ANTONIO COTTONE

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cia, Inghilterra, India, Italia, Jugoslavia, Messico, Norvegia,Nuova Zelanda, Polonia, Sud Africa, Svezia, Svizzera,U.R.S.S., U.S.A., con l’obiettivo di facilitare lo sviluppo dellanormalizzazione ed agevolare gli scambi di merci e di servizied organizzare il coordinamento e l’unificazione dellenorme nazionali e internazionali rispetto quattro aspetti fon-damentali: terminologia, dimensioni, metodi di prova e at-titudine d’impiego.Nel 1953 viene istituito il Conseil International du Bâtiment(C.I.B.), con un ampliamento delle funzioni rispetto all’e-sistente C.I.D.B.. L’organismo, strutturato nelle sezioniricerca, studi, applicazione della ricerca e documentazione,si proponeva di diffondere tutti i materiali riguardantil’edilizia, ma soprattutto verificare l’attendibilità delle fontied il controllo, prima della diffusione, di dati a livello inter-nazionale.

quelli dei cantieri.Nello stesso anno viene fondata l’U.I.A (Union Inter-nazionale des Architectes) che si pone come collegamentotra le industrie di prefabbricazione e gli architetti, o megliole loro idee, in modo da tutelare la loro creatività puradeguandosi all’evoluzione tecnologica dell’edilizia.Nel 1949 viene fondato il C.I.D.B. (Center InternationalDocumentation Building) con la funzione della raccolta edella diffusione delle novità scientifiche e tecniche nelcampo dell’industrializzazione edilizia, in modo da averedocumentazione, a livello internazionale, da tradurre e dif-fondere.Un altro avvenimento importante è la costituzione a Londradell’I.S.O. (International Organisation for Standardisation),alla quale partecipano Australia, Austria, Belgio, Brasile,Canada, Cecoslovacchia, Cina, Danimarca, Finlandia, Fran-

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EDILIZIA ED INDUSTRIA NELL’ITALIA DEL SECONDO DOPOGUERRA

Fig.5: Planimetria di un cantiere razionalizzato

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