Timgad E Deserto - Viaggi Avventure nel Mondo...166 - Avventure nel mondo 1 | 2018 Dalla relazione...

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Dalla relazione del viaggio Timgad e Deserto gruppo Benetti Testo e foto di Tomaso Emaldi e Stefania Benetti Timgad E Deserto T orniamo, dopo tanti anni, in Algeria con una “prima” alla scoperta di città romane, incuneate fra le montagne del nord, oasi predesertiche del grande Erg orientale, pentapoli della valle dello Mzab, esplorazione di siti ricchi di graffiti rupestri e ksar disseminati lungo la falesia. Abbiamo conosciuto cordialità e curiosità del popolo algerino: siamo stati accolti con sorrisi e spesso invitati in casa per un tè, come amici di passaggio, le giovani ragazze hanno posato volentieri per selfie da pubblicare su face- book, mentre le scolaresche ci tempestavano di domande in francese e in inglese, desiderose di sfoggiare le loro abilità linguistiche. Roma> Algeri> Constantine - Provenienti dai vari aeroporti italiani ci incontriamo a Fiumicino. Il gruppetto di 13 persone è composto da 11 donne e due uomini; l’età spazia tra i 45 e i 70 anni e siamo tutti viaggiatori di lunga data. Decolliamo in perfetto orario dopo aver eletto cassiera del gruppo Ornella, che accetta di buon grado. Ci attende all’arrivo l’usuale trafila alla dogana dove verificano telefonicamente che a Costantine il “gruppo di italiani” è atteso. Giunti a destinazione, facciamo la conoscenza di Omar, la nostra guida e di Naceur il rappresentante dell’agenzia addetto ai rapporti con le scorte e a tutto quello che ci abbisogna. Imbarcati su un comodo autobus incontriamo Rizki, il nostro impareggiabile autista. Vista l’ora tarda andiamo direttamente a mangiare: il previsto ristorante è già chiuso per cui optiamo per un tipico locale dove, assieme agli avventori che guardando la partita di calcio ci scrutano incuriositi, consumiamo la prima cena algerina. Constantine> Tiddis> Setif - Puntuali ci troviamo per la colazione e alle otto partiamo per Tiddis (Castellum Tidditanorum) antica città romana che dipendeva da Cirta (Costantina). Si trova, in posizione strategica, all’ingresso delle gole del Khreneg, formate dal wadi Rhummel, su un pianoro elevato, sulle pendici meridionali della montagna. Percorrendone le mura ci imbattiamo nella porta monumentale, nelle terme, in alcune cisterne della metà del III secolo, e in un tempio, parecchio malandato, dedicato a Saturno. Il tempo splendido e la temperatura mite ci invogliano a immortalare i luoghi con reportage fotografici. Torniamo a Costantine e con una lunga passeggiata ammiriamo i “ponti” prima di andare a visitare il palazzo di Ahmed Bay. Un giovane e entusiasta volontario ci illustra le bellezze architettoniche del luogo. All’uscita dopo aver comprato qualcosa per il pranzo a sacco via verso Sétif e il suo Museo Archeologico dove spicca il bellissimo mosaico policromo il “Trionfo indiano di Dioniso” risalente al III secolo d.C. Ci perdiamo ammirati e stupiti in compagnia dalla solerte guida. Infine, appagati giungiamo in albergo situato proprio di fronte alla famosa “fontana nuda” Ain Foura. E’ presto e ci disperdiamo per la cittadina ma non veniamo lasciati a noi stessi: cortesi poliziotti in borghese vigilano che tutto proceda per il meglio. Io e Tomaso, la cassa comune lo impone, andiamo in cerca di un cambio favorevole e risolviamo il problema presso un intrepido giovane commerciante di vestiti. Anche i partecipanti del gruppo ne approfittano e poi, tutti insieme, ci lanciamo a piedi alla ricerca di un ristorante per la cena. Dopo un certo girovagare optiamo per un ristorante libanese in grado di accogliere e soddisfare l’affamata comitiva. Setif> Djemila> Imedghassen (Madracen)> Batna - Djemila, la bella, si trova a 900 metri di quota sui rilievi della Piccola Kabylia, a metà strada tra Sètif e Constantine, nell’antica Cirta che fu capitale dapprima della Numidia e poi della colonia romana d’Africa, della quale restano ben poche tracce. Fu fondata verso la fine del I° secolo dopo Cristo, sotto l’imperatore Nerva, quale colonia di veterani, all’incrocio di due importanti assi stradali nord-sud e est-ovest, nell’intento di garantire stabilità alla regione. La precarietà del limes non riuscì mai a garantire una vera pax romana, nemmeno dopo la promulgazione dell’editto di Caracalla che nel 212 riconosceva la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi dell’impero. La visita inizia dal piccolo museo le cui pareti sono adorne di enormi e straordinari mosaici, veri capolavori dell’arte musiva, che da soli giustificherebbero il viaggio. Ci illustra queste meraviglie Salim, guida appassionata che ci fa rivivere con le sue parole l’antica fastosità del luogo. Scorazziamo a lungo tra le rovine per coglierne e immortalare fotograficamente gli splendori. Dopo pranzo ripartiamo alla volta di Imedghassen per visitare il Mausoleo di Medracen o Medghassen o Madghis. Si tratta di una gigantesca cupola circondata da colonne con capitelli dorici, risalente al III secolo a.c., che prende il nome da un re di Numidia ed è il più antico mausoleo del Nord Africa. Arriviamo infine a Batna a prendere possesso delle nostre camere e poi a cena in un ristorantino traboccante di locali e a seguire struscio digestivo sul viale principale. Batna> Lambaesis> Timgad> Ghoufi> Biskra - Anche oggi è una giornata assolata. Ci fermiamo per una breve visita delle rovine di Lambaesis dove una enorme massa di reperti giace sepolta in attesa di scavi e finalmente arriviamo a Timgad. L’antica Thamugadi, fondata da Traiano nell’anno 100 d.c. sulle estreme pendici settentrionali del Monte Aurès, più che per la sua storia è famosa per i suoi resti metodicamente scavati e restaurati a partire dal 1881 e costituisce uno dei centri archeologici più importanti del Mediterraneo. Del centro indigeno, preesistente alla fondazione romana, non si ha traccia né memoria se non nel nome, che è di origine libica. La fondazione RACCONTI DI VIAGGIO | Algeria http://www.viaggiavventurenelmondo.it/viaggi/1755 Merdoufa Timgad

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166 - Avventure nel mondo 1 | 2018

Dalla relazione del viaggio Timgad e Deserto gruppo Benetti

Testo e foto di Tomaso Emaldi e Stefania Benetti

Timgad E Deserto

Torniamo, dopo tanti anni, in Algeria con una “prima” alla scoperta di città romane, incuneate fra le montagne del nord, oasi

predesertiche del grande Erg orientale, pentapoli della valle dello Mzab, esplorazione di siti ricchi di graffiti rupestri e ksar disseminati lungo la falesia. Abbiamo conosciuto cordialità e curiosità del popolo algerino: siamo stati accolti con sorrisi e spesso invitati in casa per un tè, come amici di passaggio, le giovani ragazze hanno posato volentieri per selfie da pubblicare su face-book, mentre le scolaresche ci tempestavano di domande in francese e in inglese, desiderose di sfoggiare le loro abilità linguistiche. Roma> Algeri> Constantine - Provenienti dai vari aeroporti italiani ci incontriamo a Fiumicino. Il gruppetto di 13 persone è composto da 11 donne e due uomini; l’età spazia tra i 45 e i 70 anni e siamo tutti viaggiatori di lunga data. Decolliamo in perfetto orario dopo aver eletto cassiera del gruppo Ornella, che accetta di buon grado. Ci attende all’arrivo l’usuale trafila alla dogana dove verificano telefonicamente che a Costantine il “gruppo di italiani” è atteso. Giunti a destinazione, facciamo la conoscenza di Omar, la nostra guida e di Naceur il rappresentante dell’agenzia addetto ai rapporti con le scorte e a tutto quello che ci abbisogna. Imbarcati su un comodo autobus incontriamo Rizki, il nostro impareggiabile autista. Vista l’ora tarda andiamo direttamente a mangiare: il previsto ristorante è già chiuso per cui optiamo per un tipico locale dove, assieme agli avventori che guardando la partita di calcio ci scrutano incuriositi, consumiamo la prima cena algerina. Constantine> Tiddis> Setif - Puntuali ci troviamo per la colazione e alle otto partiamo per Tiddis (Castellum Tidditanorum) antica città romana che dipendeva da Cirta (Costantina). Si trova, in posizione strategica, all’ingresso delle gole del Khreneg, formate dal wadi Rhummel, su un pianoro elevato, sulle pendici meridionali della montagna. Percorrendone le mura ci imbattiamo nella porta monumentale, nelle terme, in alcune cisterne della metà del III secolo, e in un tempio,

parecchio malandato, dedicato a Saturno. Il tempo splendido e la temperatura mite ci invogliano a immortalare i luoghi con reportage fotografici. Torniamo a Costantine e con una lunga passeggiata ammiriamo i “ponti” prima di andare

a visitare il palazzo di Ahmed Bay. Un giovane e entusiasta volontario ci illustra le bellezze architettoniche del luogo. All’uscita dopo aver comprato qualcosa per il pranzo a sacco via verso Sétif e il suo Museo Archeologico dove spicca il bellissimo mosaico policromo il “Trionfo indiano di Dioniso” risalente al III secolo d.C. Ci perdiamo ammirati e stupiti in compagnia dalla solerte guida. Infine, appagati giungiamo in albergo situato proprio di fronte alla famosa “fontana nuda” Ain Foura. E’ presto e ci disperdiamo per la cittadina ma non veniamo lasciati a noi stessi: cortesi poliziotti in borghese vigilano che tutto proceda per il meglio. Io e Tomaso, la cassa comune lo impone, andiamo in cerca di un cambio favorevole e risolviamo il problema presso un intrepido giovane commerciante di vestiti. Anche i partecipanti del gruppo ne approfittano e poi, tutti insieme, ci lanciamo a piedi alla ricerca di un ristorante per la cena. Dopo un certo girovagare optiamo per un ristorante libanese in grado di accogliere e soddisfare l’affamata comitiva.Setif> Djemila> Imedghassen (Madracen)> Batna - Djemila, la bella, si trova a 900 metri

di quota sui rilievi della Piccola Kabylia, a metà strada tra Sètif e Constantine, nell’antica Cirta che fu capitale dapprima della Numidia e poi della colonia romana d’Africa, della quale restano ben poche tracce. Fu fondata verso la fine del I° secolo dopo Cristo, sotto l’imperatore Nerva, quale colonia di veterani, all’incrocio di due importanti assi stradali nord-sud e est-ovest, nell’intento di garantire stabilità alla regione. La precarietà del limes non riuscì mai a garantire una vera pax romana, nemmeno dopo la promulgazione dell’editto di Caracalla che nel 212 riconosceva la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi dell’impero. La visita inizia dal piccolo museo le cui pareti sono adorne di enormi e straordinari mosaici, veri capolavori dell’arte musiva, che da soli giustificherebbero il viaggio. Ci illustra queste meraviglie Salim, guida appassionata che ci fa rivivere con le sue parole l’antica fastosità del luogo. Scorazziamo a lungo tra le rovine per coglierne e immortalare fotograficamente gli splendori. Dopo pranzo ripartiamo alla volta di Imedghassen per visitare il Mausoleo di Medracen o Medghassen o Madghis. Si tratta di una gigantesca cupola circondata da colonne con capitelli dorici, risalente al III secolo a.c., che prende il nome da un re di Numidia ed è il più antico mausoleo del Nord Africa. Arriviamo infine a Batna a prendere possesso delle nostre camere e poi a cena in un ristorantino traboccante di locali e a seguire struscio digestivo sul viale principale.Batna> Lambaesis> Timgad> Ghoufi> Biskra - Anche oggi è una giornata assolata. Ci fermiamo per una breve visita delle rovine di Lambaesis dove una enorme massa di reperti giace sepolta in attesa di scavi e finalmente arriviamo a Timgad. L’antica Thamugadi, fondata da Traiano nell’anno 100 d.c. sulle estreme pendici settentrionali del Monte Aurès, più che per la sua storia è famosa per i suoi resti metodicamente scavati e restaurati a partire dal 1881 e costituisce uno dei centri archeologici più importanti del Mediterraneo. Del centro indigeno, preesistente alla fondazione romana, non si ha traccia né memoria se non nel nome, che è di origine libica. La fondazione

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Merdoufa

Timgad

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Avventure nel mondo 1 | 2018 - 167

RACCONTI DI VIAGGIO | Algeria

avvenne ad opera della terza legione Augusta e del suo legato, Manuzio Gallo; lo scopo che ci si prefiggeva era quello di creare un centro di romanizzazione e difesa alla base dell’Aurès. La città nacque come un castro quadrato cinto da un muro di 3,50 metri di spessore. Ben presto, purtroppo, già sotto i successori di Traiano, l’abitato si ampliò ben oltre l’area cintata; fuori delle mura fu abbandonata la regolare disposizione a scacchiera e sorsero numerosi edifici quali chiese, monasteri, e, in età bizantina, alquanto più a sud, una fortezza. Delle quattro porte principali, che si aprivano nel mezzo dei lati, la più importante era quella di ponente, da cui usciva la strada per Lambesi, e in cui fu eretto un grande arco monumentale in onore di Traiano. Accompagnati dall’appassionato Abdel Toufik, il tempo scorre veloce e dopo un breve spuntino partiamo alla volta delle gole di Ghoufi. Il lungo e profondo canyon scavato tra rocce metamorfiche e sedimentarie dallo oued Abiod nel suo corso tumultuoso, attraverso i contrafforti meridionali del massiccio dell’Aurès, nasconde un grande palmeto ed alcuni villaggi abbandonati un tempo roccaforti della resistenza algerina contro i francesi. Scendiamo in fondo al canyon incontrando famiglie venute a trascorrere un tranquillo picnic nell’oasi. Ripreso il nostro pullman arriviamo a Biskra, uno dei principali insediamenti nelle oasi sahariane. Stasera abbiamo chiesto a Omar di mangiare qualcosa di tipicamente algerino e lui ci propone di provare il choukhchouka: pasta fine che ricorda delle lasagne sottili soffocate con sugo di carne e verdura, dal suo amico Benani Temami. Una vera delizia!Biskra> Sidi Okba> Temacine> Tamelhat>

Touggourt - Sidi Okba è situata in un oasi rigogliosa ricca di palme da dattero e, visto che siamo nel pieno della stagione della raccolta, ci attardiamo, prima di entrare nella moschea, nel negozietto di fronte per fare incetta di datteri di tutti i tipi. La moschea di Sidi Okba, importante centro religioso della Zab, prende il nome dal generale musulmano Uqba ibn Nafi che introdusse con le sue conquiste l’islam nella regione. La moschea a lui intitolata è la

più antica del paese e per poterla visitare noi donne veniamo intabarrate in verdi giallūbiyya. Terminata la visita proseguiamo per Temacine dove visitiamo l’antico villaggio, ora abbandonato con quel che rimane della vecchia moschea e della bella torre. Nella vicina Tamelhat percorriamo a piedi il piccolo centro storico fino alla Zaouia Tidjania dove ci uniamo ai festeggiamenti di un matrimonio mentre nella scuola coranica l’iman ci accoglie e accetta i nostri piccoli doni per scolari, dagli otto ai dieci anni, che frequentano le lezioni e ci guardano incuriositi. Regna diffusa un’atmosfera di tranquilla rilassatezza e simpatia. Un altra sosta ci attende nella piazza dove è indicato il punto di partenza delle Crosière noir, la spedizione che nel 1923 portò le Citroen fino a Timbouctou. È d’obbligo a questo punto un giro nel mercato e, finalmente

esausti, raggiungiamo il nostro hotel dandoci appuntamento per la cena. Siamo un po’ lontani dal centro e Rizki e Naceur si offrono di accompagnarci con il bus: perfetto! Touggourt> Ouargla> Beni Isguen> Ghardaia - Ci attende una lunga tappa: devo dire che il gruppo è stato, per tutto il viaggio di una puntualità svizzera: bravi! Il percorso si snoda ai margini del deserto e ne apprezziamo il paesaggio e i colori.

Alle 10 arriviamo a Ourgla. Qui siamo ospiti dell’agenzia dove il corrispondente ci accoglie con un aperitivo di benvenuto. Io, la cassiera e Omar ci appartiamo per definire e pagare quanto concordato. Uscendo dal paese ci fermiamo sulle dune, invase purtroppo da carte e plastica, per un assaggio di scorci di deserto e qualche foto. Sosta veloce per il pranzo e, verso le 16, giungiamo nella valle dello Mzab. La prima sosta la facciamo a Beni Isguen, la più tradizionale e la più chiusa delle cinque cittadine della pentapoli. Omar ci raccomanda di non fotografare le persone ed in particolare le donne! Camminano avvolte in un bianco lenzuolo di lana che le ricopre dalla testa ai piedi lasciando scoperto un solo occhio: Omar dice che lo

prevede la tradizione e che solo le donne sposate si acconciano in tal maniera quando escono, mentre le nubili girano con il volto scoperto. Di ragazze in giro ne vediamo solo un paio che prontamente nell’incontrarci cambiano strada e scompaiono dietro l’angolo. Pagata la tassa di ingresso - pochi dinari - ci addentriamo con la guida ufficiale, un iman, per i vicoli di questa città. La prima sosta la facciamo nella piazza del mercato dove, funzione che si svolge da secoli, sono in corso le contrattazioni guidate da un banditore: le cose messe in vendita non sono molte e si tratta in genere di povere mercanzie. Risaliamo i vicoli e raggiungiamo il minareto della vecchia moschea, in cima alla collina, dove attendiamo il tramonto. Molto bello, foto a non finire! Infine andiamo in albergo: è abbastanza centrale ma purtroppo ad un paio di chilometri dal ristorante prescelto per cui Naceur e Rizki si offrono di accompagnarci. È già tardi per i canoni algerini e dato che non avevamo prenotato è chiuso. Gli altri ristorantini vicini non hanno cibo sufficiente per 13 persone per cui, accompagnati anche dalla scorta che si è materializzata dal nulla, risaliamo in bus e ci dirigiamo verso l’uscita della città dove ci sono molti locali: ognuno sceglie ciò che desidera e poi tutti contenti torniamo in hotel.Ghardaia> El Atteuf> Ghardaia - Oggi è venerdì, giorno di festa e le famiglie si godono il meritato riposo. Anche noi partecipiamo e ci integriamo in questa atmosfera e alle nove ci muoviamo per andare incontro a Omar che ieri sera è andato a dormire a casa. Quando arriviamo il mercato di Ghardaia è ancora chiuso e dopo qualche minuto da una stradina vediamo spuntare un signore con tanto di giallūbiyya e cappellino: è Omar che nella sua città indossa gli abiti tradizionali. In sua compagnia ci addentriamo nelle strette stradine. Ghardaia è il principale insediamento della valle

Il gruppo a Timgad

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168 - Avventure nel mondo 1 | 2018

RACCONTI DI VIAGGIO | Algeria

dello Mzab, luogo di rifugio degli appartenenti alla setta islamica degli Ibaditi dal crollo del regno di Tahert; conserva ancora oggi gran parte della sua architettura medievale, ed è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità. È una città fortificata suddivisa in tre settori circondati da mura. Al centro la zona storica mazabita, la moschea dal minareto piramidale ed una piazza con portici. Notevoli le case bianche, rosa e rosso, costruite con sabbia, argilla e gesso, caratterizzate da tetti a terrazza e porticati. Gironzoliamo è curiosiamo per le stradine incontrando famigliole in uscita festiva. Poi ci diamo a un po’ di shopping, chi compra tappeti, chi datteri, chi altre cianfrusaglie per arrivare all’ora di pranzo. La sorpresa è che siamo tutti ospiti a casa di Omar, a El Atteuf. Il rituale prevede che sole le donne possono accedere alla zona loro riservata per conoscerle e salutarle mentre gli uomini vengono fatti accomodare al piano superiore dove è stato apparecchiato sui tappeti il pranzo a base di cus cus. I bambini, nipoti di varie età, si avvicinano furtivi e, complici i palloncini colorati gonfiabili portati da Armando e Teresa, rompono gli indugi mettendosi a giocare con noi. Al ritorno dalla preghiera in moschea si uniscono a noi Rizki e Nasseur: siamo in famiglia e il tempo scorre piacevolmente. Riprendiamo il nostro girovagare per le strade di El Atteuf. II monumento più importante (e forse il più affascinante dell’intera pentapoli) è sicuramente la moschea di Sidi ‘Brahim, definita la “Ronchamp dello Mzab” da cui Le Courbusier trasse ispirazione per il progetto della cappe a Notre Dame. Completiamo la visita ai palmeti mentre il sole comincia a rosseggiare. Tornati in Hotel solito appuntamento per la cena e poi tutti a nanna.Ghardaia> Bounoura> Melika> Ghardaia - La comunità ibadita, unita dalla propria ideologia di vita e dalle dure condizioni esterne, ha realizzato in questa valle un microcosmo isolato ed è riuscita a rispettare regole precise di convivenza con l’ambiente naturale: l’equilibrio che sono riusciti a costruire dipende in primo luogo dall’uso accorto delle acque. Le dighe di sbarramento furono costruite per trattenere le acque piovane insieme ad apparati sotterranei come pozzi e canalizzazioni. Sono ancora ben visibili i sistemi di raccolta e di distribuzione delle acque e oggi possiamo assistere alla loro ripartizione anche in un periodo di siccità. Partiamo dalla diga più conosciuta che si trova nel palmeto di Beni Izguen e percorriamo, con un lungo giro a piedi, viottoli che attraversano giardini, che sono nel contempo canali d’irrigazione e di distribuzione delle acque, in maniera egualitaria, sulla base della superficie coltivata. Pendenze, bacini irrigui e fessure di captazione sono accuratamente stabiliti da decisioni del Consiglio degli anziani. Concludiamo la visita recandoci a Melika che vanta un nuovo impianto cittadino, e a Bounoura che ostenta le sue mura fortificate. Stasera il nostro autista Riski, dopo averci accompagnato a cena, ci saluta e riparte per Costantine dove riabbraccerà la famiglia.Ghardaia> Brezina> Merdoufa>Brezina - Da stamane proseguiamo il nostro tour su quattro jeep guidate da esperti autisti capitanati dall’ottimo Kaddour, assieme a Omar e all’inseparabile Naceur.

Partiamo prima dell’alba e assistiamo al sorgere del sole nel deserto. La prima sosta è coronata da una corroborante colazione a base di ottimo té alla menta. Alì, addetto al rito di preparazione, ci offre più volte questa tipica bevanda la cui preparazione racchiude un indescrivibile fascino. Il paesaggio è stupendo e le soste oltre a fotografare servono a sgranchirci le gambe. Quando arriviamo a Brezina, nostra meta, andiamo subito a casa del nostro ospite che ci ha preparato un ottimo pranzo. Rifocillati procediamo alla volta di Merdoufa che significa “montagna carnosa” e che appare tinta di un bel rosso acceso. Visitiamo nella regione di Ghassui le orme dei dinosauri, un adulto con il suo piccolo, poi due siti con graffiti preistorici di animali, ed infine torniamo al lago dove ci attende un infuocato tramonto. Ci hanno proposto, per coronare la serata, di partecipare ad una festa berbera, con musicanti e ballerini e dopo cena ci rechiamo in un cortile, dove è stato allestita una grossa tenda. Un gruppo di musici, prima timidamente, poi sempre più convinti, suona e canta canzoni tradizionali. Gli astanti, tutti uomini, scrutano con curiosità il gruppetto di straniere ma il reciproco imbarazzo svanisce solo quando Ornella, invitata a ballare, si lancia imitata da tutte noi: una bella festa a cui hanno partecipato tutto i maschi del villaggio e le undici donne del gruppo. Brezina> Bent El Khass> El Abiodh Sidi Cheik - Il ksar di Bent El Khass si trova a 12 km da Brezina, è legato alla leggenda della regina di ferro, Embarka Bent el Khass figlia del capo di una potente tribù di brezina, che possedeva una bellezza così perfetta da attirare molti pretendenti ma era anche una donna libera e indipendente tanto da voler scegliere l’uomo con cui dividere il proprio destino. Il sultano mérinide Abu El Hassen, detto il sultano nero, venuto a conoscenza di questa donna straordinaria, decise di andare a chiedere la mano. Alzò le tende vicino al ksar e mandò cantori a declamare odi trionfali sulle sue qualità. Ma Embarka rispose che nella sua cittadella aveva acqua a volontà, persone che la riverivano e non le mancava nulla, rifiutando così il corteggiamento. Il sultano si sentì ferito nel suo amor proprio e ribollendo di una folle rabbia, giurò di prendere con la forza la donna della sua passione. Cinse d’assedio la cittadella intendendo ridurre alla fame e alla sete.la bella ribelle. Dopo diversi giorni di assedio le donne di Bent El Khas dissero a Embarka che le riserve d’acqua erano quasi esaurite e non potevano permettere loro di resistere più di un giorno. Dopo pochi istanti di riflessione la regina ordinò alle donne di lavare tutta la biancheria con la poca acqua che rimaneva ed esporla ben in vista dei cavalieri del sultano. Ingannato dall’astuzia di Embarka il sultano, disperato, levò l’assedio senza sapere che gli assediati avevano appena usato la loro ultima goccia d’acqua. Dopo la visita allo Ksar ci dirigiamo verso la vicina falesia che ricorda ai più fantasiosi la Monument Valley: il rosso accesso delle rocce e della sabbia, nonché la bellezza del posto ci fanno perdere la cognizione di dove ci troviamo. Mentre le più volenterose raggiungono il tetto della falesia, il gruppetto dei sedentari si sdraia al sole ed assiste ai

preparativi del pranzo pic-nic. Riprendiamo la nostra strada e sostiamo in un allevamento di gazzelle finanziato dal Qatar, adibito dagli sceicchi per le battute di caccia: no comment! Giunti a El Abiodh Sidi Cheikh facciamo sosta al mausoleo e alla Zawyia, luogo di incontro dei Sufi e di tutti i viaggiatori.

Poi il nostro alberghetto e tutti in libertà fino all’ora di cena. La cena stasera è servita nell’abitazione del proprietario dell’albergo: tutto buono e perfetto per cui alla fine ci rechiamo in cucina dove facciamo conoscenza delle cuoche.Sidi Cheik> Garet-et-Taleb> Boussemghoun - La prima sosta della giornata è allo Ksar El Rbaouat:

il luogo ben tenuto, circondato da un palmeto, ricorda un caravanserraglio con una piazza centrale in prossimità delle porte, che, come ci illustra Omar, servivano a non far entrare i mercanti stranieri giunti dal deserto. È abbandonato e noi ci aggiriamo in questa Pompei algerina nei vicoli fino alla moschea e al minareto. Ripartiamo infine alla volta di Garet-et Taleb e nuovamente il deserto ci accoglie con i suoi spazi immensi e il suo fascino. Lasciate le auto proseguiamo a piedi fino alle rocce e davanti a un grande graffito raffigurante uno scorpione di sei metri di lunghezza: veramente bello. Non domo il gruppetto delle irriducibili si inerpica alla ricerca di altri graffiti, mentre il resto torna al campo dove gli autisti hanno allestito il pranzo. Dopo il té e il meritato riposo ripartiamo alla volta di Boussemghoun e del suo splendido Ksar. Il luogo, punto d’incontro delle carovane che portavano oro e schiavi fin dal terzo secolo preislamico, è avvolto da un’atmosfera senza tempo. In questo villaggio si trova la Zaouia Tidjania che segue una via islamica ispirata al sufismo ed è la sintesi di tutti i percorsi anteriori alla sua fondazione. Il luogo in parte restaurato e in parte in fase di recupero è uno dei più grandi e meglio conservati del viaggio. Ci accolgono con molto calore alcuni personaggi che hanno per l’occasione aperto alcune case restaurate e dei piccoli negozi di souvenir. I turisti non sono molto frequenti e la figlia del padrone di casa che ci ospiterà stasera ci intervista per sapere cosa ci ha spinto a visitare questi luoghi. L’accompagna una persona che scatta foto e ci riprende. Al nostro rientro in Italia,scopriremo che le nostre foto sono state appese alle pareti dello ksar di Boussemghounn e che siamo diventati famosi! Per concludere facciamo una bella passeggiata nel palmeto carico di datteri maturi e che vanta una dei migliori esempi di “foggara”, un ingegnoso sistema di irrigazione per mezzo di canali sotterranei con piccoli pozzi comunicanti grazie all’inclinazione di un tunnel che li percorre. Ha piovuto da poco e il palmeto è rigoglioso e noi gustiamo direttamente dalle palme dei datteri squisiti. Anche oggi abbiamo trascorso una splendida giornata e la degna conclusione è una bella cena a casa del nostro ospite. Poi ci dividiamo, una parte pernotterà direttamente in casa, il resto in un altro appartamento poco lontano.Boussemghoun> Ain Ourka> Moghtar Tahtani> Ain Sefra - Stamattina, prima di salutare calorosamente la famiglia che ci ha ospitato,

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Avventure nel mondo 1 | 2018 - 169

RACCONTI DI VIAGGIO | Algeria

immortaliamo l’evento con l’ennesima foto di gruppo in cui spicca la bella figliola che ha indossato per l’occasione l’abito tradizionale. Superata l’oasi di Nkhila ci dirigiamo alle pitture rupestri di Beni Amar sotto la montagna Tamadda: breve trekking prima di ripartire alla volta della montagna colorata Chamarikh che cominciamo a intravedere verso mezzogiorno. Formata di argille multicolori, con tonalità che spaziano dal giallo al verde, dall’azzurro al rosa con venature di rosso e viola immerse tra rocce verdi. Sono rocce sedimentarie formatesi in ambiente non acido privo di ossigeno e scaturite dai diversi minerali mescolatisi nel corso dei secoli. Raggiungendo la stazione termale, dove l’acqua raggiunge i 45°, due jeep si insabbiano: malgrado tutto la bravura di Soufiane e di Ahmed, non c’è niente da fare e ci vuole lo sforzo congiunto di due jeep per liberarle e ripartire. Dopo varie soste, a fine giornata arriviamo ad Ain Sefra, punto di accesso per il Marocco. Dietro l’albergo si trovano le dune più alte di tutto il viaggio. Ci lanciamo verso la loro sommità per ammirare il tramonto: il sole fatica a sbucare tra le nuvole che si addensano all’orizzonte ma è comunque uno splendido spettacolo di luci e colori. Ain Sefra> Chellala Dahrania> Boualem> Aflou - Questa notte ha piovuto ed il cielo appare striato di nuvole da cui sbuca improvvisamente un raggio di sole. Sosta al cimitero per vedere la bianca tomba di Isabelle Eberhard, scrittrice ginevrina, antifrancese, che visse qui un secolo fa e morì nel 1904 uccisa per suoi ideali e per aver denunciato le violenze del colonialismo. Poi arriviamo allo ksar di Chellala Dahrania. Le stradine sembrano labirinti: dalla piazza si diramano le vie che segnavano gli spazi assegnati alle famiglie, la zona adibita ad hamam e da qui saliamo sui terrazzi, punto di accesso delle “strade” utilizzate dalle donne, mentre gli uomini percorrevano la strada inferiore. Riusciamo con uno stratagemma ad entrare nella moschea e proseguiamo fino alle mura. Dopo la sosta per il pranzo raggiungiamo il sito di Bou Alem, famoso per la rappresentazione di un ariete che porta un disco impreziosito da due foglie (o piume schematizzate) e una collana: questa incisione è considerata una delle più belle del Nord Africa. Stasera siamo ospiti per la cena della famiglia di Naceur che abita a una ventina di chilometri da Aflou. Il tempo di docciarci e cambiarci e in mezz’ora entriamo in casa. In una sala apparecchiata ci accomodiamo sui tappeti stesi, ci vengono serviti piatti della tradizione, tutti ottimi: montone, cous-cous, insalata, datteri e a chiudere latte e té. Poi usciti gli uomini algerini, irrompono nella stanza le donne e i loro bambini: foto a volontà, baci, sembra di essere in famiglia. Aflou> El Ghicha> Ain Madhi> Kourdane> Laghouat - Partiamo sotto un cielo grigio e piovigginoso. Prima tappa al sito rupestre di Ain Safsafa di El Ghicha. È questo probabilmente il sito più importante della regione: risalente al 7000 a.c., scoperto nel 1898 è considerato uno dei capolavori dell’arte naturalistica monumentale. Una scena rappresenta un’elefantessa che proteggere il suo elefantino dall’assalto di una pantera. Questa incisione è stata utilizzata dall’Unicef come simbolo della protezione dell’infanzia. Nel sito sono

rappresentate anche delle grandi antilopi africane (2,40 m di lunghezza), un asino e due struzzi. Girovaghiamo in jeep per tutta la valle, che vanta altri siti rupestri. Il tempo si mette al bello e partiamo per un trekking verso le cascate. Al ritorno troviamo apparecchiato un pranzo al sacco a base di tonno, formaggini, olive e datteri. Approfittiamo del bel sole e facciamo una gara a “ruba bandiera” tra squadre miste: i ragazzi della scorta ci sbirciano sorridendo senza avvicinarsi mentre Kaddur e Soufiane ce la mettono tutta per non essere battuti dalle nostre ragazze. Ripartiamo e arriviamo alla moderna moschea di Ain Madhi e all’antica kasbah posta all’interno di mura fortificate. Oggi è festa e ci sono dei pullman carichi di pellegrine che al nostro arrivo si affacciano incuriosite, ci salutano, ci fotografano e suonano e cantano in nostro onore. Poi ci rechiamo alla residenza di Aurélie Picard a Kourdane che per poter sposare Eltidjani si convertì all’islam e visse in questa villa. La residenza ora è in decadenza ma riesce a mantenere il suo fascino. Nel cimitero, meta di pellegrinaggio, è sepolto lui e tutti i discendenti della famiglia. Stasera saluteremo i nostri autisti che sono stati fantastici, sempre attenti, disponibili e gioviali. Rimangono con noi Omar, Naceur e quale autista del pullman domani mattina avremo Rizki. Stasera si va a letto presto visto che domani mattina partiremo alle 5!Laghouat> Tipasa> Algeri - Tutti pronti a partire alle 5 in punto! Anche stamattina scorta in perfetto orario. È notte e lungo la strada comincia ad albeggiare. Quella che attraversiamo è un’Algeria in piena evoluzione: autostrade in costruzione, cittadine in pieno sviluppo, chilometri di deserto con alberi

trapiantati allo scopo di creare dighe verdi, fermento e laboriosità ovunque. Sosta per la colazione in un baretto per camionisti, poi via fino a Tipasa. Il sole è tornato a splendere e fa di nuovo caldo. Quando arriviamo è ormai ora di pranzo per cui andiamo

in un ristorante sul mare dove consumiamo un ottimo pranzo a base di gamberi alla brace. Poi visitiamo il sito di Tipasa. È nascosto in una bassa boscaglia ma si vede quanto doveva essere estesa e importante questa bella cittadina romana. Il tempo vola e noi abbiamo ancora da vedere il mausoleo della figlia di Cleopatra: per entrare contratto il costo con il bigliettaio che mi fa un mega sconto. Poi via lungo l’autostrada per Algeri. Improvvisamente ci fermiamo per il traffico ma la

nostra scorta accende la sirena e i lampeggiatori facendoci largo e facendoci saltare qualcosa come un’ora di fila! Infine Algeri la bella! Con il senno del poi ci è dispiaciuto non avere tempo per visitarla ma è stato un viaggio lungo e ricco di emozioni. Arrivati in hotel salutiamo Omar che ci lascia, il figlio è venuto a prenderlo per rientrare questa notte stessa a Ghardaia. Rimane con noi Naceur che insieme a Rizki domani mattina ci accompagneranno in aeroporto. Ci diamo appuntamento per la cena e ci sentiamo un po’ persi senza i nostri accompagnatori ormai diventati amici! Consumiamo velocemente la cena che non è granché! Ci aggiriamo nella zona del porto e troviamo un localino dove finire la serata, ma gli algerini vanno a dormire presto per cui, dopo un po’ torniamo sui nostri passi. Algeri> Roma - Ore 7 tutti pronti per la colazione, ore 7,30 partiamo per l’aeroporto. Attraversiamo la città mentre si sveglia e riprende i suoi ritmi. Noi diamo un ultimo saluto a questo paese che ci ha accolto con tanto affetto. Alla prossima!

Il gruppo a Djemila