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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN BIOLOGIA E APPLICAZIONI BIOMEDICHE Dipartimento di medicina sperimentale Sezione di patologia generale e clinica TISSUE ENGINEERING COLTURA DI CHERATINOCITI E FIBROBLASTI SU SUPPORTO DI PLASMA Relatori Chiar. ma Prof. ssa Renata Franchi Gazzola Correlatori Chiar. mo Dott. Stefano Negri Laureanda Elena Alessi Anno Accademico 2007/2008

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

BIOLOGIA E APPLICAZIONI BIOMEDICHE

Dipartimento di medicina sperimentale Sezione di patologia generale e clinica

TISSUE ENGINEERING

COLTURA DI CHERATINOCITI E FIBROBLASTI SU SUPPORTO DI PLASMA

Relatori Chiar. ma Prof. ssa Renata Franchi Gazzola Correlatori Chiar. mo Dott. Stefano Negri

Laureanda Elena Alessi

Anno Accademico 2007/2008

INDICE RIASSUNTO 1. INTRODUZIONE pag.1

1.1. TISSUE ENGINEERING pag.1

1.2. SCOPO TESI pag.4

1.3. ISTOLOGIA- LA CUTE pag.5

a) Struttura e funzione pag.5

b) Epidermide pag.6

c) Differenziazione epidermica pag.6

d) Giunzione dermo-epidermica pag.9

e) Derma pag.10

. f) Cellule staminali pag.12 g) Cellule staminali dell’epidermide pag.14

1.4. CUTE INGEGNERIZZATA pag.16

a) Componente epidermica pag.18

b) Componente dermica pag.18

c) Graft composto pag.20

2. BIOMATERIALI DI SUPPORTO pag.22

3. MATERIALI E METODI pag.24

3.1. MODALITÀ DI PRELIEVO DEL LEMBO DI CUTE AUTOLOGA pag.26

3.2. MODALITÀ DI INNESTO pag.26

3.3. TEMPI E MODALITÀ DI CONSEGNA DEL PREPARATO pag.27

3.4. ESTRAZIONE DI CHERATINOCITI E FIBROBLASTI UMANI pag.27

3.5. FIBROBLASTI UMANI pag.28

a) Coltura primaria di fibroblasti umani pag.28

b) Tripsinizzazione di fibroblasti umani pag.29

3.6. CHERATINOCITI UMANI pag.30

a) Coltura primaria di cheratinociti umani pag.30

b) Coltura secondaria di cheratinociti umani pag.30

c) Tripsinizzazione di cheratinociti umani pag.31

3.7. FIBROBLASTI 3T3 pag.32

a) Coltura di fibroblasti 3T3 pag.32

b) Tripsinizzazione di fibroblasti 3T3 pag.32

c) Trattamento con irradiazione di fibroblasti 3T3 pag.32

d) Congelamento di fibroblasti, cheratinociti e fibroblasti 3T3 pag.33

e) Scongelamento di fibroblasti, cheratinociti e fibroblasti 3T3 pag.33

3.8. PREPARAZIONE DEL SUPPORTO DI PLASMA UMANO pag.34

3.9. PREPARAZIONE DELLE SOLUZIONI pag.39

4. RISULTATI pag.40

5. DISCUSSIONE pag.51

6. CONCLUSIONI pag.54

7. BIBLIOGRAFIA pag.55

RIASSUNTO

L'ingegneria tessutale è un'area multidisciplinare di ricerca che ha come

scopo la rigenerazione di tessuti ed organi danneggiati del nostro organismo,

partendo dal presupposto che la quasi totalità delle cellule animali possono

essere coltivate in laboratorio.

Il principio generale è quello di prelevare cellule staminali dallo stesso

paziente bisognoso di trapianto, farle crescere e differenziarle su un supporto

idoneo in modo da produrre il tessuto che deve essere sostituito.

Questo tipo di ricerca è nato in risposta al crescente fabbisogno di tessuti e

organi che le donazioni non sono in grado di soddisfare.

La sfida dell’ingegneria tissutale è duplice: da un lato si tratta di individuare un

supporto (matrice o scaffold) adatto con il quale le cellule siano in grado di

interfacciarsi per formare strutture stratificate, dall’altro di capire e riprodurre le

condizioni che consentono alle cellule di crescere, moltiplicarsi e differenziarsi

nei diversi tipi di tessuti.

Il principio generale dell’ingegneria tissutale è quello di prelevare cellule

staminali dallo stesso Paziente bisognoso di trapianto, farle crescere e

differenziare su un supporto artificiale in modo da produrre fedelmente e

tridimensionalmente il tessuto o l’organo che deve essere sostituito; infine

sottoporre il Paziente al trapianto.

Nella maggior parte dei casi, il supporto consiste in una membrana realizzata

con uno speciale materiale biologico che determinerà la forma del tessuto

coltivato. Le cellule debitamente trattate vengono trasferite sul supporto e

stimolate a crescere. Con il tempo, quest’ultimo si autodissolve o viene indotto

a farlo, lasciando dietro di sé unicamente il tessuto riprodotto.

Poiché le cellule usate per coltivare i tessuti vengono generalmente prelevate

dal Paziente stesso, l’eventualità di una reazione di rigetto è nulla.

Allo stato attuale, per il trattamento delle ulcere, i materiali utilizzati per i

supporti sono molteplici, tra cui ricordiamo collagene, acido ialuronico, fibrina,

cellulosa.

In questa sede verrà trattato un nuovo tipo di biomateriale, il plasma autologo,

come scaffold per la crescita, espansione e differenziazione di fibroblasti e

cheratinociti, anch’essi autologhi.

Lo scopo di questo lavoro è stato quindi, quello di cercare di costruire una

matrice adatta alla crescita di fibroblasti e cheratinociti, con la possibilità di

innestare il lembo di cute artificiale sul Paziente.

INTRODUZIONE

1

1. INTRODUZIONE

1.1. TISSUE ENGINEERING

L'Ingegneria tessutale ("Tissue Engineering") è un'area multidisciplinare di

ricerca che ha come scopo la rigenerazione di tessuti ed organi danneggiati

del nostro organismo, partendo dal presupposto che la quasi totalità delle

cellule animali possono essere coltivate in laboratorio (3).

Il termine "Tissue Engineering" è stato introdotto dalla fondazione Washington

National Science nel meeting del 1987.

Nel XX secolo i trapianti di tessuti (osso, muscolo e cute) e di organi (rene,

fegato, polmone) sono stati introdotti con successo nella pratica terapeutica

grazie all'impiego di tecniche di anastomosi micro vascolare e di idonea

terapia immunosoppressiva. Nonostante ciò, molti sono i problemi legati al

trapianto di organi, tra i quali i più significativi sono:

scarsa disponibilità di tessuti e d'organi idonei al trapianto e

conseguenti lunghi tempi di attesa;

necessità di sottoporre il Paziente a terapia immunosoppressiva per

tutta la vita con conseguenti deficit immunitari;

rischio di trombo embolia nel caso in cui vengano utilizzati materiali

sintetici (ad esempio per le valvole cardiache) e di emorragie

conseguenti al trattamento anticoagulante;

necessità di sottoporre il paziente a più trapianti (ad esempio per rigetto

tardivo o utilizzo in pazienti giovani di materiale sintetico non in grado di

adeguarsi alla crescita corporea).

Il principio generale dell'ingegneria tessutale è quello di prelevare cellule

staminali dallo stesso Paziente bisognoso di trapianto, farle crescere e

differenziare su un supporto biologico in modo da produrre fedelmente e

tridimensionalmente il tessuto o l'organo che deve essere sostituito; infine

sottoporre il Paziente al trapianto (15).

INTRODUZIONE

2

E' molto importante che:

venga prodotta una grande quantità di cellule e di tessuto sufficiente

per riparare il difetto;

venga garantita una giusta differenziazione cellulare in modo da

mantenere un corretto fenotipo;

venga riprodotta una struttura tridimensionale identica al tessuto o

organo da sostituire per garantire una corretta vascolarizzazione.

Le cellule che possono essere impiegate per la rigenerazione e riparazione

tessutale possono provenire da:

cellule staminali embrionali (fino all’ottava settimana di

gestazione);

cellule staminali fetali (dall’ottava settimana al parto);

cellule staminali da cordone ombelicale;

cellule staminali adulte che provvedono al mantenimento dei

tessuti e alla loro riparazione. Possono essere multipotenti o

unipotenti o mature e cioè sviluppare una sola linea cellulare.

Ricordiamo che le cellule staminali sono distinte in:

totipotenti: potenzialmente capaci di originare qualsiasi tipo di tessuto,

Possono creare un organismo completo.

pluripotenti: possono sviluppare una vasta gamma di tessuti, ma non

sono in grado di sviluppare un organismo completo.

unipotenti: sviluppano una sola linea cellulare. Sono cellule

parzialmente differenziate che, al termine della differenziazione,

possono produrre un solo specifico tipo di cellula.

Le cellule scelte per le colture possono provenire da prelievi autologhi,

omologhi o eterologhi. Le prime vengono prelevate dallo stesso Paziente che

necessita del trapianto; le seconde da un individuo della stessa specie

INTRODUZIONE

3

(vivente o cadavere). Infine le eterologhe sono prelevate da un donatore di

specie diversa dal ricevente, per esempio il maiale per l'uomo.

L'utilizzo delle cellule di origine omologa e eterologa presenta il problema del

rigetto e della sicurezza del campione; perciò è preferibile, quando possibile,

utilizzare cellule di origine autologa.

INTRODUZIONE

4

1.2. SCOPO TESI La dimostrazione dell'esistenza di popolazioni di cellule staminali residenti in

molti organi e tessuti dell'adulto ha portato alla nascita dell'ingegneria

tessutale.

Questa ha avuto applicazioni più o meno consolidate nell'ambito della

chirurgia plastica, dell'ortopedia e dell'oculistica (19).

Molti studi si sono rivolti verso la cute bio-ingegnerizzata con l'obiettivo di

riuscire a far crescere le cellule senza rischio d'infezioni, in modo rapido e

soprattutto riproducibile.

Questi studi si basano sull'utilizzo di cellule epidermiche umane (cheratinociti

basali e fibroblasti) prelevate da prelievi bioptici autologhi con successiva

formazione di lembi d'epidermide utilizzabili per la terapia d'ulcere, ustioni e

per interventi di chirurgia ricostruttiva (20).

Queste metodiche richiedono la necessità di impiegare un supporto idoneo da

utilizzare come carrier per le cellule in coltura (ad esempio collagene o acido

ialuronico) (22, 26).

Negli ultimi anni si è rivolta grande attenzione verso la creazione di nuovi tipi di

supporti. Lo scopo di questa ricerca è pertanto quello di isolare cheratinociti e

fibroblasti umani ed utilizzare il plasma autologo per la formazione di lembi di

cute con caratteristiche morfo-funzionali ed immunoistochimiche molto vicine a

quelle dell'epidermide normale (34, 35).

Essendo il materiale interamente autologo, il problema del rigetto è nullo.

La ricerca è stata condotta all’Azienda Ospedaliera “Carlo Poma” di Mantova,

nel laboratorio di colture cellulari, sotto la responsabilità del Dottor Negri

Stefano.

INTRODUZIONE

5

1.3. ISTOLOGIA - LA CUTE

a) Struttura e Funzione

La cute è un organo complesso che ricopre l'intera superficie corporea e

svolge importanti funzioni:

agisce da barriera protettiva nei confronti dell'ambiente esterno

opponendosi al passaggio dei microrganismi e assorbendo le

radiazioni;

mantiene l'equilibrio idrico;

partecipa alla regolazione della temperatura corporea;

svolge un ruolo immunologico, grazie alla presenza di cellule

immunocompetenti;

funziona come organo di relazione, grazie alla presenza di una fitta rete

nervosa (23).

Partendo dalla superficie ed arrivando in profondità la cute è costituita da un

epitelio, l'epidermide; da un tessuto connettivo, il derma e da un tessuto

adiposo chiamato sottocutaneo (figura 1).

Figura 1. Sezione di cute

INTRODUZIONE

6

b) Epidermide

È una lamina formata da epitelio pavimentoso stratificato le cui cellule sono

denominate cheratinociti.

Nell'epidermide dall'interno verso l'esterno possiamo distinguere vari strati che

sono differenziati sia da un punto di vista morfologico che funzionale:

Strato basale o germinativo: è costituito da una fila di cellule di forma

prismatica, appoggiate alla membrana basale, che hanno un’intensa

attività proliferativa;

Strato spinoso: è costituito da più file di cellule di forma poliedrica.

Quelle più superficiali sono più piatte e sono tutte provviste di

prolungamenti (spine) con i quali si pongono in stretto contatto le une

con le altre;

Strato granuloso: è formato da cellule appiattite e ricche di irregolari

granuli citoplasmatici, espressione del processo di corneificazione;

Strato lucido: è presente al di sotto dello strato corneo e solo nel palmo

delle mani e nella pianta dei piedi.

Strato corneo: è formato da cellule ormai morte e disidratate. Vengono

trasformate in scaglie cornee laminari che gradualmente si staccano.

c) Differenziazione epidermica

I cheratinociti migrano progressivamente dallo strato basale verso la superficie

cutanea con un processo di differenziazione chiamato citomorfosi cornea.

Questo processo coinvolge cambiamenti degli organuli citoplasmatici e della

membrana cellulare, la sintesi di cheratine, lo sviluppo di un involucro

intracellulare corneo insolubile e infine l'espressione di particolari lipidi

intercellulari (21).

È sulla base di queste progressive modificazioni che le cellule dell’epidermide

possono essere suddivise nei diversi strati.

Lo strato basale, come accennato prima, è composto da 1-2 file di cheratinociti

di forma cuboidale, con nucleo grande ed ovale che aderiscono tramite

emidesmosomi alla membrana basale sottostante. Rappresentano le cellule

INTRODUZIONE

7

germinative dell’epidermide dalla cui divisione dipende il continuo rinnovo

dell’epitelio (45).

I cheratinociti che lasciano lo strato basale si ingrandiscono e assumono una

forma poligonale, dando origine ad alcune filiere di cellule che costituiscono lo

strato spinoso. A questo livello le cellule sono unite da sottili filamenti

citoplasmatici (spine) che sono l'espressione in microscopia ottica dei

desmosomi. I cheratinociti dello strato granuloso presentano grandi granuli

citoplasmatici, i granuli di cheratoialina.

Infine i cheratinociti completano il loro cammino maturativo, trasformandosi in

cellule dello strato corneo (corneociti). Queste sono cellule anucleate, non

vitali, di forma piatta, embricate tra loro e prive di desmosomi. Queste cellule

sono prive d'organelli citoplasmatici e sono composte per il 90% da filamenti di

cheratina che si aggregano in grandi macrofibrille e per il restante da lipidi

come colesterolo, ceramidi e acidi grassi liberi che proteggono I'epidermide

dall'ambiente esterno.

Il periodo che intercorre tra il momento in cui una cellula nasce nello strato

basale e il tempo in cui si stacca dalla superficie varia da 2 a 4 settimane, in

relazione alla regione del corpo. Esistono meccanismi di controllo che

regolano il ritmo di produzione e il distacco delle cellule epidermiche. Infatti, in

caso di lesione, il ritmo di divisione delle cellule basali aumenta, in modo da

ristabilire rapidamente il normale spessore. Tale attività mantiene I'omeostasi

epidermica.

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INTRODUZIONE

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ai linfociti immunocompetenti. Sono cellule che hanno forma stellata o

dendritica.

La loro caratteristica peculiare consiste nella presenza di granuli

delimitati da membrana di forma discoide (granuli di Birbeck) la cui

funzione è attualmente oscura. Le cellule del Langherans sono situate

in tutti gli strati dell’epidermide, ma più frequentemente nello strato

spinoso e occasionalmente nel derma. Sono di derivazione

mesodermica e originano da un pool di precursori situati nel midollo

osseo che, tramite il circolo sanguigno, giungono all’epidermide dove si

differenziano. Hanno caratteristiche di superficie comuni a monociti e

macrofagi (recettori per le immunoglobuline e per il complemento).

Hanno il compito di captare antigeni, processarli e fornirle ai linfociti T

presenti sulla cute, durante l’induzione della risposta immunitaria

(Antigen Presenting Cell, APC).

Cellule di Merkel: Le cellule di Merkel sono i più semplici sensori di tatto

localizzati nello strato basale dell'epidermide.

Queste grosse cellule, ricche di mitocondri, trasmettono gli impulsi che

ricevono alle sinapsi con una singola fibra nervosa, in modo che

solamente l'eccitazione contemporanea di più cellule di Merkel

adiacenti venga trasmessa come segnale al midollo spinale

(convergenza di segnali).

d) Giunzione dermo- epidermica

Il confine tra epidermide e derma è segnato dalla giunzione dermo-

epidermica, membrana basale altamente complessa deputata sia ad ancorare

stabilmente l’epidermide al derma sottostante che a garantire la corretta

polarizzazione dell’epidermide. È formata da una lamina densa, detta anche

lamina basale ( 20-50 nm di spessore ), debolmente elettronopaca e con

struttura microfibrillare (collagene di tipo IV e V), e da una lamina lucida

trasparente agli elettroni e di spessore simile alla prima (9).

INTRODUZIONE

10

Esistono dei filamenti di ancoraggio che dalla membrana cellulare si portano

alla lamina densa attraversando la lamina lucida.

La lamina lucida contiene numerose glicoproteine che mantengono l'adesione

cellulare (la laminina, l'antigene del pemfigoide bolloso, la fibronectina e

l'eparansolfato che funge da barriera selettiva per gli ioni).

La lamina densa ha un aspetto granulo-filamentoso ed è formata da

microfibrille di collagene di tipo IV ( in un arrangiamento tridimensionale

reticolare ), e collagene di tipo V, i quali forniscono un supporto strutturale e

funzionano come filtro-barriera, impedendo il passaggio di sostanze a P.M.

superiore a 40.000. Dalla faccia dermica della lamina densa si staccano fibrille

di ancoraggio che hanno diametro di 20-75 nm. Sono di natura collagene, e

formano arcate.

Dalla lamina densa partono anche fibre oxitalaniche (elastiche) che si portano

nel derma. Le cellule basali dell’epidermide sono ancorate alla membrana

basale per mezzo di emidesmosomi.

Dal lato rivolto verso la membrana basale di ogni emidesmosoma si dipartono

i filamenti di ancoraggio diretti alla lamina densa. Le strutture che formano la

membrana basale sono formate dalle cellule basali dell’epidermide, mentre le

fibrille di ancoraggio collagene e le fibre oxitalaniche sono prodotte dai

fibroblasti.

e) Derma Il derma, detto anche corion, è una lamina di tessuto connettivo denso a fasci

intrecciati, ha uno spessore variabile a seconda della regione corporea, in

media 1-2 mm. In profondità si continua senza limiti con il connettivo lasso

dell’ipoderma.

Il derma è suddivisibile in uno strato papillare a contatto con l'epidermide, e

uno strato reticolare più profondo.

Lo strato papillare è formato da rilievi conici o laminari dette papille dermiche.

Esse sono accolte in depressioni dell’epidermide la quale forma zaffi che

penetrano nel derma.

INTRODUZIONE

11

Il connettivo papillare è meno denso che in profondità, scarseggiano le fibre

elastiche e numerosi sono i capillari sanguiferi e le terminazioni nervose, che

possono essere complesse come nei corpuscoli di Meissner. Vi è un numero

maggiore di cellule che non nello strato reticolare, con il quale continua senza

limiti.

Lo strato reticolare è formato da robusti fasci di fibre collagene intrecciati.

Queste hanno una disposizione parallela alla superficie della cute.

L'orientamento dei fasci non è costante, ma varia da regione a regione, e

determina traiettorie di resistenza (linee di Langer). Lo strato reticolare è

soprattutto ricco di fibre elastiche, numerose attorno ai follicoli piliferi e agli

adenomeri delle ghiandole.

I fasci connettivali profondi dello strato reticolare danno origine ad ampie

maglie nei cui spazi si trovano lobuli adiposi e glomeruli ghiandolari.

In profondità lo strato reticolare è ancorato più o meno saldamente alla fascia

superficiale del corpo per mezzo del connettivo lasso dell'ipoderma.

Il derma ospita, soprattutto nello strato papillare, mastociti, macrofagi e

fibroblasti.

I fibroblasti rappresentano il tipo cellulare più comune e producono i vari tipi

di collagene e di elastina; producono anche collagenasi e fibronectina, a cui è

dovuto lo stretto rapporto tra fibroblasto e matrice extracellulare.

I fibroblasti hanno forma varia, si adattano agli spazi tra i fasci fibrosi del

derma e hanno uno sviluppato reticolo endoplasmatico granulare, larghe

cisterne, e molti complessi di Golgi.

I macrofagi sono cellule della linea monocitaria privi di capacità mitotica.

Sono provvisti di recettori di superficie per il complemento (C3) e per la

porzione costante delle IgG. Hanno un sistema lisosomiale molto sviluppato e

producono enzimi idrolitici come la fosfatasi acida e varie esterasi, lisozima e

anche perossidi e superossidi, per le difese contro i microrganismi; possono

fagocitare numerosi granuli di melanina (melanofagi). I macrofagi intervengono

nelle reazioni di difesa immunitaria, presentando l'antigene alle cellule

immunocompetente.

INTRODUZIONE

12

I mastociti sono presenti in tutto il derma, più spesso attorno ai vasi sanguigni

dei plessi sottopapillari. Possono contenere numerosi granuli che contengono

sostanze come l'eparina e istamina. Quest'ultima aumenta la permeabilità

capillare e induce vasodilatazione, mentre l'eparina ha spiccata azione anti

coagulante. I mastociti intervengono nelle reazioni di ipersensibilità di tipo

immediato.

f) Cellule staminali

Nel corso dello sviluppo embrionale la divisione cellulare origina nuove cellule

differenziate e incrementa il numero totale delle cellule stesse.

Nel corso della vita adulta, al contrario, il ruolo principale della divisione

cellulare consiste nel mantenere ad un livello costante il numero di cellule

differenziate, rimpiazzando le cellule invecchiate o perse in seguito ad un

danneggiamento tissutale. La velocità di produzione di nuove cellule,

nell'adulto, consente una valutazione della rapidità del turnover cellulare e, su

queste basi, i tessuti possono essere divisi in tre categorie:

tessuti con una popolazione cellulare statica, come il tessuto nervoso e

muscolare. Non c'è divisione cellulare e la maggior parte delle cellule

prodotte nel corso dello sviluppo embrionale permangono per tutta la

vita;

tessuti con una ridotta divisione cellulare, come quello epatico; in

risposta a stimoli appropriati molte cellule possono dividersi e dare

origine a cellule figlie fenotipicamente identiche;

tessuti con una popolazione cellulare in continuo rinnovamento, come il

sangue, il testicolo e gli epiteli. Sono caratterizzati da un rapido e

costante turnover cellulare: le cellule terminali differenziate hanno un

arco di vita ridotto e vengono sostituite con la proliferazione di una

specifica sottopopolazione di cellule, conosciute come cellule staminali.

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Barrandon & Green (4) hanno osservato una diminuzione della capacità

d'autorinnovamento di cheratinociti in coltura, in donatori di età crescente.

Anche la regolazione ambientale e le interazioni cellula-cellula d'altra parte

hanno un notevole effetto sullo sviluppo e sul mantenimento della proporzione

cellula staminale/cellula committed.

g) Cellule staminali dell’epidermide

L'abilità dell'epidermide umana nel mantenere un costante turnover delle

cellule è basata sulla presenza, nello strato basale, di una popolazione di

cellule staminali di cheratinociti (stem cells), dotate d'alta capacità di auto-

rinnovarsi durante la vita (29) e con grande potenziale proliferativo.

Le stem cell, a loro volta, generano cellule che vanno incontro a

differenziazione terminale conosciute come "transient amplifying cells" (TA)

che, prima di andare incontro a differenziazione terminale, mostrano una

limitata capacità proliferativa (43). Esiste una popolazione intermedia di

cheratinociti basali, detta "young TA”: questa popolazione si comporta in modo

intermedio tra le stem cells e le TA cells (39).

La differente capacità proliferativa di tali cellule è stata studiata molto

accuratamente in coltura, valutando la loro efficienza nel formare colonie

(CFE). Nell’epidermide umana sono stati individuati tre tipi di cellule in grado di

formare colonie: gli olocloni che sono considerati cellule staminali con la più

alta capacità proliferativa; i paracloni (TA), che vanno incontro a

differenziazione terminale dopo circa una decina di divisioni e i merocloni che

si comportano in un modo intermedio fra i paracloni e gli olocloni.

I cheratinociti della pelle, che presentano le caratteristiche di stem cells o di

TA cells, possono essere identificati ed isolati, sfruttando la presenza di

molecole d'adesione intercellulare specifiche e la loro diversa capacità

proliferativa (54).

I cheratinociti dello strato basale, che rapidamente aderiscono al collagene di

tipo IV ed esprimono maggiori livelli dell'integrina β1, presentano anche la più

alta efficienza nel formare colonie, e sono identificati come stem cells. D'altra

parte, le cellule basali, che esprimono bassi livelli dell'integrina β1, aderiscono

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INTRODUZIONE

16

1.4. CUTE INGEGNERIZZATA

L'impiego di cute omologa prelevata da cadavere nella terapia dei grandi

ustionati risale alla seconda metà del 1800, ma solo un secolo dopo gli

allotrapianti sono entrati con una certa regolarità nella pratica clinica, gettando

le basi per la realizzazione delle prime "Banche della Pelle". Inizialmente, il

trapianto di cute omologa era riservato alla copertura temporanea delle perdite

di sostanza degli ustionati in cui le aree indenni donatrici risultavano

insufficienti per fornire cute autologa in quantità adeguata a coprire tutte le

zone lese.

Più recentemente, l'utilizzazione degli allotrapianti è stata estesa ad altre

condizioni patologiche caratterizzate da necrosi più limitate o d'altra origine.

Gli allotrapianti cutanei si sono dimostrati particolarmente efficaci quando è

apparso che, oltre a ripristinare entro certi limiti la funzione barriera, essi erano

in grado di mantenere un certo grado di vitalità cellulare, fungendo da

sostegno architetturale per le cellule ospiti destinate a rivascolarizzare e

ricolonizzare il tessuto (41).

L'utilizzo della cute di donatore porta a molti inconvenienti, come il problema

del rigetto e della sicurezza del campione, cioé della sterilità e del rischio di

trasmissione di malattie infettive.

Sulla base di queste considerazioni sono stati individuati modelli di cute

ingegnerizzata basati sull'utilizzo di cellule autologhe.

La svolta si verificò nel corso degli anni '70, quando Rheinwald e Green

pubblicarono un articolo che illustrava la tecnica di coltivazione in vitro

dell'epidermide con metodica "feeder-layer" (48). Tuttavia, l'applicazione di tale

tipo di coltura sull'ulcera comportava dei problemi (soprattutto per l'estrema

fragilità del lembo). La successiva ricerca è stata rivolta a matrici che

fungessero da supporto consentendo contemporaneamente alle cellule di

disporsi nello spazio secondo l'architettura tipica della pelle.

L'attecchimento di un'epidermide coltivata in laboratorio risulta ottimale solo

quando i cheratinociti trovano un letto dermico perfettamente idoneo (ben

vascolarizzato e privo di infezioni).

INTRODUZIONE

17

Negli ultimi decenni sono state messe a punto diverse metodiche che

prevedono l'impiego di derma umano de-epidermizzato (DED) per ricostruire la

componente dermica nelle perdite di sostanza a tutto spessore; a ciò fa

seguito, in un secondo tempo, l'innesto di lamine di cheratinociti espansi in

vitro o di sospensioni cheratinocitarie, al fine di apportare la componente

epiteliale. In questo modo si è riusciti ad ottenere un'epidermide in coltura con

caratteristiche simili a quella in vivo (6, 16).

Questo modo di procedere, ideato da Cuono et al. nel 1987 (12) ha incontrato

un notevole consenso; si basa su di una tecnica di trapianto per il trattamento

d'ustioni severe in cui il derma deriva da cute allogenica e l'epidermide deriva

da colture di cheratinociti autologhi.

Numerosi studi hanno dimostrato che il derma è meno immunoreattivo

dell'epidermide; si è visto, inoltre, che attraverso la criopreservazione si altera

la risposta immune (1). La base di questo fenomeno è poco conosciuta, ma si

ritiene che il congelamento determini alterazioni degli antigeni di superficie e

delle cellule di Langerhans. Queste (che rappresentano il 3-8% della

popolazione epidermica) sono le uniche cellule della cute che esprimono

antigeni di classe Il e pertanto sono in parte responsabili della sorveglianza

immunitaria dell'epidermide.

Quindi si ritiene che la rimozione dell'epidermide dalla cute allogenica, elimini

la maggioranza delle cellule che esprimono antigeni di classe Il.

Al contrario, il derma non scatena una significativa risposta immune e risulta

quindi essere un substrato ideale per l'integrazione di colture di cheratinociti

autologhi.

Per questi motivi la cute omologa trapiantata, (costituita dall'epidermide e dal

derma) viene de-epidermizzata mediante l'utilizzo di un dermotomo, mettendo

a disposizione un letto dermico idoneo ad accogliere il lembo di epidermide

autologo.

INTRODUZIONE

18

Negli ultimi anni si è notevolmente sviluppata la produzione commerciale di

cute ingegnerizzata che può essere suddivisa in:

a) componente epidermica

b) componente dermica

c) graft composto

a) Componente epidermica Si tratta di colture di cheratinociti autologhi ricavati da piccole biopsie

effettuate sul paziente; servono in media due-tre settimane per la loro

espansione e generano grandi aree d'epidermide, chiamate lembi.

Durante le tre settimane richieste per la coltura dell'epidermide, si prepara il

letto della ferita perché dalla sua qualità dipende I'attecchimento del lembo.

Essendo cellule del Paziente da sottoporre al trapianto, non implicano rischi di

trasmissione e non causano rigetto (assenza di reazioni immunologiche).

Un esempio di questi lembi è dato da un prodotto del commercio denominato

Epicel (Tabella 1) (28, 31).

In alcuni casi possono essere utilizzati lembi di cheratinociti omologhi; questi

non implicano il problema del rigetto per l'assenza delle cellule di Langerhans.

I lembi allogenici non sopravvivono, ma accelerano la guarigione della ferita,

probabilmente stimolando la proliferazione e la differenziazione

dell'epidermide circostante.

b) Componente dermica E' stata studiata per migliorare l'utilizzo dell'epidermide coltivata (lembo) la

quale ha il limite di essere eccessivamente fragile se priva di un adeguato

supporto dermico.

Inoltre si è dimostrata molto efficace nel trattamento delle lesioni con perdita di

sostanza a tutto spessore (6, 14).

Il primo modello, ideato da Pruniares et al. (44) ha utilizzato come substrato

derma umano proveniente da cadavere ottenuto deepidermizzando la cute

INTRODUZIONE

19

(DED) e sottoponendo il derma residuo a irradiazione o a successivi

congelamenti e scongelamenti.

E' stato dimostrato che tale derma conserva in superficie la lamina densa e dal

punto di vista antigenico, due componenti maggiori della GDE: laminina e

collagene IV.

Il derma una volta impiantato viene rivascolarizzato e quindi in caso di

infezioni non deve essere asportato, visto che attraverso la vascolarizzazione

possono arrivare gli anticorpi.

Un esempio commerciale è dato da un prodotto chiamato Alloderm (Tabella

1) (58), è composto da derma umano trattato, proveniente da cute di donatore.

Il trattamento industriale rende l' AlloDerm completamente acellulare e sterile,

e rimuove tutti i possibili antigeni potenzialmente responsabili di reazioni

allergiche. Poichè si tratta non di una sostanza iniettabile, ma di un vero e

proprio pezzo di derma umano, l' Alloderm trova indicazione soltanto nel

trattamento dei solchi nasolabiali e per l' ingrandimento delle labbra.

E' utilizzato con buoni risultati, da solo o con colture autologhe, autografts (11).

Un altro esempio di derma artificiale è dato da un prodotto chiamato Integra

(Tabella 1). E' costituito da una membrana a doppio strato adatto alla

sostituzione della cute. Lo strato per la sostituzione del derma è formato da

una matrice porosa composta di fibre collagene reticolare di tendine bovino e

da un glucosaminoglicano, prodotta a porosità controllata e tasso di

degradazione definito. Lo strato per la sostituzione dell'epidermide è costituito

invece da un sottile film di polisilossano (silicone) diretto a controllare la

perdita d'umidità della ferita.

Questo prodotto agevola la formazione di un neoderma; la porzione dermica di

collagene/glucosamminoglicano serve, infatti, da struttura per l'infiltrazione di

fibroblasti, macrofagi, linfociti e capillari che formano una rete neovascolare.

Durante il processo di guarigione, nuovo collagene viene depositato dai

fibroblasti e sostituisce la porzione coIlagene/gIucosamminoglicano

dell'lntegra, il quale viene riassorbito (56).

In presenza di un’adeguata vascolarizzazione del neoderma lo strato di

silicone viene tolto e si procede ad un innesto epidermico; queste cellule

INTRODUZIONE

20

crescono e formano uno strato corneo confluente, chiudendo in tal modo la

ferita e ricostruendo un derma e un’epidermide funzionali. Questa cute è

indicata per il trattamento di lesioni a spessore parziale o totale (16, 46).

Un altro prodotto, Dermagraft (Tabella 1), utilizza una componente di

fibroblasti, derivati da derma di prepuzio di neonato, mescolati a Vicryl, una

sostanza porosa, sintetica, biodegradabile formata da polyglactin.

Quando i fibroblasti vengono depositati su Vicryl formano una rete e in 2-3

settimane arrivano a confluenza (33).

E' stato dimostrato che i fibroblasti, in coltura, producono collagene, laminina,

fibronectina, glicosamminoglicani e fattori di crescita, tutte componenti

importanti per la crescita dell'epidermide.

Il DermagrafI così composto può essere crioconservato.

Viste le buone condizioni strutturali del Vicryl, inclusa l'alta resistenza, è

considerato uno dei prodotti più completi nel trattamento di riparazione delle

ferite.

c) Graft composto

Queste colture sono ottenute combinando colture di cellule epidermiche e

derma o "equivalenti dermici" e sono caratterizzate da un notevole grado di

differenziazione della componente epidermica che presenta molte

caratteristiche morfologiche, biochimiche ed antigeniche sovrapponibili a

quelle dell'epidermide umana normale (28). Le cellule epidermiche in

sospensione vengono seminate sul substrato dermico ad alta densità

(5x105/cm2); in questo modo vengono mantenute all'interfaccia aria-liquido, in

diretto contatto con l'atmosfera e ricevono nutrimento dal basso.

Alcuni modelli sfruttano come substrato degli "equivalenti dermici" ottenuti in

vitro dall'associazione di fibroblasti e collagene o di collagene e

glicosamminoglicani. I fibroblasti si legano alle fibre collagene e le riuniscono

in fasci, portando alla formazione di un gel e poi di un "lattice" di consistenza

gommosa con estrusione di liquido.

INTRODUZIONE

21

In questi modelli la morfologia e l'architettura dell'epidermide coltivate

riproducono più fedelmente quelle dell'epidermide in vivo di quanto osservato

nei tradizionali sistemi immersi di coltura delle cellule epidermiche (10).

Un esempio è dato da Apligraft (Tabella 1), un supporto formato da

cheratinociti e fibroblasti ottenuti da prepuzio di neonato. I fibroblasti vengono

mescolati a collagene I; in due settimane si forma una matrice densa che farà

da supporto ai cheratinociti, i quali vengono fatti crescere all'interfaccia aria-

terreno in modo da promuovere la differenziazione cheratinocitaria e la

formazione di uno strato corneo.

Apligraft è considerato uno dei supporti migliori grazie alla facile

maneggevolezza e ai buoni risultati ottenuti (2, 50).

NOME E PRODOTTO TIPO VANTAGGI SVANTAGGI

Epicel

Epidermide coltivata in

vitro autograft

Ricopre vaste aree, permanente, rischio

minimo di trasmissione

malattie

2-3 settimane per coltivarle, fragile, difficile da maneggiare

Alloderm

Derma umano

acellulare, allograft

Copertura immediata della

ferita, non dà reazioni

immunologiche

Scorte di allograft, conservazione, screening virale, procedura a due step

Integra Sostituzione dermica

Copertura immediata della ferita, utilizzo di lembo autograft

Completa asportazione della ferita, procedura a due step, suscettibile alle infezioni

Dermagraft Sostituzione dermica

Immediata disponibilità, facile maneggevolezza

Applicazioni multiple

Apligraft Composite graft

Immediata disponibilità,

singolo step, facile maneggevolezza

Limitata vitalità

Tabella 1

INTRODUZIONE

22

1.5. BIOMATERIALI DI SUPPORTO I limiti di questi approcci, soprattutto il fatto di non fornire un tessuto autologo

e pertanto di non poter offrire una copertura permanente del sito innestato,

hanno fatto sì che fossero studiati supporti o biomateriali che, in associazione

con il materiale biologico e/o cellule viventi, possano consentire la copertura di

perdite di sostanza, comportandosi come frammenti di cute artificiale.

Il “biomateriale” è un materiale progettato per interfacciarsi con i sistemi

biologici per trattare, aumentare o sostituire qualsiasi tessuto o organo (59).

Nella ricostruzione in vivo della cute è importante ricreare la struttura del

tessuto, cioè la tridimensionalità. Mettendo cellule in una coltura tradizionale

(“feeder-layer”), su petri o fiasche, queste crescono e formano una struttura

bidimensionale. Nasce quindi l’esigenza di creare delle strutture artificiali che

servano da impalcatura per guidare le cellule nella ricostruzione

tridimensionale del tessuto.

Elementi base nella ricostruzione in vivo sono: COMPONENTE BIOLOGICA cellule e fattori molecolari

SUPPORTO TRIDIMENSIONALE biomateriale

I biomateriali devono possedere le seguenti caratteristiche:

tollerabilità: devono essere immunologicamente inerti;

impalcatura provvisoria: dopo l’integrazione, il biomateriale deve essere

sostituito dal tessuto dell’ospite;

contenuto informativo: devono poter comunicare e scambiare segnali

con le cellule ospite.

Le matrici più idonee per la crescita di fibroblasti e cheratinociti autologhi,

sono di tipo naturale e sono:

collagene

fibrina

acido ialuronico

cellulosa

INTRODUZIONE

23

Tuttavia, grande interesse è rivolto verso un nuovo tipo di biomateriale, il

plasma autologo, come supporto ideale per la crescita e la differenziazione di

cheratinociti e fibroblasti.

Le colture di cheratinociti sono state in passato utilizzate per il trattamento di

ulcere o pazienti con gravi ustioni.

Le colture di cheratinociti hanno la capacità di espandersi molto bene in vitro,

tuttavia la perdita della componente dermica (causata da ustioni o ulcere)

rappresenta un problema per l’innesto di cheratinociti (47, 48).

Gli attuali approcci sono mirati ad una ricostituzione dermica prima

dell’innesto di cheratinociti e questo può essere fatto ricorrendo all’uso di

derma artificiale, il quale ha dimostrato di migliorare il processo di

rigenerazione cutanea.

Quindi, un’attraente alternativa all’impianto di cheratinociti puri, è quella di

utilizzare innesti di cheratinociti associati a supporti equivalenti del derma.

Sono stati improntati diversi tipi di metodiche basate su questo principio (46).

Tuttavia, il loro utilizzo è limitato da una scarsa capacità di espansione dei

cheratinociti una volta posti sul supporto.

Questo problema può essere risolto creando un derma artificiale, costituito da

fibroblasti umani immersi in una matrice di plasma umano (34, 35).

I fibroblasti e i cheratinociti sono stati prelevati da un unico donatore durante

una sola seduta operatoria e dal contemporaneo prelievo ematico.

In questo modo viene eliminato qualsiasi problema di rigetto, essendo il

materiale tutto autologo.

MATERIALI E METODI

24

2. MATERIALI E METODI Le cellule normali possono essere mantenute in vitro in fiasche o in capsule

petri per periodi di tempo variabili a seconda dei tipi cellulari e delle condizioni

di coltura.

Le linee cellulari “stabilizzate” hanno invece la capacità di crescere e

proliferare in vitro per un intervallo di tempo indefinito, mantenendo costanti le

caratteristiche iniziali (sono cellule che non hanno inibizione da contatto, come

le cellule tumorali).

Fattori importanti per le colture cellulari sono la densità di semina, la scelta

del terreno, le cellule di supporto, le condizioni di incubazione.

La densità di semina influenza notevolmente la capacità di crescita delle

cellule, in quanto queste crescono meglio al di sopra di una certa densità;

questo fenomeno è dovuto al “condizionamento” da parte delle cellule in

coltura ed è verosimilmente legato alla produzione di fattori quali le citochine,

attive sulla proliferazione cellulare.

I comuni terreni di coltura, quali il MEM (Minimal Essential Medium) e il

DMEM (Dulbecco Modified Eagle’s Medium) contengono oltre a tamponi e ad

indicatori di pH, aminoacidi essenziali e non, sali inorganici, vitamine, basi

azotate, glucidi, lipidi e necessitano di essere addizionati con quantità variabili

di siero animale di varia origine (ad esempio siero di vitello fetale). Il terreno

di coltura deve essere sostituito ogni 2-5 giorni, a seconda del consumo

metabolico e della densità cellulare (47).

Alla coltura è spesso aggiunto un altro tipo cellulare che funge da supporto

alla cellula da coltivare in modo da permettere di partire da densità di semina

nettamente inferiori.

Nel caso dei cheratinociti questa funzione è svolta dai fibroblasti 3T3 (una

linea stabilizzata derivata da fibroblasti embrionali di topo di ceppo Swiss).

Le colture vengono mantenute in incubatori a temperatura di 37°C, in

atmosfera al 5% di CO2.

La sterilità delle colture è affidata all’impiego di terreni e di materiali sterili e a

manipolazioni in ambiente controllato (cappa a flusso laminare).

MATERIALI E METODI

25

I cheratinociti ed i fibroblasti umani utilizzati per questa ricerca, sono stati

prelevati da una Paziente con ulcerazione di tipo vascolare venoso.

Per poter procedere all’esperimento, è stato necessario chiedere il parere

positivo del Comitato di Controllo Etico dell’Azienda Ospedaliera “Carlo Poma”

di Mantova e alla Paziente di firmare il consenso informato.

MATERIALI E METODI

26

3.1. MODALITÀ DI PRELIEVO DEL LEMBO DI CUTE AUTOLOGA

L’ulcera deve essere ovviamente vascolarizzata.

Per l’esecuzione della biopsia cutanea (di 1,5X1 cm), si disinfetta la cute, di

solito con clorexidina o polyvidone iodato; il prelievo va successivamente

immerso in soluzione fisiologica in contenitore sterile (il contenitore deve

riportare i dati anagrafici del paziente).

La biopsia va consegnata entro 2 ore dal prelievo al laboratorio di colture

cellulari. Per periodi superiori (massimo 5 ore), il materiale deve essere

conservato in frigorifero a 4°C.

Il prelievo deve essere accompagnato dalla seguente documentazione:

• documento di consenso informato

• modulo di richiesta

3.2. MODALITÀ DI INNESTO

Innanzitutto è necessario rendere il più possibile sterile l’ulcera (esecuzione di

tampone per l’esame colturale con antibiogramma ed eventuale idonea

terapia antibiotica).

Prima dell’innesto, l’ulcera deve essere lavata abbondantemente con

soluzione fisiologica, grattandola con garza o bisturi sino al sanguinamento.

L’innesto, una volta eseguito, va coperto con una garza grassa (Adaptil o

Mepitel) e al di sopra va posta una garza imbevuta di terreno di coltura. Ogni

3-4 giorni la medicazione va cambiata togliendo le garze, tranne quella

grassa, con abbondante soluzione fisiologica; la nuova medicazione va

imbevuta con soluzione fisiologica e antibiotico non citotossico (preferibile

penicillina-streptomicina in polvere o liquida).

Dopo 10-12 giorni dev’essere sostituita anche la garza grassa per controllare

lo stato dell’innesto.

MATERIALI E METODI

27

3.3. TEMPI E MODALITÀ DI CONSEGNA DEL PREPARATO

Per ottenere un lembo di cute delle dimensioni di 10X10 cm e dello spessore

di 1mm, sono necessarie 3-4 settimane dal giorno dell’estrazione delle cellule.

Il personale del laboratorio di colture cellulari provvede a comunicare al

reparto la data dell’innesto una settimana prima.

3.4. ESTRAZIONE DI CHERATINOCITI E FIBROBLASTI UMANI

La procedura prevede lo sgrassamento del lembo di cute, in una piastra Petri

sterile e sotto cappa a flusso laminare verticale, mediante l’uso di pinze e

forbici anch’esse sterili. Dopo di che si provvede a tagliare il lembo in

frammenti più piccoli (ciò facilita il distacco del derma dall’epidermide) che

successivamente è necessario disinfettare mediante due passaggi in alcool

70% e due in PBS.

I frammenti vengono poi immersi in DMEM 1X, addizionato di penicillina-

streptomicina (1%) e successivamente posto in frigorifero a 4°C per almeno 2

ore. Questo passaggio serve per abbassare la carica batterica.

Trascorse le due ore, il tessuto viene trasferito in Dispase per tutta la notte a

4°C oppure a 37°C per 1 ora. Questa proteasi neutra, agendo come una

collagenasi di tipo IV, è in grado di separare l’epidermide dal derma a livello

della lamina lucida.

A questo punto il derma e l’epidermide, dopo essere stati separati anche

mediante l’uso di pinze sterili, prendono due destini differenti.

MATERIALI E METODI

28

3.5. FIBROBLASTI UMANI

a) Coltura primaria di fibroblasti umani

ESTRAZIONE DEI FIBROBLASTI DAL DERMA: METODICA 1 Dopo aver separato l’epidermide dal derma, si frammenta in piccoli pezzi

quest’ultimo e lo si trasferisce in una fiasca (di solito in una F25) e lo si copre

di con un velo di terreno, in modo da non staccare i lembi di derma dalla

plastica.

La fiasca non dev’essere toccata per tre giorni; in seguito è necessario

aggiungere altro terreno, senza eliminare quello già presente.

Il terreno, successivamente va cambiato ogni 48 ore.

I frammenti di derma non devono essere tolti fino a quando i fibroblasti non

cominceranno a migrare nella fiasca; generalmente deve passare almeno una

settimana.

ESTRAZIONE DEI FIBROBLASTI DAL DERMA: METODICA 2 Il derma, separato dall’epidermide, dev’essere frammentato ulteriormente,

immerso in collagenasi (2mg/ml) e posto in incubatore (37°C, CO2 5%) per 7

ore.

Per separare ulteriormente i fibroblasti è utile usare una pipetta; prima di

procedere con questa operazione è opportuno lavare la pipetta con siero per

evitare che le cellule aderiscano alle pareti.

Per bloccare l’azione della collagenasi si usa un terreno apposito per i

fibroblasti con un’aggiunta del 25% di siero.

Successivamente si filtra il tutto con filtro sterile 70 µm e si centrifugano le

cellule per 10 minuti a 1200 rpm.

Semina dei fibroblasti estratti Le cellule vanno risospese in un volume di terreno adeguato, contate alla

camera di Buerker e seminate in una fiasca F25.

MATERIALI E METODI

29

b) Tripsinizzazione di fibroblasti umani Una volta che i fibroblasti sono giunti a confluenza, il terreno che li bagna viene aspirato e la fiasca lavata con PBS.

In seguito vengono aggiunti 10 ml di tripsina 0,05%/ EDTA 0,02% e il tutto

viene posto in termostato per 5 minuti, dopo di che la fiasca dev’ essere

scossa con piccoli colpi per far sì che i fibroblasti si stacchino del tutto.

L’azione della tripsina viene bloccata mediante l’aggiunta di un uguale volume

di terreno per fibroblasti.

Infine le cellule devono essere contate al microscopio con la camera di

Buerker.

MATERIALI E METODI

30

3.6. CHERATINOCITI UMANI

a) Coltura primaria di cheratinociti umani Dopo che è stata separata dal derma, l’epidermide viene trattata con tripsina

0,05%/ EDTA 0,02% per 30 minuti in termostato.

Per separare al meglio i cheratinociti è utile usare una pipetta per 5 minuti,

avendo cura di lavarla con siero per evitare che le cellule aderiscano alle

pareti.

L’azione della tripsina viene bloccata con terreno base addizionato del 25% di

siero.

In seguito si filtra con filtro a porosità 100 µm e si centrifuga per 10 minuti a

1200 rpm.

Semina dei cheratinociti estratti Le cellule, contate al microscopio con la camera di Buerker, vanno risospese

in un volume adeguato di terreno specifico per cheratinociti.

I cheratinociti devono poi essere seminati su fibroblasti 3T3 irradiati (questi

possono essere seminati anche il giorno prima o contemporaneamente ai

cheratinociti). DENSITA’ DI SEMINA PER COLTURA PRIMARIA

F75: 2-2,5X106 3T3 con 1-2X106 cheratinociti

N.B. È importante ricordare che il terreno per cheratinociti deve essere privo

di EGF; si aggiunge dopo 48 ore alla messa in coltura. Questo serve per

sincronizzare la crescita cellulare.

b) Coltura secondaria di cheratinociti umani Quando i cheratinociti, della coltura primaria, sono semiconfluenti, si procede

con la tripsinizzazione delle cellule.

Si seminano i cheratinociti così ottenuti su fibroblasti 3T3 irradiati (questo

possono essere seminati anche il giorno prima o contemporaneamente ai

cheratinociti).

MATERIALI E METODI

31

DENSITA’ DI SEMINA PER COLTURA SECONDARIA

F75: 2-2,5X106 3T3 con 500000 cheratinociti

c) Tripsinizzazione di cheratinociti umani

I cheratinociti cresciuti in coltura feeder-layer sono così trattati: il terreno di

coltura deve essere aspirato e la fiasca lavata con PBS.

Dopo di che si eliminano i fibroblasti 3T3 incubando per 5 minuti con 10 ml di

PBS/EDTA 0,02%.

Scuotendo con piccoli colpi la fiasca, i fibroblasti 3T3 si staccano.

Si aspira e si lava di nuovo con PBS. In seguito si aggiungono 10 ml di

tripsina 0,05%/EDTA 0,02%.

Il tutto viene incubato per 10-15 minuti (37°C, CO2 5%). Dando piccoli colpi

alla fiasca, i cheratinociti si staccano e si va a bloccare l’azione della tripsina

con una quantità uguale di terreno contenente il 25% di siero.

Si centrifuga per 10 minuti a 1200 rpm, si aspira il surnatante e si

risospendono le cellule in un adeguato volume di terreno.

I cheratinociti così ottenuti, possono essere contati al microscopio ottico con la

camera di Buerker.

MATERIALI E METODI

32

3.7. FIBROBLASTI 3T3

a) Coltura di fibroblasti 3T3

Seminare 4X106 fibroblasti in 25 ml di terreno (fiasche da 175 cm2).

Il terreno deve essere sostituito ogni 48 ore.

b) Tripsinizzazione di fibroblasti 3T3 Una volta che i fibroblasti sono giunti a confluenza, il terreno che li contiene

viene aspirato e la fiasca lavata con PBS.

In seguito vengono aggiunti 10 ml di tripsina 0,05%/ EDTA 0,02% e il tutto

viene posto in termostato per 5 minuti, dopo di che la fiasca deve essere

scossa con piccoli colpi per far sì che i fibroblasti si stacchino.

L’azione della tripsina viene bloccata mediante l’aggiunta di un uguale volume

di terreno per fibroblasti.

Infine le cellule devono essere contate al microscopio con la camera di

Burker.

c) Trattamento con irradiazione di fibroblasti 3T3 L’irradiazione si può attuare sia su cellule adese che in sospensione.

Le cellule vengono sottoposte al trattamento nel loro terreno di coltura; per

ottenere un’irradiazione uniforme, il contenitore deve essere riempito

completamente di terreno.

L’irradiazione in sospensione è da preferirsi per non sprecare troppo terreno.

I fibroblasti 3T3 tripsinizzati si risospendono in una fiasca F75 o in una F25

completamente riempite di terreno.

Si irradia la sospensione con 10000 rads.

Terminato il trattamento, i fibroblasti 3T3, possono essere congelati e sono

pronti per essere utilizzati come feeder- layer per i cheratinociti.

MATERIALI E METODI

33

d) Congelamento di fibroblasti, cheratinociti e fibroblasti 3T3 Per essere congelati, i fibroblasti, cheratinociti e fibroblasti 3T3 vengono

risospesi in terreno specifico per fibroblasti aggiungendo il 25% di siero, ad

una densità di 2X106/ml.

In seguito si addiziona il 10% di DMSO. Per ogni aliquota (fiala) vanno messi

100 µl di DMSO e 900 µl di terreno. Il DMSO va aggiunto alla fine per limitare

l’effetto tossico che si manifesta a temperatura ambiente.

Le cellule, trasferite in fiale da congelamento, vanno congelate a -80°C per 2-

5 giorni, opportunamente isolate con cotone o polistirolo, per evitare un

brusco sbalzo termico. Successivamente si trasferiscono in azoto liquido.

e) Scongelamento di fibroblasti, cheratinociti e fibroblasti 3T3 Si prelevano le fiale dall’azoto liquido e velocemente le si immerge in un

bagnomaria termostatato a 37°C. Appena il contenuto è scongelato, lo si

trasferisce rapidamente in 10 ml di terreno per millilitro.

Si centrifuga per 10 minuti a 1200 rpm, si aspira il surnatante e si risospende

nel terreno per fibroblasti.

MATERIALI E METODI

34

3.8. PREPARAZIONE DEL SUPPORTO DI PLASMA UMANO Una volta ottenute un’idonea quantità di fibroblasti e cheratinociti si procede

con la preparazione del supporto di plasma umano, che è autologo, ossia

appartiene allo stesso Paziente al quale è stata effettuata la biopsia di pelle.

La metodica per la preparazione del supporto di plasma prevede lo

scioglimento di acido tranexamico in un uguale volume di plasma. Alla miscela

sono poi aggiunti soluzione fisiologica e cloruro di calcio. Le quantità dei

componenti la soluzione sono riassunti in Tabella 2.

Alla matrice di plasma sono contemporaneamente aggiunti i fibroblasti e la

sospensione così ottenuta viene distribuita in piastre multi pozzetto e poste in

termostato a 37°C in presenza di CO2 al 5% per 30 minuti.

Questo permette al supporto di plasma di solidificarsi, grazie anche alla

presenza dell’acido tranexamico, il quale è un farmaco che inibisce le

fibrinolisi e del cloruro di calcio: la combinazione di queste due sostanze

permette alla soluzione di plasma di raggiungere la consistenza di un gel.

Trascorsi i 30 minuti il supporto viene ricoperto con un velo di terreno di

coltura per 24h, il quale ha lo scopo di fornire nutrimento ai fibroblasti inglobati

nel plasma.

Infine sulla matrice posso essere seminati i cheratinociti e il tutto viene

nuovamente posto in termostato per 10-12 giorni per permettere sia la

crescita dei cheratinociti che dei fibroblasti. Il terreno dev’essere cambiato

ogni 48h.

Per cercare di avere il miglior supporto possibile, sono state effettuate diverse

prove; al supporto posto nei pozzetti di una piastra multiwell (la piastra

utilizzata consta di 12 pozzetti, ciascuno aventi un’area pari a 3,14 cm2), sono

state variate sia le quantità degli elementi costituenti sia la quantità di

soluzione da seminare nei pozzetti.

Lo scopo di queste prove è stato quello di cercare di ottenere una matrice di

plasma sufficientemente solida. Le prove sono consistite nella variazione di

(Tabella 2) (foto2):

concentrazione del cloruro di calcio

quantità di acido tranexamico

MATERIALI E METODI

35

quantità di plasma

quantità di soluzione fisiologica

PLASMA AC. TRANEXAMICO NaCl CaCl2 QUANTITÀ DI SOLUZIONE

PER POZZETTO

5 ml 5 mg 6,5 ml 1 ml, 1% 1 ml 2 ml

5 ml 5 mg 6,5 ml 1 ml,

1,5% 1 ml 2 ml

5 ml 6 mg 6,5 ml 1 ml, 1% 1 ml 2 ml

6 ml 5 mg 5,5 ml 1 ml, 1% 1 ml 2 ml

5 ml 6 mg 6,5 ml 1 ml,

1,5% 1 ml 2 ml

Tabella 2

Il passo successivo è stato quello di effettuare delle prove variando la densità

delle cellule.

In un primo tempo utilizzando solo i fibroblasti per cercare di ottenere un

supporto ancora più solido, successivamente aggiungendo anche i

cheratinociti (Tabella 3) (31).

Tabella 3

Le varie densità sono state testate effettuando prove incrociate, di cui un

esempio è riportato in figura 2 e foto 2.

DENSITÀ DI SEMINA

FIBROBLASTI 5x104/cm2 10x104/cm2 15x104/cm2

CHERATINOCITI 5x104/cm2 10x104/cm2 15x104/cm2

MATERIALI E METODI

36

Figura 2

Foto 2. Esempio di prova eseguita ponendo dei pozzetti della piastra multiwell il supporto con variazioni dei componenti costituenti la matrice di plasma, il volume di soluzione per pozzetto e la densità delle cellule.

15X104/cm2 FU

15X104/cm2 KE

15X104/cm2 FU

10X104/cm2 KE

10X104/cm2 FU

15X104/cm2 KE

10X104/cm2 FU

10X104/cm2 KE

10X104/cm2 FU

5X104/cm2 KE

15X104/cm2 FU

5X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

15X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

10X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

5X104/cm2 KE

10X104/cm2 FU

15X104/cm2 KE

10X104/cm2 FU

10X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

15X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

10X104/cm2 KE

5X104/cm2 FU

5X104/cm2 KE

MATERIALI E METODI

37

Per la valutazione della densità cellulare ottimale, i campioni sono stati fissati

in formalina, inclusi in paraffina, colorati con ematossilina-eosina e osservati al

microscopio, contando 5 campi con obiettivo 40X.

La densità oggettiva è stata stimata mediante l’utilizzo di una pinza sterile e

cronometrando il tempo di resistenza del supporto prima di rompersi.

Sono state fatte ulteriori prove, modificando i tempi di semina dei cheratinociti,

come si può notare in Tabella 4.

MODALITÀ DI SEMINA

t 0 FIBROBLASTI CHERATINOCITI

t1

(dopo 1 giorno) - CHERATINOCITI

t 2

(dopo 4 giorni) - CHERATINOCITI

t 3

(dopo 8 giorni)

- CHERATINOCITI

Tabella 4

MODALITÀ DI RACCOLTA Per valutare i tempi necessari alle cellule per crescere, espandersi e

differenziarsi, il supporto di plasma è stato prelevato dai pozzetti della piastra

a tempi diversi dalla semina dei fibroblasti:

4 giorni

8 giorni

13 giorni

MATERIALI E METODI

38

In ultimo è stato preparato un lembo di cute artificiale con lo scopo di

innestarlo sulla Paziente. In questo caso il supporto di plasma è stato posto in

una petri square (avente un’area di 100 cm2).

La cute ottenuta è stata preparata utilizzando le seguenti quantità:

25 ml di plasma

25 mg di acido tranexanico

32,5 ml di soluzione fisiologica

5 ml di cloruro di calcio 1%

Densità di semina dei fibroblasti: 300000/cm2

Densità di semina dei cheratinociti: 200000/cm2

Tutte le prove contenenti le cellule sono state fissate in formalina, incluse in

paraffina, colorate con ematossilina-eosina ed è stata eseguita

l’immunoistochimica per vimentina e citocheratine AE1- AE (filamenti

intermedi dei fibroblasti e cheratinociti, rispettivamente), collageno IV (per

evidenziare la presenza della membrana basale) e Mib1 (proliferazione

cellulare).

MATERIALI E METODI

39

3.9. PREPARAZIONE DELLE SOLUZIONI TERRENO DI COLTURA PER FIBROBLASTI UMANI E 3T3 (500 ml) - 500 ml di terreno DMEM 1X

- 10 ml di glutamina (1% soluzione 200mM)

- 6 ml di Penicillina-Streptomicina (1%)

- 55 ml di siero di vitello fetale (10%)

TERRENO DI COLTURA PER CHERATINOCITI UMANI (500 ml) - 375 ml di DMEM 1X

- 125 ml di Ham’s F12

- 10 ml di glutamina (1% soluzione 200mM)

- 6 ml di Penicillina-Streptomicina (1%)

- 0,6 ml di siero di vitello fetale (10%)

- 1 ml di adenina

- 0,5 ml di insulina

- 0,6 ml di tossina colerica

- 1,2 ml di idrocortisone

- 0,6 ml di EGF

RISULTATI

40

4. RISULTATI Dall’esecuzione delle prove descritte in Tabella 2, si è ottenuto un buon

supporto con le seguenti quantità:

5 ml di plasma

5 ml di acido tranexanico

6,5 ml di soluzione fisiologica

1 ml di cloruro di calcio 1%

2 ml di soluzione per pozzetto

Testando le varie densità di cellule è emerso che alla densità di semina di

15X104/cm2, sia i fibroblasti che i cheratinociti, sono in grado di espandersi e

differenziarsi in modo ottimale.

Inoltre i risultati ottenuti, hanno indicato che, dopo 13 giorni, le cellule

raggiungono la crescita ottimale.

CASO CLINICO La Paziente V.P. di anni 65, affetta da ulcera vascolare venosa

circonferenziale alla gamba sinistra, è stata curata innestando lembi di cute

artificiale, ottenuti con la metodica descritta in questa ricerca.

Dal prelievo di cute di cm 1,5X1 della Paziente, sono stati ottenuti 1,5X106

cheratinociti e 8X105 fibroblasti.

Il le

qua

(fo

Fot

Fot

embo di c

ale viene

to 4).

to 3. Coltura p

to 4. Coltura s

cute artificia

riseminata

primaria: inte

secondaria: i

ale si ottie

a per form

erazione fra c

nterazione fr

41

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are una co

cheratinociti e

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re dalla co

oltura seco

e fibroblasti 3

iti e fibroblas

oltura prim

ondaria su

3T3 dopo 8 g

sti dopo 12 gi

RISU

maria (foto

u “feeder-la

iorni (400X).

iorni (300X).

ULTATI

3) la

ayer”

RISULTATI

42

Contemporaneamente ai cheratinociti, vengono amplificati anche i fibroblasti

umani (foto 5-6).

Foto 5. I fibroblasti stanno “uscendo” dal derma per amplificarsi nel mezzo di coltura. Microscopio a contrasto di fase (400X).

Foto 6. I fibroblasti si dispongono tra di loro parallelamente. Microscopio a contrasto di fase (400X).

Derma

Fibroblasti

RISULTATI

43

Quando si è ottenuta la quantità di fibroblasti ottimale, questi vengono

seminati all’interno del supporto di plasma (foto 7).

Foto 7. Fibroblasti nel supporto di plasma al microscopio a contrasto di fase dopo 3 giorni (200X).

Una volta che il supporto di plasma è pronto, possono esservi seminati sopra i

cheratinociti (foto 8-9).

Foto 8. Fibroblasti (sullo sfondo) e cheratinociti (in primo piano) osservati al microscopio a contrasto di fase dopo 4 giorni (200X).

cheratinociti

fibroblasti

RISULTATI

44

Foto 9. Fibroblasti e cheratinociti al microscopio a contrasto di fase dopo 8 giorni. Si può notare come i cheratinociti si stiano espandendo (200X).

Dopo 13 giorni, un frammento di cute artificiale è prelevato, fissato in

formalina, incluso in paraffina, colorato con Ematossilina-Eosina e su di esso

vengono eseguite colorazioni istochimiche ed immunoistochimiche (foto 10-

11-12-13).

Foto 10. Frammento di cute artificiale. Ematossilina-Eosina (100X).

RISULTATI

45

Foto 11. Frammento di cute artificiale. Ematossilina-Eosina (200X).

Foto 12. Fibroblasti all’interno del supporto di plasma. Ematossilina-Eosina (400X).

Fot

La

imm

14-

Fotpre

to 13. Cherati

presenz

munoistoc

-15).

to 14. Immunsenti solame

nociti al di so

za di fib

himica, ris

noistochimicaente all’intern

opra del supp

broblasti

spettivame

a per vimento del suppor

46

porto di plasm

e cherat

ente per vi

tina (marronrto di plasma

ma (freccia).

tinociti è

mentina e

e): si può n(400X).

Ematossilina

evidenzi

e citochera

notare come

RISU

a-Eosina (400

iata med

atina AE1

i fibroblasti

ULTATI

0X).

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Fotsull

La

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Fot(fre

to 15. Immunla superficie

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r il collage

to 16. Immuneccia) (200X).

noistochimicadel supporto

della mem

no IV (foto

noistochimica

a per citocheo (400X).

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o 16).

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47

eratina AE1 (

asale è rile

ageno IV: pe

marrone): si

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ermette di ev

notano i che

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videnziare la

RISU

eratinociti di

munoistochi

membrana b

ULTATI

sposti

imica

basale

RISULTATI

48

L’indice cellulare è stato valutato effettuando l’immunoistochimica per Mib1

(foto 17).

Foto 17. Immunoistochimica per Mib1: indice di proliferazione cellulare.

RISULTATI

49

Dopo le prove effettuate utilizzando una piastra multiwell, si è deciso di

preparare un supporto di plasma usando una piastra petri square (foto 18). Il

lembo di cute così ottenuto è stato successivamente innestato nella Paziente

(foto 19-20-21) .

Foto 18. Lembo di cute all’interno di una piastra petri square, pronto per essere innestato.

Foto 19. Ulcera della Paziente prima dell’innesto (vista frontale).

Fot

Fot

to 20. Ulcera d

to 21. Interfac

della Pazient

ccia fra l’ulce

te dopo l’inne

ra coperta co

50

esto con cute

on l’innesto e

e artifciale (vi

e non (frecce)

sta frontale).

).

RISU

ULTATI

DISCUSSIONE

51

5. DISCUSSIONE

I lembi di cute ottenuti per espansione cellulare su supporto di plasma

possono essere utilizzati sia nella terapia di estese perdite di sostanza

cutanea (ustioni, ulcere, ferite post-traumatiche o chirurgiche, decubiti) sia per

altre importanti patologie come per esempio la sindrome di Lyell e le malattie

epidermolitiche congenite, al fine di favorire la riepitelizzazione delle lesioni (41).

Le principali indicazioni per l’impiego di cute da donatore sono le seguenti (19): Perdite di sostanza chirurgiche:

Aree donatrici d’innesti autologhi

Brecce operatorie da asportazione di nevi giganti

Ricostruzione aree critiche del volto

Copertura temporanea dopo laser-resurfacing e dermoabrasione

Ricostruzione del setto nasale

Perdite di sostanza post-traumatiche:

ustioni estese, parziali e a tutto spessore

ustioni limitate, a tutto spessore, in sedi critiche (superfici plantari e

palmari, volto)

ferite a tutto spessore (scalping, ferite lacero-contuse)

Perdite di sostanza patologiche:

sindome di Lyell

epidermolisi bollose congenite

ulcere flebopatiche

ulcere da decubito

ulcere diabetiche

ulcere trofiche in generale

L’ingegneria tissutale, inoltre, è in grado di offrire nuove opportunità per il

trattamento del photoaging, grazie alla continua evoluzione nella ricerca sulle

alterazioni indotte dal danno solare cronico e sui processi di riparazione

DISCUSSIONE

52

tissutale. Questo approccio terapeutico consente di ottenere eccellenti risultati

in quanto riesce a combinare la necessità di eliminare cellule che hanno

subito un danno cumulativo (fotoesposizione cronica e invecchiamento

cronologico) alla possibilità di apportare cellule non foto-danneggiate.

Uno dei principali limiti che si può incontrare nel trattamento di ulcere è la

mancanza di un numero adeguato di cheratinociti autologhi, utilizzati per la

costruzione dell’epitelio che andrà a coprire l’ulcera.

Questo problema è stato risolto nel 1975, quando Rheinwald e Green

pubblicarono un nuovo metodo di coltura per questo tipo di cellule. Tuttavia,

esperienze cliniche hanno evidenziato problemi, come un’eccessiva fragilità

del “foglietto” di cheratinociti e una scarsa resistenza al momento dell’innesto (51); inoltre, un altro problema, è quello della mancanza di un adeguato

sostituto del derma, la qual cosa porta alla produzione di giunzioni dermo-

epidermiche abnormali (13, 57).

Il risultato di tutto ciò è la mancanza di riepitelizzazione.

Per ovviare a questi inconvenienti, si sono sviluppati equivalenti dermici di

diverso tipo, quali derma acellulare prelevato da cadavere (8), il collageno di

tipo I associato o meno a proteoglicani (5), in modo da permettere un’ottimale

crescita di cheratinociti ed una maggior semplicità nelle procedure di innesto.

Il plasma umano è stato messo a confronto con i crioprecipitati derivati dalla

fibrina (27, 37) (Meana. Dati non pubblicati, 2001).

I risultati ottenuti hanno dimostrato una performance migliore del plasma

rispetto agli altri per quanto riguarda la crescita, l’espansione e la

differenziazione di cheratinociti e fibroblasti. In particolare è stato osservato

che il plasma arricchito di fibroblasti (53), oltre ad essere un supporto “robusto”

per la crescita dei cheratinociti, svolge la funzione di sostituire

temporaneamente il derma.

Probabilmente, questo accade in quanto nel plasma sono presenti una gran

quantità di citochine, di fattori di attacco e di fattori di crescita derivati dalle

piastrine (PDGF), EGF (fattore di crescita dell’epidermide), TGFβ (fattore di

crescita trasformante) e VEGF (fattore di crescita endotelio-vascolare) (18, 36).

DISCUSSIONE

53

Questi fattori hanno un elevato potere chemotattico e mitogenico nei confronti

di diversi tipi di cellule tra cui fibroblasti, cheratinociti, cellule muscolari lisce e

cellule dell’immunità umorale (52); per cui sono in grado di stimolare la

deposizione di nuova matrice extracellulare, l’angiogenesi e la

riepitelizzazione (17, 38).

Altri punti a favore dell’utilizzo del plasma sono la semplicità della

preparazione e il basso costo del materiale.

L’utilizzo di cheratinociti e fibroblasti autologhi e di plasma anch’esso

autologo, sono fondamentali per evitare qualsiasi tipo di rigetto; dati recenti

hanno inoltre dimostrato che la presenza di fibroblasti autologhi è in grado di

dare buoni risultati sia in termini di funzionalità che estetici (30, 55).

Pazienti colpiti da difetti cronici e che richiedono quindi continui innesti, sono i

candidati ideali per questo tipo di terapia.

CONCLUSIONI

54

6. CONCLUSIONI

L’ingegneria tissutale rappresenta un importante e innovativo settore di

sviluppo che ha come scopo la rigenerazione di tessuti ed organi danneggiati

del nostro organismo. Essa punta alla soluzione di complessi problemi

mediante l’interazione tra colture di cellule e supporti di materiale biologico e/o

biosintetico.

Ciò richiede un approccio multidisciplinare con la collaborazione di medici,

biologi, tecnici e industrie biotecnologiche.

Nel nostro studio abbiamo valutato la possibilità di coltivare cheratinociti e

fibroblasti autologhi su supporto di plasma anch’esso autologo.

Quello che si è ottenuto sono lembi di cute costituiti da pochi strati di

cheratinociti normoconformati al di sopra di una matrice di plasma con

fibroblasti inglobati al suo interno.

Inoltre, si è notata la formazione della membrana basale (32), il che indica che

il plasma autologo è un buon supporto per la crescita, differenziazione ed

espansione di cheratinociti e fibroblasti e che le cellule del derma ed

epidermide sono in grado di interfacciarsi per ricostruire lembi epidermici

artificiali, del tutto simili alla cute sana.

L’utilizzo di questo tipo di metodica offre grandi vantaggi, soprattutto per

quanto riguarda il problema del rigetto, il quale è praticamente nullo essendo il

materiale proveniente in toto dallo stesso Paziente.

Questa tecnica presenta anche svantaggi come un’eccessiva fragilità della

matrice di plasma e i lunghi tempi di coltura (49).

Riteniamo tuttavia, che l’utilizzo di tale supporto possa rappresentare una

soluzione ideale per vari impieghi clinici non d’urgenza (terapia d’ulcere,

ustioni ed interventi di chirurgia ricostruttiva).

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