Tirocinio (Relazione Finale)

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTÀ DI AGRARIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE FORESTALI ED AMBIENTALI RELAZIONE DEL TIROCINIO PRATICO-APPLICATIVO SVOLTO PRESSO LA RNO DI CAPO GALLO STUDENTE TUTOR Emilio Badalamenti Prof.Giuseppe Venturella Anno Accademico 2008/2009

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO

FACOLTÀ DI AGRARIA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE FORESTALI ED AMBIENTALI

RELAZIONE DEL TIROCINIO PRATICO-APPLICATIVO

SVOLTO PRESSO LA RNO DI CAPO GALLO

STUDENTE TUTOR

Emilio Badalamenti Prof.Giuseppe Venturella

Anno Accademico 2008/2009

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INDICE

1. INTRODUZIONE……………………………………………………………….3

2. CENNI CLIMATICI, GEOLOGICI E PEDOLOGICI……………………………....…5

3. LA VEGETAZIONE..............................................................................................6

4. INTERVENTI IN ATTO………………………………………..……………….13

5. REGOLAMENTI………………………………………………………………17

6. MATERIALI E METODI....................................................................................20

7. CONCLUSIONI……………………………………………………………….32

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1. INTRODUZIONE

La Riserva Naturale Orientata di Capo Gallo è stata istituita con Decreto dell’Assessore del

Territorio e dell’Ambiente n. 438/44 del 21/06/2001. Lo stesso Decreto affida la gestione

della Riserva all’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, include la convenzione

di affidamento ed, in allegato, il regolamento e la Perimetrazione su cartografia 1:25.000.

La Riserva è estesa complessivamente 585,83 ha; 484,37 ha ricadono nella Zona A e

101,46 ha nella Zona B (pre-riserva), e sono tutti compresi all’interno del territorio

comunale di Palermo. Nella cartografia I.G.M. scala 1:25000 ricade nel foglio 249,

quadrante I, tavoletta S.O. Il territorio protetto si sviluppa a partire dal livello del mare sino

a 526 m circa, dove si trova l’ex semaforo, una costruzione usata in passato dai militari e

adesso abitata da un eremita che l’ha arricchita con particolari mosaici.

I confini della Riserva Naturale sono stati modificati, rispetto al Decreto istitutivo, con

Decreto dell’Assessore del Territorio e dell’Ambiente del 29 novembre 2006. Tale

modifica si è resa necessaria in quanto la precedente delimitazione risultava inadeguata per

le seguenti motivazioni: il Decreto istitutivo (art. 2) e l'allegata perimetrazione in scala

1:25.000 escludevano "dal perimetro della Riserva, ancorché non segnatamente stralciate

nell'allegata cartografia, l'area di cantiere della Motomar, l'area portuale e la relativa area di

espansione ad oggi prevista, nonché l'attuale asse stradale"; tale indicazione risultava

pregiudizievole per la delimitazione certa dell'area protetta anche in virtù del fatto che la

cosiddetta area di espansione portuale non risulta a tutt'oggi chiaramente delimitata; si era

inoltre evidenziato che l'attuale trasposizione 1:25.000 taglia in due la zona B1 di Pizzo

Sella, che risulta in parte inserita in zona "A"; dal lato Barcarello, la delimitazione

escludeva la strada di ingresso ed il tratto di battigia adiacente, con l'esclusione del

marciapiede a vermetidi e la conseguente impossibilità di tutela dello stesso che costituisce

habitat di importanza comunitaria il cui perimetro risulta più esteso della delimitazione

della Riserva. I confini della Riserva Naturale sono adesso quelli ricompresi all'interno

delle linee di delimitazione segnate sulla carta topografica 1:10.000 di cui all'allegato 1 che

forma parte integrante del presente Decreto, e specificamente con lettera A l'area destinata

a Riserva e con lettere B, B1 e B2 l'area destinata a pre-riserva, con vincolo di

inedificabilità assoluta. All'interno di tale zona sono consentiti, previa verifica della

legittimità delle costruzioni e delle attività esistenti e dell'uso di beni demaniali,

esclusivamente la prosecuzione delle attività cantieristiche e nautiche nonché la

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manutenzione, ristrutturazione e adeguamento funzionale delle opere e manufatti esistenti

strettamente necessari alla prosecuzione delle attività consentite, ad esclusione di ogni

potenziamento e/o espansione delle stesse.

Fig. 1 - La riperimetrazione della Riserva in carta topografica 1:10 000.

La Riserva è stata istituita per le seguenti motivazioni:

emergenza geomorfologica in cui sono presenti le grotte della "Marinella" la

cui genesi è legata all'erosione marina; grotta "Impisu", importante cavità carsica

interessata successivamente dall'erosione marina. Nell'interno della cavità una

spiaggia con resti della estinta fauna quaternaria (elefante, ippopotamo, etc.);

il promontorio ospitava ricca flora rupestre che comprende diverse specie

endemiche e rare quali: Limonium panormitanum (Tod.) Pign., Allium lehmannii

Lojac., Centaurea ucriae (Lac.), Scabiosa limonifolia Vahl., Brassica rupestris Raf.

ssp. rupestris, Hieracium lucidum Guss., Lithodora rosmarinifolia (Ten.) Johnst.,

etc.;

nella zona costiera è presente il "marciapiede a vermetidi", formazione

endemica poco diffusa nel Mediterraneo.

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Si tratta di una piattaforma protesa verso il mare nata in seguito ad un processo di

cementificazione di gusci carbonatici di molluschi Vermetidi e di rivestimenti calcarei

di altri organismi. Questa formazione occupa la zona caratterizzata dall’alternarsi delle

maree ed è stata posta in analogia con la formazione dei "reef" corallini nei mari

tropicali.

Per queste sue peculiarità in termini di biodiversità e di habitat prioritari, la Riserva è

stata proposta come sito di interesse comunitario (SIC) con codice ITA020006, per

rientrare all’interno della rete Natura 2000, la rete ecologica europea nata con lo scopo

di proteggere la biodiversità a livello comunitario. Nel formulario standard della Rete si

afferma che si tratta di uno dei biotopi di estremo interesse scientifico per le numerose

entità della flora (endemica, subendemica o/e di rilevante interesse biogeografico) anche

se si sottolinea la grande vulnerabilità del territorio, in particolare del versante

meridionale, che si presenta particolarmente degradato nei suoi aspetti vegetazionali,

costituito ormai da formazioni di tipo steppico. Si evidenzia anche il forte impatto

antropico, principalmente legato alle costruzioni edili, diffuse sul Pizzo della Sella e

molte delle quali adesso disabitate.

2. CENNI CLIMATICI, GEOLOGICI E PEDOLOGICI

I dati termopluviometrici di una serie trentennale, provenienti dalla vicina stazione di Isola

delle Femmine, evidenziano una Temperatura media di circa 20°C e una Piovosità media

annua di 645 mm. La distribuzione della vegetazione risulta però fortemente influenzata

anche dai microclimi che caratterizzano le falesie di Monte Gallo, che favoriscono la

diffusione della vegetazione rupestre, anche per l’esposizione a Nord-Nord Ovest che

consente di mantenere un elevato livello di umidità, favorevole all’affermazione della

vegetazione arborea. Sulla base della classificazione bioclimatica di Rivas-Martinez (1985)

rientriamo quindi nel piano Termomediterraneo subumido, caratteristico delle zone

costiere.

Monte Gallo è un massiccio montuoso di natura calcareo-dolomitica risalente al Triassico

– Cretaceo superiore (Mesozoico) e Paleocene (Cenozoico). Le rocce carbonatiche che lo

costituiscono denunciano un ambiente di formazione di mare poco profondo, una

piattaforma carbonatica. Su queste rocce solubili, soggette al fenomeno carsico, l'azione

delle acque meteoriche ha determinato la presenza di forme carsiche superficiali (karren,

scannellature...) e profonde (cavità carsiche). L'azione congiunta del mare e del carsismo

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ha anche modellato le numerose grotte e gli antri che si aprono sulle pareti del rilievo.

Alcune grotte, tra cui l'importantissima Perciata, hanno conservato i resti fossili di fauna

vertebrata pleistocenica oggi estinta. I suoli dominanti sono litosuoli, poco profondi per la

presenza di roccia affiorante, accompagnati da terre rosse (suoli lisciviati) nei versanti

meridionali.

3. LA VEGETAZIONE

Come evidenzia la Carta del Paesaggio e della Biodiversità Vegetale della Provincia di

Palermo (F.M. Raimondo con la collaborazione di G. Bazan, L. Gianguzzi, V. Ilardi, R.

Schicchi e N. Surano, 2000), la Riserva ospita numerosi e differenti aspetti di vegetazione,

anche se molti di questi risultano localizzati su piccole superfici. La notevole biodiversità

dell’area protetta (circa 500 specie su poco meno di 600 ha) è dovuta da un lato alla grande

variabilità microclimatica, con grande influenza del fattore esposizione e della vicinanza al

mare, e dall’altro all’uso del territorio in epoche passate. Il forte impatto antropico (attività

agropastorali, incendi, forte antropizzazione delle zone costiere…) che ha interessato nel

passato l’area protetta ha infatti determinato una profonda trasformazione rispetto alla

vegetazione potenziale dell’area. Questa era un tempo dominata, nel piano arboreo, dal

leccio (Quercus ilex L.) e dalle querce caducifoglie del gruppo della roverella (Quercus

pubescens s.l. Willd.). Sono inoltre ben visibili i segni degli antichi terrazzamenti e

resistono anche lembi delle antiche coltivazioni arboree disposte su terrazzi con ulivi (Olea

europea var. sativa Hoffmgg. et Link, carrubi (Ceratonia siliqua L.) e ornielli (Fraxinus

ornus L.). L’abbandono delle attività agro-pastorali ha consentito il ripristino dei processi

evolutivi naturali e la conseguente ricolonizzazione dell’area da parte della vegetazione

spontanea.

Le formazioni forestali sono caratterizzate da lembi di macchia mediterranea, un tempo

certamente più abbondanti, da interessanti e limitate leccete sui versanti settentrionali e dai

rimboschimenti di conifere diffusi in tutta la Riserva.

Dal punto di vista fitosociologico, il bosco di leccio appartiene all’ordine Quercetalia

ilicis, che comprende gli aspetti forestali e pre-forestali dell’isola dal livello del mare fino a

1400-1500 m. Questa formazione su substrati basifili come quelli calcarei è inquadrata

nell’alleanza Quercion ilicis. Soltanto nei versanti settentrionali della Riserva vi sono le

condizioni di umidità favorevoli per la diffusione delle specie arboree, ed oltre al leccio, si

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ritrovano nel piano arboreo l’orniello e il terebinto (Pistacia terebinthus L.). In particolare,

nelle zone più coperte, a partire dalla prateria di ampelodesma (Ampelodesmos

mauritanicus Dur. & Sch), si assiste al progressivo aumento della componente arbustiva ed

arborea, testimoniato dalla presenza dell’abbondante Erica multiflora L., del sommacco

(Rhus coriaria L.), della ginestra comune (Spartium junceum L.), della palma nana

(Chamaerops humilis L.), del lentisco (Pistacia lentiscus L.), dello gnidio (Daphne

gnidium L.), dello stracciabrache (Smilax aspera L.) e di altre specie. In fondo al

Malpasso e sotto le pareti, sul detrito, è già visibile uno stadio più avanzato verso la

formazione del bosco con arbusti e piccoli alberi di leccio che tendono a svilupparsi ed

infittirsi.

Fig. 2 - La fitta lecceta in fondo al Malpasso.

Alle comunità alofitiche della fascia costiera, riferibili alla classe Ammophiletea sulle

dune e all’alleanza Chritmo-Staticion sui litorali rocciosi, seguono verso l’interno le

comunità della macchia mediterranea afferenti all’ordine Pistacio-Rhamnetalia alaterni.

Questo comprende le formazioni arbustive o arbustivo-arboree delle zone aride e litoranee,

tra cui le macchie primarie, le boscaglie e i boschi termofili molto degradati come

formazioni secondarie. L’intensa antropizzazione cui è stata sottoposta la fascia costiera ha

però determinato una notevole rarefazione degli originali aspetti di macchia, dei quali si

ricordano in particolare quelli a lentisco e palma nana (dell’associazione Pistacio-

Chamaeropetum humilis) che caratterizzano le scogliere calcaree e quelli ad olivastro ed

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euforbia arborescente (Euphorbia dendroides L.) (ass. Oleo-Euphorbietum dendroidis)

tipici dei versanti più assolati e con poco suolo. Questi aspetti sono inquadrati nell’alleanza

Oleo-Ceratonion, che comprende gli aspetti più xerici della vegetazione arbustiva ed

arborea mediterranea. Pur formando solo raramente uno strato continuo, la Riserva ospita

tutte le più tipiche specie arbustive della macchia mediterranea. Le più abbondanti sono la

palma nana, il lentisco, il carrubo, la ginestra comune, l’euforbia arborea, il camedrio

femmina (Teucrium fruticans L.), il the siciliano (Prasium majus L.) e l’erica multiflora,

molto diffusa solo nei versanti settentrionali.

Fig. 3 - Una pianta di lentisco all’interno della prateria di ampelodesma

prima dell’incendio.

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Fig. 4 - La notevole capacità di ricaccio del lentisco dopo l’incendio.

Purtroppo un incendio molto esteso, all’inizio della scorsa estate, ha interessato la prateria

di ampelodesma dei versanti meridionali causando soprattutto danni al piano arbustivo e

rallentando inevitabilmente la naturale dinamica evolutiva di queste formazioni. Infatti il

passaggio del fuoco, soprattutto se frequente, impedisce l’ulteriore sviluppo delle specie

arbustive ed arboree e tende a fare rimanere nel tempo lo stadio di prateria accompagnata

dalla presenza di piccoli arbusti. Senza questo fattore di disturbo si potrebbero avere nel

tempo riflessi positivi in termini di aumento della complessità e della biodiversità oltrechè

in termini di qualità del paesaggio. Nonostante questo, la rapida ripresa dello strato

arbustivo ed erbaceo spontaneo conferma l’adattamento al fuoco che caratterizza la

vegetazione mediterranea.

La vegetazione rupestre delle rupi di bassa e media quota appartiene all’alleanza Dianthion

rupicolae e risulta diffusa in gran parte dell’intero territorio protetto. Sui rilievi costieri è

presente l’associazione Scabioso creticae-Centauretum ucriae che è caratterizzata dalla

presenza di diverse specie endemiche sicule e sud-tirreniche. Alcune di queste

rappresentano degli endemismi puntiformi, vere rarità del mondo vegetale ed esclusive di

Monte Gallo: Lithodora rosmarinifolia, localizzata nei versanti settentrionali, Genista

gasparrini Guss., lo Sparviere di Monte Gallo (Hieracium lucidum) nelle rupi esposte a

nord, Asperula rupestris Tin., il Cavolo di rupe e la Camomilla del Monte Gallo (Anthemis

ismelia Lojac.), dalle ligule candide, rarissima e presente nei versanti esposti a Nord. Tra i

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taxa endemici a più ampia distribuzione, alcuni dei quali con areale relitto e frammentario,

vanno ricordate invece Iberis semperflorens L., Dianthus rupicola Biv. (il garofano

rupestre), Scabiosa cretica L. (vedovina delle scogliere), Centaurea ucriae Lac. ssp. ucriae

e Centaurea ucriae Lac. ssp. umbrosa Cela Renz. & Viegi, Cymbalaria pubescens

(C.Presl.) Cufod. e Odontites bocconei (Guss.) Walp. (perlina di boccone).

Fig. 5 - la vivace fioritura dell’Erba-perla mediterranea.

La vegetazione di scogliera è invece inquadrata nell’Alleanza Crithmo-Staticion. In questi

ambienti particolari, ciclicamente sottoposti all’azione dell’aerosol marino, la rada

copertura vegetale è espressa da cenosi alofitiche, riferibili alla classe Chritmo-Staticetea

ed in particolare all’associazione Limonietum bocconei. Oltre alla presenza del limonio di

Castellammare [Limonium bocconei (Lojac.) Litard], specie endemica rara e localizzata,

l’associazione è rappresentata da altre specie caratteristiche quali Crithmum maritimum L. ,

Lotus cytisoides L., Micromeria fruticulosa (Bertol.) Grande e Pseudoscabiosa limonifolia

(Vahl) Devesa.

La vegetazione pascoliva risulta molto presente sia sui versanti settentrionali sia su quelli

meridionali, ed è dominata dalla prateria ad Ampelodesmos mauritanicus. In particolare,

sui substrati detritici, poco compatti e acclivi, si insediano estese praterie di ampelodesma,

una specie che svolge un ruolo di primaria importanza nella difesa idrogeologica delle

pendici di quasi tutti i rilievi, fino ad oltre 1000 m di quota. Grazie alla straordinaria

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capacità di ricaccio posseduta, questa graminacea riesce a ricostituire in poco tempo la

parte epigea, dopo ogni passaggio del fuoco, senza mostrare apparenti sintomi di

sofferenza. In virtù di questa velocità di ricoprimento del suolo svolge un insostituibile

ruolo nella stabilizzazione dei versanti denudati costituendo in questi ambienti l’ultima

valida barriera all’azione erosiva delle acque di scorrimento superficiale. Gli aspetti

presenti su substrati calcarei sono riferiti all’Helictotricho convoluti-Ampelodesmetum

mauritanici. Oltre alle due specie che danno il nome all’associazione, questa è

caratterizzata anche dalla presenza di altre specie quali: Brachypodium retusum (Pers.) P.

Beauv., Phoeniculum vulgare Mill. ssp. vulgare , Micromeria greca (L.) Bent. ssp. greca e

altre. L’associazione è inquadrata nell’Avenulo-Ampelodesmion mauritanici, ordine

Hyparrhenietalia hirtae, classe Thero-Brachypodietea, alla quale appartengono tutte le

praterie xerotermofile mediterranee caratterizzate da grosse graminacee perenni. La

prateria ad ampelodesma è in grado di fornire protezione ad un ricco contingente di specie

endemiche o di rilevante interesse fitogeografico, tra cui alcune orchidee, come Orchis

brancifortii Biv. presente nella Riserva.

Fig. 6 – Una delle specie di orchidee della Riserva: Ophrys ciliata Biv.

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Fig. 7 - La prateria ad ampelodesma del versante settentrionale.

Quando l’ampelodesmeto viene lasciato indisturbato dall’incendio si arricchisce in specie

legnose, soprattutto nanofanerofite e camefite quali Erica multiflora, Spartium junceum,

Cistus creticus L., Teucrium fruticans, Chamaerops humilis, Daphne gnidium, Smilax

aspera, evolvendo verso aspetti dei Cisto-Ericion. Nei versanti costieri più aridi

l’ampelodesmeto risulta vicariato dalla prateria ad Hyparrhenia hirta ssp. hirta (L.) Stapf. ,

più o meno associata a Pennisetum setaceum (Forss.) Chiov., una graminacea cespitosa

originaria della fascia tropicale e temperato-calda, che si è progressivamente diffusa in

tutta l’isola.

E’ presente anche la Vegetazione psammofila, caratteristica delle coste sabbiose. A causa

degli intensi processi di antropizzazione delle zone costiere, si tratta di lembi di

vegetazione a carattere residuale e floristicamente impoveriti, riferiti alla classe Cakiletea

maritimae, che comprende associazioni di specie annuali pioniere delle spiagge. Oltre al

ravastrello marittimo (Cakile maritima Scop. var. maritima), è presente il papavero cornuto

(Glaucium flavum Crantz), l’issopo marittimo (Micromeria fruticulosa) e altre specie. Nei

territori a margine dell’area protetta si rinvengono anche lembi di vegetazione tipica delle

aree costruite ed industrializzate. Sui fronti di cava abbandonati si insediano comunità

pioniere caratterizzate da poche specie come Inula viscosa (L.) Aiton, Centranthus ruber

(L.) DC. e l’avventizio Pennisetum setaceum. A seconda delle specie presenti si possono

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considerare diverse associazioni tra le quali Parietarietea, Poligono-Poetae annuae e

Stellarietea mediae.

4. INTERVENTI IN ATTO

Nella Riserva è in atto un importante programma di rinaturalizzazione portato avanti da

parte dell’Ente gestore con lo scopo di favorire la progressiva introduzione delle specie

arboree autoctone (in particolare carrubo, leccio e mirto, Myrtus communis L.) e la

progressiva diminuzione di quelle esotiche che caratterizzano i rimboschimenti di conifere.

L’intervento è tanto più importante se si considera l’assenza di rinnovazione naturale da

parte dei pini e dei cipressi presenti. La finalità è quella di accelerare i naturali processi

evolutivi della vegetazione locale ed aumentare la biodiversità e il grado di naturalità del

soprassuolo forestale. Gli interventi sono stati effettuati soltanto nel rimboschimento del

Vallone Sella e nella prateria di ampelodesma dei versanti meridionali di Monte Gallo,

cioè nelle uniche zone della Riserva di proprietà demaniale.

Nei rimboschimenti di conifere, che hanno un’età variabile tra i venti e quarant’anni, è

necessario procedere con interventi cauti che mantengano la stabilità del soprassuolo

presente permettendo al contempo l’affermazione delle piantine introdotte. E’

fondamentale, nel programmare gli interventi futuri, valutare la risposta del sistema

forestale in termini di aumento della complessità e della biodiversità in modo da poter

apportare eventuali correzioni alle azioni successive. Infatti la presenza dello strato arboreo

di conifere garantisce un buon grado di ombreggiamento, condizione ideale per lo sviluppo

dei semi delle specie arboree ed arbustive della macchia (lentisco, carrubo…), che

all’interno della pineta sembrano avere il sopravvento sulle specie della prateria,

soprattutto nelle zone dove è maggiore la copertura arborea. Al contrario nelle zone in cui

la densità del soprassuolo forestale si riduce si assiste all’ingresso della prateria di

ampelodesma.

Le piante immesse provengono da seme prelevato dalla Riserva stessa o da aree limitrofe,

quindi da piante in equilibrio con le specifiche condizioni ambientali della stazione. Le

piantine, fino alla primavera del 2008, si presentavano in buone condizioni vegetative e

senza evidenti sintomi di sofferenza. Purtroppo un incendio nell’estate successiva le ha

fortemente danneggiate facendo regredire inevitabilmente la dinamica evolutiva delle

fitocenosi arbustive ed arboree. Le specie autoctone (lentisco, carrubo e palma nana

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soprattutto), hanno mostrato una grande e rapida capacità di ricaccio, sottolineando ancora

una volta il grande adattamento al passaggio del fuoco della vegetazione mediterranea.

Molte specie, tra cui la palma nana e i cisti, vengono infatti stimolate nei processi di

riproduzione o moltiplicazione dal passaggio del fuoco e vengono definite pirofite. In

particolare la palma nana è una pirofita attiva, in grado di rispondere attivamente attraverso

una ripresa vegetativa, con la produzione di gemme radicali ed epicormiche. Certo a causa

di questo evento molto dannoso sarà necessario attendere ancora prima di potere

considerare avviato il processo di rinaturalizzazione del soprassuolo.

Fig. 9 - Una piantina di Leccio all’interno di un rimboschimento, prma dell’incendio.

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Fig. 10 - Una piantina di Leccio dopo l’incendio.

La realizzazione di un viale parafuoco nella scorsa primavera, all’ingresso del cancello

forestale del Vallone Sella, non ha potuto impedire il passaggio del fuoco, che si è

propagato molto rapidamente a causa del forte vento di scirocco. Un altro viale parafuoco è

stato realizzato anche all’ingresso di Barcarello, occupante una striscia larga circa 10 metri

e con lo stesso scopo di rallentare fortemente la propagazione di un eventuale incendio.

Nella realizzazione delle fasce parafuoco all’interno della Riserva sono state in ogni caso

salvaguardate le specie arbustive ed arboree locali quali la palma nana, il frassino e il

lentisco.

Fra gli interventi che si rendono necessari annualmente occorre ricordare la

manutenzione dei numerosi sentieri esistenti, che permettono di muoversi agevolmente sia

nella zona montuosa sia nei tratti costieri. Un altro importante obiettivo dell’ente gestore è

il recupero di tutti i sentieri che storicamente attraversavano il territorio protetto. Molti di

questi erano stati infatti abbandonati nel tempo e si presentavano completamente coperti

dalla vegetazione. Questa azione è stata intrapresa in tutti gli ingressi della Riserva e

permetterà nel tempo di avere a disposizione più possibilità di movimento per i visitatori e

quindi un maggiore uso pubblico del bene.

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Da questo punto di vista bisogna però sottolineare che non sempre l’accesso alla Riserva

risulta agevole e ben segnalato, come avviene ad esempio per l’ingresso dalla Via

Tolomea, che è raggiungibile unicamente superando un cancello privato normalmente

chiuso.

Fig. 11 - Gli operai al lavoro nella manutenzione del sentiero Coda di Volpe.

Infatti la striscia di proprietà demaniale, oltre ad essere abbastanza stretta, giunge su un

fronte di cava abbandonato, e questo non permette di realizzare in modo semplice un

ingresso pubblico. Per ovviare a questo problema l’ente gestore sta cercando una

soluzione, come ad esempio organizzare visite guidate in alcuni giorni specifici.

L’ingresso di Barcarello è invece quello più noto al pubblico, assieme a quello Marinella

da Mondello, ed è l’unico con il centro visite dal quale partono le visite guidate soprattutto

nel periodo primaverile ed estivo. In particolare è stata stipulata una convenzione con

l’associazione Amici della Costa, che hanno in affitto parte dei terreni all’interno della

Riserva dal lato Barcarello e che organizzano visite guidate, anche se queste andrebbero

meglio pianificate e realizzate in accordo con l’Ente gestore. I sentieri presenti da questo

ingresso sono accompagnati da un’utile segnaletica che, oltre alla denominazione, riporta

anche la distanza da percorrere. Vengono sottoposti a regolare manutenzione anche i

muretti a secco che delimitano tutta la sentieristica. Per le operazioni ordinarie vengono

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impiegati 9-10 operai, mentre si arriva all’impiego di 18 operai stagionali nei periodi più

critici, quando è necessario completare gli interventi prima della stagione più affollata di

visitatori. Un’importante iniziativa è stata realizzata il 22 maggio 2008, in occasione della

giornata mondiale della biodiversità. Sono stati coinvolti circa 1200 ragazzi delle scuole

elementari e medie della Provincia di Palermo, nell’ambito di un progetto di educazione

ambientale a cura dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia. Hanno inoltre

partecipato l’associazione Palermo Ambiente, che si è occupata della raccolta differenziata

dei rifiuti durante la manifestazione, e le associazioni Mare Vivo e Trinacria Onlus, che

hanno anche allestito delle Mostre fotografiche tematiche. Queste iniziative vanno

sicuramente promosse e realizzate; oltre a consentire la conoscenza diretta dell’area

protetta, danno infatti un fondamentale contributo alla diffusione e alla maturazione di una

coscienza ambientale soprattutto nelle giovani generazioni.

5. REGOLAMENTI

Il Regolamento, recante le modalità d’uso e i divieti vigenti all’interno della Riserva, è

contenuto come allegato 2 al Decreto istitutivo, e disciplina le attività consentite a livello

della zona A di Riserva e della zona B di pre-riserva

5.1 NORME PER LA ZONA A (Riserva Integrale)

Le Attività consentite per gli immobili riguardano unicamente il restauro, il risanamento

conservativo e la ristrutturazione per volumi già esistenti e catastati, ovvero per i ruderi

catastati limitatamente ai volumi documentati. Eventuali mutazioni di destinazione d'uso

degli immobili oggetto degli anzidetti interventi sono possibili solo se strettamente

funzionali al proseguimento delle attività ammesse o funzionali all'attività di gestione

dell'area protetta e previo nulla osta dell'ente gestore. E’ possibile effettuare interventi di

manutenzione ordinaria e straordinaria su strade, mulattiere e sentieri esistenti nel rispetto

delle attuali caratteristiche planoaltimetriche, tipologiche e formali, previo nulla osta

dell'ente gestore. E’ possibile esercitare le attività agricole e zootecniche esistenti (purché

condotte a livello di impresa agricola e di insediamenti civili ai sensi della normativa

antinquinamento) ed effettuare mutamenti di colture nell'ambito delle coltivazioni

tradizionali della zona, in considerazione delle esigenze proprie dei cicli colturali.

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Eventuali trasformazioni di tipo diverso, che possono modificare il paesaggio agrario

caratteristico della zona e che comportino movimenti di terra, devono essere sottoposte a

preventivo nulla osta dell'ente gestore. Il pascolo compatibilmente con gli interventi di

gestione naturalistica, è consentito nei limiti necessari ad assicurare il mantenimento e/o il

ripristino della copertura vegetale e la rinnovazione naturale. L'esercizio del pascolo è

sempre soggetto all'acquisizione del nulla osta dell'ente gestore che fisserà limiti temporali

di zona e di carico di capi di bestiame distinti per specie.

Per quanto riguarda le risorse forestali è consentito effettuare interventi per finalità

naturalistiche e per la costituzione di fasce antincendio, fermo restando il divieto di aprire

nuove piste di accesso e di interventi preventivi strutturali. Gli interventi di ricostruzione

del manto vegetale delle zone nude devono rispondere a criteri naturalistici, favorendo il

mantenimento e la diffusione degli attuali aspetti di macchia e boschivi. Tutti gli interventi

di rinaturazione e restauro ambientale sono sottoposti a nulla osta dell'ente gestore.

I divieti riguardano la possibilità di realizzare nuove costruzioni, eccettuato opere di

miglioramento fondiario, e di esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione

urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese: l'apertura di nuove strade o piste, nonché

le modifiche planoaltimetriche di quelle esistenti, la costruzione di elettrodotti, acquedotti,

linee telefoniche, salvo autorizzazione dall'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente

sentito il parere del C.R.P.P.N. e con l'obbligo della rimessa in ripristino. Sono vietate

anche la demolizione e la ricostruzione degli immobili esistenti, fatta eccezione per i casi

di comprovata precarietà, la collocazione di strutture prefabbricate, salvo deroghe concesse

unicamente a favore dell'ente gestore per le finalità di gestione. E’ vietato esercitare

qualsiasi attività che modifichi lo stato dei luoghi: aprire cave e miniere ed esercitare

attività estrattive, esercitare attività industriali, realizzare discariche e qualsiasi altro

impianto di smaltimento di rifiuti, nonché scaricare terra o qualsiasi altro materiale solido o

liquido, accendere fuochi all'aperto fatto salvo quanto necessario per lo svolgimento delle

attività agro-silvo-pastorali, previa comunicazione all'ente gestore.

Per la conservazione del patrimonio naturale è inoltre vietato: danneggiare od occludere

inghiottitoi e cavità naturali, asportare o danneggiare rocce, minerali, fossili e reperti di

qualsiasi natura, anche se si presentano in frammenti sciolti superficiali, salvo per motivi di

ricerca scientifica a favore di soggetti espressamente autorizzati con apposito disciplinare

Page 19: Tirocinio (Relazione Finale)

19

dell'ente gestore, introdurre armi da caccia, esplosivi e qualsiasi altro mezzo di cattura o di

danneggiamento degli animali, esercitare la caccia e l'uccellagione e apportare qualsiasi

forma di disturbo alla fauna selvatica; molestare o catturare animali vertebrati o

invertebrati; raccogliere, disturbare o distruggere nidi, uova, tane e giacigli, salvo che per

motivi connessi ad attività consentite dal presente regolamento, previa autorizzazione

dell'Ente Gestore, distruggere, danneggiare o asportare vegetali di ogni specie e tipo, o

parti di essi, fatti salvi gli interventi connessi con lo svolgimento delle attività consentite

dal presente regolamento, previa autorizzazione dell'ente gestore. La raccolta di frutti di

bosco e vegetali commestibili spontanei potrà essere regolamentata dall'ente gestore in

ordine a tempi, quantità e specie, alterare l'equilibrio delle comunità biologiche naturali,

con l'introduzione di specie estranee alla flora ed alla fauna autoctone. L'eventuale

reintroduzione di specie scomparse dovrà essere autorizzata dall'Assessorato Regionale

Territorio ed Ambiente previo parere del C.R.P.P.N.

5.2 NORME PER LA ZONA B (Pre-riserva)

Per quanto riguarda le attività consentite all’interno dell’area di protezione della

Riserva (Zona B, di pre-riserva) la maggiore differenza rispetto alla zona di Riserva

integrale riguarda la possibilità di eseguire nuove costruzioni, purché abbiano esclusiva

destinazione d'uso alla fruizione e all'attività di gestione della Riserva, comprese opere di

miglioramento fondiario. E’ inoltre consentito effettuare nuove costruzioni rurali con

finalità abitativa, solo se previste dal piano di utilizzazione; sugli immobili esistenti sono

consentiti il restauro e il risanamento conservativo e la ristrutturazione solo per volumi già

esistenti e catastali.

E’ consentito esercitare le attività agricole e zootecniche esistenti (purché condotte a livello

di impresa agricola e di insediamenti civili ai sensi della normativa antinquinamento) ed

effettuare mutamenti di colture nell'ambito delle coltivazioni tradizionali della zona, in

considerazione delle esigenze proprie dei cicli colturali. Eventuali trasformazioni di tipo

diverso, che possono modificare il paesaggio agrario caratteristico della zona o che

comportino movimenti di terra, devono essere sottoposte a preventivo nulla osta dell'ente

gestore. E’ possibile esercitare le attività forestali e gli interventi di prevenzione degli

incendi previo nulla osta dell'ente gestore; realizzare impianti di distribuzione a rete

(acqua, elettricità, comunicazioni, gas, ecc.) previo nulla osta dell'Assessorato Regionale

del Territorio e dell'Ambiente sentito il parere del C.R.P.P.N. con l'obbligo della rimessa in

Page 20: Tirocinio (Relazione Finale)

20

ripristino dei luoghi, utilizzando a tal fine tecniche di rinaturazione secondo criteri

naturalistici.

All’interno della Zona B2, determinata in sede di riperimetrazione nel 2006, sono

consentiti, previa verifica della legittimità delle costruzioni e delle attività esistenti e

dell'uso di beni demaniali, esclusivamente la prosecuzione delle attività cantieristiche e

nautiche nonché la manutenzione, ristrutturazione e adeguamento funzionale delle opere e

manufatti esistenti strettamente necessari alla prosecuzione delle attività consentite, ad

esclusione di ogni potenziamento e/o espansione delle stesse. E' vietata ogni mutazione di

destinazione d'uso degli immobili rispetto a quelle relative alla cantieristica ed al

rimessaggio-noleggio nautico

6. MATERIALI E METODI

Nell’inverno del 2008 sono state avviate, all’interno della R.N.O. di Capo Gallo, raccolte

finalizzate alla conoscenza dei macromiceti attraverso l’osservazione dell’epoca di

comparsa dei basidiomi e degli ascomi e l’individuazione dei relativi habitat di crescita. La

determinazione delle specie è stata effettuata attraverso la combinazione di esami

macromorfologici e micromorfologici, condotti sia su esemplari freschi che essiccati.

6.1 DETERMINAZIONE

Lo studio di un fungo ha inizio dalla sua raccolta e finisce con la sua determinazione

ottenuta attraverso l’osservazione dei caratteri macroscopici e microscopici. I primi studi

vengono eseguiti direttamente sul terreno, poi in laboratorio per i caratteri macroscopici e

per quelli microscopici.

È bene avere sempre con se una macchina fotografica, le schede di rilevamento

micologico, nonché quanto necessario per la raccolta e la conservazione del fungo

(coltello, cestino, carta alluminio, sacchetti di stoffa, ecc.).

6.2 DETERMINAZIONE IN CAMPO

Quando si rinviene un corpo fruttifero, è necessario fotografarlo nella sua integrità

prima e in sezione dopo e osservare eventuali caratteri fugaci che potrebbero andare persi

durante il trasporto. Per la raccolta, il fungo viene prelevato dal terreno con molta cura al

Page 21: Tirocinio (Relazione Finale)

21

fine di evitare eventuali rotture, avvalendosi magari dell’ausilio di un coltello a lama larga

o una spatola da giardinaggio, avendo cura di disporlo in un cestino, in modo da favorire la

dispersione delle spore. Nel trasporto, è bene evitare di mettere a contatto tra loro più

funghi diversi, per evitare un inquinamento di spore. Al fine di evitare l’essiccamento del

fungo, questi possono essere avvolti in carta alluminio, dopo essere stati osservati e

fotografati. Sul terreno si compila la scheda di rilevamento, dove vengono inseriti il nome

del raccoglitore, la data di raccolta, il numero di raccolta, la località, i vari caratteri

stazionali (altitudine, esposizione, ecc.), la quantità dei corpi fruttiferi, il tipo di terreno e

l’habitat. L’identificazione dei funghi è facilitata poi dall’osservazione delle caratteristiche

specifiche salienti. L’osservazione dei caratteri morfologici deve essere effettuata su

esemplari integri, tali cioè da presentare tutte le caratteristiche morfologiche della specie.

Per un’esatta determinazione è opportuno tenere in considerazione che nell’ambito della

stessa specie è possibile riscontrare modificazioni anche sostanziali delle caratteristiche

morfologiche, causate da particolari fattori atmosferici o ambientali.

Caratteri macroscopici osservati:

Cappello o pileo: osservando le dimensioni che vengono espresse in cm, la forma che è

molto variabile, i colori, la struttura e la consistenza. Se è levigato e asciutto o vischioso,

fibroso o squamoso. La consistenza del fungo può essere fibrosa o gessosa in base alla

frattura oppure molliccia o resistente in base alla risposta alla pressione. Per misurare il

diametro del cappello questo viene misurato lungo la sua superficie come se il cappello

fosse del tutto espanso. Il suo spessore invece, può essere misurato dopo aver eseguito una

sezione longitudinale.

Gambo o stipite: bisogna osservare l’altezza e la grossezza che vengono espresse in mm o

cm, il colore, l’ingrossamento basale a bulbo, la presenza di appendici radiciformi, la sua

inserzione sul cappello, la sua consistenza che può essere più o meno fragile, la sua sezione

longitudinale e la sua forma. La misurazione del gambo viene eseguita da una sezione

longitudinale del fungo.

Carne: è bene osservare il colore, la resistenza che può essere farinosa, fragile, elastica; la

tessitura, se è fibrosa o midollosa, piena o cava o lacunosa; l’odore, eventuali viraggi e se è

il caso anche il sapore, masticando finemente fra le labbra e i denti un frammento di fungo

senza ingoiarlo. L’odore, è un elemento importante soprattutto se viene associato con altri

Page 22: Tirocinio (Relazione Finale)

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caratteri, ma non è sempre sufficiente per la determinazione. Il punto in cui si percepisce

maggiormente l’odore, è quello situato tra le lamelle e il gambo e, per aumentarne la

percezione, basta maneggiare il fungo o farne una sezione. Sia per l’odore che per il

sapore, è necessario usare delle definizioni comuni per tutti, poiché essi sono elementi

soggettivi di ogni singola persona.

Imenoforo: occorre osservarne la struttura (a lamelle, a tubuli, ad aculei, liscia ecc.), il

colore e nel caso delle lamelle il loro attacco sul gambo. È bene osservare inoltre la loro

maggiore o minore fittezza. La larghezza delle lamelle è misurabile da una sezione

longitudinale del corpo fruttifero.

Habitat: bisogna osservare l’ambiente, il terreno e la pianta nei pressi di cui cresce il

fungo.

Sporata: sarebbe utile farla direttamente sul campo, prima di avvolgere il fungo nella carta

argentata e porlo nel cestino, ma poiché è necessario aspettare poche ore, solitamente si

esegue in laboratorio, facendo molta attenzione nel trasporto dei funghi, per evitare

l’inquinamento sporale. Al fine di ottenere una corretta sporata, si procede semplicemente

tagliando il gambo del fungo e ponendo il cappello con le lamelle o i pori appoggiati su un

foglio di carta bianca al fine di ottenere una perfetta impronta, e osservarne poi sia il colore

che la forma. Il colore della polvere sporale è stato da sempre un carattere importante per

la determinazione dei funghi, bisogna però tenere sempre presente che il colore può variare

con l’essiccamento quindi non è sempre costante neanche a livello delle stesse specie e che

quindi vi possono essere delle differenze, dovute sia alla variabilità delle specie, ma anche

ai diversi gradi di maturazione del fungo. Per determinare il colore, comunque, viene

utilizzata una tavola dei colori e una mascherina che ne permette il rilevamento.

6.3 DETERMINAZIONE IN LABORATORIO

Una determinazione non si conclude semplicemente con l’osservazione dei caratteri

macroscopici, ma è bene ed essenziale proseguire con le osservazioni dei caratteri

microscopici, grazie all’utilizzo del microscopio ottico, che ci permette di apprezzare la

Page 23: Tirocinio (Relazione Finale)

23

dimensione, la forma delle spore, dei basidi, degli aschi, dei cistidi, delle parafisi, la trama

della struttura delle lamelle, della cuticola e del cappello.

Spore: viene osservata la forma, le dimensioni e le ornamentazioni, che sono i caratteri più

importanti per l’identificazione.

Per l’osservazione al microscopio, occorre prendere un vetrino su cui disporre una goccia

d’acqua nel caso di materiale fresco, o KOH (idrossido di potassio) nel caso di materiale

secco, per far in modo di idratare il materiale da osservare, si aspetta per qualche minuto,

dopo di ciò si copre con un vetrino copri oggetto, si schiaccia un po il tutto per una visione

migliore sia delle spore che dei basidi e dei cistidi e poi si passa all’osservazione al

microscopio. Le spore sono molto variabili nella forma, possono essere sferiche, ellittiche,

ovoidali e spesso sono irregolari.

La loro dimensione è variabile ma facile da misurare se la forma è regolare, ma molto

difficile in caso contrario. Di ogni spora viene misurata la sua lunghezza e la sua larghezza;

i dati ottenuti, vengono inseriti in una scheda per poi essere riportati su un foglio di calcolo

elettronico per ottenere la media e le dimensioni espresse in µm, in quanto i valori ottenuti

dalla misurazione tramite microscopio devono essere moltiplicati per il valore 2,5. Il primo

numero si riferisce alla lunghezza, mentre il secondo alla larghezza. Il numero minimo di

misurazioni deve essere di almeno 30 esemplari se si tratta di materiale fresco, e di almeno

50 per il materiale essiccato.

Colore e ornamentazioni: il colore delle spore al microscopio, viene effettuata solo se non

è stato osservato mediante la sporata, e in ogni modo questo è raramente significativo. In

molte spore abbiamo la presenza di ornamentazioni superficiali caratteristiche come per

esempio, piccole protuberanze, aculei, creste e scanalature, che sono tutti caratteri utili per

la determinazione.

Basidi e aschi: in alcuni casi, oltre alla forma e alla misurazione dei basidi e degli aschi,

vengono osservati anche il numero di spore. Dopo il riconoscimento dei basidi e degli

aschi, che hanno la loro caratteristica forma, la misurazione viene eseguita con le stesse

modalità di quelle delle spore, trascrivendo sempre sullo stesso foglio delle spore i dati, per

poi riportarli in un foglio di calcolo elettronico per la determinazione della media e delle

dimensioni. L’osservazione viene fatta sullo stesso vetrino preparato per le spore,

calcolando la lunghezza e la larghezza del basidio o dell’asco. Importanti sono le

Page 24: Tirocinio (Relazione Finale)

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osservazioni delle strutture imeniali sterili, quali i cistidi e le parafisi che hanno forma

variabile e possono presentare ornamentazioni superficiali, incrostazioni apicali o nel caso

delle parafisi svariate forme della estremità apicale.

Trama ifale: la trama è la parte interna del fungo; l’osservazione viene eseguita su una

sottile sezione del fungo, tale osservazione può essere effettuata su diverse parti del fungo.

Elenco dei taxa censiti

Coriolopsis gallica (Fr.) Ryvarden

Gloeophyllum sepiarium (Wulfen) P. Karst.

Peniophora lycii (Pers.) Höhn. & Litsch.

Pholiota highlandensis (Peck) A. H. Sm. & Hesler

Psathyrella candolleana (Fr.) Maire

Schizophyllum commune Fr.

Stereum hirsutum (Willd.) Gray

Coriolopsis gallica

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LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso di Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 08-04-2008

HABITAT: Ampelodesmeto con presenza di piante di Ceratonia siliqua

SUBSTRATO: su grosso ramo di Ceratonia siliqua

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

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Gloeophyllum sepiarium

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso di Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 03-03-2009

HABITAT: rimboschimento di Pinus halepensis

SUBSTRATO: su tronco per terra di Pinus halepensis

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

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Peniophora lycii

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso di Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 08-04-2008

HABITAT: rimboschimento di Pinus halepensis

SUBSTRATO: su rametto per terra di Pinus halepensis

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

Page 28: Tirocinio (Relazione Finale)

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Pholiota highlandensis

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Piano dello Stinco

DATA DI RACCOLTA: 03-03-2009

HABITAT: popolamento artificiale a Pinus halepensis

SUBSTRATO: terreno (in area percorsa da incendio)

CATEGORIA ECOLOGICA: carbonicolo

Page 29: Tirocinio (Relazione Finale)

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Psathyrella candolleana

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero del Gabbiano (ingresso di Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 06-10-2008

HABITAT: ai margini della lecceta del Malpasso

SUBSTRATO: su radici affioranti di Quercus ilex

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

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Schizophyllum commune

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso di Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 15-03-2009

HABITAT: rimboschimento di Pinus halepensis

SUBSTRATO: su ramo per terra di Pinus halepensis

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

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Stereum hirsutum

LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso Barcarello)

DATA DI RACCOLTA: 08-04-2008

HABITAT: rimboschimento di Pinus halepensis

SUBSTRATO: su ramo per terra di Pinus halepensis

CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo

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7. CONCLUSIONI

La RNO di Capo Gallo conserva un importantissimo patrimonio di biodiversità vegetale e

rilevanti aspetti geomorfologici, naturalistici e paesaggistici da proteggere e valorizzare,

tutto questo a pochi passi dalla città di Palermo. E’ proprio da questa vicinanza al centro

abitato che derivano i maggiori problemi di gestione della Riserva. Infatti la maggior parte

del territorio protetto appartiene a privati con la conseguente difficoltà di pianificare e

realizzare interventi mirati in quelle zone. Per le risorse forestali questo incide soprattutto

sulla possibilità di avviare importanti processi di rinaturalizzazione all’interno dei

rimboschimenti, mentre ha un minore impatto sugli aspetti più integri della Riserva dove

sono auspicabili unicamente azioni di monitoraggio e ricerca scientifica. L’effettiva

limitazione nella gestione delle zone rimboschite è però contenuta in quanto soltanto su

una piccola superficie rispetto a quella totale dei rimboschimenti non è stato possibile

intervenire. Si tratta dei soprassuoli forestali presenti dal lato Barcarello. Inoltre bisogna

considerare che le conifere che costeggiano il sentiero rappresentano un’importante area di

sosta per i visitatori anche perché al riparo dal sole e quindi non è necessario intervenire in

queste zone. Nei versanti meridionali, dove sono state effettuate le piantumazioni di specie

arbustive ed arboree autoctone, l’incendio della scorsa estate ha determinato ingenti danni.

Molte delle piante introdotte sono rimaste completamente distrutte, anche se alcune,

avendo subito un danno parziale, mostrano buone possibilità di ripresa se riusciranno a

superare la stagione secca. All’interno del rimboschimento questo fattore di disturbo

ritarderà inevitabilmente l’avvio dei processi di rinaturalizzazione e quindi la progressiva

affermazione della vegetazione locale. Nella prateria ad ampelodesma il passaggio del

fuoco, soprattutto se ripetuto, rallenta fortemente la dinamica evolutiva delle fitocenosi

arbustive ed arboree, consentendo soltanto la presenza di piccoli arbusti all’interno della

vegetazione pascoliva. La buona riuscita di questi interventi permetterebbe nel tempo un

importante aumento della biodiversità e indubbiamente anche un forte miglioramento del

versante dal punto di vista estetico e paesaggistico. Le maggiori difficoltà di intervento

riguardano invece il versante che si raggiunge dall’ingresso di Mondello e che conduce

all’area di sosta del Faro di Capo Gallo. Il sentiero appartiene infatti ad un privato che

esige il pagamento di un biglietto per il passaggio pedonale o anche in bici nella sua

proprietà. Purtroppo non è stata mantenuta l’intenzione espressa già nel Decreto istitutivo

della Riserva dove si affermava che la strada di accesso (privata) sarebbe stata oggetto di

espropriazione da parte del Comune di Palermo assieme alla pista ad essa collegata.

Page 33: Tirocinio (Relazione Finale)

33

Un'altra problematica riguarda la presenza del cantiere della Motomar: in particolare

andrebbero definiti il carico massimo di imbarcazioni in entrata e uscita dal cantiere e

l’esatta delimitazione dei confini della Riserva e di questa zona (B2), come previsto dal

Decreto che definiva la riperimetrazione.

Il Decreto affermava infatti che entro 30 giorni dall'emanazione del Decreto istitutivo della

Riserva risarebbe proceduto:

- a cura dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente all'esatta delimitazione

delle aree demaniali marittime; - a cura dell'Ente gestore all'emanazione di uno specifico

regolamento di attuazione contenente le modalità e i limiti per la prosecuzione delle attività

consentite, fissando un carico massimo ammissibile per l'approdo, il noleggio ed il

rimessaggio delle imbarcazioni. Tutti gli interventi riguardanti l'esistente molo e la

gestione degli specchi acquei portuali dovranno essere assunti di concerto tra ente gestore

della Riserva naturale ed ente gestore dell'area marina protetta. La soluzione della

controversia non è però semplice e richiede la collaborazione di tre soggetti: l’Ente gestore

(Azienda Foreste Demaniali), la Motomar, proprietaria del cantiere, e la Capitaneria di

Porto. Infatti bisogna anche considerare che la presenza di questa attività è precedente

rispetto all’istituzione della Riserva e certamente vi sono notevoli implicazioni di carattere

sociale ed economico da prendere in debita considerazione. Sempre dall’ingresso di

Mondello è presente anche una pista di go-kart adesso dismessa, ma che potrebbe essere

destinata ad un diverso uso, qualora i terreni venissero acquisiti da parte dell’ente gestore.

In funzione dello stato attuale si potrebbe pensare di favorire i processi evolutivi naturali e

quindi la ricolonizzazione da parte della flora spontanea oppure si potrebbe realizzare una

pista sportiva eco-compatibile (per bici, mountain bike…). La risoluzione di queste

problematiche, più che una maggiore difesa del patrimonio naturale, porterebbe un grande

miglioramento nella possibilità di fruizione della Zona B. Malgrado queste difficoltà

l’istituzione della Riserva ha permesso innanzitutto di sottrarre il territorio all’uso

incontrollato da parte dell’uomo. Ciò consente da un lato di mantenere integro e

sufficientemente protetto l’ambiente naturale e dall’altro assicura l’uso sociale del bene.

Grazie agli interventi di manutenzione e ripristino di molti sentieri si aprono infatti al

visitatore numerose possibilità di fruizione della Riserva: si possono scegliere percorsi più

difficili, come il sentiero Piano dello Stinco-Semaforo che richiede circa due ore e mezza,

o percorsi meno impegnativi come quelli dal lato Barcarello, o ancora si possono praticare

sport eco-compatibili, come l’escursionismo o il free-climbing. Dai numerosi sentieri che

attraversano l’area protetta è possibile giungere nelle zone costiere, dove è consentita la

Page 34: Tirocinio (Relazione Finale)

34

balneazione, o all’opposto salire in cima e godere di splendidi e suggestivi panorami, come

il caratteristico Golfo di Mondello, e anche le isole Eolie e le Madonie in funzione della

visibilità. Dai dati relativi alla fruizione si registra un notevole afflusso di visitatori.

Bisogna anche considerare che vi sono informazioni unicamente per l’ingresso di

Barcarello e quindi certamente sono valori sottostimati. In tutti i mesi la media di presenze

non scende mai sotto i 200 e nei mesi primaverili ed estivi si hanno picchi di 1200-1400

visitatori. Dal punto vista scientifico e didattico va infine segnalato il sentiero Costa

Spartivento che consente di osservare i diversi stadi evolutivi della vegetazione

mediterranea. Dalla prateria di ampelodesma, localizzata nella zona più esposta, si registra

il progressivo aumento delle specie arbustive e arboree (Erica multiflora, lentisco, ginestra,

carrubo…) fino all’affermazione di una fitta lecceta in fondo al Malopasso, nella zona di

maggiore copertura del versante. Al leccio si accompagnano l’orniello e il terebinto sul

piano arboreo. L’attività di tirocinio da me svolta nell’ambito dell’identificazione di

macromiceti ha permesso di individuare 7 macromiceti . Inoltre ho potuto constatare

l’importanza del rilevamento dei caratteri ecologici al fine di ottenere una corretta

identificazione che consenta di incrementare la ricchezza di dati in termini di biodiversità

fungina. In particolare dall’analisi dei dati raccolti risulta evidente una predominanza delle

specie saprotrofe lignicole (6 taxa) e la presenza di un taxon con crescita all’interno di aree

percorse dal fuoco. Quattro dei sei taxa lignicoli sono stati rinvenuti su legno di Pinus

halepensis, uno su legno di Ceratonia siliqua e uno su radici affioranti di Quercus ilex. Le

specie rinvenute sono comuni ed ampiamente distribuite sul territorio regionale e

nazionale. La scarsa presenza di specie fungine può essere direttamente correlata

all’andamento climatico ed in particolare alle ripetute escursioni termiche che hanno

insistito sull’area nel periodo di osservazione. Un ulteriore fattore limitante è certamente

rappresentato dalla notevole pressione antropica.